Aku no Hana ~ Flower of Evil

di TooSixy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome to my Hell. ***
Capitolo 2: *** Clairvoyant. ***
Capitolo 3: *** A little girly problem. ***
Capitolo 4: *** Soul Hunter. ***
Capitolo 5: *** Claws. ***
Capitolo 6: *** Don't mess with the Owl. ***
Capitolo 7: *** The flower that blooms in the battlefield. ***
Capitolo 8: *** Shortcut to darkness. ***
Capitolo 9: *** Masquerade of fear. ***
Capitolo 10: *** Guardian angel. ***
Capitolo 11: *** Aftermath. ***
Capitolo 12: *** The thin line between Salvation and Destruction. ***
Capitolo 13: *** Enemy's embrace. ***
Capitolo 14: *** Another life, another story - Daybreak. ***
Capitolo 15: *** Another life, another story - Sunset. ***
Capitolo 16: *** Another life, another story - Midnight. ***
Capitolo 17: *** The darkest light. ***
Capitolo 18: *** Edge of madness. ***
Capitolo 19: *** Beginning of the End ***



Capitolo 1
*** Welcome to my Hell. ***


  I. Welcome to my Hell

 

   

    Doveva piantarla di tormentarsi.

    Era una Fracciòn, dopotutto, e il suo compito era tacere e obbedire. Solo quello: tacere e obbedire. E soffocare il folle istinto di fuggire, di urlare, di spaccare tutto.

    Indar non aveva voluto portare Rayen con sé. Era una missione semplice, aveva detto, un banale giro di ricognizione per assicurarsi che i confini della vicina cittadella di Las Lloras fossero ancora ben fortificati. Nulla di cui preoccuparsi, insomma; in fondo lui era pur sempre Indar Oroitz, la Diez Espada di Las Noches, uno dei guerrieri scelti di Aizen. Se la sarebbe di certo cavata senza problemi, anche senza l'aiuto della sua Fracciòn. 

    Così si era ripetuta Rayen, giorno dopo giorno. Anche quando l'assenza di Indar si era prolungata ai limiti del sospetto. Anche quando il sospetto si era trasformato in paura, e la paura in disperazione. Quella penosa attesa era finita nel momento in cui Ggio Vega, uno dei suoi colleghi Fracciòn, era venuto a cercarla per comunicarle la notizia che avrebbe sgretolato il suo mondo: il corpo di Indar era stato rinvenuto nelle vicinanze di Las Lloras, senza vita.

*

    « È stato necessario indire una riunione nel minor lasso di tempo possible » cominciò Aizen Sousuke, sedendosi al suo solito posto all'estremità del lungo tavolo argenteo che troneggiava nella sala delle adunanze. Il volto dello Shinigami era granitico, e solo un minaccioso scintillio nelle iridi scure tradiva una certa irritazione. « Sono certo che mi perdonerete se vi ho distolto dalle vostre attività, signori, ma è mio dovere informarvi che l'Espada Diez, Indar Oroitz, è stato barbaramente assassinato presso il confine di Las Lloras. In sua vece, a questa riunione parteciperà la sua unica Fracciòn, Rayen Fie Oneiron. »

    I nove Espada, seduti intorno alla tavola, scrutarono brevemente la nuova arrivata, chi con aria seccata, chi incuriosita, chi semplicemente annoiata. La Fracciòn in questione era una giovane Arrancar esile e appena più alta della media. Il suo viso serio era incorniciato da una selvaggia criniera di capelli a metà tra il rosso e il castano, che le ricadevano sulle spalle e fin quasi alla vita in una cascata ribelle. Sedeva immobile, a braccia conserte, il duro sguardo nocciola inchiodato su Aizen. 

    « Com'è successo, Aizen-sama? » chiese a bassa voce l'Espada Tres, Tia Harribel. « Chiunque sia il suo assassino, deve vantare una forza notevole. Dopotutto, Oroitz-san non era certo un avversario facile da sopraffare. »

    A risponderle fu l'Octava Espada, Szayel Aporro Grantz: « Io e i miei Fracciònes stiamo ancora esaminando il corpo di Oroitz-san, ma possiamo già dedurre che ad attaccarlo sia stato un altro Hollow. Questo solleva tre domande fondamentali... chi è stato, in che modo e, soprattutto, per quale motivo. »

    « Come fate ad essere sicuri che non si sia trattato di uno Shinigami? » sbottò la Quinta, Nnoitra Jilga. « Scommetto che quegli sporchi bastardi sanno benissimo come attivare un Garganta, anche se artificiale. »

    « A cosa serve essere un genio, se il tuo superbo acume viene continuamente degradato? » Grantz sbuffò. « Sciocco, ovviamente ho riconosciuto il reticolo ectoplasmatico presente nel cadavere di Oroitz e ne ho rilevato il codice psichico. Per il bene dei vostri semplicistici cervelli, il codice psichico è una traccia di energia spirituale che impregna ogni singolo granello della nostra reiatsu. Tutte le volte che attingiamo ad essa, minuscoli frammenti di codice se ne staccano, permettendo a qualunque valido scienziato dotato della giusta attrezzatura di raccoglierli e analizzarli. Dal momento che ogni tipo di anima ha un codice psichico sensibilmente diverso, è stato un gioco da ragazzi osservarla e stabilire a cosa appartiene. Questa volta, la ferita che ha causato il decesso di Oroitz non presenta alcuna traccia di reiatsu di Shinigami... il che lascia aperte solo due prospettive: o è stato un Hollow, o un terzo essere spirituale di natura ancora non confermata. »

    « Non hai scoperto altro? »

    Grantz assunse un'espressione contrita, come offeso nel suo orgoglio di scienziato. « Purtroppo no. »

    Per una decina di secondi, un silenzio carico di inquietudine calò nella stanza.

    « Dobbiamo stanarlo! » ringhiò poi Barragan Luisenbarn, abbattendo un enorme pugno sul tavolo. « Se non lo farà nessuno di voi, lo ucciderò io personalmente. Potrà anche avere avuto gioco facile con quell'incapace di Oroitz, ma... »

    « Indar-san non era un incapace. » Le parole sfuggirono a Rayen prima che lei potesse controllarsi. Furono poco più che un sussurro, ma echeggiarono nella sala in modo sorprendentemente chiaro. 

    Barragan inarcò un sopracciglio. « Che cos'hai detto, donna? »

    La ragazza sollevò testardamente il mento. Sarebbe stato più saggio mordersi la lingua e tenere il becco chiuso, ma non poteva sopportare che la memoria di Indar venisse oltraggiata. Per lei, Indar non era stato semplicemente un Arrancar di rango superiore da adorare e riverire: era stato il suo guardiano, il suo maestro, e soprattutto il suo amico. « Indar-san non era un incapace. Era un grande guerriero, e voi dovreste ben saperlo, se siete lo stratega che vi vantate di essere. »

    « Non mettere il piede fuori riga, ragazzina. Sarai anche qui per Oroitz, ma non sei altro che una patetica pezzente che si spaccia per indovina, quindi vedi di ricordarti qual è il tuo posto o te lo farò ricordare io. »

    « Silenzio! » Al secco comando di Aizen entrambi si zittirono. « Ora rifletterò sulla situazione e presto vi metterò a conoscenza delle nostre prossime mosse. Nel frattempo, voglio che ogni Nùmero disponibile sia messo a sorveglianza del cerchio esterno di Las Noches, e che un gruppo di Exequias vada immediatamente a pattugliare la zona di Las Lloras. »

    I presenti assentirono, non proprio con entusiasmo. 

    « Per quanto riguarda il seggio di Espada Diez... » continuò Aizen. Rayen trattenne il fiato. « Fie Oneiron, malgrado la tua non indifferente utilità temo di non poterti affidare un simile compito, non ancora. L'Espada Diez sarà la Fracciòn di Barragan Yammy Rialgo. »

    Rayen annuì, sforzandosi di apparire impassibile, ma tra sé e sé dovette soffocare una vampa di delusione. Una piccolissima parte di lei aveva sperato che Aizen le cedesse il titolo di Espada Diez: nulla le avrebbe riportato Indar, ma se non altro con il suo vecchio titolo avrebbe avuto tutta un'altra autorità, un'altra indipendenza.

    « Ciononostante, i tuoi poteri sono interessanti, Fie Oneiron » aggiunse Aizen in tono cortese. « Sarebbe un peccato sprecare un'Arrancar come te riducendoti a una semplice Nùmero, per cui vorrei chiedere a questi gentiluomini e a questa signora se tra di loro c'è qualcuno disposto ad accoglierti come sua Fracciòn. »

    Per la seconda volta, un pesante silenzio avvolse la stanza. A infrangerlo stavolta fu Nnoitra.

    « Sì, io » disse con un sorriso ambiguo. « Non mi dispiacerebbe, dopotutto. »

    Rayen si sentì gelare. Non ci aveva fatto caso, prima, assorta com'era su Aizen, Barragan e i foschi pensieri su Indar, ma non ci voleva un telepate a indovinare i progetti che Nnoitra aveva in serbo per lei. I suoi occhi sgranati s'incontrarono brevemente con quelli famelici dell'Espada, e il sorriso di Nnoitra si allargò. 

    Vi prego, qualunque cosa ma non Nnoitra. Rayen indirizzò la sua silenziosa preghiera ad ogni divinità nota e sconosciuta, e anche a qualcuna improvvisata per l'occasione. Qualunque cosa, ma proprio qualunque cosa, però vi supplico salvatemi da Nnoitra...

    « Un momento, Aizen-sama » intervenne una voce bassa e rauca. Era Grimmjow Jaeguerjacquez, la Sexta Espada. « Nnoitra non è certo l'individuo più adatto a proteggere un elemento come Fie Oneiron, anzi, in tutta probabilità la spremerà come un agrume. E allora come potrete utilizzare la vostra preziosa veggente, se di lei non sarà rimasto altro che un guscio vuoto? »

    Rayen si girò verso Grimmjow, sorpresa. Lo conosceva di vista, l'aveva incrociato qualche volta nei corridoi. Indar ogni tanto le aveva parlato di lui. Benché non fosse il più potente degli Espada, Indar le aveva caldamente consigliato di girargli alla larga: Starrk era pigro, Barragan pretenzioso e arrogante, Harribel così distaccata da sembrare una statua di ghiaccio... ma Grimmjow era imprevedibile, e basta. Instabile. Con una certa tendenza alla brutalità. 

    « Ci vuole qualcuno che tenga d'occhio la ragazza senza annientarla, né moralmente né fisicamente. » La Sexta Espada gettò un'occhiata esplicita a Nnoitra. « Credete davvero che uno come lui possa astenersi dal farlo? »

    « Chiudi il becco, Jaegerjacquez » sputò Nnoitra. « Mi sono già pronunciato, vattene a cercare un'altra. »

    Però l'interesse di Aizen era stato destato. « Taci, Nnoitra. Grimmjow, continua pure. »

    Uno sguardo soddisfatto lampeggiò negli occhi azzurro ghiaccio di Grimmjow. « Per eliminare l'Hollow, o quel che è, sarà necessario avere occhi ovunque. Le visioni di Fie Oneiron potrebbero essere la nostra carta vincente: sarebbe un peccato se venissero in qualche modo... disturbate... »

    « Quindi vorresti che l'assegnassi a te. » Il tono di Aizen era neutro, ma con una lieve nota di divertimento. « Capisco. »

    « Se non ci fossi io, ci sarebbero comunque i miei Fracciòn a sorvegliarla » proseguì Grimmjow. « Cosa che invece non potrebbe succedere con Nnoitra, dal momento che il suo unico Fracciòn è quel biondino smidollato, che probabilmente correrebbe a nascondersi dietro un angolo se vedesse il suo padrone sfiorare Fie... »

    « Jaegerjacquez, tu... »

    L'ennesima replica di Nnoitra fu frustrata da Aizen. « Molto bene, Grimmjow, Fie Oneiron è tua. Sorvegliala con cura e assicurati che non corra più rischi dello stretto necessario. Si teme ciò che non si vede, ma gli occhi di questa giovane possono realmente vedere molte cose. »

    « La terrò sotto controllo » replicò freddamente Grimmjow. 

    Rayen spostò lo sguardo da lui a Nnoitra ad Aizen, ancora un po' scioccata, quindi lo sollevò al cielo. Beh, che dire? Avete un modo tutto vostro per risolvere la situazione, però vi ringrazio, dei!

    La rabbia di Nnoitra era quasi tangibile. Era probabile che, orgoglioso com'era, l'Espada se lo sarebbe legato al dito come un affronto personale, ma se non altro Rayen era al sicuro. Quasi, almeno. Per il momento. 

    Davanti a lei, Grimmjow Jaegerjacquez abbozzò un sorriso compiaciuto.

    Contesa tra la mantide e la pantera... proprio una gran botta di fortuna, non c'è che dire.

   

   

 

    *******************

 

   
   'Aku no Hana' è ripresa da una mia storia precedente, 'See no Evil'. A distanza di due anni, m'è capitato di leggere di nuovo quella fiction.
    E sono rimasta sconvolta. Sconvolta per quanto fosse rozza e superficiale. Le idee non mi sembravano male, nel complesso, ma ad una lettura accurata c'erano parecchi dettagli discordanti tra di loro, e il mio personaggio, Rayen Fie Oneiron, non aveva lo spessore e l'originalità che avrei voluto imprimerle.
    Non che io adesso sia diventata chissà quale scrittrice favolosa, ma credo che il mio stile sia sensibilmente migliorato. Questa è una versione riscritta, affinata (e un po' modificata) di 'See no Evil'. E ho tutta l'intenzione di portarla fino in fondo, come purtroppo non sono riuscita a fare con il testo precedente.
    Vi ringrazio per avermi regalato qualche minuto della vostra attenzione, spero che la storia vi possa piacere :) alla prossima!

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Capitolo 2
*** Clairvoyant. ***


II. Clairvoyant


 

Rayen entrò in quelli che fino a poche settimane prima erano stati gli alloggi di Indar. Come al solito, erano impeccabili: mobili lucidissimi, attrezzatura da allenamento riposta a regola d'arte, libri allineati in ordine alfabetico sugli scaffali. Indar era un maniaco della precisione. Rayen ruotò lentamente su se stessa, con nostalgia infinita. Il sapore salato delle lacrime le pungeva la gola, ma non avrebbe pianto, non era nella sua natura. Lei era un'Arrancar, uno strumento di morte; e gli strumenti di morte non piangono. 

A breve, quella stanza sarebbe stata reclamata da Yammy Llargo, uno degli Arrancar più grezzi e fastidiosi di Las Noches. Quella stanza in cui Rayen aveva trascorso tanto tempo, e che ancora era pregna del profumo di foglie di pino che avvolgeva ogni gesto di Indar. La ragazza strinse i pugni. Non avrebbe potuto prendere proprio tutto, naturalmente, ma avrebbe senz'altro portato al sicuro gli averi più preziosi del suo ex Espada. Si diresse a passo deciso verso gli scaffali e iniziò a raccogliere i libri scritti di proprio pugno da Indar, insieme alla sua personale collezione di rocce, un assortimento di minerali trovati in giro per Hueco Mundo. Rayen aveva sempre trovato quella sua passione a dir poco bizzarra - proprio non capiva cosa ci fosse di tanto interessante in uno stupido sasso - ma ciononostante prese tutte le pietre con fare quasi amorevole.  

Ripensò all'entusiasmo di Indar, al modo in cui i suoi occhi scuri sembravano illuminarsi alla vista di un nuovo berillo, di un topazio o di una condronite. In quei momenti, il viso del giovane si addolciva, e nei suoi lineamenti severi balenava un che di quasi infantile. Ma Indar Oroitz non era stato solo un Arrancar dai modi energici, tutt'altro... dentro di lui era albergato qualcosa di oscuro e potente, qualcosa che l'aveva fregiato del titolo di Espada.

La furia.

*

Corre.

Corre come non ha mai corso in vita sua, sulle ali del sonido. Attorno a lei è tutto uno sfrecciare di forme indistinte dai colori vivaci, diversissime da qualsiasi altra cosa abbia mai visto a Hueco Mundo. E' sicura di non essere a Las Noches, eppure intorno a sé percepisce la presenza di centinaia, migliaia di Hollow, simili a sussurri in una stanza affollata. Ha la sensazione di trovarsi in una specie di luogo sacro, un santuario di luce e di silenzio... ma allora perché sta così male? Perché il suo cuore batte tanto forte da causarle piccole fitte? E cos'è quel prepotente impulso che la spinge a correre, a correre e a correre senza mai voltarsi indietro?

Qualcosa di caldo e umido le riga una guancia. Lo strofina via con un gesto secco, senza curarsi se si tratti di lacrime (gli strumenti non piangono) o di sangue. Dentro di lei si scontrano emozioni contrastanti: soprattutto rabbia, dolore e tradimento, è vero, ma sepolta sotto di essi anche una gioia senza nome...

 

Una forte esplosione squassò l'aria, facendo trasalire Rayen. Seduta a terra con la testa ciondoloni, l'Arrancar si voltò di scatto verso la porta del suo appartamento - o meglio, verso quella che un tempo era stata la sua porta, visto che adesso giaceva scompostamente sul pavimento in un pugno di schegge di legno.

Rayen si massaggiò il collo, stordita. « Ma che cavolo...? »

« Alla buon'ora, Fie! Quando il superiore chiama, il Fracciòn deve scattare al suo comando come un cane ammaestrato. Non te l'ha insegnato, questo, il tuo caro Indar? » Grimmjow torreggiava sopra di lei, con le mani infilate in tasca. « Beh, che cazzo stai facendo lì per terra? Alzati. »

La ragazza si tirò su lentamente. Si sentiva la testa pesante, come se avesse avuto un'incudine attaccata al collo. Era sempre così, i Focus: le piombavano addosso quando meno se li aspettava, e travolgevano la sua mente prima ancora che lei si accorgesse di cosa stava succedendo. Era un torpore pericoloso, perché poteva assalirla da un momento all'altro, senza alcun preavviso. Se fosse accaduto nel bel mezzo di una battaglia... Il pensiero la agghiacciò. 

« Scusa, Grimmjow, non ti ho sentito » borbottò, con voce un po' impastata.

Le sopracciglia di Grimmjow s'aggrottarono così tanto da diventare simili a fulmini azzurri. « Che diavolo è quella faccia? Hai l'aria di una che s'è appena ripresa dalla sbronza del secolo. » 

« Mah, più o meno... » Rayen si rialzò in piedi, spazzolandosi distrattamente gli abiti. « Fa' conto che ogni volta che arriva un Focus è come se mi scolassi due o tre bottiglie di alcol allo stato puro. »

« Ogni volta che arriva cosa? » 

« Un Focus » ripeté stancamente lei. « Sai, sprazzi di futuro, o cose del genere. Arrivano all'improvviso, senza anticipazioni, e non sempre sono chiari. Anzi, a dirla tutta, molte volte sono un vero casino da interpretare. »

Questo parve accendere in lui un palpito d'interesse. « Allora sei davvero una veggente, eh? Non credevo che le voci che giravano sul tuo conto fossero vere. Che cos'hai visto? »

« Oh, stavolta nulla di particolare... era molto confuso. » Si sarebbe sentita davvero stupida a raccontare una visione del genere al suo nuovo leader. Senza contare che le costava sempre un grosso sforzo descrivere i propri Focus, non solo perché erano difficili da spiegare, ma anche e soprattutto perché condividerli era come condividere una parte della sua stessa anima. Erano qualcosa di segreto, di intimo, di suo. Non era ancora pronta a rendere partecipe un tizio che era entrato a far parte della sua vita da meno di ventiquattro ore. Meno che mai un tizio come Grimmjow Jaeguerjacquez. « Per la cronaca, comunque, cosa ci fai tu qui? Non hai altre riunioni, missioni super segrete o qualche altro impegno da Espada? »

Grimmjow alzò le spalle. « Per il momento non c'è molto da fare. Aizen ha spedito Ulquiorra e Yammy nel Mondo Reale, e fino a quando non torneranno non potremo stendere la nostra offensiva. Ma quello Shinigami ha già qualcosa in mente, ci scommetterei la mia Zanpakuto. »

« Non sarebbe una novità. Ma perché il duo simpatia Ulquiorra e Yammy? Cosa ce li ha mandati a fare, Aizen, nel Mondo Reale? »

« Li ha messi sulle tracce di un suo ex compatriota, a quanto pare... uno Shinigami di nome Kurosaki. »

Kurosaki. Quel cognome vibrò nella mente di Rayen con un suono argentino, familiare, come una melodia da tempo dimenticata. La ragazza ne fu sorpresa: era più che sicura di non conoscere nessun Kurosaki. 

« Dev'essere una bella gatta da pelare, questo tipo, per far scomodare addirittura due Espada » osservò. « Come mai Aizen non ha inviato due Nùmeros? »

« E che ne so? Mica sono il suo segretario. Se vuoi il resoconto completo, chiedilo a quel leccapiedi di Tousen » sbottò Grimmjow. 

« Ma non vi ha detto nemmeno per quale motivo stia braccando lo Shini... ehi, che cavolo stai facendo? »

Mentre lei ancora parlava, Grimmjow s'era messo a scartabellare i pochi scaffali in giro per la stanza, per lo più pieni di libri. 

« Questa è violazione della privacy! » protestò Rayen, parandoglisi davanti e cercando di bloccarlo.

La Sexta Espada la spinse di lato, apparentemente senza il minimo sforzo.

« Sono il tuo superiore, con me non devi avere segreti » replicò serafico. « Ma perché leggi queste porcherie? "Manuale di ottica dei minerali alcalini"... che roba è? »

Roba che probabilmente Rayen non avrebbe mai neppure sfogliato, ma non aveva cuore di gettarlo via: era stato uno dei libri preferiti di Indar. E dire che a lei nemmeno piaceva leggere. 

L'appartamento di Rayen, come quello di tutte le Fracciòn, non era particolarmente sontuoso. Era una semplice stanza squadrata di media grandezza, alla quale era annesso un piccolo bagno. L'ambiente principale era tagliato in orizzontale da un soppalco di legno bianchissimo, su cui si trovavano un futon di cotone grezzo e un vaso di forma sferica. Dal vaso in questione affiorava un grazioso acero tridente, con fronde scure come il carbone e sottilissime foglioline del colore della neve fresca: una delle pochissime piante vive che la giovane aveva mai visto a Hueco Mundo. 

Nella parte inferiore della stanza c'erano invece la libreria, la rastrelliera della Zanpakuto e qualche mobile di lucido mogano. Il tutto era coronato da una delicata spirale di lanterne in stile Washi, appesa al soffitto, che avvolgeva l'appartamento in un morbido chiarore ambrato.

« Un bel misto di orientale e occidentale, vedo. »

« Già, mi piace fondere insieme stili diversi » tagliò corto Rayen. « Ti spiacerebbe piantarla, adesso? »

Sul viso di Grimmjow si dipinse l'ombra di un sogghigno. « E perché mai dovrei? Ora fai parte della mia Fracciòn, Fie, non scordartelo. Hmm, cosa c'è di qua? »

« È il bagno, stanne fuori! »

« Qual è il problema, hai un amante nella doccia? »

« No, di solito preferisco nasconderli nell'armadio. »

« Nah, decisamente scomodo. » Grimmjow abbozzò un malevolo sorriso. « Attenta, Fie, potrei interessarmi all'uso di quel futon. »

« E' una minaccia? » ribatté lei.

« Vedilo come un ammonimento. »

Rayen attese impazientemente che l'Espada finisse di sondare la camera. Onestamente, non capiva cosa fosse venuto a fare: aveva vinto la sua piccola schermaglia con Nnoitra, avrebbe dovuto essere soddisfatto di sé. Era abbastanza chiaro che, se si era fatto avanti per reclamarla come Fracciòn, era stato solo per infastidire l'arrogante quinto Espada. La ragazza dubitava che Grimmjow fosse veramente attirato dal suo aspetto, considerando che molte delle Nùmeros più belle e sensuali di Las Noches si sarebbero strappate i capelli pur di portarsi a letto la Sexta Espada, né da qualsiasi altra parte di lei; l'unica cosa che poteva provare era un blando interesse per i suoi poteri, un interesse che sarebbe presto svanito, una volta che si fosse reso conto della loro scarsa utilità pratica. 

E Rayen capì che non le importava. Non gliene fregava nulla di Grimmjow e dei suoi infantili giochi di supremazia con Nnoitra. Lei voleva Indar, aveva bisogno di Indar...  

Ma Indar non esiste più

« Fie. »

Rayen mascherò la malinconia e si girò verso Grimmjow. L'Espada aveva staccato la sua Zanpakuto dalla rastrelliera e ora la stava esaminando con occhio critico. Era una spada leggera, fatta più per la velocità che per la forza bruta; la guardia ricordava le fattezze di un quadrifoglio ed era venata di piccoli fregi spiraliformi, che risalivano arricciolandosi con eleganza lungo la lama lievemente ricurva. L'impugnatura, semplice e scura, terminava in due lunghi nastri blu zaffiro, orlati di filigrana d'argento. 

Nel guardare la propria spada, Rayen provò una strana fitta. « Rimettila al suo posto » disse, più brusca di quanto non intendesse essere.

« Altrimenti? » la provocò Grimmjow. Tra le sue mani grandi e callose, la Zanpakuto della Fracciòn non appariva più temibile di uno stuzzicadenti. Infastidita, Rayen si rese conto che, benché non fosse bassa di statura, la sua fronte arrivava a malapena a sfiorare il mento dell'Espada.

« Altrimenti... » Cercò in fretta una minaccia adeguata, ma non ne trovò: erano poche le cose che una Fracciòn poteva permettersi di dire al suo superiore. 

E Grimmjow lo sapeva. « Non sprecare fiato, Fracciòn, sai benissimo che non riusciresti a farmi nemmeno un graffio senza finire cremata viva. Dimmi, piuttosto... ho saputo che tu e Oroitz eravate piuttosto legati. Siete stati insieme a lungo? »

Rayen annuì di malavoglia. « Una trentina di anni umani, più o meno. Come mai quest'improvviso interesse? »

Grimmjow riappese la Zanpakuto alla rastrelliera. Per un attimo la guardò con espressione assorta, poi sul suo volto balenò la spavalda arroganza di sempre.

« Non aspettarti che io ti riservi lo stesso atteggiamento cavalleresco di Oroitz. Non m'importa se la mia Fracciòn è un uomo o una donna, per me siete tutti uguali e tutti avete lo stesso scopo, ossia obbedire a ogni mio comando. Se ti dirò di buttarti in un attacco kamikaze, tu lo farai e senza alcuna esitazione. Ora appartieni a me, Fie, sei un semplice strumento nelle mie mani. »

« Nel caso te lo stessi chiedendo, Indar non mi ha mai trattato come una principessina » disse Rayen tetra. 

« Forse no, ma ti ha abituato comunque troppo bene per i miei gusti. » Grimmjow s'accigliò. « Per me tu sei poco più che spazzatura, voglio che la cosa sia ben chiara. »

« Lo è, non preoccuparti. »

« Buon per te. »

Grimmjow scrollò le spalle e fece per uscire dalla stanza. A malincuore, Rayen si costrinse a richiamarlo. « Ehi? »

Lui si girò. « Che c'è? »

La riluttanza le stringeva la gola. Le parole le uscirono dalla bocca lente, incerte. « Grazie per essere intervenuto... voglio dire, per aver impedito a Nnoitra di prendermi. L'ho molto... apprezzato, ecco. »

La mascella Hollow che copriva la guancia di Grimmjow ebbe un lievissimo scarto, e Rayen ebbe l'impressione che l'Espada stesse di nuovo sogghignando. « Mi devi un favore, Fie. Per ora guardati le spalle e tieni affilata la tua Zanpakuto. »

Rayen attese che se ne andasse definitivamente, e solo allora si concesse un sospiro di sollievo. Grimmjow la innervosiva, non poteva negarlo, e la innervosiva ancora di più il fatto di essere in debito con lui. Instabile, l'aveva definito Indar. Chissà cosa passava per quella sua mente contorta. L'unica consolazione di Rayen era che Grimmjow avrebbe dovuto davvero dare fondo a tutta la sua inventiva, per escogitare qualcosa di più crudele di Nnoitra.

La ragazza sorrise segretamente e fece per volgersi.

Fu in quel momento che il suo sguardo cadde sul pavimento. Sui pezzetti di legno smaltato di bianco sparpagliati a terra come briciole per i piccioni.

« Grimmjow!! La mia porta! » 

 

******************

Capitolo non esattamente ricco di avvenimenti, ma volevo mostrare un po' più da vicino il mondo di Indar e Rayen :) 
Spero abbiate gradito, gente, bye bye e alla prossima!

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Capitolo 3
*** A little girly problem. ***


III. A little girly problem

 

Rayen ripensava spesso al suo ultimo Focus. Ogni volta che lo faceva, la sua mente evocava immagini di luce e di colore, due cose che di certo non facevano parte del tipico panorama di Hueco Mundo. Avrebbe potuto trattarsi della Soul Society - aveva sentito dire che là almeno il sole non mancava - ma in tal caso non sarebbe proprio riuscita a spiegarsi cosa c’entrassero tutte quelle aure di Arrancar che aveva avvertito intorno a sé. 

La ragazza era decisa a scoprire cos'era quel luogo. Non sapeva ancora come, però l'avrebbe scoperto. Il suo intuito le sussurrava che, ovunque fosse, quella specie di santuario era strettamente collegato all’assassino di Indar. 

Forse alla Seireitei avrebbe potuto raccogliere maggiori informazioni, ma per andarci avrebbe avuto bisogno di una scusa a prova di bomba, e lei non ne aveva nemmeno mezza. Senza contare che, per quanto potesse cercare di soffocare la propria reiatsu, al primo scintillio di energia si sarebbe ritrovata al collo interi plotoni di Shinigami incavolati. Decisamente no, per il momento meglio lasciar perdere. 

In attesa che la fortuna girasse a suo favore, Rayen decise di occuparsi di un problema più pratico…

*

« Rayen Fie Oneiron, esci immediatamente da lì! »

« No! »

« Subito! »

« Mi rifiuto! »

« Razza d’idiota, guarda che ci siamo solo Apache, Sun Sun e io! »

« Dannazione, Mila Rose, ma come diavolo fai a muoverti con disinvoltura con questa roba addosso? Io non riuscirei nemmeno ad uscire dal mio appartamento! »

« Questo perché io ho imparato a valorizzare il mio bellissimo corpo. E adesso esci, o userò le maniere forti! »

Mila Rose afferrò la tenda del camerino (un oggetto a suo dire essenziale, che aveva voluto a tutti i costi infilare nella propria stanza) e la strappò con gesto deciso. Senza più nulla a nasconderla, Rayen assunse lo stesso colorito dei suoi capelli.

Conosceva Apache, Sun Sun e Mila Rose piuttosto bene – tra Fracciònes ci s’intendeva, specialmente quando si trattava di ragazze – e quando si era resa conto che le sue divise erano tutte una più vecchia e logora dell’altra le era parsa una buona idea chiedere loro un cambio di vestiario. Come s’aspettava, le tre erano state ben contente di aiutarla… quello che invece non s’aspettava era che si sarebbe ritrovata addosso uno stringatissimo bustino vedo-e-non-vedo e una gonna fatta di veli semitrasparenti. 

« Oh, sei uno schianto! » cinguettò Mila Rose, trascinandola a forza fuori dal camerino e mostrandola ad Apache e a Sun Sun con un sorriso orgoglioso. « Ragazze, non trovate anche voi che sia assolutamente deliziosa? »

Apache la guardava con gli occhi sbarrati.
 Persino Sun Sun, di solito così calma e distaccata, aveva un'espressione confusa. Per un attimo, entrambe la fissarono in silenzio, poi Apache ritrovò la voce e con essa la sua presenza di spirito.

« Ma non hai nemmeno un briciolo di decoro, Rose? » strepitò. « Insomma, Rayen deve andare in missione, non in un bordello! Possibile che tu non abbia niente di meno sconcio, in quel tuo armadio da sgualdrina? »

« La tua è solo invidia, uccideresti per avere forme splendide come queste » la rimbeccò la bruna, passandosi languidamente una mano sul fianco morbido. « Hai presente come gira di solito Rayen? Parliamoci chiaro, è più accollata di una suora! Ha chiaramente bisogno di qualcosa che metta in risalto la sua femminilità, dato che lei, al contrario di te, non è piatta come una tavola da stiro. »

« Ma tu, al contrario di lei, sei una donnaccia senza il minimo senso della vergogna e forse non ti rendi conto di quale sia la situazione. Siamo guerriere, Rose! »

« E allora? Una guerriera non può vestire sexy? Potrebbe addirittura diventare una strategia di battaglia, immagina, tu sei lì che combatti contro uno Shinigami e all’improvviso, proprio mentre lui sta per sferrare il suo attacco migliore, tu ti abbassi il corpetto e… »

« Sì, una perfetta strategia da sgualdrina! »

 « Piantatela, voi due » sospirò Sun Sun, prima di sollevare i grandi occhi lunari verso Rayen. « Mi dispiace, ma sei troppo alta per la mia taglia e quella di Apache, e i gusti di Mila Rose sono effettivamente discutibili. Potresti forse provare qualcosa di Harribel-sama…»

 « Harribel-sama è un'Espada fantastica, ma in fatto di abbigliamento non è molto più pudica di Mila Rose » borbottò Apache. « Lascia stare, Rayen. Significa che oggi io e queste due cretine andremo a cercarti qualcosa in giro per Las Noches. Nel frattempo, se hai a cuore la tua reputazione cerca di farti vedere in giro il meno possibile, okay? »

« Okay. » Rayen non se la sentiva proprio di andarsene a spasso coi succinti abitini di Mila Rose, né con una delle sue divise rappezzate. « Grazie, ragazze. In qualche modo vi risarcirò, promesso. »

« Certo che ci risarcirai » puntualizzò Apache in tono deciso. « Quando sarai di nuovo in condizioni decenti ci procurerai tre Adjuchas per colazione, altrimenti ti acciufferemo e ti daremo in pasto ad Allon. E non sto scherzando. »

« Vi tagliereste le braccia solo per punirmi? » Rayen si sfilò il bustino con un mezzo sorriso e riafferrò la sua vecchia divisa. « Proprio gentili, non c'è che dire. »

Mila Rose incrociò le braccia davanti al petto, imbronciata. « Ti castigherei personalmente anche solo per la tua totale assenza di stile. Dovresti prendere esempio da me e da Harribel-sama, noi sì che rendiamo giustizia alla moda. Oggi sceglieremo qualcosa di raffinato e al tempo stesso provocante…»

« Ti ho già detto che non deve andare in un bordello! »

« Chiudi il becco, Apache, è ovvio che questa povera ragazza muore dalla voglia di sedurre Jaegerjacquez e portarselo in camera! »

Rayen per poco non si strangolò con la sua stessa casacca.

« Jaegerjacquez?! » Apache si girò verso di lei, stupita. « Ma sei pazza, Rayen? Quel tizio è uno psicopatico! Hai davvero una tresca con lui? »

« Che? Ma no, no, assolutamente no! » protestò Rayen con fervore. « Col cavolo, io... »

« A noi puoi dirlo, Rayen! » trillò Mila Rose, cingendole le spalle con un braccio e scoccandole un sorriso complice. « O forse preferisci Starrk, il bel tenebroso di Las Noches? »

« Non dire sciocchezze, il bel tenebroso può essere solo Ulquiorra » ribatté Sun Sun. « Ha un fascino innegabile, bisogna ammetterlo. »

« Voi siete matte, il migliore è Tesla! » esclamò Apache in tono appassionato. « Secondo me anche Nnoitra se lo vuole fare! Ah, se ci fossi io, al posto dell'uomo-cucchiaio, quel bel biondino sarebbe già diventato da un pezzo il mio gigolò personale. »

Mila Rose ridacchiò. « E io farei lo stesso con Ggio Vega, se fossi Barragan! Ma l’avete guardato bene, il ragazzo? Sembra così fine, così delicato, come un tenero micino, ma quando sguaina gli artigli… Rawr! »

Nonostante la sorpresa e la confusione, Rayen non riuscì a trattenere un sorriso. Quelle tre erano completamente fuori di testa, ma così spontanee, così… umane. In loro compagnia, i ventagli ossei che le affioravano dai capelli svanivano, e svanivano anche la sua spada e le sue visioni. Quando era con loro, Rayen non era più un'Arrancar, ma una ragazza normale, quasi come quelle che popolavano il Mondo Reale: ragazze che vivevano la loro vita tra alti e bassi, in un posto dove il sole non era sintetico e dove non c'erano demoni pronti a mangiarle vive da un momento all'altro.

Davanti a lei, nel frattempo, le tre Fracciònes di Tia Harribel avevano avviato un acceso dibattito su chi fosse l’Arrancar più sexy di Las Noches.

*

« Aizen-sama... »

Aizen si appoggiò allo schienale del trono. Sorrideva, come sempre, e come sempre era solo un sorriso di circostanza. Conosceva bene quella voce profonda, e sapeva quanto fosse raro che in essa risuonasse una minima nota di turbamento... e stavolta, nella voce di Tousen c'era ben più che semplice turbamento. Una sgradevole premonizione adombrò Aizen, ma la sua espressione non mutò.

« Cosa ti angustia, mio fedele Tousen? » chiese, nel suo solito tono tranquillo.

Tousen esitò. Un'esitazione infinitesimale, ma sufficiente a confermare i sospetti di Aizen.

« Parla, Tousen. Cos'hai scoperto? » insisté, con una microscopica punta di impazienza. 

« È l'assassino di Oroitz » disse Tousen asciutto. « Ha riscosso un'altra vittima, una Fracciòn di Barragan rispondente al nome di Avirama Redder. A ritrovarne il corpo è stato un suo compagno, Parduoc. Erano stati inviati in ricognizione presso la Foresta dei Menos. »

« Szayel ha già analizzato le cause del suo decesso? »

Tousen assentì. « È stato ucciso da un'offensiva frontale, gli è stato trapassato il cranio da parte a parte. Grantz sostiene che il codice psichico impresso sulla ferita sia lo stesso presente su Oroitz. »

Aizen strinse impercettibilmente le palpebre. Chiunque fosse il misterioso omicida, cominciava a mettergli un po' troppo i bastoni fra le ruote. E nessuno poteva mettere i bastoni fra le ruote ad Aizen Sousuke senza pagarne le conseguenze. 

« Ciò fa supporre che l'assassino agisca in proprio, e non per conto di qualche oscura rete... » Un rapidissimo lampo di frustrazione gli attraversò il volto bello e spietato. « Uccidere una Fracciòn e soprattutto un Espada non è cosa da poco. Com'è possibile che una creatura del genere non sia mai stata individuata prima, Tousen? Una reiatsu così intensa dev'essere molto difficile da mascherare. »

Tousen non rispose. La sua espressione era indecifrabile, ma l'aura che aleggiava intorno a lui era piena di dubbio. In tutti quegli anni di servizio, Aizen non lo aveva mai percepito così incerto su qualcosa. 

Dentro di sé, lo Shinigami si ripromise di eliminare l'assassino. O, meglio ancora, di metterlo sotto il suo giogo: come insegnava l’esperienza, un potente nemico equivaleva ad un potente alleato. Bastava trovare il modo di schierarlo dalla propria parte, persuaderlo che si trovavano dallo stesso lato della scacchiera.

Ed era esattamente quello che Aizen aveva intenzione di fare.

 

 

******************

Chiedo venia se sono di poche parole, ma se resto qui ancora cinque minuti giuro che m'addormento sulla tastiera. Spero che la storia vi stia piacendo :3 
Bacio, 
Sixy

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Capitolo 4
*** Soul Hunter. ***


IV. Soul Hunter 


Quella sera stessa Apache, Sun Sun e Mila Rose passarono dalla stanza di Rayen per portarle la nuova divisa. Prima di indossarla, Rayen la stese sul suo futon e la ispezionò con una certa cautela, e con un sospiro di sollievo vide che, grazie al cielo - o più probabilmente all'influenza di Apache - non vi era nulla di esagerato o succinto: una maglia a collo alto senza maniche, una gonna a metà coscia con due bande di stoffa più lunghe pendenti dai lati, stivali neri da Arrancar alti a metà polpaccio. Qualcuno (forse Sun Sun, che detestava cordialmente le braccia scoperte) le aveva procurato anche due guanti lunghi fino al gomito, più sottili intorno alle mani e visibilmente più spessi lungo l'avambraccio. Eccezion fatta per le calzature, ogni singolo indumento era di un luminoso bianco perla.

Rayen aveva appena finito di provare la nuova divisa quando qualcuno bussò alla sua stanza. Era un messaggero Adjucha, un umanoide gracile e deforme col volto quasi completamente ricoperto da un elmo osseo.

« Grantz... sama » ansimò, con voce incerta e raspante. « Te... vedere... laboratorio... accompagno... »

« Grantz vuole vedermi nel suo laboratorio? » 

L'Adjucha annuì. 

« Che tu sappia, vuole... ehm... uccidermi o sperimentarmi qualche roba strana addosso? »

L'altro parve accigliarsi, poi scosse energicamente la testa.

« Okay » accettò Rayen, sebbene con una certa titubanza. « Allora accompagnami da lui, per favore. »  

Lo seguì fuori dalla stanza. Non si fidava di Grantz, nemmeno un po'. Oltretutto, eccezion fatta per la riunione di qualche giorno prima, negli ultimi trent'anni lo scienziato non aveva mai dato segno di sapere della sua esistenza. Il cuore della ragazza ebbe un sussulto: forse aveva scoperto qualcosa di nuovo riguardo al Cacciatore d'Anime. 

Il Cacciatore d'Anime: era così che avevano ribattezzato l'assassino di Indar. Nessuno aveva idea di chi o cosa fosse; semplicemente arrivava, colpiva e spariva, veloce e sfuggente come una raffica di vento. Dopo la Diez Espada era toccato a molti altri, quasi tutti Fracciòn o Exequias. I loro corpi erano stati ritrovati tra le dune del deserto o ai confini di Las Noches, ma per il momento nessuno era stato ucciso all'interno della fortezza Hollow. E così il numero di spedizioni, battute di caccia o anche semplici passeggiate all'esterno s'era di punto in bianco ridotto quasi a zero, con l'unica eccezione delle missioni espressamente ordinate da Aizen.
 

*

Quel giorno, Szayel Aporro Grantz non era certo un bello spettacolo: aveva la veste sporca e spiegazzata, gli occhi cerchiati da ombre scure e i capelli color confetto tutti arruffati, come se una spettrale gallina avesse passato l'ultima settimana a covargli sul cranio. Se Rayen avesse visto Grimmjow conciato in quel modo non si sarebbe allarmata granché - avrebbe semplicemente pensato che tanto per cambiare aveva alzato un po' il gomito - ma tutti a Las Noches conoscevano il bieco narcisismo di Grantz e le attenzioni maniacali che impiegava per curare il proprio aspetto. Doveva essere successo qualcosa di apocalittico per destabilizzare persino l'impeccabile dottor Grantz.

« Salve, Fie Oneiron, ti stavo aspettando. Entra. »

Rayen mosse qualche passo guardingo nel laboratorio, ma quasi subito si fermò, stupita. Sembrava che la stanza attorno a lei fosse stata investita da un uragano: ovunque guardasse non si vedevano altro che cumuli di libri, pagine strappate, matracci e vari pezzi di vetreria disordinatamente sparpagliati in giro. Angoli e pareti sparivano dietro scaffali strapieni di documenti, complessi impianti meccanici e strampalati macchinari dall'aria poco raccomandabile. A completare il quadretto, inquietanti sbuffi di gas sprizzavano qua e là dal soffitto, increspandosi e attorcigliandosi su se stessi come eterei serpenti grigiastri.

« Grantz-sama... » azzardò.

« Le ricerche sul Cacciatore d'Anime hanno assorbito ogni stilla del mio tempo » la interruppe lui in tono dignitoso, aprendole la strada - non senza una certa difficoltà - attraverso il fitto dedalo di vetro e carta. « Prego, da quella parte... attenta a non danneggiare l'ebullioscopio, è delicato... »

Rayen non aveva idea di cosa fosse un ebullioscopio, quindi si limitò a evitare il contatto con qualunque cosa che non fosse il pavimento e in qualche modo, tra una contorsione e l'altra, riuscì a raggiungere indenne il capo opposto della stanza, dove l'attendeva una grande porta ovoidale. Non appena Szayel si avvicinò, la porta scivolò docilmente verso l'alto, rivelando un ufficio più piccolo ma infinitamente più ordinato della sala precedente. All'interno, il mobilio era essenziale: vi erano solo una piccola libreria privata e due sedie a schienale alto, collocate ai lati opposti di un'ampia scrivania, su cui facevano bella mostra di sé fiale, scartoffie e barattoli pieni di strane cose contorte di natura indefinita. Le pareti e il pavimento erano di un candore abbacinante.

Szayel fece accomodare Rayen, che prese cautamente posto su una delle sedie.

« Non essere sgarbato, Medazeppi, offri una tazza di tè alla nostra ospite » latrò lo scienziato a una sfortunata Fracciòn di passaggio, prima di andare a sedersi davanti alla ragazza. « Allora, Fie Oneiron, sono sicuro che ora come ora tu sia sorpresa della mia convocazione. La verità è che gradirei porti un paio di domande, a cui mi spero mi farai la compiacenza di rispondere. Ciò che dirai potrebbe rivelarsi proficuo per i miei studi, e di riflesso anche per la protezione di Las Noches. »

Informazioni, ecco cosa voleva. Ma cosa poteva sapere lei, che Aizen o lo scienziato stesso non sapessero già? Seppur perplessa, Rayen acconsentì. Non che avesse molta scelta, comunque. 

« Molto bene. Prima di cominciare, ti aggiornerò sull'attuale situazione di Las Noches. Ti consiglierei però di non farne parola ad alcuno, neppure a Jaegerjacquez o ad altri Espada: ci penserà Aizen-sama a metterli al corrente, senza bisogno di soffiate indesiderate. » Nonostante fosse di un dolce color miele, lo sguardo dell'Octava Espada era pieno di una calma gelida, spietata. Il messaggio era chiaro:prova a spifferare mezza sillaba e ti faccio esplodere gli organi interni uno ad uno.

« Ricevuto » disse Rayen con un filo di voce.

« Brava ragazza. » Szayel distese le labbra in un lento, indecifrabile sorriso. « Come ormai saprai, da qualche tempo a questa parte Las Noches è stata presa di mira da una spregevole entità senza nome, conosciuta dal volgo con lo pseudonimo di 'Cacciatore d'Anime'. Tra le sue vittime attualmente si contano l'Espada Oroitz, cinque Nùmeros e venticinque Exequias. Trentun Hollow massacrati, e senza un solo indizio concreto che ci possa condurre al loro assassino. »

La Fracciòn di nome Medazeppi giunse trotterellando fino al tavolo e vi posò sopra un vassoio, contenente una teiera e due tazze di fattura pregiata. Una volta versato il tè nelle tazze, il servitore Hollow scivolò via con la stessa silenziosa diligenza con cui era arrivato.

Szayel cominciò a sorseggiare la bevanda bollente. Rayen si costrinse a inghiottire a sua volta due sorsi, più per non apparire scortese che altro. Quando si chinò verso la tazza, alle sue narici giunse un sottile profumo dolciastro, stucchevole.

« Naturalmente, mi sono permesso di esaminare i cadaveri » proseguì lo scienziato in tono mellifluo. « E ho subito notato un dettaglio piuttosto interessante, che si ripete in ciascun caso, come la firma di un serial killer. Ogni singolo cadavere riporta una ferita alla testa, un taglio che attraversa il cranio dallo scalpo alla nuca. »

Il tè nella tazza di Rayen oscillò.

« Si direbbe che il Cacciatore abbia voluto perforarne il cervello, o comunque qualcosa collocato all'interno del capo. Al momento ho assegnato a questi corpi il nome di Traspasados, per differenziarli dai cadaveri ordinari. Secondo la mia più recente diagnosi, il codice psichico presente nella ferita non solo non appartiene a uno Shinigami, ma nemmeno a un Hollow. L'unica cosa che posso affermare per certo è che il codice è lo stesso in ogni cadavere. E dal momento che è un particolare unico, che varia sensibilmente da individuo a individuo e non può essere in alcun modo emulato, è chiaro che l'assassino, chiunque sia, agisce da solo. »

Il codice psichico... quella roba di cui ha parlato anche durante la riunione. Rayen si sforzò di concentrarsi sulle informazioni assimilate, escludendo tutto il resto.

Non. Doveva. Pensare. A. Indar.

Il problema era che più Szayel parlava, più nella sua mente si delineava l'immagine di Indar disteso a terra in un lago di sangue, con un'orrenda ferita sulla fronte e gli occhi - quei vivaci occhi castani, gli occhi che lei adorava - spenti e senza vita, incassati nel viso cinereo. Rayen si morse l'interno della guancia. No. Non pensarci

« Forse avrei dovuto essere più delicato, Fie Oneiron. Sembri un po' pallida » commentò Szayel.

« Sto benissimo » sibilò Rayen. Sotto il tavolo, serrò le mani a pugno. Troverò l'assassino e lo ucciderò.. « Allora stavamo parlando di questi... Traspasados... »

« Oh, sì. » Szayel batté due volte le mani. « Lumina, Verona, portate immediatamente l'esperimento N2. »

Pochi istanti dopo, due tarchiati Fracciònes fecero il loro ingresso nella stanza, un po' spingendo e un po' trascinando un'ingombrante barella. Su di essa era disteso il corpo senza vita di un Arrancar robusto e muscoloso, dai lunghi capelli scuri e con una pelle del colore del rame brunito.  

« Avirama Redder! » Rayen non poté impedirsi di sussultare. « La Fracciòn di Barragan! »

« Sì, proprio lui » confermò Szayel. La sua voce suonava neutra, piatta, quasi annoiata, come se il corpo di Redder non fosse stato altro che uno sgradevole soprammobile. « Ora osserva con attenzione, ragazza: oltre alla fenditura alla fronte vedi forse altre ferite, o un qualsivoglia segno di lotta? »

Rayen dovette ammettere che in effetti non vi era nient'altro. Nulla, nel corpo di Redder, suggeriva che tra lui e il suo aggressore si fosse svolto un combattimento.

« Come puoi vedere, non ha nemmeno tentato di rilasciare la sua Zanpakuto. I casi sono due: o non ha avuto il tempo di farlo, o non ha ritenuto essenziale rilasciarla fino a quando non è stato troppo tardi. Se la seconda ipotesi fosse vera, vorrebbe dire che il nostro uomo è ben diverso da come appare. Anche se forse, considerando il quoziente intellettivo di Redder, è possibile che più dell'abilità dell'assassino abbia influito la stupidità della Fracciòn. » Un semplice cenno, e Lumina e Verona portarono via la barella e il suo triste contenuto.

Szayel intrecciò le mani di fronte a sé. « Adesso sei a conoscenza dei nostri risultati più recenti. » (Come no, se quelli erano i risultati più recenti, Ulquiorra era Babbo Natale. Rayen non era così ingenua da pensare che ora Aizen si mettesse a sbandierare i suoi segreti ad una semplice Fracciòn.)  « Forse, Fie Oneiron, ora potresti aiutarmi a chiarire un paio di punti ancora piuttosto foschi, cosa ne dici? Prima di tutto, quand'è stata l'ultima volta che hai visto Oroitz? »

Che c'è, mi hanno piazzata in cima alla lista dei sospettati? Il viso di Rayen s'indurì. « Circa due settimane prima che venisse trovato. »

« E ti è sembrato in qualche modo diverso? »

« No, affatto. »

Szayel si curvò in avanti. « Aizen-sama mi ha accennato alle tue curiose qualità... i Focus, se non erro. So che è stato questo tuo dono a permetterci di debellare per tempo una pericolosa aggregazione di Vasto Lorde prima che si fomentasse una rivolta, ed è stato sempre grazie a un Focus che Aizen-sama ha potuto rintracciare per la prima volta Coyote Starrk. Personalmente preferisco adottare metodi più scientifici, ma persino io devo ammettere che queste visioni possono tornare utili, in certe circostanze. » Scosse la testa e appoggiò il mento su una mano, osservando Rayen con espressione enigmatica. « Dimmi, Fie Oneiron, hai ricevuto predizioni interessanti, ultimamente? Magari qualche sprazzo che possa suggerirci una mossa futura, o se non altro rivelarci dove colpirà la prossima volta il Cacciatore? »

Rayen detestava il modo in cui la fissava. Era il modo in cui un giocatore di scacchi fissava il suo alfiere, chiedendosi se convenisse sacrificarlo subito o se valesse la pena di aspettare ancora qualche turno. Odiava sentirsi strumentalizzata. 

« Dunque? » la incitò Szayel con una nota impaziente. 

« La capacità di vedere i Focus non è un potere come gli altri » rispose freddamente lei. « Non ho alcun controllo su di loro. Non posso decidere quando e se avere una visione, succede e basta. E anche quando capita, spesso e volentieri sono visioni confuse, difficili da interpretare sul momento. Forse Aizen-sama si sbaglia, a nutrire tante aspettative verso qualcosa di così inaffidabile. »

« Capisco... » Szayel tacque per alcuni istanti, poi aggiunse: « Ma permettimi di darti un suggerimento: non dubitare mai di Aizen-sama. Se per qualche motivo ti tiene in considerazione, visioni o no puoi star certa che ha dei piani per te. »

Lo so, si disse la ragazza stizzita, è proprio per questo che voglio stargli il più lontano possibile.

Stava per chiedere a Szayel se avesse finito, quando vide la sua espressione. Era gelida, calcolatrice e... bramosa? Una lampadina si accese nel cervello di Rayen. Di colpo, capì che anche se da una parte Szayel non approvava la scarsa scientificità dei Focus, dall'altra avrebbe venduto l'anima pur di averli, e soprattutto analizzarli. Doveva essere un'onta, per il suo genio superiore, non poter comprendere a fondo il potere di quella che ai suoi occhi era una ragazzina un milione di volte più giovane, più inesperta e più ignorante di lui. 

La cosiddetta ragazzina si agitò sulla sedia. « Ehm... ci sono altre domande? »

Un sorriso lezioso parve congelarsi sulle labbra di Szayel. « Per il momento no. Puoi ritirarti. »

Rayen tirò un sospiro di sollievo. Non pensava che sarebbe riuscita ad andarsene sulle sue gambe. Mentre si alzava in piedi, per un rapidissimo attimo le sembrò che il tè nei fondi di porcellana si fosse addensato, scurito, fino a diventare del rosso pieno e pastoso del sangue, ma non appena batté le palpebre la bevanda tornò della sua solita trasparenza verdognola. S'alzò in piedi, dandosi della sciocca. Non appena raggiunse la porta, tuttavia, Szayel la fermò di nuovo.

« Naturalmente confido nel fatto che, casomai dovessi avere nuove predizioni, me ne metterai subito al corrente. A questo punto, è necessario disporre di tutte le informazioni che possiamo raggiungere. E... Fie Oneiron? »

Lei si voltò rigidamene. « Sì, Szayel-sama? »

Szayel posò la tazza di tè e la fissò, sempre sorridendo. « Se la piega presa dagli eventi dovesse peggiorare, e scoprissi che tu vi eri in qualche modo coinvolta... sappi che ti userò come cavia per il mio più recente esperimento, la droga sarcofaga. E credimi, non sarà affatto piacevole. »

 

*******************

E rieccomi qui, pronta come sempre a torturare le vostre povere e innocenti menti (innocenti? forse) con il mio fiore del male! ^^ Questa è la riscrittura del capitolo che ho odiato di più in assoluto, perché ci ho passato sopra qualcosa come una settimana prima di decidere in che modo impostarlo e di quali argomenti trattare. E' possibile che Grantz sia un pochino OOC, non saprei, è davvero difficile ricostruire con precisione un personaggio così ambiguo... ambiguo non solo nell'aspetto ma anche nelle gesture, nel modo di fare, nelle parole. Questo capitolo è stato un po' un'impresa, insomma xD mi auguro che vi sia piaciuto. Se avete qualche critica o consiglio da darmi, fatelo senza esitazione: bisogna pur conoscere i propri difetti, se li si vuole rimediare.

Bacio,
Sixy

 

 

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Capitolo 5
*** Claws. ***


 

 

V. Claws

 

Dopo il colloquio con Szayel, per un bel po' non accadde più nulla di inatteso o eccezionale. Rayen si ritrovò ad avere più tempo libero di quanto ne avesse mai avuto prima. Per ammazzare la noia, spesso andava a trovare le tre Fracciòn di Harribel, che riuscivano sempre a strapparle un sorriso con i loro assurdi battibecchi, oppure si recava nei cortili interni di Las Noches, dove si esercitava con la spada o nell'uso del Cero. In un paio di occasioni, a lei si unirono anche Choe Neng Poww e Findor Carias, entrambi Fracciòn di Barragan. Nonostante i dissapori con il loro padrone, Rayen apprezzava la loro compagnia: erano tutti e due dei bravi combattenti e di sicuro sapevano come dare del filo da torcere ai loro avversari. Con il loro aiuto, la ragazza affinò le tecniche che già conosceva, e in un paio di occasioni imparò anche delle mosse nuove. 

In quel periodo, Grimmjow non la cercò mai, e neppure i suoi Fracciòn. Rayen non se ne curava. Fatta eccezione per Shawlong Kufang e Nakeem, i Fracciòn della Sexta Espada erano un manipolo di idioti tutto fumo e niente arrosto. Meno ci aveva a che fare, meglio era. 

Senonché, un giorno, di punto in bianco Aizen convocò di nuovo gli Espada in riunione.

*


Non sapeva nemmeno lei perché fosse lì. Forza dell'abitudine, probabilmente. Quando Indar Oroitz tornava da una riunione, Rayen andava sempre a cercarlo nella sua stanza, per carpire le ultime notizie e discutere insieme a lui dei progetti futuri. Non che lei progettasse di dividere qualsivoglia progetto con Grimmjow, intendiamoci; era solo curiosa di sapere come fosse andata a finire la missione di Ulquiorra e Yammy nel Mondo Reale. Gli altri Nùmeros ormai non parlavano d'altro. C'era qualcosa di nuovo, nell'aria, una strana tensione che tutti potevano subodorare: poco ma sicuro, Aizen aveva in mente qualcosa, un qualcosa di proporzioni epiche. 

« Ehi, Grimmjow? »

Rayen bussò energicamente alla porta della Sexta Espada. Per un lungo attimo vi fu silenzio, poi Grimmjow venne ad aprire. I suoi inquietanti occhi azzurro ghiaccio si socchiusero.

« Grimmjow-sama » scandì Grimmjow. « Ricorda che ti ho salvato il culo, Fie, vedi di portarmi più rispetto. »

« Okay, Grimmjow-sama. » Rayen si accertò di aggiungere nell'ultima parola la giusta punta di sarcasmo. « Posso entrare? »

« Dimmi cosa vuoi. »

« Parlare un po', tutto qui. »

Grimmjow s'appoggiò distrattamente contro lo stipite, studiandola intensamente. « Entra, di' quello che devi dire e togliti dai piedi. Non ho tempo da perdere con te. »

Si fece appena da parte, quel tanto che bastava per permetterle di passare senza toccarlo. Il suo appartamento era grande almeno il triplo di quello di Rayen, e infinitamente più disordinato. L'ambiente centrale era dominato da un divano imponente e parzialmente sfondato, a tratti addirittura lacerato; tutto intorno ad esso si ergevano pile di stracci, armi mezzo arrugginite, pezzi di metallo, batuffoli un tempo appartenuti a qualche sfortunata imbottitura e strani oggetti sulla cui natura Rayen non voleva indagare. I muri, naturalmente candidi, erano coperti di tacche, bozze e graffiature, certe profonde anche diversi centimetri, come se una belva impazzita vi avesse affondato gli artigli. Verso il fondo della stanzona si aprivano altri due ingressi, che s'affacciavano però su camere troppo buie per capire cosa contenessero. 

 A quanto pareva, Grimmjow aveva già degli ospiti: i suoi cinque Fracciòn erano sparpagliati in giro per l'alloggio, chi seduto a terra, chi appoggiato alla parete, chi stravaccato sul divano. All'entrata di Rayen, Edrad Liones s'affrettò a far sparire sotto un cuscino una rivista di dubbio gusto, ma non prima che la ragazza scorgesse di sfuggita un seno nudo e prosperoso. 

« Giovane Rayen. » Shawlong Kufang si staccò dalla parete e le rivolse un breve cenno di saluto. « Non ci aspettavamo una tua visita. »

« Ciao, Shawlong » disse Rayen con un mezzo sorriso. « Non preoccuparti, sono venuta solo per sentire le ultime novità. Poi prometto che levo le tende e vi lascio continuare il vostro festino. »

Un lieve tonfo risuonò alle sue spalle. Grimmjow aveva richiuso la porta.

« Come ho appena finito di dire, la riunione è stata proficua come un pugno in faccia » ringhiò. « Ulquiorra e Yammy sono rientrati poco fa dal mondo umano, e indovinate un po'? Non hanno avuto le palle nemmeno per far fuori un ragazzino umano e la sua ridicola compagnia. Non che ci si possa aspettare molto, da uno zombie che non scopa da almeno trent'anni e da un grosso idiota senza un grammo di materia grigia. »

I suoi uomini sghignazzarono. Tutti tranne Nakeem: l'omaccione rimase imperturbabile come sempre, con la metà visibile del volto che sembrava scolpita nella roccia. 

« Aizen è convinto di avere la guerra in pugno » proseguì Grimmjow « Si diverte a imbottirci la testa di belle parole e a giocare a fare il dio sceso in terra, ma intanto il Cacciatore è ancora a piede libero, la Soul Society è ancora tutta d'un pezzo e il nuovo Delegato degli Shinigami è ancora vivo e vegeto. Io di risultati concreti non ne vedo e la cosa mi fa a dir poco incazzare. Ho deciso di risolvere la faccenda una volta per tutte, con o senza la benedizione di Aizen: io e voi andremo di persona nel mondo umano e faremo piazza pulita di chiunque possa rappresentare una minima minaccia per Hueco Mundo. E il primo della lista sarà proprio lo Shinigami Delegato, e chissenefrega se è solo un moccioso umano. Una volta eliminati i soggetti scomodi, ci occuperemo anche del Cacciatore d'Anime. »

I suoi Fracciòn applaudirono l'idea con entusiasmo, ad eccezione di Nakeem, che non batté ciglio, e Rayen, che non era affatto convinta. 

« A me sembra un po' azzardato come piano » osò dire la ragazza. « E poi, Aizen non è stupido. Se non ha voluto inviare una seconda squadra di Arrancar ad eliminare Kurosaki e compagnia, di sicuro avrà avuto le sue buoni ragioni. Non si potrebbe... »

Una scarica di dolore puro le trapassò l'addome come una lama incandescente, mozzandole il fiato in gola. Per un attimo, il dolore parve incendiare ogni centimetro del suo corpo, dalla testa ai piedi, poi scemò di colpo, lasciandola debole e tremante. La ragazza s'appoggiò al muro. Si sentiva le gambe molli come spaghetti da ramen.

« Prima pensa, poi parla, Fie » sibilò Grimmjow, mentre scintille di reiatsu gli crepitavano intorno alle dita. « Sono nemici e i nemici devono morire, punto e basta. Ciò che Aizen vuole o non vuole non ha importanza: così ho deciso, e così faremo. »

« Mi sembra ragionevole » assentì Shawlong. « Se esistono altri umani come il Delegato è necesssario falciarli sul nascere, se possibile ancor prima che si rendano conto dei propri poteri. Solo così potremo evitare che la Soul Society li usi a proprio vantaggio. Bisogna sterminare i parassiti prima che crescano e si rafforzino. »

« Oh sì » sogghignò  Edrad Liones. « Non vedo l'ora, era da un sacco che non ci divertivamo così.  Ma è meglio che Di Roy e la ragazza restino qui. »

« Cosa? » Di Roy Linker, il più basso e mingherlino del gruppo, si tirò su a sedere dal divano su cui era stravaccato. « Col cavolo, Liones! Puoi scommetterci le palle che ci vengo. »

« Non fare l'idiota, Di Roy, serve qualcuno che ci copra le spalle. E poi uno come te ci sarebbe soltanto di peso. »

« Tu ci sei di peso ogni stramaledetto giorno, eppure sfortunatamente sei ancora tra noi! »

Mentre i due Fracciòn si azzuffavano verbalmente, Rayen si massaggiò le braccia, sentendosi ancora indolenzita per la scossa di reiatsu. 

Bastardo...

I suoi occhi nocciola, pieni di risentimento, si fissarono su Grimmjow: la Sexta Espada osservava i suoi uomini con aria soddisfatta, le mani immancabilmente affondate nelle tasche dei pantaloni hakama. La ragazza ebbe l'improvvisa voglia di strappargli dalla faccia quel dannato sorrisetto. Poteva averla reclutata anche solo per il semplice gusto di infastidire Nnoitra, ma non importava: se pensava che lei fosse solo una ragazzina fragile e inerme, allora si sbagliava di grosso.

« Verrò anch'io con voi » dichiarò ad alta voce.

Il battibecco tra Di Roy ed Edrad si interruppe. Sei sguardi sospettosi e un po' increduli si posarono su di lei.

Rayen alzò le spalle. « Il passaggio verso il mondo umano è ben sorvegliato e dovremo stare attenti a non farci beccare. Una volta arrivati a destinazione, però, più saremo e più Shinigami potremo ammazzare. »

Grimmjow fece mostra di riflettere - Cosa più unica che rara, pensò Rayen. L'azzurro non sorrideva più, ma sembrava che tutto sommato l'idea non gli dispiacesse. 

« Di Roy e Fie verranno con noi, tutti e due » decise infine, nella sorpresa generale. « Adesso filate a prepararvi, partiremo esattamente fra due ore. E ricordatevi di nascondere bene le vostre reiatsu, perché se qualcuno di voi si fa scoprire giuro che lo uccido su due piedi. »

****************


Sixy: ha! Credevate che fossi morta, eh? ^^
Rayen: secondo me ci speravano =.=
Sixy: *le dà una padellata in testa* taci, tu, nessuno ti ha interpellato ^^ beh, innanzitutto, ci tenevo a dirvi una cosa... oddio!!! Scusate la mia mostruosa lentezza, ma il mio Mac ha deciso di darmi il ben servito e ora sto usando il vecchio PC di mia sorella, appena appena più recente del Paleolitico. Sto disperatamente cercando un caricabatterie per il Mac, ma su eBay non trovo quelli adatti - non a prezzi umani, se non altro - e senza quello posso dire ciao ciao a tutti i dati su Aku no Hana. Ho circa millemila imprecazioni non dette bloccate in gola, considerando che avevo il quinto capitolo praticamente finito e che ho dovuto risistemarlo da capo.

Vabbe', ora la pianto di annoiarvi XD mi auguro che questo capitolo vi sia piaciuto. Hasta la vista, gente. Bacio a tutti!

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Capitolo 6
*** Don't mess with the Owl. ***


VI. Don't mess with the Owl

 

A essere onesti, quello che Grimmjow riteneva il piano più geniale mai concepito nella storia degli strateghi Hollow a Rayen sembrava un po' traballante. Un po' tanto traballante. Apri il Garganta, vai nel mondo umano, fai fuori più Shinigami che puoi e torna indietro. Per essere un'abile manovra offensiva, alle orecchie della ragazza suonava troppo semplice: lasciava aperti troppi dubbi, troppe falle, e decisamente troppe incognite. Altro che due bistecche: Aizen avrebbe dovuto avere un'intera salumeria premuta contro gli occhi, per non accorgersi di cosa stava succedendo proprio sotto il suo naso. 

Mentre si preparava alla spedizione nel mondo umano, comunque, Rayen scoprì di provare qualcosa che non avvertiva più da parecchi mesi: l'eccitazione. Stava per scendere di nuovo sul campo di battaglia, stava per combattere e uccidere. I suoi istinti Hollow, rimasti a lungo sopiti, cominciavano a risvegliarsi al sentore della lotta. Il buco a metà strada tra il petto e la gola, segno inconfondibile della sua appartenenza alla razza Arrancar, pareva bruciare sotto la stoffa della divisa. 

Gradi. Era quello il segreto, doveva procedere per gradi. Prima avrebbe aiutato Grimmjow a concludere la sua missione, poi si sarebbe sfiancata di allenamenti fino a diventare forte quanto un Espada, e alla fine avrebbe ucciso il Cacciatore e riscattato l'onore di Indar. Ci sarebbero voluti anni, se non addirittura secoli, ma la ragazza non se ne curava. Prima o poi ce l'avrebbe fatta. 

 

*

Il Garganta squarciò la limpidezza del cielo notturno, sbocciando sopra Karakura come un terrificante fiore nero. I Fracciòn della Sexta Espada scivolarono fuori in perfetto silenzio, uno dopo l'altro, e si librarono insieme verso il punto prestabilito, il tetto di un vecchio condominio avvolto dalle ombre. Grimmjow, appollaiato lungo il bordo, alzò il viso verso di loro. Nel buio, i suoi occhi azzurri ardevano come quelli di un predatore in caccia. 

« Siete tutti qui? »

Sì, c'erano tutti. Tutti e sei.

« Bene. » Grimmjow abbassò le palpebre. « Preparatevi a usare la Pesquisa. »

Tutti i Fracciòn, Rayen compresa, chiusero gli occhi e si concentrarono. La Pesquisa era una potente tecnica di ricerca spirituale: le possibilità di sfuggire ad una simile rete, specialmente se gettata da sette Arrancar, erano pressoché nulle. E infatti, ben presto, la mente di Rayen iniziò a tendere i suoi tentacoli psichici. Sfiorò le coscienze degli altri Fracciòn, simili a candele sospese nel buio, poi quella di Grimmjow, ben più calda e luminosa; infine i tentacoli si espansero verso l'esterno, palpitando e brancolando, e toccarono una piccolissima fonte di reiatsu... poi un'altra, e un'altra ancora... e ancora, e ancora e ancora. 


Così tante! Rayen riaprì gli occhi, sorpresa. I Fracciòn attorno a lei fecero la stessa cosa. Edrad Liones sputò un'imprecazione.  

« Ulquiorra, stupido idiota... » sibilò Grimmjow a denti stretti. « Non poteva ucciderlo e basta, quello stramaledettissimo Delegato, anziché aspettare che ricevesse rinforzi dalla Soul Society? Muoviamoci, non c'è tempo da perdere! Di Roy, Shawlong, Edrad, Illforte, Nakeem, Fie! Non trattenetevi e non perdete tempo a identificare gli obiettivi. Chiunque abbia il più piccolo briciolo di reiatsu... uccideteli, tutti quanti! »

Le feroci acclamazioni di Edrad, Di Roy e Illforte gli fecero eco, mentre Shawlong annuiva con approvazione. Nakeem come sempre se ne stava un po' in disparte, con le braccia incrociate sul petto e un'espressione indecifrabile stampata sul volto. Erano Arrancar scelti, erano forti, e...

Moriranno tutti. Il pensiero arrivò, veloce come uno schiaffo, e all'improvviso Rayen fu assalita da un improvviso malessere, dal vivissimo presagio che tutti loro fossero in un terribile pericolo. 
« Grimmjow, no... aspettate! »

Ma era troppo tardi: erano bastati pochi istanti perché Grimmjow e i suoi Fracciòn svanissero nel nulla, ognuno sulle tracce di una seppur minima fonte di reiatsu. La ragazza sospirò e attivò il sonido, per poi sfrecciare a tutta velocità verso la minaccia più vicina. Mentre correva, dentro di sé pregò quella manica di idioti di fare attenzione. Molta, molta attenzione. 

*

Ormai ci siamo... 

Rayen strinse gli occhi. Saettava nel cielo notturno, rapida e silenziosa, rallentando solo per controllare le emissioni di reiatsu intorno a lei. Non aveva più dubbi, la fonte che aveva individuato era senz'altro uno Shinigami: nessun umano poteva produrre un'energia così intensa. 

La ragazza atterrò su un tetto, scivolò in perfetto equilibrio lungo le sue tegole rossastre e spiccò un nuovo salto verso l'edificio successivo.

« Cerchi qualcuno, Arrancar? »

Rayen si voltò di scatto, a mezz'aria. Lo Shinigami era a una trentina di metri alla sua destra, seduto con una gamba penzoloni sopra il tetto di un centro commerciale. Le indirizzò un sorriso ironico. Sembrava rilassato, forse perfino divertito. Rayen notò che aveva i capelli cortissimi e di un esuberante color verde acido, e che appeso al lobo sinistro sfoggiava un vistoso orecchino dai motivi geometrici, così lungo da sfiorargli la spalla. I suoi occhi, chiarissimi e brillanti, erano sottolineati da quello che pareva eye-liner dorato. 

L'unica cosa di assolutamente ordinaria, in quel tizio, era la divisa nera da Shinigami. E quella, da sola, costituiva un'ottima ragione per ucciderlo. 

« Seishuu Hibiki, Ufficiale di Quinto Seggio della Settima Compagnia del Gotei 13 » si presentò il singolare sconosciuto, alzandosi in piedi e rivolgendole un inchino sarcastico. Era alto, almeno quanto Shawlong, e piuttosto ben piazzato. « Con chi ho il piacere di parlare? »

La ragazza Hollow abbozzò un sorriso. « Rayen Fie Oneiron, Diciassettesimo Nùmero di Las Noches. »

« Il Diciassettesimo Nùmero? » Seishuu sogghignò. « Sei superstiziosa, Arrancar? »

Rayen sfoderò senza fretta la spada Trèbol. « Io sì, da morire. E tu? »

 *

Iniziarono scambiandosi affondi e colpi di taglio piuttosto mediocri, l'uno senza rivelare all'altro nulla delle sue reali capacità, ma in pochi minuti lo scontro si scaldò: il ritmo divenne più frenetico, shunpo e sonido si velocizzarono e il clangore delle lame risuonò sempre più rapido, più violento, più stridente. Ogni volta che le due Zanpakuto si incontravano, dai loro fili acuminati traboccavano torrenti di scintille, centinaia di piccole unghie bianche che graffiavano le tenebre della notte.

Seishuu non aveva forse la velocità o i riflessi di Rayen, ma di certo sapeva il fatto suo: nonostante la stazza, era sorprendentemente agile e ogni suo colpo era preciso, calcolato. Niente cariche da bestia ferita, affatto; si limitava a studiare l'avversaria, trattenendola in attesa che si stancasse o mostrasse una minima apertura.

Rayen sferrò un fendente, che lo Shinigami parò senza difficoltà. La ragazza allora si teletrasportò alle sue spalle con un sonido e provò un attacco dall'alto, ma anche questo fu intercettato. Un lieve ringhio di frustrazione sfuggì dalle labbra di Rayen. Seishuu rispose con un largo sorriso, poi disse in tono allegro: 
« Ora è il mio turno! »

La sua finta fu così realistica che per un attimo l'Arrancar ci cascò. S'accorse dell'errore in tempo per evitare che le venisse squarciato in pieno il fianco, ma la lama nemica riuscì comunque a raggiungerla e a disegnarle un taglio rosso appena sotto le costole. In mezzo al tessuto lacerato cominciò a sgorgare il sangue. Rayen strinse gli occhi e balzò indietro. La ferita bruciava un po', però non sembrava grave.

Seishuu sogghignò e sollevò la spada, facendole vedere le piccole gocce cremisi che la imperlavano. 
« Questo è solo l'inizio. Non so cosa vogliate, tu e i tuoi sporchi simili, ma avreste dovuto pensarci due volte prima di strisciare fuori da Hueco Mundo. » 

« Ehi, che arroganza... ci siamo appena riscaldati e già canti vittoria? » Rayen si mise in posizione, pronta alla carica successiva. « Le persone come te non durano a lungo dalle mie parti. » 

« Oh, ma l'arroganza è tutta vostra. Davvero credevate di poter vincere contro un plotone di guardie scelte della Soul Society? Vi abbiamo sentiti entrare, e nessuno di noi vi permetterà di uscire dal mondo umano, adesso. Avete tutti firmato la vostra seconda condanna a morte. »

Seishuu partì all'assalto, e questa volta fu meno preciso ma molto più brutale. Rayen pose la lama di piatto appena in tempo. Al pesante impatto con la spada del nemico, i suoi polsi scricchiolarono dolorosamente. L'Arrancar si disimpegnò, scivolò via con un sonido e rispose con una rapida sequenza di attacchi dal lato. Lo Shinigami li parò, l'uno dopo l'altro. 

« Tutto qui, piccola Hollow? » Rise. « Sinceramente m'aspettavo qualcosa di più, non so se mi spie... »

Trèbol scintillò, fulminea e vicina, troppo vicina. Quando Rayen si ritrasse, il lato sinistro del viso di Seishuu era completamente inzaccherato di sangue, lacerato dallo zigomo alla mascella. 

Lo Shinigami ululò. « Ma allora vuoi farmi incazzare! »

Spazzò ferocemente l'aria con la spada, alla cieca, ma la ragazza era già scattata indietro, fuori dalla sua portata. 

« Bene » ringhiò Seishuu, pulendosi la faccia con una manica. « Bene, come preferisci. Spero che tu sia pronta per un viaggio di sola andata all'inferno. Ti farò pentire di non essere rimasta nel tuo patetico mondo di mostri succhia-anime. »

« Se sei tanto bravo, allora piantala di blaterare come una vecchia comare e fatti sotto. »

Seishuu sbottò in una risata. « Conosci la leggenda della civetta? Si dice che il suo canto annunci una morte prossima e apra la porta delle sciagure. Sai sasoe, Fukuroumaru*! »

La lama della sua Zanpakuto s'accese di un intenso bagliore vermiglio e nell'aria si levò un suono lamentoso, acuto e straziante. A Rayen ricordò terribilmente Loly quando cantava sotto la doccia. Un secondo più tardi, l'Arrancar dovette chinarsi di scatto, mentre qualcosa di rosso e lucente sibilava a un soffio dalla sua testa. Una frusta infuocata.

Lo Shikai di Seishuu. Aizen aveva spiegato loro che, al contrario di quelle degli Arrancar, le Zanpakuto degli Shinigami avevano due forme di rilascio: la prima, detta Shikai, e la seconda, molto più difficile da raggiungere, detta Bankai. Lo Shikai poteva essere gestito con relativa facilità; il vero problema nasceva quando l'avversario possedeva anche un Bankai. 

Adesso la Zanpakuto di Seishuu sibilava e si contorceva attorno al suo padrone come un serpente in fiamme. Sembrava abbastanza minacciosa per conto suo, anche senza Bankai. 

Rayen impugnò la sua Zanpakuto a due mani e la sollevò di fronte a sé.

« Erabe, Trèbol!** »  

************************

Sai sasoe, Fukuroumaru: dovrebbe significare 'invita la sventura, Civetta'. 

** Erabe, Trèbol: 'fai la tua scelta, Quadrifoglio'. (Come già detto in SnE, mi prendo questa piccola licenza poetica... 'quadrifoglio' letteralmente è Trèbol de Cuatro Hojas, decisamente troppo lungo ^^') 

Eee... niente. Tanto per cambiare, è notte fonda e io sono qui a correggere e rivedere la mia vecchia fiction. Non sono molto pratica di combattimenti, mi auguro che questo sia riuscito in modo decente. Spero che il capitolo vi piaccia :) 

Baci, 
Sixy

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Capitolo 7
*** The flower that blooms in the battlefield. ***


VII. The flower that blooms in the battlefield.

 

 

Una delicata falce di luna ammiccava nel cielo in tutto il suo mite splendore. Era una visione semplice e bellissima, ma in quel momento ben pochi, a Karakura, potevano permettersi il lusso di ammirarla. 

La Shinigami Kuchiki Rukia rinfoderò in silenzio la sua spada, Sode no Shirayuki. Una folata di vento spazzò via il mucchietto di schegge ghiacciate davanti a lei, gli ultimi rimasugli dell'Arrancar che aveva appena ucciso. Era stata una battaglia facile, ma Rukia era comunque preoccupata. Raramente gli Arrancar si spingevano fino al mondo umano; non era un buon territorio di caccia per loro, sia per la presenza di agenti della Soul Society, sia per la scarsità di prede degne della loro attenzione. Ciononostante, a Karakura ne erano comparsi nove nel giro di pochi giorni. 

Cosa diavolo hanno in mente? Rukia sospirò. E soprattutto, cosa diavolo ha in mente Aizen?

La Shinigami accantonò quei pensieri. Ora aveva un problema più pressante: eliminare gli Arrancar che avevano violato i confini della città. Abbassò le palpebre e si concentrò, sondando con la mente i paraggi in cerca di fonti di reiatsu. Visualizzò facilmente Ichigo, che in quel momento si trovava in una via parallela alla sua destra, poi andò oltre e trovò Renji, il Capitano Hitsugaya, il Vice-Capitano Matsumoto, il seggio Seishuu e... di nuovo Ichigo?!

Rukia aprì gli occhi e balzò sul tetto della casa più vicina. « Ichigo! » gridò. 

Il ragazzo apparve accanto a lei in un lampo di shunpo.

« Che succede, Rukia? » chiese allarmato. « Sei ferita? » 

« No, sto benissimo. Ma se tu sei qui... » La Shinigami si focalizzò meglio sull'ultima reiatsu che aveva avvertito. « La senti anche tu, vero? »

Ichigo aggrottò la fronte e si mise a sua volta in ascolto. Un momento dopo strabuzzò gli occhi. « Sembra... la mia reiatsu » mormorò incredulo. 

Studiandola con maggiore attenzione, i due si resero conto che non era proprio identica a quella del ragazzo: questa era in un certo senso più oscura, più selvaggia, e non trasmetteva alcun senso di calore. 

Dopo alcuni secondi di osservazione, Rukia si voltò verso l'amico. « Andiamo, dobbiamo scoprire a chi appartiene. E sta' pronto a tutto, potrebbe essere un nuovo trucco degli Arrancar per ingannarci. »

 

 

*

A un paio di isolati di distanza, Grimmjow Jaeguerjacquez si concesse un breve sorriso. Aveva appena individuato due reiatsu interessanti. Una delle quali aveva appena causato la morte di Di Roy. 

*

« Erabe, Trèbol! »

Un'improvvisa ondata di gelo si sprigionò dalle dita di Rayen, attraversandola dalla punta dei piedi alla radice dei capelli. Per un attimo, la ragazza si sentì completamente cristallizzata, come se ogni centimetro del suo corpo si fosse trasformato in purissimo ghiaccio; poi, veloce com'era arrivata, la sensazione svanì, e lei fu di nuovo padrona di sé. Si guardò, soddisfatta: ora una sottile corazza di placche bianche le fasciava il torace, risalendo dalla vita al seno, e diverse spine candide - ciascuna delle dimensioni di un pugnale - le sporgevano dalle spalle e dai gomiti e le percorrevano tutta la schiena. La maschera da Hollow, prima limitata a due piccoli ventagli ai lati della testa, si era allargata e ispessita: i cosiddetti ventagli si erano trasformati in un vero e proprio elmo che lasciava scoperti solo gli occhi, nei quali brillavano pagliuzze di uno strano verde argenteo. 

Ma la parte fondamentale della sua Resurreciòn era nelle sue mani: la destra impugnava un tachi, una lunga spada giapponese lievemente ricurva; all'avambraccio sinistro invece era allacciato un piccolo scudo intagliato a forma di quadrifoglio, sul quale erano incisi quattro simboli, uno per foglia: un calice dal gambo esile, una leonessa rampante, una bilancia evanescente e un luminoso filo bianco tutto avvoltolato su se stesso. Al centro dello scudo risplendeva una sottilissima freccia opalescente, che lo faceva sembrare una bussola o un misterioso orologio con una sola lancetta. 

Rayen si stiracchiò, e i suoi muscoli risposero con prontezza, molto più elastici e sinuosi di prima. Un'assurda carica di adrenalina le sferzò il ventre. Era lei, era il mostro. 

« Ti piaccio, Shinigami? » Sbottò in una risata feroce, distorta da una vibrazione selvaggia. « Voglio un parere sincero, mi raccomando! Sennò mi offendo! »

Sospeso a mezz’aria davanti a lei, Seishuu la fissava disgustato e sconvolto. Non sorrideva più, e qualunque traccia di spavalderia gli era scomparsa dal volto. « Ora ne sono certo: voi Arrancar siete un abominio, uno orrido scherzo della natura. »

« Verissimo. Ora continua a guardarmi per un po', e ti mostrerò come anche uno scherzo della natura può prendere a calci i bastardi come te. »

Rayen fece scorrere l'indice sul simbolo del calice. 

« Templanza » sussurrò, e il calice s'accese di una luce azzurrina. 

« Cosa stai facendo? » chiese nervosamente Seishuu. 

Lei lo ignorò e spostò il dito sulla leonessa. « Fuerza. » Una seconda luce danzò sullo scudo. 

« Bada bene a quello che fai » l’avvisò lo Shinigami. « Smettila subito! »

Rayen toccò la bilancia. « Justicia. » Ci fu una terza scintilla, poi la sua mano si pose sull'ultimo segno. « Arcano Sin Nombre. »

Non appena tutti e quattro i simboli furono attivati, l'intero scudo cominciò a emettere un lieve chiarore azzurro. 

Seishuu sibilò un'imprecazione e fece scattare il braccio. Rayen alzò prontamente il tachi di fronte a sé, e attorno alla sua lama si serrò la frusta cremisi di Fukuroumaru. 

Le iridi dello Shinigami dardeggiarono. « Non so che accidenti sia quella cosa, ma puoi star certa che ti impedirò di usarla. » Fiamme rosse divamparono lungo la frusta, minacciando di sciogliere la lama della spada.  

« Al azar* » scandì Rayen. La lancetta al centro dello scudo prese a girare all’impazzata, ma pochi istanti dopo si bloccò, paralizzandosi di colpo, indicando la leonessa. La Fuerza.

La ragazza sentì la propria reiatsu muoversi per conto suo, come dotata di vita propria: fuori dal suo controllo, l'energia fluì nel tachi e lo avviluppò come un fuoco azzurro. Spada e frusta erano ancora avvinghiate, ma a ogni secondo che passava le fiamme azzurre si facevano sempre più alte e brillanti, mentre quelle rosse di Seishuu iniziavano lentamente ad estinguersi. 

Con un ringhio di frustrazione, Seishuu torse il polso, e la frusta schioccò di nuovo al suo fianco. 

Dietro l'elmo, Rayen sorrise. Era il talento unico di Trèbol. Ciascun simbolo rappresentava un'abilità diversa; una volta che tutti e quattro erano accesi, la freccia al centro dello scudo ne puntava uno a caso, attivando il potere corrispondente. L'unico trascurabile, insignificante, piccolissimo problema era che Rayen non aveva la minima idea di quale delle quattro si sarebbe innescata: era una scelta guidata dalla Fortuna, dalla casualità più assoluta. Tra i simboli, comunque, quello della Fuerza era forse il suo preferito: era il potere di assorbire la reiatsu altrui e infonderla nella propria arma, indebolendo il nemico e potenziando se stessa allo stesso tempo. 

« Che ti prende, Shinigami? » chiese Rayen con una nota canzonatoria. « Dov'è sparito tutto il coraggio di prima? Non vorrai mica farti mettere i piedi in testa da una fanciulla indifesa? »

Le orecchie di Seishuu s'imporporarono. « Voglio vedere quanto riderai, dopo che ti avrò tagliato via quella maledetta lingua! »

« Vieni a prendermi, allora. Prima che ti prenda io. »

L'Arrancar svanì nel nulla, per poi ricomparire proprio alle spalle di Seishuu. Il suo sonido, già piuttosto veloce prima, con la trasformazione s'era affinato ancora di più. Seishuu non fece in tempo a voltarsi che un calcio fulmineo lo colpì in piena faccia, spedendolo parecchi metri più in basso; l'uomo si riprese, giusto in tempo per evitare di andare a schiantarsi contro un tetto, e rispose con una rapida frustata. Anziché schivarla, Rayen si gettò contro l'arma nemica; subito prima di essere colpita, spazzò l'aria con la spada. Il fuoco blu tornò a divorare quello rosso mentre la lama del tachi tranciava di netto la frusta, lasciandola cadere nel vuoto come il corpo di un serpente decapitato. Un suono acutissimo e raggelante echeggiò nella testa di Rayen, come se la Zanpakuto spezzata stesse urlando la sua agonia. 

« Fukuroumaru! » Seishuu imprecò e mise da parte il moncherino di frusta. Tese il palmo aperto verso Rayen. « Kido numero 56… »

« Cero! »

I due raggi d’energia s’incontrarono a metà strada, esplodendo con un sonoro boato. La forza dell'impatto gettò indietro i capelli di Rayen e le fece frusciare le vesti. Con un altro sonido, la ragazza guizzò alle spalle di Seishuu e lo colpì con un fendente, squarciandogli la schiena. Un lampo di sangue schizzò i vestiti neri dello Shinigami. 

« Bastarda! » ringhiò Seishuu, girandosi di scatto.

Le tirò un pugno, ma dovette ritrarre la mano con un urlo di dolore: la ragazza si era spostata quel tanto che bastava perché le nocche dell'uomo andassero a sbattere contro le affilatissime spine che le proteggevano la spalla. Prima che Seishuu potesse tentare un altro attacco, Rayen lo infilzò all’addome, trapassandolo da parte a parte. L'ululato dello Shinigami le rimbombò nelle orecchie, per poi spegnersi con un roco gorgoglio. 

La ragazza fissò gli occhi del nemico fino a quando questi non persero ogni luce, poi liberò la spada. Seishuu precipitò verso terra, le vesti nere che gli palpitavano attorno come un sudario insanguinato. Rayen aspettò fino a quando le ombre non lo inghiottirono. 

« Oggi non era la tua giornata fortunata, Shinigami » commentò al vuoto.

Inspirò a fondo. Non era stata una battaglia particolarmente dura. Poteva andare avanti. 

La ragazza tese di nuovo i tentacoli della sua mente, in cerca di un nuovo avversario, ma di colpo una fitta di dolore le trafisse la testa. Una miriade di puntini rossi le riempì gli occhi come una colata di sangue vivo, mentre intorno a lei cielo e terra cominciavano progressivamente a scambiarsi di posto. Il buio della notte scoppiò in mille colori psichedelici. 

« Oh, ti prego, non adesso » mugolò Rayen. Con gli ultimi brandelli di volontà che le rimanevano cercò di raggiungere il tetto più vicino, ma non ne ebbe il tempo: il tachi sfuggì dalle dita tremanti e cadde da qualche parte nelle tenebre. Estraniata, lei si sentì cadere a sua volta (con la spada, con Seishuu, con tutti i sogni e i demoni e le speranze perdute), precipitando negli abissi del nulla come una marionetta dai fili recisi. E un nuovo Focus le inondò la mente. 

*


Un ragazzo vestito di nero, uno Shinigami. È inginocchiato davanti a lei, le mani inchiodate a terra da una spada. La guarda con gli occhi spalancati, ma non sembra spaventato, solo sinceramente stupefatto. Lei, avvolta nella sua Resurreciòn, invoca i poteri della propria Zanpakuto. Il suo attacco però non è rivolto allo Shinigami, bensì a qualcun altro, una sagoma alta che si muove nelle tenebre... 

« Fie, togliti di mezzo! »

 « Rayen. »

Una gentile folata di vento le accarezzò il viso. Per un momento, Rayen rimase immobile, ancora assorta nel Focus, poi la voce di poco prima la chiamò di nuovo, stavolta con una nota minacciosa: « Rayen Fie Oneiron, svegliati. »

Era una voce maschile e stranamente familiare, ma in quel momento la ragazza era troppo stordita per poterla collegare a una faccia. Lentamente, lottando contro le palpebre pesanti come macigni, riuscì ad aprire gli occhi e a posarli sulla persona accanto a sé… e subito desiderò che Seishuu l'avesse uccisa. 

Lo sguardo che incrociò il suo era verde e glaciale, incastonato in un viso bianco come il gesso. 

« U-Ulquiorra-sama » farfugliò Rayen.

Con orrore crescente, realizzò di essere stretta a lui: un braccio dell'Espada le sorreggeva la schiena e l'altro la sosteneva sotto le ginocchia. Rayen dovette imporsi un rigido autocontrollo per non sobbalzare come un coniglio spaventato. Ulquiorra la lasciò andare, squadrandola con aperto disprezzo. 

« Cos'è successo? » balbettò Rayen, spaesata. Fece mente locale: l'assurda missione nel mondo umano, lo scintillio delle aure degli altri Fracciòn, la voce secca e graffiante di Grimmjow... 

Le pupille di Rayen si dilatarono.

Grimmjow.

Di colpo si sentì lucidissima, come se qualcuno le avesse schiaffato in faccia una secchiata d’acqua gelida. 

« Grimmjow, Shawlong, gli altri… stanno bene? » chiese, allarmata. 

« Fossi in te, adesso mi preoccuperei della tua situazione, che è già abbastanza critica » ribatté Ulquiorra. « E non farti l’idea sbagliata, Fracciòn, non ti ho soccorsa per farti un favore. Semplicemente, Aizen-sama avrebbe potuto non approvare il fatto che la sua unica veggente si fosse sfracellata in modo tanto stupido. »

Rayen affondò le unghie nelle mani. Nel farlo, notò distrattamente che la Resurreciòn si era ritirata dal suo corpo. 

« Grimmjow non può essere morto » disse, più a se stessa che ad Ulquiorra. « Non può, cavolo, è la Sexta Espada. E anche gli altri ragazzi sono forti, idioti ma forti... »

L’altro Arrancar le lanciò un’occhiata obliqua. « Jaeguerjacquez è l’unico sopravvissuto, a parte te. Tutti i tuoi spregevoli compagni sono stati annientati dal Gotei 13. »

« Come sarebbe a dire, annientati? » Il cuore di Rayen ebbe un sussulto. « No, non è possibile… »

Ulquiorra stese con calma una mano dietro di sé, e  un Garganta cominciò a dilaniare il cielo. « Evidentemente sì, è possibile. Andiamo, Aizen-sama deciderà come punire la vostra sciocca insubordinazione. »   

 

************************

Sixy: peperepepepè! Due aggiornamenti in meno di una settimana, mi sento potente! ^O^
Rayen: hai poco da pavoneggiarti, tu che non mandavi avanti la storia da trent'anni -.-
Sixy: *occhioni da gatto con gli stivali* okay, avete ragione... mi dispiace!! Il calo d'ispirazione è una brutta bestia ç.ç  comunque prometto aggiornamenti più frequenti in futuro!
Rayen: anche perché meno frequenti è tosta...
Sixy: *padellata in testa a Rayen* silence u.u

*Piccola nota!
Dal momento che il mio inconscio sembra nutrire un vero e proprio ribrezzo verso tutto ciò che è facile e comprensibile, spiegherò in breve come funziona Trèbol, dato che non sono sicura di essere stata molto chiara. 
Il primo comando, quello che rilascia, è "Erabe, Trèbol" (scegli, Trèbol). A questo punto avviene la Resurreciòn, ma a parte un rafforzamento generale Rayen non ha alcuna abilità particolare. Quello che 'sblocca' effettivamente il suo potenziale è il rituale successivo: Rayen tocca e chiama per nome i quattro simboli presenti sullo scudo (ciascuno dei quali, ricordo, rappresenta un tipo di abilità) e così facendo li attiva, rendendoli disponibili per il passaggio successivo. 
Dopo l'attivazione, il comando seguente è "Al azar" (A caso); la freccia che si trova sullo scudo comincia a girare e si ferma a caso su uno dei quattro simboli, innescando l'abilità rappresentata dal simbolo in questione. Se i simboli non sono stati tutti attivati, Al azar non funziona. 

Per la cronaca, i nomi dei simboli - Fuerza, Templanza, Justicia e Arcano Sin Nombre - significano rispettivamente Forza (you don't say?), Temperanza, Giustizia e Arcano Senza Nome e sono ripescati dai nomi dei tarocchi. 



 

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Capitolo 8
*** Shortcut to darkness. ***


VIII. Shortcut to darkness

Rayen si accoccolò nel suo futon, tirandosi la coperta fin sopra la testa. Da quando Ulquiorra l'aveva riportata a Las Noches, non aveva fatto altro che aspettare, aspettare e aspettare, segregata nella propria stanza, senza poter uscire né ricevere visite. Tra parentesi, cominciava pure ad avere fame. 

Grimmjow è un Espada, pensò, rigirandosi su se stessa. È anche un idiota e una testa calda, ma essenzialmente è un Espada, Aizen può ancora servirsene. Non credo che lo uccideranno

Probabilmente Aizen non avrebbe giustiziato nemmeno lei. Era chiaro che per il momento la voleva viva - altrimenti non avrebbe mandato Ulquiorra a prenderla - ma non certo per la sua bella presenza, né per il suo incrollabile senso di lealtà e devozione verso lo Shinigami. Qualche tempo prima, Szayel Aporro Grantz aveva accennato a un certo interesse di Aizen nei suoi confronti. Probabilmente il Capitano traditore aveva in serbo dei progetti per lei, progetti di cui Rayen non era sicura di voler far parte.

Chissà cosa penserebbe Indar di tutta la situazione, pensò tetramente la ragazza. Magari si vergognerebbe di me. O andrebbe su tutte le furie. Ci pensò su
. No, Indar si farebbe una bella risata, e basta

La constatazione la tranquillizzò. Per un assurdo istante, ebbe l'impressione che Indar fosse disteso accanto a lei e le stesse accarezzando i capelli, come faceva tutte le volte che lei era agitata. 

Non se n'era andato davvero. Tutto quello che avevano condiviso era ancora dentro di lei. Fino a quando Rayen avesse conservato il suo ricordo, Indar avrebbe continuato a esistere. 

La giovane si tirò su, scostandosi le coperte di dosso. Doveva distrarsi. 

Non amava leggere, ma la sua stanza conteneva comunque una quantità spropositata di carta. Questo perché Rayen aveva una grande passione: comporre origami. La aiutava a rilassarsi e a liberare la testa dai pensieri funesti. Pescò un foglio dal cassetto di un mobile. Le sue dita si mossero automaticamente, iniziando a delineare una piegatura a valle. 

Ma quel giorno non era destinata ad avere pace. 

Prima ancora di riuscire a comporre una semplicissima gru, un tonfo pesante risuonò fuori dalla porta. Rayen sussultò. Il suo pensiero volò a Tousen, o a Ulquiorra, o a qualche Arrancar minore venuto a comunicarle ufficialmente che stava per essere sbattuta a marcire in qualche cella, o usata come cavia per la droga sarcofaga di Grantz. 
Sentendosi come una condannata a morte che cammina verso il patibolo, la ragazza si diresse verso la porta e l’aprì con cautela… e quasi fece un balzo indietro quando si ritrovò davanti a una figura alta e coperta di sangue, vistosamente priva del braccio sinistro.

« Grimmjow? » esclamò, stupefatta. « Che diavolo ti è successo? »

« Quel bastardo di Tousen, ecco cos’è successo » ringhiò Grimmjow, premendosi l’unica mano rimasta contro il ruscello di sangue che gli inzuppava il fianco. « Spicciati, Fie, fatti da parte. »

« Ma non potevi semplicemente andare in infermeria? Io non so curare con la reiatsu! »

« E chi ti ha detto di curarmi? Togliti dai piedi e basta! »

Con un sonido, Grimmjow si spostò sul soppalco della stanza e prese a stappare larghe strisce di tessuto dal futon, per poi schiacciarle goffamente contro il moncherino del braccio per fermare l'emorragia. Non si lasciava scappare un lamento, ma teneva le labbra arricciate, come in un ringhio silenzioso. Rayen corse al suo fianco. Ignorando l'occhiataccia dell'Espada, afferrò alcune delle fasce improvvisate e iniziò a bendargli il moncherino, facendo scorrere le strisce intorno al torace e fissandole saldamente in un nodo. La stoffa non era disinfettata, ma quantomeno era pulita. Perché diavolo quella testa di rapa dai capelli azzurri non fosse andato in infermeria, come tutte le persone normali, restava un mistero.  

La ragazza gli esaminò la spalla. Non era un medico, ma non ci voleva una laurea per capire che era messa davvero male. Il taglio di Tousen era stato netto, quasi chirurgico. Se l'emorragia non fosse stata bloccata per tempo, Grimmjow sarebbe morto dissanguato. Guardando i bendaggi già scuriti dal sangue, Rayen si sentì invadere dalla rabbia. 

« Perché Aizen lo ha permesso? » sbottò, furiosa. « Insomma, tu sei un Espada, no? La Sexta Espada, uno dei suoi pezzi grossi! Perché ti ha fatto questo? »

« Perché è il peggiore bastardo mai capitato a Hueco Mundo » ribatté Grimmjow. « E comunque ti sbagli, Fie, io non più la Sexta Espada. »

Con un gesto secco sollevò i resti sbrindellati della giacca. Nella parte inferiore della schiena, al posto del suo orgoglioso tatuaggio a forma di 6, era rimasta solo una brutta abrasione insanguinata. Con una stretta allo stomaco, Rayen notò che attorno a essa biancheggiavano numerosi segni di unghiate.  

« Te l’hanno cancellata… » Le si affievolì la voce. 

« Vedi di evitare tante lagne per un graffietto, va bene? » Grimmjow riabbassò i lembi della giacca. « La tua stupida pietà è l’ultima cosa di cui ho bisogno. Preoccupati piuttosto della tua di punizione. »

« Ah, giusto. » Nella frenesia del momento, Rayen se n’era quasi dimenticata. « Immagino che Aizen voglia mutilarmi le gambe e relegarmi da qualche parte. O forse un bel giorno si renderà conto che non gli servo più e mi farà uccidere. »

« Sì, ti piacerebbe. »

Lei inarcò un sopracciglio.

« Ti piacerebbe » ripeté Grimmjow in tono duro. « E invece quello scarto di Shinigami ha stabilito diversamente. Avanti, piccola idiota, spremiti le meningi e fa’ un minimo sforzo d’immaginazione: io non sono più un Espada, perciò non  ho più il diritto né di portare il tatuaggio della Sexta né di avere una Fracciòn… e indovina un po’ chi ti ha reclamato al mio posto? »

Lo stomaco di Rayen ebbe una strana contrazione. La verità, viscida e velenosa, si fece largo nel suo cervello come un rivolo di acido nitrico. 

« Non lui » articolò. « Ti prego, dimmi non Nnoitra Jilga! »

 

************************

Sixy: che capitolo stringato o.o
Rayen: e ti meravigli? Sei tu a scrivere -.- tra parentesi, che diavolo ti salta in mente, stupida idiota?? Mi hai affibbiato a Nnoitra!
*salta addosso a Sixy e volano calci, pugni, tirate di capelli, spinte, graffi e chi più ne ha più ne metta*
*nel frattempo, Szayel scende con grazia dall'alto su un'altalena adorna di rose*
Szayel: mentre le signore discutono, ne approfitto per commentare il capitolo ^^ personalmente trovo affascinante il grado di pazzia dell'autrice, ma...
Sixy: ehi! *schiva un cazzotto e rotola verso Aporro* io non sono pazza! Sono 'diversamente intelligente' u.u
Rayen: aspetta che mi capiti fra le mani e sarà anche 'diversamente sana'! ò.ò
*Sixy e Rayen riprendono ad azzuffarsi*
Szayel: ehm ehm... comunque, l'autrice si augura che abbiate gradito il capitolo, nonostante la sua brevità, e giura solennemente che una recensioncina in più non la ucciderà, anche solo per sapere se vi piace la piega presa dalla storia o no. 
Rayen: peccato che non la uccidano, sennò la riempirei di recensioni -.-

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Capitolo 9
*** Masquerade of fear. ***


IX. Masquerade of fear


Come successiva Sexta Espada era stato scelto Luppi Antenor, un Arrancar mingherlino e dai modi effeminati. Rayen avrebbe preferito di gran lunga diventare la sua Fracciòn - oddio, se per quello avrebbe preferito anche diventare l'addetta delle pulizie di tutti i bagni pubblici di Las Noches, pur di non finire al servizio di Nnoitra. Era evidente che Aizen aveva trovato la punizione ideale: mutilando Grimmjow lo aveva colpito nel rango, nella forza e nell'orgoglio allo stesso tempo, e affibbiando Rayen a Nnoitra s'era assicurato di realizzare una delle più intime paure della ragazza. Se c'era una cosa che lo Shinigami amava, era giocare con i suoi Arrancar, far capire loro chi comanda, sentire la piena portata del potere che esercitava su di loro. Si divertiva a tirare i fili, Aizen, e a vedere i burattini muoversi. 

*

Rayen sfiorò con circospezione il piccolo tatuaggio a forma di 5 che le marchiava il polso. Premendo le dita su di esso si aveva l’impressione di sentire un lieve pulsare, come un falso battito cardiaco. Tesla, l'unico altro Fracciòn di Nnoitra, le aveva chiesto di incontrarsi con lui nei cortili d'addestramento, nel cuore di Las Noches, e non appena si erano visti aveva insistito per tracciarle quell'insolito simbolo di reiatsu. Lei all'inizio era stata tutt'altro che entusiasta, ma gli aveva subito porto il braccio non appena Tesla aveva precisato che, se non l'avesse fatto lui, l'avrebbe fatto l'Espada in persona. 

« A cosa serve? » chiese la ragazza con una certa diffidenza. 

« Questo è il Contacto » spiegò Tesla, togliendosi il guanto sinistro e mostrandole un 5 identico al suo. « È un metodo rapido ed efficace per convocare i propri Fracciònes. Quando Nnoitra-sama vorrà comandarci qualcosa, sentirai il Contacto bruciare e saprai che lui ti vuole a sé. All'occorrenza, può anche usarlo come canale di comunicazione. »

« Oh, quale gioia. »

« Nnoitra-sama è un padrone che non si pone molti scrupoli » ammise l'altro. « Ma è anche un grande leader e un potente Espada. Dovresti essere orgogliosa di trovarti al suo fianco... io lo sono. »

Rayen si tirò su i guanti, in modo da non dover più vedere il tatuaggio. « Lo ammiri davvero così tanto, Tesla? »

« Puoi giurarci. Più di qualunque altro Arrancar al mondo, perfino più della Primera Espada. »

La convinzione con cui lo disse impressionò la ragazza. Verso Nnoitra, capì, Tesla non nutriva solo stima e rispetto, ma una sincera e purissima venerazione. 

Il biondo le posò una mano sulla spalla.
« Mi dispiace per quello che è successo a Oroitz-sama. Se il Cacciatore d’Anime avesse ucciso Nnoitra-sama, io non avrei davvero saputo cosa fare. Se mi permetti un parere, comunque, secondo me è stato imprudente da parte di Aizen-sama assegnarti a una testa calda come Jaeguerjacquez: la sua sconsideratezza ha messo a repentaglio la sua vita e quella di tutti i suoi Fracciòn, inclusa la tua. Sono contento che tu finalmente sia finita sotto la guida di un Espada degno di questo nome. »

Rayen abbassò lo sguardo. In effetti, era la terza volta in meno di un mese che veniva sbolognata da un Espada all’altro. Le prime voci maligne, per quanto flebili, cominciavano a circolare: ai livelli più bassi di Las Noches si chiacchierava già del Diciassettesimo Nùmero, una ragazzina dall'aria innocua che attirava la sventura su chiunque la inserisse nella propria Fracciòn. Normalmente, Rayen non si curava granché dei pettegolezzi, ma le strane occhiate che tutti le rivolgevano iniziavano a infastidirla. 

« Posso lasciare la mia stanza dov’è, o mi devo trasferire? » chiese, cambiando discorso.

« Credo che tu possa rimanere dove sei » rispose Tesla. « A Nnoitra-sama non importa molto di dove siano i suoi Fracciònes, a patto che siano pronti a scattare al suo comando non appena li chiama. »

*

Nei giorni seguenti, Rayen cercò di essere più ottimista e di guardare Nnoitra secondo la prospettiva di Tesla, ma si rivelò quasi subito uno sforzo inutile. Benché lei di solito fosse tutt'altro che timida, la paura e il disgusto che l'Espada le ispirava erano così forti che molto spesso finiva per tapparsi in camera, oppure per darsela a gambe non appena  la Quinta Espada entrava nel suo campo sensoriale. 

Certe volte, però, evitarlo era impossibile. 

Nei rari momenti in cui non s'allenava, non trucidava Hollow minori e non correva dietro a tutte le gonne che gli passavano davanti, Nnoitra aveva la pessima abitudine di abbassare a zero la propria reiatsu, rendendosi invisibile a qualunque ricerca spirituale. Di rado Rayen sapeva dove fosse o cosa stesse facendo. La ragazza provò a ricorrere al suo stesso sistema e mascherare la propria aura, ma Nnoitra doveva avere una percezione più fine della sua, perché almeno un paio di volte al giorno si materializzava negli stessi corridoi in cui si trovava lei, senza mai mancare di rivolgerle uno dei suoi sorrisi viscidi. Considerata la grandezza di Las Noches, era difficile credere che tutti quegli incontri fossero dovuti al caso. Nnoitra non le parlava, non la minacciava, non accennava a muoversi o a toccarla: si limitava a guardarla, silenzioso e sorridente, e quel comportamento ambiguo mandava in pezzi i nervi di Rayen, già abbastanza fragili per conto loro. 


Finché una volta Nnoitra non la fermò. 

Rayen stava camminando in uno dei gelidi corridoi secondari, diretta verso il refettorio, con la mezza idea di mettere qualcosa sotto i denti prima di riprendere l'allenamento. Nnoitra, come sempre, era appoggiato a braccia conserte contro la parete, la mano destra chiusa intorno alla sua bizzarra falce a quattro lame. La ragazza finse di non vederlo e fece per superarlo, ma lui con un rapido scatto del polso affisse l'arma contro il muro, a meno di cinque centimetri dalla spalla della Fracciòn. Per un momento, l'unico suono fu il ronzio dell'asta che vibrava, poi Rayen strinse i pugni e alzò gli occhi.

« Sì, Nnoitra-sama? » chiese, nascondendo il timore dietro l’irritazione.

Nnoitra strappò la falce dal muro e si curvò verso di lei con un sogghigno. « Ti trovo in ottima forma, Rayen. Che cazzo, ultimamente sembri quasi una femmina. »

« L’ultima volta che ho controllato ero una ragazza, sì. »

« E lo sei sempre stata? Prima avevo qualche dubbio... » Nnoitra la percorse rapidamente con lo sguardo. « Ma quella spada non ti dona affatto.  Solo un tipo di spada si confà alle femmine, e ti garantisco che non è quella. »

« Ma davvero… » Lei arricciò le labbra.

« Fidati, ho una certa esperienza a riguardo. » Il sogghigno di Nnoitra si allargò. « Potrei insegnarti qualcosa, su questo genere di battaglia. Sei sempre così rigida, Rayen, nemmeno avessi una scopa su per il culo. Ci vuole qualcuno che ti aiuti a scioglierti. »

Rayen indietreggiò. « Sto benissimo così, grazie per la proposta. »

« Non era una proposta. »

La ragazza lo fissò. Sorridendo, Nnoitra ricambiò il suo sguardo.

Scattarono nello stesso istante.

Rayen si slanciò in avanti con un sonido, ma Nnoitra le si materializzò mulinando la falce. La Fracciòn si tuffò a terra e la schivò per un soffio. Il fischio dell'acciaio le riempì le orecchie. Rayen rotolò sul pavimento, si rialzò e provò ancora a scattare verso il refettorio, e di nuovo Nnoitra la intercettò. Il corridoio era troppo stretto per permettergli di usare agevolmente la falce, ma non ce n’era bisogno: per quanto Rayen fosse veloce, Nnoitra lo era di più, dannatamente di più. Ogni volta che lei pensava di averlo fregato, lui le compariva davanti, e la lama di Trèbol rimbalzava innocua sullo hierro che gli ferrava la pelle.

All’ennesimo tentativo di fuga, Rayen lo colpì con un fendente. Nnoitra si limitò ad afferrare la punta della spada tra le dita, come se fosse stata di gommapiuma.

« Tutto qui? » chiese in tono volutamente annoiato. « Mi deludi, Rayen, francamente pensavo che ci fosse qualcosa di più dietro quella tua facciata da puttanella trepidante. »

Frustrata, Rayen cercò senza successo di disimpegnare la spada. Nnoitra rise sguaiatamente e calò la pesante falce su di lei. La ragazza la evitò, lasciando temporaneamente la presa sulla sua Zanpakuto, dopodichè balzò sopra il manico della falce e strappò la propria spada dalle mani di Nnoitra. L’Espada le lasciò prendere Trèbol senza opporre la minima resistenza.

« Stupida… »

Nnoitra sorrise, poi di colpo sparì. Rayen si fermò, guardandosi ansiosamente attorno, con la spada in pugno e il cuore che le batteva all'impazzata. All'improvviso colse un'ombra con la coda dell'occhio, ma non riuscì a muoversi di mezzo centimetro che quattro lunghe dita simili a zampe di ragno le afferrarono la nuca, stringendole dolorosamente i capelli. 

« Checché ne pensino quella troietta di Harribel e le sue ridicole Fracciònes, il posto di una femmina non è in guerra. »

Con uno strattone, Nnoitra la tirò su e la sbatté contro il muro, mozzandole il fiato in gola. Rayen annaspò e ricacciò rabbiosamente indietro le lacrime. L’Espada rise e conficcò la falce a terra, poi appoggiò la mano libera sulla spalla della ragazza e la serrò con tanta forza da farle male. 

« Ti piace? » Le indirizzò un sorriso osceno.

Rayen si morse l’interno della guancia.

« Perfetto, allora possiamo procedere. »

La mano di Nnoitra scorse pigramente lungo il corpo della Fracciòn, soffermandosi sul suo seno prima di scivolare lungo il fianco slanciato, fino a fermarla sulle natiche. Rayen strinse i denti e gli sferrò un pugno contro lo sterno, ma ottenne solo di farsi male da sola. Il respiro rovente dell’Espada le bruciò il collo mentre Nnoitra le appoggiava la mascella contro il lobo dell’orecchio, mordicchiandolo.

Una vampa di puro disgusto incendiò Rayen.

Brandendo Trèbol quasi alla cieca, di nuovo tentò di ferire il suo aguzzino. L'umiliazione e la rabbia le infusero nuova forza, e stavolta un microscopico puntino rosso sangue apparve nella divisa immacolata di Nnoitra.

« Siamo testardi, vedo… » Una smorfia sconcia deturpò la bocca dell'Espada. « Jaeguerjacquez non ha mai capito un cazzo in fatto di donne, ma puoi credermi se ti dico che non tutti gli Arrancar sono come lui! »

Fece per strapparle la maglia, ma per una buona volta Rayen si mostrò più rapida.

« Erabe, Trèbol! »

Una nube azzurrina offuscò l’aria. Nnoitra liberò di scatto Rayen dalla sua presa. Il tachi della ragazza fendette il punto in cui le lunghe dita dell’Espada si erano trovate fino a un decimo di secondo prima.

Rayen si allontanò da lui a piccoli balzi di sonido, senza mai dargli la schiena. Anche se Rilasciata, non aveva alcuna possibilità di tener testa all'Espada: doveva tagliare la corda, subito.

Nnoitra sparì di nuovo dalla sua vista, e Rayen si fermò, stringendo forte l'elsa del suo tachi. In quella situazione, la Resurreciòn era la sua unica amica: nessuno avrebbe mai alzato un dito per lei, non contro Nnoitra. Ma sarebbe già stato positivo che ci fosse, un qualcuno: e invece, proprio come voleva la legge di Murphy, esattamente al momento cruciale in giro non si vedeva nessuno, nemmeno Tesla, che di solito seguiva Nnoitra come un fedele cagnolino.  

Sembrava che in quell’ala di Las Noches ci fossero solo loro due.

Uno spostamento d'aria quasi impercettibile le giunse alle orecchie, e Rayen girò su se stessa, ponendo di piatto Trèbol; la pesante arma di Nnoitra s'abbatté contro la lama della spada. 

« Ha! Vuoi giocare, ragazzina? » Nnoitra si passò la lingua sulle labbra sottili. « Giochiamo, allora. »

Rayen fece un salto indietro e sfiorò in rapida successione i quattro simboli impressi sullo scudo.

« Templanza, Fuerza, Justicia, Arcano Sin Nombre! » Il solito quadrato di reiatsu illuminò il quadrifoglio come un fuoco azzurro. « Al azar! »

Al contrario di Seishuu Hibiki, lo Shinigami di Karakura, Nnoitra non diede il minimo segno di volerla interrompere. Anzi, il suo unico occhio buono si accese d'interesse. 

Rayen si focalizzò sulla lancetta al centro dello scudo: pulsava in tutta la sua argentata sottigliezza, indicando la bilancia. La Justicia.

La ragazza sollevò il tachi, rivolgendolo verso Nnoitra come se avesse avuto intenzione di impalarlo. La punta dell’arma si accese di un vago scintillio statico. Nnoitra non si mosse. 

« Cero de la Justicia » sibilò Rayen, e un violento Cero blu zaffiro esplose di fronte a lei. Il raggio sfrecciò verso Nnoitra, sfrigolando rabbiosamente, ma quasi subito si scontrò a mezz’aria con un altro Cero, quest’ultimo ambrato. Un’assordante detonazione rimbombò nel corridoio, mentre pezzi di calce e di muro si staccavano e rotolavano sul pavimento candido.

Un brivido attraversò la spina dorsale di Rayen. La forza del Cero de la Justicia attingeva all'intensità delle sue emozioni, e lei non ricordava di essersi sentita più spaventata di così. Non aveva mai generato un Cero così potente prima d'ora, era stato uno dei suoi attacchi migliori di sempre. E Nnoitra l’aveva bloccato con un semplice Cero, senza neppure usare la sua Resurreciòn.

Quando gli ultimi rivoli di fumo causati dall’esplosione si dissiparono, Rayen localizzò Nnoira. Era dall’altra parte del corridoio, a una decina scarsa di metri da lei. Sorrideva, tanto per cambiare. A parte il piccolissimo puntino rosso sul torace, sembrava perfettamente indenne.

La ragazza si sentì morire. Se una minima parte di lei aveva davvero sperato di scappare, adesso anche quell’ultima parte stava per dare forfait.

 

************************

*Altra licenza poetica... sono stufa di dire 'spostarsi con un sonido' o 'muoversi con un sonido', anche perché i verbi troppo lunghi rallentano significativamente la frase, quando invece dovrebbe trattarsi di un'azione veloce e immediata. Da qui in poi, il mio modo per dire 'usare il sonido' è trasvolare. Avete presente quando sembra che un personaggio si teletrasporti da quanto è veloce? Ecco, per me quello è il trasvolo. L'aveva già usato qualche autore prima, mi sembra Allibis?

*Rayen si rannicchia in un angolino*
Rayen: ... io la odio quella ragazza... la odio dal profondo del cuore... 
Sixy *le batte qualche pacca amorevole sulla schiena*: su, su, poteva andarti peggio ^.^ frugando nel fandom inglese di Bleach sono saltate fuori delle storie allucinanti, non hai idea di quanti usi può fare Aaroniero di quei tentacoli!
Rayen: ma non m'interessa!! ç.ç

P.S.
Sì, il Contacto è leggermente ispirato al Marchio Nero di Voldemort XD

Coretto di vocine Hollow: Enciclopedia Arrancar!
*si alza il sipario, rivelando Ichimaru Gin seduto davanti a uno schermo*
Gin: buonasera! ^.^ oggi parleremo della Resurreciòn di Rayen Fie Oneiron, la protagonista di Aku no Hana
*sullo schermo lampeggia una gigantografia di Rayen rilasciata*
Gin: la Zanpakuto di Rayen si chiama Trèbol e il comando per rilasciarla è erabe, ossia 'fai la tua scelta'. Quando entra in fase di Resurreciòn, tutte le statistiche generali di Rayen aumentano considerevolmente, con un particolare rilievo alla forza d'attacco e alla velocità di reazione! Ma la vera particolarità di questa Zanpakuto risiede nello scudo di Rayen...
*zoom sullo scudo*
Gin: sì, quella cosa simile a un quadrifoglio legata al suo braccio. Come potete vedere, al centro c'è una lancetta che s'attiva al comando Al azar, "A caso"Ogni volta che comincia a girare, la freccia finisce per indicare in modo assolutamente casuale uno dei quattro simboli collocati sullo scudo, ciascuno dei quali sblocca un'abilità ben precisa!
*zoom sulla leonessa*
Gin: la leonessa è il simbolo della Fuerza, la Forza. La spada di Rayen si ricopre di fiamme azzurre, che assorbono tutta la reiatsu con cui entrano in contatto e la convertono in nuova energia. In altre parole, è una tecnica che risucchia la forza del nemico e al tempo stesso rafforza Rayen! Più reiatsu possiede un nemico, più devastanti diventano gli attacchi della nostra Arrancar. Comodo, eh?
*zoom sulla bilancia*
Gin: la bilancia rappresenta la Justicia, la Giustizia. Permette di eseguire il Cero de la Justicia, una versione alternativa del Cero che risulta più o meno intensa a seconda dello stato emotivo di Rayen. La forza delle sue emozioni è direttamente proporzionale alla potenza del Cero. Ma se Rayen provasse a usarlo quando è annoiata, o depressa? Uhm.
*zoom sul calice*
Gin: il calice indica la Templanza, la Temperanza. Quando s'attiva, permette a Rayen di evocare l'Escudo Templado, una barriera fatta di pura energia! Eh, si direbbe essere l'unica delle sue abilità ad avere uno scopo prettamente difensivo. Non l'abbiamo ancora visto in azione, però...
*zoom sul filo bianco*
Gin: ed ecco l'ultimo simbolo, l'Arcano Sin Nombre, l'Arcano Senza Nome! Il simbolo più potente e misterioso di tutti, e anche quello con l'effetto più interessante! Serve a...
*il sipario cala di botto, seppellendo Gin e il suo schermo*
Rayen: taci! u.u basta spoiler!

 

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Capitolo 10
*** Guardian angel. ***


X. Guardian angel


Il sorriso da squalo non accennava ad abbandonare le labbra di Nnoitra. Rayen studiava il nemico, in silenzio, senza capire fino a che punto fosse disposto a spingersi. Aizen la voleva viva, quindi forse non l'avrebbe uccisa, ma d'altro canto erano tante le cose peggiori della morte, bastava avere un minimo d'immaginazione. E Nnoitra in quel campo poteva essere fin troppo fantasioso. 

Con orrore, Rayen si rese conto di stare lentamente cedendo al panico. 

Okay, adesso stai calma e respira. Respira. La voce piena e sicura di Indar Oroitz le risuonò nella testa. Rayen s'aggrappò disperatamente al suo ricordo. Sei spaventata, vero? Ma va bene aver paura, non c'è alcun bisogno di vergognarsi. L'importante è che quella paura non si trasformi in terrore. Mantieni la calma e osserva il tuo avversario, cerca il suo punto debole. 

Sempre che Nnoitra ce l'avesse, un punto debole. 

Lo scudo palpitava debolmente: avrebbe impiegato qualche minuto a ricaricare energia sufficiente per un altro giro di Al azar, ma questo Nnoitra non poteva saperlo. Rayen doveva distrarlo abbastanza a lungo da permettere alla Resurreciòn di ripristinare la sua reiatsu, e poi pregare che il simbolo successivo fosse l’Arcano Sin Nombre. A dire la verità, non l'aveva mai provato prima d'ora - in più di cinquant'anni non era uscito nemmeno una volta - ma sperava con tutta se stessa che fosse una qualche abilità straordinaria che si sbloccava solo in caso di assoluta necessità. Di solito era così che funzionava nelle storie, no? 

Maledizione, questo stupido filo bianco non può essere solo decorativo!

« Che c'è, hai finito la tua scorta di trucchetti? Beh, se tutti i Fracciònes di Jaeguerjacquez avevano una Resurreciòn scarsa come la tua, c’è poco da stupirsi che un branco di Shinigami li abbia fatti fuori » la derise Nnoitra. 

Devo farlo parlare il più possibile, decise Rayen. Cercando disperatamente di apparire tranquilla e padrona di sé, s'appoggiò al tachi e fissò l'Espada. 

« E tu che ne sai, di com'erano gli Shinigami di Karakura? » chiese, in quello che sperava fosse un tono disinvolto. « Se i membri della Soul Society fossero così facili da uccidere, allora non sarebbero la minaccia principale di Las Noches, non credi? Nessun Arrancar può permettersi il lusso di screditare le vette del Gotei 13. »

« Nessuna Fracciòn, vorrai dire. Su dieci Espada, mi sembra che solo quegli idioti di Rialgo e di Jaeguerjacquez abbiano rischiato di farsi uccidere. E a proposito del tuo ex, come si sente ora con un braccio in meno? » Nnoitra rise crudelmente. « Titolo, onore, poteri, Fracciòn, sgualdrina… Dev’essere stato un brutto colpo, per lui, perdere tutto nel giro di poche ore. »

Rayen sentì in bocca il sapore della bile. « Io non sono la sgualdrina di nessuno. E Grimmjow è ancora abbastanza forte da potersi riprendere tutto quello che gli pare, quando gli pare. »

« Non dire stronzate, Rayen, non è il caso. Scommetto che Jaeguerjacquez non ti ha detto chi era il suo avversario a Karakura. » Lei aggrottò la fronte, e il ghigno di Nnoitra si accentuò. « Lo sapevo. Presumo che fosse troppo imbarazzante, da parte sua, ammettere di essere sopravvissuto solo perché il nemico era solo un delegato, uno patetico cucciolo umano camuffato da Shinigami. E vuoi saperne un’altra, mia cara? Quell’emerito imbecille non è nemmeno stato capace di finirlo a dovere! Quel moccioso è ancora vivo e vegeto sotto l'ala protettiva del Gotei 13. Capito com'è andata? Prima Jaeguerjacquez ha aizzato te e il resto di voi stupidi Fracciònes contro gli Shinigami più forti, poi è corso dietro al primo sbarbatello che gli è capitato sotto tiro! Ha scaricato a voi il compito più rischioso mentre lui si andava a divertire. »

La ragazza spalancò gli occhi, ma si impose di nascondere le sue emozioni. « Grimmjow che si comporta da vigliacco? Impossibile, non ci credo. Lui non sceglierebbe mai un avversario che non sia alla sua altezza. Lui non è come te. »

« Sta’ attenta a quello che dici, Rayen. »  Nnoitra strinse la presa sulla falce. « Sto cominciando ad arrabbiarmi, e tu non vuoi farmi arrabbiare, vero? »

Rayen non replicò. In cuor suo, era sicura che fossero menzogne. Grimmjow sapeva essere dolce e premuroso quanto un cazzotto in piena faccia, ma a modo suo teneva ai propri Fracciòn. Con loro e solo con loro aveva condiviso il progetto segreto di attaccare Karakura, e non era sicuramente stato contento di sapere della morte di Shawlong e degli altri. Anche quando Tousen l’aveva mutilato, era venuto da lei, l'unica superstite della sua Fracciòn...

« Se non mi credi, peggio per te » sputò Nnoitra. « Sono certo che tu e il gattino avrete molto di cui parlare, e molto tempo per farlo, dopo che vi avrò spedito entrambi all’inferno. E fanculo ad Aizen e ai suoi stupidi piani! »

L’Espada si scagliò contro di lei. Era veloce, preciso, e maledettamente forte. Rayen parò il primo assalto, e anche il successivo, ma il terzo fu così fulmineo che lei si ritrovò scaraventata contro la parete del corridoio prima ancora di veder arrivare l'arma. Un dolore sordo le esplose contro la schiena mentre impattava contro il muro e ricadeva a terra, ansimante. Buona parte delle spine che le coprivano le spalle e la schiena si era spezzata o scheggiata; sotto l'armatura, ogni suo singolo muscolo sembrava aver preso fuoco. 

Sentì i passi di Nnoitra avvicinarsi, i frammenti di calce sul pavimento che scricchiolavano sotto le sue ridicole scarpette a punta. Stordita, Rayen alzò gli occhi, giusto in tempo per vedere Nnoitra che sollevava la falce e si preparava ad abbatterla sul suo collo. 
Non ce l'avrebbe mai fatta a evitarla, lo sapeva. Di lì a poco avrebbe sentito solo la bollente freddezza della lama che le attraversava la carne. 

Ti prego, Trèbol! Ancora sdraiata a terra, paurosamente consapevole che solo pochi decimi di secondo la separavano dalla morte, Rayen serrò il tachi tra le mani. 

« Dannazione, Al azar! » urlò.

Una violenta esplosione di luce la investì in pieno. Rayen si sentì strappare letteralmente dal suolo, e per un attimo fluttuò a mezz’aria nel bianco e nel calore, prima che la sua schiena urtasse di nuovo, stavolta contro il pavimento. La ragazza rotolò a terra per qualche metro e giacque immobile per alcuni istanti; fu solo con un immenso sforzo di volontà che riuscì a puntellarsi sui gomiti. All'improvviso, un lieve tepore le accarezzò la guancia. Stupita, Rayen si rese conto che era un raggio di sole.

Davanti a lei s’innalzava un’apertura enorme, circolare. Polvere, sabbia e pezzi di calce fioccavano tutto intorno. Qualcosa aveva colpito il muro dall’esterno e lo aveva fatto saltare in aria, insieme a buona parte del corridoio in cui si trovavano lei e Nnoitra. 

Rayen puntò il tachi a terra e lo usò per rimettersi faticosamente in piedi, poi si girò per cercare l'Espada. E di colpo s’immobilizzò. 

In quello che restava del corridoio c'erano due figure: da una parte Nnoitra, accasciato contro il muro in un lago di sangue, e dall'altra... 

« Il Cacciatore d’Anime » ringhiò Nnoitra furibondo. « Eccolo qui, il celeberrimo bastardo. Non dovrò neppure venire a stanarti nel deserto. »

Lo sguardo di Rayen era inchiodato sul Cacciatore d’Anime, come se in qualche modo avesse potuto assorbire ogni suo dettaglio, catturare la sua immagine e fissarsela a fuoco nella mente. Chissà perché, se lo era sempre immaginata come un mostro terrificante, la reincarnazione di quanto c’è di più orrido e raccapricciante al mondo, ma quello che incombeva davanti a lei non aveva nulla di spaventoso: anzi, per la precisione era... bellissimo. 

Era un ragazzo alto e snello, che non dimostrava più di venticinque anni. Nonostante non ci fosse un alito di vento, i suoi lunghissimi capelli bronzei ondeggiavano lievemente, come se fosse stato sott'acqua. Sotto la frangia spiccavano due grandi occhi a mandorla, due specchi verdi e vagamente malinconici che parevano guardare tutto senza vedere davvero niente. Indossava solo degli hakama dorati, e il torace nudo metteva in risalto una muscolatura sottile ma ben delineata. Al fianco gli pendeva un fodero intarsiato ad arte, ma curiosamente vuoto, mentre dalla sua schiena, appena al di sotto delle sue scapole, si allargavano due ali enormi, una perfetta simmetria di piume lunghe e lucenti dello stesso colore del cielo invernale. 

Più che a un demone, l’apparizione assomigliava al più bello degli angeli.

Rayen lo fissava, basita. A sconvolgerla non era solo il suo aspetto, ma soprattutto la fortissima sensazione di averlo già incontrato. C’era qualcosa, in quell’angelo dall’aria assente, che le bussava alla memoria come un visitatore notturno, chiamandola, attirandola.

Ma chi sei? Chi diavolo sei?

Nnoitra si rialzò in piedi, senza nemmeno cercare di tamponare il flusso di sangue che gli inzuppava l'addome.  « Stronzo schifoso, quando avrò finito con te ti strapperò quelle belle alucce che ti ritrovi e trascinerò davanti ad Aizen quello che resta del tuo culo piumato! » 

Rayen si ritrasse istintivamente. Quanto sangue, pensò allibita. Per metà cherubino, per metà serial killer, l’angelo aveva attraversato lo hierro di Nnoitra – lo hierro più resistente dell’intera razza Arrancar! –  con facilità inaudita,  come un coltello caldo attraverso il burro. Le ondate di energia che emanava erano così intense e aggressive che al confronto la reiatsu di Rayen pareva quella di un insetto Hollow. 

Nnoitra si pulì con il dorso della mano un rivolo di sangue che gli colava dalla bocca. Il suo unico occhio brillava di soddisfazione maligna. Sorrideva, come sempre, il suo solito sorriso da squalo. Stava fiutando l’odore di una sfida.

« Che c’è, sei sordo? » apostrofò l’angelo, puntandogli contro la falce. « Peggio per te, sono sicuro che Grantz sarà contento di giocare con un bel canarino alieno in quei suoi esperimenti del cazzo. Inore, Santa Te… »

Il ragazzo alato tese una mano verso Nnoitra e dal suo palmo si liberò uno sferzante raggio dorato, più veloce di qualunque Bala e più potente di qualunque Cero. Rayen si protesse gli occhi con un braccio e scattò indietro alla cieca; l’onda di calore le sfiorò la pelle senza bruciarla.

La lotta era finita prima ancora di iniziare.

Quando, meno di un secondo dopo, la ragazza abbassò il braccio, davanti a lei erano rimasti solo il corpo immobile di Nnoitra e l’apertura ancora fumante nel muro. 

Il Cacciatore d’Anime se n’era andato.

 

************************


Innanzitutto, chiedo perdonoooo per quest'altro capitolo brevissimo >.< prometto che d'ora in poi proverò a farli più lunghi! (L'ho già detto? Vabbe', rinnovo calorosamente la promessa!)


Rayen: ... wow O.o
Sixy: *le dà di gomito* ehh? Niente male il fanciullo, vero? 
Rayen: chiunque lasci Nnoitra a dissanguarsi sul pavimento ha tutta la mia stima e la mia approvazione. Basta che non mi sporchi il tappeto. 
Sixy: il tappeto è al sicuro ^^ coooomunque, l'aspetto dell'angioletto è ispirato all'anima modificata Nova... secondo me sotto tutta quella bardatura da ninja si nasconde un gran figo! 
Rayen: stai scherzando?
Sixy: se non ti fidi, possiamo chiedere alle esperte della S.E.F.A.Q.! (Squadra Esaminatrici di Figoni Altamente Qualificate) ... ragazze, a voi il giudizio!

*si alza un sipario, mostrando un bancone dietro al quale sono sedute Apache, Sun Sun e Mila Rose*
*tutte e tre alzano una paletta con il numero 10*

Rayen: mah... a me sembra magrolino, e pure un po' depresso. Secondo me lui e Kira Izuru andrebbero magnificamente d'accordo. Piuttosto,
 quando andiamo a brindare?
Sixy: oh, sei contenta per l'avvento di un figone? ^^
Rayen: no, sono contenta perché l'uomo-cucchiaio è stecchito *w*


Voce fuoricampo di Nnoitra tutta gorgogliante: stolte!! Un giorno mi vendicherò...

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Capitolo 11
*** Aftermath. ***


XI. Aftermath


Per un lungo minuto, Rayen rimase immobile. La Resurreciòn scivolò lentamente via dal suo corpo, ma lei quasi non se ne rese conto. Il suo sguardo era ancora fisso nel punto in cui l'angelo era svanito nel nulla. 

O meglio, non l'angelo... il Cacciatore d'Anime.

Rayen faticava a conciliare l'immagine che si era fatta di lui con quel bellissimo giovane dall'aria malinconica. E ancora di più faticava a credere che il terrore di Las Noches le fosse passato accanto senza nemmeno torcerle un capello, oltretutto dopo aver demolito Nnoitra con un unico attacco. La ragazza si trascinò lentamente fino al corpo della Quinta Espada. Con una certa sorpresa, vide che il suo petto, benché inzuppato di sangue, continuava ad alzarsi ed abbassarsi. Era ancora vivo. 

Era la sua occasione. Poteva ucciderlo. Doveva ucciderlo. 

Se solo muoversi non fosse stato così assurdamente doloroso... Rayen tentò di fare un altro passo verso Nnoitra, ma le sue ginocchia cedettero e lei crollò. Sarebbe senz'altro finita con la faccia a terra se un braccio non si fosse improvvisamente serrato contro la sua vita, trattenendola. 

« Ehi! »

Rayen intravide un inconfondibile lampo di capelli azzurri. Grimmjow la rimise rudemente in piedi e senza lasciarla andare si guardò attorno, soffermandosi prima sul corridoio chiazzato di sangue e di detriti e poi sull'apertura ancora fumante che squarciava il muro. 

« Fie, ma che diavolo...? »

« Il Cacciatore d'Anime » mormorò Rayen esausta. « Era qui, c'è stato fino a un attimo fa... ha distrutto la parete, e... »

Grimmjow s’accigliò. « Tu stai bene? »

La ragazza annuì, stupita che l’Espada se ne preoccupasse.

« Ho sentito le vostre reiatsu... O meglio, la sua » puntualizzò lui, indicando con un cenno il muro disfatto.

« Se permetti era abbastanza difficile da non percepire... era gigantesca. » Rayen si tolse un pezzetto di calce rimasto impigliato tra i capelli. Con suo enorme fastidio, scoprì che le tremavano le mani. Le strinse a pugno e sollevò il mento, cercando di darsi tono. « Un vero peccato che tu sia arrivato solo a festa finita, vero? Sangue, lampi, esplosioni... Scommetto che ti saresti divertito un sacco. »

Grimmjow grugnì. « Lui invece non si sarebbe divertito per niente, in trenta secondi lo avrei fatto a pezzi. A pezzettini così piccoli che poi avrei fatto fatica a distinguerli dai granelli di sabbia. »

« Oh, certo... » Di colpo, tutta la paura accumulata fino a quel momento si sciolse, sostituita da una calda e cieca frustrazione. « Aspetta, grande guerriero, e lasciami indovinare: ti è venuto in mente che forse potevi passare a dare un'occhiata solo dopo che è spuntato fuori il Cacciatore, giusto? Fosse stato per te, Nnoitra avrebbe potuto tranquillamente farmi fuori! »

« Certo. » Grimmjow la scrutò con indifferenza, le mani immancabilmente affondate nei pantaloni. « Se non sai difenderti, questo è un problema tuo. Pensavi sul serio che sarei venuto a tirarti fuori dai casini? »

« Ma sono la tua Fracciòn! »

« La mia ex Fracciòn. E allora? »

« E allora avresti anche potuto fare un dannatissimo strappo alla regola e darmi una mano! » 

Grimmjow inarcò appena un sopracciglio. Urtata, Rayen fece per tirargli uno schiaffo, ma le botte e lo shock degli ultimi minuti l'avevano indebolita e Grimmjow bloccò il suo polso con disarmante facilità. Prima che l'azzurro potesse rispondere, però, una raffica di reiatsu entrò nel loro campo sensoriale e i due Arrancar si girarono in contemporanea verso l'estremità del corridoio.

« Barragan, Tousen e Zommari » borbottò Grimmjow. « E anche qualcun altro, credo gli stupidi Fracciòn del vecchio. Finalmente i cagnolini di Aizen hanno fiutato che qualcosa non andava, eh? Scommetto che entro due minuti saranno tutti qui a piagnucolare davanti a questo cazzo di muro. » Rinsaldò la presa su Rayen. « Andiamocene. »

« Col cavolo, io con te non vado proprio da nessuna parte! »

Una minacciosa scintilla di Cero danzò tra le dita di Grimmjow mentre queste si stringevano al suo braccio. « Puoi giurarci che ci vieni, e senza fare storie. Sempre che tu voglia arrivare a domani con tutti gli arti ancora al loro posto. »

« Sei spregevole, Grimmjow Jaeguerjacquez. » Rayen lo fissò, inviperita, ma alla fine incurvò le spalle con un sospiro. « Andare dove, per l'esattezza? »

« All'inferno! Razza di idiota, nella mia stanza! » Grimmjow ringhiò. « Ci manca solo che Grantz scopra che hai appena incontrato il Cacciatore d'Anime, così ti rinchiude in quel suo fottuto laboratorio e ti spolpa viva a furia di interrogatori! No, dannazione. Tu prima mi racconti tutto quello che sai, poi vai a morire come preferisci. »

« Ah, ecco, volevi solo essere il primo a farmi il terzo grado! Cominciavo quasi a preoccuparmi. »

Grimmjow si voltò, pronto a trasvolare, ma Rayen lo bloccò posandogli una mano sul torace.

« Cosa c'è? » sbottò lui.

La ragazza indicò Nnoitra. 

« Hai visto com'è concio? Tirerà le cuoia a breve » ribatté Grimmjow con una punta d'impazienza. « E anche se dovesse vivere, ci penserò io a ucciderlo una volta per tutte. Hai altre lagnanze idiote? No? Bene, andiamo. »

« Grimmjow, che non ti passi nemmeno per l'anticamera del cervello di... »

Prima che lei potesse finire di protestare, Grimmjow la strinse più forte e con un vertiginoso scatto di sonido saettò verso il proprio alloggio, tirandosela dietro.

*

Dovevano essere passate sì e no un paio di ore dalla comparsa del Cacciatore d'Anime, ma naturalmente l'intera Las Noches era già venuta a sapere tutti i dettagli più gustosi. Aizen aveva subito convocato gli Espada in riunione e dato ordine di stringere ulteriormente la sorveglianza, dopodiché aveva sguinzagliato nel deserto un nutrito plotone di Exequias in cerca di eventuali tracce del Cacciatore. Al giro di perlustrazione si sarebbero uniti anche alcuni Fracciònes di Grantz, nella speranza di poter recuperare almeno qualche impronta spirituale. Diversi Arrancar si erano sorpresi che Aizen non avesse inviato Grantz in persona, ma i pochi abbastanza audaci da indagare oltre avevano scoperto solo che lo scienziato Espada al momento era tutto preso da un altro incarico, se possibile ancora più delicato. E assolutamente top secret. 

Mentre Las Noches dava in escandescenze, nel frattempo, Rayen e Grimmjow erano seduti sul divano semisfondato dell'ex Espada. O, per la precisione, lei era seduta: lui se ne stava comodamente stravaccato, con il braccio piegato dietro la testa e le gambe accavallate sul bracciolo. Se qualcuno li avesse visti in quel momento, si sarebbe stupito di vederli parlare fitto fitto come due vecchi amici, circondati da un'atmosfera quasi di complicità... specialmente considerando il modo in cui era cominciata la discussione.

Ovvero con Grimmjow che trascinava Rayen di peso nella stanza e lei che gli piantava le unghie in ogni centimetro di pelle visibile sibilando minacce di morte.

Ma quella era un'altra storia. 

In tutta franchezza, Grimmjow non capiva perché Fie fosse così arrabbiata con lui. D'accordo, non era intervenuto durante il suo scontro con Nnoitra, ma se anche avesse voluto non avrebbe potuto farlo. Non dopo che Nnoitra l'aveva reclamata come sua Fracciòn. A riguardo, Aizen era stato categorico: nel momento in cui un Arrancar diventava Fracciòn, la sua vita finiva in tutto e per tutto in mano all'Espada che l'aveva scelto, niente discussioni. Era un accordo vincolante, da entrambe le parti; per questo di solito sia la Fracciòn che l'Espada dovevano acconsentirvi di loro spontanea volontà. 

Fie, invece, si era ritrovata immischiata nelle faccende di Nnoitra e basta, senza la minima possibilità di scelta. Forse non aveva ancora bene inquadrato che, qualunque cosa fosse successa, avrebbe dovuto vedersela da sola con Nnoitra. 

Giusto per mettere i puntini sulle i, Grimmjow non teneva affatto in considerazione le regole di Aizen, però non voleva nemmeno attirarsi di nuovo addosso le ire dello Shinigami. Ci mancava solo che quel maledetto gli mozzasse anche l'altro braccio o, peggio ancora, che passasse ad altre appendici. Per il momento, si sarebbe tenuto alla larga da Aizen e si sarebbe concentrato su qualche altro nome della sua lista nera. Kurosaki Ichigo, ad esempio. Il moccioso Shinigami si sarebbe pentito amaramente di aver incrociato la sua strada, poco ma sicuro. Non appena fosse tornato nel mondo umano, per prima cosa Grimmjow si sarebbe personalmente occupato di lui, poi sarebbe passato al resto degli idioti in tunica nera. Li avrebbe annientati tutti. 

Se c'era qualcosa di cui l'ex Espada non poteva assolutamente fare a meno, era il combattimento, lo stridio delle lame che cozzavano, il caldo scorrere del sangue sulla pelle. Adorava vedere la luce della speranza spegnersi poco a poco negli occhi del nemico, per poi cedere il posto ad un vuoto vetroso, il vuoto della morte.  Sì, Grimmjow amava combattere, e ancora di più amava uccidere. In quei momenti si sentiva vivo e immortale, un vero dio della distruzione.

Quello che lo stuzzicava, però, non era l'uccisione in sé: era la sfida. Ciò che davvero bramava era la difficoltà, l'eccitazione, l'adrenalina che gli scorreva in ogni fibra del corpo. Non trovava alcuna soddisfazione nel trucidare creature inermi. Lui dava la caccia solo a due tipi di prede: i pochi spiriti abbastanza forti da tener testa al suo potere e quelli abbastanza stupidi da infastidirlo. Kurosaki apparteneva alla seconda categoria, ma Grimmjow doveva ammettere che il cucciolo umano aveva fatto dei passi avanti. Forse dargli la caccia sarebbe stato più divertente di quanto aveva pensato. 

Tuttavia, da qualche tempo Grimmjow aveva preso in considerazione anche un'altra preda. Si trattava di una preda forte e veloce - una combinazione che gli era sempre piaciuta - e così elusiva da impensierire perfino Aizen. Sarebbbe stato proprio un bello smacco, per il bastardo Shinigami, se Grimmjow fosse riuscito ad ammazzare il Cacciatore d'Anime prima dei suoi ridicoli leccapiedi.

L'unico problema con il Cacciatore era che Grimmjow non sapeva come o dove trovarlo, ma a questo ci avrebbe pensato Fie. Prima o poi avrebbe riavuto una delle sue strampalate visioni, Focus o come cavolo si chiamavano, e non appena fosse successo, lui sarebbe stato pronto a cogliere la palla al balzo. 

Fie gli serviva. E questo, essenzialmente, era il principale motivo per cui era ancora viva. Lì per lì, quando l'aveva portata nella stanza, quella dannata ragazzetta non aveva fatto altro che zoppicare avanti e indietro, come un animale in gabbia, scansandolo e maledicendo alternativamente lui ed Aizen. Grimmjow non era certo noto per la sua comprensione e la sua sensibilità (e, diciamocelo pure, un paio di volte aveva accarezzato la tentazione di carbonizzarla con un Cero), ma aveva fatto appello a tutte le sue scarse riserve di pazienza e si era trattenuto. Fie gli serviva, si era ripetuto. Niente Fie, niente Cacciatore d'Anime. 

Ma è davvero tutto qui? 

Forse c'era anche un altro piccolissimo motivo per cui non l'aveva ancora uccisa. E quel motivo era... Fie stessa. Era l'ultima arrivata, va bene, ma in qualche modo anche lei era entrata a far parte della sua sgangherata Fracciòn, fosse pure per una sola missione.

Una sola stramaledetta missione. 

Grimmjow evocò i volti dei ragazzi, uno ad uno. Shawlong, Illforte, Nakeem, Edrad, Di Roy... a volte, entrando nelle sue stanze, quasi s'aspettava di sentire la risata sguaiata di Illforte, i pacati rimproveri di Shawlong, o magari Edrad e Di Roy che litigavano furiosamente per qualcuna delle loro solite idiozie. Grimmjow non l'avrebbe mai ammesso con nessuno, meno che mai con se stesso, ma ogni tanto sentiva quasi la mancanza di quella banda di cretini. Dietro la facciata dura e strafottente, Grimmjow a modo suo si era sempre curato dei suoi Fracciòn. Quando mettevano il piede fuori riga li puniva, certo, e quando cadevano in battaglia era il primo a deriderli e a coprirli di insulti, ma quella non era altro che la sua maniera di spronarli a dare il meglio di sé. Loro lo temevano e lo rispettavano,  lo sapeva. Per questo ogni volta che li vedeva rialzarsi in piedi, incuranti delle ferite e pronti a tutto pur di non deludere il loro Espada, un sorriso segreto balenava sotto la mascella ossea di Grimmjow. 

In fondo, era pur sempre il loro re. E il secondo dovere di un re - il primo era dominare tutti e schiacciare chi si opponeva, ovviamente - era proteggere il proprio popolo. L'idea di aver fallito in quel senso un po' gli bruciava. Forse, se fosse stato un leader meno sconsiderato, avrebbe potuto salvarli. Ma la vera colpa era di Ulquiorra: se lui fosse stato preciso nel suo lavoro, come richiesto, la Soul Society non avrebbe inviato rinforzi e ogni Shinigami di pattuglia sarebbe stato eliminato senza tante storie. Una ragione in più per odiare lo stupido zombie.

Comunque, starci a rimuginare sopra adesso non portava a nulla. Il punto era che l'unica Fracciòn che gli restava era Fie. Ex Fracciòn, come aveva puntualizzato lui stesso, ma non importava: una volta, anche se per poco, era stata sua. Era tutto ciò che rimaneva del suo popolo. 

Tra l'altro, mentre aspettava che lei finisse la sua sfuriata, Grimmjow aveva realizzato per la prima volta di una cosa: Fie non era davvero arrabbiata, ma spaventata. Spaventata a morte. Il tono brusco, le risposte acide, i tentativi di graffiarlo o schiaffeggiarlo... tutto serviva a nascondere il vero nucleo delle sue emozioni, ossia la paura. 
Quell'improvvisa intuizione lo aveva toccato, al punto che l'ex Espada si era ritrovato a pensare che, sotto sotto, almeno un tratto in comune ce l'avevano, lui e quella piccola idiota. Anche lui aveva sempre mascherato il timore dietro l'aggressività, e l'aveva fatto per così tanto tempo che aveva finito per dimenticarsi il significato stesso della paura. Un vero guerriero non temeva nulla.

Ad ogni modo, poco a poco la rabbia - la paura - di Fie era evaporata, fino a quando lei si era calmata abbastanza da accettare di sedersi e di discutere normalmente del Cacciatore d'Anime, proprio come avrebbe fatto una Fracciòn. Grimmjow non si era meravigliato di quel cambiamento. Il Cacciatore aveva assassinato il suo Espada e dato inizio a tutta la catena di eventi che l'aveva portata tra le grinfie di Nnoitra: Fie era senza dubbio la prima a volerlo vedere morto. Evidentemente, dopo aver partecipato in diretta alla clamorosa batosta di Nnoitra, la ragazza aveva dedotto di non essere all'altezza di un nemico del genere, e aveva visto in Grimmjow un mezzo per vendicarsi di Indar. 

Grimmjow conosceva il desiderio di vendetta, e soprattutto conosceva i suoi effetti. Fie si sarebbe potuta dimostrare un'alleata interessante.  

I due Arrancar parlottavano da un po', immersi in un'atmosfera stranamente collaborativa. Grimmjow non si stancava di fare domande, e Rayen, benché stanca e malandata, faceva il possibile per rispondere. 

« Perciò non era armato, dici? »

« Aveva un fodero, ma nemmeno l'ombra di una spada. Per attaccare Nnoitra ha usato una specie di Cero, però non ho mai visto un Cero così veloce o potente in tutta la mia vita. »

« Più forte del mio Gran Rey Cero? Impossibile! » grugnì l'azzurro.  

Rayen sbuffò, ma decise saggiamente di lasciar perdere. « Qui comunque c'è qualcosa che non mi torna. Insomma, mi spieghi a che diavolo serve andarsene in giro con un fodero, se non hai una spada? A te non sembra sospetto? » 

« Forse semplicemente non ce l'aveva dietro. » Grimmjow rovesciò la testa all'indietro, fissando il soffitto. « Ma poi, chi diavolo ti ha detto che doveva avere per forza una spada? Per quello che ne sai, poteva essere qualsiasi cosa. Quando le rilasciamo, le nostre Zanpakuto assomigliano a tutto fuorché a spade. »

Rayen aggrottò la fronte. Era un punto a favore di Grimmjow. « Cosa poteva essere, allora? Sono sicura che lui non avesse niente, se non i suoi hakama... e trasformare la tua arma in un paio di pantaloni non mi pare una grande strategia di battaglia. A meno che tu non voglia darti allo strip tease e poi strangolarci gente a caso. »

« Non pensavo ti piacesse il sadomaso. »

Lei gli lanciò un'occhiataccia. 

« Non guardarmi così, sei tu che mi hai messo la pulce nell'orecchio! »

« Non fai altro che dire che razza di maiale sia Nnoitra, ma tu non sei migliore di lui! »

« Se non altro, io non sono un cucchiaio in calore che sente lo spasmodico bisogno di saltare addosso a qualunque essere dotato di tette mi capiti sotto mano. » Grimmjow alzò le spalle. « È questo il motivo per cui ti voleva, sai. Sei una delle poche donne Arrancar che ancora mancano alla sua collezione, oltre ad Harribel e alla nanerottola coi capelli verdi che sta sempre appiccicata a Starrk. Per il resto credo le abbia provate tutte. »

« Pazzesco » disse Rayen con una smorfia. Le veniva la pelle d'oca solo a pensarci. « Ma che ci troveranno, in lui? Quello è completamente schizzato! È uno psicopatico! »

« E un Espada » precisò l'azzurro. « Quando sei uno dei dieci pezzi grossi di Aizen non è così difficile scovarsi una troietta, te lo garantisco, Las Noches è tutto tranne che un convento. Ma non provare a cambiare discorso, Fie! » La sua voce si tinse di una sfumatura di bramosia. « Piuttosto, non è che negli ultimi giorni hai avuto qualche visione degna di nota? Un qualunque indizio che possa condurci dal tuo dannato angelo? » 

La ragazza fu tentata di raccontargli dell'ultimo Focus, quello dello Shinigami inginocchiato a terra con le mani trafitte da una spada, ma all'ultimo decise di no. 

« Niente che possa suggerire dove si trovi il Cacciatore o cosa cavolo abbia in mente di fare. » Ecco, non era neppure una bugia. « In compenso, ho come la sensazione che torneremo presto ad avere a che fare con gli Shinigami. Molto presto. » 

Grimmjow sogghignò e si fece schioccare le nocche. « Bene, ho giusto un paio di conti in sospeso con loro. » 

« Ehi, Grimmjow. »

« Grimmjow-sama. »

« Quello che è. Mi prometti che casomai capitassi davanti al Cacciatore d'Anime non cercherai di fare idiozie? »

Grimmjow raddrizzò di colpo la testa. « Cosa stai dicendo? » 

« Ascolta. » Fie lo fissava, serissima. « Non so perché mi abbia lasciato stare, ma se avesse voluto quel tizio avrebbe potuto spazzarmi via come se niente fosse. Hai visto in che condizioni ha ridotto Nnoitra, non è un avversario che si può prendere sotto gamba. Se vuoi fronteggiarlo okay, ma sta' attento e non dare colpi di testa. »

« Fie, ma che cazzo di... »

Un lieve bussare alla porta lo interruppe. Scocciato, Grimmjow dilatò i tentacoli della mente e attivò la Pesquisa, sondando in fretta l'anima del disturbatore.

« Che accidenti vuoi, Loly? » ringhiò. 

Un'esile ragazza Arrancar fece capolino nella stanza. Aveva lunghi capelli neri, raccolti in due codini ai lati della testa, e sfoggiava un abito super striminzito, non molto più coprente di quelli di Mila Rose. Lei e Rayen si scambiarono un'occhiata piena di reciproco disprezzo, poi la mora si rivolse a Grimmjow. 

« Aizen-sama ha un messaggio da riferire » annunciò altezzosa. 

« Che vuole? » sbottò Grimmjow. 

« Il nostro signore ha individuato un essere umano dai poteri interessanti, una ragazza di nome Inoue Orihime. A quanto pare, potrebbe diventare una pedina decisiva per distruggere la Soul Society una volta per tutte. » Arricciò il labbro « Da come ne parla Yammy, sembra una stupida bambinetta tutta panna e zucchero. Comunque, Inoue al momento si trova nella città di Karakura. Sappiamo che la Soul Society ci ha appena inviato una squadra speciale di pattuglia, perciò Aizen-sama vorrebbe che un piccolo gruppo di Arrancar vada sul posto e tenga impegnati gli Shinigami il più possibile... »

« ... mentre uno di noi, presumo Starrk o Ulquiorra, approfitterà del caos per catturare la donna. » Grimmjow sbuffò. « La strategia più vecchia del mondo. » 

Loly avvampò d'irritazione. « Beh, questo è il piano, prendere o lasciare. »

Rayen s'aspettava che Grimmjow le fracassasse il cranio a mo' di rifiuto, invece con sua sorpresa accettò di buon grado. L'inaspettata missione sembrava quasi divertirlo. 

« Il tuo prezioso Aizenuccio-sama ti ha detto quando partiamo? » chiese l'azzurro. 

La faccia di Loly divenne ancora più rossa. « Domattina, Jaeguerjacquez. Fatti trovare il prima possibile davanti alla sala riunioni. Anche la Fracciòn di Nnoitra, se vuole, tanto lo stronzo è ancora in infermeria. »

« Sopravviverà? » domandò Rayen tesa. 

La mora fece una smorfia. « Spero di no. »

Se ne andò con un arrogante svolazzo di codini, lasciando Rayen e Grimmjow di nuovo soli. La Fracciòn si girò verso il suo ex Espada: adesso negli occhi di Grimmjow brillava un gioioso furore omicida, l'espressione di un predatore che ha appena puntato il suo bersaglio. 

« Grimmjow? » fece lei con cautela.

« Kurosaki » disse lui, fremente. « Il moccioso Shinigami. Questa è la volta buona che lo ammazzo, me lo sento. »

*

L'aria tremò, di un tremolio appena percettibile, e di colpo il buio perenne di Hueco Mundo fu spaccato da un abbagliante raggio di luce. Tra gli Hollow che battevano quella zona, la reazione fu immediata: chi aveva le ali spiccò il volo, chi sapeva scavare cercò rifugio sotto terra, chi possedeva solo le gambe s'affrettò a mettere quanta più distanza possibile tra se stesso e il nuovo arrivato. 

Perché c'era, un nuovo arrivato. Nel momento stesso in cui era apparsa la luce, violente sferzate di reiatsu avevano spazzato il cielo, calde e graffianti, tagliando l'aria come un vento oscuro. Nessun demone nei paraggi era così potente - o così pazzo - da affrontare a testa alta una simile bomba di energia spirituale.

Il bagliore scomparve all'improvviso, così com'era arrivato, lasciando dietro di sé solo una figura alta ed elegante. Il Cacciatore d'Anime atterrò con grazia, sfiorando appena la sabbia con i piedi scalzi. Le sue ali maestose spandevano attorno a sé un chiarore lieve, ma abbastanza intenso da sfidare le tenebre. Non appena lui le ripiegò, il morbido mosaico di piume luminose si dissolse in un'impalpabile pioggia dorata, che rifluì come un rivolo splendente verso il fodero vuoto appeso al suo fianco. Nel giro di pochi secondi, l'alone d'oro si concretizzò, assumendo la forma di una spada trasparente come l'ambra. 

Quasi con tenerezza, il Cacciatore d'Anime ne accarezzò l'elsa, ora perfettamente solida, poi si voltò verso Las Noches. Benché centinaia e centinaia di miglia li separassero, la cittadella degli Arrancar era ancora visibile, un'ombra bianca come le ossa stagliata contro l'orizzonte livido. 

Due profondi occhi verdi si socchiusero. L'aveva trovata.

 

 

 

************************


Scusate la lentezza mostruosa, ma tra inizio dell'uni, trasferimenti, orari assurdi e internet che va e che viene l'ultimo mese è stato davvero un parto. Trigemellare o.o
Mi scuso se il capitolo è stato un po' pesante, ho cercato di mettere più in rilievo il punto di vista di Grimmjow su tutta la situazione. Che altro dire... citando gli avvoltoi di Robin Hood, è l'una di notteeee e tutto va beneee! 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e non sia risultato eccessivamente prolisso. 

Rayen: ma sentila, oggi Sixy è in vena di paroloni! 
Sixy: no, oggi Sixy è in vena di un letto -.- buonanotte!! *prende il suo cuscino-Johnny Depp e si ritira*
Rayen: eheh, ma come si sta bene senza autrici pazze e cucchiai psicopatici :3 comunque, prendere il punto di vista di Grimmy è stato davvero difficile, garantisco per lei! 

P.S. xoxo a tutti! Grazie per avermi regalato qualche minuto del vostro tempo leggendo i miei deliri mentali, lo apprezzo molto :)

 

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Capitolo 12
*** The thin line between Salvation and Destruction. ***


XII. The thin line between Salvation and Destruction


Il Garganta si dilatò dal nulla a quattrocento metri e rotti dal suolo, come una mostruosa bocca nera. In pochi istanti, le tenebre che lo avvolgevano si sciolsero, rivelando il piccolo gruppo di Arrancar al suo interno: un armadio dalla pelle scura e dai bicipiti scolpiti, un ragazzino biondo e lentigginoso con lo sguardo sognante, un ragazzo moro dall’aria vagamente effeminata, un giovane muscoloso dagli improbabili capelli azzurro elettrico, una ragazza minuta con gli occhi nocciola.  

Non appena il portale si aprì, d’impulso Rayen si sporse verso l’esterno. Sotto di loro, Karakura brulicava di vita: era una giornata calda e luminosa, una di quelle splendide giornate di metà primavera che portano già con sé il sapore dell’estate. Parecchi umani gironzolavano per le vie, da soli o in gruppo, chi affrettandosi verso la fermata dell’autobus, chi chiacchierando con gli amici e chi discutendo vivacemente al telefono. Le vetrate dei palazzi e dei negozi scintillavano come lame d’argento sotto la luce del sole… del vero sole, non quella schifezza illusoria che Aizen aveva piazzato a Las Noches.

Rayen abbassò le palpebre ed espanse la mente. Quasi subito percepì un flusso di reiatsu diverse: nella città dovevano esserci almeno una decina di Shinigami, perlopiù di alto grado.

« Bene, bene » commentò Yammy Rialgo, sfregandosi le mani soddisfatto « ce n’è abbastanza per tutti. »

« Oh, ma sarebbe così terribilmente noioso prenderli uno alla volta! Io ne voglio almeno quattro o cinque » puntualizzò Luppi Antenor, prima di scoccare un’occhiata maligna a Grimmjow. « Tu cosa ne dici, ex Sexta? »

Rayen lo fulminò con lo sguardo, ma Luppi si limitò a ridere scioccamente. Era la sua prima missione come nuova Sexta Espada, e da quando erano partiti da Las Noches non aveva fatto altro che punzecchiare e sbeffeggiare Grimmjow per il rango perduto. Sorprendentemente, l’azzurro lo aveva ignorato. Per la precisione, non aveva spiccicato parola per tutto il viaggio. Rayen non lo aveva mai visto così taciturno, e la cosa la preoccupava. 

« Waa » esalò Wonderweiss Margela, contemplando il mondo sottostante con vacuo stupore.

« Ma dovevamo proprio portarcelo dietro, quest’altro strambo? » si lamentò Yammy.

« È quello che ha ordinato Aizen-sama. » Luppi si strinse nelle spalle esili. « Vallo a capire. Allora, vogliamo cominciare o no? »

Grimmjow scandagliò rapidamente le reiatsu circostanti.

« La persona che sto cercando non è qui » sbottò, troncando di colpo il silenzio in cui si era rinchiuso.

Prima che gli altri Arrancar lo potessero fermare, balzò fuori dal Garganta e sparì dalla vista con uno scarto di sonido.

« Ehi, Grimmjow, aspetta! » lo chiamò Rayen, ma era inutile: il suo ex Espada se n'era già andato. Cosa cavolo frulla nel cervello di quell’idiota?

Senza esitazione, si tuffò a sua volta dal portale e trasvolò dietro alla sua scia.

« Fie Oneiron, torna qui! » tuonò Yammy alle sue spalle, ma la voce mielosa e indolente di Luppi lo azzittì: « No, Yammy, lascia pure che vada con Jaeguerjacquez… tanto nessuno dei due è un Espada, ci sarebbero solo di peso. »

Ma vai all’inferno, donnicciola! Rayen si morse la lingua. Smaniava dalla voglia di tornare indietro e cantargliene quattro, però prima voleva assicurarsi che Grimmjow non si mettesse di nuovo nei guai.

La reiatsu dell’ex Espada bruciava ai margini della sua mente come una pallida fiamma bluastra, sfuggente e velocissima. Rayen si era sempre considerata abbastanza brava nel sonido, ma tenerle dietro si stava rivelando un’impresa: se non si fosse data una mossa, presto non sarebbe più riuscita a rintracciare Grimmjow.

Stava saettando a mezz’aria, concentrata sulla pista da seguire, quando nel suo campo sensoriale s’accese un’altra reiatsu.

Reiatsu di Shinigami.

Era molto intensa, anche se non quanto quella di un Espada, e puntava dritto dritto verso di lei. La sua solita fortuna.

Rayen esitò, combattuta tra fermarsi e affrontare l’inseguitore oppure darsela a gambe nella speranza che lui la lasciasse perdere, poi mormorò un’imprecazione e inchiodò di botto. 

Pochi secondi dopo, lo Shinigami si materializzò davanti a lei, a debita distanza. Era giovane e atletico, con una carnagione olivastra e scarmigliati capelli scuri, abbigliato secondo una variante senza maniche della tipica divisa nera. Il suo viso sarebbe stato anche bello, se non fosse stato per le tre cicatrici parallele che gli sfregiavano la guancia destra. Osservandolo con più attenzione, Rayen notò che sulla tempia aveva un tatuaggio a forma di 69.

« Vice-Capitano della Nona Compagnia del Gotei 13, Hisagi Shuhei » si presentò, con voce calma e composta.

« Un Vice-Capitano? Addirittura? » A dirla tutta, non gliene poteva fregare di meno di chi fosse quel tizio. Voleva solo sbarazzarsene in fretta e trovare quella zucca vuota di Grimmjow prima che ne combinasse una delle sue. « Io sono Rayen Fie Oneiron, Diciassettesimo Nùmero di Las Noches. »

Si scrutarono per un lungo istante, studiandosi a vicenda. Rayen si preparò a mettere mano alla spada, poi vide Hisagi sbarrare gli occhi. 

« Raiha? » mormorò tra sé e sé.

Lei aggrottò la fronte. 

Nel viso di Hisagi balenò un lampo di emozione. « Non posso crederci, pensavo che fossi chissà dove nel Rukongai! Se solo avessi  saputo che eri a Hueco Mundo... »

« Non so di cosa tu stia farneticando, Shinigami. »

L'altro parve restare a bocca aperta. « Tu... non ti ricordi di me? »

« Non mi ricordo di te perché non ti ho mai visto prima! » Nel momento stesso in cui lo disse, Rayen si rese conto che non era del tutto vero. Le cicatrici, la curva della guancia, le spalle larghe… c’era qualcosa, in lui, che le era curiosamente familiare. Si concentrò, cercando di capire dove o quando l'avesse già incontrato, ma tutto ciò che ottenne fu una stilettata di dolore all'altezza dello sterno, insieme all'opaca consapevolezza che quello Shinigami un tempo l'avesse ingannata. L'avesse tradita. « Aspetta un attimo... tu una volta mi avevi promesso qualcosa, vero? »

Hisagi impallidì appena, ma la sua voce suonò perfettamente controllata. « Sì. »

« Una promessa importante... »

Il dolore al petto s'acuì, come se avesse appena ricevuto una pugnalata. Confusa e spazientita, Rayen vi portò istintivamente una mano, ma al posto della carne trovò il vuoto: il buco che la contrassegnava come Hollow, a metà strada tra il seno e la gola. Il malessere aumentò ancora. In un altro momento, forse, avrebbe voluto sapere tutto di Hisagi; adesso desiderava solo che sparisse dalla sua vista. La sua presenza le faceva male, e non riusciva a spiegarsi perché. 

Lo guardò con rabbia. « Insomma, chi diavolo sei tu? Cosa vuoi da me? Perché non te ne vai a sterminare Hollow da qualche altra parte e mi lasci in pace? »

Lui fece un passo avanti. « Posso spiegarti tutto, Raiha. »

« Rayen. »

« Rayen, come preferisci. » Hisagi assottigliò gli occhi. « È stata la trasformazione in Arrancar a comprometterti la memoria? Credevo che gli Hollow si ricordassero della loro vita umana... »

« A te che importa? » ribatté lei. 

« M’importa eccome. Forse non te lo ricordi, ma tu e io una volta eravamo… » esitò « Amici. E possiamo esserlo ancora, se solo mi darai una possibilità. »

Rayen per poco non gli rise in faccia. « Amici, uno Shinigami e una Hollow? Ma voialtri del Gotei 13 vi fate di acidi, prima di scendere in battaglia? Casomai non l’avessi ancora notato, io sono il tuo nemico naturale, Shinigami! Sei programmato per uccidermi. E io per uccidere te. »

*

Hisagi Shuhei rimase a fissarla, immobile, senza capacitarsi di quell’ultimo scherzo del destino. Davanti a lui c’era Raiha, ne era sicuro… ma una Raiha che aveva dimenticato chi era, cosa faceva e chi amava. La mutazione in Hollow aveva completamente sradicato la sua memoria. Era cambiata molto, dall’ultima volta che l’aveva vista. Gli sembrava in un certo senso più matura, probabilmente perché le pieghe oscure e i continui conflitti di Hueco Mundo l’avevano indurita. Il suo viso aveva perso quasi del tutto l'antica dolcezza e in ogni sua parola si poteva cogliere una lieve nota amara che prima non esisteva. 

Nulla a che vedere con la ragazza solare e delicata che viveva nei suoi ricordi.

Raiha è morta! La risata crudele della sua Zanpakuto, Kazeshini, gli rimbombò nelle orecchie. Non la troverai mai più, né in un mondo né in un altro. Questa qui è solo la sua ombra, e pure mal riuscita.

Sta’ zitto.

Sai che ho ragione. E sai anche qual è la soluzione. Shuhei poté quasi vedere il sogghigno compiaciuto di Kazeshini. Uccidila.

No, replicò con fermezza lo Shinigami.

È un fottuto Hollow, dannazione! Se non ci pensi tu, sarà lei a farti fuori per prima, e allora non ti servirà più questo tuo buonismo del cazzo. Forza, impugnami e uccidila!

Shuhei trasse un lento respiro.

Stupido, ringhiò Kazeshini. È l’unico modo sicuro per salvarti la pelle, lo capisci? Perché proprio adesso devi metterti a fare tutte queste seghe mentali?

Il suo padrone strinse piano l’elsa della spada. E di punto in bianco decise. Su una cosa, Kazeshini aveva ragione: sconfiggerla era la sua unica chance, non per salvare se stesso, ma per salvare lei. Doveva batterla, purificare la sua anima e inviarla nella Soul Society: persino gli angoli più miseri del Rukongai erano un rifugio migliore delle tenebre di Hueco Mundo. Con un po’ di fortuna sarebbe stata al sicuro dalla guerra incombente. Era il minimo che lo Shinigami potesse fare, dopo tutto quello che le aveva attirato addosso.

Sì!, gongolò Kazeshini. Voglio vedere il suo sangue!

Falla finita.

In silenzio, Shuhei sguainò la Zanpakuto. Si sentiva come se un macigno gli stesse schiacciando lo stomaco. Tra le sue mani, la spada fu attraversata da una leggerissima scossa di esultanza: la prospettiva di un combattimento all’ultimo sangue riempiva Kazeshini di gioia. Shuhei arricciò il labbro, disgustato dalla brutalità della sua Zanpakuto, e soprattutto dall'idea che una simile arma di distruzione potesse essere il riflesso della sua anima. 

Rendiamola una cosa veloce e indolore, Kazeshini, gli disse. 

Ahh, ma così ci perderemo tutto il divertimento!, sbuffò la Zanpakuto. Sei un guastafeste, Shuhei! D'accordo, se proprio desideri le regalerò una fine così immediata che nemmeno s'accorgerà di essere stata trafitta. E adesso andiamo!

Rayen s’irrigidì e brandì a sua volta la spada, puntandola minacciosamente contro Shuhei. I due lunghi nastri azzurri legati all’elsa ondeggiarono nel vento.

Ma che spadina carina!, la derise Kazeshini.  

Shuhei scattò verso Raiha – Rayen – e aprì le danze con un rapido fendente al fianco. Lei parò facilmente. Le loro lame non si erano ancora disimpegnate che la ragazza trasvolò alle spalle dello Shinigami e tentò un affondo a sorpresa. Le due Zanpakuto s'incrociarono, sprigionando una cascata di scintille.

« Alla fine ti sei svegliato » commentò lei.

« Con troppi anni di ritardo. »

Shuhei liberò la Zanpakuto e assalì Rayen, che s’abbassò fluidamente sotto il nuovo attacco e rotolò a distanza di sicurezza, prima di riprendere l'offensiva. 

Per essere tanto minuta, se la cavava sorprendentemente bene. Ma non aveva la stessa esperienza di Shuhei, e i suoi movimenti, per quanto agili, tradivano una certa sofferenza... come se qualcuno l'avesse già ferita, e lei non si fosse ancora ripresa del tutto. 

Non abbassare la guardia!, urlò Kazeshini. 

Un tondo particolarmente veloce lo raggiunse al braccio, disegnandogli una striscia rosso sangue appena sopra il gomito. Shuhei strinse i denti. Il pensiero di ferirla lo tormentava, ma non poteva fare altro che purificarla. Glielo doveva.

Adesso, pensò, con una nota di disperazione. 

Adesso, concordò maligno Kazeshini.

« Kare, Kazeshi… »

Una sorda detonazione investì l’aria, seguita da una prepotente frustata di reiatsu azzurro elettrico. Shuhei la analizzò in fretta. Kurosaki Ichigo aveva attivato il suo Bankai: probabilmente era nel bel mezzo di un duello mortale con un altro Arrancar. Di colpo, il Vice-Capitano sollevò il capo, realizzando che quella reiatsu era terribilmente simile a quella di…

« Ehi... » Rayen, sul punto di rilasciare a sua volta, abbassò la spada, stupefatta. « Questa è... la mia reiatsu? »

« Non esattamente, però ci assomiglia molto. »

Lei lo fissò con sospetto. « È uno dei vostri soliti sotterfugi, Shinigami? »

Un’altra sferzata di energia spirituale li travolse. Proveniva dalla parte opposta di Karakura, e stavolta apparteneva ad un Arrancar.

Shuhei tese i muscoli. Quanta forza… sembra un Espada.

« Ah, la diva ha rilasciato » commentò Rayen con voce incolore, più a sé che a lui. « Forse s'è rotto un'unghia, povero piccolo Luppi. »

Shuhei strinse forte Kazeshini. Poteva percepire le reiatsu di Madarame, Ayasegawa e Matsumoto nei pressi di quella dell’Arrancar… più quella del capitano Hitsugaya, che però stava lentamente svanendo.

« Hitsugaya-taichou! » Lo Shinigami serrò i pugni, in conflitto tra il dovere di esorcizzare la ragazza Hollow e quello di assistere i compagni in difficoltà.

Non mi sembra così difficile come scelta, sbuffò Kazeshini. Ammazza in fretta l’Arrancar, così puoi correre a salvare il culo ai tuoi amichetti!

« Io… » Shuhei chinò il capo, ma un'eco lontana lo ricosse: un grido di Matsumoto. « Devo andare, adesso. »

Portò un braccio allo sterno in posizione difensiva, intercettando al volo un calcio di Rayen.

« Stai scherzando? » sbottò lei. « Tu non te ne vai da nessuna parte! »

Lui l’allontanò. « Non mi sembravi così impaziente di volermi qui, quando cinque minuti fa mi hai intimato di lasciarti in pace. »

« Hai ragione, mi sono espressa male. Non te ne vai finché non mi hai detto di chi è quella reiatsu e perché è così simile alla mia! »

« Il perché non lo so nemmeno io, ma ho tutta l’intenzione di scoprirlo. » 

Rayen lo fissò negli occhi, cercando di capire se stesse mentendo. Shuhei ricambiò, saldo e flemmatico. Arrancar e Shinigami si squadrarono a vicenda, con le spade sguainate. 

« D’accordo » capitolò la ragazza. « Allora prendiamola come una tregua. Io vado a cercare quella maledetta reiatsu e tu vai a dare una mano ai tuoi colleghi. Ma la prossima volta che ci vediamo concludiamo la faccenda, okay? »

« Mi sta bene. »

Shuhei rinfoderò la spada. La prossima volta l’avrebbe liberata una volta per tutte, pensò, prima di trasvolare.

*

Rayen correva al massimo della velocità consentita dal sonido. Non era da lei interrompere uno scontro, ma era intenzionata a scoprire da dove provenisse quella strana reiatsu. E poi, tra sé e sé, era contenta di non avere più Hisagi davanti agli occhi: ora che si era allontanata, il dolore al petto era quasi completamente svanito, insieme alla sensazione di malessere. Prima o poi avrebbe dovuto indagare anche su quello. 

La reiatsu azzurra, quella che le ricordava tanto la sua, si stava ferocemente scontrando con un’altra energia, più densa e aggressiva. Rayen l’avrebbe riconosciuta fra mille, anche perché una volta l’aveva provata sulla propria pelle.

« Grimmjow » disse piano.

Si sforzò di accelerare ulteriormente il passo. Attorno a lei, gli edifici di Karakura erano un confuso turbinio nero e argenteo. 

Finalmente, con un ultimo scarto, l’Arrancar arrivò all’improvvisato campo di battaglia. Le si mozzò il fiato in gola.

Davanti a lei, in mezzo alla strada cosparsa di tegole, lamiere piegate e mattoni scheggiati, c’era il ragazzo del suo Focus. La divisa da Shinigami gli pendeva addosso in brandelli insanguinati. Stava inginocchiato sull’asfalto, con il dorso delle mani trafitto da una spada saldamente piantata a terra. Sotto le ciocche di capelli arancione, il suo viso era una maschera di rabbia e sofferenza.

Sopra di lui torreggiava Grimmjow, un sogghigno trionfante stampato in viso, il palmo della mano teso in avanti e illuminato da un Cero.

« No! »

In un supremo slancio di sonido Rayen volò attraverso l’ultimo tratto che li separava e si scagliò contro l’ex Espada, con tanta veemenza da fargli perdere l’equilibrio. Deviato dal suo obiettivo, il Cero partì verso l’alto fischiando come un fuoco d’artificio, mentre i due Arrancar rotolavano a terra in un groviglio di arti, ossa e imprecazioni.

« Fie, togliti di mezzo! » ringhiò Grimmjow. « Che cazzo pensavi di fare? »

Rayen si rialzò in piedi al volo. « Non puoi ucciderlo, Grimmjow! L’ho visto in un Focus, è importante... »

« Importante per cosa, per Aizen? Fantastico, una ragione in più per farlo fuori. E adesso levati dai piedi, o vi ammazzo tutti e due. »

In preda alla disperazione, lei lanciò un rapido sguardo allo Shinigami. E rimase folgorata.

Il ragazzo dai capelli arancione la stava guardando, sorpreso. Aveva occhi grandi ed espressivi, di una vibrante sfumatura nocciola che in parte lambiva il castano, in parte l’ambrato. I suoi stessi occhi, identici.

Rayen batté le palpebre, stupita. « Kurosaki Ichigo? »

« Già » sbuffò Grimmjow.  

Senza più alcuna esitazione, la ragazza avanzò verso lo Shinigami. Dentro di lei, qualcosa scattò, come se un vecchio meccanismo corroso dal tempo e dalla ruggine si fosse di nuovo magicamente sbloccato.

La buona notizia: era sicurissima di stare facendo la cosa giusta.

La cattiva notizia: la cosa giusta era un suicidio bello e buono. 

Sarebbe stato meravigliosamente facile farsi da parte e lasciare che Grimmjow uccidesse il ragazzo, ma non poteva farlo. Un filo invisibile legava lei e Kurosaki, adesso ne era certa. Sentiva che il giovane Shinigami era fondamentale, che rappresentava lo spartiacque che avrebbe radicalmente cambiato il senso della sua esistenza. Aveva bisogno di lui. 

Rayen sapeva benissimo che tra lei e Grimmjow c'era troppa differenza, che se si fossero scontrati non avrebbe avuto nemmeno mezza possibilità, così come non l’aveva avuta con Nnoitra. A dire la verità, non avrebbe voluto battersi con lui neppure se fossero stati allo stesso livello. Era la cosa più vicina ad un amico che avesse. 

Ma se intendeva fare del male a Kurosaki non si sarebbe tirata indietro. 

« Non posso permetterti di ucciderlo » insisté.

Si pose davanti a Kurosaki, fronteggiando il suo ex Espada.

Quello era il momento in cui, secondo il copione, Grimmjow avrebbe dovuto fermarsi e confessarle che era la persona più importante della sua vita. Dopodiché sarebbero tornati insieme a Las Noches, avrebbero sconfitto Aizen e sarebbero diventati il nuovo re e la nuova regina di Hueco Mundo, e tutti vissero felici e contenti.

Ma sfortunatamente la vita di Rayen non era una fiaba, le cose andarono in modo leggermente diverso.

Grimmjow la squadrò con incredulità e disprezzo, poi scrollò le spalle e borbottò un annoiato « Come vuoi ». Sollevò di nuovo la mano, che già iniziava a risplendere di Cero rossastro. 

Rayen non fece neppure in tempo a spaventarsi che istintivamente evocò: « Erabe, Trèbol! » Non appena la Resurreciòn s’avviluppò intorno a lei, più in fretta di quanto non avesse mai fatto in tutta la sua esistenza, la ragazza sfiorò freneticamente i quattro simboli impressi sullo scudo, chiamandoli per nome e accendendoli del familiare chiarore azzurrino. « Al azar! »

La lancetta sullo scudo cominciò a ruotare, mentre il calore sprigionato dal Cero andava poco a poco rafforzandosi.

Ti prego, Trèbol, niente scherzi, implorò mentalmente Rayen.

Angosciata, azzardò un’occhiata allo scudo… e quasi tirò un sospiro di sollievo. La lancetta indicava il calice, Templanza. Forse da qualche parte c’era davvero un essere divino che di tanto in tanto posava i popcorn e tendeva l’orecchio alle suppliche dei disperati.

« Escudo Templado! »

Il Cero di Grimmjow esplose.

*

Un boato scosse la terra, facendola tremare sotto le ginocchia di Ichigo. Il ragazzo batté le palpebre, allibito: l'Arrancar che aveva placcato Grimmjow era davanti a lui e gli dava le spalle, avvolta in una sorta di bianca armatura vegetale. Teneva il braccio sinistro piegato di fronte a sé; lo scudo a quadrifoglio che vi era allacciato pulsava di energia. 

Tutto attorno a loro era comparsa una barriera circolare, traslucida, formata da migliaia di delicatissimi fili di reiatsu intrecciati tra di loro. Sembrava fragile come una bolla, ma per il momento resisteva tenacemente al Cero di Grimmjow, che bruciava e guizzava ferocemente contro la sua superficie cristallina senza riuscire minimamente a penetrarvi. Era come trovarsi sotto un'incredibile cupola di diamante. 

Ichigo non aveva idea di chi fosse quella tizia, né del perché lo stesse aiutando, ma una cosa era certa: nessuna barriera poteva durare per sempre, soprattutto sotto i colpi di un Espada. Con rinnovata determinazione, il Delegato si tese in avanti, addentò l’elsa della spada ancora conficcata tra le sue mani e tentò di svellerla con tutte le sue forze. Una fitta di dolore puro lo attraversò dalla punta delle dita ai muscoli del collo, ma non s’arrese.

Grimmjow prese a tempestare la cupola con una pioggia di Cero, intervallati a scariche di Bala. Gli attacchi si facevano sempre più veloci e intensi. Ichigo
 moltiplicò i suoi sforzi per strappare la spada. Doveva farcela, doveva…

Crac.

Un’enorme crepa bianca apparve sulla barriera. La ragazza Arrancar gridò, e per un secondo la luce dell’Escudo Templado parve brillare più luminosa. Poi un altro Cero si schiantò contro la sua superficie adamantina e una seconda crepa si unì alla prima.

Un velo rosso di sofferenza calò sugli occhi di Ichigo, ma lui continuò a lottare per estrarre la spada. La lama scivolò via di qualche millimetro, lentamente, troppo lentamente.

« Ichigo! » strillò improvvisamente una voce femminile dietro di lui.

Ci fu un altro Cero e la barriera esplose in mille pezzi.

In quello stesso istante, una ventata gelida come la quintessenza dell’inverno spazzò la strada, ghiacciando l'aria a un soffio dal suo viso. 

 

 

**************

Sixy: wow... sto aggiornando la storia e non nel cuore della notte o.o

Rayen: mah, sinceramente penso che il fatto che tu stia aggiornando è già abbastanza strano di per sé -.-' comunque sei PAZZA! Stai delirando! Cosa diavolo passa per quella tua mente malata?!

Sixy: *impugna una penna con fare intellettuale* come disse zio Baudelaire... ho sentito su di me il frullo d'ali dell'imbecillità!

Ne approfitto per ringraziare caldamente tutti i recensori, Angel of hope, AriCastle66, Erre e Mistero95 che l'hanno messa tra le preferite, e Akisan, CHOCMyself_, Justine_Law, KayeJ, Lightning00, murasachinkeo, Rebecca Lestrange Buki, Saeko_san, Saliman e sosia che l'hanno messa tra le seguite, e anche tutti coloro che leggono e basta *.* grazie ragazzi, vi adoro!

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Capitolo 13
*** Enemy's embrace. ***


XIII. Enemy's embrace

Colui che gli Hollow chiamavano Cacciatore d’Anime era inginocchiato sul gelido pavimento di un salone immenso, che pareva interamente scolpito nel cristallo. Decine e decine di pilastri traslucidi si slanciavano verso l’alto, ornati per l’intera lunghezza da piccole esplosioni di fiamme e fiori ghiacciati; se le si seguiva, lo sguardo si perdeva nel vuoto, perché il soffitto era così alto da sparire nel buio, anche se qua e là ammiccavano brevi sprazzi di luce simili a stelle. Candelieri trasparenti fluttuavano da soli a mezz'aria, le estremità scintillanti di tremule fiammelle azzurre. Le pareti della sala erano quasi completamente spoglie, adorne solo dalla propria incredibile lucentezza.

« Ehi, Ryuuji, non mi aspettavo una tua visita! » tuonò una voce profonda e gioviale.  

Il Cacciatore d’Anime sollevò la testa. Un uomo alto e imponente gli stava venendo incontro, con un gran sorriso guizzante sotto i folti baffi neri. Era abbigliato secondo la divisa scura degli Shinigami, ma con una fascia rosso sangue drappeggiata attorno alle ampie spalle. All'altezza del cuore portava uno stemma candido, con un complesso ideogramma elegantemente ricamato in nero.

« Nishizawa-san. » La voce del Cacciatore era insolita, un rauco sussurro psichico che raggiungeva le menti dei suoi interlocutori senza che lui aprisse bocca. « Sono di ritorno da Hueco Mundo, dietro convocazione del Re Spirito. »

« Un’altra convocazione, eh? Piccola carogna, mai una volta che passi di qui per il semplice piacere di fare due chiacchiere! » Nishizawa gli abbatté una gigantesca mano sulla spalla con fare cameratesco. « Ah, a proposito, puoi pure alzarti in piedi. Il Grande Vecchio adesso è impegnato, credo che ci metterà un po’ a riceverti. »

« Ci sono stati problemi? » chiese Ryuuji.

« Nah, niente che lui non sappia gestire… sai com’è fatto, per lui il termine ‘problema’ è un concetto molto vago. C'è una ragione, se è il Re di tutte le anime. » L’uomo scosse la testa, sempre sorridendo. « Piuttosto, parlami un po’ di te. È da tanto che non mi racconti qualche novità delle altre dimensioni. E così il Vecchio ti ha organizzato un'altra bella gita nel deserto? A che quota siamo, con gli Hollow? »

« Quarantasette. » 

« Niente male » approvò Nishizawa. « Altre quarantasette anime impacchettate, bollate e pronte alla spedizione. Si troveranno bene. Ameranno Eden Gan, senz’altro più di quanto non abbiano mai amato Hueco Mundo. » La sua voce si smorzò di colpo, abbassandosi ad un sussurro da cospiratore. « E parlando di Hueco Mundo... cosa mi dici di quella famosa questione? »

Ryuuji lo fissò. « Ho trovato Raiha. A Las Noches. »

« Lo sapevo! » Gli occhi neri di Nishizawa scintillarono. « Una Vasto Lorde? »

« Una Arrancar. »

« Maledizione, ho scommesso con Tensai che sarebbe stata una Vasto Lorde! » L'uomo si grattò la nuca, sbuffando. « Hmm, beh, un’Arrancar è pur sempre meglio di niente. Ehi, magari un giorno o l’altro ce la presenti, cosa ne dici? Quando conti di portarla con te a Eden Gan? »

« Quando la sua sorte si sarà compiuta, a meno che il Re Spirito non decida altrimenti, come sempre » replicò Ryuuji. 

Nishizawa annuì, poi aggiunse speranzoso: « E per quanto riguarda... lo sai, Kirio Hikifune? Hai scoperto qualcosa di nuovo? »

L'angelo si rabbuiò. « Temo di no. Ho supposizioni, solo supposizioni… nulla che possa concretamente aiutarvi a rintracciarla. E anche se la mia ipotesi fosse corretta, sai bene che né tu né io potremmo agire direttamente. Non possiamo condizionare gli avvenimenti della Soul Society, a meno che non abbiano un'influenza determinante anche sul Re. »

« Lo so, lo so. È solo che... » Nishizawa fissò il pavimento, e per la prima volta la sua maschera allegra e bonaria si spezzò, lasciando intravedere il suo vero sé: un uomo distrutto, che dietro le risate celava un dolore profondo e inguaribile. « Non riesco a rassegnarmi al fatto di averla perduta. Se almeno sapessi che il suo spirito riposa a Eden Gan potrei mettermi il cuore in pace, ma così... »

Ryuuji gli strinse gentilmente il braccio. Aveva rinunciato alle emozioni umane tanto tempo prima, ma ricordava ancora come ci si sentisse ad averle. Nishizawa lo guardò con serietà. 

« Ryuuji, so che non fai ufficialmente parte della Compagnia Zero, ma ti considero lo stesso uno dei miei compagni. Promettimi che se scoprirai dove si trova Kirio farai il possibile per riportarla da noi, fosse anche solo nei limiti stabiliti dal Grande Vecchio. »

Il Cacciatore d'Anime assentì. « Te lo prometto, Nishizawa-san. Farò tutto ciò che è in mio potere per salvarla. »

 

*

L’Escudo Templado si sgretolò in una pioggia di scintille azzurrine. Rayen chiuse gli occhi, ormai psicologicamente pronta ad essere arrostita da un Cero da un momento all’altro, ma l'unica cosa che la colpì fu una folata di vento freddo. Colta di sorpresa, sollevò cautamente le palpebre. Attorno a lei non c’erano mortali fiamme di reiatsu, solo una spruzzata di fiocchi di neve, che turbinavano e roteavano lievemente a mezz’aria come delicate farfalle di carta.

... un momento, doveva essersi persa qualcosa.

Rayen si guardò nervosamente intorno, nel timore di vedere Grimmjow piombarle addosso da un momento all'altro. Lo vide quasi subito, e il suo cuore ebbe un tuffo. A qualche metro di distanza da lei si ergeva un enorme blocco di ghiaccio, scintillante sotto i raggi del sole: al suo interno, congelato nell'atto di sparare un Cero, c'era Grimmjow, con la mano tesa di fronte a sé e il volto distorto da una rabbia selvaggia.

« Grimmjow?! » 

Incredula, Rayen arrancò fino al suo ex Espada. Grimmjow non poteva essere morto... ci voleva ben più di una ventata fredda per metterlo in difficoltà. Era vivo. Per forza. La ragazza afferrò l'elsa di Trèbol, con una mezza idea di provare ad assorbire la reiatsu di ghiaccio con una Fuerza, ma una voce bassa e gentile attirò la sua attenzione. 

« Non preoccuparti, Ichigo, adesso ti libero da quest'affare! »

Rayen ruotò su se stessa, oscillando con la strana grazia conferitale dalla sua Resurreciòn. Dietro di lei, una graziosa Shinigami dai corti capelli corvini era comparsa accanto a Ichigo e ora tirava con tutte le sue forze la spada che gli trafiggeva le mani, cercando di svellerla. A ogni strattone, un lampo di sofferenza balenava nelle iridi del ragazzo, ma lui rimaneva stoicamente immobile.

« R-Rukia » ansimò.  « L'Arrancar… »

« Shh, non parlare. » La Shinigami – Rukia, a quanto pareva – si voltò verso Rayen, soppesandola con i profondi occhi violetti, ma dovette decidere che non costituiva una minaccia immediata, perché subito dopo riportò l'attenzione sulla spada. « Perché l’hai fatto, Arrancar? » chiese senza guardarla. « Hai affrontato quell'Espada e rischiato la pelle per Ichigo. Pensavo che Aizen vi avesse ordinato di ucciderci tutti. »

« Lunga storia. » Rayen rinfoderò stancamente Trèbol, senza nemmeno tentare la Fuerza. Si era schierata contro Grimmjow perché Ichigo sopravvivesse: ora doveva pensare a metterlo al sicuro. Ingoiò la tristezza, la rabbia e il senso di colpa e si avvicinò fluttuando alla coppia di Shinigami. « Per quanto riguarda voi due, vi conviene sparire dalla circolazione, e subito. In giro per la città ci sono altri due Espada, se vi trovano siete spacciati. »

« Se ci trovano, finiscono come lui » ribatté coraggiosamente Rukia, indicando con un cenno Grimmjow.

« Non dire cavolate, Shinigami, non siete in condizione di confrontarvi con loro. Meno che mai se Kurosaki è ferito. » Rayen intercettò di nuovo lo sguardo penetrante di Ichigo. Era uno sguardo che chiedeva delle risposte, risposte che lei non poteva e non sapeva dargli. La ragazza ebbe ancora la forte sensazione che tra loro due ci fosse una catena invisibile, una misteriosa connessione che li vincolava inesorabilmente l'uno all'altra. Le loro reiatsu ardevano insieme, sfiorandosi e fondendosi, troppo simili per lasciar credito a coincidenze.

« E tu, Arrancar? » domandò Rukia di punto in bianco. « Non sono sicura di come funzionino i rapporti da voi, ma ti sei opposta al comando diretto di un tuo superiore e hai salvato uno Shinigami. Alla Soul Society, trasgressioni del genere possono portare a punizioni molto severe. Se Aizen ha adottato i nostri stessi usi, non puoi tornare a Hueco Mundo come se niente fosse... ti farà giustiziare. »

Rayen impallidì. Nella foga del momento, non ci aveva pensato. Adesso aveva tutte le carte in regola per essere ufficialmente considerata una traditrice.

« Okay, Hueco Mundo è fuori discussione » ammise a malincuore. « Ma in qualche modo vedrò di cavarmela. Ora sbrigati con quella spada, potrebbe arrivare qualcuno. »

« Potremmo condurti con noi alla Soul Society » considerò Rukia. « Non ho mai sentito di Arrancar disposti a sacrificarsi per proteggere uno Shinigami, ma il Capitano-Comandante Yamamoto troverà di certo un modo per tutelarti. »

L'Arrancar alzò le spalle. « Sicuro, la Soul Society è proprio un rifugio coi fiocchi per un Hollow. Parlo sul serio, Shinigami: lascia perdere me e pensa invece a salvare la pelle. La tua e quella di Kurosaki, dato che ci sei. »  

In quel momento, uno scoppio cristallino risuonò nell'aria e una familiare ventata di reiatsu li colpì tutti e tre come uno schiaffo. 
Rayen, Rukia e Ichigo trattennero il fiato contemporaneamente. 

Fu un istante. 

Prima che uno di loro potesse accennare a muoversi, un bagliore si sprigionò dal punto in cui Grimmjow era stato congelato e un raggio incandescente colpì in pieno Rayen alla schiena, scaraventandola dalla parte opposta della strada e facendola volare contro la vetrina di una cartoleria, che s'infranse all'impatto. La ragazza cadde faccia in avanti in un ventaglio di schegge di vetro. Il dolore, liquido e cocente, le inondò i muscoli come una colata di metallo fuso. Stordita, udì urla e scalpiccii attorno a sé: l'improvvisa - e soprattutto immotivata - esplosione della vetrina aveva allarmato gli umani. 

Masticando una maledizione, s’asciugò un filo di sangue che le usciva dall’angolo della bocca e si rimise in piedi. Il suo tachi era stato sbalzato sotto il tavolo della cassa. Fece per prenderlo, ma la sua mano fu di scatto imprigionata da dita lunghe e forti, gelide come la morte. Un'ombra enorme incombeva su di lei. Con orrore, Rayen riconobbe due occhi azzurri accesi da una furia omicida.

« Grimmjow » esalò.

« Fie » ringhiò lui.

Uno schiocco secco, e una fitta atroce le saettò attraverso il braccio. Rayen si morse il labbro a sangue per non urlare, stringendosi al petto il polso rotto. Provò a reagire con un calcio, ma Grimmjow parò e trasvolò fulmineo alle sue spalle, per poi afferrarle la testa. Il suo palmo cominciò a risplendere di Cero. Rayen lottò con tutte le sue forze, graffiando e scalciando disperatamente, senza riuscire a liberarsi da quella presa d'acciaio.

« Ehi, Arrancar! » Rukia fece irruzione nel negozio in un turbine di fiocchi di neve, la spada in pugno. « Lasciala stare, sarò io la tua avversaria. »

« Ma non farmi ridere, nanerottola! »

Rukia si lanciò avanti con un fendente, e Grimmjow suo malgrado fu costretto a mollare Rayen. La ragazza crollò a terra, dolorante. Sentì confusamente il sibilo di due lame che cozzavano con violenza, poi i rumori si attutirono: la Shinigami e l'ex Espada erano trasvolati nella strada. 

Rayen si rannicchiò su un fianco, respirando affannosamente. La Resurreciòn palpitò di un lieve chiarore argenteo e scomparve, lasciandola sola e tremante nella sua forma umana. Il polso le faceva male da impazzire, ma doveva rialzarsi... ora avrebbe cercato il tachi e sarebbe accorsa al fianco di Rukia... 

La sua visuale s'illuminò di botto, dilaniata da ondate di colori psichedelici. Un nuovo Focus bussava con insistenza alla sua mente, pretendendo di entrare. Rayen oppose debolmente resistenza, ma ben presto i suoi muri interiori cominciarono a cedere e un flusso di immagini scrosciò nella sua coscienza, forte e denso come un torrente in piena.

*

Si rimette in piedi, impolverata e ansante. Non indossa i suoi soliti indumenti bianchi, ma abiti blu e grigi, di bizzarra fattura, ora laceri e imperlati di sangue. Proprio di fronte a lei c’è una ragazza minuta e sorridente, che avanza verso di lei a passi lenti e aggraziati come quelli di una ballerina, brandendo con tutta naturalezza un tachi identico a Trèbol. La ragazza in questione porta i capelli neri tagliati corti, in una specie di caschetto, ma con due ciocche verdi spartite ai lati del viso che le scendono fin quasi al seno; i suoi occhi sono stranamente spenti, quasi vitrei. Sembra un poco più giovane di Rayen, più vicina ai quindici anni che ai venti, ma la minacciosa reiatsu che crepita come un ventaglio elettrico attorno alla sua figura esile è un avvertimento più che sufficiente. 

« Che ti prende, Rai-chan, non avrai mica paura di me? » la canzona la ragazza.

Rayen impugna la sua Zanpakuto con più determinazione. « Sì, nei tuoi sogni. »

L’altra scoppia in una risatina, poi si mette a sua volta in posizione d’attacco. La sua espressione è allegra, un filo beffarda; quella di Rayen attenta e concentrata. Le due ragazze si fronteggiano, le lame sguainate.

Le loro voci si levano nello stesso istante: « Erabe... ».

*


« … Trèbol! »

Ma le dita di Rayen strinsero solo aria. Frastornata, l'Arrancar tastò intorno a sé alla cieca, all’istintiva ricerca della propria spada. Non la trovò da nessuna parte. Si alzò faticosamente a sedere, sentendosi la testa sul punto di scoppiare. Qualcosa di pesante le fasciava il polso: qualcuno glielo aveva steccato, forse applicando anche della reiatsu curativa, perché non avvertiva più alcun dolore, solo un lieve prurito. Altre bende le cingevano le costole. 

Rayen non s’aspettava bene cosa vedere – forse la sua stanza, o l’infermeria di Las Noches, o più probabilmente qualche girone dell’inferno – ma fu comunque sorpresa di trovarsi circondata da una selva di sbarre. Era in una specie di cella.

Fece rapidamente mente locale, cercando di capire come diavolo fosse finita là dentro. Aveva partecipato al secondo attacco a Karakura… aveva incontrato uno Shinigami che aveva blaterato qualcosa a proposito di una loro presunta amicizia… aveva rivisto il ragazzo del suo Focus, Kurosaki Ichigo, si era opposta a Grimmjow per salvarlo... e per poco non ci aveva lasciato le penne. Rabbrividì. Ricordava il breve scontro nella cartoleria, ma poi? Cos'era successo, poi?

Si trascinò fino alle sbarre e cercò di scrutare al di là di esse. Dapprincipio non vide nulla, se non un confuso mescolarsi di ombre, poi le sagome si schiarirono poco a poco e Rayen finalmente capì dov’era.

Ovvero, nel letame fino al collo.

Una fila di pallide luci al neon attraversava il soffitto della stanza, rischiarando tavoli pieni di becker, ampolle e flaconi di ogni tipo, perlopiù ricolmi di liquidi viscosi e forme indefinite (alcune delle quali parevano un po’ troppo vive per i gusti di Rayen). In un angolo giaceva una strana macchina dai bracci tentacolari, proprio accanto ad una sorta di grossa croce metallica irta di chiodi dall’aria molto poco rassicurante. Ancora accanto c'era quella che sembrava una piccola fucina. 

Sarebbe anche potuto passare per il laboratorio di un certo Espada di sua conoscenza, se non fosse stato che Rayen lo aveva già visitato. E quello definitivamente non era il laboratorio di Grantz.

« Bene, bene, la nostra ospite è sveglia! »

Rayen sobbalzò. A meno di venti centimetri da lei era apparso un volto dipinto di bianco e di nero, tagliato in due da un enorme e grottesco sorriso di denti d'oro. Sotto quel volto c'era una divisa nera che lo contrassegnava come Shinigami... lo Shinigami più inquietante che lei avesse mai visto, con una luce di follia nei roteanti occhi gialli. 

« Mayuri-sama, le amministro un’altra dose di sedativo? » chiese una fredda voce femminile. Dalle tenebre emerse una donna Shinigami alta e snella, con una lunga treccia di capelli scuri. 

« Non serve, Nemu, non serve » replicò lui scuotendo la testa. « Perché l’esperimento funzioni, è necessario che la cavia sia in stato vigile. L’estrapolatore polimnemonico è quasi carico. »

« L’estrapola-che? » Rayen si sentì i sudori freddi. « Fermi tutti, aspettate un attimo… chi siete voi? Perché mi avete portata qui? Dove sono Rukia e Ichigo? »

« Oh? Riesci già a parlare? Ottimo, ottimo. » L’uomo, Mayuri, inclinò lievemente la testa di lato, guardandola con espressione indecifrabile. « Kuchiki-san e Kurosaki-san sono rientrati alla Soul Society poco dopo il tuo arrivo. Voglio essere chiaro con te, Arrancar. C’è circa un 82.6% di possibilità che tu non sopravviva fino a domani, quindi trovo piuttosto inutile perdere tempo in presentazioni. Ti basti sapere che sei stata prelevata dalla città di Karakura da uno dei miei subordinati, dopo la ritirata degli altri Arrancar, e che adesso ti trovi nei laboratori della Dodicesima Compagnia del Gotei 13. Il Capitano Comandante mi ha autorizzato a studiare liberamente i nostri prigionieri di guerra. Dovresti sentirti onorata, perché sarai il sesto soggetto a partecipare ad un tipo di sperimentazione molto ambizioso… »

« Cioè? » chiese nervosamente Rayen.  

« Cioè cercare di invertire il processo di trasformazione in Hollow, restituendo all’anima un cuore e una memoria! » completò Mayuri con evidente soddisfazione. 

« Invertire il processo… » Rayen trasalì. « Ma stai scherzando, Shinigami? Gli Hollow non possono tornare ad essere anime Plus, a meno che non vengano uccisi da una delle vostre Zanpakuto. E poi, noi ce l'abbiamo già, un cuore. »

« Ah, dipende dal punto di vista, Arrancar » ribatté lui sempre sorridendo. « Certo, possedete il muscolo cardiaco, ma siete privi di un cuore spirituale in grado di ispirarvi l'intero spettro delle emozioni. Se aggiungiamo quello e lo integriamo con i vostri ricordi umani, la vostra anima potrebbe risultare purificata anche senza l'uso di una Zanpakuto, anche se come ti ho già detto è una pratica ancora prettamente sperimentale. Nemu, sto per attivare l’estrapolatore, sei pronta? »

« Sì, Mayuri-sama. » La donna, Nemu, pose in avanti le mani. « Bakudo numero 4: Hainawa! »

Una fune di vivida energia dorata si dipanò dai suoi palmi, avvolgendosi strettamente attorno a Rayen e bloccandole le braccia dietro la schiena. Rayen s’irrigidì. 

« Il primo passo » cominciò Mayuri sollevando l’indice « sarà cercare di ricomporre la tua memoria. Non temere, Arrancar, non sarà doloroso… non molto, almeno. Sì, c’è sempre una probabilità abbastanza alta che la tua anima non regga agli impulsi e finisca distrutta, ma… »

« Ma un corno! Non v’azzardate a toccarmi, maledetti! »

Senza Trèbol e con le mani immobilizzate, Rayen indietreggiò, tentando di liberarsi dal bakudo di Nemu, tuttavia la Shinigami non fece una piega: aprì la cella e sfoderando una forza insospettabile la trascinò fuori di peso, verso la macchina tentacolare. Rayen udì un tintinnio metallico, come di catene, e un secondo dopo diverse fasce fredde e lisce le serrarono le caviglie, la vita e la gola. 

« Contatto! » comandò Mayuri. 

Le catene che la cingevano parvero incendiarsi, prendere vita. Di colpo, Mayuri e Nemu svanirono, e così l’intero laboratorio: tutto fu ingoiato da un vortice di pura tenebra. Rayen chiuse gli occhi, nauseata. Poco a poco, con lentezza quasi esasperante, il buio dietro le sue palpebre iniziò ad animarsi, popolandosi di luci, di suoni, di immagini...

Di ricordi. 

*********

Sixy: che dire, siamo tornati ai vecchi standard notturni XD mezzanotte e cinque, e rieccoci qua! Spero di non stare danneggiando troppo la vostra psiche. Vi dirò che in più di un'occasione rileggendo quello che scrivevo mi veniva spontanea la domanda "ma che cazz...?!" Però alla fine ho deciso di buttarmi lo stesso, o la va o la spacca :3 

Rayen: -.- 

Sixy: oh, e Ray è scontenta, tanto per cambiare. Potevo crearmi un personaggio meno piantagrane? Ovviamente no! 

Rayen: t'aspettavi forse che ti saltellassi intorno ricoprendoti di petali di rosa spalmati di Nutella? -.- 

Sixy: considerando che ti ho portato fino al capitolo XIII sana e salva... *la occhieggia meglio* ... uhm okay, diciamo salva e basta... sì, mi aspettavo un pelo di gratitudine in più! 

Rayen: il tuo è tutto sadismo! Voglio una petizione! Unitevi anche noi, proteggiamo i diritti dei poveri personaggi innocenti barbaramente torturati da autori crudeli!

Sixy *le dà una padella in testa*: smettila di piagnucolare e datti tono... 

Rayen: sigh ç.ç cosa potrebbe capitare di peggio?

*Uno schermo gigante cala dall'alto e parte la musichetta introduttiva di Beautiful, mentre si vedono le immagini di Uryu, Ichigo, Chad, Grimmjow, Ulquiorra, vari capitani e il resto della comitiva che sfilano avanti e indietro a effetto rallentatore facendo i fighetti*

Gin (voce fuori campo): benvenuti alla puntata numero 93892 di Bleachful *.* riassunto delle puntate precedenti! Nello scintillante universo della moda di Los Ange... ehm, di Las Noches, due grandi aziende stilistiche, la Kurosaki Kreations e la Aizen Fashions si scontrano in un'epica battaglia all'ultimo spillone!

Uryu: ma perché si chiama 'Kurosaki' e non 'Ishida'?! Io copro il ruolo di stilista, capo disegnatore, direttore generale, amministratore delegato, modello e all'occorrenza anche di portinaio dell'azienda! è.è

Ichigo: perché io sono il più figo u.u

Aizen: *sorriso enigmatico*

Uryu e Ichigo: *indicandolo contemporaneamente* che ci fa lui negli uffici della Kurosaki Kreations??

Aizen: *si riaggiusta gli occhiali con gesto figo* quand'è che avete cominciato a cullarvi nell'illusione che io non ci fossi?

Uryu: ... qualcuno gli dia una botta in testa, vi prego... 

Ichigo: non so come tu sia entrato, ma so benissimo perché sei qui è.é vuoi sedurre la disegnatrice Hinamori e rubare i design dei nostri abiti!

Aizen: perché mai dovrei? *tira fuori dal nulla un grafico recante la scritta livello di popolarità* come potete vedere, la Aizen Fashions è molto più amata della Kurosaki Kreations, e questo perché io, da vero dio quale sono, so cosa piace alle fan! (ossia vedere i magnifici fisichetti dei miei Espada, secondo la regola 'meno vestiti hai addosso meglio è', vedi Grimmjow e Ulquiorra in segunda etapa

Ichigo: sciocchezze, solo noi della Kurosaki Kreations conosciamo il cuore degli spettatori è.é Uryu, all'opera!

[... to be continued... ]

Rayen: ma anche no! Cos'è questa mostruosità? O.o

Sixy: Bleachful, la soap opera più seguita di Hueco Mundo! 

Rayen: sì, solo da Loly e Menoly -.- 

 

... deliri a parte ...

Un altro capitolo finito *.* un po' di personaggi nuovi, un po' di approfondimenti... se tutto va come deve andare, la storia dovrebbe essere di circa una trentina di capitoli. Vedremo, vedremo :) 

Ciao a tutti, bacio!

Sixy

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Another life, another story - Daybreak. ***


XIV. Another life, another story
Daybreak

 

Era come scivolare in un abisso senza fondo, una sensazione che la spaventava e la inebriava al tempo stesso. Attorno a sé, Rayen non vedeva altro che oscurità, un’oscurità morbida e accogliente che la attirava gentilmente verso le più recondite profondità del suo essere, al di là delle pieghe del tempo e dello spazio. Poco a poco, con lentezza quasi esasperante, il buio cominciò a popolarsi di suoni, di luci, di immagini. E di volti... tantissimi volti, alcuni noti ma perlopiù sconosciuti, che danzavano nelle tenebre bisbigliando parole incomprensibili. 

All'improvviso Rayen non si trovò più sola, ma circondata da una folla di presenze sussurranti. 

Dei visi che emergevano dal buio, uno in particolare richiamò la sua attenzione. Si trattava di una giovane umana, pallida e un po’ smunta, con una zazzera di corti capelli del colore del bronzo che incorniciavano un viso dai tratti dolcissimi. Rayen sentì un groppo in gola. Conosceva quella ragazza... era se stessa, colei che era stata prima che Hueco Mundo assorbisse la sua anima. 

Fu come guardare in uno specchio scheggiato e distorto.

Da una parte c’era una giovane donna Hollow, Rayen. 

Dall’altra c’era una delicata ragazzina umana, seduta sul pavimento di una casupola impolverata, Raiha. Kurosaki Raiha.

*

 

Karakura, Giappone. 2 febbraio 1945


Piove.

Il ticchettio della pioggia risuona al di sopra del tetto, un suono ritmico, quasi ipnotico. Ascoltando con più attenzione, si possono sentire i distanti sibili dei bombardieri, le strida lamentose delle loro ali metalliche tra le nuvole. È la seconda volta che gli aerei americani sorvolano Karakura, ma per il momento non sembrano intenzionati ad attaccare, forse perché ritengono che non valga la pena di sprecare preziose munizioni contro un villaggio di contadini. Uno dei pregi dell'umiltà.

Un sospiro di sollievo accarezza i polmoni di Raiha. Non lo nega, ha paura. La sua vita è tutt’altro che rosea o principesca, ma lei la ama in ogni sua imperfezione; il pensiero che possa finire da un momento all’altro le attanaglia il cuore come una morsa velenosa. Ha dodici anni, troppi pochi per poter contemplare l’idea di morire.

Nella casupola c’è una sola finestrella, ed è parzialmente sbarrata: tutto ciò che filtra è una luce sottile e sporca, che rischiara a fatica la stanza polverosa. La ragazzina socchiude gli occhi e si tira sulle ginocchia il pesante strato di tessuto che le è stato affidato. Cucire in queste condizioni può sembrare un’impresa impossibile, ma le dita di Raiha volteggiano agevolmente sulla stoffa ruvida, accompagnando l’argentea danza dell’ago con una sicurezza quasi disarmante, dettata dall’abitudine di chi ripete gli stessi gesti da tanto, troppo tempo. È così che trascorre gran parte delle sue giornate, ricucendo paracaduti militari. È un lavoro lento e faticoso, eppure Raiha non può che esserne contenta: molte ragazze della sua età trascinano un’esistenza ben peggiore, alcune intossicandosi in qualche miniera, altre vendendo il proprio corpo per cifre irrisorie e altre ancora strisciando per le strade implorando inutilmente elemosina. Raiha sa bene che ritrovarsi nella condizione di mendicante, oggi, significa essere condannati a morire di fame senza scampo. Lo ha già provato sulla sua pelle: quando la miseria bussa alla porta, la compassione fa presto a dileguarsi nel vento.

Raiha e suo fratello Ryuuji tirano avanti come possono, lei cucendo per l’esercito e lui occupandosi del fazzoletto di terra gelata che si ostinano a chiamare orto. Quello, insieme alla casupola, è tutto quel che rimane delle vecchie proprietà del padre. 

I due ragazzi vivono da soli. Ogni tanto, quando la guerra volge a favore del Giappone, il lavoro di Raiha viene ricompensato con sardine e strisce di carne essiccata, mentre Ryuuji cerca di portare a casa una manciata di riso e qualche patata. Ma la gelida falce dell'inverno pende ancora sulle loro teste e, nonostante gli sforzi del giovane, cavare fuori del cibo dalla terra ghiacciata è sempre più difficile. 

In tempi così incerti la gente del villaggio cerca di aiutarsi a vicenda, tuttavia a Karakura l'unica persona disposta a sostenere Ryuuji e Raiha è la loro vicina di casa e amica d'infanzia, Inoue Asami. Per il resto, gli altri contadini non vedono per nulla di buon occhio quella coppia di orfani spuntati fuori da chissà dove. Sin da quando hanno messo piede a Karakura, sei anni prima, non è passato un solo giorno senza che qualcuno li squadrasse o sputasse maledizioni al loro passaggio. La causa del loro isolamento è in parte la loro dubbia origine, in parte il colore dei loro capelli: un'inconsueta tonalità tra il rosso e il castano che ricorda il manto delle volpi. Alla loro vista, i ragazzini li additano a bocca aperta e gli anziani scuotono la testa borbottando litanie contro gli spiriti maligni; una volta, Raiha ha persino sorpreso una madre che ammoniva il proprio figlioletto di non parlare e di non accettare nulla da loro, o sarebbe stato rapito e mangiato. Non c'è anima viva, ad eccezione di Asami, che non abbia bollato i due fratelli come kitsunetsuki, posseduti da demoni volpe. 

Quando era più piccola, gli altri bambini non si limitavano ad evitarla: ogni volta che la incrociavano le tiravano sassi, le nascondevano delle sanguisughe nei vestiti e la bersagliavano di altri scherzi stupidi, divertendosi come matti a molestare l’infida “figlia delle volpi”. Per fortuna era bastato un piccolo intervento di Ryuuji – e soprattutto un’occhiata omicida delle sue iridi verde ghiaccio – a far cessare ogni cattiveria. Ma il timore di Raiha non s'è affievolito. Anzi, negli ultimi anni non ha fatto che aumentare: con la guerra alle porte e il crescendo della paura e del nervosismo, le voci sui kitsunetsuki sono diventate ancora più maligne, al punto che la ragazzina si vergogna a uscire di casa senza cappuccio. Solo quando ha i capelli ben nascosti alla vista riesce a raccogliere abbastanza coraggio. 

In realtà, il vero problema non è tanto il colore dei capelli, quanto piuttosto...

« Buonasera, Kurosaki-chan » la saluta cortesemente un fantasma, attraversando il muro e fluttuando quasi con grazia verso di lei. « Come stai oggi, mia cara? »

Raiha vede gli spiriti da sempre, da quando ha memoria. Naturalmente, fa molta attenzione a tener nascosta questa sua strana dote: per i superstiziosi contadini di Karakura sarebbe l'ultima goccia e non esiterebbero più un istante a linciarla su due piedi. Il fantasma in questione è un uomo anziano, avvolto in cenci malandati e con un volto talmente rugoso da sembrare una ragnatela di carne vitrea, ma i suoi occhi sono sagaci e intelligenti e la sua espressione è gentile. 

« Buonasera, Inoue-san » replica la fanciulla, cercando di mettere insieme un sorriso. « E bentornato a casa. Vi ho visto entrare nella taverna di Maki, ieri sera… Ci sono notizie dal fronte? »

« Qualcuna, ma nessuna gradevole » risponde lui con voce stanca. « La cerchia periferica di Osaka è stata bombardata di nuovo, per la quinta volta di fila. Se non altro quei porci americani non hanno ancora allungato le loro luride mani su Kyoto, quella sì che sarebbe una tragedia. È una città splendida, ma talmente fragile… »

« E Tokyo? » chiede ansiosamente Raiha. « Di Tokyo non si sa niente? »

Lo spirito la scruta con tristezza. « Mi dispiace, bambina mia, non so nulla di più di quanto ti ho raccontato. »

« Oh » fa lei con una punta di delusione.

« Se posso permettermi, però, ascolta il consiglio di un vecchio e cerca di cancellare Tokyo dal tuo cuore. Sarà anche la tua città natale, ma devi tener conto che la tua casa adesso è Karakura. È questo il tuo posto, e anche quello del giovane Ryuuji. »

« Lo so, lo so. È solo che… » Raiha si mordicchia il labbro. A dire la verità, di Tokyo non conserva altro che una manciata di ricordi sparsi, ma sono ricordi preziosi: il lampo del sorriso di suo padre, il calore dell’abbraccio di sua madre, i giochi e le risate con Ryuuji… anche se sono passati quasi dieci anni, non riesce ancora a reciderli dalla mente.

Inoue-san afferra al volo il suo turbamento, perché s’affretta ad aggiungere in tono discorsivo: « Ma dimmi… a proposito di Ryuuji, come sta? Sempre al lavoro, immagino. »

« Già » dice Raiha laconica.

« Il nostro Kurosaki-kun, non cambierà mai » borbotta il fantasma, senza riuscire a mascherare una sfumatura di sincero affetto. « Sai, Asami sembra piuttosto interessata a lui, ma sotto certi aspetti ammetto che per mia nipote preferirei un partito diverso. Asami è ancora così giovane, così inesperta… avrebbe bisogno di un uomo più vecchio e saggio al suo fianco, qualcuno che la sappia sostenere e guidare anche nei tempi più duri. »

« Ma Ryuuji è saggio » ribatte subito Raiha, sempre sulla difensiva quando qualcuno azzarda la più piccola critica a suo fratello. « Se davvero finissero per sposarsi, Asami sarebbe molto fortunata. È il ragazzo più intelligente e meraviglioso che abbia mai conosciuto. »

« Lo so, mia cara. » Uno strano sorriso, in parte divertito e in parte amareggiato, sgualcisce il volto di Inoue-san. « Ma è proprio questo il punto: è un ragazzo. Tutti voi siete dei ragazzi, e vivete in un mondo spietato. Per questo se volete sopravvivere dovrete imparare a far tesoro di ogni esperienza, anche di quella che a prima vista potrà apparire più sciocca e insignificante. Dovrete crescere in fretta. »

« Non è così facile, Inoue-san. Lo sapete anche voi, cosa pensa la gente di Karakura di me e Ryuuji… che siamo posseduti dai demoni volpe, che streghiamo i bambini, che portiamo sfortuna, tutte queste cose qua. Non sarebbe facile neppure se ci fosse la pace. Voi eravate l’unico a fidarvi e a credere in noi. » Raiha lo guarda, sconfortata. « Vorrei tanto che foste ancora qui. Abbiamo bisogno di voi, soprattutto Asami-chan. »

« Coraggio, bambina, non dire così. Come puoi vedere, non ho intenzione di abbandonarvi tanto presto. » Il fantasma abbozza di nuovo una specie di sorriso, seppure dalla piega più determinata. « Ma c’è una cosa importante che devi sempre tenere a mente: non sottovalutatevi, Kurosaki-chan, non fatelo mai. Tu, Ryuuji e Asami sarete anche giovani, però siete svegli, onesti e pieni di risorse. Fino a quando resterete uniti, sono certo che riuscirete ad andare avanti, in qualche modo. »

« In qualche modo » ripete Raiha, quasi tra sé e sé.

« Questa non è che una delle grandi prove che vi attendono sul vostro percorso, però sono certo che la supererete egregiamente. Gli dèi vegliano sui meritevoli. »

Raiha non è sicura che gli dèi veglino davvero su di loro. Al momento, le viene più facile pensare che se siano scappati al primo scoppio di cannone. Se ci sono, perché non scendono dal cielo e fermano i venti di guerra prima che si trasformino in una tempesta assassina? La ragazzina soffoca la malinconia e torna a preoccuparsi del paracadute che sta cucendo. Le emozioni non portano a casa il cibo. Sfiora delicatamente la ruvidezza del tessuto, ignorando il pizzicore alle dita, e si rende conto di trovarsi davanti a un tratto particolarmente ostico. Si raccoglie in se stessa, richiamando tutta la sua concentrazione.

Inoue-san si accoccola in un angolo della stanza e rimane a osservarla a lungo, quasi intenerito. La silenziosa presenza del suo vecchio vicino di casa rincuora un po’ Raiha: per lei è stato come un secondo padre. Nella vita come nella morte, Inoue-san è sempre stato una delle sue colonne portanti, l’unico uomo in tutta Karakura ad aver mai accolto lei e Ryuuji sotto la sua ala protettiva. Dietro la sua facciata a volte un po’ brusca si nasconde uno spirito generoso e comprensivo, sempre pronto a dare una mano o ad offrire il giusto consiglio. 

Alcune ore dopo, quando Raiha ha finalmente finito di rappezzare il paracadute, Ryuuji torna a casa. Varca la soglia della casupola, e più che a un ragazzo assomiglia a un kappa, un demone dei laghi. Gocce d'acqua inzuppano i suoi abiti di stoffa grezza e formano una pozza scura ai suoi piedi. Il giovane si strizza i capelli, intrisi di perle di pioggia, e si scosta alcune lunghe ciocche che gli si sono appiccicate al collo. Nel farlo, lancia un'occhiata all'angolo in cui si trova Inoue-san. Lo percepisce, anche se non riesce a distinguerlo con la stessa chiarezza di Raiha.

« Ciao, Raiha… Inoue-san » riesce a dire, prima di essere interrotto da uno starnuto.  

« Oniichan! » Raiha si alza in piedi e s’affretta a procurargli un cambio di vestiario. « Ti verrà la febbre, se continui a spremerti in questo modo. Dovresti stare più attento. »

« Ho dovuto farlo. » Lui si spoglia rapidamente, rabbrividendo, e con un cenno di gratitudine s'infila i panni che la sorella gli sta porgendo. « Tra poco potremmo essere in guai seri, Raiha. L’orto è già mezzo allagato e la pioggia rischia di danneggiarlo irrimediabilmente. Se continua così, quest’anno potremmo perdere il raccolto. »

A Raiha si rizzano le radici dei capelli. Perdere il raccolto è un lusso che non possono proprio permettersi.

« Tra poco è primavera » dice debolmente. « Vedrai, domani ti aiuterò anch’io e sono sicura che anche Asami farà il possibile per darci una mano. Ce la caveremo. »

« Non voglio coinvolgere anche Asami » obietta Ryuuji. « Già si sta facendo in quattro per mandare avanti da sola l’erboristeria. Non può sobbarcarsi anche questo. »

« Adesso mangiate e riposatevi, finché potete » interviene la voce pacata di Inoue-san. « Ormai è tardi e per domani avrete bisogno di tutte le vostre energie. »

Dopo una breve esitazione, i due ragazzi acconsentono. Si vanno a sedere al centro della casupola, dove tengono la stufa, e cercano di accendere il fuoco bruciando scarti di legna e pezzi di carta, il poco che sono riusciti a preservare dall’umidità. Quando finalmente le fiamme cominciano a dardeggiare, Raiha mette in caldo la cena: due ciotole di nukapan, un amaro intruglio a base di crusca e farina di frumento.

Ryuuji e Raiha mangiano senza una parola, masticando lentamente. Il silenzio che li circonda, però, non è uno dei classici silenzi pesanti che gravano nell’aria e mettono tutti a disagio: è piuttosto il momento di muta condivisione di due creature che si conoscono troppo bene per aver bisogno di parlare. Con appena uno sguardo o un piccolo gesto, loro due s’intendono alla perfezione.

Raiha avverte tutta la preoccupazione di Ryuuji, il timore di perdere l’orto e di mettere a repentaglio le loro vite. E poi c’è Asami, naturalmente: Ryuuji vuole proteggere anche lei, anzi, probabilmente stima la sicurezza della ragazza più importante della propria.  Una persona normale avrebbe già dato di matto, ma Ryuuji è troppo calmo e padrone di sé per permettere alle emozioni di avere il sopravvento. Ciò non toglie che stia ragionando, e febbrilmente, per cercare una soluzione.

Raiha deglutisce a fatica, con l’impressione di stare ingoiando un pezzetto di cuoio. Nel farlo, osserva di sottecchi il fratello. È sempre così serio, per avere solo sedici anni. Raiha si sorprende a pensare che, nonostante le privazioni, è davvero un bel ragazzo, alto e snello, con muscoli sottili e potenti e la pelle del colore del miele. I lunghi capelli bronzei e i luminosi occhi verdi gli conferiscono un tocco esotico. In un altro tempo, in un altro luogo, le ragazze farebbero a gara per attirare la sua attenzione, ma a Karakura lui è solo kitsunetsuki, il bieco orfano maledetto dalle volpi. Il pensiero la rattrista. 

Dopo aver cenato, i due ragazzi vanno direttamente a letto. Ryuuji crolla nel sonno non appena tocca il pagliericcio, ma Raiha resta sveglia a lungo, fissando le ombre rosseggianti che le ultime fiamme della stufa disegnano contro le pareti.

La pioggia continua a scrosciare a lungo.

*

Un grido acuto spezza la quiete della notte.

Raiha spalanca gli occhi di scatto. Solleva la testa per poter ascoltare con entrambe le orecchie, ma l’unico suono che sente è il battito del suo cuore a mille. Il buio è totale: la stufa s’è spenta e deve mancare ancora un bel pezzo al sorgere del sole. Accanto a lei, Ryuuji se ne sta raggomitolato come un gatto, ancora profondamente addormentato. 

Raiha si rannicchia sotto la coperta, le mani tremanti. Forse quel grido l’ha sentito solo nella sua mente... anzi, niente 'forse', è così per forza: deve aver fatto un brutto sogno, ecco tutto, uno stupidissimo incubo. La fanciulla sta per riabbassare le palpebre quando il lamento risuona di nuovo, stavolta più vicino. Sembra la voce di un bambino. Scatta a sedere.

« Oniichan! Oniichan, ti prego, svegliati! »

Prova a scuotere Ryuuji, ma lui mugugna qualcosa e si gira dall’altra parte. Il freddo e le fatiche del giorno precedente devono averlo sfiancato. Raiha esita per una frazione di secondo, poi cerca a tentoni una mantella e se la getta sulle spalle, avendo cura di tirare bene il cappuccio in modo che le nasconda i capelli. Corre fuori di casa.

Inoue-san è scomparso, magari nella casa accanto, a vegliare su Asami. Non che faccia molta differenza: un fantasma non sarebbe certo di grande aiuto davanti a un pericolo materiale… ma cosa accidenti sta andando a pensare? Che pericolo potrà mai esserci, a Karakura? Sicuramente si tratta di uno dei tanti bambini sperduti a cui la guerra ha strappato casa e famiglia. Raiha ne sa qualcosa. Karakura non è un villaggio ricco, ma è pur sempre un villaggio: sono tanti i piccoli orfani che arrivano fin lì in cerca di cibo e di riparo.

Ha quasi smesso di piovere, eccezion fatta per poche ostinate gocce che ancora stillano dal cielo scuro. Adesso sente il bambino più chiaramente: le sue urla si sono sciolte in un pianto sommesso, inframmezzato di singhiozzi. Raiha sgattaiola verso l’orto, seguendo il suono. Tra la loro casa e quella degli Inoue c’è un basso muretto, sovrastato da un ciliegio rinsecchito: è là che Raiha lo trova, accasciato contro le mattonelle chiazzate di muschio. È un esserino minuscolo e tutto tremante, sui sei o sette anni, così magro che sembra sul punto di sparire tra le pieghe dei vestiti lerci. Una fitta di compassione trapassa il cuore di Raiha.

Attorno a lei è calato un silenzio irreale, ma lei è troppo preoccupata per il bambino per farci caso. S’inginocchia accanto a lui e gli fa scivolare la mantella sulle spalle, avvolgendolo strettamente per proteggerlo dal freddo pungente.

« Shh, adesso sei al sicuro » sussurra, nel tentativo di calmarlo.

Lui fa cenno di no con la testa, senza smettere di singhiozzare e tirare su col naso. Ciuffi di capelli sporchi gli nascondono il viso. Raiha vede solo le lacrime che gli gocciolano dal mento e tra sé e sé pensa che starà congelando, là fuori e con quei due straccetti che si ritrova. Per quella notte, potrebbe restare nella casupola con lei e Ryuuji… forse è addirittura avanzato un po’ di nukapan.

« Forza, vieni. » Raiha lo aiuta a rimettersi in piedi. « Almeno per questa notte avrai un tetto sulla testa… »

Non riesce a dire altro che qualcosa le scatta alla gola, serrandola: non una mano o un laccio, ma qualcosa di spesso e viscido, come un grosso tentacolo. La ragazzina cerca freneticamente di affondarci le unghie, di strapparselo di dosso, ma la presa vischiosa non si allenta nemmeno un po’.

« Stupidi mortali… non c’è gusto nel predarvi, siete troppo facili da ingannare! »

La voce che ha parlato non ha nulla di umano. È bassa, gutturale, sembra scaturire dalle conche più profonde dell’inferno. Raiha rabbrividisce: che razza di bestia può avere una voce simile?

Piega il capo per vedere il suo aggressore… e un grido strozzato lotta per uscirle dalla gola. La cosa dietro di lei è un nauseante ammasso di pelle smorta e pieghe purulente, da cui cola una disgustosa sostanza grigiastra simile a muco; una dozzina di tentacoli serpentini si allungano dal suo corpo polposo e si dimenano a mezz’aria, rovesciandosi su se stessi e rivelando a ogni contrazione pezzi di carne marcia e bianchiccia. Uno di quegli schifosi tentacoli è chiuso proprio intorno al suo collo e continua a stringere poco a poco, come pregustando il suo dolore.

Se potesse, Raiha strillerebbe a pieni polmoni, invece si limita a graffiare e ad artigliare disperatamente quella pelle viscida. Confusamente, si rende conto che il mostro dev’essere alto almeno due metri… come ha fatto a non vederlo prima? E che fine ha fatto il bambino?

La bestia emette una risata lugubre e serra ancora più forte il tentacolo. Il bruciore inizia a farsi sentire, sempre più intenso, come se un anello di fuoco le cingesse il collo. Raiha annaspa, mentre la terra le sparisce da sotto le calzature: il tentacolo la sta lentamente sollevando. E là, proprio al centro dell’ammasso di tentacoli, s’intravede la bocca dell’essere: un orribile cerchio concentrico di denti giallastri.

Un velo di lacrime le offusca gli occhi.

Ryuuji, implora mentalmente. Oniichan, mi dispiace, mi dispiace tanto…

I suoi piedi penzolano nel vuoto come quelli di un impiccato mentre il tentacolo la alza ancora di più, avvicinandola poco a poco alle fauci schiumanti. Il suo cuore sembra sul punto di scoppiarle nel petto mentre Raiha apre la bocca alla disperata ricerca d’aria…

E all’improvviso la trova.

La ragazzina ricade a terra con un tonfo, rotolando nella polvere. L’aria fredda della notte è come un pugnale per la sua gola scorticata, ma la aspira avidamente, a grandi boccate bramose. Scioccata, alza la testa: sopra di lei incombe qualcuno… un ragazzo dai capelli scuri, fasciato in un insolito abito nero. Dal punto in cui si trova, Raiha nota che sulla sua guancia spicca una lunga cicatrice. Tiene in mano una specie di spada, dalla cui lama ora sgocciola sangue nerastro.

Il mostro che per poco non l’ha uccisa s’è ritratto nelle tenebre, ma Raiha vede ancora i suoi tentacoli – o meglio, moncherini di tentacolo – che si agitano mollemente, sporcando il terreno di sangue misto a muco. Dalla sua bocca ora invisibile si leva un urlo rabbioso.

« Shinigami… » raschia con odio.

« Hollow » ribatte il ragazzo con la massima calma. Poi svanisce.

E di colpo riappare sopra la bestia. In un secondo la sua spada ha già tracciato il suo arco di morte, trapassando da parte a parte un bozzo viscido che Raiha immagina essere la testa. Un ululato stridente le ghiaccia le ossa mentre il mostro esplode, sgretolandosi in un mucchietto di polvere.

Il ragazzo atterra con tutta naturalezza, poi si volta verso di lei. Raiha lo fissa, gli occhi sgranati. Il cappuccio le è ricaduto sulle spalle, lasciando libera la zazzera di capelli ramati, ma non ci fa nemmeno caso.

« Chi… sei? » chiede, con voce un po’ incrinata.

Lui la guarda a sua volta, con aria un po’ sorpresa. « Riesci a vedermi? »

« Certo… che ti vedo… perché non dovrei? »

Un improvviso colpo di tosse la scuote. Il ragazzo la scruta dalla testa ai piedi, poi s’avvicina e le tende una mano: troppo sconvolta per riflettere, Raiha l’afferra e si tira su. Una fitta di dolore le attraversa la testa.

« Tutto a posto? » chiede lui gentilmente.

« Sì… grazie. » Più o meno, aggiunge lei in silenzio, massaggiandosi con cautela la gola offesa. « Che… che cos’era… quella cosa? »

« Nulla di cui tu ti debba preoccupare. Né lui né i suoi simili ti daranno più fastidio, d’ora in poi. » Il giovane rinfodera la spada. « Dove abiti? »

Ancora sotto shock, Raiha indica con un cenno la casupola al di là dell’orto. All’improvviso avverte uno strattone dalle parti dello stomaco e un flusso di forme confuse le balena davanti agli occhi. La ragazzina barcolla in avanti, stordita, e per poco non incespica… sulla soglia di casa.

Ha percorso una trentina di metri in meno di un secondo.

« Torna dentro. » Il ragazzo è alle sue spalle e la spinge delicatamente verso la porta. « Casomai ti capitasse di vedere ancora una di quelle creature, gira sui tacchi e scappa, capito? »

« Ma cosa… ? »

« Fidati, non vuoi saperlo » taglia corto lui.

Si volta e fa per allontanarsi, ma Raiha istintivamente lo trattiene per un lembo della veste.

« Aspetta… » Le corde vocali le fanno male da impazzire, ma si sforza comunque di articolare le parole. « Come… ti chiami? »

Il ragazzo la fissa in silenzio per un lungo istante, così lungo che Raiha pensa che non glielo dirà. Alla fine scrolla le spalle. « Hisagi Shuhei. »

« Io sono… Kurosaki… Raiha… » Inspira a fondo e chiude gli occhi, lottando contro un’ondata di nausea. « Non è… un sogno… vero? »

L’unica cosa che le risponde è il tocco di due braccia che la sollevano da terra e la portano in casa, depositandola con leggerezza sul suo pagliericcio.

« Dormi, Raiha. »

Raiha fa per protestare, per dire che non potrà mai addormentarsi dopo tutto quello che è successo, ma prima che possa aprire bocca i fumi del sonno avvolgono la sua mente, facendola sprofondare in un denso riposo senza sogni.

 

 

**********

Innanzitutto... non ci sono parole per il mio imperdonabile ritardo ç.ç posso solo dire che questo e i due capitoli successivi sono strettamente collegati, e prima di pubblicare dovevo avere un'idea piuttosto precisa di cosa sarebbe successo dopo. Spero che non sia risultato troppo pesante e che abbiate gradito la lettura ^^

Baci,

Sixy

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Capitolo 15
*** Another life, another story - Sunset. ***


XV. Another life, another story
Sunset


Karakura, Giappone. 25 aprile 1948
 
I primi, timidi raggi del sole fanno capolino dietro l’orizzonte, tingendo il cielo di un morbido azzurro pastello. Da qualche tempo a questa parte, a Raiha le aurore sembrano più belle del solito... forse perché non preannunciano più lunghe ore di paura e silenzio, ma semplicemente una nuova giornata di sole.


La guerra è finita. Il Giappone ha perso, ma i contadini di Karakura hanno comunque accolto la notizia con calde preghiere di ringraziamento e piccole offerte agli dèi. Nel villaggio c'è un'atmosfera diversa, un nuovo senso di leggerezza che aleggia nell'aria come una delicata fragranza. Nessuno teme più di vedere i propri cari ingoiati dai campi di battaglia, e persino la fame e la miseria adesso non sono che sbiaditi ricordi, persino tra i ceti più umili.

Raiha s'infila una veste pulita e si tira su il cappuccio, come d'abitudine, naturalmente assicurandosi che nemmeno una ciocca ramata faccia capolino sotto il tessuto grezzo. Negli ultimi tempi, la gente la tratta con meno astio del solito - anzi, qualcuno ha persino iniziato a rivolgersi a lei con una sorta di cauta cortesia - ma lei non si sente ancora abbastanza sicura di sé per andarsene in giro a testa scoperta come fa Ryuuji. Un po’ si vergogna di questa sua debolezza, però non può farci niente, è più forte di lei.
Quando esce di casa, per un attimo i teneri barlumi dell'alba la abbagliano. La ragazza si scherma il viso con una mano e si guarda intorno, in cerca del fratello. Lo individua quasi subito: è nell'orto, immerso fino a metà polpaccio tra le esili spighe di riso, e sta parlando animatamente con qualcuno che le dà le spalle. Raiha si sporge quel tanto che basta per riconoscere le fluenti chiome nere di Inoue Asami, la loro amica d'infanzia, splendida nel fiore dei suoi diciotto anni.

Raiha trattiene un sorriso e sgattaiola via senza farsi notare. Da quando si sono calmate le acque, non c'è stato più verso di tener separati i due piccioncini. Asami ha sempre avuto un debole per Ryuuji, e da qualche mese a questa parte anche il semplice affetto fraterno del ragazzo sembra essere diventato qualcosa di più. Adesso è difficile non notare le occhiate intense che si lanciano, o la nota di tenerezza nelle loro voci quando chiacchierano, o il modo in cui si stringono fugacemente le mani quando pensano che nessuno li stia guardando. Un paio di volte sono perfino spariti per ore intere, solo gli dèi sanno dove, ed entrambe le volte Ryuuji è tornato a casa con il volto in fiamme, gli abiti spiegazzati e dei fili tra i capelli.

Piccola correzione: oltre agli dèi, probabilmente anche il granaio dei Murasaki ne sa qualcosa.

Raiha è sinceramente contenta per loro. La diverte il pensiero che quella ragazza dai modi gentili e dallo sguardo caloroso sia riuscita a far breccia tanto facilmente nel cuore severo di suo fratello. Tutto sommato, si direbbe che la ruota della fortuna stia finalmente cominciando a girare a loro favore: l'orto è in lenta ripresa, gli abitanti del villaggio sono più cordiali e Ryuuji s'è legato a una ragazza amabile. L'unica ombra che offusca il buonumore di Raiha è il ricordo di una certa notte di tre anni prima.

Ogni volta che ci pensa, la giovane si porta inconsciamente una mano alla gola, dove - accuratamente nascosta alla vista, almeno quanto i capelli - una sottile cicatrice rossastra continua a bruciare contro la sua pelle chiara. Anche se la parte più lucida di lei cerca di negare, di convincersi che è stato tutto un sogno, nessuna logica, per quanto ferrea, può dare una spiegazione razionale a quella strana ferita... la quale, oltretutto, non sembra affatto intenzionata a rimarginarsi: malgrado il tempo trascorso e i piccoli rimedi naturali che Raiha ha tentato di applicarvi, quella linea scura è ancora lì, come un monito silenzioso. Come a volerle impedire di dimenticare.

Raiha non capisce. È sicura di essere stata a un soffio dalla morte, le basta chiudere gli occhi per rievocare il dolore incandescente intorno al collo e il fiato pestilenziale della bestia contro il suo viso. Tuttavia, quei ricordi che dovrebbero terrorizzarla in realtà non fanno che instillare in lei un malsano senso di eccitazione. Ha l'impressione di essere stata per un attimo vicinissima a un tesoro segreto, a una porta socchiusa verso un nuovo mondo di cui lei però ha potuto vedere solo un minuscolo scorcio. Non passa giorno senza che si chieda cosa fosse davvero quel mostro, o come fosse arrivato a Karakura, e soprattutto chi fosse e che ruolo avesse il giovane che le ha salvato la vita... Hisagi Shuhei, un nome dal sapore antico. Piuttosto stonato, su un volto che non sembra avere visto più di una ventina di inverni.


L'immaginazione vivida della ragazza si diletta a dipingere mille identità, mille varianti, mille storie incentrate su di lui. Magari è lo spettro di un tenace guerriero, ricondotto sulla terra dalla sua sfrenata sete di vendetta, come i protagonisti delle antiche opere di teatro Noh. O forse è l'anima errante di uno dei numerosi samurai che persero la vita nella battaglia di Shiroyama, l'ultimo piedistallo della ribellione di Satsuma. Quello scontro era uno dei pezzi forti del padre di Raiha: Kurosaki Kazuki aveva il dono di una voce ricca e profonda e un incondizionato amore per la Storia. Raiha potrebbe enumerare cento e più serate passate ad ascoltarlo in religioso silenzio, quasi ipnotizzata, mentre le parole scelte e vibranti di suo padre la trasportavano via, tra il clangore delle lame che cozzavano e le urla di guerra degli eroi pronti al sacrificio, dritti nel cuore selvaggio della battaglia.

Raiha scuote la testa, scostandosi da quei ricordi agrodolci, e a passo svelto si dirige verso la casupola di Yamane-san, l'anziano sarto del villaggio di cui è diventata assistente. Sa di non essere fisicamente forte come Ryuuji, né ha le conoscenze botaniche ed erboristiche di Asami, quindi ha messo al servizio della loro piccola comunità le sue doti di tessitrice, uno dei pochi talenti di cui si sente davvero fiera. Preferisce di gran lungo cucire abiti piuttosto che paracaduti, anche se al fianco di uno sarto scontroso e irascibile come Yamane.

« Finalmente ti sei degnata di farti vedere, eh » borbotta lui non appena la giovane giunge alla sua casa. « Spicciati, ragazza, oggi abbiamo molto lavoro da fare. E ricordati che devi ancora finire di rappezzare i pantaloni di Sugimoto-san. »

« Sì, Yamane-san » dice docilmente Raiha. Senza un'altra parola, va a sedersi accanto al fedele telaio takedai di Yamane. È più che disposta a sopportare i mugugnii di quel vecchio brontolone, se questo significa avere qualche yen in più nelle tasche. Le sue mani si posano sul telaio e cominciano a danzare.
 
*

Karakura, Giappone. 29 aprile 1949

È notte.
 

Raiha si rigira nel suo giaciglio, senza riuscire a prendere sonno. Un'inquietudine senza nome le serpeggia sotto la pelle, un cattivo presentimento che non sa identificare, ma che risuona nella sua testa come l'eco di un sussurro velenoso. La ragazza si agita, sbuffa, si rivolta. All'ennesimo movimento si ritrova distesa supina, con le coperte aggrovigliate intorno alle gambe. I suoi occhi cadono su un esile raggio di luna, delicato come il filo di una ragnatela, che filtra dalla finestrella, disegnando una dolce ombra argentea sulla parete di legno scuro. Sarebbe un'immagine molto poetica, se non fosse per il velo di sudore freddo che le aleggia sulla fronte. Intorno a lei il silenzio è totale, cristallino.  

Ryuuji non c'è. Per qualche giorno resterà insieme ad Asami, in teoria per aiutarla a preparare un decotto di erbe particolarmente complesso, in pratica per passare più tempo da solo con lei. A Raiha la cosa non dà fastidio - non è certo una bambina da accudire e tenere d'occhio ogni istante - tuttavia in quel momento vorrebbe tanto accanto a sé qualcuno, un qualunque volto amico che la rassicuri, che non la faccia sentire così sola e vulnerabile.

L'inquietudine diventa sempre più forte, di minuto in minuto, fino a diventare un pulsante malessere che le risale piano lungo l'addome.
 Di colpo, Raiha si rende conto che quello che avverte non è un semplice presentimento, bensì la chiara, agghiacciante consapevolezza di qualcosa che si muove nelle vicinanze, dardeggiando tra le ombre come un serpente. È una fonte di energia, simile a quella emessa dai fantasmi, ma più intensa... più rabbiosa.

Col cuore in gola, Raiha si libera del tutto delle coperte e fa per strisciare verso la finestra. Prima che possa fare un solo passo, però, una seconda presenza - molto più debole della prima - le pizzica gli angoli della mente, e un attimo dopo Inoue-san compare davanti a lei.


« Inoue-san... » balbetta ansiosamente la ragazza.

« Cosa ci fai ancora sveglia, Kurosaki-chan? Fila subito a letto. Domani Yamane-san avrà bisogno di un'assistente sveglia ed energica, non di un sacco di stracci con gli occhi gonfi di sonno! »

Il tono di Inoue-san è gioviale come al solito, ma a giudicare dal modo in cui il fantasma si guarda nervosamente attorno nemmeno lui pare del tutto a suo agio.


« Inoue-san, c'è qualcuno... »

Proprio in quel momento qualcosa di nero attraversa il pallido riflesso della luna. Raiha si sente gelare il sangue nelle vene e per un momento resta immobilizzata, con il fiato sospeso; torna a respirare normalmente solo quando si rende conto che la terrificante minaccia non è altro che una farfalla. Un animale molto bello, oltretutto, scuro e lucente come un ritaglio di seta, ben diverso dalle solite falene color polvere.

Ehi, aspetta un attimo… cosa ci fa una farfalla qui, in piena notte?

Raiha si sfrega gli occhi con una mano, sconcertata, e in quella frazione di secondo la farfalla svanisce: al suo posto è apparsa una figura alta e vestita di nero, che torreggia minacciosa sopra di lei. Raiha fa un balzo indietro e apre la bocca per urlare, ma una mano cala sulle sue labbra e strozza il grido sul nascere.
 

« Zitta » dice piano una voce nel buio.

Quell'unica parola è una rivelazione. Raiha se la ricorda bene, quella voce, anche se l'ha sentita solo in un'altra occasione. Mille emozioni le affluiscono al viso insieme al sangue.


« Hiahifan? » mugola sotto il suo palmo.

Il nuovo arrivato la lascia andare e lei si volta a fissarlo, incredula. La sua memoria riporta a galla vecchi frammenti di immagini distorte: un bambino scheletrico rannicchiato nelle tenebre, un tentacolo bianchiccio che le serra la gola, la sagoma grottesca e deforme di un mostro... e un giovane dai capelli scuri e vestito di nero, con una guancia deturpata da una lunga cicatrice.

Lo stesso giovane che ora si trova davanti a lei.


« Hisagi-san… » ripete, meravigliata.

Lui la guarda in faccia per la prima volta. « Aspetta... Tu sei quella ragazzina di tre anni fa, vero? »

Il cuore di Raiha ha un tuffo. Se lo ricorda!, pensa scioccamente, mentre un inconsueto calore le invade la faccia. Poi un altro pensiero la colpisce.
 

« C'è un altro di quei mostri nelle vicinanze? » chiede allarmata.

Hisagi fa segno di diniego, apparentemente un po' infastidito. « A Karakura per il momento non c'è più nemmeno un Hollow. Ce ne siamo occupati personalmente io e un mio collega. »


« In che senso, “tu e un tuo collega”? » interviene bruscamente Inoue-san. « Cosa significa tutto questo? Chi è questo giovanotto, Kurosaki-chan? »  

A dire la verità, se lo sta chiedendo anche lei. A parte il suo nome, non sa praticamente nulla di lui. Tanti, troppi interrogativi le premono sulla lingua, ma prima che possa darvi voce, Hisagi la mette a tacere con una semplice frase.


« Io sono uno Shinigami, un dio della morte. »

Nella casupola s’abbatte il silenzio.


 « Tu sei cosa? » Raiha è stupita. « Ma gli Shinigami non esistono… cioè, sono solo leggende, no? »

« Ti sembrava una leggenda la creatura che per poco non ti ha ucciso? » replica Hisagi. « Se era reale quella, perché non dovrebbero esserlo gli Shinigami? »


« Fermi tutti, che cos'hai detto? » Inoue-san sposta lo sguardo dall’uno all’altra. La luce di benevolenza dei suoi occhi grigi di colpo cede il posto a un'ira a stento trattenuta. « Cos’è che per poco non ha ucciso Kurosaki-chan? Perché non mi hai raccontato nulla, ragazza? Ditemi chi è quel figlio di un cane e giuro che gli taglio le palle e gliele caccio giù per la gola! »

Raiha arrossisce. « Ci ha già pensato Hisagi-san… ha fatto fuori quella specie di bestia prima che potesse farmi davvero del male. Ma non capisco, cosa c’entra questo con gli Shinigami? »


« Non hai bisogno di sapere queste cose » ribatte Hisagi. « Adesso cortesemente fatti da parte, ho un lavoro da svolgere. »

« Non posso farmi da parte! » protesta Raiha, e subito dopo si morde l'interno della guancia, rendendosi conto di essere suonata petulante. « Voglio dire... ti ho aspettato fino ad ora, non puoi sparire di nuovo e far finta che non sia successo nulla. Non voglio continuare a raccontarmi che è stata tutta un'allucinazione quando non è vero. E se arrivasse un'altra creatura? Non sarei minimamente preparata neppure stavolta. Perché non puoi spiegarci cosa sta succedendo? »

« È per il vostro bene... »

« Almeno dicci cosa c'entrano gli Shinigami. » Raiha si sforza di sgranare al massimo le iridi, secondo l'infallibile tecnica degli occhioni persuasori di Asami. « Solo due parole, Hisagi-san. Per capire. »

Hisagi sembra titubante. Raiha infonde nello sguardo tutta la convinzione che riesce a richiamare, rimpiangendo di non essere ammaliante come Asami. Chissà perché, quando lo fa l'amica, gli effetti sono parecchio più immediati.

Ma alla fine Hisagi cede.

« Il compito principale di noi Shinigami è eliminare creature come quella che ti ha attaccato, che noi chiamiamo Hollow » spiega con una punta di esasperazione. « Quando uno Shinigami uccide un Hollow, l'anima di quest'ultimo viene purificata e può raggiungere in pace la Soul Society, ovvero quello che voi umani potreste definire il paradiso. Però io adesso non sono qui per un Hollow… sono qui per un Plus. »

« Per un che? »

« Un’anima rimasta incatenata in questo mondo, ma già pronta per la Soul Society. » Hisagi sguaina la spada e si volta senza fretta verso Inoue-san.

Il fantasma se possibile diventa ancora più pallido, tuttavia la sua voce resta ferma e mordace. « Che intenzioni hai, dio della morte? Pensi forse di spaventarmi con quella sottospecie di coltello da cucina? »


« Non voglio spaventare nessuno, solo proteggere la tua anima. »

Con la stessa innaturale velocità con cui è balzato contro l'Hollow, Hisagi saetta verso il vecchio e gli sfiora la fronte con l'elsa della spada: tra le sopracciglia trasparenti di Inoue-san appare un sinuoso ideogramma argenteo.

« Voi Plus siete in pericolo. Fino a quando resterete legati al mondo terreno, gli Hollow vi daranno la caccia per sempre. »

« Ma cosa... » Il volto di Inoue-san, dapprima confuso, viene illuminato da un vago sorriso. Il suo sguardo si fa vitreo, distante, lo sguardo di chi ha appena avuto una visione straordinaria. 

« Vai » lo incita Hisagi. « La Soul Society ti aspetta. »

« Sì… » risponde distrattamente il vecchio. Per un attimo la sua trasparenza s'accende di riflessi brillanti, poi il fantasma si dissolve poco a poco, come un ricciolo di fumo disperso dal vento.

Raiha avverte l'aura di Inoue-san scivolare via dalla sua mente. E sente freddo. Inoue-san se n'è andato. Quella
 nuova, dolorosa verità la colpisce come uno schiaffo: colui che per anni è stato la sua guida e il suo sostegno se n'è andato, stavolta per sempre.  

« Inoue-san… » Non si accorge di aver pronunciato il suo nome ad alta voce fino a quando Hisagi non abbassa lo sguardo su di lei. Di colpo, Raiha si rende conto di essere da sola con un uomo e di non avere addosso altro che la logora camicia da notte; imbarazzata, s'affretta ad avvolgersi nella coperta. « Cosa gli hai fatto? »


« L'ho inviato alla Soul Society, insieme alle altre anime purificate. » Hisagi mette via la spada. « Starà bene, fidati. La maggior parte degli spiriti si trova meglio lassù che nel mondo umano. »

« Ma perché? Lui qui stava benissimo! »

Hisagi le lancia un'occhiata tagliente. « Io non credo. Era un pericolo mortale, per se stesso e per la sua famiglia. Karakura al momento è sicura, è vero, ma prima o poi gli Hollow torneranno, ed è possibile che qualcuno di loro riesca a superare le nostre difese. In tal caso, un'anima Plus come lui li attirerebbe come il sangue attira gli squali. »  La osserva da capo a piedi. « Non che tu faccia un granché per non attirarli. La tua reiatsu è come un faro nel buio, potrei percepirla a dieci miglia di distanza. »

Raiha ormai è spaesata. Troppe informazioni in un colpo solo. « Cos'è la reiatsu? » 

« La tua energia spirituale. È piuttosto forte, per appartenere a una semplice umana. Dovrai imparare a sopprimerla, o se non altro a schermarla: se non ci fossimo stati io e Uragiri a fare piazza pulita, probabilmente saresti stata attaccata almeno un'altra dozzina di volte. »

« Non ti seguo » replica lei con un filo di voce. « Stai dicendo che dentro di me c'è una sorta di energia che attira i mostri? » Sta cominciando davvero a realizzare che Inoue-san non tornerà più per sussurrarle parole di conforto al momento del bisogno. Ora le restano solo Ryuuji e Asami, e non li esporrà mai, mai e poi mai al minimo rischio. Dev'essere forte, se non per se stessa, almeno per loro. « Hisagi-san, insegnami » sbotta di punto in bianco. « Non so come funzionino queste cose spirituali, ma tu sai come si fa a schermare la reiatsu, no? Per favore, aiutami a farlo. »

Hisagi resta in silenzio.

« Per favore? » ripete Raiha in tono più dolce.

Lui si stringe nelle spalle. « Beh, la Soul Society non vede di buon occhio i contatti con gli umani, ma penso che mi perdoneranno un piccolo strappo alla regola. In fondo, il nostro obiettivo primario è quello di proteggere le vostre anime. Non che ci sia nulla da temere, fino a quando ci saranno degli Shinigami in circolazione… prendila solo come una misura precauzionale. »

Raiha annuisce. Se la situazione le sembra pazzesca, non fa nulla per mostrarlo. « Quando cominciamo? »

« Adesso. »

« Adesso adesso? »

« Sì, in questo preciso istante. »

« Ma... »

« Niente "ma". Posso insegnarti, se lo desideri così tanto, però non ho tempo da perdere. »

Da quel momento e per le due ore successive, Raiha resta inginocchiata a terra, con gli occhi chiusi e i pugni stretti, contratta nel tentativo di individuare la propria reiatsu. Accanto a lei, Hisagi apre bocca solo per bisbigliare un consiglio o qualche sporadico commento. Sembra vagamente seccato, ma non si tira indietro.

« Devi focalizzarti di più » dice più volte. « Concentrati solo su te stessa ed escludi tutto il resto. Senti la tua anima, ascoltala. »

Raiha ci prova, ci prova sul serio, ma più cerca di ascoltarsi e più le sembra di essere vuota. Un paio di volte intravede un brevissimo sfarfallio di energia, ma è poco più di una scintilla, troppo leggera e troppo rapida perché lei possa afferrarla. Alla fine riapre gli occhi con un sospiro. Benché non si sia mossa, ha la fronte imperlata di sudore e i muscoli delle gambe tutti indolenziti.

« Come prima volta può bastare » conclude Hisagi.

Raiha fa una smorfia. « Non è stata un granché, vero? »

« Non m’aspettavo dei risultati immediati. In fondo, è la prima volta che provi a maneggiare la reiatsu. »

« Possiamo riprovare domani? »

Hisagi sembra rifletterci su per qualche istante. « Sì, rivediamoci domani notte. Trova una scusa per restare da sola e nel frattempo cerca di esercitarti il più possibile. »
 
*
Karakura, Giappone. 30 aprile 1949    

Per tutta la giornata successiva, Raiha è indaffaratissima: mette in ordine la casa, aiuta Ryuuji a raccogliere e stipare il riso, finisce di confezionare una veste ordinata a Yamane-san. La sera, lei e suo fratello vengono invitati a cena da Asami: la fanciulla s’è offerta di cucinare la sua celebre zuppa di miso e, tra una cucchiaiata e l’altra, Raiha viene a sapere i nuovi pettegolezzi che circolano nel villaggio.

Come sempre, Asami è aggiornatissima su ogni tipo di argomento, dalle semplici chiacchiere dei contadini alle ultime novità della politica: ci tiene subito a informare gli amici che la figlia del taverniere è incinta del suo quarto figlio, che una delegazione americana è stata inviata per un controllo nel vicino villaggio di Saka e soprattutto che – a detta di uno dei suoi commercianti di fiducia – un influente membro del partito di Seiyukai, Ashida Hitoshi, è salito alla carica di Primo Ministro del Giappone.

Ryuuji ascolta con attenzione, chiedendo di tanto in tanto un chiarimento, senza staccare mai gli occhi di Asami. Raiha invece la sta a sentire solo distrattamente, e quando interpellata risponde a monosillabi. Con la mente è già proiettata a quella notte, e a Hisagi.

« Tutto a posto, Raiha-chan? Sembri un po’ assente, stasera… » I grandi occhi grigio chiaro di Asami si puntano su di lei, pieni di una sorta di materna preoccupazione. « Ti senti bene, cara? »

Raiha compone al volo un sorriso un po’ tirato. « Oh, sì, non preoccuparti! Ho solo un po’ di mal di testa, credo che andrò a letto presto. »

« Come desideri. » Asami si rilassa. « Vuoi che ti prepari una tisana? »

« Non penso che servirà, ma grazie del pensiero. »

Pochi minuti dopo, abbozzando la scusa del mal di testa, Raiha si alza e torna a casa. Le due abitazioni sono praticamente affiancate, divise solo da un basso muretto – sul quale s’inerpica un coraggioso ciliegio – e dal piccolo orto di Ryuuji. Mentre supera il muretto, la ragazza non può fare a meno di ripensare al falso bambino dalla pelle cinerea che l’aveva tratta in trappola. E al modo in cui Hisagi è comparso dal nulla per salvarla.

Hisagi Shuhei. Ha pensato a quel nome troppo spesso, nelle ultime ore. Se proprio deve essere sincera con se stessa, la ragazza deve ammettere di sentirsi in qualche modo attratta da quel giovane taciturno dall’aria seria. Forse è per l’alone di mistero che lo circonda. O forse perché è l'unica persona in grado di placare la sua bruciante curiosità.  
È una pazzia, si dice, esitando sulla soglia di casa. È uno sconosciuto, e per di più un uomo. Una ragazza a modo non dovrebbe mai restare da sola con lui. È sbagliato…
Ma se avesse voluto farle del male, gliene avrebbe già fatto. E se quello che ha detto è vero, se Raiha non impara a controllare quella maledetta reiatsu si trasformerà in una calamita vivente per Hollow. Il che implicherebbe altri rischi per Ryuuji e Asami.

Con un sospiro, apre la porta ed entra.

Nel buio della stanza, cerca a tentoni l’acciarino e avanza verso la stufa per ravvivarla. Le fiamme non hanno ancora fatto in tempo a brillare che una silenziosa presenza s’insinua alle sue spalle. Raiha ormai ha imparato a riconoscerla, e stavolta non prova più né ansia né inquietudine. Anzi, quasi la fa sorridere il pensiero di quanto si sia spaventata la notte prima.

« È questa la reiatsu, Hisagi-san? » chiede, senza voltarsi.

« Sì » risponde la voce calma dello Shinigami. « La percezione della reiatsu è un dono raro, tra gli umani. Per adesso la tua è ancora abbastanza grezza, ma ti permette già di capire se si sta avvicinando uno spirito, benevolo o malevolo che sia... Questo a meno che lui ovviamente non tenga la reiatsu azzerata. » All’improvviso, la presenza – la reiatsu di Hisagi – sparisce, e per un attimo Raiha pensa che se ne sia andato.

Si volta, e per poco non va a sbattergli contro. È così vicino che se fossero alti uguali i loro nasi si sfiorerebbero. Lei s'affretta a indietreggiare.

« Capisci cosa intendo? » sorride Hisagi, visibile agli occhi del corpo ma non a quelli della mente.

« Credo di sì… ma se gli Hollow percepiscono la reiatsu e tu sei una specie di cacciatore di Hollow, non ti sarebbe più conveniente tenerla sempre azzerata quando ti muovi? »

« Di solito lo faccio » replica lui, alzando di nuovo il suo schermo di energia psichica. « Ma finché in circolazione ci sono certi umani con una reiatsu che brilla come un faro, preferisco restare all’erta e prepararmi a ogni evenienza. Se non ci sono altre domande, vogliamo cominciare? »

Per la seconda volta, Raiha si siede e si concentra.

I minuti scorrono, rotolando oziosamente gli uni sugli altri, mentre lei cerca di ascoltare se stessa, come le suggerisce Hisagi. L’aura dello Shinigami è come un fuoco vivido e luminoso ai margini della sua mente, ma captare la propria le risulta molto più difficile. Una gocciolina di sudore le solca la tempia. La ragazza affonda le unghie nella carne e si impegna ancora di più, forzando poco a poco la sua coscienza ad aprirsi. È una vera e propria battaglia interiore, lunga e faticosa.

Trascorre così quasi un'ora e mezzo, e Raiha è quasi sul punto di arrendersi, quando qualcosa si smuove nella sua mente e di colpo la sente. La sua reiatsu!

« L’hai trovata » dice Hisagi. Non è una domanda, ma lei si lascia comunque sfuggire un « Sì! » emozionato.

Senza aprire gli occhi, Raiha cerca di focalizzarsi sulla nuova fonte di energia. Rispetto alla prepotente reiatsu di Hisagi, questa è molto più piccola e palpita debolmente, come la fiammella di una candela. La sua mente s'avvolge intorno ad essa, e lo fa con la massima cautela: per avvertirla ha bisogno di ogni stilla di concentrazione che riesce a evocare. Dopo alcuni minuti, quando si sente un po' più sicura, Raiha allenta la presa mentale e si permette di osservarla con più attenzione.

Per quanto sottile ed eterea, la reiatsu pervade ogni centimetro della sua pelle, s'intreccia a ogni fibra del suo essere. Ha persino un colore, un azzurro vitale e profondo come il cielo estivo. E profuma: una fragranza lieve e fresca che le ricorda i fiori di peonia.

Raiha cerca di trattenere quel contatto più a lungo che può, ma alla fine la stanchezza prende il sopravvento e la ragazza è costretta a lasciarlo andare. Il sentore della sua reiatsu si dissolve quasi subito... al contrario dell'energia emanata da Hisagi, che continua a pulsare forte e nitida.

« La tua reiatsu è verde » commenta stancamente Raiha.

Hisagi annuisce. « Ti sorprende? »

« A dire il vero, no. »

Raiha abbassa le palpebre e sorride. Il verde è un colore vivace e rassicurante, che sa di primavera, ma è anche il colore del nucleo più profondo e impenetrabile delle foreste, il cuore segreto in cui solo le ombre e gli animali selvaggi osano avventurarsi.

Una tonalità pacata e al tempo stesso misteriosa.

In un certo senso, si confà perfettamente a Hisagi.
 
*

Karakura, Giappone. Autunno 1949

I giorni scivolano l’uno dopo l’altro, fondendosi gradualmente in mesi e poi in stagioni. Col passare del tempo, il traballante rapporto tra Kurosaki Raiha e Hisagi Shuhei – nato per caso e quasi per costrizione – si rafforza fino a diventare un'insolita amicizia. Quando non è in servizio per conto della Soul Society, è facile trovare il giovane Shinigami in giro per Karakura. Anche se Raiha ormai ha imparato a controllare piuttosto bene la sua reiatsu, Shuhei non perde occasione per passare a trovarla.

I due hanno preso l’abitudine di incontrarsi al crepuscolo, quando il cielo inizia a tingersi di viola e di nero e i contadini di Karakura cominciano a ritirarsi nelle proprie case. Il loro posto preferito è il muretto che separa l’abitazione dei Kurosaki da quella degli Inoue. Là, sotto i rami del vecchio ciliegio, l'umana e lo Shinigami si scambiano storie, consigli e a volte persino confidenze.

Shuhei trova rilassanti – incredibilmente rilassanti, in effetti – quei brevi intermezzi tra una missione e l’altra. Da quando gli è stata affidata la sorveglianza della zona, non s’è mai allontanato molto da Karakura o dai villaggi limitrofi: è il suo primo incarico nel mondo umano e intende portarlo a termine in modo impeccabile. Per questo non si tira mai indietro davanti ai suoi compiti, siano questi lunghi, monotoni giri di pattuglia tra i villaggi o frenetiche cacce all'Hollow. La catena della responsabilità gli grava sulle spalle e tintinna a ogni passo. Eccetto che in quei momenti.

Per quanto Shuhei ami la solitudine, deve dire che la compagnia della piccola umana non gli dispiace affatto. Il che è abbastanza sorprendente, considerando che la prima volta che l'ha vista - e per molte volte successive - l'ha inquadrata come niente più che un fastidio, un peso di cui sbarazzarsi il prima possibile. Adesso, deve ammettere che poche cose gli trasmettono lo stesso senso di serenità dello stare insieme a Raiha, guardare i suoi occhi sgranati e perennemente pieni di un candido interesse. La sua anima curiosa e innocente gli ricorda che il mondo non è fatto solo di obblighi, brutture e demoni da fare a pezzi: lui, proprio come gli altri Shinigami, si batte perché persone come lei possano vivere in pace, al sicuro dalle brame degli Hollow.

Dal canto suo, Raiha è profondamente affascinata da Shuhei. Passa intere ore ad ascoltare i suoi racconti: racconti densi di emozioni, avventure e pericoli soprannaturali, esperienze che lui ha vissuto in prima persona ma che sembrano sgorgare direttamente dal cuore delle leggende, come quelle che suo padre le narrava da bambina. Gli spiriti e i demoni dipinti dalle parole del giovane rivivono davanti a lei, nella sua mente, e dopo il suo primo e unico incontro con l’Hollow burattinaio, nessuno di loro le sembra poi così assurdo o irreale.

La ragazza muore dalla voglia di scoprire di più sulla Soul Society, su quel mondo che le sembra così lontano e diverso e che invece a quanto pare è strettamente collegato al proprio, ma Shuhei non scende mai nei dettagli e raramente parla dei suoi colleghi o dei suoi superiori, se non per accenni. Probabilmente perché gli è proibito parlarne, o così ipotizza Raiha.

C’è però un nome che Shuhei menziona molto spesso, e quel nome è Tousen Kaname. Ogni volta che lo pronuncia, il viso dello Shinigami s’illumina di una sincera ammirazione. Anche se lui non lo ha mai detto direttamente, Raiha ha dedotto che la Soul Society è composta da delle specie di divisioni militari, e questo Tousen dev'essere il Capitano della divisione di Shuhei.

« È un uomo straordinario, Raiha-san, straordinario » le dice una volta in tono accalorato. « È partito da zero, ma in pochissimo tempo s’è costruito una carriera sfolgorante. Pensa che è passato da quinto seggio a Capitano nel giro di un solo anno! E oltre ad essere intelligente e carismatico è anche uno dei combattenti più formidabili che abbia mai visto, e dico sul serio, in tutta la Soul Society non ci sono molti avversari alla sua altezza. E tutto questo nonostante sia cieco! »

L’entusiasmo e il rispetto che venano la sua voce impressionano Raiha. Lei non ha mai venerato nessuno, né ha mai perseguito chissà quali grandi ideali. La cosa più vicina a un eroe che riesce a concepire è Ryuuji, ma l’affetto, la stima e la profonda comprensione che la legano a suo fratello sono ben diversi dalla cieca devozione di Shuhei. Raiha trova quasi buffo che una persona seria e composta come lui possa idoleggiare qualcuno in quel modo.

A ben pensarci, Shuhei e Ryuuji un po’ s’assomigliano. Entrambi sono calmi e affidabili e hanno un forte senso di responsabilità.

Ryuuji, però, è molto più cinico e chiuso in se stesso. Considera le persone esterne nello stesso modo in cui una volpe considera i cani, ossia innanzitutto come potenziali nemici, e non si porrebbe alcuno scrupolo a calpestarle pur di proteggere chi ama. Raiha comprende perfettamente la sua durezza di carattere: per anni è stato detestato e temuto per i motivi più sciocchi, e la rabbia, il dolore e l'umiliazione non hanno mai abbandonato del tutto il suo cuore.


Shuhei invece è… Shuhei. A volte un po’ insicuro, a volte un po’ arrogante, ma essenzialmente altruista. È colui che senza conoscerla le ha salvato la vita, che senza aspettarsi nulla in cambio ha sacrificato tempo e fatica per insegnarle a controllare la reiatsu. È colui che ha consacrato la sua intera esistenza a proteggere le anime di perfetti sconosciuti.

E Raiha piano piano realizza che è proprio questo aspetto a toccarla più di qualunque altro.

 
*
 
Karakura, Giappone. 14 dicembre 1949

« Perché porti il cappuccio? »

La domanda di Shuhei giunge così, di punto in bianco. Ma nella voce dello Shinigami non c’è alcuna nota di scherno, solo una sincera curiosità.

« Capisco indossarlo una volta ogni tanto, ma tu ce l'hai sempre. Sembra quasi che tu voglia nasconderti. »

I due sono nel “loro” posto, come sempre; lei è seduta a terra, lui appollaiato sopra il muretto. Sopra di loro, le fronde del ciliegio sospirano sommessamente, accarezzate da un vento gentile. Una pallida falce di luna fa capolino dietro i rami scheletrici.

Raiha rimane in silenzio per un po’, giocherellando nervosamente con i lacci del cappuccio, senza sapere bene come rispondere.

« Non voglio che la gente veda i miei capelli » confessa. « Il loro colore è strano, è diverso dagli altri. A Karakura dicono che è così perché io e mio fratello siamo maledetti dagli spiriti volpe. »

« In che senso, maledetti? » Shuhei aggrotta la fronte. « Stai scherzando, spero. Pensieri del genere non dovrebbero più nemmeno esistere da almeno quattro o cinque secoli. »

« Lo credo anch’io, ma lo vai a spiegare tu al resto del villaggio? »

Shuhei sbuffa e si lascia scivolare giù dal muretto, dirigendosi verso di lei. Per tutta risposta, Raiha lo fissa e serra d’impulso le dita sull’orlo del cappuccio.

« Guarda che non mordo » dice lui con una punta d’impazienza. « Potresti toglierti quel dannato cappuccio? »

Raiha non muove un muscolo.

« Avanti, ormai mi conosci. Ti sembro forse uno di quei fanatici superstiziosi che sparge incenso a destra e manca sciorinando idiozie? E poi li ho già visti i tuoi capelli, ti ricordi? Dai, togliti il cappuccio. »

A gesti lenti e insicuri, la ragazza scioglie i lacci e getta indietro le pieghe di tessuto, rivelando i cortissimi capelli bronzei. Per un attimo, si sente in imbarazzo, quasi come se fosse nuda. Poi qualcosa le sfiora gentilmente la testa: la mano di Shuhei.

« Visto che non era nulla di tragico? » la stuzzica lui. « Comunque, si può sapere perché ti vergogni tanto dei tuoi capelli? Sono bellissimi. »

« Dici? » chiede fiaccamente Raiha.

La mano di Shuhei scivola sulla sua nuca e si ferma lì, proprio sopra il collo. « Non ho mai visto un colore più carico e splendente di questo. Potresti lasciarli crescere un po’, sono sicuro che diventerebbero magnifici. »

Un calore non del tutto spiacevole infiamma il viso della ragazza. « Grazie. »

Tutto sommato, pensa accarezzandosi le punte dei capelli martoriate, forse ne è valsa la pena di ricevere anni di occhiatacce e derisioni, se in cambio ha potuto avere quell’unico complimento.  
 
*  
 
Karakura, Giappone. 2 Marzo 1950

Il disastro colpisce Karakura sul finire dell'inverno.

Il cielo è scuro, carico di nuvole rigonfie e rimbombante dell’eco selvaggia dei tuoni. Gocce di pioggia fitte e taglienti come schegge di vetro fendono l’aria umida. I contadini si chiudono in casa, in trepidante attesa che il maltempo passi, ma quello si protrae giorno dopo giorno.

E alla fine raggiunge l’apice.

Una sera, il fiume Onikawa – generalmente poco più che un mite nastro d’argento – rompe gli argini con inaudita violenza, riversandosi fuori in un turbinio di acque melmose e schiumanti, e colpisce prepotentemente il lato occidentale di Karakura.

Si scatena il panico.

Gelide e spietate, le acque scure travolgono tutto ciò che incontrano sul loro cammino, uomini e bestie, straziando i campi e investendo le casupole come se fossero fatte di cartapesta. Una bassa ondata arriva a sferzare casa Inoue, rodendo pericolosamente il muretto tra questa e l'abitazione dei Kurosaki.

« Muoviti, Raiha, troviamo Asami e andiamocene! » urla Ryuuji, cercando di farsi sentire al di sopra del fragore dei tuoni e della pioggia.

Raiha gli afferra una mano. « Dov’è Asami? » grida di rimando.

« Là in fondo! »

Un lampo illumina il cielo e Raiha la vede nitidamente: la ragazza sta arrancando nel fango, verso di loro, i lineamenti armoniosi sconvolti dall’angoscia.

« State bene? » urla.

« Sì, ma non lo staremo ancora a lungo se non ci togliamo di torno! » ribadisce Ryuuji. « Andiamo verso le montagne, forza! »

Asami sbarra gli occhi, ma si costringe ad annuire. I primi rialzi delle montagne sono a tre miglia da lì: un viaggio che sembra impossibile, sotto gli scrosci di pioggia e con il fiume che sale sempre più in fretta. Tuttavia, sembra essere l’unica possibilità.

Qua e là, i tre ragazzi intravedono altra gente che corre e grida, chi gemendo una perdita e chi affaccendandosi per salvare il salvabile. In molti, come loro, puntano a est, verso le montagne; ma qualcuno resta fermo dov’è, sotto shock, a fissare imbambolato la crescente furia del fiume.

« Cosa stai facendo? » sbotta Ryuuji, afferrando uno di loro per le spalle e scrollandolo vigorosamente. « Se ci tieni alla pelle, vattene! Via! »

L’altro batte stupidamente le palpebre e si gira a guardarlo stralunato. Raiha sussulta: è Yamane, il vecchio sarto presso cui lavorava.

« La mia sartoria… » geme l’uomo.

« Lasciate perdere la sartoria e salvatevi, Yamane-san! » replica Asami.

Lei, Ryuuji e Raiha continuano a correre, impacciati dal terreno fangoso e dagli abiti ormai intrisi d’acqua. Anche la vista diventa sempre più difficoltosa, poiché sta calando la notte e le tenebre cominciano ad addensarsi. Un ciottolo nascosto nella fanghiglia per poco non fa inciampare Ryuuji, ma la sorella è pronta a sorreggerlo per un gomito. Nel buio, i felini occhi verdi s’incrociano brevemente con quelli nocciola in un muto ringraziamento.

Il fiume alle loro spalle continua a crescere rapidamente.

Raiha comincia a sentire i polmoni in fiamme e i muscoli delle gambe sempre più indolenziti, però sopra ogni cosa regna il terrore: un terrore cieco e dominante che invade la sua mente e le sue membra, esortandola a correre, a correre, a correre, persino ad annullarsi nell’oscurità se necessario, ma senza rallentare il passo.

Confusamente, ode un grido alle sue spalle e si volta.

Asami è caduta e lotta disperatamente per rialzarsi, ma il fango l’ha già fatta sprofondare fino al ginocchio e ora la sta trattenendo come un’infida macchia di sabbie mobili. E il nero boato del fiume sta diventando più forte.

« Asami! »

Ryuuji e Raiha tornano subito indietro e afferrano la fanciulla per le braccia, cercando di tirarla fuori dal pantano, ma la stanchezza appesantisce loro le membra e per quanto si sforzino non riescono a liberarla. Sulle guance di Asami, le lacrime iniziano a mescolarsi alla pioggia.

« Riproviamo! » grida disperatamente Raiha. « Tutti insieme! »

Ryuuji annuisce e stringe i denti, convertendo ogni fibra del suo essere in nuova energia per salvare Asami. Per un attimo, il fango sembra cedere… ma poi le forze gli vengono meno, e così alle due ragazze. Ryuuji e Raiha s'accasciano nella melma.

« Lasciatemi… » comincia Asami, ma Ryuuji la precede.

« Non ci provare! » ringhia, e nella sua voce la rabbia è seconda solo alla disperazione. « Non provare a rifilarci la solita cazzata del “lasciatemi stare, pensate a voi stessi”! Io non ti lascio qui! »

« Devi farlo, invece… »

Asami s’interrompe di nuovo, stavolta con un piccolo gemito di sorpresa, mentre due braccia muscolose le cingono la vita da dietro e la sollevano, strappandola senza apparente difficoltà alla presa del fango. Ryuuji e Raiha fissano a bocca aperta il suo inaspettato salvatore. È un giovane, vestito con gli abiti umili e dimessi di un contadino, ma che sembra irradiare un’aura diversa… un'aura quasi di potere.

Un'aura verde.

L'anima di Raiha fa una capriola, sorpresa e sollevata. Riconoscerebbe ovunque quella zazzera corvina e quegli occhi nerissimi. È Shuhei… ma perché abbia i panni di un contadino e perché Ryuuji e Asami riescano a vederlo, resta un mistero.

« Muovetevi! » comanda lo Shinigami senza tanti complimenti.

Ryuuji gli lancia un’occhiata indecifrabile, ma senza perdere altro tempo si carica sulle spalle un’esausta Asami – che protesta debolmente, lamentandosi che così lo rallenterà e basta – e riprende la corsa. Raiha li segue a ruota, Shuhei l’affianca. La comparsa di quest’ultimo rinnova la speranza e la determinazione dei tre ragazzi. 

E finalmente, dopo quella che sembra un’eternità, il terreno sotto i loro piedi comincia ad inclinarsi verso l’alto. Raiha alza gli occhi. Al di là del velo della pioggia, si possono indovinare i profili massicci e taglienti delle montagne.

« Coraggio, ci siamo quasi! » li sprona Ryuuji.

Una breve arrampicata è sufficiente per raggiungere una grotta, aperta come una piccola ferita nel fianco roccioso della montagna. Stanchi, tremanti e inzuppati – ma sani e salvi – i ragazzi si trascinano all’interno e si lasciano scivolare sul terreno asciutto. Per alcuni istanti, l’unico suono percepibile è il loro respiro ansante. Ryuuji passa un braccio intorno alle spalle di Asami e la stringe contro di sé con fare protettivo, cercando di scaldarla con il suo stesso corpo. Al suo fianco, Raiha cerca senza troppo successo di calmarsi, ma il fiato le esce veloce e irregolare e il cuore sembra lì lì per schizzarle via dal petto. Quando si gira verso l’imboccatura da cui sono entrati, vede la sagoma di Shuhei stagliata contro il cielo cupo.

« Qui dovreste essere al sicuro, almeno per un po’ » commenta lui con voce bassa e tranquilla.

« Sì » conferma Ryuuji, nel tono più dignitoso che riesce a tirare fuori nonostante il fiatone. « Ascolta, ti siamo immensamente grati per averci aiutati, ma si può sapere chi sei? Sono certo di non averti mai visto a Karakura. »

« Sono un pescatore di Saka. » Saka è un villaggio costiero a circa cinque miglia da Karakura. « Mi sono recato a Kyoto per vendere la mia merce, ma sulla via del ritorno sono stato sorpreso dal maltempo e mentre cercavo riparo mi sono accidentalmente imbattuto in voi. »

La naturalezza con cui lo dice è disarmante.

Raiha accenna a un lieve sorriso. « Che possiamo dire? Grazie, nostro misterioso salvatore. »

Anche se non può vederlo, il suo tono le dice che Shuhei sta sorridendo a sua volta. « Di nulla. »
 
*
 
Quando la tempesta si placa, di Karakura non è rimasto un granché. Solo un misero pugno di abitazioni è rimasto in piedi e i campi sono completamente distrutti. Alcuni contadini riuniscono il poco che hanno potuto salvare e si trasferiscono altrove; ma la maggioranza, tra cui Ryuuji, Raiha e Asami, decidono di restare e di provare a ricostruire il villaggio.

È un’opera lenta e faticosa, che richiede la pazienza e la collaborazione di tutti. Dapprincipio, più di un contadino pare recalcitrante ad accettare l'assistenza dei kitsunetsuki, ma la loro diffidenza comincia a sciogliersi quando si ritrovano a dover sgobbare per tenere il passo con Ryuuji, dietro al cui fisico esile si celano una forza insospettabile e una gran voglia di fare.

L'erboristeria Inoue e la sartoria di Yamane sono state spazzate via dal fiume, quindi Asami e Raiha s'adoperano a piene mani per tessere e intrecciare reti da pesca e da uccellagione, talmente leggere e resistenti da attirare l'attenzione persino dei villaggi vicini. 

Come in precedenza, Shuhei torna spesso da Raiha, sia in forma di Shinigami, sia nei panni di umile pescatore. Il loro posto non esiste più - del muretto rimangono solo pochi mattoni e il vecchio ciliegio è stato sradicato dal fiume - ma adesso i contadini sono talmente impegnati che se anche vedessero una ragazza parlare da sola probabilmente non ci farebbero più caso. Con l'aiuto di Shuhei, di Asami e di alcuni volenterosi abitanti di Karakura, i due Kurosaki innalzano una seconda casa, più piccola e semplice della precedente, ma essenzialmente abitabile. E per ora non desiderano nulla di più.

Dopo essersi brevemente consultato con Raiha, Ryuuji invita Asami a vivere con loro. La fanciulla, cresciuta secondo il severo regime tradizionalista di Inoue-san, dapprima oppone resistenza, reputando indecente il fatto di convivere apertamente con un uomo che non è né suo consanguineo né suo legittimo sposo, ma ben presto cede. Il numero di casupole è ancora limitato e, usanze o non usanze, i contadini devono arrangiarsi come possono.

Raiha è però convinta che, dietro il suo pudore, la fanciulla raramente sia mai stata così contenta.
 
*
 
Karakura, Giappone. 10 maggio 1950

Raiha non è sicura dell’esatto momento in cui s’accorge che ciò che nutre per Shuhei va al di là del semplice affetto. Probabilmente accade quando, quasi per un mese di fila, lui non si presenta al loro solito punto d’incontro. La ragazza, fresca di sedici anni, comincia a preoccuparsi sul serio. Poi, finalmente, Shuhei ritorna: ma con il corpo martoriato di cicatrici e un braccio appeso al collo.

Shuhei...! Non appena percepisce la sua reiatsu, Raiha lascia perdere il suo lavoro di cucito e accorre da lui. Ansia e sollievo riverberano insieme dietro le sue iridi sbarrate. « Shuhei-san, cos’è successo? »

« Solo una missione un po’ più complicata del previsto » replica lui con una scrollata di spalle, per poi abbozzare un sorriso. « Che ti prende, t’illudevi forse di esserti sbarazzata di me? »

Raiha prende in seria considerazione l’idea di dargli uno schiaffo, ma alla fine la felicità prende il sopravvento e si limita ad abbracciarlo, seppur con estrema delicatezza, stando bene attenta a non urtare le bende. Shuhei ricambia goffamente con il braccio libero. Al semplice contatto, il macigno che le ha compresso il cuore fino a quel momento si scioglie come ghiaccio sotto il sole.

« Oserei dire che mi sei mancato » dice la ragazza in tono scherzoso, prima di fare un passo indietro e staccarsi da lui, stavolta fissandolo con aria seria. « Sai che ora mi dovrai raccontare tutto per filo e per segno, vero Shinigami? E che non pretenderò altro che la verità nuda e cruda? »

« Ero pronto all’evenienza. » Shuhei la guarda con più attenzione, e il suo sorriso s'allarga. « Alla fine ti ho convinto a toglierti quello stupido cappuccio, eh? »

I capelli di Raiha, ormai lunghi fin quasi alle spalle, catturano la luce del sole ogni volta che lei muove la testa. La ragazza ride.  « Avanti, parla! »

Mentre Shuhei si prepara a farle il resoconto dell’ultima missione, lei scopre, per la prima volta da quando l'ha incontrato, di non riuscire a concentrarsi su quello che dice. Nella sua testa echeggia un unico, terribile punto interrogativo: cosa diavolo avrebbe fatto, se Shuhei non fosse tornato indietro? Se fosse stato richiamato nella Soul Society a vita, o peggio ancora, se fosse morto?

Perché, per quanto detesti pensarci, è una possibilità più che concreta. Shuhei è prima di tutto un guerriero e rischia la vita pressoché ogni giorno. Il problema è che ormai non è più solo un estraneo che ha casualmente incrociato sulla sua stessa strada; è diventato un alleato e un amico, forse perfino qualcosa di più, e Raiha ha la sensazione che strappare Shuhei da lei sarebbe come strapparle direttamente il cuore. In qualche modo, ha messo radici in lei. 

In segreto, sotto la facciata imperturbabile di sempre, anche Shuhei è abbastanza scosso. Nonostante Raiha l’abbia solo abbracciato – abbracciato! Un normalissimo abbraccio, dannazione! – all’improvviso gli sembra che qualcosa sia cambiato. Nel brevissimo istante in cui lei ha premuto le sue forme contro di lui, Shuhei ha avuto l’assurdo impulso di stringerla a sé, con forza, con disperazione, tanto da farle male, e se si è contenuto è stato solo grazie al braccio fasciato. Confusamente, all'improvviso s’è reso conto che Raiha non è più la bambina spaventata di quattro anni prima, ma una giovane donna… e anche piuttosto attraente.

Shuhei s’impone di darsi una calmata e di non fare idiozie. In fondo, la Soul Society è piena di belle Shinigami. Basti pensare alla quieta eleganza del Capitano Unohana, o alla perfezione plastica di Kurotsuchi Nemu, per non parlare poi delle curve mozzafiato di Rangiku-san...

Eppure, con Raiha sta bene. Si sente a suo agio. Certo, è infinitamente più fragile di una Shinigami, ma dietro la sua apparente delicatezza c’è una vena combattiva che gli piace. Forse un giorno anche lei entrerà a far parte della Soul Society… Con la reiatsu che si ritrova, sarebbe una splendida dea della morte.

Forse. Un giorno. Ma è proprio questo il punto, e lo sa. Adesso non è né il tempo né il luogo.

Se lo ripete, come un mantra.

Né il tempo, né il luogo.

Né il tempo, né il luogo.

Né il tempo...

... e Shuhei decide di mandarli al diavolo tutti e due, sia il tempo che il luogo.
 
*

Karakura, Giappone. 27 maggio 1950

« Riprova, adesso… »

Dopo tutti quei mesi di esercizio, sembra una sciocchezza: in un batter d’occhio, Raiha abbassa il livello della propria reiatsu fino a portarla quasi a zero. Shuhei finge di battere le mani. 

« Il tuo controllo è decisamente migliorato. Onestamente, non pensavo che un’umana potesse arrivare a padroneggiare la propria reiatsu in questo modo. »

« Beh, l’umana in questione ha avuto un buon maestro » replica lei con un sorriso.

Sono nella nuova casupola, rischiarata dal tenue chiarore del sole. Ryuuji e Asami hanno approfittato del bel tempo per recarsi a Kyoto, come moltissimi altri mercanti, nella speranza di vendere un po' di ortaggi e di decotti, e per un paio di giorni non saranno di ritorno. Raiha ha preso la palla al balzo per continuare a fare pratica nell'uso della reiatsu, dato che la minaccia degli Hollow è tutt'altro che scemata. Il che le fa venire in mente...  

« Tornerai presto alla Soul Society? » chiede con apparente noncuranza.

« Tra qualche anno, credo. O forse tra dieci, o venti. » Shuhei sorride senza umorismo. « Dipende in larga misura da quello che decidono il mio Capitano e il resto delle alte sfere. Anche se qualche volta mi hanno proposto come seggio della Nona Compagnia, al momento sono solo un soldato semplice. »

Tra sé e sé, Raiha spera che lo rimanga ancora per un po'... diciamo anche mezzo secolo.

« Perché vuoi saperlo? » ritorce lui.

« Oh... » Il sangue le affluisce in viso. « Semplice curiosità. »

« Sicura? »

« Sicurissima. »

Shuhei l'abbraccia da dietro. Il suo respiro caldo le arroventa l'orecchio e la guancia. È piacevolmente sorpreso nel constatare che Raiha, anziché ritrarsi, avvampa e rabbrividisce in modo quasi impercettibile. Un effetto interessante.

Col cuore che batte all'impazzata, Raiha si volta e, sollevandosi in punta di piedi, posa un piccolo, cauto bacio sulle labbra di Shuhei. Nella sua mente s’affastellano subito mille preoccupazioni – prima tra tutti la paura che lui resti indifferente, o peggio ancora la respinga – e resta stupita quando per tutta risposta Shuhei le passa un braccio dietro la schiena e la serra contro di sé, impedendole di indietreggiare. Quel bacio innocente si trasforma in un bacio intenso e affamato.

Shuhei la solleva di peso e Raiha gli allaccia le braccia intorno al collo, lasciandosi docilmente condurre sopra il suo giaciglio. Mentre lui inizia ad accarezzarla, gli occhi neri interrogano per un attimo quelli nocciola, e dopo una breve esitazione Raiha annuisce. Il rossore sulle sue guance s'intensifica quando lui le sfila la veste, ma lei semplicemente abbassa le palpebre, abbandonandosi del tutto al tocco gentile di Shuhei.



*************
Sixy: OMMIODDIO HO AGGIORNATO!!! o.O
*Raiha, Ryuuji e l'infinità di personaggi che affollano il mio piccolo mondo mentale fanno la ola*
Sixy: incredibile, sono quasi commossa. Che dire, questo capitolo come direbbero i nostri amici inglesi è stato un vero e proprio pain in the ass, uno perché non trovavo l'ispirazione, due perché dovevo districarmi tra esami, lezioni e impegni vari, tre perché è stato sinceramente lungo e impegnativo da scrivere, considerata la vistosa mancanza di sangue, violenza e smembramenti. Scusate il come sempre mostruoso ritardo. *inchino* Per la cronaca, casomai non si fosse capito, Shuhei nella grotta e a volte in seguito indossa un Gigai, motivo per cui è visibile a chiunque. 
Finale brusco? Forse. Ma non m'è parso sbagliato, considerando che Rai-chan è un'adolescente in crisi ormonale - e anche Shuhei, più o meno... in un flashback si vede che cento anni prima è un bambino (pucciosissimo, tra l'altro!) quindi tirando per le somme ho dedotto che una decina d'anni dopo (intorno al 1920 nel mondo reale, più o meno?) sia entrato in Accademia e che qualche anno più tardi sia stato nominato Shinigami a pieno titolo.
Spero che abbiate gradito il capitolo, pulzelli e pulzelle. Per quanto riguarda ambientazioni, abitudini, oggetti ecc. presenti nel periodo, ho cercato di documentarmi meglio che ho potuto, ma se ci fossero delle imprecisioni vi prego di perdonarle ^^
xoxo
Sixy


P.S.
Oh, e mi dicono dalla regia che alcuni pezzi della mia fiction sono stati plagiati, in modo nemmeno troppo velato. Ma, citando _ayachan_, si dice il peccato ma non il peccatore, e sono sinceramente contenta che a qualcuno la storia sia piaciuta tanto da volerne replicare delle parti a modo suo ^^

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Capitolo 16
*** Another life, another story - Midnight. ***


XVI. Another life, another story
Midnight

 

12 giugno 1951

Il sole ormai è calato da un bel pezzo, ma di Shuhei nemmeno l'ombra. Raiha è triste, forse anche un po' arrabbiata, ma non può certo dire di essere sorpresa: anche se lei continua a presentarsi tutte le sere al vecchio punto d'incontro, ormai sono quasi tre mesi che lo Shinigami manca ai loro consueti appuntamenti. La ragazza sospira e si accarezza la pancia, ora lievemente arrotondata. Per ora riesce ancora a nasconderla, ma non potrà tenere segreta la sua condizione per sempre: adesso più che mai ha bisogno del giudizio di Shuhei, tuttavia il tempo passa e Raiha inizia a rendersi conto che forse stavolta Shuhei non tornerà. 

La sola idea è come una lama di ghiaccio piantata nel petto.

Per giorni ha fantasticato su come sarebbe stato bello correre incontro a Shuhei e comunicargli la lieta notizia. Lì per lì, lui sarebbe rimasto un po' stupito, senz'altro, ma poi avrebbe sorriso - un sorriso lieve, il sorriso che lei amava - e le avrebbe dato uno dei suoi baci intensi e appassionati. Forse le avrebbe persino detto che aspettava quel momento da secoli, prima di inginocchiarsi e chiederle di sposarlo. 

Così. È così che sarebbe dovuta finire

Raiha ricaccia indietro un singhiozzo e dà un calcio a un sasso, spedendolo in mezzo al buio. 

A tormentarla non è solo il fatto che ora dovrà affrontare quella difficile situazione da sola, quanto l'assenza di Shuhei in sé. Senza di lui, si sente esposta e vulnerabile. Shuhei è diventato il suo punto di riferimento, il suo amico e il suo amante, la sua stella polare personale in un cielo tumultuoso e in continuo movimento: Raiha non riesce ad accettare il fatto che di punto in bianco sia semplicemente sparito nel nulla, senza dire una parola e nemmeno lasciarle un messaggio. In cuor suo, la giovane prega che sia stato richiamato dalla Soul Society, ma ogni volta che ci pensa non può fare a meno di considerare anche possibilità più infelici... dèi del cielo, e se gli fosse capitato qualcosa durante una missione? E se fosse morto? 

Eppure, proprio l'ultima volta che si sono visti, lui glielo ha promesso. Le ha promesso che ci sarebbe sempre stato, che sarebbe sempre ritornato da lei. Ha detto che non l'avrebbe mai lasciata sola.

Oppressa da un’infinita malinconia, Raiha si trascina nella casupola che condivide con Ryuuji e Asami. Dentro trova solo Asami: la ragazza, seduta alla sua nuova macchina da cucito, sta canticchiando una vecchia canzone popolare con voce dolce e argentina. Quando vede Raiha, però, subito s'interrompe e le sorride con calore. 

« Raiha-chan! » cinguetta allegramente. A ogni piccolo movimento della testa, i suoi lunghissimi capelli scuri catturano e riflettono il chiarore del lume a olio. « Non ci crederai mai, ma ho una notizia incredibile, quando l’ho sentita sono rimasta scioccata! Sai che Sugimoto-san mi ha detto che sua moglie… » La sua voce perde di colpo ogni leggerezza, tingendosi di preoccupazione. « Ehi, che ti prende? Cos'è quel viso scuro? » 

Raiha s’accomoda accanto a lei e le prende le mani, un po’ trepidante. Asami è vivace e chiacchierona, ma quando vuole sa custodire i segreti meglio di chiunque altro. In fondo, è la sua migliore amica e si fida di lei. « Anch’io ho una notizia abbastanza scioccante, Asami-chan. Ascolta... non so bene come dirtelo, ma credo, cioè, so… voglio dire, sono incinta! »

 Incinta. Quasi lo grida: la parola le esplode dalle labbra come dotata di vita propria.

Raiha incassa la testa nelle spalle, ma con sua sorpresa Asami non dà di matto: anzi, dopo un iniziale momento di stupore, la mora le stringe dolcemente le dita. « Ne sei sicura? »

 L'altra annuisce.

« Beh, questo se non altro spiega tutte le nausee e gli attacchi di vertigine che hai avuto negli ultimi tempi. Da un certo punto di vista ti confesso che sono sollevata, sai? Cominciavo a temere che avessi contratto la salmonella, se non di peggio. » Le sistema teneramente una ciocca dietro l’orecchio. « Il bambino è di Hisagi-san, vero? »

Raiha fa di nuovo cenno di sì e si morde il labbro. « Asami, non so cosa fare » ammette disperata. « Shuhei non è ancora tornato e senza di lui mi sento perduta. Oltretutto, non ho la minima idea di come si allevi un figlio! Vorrei tanto potermi aggrappare un po' di più agli insegnamenti dei miei genitori, ma di loro ricordo davvero poco e ho paura a chiedere consiglio a qualcuno del villaggio. Non so proprio dove andare a sbattere la testa! »

 « Calma, tesoro, calma: affrontiamo una cosa alla volta. Adesso occupiamoci del problema più pressante. Ascolta, se non te la senti di portare avanti la gravidanza, forse posso aiutarti io con un infuso di prezzemolo... »

« Ma non voglio abortire! » replica subito Raiha.

Asami inarca un sopracciglio. « Se non vuoi diventare madre… »

« Sì, hai ragione, è un po’ complicato. » Raiha comincia a torturarsi un lembo della veste. « Se proprio devo parlare col cuore in mano, il solo pensiero di partorire mi spaventa a morte, e mi spaventa ancora di più l’enorme peso della responsabilità che si porta dietro. Però voglio questo bambino, lo voglio davvero. È l’ultima cosa che mi rimane di Shuhei. »

« So che tu e Hisagi-san eravate molto legati e trovo ammirevole la tua devozione, ma ti prego di riflettere bene sulle conseguenze della tua scelta » obietta Asami. « Questo bambino ti stravolgerà la vita, soprattutto se lo alleverai senza un padre. E non dobbiamo dimenticare che comunque nascerebbe fuori dal vincolo del matrimonio, e perdona la rudezza, Raiha-chan, ma i figli bastardi non sono ben visti a Karakura. »

Raiha si porta una mano alla pancia. « Nemmeno la nostra vita è stata facile: il destino a noi non ha mai regalato nulla e quel poco che abbiamo l'abbiamo ottenuto con la fatica e il sacrificio. Ma non capisci? È proprio per tutto quello che abbiamo passato che non intendo privarmi di un dono simile. Proprio per quello che abbiamo passato, Asami, dovresti fidarti di me e capire che questo non è il capriccio di una bambina. »

La mora sostiene il suo sguardo per un lungo istante. « Sarà per sempre perseguitato dai pregiudizi e dalla solitudine, lo sai. »

« Contro i pregiudizi non posso fare molto, la gente di Karakura prima o poi dovrà accettarlo. Ma per quanto riguarda la solitudine, ti garantisco che mio figlio non la sentirà mai: avrà sempre tutto il mio sostegno, e scommetto anche quello di Ryu... Oh, Ryuuji! » Raiha impallidisce. « Stasera dovrò dirlo anche a lui. »

« Per forza, deve pur sapere che presto diventerà zio. Non puoi certo aspettare che lo scopra da solo. » Di colpo, l'espressione tesa di Asami si scioglie in un sorriso. « Per gli dèi, ma te lo immagini? Zio! Zio Ryuuji! »  

Raiha ridacchia. È un risolino breve e nervoso, ma è la prima cosa di vagamente simile a una risata che le sfiora la bocca da settimane, se non da mesi. 

« Allora hai deciso una volta per tutte? Terrai il bambino? » la incalza Asami. 

« Sì, lo terrò. Già sento di amarlo. » Raiha abbraccia l’amica. « Grazie, Asami-chan. »

« E di cosa? Non ho fatto niente. » Asami ricambia con affetto. « La parte difficile, adesso, sarà impedire a Kurosaki-kun di smuovere mari e monti per trovare il delinquente che ha osato violare la sua sorellina. Forse è un bene che per un po' Hisagi-san si tenga alla larga da Karakura, per la sua stessa incolumità! »  
 

*

Karakura, Giappone. 10 dicembre 1951

Tormento. 

È l’unica sensazione che prova: un tormento senza fine che domina il suo corpo e la sua mente, liquefacendo ogni pensiero razionale.  

Un fuoco invisibile le divora la pelle, le carni, le ossa, lasciando dietro di sé solo cenere ardente e sofferenza. In sottofondo le sembra di sentire una cacofonia di suoni ovattati (urla, urla umane) e solo confusamente capisce che provengono dalla sua gola. Raiha si contorce, le guance arrossate invase da calde lacrime di dolore, mentre una lancia di metallo incandescente – o così le pare – le strazia il ventre e le cosce.

« Ci sei quasi! » La voce di Asami è debole e lontana, come un’eco portata dal vento. « Continua a spingere, Raiha-chan, riesco a vedere la testa! »

Al di là della rossa nebbia d’agonia che le vela la vista, Raiha scorge di sfuggita il bel viso dell’amica stagliato contro il soffitto della loro casupola. Qualcosa di fresco e bagnato le preme sulla fronte, dandole qualche secondo di sollievo.

« Avanti! » continua a incitarla Asami. « Un ultimo sforzo ed è tutto finito, tesoro. Tieni duro ancora un minuto, solo un minuto, e poi – Kurosaki-kun esci immediatamente da qui! »

Raiha ha la fugace visione di Ryuuji pallido come un cencio che si precipita fuori dalla casupola. In un’altra occasione le verrebbe da ridere, a vedere il suo gelido fratellone darsela a gambe  in quel modo, ma in quel momento vorrebbe solo morire, spegnersi in una beata e fredda oscurità, qualunque cosa pur di far finire quel supplizio.

E all’improvviso, proprio quando sente di non potercela più fare, un nuovo suono le raggiunge le orecchie: il pianto acuto e vigoroso di un neonato.

« È un maschio! » trilla Asami. « Un bellissimo maschietto, sano e forte! »

Tutta la tensione e il dolore e il patimento che fino a quel momento hanno gravato su Raiha si sciolgono di colpo, quasi per magia. La ragazza crolla all'indietro e chiude gli occhi, esausta, mentre un soave e graditissimo torpore avvolge dolcemente la sua coscienza. 

    *

Quando si sveglia, è ormai calata la sera. Raiha rimane immobile per alcuni secondi, ancora stordita, poi nella sua mente appannata fa capolino un nuovo, strano pensiero: Ho un figlio. Si tira su dal letto come una sonnambula e i suoi occhi scattano subito sulla piccola culla di legno che Ryuuji stesso ha intagliato per lei: al suo interno, rannicchiato sotto le coperte, il bambino - il suo bambino - dorme pacificamente, succhiandosi il pollice. Dalla testolina gli spunta un unico ciuffetto di capelli corvini, chiara eredità paterna. Dal suo minuscolo, adorabile corpicino irradia perfino un'azzurra fiammella di reiatsu.

La ragazza sorride intenerita e, avvicinatasi alla culla, passa affettuosamente un dito sulla delicatissima guancia del piccolo. È di una morbidezza sconcertante, più vellutata di una pesca. Dischiudendo le labbra inaridite dalla sete e dalla stanchezza, Raiha mormora il nome che ha scelto per lui.

 « Isshin. »

Isshin è il nome di un'antica virtù che combina devozione, determinazione e senso dell’onore. La virtù che unisce Shuhei e Ryuuji, i due uomini della sua vita.

Per un po’, Raiha resta a coccolare e a vezzeggiare il suo Isshin, poi una fitta alla gola secca le ricorda che non beve da almeno due giorni. A malincuore, si allontana dal bambino per andare in cerca il recipiente d’acqua che Asami ha l’abitudine di tenere vicino all’ingresso. Mentre passa davanti alla porta, coglie due voci ovattate e d’istinto si ferma, in ascolto.

« … che sia la cosa migliore » sta dicendo Ryuuji in tono serio. « Come soluzione non mi piace per nulla, ma se non altro così la gente di Karakura lascerà in pace Raiha e il bambino. »

Raiha drizza le orecchie.

« Mi assicurerò personalmente che si sparga la notizia. » Questa è Asami. « Se qualcuno dovesse interessarsi troppo al piccolo, diremo semplicemente che Raiha s’è sposata in segreto con il pescatore di Saka che negli ultimi tempi veniva spesso in visita alla città, e di cui purtroppo si sono perse le notizie dopo il tragico naufragio della sua nave. Nessuno s’insospettirà, so che quest’anno ci sono state numerose tempeste. »

« Per una volta, un evento drammatico ha il suo lato vantaggioso. Sarà una copertura perfetta. »

Per un minuto o poco più, tra i due cala il silenzio. 

« Senti, Kurosaki-kun… a proposito di matrimonio… » azzarda Asami.

« Non dire una parola di più. » Nella voce di Ryuuji s'è insinuata una nota più morbida. « Aspetteremo giusto che Raiha si riprenda e cominci ad abituarsi ai bisogni del bambino. Entro il prossimo equinozio di primavera, Inoue Asami, ti prometto che sarai la mia sposa. »

Un gridolino emozionato seguito da una dozzina di schiocchi leggeri suggeriscono all'origliante l’idea che Asami si sia lanciata addosso a Ryuuji e gli stia coprendo la faccia di baci. Ryuuji borbotta qualcosa, ma Raiha lo conosce troppo bene per non sapere che sotto sotto quello slancio d'affetto non gli fa altro che piacere.  

La ragazza si scosta dalla porta, trova il recipiente d'acqua e si disseta in silenzio, pensierosa. 
 

*

Karakura, Giappone. 15 marzo 1952

È una serata insolitamente tiepida, per marzo. Una dolce brezza entra dalla finestra aperta. Raiha è sola in casa, intenta ad allattare Isshin, quando la sua mente avverte qualcosa che non avvertiva da interi mesi… il crepitio di una reiatsu. Per un attimo la giovane resta spiazzata, poi una sorta di folle speranza la invade.

Shuhei? Shuhei è tornato?

La speranza è lesta a morire quando s’accorge che la nuova reiatsu non è verde e luminosa, ma scura e opaca, come vetro immerso nel fango. E si sta rapidamente avvicinando, come un predatore che ha appena fiutato la sua nuova vittima, puntando dritto verso di loro. 

Confusa, Raiha si chiede come sia possibile, dato che ormai è più di un anno che tiene la reiatsu praticamente azzerata… e poi, con orrore, guarda Isshin. Isshin e la sua piccola, innocente fiammella di reiatsu.

« No! »

Il cervello della giovane comincia a lavorare febbrilmente, in preda al panico. Shuhei non c’è più, non verrà più a salvarla. Karakura dovrebbe essere pattugliata da un altro Shinigami, un certo Uragiri, ma lei non lo ha mai incontrato (e neppure percepito, a dire il vero) e non ha idea di come chiamarlo. Naturalmente, non c’è verso che un neonato possa imparare a sopprimere la propria reiatsu, meno che mai nel giro di due minuti. Forse potrebbero provare a scappare, ma quanta strada possono fare da soli una ragazza madre e un bambino di pochi mesi?  

Le idee si rincorrono frenetiche nella testa di Raiha, fino a quando l’illuminazione non la colpisce. È un espediente pericoloso, sì, e le possibilità che finisca male sono altissime, ma le sembra l’unico modo per assicurare a Isshin un certo grado di protezione.

Ryuuji è andato di nuovo a Kyoto – meglio così, pensa Raiha, almeno lui è al sicuro. Asami invece si sta prendendo cura della figlia malata dei loro vicini di casa, e ormai dovrebbe rientrare da un momento all’altro. Raiha regala ai due un lungo pensiero pieno di affetto, poi dà un lieve bacio sulla fronte a Isshin e lo depone amorevolmente nella culla. Buona notte, tesoro. 

Senza un rumore, la giovane esce di casa a incontrare il cielo viola e nero e le prime, pallide stelle.

La tua reiatsu è come un faro nella notte, le ha detto una volta Shuhei scherzando solo a metà.

Raiha prega che sia ancora così e, mentre s’allontana correndo dalla casupola, rilascia al massimo la sua reiatsu. Dopo essere stata repressa per tanto tempo, la calda energia spirituale esplode verso l’esterno come una vampata azzurra, più splendente che mai. Molto più allettante del tenue lumicino di reiatsu emanato da Isshin.

Raiha oltrepassa l'orto di Ryuuji e quello dei loro vicini di casa, poi supera in due balzi il piccolo ponte di legno inarcato sopra il fiume Onikawa. Qualche pescatore di ritorno dal lavoro si gira a guardarla, stupito da tanta fretta, per poi stringersi nelle spalle e riprendere ad arrotolare le reti o a pulire il pesce. Raiha non li degna di uno sguardo; tutta la sua attenzione è rivolta verso il limitare del villaggio, laddove i campi coltivati cedono il posto alla boscaglia. Se riesce a raggiungere il riparo degli alberi, forse fuggire le sarà più facile: da bambina giocava in quei boschi intricati e di certo un mostro farebbe una bella fatica ad addentrarsi là dentro. 

Attirare il mostro laggiù e poi far perdere le proprie tracce. È possibile, conosce la zona palmo a palmo e di sicuro saprà destreggiarsi tra gli ostacoli della natura. E un giorno, magari non così lontano, potrebbe ritornare. Dalle persone che ama. Ma per quanto cerchi di essere ottimista, in cuor suo Raiha non crede veramente che riuscirà a salvarsi. Spera solo di riuscire ad allontanare a sufficienza l’Hollow da Ryuuji, Asami e Isshin, prima che sia troppo tardi. 

Mentre sta per svoltare l’angolo dell’ultima casa, la ragazza si trova costretta a inchiodare di colpo. Un’altra reiatsu è comparsa all’improvviso davanti a lei… una reiatsu talmente gigantesca da far apparire ridicola quella dell'Hollow alle sue spalle, e persino quella di Shuhei. È in trappola, presa tra due fuochi. Intimorita, Raiha alza la testa, aspettandosi come minimo di vedere un terrificante colosso grande tre volte la sua casa, e resta di sasso quando si rende conto che, in realtà, la figura che le sbarra la strada è un ragazzo magro e pallido come il gesso, e neppure troppo alto. Il ragazzo in questione indossa vesti stranissime, forse di taglio occidentale, di un bianco così puro e immacolato che al confronto parrebbe sporco persino un fiocco di neve. Raiha lo guarda negli occhi, e d’istinto si sente attraversare da un brivido: sotto gli scompigliati capelli neri, le iridi di quello sconosciuto sono verdi e glaciali, quasi prive di vita. L’unico tocco di espressività, nel volto pallido, sono due scie di quello che sembra trucco, che gli solcano le guance come lacrime color smeraldo.

Nonostante la sua corporatura esile, quel tizio le mette addosso una paura tremenda. 

Raiha cerca di farsi coraggio. « Chi sei? » chiede con la voce più decisa che riesce a tirar fuori. « Sei anche tu una specie di Hollow? »  

Lui si limita a squadrarla con freddezza. 

I nervi di Raiha sono già abbastanza a fior di pelle: non ha proprio voglia di mettersi a giocare all’indovino. « Beh,  allora se non ti spiace io me ne vado. Ci si vede. »

Fa per passargli oltre, ma il giovane la gela con poche semplici parole: « Non t'interessa sapere dove si trova Hisagi Shuhei? »

« Shuhei? » Raiha si blocca, mentre un senso di gelo le stringe lo stomaco. « Che ne sai, tu, di Shuhei? Chiunque o qualunque cosa tu sia, di certo non sei uno Shinigami. »

« Non è necessario appartenere a quella feccia della Soul Society per ottenere informazioni su di lui. Soprattutto quando certe informazioni sono così ovvie scontate. »

Il giovane spalanca le braccia: dietro di lui, a mezz’aria, compare quello che a prima vista sembra una specie di specchio tondeggiante, sulla cui superficie liscia si rincorrono mille riflessi confusi. Raiha indietreggia, ma senza riuscire a staccare gli occhi dallo specchio. Poco a poco, i riflessi si riducono e la visuale diventa più chiara, fino a lasciar intravedere l'immagine di Shuhei. 

Shuhei, il suo Shuhei, che cammina lungo una strada fantasma. 

Il cuore di Raiha perde un colpo. Shuhei non è da solo: accanto a lui c'è una donna bellissima, anch'ella in divisa di Shinigami. I due stanno chiacchierando scherzosamente del più e del meno: anche se non sente le loro voci, Raiha quasi percepisce l'atmosfera di complicità e allegria che li circonda. Shuhei si china verso la donna e le mormora qualcosa, in tutta risposta, quella specie di sirena scoppia a ridere di gusto e getta indietro i meravigliosi boccoli d'oro rosso, per poi prenderlo sottobraccio - premendo casualmente i seni pieni e morbidi contro il gomito del giovane, un contatto che a Shuhei sembra non dispiacere per niente. 

Raiha fa un altro passo indietro, nauseata. « Non è vero… è un trucco. »

« Sei libera di non credermi » ribatte lo sconosciuto dagli occhi verdi. « Ma non trarrei alcun vantaggio a mostrarti qualcosa che non esiste. È ora che tu smetta di mentire a te stessa e cominci ad accettare la verità: perché mai Hisagi Shuhei si sarebbe dovuto vincolare a te, una patetica umana, quando può trovare ben altro appagamento altrove? Lo capisci, adesso, che ti sei chiusa da sola in un castello di illusioni? » Il suo tono non è sarcastico o aggressivo; resta sempre calmo, distaccato, e in un certo senso è ancora più crudele. 

Raiha vorrebbe solo tapparsi le orecchie, o chiudergli la bocca. « Stai mentendo, lo so! Shuhei non è così. Se se n'è andato, sono sicura che è per una valida ragione. » 

« Pensavi davvero che tra voi due ci fosse un legame speciale? » continua lui implacabile. « Sì, te lo leggo in faccia. Forse pensavi addirittura che ti amasse. Povera stupida, hai pregato per un traditore. »

« Chiudi il becco! Shuhei non è un traditore, sono certa che non è come sembra! »

Ma anche se la sua voce risuona sicura, la sua anima è divorata dall'incertezza. Si rende conto che si sta arrampicando sugli specchi, e non le viene in mente nulla di arguto e tagliente per dimostrare che la sua fede in Shuhei è ben riposta. Tutto ciò che riesce a registrare è Shuhei che ride e scherza con quella splendida donna. Non è ferito, non è in missione: sembra che nulla lo trattenga dal tornare da lei, a parte naturalmente la sua nuova amichetta

Shuhei, cos’hai fatto? …

L’Hollow si avvicina alle sue spalle. Come riscuotendosi da un lungo torpore, Raiha avverte la sua presenza, ma stavolta non tenta la fuga: si volta a fronteggiarlo, dando le spalle al giovane e al suo specchio maledetto. Non prova alcuna paura, solo una desolante rassegnazione. I suoi sentimenti ora giacciono cristallizzati, come se il suo intero animo fosse diventato di ghiaccio. 

L'Hollow dardeggia da un tetto all'altro, troppo veloce perché se ne possano seguire i movimenti. Raiha intravede solo un’enorme sagoma scura con numerose zampe, forse simile a un ragno, poi lui spicca un balzo e le è addosso. Come al rallentatore, la ragazza vede un artiglio lungo e ricurvo brillare nel buio e dirigersi verso di lei, per poi colpirla con tanta forza da affondarle nel ventre e sbucare dall'altra parte. Raiha apre la bocca, ma un fiotto di sangue le sale alle labbra, soffocandole le grida in gola; s'accascia in avanti, tremante, tenuta in piedi solo dalla zampa adesso rossa e appiccicosa che ancora le trapassa il corpo.

Mi ha ucciso, pensa vacuamente. Sto davvero morendo.  

Due dita fredde come il ghiaccio le afferrano il mento, costringendola ad alzare la testa. È il ragazzo dello specchio, perfettamente impassibile, per nulla turbato dalla terrificante bestia che si erge a pochi passi da lui. 

« Ci rivedremo presto, umana. Ora vai, e raggiungi lo scopo che il mio signore ti ha prefissato. »

La zampa si ritrae dalle sue carni e Raiha crolla a terra, ancora contratta e sussultante. Un ventaglio rosso sangue s’allarga rapido sotto di lei, impregnando il terreno. Mentre gli ultimi istanti di vita le scorrono davanti agli occhi appannati e ormai ciechi, cerca di balbettare qualche scusa smozzicata a Ryuuji, ad Asami e soprattutto a Isshin. 

Ma il suo ultimissimo pensiero è per Shuhei. E non è né affettuoso né nostalgico.

È un caldo pensiero tinto d’odio.

Odio.

Odio

 

*******************************

Sixy: basta, ho ufficialmente concluso con questi cavolo di flashback. Dal prossimo capitolo si riprende con la storia vera ^^

Rayen: ah, perché, c'era addirittura una storia? Non erano solo i deliri sconclusionati di una psicopatica? 

*Sixy le dà un'amorevole padellata in testa*: silence ^^ tu che negli ultimi tre capitoli sei stata solo un continuo lamento non hai diritto di parlare.

Rayen: ma sono appena morta, ce l'avrò sì il diritto di lamentarmi!

Sixy: ma anche no ^^ dunque dunque dunque, miei cari... a dire il vero non ho un granché da dire! Come al solito spero che abbiate apprezzato il capitolo, nonostante la sua secchezza. Forse m'è uscito un po' troppo melodrammatico. Comunque, l'etimologia di Isshin l'ho trovata in giro per internet e non garantisco nulla, ma dovrebbe significare letteralmente 'un unico cuore' o 'un unico spirito' e in giapponese è un'espressione per simboleggiare appunto la determinazione, l'onore e la devozione nei confronti di qualcosa. Ora vado a dileguarmi nella notte, bacio a tutti! *se ne va accompagnata dall'effetto eco di una risata malvagia*

Rayen: sentite, ma non è che qualcuno mi vuole adottare? Dico sul serio, questa tizia mi fa paura...

*Asami fa capolino da dietro le sue spalle*: l'autrice vorrebbe anche sottolineare che tutto quello che accade in questa fiction non ha nulla a che vedere con ciò che succede dopo la saga di Hueco Mundo. (Anche perché -spoiler alert- Tite Kubo sta elegantemente sconvolgendo i legami familiari approntati da Sixy.) Ma in fondo, non trovate anche voi che Ichigo assomigli un po' a Hisagi-san? ^^ se prendete Fragolino e gli mettete i colori di Isshin, praticamente diventa Shuhei!

Rayen: cazzate... -.-

 

 

 

 

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Capitolo 17
*** The darkest light. ***


XVII. The darkest light
 

« Non avevate nessun diritto di farlo! »

« Non so di cosa tu stia parlando. Ho fatto espressamente richiesta al Capitano-Comandante Yamamoto di poter utilizzare i corpi dei nemici come cavie per i miei esperimenti, e lui non ha mosso alcuna obiezione. »

« Lei non è un nemico! »

« È un Hollow che ha levato la spada contro la Soul Society, quindi è perfettamente classificabile come tale. Adesso piantala di sbraitare, ragazzo, o passerai il resto della tua vita a galleggiare in una fiala. »

Le voci rimbombavano dolorosamente nella testa di Rayen, come se quelle parole le fossero urlate nell'orecchio. Frastornata, la giovane tornò in sé e si rese conto di essere sdraiata a terra, sul fianco. Proprio accanto a lei pulsava una morbida luce rosata, proveniente dai palmi delle mani di una donna. La donna in questione - una Shinigami, a giudicare dalla veste - aveva un viso serio e corti capelli argentei; quando vide l'Arrancar muoversi, le sue dita ebbero un lievissimo fremito.  

« Perché mi stai curando? » bisbigliò Rayen.

« In questo momento sei molto vulnerabile » replicò l'altra senza guardarla. « I test del Capitano Kurotsuchi ti hanno considerevolmente indebolita. Se non riceverai al più presto i dovuti trattamenti, la tua anima potrebbe andare in frantumi e disperdersi. »

Che brutta immagine. « Intendevo dire, perché tu, Shinigami, stai curando me, Hollow? Pensavo che voialtri mi voleste morta. Cosa c'è, vi servo per qualche altro esperimento? »

« Nulla del genere. Il Capitano Ukitake e il Vice-Capitano Hisagi hanno ritenuto opportuno darti una possibilità. »

« Hisagi? » Rayen spalancò gli occhi, di colpo lucida. « È qui? »

« Sì, ma... »

La ragazza cercò subito di alzarsi, ma un forte giramento di testa la costrinse a restare giù. Fu solo dopo diversi istanti che s'azzardò a riprovare, questa volta un po’ più cautamente. Ebbe la buffa impressione di guardare una specie di ring: in un angolo c'erano Kurotsuchi e la sua assistente, entrambi con l'aria piuttosto contrariata; nell'altro c’erano Shuhei, Kuchiki Rukia e un uomo alto dai lunghi capelli candidi, che lei ipotizzò essere il Capitano Ukitake. Questi teneva una mano sulla spalla di Shuhei, come a volergli impedire di saltare addosso a Kurotsuchi. Erano così presi dalla loro discussione che nessuno s’era accorto del suo risveglio.

« Signori, per cortesia, la situazione è già abbastanza difficile anche senza che ci azzuffiamo tra di noi » intervenne il Capitano albino con fare da mediatore. « Kurotsuchi, credo che la tua idea di trasformare un Hollow in uno Shinigami possa avere dei risvolti davvero interessanti, ma sarebbe preferibile che il processo di Shinigamizzazione non facesse a pezzi l’anima ospite. Se disgraziatamente avessimo perso l'Arrancar... »

« L'avrei sostituita con un altro dei suoi simili senza alcuna esitazione » ribatté Kurotsuchi. « Come ben sai, nulla si raggiunge senza il dovuto sacrificio. La distruzione di uno o due Hollow, per quanto disdicevole, sarebbe una perdita ridicolmente bassa rispetto a tutte le anime che potremmo salvare grazie al mio estrapolatore polimnemonico. Una volta che il mio gioiellino sarà perfezionato, avremo la possibilità di Shinigamizzare una sostanziosa fetta dell'esercito di Aizen e ribaltare le sorti della Guerra d'Inverno. La battaglia si sta avvicinando, Ukitake. »

Una vena cominciò a pulsare sulla fronte di Shuhei, ma Rukia lo anticipò e si fece avanti, seppur con una certa timidezza. « Kurotsuchi-taichou, quest'Arrancar ha affrontato un Espada per proteggere Kurosaki Ichigo. Ve lo posso garantire, l’ho visto coi miei stessi occhi. Non penso che qualcuno che rischi la vita per salvare uno dei nostri possa essere giudicato un nemico, anche se si tratta di un Hollow. E tutto ciò che non è un nemico in questo momento può diventare un potenziale alleato. »

« Sono d’accordo con Kuchiki-san » disse Ukitake con una punta di sollievo, prima di voltarsi verso la Shinigami guaritrice. « Isane-san, a che punto siamo con… oh, si è già ripresa, molto bene. »

Dietro di lui, quattro paia di occhi balzarono su Rayen. Kurotsuchi sembrava quasi indispettito, Nemu era una maschera di distacco, lo sguardo violetto di Rukia era pieno di ansia e quello di Shuhei ribolliva di misto di rabbia e preoccupazione. Rayen li ignorò tutti, concentrandosi invece sul Capitano dalle chiome bianche.

« Io sono Ukitake Jushiro, Capitano della Tredicesima Compagnia. » Sorrise con aria affabile, quasi paterna, come se stesse parlando a un giovane apprendista Shinigami. « Ti chiami Rayen Fie Oneiron, vero? »

La ragazza annuì, circospetta.

« Sono lieto di vedere che tu ti sia ripresa bene. Isane-san ha dovuto sudare sette kimono per tenerti ancorata a questo mondo, quindi spero che più tardi vorrai ringraziarla debitamente. »

La Shinigami dai capelli argentei arrossì. « Ho solo fatto il mio dovere, Ukitake-taichou. »

Rayen fissò Ukitake, cercando di leggere nel suo volto un qualunque segno di crudeltà o menzogna, ma l'espressione dell'uomo emanava solo serenità. Sembrava uno a posto, e il suo modo di fare tranquillo e fiducioso le ricordava un po' il suo primo Espada, Indar Oroitz. Ciononostante, lei non volle fidarsi: sapeva per esperienza quanto le apparenze potessero essere ingannevoli. 

« E adesso cosa succede? » domandò nervosamente. « Immagino che non abbiate nessuna intenzione di offrirmi una tazza di tè e poi lasciarmi andare, vero? »

« Per quanto riguarda il tè va benissimo, ma temo che per il momento non ti sarà permesso di tornare a Hueco Mundo » replicò lui, e nella sua voce sembrava esserci un sincero dispiacere. « Come ha giustamente osservato il Capitano Kurotsuchi, la guerra è alle porte, e non possiamo concederci d’ingrossare le file dei nemici neppure di un solo soldato. Ma non temere, non intendiamo nemmeno giustiziarti o abusare oltre della tua anima. Io e gli altri Capitani valuteremo il tuo caso al più presto; fino ad allora però ti devo chiedere di trattenerti per un poco nelle celle della Sesta Compagnia, senza opporre resistenza. » 

Nelle celle. Rayen strinse i pugni. Insomma, se ora si trovava nel guano fino al collo, era perché aveva avuto il maledetto impulso di aiutare uno Shinigami. E loro come la ricompensavano? Rapendola, usandola come cavia per degli assurdi esperimenti e sbattendola in prigione. Per un attimo considerò l'idea di lanciarsi in un attacco suicida - in fondo, non aveva niente da perdere - ma si sentiva troppo debole perfino per camminare, figuriamoci sostenere uno straccio di combattimento. Beh, sapete una cosa? Spero tanto che un giorno il karma vi fotta, tutti quanti. A cominciare da te, Tutankhamon dei poveri.

Scoccò un'occhiataccia a Kurotsuchi, poi tornò a scrutare Ukitake. 

« E comunque che fine ha fatto la mia spada? »  

« L'ho presa in consegna io » disse Rukia. « Te la restituiremo una volta conclusa la guerra, te lo prometto. »

Rayen sospirò. « Almeno il ragazzo, Ichigo, sta bene? »

Un sorriso quasi intenerito affiorò sulle labbra della mora. « Ha dovuto starsene a riposo per qualche giorno, lo stolto, ma se l’è cavata senza problemi. »

« E Grimmjow? L’Espada? »

« Non so molto di lui, solo che è sopravvissuto e ha fatto ritorno a Hueco Mundo. »

Rayen abbassò le palpebre. Certo, se Grimmjow l’avesse rivista probabilmente l’avrebbe uccisa, ma era contenta che fosse lontano dai guai. In fondo era una specie di amico… un amico brutale, animalesco e forse un tantino psicopatico, ma pur sempre un amico.

Permise a Isane di legarle i polsi con un Bakudo e si alzò lentamente in piedi, un po’ barcollante sulle gambe.

Shuhei corse al suo fianco per assisterla, ma lei si ritrasse come se le mani dello Shinigami scottassero. Nell’espressione di lui balenò un lampo ferito.

« Mi dispiace » mormorò.

« Anche a me » ribatté Rayen tagliente.

Lasciò che Isane la portasse via senza un’altra parola.

*

La cella era situata in fondo a un lungo corridoio, un poco isolata rispetto al resto del carcere. Era grande sì e no la metà della sua stanza a Las Noches, e non ospitava altro che una branda e un misero sgabello. Prima di andarsene, Isane aveva cinto la gola di Rayen con una specie di collare, una spessa banda metallica segnata da pesanti scanalature. Non appena la sua superficie fredda era entrata in contatto con la pelle di Rayen, l’energia spirituale della ragazza aveva cessato di scorrere, come se si fosse congelata.  

« Serve a inibire la tua reiatsu » le aveva spiegato Isane. « E sappi che anche le sbarre della cella sono fatte dello stesso materiale, quindi togliti dalla testa l’idea di scappare. »

Oh sì, adesso me la do subito a gambe, aveva pensato Rayen. Mi divertirò come una matta a correre per tutta la Soul Society inseguita da orde di Shinigami assetati di sangue. Anzi, no, me ne torno dritta a Las Noches, dove ci sono un paio di Espada che non aspettano altro che farmi lo scalpo e ritinteggiare i muri con le mie interiora. 

In effetti, era sorprendente la facilità con cui si era fatta dei nemici mortali senza compiere il benché minimo sforzo. In cella avrebbe avuto tutto il tempo di riflettere su questo favoloso talento, oltre che su dove sarebbe andata quando e se gli Shinigami l’avessero lasciata andare. Forse avrebbe potuto tornare nel deserto, anche se l’idea di gironzolare per sempre in mezzo a dune tutte uguali la deprimeva non poco. Magari a un certo punto si sarebbe semplicemente seduta sulla sabbia e avrebbe aspettato che arrivasse qualcuno. Qualche Hollow in cerca di prede facili, oppure il Cacciatore d’Anime in persona – o, come adesso era certa, Ryuuji.

Rayen si distese sulla branda e fissò il soffitto. In qualche modo suo fratello era diventato un angelo sterminatore che ora imperversava per Hueco Mundo falciando Hollow a destra e manca. Ma non aveva perso del tutto il senno, perché l’aveva riconosciuta… quella volta che si stava battendo con Nnoitra, Ryuuji doveva averla riconosciuta, per forza: altrimenti, perché mai avrebbe straziato la Quinta Espada senza fare neppure un graffio a lei?

Indar

Era vero. Ryuuji aveva anche ucciso Indar.

Suo fratello aveva assassinato il suo migliore amico. 

Perché? Perché? Perché?

La ragazza infilò la testa sotto al cuscino, come una bambina. Al momento non desiderava altro che l'oblio, puro e semplice. E forse per grazia divina - mentre cercava di districarsi tra i ricordi di Indar e il peso delle ultime scoperte - quello arrivò, sotto forma di un lungo, meraviglioso sonno senza sogni. 

Diverse ore più tardi, quando si risvegliò, la cella era rischiarata da un sottile raggio di luce vermiglia. Lottando contro il torpore chimico che ancora le intirizziva i muscoli, Rayen zoppicò fino alla feritoia aperta sul muro: un fulgido, glorioso tramonto incendiava l'orizzonte, avvolgendo la Soul Society in un delicato alone ramato. Era uno spettacolo così bello, pur nella sua semplicità, che per un attimo le mozzò il fiato. 

Almeno con se stessa doveva ammettere che, per quanto lo detestasse, il mondo degli Shinigami era splendido. Ovunque guardasse, tutto sembrava essere vita e colore. Si sorprese a immaginare come sarebbe stato vivere per sempre lì, sotto la luce del sole, dove l'aria era calda e fragrante e la gente non ti guardava come se fossi il loro pranzo. Sarebbe stato bello, forse, se solo non fosse stata un'Arrancar. 

Rimase a guardare il panorama fino a quando il crepuscolo non si sciolse nella notte, poi, iniziando ad annoiarsi, chiamò una delle guardie che pattugliavano il corridoio. Si trattava di uno Shinigami biondo e lentigginoso, poco più che un ragazzino; qualcosa, nei tratti morbidi e vagamente androgini, gli conferiva un’aria dolce, forse un po’ impacciata.  

« Come ti chiami? » chiese Rayen.

Lo Shinigami arrossì. « Niwa Kondo, signora. »

« Kondo, potresti procurarmi della carta? »

« C-carta? » 

« Sì, proprio carta. Grazie. »

Perplesso, Kondo andò a consultarsi con una guardia dal volto arcigno – probabilmente il suo sovrintendente – poi sparì per qualche minuto. Quando tornò, aveva con sé diversi blocchi di carta di vario spessore.

Per non pensare a Shuhei e al Cacciatore d’Anime e alla guerra e a tutto l’immenso casino che le era rovinato addosso, Rayen si dedicò agli origami, come faceva a Hueco Mundo. Piegare e sagomare la carta la aiutava a rilassarsi. Compose facilmente un airone, un cane, un delfino e una lucertola; soprappensiero, stava per finire di piegare anche una pantera, quando si rese conto di quello che stava facendo e s’affrettò a farla diventare una faina. Optò allora di passare a soggetti più innocui per il suo equilibrio mentale, tipo i fiori.

Mentre componeva un piccolo bouquet di ginestre, all’improvviso alle sue orecchie giunse il suono di voci che discutevano, a breve seguito da passi in avvicinamento. Non erano i passi leggeri e quasi in punta di piedi di Kondo, però: questi erano più decisi, più marcati.

Rayen si alzò in piedi e s’avvicinò alle sbarre. Un attimo dopo, nel suo campo visivo entrò Shuhei. La ragazza s'irrigidì di colpo. 

« Che vuoi? » sbottò. 

« Parlare un po’, tutto qui. » Lo Shinigami sollevò le mani in segno di resa. « Ti va? »

« Francamente, no. »

« Peccato, a me sì. » E s’appoggiò alle sbarre, per nulla scoraggiato. « Il marchingegno di Kurotsuchi allora ha funzionato? Ti ha davvero restituito i tuoi ricordi da umana? »

« In buona parte. »

Un velo di sollievo, misto forse a vergogna, balenò negli occhi di Shuhei. « Mi dispiace di non averti potuto salvare. »

Rayen lo fulminò con un’occhiata. « Non serve fingere, sai? Perché piuttosto non ammetti che non hai voluto salvarmi? Io non significavo niente per te, ero solo un maledetto giocattolo da usare e buttare! »

Shuhei restò basito. « Come fai a pensare una cosa del genere? Avrei dato qualsiasi cosa pur di essere a Karakura quando quell’Hollow ha sferrato il suo attacco. Io ti amavo, Raiha. »

« Ma non dire idiozie, Shinigami! Sei sparito nel nulla, senza dire nulla e senza lasciare nemmeno un cavolo di biglietto. L’unica cretina innamorata persa, lì, ero io, ed è stato il peggior sbaglio della mia vita! »

« Non me ne sono certo andato di mia spontanea volontà » ribatté Shuhei. « Il Capitano Tousen mi ha riconvocato alla Soul Society e ho dovuto obbedire. Ero stato selezionato come ufficiale di seggio e per diversi mesi sono stato tenuto sotto addestramento. »

« Fantastico, ti viene offerto un aumento di stipendio o quello che è e tu subito fai le valigie senza pensarci due volte. Però scommetto che di tempo libero ne avevi. » L’immagine di Shuhei e della meravigliosa Shinigami con la sesta di reggiseno le torturava la memoria. « Perché allora non sei tornato? Di’ piuttosto che qui avevi compagnie più interessanti, e che non te ne poteva fregare di meno di me e di Isshin! »

« Ehi, il viaggio dalla Soul Society al mondo umano non è così facile e immediato come pensi! E poi chi è Isshin? »

Era vero, non lo sapeva. Non sapeva neppure di avere un figlio. Non sapeva che Isshin aveva rischiato la vita a causa della sua trascuratezza. Per qualche ragione, quel pensiero la mandò su tutte le furie.

« Sei un idiota! » gridò Rayen. « Ma cos’hai in quella zucca al posto del cervello, cavoli e marzapane? Possibile che l’idea non ti abbia nemmeno sfiorato, dopo tutto quello che è successo? Nessuna lampadina s’è accesa in quella tua testaccia vuota quando hai incontrato Kurosak… oh! » La ragazza sgranò gli occhi.Kurosaki Ichigo. Ma allora cos’era, suo nipote? Il figlio di Isshin? O forse discendeva da Ryuuji e Asami?

« Cosa? » Shuhei era palesemente confuso. « Si può sapere cosa stai dicendo? »

« Eh? Ah, sì, stavo dicendo che sei un deficiente, e non a torto. Ti odiavo. Mi mancavi. Dannazione, che razza di casino! » Rayen andò a sedersi sulla branda e si prese la testa fra le mani. « Potresti andartene, per favore? » chiese. Di colpo aveva smesso di sbraitare, ma il suo tono pareva a stento controllato. « Credo di stare per impazzire. »

Shuhei rimase in silenzio alcuni secondi. « Dev’essere stato un bello shock, ritrovarsi qui, da sola e tagliata fuori da tutto ciò che conosci. Soprattutto dopo quello che ti ha fatto Kurotsuchi. Troverò il modo di aiutarti, Raiha, e questa è una promessa che intendo mantenere. » 

Lei sollevò il capo, sorpresa. Era sempre lui. Chiunque altro, al suo posto, avrebbe cominciato a sbraitare o si sarebbe ritirato con la coda fra le gambe; solo Shuhei poteva essere così paziente nei confronti di una che fino a un attimo prima gli aveva rovesciato contro una caterva di insulti. 

Ebbe la tentazione di fermarlo, forse persino di scusarsi. Ma non disse nulla, e Shuhei se ne andò senza aggiungere altro.

*

« Benvenuto, Ulquiorra. Mi auguro che tu abbia notizie interessanti. »

L'Espada abbozzò un lieve inchino, poi alzò i freddi occhi verdi sul suo signore e padrone. Come sempre, Aizen se ne stava seduto sul suo trono di pietra, il mento appoggiato quasi casualmente su una mano, una scintilla di spietato divertimento negli occhi scuri.

« Dunque? » lo incalzò.

« La ragazza, Fie Oneiron, è stata catturata dagli Shinigami, come avevate previsto » mormorò Ulquiorra. « Sembra che non si siano affatto insospettiti della facilità con cui è caduta nelle loro mani. Devono aver pensato che fosse un pesce piccolo, una pedina dal valore troppo esiguo perché voi vi deste pena di mandare qualcuno a salvarla. »

« Molto bene. » Aizen annuì, compiaciuto. « Adesso che il nostro grazioso parassita si trova nella Soul Society ci sono ottime possibilità che incontri il mio vero bersaglio nel giro di pochi giorni. E sarebbe un vero tocco di classe se nel frattempo il signor Kurotsuchi provvedesse un po' a smembrarla. »

« Questo darebbe definitivamente il colpo di grazia al vostro bersaglio » convenne Ulquiorra. « La ragazza ha quindi raggiunto il suo scopo? »

« Lo raggiungerà molto presto, e sono certo che non resteremo delusi. Era da più di sessant’anni che attendevo questo momento. » Aizen gli lanciò uno sguardo eloquente. « A breve però la ragazza non ci sarà più di alcuna utilità, anzi, potrebbe persino esserci l’infausta possibilità che volti le spalle a Hueco Mundo e si venda alla causa della Soul Society. »

« Capisco » disse il suo sottoposto inespressivo. « Mi comandate dunque di eliminarla, Aizen-sama? »

« Gli insetti inutili e potenzialmente nocivi devono essere schiacciati. Ma non è necessario che tu ti sporchi le mani, Ulquiorra… saranno sufficienti i nostri piccoli amici. » Aizen sorrise. « Confido nel fatto che i preparativi di Szayel Aporro Grantz siano completati. »

« Sì, l’esperimento ha avuto successo. Mi permettete di chiamarli? »

Al divertito lasciapassare di Aizen, Ulquiorra si dileguò. Tornò pochi minuti più tardi, accompagnato da Grantz in persona e da una figura alta, celata alla vista da un ampio mantello con cappuccio.  

« Molto bene » commentò Aizen. Saggiò le nervose, brucianti ondate di reiatsu emanate dalla figura e annuì, soddisfatto. « Il corpo di uno Shinigami, la mente di un Arrancar e una reiatsu mista, cuciti insieme in un’unica entità… Un’idea brillante accompagnata a un operato brillante, Grantz. »  

« Vi ringrazio, Aizen-sama. » Grantz abbozzò un lieve, pericoloso sorriso. « Basterà un vostro ordine, e tra pochi giorni il nostro piccolo esercito personale sarà pronto ad attaccare la Soul Society. »

Aizen rise piano. « Perfetto. » 

 

************

 

Ray: *sfoglia il Copione sgomenta* ma, ma, ma... ma io mi licenzio!

Sixy: non dire cavolate, lo so che te la stai spassando ^^

Ray: sigh...

Okay, siamo arrivati in fondo anche a questo capitolo. Grazie per averlo letto, e un grazie speciale ai commentatori e a coloro che hanno inserito la storia tra le preferite e seguite ^^ è un periodo in cui ho le ali tarpate dagli esami, quindi non so bene quando aggiornerò. Portate pazienza, please.

Ne approfitto per allegare PROPRIO QUI un'immagine di Rayen, in una posa naturale quanto quella di uno stendipanni. In futuro migliorerò i bordi.

Come ha osservato Lightning, arrivati a questo punto è abbastanza facile perdere il filo (e la mostruosa lentezza dei miei aggiornamenti non aiuta, immagino XD) quindi provvedo a lasciare qui sotto un riassunto delle puntate dei capitoli precedenti. 

Bacio, 

Sixy

***

 

Rayen Fie Oneiron è l'unica Fracciòn del decimo Espada, Indar Oroitz. Un giorno, Indar viene assassinato da una misteriosa entità, soprannominata dagli Hollow "il Cacciatore d'Anime". Nessuno sa chi sia o come sia fatto, poiché chiunque lo incontri è destinato a morire. Tutte le vittime (ribattezzate Traspasados da Szayel Aporro Grantz, addetto alla loro analisi) sono contraddistinte da una sorta di marchio, una profonda ferita che incide loro la fronte. 

La presenza di uno spirito così forte attira l'attenzione di Aizen. In attesa di nuove mosse da parte del Cacciatore, lo Shinigami ordina di intensificare il controllo di Las Noches e delle zone attinenti e assegna Rayen alla Fracciòn di Grimmjow Jaerguerjacquez, suscitando l'irritazione di Nnoitra Jilga, intenzionato a prendere con sé la ragazza all'unico scopo di avere una donna da schiacciare e soggiogare. 

Rayen non è un'Arrancar particolarmente abile o potente, tuttavia possiede un talento raro, la chiaroveggenza. Sprazzi di futuro si presentano nella sua mente sotto forma di Focus, fugaci visioni che le causano una temporanea perdita dei sensi. Poco dopo la morte di Indar, la ragazza riceve uno strano Focus: vede se stessa in un luogo luminoso, mai visto prima, e pur senza vederli percepisce attorno a sé la presenza di numerosi Hollow.

Rayen e Grimmjow trascorrono la maggioranza del tempo ignorandosi a vicenda. Benché ufficialmente sia un membro della sua Fracciòn, la giovane non se ne sente affatto parte. Nel frattempo, Ulquiorra si reca nel mondo degli umani e riporta le sue osservazioni sullo Shinigami delegato, Kurosaki Ichigo. Grimmjow preme per ucciderlo senza ulteriori esitazioni, ma Aizen comanda agli Espada di aspettare.

Stufo dei modi dispotici dello Shinigami e di quella che lui vede solo come una dimostrazione di debolezza, Grimmjow decide di attaccare di nascosto la città di Karakura per sbarazzarsi di Ichigo e di tutti coloro che possiedono un minimo accenno di reiatsu. Il suo piano coinvolge la sua intera Fracciòn, Rayen compresa. 

Durante l'assalto a Karakura, Rayen si scontra e uccide uno Shinigami, ma subito dopo riceve un altro Focus, che le mostra un ragazzo dai capelli arancioni. Ripresasi dalla visione, scopre che il cosiddetto 'piano segreto' di Grimmjow è stato scoperto e che Aizen ha inviato Ulquiorra a recuperare gli Arrancar superstiti. La Fracciòn del sesto Espada è stata infatti decimata dal Gotei 13, e gli unici ad aver superato la notte indenni sono Grimmjow e Rayen stessa. 

Una volta tornati a Las Noches, la loro disobbedienza viene duramente punita. Aizen fa mozzare un braccio a Grimmjow e lo spoglia del titolo di Espada, dopodiché trasferisce Rayen nella Fracciòn di Nnoitra. Tesla, unico altro sottoposto di Nnoitra, le imprime sul polso il Contacto, un marchio di reiatsu che consente alla Quinta Espada di convocarli in qualsiasi momento. 

Nonostante i tentativi di Rayen di evitare Nnoitra, l'Espada, desideroso di piegarla e umiliarla, riesce a costringerla a misurarsi con lui in un duello pseudo-mortale. Rayen risponde al meglio delle sue possibilità, ma l'abissale differenza tra i loro poteri comincia presto a farsi sentire. Quando Nnoitra è ormai sul punto di prendere il sopravvento, tuttavia, lo scontro viene interrotto dall'apparizione di quello che a prima vista sembra un angelo dall'aria delicata, e che in realtà si rivela essere il Cacciatore d'Anime in persona. Il Cacciatore mette fuori gioco Nnoitra con facilità disarmante, tuttavia svanisce nel nulla senza torcere un capello a Rayen. Grimmjow avverte il brusco calo della reiatsu di Nnoitra e si precipita sul luogo del combattimento, dove trova l'Espada in condizioni precarie e la ragazza sotto shock. 

Alcune ore dopo, Grimmjow e Rayen si ritrovano a discutere del Cacciatore. Quel momento di condivisione, per quanto breve, li avvicina un poco. I due vengono però interrotti da una Nùmero, Loly; questa comunica loro che Aizen ha individuato un'umana dai poteri interessanti, Inoue Orihime, ed è intenzionato a trascinarla dalla sua parte.

Una squadra di Arrancar, tra cui Rayen e Grimmjow, viene inviata nel mondo degli umani. Il loro compito è intrattenere gli Shinigami il più a lungo possibile, mentre Ulquiorra approfitterà della calca per trovare e rapire Orihime. Non appena mette piede a terra, Grimmjow si getta all'inseguimento di Ichigo. Rayen invece incontra Hisagi Shuhei, uno Shinigami che tuttavia sembra restio ad attaccarla e che dichiara di averla già conosciuta nella sua vita precedente, prima che lei diventasse un Hollow. 

Durante la battaglia, Rayen avverte un'esplosione di reiatsu pressoché identica alla propria. Lei e Shuhei decidono di seppellire momentaneamente l'ascia di guerra; Rayen difatti vuole indagare su quella misteriosa reiatsu e lo Shinigami desidera soccorrere alcuni compagni in difficoltà.

Rayen segue la reiatsu e trova Grimmjow insieme a un ragazzo dai capelli arancioni, lo stesso che ha intravisto nel suo secondo Focus. La giovane Arrancar ha la fortissima premonizione che lei e Ichigo siano strettamente connessi. Guidata dal suo sesto senso e dall'incredibile rassomiglianza tra le loro reiatsu, Rayen s'impone di proteggere Ichigo, anche se questo significa dover affrontare le ire di Grimmjow.

Rayen e Grimmjow si scontrano. La lotta sembra giungere al termine quando al fianco di Rayen si schiera anche Kuchiki Rukia, che congela - e apparentemente uccide - l'ex sesto Espada. Grimmjow però si riprende nel giro di pochi minuti e attacca Rayen, mandandola K.O.

La ragazza si risveglia all'interno della Soul Society, e più precisamente nel laboratorio di Kurotsuchi. Quest'ultimo, infatti, ha cominciato a raccogliere i corpi dei nemici caduti per utilizzarli come cavie nei suoi esperimenti. Una delle sue opere più ambiziose è una macchina in grado di restituire i ricordi umani agli Hollow; una volta perfezionata, ritiene, potrebbe addirittura permettere un processo di Shinigamizzazione e trasformare gli Arrancar in nuove pedine per la Soul Society. La macchina tuttavia è ancora un prototipo e la sua attivazione rischia seriamente di destabilizzare e distruggere l'anima di Rayen, ma la ragazza recupera la memoria perduta.

Rayen, ovvero Kurosaki Raiha, è una giovane contadina che vive insieme a suo fratello Ryuuji e alla loro amica d'infanzia, Inoue Asami, attraverso il clima di paura e di desolazione della Seconda Guerra Mondiale. A Karakura - allora un villaggio - Rayen e Ryuuji non sono visti di buon occhio a causa delle loro oscure origini e del colore inusuale dei loro capelli; quest'ultimo in particolare li porta a essere bollati come ragazzi strani e diversi, maledetti dagli spiriti volpe.

Un giorno, un Hollow attira Raiha con l'inganno e per poco non la uccide. A salvarle la vita è l'intervento di Hisagi Shuhei, giovane leva della Soul Society, ancora fresco di diploma all'Accademia di Shin'o. 

La ragazza e lo Shinigami imparano a conoscersi e con il passare del tempo diventano prima amici e poi amanti. Shuhei però sparisce all'improvviso, e Raiha si dispera, temendo che sia stato ucciso da qualche Hollow in missione; poco dopo, scopre di essere incinta e in seguito dà alla luce un bambino, che lei ribattezza Isshin. 

Alcuni mesi dopo la nascita di Isshin, Raiha avverte la presenza di un Hollow. La giovane si rende conto che ad attirarlo è la pressione spirituale del suo bambino e nel tentativo di difendere lui e il resto della sua famiglia decide di agire da esca, allontanando il più possibile lo spirito da casa Kurosaki. Raiha è però intercettata da Ulquiorra, che attraverso uno specchio di reiatsu le mostra Shuhei - sano e salvo, intento a scherzare con la bella e procace Shinigami Rangiku - e demolisce i sogni, le speranze e i bei ricordi di Raiha. 

La ragazza si sente tradita e abbandonata, e viene invasa prima dalla disperazione e poi da un odio profondo: i suoi ultimi sentimenti umani, prima che l'Hollow al suo inseguimento la raggiunga e la uccida.

Rayen si risveglia e scopre che Shuhei, Rukia e il Capitano Ukitake hanno fatto interruzione al laboratorio di Kurotsuchi per interrompere l'esperimento. In attesa di giudizio, l'Arrancar viene condotta al carcere della Sesta Compagnia. 

[...] Stay tuned :3

 

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Capitolo 18
*** Edge of madness. ***


XVIII. Edge of madness

 

« FIEEEEE! » 

Un unico calcio ben piazzato, e la porta dell’infermeria si sbriciolò come cartapesta. Grimmjow, le mani rigorosamente ficcate in tasca, fece un passo avanti. Il suo sguardo felino scandagliò rapidamente la stanza, ma nada: le uniche persone all’interno erano un guaritore e un Nùmero con una gamba ingessata, ed entrambi lo fissavano con aria stupita. 

« Dov’è? » sbottò Grimmjow, rivolto a nessuno in particolare. « Dove cazzo è finita quella stupida? » 

« C-chi? » balbettò il guaritore. 

L’azzurro lo agguantò per il collo e lo sollevò da terra con uno strattone. L’altro si dibatté come un pesce preso all’amo, spaventato. 

« Una femmina alta all’incirca quanto te, coi capelli lunghi e dei ventagli in testa » ringhiò Grimmjow. 

« Non l’abbiamo vista » osò dire l’Arrancar ferito, sollevandosi con cautela dalla branda su cui era disteso. « Negli ultimi giorni da qui non è passata nessuna donna. Ti prego, Grimmjow-sama, lascia andare Milas. »   

Grimmjow gli lanciò un’occhiata obliqua. L’ingessato sembrava vecchio, persino più di quel mucchio d’ossa ammuffite di Barragan, ma tanto il second Espada era grosso e imponente quanto questo era curvo e rachitico. Praticamente una scatoletta di cibo per Menos.

« Tch. » Per un attimo Grimmjow rafforzò la presa sulla gola del guaritore, giusto per avere la soddisfazione di vedergli la faccia diventare purpurea, poi lo lasciò andare con un grugnito schifato. « Siete così patetici che non vale nemmeno la pena di uccidervi. »  

Girò sui tacchi e se ne andò, senza curarsi dei lievissimi sospiri di sollievo che si levarono non appena varcò la porta. A rapide falcate, s’incamminò verso un corridoio secondario, diretto verso gli alloggi di Apache, Sun Sun e Mila Rose. Più di una volta aveva visto quelle tre nullità fare comunella con Fie: forse loro sapevano dove diavolo si fosse cacciata. 

Erano successe tante cose, negli ultimi giorni. Tanto per cominciare, la donna rapita da Ulquiorra gli aveva fatto ricrescere il braccio. Nemmeno a dirlo, lui aveva subito colto l’occasione di metterne alla prova l’efficienza su Luppi. E che dire, l’umana aveva fatto davvero un buon lavoro... almeno a giudicare dalla facilità con cui la sua mano aveva dilaniato gli organi interni della diva. 

Grimmjow ogni tanto si sorprendeva ad allargare e chiudere a pugno le dita. Non s’era ancora abituato all’idea di riaverle indietro. Quell’inatteso miracolo lo compiaceva, certamente, ma nonostante tutto c’era ancora un particolare di tutta quella situazione che proprio non gli andava giù: Fie. Il riconfermato Espada non riusciva a capacitarsi che una sciocca Fracciòn si fosse azzardata a sfidarlo, oltretutto per salvare la pelle a un inutile umano. Anche se si parlava di una sua sottoposta, aveva passato il segno: Grimmjow l’avrebbe cercata e scovata e uccisa, punto.  

Ma perché? Perché rischiare il culo per Kurosaki? 

Grimmjow aggrottò le sopracciglia. Forse prima di ammazzarla glielo avrebbe chiesto. Forse. 

Il problema era che, da quando la missione nel mondo umano si era conclusa, di Fie si erano completamente perse le tracce. Di sicuro non era più a Karakura - si era degnato di controllare personalmente - e non sembrava essere nemmeno a Hueco Mundo. Magari era semplicemente rimasta dove l’aveva lasciata, fino a quando uno dei suoi adorati Shinigami non l’aveva fatta fuori. 

Una cosa era certa: se era viva, si era nascosta maledettamente bene. 

« Jaeguerjacquez! » lo distrasse una voce femminile, proveniente da dietro di lui.

Senza smettere di camminare, l’azzurro volse appena il viso, quanto bastava per notare una ragazza bionda e minuta. Era la tipa che era sempre culo e camicia con Loly... doveva chiamarsi Melony o Melory o qualche altro nome idiota del genere. 

« Jaeguerjacquez, aspetta! » Lei gli corse dietro. « Sono qui per conto di Aizen-sama. Vuole vedere tutti gli Espada nella sala delle riunioni, adesso. Ha detto che è importante. »  

« Sempre a rompere, quello lì » sputò Grimmjow. « Dovrebbe smetterla coi suoi giochetti e cominciare a farsi una vita. »

« Ehi, bada a come parli » replicò la bionda in tono piccato. « “Quello lì” è il nostro signore e padrone. È grazie al suo aiuto se abbiamo sviluppato i nostri poteri. » 

« Mi ci struscio il culo, con il suo aiuto. E adesso sparisci. » 

Il suo palmo iniziò a brillare di Cero, e la ragazza s’affrettò a dileguarsi con un sonido. 

Grimmjow sferrò un pugno a un’innocente colonna al suo fianco, stroncandola in due, dopodiché  s’avviò senza troppa fretta verso la sala delle riunioni, mugugnando improperi contro Aizen e i suoi dannati piani contorti. Per il momento non aveva scelta: doveva lasciar perdere la ricerca di Fie e stare a sentire quello che Grande Capo Testa Leccata aveva da dirgli. 

Quando arrivò, davanti all’ingresso ancora chiuso vide il trio meraviglia Starrk, Barragan e Harribel, intenti a discutere educatamente tra loro con voce seria e sommessa. A poca distanza da loro, Aaroniero e Yammy avevano già cominciato a spintonarsi e a ringhiarsi minacce di morte, e ancora oltre Zommari meditava in silenzio, con le gambe incrociate e i palmi aperti rivolti verso l’alto. Di Ulquiorra e Grantz non si vedeva nemmeno l’ombra; con una certa sorpresa, invece, Grimmjow individuò Nnoitra, arrogantemente appoggiato al muro, il torace visibilmente bendato anche sotto la divisa. 

« Ehi, Jaerguerjacquez! » lo apostrofò la Quinta Espada, rivolgendogli un sorriso velenoso. « Mi hanno detto che il nuovo giocattolo di Aizen ti ha fatto rispuntare il braccio. Ma quanto bisogna cadere in basso, per mendicare l’aiuto di una femmina umana? »

« Guarda guarda chi si vede » ringhiò Grimmjow. « Ancora in giro, Nnoitra? Pensavo fossi andato a sotterrarti da qualche parte, dopo che quel cazzo di cherubino ti ha preso a calci nel sedere. »

Prima che l’altro potesse rispondere per le rime, il portone si spalancò dall’interno. 

« Entrate » li invitò la voce calda e musicale di Aizen. 

Mantide e pantera si scambiarono un’occhiata di fuoco, poi seguirono gli altri all’interno della stanza e come di consueto si sedettero al lungo tavolo che vi troneggiava. Lo Shinigami era già al posto d’onore, ovviamente con una tazza di tè fumante tra le mani. 

« Benvenuti, miei cari Espada » disse in tono amabile. « E non temete, non intendo rubarvi molto del vostro prezioso tempo. Passiamo subito al dunque: sono lieto di comunicarvi che un vostro esimio collega, il signor Grantz, è riuscito a realizzare uno dei suoi esperimenti più ambiziosi. Vieni avanti, Grantz. »

Una porta scorrevole si aprì nel fondo della sala e lo scienziato entrò. Lo seguivano quattro dei suoi bizzarri Fracciònes, intenti a trasportare quella che sembrava essere un’enorme gabbia coperta da un logoro telo rosso sangue. 

Grimmjow affilò lo sguardo: al di là del telo c’era qualcuno... anzi, tanti qualcuno, e le loro emanazioni spirituali avevano il sentore della Soul Society. 

« Shinigami?! » Yammy fece per balzare in piedi, ma Aizen lo fermò con uno svolazzo noncurante della mano. 

« Pace, Yammy » disse, prima di ruotare i vellutati occhi castani sull’Octava Espada. « Credo che i tuoi colleghi non siano ancora a conoscenza del progetto, Grantz. Perché non condividi con loro i dettagli della mia... piccola commissione? » 

« Con piacere. » Grantz si aggiustò gli occhiali sul naso. Aveva l’aria particolarmente compiaciuta. « Gli ospiti che sto per presentarvi sono i primi e unici esemplari di una razza sperimentale, in buona parte basata su un antico progetto di Aizen-sama: la fusione tra i poteri di un Hollow e quelli di uno Shinigami. Come ben sapete, in passato i risultati erano stati più che promettenti e il progetto aveva permesso la creazione di una razza virtualmente perfetta, tuttavia... » Lo scienziato si posò una mano sul petto e accennò un inchino verso Aizen. « Tuttavia, se mi permettete, Aizen-sama, nei Vizard ho rilevato un difetto importante: l’imprevedibilità. I vostri Vizard hanno conservato un’eccessiva dose di coscienza; sono troppo intelligenti e padroni di sé per poter essere manovrati in modo efficace. »

« Capisco » disse Aizen serafico, apparentemente per nulla offeso dall’insinuazione che lui – lui – avesse potuto commettere un errore. « Quindi tu sei stato così gentile da porre rimedio a questa mia imperdonabile mancanza. Continua pure. »

Uno sgradevole sorrisetto arricciò le labbra dello scienziato. « Come dicevo, signora e signori, ho ripreso l’invenzione di Aizen-sama e l’ho ulteriormente perfezionata. Sono state necessarie diverse sperimentazioni, ma finalmente sono riuscito a trovare le giuste componenti e soprattutto a porle in uno stato di equilibrio ideale. Di fatto, le mie creature possiedono la base fisica di un Hollow Menos, che concede loro una forma corporea, e l’essenza vitale di uno Shinigami, che fornisce loro l’energia per muoversi e tenere attivi gli istinti più primordiali. Mescolando queste due, si ottengono loro. » 

Con uno strattone, lo scienziato tirò via il telo, rivelando il contenuto della gabbia: e subito tra gli Espada si levarono sibili e versi di disgusto. Dietro le sbarre, dozzine e dozzine di cose - Grimmjow non avrebbe saputo come chiamarle - strisciavano e arrancavano, torcendosi l’una contro l’altra in modo quasi osceno. Sembravano umanoidi, o quantomeno esseri dotati di una testa, un torso, due braccia e due gambe, ma i loro corpi erano stranamente molli, come se certe parti fossero disossate, e al posto della faccia avevano un ovale liscio e bianco come il gesso, privo di qualsiasi lineamento.  

« Il tuo tanto decantato esperimento è quella roba lì? » grugnì Yammy. « Non so se li hai guardati bene, Grantz, ma questi affari non sanno manco stare in piedi. Sguinzagliarli contro la Soul Society è una perdita di tempo, li schiacceranno tutti come vermi. »

« Oh, ma infatti siamo ancora ben lungi dal creare il soldato perfetto. » Il sorriso non accennava a sparire dalla bocca dello scienziato. « Per questo, ho pensato di aggiungere un personalissimo tocco finale... un’iniezione di reiatsu, e più precisamente della purissima reiatsu di un Arrancar evoluto. Ho fatto un paio di test e ho scoperto che una reiatsu forte può avere effetti davvero interessanti sulle mie creature. Tra cui quello di plasmare completamente il loro aspetto, temperamento e abilità. » 

Nella sala calò un breve silenzio. 

« Se ho capito bene, hai creato dei fantocci in parte Hollow e in parte Shinigami, privi di coscienza ma in grado di replicare i nostri poteri » sintetizzò Harribel. « E sei sicuro che funzioneranno? Che reggeranno il passo con gli Shinigami, e che non cercheranno di fuggire come i Vizard? »

« Incisiva come sempre, Harribel-san » la lodò l’ottavo Espada. « I tuoi dubbi sono più che giustificati, ma non preoccuparti, le mie creature sono perfettamente sotto controllo. Poiché la nostra reiatsu sarà condivisa, il loro spirito rifletterà il nostro e la loro volontà coinciderà con la nostra. Saranno i nostri burattini, fatti e finiti. Proprio come noi, anche loro apparterranno in tutto e per tutto ad Aizen-sama. »

Grimmjow serrò i pugni, con tanta forza da farsi sbiancare le nocche. Lui non apparteneva proprio a nessuno, poco ma sicuro. 

« In conclusione » continuò Grantz « invito caldamente ognuno di voi a prestare la propria reiatsu a un “fantoccio”, come li ha definiti la nostra collega. Con il vostro tributo, le mie creature potranno raggiungere la loro forma completa e trasformarsi ufficialmente nel nuovo incubo della Soul Society. Ulquiorra ha già acconsentito a prestarmi la sua reiatsu, e il risultato finale è stato eccellente! Coraggio, chi di voi vuole farsi avanti per primo? »

Gli Espada si scambiarono occhiate dubbiose. 

« Io » disse Grimmjow, nella sorpresa generale. 

Si alzò e si diresse verso Grantz. Per un attimo lo scienziato lo fissò, sinceramente stupito, poi tornò in sé e aprì la gabbia; le sue lunghe dita rapaci scattarono come gli artigli di un falco e si strinsero intorno al collo di una creatura. 

« Tieni. » Scaraventò fuori l’essere senza tanti complimenti. Questo ruzzolò pateticamente sul pavimento, contorcendosi come un lombrico in agonia. « Trasferisci la tua reiatsu dentro di lui. »

Grimmjow guardò la cosa. « Quanta ne serve? »

« Un terzo sarà più che sufficiente. »

Un terzo? Che sanguisuga. Gli ci sarebbero voluti almeno due giorni, prima di poter ripristinare un terzo della sua reiatsu. Grimmjow sbuffò, concentrò la reiatsu nel palmo della mano e toccò la testa della creatura. E di colpo... 

... non era più in quella stupida sala bianca, ma in una foresta lussureggiante... e correva, correva, con la Zanpakuto che batteva contro il fianco a ogni passo e le vesti nere che frusciavano come ali di corvo nel vento... gridava, dava voce a quella disperazione scrosciante che gli attanagliava la gola... davanti a lui una ragazza, riversa in una pozza di sangue, e un’ombra che s’innalzava verso il cielo...

... era nel Deserto di Hueco Mundo, tra le dune che conosceva così bene... mille coscienze, tutte contenute dentro di lei, lottavano e si ribellavano... mille voci, fuse insieme alla sua, risuonavano nel silenzio in un’unica sinfonia di morte... e mille ombre senza volto cercavano di artigliare la sua anima, di trascinarla con sé negli abissi del nulla, ma lei era la più forte, la più tenace...

Grimmjow batté le palpebre, e i suoi occhi azzurri si specchiarono in due iridi cerchiate d’oro. La creatura di fronte a lui non era più molle e informe: aveva assunto l’aspetto di una donna alta e atletica, con la pelle del colore del bronzo e lunghi, selvaggi capelli neri, che ricadevano come un lucente mantello intorno al corpo nudo. Il suo viso, affilato e bellissimo, per un attimo fu attraversato da un’espressione confusa, ma subito dopo si contrasse in un ringhio silenzioso, che mise in evidenza denti bianchi e appuntiti. 

Le pupille di Grimmjow si dilatarono.  

« Pantera... » mormorò senza pensare. 

« Proprio com’è successo a Ulquiorra » annuì Grantz. « La creatura ha preso l’aspetto della tua anima. »

« Cosa? » Nnoitra saltò su, incredulo. « L’anima di quel sacco di pulci è una gnocca? »

Lo scienziato si pulì gli occhiali. « Effettivamente, non mi è ancora chiaro cosa determini il sesso, ma l’aspetto è senz’altro l’ombra dello spirito di Jaeguerjacquez. Una sorta di personificazione del suo potere. »

L’azzurro studiò la donna, e lei ricambiò con intensità sorprendente, prima di puntare un feroce sguardo di sfida verso gli Espada che ancora la fissavano dal tavolo delle riunioni. Grimmjow non era sicuro di cosa lo avesse spinto a farsi avanti per l’esperimento, probabilmente il semplice desiderio di sganciare il suo contributo e poi tornare a occuparsi dei fatti suoi, tuttavia, nel guardare quell’amazzone dai capelli neri, qualcosa scattò. 

Quella tizia faceva parte di lui, era la manifestazione di Pantera. E, proprio come si sarebbe aspettato dalla propria spada, era stupenda, selvaggia e aveva tutta l’aria di voler prendere a calci il mondo intero. Un caldo, istintivo orgoglio inondò il cuore arido dell’Espada. 

« Intendo formare un esercito di creature come questa » proseguì Grantz. « Sarà un’armata di novantanove anime, tante quante gli Arrancar di Aizen-sama. Oh, non c’è bisogno di storcere il naso, Zommari; so bene che può sembrare un numero irrisorio, rispetto alle truppe degli Shinigami, ma vi garantisco che sarà più che sufficiente per sferrare un attacco di massa alla Soul Society. »

« Non capisco » grugnì Yammy.

« Che novità » sibilò Nnoitra.

« Non capisco per quale dannato motivo dobbiamo mandare all’attacco i fantocci di Grantz, quando possiamo entrare in azione noi » insisté il decimo Espada. « Solo dieci di noi sono molto più forti di tutto il Gotei 13 messo assieme. Andiamo direttamente nella Soul Society e ammazziamo tutti, no? »      

« Non essere precipitoso, Yammy » disse Aizen pacato. « Le creature di Grantz non sono solo un truculento mezzo di sterminio di massa. Hanno uno scopo molto più alto... e infinitamente più delicato. »

« Ossia? » chiese Yammy in tono bellicoso. 

« Lo saprete presto. » Lo Shinigami rivolse loro un sorriso, tanto affascinante quanto pericoloso. « E adesso siete pregati di prestare la vostra reiatsu al signor Grantz. Quando avrete finito, mi aspetto che convochiate i vostri Fracciònes e tutti gli altri Nùmeros. Ogni singolo Arrancar dovrà dare il suo contributo. »

Nnoitra sbuffò. « E nel caso in cui uno dei nostri Fracciònes sia disperso? »

« Oh, dovresti saperlo bene, Nnoitra. So che tu e i tuoi Fracciònes siete legati tramite un sigillo spirituale, quello che tu chiami Contacto*. »   Il tono di Aizen si fece mellifluo. « Se il Fracciòn in questione è ancora vivo, basterà stabilire un collegamento con lui e assorbire la sua reiatsu canalizzandola tramite il Contacto. Confido che tu sia all’altezza di un compito così semplice, vero? »

Nell’unico occhio di Nnoitra ci fu un lampo di rabbia, ma un attimo dopo vi balenò anche altro... una strana luce che a Grimmjow non piacque affatto.

Vuole Fie, e la vuole morta, pensò. 

« Non vi preoccupate, Aizen-sama » disse la Quinta Espada in tono quasi gradevole, per poi sibilare a bassa voce: « Ci penso io, a quella sgualdrinella. »  

*

Shuhei tornò a trovare Rayen anche la sera successiva, e quella dopo ancora. Col passare del tempo, le sue visite divennero una specie di routine. La ragazza era indecisa: non sapeva se fosse pentito, perseverante o semplicemente stupido. Lei non lo incoraggiava di certo - a meno che le occhiate omicide non potessero essere considerate in qualche modo “incoraggianti” - ma lo Shinigami non pareva intenzionato a gettare la spugna: sembrava sinceramente deciso a riconquistare, se non la sua fiducia, quantomeno il suo interesse.

Tzé, come se il giochetto del Guarda come sono attento e devoto! potesse funzionare con lei. Quella dannata testa di legno (giusto per non usare altri materiali) proprio non capiva che così stava solo facendo altri danni. Non si rendeva conto di essere un monumento vivente della sua debolezza; non vedeva quanto le bruciasse vedersela schiaffata in faccia giorno dopo giorno. 

Più che incolpare lui, però, Rayen se la prendeva soprattutto con se stessa. Se solo, quella notte di tanti anni prima, avesse ignorato il pianto del bambino-Hollow e se ne fosse tornata a dormire... e invece no, maledetto quel suo buonismo del cavolo, aveva dovuto alzarsi dal letto e mettere in moto tutta la catena di eventi che ora l’avevano condotta in quella schifosa cella. Che razza di cretina.  

Per quanto le visite di Shuhei la facessero ammattire, però, di una cosa doveva dargli atto: lui non cercava di giustificarsi, né di rifilarle scuse improbabili. Anzi, tutto il contrario. 

Ogni sera, lo Shinigami s’appoggiava alle sbarre della sua cella e, incurante del fatto che lei ascoltasse o meno, le raccontava del suo lavoro, della Nona Compagnia, di quanto fosse difficile gestirla ora che il Capitano Tousen se n’era andato. 

A Las Noches, gli Espada non avevano dei veri e propri incarichi, a parte quello di servire in tutto e per tutto il loro Aizen-sama. I pezzi grossi della Soul Society avevano un'agenda molto più fitta: dovevano tenere d’occhio le registrazioni degli Hollow, regolare l’allenamento delle reclute, preservare la disciplina nella Compagnia, controllare gli aspetti burocratici legati alla posizione e fare parecchie altre cose. Quando non le parlava della Nona Compagnia, Shuhei le descriveva i luoghi della Soul Society che aveva battuto in questa o quella missione, dipingendo con le parole paesaggi terribili o meravigliosi, o ancora tanto strani da sfociare nel surreale. 

E Rayen ascoltava. Dapprima con indifferenza, poi – suo malgrado – con interesse sempre crescente. Molte cose già le sapeva, dal momento che Aizen e i suoi cagnolini avevano già informato a dovere tutti gli Arrancar riguardo ai ruoli e alle suddivisioni del Gotei 13, ma la voce vellutata di Shuhei li intingeva di un nuovo fascino. La ragazza malediceva la facilità con cui il suo timbro profondo la catturava. E naturalmente il bastardo ne era al corrente: sapeva benissimo quanto le piacesse starlo a sentire, lo sapeva fin dai giorni in cui lui e Raiha si sedevano sul loro muretto, sotto le fronde del vecchio ciliegio. 

A volte quei ricordi le davano fitte di nostalgia insopportabili, e allora Rayen li sbatteva rabbiosamente a calci negli angoli più recessi della sua mente. 

Lei non era più Raiha… la stupida ragazzina tutta zucchero e fiducia nel prossimo era morta, morta, morta. E lo era, in parte, per colpa del deficiente dai capelli irti che prima aveva promesso di proteggerla e poi alla prima occasione buona aveva ben pensato di squagliarsela e andare a divertirsi con la sua amichetta Shinigami.  

Ma, in tutta onestà, cos’altro potevo aspettarmi? Lui in fondo è un uomo, e la carne degli uomini è debole. Non aveva alcuna ragione di scegliere una ragazzetta qualunque, e per giunta umana, quando aveva a portata di mano una Shinigami bellissima, sicuramente più disinvolta della sottoscritta e con due cocomeri da far invidia ad Harribel-sama. Se proprio vogliamo mettere i puntini sulle i, in buona parte è colpa mia se mi trovo nei guai: ho fatto troppo affidamento su Shuhei. Se fossi stata più forte, se non mi fossi costruita dei gran castelli in aria quando intorno a me c’erano solo baracche, allora forse...

Insomma, per farla breve, la presenza di Shuhei scatenava in Rayen un incredibile torrente di seghe mentali. I pensieri della ragazza si rincorrevano, moltiplicandosi come le teste mozzate di un’idra, spargendo dentro la sua testa le loro secrezioni velenose. Non sapeva più di chi fidarsi, da chi guardarsi, chi considerare amico e chi nemico.  

In tutto quel marasma mentale c’era però un chiodo fisso: scoprire chi fosse quella maledetta donna dai favolosi capelli biondo ramati. 

Non che le importasse nulla di lei o del suo rapporto con Shuhei, precisiamolo: era solo… una questione di principio. 

Sì, esatto. Una dannatissima questione di principio.
 

**************
 

Guardate... non ho assolutamente parole per scusarmi del mio abnorme ritardo. Altro che Shuhei, sono io quella che non ha giustificazioni >.>
Posso solo dire il capitolo successivo è a metà, quindi conto di aggiornare presto. Stiamo entrando nel cuore della storia, e i prossimi capitoli spiegheranno buona parte dei casini lasciati sospesi in precedenza. Ho un'idea abbastanza precisa di come andrà avanti la faccenda, ma sono ancora in dubbio se privilegiare la shipping GrimmRai o ShuRai. Vedremo cosa deciderà di tirar fuori la mia psiche malata. Voglio inoltre puntualizzare che la storia non ha niente a che vedere con tutto quello che succede dopo la saga di Aizen; nella mia fiction, i Fullbringer non esistono e i Quincy sono estinti e basta, senza resurrezioni random. In compenso, per quanto riguarda le creature di Szayel ho preso deliberatamente ispirazione dalla saga filler delle Zanpakuto, perché l'ho trovata maledettamente geniale *w* ma quant'è carino Hyorinmaru in forma umana?? Per non parlare della velata pucciosità di Kazeshini. Bellissimo.

Ah, comunicazione. Dopo quattro anni di onorato servizio NVU è purtroppo spirato per cause sconosciute, quindi ho dovuto dare un ritocco generale a tutta la struttura della storia. E già che c'ero ho convertito i titoli in inglese, perché mi sembrano un po' più affini allo stile Bleachesco e perché mi piace di più il modo in cui suonano. "Edge of madness" è decisamente meglio de "il limite della follia"

Vi ringrazio di nuovo del tempo che avete dedicato alla mia storia e come sempre mi auguro che abbiate apprezzato il capitolo!

Un grazie speciale a Saeko_san, Lightning00 e Akisan per le loro bellissime recensioni. Ragazze, mi avete davvero commosso, siete le mie idole! *w*

Baci,
Sixy



 

 

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Capitolo 19
*** Beginning of the End ***


XIX. Beginning of the End


Un silenzio gelido come la morte ammantava il Palazzo Izanami. Era una quiete dal sapore innaturale, ma a Ryuuji non dava fastidio: anzi, gli faceva sembrare quel posto ancora più bello e sacro. L’angelo era seduto con la schiena appoggiata contro la colonna; le sue dita percorrevano distrattamente l’elsa della spada, accarezzando le complicate iscrizioni che la decoravano. 

Aspettava. Da quanto, non avrebbe saputo dirlo, perché in quella reggia di cristallo e brina persino il tempo sembrava congelato. Erano però passate diverse ore, forse addirittura giorni. Tra le sopracciglia di Ryuuji cominciava a far capolino una minuscola ruga d’impazienza, unico segno d’espressione nel suo viso altrimenti apatico. 

Improvvisamente, alle sue orecchie giunse un suono sottile, quasi melodioso: le enormi porte di cristallo davanti a lui si stavano poco a poco aprendo. Ryuuji s’alzò in piedi e s’incamminò verso di esse. Da qualche parte, nel cimitero di emozioni che era il suo cuore, qualcosa si smosse debolmente - un vaghissimo senso di timore e soggezione - ma ben presto anche quello morì. Quel luogo santo, proibito a tutti fuorché a pochi eletti, era la residenza del Re Spirito, il suo signore e creatore, e lui non era che il suo più umile servo, uno strumento forgiato al solo scopo di obbedire ai suoi ordini. 

Ryuuji varcò la soglia cristallina. Nello stesso istante in cui mise piede nella sala successiva, il Palazzo scomparve: vampate nere divorarono il pavimento e i muri splendenti si sgretolarono, rivelando l’oscurità dietro di essi. Quello che fino a pochi istanti prima era stato un magnifico tempio di luce si scompose in un mondo infinito di tenebra. 

Ryuuji non ebbe bisogno di guardarsi alle spalle per sapere che anche le porte dietro di lui erano svanite. Adesso galleggiava nel buio, nel vero cuore del Palazzo Izanami: un ritaglio dell’Abisso, una minuscola porzione del gigantesco e spaventoso limbo che connetteva tutte le dimensioni esistenti. Al di là del mondo umano, della Soul Society, di Hueco Mundo, di Eden Gan, dell’Inferno, di qualunque altro mondo esistesse nel Multiverso, c’era quello, ciò che i membri della Compagnia Zero chiamavano Kuroseido, il Santuario Nero: la dimora del Re Spirito.  

« Mio signore. » Ryuuji s’inginocchiò, piegando il capo. « Sono giunto al vostro cospetto, come da voi richiesto. »

Attorno a lui, il buio parve prendere vita. Evanescenti tentacoli oscuri lo lambirono, sfiorandolo senza toccarlo. Un sussurro silenzioso raggiunse Ryuuji. Come sempre, il Re Spirito gli parlò tramite immagini ed emozioni. Dapprima ci fu una calda ondata di rabbia e disappunto, poi nella mente del giovane fu proiettato un ricordo: lui stesso che faceva esplodere un muro, fermando Nnoitra un attimo prima che questi facesse fuori Raiha. Poco dopo, Ryuuji attaccava l’Espada e lo feriva gravemente. 

« Sono stato attento a non ucciderlo. Intendevo solo metterlo in condizione di non nuocere. »

Decine di tentacoli oscuri gli piovvero addosso. Gli passarono attraverso, come neri fantasmi, eppure una scarica di dolore lo trafisse dalla radice dei capelli alla punta dei piedi. Ryuuji serrò gli occhi, senza farsi sfuggire un fiato. Sapeva che le sue azioni avrebbero contrariato il Re Spirito, ma cos’altro poteva fare? Se non fosse intervenuto, Raiha sarebbe morta. E lui non voleva perdere di nuovo sua sorella, non subito dopo averla ritrovata. 

« L’anima di quell’Arrancar è ancora intatta » insisté.  

Una seconda scarica di frustate lo colpì. Stavolta, Ryuuji non riuscì a trattenere un fievole lamento. L’aura del Re Spirito lo circondò, comprimendolo, e l’angelo si sentì come se all’improvviso stesse annegando nell’acqua gelida. Per un attimo, si chiese se il suo signore intendesse davvero ucciderlo. 

Poi la stretta del Re Spirito si attenuò, lasciandolo libero. Nella pelle di Ryuuji filtrò, tagliente, un senso di ammonimento. Non avrebbe avuto un’altra possibilità; quella era la prima e ultima volta che avrebbe messo il piede fuori riga. 

Ryuuji trasse un lento respiro. 

« Chiedo perdono. Non vi porterò più disobbedienza » disse incolore. 

Avvertì un senso di fredda approvazione. 

Con la coda dell’occhio, Ryuuji intravide uno scintillio nel buio: a poca distanza da lui s’era aperto uno spiraglio di luce, che nel giro di pochi istanti assunse le dimensioni di una porta. Il Re Spirito lo stava congedando. 

« Con permesso. » Con un ultimo inchino, l’angelo senza ali si diresse verso il rettangolo luminoso. Nel momento stesso in cui varcò la soglia, tutto il vuoto e l’oscurità che lo avevano circondato parvero essere risucchiati via, e il mondo intorno a lui tornò a essere il santuario di cristallo freddo e scintillante che conosceva bene. 

Ryuuji si guardò alle spalle, ma non vide altro che una parete traslucida. La cosa non lo stupì. Frequentava il Palazzo Izanami da diversi decenni e si era fatto un’idea abbastanza precisa di come funzionasse. Il Re Spirito era un’entità straordinaria, molto vicina al concetto che gli umani avevano di ‘divinità’. Non aveva un corpo concreto, però in qualche modo era capace di influire sulla realtà fisica: poteva ferire e uccidere, torturare un’anima fino a farla uscire di senno, manipolare la mente e instillare pensieri e istinti che un uomo normalmente non avrebbe mai avuto. Per quanto etereo, aveva poteri eccezionali e terribili. Se solo avesse voluto, avrebbe potuto sottomettere la Soul Society o Hueco Mundo con poco più di un pensiero; gli sarebbe bastato piegare le volontà dei pezzi grossi e assumere il controllo della loro anima. 

Ma non lo faceva.

Per qualche misteriosa ragione, il Re Spirito non sembrava avere alcuna intenzione di usare il suo potere, né alcun desiderio di uscire dal Limbo. Si limitava a osservare i mondi da lontano, dall’alto del suo trono invisibile. Se decideva di manifestarsi fuori dall’Abisso, era solo nelle rarissime occasioni in cui sceglieva un nuovo servitore. Di solito si trattava di Shinigami dal talento straordinario, che venivano riuniti sotto il nome di Compagnia Zero e costituivano il suo corpo di guardia personale; ogni tanto, tuttavia, chiamava a sé anche qualcun altro: un’anima abbastanza disperata da barattare il proprio cuore in cambio di un unico desiderio. Un’anima come Ryuuji. 

Ryuuji estrasse la spada dorata che gli pendeva al fianco e con un gesto secco tagliò l’aria davanti a sé: la lama tracciò una linea splendente, che in pochi istanti s’allungò e s’ispessì fino a diventare una sorta di cancello luminoso. Senza rallentare il passo, Ryuuji lo varcò e sentì la carne dissolversi nel teletrasporto. Non rimpiangeva nulla. 

*

C’era una cosa che Rayen ignorava: ritagliare anche solo pochi minuti per lei a Shuhei costava, e molto. Da quando il Capitano Kaname Tousen aveva abbandonato la Soul Society, sulla scrivania del vice-Capitano avevano cominciato ad accumularsi rotoli, plichi, bolle e scartoffie di ogni genere, che Shuhei doveva naturalmente leggere da cima a fondo prima di firmare, certificare, approvare, timbrare o respingere. Non c’era tempo per nominare un nuovo Capitano, non sotto la perenne minaccia di Hueco Mundo, e la responsabilità di tutta la compagnia ricadeva sulle sue spalle. Spesso e volentieri gli capitava di restare inchiodato in ufficio fino a notte inoltrata, a volte finendo anche per addormentarsi sulle montagne di documenti che avrebbe dovuto controllare. Non era facile svolgere il lavoro di due persone, soprattutto se le persone in questione erano vette del Gotei 13. Shuhei cercava di non darlo a vedere, ma la stanchezza e la frustrazione cominciavano lentamente a rodergli le forze. 

Nel corso dell’ultimo mese, a impensierirlo erano state soprattutto le frequenti denunce di Shinigami scomparsi. Non era raro che i principianti sparissero in qualche missione, di questo ne era amaramente consapevole, ma qui si parlava della scomparsa di più di novanta persone, e tutte nell’arco di poche settimane. 

Inammissibile

Fatta eccezione per un paio di lanterne ad olio, l’ufficio del vice-Capitano era immerso nel buio. Erano circa le tre di mattina. Shuhei sbadigliò e guardò tra le palpebre socchiuse tutta la catasta di lavoro che doveva ancora fare. Un ultimo documento, decise, e poi se ne sarebbe andato a dormire; il resto avrebbe aspettato la mattina.  

Gli capitò tra le mani un dossier, consegnatogli poche ore prima dal vice-Capitano Abarai Renji. Conteneva le informazioni generiche di un tale Nakamura, trentanovesimo seggio della Sesta Compagnia ed ennesimo Shinigami svanito nel nulla. La foto allegata ritraeva un ragazzo scuro di carnagione, dall’aria sveglia e intelligente. Ora che ci pensava, Shuhei aveva l’impressione di averlo visto in giro, forse una o due settimane prima.  

La sua spada Kazeshini, posata a terra accanto a lui, parve scossa da un lieve tremito. Ehi, detective dei miei stivali, non ti ricorda qualcosa tutta questa gente che sparisce senza motivo? 

Qualcosa come un certo incidente di cent’anni fa? Il vice-Capitano si rilassò contro lo schienale della sedia. All’epoca ero solo un ragazzino, ma conosco abbastanza bene le dinamiche della storia. I Capitani ebbero un bel daffare a tenere a bada la situazione: anime che scomparivano di continuo, un’intera unità di Shinigami dispersa, tutte le squadre di ricerca annientate… Si persero anche le tracce di diversi ufficiali d’alto rango, tra cui il Capitano Muguruma. 

Quasi inconsciamente, strofinò il tatuaggio a forma di 69 che gli segnava la tempia. 

Non ci provare neanche, scattò Kazeshini. So cosa stai pensando e se ti metti a fare il sentimentale, giuro che non mi faccio più impugnare per i prossimi cinque secoli! Non ho proprio voglia di stare a sorbirmi uno dei tuoi soliti momenti emo. 

Shuhei strinse i denti. Non ho “momenti emo”, ma sta’  pur certo che se mai troverò il colpevole gli farò pentire di essere venuto al mondo

La crudele risata della Zanpakuto gli echeggiò nella mente. Oh, Hisagi Shuhei finalmente comincia a tirare fuori le palle! Aspetta un attimo che prendo il saké, bisogna festeggiare l’evento. 

Non sei divertente.

Secondo me dovresti farla vedere un po’ più spesso, questa tua vena combattiva, disse Kazeshini in tono quasi allegro. Se proprio devo ammetterlo, ti dirò che forse, tutto sommato, in fondo non sei così malaccio, ma sprechi troppo tempo a recitare la parte del vice perfettino tutto onore e rispetto. E credi a me, quando lo fai sei solo ridicolo, sembri un lupo che cerca a tutti i costi di farsi passare da pecorella. Non è quella la tua vera natura, lo sai

Grazie, ma non ho bisogno delle tue sedute psicologiche. Voglio solo finire questo maledetto fascicolo e andare a dormire

L’arma fu attraversata da un lampo di luce verde. Un attimo dopo, dalla punta della spada si levò un rivolo di fumo color smeraldo, che ruotò su se stesso e assunse la forma di un piccolo mammifero dagli occhi scintillanti, con le piccole zanne snudate e bene in vista. 

Lo Shinigami ringraziò silenziosamente il cielo che nessun altro potesse vedere il vero aspetto di Kazeshini. La Vice-Capitano Kusajishi l’avrebbe senz’altro strangolato a furia di coccole, e quell’idiota di Madarame si sarebbe fatto beffe di loro fino alla fine dei tempi.  

Madarame può prendermi per il culo quanto vuole, ma intanto gliele ho sempre suonate, sogghignò lo spirito. 

Gliele abbiamo suonate, sì. Shuhei gli lanciò un’occhiata stanca. Non aveva nulla di personale contro la forma di Kazeshini, ma se doveva essere sincero lo trovava un po’ più minaccioso quand’era sotto forma di spada piuttosto che di… ratto. 

Kazeshini rizzò il pelo del collo, indignato. Donnola! Io sono una fottutissima donnola, è chiaro?

Sì, sì, va bene. Il giovane sospirò. Ma tornando al nostro discorso, tu credi che anche qui ci sia lo zampino di Aizen? Questa volta sono scomparse più anime. Questo Nakamura era... Rilesse il fascicolo. Il novantottesimo

La donnola gli lanciò un’occhiata sprezzante, ancora chiaramente offesa per il commento di poco prima, ma decise di lasciar correre. È possibile che i due incidenti siano collegati. Quello che non capisco è quale sia lo scopo di rapire novantotto Shinigami, oltretutto pure scarsi. Se qualcuno avesse voluto rubare i loro poteri avrebbe preso di mira gente come te o Abarai, se non addirittura qualche Capitano. Inclinò la testa di lato. La faccenda puzza di bruciato. 

E per una volta Shuhei si trovò perfettamente d’accordo con la sua Zanpakuto. 

*

Il giorno successivo, dopo una giornata all’insegna della fatica e delle imprecazioni, Shuhei tornò a fare visita a Rayen. La trovò seduta a terra, con la schiena appoggiata contro il muro, intenta a piegare due diverse forme di carta. Al suo arrivo, stranamente, il viso dell’Arrancar rimase neutro: niente smorfie, niente occhiate accusatorie, niente frecciate a tradimento. Lo Shinigami non sapeva se prenderlo come un buon segno o no.

« Ciao. »

Il giovane rimase di sasso. Era stata lei a parlare per prima! E non per mandarlo all’inferno, ma per salutarlo.  

« Ciao » rispose, riprendendosi dalla sorpresa. 

Rayen alzò gli occhi su di lui. Aveva lo sguardo circospetto e indagatore di sempre. Un bizzarro, incomprensibile calore serpeggiò sotto la pelle di Shuhei.

« Io... ti trovo bene » annaspò lui. Idiota, si maledisse un attimo dopo. 

« Tu invece hai la faccia di uno a cui hanno appena infilato la testa nello scarico delle fogne » lo informò piacevolmente Rayen. « Che succede, Shinigami? Ho visto morti molto più vivaci di te. »

« Lavoro » disse Shuhei evasivo. 

La ragazza mise insieme i due origami e creò un’unica figuretta alata, forse un falco o un’aquila. Non sembrava intenzionata a dire altro. 

Frigida, sbottò Kazeshini. 

« Chiudi il becco » scappò a Shuhei.

« Guarda che sei tu quello che ciarla sempre » disse Rayen piccata. 

« Non ce l’avevo con te, ce l’avevo con lui. »

« Lui? » 

« Kazeshini, la mia Zanpakuto. »

Rayen gli lanciò uno sguardo a metà tra l’ironico e l’impietosito. « Non m’intendo granché di come funziona la psiche degli Shinigami, ma non credo che sentire le voci sia esattamente un sintomo di sanità mentale. Casomai non ci avessi mai fatto caso, quella è una spada. E le spade non parlano. »

« Eccome, se parlano. A volte il problema è farle stare zitte » borbottò Shuhei. 

La ragazza tornò a concentrarsi sugli origami. « La Zanpakuto sarà anche una porzione di anima solidificata, ma essenzialmente rimane un’arma. Serve a combattere e a difendersi, non per scambiare quattro chiacchiere davanti a una tazza di tè. Il fatto che cresca e che cambi insieme a te non toglie che è solo uno strumento: non ha una mente, non ha un cuore e di sicuro non ha una voce. »

Shuhei si stupì. « Mi stai dicendo che tu non sei mai entrata in contatto con lo spirito della tua Zanpakuto? Mai? »

« Certo che no » sbuffò Rayen. « Trèbol è un prolungamento del mio corpo e della mia anima, niente di più. »

« Sapevo che le Zanpakuto degli Arrancar erano diverse da quelle degli Shinigami, ma non pensavo così tanto. »

Ricordò quello che il Capitano Kurotsuchi aveva rilevato nei suoi studi sugli Hollow. Forse è per questo che hanno un solo stadio, la Resurreciòn, e non due, come i nostri Shikai e Bankai, pensò. Una bella fetta del nostro potere risiede nella comunicazione con lo spirito della spada... 

... e loro questo spirito non ce l’hanno, concluse Kazeshini. Ah! Hai bisogno di altre prove della nostra superiorità, Hisagi Shuhei?

Smettila di sbirciarmi nella testa o ti taglio la coda.

« State parlando anche ora? » chiese Rayen, con un filo di scetticismo. « Tu e questa... specie di spirito che vive nella tua Zanpakuto? »

« Sì. » Shuhei sospirò e si passò una mano fra i capelli. « Non andiamo esattamente d’amore e d’accordo, ma in qualche modo si va avanti. Ti garantisco che in settant’anni di onorato servizio non ho mai incontrato uno spirito più fastidioso, testardo, maligno e petulante di lui. »

Basta con tutti questi complimenti, capo, o mi farai arrossire

« Però se t’abitui al suo sarcasmo da quattro soldi e alle sue perenni manie omicide, alla lunga diventa più sopportabile » ammise lo Shinigami. 

« Capisco. » Nella voce di Rayen c’era la piccolissima ombra di un sorriso. La ragazza si alzò in piedi, mettendosi direttamente davanti a lui, così vicina che Shuhei avrebbe potuto toccarla semplicemente allungando il braccio. « Ma se è così cattivo come dici, perché quella volta a Karakura non l’hai rilasciato? Avresti potuto mettere subito fine alla nostra battaglia e correre a salvare i tuoi amici, prima che Luppi Antenor li prendesse a calci con i suoi tacchi dodici. »

Lo Shinigami si prese qualche momento per rispondere. « Stavo per farlo » confessò. « Volevo aiutarti, ma non sapevo come. Alla fine mi sono convinto che l’unica soluzione fosse purificarti. »

« ‘Purificarmi’ è una maniera carina per dire farmi a fettine con la spada? Metodo piuttosto originale per aiutare qualcuno. E agli amici che volevi salvare cosa hai fatto, li hai torturati, strangolati e dati in pasto ai miei colleghi? »

Shuhei inspirò a fondo e piantò gli occhi in quelli della ragazza. « Rai... Rayen. Pensaci seriamente, te ne prego. La Zanpakuto di uno Shinigami ha grandi proprietà catartiche: se mi permetterai di liberarti, ti concederò un trapasso veloce e indolore e cancellerò i peccati che hai commesso in forma di Hollow. La tua anima si reincarnerà da qualche parte alla Soul Society e tu avrai la possibilità di ricominciare da zero, di avere la vita tranquilla che hai sempre sognato. Non ricorderai nulla di questa vita, né della precedente. Nessuno ti costringerà più a combattere, a uccidere o a rischiare morti orribili. »

Rayen esitò. Per un attimo, Shuhei vide una scintilla di dubbio dietro le sue iridi chiare, e tra sé e sé sperò ardentemente che accettasse... Ma poi la ragazza scosse la testa con decisione. 

« Non posso morire, non ancora. Ci sono ancora troppe cose che voglio fare a tutti i costi. »

*

Rivedere Isshin. Scoprire cosa diavolo sta combinando Ryuuji. Trovare Asami. Vendicare Indar. Fare lo sgambetto a Tousen. Scusarmi con Grimmjow. Ringraziare Rukia. Tagliare di nascosto i capelli a Findor Carias. Far pentire Aizen di essere strisciato fuori dal grembo di sua madre. Oh, dannazione, e non ho ancora ripagato Apache, Sun Sun e Mila Rose per avermi comprato la divisa!  

Più Rayen ci pensava, più la lista s’allungava. Le si annodò lo stomaco: anche se più di una volta si era ritrovata in situazioni letali, non aveva mai davvero riflettuto su tutto ciò che avrebbe perso se fosse morta. Si era sempre lamentata di quell’esistenza grigia e bestiale, senza rendersi conto di quanto le fosse diventata preziosa. Soprattutto ora che era tornata in possesso dei suoi vecchi ricordi. 

Guardò Shuhei. Possibile che lui avesse veramente a cuore il suo bene? Non era molto più probabile che invece stesse solo cercando una scusa per sbarazzarsi di lei senza macchiarsi la coscienza? Eppure il suo viso era così serio, i suoi occhi scuri sembravano pieni di sincera preoccupazione...

« Non capisco, Shinigami » iniziò Rayen, ma si bloccò nell’udire una risata fredda e viscida, spaventosamente familiare: « Ma ciao, sgualdrinella! Dimmi, hai sentito la mia mancanza? »

La ragazza sobbalzò, appiattendosi d’istinto contro la parete e lanciando uno sguardo circolare tutto intorno. Non era possibile. Non era obiettivamente possibile. Doveva essere un’allucinazione, per forza.

« Rayen? Che succede? » chiese Shuhei allarmato. 

Rayen si limitò a scuotere la testa, gli occhi spalancati e persi nel vuoto. Qualcosa di caldo e umido cominciò a scorrerle tra le dita.

« Sei lontana da Las Noches, lo sento » sibilò nella sua testa la voce di Nnoitra Jilga. « Ti stai nascondendo nel mondo umano? O forse sei in mezzo a quei cani della Soul Society? Se è così, stiamo venendo a prenderti... »

Un lento, fastidioso senso di prurito le attraversò il braccio. Rayen abbassò gli occhi: aveva un guanto completamente infradiciato di sangue. D’impulso, lo strappò via, rivelando il tatuaggio a forma di 5 impresso sul polso. Anziché scuro e sottile come al solito, il numero era diventato contorto e deforme e stillava gocce rosso vivo. 

Il Contacto! Ma certo, Nnoitra le parlava attraverso il Contacto, il dannato marchio che imponeva a tutti i membri della sua Fracciòn. 

Tesla porta guanti neri, pensò all’improvviso.  

Ma quello che sgorgava dal tatuaggio non era solo sangue: qua e là, nel liquido cremisi si potevano cogliere leggere scintille azzurrine, che brillavano debolmente per qualche istante prima di annegare nel rosso del tatuaggio. Sembrava quasi che il marchio stesso le risucchiasse... 

« Ah, vedo che qualcosa sta cercando di bloccare la tua reiatsu. » Nnoitra tentennò, poi sembrò collegare, e Rayen quasi poté sentire il sorriso nel suo tono. « Forse uno di quegli schifosi congegni da Shinigami, sì? Beh, poco importa, vuol dire che dovrò solo tirare più forte. » Una stilettata di calore colpì il tatuaggio, strappando un sussulto a Rayen, e un flusso più intenso di scintille si mescolò al sangue. Il tono leggero dell’Espada cambiò di colpo, facendosi basso e ringhiante. « Dev’essere stato un vero spasso, assistere alla mia sconfitta per mano di quel cazzo di angelo pelle e ossa. Scommetto che ti sei sbellicata dalle risate. Ma la mia umiliazione non resterà impunita, Oneiron. Se mai ti troverò di nuovo sulla mia strada, giuro che ti prenderò come la cagna che sei, poi ti mozzerò via quella tua bella testolina e la lascerò a marcire nel deserto. »  

Piantala di vomitare idiozie, sei ridicolo. Rayen chiuse strettamente gli occhi. Esci dalla mia testa, bastardo. Vattene!  

« Ci vediamo presto, Oneiron. O forse no... se è vero che sei nel covo degli Shinigami, purtroppo non sarò io ad avere il piacere di schiacciarti come un insetto. Se vuoi un consiglio, non affezionarti troppo agli dèi della morte, perché presto saranno dèi morti e basta! »

La risata acuta di Nnoitra le rimbombò di nuovo nelle orecchie, poi la presenza dell’Espada svanì. Rayen trasse un lento respiro, cercando di placare il cuore che le batteva all’impazzata, poi azzardò un’occhiata alla mano: il polso era ancora macchiato di sangue, ma il tatuaggio era tornato nero e freddo. Toccò nervosamente il collare degli Shinigami, gelido contro la pelle. Non sapeva se Nnoitra le avesse veramente rubato la reiatsu, né capiva perché avrebbe dovuto farlo: la sua energia non era nemmeno paragonabile a quella di un Espada, e comunque si sarebbe rigenerata da sola nell’arco di pochi giorni...

« Rayen! » Shuhei stringeva le sbarre della cella come se le volesse sbriciolare. « Rayen, cos’è successo? Perché hai addosso un sigillo? »

La ragazza lo fissò, pallida come un cencio, mentre tanti piccoli pezzi di puzzle si mettevano lentamente al loro posto. « Gli Arrancar stanno arrivando. Attaccheranno la Soul Society, ma non da soli... hanno con loro qualche genere di arma, e la useranno per uccidervi tutti. » 

*

Alla divisione scientifica della Soul Society, nel frattempo, stava scoppiando il caos. I radar e i rilevatori di reiatsu pigolavano impazziti, mentre Shinigami in camice bianco sciamavano da una parte all’altra del laboratorio. Un coro di voci concitate faceva eco alle sirene e ai ronzii della strumentazione. 

« Silenzio! » sbottò il terzo seggio Akon. 

Il vociare diminuì di colpo. 

« Voglio che tredici di voi corrano dai Capitani e li informino immediatamente della situazione. Tsubokura, tu non staccare gli occhi da quel monitor. Tutti gli altri tornino ai loro posti e continuino a raccogliere dati! Scoprite che diavolo sono quelle... cose! »

Gli Shinigami obbedirono in silenzio, ma nei loro visi cominciava a dipingersi la paura. Akon fissò i numerosi schermi che coprivano la parete, masticando una maledizione. Nemmeno le sofisticate macchine ideate dal Capitano Kurotsuchi riuscivano a inquadrare gli strani spiriti in avvicinamento. Erano senz'altro in parte Hollow, ma non sembravano veri e propri Arrancar: era come se qualcuno avesse preso pezzi di razze diverse e li avesse grottescamente ricuciti insieme. Qualunque cosa fossero, però, dovevano avere un punto debole; e Akon, terzo seggio della Dodicesima Compagnia, era determinato a trovarlo. 

*

Il terremoto arrivò all’improvviso, squassando tutto l’edificio con una scossa d’inaudita violenza. Shuhei dovette aggrapparsi a una sbarra per non cadere, e riuscì ad afferrare Rayen prima che la ragazza venisse scaraventata all’indietro. I muri e il pavimento tremavano e oscillavano e sussultavano, come se un titano avesse afferrato la prigione della Sesta Compagnia e la stesse sbatacchiando tra le sue mani immense. Per diversi, lunghissimi secondi, Shuhei tenne stretta Rayen attraverso le sbarre, proteggendole la testa col braccio, mentre attorno a loro cominciavano a piovere pezzetti di calcinaccio. Un boato echeggiò nelle vicinanze, segno che uno dei capannoni della divisione era crollato. Lo Shinigami rinsaldò la presa sull’Arrancar, pregando che il soffitto restasse dov’era e non andasse a schiantarsi sulle loro teste. 

Parve trascorrere un’eternità quando, finalmente, il tremito rallentò fino a fermarsi. 

« N-non sapevo che ci fossero terremoti, qui » bisbigliò Rayen, con una voce sottile che sembrava non appartenerle. 

« Quello non era un terremoto normale » ribatté Shuhei. 

In quel momento, s’accorse di stare ancora stringendo la ragazza contro di sé, con una mano premuta contro la sua nuca e l’altra adagiata sulla sua spalla scoperta. La pelle di Rayen era fredda e liscia, eppure il contatto gli trasmetteva una strana sensazione di calore; dovette fare violenza su se stesso per sciogliere l’abbraccio. Non appena lo fece, Rayen s’affrettò a indietreggiare. Se non fosse stato assurdo anche solo da pensare, Shuhei avrebbe giurato che l’Arrancar era arrossita

« Uh, sì, beh... » bofonchiò lei impappinandosi nelle parole. « Ehm... e tu non credere di poter approfittare delle calamità innaturali per mettermi le mani addosso, sono stata chiara? Questa volta passi, la prossima te ne pentirai. »

Un minuscolo accenno di sorriso incurvò le labbra di Shuhei. « Non vedo l’ora di pentirmene, allora » disse sereno, guadagnandosi un’occhiata assassina e un’altra deliziosa vampata di rossore da parte dell’Arrancar. 

« Piantala di fare l’idiota. Qui stiamo per avere dei grossi, grossissimi problemi. »

« Giusto. » La voce dello Shinigami divenne più dura. « Prima ho sentito che qualcuno ti ha contattato tramite un sigillo. So come funzionano i collegamenti spirituali, avvengono quando una particolare reiatsu viene ancorata a un’altra tramite particelle di reishi per permettere rapidi scambi di informazioni ed eventuali trasferimenti di energia. Chiunque sia entrato in comunicazione con te l’ha fatto perché voleva una delle due cose. »

Rayen annuì. « Il tipo che mi ha contattato si chiama Nnoitra ed è un Espada. L’Espada a cui Aizen mi ha assegnata, per la precisione. » Il viso della ragazza si contrasse in una smorfia. « È un bastardo disgustoso e crudele. Il suo scopo era spaventarmi a morte e rubarmi la reiatsu. »

« Perché mai avrebbe dovuto farlo? »

« E lo chiedi a me? Non ne ho idea. Credo però che c’entri qualcosa con Szayel Aporro Grantz, un altro Espada. Quando ho lasciato Las Noches stava lavorando su un progetto segreto, e in giro si diceva che fosse un’arma di qualche tipo contro la Soul Society. »

Shuhei s’incupì. « La situazione non mi piace per niente. E non mi piace nemmeno l’idea che tu stia qui, disarmata e senza reiatsu, perlopiù con un sigillo. »

« In tutta franchezza, Shinigami, credo che il mio Contacto sia l’ultimo dei tuoi problemi. »

« E il primo dei tuoi. Nella Soul Society i sigilli sono stati banditi più di cinque secoli fa: sai perché? »

Rayen lo fissò senza rispondere. 

Shuhei continuò: « Come tutte le cose malvagie, sono facili da avere e molto difficili da rimuovere. Per adesso gli effetti del sigillo potranno anche sembrarti una sciocchezza, ma più tempo passa e più il sigillo si radica dentro di te, dentro la tua reiatsu, fino a impiantarsi direttamente nella tua anima. Nel giro di pochi anni, se non pochi mesi, inizierai a perdere il controllo di te stessa, dei tuoi pensieri e della tua volontà, e alla fine la tua mente sarà sotto il completo dominio della persona a cui sei ancorata... questo Nnoitra, da quanto mi dici. Oltre un certo punto nemmeno la Zanpakuto di uno Shinigami potrà salvarti, non senza prima purificare anche Nnoitra. »

L’Arrancar spalancò gli occhi. « Stai scherzando... »

Ma la faccia di Shuhei era serissima. « Mi piacerebbe. »

« Non è possibile. Nnoitra ha anche un altro Fracciòn, un Arrancar che ha un simbolo identico al mio, e quei due sono insieme da secoli » argomentò Rayen. « Se il Contacto ti risucchia via l’anima e ti trasforma in una specie di burattino senza volontà, perché lui è ancora tutto d’un pezzo? »

«La decisione spetta allo spirito-cardine. Evidentemente, Nnoitra vuole che l’anima di quest’uomo rimanga dov’è. Ma non mi sembra che tra te e il tuo Espada ci sia quel che viene propriamente definito un tenero rapporto d’amicizia. »

Se possibile, Rayen impallidì ancora di più, e tutto quello che seppe dire fu un lievissimo: « Oh. »

Un’altra scossa fece vibrare l’edificio, molto più breve della precedente, ma stavolta dal cuore della terra scaturì un possente ruggito, come se la natura stessa stesse urlando la sua rabbia. Benché stordita, Rayen non tardò a rilevarne la fonte: due grosse fonti di reiatsu in avvicinamento. 

« Giù! »

Al comando di Shuhei, Rayen si buttò a terra senza discutere. Un attimo dopo, qualcosa di immenso colpì il muro della prigione, abbattendolo come se fosse di cartone, scatenando ovunque una pioggia di detriti. Grida e gemiti di terrore risuonarono tra le celle sparse lungo il piano mentre un secondo pugno - Oddio, è davvero un pugno! - calava sull’edificio, scuotendolo tutto e allargando l’apertura.  

Fuori era buio, ma la luce della luna illuminava il cielo, screziando di bianco un enorme corpo in movimento...  una grossa testa coriacea e rugosa... una lunga zanna d’avorio... 

Questa reiatsu! pensò Rayen stupefatta. Ma è Nirgge Parduoc, la Fracciòn di Barragan!

« Cosa sta succedendo? » strillò un prigioniero dalla parte opposta del corridoio. 

« Niente panico, signori, niente panico » intervenne una calma voce maschile. Nell’apertura creata da Parduoc era balzata una figura alta e con le spalle massicce. Una grande, ricca pelle di tigre gli copriva le spalle, ricadendo sulla schiena come un pesante mantello. La testa dell'animale, foderata come un elmo, proteggeva la testa dell'uomo, lasciando scoperti solo il naso e la bocca. Come facesse a vedere - o se vedesse affatto - era un mistero. Curiosamente, le strisce nere che solcavano la pelle di tigre si ripresentavano anche sulla carne umana, stagliate sui muscoli forti e guizzanti del torace nudo. Il resto dell'abbigliamento consisteva in frustri pantaloni neri, coperti dai gambali di un'armatura. 

Rayen non capiva. Quel tizio emanava la stessa reiatsu di un’altra Fracciòn di Barragan, Ggio Vega... mescolata all’energia di qualcun altro, però. Chi diavolo erano, quei tizi?

« Mi chiamo Tigre Estoque, e questo è il mio collega Mamut. » L’uomo-tigre accennò alla colossale creatura che incombeva fuori dalla prigione. « Il nostro padrone Aizen-sama ci ha inviati qui per proporvi un’alleanza. La Soul Society vi ha incatenato, umiliato e strappato via ogni brandello di orgoglio, e ora s’aspetta che tutti voi restiate buoni buoni a marcire qui dentro per l’eternità. Volete davvero permettere a quella feccia di dettare legge sulle vostre vite? Levate la spada contro la presunzione del Seireitei e unitevi a noi! Aizen-sama sarà ben felice di rompere queste catene e ricoprirvi di gloria e potere, e in cambio non chiede nulla più che la vostra incondizionata fedeltà. Alcuni di voi sono qui da secoli, in attesa di una redenzione che non è mai arrivata. Oggi, però, finalmente vi è concessa una scelta: continuare ad agonizzare in cella o alzarvi a lottare contro l’ingiustizia delle Tredici Compagnie!»

Per un momento calò il silenzio, poi parecchie grida esplosero tra i corridoi: « Sì, viva Aizen-sama! » « Liberaci, liberaci! » « Gliela faremo pagare, a quei cani della Soul Society! »

Rayen e Shuhei si scambiarono uno sguardo interdetto, ma prima che potessero aprire bocca una nuova voce tuonò sopra il caos: « Uomini, a me! Si può sapere cosa state facendo, idioti? Uccidete quei due! »

Era il comandante delle guardie, uno Shinigami dal viso severo segnato da parecchie cicatrici; impugnava con fermezza una Zanpakuto a forma di scimitarra e la puntava minacciosamente contro Tigre Estoque. Nel sentire il suo tono autoritario, altre cinque guardie sguainarono le armi e accorsero al suo fianco. Tigre Estoque arricciò le labbra in un sogghigno, socchiudendo gli occhi come un felino soddisfatto. 

« La differenza di reiatsu è troppo grande. Stanno correndo verso il suicidio! » Shuhei impugnò a sua volta la Zanpakuto e rivolse un’ultima occhiata a Rayen. Sapeva cosa pensavano gli altri Shinigami di lei e, anche fosse sopravvissuta alla ribellione, molto probabilmente le guardie l’avrebbero giustiziata con la scusa dell’attacco dell’Arrancar. 

Posò la mano su una sbarra e mormorò una bassa litania; mentre parlava, intorno alle sue dita cominciarono a danzare scintille di energia, che volteggiarono veloci e sempre più veloci, fino a intessere a mezz’aria un complicato ideogramma di luce. Si udì un lieve clic, e la serratura della cella scattò. 

Shuhei l'afferrò per le spalle. « Non posso fare niente per il collare, per togliere quello ci vuole un Capitano. Ricordati però che fino a quando lo indosserai potrai spacciarti per una debole anima esterna. Ora corri! Trova il modo di camuffarti e raggiungi le mura esterne del Seireitei. » 

Rayen fissò lo Shinigami, poi i due Arrancar. Nella sua espressione fece capolino un velo di preoccupazione. « Ma... »

« Vai via! »

A malincuore, la ragazza obbedì: sgusciò fuori dalla cella e corse verso l’estremità del corridoio opposta a quella in cui Shuhei si preparava ad affrontare Tigre Estoque. 
 

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Ebbene sì, signori, vi è andata male: sono ancora viva. Ancora per poco, temo, perché avete tutto il diritto di linciarmi e offrire i fumi del mio sacrificio umano a Odino, Thor, Loki e il resto della combriccola di Aesir. Comunque, la storia non l'ho abbandonata, sono decisa a completarla (il che vuol dire che forse i vostri pronipoti potranno leggerla integralmente, se mai avranno la forza e la pazienza di leggere i deliranti viaggi mentali della vostra Sixy). Rimarco ancora una volta che gli accadimenti di questa storia non hanno nulla a che vedere con tutto ciò che è successo dopo la saga della guerra invernale, e che mi sono inventata di sana (o insana) pianta le caratteristiche del Re Spirito. Vi ringrazio calorosamente per essere arrivati fin qui, avete chiaramente del fegato da vendere; ringrazio in particolar modo Nekomata, Akisan, Saeko_san e Lightning00, per le loro recensioni e perché (shhh, qui lo scrivo e qui lo nego!) sono quasi riuscite a strapparmi una lacrima con il loro supporto e la loro gentilezza.

Ci vediamo alla prossima era geologica! (Forse.)

Con affection,
Sixy



 

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