L'Oracolo

di strafe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nemici in vista ***
Capitolo 2: *** Uluthrek ***
Capitolo 3: *** Il Rispetto ***
Capitolo 4: *** Gli Urgali ***



Capitolo 1
*** Nemici in vista ***


Capitolo 4 Nemici in vista Il giorno dopo la grande festa Urgali in suo onore, Uluthrek si svegliò di buon mattino, appena dopo il sorgere del sole. Nella sua tenda faceva freddo e le pelli di orso non aiutavano molto a combattere i numerosi spifferi di aria quasi ghiacciata che provenivano dalle cuciture della tela. Quando uscì si accorse di uno strano palo conficcato appena fuori dall'imboccatura della sua tenda, sulla sommità era legato un rombo di stoffa delle dimensioni di una mano Urgali, il suo namna, evidentemente le anziane del villaggio ne avevano cucito uno per lei durante la notte. La tradizione vuole che sul namna sia cucita la storia di colui che abita la tenda vicino al quale è affisso, quindi la rossa lo portò nella tenda e, con la magia, disegnò prima un cerchio di urgali riuniti intorno a un fuoco e poi un Nagra che pareva quasi vivo talmente la magia lo rese perfetto. La tela di sfondo del suo namna, in quanto capotribù, era rosso, forse tinto con il sangue dell'enorme animale che aveva portato tanta gioia al villaggio solo il giorno prima. Dopo le dimostrazioni della sua forza, molti Urgali, soprattutto donne, la cercarono per risolvere i loro problemi, piccoli o grandi che fossero. Uluthrek passò tutto il giorno a riparare spade, a curare ferite riportate nella caccia o per piccoli incidenti, una donna le chiese di controllare se il bambino che aveva in grembo fosse un maschio o una femmina e la sua tenda si riempì di urla di giubilio quando seppe che sarebbe stato un maschio possente e rispettato. La sera fece una passeggiata con Dareon, che era l'unico di cui si fidasse quasi ciecamente e si informò dei bisogni del villaggio, che, aveva notato, non aveva una palizzata a difenderlo da attacchi esterni. Poi congedò il Kull e continuò a camminare nella foresta da sola, era sempre affascinata dal silenzio che regnava tra i pini della Grande Dorsale, era qualcosa che aveva il potere di calmarla. Camminò per quasi tre miglia senza sentire nessun suono se non il verso degli scoiattoli o il rumore delle foglie calpestate e spostate dai cervi della zona. Il suo passo era leggero, sembrava scivolare tra gli alberi senza peso, come un'ombra impalpabile. Stava progettando la palizzata per difendere il villaggio nella sua mente quando avvertì la presenza di un folto manipolo di umani appena a un centinaio di metri da lei, oltre il ruscello gorgogliante che stava costeggiando. Si avvicinò di soppiatto, non poteva farsi scoprire, anche uno sciocco avrebbe notato i vestiti di foggia Urgali che indossava, solo che doveva scoprire cosa stava succedendo. Era incredibile la facilità con cui riusciva a non produrre alcun suono sul pavimento di foglie secche, la sua grazia era sovrannaturale, così come la sua velocità. A meno di cinque passi dal gruppo si fermò ed iniziò ad ascoltare, erano i discendenti dei soldati di re Palancar, che governava la valle che andava da Carvahall fino al monte Utgard. Era un vero e proprio accampamento, che però aveva tutta l'aria di essere un villaggio di soli uomini in armatura leggera. Al centro del villaggio di tende se ne trovava una molto più grande delle altre, era evidente che ci sarebbe stato un attacco. L'Oracolo usò un semplice incantesimo per aumentare la sensibilità del suo udito e isolare i discorsi della tenda da tutto il resto, intanto con la mente sfiorava appena le coscienze dei componenti del gruppo. Le pareva di ascoltare un vero e proprio vertice militare, quegli uomini stavano organizzando un attacco, a chi o a che cosa la rossa non lo sapeva. -Attaccheremo all'imbrunire, mentre inizieranno ad accendere i fuochi, dovrà essere una battaglia fulminea, dobbiamo coglierli di sorpresa e ucciderli prima che possano reagire, anche se siamo in tanti non vuol dire che possiamo prendercela comoda!- la voce di quell'uomo aveva un suono autoritario di chi si aspetta obbedienza assoluta. -E se attaccassimo stanotte?- un altro uomo stava parlando, aveva una voce più calma e profonda, sicuramente era una qualche sorta di generale veterano- di certo non si aspettano un attacco, potremmo mandare qualcuno a uccidere le sentinelle, neanche gli Urgali possono sopravvivere se li sgozzi prima che possano urlare-. Urgali!! Uluthrek sapeva che l'unico villaggio nel raggio di cinque o sei miglia era quello di cui lei era il capo, di sicuro non si sarebbero allontanati tanto dal loro obbiettivo, doveva assolutamente tornare indietro e sperare che l'attacco non venisse anticipato. -No- era la stessa voce di prima,-gli uomini sono stanchi, attaccare adesso sarebbe un suicidio, domani al tramonto, voglio che Jerk mi copra le spalle e che Ely e Petyrsson chiudano quei mostri ai lati, prendetevi cinquanta guerrieri a testa, non voglio cavalli, sentirebbero il loro odore.- si sentì un rumore di ferro stridente quando i partecipanti dell'assemblea, sicuramente forniti di armature pesanti, si alzarono dalle sedie -adesso andate a dormire, a mezzogiorno di domani ci muoveremo e spazzeremo dalla faccia della terra quei dannati mostri urlanti. L'Oracolo non aspettò che i soldati uscissero dalla tenda di comando ma si mise a correre nel bosco, senza ormai preoccuparsi di non fare rumore. Arrivò al piccolo villaggio con il fiato corto e subito si precipitò alla tenda del suo luogotenente Dareon, annunciandogli del pericolo imminente. Non avrebbero dormito quella notte. Venti minuti dopo trenta Urgali erano riuniti appena fuori dal cerchio di tende, erano i guerrieri più forti che avrebbe potuto trovare. La piccola donna incaricò metà di loro di andare nel bosco con le loro asce e di tagliare e appuntire dei rami abbastanza grandi da trafiggere un uomo, mentre l'altro gruppo avrebbe dovuto raccogliere quante più pietre possibile per innalzare un rudimentale muro, lei avrebbe fatto il possibile per aiutare. All'alba il mucchio di pietre raccolte dai suoi compagni superava i venti piedi di altezza e con i pali appuntiti avrebbero potuto creare una palizzata in pieno stile nanesco. Quando il villaggio cominciò a prendere vita e i trenta guerrieri andarono a riposare le membra doloranti il capo del villaggio informò la sua gente dell'attacco, poi iniziarono i lavori a cui parteciparono tutti, anche le donne. Bisognava costruire un muro alto almeno un paio di metri e intervallato dai pali di legno appuntiti sul fianco est mentre a sud avrebbero creato un dislivello notevole in modo da essere in posizione predominante. A ovest si sarebbe radunato il grosso dei guerrieri, da quel lato il villaggio sarebbe stato più vulnerabile. La parete di roccia a nord avrebbe protetto le spalle ai combattenti. A mezzogiorno il muro aveva già raggiunto i due metri e molte pietre erano avanzate, chiunque avesse provato a scavalcare sarebbe stato ucciso dalle Herndall che difendevano il villaggio e dalle loro asce. Il terrapieno creato dalla forza spaventosa degli Urgali e modellato secondo l'utilità dalla magia della strega pareva una collina, gli uomini non avrebbero avuto vita facile durante la battaglia. Quando arrivò il tardo pomeriggio Uluthrek disse di non accendere i fuochi appena sarebbe calato il buio e che, appena gli umani avrebbero iniziato a sciamare fuori dal bosco, nessuno avrebbe dovuto guardare il cielo. Aveva intenzione di utilizzare un incantesimo che avrebbe gettato luce sulla scena ma avrebbe anche accecato chiunque l'avesse guardato. Tutti i guerrieri si armarono e coprirono i loro corpi da rozze armature formate da placche di metallo unite da brandelli di maglia di ferro e si nascosero nelle tende, avrebbero aspettato il buio per uscire allo scoperto. Dareon avrebbe comandato i soldati a ovest perchè sapeva come gestire i suoi compagni, anche se non lo sapeva aveva degli speciali incantesimi di protezione a salvaguardare la sua vita. Gli ultimi, deboli raggi solari rischiaravano ancora il cielo quando Uluthrek iniziò ad avere paura, aveva paura di vivere la prima vera battaglia della sua vita, aveva paura di vedere il terrore sui volti di chi avrebbe provato a ucciderla e che lei avrebbe ucciso a sua volta. Aveva paura di prendere la sua prima vita umana. Il suo unico generale era al suo fianco, nella sua tenda, e mentre affilava l'ascia la osservava, i suoi occhi erano due pozzi neri senza un apparente fondo, due pietre di ossidiana liquida incastonate in una testa cornuta. Quando l'ultimo frammento di disco solare scomparve dietro le verdi montagne alcuni abitanti uscirono dalle loro tende per dare l'impressione ai soldati che erano sicuramente già appostati nei dintorni che tutto fosse normale. Che loro fossero ignari del pericolo che stava per piombargli addosso. Piano piano il buio calava tra i monti, c'era una strana calma nel bosco, segno inequivocabile della presenza di un grande numero di soldati. La donna aveva gettato un altro piccolo incantesimo, un'illusione mostrava a chiunque fosse nel bosco il villaggio originario, senza le migliorie apportate durante l'ultimo giorno, quindi i soldati si sarebbero accorti del muro e del terrapieno solo quando se li sarebbero trovati davanti. Si sentiva compiaciuta del lavoro che aveva fatto. Spiare cosa accadeva al di fuori da un buco nella tenda aveva solo il potere di agitarla e farla sentire in trappola, quindi fece capolino con la testa dall'entrata e si guardò intorno. Molto probabilmente i soldati che si trovavano di fronte non erano molto esperti, infatti dalla boscaglia provenivano sommessi stridii di spade sguainate e riflessi di elmi o spade che un veterano avrebbe certamente saputo come nascondere. Le sentinelle si sarebbero accorte comunque del loro arrivo. Tra i soldati parve correre un segnale, i giovani con le spade sguainate iniziarono a correre verso di loro, pochi di loro sarebbero sopravvissuti, dovevano aspettare ancora un attimo prima di uscire allo scoperto o i loro avversari sarebbero scappati. Appena superarono il confine del bosco molto rimasero spaesati, pur continuando a correre verso di loro, vedendo il muro e il terrapieno. L'Oracolo mormorò qualche parola che nessuno sentì e nel cielo apparve una sfera che gettava un bagliore bianco opalescente sulla scena, simile a una seconda luna. Qualcuno si fermò, ma appena furono tutti in campo aperto gli Urgali nascosti nelle tende si lanciarono su di loro con una ferocia tale che negli occhi di molti si scorgeva qualcosa di animalesco mentre le due parti si scontravano in un clangore di spade e asce contro scudi, in breve i primi schizzi di sangue bagnarono il terreno, quasi tutto era sangue umano. I comandanti umani erano seriamente in difficoltà, si aspettavano un villaggio indifeso da sterminare e invece si erano ritrovati a fronteggiare un piccolo esercito. Alcuni soldati stavano già scappando, solo per essere travolti dai compagni che premevano contro il muro. Il terrapieno si dimostrò la difesa più efficace, gli uomini che provavano a salirci venivano sopraffatti dagli Urgali in cima, i corpi iniziavano ad ammucchiarsi al fondo della piccola salita. Allo stesso tempo nessuno riusciva a scavalcare il muro, le Herndall combattevano con forse maggiore ferocia dei Kull e alla strega dai capelli rossi incutevano un poco di paura. In breve tempo il contingente di Dareon decimò i soldati che si trovava davanti, la luna era appena sorta quando un grido di ritirata fece retrocedere disordinatamente tutti i soldati dal campo di battaglia. Nelle retrovie c'erano due personaggi che svettavano tra i colori spenti delle armature dei soldati, due uomini non combattevano, e avevano due armature splendenti che brillavano alla luce del suo incantesimo. Dovevano essere i due che la sera prima aveva ascoltato pianificare l'attacco. Uno era abbastanza alto e muscoloso, i suoi occhi scorgevano i capelli rossi ma non i lineamenti, se non i prominenti baffi. L'altro invece era diverso, la sua armatura era forgiata in argento brunito e si adattava perfettamente al corpo possente dell'uomo, ma era leggera e comoda, lo stile di chi la indossava doveva puntare molto sulla velocità. Era alto e slanciato e poteva essere un elfo per quanto ne sapeva, ma gli elfi non si sarebbero mai mischiati agli umani. Gli unici due uomini che si accorsero di lei nel caos della battaglia furono quei due. Probabilmente credettero si trattasse di una prigioniera, perché l'uomo con l'armatura di argento sguainò lo spadone a due mani che portava alla cintura e iniziò a farsi strada tra i mostri urlanti e i suoi stessi compagni con affondi e fendenti. Uluthrek era quasi spaventata da quell'uomo, era possente, la sovrastava come se fosse un Urgali, ma negli occhi aveva qualcosa di saggio e immensamente profondo che la spinse a cominciare ad avanzare verso di lui. I suoi incantesimi di difesa respingevano ogni cosa che gli si avvicinasse, quindi la folla si aprì davanti a lei per poi richiudersi alle sue spalle, sia gli uomini che gli Urgali fissavano quella donna minuta che fendeva l'armata senza muovere un dito. Anche il soldato che l'aveva vista si era fermato a guardarla, come stregato da quella presenza. L'Oracolo non si accorse che molti soldati umani si erano spaventati e si erano scagliati contro di lei abbattendo le spade sul suo scudo magico, non notò nemmeno che il suo dispendio di energia aumentava a dismisura. Arrivò a un soffio dall'oggetto della sua curiosità e cadde a terra in ginocchio, aveva perso troppe energie. L'uomo si chinò affianco a lei, le prese il viso tra le mani e la guardò in volto, - Non aver paura, non ti farò del male, sono Tenga -. ------------------------------------------------------------------------ Angolino autore so che non molti arriveranno a questo punto, ma se per caso vi va di lasciare una piccola recensione ne sarei grato...mi scuso per la storia tutta attaccata :) grazie Strafe

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Capitolo 2
*** Uluthrek ***


Cap. 3

Uluthrek

 

Al suo ritorno al villaggio con l'enorme animale la sua gente la acclamò come un'eroina, e lei in fondo lo era, ma quello era solo un piccolo gesto per dimostrare la sua forza, dopotutto, aveva centrato il suo obbiettivo come una freccia elfica.

Era consapevole della sua forza, e l'uccisione di quel Nagra era solo un assaggio del suo potere, soltanto la parola che aveva avrebbe potuto uccidere un intero esercito non protetto dalla magia e senza rimanerne nemmeno affaticata.

Gli arieti avevano già iniziato a macellare la bestia e stavano accendendo i fuochi, lei aspettava che stessero per gettare le interiora, infatti doveva fare un atto di rispetto, doveva donare il cuore alla moglie di Nar Garzvogh.

Il momento arrivò, e quando lei si avvicinò tutti la fissarono, e quando raccolse l'enorme massa di muscoli sanguinante e ancor calda il silenzio cadde su tutti i presenti.

Non poteva più tornare indietro, doveva aprire quella tenda nella quale solo pochi giorni dormiva il capotribù ormai cenere.

Scostò un lembo dell'ingresso e fece la sua entrata, la madre Urgali era sdraiata sulle pelli di orso che formavano i suo letto, il neonato era grande il doppio di un bambino umano, ed era al suo fianco, assopito.

La donna si alzò di scatto, non sapeva cosa aspettarsi da quell'essere così minuto ma allo stesso tempo così pericoloso, ancora si chiedeva come aveva fatto a far suicidare il suo amato, era sospettosa come una lupa ferita.

La piccola donna teneva qualcosa in mano, qualcosa che grondava sangue, aveva sentito che qualcuno aveva portato una grossa bestia al campo, ma se quel cuore poteva appartenere solo a un animale davvero gigantesco, appena capì sul suo volto si dipinse la sorpresa e lo stupore per quello che l'umana stava facendo.

Donare un cuore di un animale ucciso durante la caccia era sempre stato per il popolo con le corna un gesto di fedeltà assoluta, il giorno della sua unione con Garzvogh lui le aveva donato un cuore di bisonte, ma mai lei si aspettava di ricevere un cuore di Nagra.

Con quel gesto lei non solo le faceva un dono senza eguali, ma dichiarava che per sempre lei si sarebbe fidata ciecamente di lei e della sua stirpe, era il dono più importante che un essere vivente gli avesse fatto.

-Questo è il cuore del Nagra con cui la tua anzi, la nostra gente si sta sfamando, questo è il cuore mio e della mia stirpe, adesso tu sei il mio cuore e io non posso vivere senza, ti prego di accettarlo come segno della mia fedeltà verso te e verso tuo figlio Garzvogh, lui mi chiese di dargli il suo nome e io terrò fede alla mia promessa, inoltre darò il suo nome anche al mio degno erede al comando della tribù, quando voi due non sarete che polvere.-

-Questo ti rende onore, non potrò mai dimenticare la morte di mio marito, ma so che sei sincera, ho un dono da farti, come segno di riconoscenza- detto questo prese un fodero lungo e sottile da sotto la branda di pelli.

Una spada” capì, “una strana spada”.

Il fodero era anonimo, di semplice cuoio, eppure la guardia crociata che ne spuntava era armoniosa e sembrava viva alla luce del braciere, sull'impugnatura c'era scritto qualcosa.

-Questa spada venne ritrovata da mio marito in una grotta molto a nord di questo accampamento, non sappiamo di che materiale sia fatta, ma finora nessuno dei nostri guerrieri è riuscita a maneggiarla senza perdere almeno un paio di dita- detto questo la sguainò, e la lama che sembrava fatta di diamante e brillava di una tenue luce che sapeva di morte.

Era un'arma formidabile, sottile come un foglio di pergamena, la lama si fondeva con la guardia con il disegno di un complicato arabesco di diamante nero.

La prese dalle mani inesperte della donna Urgali e lesse sulla guardia, c'era scritto nella Liduen Kvaedhì “io sono Albitr, la fine di tutto”, si sentì commossa di ricevere quel dono, quando era ancora a Ilirea aveva letto di una spada forgiata all'alba dei tempi per un guerriero che si diceva aveva dominato il mondo per diventare un dio, e proprio quello era il suo nome, Albirt.

Quasi si mise a piangere, ma riprese subito coscienza di chi aveva davanti.

-Ti ringrazio per questo dono, lo porterò con me sempre, e per nessun motivo la lascerò nella mia tenda durante la battaglia, ti sono debitrice per questo.-detto questo uscì, era sollevata, perchè se ci fosse stato un suo nemico nel suo accampamento, quella Urgralgra sarebbe stata di certo il peggiore.

Quella sera ci fu grande festa nella piccola comunità, la testa dell'enorme cinghiale troneggiava al centro della radura del falò.

Alcune sagome danzavano intorno al fuoco gettando ombre inquietanti sui presenti, diversi guerrieri si sfidavano in incontri di lotta libera vicino al ruscello, mentre altri suonavano strani strumenti simili a tamburi fatti di pelle.

A quella vista e con quella musica incalzante nell'aria l'Oracolo sentì risvegliarsi la parte più selvaggia di lei, e si ritrovò a bere sidro aromatico e a parlare con due di quelli che dopo un paio di bicchieri gli sembravano davvero dei giganti, era la prima volta che si sentiva davvero parte di qualcosa, ed era una sensazione che riteneva fantastica.

Da quando, da bambina, i suoi genitori erano morti per malattia e lei aveva scelto di servire il re degli elfi era sempre rimasta chiusa a palazzo, si era dedicata anima e corpo al suo compito.

Ma lei era sempre stata un fantasma per la gente che sapeva della sua esistenza, inoltre non le era permessa alcun contatto umano, se non a parole, e non si ricordava nemmeno com'era ricevere una carezza, il ricordo della pelle morbida di sua madre era un ricordo ormai sbiadito nella sua mente.
Quel ricordo aveva lasciato un grande vuoto nella sua mente, un vuoto che aveva ormai deciso di colmare, voleva qualcuno al suo fianco, una persona che capisse cosa provava, una persona la cui anima riflettesse la sua come uno specchio d'acqua, qualcosa di simile a un amante, e se quel qualcuno fosse stato un umano, un elfo, un nano o un Urgali sarebbe stato indifferente per lei.

Per questo voleva conoscere tutto quello chela circondava e le persone che aveva davanti, voleva trovare una persona che fosse come lei fin nel profondo.

La festa si stava movimentando, il ritmo della musica era più veloce, i combattimenti di lotta erano sempre più feroci, gli Urgali stavano mostrando la loro vera natura di popolo selvaggio e brutale, l'accampamento sembrava un solo essere che si muoveva al ritmo con le fronde degli alberi scosse dal vento e delle scogliere percosse dalla furia delle onde.

Quello era davvero uno spettacolo degno di nota, a cui nessun umano o elfo era stato permesso di assistere prima di allora.

L'adrenalina scorreva come un fiume in piena nelle venedella giovane dai capelli rossi, ancora seduta su un masso ai lati della radura, la sua calma glaciale si stava sciogliendo come un ghiacciolo dei monti Beor caduto nei rosseggianti vulcani di Beirland, lasciandola in balia del suo essere.

Dai presenti si levava una profonda gratitudine nei suoi confronti, cosa che la compiaque, il ritmo accellerò ancora, ormai la pressione era insostenibile, il suo corpo era formato da tutti i presenti, che avevano autonomia propria, l'energia che gli scorreva in corpo era insostenibile.

L'incantesimo le sfuggì dalle labbra come un tuono, sovrastando la musica e i passi degli arieti sul terreno, era un canto elfico, ma dotato di una potenza e di una brutalità che solo gli esserei viventi che aveva ora davanti potevano eguagliare.

Sotto i suoi occhi il fuoco si spense, gettando un oscurità uniforme sulla folla, tutte le scintille che ancora volevano nell'aria come lucciole si riunirono a formare un grosso orso sospeso a mezz'aria, che si tuffò per terra e si frammentò in tanti falchi che presero il volo e salirono fino a scomparire dalla vista, prima di scendere in picchiata sui presenti.

Proprio mentre la piccola folla stava per allontanarsi lo stormo si tramutò in un branco di lupi, che correvano sulle correnti del vento, senza peso, risalendo verso la luna piena.

D'un tratto, la figura mutò ancora, stavolta riunendosi a formarne una sola.

Ora un drago che pareva abbracciare il cielo con le sue immense ali e aveva le squame che brillavano di mille bagliori vermigli volava verso la luna.

Una fiammata magica, creata dalla maga, sembrò circondare l'astro, ma il drago ancora non accennava a fermarsi, sembrava quasi poter toccare la luna quando con un morso sembrò mangiarla, facendola scomparire alla vista.

Il drago scese verso di loro, ma solo per dimostrare al mondo intero cosa fosse capace di fare, sembrò prendere fiato, poi lanciò una respiro di fuoco talmente intenso che pareva consumarlo, ogni scintilla di quel colosso magico stava alimentando quella fiamma, che quando il drago fu completamente sparito si condensò in una figura bianca e opalescente, la luna era tornata a proteggere il popolo Urgali.

Gli ultimi sprazzi di energia fecero cadere una delicata pioggia sulla radura, poi il fuoco tornò ad ardere, scoppiettante.
Tutto era ora immobile, niente pareva vivo ma di pietra in quella notte di estate, poi per la seconda volta quel giorno, le urla e i ruggiti di acclamazione la circondarono, poi un grido, una parola, che risuonò dilagante sulle montagne.
-Uluthrek! Uluthrek! : Mangialuna, cos' sarebbe stata ricordata dal popolo Urgali, lei aveva mangiato la luna quella notte.

 

Spazio autore:

allora spero innanzitutto che qualcuno arrivi fino a questo punto e che il capitolo vi sia piaciuto, anche questa volta non sono riuscito ad aggiornare presto come avrei voluto...spero che non ci siano errori dovuti alla distrazione come mio solito e...recensite grazie...:)

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Capitolo 3
*** Il Rispetto ***


Cap 2

Il Rispetto

Aveva sempre pensato che gli Urgali fossero un popolo di combattenti e vedendone uno arrendersi così sentì le sue certezze crollare.

Sapeva che il resto del villaggio non l'avrebbe accettata ma così doveva fare e almeno per un paio di giorni avrebbero accettato il suo comando secondo le leggi Urgali.

In più poteva approfittare del fatto che molti di quelli che adesso formavano il suo popolo erano terrorizzati da lei, sia perchè era riuscita a sconfiggere cinque dei loro guerrieri in un attimo sia perchè sapeva usare la magia, magia che da sempre terrorizzava quel villaggio.

Prese subito il controllo della situazione che iniziava a degenerare, non sapeva cosa dire ma solo il fatto di muoversi fece calare un silenzio pesante sull'assemblea, i guerrieri si sedettero di nuovo, le donne zittirono i loro figli o li portarono nelle loro tende.

Era incredibile il potere che aveva, ogni suo movimento era seguito dagli sguardi di tutti i presenti, che si scansavano appena lei si avvicinava.

-Non sono qui per farvi del male – disse – io posso aiutarvi, ho visto come vivete, i vostri più grandi problemi, e ho il potere di risolverli, si faccia avanti chiunque abbia un compito da farmi svolgere che riguardi la sopravvivenza di questa tribù e sarò molto felice di aiutarlo anzi di aiutarvi, tutti voi...perchè io posso.

Seguì un silenzio carico di tensione nessuno si fece avanti, i minuti scorrevano in fretta tra le dita del tempo.

Solo una Herndall, una madre Urgali, si fece avanti, disperata perchè suo figlio era nato due settimane prima con una gamba molto più debole del normale, e sapeva che sarebbe stato emarginato per tutta la vita, se non ucciso prima di arrivare all'età adulta.

La ragazza si fece portare alla sua tenda, il neonato era sdraiato su delle pelli di orso, la gamba destra era normale, ma la sinistra era più corta e molto più sottile, quasi come la gambetta di un umano.

Si può fare qualcosa??- l'Oracolo non ne era sicura, ma era successa la stessa cosa nella Du Weldenvarden, un piccolo elfo non nasce spesso, e quando la creatura era nata deforme tutta la comunità era stata percossa da un grande dolore e aveva usato un incantesimo per rimediare, solo che in quel caso tutti gli elfi presenti avevano unito e loro forze perchè grande era l'energia necessaria.

La sua forza era di molto superiore a quella di un qualsiasi elfo e per la prima volta lei avrebbe potuto davvero mettersi alla prova.

Chiese qualcosa su cui scrivere, poi formulo tutte le possibili varianti dell'incantesimo che era lungo e complesso, una sola parola di troppo e avrebbe potuto uccidere il bambino e rischiare la vita lei stessa.

Le ci volle un po' ma alla fine l'incantesimo era pronto.

Ogni sillaba che pronunciava era pesante come una notte senza luna, l'energia che infuse in quell'incantesimo fu tale che avrebbe potuto uccidere tutti i presenti all'istante, ma quando l'incantesimo fece effetto e sentì il potere che si estingueva l'Oracolo chiuse gli occhi, per paura dii aver fatto un enorme disastro.

Li riaprì solo quando le urla di giubilio della madre riempirono la tenda,il bambino stava bene, e la gamba era normale.

Mai la giovane dai capelli rossi si era sentita così felice, e la felicità che stava provando non era un sogno o una visione, ma la stava provando in prima persona e quello fu il dono più grande.

Tutto il villaggio tranne le sentinelle si era raccolto intorno alla tenda, tutti gridarono di gioia quando la Herndall ne uscì con il neonato salvo in braccio.

Quando finalmente riuscì a tirarsi in piedi e a uscire davanti alla folla urlante tutti erano tornati intorno al falò, anche lei si avvicinò, con un passo lento perchè era tanta l'energia che aveva speso.

Era di nuovo al centro dell'attenzione, da una parte sentiva ancora il pianto della donna Urgali con in braccio suo figlio.

Un maschio Urgali si alzò dal suo posto, avvicinandosi, si doveva ancora abituare alla spaventosa altezza di quegli essere che ormai poteva dire, erano molto molto simili agli umani e forse anche un pochettino più intelligenti in certi casi.

-Io sono il fratello del vecchio capo, sono Nar Daroen, accetto il tuo comando e giuro sulla luna rossa che ci sovrasta e a nome di tutta la tribù degli arieti della tribù di Bolvek che nessuno dei presenti ti arrecherà danno, siamo un popolo di barbari, questo te lo concedo, ma teniamo sempre fede ai giuramenti.

Gli altri abitanti del villaggio ruggirono in segno di approvazione, quella era stata una giornata davvero molto entusiasmante per la rossa, ma lei non dubitava che non sarebbe finita lì, anzi, era appena cominciata.

Daroen la accompagnò fino alla tenda dell'ex capotribù, dentro ebbe l'impressione di trovare una gigantessa, la moglie del capo Urgali era alta quasi il doppio di lei, e anche se lei non era proprio una spilungona era comunque un'altezza notevole.

Era china su una rozza culla, da cui proveniva il dolce vagito di un neonato, la donna le toccò la spalla, e quella trasalì, voltandosi di scatto, e l'Oracolo si ritrovò davanti a due occhi fiammeggianti e pieni di collera e dolore, un dolore puro, un dolore così travolgente che tutt due ne furono possedute.

-Io... - la ragazza non sapeva cosa dire, aveva portato il suo amato al suicidio e poi aveva preso il suo posto al comando della tribù, era quella la verità e non sapeva come farci i conti.

Uscì dalla tenda senza aggiungere altro e si diresse verso i confini del bosco, sempre seguita da quello che già considerava suo amico, che anche se la seguiva da vicino produceva solo lievi suoni.

Voleva sfogarsi, quindi diede l'ordine di prepararle una tenda e Dareon si allontanò, rimase da sola, rannicchiata sotto un pino e piangere, si era sporcata le mani con il sangue di quello che forse non era un'innocente, ma di sicuro non le aveva fatto niente di mela, e adesso che lo avevano bruciato l'unico segno che aveva lasciato sulla terra erano quei quattro segni paralleli sul suo costato che erano state le sue unghie a provocare.

Pianse finchè i suoi occhi non si prosciugarono, ma rimase comunque rannicchiata sotto quel bellissimo albero ricoperto da goccioline di rugiada, rimase lì finchè i primi raggi del sole accarezzarono le punte dei monti, incendiandone i ghiacciai rischiarando il cielo.

La ragazza non aveva bisogno ne voglia di dormire, ma quando tornò al villaggio non trovò nessuno, nemmeno le sentinelle, l'unica cosa che si muoveva era il sottile filo di fumo che era l'unico segno della pira funeraria di Nar Garzvogh.

Dareon uscì dalla sua tenda, si avvicinò per fornire spiegazioni ma la rossa lo liquidò con un gesto, sapeva che il giorno dopo la cerimonia per la luna rossa tutti gli uomini e le donne dovevano stare insieme fino allo zenit del sole, a costo di farsi massacrare tutti per non avere montato la guardia.

Intanto l'unico ariete che non credeva negli dei ed era proprio davanti a lei la informò che la tribù da un po' di tempo soffriva la fame perchè i branchi di cervi si erano spostati, l'unica era di abbattere uno dei pochi Nagra, i cinghiali giganti che si credeva vivessero solo nei monti Beor, ma nessuno dei guerrieri si era offerto di provarci, tutti dicevano che era troppo pericoloso.

Non poteva non accettare la sfida che gli stavano porgendo, aprì la mente, tentacoli di coscienza spaziarono un raggio di quasi dieci miglia, trovando quello che stava cercando dopo pochi secondi.

Si fece prendere in braccio dal Kull e lo fece dirigere di corsa verso il punto dove il mostruoso animale stava ancora riposando fin quando non furono a pochi metri da lui.

Il vento cambio, e il lezzo Urgali lo fece svegliare, ma l'Oracolo non aveva intenzione di farselo sfuggire, uscì allo scoperto, guardando lo stupido animale negli occhi, senza muoversi, nemmeno quando quello lo caricò, ma si immerse nel flusso del potere che gli scorreva in corpo e mormorò una sola parola nell'Antica Lingua: Morte.

Ma lo slancio non lo fece arrestare, e lo portò fino ai suoi piedi, al suo posto, ai piedi di un essere a lui superiore, un essere molto più potente di quello che si potesse pensare, l'essere forse più potente e saggio che il mondo avesse mai visto.

 

Mi scuso con tutti quelli che aspettavano il secondo capitolo di questa ff ma ho avuto qualche problema...spero che vi piaccia questo come il primo capitolo...:)

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Capitolo 4
*** Gli Urgali ***


 

L'Oracolo.

Cap. 1

Gli Urgali

Durante la Du Frìn Skulblaka quando gli elfi scoprirono il crepaccio che poi sarebbe diventato Ilirea furono molto contenti, perchè non solo offriva riparo dagli attacchi dei draghi, ma loro scoprirono che da una specie di sorgente nella roccia fuoriusciva una specie di vapore che dava la facoltà di vedere il passato e il futuro.

Sopra alla sorgente costruirono il palazzo reale, ma convogliarono tutto il vapore in una stanza, lì abitava l'Oracolo, che aveva scelto di usare la sua vita per aiutare gli elfi a vincere la guerra, a costo di rimanere in quella stanza per sempre.

Rimaneva sveglia solo poche ore al giorno, giusto il tempo di mangiare per rimanere in vita, ma quando dormiva sognava il futuro, scopriva dove e come avrebbero attaccato i draghi, sapeva cosa stavano facendo gli Urgali sulle montagne e iniziò a imparare la loro lingua, insieme a quella dei nani.

Poi però successe qualcosa di strano, il vapore cominciava a impregnarla e a penetrare nella sua carne, le sue visioni erano sempre più dettagliate, lei si svegliava in preda al panico dei soldati che in quel momento stavano morendo, sentiva tutto quello che provavano tutti gli esseri nel territorio di Alagaesia, provava il loro stesso terrore, la loro stessa felicità e il loro dolore, tutti i giorni era una tortura, perchè se la felicità era poca il dolore dominava qualunque individuo, uomo donna o bambino.

Scoprì di saper usare la magia, iniziò con incantesimi semplici come sollevare piccoli oggetti, ma dopo poco tempo si destreggiava con incantesimi sempre più complessi che richiedevano enormi quantità di energia, il suo corpo si stava rafforzando, nella mente e nello spirito.

Con il passare degli anni si accorse però di non invecchiare, per lei che era un'umana era strano, la sua pelle era sempre rosea e tesa e i suoi ricci marroni non sbiancavano, lei non era mai stata molto alta, ma la vecchiaia non la stava piegando,eppure sentiva di crescere interiormente.

Ma tutto questo era destinato a non durare in eterno.

Capì che qualcosa non andava la prima notte che le visioni non si fecero sentire, lei rimase muta e immobile e quando si svegliò non ci credette.

Il re di quel tempo venne a farle visita, era molto preoccupato perchè molte delle sue vittorie in campo bellico derivavano dalle sue premonizioni, ma la giovane donna gli disse che ormai la sua presenza l' era inutile, la fonte di vapore era prosciugata, e che anche se lei non voleva farlo doveva uscire da quel posto che ormai era diventato una sorta di prigione per lei.

E fu così che l'Oracolo iniziò a vagare per il mondo, scoprendo ogni giorno qualcosa di nuovo che la entusiasmava, da quando aveva lasciato il suo posto a palazzo era finalmente felice.

Aveva un'idea, voleva conoscere tutte le razze del suo mondo, non s sarebbe fermata davanti a niente, la prima razza era quella Urgali.

Si diresse verso la Grande Dorsale, sapeva dove trovare il villaggio più vicino, ai piedi del monte Utgard, tuttavia incontrò una loro pattuglia e, senza farsi vedere ne sentire, li seguì al loro villaggio.

Era un villaggio relativamente grande, in tutto c'erano una quarantina di tende, ma era difeso da almeno cento guerrieri disposti sul suo perimetro.

La tenda del capo era al centro, lei sapeva che per farsi accettare dalla tribù doveva sfidarlo in un incontro di lotta libera, ed erano in pochi che l'avevano fatto, almeno rimanendo vivi. Ad un certo punto un lembo della tenda si alzò, una sagoma si mosse nella penombra interno, la donna non potè reprimere un brivido sulla schiena, un Kull alto quasi tredici piedi era il capo del villaggio, non sarebbe stato per niente facile.

Quella sera era prevista una cerimonia in onore della luna rossa, gli Urgali credevano che la luna di quel colore li rafforzasse fisicamente, quindi quella sera lei avrebbe agito.

La notte gli arieti accesero innumerevoli fuochi, tutti intorno al villaggio, solo uno era al centro, e i guerrieri gli stavano ballando intorno, ma del gigante non si vedeva vedeva l'ombra.

Proprio in quel momento dalla tenda centrale provenì un urlo lacerante, e subito dopo il dolce vagito di un neonato, e a quel punto la tenda si aprì.

Tutti i guerrieri si immobilizzarono e si sedettero in cerchio, un'improvviso silenzio calò sulla radura, neanche il fuoco produceva alcun suono.

La cerimonia era iniziata, l'Urgali stava parlando nella sua lingua madre, una serie di suoni rauchi e spezzati, che foravano un'atmosfera leggermente inquietante.

L'Oracolo era dietro a una tenda e osservava la scena con un misto di stupore e curiosità, prese una leggera rincorsa e saltò nell'ampio cerchio, proprio vicino al fuoco, cinque guerrieri gli si gettarono addosso.

Tentacoli di mente andarono a urtare contro le barriere di due di loro, ma gli altri non furono così fortunati, la minuta donna estirpò dalla loro coscienza ogni traccia di rabbia e di competitività, e loro tornarono docilmente a sedersi nel cerchio.

Gli altri due avevano la mentre protetta da forti barriere, e gli saltarono addosso tutti e due insieme, ma lei non si fece cogliere di sorpresa, mormorò due secche parole e un globo compatto di aria ne colpì uno l petto, facendolo volare oltre il cerchio dei suoi compagni.

L'ultimo era proprio sopra di lei e la bloccava, senza lasciargli fare nessun movimento -Jerda!!- il collo del mostro si spezzò con uno schiocco secco.

Alzandosi in piedi si accorse che il capo Urgali sene stava fermo e fissava la scena, che non era durata più di dieci secondi, con grande stupore, poi la guardò con un'aria interrogativa.

Lei non gli diede tempo di dire niente,-Sono l'Oracolo, non sono ostile a voi e al vostro villaggio, chiedo solo di rimanere con voi, se non accetterete la mia offerta mi vedrò costretta a affrontarti, e per favore non voglio offenderti, ma qual è il tuo nome?-

-Il mio nome è Nar Garzvogh, ho ucciso ventitre avversari in incontri di lotta, non ti accetterò mai nel mio villaggio, e stasera avrò la tua testa-.

Detto questo gettò la testa all'indietro e ruggì alla luna, immobile nel cielo, una nota che rimase nella mente dell'Oracolo come una cicatrice.

Prese una lunga lancia e tracciò un grande cerchio per terra, non aveva paura di quell'essere, aveva affrontato i draghi nella sua testa e ne era sempre uscita vincitrice, lui non poteva fermarla.

Presero posizione a tre passi di distanza, un'anziano del villaggio scagliò una freccia e lo scontro ebbe inizio.

La terra tremò quando l'essere corse verso di lei, ma la manco perchè lei si spostò con facilità verso destra, sporgendo il piede e facendolo rotolare fuori dal campo, sapeva che se fosse riuscita a farlo uscire altre due volte avrebbe trionfato, ma non era troppo ottimista.

Quando capì che la forza bruta non funzionava il suo avversario cambiò tattica, si mise a girarle intorno per stringerla in un abbraccio mortale.

Ma lei non era una sprovveduta, appena l'altro si avvicinava lei sgusciava via, ma al terzo assalto non riuscì a evitare una poderosa unghiata al costato, perdeva sangue, ma la ferita non era così grave, piuttosto era grave che era per terra inerme, mentre l'altro gli saltava addosso con la testa bassa lei si scosto quel tanto che bastava perchè quelle si piantarono per terra, per poi alzarlo di peso e buttarlo fuori dal campo.

Non seppe di potercela fare finchè non lo fece, e ne fu molto stupita.

Ma il suo avversario si rialzò con un grugnito, indomabile come un'orso, rientrò nell'arena e pensò a una tattica per vincere, poi gli si gettò di nuovo addosso, come al primo assalto, lei credette che fosse andato fuori dal campo e gli si dipinse un sorriso sulla faccia, ma appena si girò si ritrovò il suo ghigno davanti, i denti giallastri erano storti e sporchi, ma lei si preoccupava di più per le enormi braccia che gli si stringevano intorno alla vita, stritolandola.

Lei vide una sola via d'uscita, la magia, ma mentre stava per pronunciare l'incantesimo che avrebbe ucciso il suo avversario sentì la morsa allentarsi, la stava lasciando andare, era incredula.

-Ti sei battuta con onore, se avessi voluto mi avresti ucciso, ma non l'hai fatto, io ti rispetto e ti cedo il comando di questa tribù, il mio tempo è finito, prese una spada enorme da un fodero appoggiato a una tenda, ti prego solo una cosa, dai il mio nome a mio figlio, so che diventerà un grande guerriero-.

Detto questo prese la spada a due mani e se la conficcò nel petto, l morte fu quasi immediata e nessuno potè salvarlo, adesso era lei il legittimo capo della comunità, adesso poteva seguire il suo sogno. 

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