Appuntamento del venerdì. di cleomery (/viewuser.php?uid=17053)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dei disastri e delle pene ***
Capitolo 2: *** Di pensieri e torture mentali ***
Capitolo 3: *** Di amori e ardue scelte ***
Capitolo 1 *** Dei disastri e delle pene ***
Appuntamento del venerdì
Questa
storia partecipa al contest "A caccia di spaccio" indetto dal gruppo
Cercando chi dà la roba alla Rowling [Team Harry/Hermione].
Ho deciso di scrivere una mini-long di tre capitoli, spero solo di
farcela per la scadenza prefissata.
Titolo: Appuntamento del venerdì
Team: Grattastinchi
Rating: Giallo-Arancio
Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley.
Prompt utilizzato nel capitolo: Vento
Appuntamento del venerdì
L'invidia è una
tristezza, una malinconia, è come una malattia del cuore.
Giuseppe Allemano
Se c'è una cosa certa al mondo è che alle persone
piace sentirsi sicure.
Quella sensazione di stabilità, di pace, è il
fine ultimo
di ognuno. Ci sentiamo unici, diversi, inimitabili forse ma abbiamo
tutti lo stesso scopo nella vita ed è quello di essere
felici.
La felicità non è qualcosa di facile da
perseguire ma
alcuni, pochi fortunati, riescono a raggiungerla e finalmente si
sentono in pace con loro stessi.
Le strade che conducono alla felicità sono diverse,
soggettive.
Alcuni la trovano nel denaro, altri nell'amore, nella famiglia, nel
lavoro.
Per qualcuno invece è necessario avere un programma, una
routine da seguire.
Le persone, in fondo, sono abitudinarie; compiere gli stessi gesti
tutti i giorni è sufficiente per sentirsi sereni, in un
porto
sicuro.
Harry James Potter era una di quelle persone, forse perché
da
ragazzo ne aveva passate di tutti i colori, più
semplicemente
per indole caratteriale o, come sostengono alcuni, per avere sempre il
controllo della situazione e non sentirsi di nuovo in
pericolo.
Da quando era diventato Auror, tutte le mattine si alzava alla stessa
ora, faceva una doccia, beveva una tazza di caffè e mangiava
due
uova con qualche fetta di bacon per poi andare al lavoro. Quando
tornava a casa, dopo essersi cambiato, leggeva con calma la Gazzetta
del Profeta, in particolare la pagina sul Quidditch, si cucinava
qualcosa e poi si prendeva due ore di svago per liberarsi della
tensione accumulata durante la giornata.
Il giorno che preferiva però, era sicuramente il
venerdì.
Non tanto per il pranzo a casa dei Weasley e nemmeno per i magnifici
pranzi che gli preparava Molly, quanto per il suo appuntamento con
Hermione.
Da quando si erano diplomati ed erano diventati Auror, tra il lavoro e
la relazione che lei aveva con Ron, non avevano molto tempo per stare
insieme.
Così tutti i venerdì, ormai da quattro anni,
andavano a
vedere un film al cinema nella Londra Babbana, passavano dal solito pub
per una birra, passeggiavano sul London Bridge e poi la riaccompagnava
a casa. Loro due da soli, senza Ron o altri a rovinare quel momento.
Harry non riusciva a ricordare da quanto tempo Ron rovinasse i momenti
che passavano insieme, ad un certo punto si era semplicemente reso
conto che preferiva stare da solo con lei.
Era da qualche tempo che, quando li vedeva insieme, si sentiva nervoso,
quasi come se vedere i suoi due migliori amici insieme lo ferisse.
Inconsciamente sapeva cosa stava succedendo, sapeva che nome dare a
quella bestia che gli ruggiva nel petto quando Hermione sorrideva per
Ron, gli era già capitato ma preferiva non analizzare la
cosa,
preferiva continuare a credere che niente fosse cambiato.
Perché in realtà niente era cambiato, da quattro
anni
avevano la loro serata, mai nulla era riuscito ad impedire
quell'appuntamento, nonostante saltuariamente si erano ritrovati a
guardare un film sul divano se uno di loro due stava poco bene o se
fuori, come era già capitato, la città era
coperta da uno
spesso strato di neve.
Durante l'ultimo venerdì che avevano passato insieme
però, qualcosa era andato storto, irrimediabilmente storto.
E Harry da quel giorno si era chiuso in casa, aveva evitato di aprire
le
lettere che lei gli aveva mandato per gufo, aveva troncato qualsiasi
rapporto in preda al panico.
Era stupido e infantile da parte sua, ormai era adulto, doveva
affrontare i problemi senza nascondersi ma l'imbarazzo e la rabbia
verso se stesso lo tenevano incollato alla poltrona, senza via di
scampo.
Si sentiva chiuso in un limbo, troppo debole per affrontare la
situazione e troppo forte
per abbandonare quella posizione. Quella casa adesso era il
suo Purgatorio: stava scontando lì la sua pena in
attesa di uscire da quella situazione di impasse.
Il misfatto era accaduto proprio durante il loro ultimo appuntamento,
stavano per arrivare al cinema, finalmente davano Casablanca e tutti e
due non lo vedevano da anni nonostante fosse uno dei loro film
preferiti.
-Non possiamo perdere l'inizio, corri Harry siamo in ritardo!- gli
aveva detto prendendolo per mano
Corsero davvero, in mezzo alla folla che passeggiava per le strade,
cercando di non perdersi tra la moltitudine di persone, quando ad un
tratto qualcuno che andava veloce almeno quanto loro non gli
arrivò addosso. Harry cadde per terra a gambe all'aria e lei
si
voltò subito per vedere se si era fatto male.
La ragazza che li aveva urtati intanto si stava prodigando in mille
scuse.
-Mi dispiace davvero, oh cielo sono proprio mortificata, è
sicura che il suo fidanzato stia bene?- aveva chiesto rivolta ad
Hermione; lei nemmeno si girò preoccupata com'era per
l'incidente.
Quando si rialzò, pronta per dirle che in realtà
Harry era il suo migliore amico la tizia era sparita.
-Come va, hai sbattuto la testa per caso?
-Sto bene Hermione, stai tranquilla. Abbiamo decisamente perso il primo
spettacolo però. Ci toccherà aspettare.- le disse
passandole un braccio sulle spalle.
-Non fa niente, vorrà dire che passeremo prima dal Tower
Bridge.- gli rispose sorridendo, intrecciando la mano con la sua.
Il ponte era poco frequentato a quell'ora, troppo presto per i turisti
e troppo tardi per i londinesi che evitavano anche di passare da
lì se
potevano.
Hermione aveva sempre avuto una spropositata passione per quel posto,
se ne stava lì, appoggiata con il mento sulle mani a fissare
il
Tamigi, chiacchierando del più e del meno con lo sguardo
perso
tra le luci della città.
-La ragazza che ti ha buttato a terra pensava che fossimo fidanzati.-
buttò lì come se niente fosse mentre si fissava
una mano.
Harry si girò a guardarla, così bella con il
vento nei capelli e la sciarpa intorno al collo.
-Magari diamo questa impressione.- rispose tranquillamente rimettendole
in ordine i capelli scomposti.
Hermione percepì il sangue affiorarle sulle guance e non
fece in tempo a nascondere il viso.
-C'è qualcosa che non va?- le chiese prendendole una mano
tra le sue.
Lei rimase qualche istante in silenzio, con gli occhi rivolti al cielo,
beandosi del calore che proveniva dalle mani di Harry.
-Ultimamente le cose con Ron non vanno molto bene.
Harry sentì una morsa stringergli lo stomaco solo sentendo
il
nome dell'amico. Non riusciva più a passare del tempo con
lui senza
discuterci.
Il motivo del litigio era spesso e volentieri Hermione, Ronald non
faceva altro che criticarla, lamentarsi perché non era mai a
casa, perché lavorava troppo, diceva che non si prendeva
cura di
lui.
Harry andava su tutte le furie ogni volta che si parlava di lei,
semplicemente non sopportava che qualcuno giudicasse il suo modo di
fare, di essere. Se Ron voleva una moglie che stesse in casa tutto il
giorno, a preparargli piatti prelibati e a fargli da mamma doveva
scegliere un'altra donna.
Aveva la migliore strega dei loro tempi tra le mani e se la lasciava
sfuggire in quel modo.
Un moto d'invidia lo invase senza che potesse fermarlo e prima che
riuscisse a rendersene conto si era già impadronito di lui.
No, si disse, non doveva sentirsi così, avrebbe dovuto
aiutare
l'amico a capire come stavano realmente le cose ed essere felice per
lui una volta che si fossero rimesse a posto.
Prese un respiro profondo e si voltò verso di lei.
-Vedrai che tornerà tutto come prima.- le disse nonostante
non ci credesse nemmeno lui.
-Sai, a volte penso che se avessi fatto delle scelte diverse adesso
sarebbe tutto più facile. La storia con Ron mi sfugge tra le
dita, è come il vento, lo percepisci ma non riesci ad
afferrarlo. Sai che c'è e che non riuscirai a prenderlo.
Una lacrima le scivolò dalle ciglia, trascinando fuori
un'immensa malinconia.
-Se avessi scelto una persona diversa, te ad esempio, a quest'ora forse
non starei qui a piangermi addosso.
Harry le asciugò il viso e la strinse forte al petto.
Hermione
meritava il meglio dalla vita, non un uomo che voleva cambiarla, non
Ron che la voleva diversa.
Si chinò sulle sue labbra senza pensarci due volte e, in
preda
all'istinto, la baciò per un interminabile secondo. Quando
si
rese conto di averla realmente baciata, di aver baciato non solo la
persona a cui teneva di più al mondo ma la ragazza del suo
migliore amico, si diede dell'idiota.
-Hermione, io...scusa, davvero.- sussurrò ancora poco lucido.
Lei non rispose, rimase lì a fissarlo, con le guance rosse
per il freddo e per l'imbarazzo.
-Harry, devo andare.
Corse via prima che potesse fermarla. Non riusciva davvero a capire
cosa diamine ci fosse di sbagliato in lui per poter combinare un tale
disastro.
Era sempre stato impulsivo nella sua vita ma ad un certo punto, un
minuto prima di agire era solito fermarsi un attimo e riflettere.
Si maledisse ancora e si sfiorò le labbra con un dito.
Aveva sbagliato forse, avrebbe dovuto cercare un momento più
adatto o magari avrebbe dovuto prima cercare di chiarire il casino che
aveva dentro in quel momento.
Harry Potter però di una cosa era certo: di quel bacio non
se ne pentiva affatto.
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Capitolo 2 *** Di pensieri e torture mentali ***
A caccia di spaccio
Questa storia partecipa al
contest "A caccia di spaccio" indetto dal gruppo Cercando chi
dà la roba alla Rowling [Team Harry/Hermione].
Titolo: Appuntamento del venerdì
Team: Grattastinchi
Rating: Giallo-Arancio
Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley.
Prompt utilizzato nel capitolo: Fragilità
Appuntamento del venerdì
Passeggiava
sulla battigia Harry Potter, le mani in tasca, il capo rivolto al
cielo.
Più volte nel corso della sua vita, si era chiesto se
sarebbe
mai riuscito a trovare un po' di pace: prima i suoi zii, poi il senso
di vuoto lasciato dalla scoperta della vera storia di James e Lily,
l'odio per Voldemort, l'affannata ricerca degli Horcrux, c'era sempre
stato qualcosa a disturbare il suoi io.
Sospirò pesantemente realizzando a pieno quel pensiero. Non
avrebbe trovato la pace, non così.
Con la coda dell'occhio scorse Villa Conchiglia e una muta tristezza
gli attraversò gli occhi. Era già arrivato.
Bill e Fleur, che lo ospitavano da qualche giorno, dovevano essere
appena rientrati perché anche da quella distanza poteva
distinguere le luci accese.
Rallentò il passo per godersi ancora qualche attimo di
solitudine. Anni prima non l'avrebbe mai detto ma arrivato a quel punto
aveva imparato ad apprezzare il silenzio, ad amare quei pochi istani in
cui riusciva a rimanere da solo.
Un piede dopo l'altro, lasciava che le onde si infrangessero sulla
sabbia e sulla pelle, osservava l'acqua incresparsi col vento, si
riempiva i polmoni del profumo del mare.
Si illudeva semplicemente che il tempo si potesse fermare, rimanendo
intrappolato in quel momento.
Era piacevole il sogno, l'illusione.
Entrò in casa dove il fratello di Ron aiutava la moglie a
sistemare la spesa.
La vista di quei due che si sorridevano teneramente ad ogni contatto
riuscì ad innervosirlo. Erano innamorati, si
ripeteva, era
normalissimo che si scambiassero effusioni e sorridessero come degli
idioti.
Eppure non riusciva a non provare un moto di rabbia di fronte
a quelle scene.
Cercare di mettere a tacere quella bestia che gli ruggiva nel petto era
diventato sempre più difficile, soprattutto se la sua mente
sostituiva Hermione e Ron con i veri protagonisti.
Chissà se anche loro due sorridevano in quel modo ogni volta
che
si sfioravano. Riusciva ad immaginare persino i loro sguardi carichi di
ricordi e allusioni.
Credette di vedere gli occhi di lei per un istante, quegli occhi che
guardando l'oggetto del proprio amore ricordavano qualche serata
passata tra le lenzuola, baci rubati e altre cose che si
sforzò
di non figurarsi.
Qualcosa dentro di lui andò in pezzi, percepì
nitdamente
il rumore dei frammenti che si infrangevano all'interno del suo petto.
Hermione aveva un sorriso eccezionale, lo immaginava in modo nitido,
come se fosse di fronte a lui con quella fila di denti bianchi in bella
vista davanti ai suoi occhi.
Da quando l'aveva baciata non riusciva a smettere di pensare a lei.
Era stato uno stupido e lei era scappata via senza dire una parola.
A cosa diamine stava pensando in quel momento? Credeva davvero di
poterla avere per lui, di
portarla via al suo migliore amico, di sconvolgerle la vita
così?
Chissà cosa aveva pensato di lui in quel momento.
Salutò i coniugi Weasley con un sorriso forzato e
cercò di filare nella sua stanza ma Fleur lo
fermò.
-Arrì, ti è arrivato un gufo oggi, je pense che
è
importante, è di nuovo di Hermione.- gli disse con la sua
voce flautata.
Harry prese la lettera e ringraziò la bionda, poi corse via
prima
che si perdesse in altre chiacchiere. Non voleva vedere nessuno, per
quello era scappato lì.
Voleva solo rimanere da solo con i suoi tormenti.
Si chiuse la porta alle spalle e gettò la missiva su una
pila di buste identiche, tutte con la firma di Hermione.
La voce di Ron le arrivava chiara e limpida alle orecchie nonostante lo
scrosciare intenso dell'acqua.
Inveiva contro i Puddlemere United ogni volta che segnavano.
Hermione finì di sciacquare il balsamo dai capelli e
girò
il rubinetto, serrando le dita intorno all'acciacio in una morsa
feroce.
Rimase lì, nuda, ascoltando il rumore delle gocce che le
cadevano dai ricci. Rimbombavano nel box di vetro non appena cadevano
sul piatto di marmo sotto i suoi piedi.
Non si curò dei brividi di freddo che le salirono per il
corpo
in assenza dell'acqua, né della voce del suo ragazzo che
continuava ad arrivarle fastidiosamente addosso.
Odiava i suoi modi di dire, odiava quel timbro un po' infantile, odiava
persino sentire il proprio nome pronunciato da lui ormai.
L'assenza di quel tepore che l'aveva coccolata fino a pochi istanti
prima la intristì.
Si diede della sciocca, non era quell'assenza a farla sentire in quel
modo, non era quello che le aveva tolto il sonno per quasi una
settimana.
Era l'assenza di Harry a ridurla in quello stato. Era il continuo
brontolare di Ron, il carico disumano di lavoro, il venerdì
sera
passato in ufficio per non tornare a casa, era il taglio sul dito che
si era procurata con la carta dell'ultimo biglietto che aveva inviato
al suo migliore amico, la sua voce che non sentiva da troppi giorni.
Ecco, Harry in quel momento l'avrebbe tranquillizzata, l'avrebbe fatta
ridere ed emozionare con quella sua risata un po' roca.
Si avvolse nell'accappatoio bianco e uscì dalla doccia con
passo lento.
Era come se le cedessero le gambe e non avesse più nulla
intorno
a cui appoggiarsi, ecco cos'era che la faceva stare male.
Harry era sempre stato il suo bastone, l'aveva sempre aiutata, era
sempre riuscito a consolarla nonostante fosse lui quello più
bisognoso d'aiuto.
Le mancava terribilmente, si sentiva un'idiota per come l'aveva
trattato. Era fuggita senza nemmeno dargli una spiegazione.
Quel cretino avrebbe sicuramente pensato di averla sconvolta, di aver
fatto un'enorme cazzata. Lo conosceva bene, sicuramente pensava che lei
non volesse più vederlo.
E invece non sapeva quante volte aveva sognato che lui la baciasse, non
si era mai reso conto di quanto aveva aspettato quel momento.
E allora,
perché sei scappata?
Non riusciva a rispondersi, non sapeva perché
aveva
reagito in quel modo, forse per paura, forse perché non
voleva
sentirsi dire "E' stato un errore".
Perché in fondo lo sapeva, Harry si era lasciato trasportare
dal momento, non voleva baciarla davvero.
Chi mai avrebbe scelto lei dopo aver avuto i meravigliosi occhi a
mandorla di Cho Chang o la bellezza naturale e disarmante di Ginny
Weasley?
Si guardò allo specchio e riuscì solo a vedere il
rimmel
che le era colato dagli occhi e i capelli che stavano iniziando a
gonfiarsi.
Si era sempre sentita un gradino più in basso delle altre:
era carina certo, ma non alla loro altezza.
Queste sue insicurezze la spaventavano ancora di più. In
fondo
lei era stata sempre e solo la migliore amica dell'eroe, quella che lo
aveva salvato in un paio di occasioni, lo aveva aiutato a
scrivere i temi di Pozioni, lo aveva ascoltato mentre ripeteva la sua
tesi di diploma, aveva visto centinaia di film con lui e poi lo aveva
riaccompagnato a casa quando, dopo qualche birra di troppo, non era
riuscito a camminare in linea retta.
Harry non voleva altro da lei.
Eppure si sentiva così fragile, così insicura.
Un po' ci aveva sperato, solo un po'.
Chissà quanto si sentiva in imbarazzo Harry in quel momento,
pensando a come giustificare quel gesto folle. Aveva provato a
scrivergli ma l'essere stata ignorata per giorni la diceva lunga.
Con un colpo di bacchetta si asciugò i capelli e
tentò di dar loro una forma.
Ron non si era nemmeno accorto di quanto stesse male. Aveva continuato
a gorgogliare come una pentola a pressione per tutta la settimana. Non
l'aveva degnata di uno sguardo o era troppo cieco per accorgersi che
soffriva? Forse nemmeno gli importava.
Ad un certo punto si chiese perché, perché
portare avanti
quella relazione che non si reggeva più, l'amore non bastava
più, l'amore non c'era più e forse non c'era mai
stato
realmente.
Ron era sempre stato la sua unica scelta. E l'aveva amata, per un po'
certo, ma l'aveva amata.
Hermione chiedeva solo quello d'altronde: chiedeva di essere amata, di
sentirsi protetta, meno fragile.
Forse il suo ragazzo lo aveva capito prima di lei che non erano fatti
l'uno per l'altra.
Si accasciò sul pavimento mentre le lacrime le bagnavano il
viso.
Nonostante tutto faceva male, faceva male perché senza
l'amore di Ron sentiva che era rimasta da sola.
Ma era Hermione Granger dannazione! Lei non si lasciava andare, non
lasciava le cose a metà e soprattutto non teneva dentro
quello
che aveva da dire.
Guardò la sveglia poggiata sul comodino e rimase stupita.
Era venerdì ed erano le otto e mezza.
A quell'ora di solito usciva per raggiungere Harry.
Andò a passo spedito verso il soggiorno dove Ronald
continuava a
strepitare contro la radio. I Cannoni avevano sicuramente perso di
nuovo la pluffa.
-Ron dobbiamo parlare.- gli disse cercando di non far trapelare quanto
fosse nervosa.
-Sì tesoro, dimmi pure. Oh Morgana! Ma non è
possibile,
che Baston possa prendere un bolide in testa.- urlò ancora
Ron
verso la radio senza prestarle il minimo ascolto.
-Potresti spegnere per un secondo per cercare di capire cosa voglio da
te?
-Dopo la partita Herm, appena finisce possiamo parlare di quello che
vuoi.
Basta, ne aveva fin sopra i capelli di quel suo atteggiamento. I
Cannoni di Chudley erano più importanti di lei e questo era
sufficiente a farle capire che non aveva nemmeno senso parlare.
Indossò il cappotto e fissò le chiavi poggiate
sulla
mensola per un secondo: non le sarebbero più servite, tanto
valeva lasciarle lì dov'erano.
Nota autore:
Spulciando Wikipedia ho letto che Oliver Baston era entrato a far parte
della sqadra dei Puddlemere United, come riserva. Diciamo che l'averlo
inserito come titolare è una mia licenza poetica. ^^
In questo capitolo ho cercato di fare un parallelo tra Hermione ed
Harry, per far notare le loro reazioni a confronto. Mi sono ritrovata a
pensare che probabilmente pensavano più o meno le stesse
cose,
viste da una prospettiva diversa. E chiedo scusa alle fan che shippano
Romione ma io ormai sono Auror nel cuore, sono stata portata a pensare
che Hermione in fondo, abbia sempre amato Harry. Ho cercato di spiegare
i motivi per cui non si è mai fatta avanti anche se non
credo di
essere stata poi così originale (come al solito! XD ).
Spero che abbiate apprezzato comunque.
Baci, Marian! ^^
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Capitolo 3 *** Di amori e ardue scelte ***
Questa storia partecipa al contest "A caccia di spaccio" indetto dal
gruppo Cercando chi dà la roba alla Rowling [Team
Harry/Hermione].
Titolo: Appuntamento del
venerdì
Team: Grattastinchi
Rating: Giallo
Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley.
Prompt utilizzato nel capitolo: Scelta.
Appuntamento del venerdì
Da ore fissava quella pila di lettere senza avere il coraggio di
sfiorarle.
Harry Potter si era accorto di non essere poi così
coraggioso come pensava. Godric si sarebbe rivoltato nella
tomba se avesse saputo che uno dei suoi Grifondoro era riuscito a
perdere il coraggio davanti ad un mucchio di missive.
Respirò profondamente e prese dal mazzo quella meno recente,
una delle prime che gli aveva inviato. Iniziò a leggere
senza capire veramente. Era chiaro che alcuni di quei biglietti con
scritto "Mi dispiace" o "Ti prego rispondimi, dobbiamo parlare",
Hermione l'avesse vergati senza pensare: si contraddicevano tra loro,
erano disordinati, c'erano macchie d'inchiostro e piccole chiazze
più chiare che probabilmente erano lacrime, in alcuni
chiedeva scusa, in altri diceva che sarebbe stato meglio lasciar
perdere tutto e non vedersi più.
Hermione era più confusa di lui.
Sfilò un'altra lettera dalla busta e dopo le prime righe
iniziò a sentire un dolore al petto.
Harry, non credo che tu
abbia letto ciò che ti ho scritto in questi giorni,
probabilmente non leggerai nemmeno questa lettera. Se li hai letti
invece, sappi che sono stati scritti da quella parte di me che ha avuto
paura di perderti, quasi niente di ciò che ti ho scritto in
questi giorni corrisponde davvero a ciò che penso.
Questo invece,
è scritto da quella parte di me che ha voglia di dire la
verità ed è consapevole che forse a causa di
tutto ciò ti perderà sul serio.
Non sono scappata da te
quella sera, sono scappata da me stessa e da quello che ho provato
quando... è successo.
E mi dispiace che debba
essere un pezzo di pergamena a dirti ciò che realmente
sentivo ma non ho trovato il coraggio per venire a dirti queste cose.
Semplicemente per un
attimo ho creduto che potesse davvero cambiare qualcosa tra noi.
Ma ti prego, non buttare
via la nostra amicizia per questo. Ho capito perché l'hai
fatto, ho capito di aver detto qualcosa che ti ha portato a baciarmi e
so che non è stato importante per te, che adesso non saprai
come riuscire a spiegare. Ti scongiuro Harry, non lasciare che uno
stupido bacio si metta fra noi. Questo silenzio mi uccide, non voglio
perdere il mio migliore amico per una fantasia che mi ha spaventata.
Perdonami per essere
fuggita in quel modo.
Hermione
No, non aveva capito niente. Lei non aveva capito
assolutamente cosa stava succedendo. Pensava che l'avesse baciata per
consolarla!
Sentì le lacrime pizzicargli gli occhi. Doveva spiegarle che
le cose non stavano in quel modo, doveva dirle che vederlà
lì, quella sera, con i capelli mossi dal vento, gli occhi
lucidi, bellissima sotto le luci del Tower Bridge, era bastato per
capire di amarla.
Si stupì di quel pensiero. L'amava davvero e non se ne era
mai reso conto.
Erano cresciuti insieme, avevano pianto l'uno sulla spalla dell'altro,
avevano affrontato tante difficoltà, avevano dormito nello
stesso letto per combattere la solitudine durante la ricerca degli
Horcrux e non aveva mai realmente capito di amarla.
E ora che la voleva per sé doveva affrontare il fatto che
fosse la fidanzata del suo migliore amico.
Harry Potter era un genio nell'incasinarsi la vita.
Prese l'ultimo biglietto e lo scartò scuotendo la testa.
Sto venendo da te.
Nell'esatto momento in cui realizzò di essere in pigiama,
con la barba lunga, gli occhiali storti sul naso e un paio di calzini
ridicoli bussarono alla porta.
-Maledizione!- disse cercando di sistemarsi almeno i capelli di fronte
allo specchio all'ingresso.
-Harry aprimi! Lo so che sei lì, non puoi continuare ad
ignorarmi.- urlò la voce di Hermione fuori dal suo
appartamento.
Prese un respiro profondo e pensò che comunque l'aveva visto
in condizioni peggiori.
Quando aprì la porta e se la trovò davanti non
riuscì a sostenere il suo sguardo, si fece da parte per
farla passare e rimase fermo mentre lei osservava buste e fogli sparsi
disordinatamente sul suo tavolo.
-Le hai lette alla fine.- disse stringendosi le braccia al petto
evitando di alzare lo sguardo da terra.
Harry mugugnò in risposta e si avvicinò piano,
come per paura di rompere qualcosa.
Un passo di troppo, una parola fuori posto e avrebbe mandato tutto
all'aria.
Cosa gli restava ormai?
Ron sarebbe venuto a sapere tutto, in un solo istante rischiava di
perderdere il suo migliore amico e la donna che amava.
-Hermione, devo darti delle spiegazioni.
-No, non devi. Lasciamoci tutto alle spalle e ricominciamo come se non
fosse successo niente.
-Mi hai frainteso Hermione, ho letto le tue lettere! Non è
stato per quello che...- Harry si fermò. Non era mai stato
bravo con le parole, erano sempre lì, sulla punta della
lingua ma lui non riusciva mai a tirarle fuori.
Doveva fare una scelta in quel momento, doveva decidere se preferiva
vivere in una vita di menzogne, reprimendo istinti e sentimenti, o
rischiare tutto e sperare che per una volta quel Dio che l'aveva sempre
ignorato l'ascoltasse.
Quella pausa servì ad Hermione per arrivare a conclusioni
tanto sbagliate quanto affrettate.
-Harry ho capito, non ti preoccupare. Dio, che stupida che sono stata.
Mi dispiace, mi dispiace davvero che le cose siano andate
così ma se non te la senti di vedermi lo capisco. Hai
bisogno di tempo, spero solo che prima o poi tu riesca a capire che la
tua amicizia per me conta più di ogni altra cosa.
Si voltò e andò verso l'uscita, le spalle esili
scosse da piccoli tremiti.
L'aveva fatta piangere, Hermione piangeva di nuovo per lui.
In quel momento gli tornò in mente uno dei loro abbracci,
quello in cui lo strinse quando stava per consegnarsi a Voldemort.
Vengo con te.
Sarebbe stata disposta a rinunciare a tutto pur di non
abbandonarlo. Lo aveva sempre accompagnato durante la sua vita ed ora
le spezzava il cuore per paura di perdere tutto.
Harry Potter non era mai stato bravo a capire quale fosse la cosa
giusta da fare, era sempre stato guidato, da Hermione in particolare.
Sorrise pensando che anche stavolta era proprio lei a suggerigli la
mossa giusta.
-Hermione, non è come pensi. Non ti ho baciata
perché eri triste o per qualche altro motivo contorto che
hai ipotizzato, l'ho fatto perché ti amo.
Si girò si scatto, puntando gli occhi umidi di lacrime nei
suoi. Gli corse incontro gettandogli le braccia al collo, continuando a
piangergli nell'incavo del collo.
-Dici sul serio Harry?
-Mai stato più serio in vita mia.
La strinse forte, come se potesse scappare da un momento all'altro.
Per la prima volta in vita sua, il Bambino Sopravvissuto, ero del Mondo
Magico e Prescelto sentì di essere solo Harry e ne fu felice.
Finalmente aveva trovato la sua pace, la sua calma, aveva scelto lei e
avrebbe affrontato qualsiasi mago oscuro pur di non perderla.
-Harry, danno ancora Manhattan al cinema ed è
venerdì. Non rompiamo le tradizioni.
-Mi mancava il nostro appuntamento del venerdì. Vado a
cambiarmi, ci metto un attimo.
Sciolse l'abbraccio e si avviò verso la camera da letto.
-Harry...
-Sì?!
-Ti amo anch'io.
Angolo autrice:
E' finita, non ci posso credere. Non sono soddisfatta ma la scadenza
è domani e non potevo fare altro. Credo che prima o poi
questa storia finirà in revisione. Dovrò darle
una forma più accetabile. Però mi sono divertita
comunque a scriverla e poi scrivere aiuta sempre. Spero vi sia piaciuta
comunque. Baci, alla prossima. Marian.
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