MaDnEsS - cRaCk- Insane

di shining leviathan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** nAsCoNdInO ***
Capitolo 2: *** SoLdIeR ***
Capitolo 3: *** cOlPeVoLe ***
Capitolo 4: *** mAlInTeSi ***
Capitolo 5: *** MaLiZiA ***
Capitolo 6: *** BaMbInI ***



Capitolo 1
*** nAsCoNdInO ***


 

 

 

 

 

Solo.

Era rimasto solo.

 

 

Le pareti lo stavano schiacciando, un timore cupo restringeva ogni cosa lì intorno, soffocava nel buio, nell’ansia, nella paura che tutti gli altri fossero…

 

Andati.

Ma certo, era ovvio. Ed era rimasto solo lui.

Chiuse gli occhi, li strinse per ricacciare indietro lacrime. Era troppo tardi per piangersi addosso, almeno lui doveva riuscire.

Sephiroth, Cloud, Tseng, perché? Perché loro, dannazione? Eppure conoscevano il rischio, pronti a tutto pur di vincere quel gioco crudele, non badavano che a sopravvivere a lui. Poco o nulla era servito, erano andati.

Si asciugò le guance e cercò di mettere a fuoco il ripostiglio nel quale si era provvidenzialmente nascosto.

La risata di quel… quel… -non poteva nemmeno definirlo-… ma gli ghiacciava il sangue nelle vene.

Lo terrorizzava, terrorizzava lui, Zack Fair, il Soldier First Class: l’eroe.

She! Certo, non faceva altro che fuggire!

Codardo. E dire che Cloud era quasi riuscito a stabilire una comunicazione con quell’essere, si fidava.

Una fiducia malriposta.

Scosse la testa. Non voleva pensare agli amici perduti, ora doveva uscire da lì dentro. Non la vedeva, ma la percepiva: una polvere stantia si aggrappava alle sue narici, irritava i bronchi per tentarlo a tossire,ma non doveva rischiare, non poteva permetterselo. Piano, piano si mosse verso la porta. Respirò a fondo, altro pulviscolo nocivo nei polmoni.

“ Uno” la mano strinse esitante il pomolo, tirò cautamente giù.

“ Due” Clic! I cardini arrugginiti emisero il loro canto di morte in tutto l’edificio. Un sibilo, quella risata, fendette l’aria, ferì le sue orecchie. Si morse il labbro per non urlare, tese i muscoli.

Ora o mai più, Fair, vinci questo gioco!

 

“ Tre!” scattò in avanti, percorrendo il corridoio a grandi falcate. Un viscido scivolio d’ombra lo seguì annaspando sui muri sporchi, incrostati da vernice vecchia, sudore, lacrime. Zampettò veloce, tenendo il passo del ragazzo, lo seguì incitando la sua corsa forsennata con gridolini acuti e sogghigni, esplodendo in risa folli che sfioravano l’orecchio di Zack ancora distanti ma per lui fin troppi vicini.

Le gambe dolevano, doveva aver percorso tutti i piani del vecchio sanatorio. Il fiato minacciava di bloccarsi ed esplodergli nei polmoni, sentiva il puzzo nauseabondo del fiato della creatura temendo solo per un secondo di non farcela, eppure apparteneva a Soldier, fare in modo che quel demone sogghignante vincesse appariva un insulto sia al suo prestigio personale che all’intera categoria. Doveva uscire, c’era Aeris, dannazione, e Cloud? Con che coraggio si sarebbe presentato davanti a sua madre con il casco d’ordinanza appartenuto al figlio caduto in battaglia? Zack non l’avrebbe mai pensato.

Forse nemmeno lui sarebbe riuscito a dare memoria agli amici caduti. Troppo tardi la consapevolezza di una battaglia enormemente più grande lo aveva travolto, spazzando via la speranza di sentire l’aria dei boschi gonganiani nuovamente sulla pelle.

Gli occhi grandi e caliginosi dell’essere lo studiavano con interesse genuino. Davvero un peccato, pensò notando le falcate poderose di Zack, gli spiaceva eliminare un avversario degno del nome, ma il gioco era il gioco.

E quando cominci un gioco si è obbligati ad arrivare fino alla fine.

Puntò le zampe al pavimento e balzò con tutta la forza che possedeva, affondando le unghiette acuminate nel dolcevita del Soldier. In un attimo, immagini contrastanti sfilarono in sequenza velocissima, umide di sudore, pregne di paura. Il gelo si propagò fino alla nuca, scosso da spasmi incontrollati che sfociarono in un urlo terrorizzato, e il bastardo rideva, rideva gettando il capo peloso all’indietro.

No, dei del cielo, no. Non sarebbe finita così.

Digrignò i denti, trattenendo un gemito addolorato: quegli artiglietti stavano aprendo solchi insanguinati dove il tessuto cedeva sotto sommessi squarci,non pensò nemmeno un momento di fermarsi e togliersi la palla di pelo dalle spalle. Aumentò l’andatura e a sorpresa, buttò tutto il corpo di lato, schiacciando la bestia contro il muro.

L’urlo d’agonia della creatura fendette l’aria, vibrando negli infissi e nelle pareti pericolanti, e Zack ricacciò l’impulso di contorcersi ed afferrarlo, ma ripeté il gesto nella speranza di vederlo capitolare.

 La sua fiducia venne premiata. Subito dopo avvistò la porta, e aumentò ulteriormente la corsa, con l’unica compagnia del suo cuore rombante, del respiro affannoso mischiato ai sibili frastornati dell’aguzzino peloso.

Ed era fuori,la moto pronta ad aspettarlo. Non riuscì a soffocare un sorriso sollevato, era salvo.

Salvo, salvo,salvo,salvo.

Montò a cavalcioni e la portò al massimo, andando in derapata nella furia di allontanarsi da quel posto infernale, luogo di caduti, infelicità, luogo che sarebbe rimasto nella sua memoria a lungo, purtroppo. Ma ora era salvo. Il vento nei capelli, la velocità fastidiosa che lo costringeva a procedere a occhi socchiusi: niente era paragonabile al sapore di libertà, il paesaggio assumeva contorni indistinti, macchie di colore brunastro amalgamante di verde lussureggiante, e allora, accadde.

Era distante, ma riuscì a vederlo come se fosse a pochi centimetri. I suoi occhi si ampliarono, dimenticò che il tempo scorreva, il sangue freddo. Tutto.

“ No” mormorò.

Gnicgnicgnicgnic…

Le ruote del triciclo cigolarono sul terreno accidentato, i piedini lavoravano veloci, non troppo, giusto per contrapporsi alla strada del ragazzo. Stava arrivando, lo aveva visto.

Zack lo vide vicino, sempre più vicino, scosse la testa incredulo, non poteva credere a ciò che stava vedendo. Il triciclo si fermo in mezzo allo sterrato, la moto si avvicinava rapidamente.

“ No.”

La creatura alzò lentamente il capo.

“ No, non è possibile,no!”

Una zampetta provvidenzialmente alzata fino alla bocca soffocava le risatine. Il motociclo avanzò.

E allora Zack poté scorgere la bestia in tutta la sua interezza.

“ AH-AH!”

Mortino.

“ Uaaaaaarghhhh!!” cercando di evitare l’impatto perse l’equilibrio, e ruzzolò a terra mentre la moto rimbalzava ammaccandosi ad ogni impatto. Una moto nuova, porcaccia la miseriaccia!

Il ragazzo stava con la faccia affondata in quattro centimetri di fango, assaporando la mota che aveva lo stesso gusto della sconfitta.

C’era quasi riuscito. Quasi…

E intanto Mortino ballava: “Ho vinto, ho vinto, ho vinto!” canticchiava. Rise dell’espressione di Zack, la terra che si aggrappava ai capelli e alla lingua, Bleagh!, ma il Soldier pensò che fosse niente paragonato al fastidio che il piccolo lemure portava con se irrimediabilmente.

Eppure non poteva fargliene una colpa. Dopotutto, era stato proprio lui a lanciare l’idea del nascondino.

“ Ok, ok. Hai vinto!” esclamò “ Vedi di non tirarla per le lunghe!”

Non lo ascoltava “ Zack, ho vinto! Vinto, vinto, vinto!!”

Il ragazzo soppresse un sospiro irritato.

 

La prossima volta, se mai ci fosse stata, avrebbe fatto meglio a manomettere i freni di quel maledetto triciclo.

Gli incidenti possono pur sempre capitare, no?

 

 

 

 

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 Stava solo scherzando. We love you!

 

 

Ok, menatemi pure se volete. Ma non potevo lasciarla nel pc a lungo, e adesso vi spiego il perché.

Un po’ per stemperare l’ansia esami (Rimandati da settimane ormai), un po’ perché volevo fare qualcosa di comico, e questa raccolta mi è venuta in mente dopo secoli che aspettavo un’ispirazione.

Capirete che non è una cosa seria (Ma dai! Nda tutti) ma l’intento è proprio di far sorridere per l’assurdità di queste coppie, manco a dirlo, Crack da far paura!

Ho già pronti: Aeris, Sephiroth, Angeal, Genesis, Cid. Ma non anticipo nulla sui partner che ho scelto per loro XD

Voglio includere perlomeno i pg principali di FF7, e saranno ambientate nei diversi contesti del gioco.

Se volete che scriva su un personaggio in particolare, ditemelo e cercherò di “Accoppiarli” con un altro personaggio di altri contesti ( Il personaggio ospite purtroppo devo sceglierlo io. Anche perché magari non potrei conoscere determinati ambiti)

Ora vado.

Avevo bisogno di svegliarmi dalla pigrizia letteraria. Scusate -_-

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Capitolo 2
*** SoLdIeR ***


 

Ormai la decisione presa era irrevocabile.

A livello personale almeno, perché di strada da percorrere ce n’era tanta, forse qualche pusillanime ne avrebbe riso, ma intanto il suo riflesso lo salutava dal lucido pavimento della sede Shinra. La bocca vibrava, ed era quel maledetto fremito nervoso che non l’aveva abbandonato neanche un istante.

Dalla porta di casa fino all’atrio opulento, così poco confacente ad una corporazione militare ( commerciale, politica, in ogni caso venivano dopo) esercitava un fascino magnetico e, si disse che sì, cercava proprio quel genere di vita.

Consacrata al combattimento, non al sangue, solo per dimostrare che poteva farcela. Il cappotto rosso cascava sui fianchi, ma nessuno lì dentro sembrava notare quella macchia accesa in uno scenario a tinte discrete. D’altro canto, nessuno aveva notato lui.

Sospirò, grato di essere minuto, invisibile, ma ciò non gli impedì di pentirsene poco dopo, quando per chiedere informazioni venne ignorato categoricamente dalla segretaria della hall. Impegnata a farsi le unghie, chiacchierando col telefono incastrato fra spalla e collo, aveva da fare cose più importanti che badare ad una vocetta flebile, del tipo che non avrebbe mai osato alzare la voce per farsi valere.

Che maleducata, pensò comunque non poco indispettito.

Solo perché era basso, solo per quello.

Stupida oca.

Non importa, se la sarebbe cavata da solo. Se ne era scappato da una vita di agi dopo il rapimento di coloro che considerava la sua famiglia, e non si aspettava di essere trattato coi guanti.

Anche se le diversità parevano insormontabili per legge di natura, voleva bene ai piccoli; e avrebbe fatto di tutto per diventare un soldato degno di nota. Per riuscirci doveva incontrare il Generale, il demonio di Wutai, quell’uomo che a suo confronto svettava gigante e argenteo,  felino quasi quanto l’atmosfera del salotto buono della gentile signora che li ospitava.

Deglutì. Lo ammirava da sempre, sempre. Quell’uomo era tutto quello che non era lui, ma non era necessario, ripeteva la piccola, il fiocco che cascava sulla fronte bianca, e rideva: diceva che si era innamorato del bel Soldier di Prima Classe.

No. O forse sì? Ok, adesso doveva trovarlo.

Ci impiegò più di tre ore a salire al piano designato – l’ascensore rotto, tanto per…- e osservò interessato la vita del piano Soldier: un cameratismo estremo, risate, attenzione scarsa quando si trattava di aiutare una futura recluta, decisamente troppo in basso per i loro standard.

E infine, evitando di essere schiacciato dalla calca, lo vide. Anzi, la vide: vide quella porta, e dietro stava il suo destino, pronto ad accoglierlo. Respirò a fondo, si sistemò il montgomery sgargiante e atteggiò la tesa del berretto per farlo somigliare  più ad un aspirante poliziotto che ad un aspirante e basta, ed entrò. Il cuore a mille lo frastornava, si sentiva sufficientemente inebetito per la mancanza d’aria nei polmoni, soprattutto nello scorgere il suo idolo ben ritto davanti a lui, intento a sfogliare un rapporto dall’aria importante.

Così assorto, e il fiato gli mancò del tutto. Fece qualche passo, cercando coi suoi occhi quelli verdi del Soldier, nonostante l’altezza.

“ M-mi scusi.” Sibilò. Si pentì immediatamente, somigliava più ad uno squittio che ad una richiesta d’attenzione. Sephiroth sollevò di scatto il capo, guardandosi attorno.

Corrugò le sopracciglia, poi riprese a leggere.

No, non mi darò per vinto!

Si avvicinò ancora un po’, ma la voce risalì strozzata in gola “ Mi scusi!”

Sepiroth si massaggiò la fronte, voltandosi per posare la cartellina sulla scrivania, mormorando brevemente. Riuscì a cogliere, dal sommesso borbottio, che: “ Eppure mi pareva di aver sentito una voce.”

Deglutì. Approfittando della distrazione del ragazzo lo raggiunse fino a stargli a pochi centimetri. “ Mi scusi…” sussurrò un po’ più forte “ Sarei interessato a diventare un Soldier!”

“ Cosa?” Sephiroth si voltò, facendo un passo avanti “ Chi ha parlato?”

Splat!

Abbassò lo sguardo, e fece una smorfia disgustata. “ Bha, cosa diavolo ho calpestato?” si chiese pacato. Scrollò il piede, poi si guardò di nuovo attorno.

Era solo.

“ Devo essermelo solo immaginato.” E uscì per raggiungere l’ufficio del Presidente.

Steso a terra, con qualche contusione e il cappello ridotto ad una frittella, Groviera si chiese se era stata una buona idea presentarsi senza alcuna credenziale se non quella di aver tentato di fermare una moto scassata.

 

O l’essersi dimenticato che un topo non può ottenere molta attenzione se l’altezza standard in Soldier è di quasi due metri.

 

 

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Mi scusiiiiiiii!! Voglio diventare un Soldier!

 

 

 

Groviera è il topo degli Aristogatti per chi non se lo ricorda!

Veramente, stavolta potete menarmi.

Sto’ povero Groviera l’ho bistrattato per bene, ma immaginarmi una situazione simile è stata questione di un attimo, e Sephiroth penso di averlo reso abbastanza IC per un momento sarcastico come questo, forse mi fa più ridere lui che non capisce se sente le voci XD

Alla fine si è capito perché nessuno lo cagava, il topolino. Troppo piccolo ma così coraggioso!

Pubblicato a tempo di record, ma adesso rispetterò un orario: cercherò di pubblicarne una a settimana.

Bho, spero che vi abbia divertito (perché secondo me questa è meglio di quella su Zack) e ringrazio chi mi segue silenziosamente o meno!

Ciao!

 

Coming soon: TSENG.

Sephiroth che sente le voci sembra un preludio a Jenova, non vi pare? XD

Scusate per l'immagine, ma non sono riuscita a caricarla diversamente!

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Capitolo 3
*** cOlPeVoLe ***


 

 

Conan non ricordava di aver osservato qualcuno così a lungo senza farsi un’opinione precisa. Ad occhio e croce era più grande di lui ( e pensava ai suoi sedici anni perduti in un pomeriggio) ma la luce che gli occhi non emanavano lo rendevano atavicamente una creatura sulla cui pelle spiccavano cicatrici sufficienti da far retrocedere in maniera istintiva anche il più innocente dei bambini.

Peccato che Shinichi si fregiava del titolo di “piccolo” solo in teoria , e riusciva a capire che genere di forze oscure emanasse Tseng. Un Turk, un assassino autorizzato.

E questo gli procurava insofferenza. Mai un killer lo aveva  incuriosito in quella maniera, non poteva congetturare sul perché lo facesse e rimanere inerte a guardare mentre la faceva franca.

Eppure, quando gli rivolgeva la parola, solo per un attimo, Shinichi non si sentiva l’ennesimo marmocchio petulante. Solo Conan, solo il ragazzo che era e che voleva a tutti i costi decifrare quell’impenetrabile armatura, osando a malapena scalfirne la superficie.

“ Tutto bene, signor Edogawa?” il modo in cui parlava, modulando quel “signore” senza farlo apparire derisorio, era un flauto rotto pronto ad emettere sibili da serpente e melodie spezzate, ma pur sempre accattivanti.

E in quei secondi fatali sbandava fuori dalla sicurezza che si era costruito faticosamente “ C- Oh! Sì, sì, certo.” Balbettava veloce, un accenno di rosa sulle guancie.

Ne valeva la pena. I sorrisi di Tseng uscivano rari, ed erano albe ricche di promesse.

La quiete della sua vacanza venne rotta al settimo giorno, quando immancabilmente venne trovato il corpo senza vita di un impiegato. Sbuffò prima di poterselo impedire.

“ Possibile che non possa starmene in pace? Sembra una maledizione.” Riflettè, studiando con vago interesse il corpo immerso in un lago vermiglio di sangue. La folla radunata lì attorno lanciava grida attonite, bisbigliando con crescente inquietudine.

“ C’è un assassino in giro?”

“ Chiamate la polizia!”

“ Non esiste più la polizia! Il Presidente li ha corrotti tutti finché non hanno chiesto il pensionamento anticipato!”

“ Chiamate i Soldier!”

“ Io sono in Soldier. Abbia pazienza, signora, come diavolo pensa che possiamo risolvere il caso?”

“ E ora?”

“ Bho!”

“ Ma quello chi era?”

“ Bho!”

“ Voi Soldier siete proprio informati, a quanto vedo…”

“ Strega…”

“ È molto semplice.” Si intromise un Turk dalla folta zazzera rossa. La folla si azzittì “ Mi pare ovvio che si tratti di un suicidio.” Sorrise trionfale, aspettandosi i dovuti complimenti.

Gli occhi di tutti si spostarono da Reno al cadavere. L’uomo stava steso sulla pancia, con un pugnale piantato nella schiena. Il giovane soldato di poco prima corrugò le sopracciglia, gesto condiviso dal resto degli spettatori, che ignorarono Reno ostentando una certa indifferenza.

Conan alzò gli occhi al cielo “ Ha parlato il criminologo dei poveri.” Pensò sarcasticamente.

Tseng lo superò, e le sue narici furono invase dal profumo speziato dell’uomo.

“ Reno.” Proferì calmo, troppo. Solo Conan notò un accenno di impazienza “ Come può essersi suicidato se l’arma del delitto si trova in un posto che lui non era in grado di raggiungere per colpire i punti vitali?” e indicò il corpo con la testa.

Reno non si scompose, e scrollò le spalle “ Magari era contorsionista.”

Un altro Turk, con la testa completamente rasata, si coprì la fronte con la mano.

“ Ok.” Mormorò Conan “ Adesso devo risolvere il caso.” In realtà l’aveva già risolto, ma doveva rivelare il nome dell’assassino con una certa premura. Si nascose dietro una pianta, mentre il brusio della folla si faceva man mano più concitato. Mirò con il mirino dell’orologio narcotizzante e sparò la freccetta alla nuca di Reno.

“ Glgh!” il collo si piegò all’indietro, e cadde rovinosamente di lato. Cissnei si abbassò, preoccupata.

“ Reno?”

Conan scosse furiosamente la testa. Doveva cadere seduto! Senza smorfie strane o contorsioni da esorcismo. Forse aveva un po’ esagerato.

Sparò. La ragazza rimase in bilico sulle ginocchia, gli occhi fissi nel vuoto, poi sbatté rumorosamente la faccia sul pavimento.

“ Ma!”

“ Ehi, che succede? Sarà contagioso?”

Conan ringhiò. Per il successivo quarto d’ora tutti i suoi tentativi andarono in fumo: possibile che solo il detective Goro cadesse perfettamente seduto quanto lo narcotizzava?

Invece qui, forse la forza di leggi fisiche avverse, i suoi sforzi diedero frutti del tutto inusuali. Scoprì in quanti modi potessero sfasciarsi i Turk nel cadere scompostamente a terra. E di quanto la sua pazienza si esaurisse senza dimostrare di esserci arrivato prima di tutti per colpa di, ehm, dettagli pratici. Ritentò, colpendo Rude con un tiro da maestro.

Cadde, scevro di lamentele incoerenti, sulla sedia dietro di lui. Impassibile, equilibrato.

Conan sospirò sollevato “ Ah!”

In un secondo spaccato, il corpo del Turk si sbilanciò di lato, dando un appassionato bacio spacca denti al pavimento. Il giovane detective si paralizzò, poi sbraitò:

“ Porcaccia!”

“ Aiuto! Un’epidemia!” strillò un segretaria lanciandosi verso l’uscita, subito imitata da una calca terrorizzata e urlante.

Flip!

La punta della freccetta si conficcò nella giugulare di Tseng. Barcollò, calpestando la mano dell’ inconscio Reno, scontrando la fronte con la parete, dove rimase a dare le spalle al desolante caos.

“ Uhm.” Rifletté costernato il ragazzino “ Vabbè, può andare. In piedi con la fronte poggiata sulla parete non è tanto strano per i Turk.” Avvicinò le labbra al paplion, esclamando un forte e coinciso “Fermi!”

Tutti smisero di spintonarsi per guadagnare verso la porta, e fissarono Tseng.

“ La soluzione è molto semplice.” Disse ancora “ Ovvio che…” un suono incoerente, tipo rantolo. Alcuni si scambiarono un’occhiata perplessa.

Conan, protetto dalle foglie della pianta, avrebbe voluto menomarsi nel modo più doloroso possibile.

“ Cavolo! Proprio il colpevole dovevo narcotizzare?”

Sospirò.

“ Allora? Chi è stato?” domandarono.

“ Io.” Esalò Conan, incapace di proferire altro “ Sono stato io.”

Conferiva di sentir riprendere la vita quotidiana, ed in effetti così accadde. I Turk uccidono, niente di nuovo. Eppure sentiva che questo non poteva essere un male.

Non quando aveva molto da discutere con quello strano individuo.

Sorrise suo malgrado.

Vedrai, caro Tseng, un giorno ti metterò nel sacco.

Sistemò la giacchetta, lanciando un’ultima occhiata al Turk profondamente addormentato “ Ma non oggi.”

Fischiettando, scavalcò il corpo di Reno abbandonato al suo destino.

 

 

 

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Non fare il furbo tu che leggi! Sappi che conosco ogni tuo segreto!

 

 

 

Sigh!

Adesso sì che ragioniamo!

Come può risolvere in un battito di ciglia tutti questi casi, eh??

A parte la mia spiccata perplessità verso questo acutissimo sedicenne/ novenne, ho sfruttato Nonciclopedia che ha già espresso chiaramente i miei dubbi. Primo fra tutti come faccia Goro a cadere seduto, perfettamente seduto, o che la gente non si insospettisca se lo vede parlare con la bocca chiusa tutto rannicchiato in avanti.

La sentenza di Reno sulla vittima è presa sempre da Nonciclopedia.

Ho aggiornato ora, anche perché sono preda di un raffreddore tremendo. Non mi basta nemmeno una fabbrica di fazzoletti, e mi sa che mi sta salendo la febbre.

Bon, ora vado!

Alla prossima con: Cloud.

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Capitolo 4
*** mAlInTeSi ***


Denzel ne aveva viste di cose strane nell’arco dei suoi nove anni terreni.

Vivere per strada dopo una catastrofe come quella di Meteor gli aveva mostrato molti aspetti della vita lontani dai suoi stereotipi di bambino agiato, con una bella famiglia, una casa. Spazzati via in un istante dalla furia di una storia ancora da compiersi, che zoppicava verso un altro capitolo che mai avrebbe segnato un’effettiva fine.

Ma questo – diamine, no!- era fin troppo.

Toccò la spalla del burattino con titubanza, schiacciando i polpastrelli sul legno compatto di quella che doveva essere la giubba rossa vista nei libri di quando era piccolo.

Marlene sorrideva, osservava l’incredulità di Denzel trattenendosi dal ridere. Piegò di lato la testa, incrociando gli occhi miti della giovane marionetta “ Lui è Denzel. Denzel, lui è Pinocchio.”

“ Ciao!” esclamò Pinocchio, voltandosi per vederlo meglio. Il ragazzino spalancò gli occhi.

Indietreggiò fino alla porta socchiusa della camera da letto che condivideva con Marlene, avvertendo il borbottio di Barett che parlava con Cloud nel corridoio.

La bambina tirò Pinocchio a se, stringendolo contro il petto nonostante fosse dieci centimetri più alto di lei, lasciandosi strapazzare come un pupazzo estremamente di malavoglia. “ Ehi!” trillò.

 La voce della piccola simulò un tono lagnoso raramente convincente“ Non dire niente a papà, Denzel. Se scopre che l’ho trovato vicino alle macerie della chiesa non me lo lascerà tenere!”

“ Sai che non dovresti andare la da sola.” Rimbeccò Denzel abbassando la voce. “ Meglio se Tifa ti accompagna.”

“ Lo so.” Abbassò il capo, cullando il burattino “ Ma ultimamente lei e Cloud litigano in continuazione, e non penso abbia voglia di andare… lì.”

La risata fragorosa di Barett li fece scattare. Marlene si sedette, allentando la presa sul malcapitato. Sfuggì dalle sue mani, rimettendosi in equilibrio sulle giunture scricchiolanti.

“ Chi è che ride?” chiese curioso, tentando di avvicinarsi all’origine del suono. Denzel si frappose immediatamente.

“ Nessuno.” Seguì un breve silenzio “ Uhm, ma quindi sei veramente una marionetta?”

 Pinocchio emise un singulto offeso“ Certo che no.” Sbottò irritato “ Io sono un ragazzo vero!”

Non aveva nemmeno finito la frase che il suo naso sottile cominciò ad allungarsi. Marlene soffocò un grido e Denzel di tolse dalla traiettoria dell’allungamento, preferendo non sapere se avesse intenzione o meno di fermarsi davanti a lui. Intanto aveva fatto capolino dall’uscio, procedendo incontrollato.

“ Proprio così! Alla fin fine le mie piccole soddisfazioni ce le ho avute.”

Cloud annuì, ripensando per un attimo alle continue sfuriate di Tifa “ Sono felice per te.” Replicò quasi monocorde. L’amico era così preso dalla sua ilarità da non ascoltarlo una volta di troppo, e non fece caso al palese disinteresse dell’ Ex Soldier.

“ Penso sia finalmente la persona giusta. Devo solo invitarla a cena e il gioco è fatto!” si grattò il mento, fissando il paesaggio urbano fuori dalla finestra. “ Ma come? Come chiederglielo con un certo effetto?”

Cloud scosse la testa – lui non era la persona adatta per questo genere di cose- e diede le spalle a Barett, perdendo qualche secondo per chiedersi dove aveva sbagliato con la barista. Sospirò, e immediatamente dopo sgranò gli occhi.

Cos..? Chi mi ha toccato il…

Si voltò di scatto, non badò alla repentina chiusura di una porta, delle chiacchiere concitate. Congelato, ecco la verità, incapace di muoversi, fare qualcosa, solo di osservare Barett che sembrava far finta di niente e formulava discorsi senza senso.

Il sangue riprese a scorrere normalmente, e un accenno di rossore si diffuse sulle gote. Aprì la bocca poi, colpito da un’illuminazione, serrò i denti.

“ Barett?”

Barett interruppe bruscamente il suo monologo “… Che c’è?”

“ Non hai niente da dirmi?” sibilò tagliente e Barett ricambiò lo sguardo, confuso dalle parole del biondo.

“ Ma che dovrei dirti scusa?”

“ Questa… persona.” Disse infine “È qualcuno che dovrei conoscere?”

“ Nha, non penso.”

“ Ad effetto,eh? Non sono così idiota da non accorgermi se qualcuno mi sta palpando.”

Barett rimase senza parole. Tuonò “ E pensi che sia stato io?”

“ Ci sei solo tu qui.”

“ Per chi diavolo mi hai preso, testa di chocobo?? Non ti farei la posta nemmeno se fossi l’ultimo uomo sulla terra.”

“ Però ammetti che…”

“ No, non volevo dire questo! Dannazione, non sono stato io a palparti!”

“ Bhè, è dire poco. Sembrava più che altro che volessi mettermi…”

“ Non una parola di più, Strife!” ruggì “ Se vogliamo risolvere la questione andiamo a discuterne di sotto.”

Cloud grugnì, scendendo le scale stizzito.

 

 

 

 

“ Dormi pure, burattino. Io mi metto stendo dall’altra parte.” Marlene sistemò il cuscino al fondo del letto, mentre Pinocchio chiudeva gli occhi. Gli piaceva quella casa.

Una volta che le luci furono spente si diedero un’assonnata buonanotte.

Più tardi, verso mezzanotte – e ritardatario come al solito- Cloud venne quatto quatto nella loro stanza. Sospirò grato nel vederli già addormentati.

Almeno non avrebbe dovuto spiegare il perché di quell’occhio nero. E del fatto che Tifa gli avesse urlato dietro di andare da uno psicanalista se si immaginava inesistenti palpeggiatori. Stava per ritirarsi quando notò nel letto di Marlene due figure. Si avvicinò incuriosito, chiedendosi se quello al fondo del giaciglio fosse un nuovo pupazzo. Con quell’occhio gonfio la sua percezione visiva si era ridotta parecchio. Stette due minuti buoni a cercare di capire quale fra i due fosse Marlene, ma poi la riconobbe che dormiva placida al suo solito posto.

Dai, come avrebbe potuto confondere Marlene con una bambola? Si piegò verso di lei, e non sentì alcun respiro.

Inquieto, la scrollò leggermente. Era sempre stata così dura? Pareva fatta di legno.

Oh, no! Non sarà mica..?

La piccola si svegliò di soprassalto. Anche se…

“ Ciao…” sussurrò la marionetta, mettendosi seduta “ Perché hai un occhio nero?”

La prima reazione di Cloud non fu delle più intelligenti: nel tirarsi su – sconvolto- diede una capocciata colossale alle mensole colme di giocattoli, rischiando di svegliare i bambini. Pinocchio intimò silenzio, indicando un russante Denzel.

Cloud barcollò, tenendosi quello che sarebbe presto stato un bernoccolo, e annuì leggermente. Non riusciva proprio a capire, ne a capacitarsene, ma l’aspetto suggeriva un pacifico giocattolo parlante.

Un po’ come Cait Sith. Forse non sono pazzo…

Forse…

“ Mi racconti una storia?” sussurrò Pinocchio, rivolgendole una dolce occhiata “ Altrimenti non riuscirò a prendere sonno.”

Cloud si sedette cauto sulla sponda del letto.

“ C’era una volta…” iniziò titubante “ Un ragazzo…”

 

 

Sospirò e in un mezzo borbottio aggiunse “ Che avrebbe dovuto dare ascolto alla sua amica quando lei gli suggeriva di andare al più presto da uno psicoanalista.”

 

 

 

 

 

 

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Sono un ragazzo vero!

 

 

 

Buahahahahahahah!

Cloud!

Barett palpeggiatore mi mancava, ma non è stato lui. Povera stella U_U

Spero vi sia piaciuto, perché mi sono divertita un mondo a fare di Cloud una vittima della situazione. ^^
Sono sadica, prima di Natale non va bene!

Grazie a chi leggerà, recensirà ecc.

Buon Natale!

Ci vediamo con : CID

P.S. Pinocchio è quello originale di Collodi, non quello Disney!

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Capitolo 5
*** MaLiZiA ***


 

 

“ Chiave inglese.” Allungò una mano, aspettando che il ragazzo gliela passasse. L’attenzione del pilota era concentrata tutta sullo schifo di metallo arrugginito che una volta – se si parla di sessant’anni fa- doveva essere stato il prototipo – del prototipo, pensò beffardo- di un rudimentale marchingegno di volo.

Cid Higwind non si sarebbe mai sognato di chiamare “ aereonave” quella carabattola sgangherata.

“ Un grazie sarebbe sufficiente, non trova?” gli fece notare il giovane quando il rinomato ex capitano della Shinra gli strappò l’utensile di malagrazia. Un grugnito fu accolto con la stessa indulgente rassegnazione di una moglie.

Se la signora Higwind aveva chiesto il divorzio la sera prima non era mica colpa sua!  Maledizione ai cattivi umori di quell’uomo…

“ Se vuoi renderti utile.” Disse sbrigativo Cid, tirando su col naso “ Perché non sventoli quella maledetta bacchetta e metti a posto questa merda!?” gettò la cicca di sigaretta a terra, sostituendola fulminea con un’altra. Il fumo irritò gli occhi del ragazzo.

Sventolò la mano, replicando con sommessa malizia “ Non posso, capitano. È stato lei a proibirmi di sventolare qualsiasi cosa in sua presenza. Tranne che per ieri sera…”

La frase in sospeso proprio per godere del rosso barbabietola sbocciato sulle gote del capitano. Uno spettacolo impagabile e allora aggiunse “ Naturalmente.”

Un colpo di tosse “ Ah… quello. Bhè, sì, ma…” si infiammò “ Non è la stessa cosa! Dimentica quello che è successo e comincia a sventolare… la bacchetta, sì!” precisò, accorgendosi di aver mancato il soggetto più importante, evitando l’ennesima battuta.

Eppure a vederlo non si direbbe.

Che razza di sfaccendato!

“ Pronto come sempre, capitano.” Estrasse un piccolo ramoscello privo di rami, quella maledetta bacchettina da fata e continuò “ Non mi ha ancora pagato per ieri sera,comunque.” E sorrise, muovendo un pezzo di metallo col Vingardium Leviosa.

Ringhiò “ Ieri sera, ieri sera.” Sputò sull’erba “ Sembri un disco rotto, ragazzo. Lascia che ti dica, in ogni caso, che ho subito trattamenti migliori del tuo.”

“ Subito!” ripeté Harry divertito “ Non l’ho costretta a fare nulla. Lei si è concesso di buon grado.”

“ Non ho potuto resistere. Ne avevo bisogno, ok?” gettò la chiave inglese poco più in la “ Cosa dovevo fare? Shera non riusciva più a soddisfarmi. Sei molto più abile tu con le mani.”

“ E non ha ancora visto niente.”

“ Grazie, no.” Esclamò come se fosse stato un invito. Harry sbuffò, rimuginando un istante per portare avanti quella conversazione. Cid si innervosiva a tirare in ballo Shera, e allora scrollò le spalle.

“ Ha visto quel programma di varietà, l’altro pomeriggio? C’era quella bionda uscita da un reality che gareggiava contro quella stella dello spettacolo che era… Oddio, non ricordo il nome…”

“ L’ho visto.” Borbottò svogliatamente Cid, dando dei colpetti alla carcassa dell’aereonave “ La scema in tacchi alti era rigida e contratta quanto la mia spalla dopo un’intera giornata al cantiere.”

“ Ieri non era l’unica cosa rigida, a dire la verità.”

“ Zitto!”

Cid si passò una mano sul volto, poi trovò la forza di gettare un’occhiataccia a Potter, che simulava un’innocenza riflessa dai vetrini degli occhiali tondi. Lo valutò “ Mi stai facendo una pessima impressione, lo sai? Cosa dice la gente quando ti comporti così?”

“ Solitamente…” iniziò tranquillo “ Mi dicono tutti che sono l’esatta fotocopia di mio padre.”

“ Perché è fastidioso?”

“ No, stesso aspetto.” Lo corresse, con una nota d’avvertimento “ E’ morto anni fa.”

“ Oh, mi spiace.” Silenzio “ E poi?” tentò imbarazzato.

“ Però ho gli occhi di mia madre.” Annuì, sorridendo al ricordo “ Forse…” soffocò una risatina “ Forse so cosa stai per dire.”

“ Umpf! Sei come tuo padre tranne gli occhi, che sono di tua madre, ma forse non ti dicono che hai anche la lingua di un fottuto serpente.”

“ In effetti posso vantare dei… parenti serpenti.” Eccoti servito zio Vernon “ Ma non nel senso letterario della parola. Posso parlare coi rettili, però.”

Un attimo di silenzio. Sbigottito.

“ Comunque ha più o meno centrato il punto. Per la lingua di serpente, almeno.”

“ Ci rinuncio.”

Si alzò, pulendosi le mani e con tutta l’intenzione di continuare a lavorare il mattino dopo. Con un assistente meno psicopatico, magari. Mentre rientrava in casa, la voce di Harry lo bloccò.

“ Stasera solito trattamento?”

“ Vaffanculo! Non credere che mi piaccia essere servito!”

“ Quando sventolavo il ventaglio per rinfrescarla non era dello stesso avviso!” si avvicinò, scorgendo la rabbia muta negli occhi del pilota.

“ Lo ripeto. Vaffanculo!”

“ E i massaggi al collo e alle braccia? Lei dice che Shera non glieli fa bene.”

“ Vaffanculo!”

Il maghetto incrociò le braccia al petto, accennando un ghigno beffardo “ In questo caso voglio il pagamento per ieri. Un trattamento Spa completo non è così a buon mercato, signore.”

 

 

Cosa avevate capito??

Non mentite, sono sicura che almeno uno di voi ha pensato male, malissimo! U_U

Chiedo umilmente scusa per il ritardo, ma non avevo la linea in montagna,ma ora cercherò di recuperare.

Grazie a tutti come al solito!

E la prossima sarà: TIFA!

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Capitolo 6
*** BaMbInI ***


 

Tifa ci sapeva fare coi bambini.

O forse si illudeva di saperci fare, pensò meditabonda, ascoltando le istruzioni del signor Griffin. Ebbe una certa difficoltà a ricostruire lo spiccio linguaggio dell’uomo, più intenzionato a fargli una radiografia del seno più che guardare in faccia la babysitter di suo figlio.

E Stewie non era tanto meglio: nella sua esperienza personale, Marlene rappresentava il prototipo di bambino perfetto, non le aveva mai dato problemi, nemmeno nei primi anni di vita. Eppure il piccolo Griffin incarnava l’eccezione al negativo del fatto che i lattanti fossero puri e smaliziati.

Roteò gli occhi, rassicurando con incantevole ferocia – la sua mascherata spaventava più di un Tomberry con lapsus omicidi- il padre, e prese Stewie fra le sue braccia.

Si divincolò nervoso, strillando come un’aquila sul fatto di metterlo giù – maledetta tettona psicopatica!- e fingendosi distratta lo posò sul bancone del bar.

“ Quale parte della frase -mettimi giù- non ti è chiara?” domandò puntando il ditino inquisitore verso Tifa “ Devo farti lo spelling? O devo disegnarlo su questo schifoso tovagliol… Uh, Seventh Heaven. Sai, anche il mio asilo si chiamava così. Prima che quell’idiota di dubbia sessualità distruggesse tutto con quel suo sasso Zackety-zackety. Un bel posticino…” si ricompose, e Tifa si posizionò sullo sgabello. Sorrise automaticamente quando il bambino riprese la sua sequela di insulti, e se da una parte entrava, dall’altra usciva.

Concentrò di nuovo la sua attenzione e carezzò la testa di Stewie.

“ Ma che fai, tocchi?” socchiuse gli occhi “ Cos’è mi stai molestando?? Pedofila!” strillò.

Cloud aprì la porta, entrando nel bar con passo cadenzato. Tifa lo salutò, spiegandogli perché il piccolo si trovava lì, e il biondo trattenne a stento un gemito. Non poteva sopportarlo, figurarsi tutto il giorno!

“ Ora preparo un po’ di the, stai qui con Stewie.” Si raccomandò raccogliendo una teiera dal lavandino. La riempì d’acqua, sparendo in cucina per cercare delle bustine.

Stewie lo fissò, Cloud lo fissò. Nessuno dei due era intenzionato a darla vinta all’odiato avversario, contando dell’onore di Soldier uno e del fatto di dare battaglia ad un emo l’altro.

Con una testa del genere, poi. Questo fu il pensiero che inconsapevolmente condividevano.

“ Allora…” iniziò Stewie, tamburellando le dita, deviò lo sguardo verso la finestra “ Tu… sei cieco?”

Cloud inarcò un sopracciglio. Cosa gli faceva dedurre ciò?

“ No…?” azzardò, poco propenso a finire in qualche subdolo trucchetto da mocciosi. Stewie mugugnò d’approvazione e aggiunse:

“ Allora sei gay.”

 Cloud scattò come una molla “ Cosa?”

“ Non che mi sorprenda, beninteso. La tua ragazza è una pedofila, sei amico di un vampiro, un leone, una ninja col fascino di una tavola di compensato e che altro? Ah sì, ogni tanto parli con una vecchia spada arrugginita e sei perennemente stalkerato da un lupo che non si capisce bene cosa sia ma sta sempre in mezzo alle balle.”

Cloud tacque. Si avvicinò a Stewie, sedendosi col vago dubbio che tutto si poteva dire, ma non beneficio.

“ Tralasciando…”

“ Non ti chiederò come fai a sapere queste cose.” Lo interruppe duramente “ Ma ti posso assicurare che non sono… gay.” Mormorò imbarazzato.

Stewie emise una risata secca.

Tifa rientrò con due tazze fumanti, chiedendosi cosa ci fosse da ridere.

“ Senti, Claudio?” chiese Stewie, non ricordando bene il nome, ma non aspettò correzioni “ Non che non mi fidi, però delle tue rassicurazioni non so che farmene. Ci fosse qualcuno, ma tu… sai, è facile dire una cosa, difficile sapere se è vera.”

“ Cosa ti fa pensare che io sia gay?”

Tifa aggrottò le sopracciglia.

Stewie accennò uno sguardo in direzione della ragazza “ Non so tu, ma io non potrei vivere nella stessa casa di una così e non sentire smuovere qualche ormone.”

La barista arrossì fino alla radice dei capelli.

“ E soprattutto, travestirti da donna per salvarla da quel pervertito e non pensare che un Soldier di Prima Classe possa trucidare mille mila persone senza problemi e fare la parte della donzella pudibonda di sicuro non rende onore a…” una parola resa incomprensibile dalla sua risatina.

Cercando di non riversare il torrente di rabbia all’infuori della sua facciata impassibile, Cloud strinse i denti “ Cosa?”

“ La cacca rosa!” e scoppiò a ridere, tenendosi la pancia. Tifa lo sollevò senza tante cerimonie, e lo scrollò.

“ Visto che sei stato un bambino maleducato te ne andrai di sopra fino all’arrivo dei tuoi. Senza TV!” Il bambino si asciugò una lacrimuccia.

“ Sì, sì.” Disse eccitato “ Puniscimi pure.” Guardò l’espressione di Cloud, e riprese a ridere “ Ma ne è valsa la pena! Non sai da quant’è che volevo fare questo ad uno stupido Soldier!” un’occhiata al petto di Tifa “ Sai, potrei suggeriti due o tre modi per castigarmi. Sono stato un bambino taaanto cattivo.”

Tifa sospirò.

Non avrebbe accettato mai più di fare la babysitter.

 

“ Perlomeno ora sono sicura di avere qualche possibilità con Cloud.” Pensò, leggermente pentita.

“ Bhè.” Stewie la distolse dalla sue riflessioni “ Mia cara, se vuoi far colpo su quel brocco idiota non basterebbe una testata di tette alla Zidane.”

“ Smettila, Stewie.”

Certo che tutti i torti non aveva.

 

 

 

Mamma che brutta -_-

Proprio non ci sono riuscita, ma spero di aver suscitato almeno un sorriso. Cloud lo sto tirando in ballo un sacco di volte e lo tratto pure male, un giorno o l’altro uscirà dal videogioco e mi farà pagare gli arretrati.

Non so che dire, è proprio brutta!

Spero di rifarmi con: Genesis

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