The Darkest Star

di DeMode
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***



Capitolo 1
*** 1. ***



...Kon'nichiwa min'na-san! :)  tutto bene? sapete, ho un altra passione oltre agli anime e i manga...la Musica. anzi, forse la Musica è la mia più grande passione, anche perchè la pratico ogni giorno. adoro un sacco di generi disparati e una valanga di artisti, ma nel cuore del mio cuore (direttamente dal testo di "rose rosse" XD) ci sono due gruppi: Metallica e Depeche Mode. così diversi, così geniali. e questa fanfic, per l'appunto, riguarda i Mode...in uno dei maggiori periodi di "transizione" della loro quasi trentennale carriera, ovvero la rinascita con "Ultra" dopo la crisi nera dei primi anni '90. Posto che, non per sottrarmi dei lettori, sconsiglio questa fic a chi crede ciecamente nell'eterosessualità totale di Dave Gahan e Martin Gore XD questa storia è incentrata (anche se ci saranno delle parti su altri personaggi inventati/altri membri anche non fissi della band) sul rapporto travagliato ma viscerale tra il frontman e il songwriter. con l'aggiunta di una terza persona...non vi anticipo più nulla! XD

PREMESSA: questa fanfic l'ho scritta già da qualche anno, poi l'ho abbandonata incompleta al suo destino...e tutt'ora è incompleta! XD era stata postata in un sito dedicato appunto al lato "slash" dei DM...penso che non sia il massimo della forma purtroppo, risale ad un periodo diverso della mia vita. però, come dico sempre io, spero che non faccia così schifo! XD
 
Un paio di precisazioni prima di cominciare. Ho dovuto apportare, ai fini della storia, qualche piccola modifica alla realtà…consentitemelo. XD

- Peter nella realtà subentra dopo Chriss. Nell’Ultra Launch Party non c’è. In quel piccolo tour, al fianco di Fletch alle tastiere, se non sbaglio ci fu Dave Clayton. Ma io, perchè mi sta simpatico, l’ho fatto subentrare da lì. XD
-come detto, la storia si svolge subito dopo le date (che in questa storia non sono precisate ma ho fatto finta che fossero un po’ di più) del brevissimo “tour” di Ultra, quindi nel 1997. il singolo in circolazione per le radio è It's no good. Dave e Martin hanno rispettivamente 35 e 36 anni e sono incredibilmente belli. XD Dave ha un look “dark” con capelli lunghi fino quasi alle spalle, pizzetto, una leggera matita agli occhi. Mart ha la sua cresta riccioluta, le magliette trasparenti “vedo non vedo” e il suo meraviglioso viso da angelo. Può bastare? XD
- Martin nella realtà si è sposato con Suzanne Boisvert nel 1994. cancellate questo avvenimento. XD  ho messo in conto che sia Dave, uscito da qualche tempo dal divorzio con la sua seconda moglie, che Martin, non ancora sposato, fossero single in quel momento.
-La protagonista femminile della storia, Violante, ha 27 anni, anche se sembra molto più giovane.

Mi scuso per ogni eventuale incongruenza con la realtà che non ho segnalato...Credo sia tutto…si può cominciare! Buona lettura!


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“Just can’t get enough!! I Just can’t get enough!! I Just can’t get enough!!...” cantava a squarciagola il pubblico del Fila Forum di Milano. Era una calda, caldissima notte di giugno; l’aria si tagliava a fette vista l’altissima percentuale di umidità. In quella bolgia quasi infernale, gente che urlava, gente che ballava quasi impazzita, gente che sveniva e veniva tristemente portata via. Ma nulla, neanche il più torrido dei climi, poteva fermare l’inarrestabile macchina crea-emozioni dei Depeche Mode. Soprattutto Dave Gahan, frontman della band, quella sera era in gran forma. Capelli corvini e lunghi che gli coprivano interamente la nuca, smalto nero alle mani, leggerissima matita agli occhi. Corpo snello avvolto in una canotta bianca ed un paio di pantaloni di pelle scura. Grinta da leone. Il pubblico era totalmente ipnotizzato, quasi ammaliato dalle sue sensuali movenze e dalla sua voce corposa. Martin schitarrava alla grande come sempre. E la sua voce d’angelo, ogni qual volta decantava le gioie, le sofferenze, ed i piaceri della vita attraverso i versi poetici delle sue canzoni, quella sera faceva tremare anche l’anima del più insensibile dei burberi. Fletch svolgeva con entusiasmo come in ogni live il suo dovere, e guardava pieno d’orgoglio, quasi commosso, tutto quello che, nonostante tutto, erano riusciti a creare in quasi 20 anni di onorata carriera. Peter e Chris, i due nuovi arrivati, accompagnavano magnificamente il tutto. Spece Chris, che con Dave aveva un ottimo feeling: entrambi erano appassionati di Blues-Rock e Rock’n Roll ed avevano trovato una particolare intesa sin da subito. Erano subentrati relativamente da poco, ma si erano già ampiamente dimostrati molto capaci ed estrosi come musicisti, e delle splendide persone con le quali i Depeche ci misero davvero poco a stringere amicizia ed a prendere confidenza.
La scaletta volge al termine con Waiting for the night, ma il pubblico è insaziabile, e non ne ha affatto abbastanza.
 
  D: grazie!!!buonanotte a tutti, vi amiamo!

  Pubb.:NOOOOOOOOOO!!!!!!DE-PECHE-MODE!!!DE-PECHE-MODE!!!...

Dave sorride maliziosamente...si avvicina al limite del palco, quasi da poterlo toccare, e si inginocchia davanti al suo pubblico, estremamente felice di essere tornato ad essere il “loro” Dave. Passa qualche secondo a scrutare tutta la prima fila in delirio, compiaciuto. Ma ad un tratto la sua attenzione è catturata letteralmente da una persona sola. Una giovane ragazza dai teneri e grandi occhi azzuri, che lo guardava immobile, pietrificata, quasi impaurita. Le persone dietro di lei la spingevano, quasi la schiacciavano, per poter arrivare anche per un solo istante a toccare Dave. Ma lei era impassibile. Le braccia portate all’altezza del petto come a volersi proteggere, gli occhi talmente lucidi che parevano rendere ancora più limpido l’azzurro intenso dei suoi iridi. Si guardarono per qualche secondo. Un brivido percorse la tatuata schena del front man. Era una sensazione davvero strana…in quei pochi istanti Dave pensò “non avevo mai visto, in tutta la mia carriera, un’espressione del genere ad un nostro live…perché?”. Poi si alzo, ed inizialmente un pò interdetto, tornò a quello che stava facendo.

  D: non ne avete davvero abbastanza?! Voi italiani siete davvero insiaziabili!

Dopo un consulto coi suoi colleghi, è deciso. Ancora una canzone.

  D: solo perché siete voi…vi amo Italia!questa è per voi!

Chriss  batte 4 volte il piatto, parte con un ritmo…un ritmo che il pubblico, ancora un po’ incredulo, nei primi istanti stenta a riconoscere…ma basta che Martin imbracci la sua Les Paul e parta con un inconfondibile riff, e tutti capiscono. È Useless la canzone designata ad essere il culmine di una serata ricca di emozioni. Il concerto finisce, stavolta davvero. I Depeche Mode, ufficiali e non, salutano felici il loro pubblico italiano, tra i più devoti e calorosi in tutto il mondo. Non a caso i nostri eterni ragazzotti post-punk amavano davvero venire nel Bel Paese. Fletch sbavava per la cucina italiana: bastava presentargli una pizza italiana fumante e cedeva inerme a quasiasi richiesta. Martin andava letteralmente scemo per l’Italia artistica; in particolar modo, il nostro poeta riccioluto adorava Venezia e i suoi romantici paesaggi sull’acqua. Non si risparmiava mai una puntatina lì ogni votla che capitava da quelle parti. E Dave, come nessuno si sarebbe mai aspettato (naturalmente sto facendo dello spirito, chi è che da Dave non si aspetta una cosa del genere? :p), di quel meraviglioso paese che è l’Italia ammirava le magnifiche fanciulle: creature incredibilmente sensuali dallo sguardo ammaliatore, e tanto formose quanto calde e fascinose. Così le definiva.

I nostri, finito il concerto, cenarono con una bella pizza (richiesta ed offerta dal generoso Fletch) tutti insieme nella Hole del loro albergo milanese, esclusivamente riservata ai Depeche e al loro staff. Tutti erano in festa. Era l’ultima data del piccolo tour. Le date erano state veramente poche, soprattutto in Europa, ma avevano avuto un grandissimo successo. Si era appena concluso un capitolo pesante per tutti…Alan li aveva lasciati; Dave si era appena disintossicato del tutto e stava affrontando i postumi del suo divorzio; Martin era uscito dal tunnel dell’alcohol, e le crisi epilettiche si ripresentavano sempre più raramente; Fletch aveva tirato fuori le palle, ed aveva messo a tacere quella depressione che lo stava portando troppo a largo. Dopo cena Martin imbracciò una classica, e insieme ai responsabili e dipendenti dell’albergo, invitati a festeggiare con loro, si dilettò in un repertorio di canzoni italiane. Fletch, un po’ brillo, prese a braccetto una cameriera e si tuffò in una goffa tarantella. O almeno ci provò. Tutti ridevano di gusto; Chriss cadde addirittura dalla poltrona e piegato in due per terra continuò a ridere.
Fletch, una volta data prova di essere un pessimo ballerino, paunazzo in volto con la voce ancora un po’ soffocata dalla risata, dichiarò “maledetti italiani, cucinate troppo bene e fate un vino magnifico! Mandate nel pallone la gente! Non saprei se santificarvi o crocifiggervi!”. Tutti passavano una magnifica serata all’insegna del divertimento. Tutti tranne Dave. Se ne stava nella grande terrazza dell’albergo, dalla quale poteva vedere le luci di tutta Milano, e stare solo con i suoi pensieri. Si stava consumando. Ognitanto volgeva lo sguardo alla sala dove i suoi amici si divertivano, e pensava “ma perché diamine sono qui come un cretino?!”. Ma ogni volta che tentava di fare un passo verso lo svago, quegli occhi gli tornavano prepotentemente in mente. Quell’espressione, quella sensazione lungo la schiena. Quei pochi istanti si erano fissati nella sua mente come un paletto ficcato nella terra. O almeno gli pareva di provare lo stesso dolore che prova la terra ogni qual volta le viene ficcato un paletto da qualche parte. Ogni votla che pensava a quegli occhi provava un senso di vuoto intorno, non esisteva più niente. Il cuore prendeva a battere molto più velocemente. Quel brivido lungo la schiena si propagava per tutto il corpo. Dave si accasciò nella sedia sulla quale era seduto. si portò le mani all’altezza del viso, le posò su quest’ultimo. Poi le portò indietro facendole scorrere lungo i capelli, fino alla nuca. Un gesto che aveva fatto milioni di volte nella sua vita, non badava più al perché lo facesse. Ma quella votla era diversa, sapeva che ogni minima mossa avrebbe fatto quella sera l’avrebbe ricordata. Perché quella sera c’era un motivo per coprirsi il volto con le mani. Per portarle dietro la nuca dopo averle passate tra gli scuri capelli.

  D: quegli occhi…maledizione…

Solo questo riuscì a dire Dave, per tutto il tempo che stette in terrazza…con un filo di voce. Non poteva farsi sentire. Avrebbe voluto urlare, ma nessuno doveva capire cosa gli stava succedendo. Per nessun motivo.

La festa proseguiva, e dopo la millemillesima canzone suonata, Martin, ancora ridacchiando per le uscite poco consone ad un gentleman inglese come Fletch, ebbe un pensiero tanto veloce quanto stroncante. Smise di ridere. Si guardò intorno, prima a destra, poi a sinistra. Poggiò la chitarra sull’apposito sostegno, si avvicinò alla prima persona del gruppo che vide, in questo caso Peter.

M: Peter hai per caso visto Dave?non lo vedo in giro da quando abbiamo mangiato…

Peter, che stava parlando amabilmente con un giovane cameriere aspirante pianista, interruppe ciò che stava facendo e rispose a Martin.

P: ah ciao Mart! No, neanche io vedo Dave da un po’…ma non preoccuparti, sono sicuro che ha conosciuto qualche bella fanciulla e si sta divertendo anche lui!

Fece una risatina, e tornò a parlare col cameriere di prima. Martin sbuffò, corrugò le sopracciglia, e si allontanò da lui. Era in pensiero per Dave. Quante ne avevano passate insieme…artisticamente erano un duo insostituibile, un tandem irrinunciabile per ogni amante della buona musica. Umanamente si erano criticati, a volte scannati, ma avevano sempre fatto pace…tra loro c’era un rapporto di bene-male, amore-odio. E per amore non s’intendeva l’amore che lega due persone che stanno insieme. Piuttosto era un amore fraterno…sapeva bene che lui e Dave erano persone diverse, quasi opposte. Ma sapeva anche che l’uno senza l’altro non esistevano, o almeno non sarebbero stati gli stessi. Quindi doveva trovarlo. Valutò a chi poteva chiedere. Fletch, non era il caso…dopo la sbornia a suon di Chianti e Barolo si era appisolato da seduto su una poltrona, nonostante tutto il casino che c’era. Fortunatamente avvistò Chris. Era appoggiato al bancone del bar della Hole. Discuteva col barista, appassionato di Rock e Metal e dei grandi batteristi, che era stato al concerto e gli faceva i complimenti per la sua tecnica. Martin corse verso di lui. Gli picchiettò la spalla.

  M: Scusatemi… Ehm…Chriss, Dave è sparito, nessuno lo trova e nessuno lo vede da un bel po’…

Chriss spalancò leggermente gli occhi.

  C: come sparito? Possibile che nessuno lo abbia visto? E da quanto non lo vedono?

  M: Quante domande fai… mi accompagni a cercarlo per favore?

  C: Uhm, Vabene.

Si girò verso il ragazzo del bar e lo salutò, promettendogli che avrebbero ripreso il discorso al suo ritorno.
Perlustrarono la hole da cima a fondo, ma nulla. Dave non si trovava da nessuna parte. Presero l’ascensore e provarono ad avvicinarsi alla sua stanza, magari era talmente a pezzi da voler riposare…o magari se la stava spassando con qualche bella pupa. In ogni caso, qualunque cosa stesse facendo, dovevano sapere che stava bene. Non era un periodo facile per Dave. Aveva appena divorziato, ed era parecchio incavolato col mondo. Anche se nessuno, a parte i suoi fedeli amici, l’aveva notato. Solo i live sembravano distoglierlo dalla dura realtà…davanti al suo pubblico lui si sentiva bene. Ma era talmente incazzato con la vita, che in quel periodo avrebbe potuto fare qualche stronzata…come tornare alla droga e all’alchool. E i suoi amici non volevano che rovinasse ciò che di buono era riuscito a fare della sua vita, divorzio escluso.

Bussarono alla sua porta. Una, due, tre volte. Nessuno apriva.  Martin poggiò la schiena contro il muro e si accasciò lentamente.

  M: dove diamine è?! Cazzo…cazzo e ancora cazzo!

Strinse i pugni e li sbattè a terra, contro la moquette del corridoio. Chirss lo guardava senza sapere cosa dire. Poi ebbe un’intuizione.

  C: aspetta…c’è un unico posto dove non abbiamo guardato!

Martin alzò lo sguardo verso di lui, mostrando il suo viso d’angelo come illuminato da un sorriso speranzoso.

  M: dove???

  C: la terrazza della Hole!

  M: MA CERTO!!!! Chriss sei uno strafottutissimo genio!!!andiamo!!

  C: non mi dici niente di nuovo, caro Mart!

Esclamò Chriss con aria poco modesta e sorriso ammiccante. Ma non fece in tempo a finire la frase che fu costretto a mettersi a correre per raggiungere Martin, che come una furia cavalcava per le scale, senza neanche prendere in considerazione l’ascensore. ---------

Arrivarono davanti alla grande portafinestra. In lontananza si notava una figura immersa nel buio, seduta su una delle sedie della terrazza. Solo il riflesso delle numerose luci del panorama Ambrogino la strappavano via da un buio totale. Martin e Chriss fecero qualche passo in avanti. Poi Martin prese in mano la maniglia della portafinestra. L’aprì.

  M: Dave?…

Dave si girò di soppiatto.

  D: Mart…e Chriss…ciao ragazzi…

Disse il moro con tono poco entusiasta.

  C: ti cercavamo…cacchio, sei sparito nel nulla!

  D: ah, si…no…cioè, ero solo qui in terrazza a prendere un pò di fresco e a fumare qualche sigaretta.

Sussurrò guardando il vuoto. Nel suo sguardo c’è decisamente qualcosa che non và, pensò Mart.

  M: Dave…che c’è?che succede?

  D: eh? Nulla Mart…davvero.

  M: non me la fai. Non dirmi cazzate.

Lo ammonì deciso il biondo. Chriss rimase in silenzio. Martin era piuttosto irritato, e deciso a scoprire cosa avesse Dave quella sera. Quindi, un po’ imbarazzato, il batterista decise che era meglio “darsela a
gambe”.

  C: ehm…ragazzi…Dave l’abbiamo trovato, non è in pericolo di vita…io vado a vedere se sono già andati tutti a dormire!…e poi ho promesso al mio fan del bar che avrei continuato il discorso che facevamo prima…quindi…

  M: vai pure Chriss. Grazie…

  D: a domani, Chriss…

E si defilò. Mart, un passo dopo l’altro, si avvicino alla prima sedia disponilbile. La prese di peso e la sistemò davanti a quella di Dave, in modo da poterlo guardare in faccia e che lui non potesse mentirgli. Semmai gli avesse detto una cazzata, l’avrebbe capito solo guardandolo negli occhi.

  M: David…dimmi cos’hai.

  D: Mart…Ti prego…Non è nulla.

  M: e allora perché sei tutta la sera buttato qui in terrazza a guardare nel vuoto come un ebete? Ti conosco troppo bene, Signor Gahan…quando ti estranei c’è qualcosa che non và.

Si, Mart lo conosceva troppo bene, e Dave aveva fatto male i suoi conti se credeva di potergli nascondere qualcosa.

  M: è ancora per il divorzio? ne abbiamo già parlato…le cose sono andate come il Destino ha voluto, e la vita và avanti…mi sembrava che stessi cominciado ad entrare in questo ord…

Dave non gli fece finire la frase.

  D: il divorzio stavolta c’entra ben poco…è una stronzata quella per la quale sto così stasera.

  M: se riguarda te, non m’importa se è una stronzata. Voglio saperla David. Sennò come faccio a prenderti per il culo per i prossimi otto mesi?!

Mart strappò una piccola risata a Dave, che finalmente era riuscito a volgere lo sguardo verso di lui ed a guardarlo in faccia.

  D: Ok.. vedi.. stasera, durante il concerto…prima che decidessimo di suonare Useless…

  M: si?…

  D: ecco…hai visto che mi sono avvicinato alla prima fila del pubblico?

  M: si…

  D: ecco…ho passato qualche secondo a guardare le persone in prima fila…ma ad un certo punto…

Martin lo seguiva con gli occhi spalancati in ogni sua mossa. Era talmente curioso che avrebbe voluto leggergli nella mente. Dave rivolse di nuovo lo sguardo alle luci della città. Attese qualche secondo. Esitò.

 M: allora?…David…

 D: …tra il pubblico c’era una ragazza…

Martin sentì una leggera fitta allo stomaco, ed abbozzando un sorriso rispose al moro qualcosa che potesse rifugire dal rivelare ciò che aveva appena avvertito.

 M: beh ce ne sono migliaia…e muoiono tutte per te, bastardo!

Gli disse il biondo ridacchiando e dandogli un’affettuosa pacca sulla spalla. Dave apprezzò e sorrise.

  D: questo lo so! Comunque, a parte gli scherzi…quella ragazza ha calamitato la mia attenzione…mi ha immobilizzato…se ne stava al centro della prima fila, inerme. Tutti la spingevano, ma lei sembrava non sentirli. Mi fissava…con quegli occhi… Sembrava che avesse paura Mart…paura di me…questo mi ha provocato un senso di vuoto, non so come spiegartelo. Ho sentito un brivido lungo la schiena. Credevo di non riuscire ad alzarmi…aveva degli occhi azzurri intensi…dei bellissimi occhi…tra gli occhi più belli che abbia mai visto. pieni di lacrime…mi ha fatto star male Martin, e non capisco perché.

Martin rimase quasi shockato dal racconto dell’amico. Non aveva molto da dirgli stavolta, non aveva neanche ben capito di cosa Dave parlasse. Provò a spiccicare parola lo stesso, sfoderando stavolta qualcosa che potesse distoglierlo dagli occhi di quella ragazza.

  M: Dave…io non so cosa ti sia preso guardando quegli occhi…ma ci sono tanti motivi per i quali quella ragazza poteva stare così…chessò, aveva bevuto, o fumato! Noi sappiamo bene quanti brutti effetti possono fare droga ed alchool…e comuqnue non è il caso di rovinarti questa splendida serata! Che oramai è finita…ehm…diciamo che non è il caso di rovinarti la nottata!

Sorrise Mart, facendogli un occhiolino. Si Girò verso la sala.

  M: sono tutti andati via…che dici, ci defiliamo nelle nostre stanze anche noi?

Dave attese qualche istante.

  D: ok…una bella dormita e passerà…spero…

  M: ma certo!!

Si alzarono. Dave prese Martin per un braccio e lo avvicinò a se. Si guardarono negli occhi per qualche secondo, seri.

  D: Mart…sei...un amico…grazie per esserti preoccupato per me stasera. Grazie per essermi vicino sempre.

 Il biondo gli sorrise, arrossendo lievemente.

 M: ...figurati, fratello.

Rientrarono nella Hole. Si avviarono verso la reception e chiesero cortesemente al portiere di notte le chiavi delle loro rispettive stanze, entrambe al secondo piano, entrambe nel corridoio B. l’ascensore fece
in fretta. Il primo a giungere a destinazione fu Martin.

  M: beh io entro in stanza, ho un sonno…

Un grosso sbadiglio deformò per qualche secondo in una tenera smorfia il suo viso d’angelo. Dave sorrise teneramente.

  D: bene. Anche io arrivo in stanza e mi infilo subito a letto…sono distrutto…

  M: mi raccomando Dave…non pensare troppo. Riposa bene…

  D: grazie ancora Mart. Buonanotte, a domani…

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note dell'autore: primo capitolo...già si nota quel filo invisibile che li lega, quei due... :p avrei voluto modificarla prima di postarla, ma a parte che non ne avevo nessuna voglia! XD vorrei capire dalle vostre recensioni se qualche anno fa il mio modo di scrivere era così pessimo come penso o se sono io troppo critica! XD a presto col prossimo capitolo! :)

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Capitolo 2
*** 2. ***



Si sorrisero ancora, poi Martin chiuse la porta. Dave percorse il breve tratto di corridoio che lo separava dalla sua stanza. Mani in tasca, sguardo fisso per terra, bocca leggermente aperta come a voler dire qualcosa. Qualcosa che non voleva uscire dalle sue labbra, dalle sue corde vocali. Arrivò alla sua stanza. Prese la chiave, e la infilò nella serratura. Un paio di mandate,e la porta era aperta. Entrò in camera, si tolse la camicia nera che insossava, poi i pantaloni dello stesso colore. Poggiò tutto ai piedi del letto. sulla parete a fianco del letto c’era un grande specchio. Si guardò per qualche istante. Fece ancora una volta quel gesto, si mise le mani tra i capelli e le porto lentamente fino alla nuca. Quello sguardo, come un fulmine a ciel sereno, gli torno in testa. Portò la mano destra sul cuore. Poteva distintamente sentiere quanto il suo battito fosse accellerato, non era solo un’impressione. Ancora quel brivido. Si sedette sul letto. Con la bocca oramai spalancata guardò per terra, respirando quasi affannosamente.

  D: perché…cosa diamine mi prende??…ok, è il caso di dormire.. Basta David, non farmi incazzare. Dormi senza fare storie.

Raccomandava a se stesso. Spense tutte le luci e si sdraiò sul letto. Dopo un’ora e mezzo si era messo in tutte le posizioni possibili ed immaginabili in quel benedetto letto matrimoniale, ma non trovava sonno, né tantomeno pace. Quella ragazza dagli occhi di ghiaccio lo tormentava…lo torturava. E quel brivido, tanto tremendo quanto sadicamente piacevole, non accennava ad abbandonarlo.
Passò la notte. Tutti erano in piedi di buon mattino.

  P: Mart! Buondì! Poi ieri hai beccato Dave?

  M: ciao Peter. Si si, io e Chriss l’abbiamo trovato in terrazza…

  P: in terrazza? Mah…vabè, senti, pensavo di far colazione tutti insieme nella Hole, che dici?

Nel frattempo arrivarono gli altri.

  C: Buongiorno giovani!

  F: Chriss, se era una battuta non era affatto divertente.

Lo fulminò Fletch con una finta espressione seria, finalmente ripresosi dalla sbronza da vino della sera prima.

  C: ah, buongiorno anche a te nonno Fletch!

I quattro risero di gusto, perfino l’interessato. Ma una persona mancava all’appello…

  M: e Dave?

  F: strano, salvo inconvenienti è sempre puntuale la mattina…

  C: ecco, adesso scatta la caccia a David…!

Disse sottovoce Chirss.

  M: vado a cercarlo. Magari è ancora in stanza.

  F: ok Mart, noi ci sediamo e prendiamo i posti anche per voi.

  M: bene.

Martin prese l’ascensore e arrivò attraverso il corridoio davanti alla stanza di Dave. Bussò. 

  M: Dave?…nulla…DAVEEE???…che sia ancora a letto…?!

Martin bussò ancora una votla.

  M: David se non mi apri entro io, e se sei a letto con 5 donne...ehm...a quest'ora, sono cavoli tuoi!

Stava per aprire la porta, che come di consuetudine per Dave non era chiusa a chiave, quando sentì un mugugnio provenire da dietro la porta. David aprì. Gli occhi gonfi e semichiusi, la barba incolta. Si vedeva che non aveva passato una nottata riposante…

  M: non hai dormito, eh?…

  D: credimi, ci ho provato troppe volte…ah, entra pure.

Martin entrò. Si sedette ai piedi del letto. Dave sistemò svogliato tutta la roba che aveva lasciato in giro la notte prima. Il chitarrista capì che Dave non aveva dormito, per "colpa" di quella misteriosa fanciulla.

 M: David…per favore…togliti dalla testa quella ragazza.

Alle parole “quella ragazza” Dave rabbrividì. Quelle sensazioni tornarono ancora una volta. Non riuscì a rispondere.

  D: vado a fare una doccia veloce e arrivo. Puoi apsettarmi?

  M: certo Dave…fai pure. Gli altri ci aspettano giù nella Hole per far colazione, gli ho chiesto di prenderci i posti.

  D: ok, allora meglio che mi dia una mossa…

Sorrise debolmente. Altrettanto fece Martin, preoccupato. L’acqua cominciò a scorrere sulla pelle del bel David. Sulla sua schiena levigata, sui suoi pettorali, sulle sue gambe fini al punto giusto… abbassò bruscamente la temperatura dell’acqua. Una doccia fredda, quello gli ci voleva. Ma neanche questo riuscì a garantirgli tregua. Il pensiero di quegli occhi, nella loro freddezza, lo scaldavano a tal punto da non sentire minimamente il gelo dell’acqua che scivolava sul suo corpo perfetto. Uscì dalla doccia. Si asciugò, si vestì, e tornò da Martin.

  D: andiamo Mart? Gli altri si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto…!

  M: eh decisamente! Si andiamo.

Si avviarono verso la Hole.

  P: Hey! Finalmente ragazzi! Che fine avevate fatto?

  C: eeeeeeh non è che stavate giocando ai pervertiti…?!

Disse Chriss alzando un sopracciglio e con un sorriso un po' cretino. E ovviamente tutti la presero a ridere. Era una battuta già sentita più volte. D’altronde veniva spontaneo pensare che tra quei due ci fosse qualcosa, talmente erano legati. Ma loro amavano rispondere sempre che si trattava "solo" di Amore fraterno. Un indissolubile Amore fraterno.
Fecero colazione. Dopodichè tutti insieme, con manager e qualcuno dello staff, decisero di passare la giornata per Milano. Il Tour era ormai finito, e i Nostri decisero di prendersi qualche giorno di vacanza nella città Meneghina e dintorni. Inoltre contrattavano con un noto produttore e cantautore italiano di nome Franco Battiato, per registrare un pezzo scritto da lui appositamente per loro. Avevano sentito la demo del pezzo nei giorni precedenti, ed avendola trovata geniale, avrebbero voluto registrarla proprio in quei giorni, o in quelli imemdiatamente seguenti. Avevano tempo da perdere oramai. L’unico problema era che la canzone era stata studiata per due voci. Inizialmente si era pesnato di fare come sempre: duetto tra Martin e Dave. Ma il geniale cantautore italiano aveva espresso la volontà ben precisa che ad accompagnare la calda voce di David fosse un’angelica voce di donna. E la donna…beh, trovare quella giusta era un problema. Ma ci avrebero pensato poi, quel giorno volevano pensare solo a spassarsela. Anche Dave pareva essere riuscito a distrarsi…quel pensiero sembrava più lontano, riusciva a godersi la giornata finalmente. Arrivò il tramonto. I ragazzi decisero di rientrare in albergo per cena. Mangiarono a base di pesce. Tutto ottimo. Dopo cena, un istancabile Fletch fece una proposta interessante.

  F: Hey ragazzi, vi và se ci facciamo un giro per i locali di Milano? Quelli underground…ci sono un sacco di band interessanti e nascoste qui in Italia! Magari riusciamo a sentirne qualcuna.

  P, C, M (in coro): SIII!!! Ci stiamooo!!

  C: e berremo tanta birra da scoppiare! Per qualcuno analcolica però! Speriamo ci sia qualche buon gruppo Rock! Vero Dave?!

Sorridendo a 32 denti si girò dall’amico, aspettandosi un “oh yeah!”. Ma Dave lo spiazzò.

  D: no ragazzi, io non vengo….sono molto stanco, stanotte ho dormito malissimo. Vado in camera mia a riposare.

Tutti, tranne Martin,  rimasero senza parole. Per smuovere Dave di solito bastava dire birra +  belle ragazze + Rock’n Roll, e scattava in piedi anche dopo un concerto di 10 ore. Stavolta invece voleva riposarsi. Martin parlò per tutti.

  M: ok Dave, vai pure a riposare…ci vediamo domani.

  D: buonanotte ragazzi, divertitevi!

  M,P,C,F: notte Dave!

E uscirono in gruppo dall’albergo. Un’auto scura li portò in centro. Erano capitati proprio bene, a Milano erano i giorni della notte bianca.
Dall’auto potevano vedere tutte le luci delle vie più trafficate, illuminate a giorno. Pareva Natale. L’autista lì fermò in un posto un po’ meno zeppo di persone.

  F: ci fermi qui, grazie. Appena vogliamo tornare all’albergo la chiamiamo. La ringrazio ancora.

Disse gentilmente Fletch al simpatico guidatore dell’auto. Scesero dalla vettura. Fecero qualche metro, e Chriss si blocco di colpo davanti alla vetrina di un locale. Fissò intensamente all’interno del piccolo pub, tentando di capire cosa stessero facendo. Gli altri si indispettirono un po’.

  M: Chriss che diavolo ti prende?! Abbiamo fatto tre passi e tu sei già fermo a spiare dentro le vetrine dei Bar!

  C: diamine, i vetri sono appannati, ma…mi pare che stiano guardando una partita!!

Chriss adorava principalmente tre cose nella sua vita: la sua famiglia, la batteria, e il calcio. Davanti ad una partita in TV stava come un bimbo di 4 anni davanti al suo cartone preferito. Non importava se a giocare fosse la sua squadra del cuore o il Portopollo football club. Senza distogliere lo sguardo dalla vetrina, assunse un’aria sognante.

  C: ragazzi vi prego, entriamo qui!

Chiese con gli occhi luccicanti quasi a cuoricino. Martin alzò gli occhi al cielo.

  M: non esiste! Siamo usciti per girare per i locali interessanti di Milano alla ricerca di buona musica, non per vedere una partita di calcio, tra l’altro calcio italiano!

Ma Chriss pareva non sentir nulla. L’unica parola che avrebbe capito in quel momento sarebbe stata “entriamo”. Allora intervenne Fletch.

  F: senti Chriss, noi non abbiamo nessuna intenzione di accompagnarti là dentro. Se vuoi andarci non possiamo impedirtelo, ma ci andrai da solo.

Chriss si svegliò da quel torpore.

  C: e che palle…non mi và di andarci da solo! Però io voglio vedere una partita, ne ho bisogno…! Non guardo il calcio da almeno una settimana!

  M: ora è anche in astinenza!

Martin rise sarcasticamente sotto i baffi. Peter guardava la scena in silenzio, divertito ma anche intenerito da Chriss, che ci teneva così tanto a vedere quella partita. Peter infatti, era un inguaribile bonaccione. Non riusciva a dire di no, era sempre gentile con tutti. Aveva sempre un sorriso da donare. E una pazienza davvero invidiabile. Quindi prese una decisione.

  P: ragazzi, accompagno io Chriss a vedere la partita.

  M: ma Pit…non vorrai dargliela vinta?!

  P: lui ci tiene tanto. Non vedi com’è imbambolato davati alla vetrina? Voi andate pure, torneremo in albergo alla fine della partita con un taxi. Ah mi raccomando, la missione.

Peter sorrise, e i due terzi ufficiali dei Depeche lì presenti annuirono, sorridendo anche loro. Sapevano bene di cosa parlava Peter…la proposta di Fletch di girare i locali di Milano non aveva come scopo principale quello di sentire live qualche gruppo interessante. Bensì di tentare la fortuna cercando la famosa voce femminile per quel meraviglioso pezzo del famoso cantautore italiano Franco Battiato. Non avevano tempo da perdere, o almeno non volevano perdere tempo, e Milano pullulava di locali dove poter scovare qualcosa di interessante. Fletch lo sapeva, e gli altri, tranne Chriss che se ne dimenticò in men che non si dica, ne erano consapevoli.

  M: Chriss non bere troppa birra, hai capito?! Peter controllalo tu!

  P: tutto sotto controllo ragazzi, fidatevi di me!

  F: ci fidiamo ciecamente, Pit. Ora proseguiamo…ci vediamo stanotte al ritorno in albergo, o al limite direttamente domattina. Notte ragazzi!

Chriss era già entrato nel locale da circa dieci minuti e si era già posizionato davanti al tv LCD 50” al centro della sala. Peter allora entrò, e Fletch e Martin si avviarono per la strada.
Entrarono in numerosi locali, bevendo una cosa diversa in ognuno di essi. Fortunatamente, consapevoli di non essere in albergo come la sera prima, optarono almeno 2 volte su 4 per bevande analcoliche. Nel frattempo, incredibilmente, nessuno li aveva riconosciuti. Era una serata davvero strana. Tanto strana quanto bella. Era magnifico girare per Milano e non essere assaliti.
Arrivarono davanti all’insegna di un locale.

  M: ma quest…QUESTO E’ IL FIORE DI VIOLATOR!!! Che diamine ci fa una nostra copertina nell’insegna di un locale a Milano??!!?!

Fletch si levò i grandi occhiali dalla montatutra nera, si stropicciò gli occhi. Poi si rimise quelle lenti senza le quali non vedeva ad un palmo del suo naso.

  F: oh cazzo…! È vero!! Io non sapevo un bel nulla…perché diamine…?!?! Basta, chiamo immediatamente Jonathan!!!

Si allontanarono un po’, Fletch prese il suo telefono cellulare, e frettolosamente si mise a cercare in rubrica tra i nomi con la J. Finalmente trovò il numero del loro storico manager.

  F: eccolo! Bene…

Il telefono squillò a vuoto per qualche secondo…poi dall’altra parte qualcosa si mosse.

  J: eh- ehm…si? Pronto?

  F: Fletch, Jo. Sono Fletch, e ti comunico che ho appena avvistato una grossa violazione dei nostri diritti d’autore e d’imamgine. E la parola violazione è proprio il caso di pronuciarla…

  J: eh? Come violazione?…uhm…ah aspetta, forse ho capito!

  F: come hai capito? Ora sono io che non capisco però. L’unica cosa che mi è chiara è che qui a Milano c’è un locale che usa come insegna la copertina del NOSTRO Violator.

  J: si, è come pensavo…

Fletch saplancò le labbra. Martin osservava impietrito ed ansioso la scena.

  F: …CHE DIAMINE VUOL DIRE CHE E’ COME PENSAVI JO???? Vuoi dire che tu sapevi di tutto questo e IO non sapevo nulla??!?!?!!?

  J: esatto…c’è stata una piccola concessione recentemente. Ho parlato con i maggiori esperti di marketing a livello mondiale Fletch, e mi hanno consigliato su questa strada. Ci sono vari locali sparsi per

l’Europa…uno per ogni vostro album. E quello di milano si chiama Violator, e per l'appunto ha come insegna la copertina del cd!
Fletch rimase senza parole. Era talmente arrabbiato che avrebbe potuto sbattere il telefono in terra e licenziare Jonathan, pur essendo uno dei suoi migliori amici. Restò in silenzio col telefono all’orecchio, guardando per terra.

  J: Fletch…scusami per non avertelo detto subito, te l’avrei detto a breve. Ma sei stato tu a dirmi di non voler più sembrare il manager dei Depeche, e che volevi essere un po’ più componente. Ecco,
comincia da questo. Le strategie di Marketing lasciale a me, è il mio lavoro. Tra l’altro da questa iniziativa abbiamo già ottenuto un più che discreto successo…

Fletch fece un paio di passi in avanti. Mise la mano che aveva libera in tasca.

  F: va bene Jo. E prima che mi chieda se hai sentito bene, si, ho detto che è ok.ora vado, ci vediamo dopo.

Chiuse il telefono prima che l’amico dall’altra parte potesse salutarlo. Spiegò la situazione a Martin.

  M: EEEH??!?! Wow…un gruppo di locali coi nomi dei nostri album! Non è meraviglioso?

Disse Martin con la spensieratezza di un bimbo e col suo solito ghigno d’angelo. Fletch lo guardò per qualche istante. Ancora si chiedeva come facesse quel biondino ad infondere serenità o disperazione a suo paicimento solo con l'espressione del suo viso. Gli sorrise. Gli mise una mano sulla spalla.

  F: entriamo nel nostro locale?

  M: certo amico!

Fletch posò la mano sulla maniglia della porta, ma Martin lo bloccò di soppiatto.

  M: Fletch se ci riconoscono, cosa che mi sembra ovvia, ci assaliranno…

  F: correremo il rischio Martin. Da quand’è che ti fa schifo il calore della gente?

Martin rimase perplesso qualche secondo. Poi annuì.

  M: ok…andiamo.

Lentamente spalancarono la porta. Martin, che entrò per secondo, stava dietro l’alta figura di Fletch quasi per proteggersi dagli assalti, ad occhi chiusi, praticamente strizzati. Ma nessuno li degnò di uno sguardo. I due rimasero sbalorditi.

  M: Fletch…sto sognando o non ho almeno 6 persone che mi tirano in 6 direzioni diverse?…

Disse Martin sottovoce. Tutti erano assorti, come ipnotizzati da una musica…che loro conoscevano fin troppo bene.

  F: già… Mart qualcuno suona Enjoy the silence di là…la voce sembra femminile…ci avviciniamo a sentire?

  M: ok…ma non troppo, non vorrei che tutti si accorgessero della nostra presenza.

Avanzarono qualche passo. Si trovarono alla fine dell’atrio del locale, davanti ad una tendina di velluto, stile sipario, semi aperta. La scostarono quanto basta per infilarsi dentro. Fortunatamente la “platea” era al buio. Le uniche luci erano quelle del piccolo palco in fondo alla sala. Che illuminavano un grande pianoforte a coda nero. Ed una figura angelica seduta sullo sgabellino, intenta a suonare quella dolce melodia. Si avvicinarono quanto più possibile per vedere meglio senza essere scoperti. la fanciulla era incredibilmente abile e delicata con il meraviglioso strumento. E quando la sua voce d’usignolo uscì da quelle piccole e graziose labbra, Martin ebbe un sussulto al cuore.
“Vows are spoken ...To be broken...Feelings are intense...Words are trivial...Pleasures remain...So does the pain...Word are meaningless ...And forgettable...”
La voce di quella creatura era qualcosa di indescrivibile. Lei aveva immobilizzato ogni singolo spettatore, tanto che nessuno si era accorto che nel pub intitolato ai Depeche mode c’erano i Depeche Mode stessi. Sembrava avesse fatto un incantesimo. Mart tentò in ogni modo di risvegliarsi, aveva una cosa importante da dire al suo amico di fianco.

  M: wow…Fletch?…senti anche tu quelle sensazioni che sto provando io?

  F: dipende cosa intendi…la ragazza è incredibilmente dotata vocalmente ed è anche incredibilmente bella. Non può lasciare indifferenti…

  M: già ma non è solo questo…ricordi la storia di questa canzone? Io la scrissi per piano e voce…poi ci pensò quel guastafeste di Alan a renderla…una bomba…!”

Disse Mart in un bisbiglio, sorridendo e ripensando per un momento al quarto Depeche.

  M: comunque, Alan a parte…è proprio così che la intendevo io…questa ragazza ha letto nella mia mente senza mai vedermi e sta cantando la mia canzone…come l’avevo concepita…nessuno ci era riuscito
mai…è incredibile…

Fletch annuì con la testa. Nessuno riusciva a parlare. Man mano che la canzone proseguiva, nota dopo nota, parola dopo parola, in Martin crescevano le sensazioni. Gli sembrava di poter perfino riuscire a provare piacere. Si sentì come fluttuare. Chiuse gli occhi, e si fece trasportare da quella magnifica voce, accompagnandola con una seconda voce appena sussurrata, per evitare di farsi sentire. Ma all’ultima frase non potè trattenersi. E combinò il più inconveniente dei pasticci.

  Ragazza&M: “...enjoy the silence…”

Un paio di persone si girarono di scatto, e una gridò “cazzo…MAAAAARTIIIIINNN!!!! AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHH!!!!! E FLETCHEEEEERRR!!!MI SENTO MALE!!!”
Tutti si girarono, non credendo alle proprie orecchie. E in massa corsero verso i due, oramai terrorizzati da ciò che gli stava per succedere.

  F: Martin maledizone, che cazzo ti è preso!!!!

  M: i-io…non lo so…non sono riuscito a trattenermi…..”

Asserì Martin ancora un po’ scosso e con voce tremante. I due furono letteralmente assaliti di baci, abbracci, richieste di foto ed autografi. Fletch, tentando di liberarsi dalla “morsa” di un paio di ragazze, invitava tutti alla calma. Mentre Martin tentava sorridendo ai suoi fan di divincolarsi, e di vedere se ci fosse ancora quella ragazza al piano.
La ragazza in questione osservava la scena ad occhi spalancati, ancora seduta sullo sgabellino.
“menomale, non è andata via…devo raggiungerla” pensò Martin. Intanto la giovane fanciulla si era alzata im piedi, e portando una mano davanti alla bocca per coprire le graziose labbra leggermente spalancate per lo stupore, rimase immobile davanti al piano.

  M: Fletch, coprimi le spalle, occupati di questa bolgia, io vado a compiere la missione!

Disse Martin al suo amico avvicinandosi ad un suo orecchio in modo da non farsi beccare.

  F. Mart!!! Maledizione MAAAART!!! NON MI MOLLARE QUI CAZZO!!!

Il biondino fece finta di non sentire. Non si sa con quale mezzo, Mart riuscì a tirarsi fuori da quel groviglio di mani, e tutti erano talmente isterici che non se n’erano accorti. Passando sotto le gambe altrui, sbucò, e potè finalmente respirare. Si mise in piedi, guardò in avanti…lei era ancora lì. I capelli castani, quasi biondi, raccolti in un delicato chignon, due lunghi ciuffi le incorniciavano il viso. Tratti delicati che avrebbero fatto invidia all’angelo più bello del paradiso. Pelle bianchissima, corpo fine e sinuoso fasciato in un elegante abitino nero al ginocchio, fatto di veli. Una leggera scollatura faceva intravedere le sue dolci grazie. Ma non in maniera volgare. Anzi, a Martin parve di avere una visione mistica della Madonna, tanto quel che aveva davanti era bello. Fece qualche passo in anvanti, lentamente. Lei arretrò. Allora Martin le parlò, non capiva perché si stesse allontanando da lui…e poi sentiva il bisogno fisico di avvicinarsi a lei…era più forte di qualsiasi volontà razionale, non sapeva neanche lui cosa gli stesse prendendo. Doveva guardarla negli occhi…

  M: non ti allontanare…non ti faccio mica del male…sai, mi hai impressionato…suonando la mia canzone intendo…

Lei lo osservava in silenzio. Sempre immobile, sempre con una mano davanti alla bocca. I suoi occhi si gonfiavano di lacrime pian piano. Una volta colmi, le lacrime rigarono quel volto d’angelo. Martin sentì una fitta allo stomaco.

  M: hey…tu stai piangendo…ti prego, io…

Tese una mano verso di lei. Non finì di parlarle, che lei fuggì dietro le quinte. Lui assunse un’aria seria, quasi disperata.

  M: aspetta…!!

Si mise a correre e la seguì. Lei si chiuse in camerino. Mart arrivò nel corridoio degli stanzini degli artisti. Lo percorse piano. Porta per porta. Ne aveva sentito una sbattere, e non poteva che essere lei. Si fermò davanti ad una stanza. Sentì sighiozzare. Capì, e bussò con delicatezza.

  M: …hey? Mi vuoi dire che c’è? Non so neanche come ti chiami…ma la tua vista mi ha portato alla mente una sola figura…

Sentiva ancora sighiozzare.

  M:…vuoi sapere come ti chiamerò?

Il sighiozzo sparì. La ragazza non proferì parola, ma per Mart quel silenzio doveva voler dire per forza “si, voglio saperlo”. Si mise davanti a quel camerino, poggiò la fronte e le mani sulla porta. Chiuse gli occhi ed accennò un sorriso.

  M: ebbene…ti chiamerò angelo…

Martin pronunciò la parola “angelo” non in inglese, come tutto il resto del discorso, ma in italiano. Alla fanciulla scappò quasi involontariamente una tenera e flebile risata. Martin se ne accorse, e un grande sorriso gli segnò il volto.

  M: evviva, ti ho fatta ridere!ma perché ridi?! Dai aprimi…voglio saperlo! Ti prego…

Martin sentì la maniglia girarsi e si scostò di scatto da davanti la porta. Ebbe davanti lei. Si osservarono. Lei tremava. Martin la guardò finalmente negli occhi. Due occhi tanto grandi quanto meravigliosamente belli. Azzurri. Di un azzurro non comune, ai confini con un blu oceano intenso. Sentì il cuore scoppiargli da dentro il petto, e dei brividi come di freddo percorsero tutto il suo corpo. Non riusciva a parlare. Quell’essere tanto fragile all’apparenza era riuscito a farlo stare peggio che dopo una sbronza. La sua testa girava, sentiva che il mondo circostante stava svanendo davanti ai suoi occhi. Si era sentito in maniera molto simile solo un'altra volta nella sua vita... Lei sposto lo sguardo da un lato, quasi col timore di guardarlo ancora per paura che si irritasse. Allora Mart si risvegliò da quella surreale senzazione il tanto che basta per rompere il ghiaccio e parlare.

  M: allora…non mi pare di averti piacchiata o violentata…capisco che sei talmente bella che gli uomini vorrebbero rapirti con la forza e portarti via, ma non sono quel genere di uomo, fidati…sei più tranquilla
ora?

Disse Mart regalandole una delle sue espressioni da scoppiare dal ridere con tanto di occhi spalancati e linguaccia. La ragazza si portò la mano alla bocca e rise di gusto.

  M: ora mi dici come ti chiami?

La ragazza lo guardò negli occhi con uno sguardo oramai sereno. “Violante, mi chiamo così…” disse con quella voce al suono della quale Martin avrebbe potuto sentire gli angeli del paradiso volargli sopra la testa.

  M: Violante…un nome che ti si addice…oscura…delicata…non comune…ed incredibilmente bella…

Lei arrossì. Lo ringraziò, molto timidamente. Martin era oramai perso nei suoi occhi. Avrebbe voluto titrarla a se, avvicinare il viso al suo…potersi tuffare nel blù di quegli occhi. Ma non l’avrebbe mai fatto, per rispetto verso di lei.

  M: posso entrare un attimo? Devo parlarti…ah, io sono Martin…ma credo tu lo sappia già!

Disse ridendo Mart. La ragazza annuì, e gli regalò uno di quei sorrisi che andrebbero immortalati con una foto. Di quelli capaci di far tornare in pace col mondo anche il più incazzato del pianeta. Di quelli in grado di cancellare in un solo istante tutti i problemi, tutte le amarezze…
Martin entrò, e la porta si chiuse dietro di lui. Non volle perdere tempo ulteriore. Aveva troppa paura che Violante potesse scivolargli via un’altra volta. Anche se lei era nettamente più rilassata. Non piangeva più, i suoi occhi erano asciutti. Le sue guance erano di un delicato rosso. Ed un sorriso illuminava il suo volto. Era una meraviglia.

  M: senti, come ti ho già detto, mi hai colpito parecchio suonando la mia canzone…sono rimasto strabiliato. Sei riuscita ad interpretarla proprio come io l’avevo pensata…

  V: non sapevo che Enjoy the silence fosse stata pensata diversamente da come è stata registrata…

Ogni volta che sentiva la sua voce Martin si sentiva cadere in un abisso, dal quale riusciva a risalire a fatica.

  M: ehm…vedi, inizialmente Enjoy the silence era una malinconica ballata per piano e voce…era splendida, ma poco propensa ad un discreto successo con quell’arrangiamento. Allora Alan ebbe la magnifica
idea di fare “qualche modifica”…e la arrangiò, inizialmente a mia insaputa e con l’ausiluio degli altri due malati, come voi la conoscete ora. A me andò bene, ma l’arrangiamento originale mi è sempre stato a cuore…l’arrangiamento che hai suonato stasera l’hai studiato tu?

  V: si…era da un po’ che ci lavoravo…vedi, oggi è il mio compleanno…e le mie amiche mi hanno regalato il sogno di un’esibizione qui, oltre al biglietto del concerto di ieri sera dei Depeche M…ma che dico…! Tu sei uno dei Depeche mode! Scusa ma sono ancora un pò scossa...

Martin sorrise.

  M: è normale…hey, comunque auguri per il tuo compleanno!!

  V: grazie…!ehm…ma volevi solo farmi i complimenti? Non perché non li apprezzi, intendiamoci…tu sei il mio Mito musicale vivente, e averti davanti a me mi inquieta…mi sembra di vivere in un’altra
dimesione…una dimensione dove tutto è possibile…dove i sogni si avverano…

Lo guardò di nuovo con quegli occhi. Mart senti un forte brivido lungo la schiena. Scosse la testa.

  V: tutto ok…Martin..?

  M: oh, si…si tranquilla…senti, bando alle ciance, se mi fermo un’altra volta a guardare nel profondo dei tuoi occhi non finiamo neanche la prossima settimana!

Violante sentì una vampata di caldo pervaderla da testa a piedi. Le sue guance si facevano di un rosso più acceso. Sorrise, e guardò per terra, imbarazzata. Martin, quel Martin Gore che seguiva ed inseguiva nei suoi sogni da svariati anni, era lì davanti a lei a lusingare la sua voce e i suoi occhi.

Martin prese a camminare per la stanza.

  M: doveva esserci Fletch qui a dirtelo, io non sono bravo a fare le proposte di lavoro…ma ci proverò. Abbiamo una canzone in cantiere. O almeno, la canzone è stata scritta da un noto cantautore italiano.
Conosci Franco Battiato?

Violante sobbalzò.

  V: oh mio Dio, certo che lo conosco! È uno dei miei autori preferiti! Lo adoro!

  M: bene, lui ha scritto una canzone, una canzone appositamente per noi. Ma ha espresso la volontà di avere una voce femminile a duettare col nostro Dave…e tu mi sembri...perfetta! Non credo potremo trovare di meglio.

Violante non capiva più nulla. Alla parola “Dave” i suoi sensi l’abbandonarono. Lei cantare con Dave? Non poteva pensarci. Sarebbe potuta svenire. Lei che quel ragazzo moro non riusciva neanche a guardarlo in foto senza sentire strane sensazioni…

  M: Violante? Tutto bene? …

La fanciulla guardò quasi spaventanta Martin.

  V: …i-io…c-cantare con…no non se ne parla! Sarebbe un’onore, ma..non credo di farcela…

  M: Violante…tu sei perfetta. Io VOGLIO te. Farò di tutto per convincerti.

  V: M-Mart…io non…ecco…i-io…

Violante balbettava. Non riusciva più a collegare il cervello con la bocca. Si buttò all’indietro sulla poltrona del suo camerino. Voleva sparire all’interno di quest’ultima. Ma riusciva solo a stare inerme  e farfugliare versi senza senso. Martin si avvicninò piano. Si inginocchio davanti a lei, posando le mani sui bracci della poltrona verde acido. Voleva guardarla ancora negli occhi ma lei faceva di tutto per sfuggirgli. Occhi che si stavano gonfiando di lacrime, ancora una volta. Mart le prese delicatamente il mento, e altrettanto delicatamente lo diresse verso il suo viso. Lei non oppose resistenza. Avrebbe potuto farlo, ma non lo fece.

  M: angelo…ti prego…dammi un’opportunità…tu vali, suoni magnificamente e canti come un usignolo…desidero più di ogni altra cosa che tu ci dia questa chanche. So che non sono nessuno per chiedertelo, ma lo farai? Lo farai…per me?

Violante ebbe incredibilmente qualche secondo di freddezza, nel quale pensò “Viola, come diavolo ti stai comportando?! Hai il tuo idolo davanti a te, che ti guarda negli occhi e ti chiede di intraprendere una collaborazione con lui e il suogruppo, che poi è anche il tuo gruppo preferito, e tu che fai?? Prima tenti di rifiutarti e poi stai immoblie e zitta come un’imbecille??? Forza, muoviti a dirgli di si, porca miseriaccia!!”. Allora fece cenno di si col capo. Non fu in grado di reagire in altro modo per far capire a Martin che accettava la sua proposta. In ogni caso lui capì. Si alzo di scatto, e portò i pugni chiusi verso l’alto in segno di vittoria.

  M: evviva, ti ho convita! Non mi darai buca, vero?

Violante, ancora visibilmente scossa, riusciva a comunicare solo ed esclusivamente col movimento della testa. Fece quindi cenno di no. Mart gioì ancora una volta. Poi, da istintivo quale era, la prese per un braccio e la sollevò. L’avvicino al suo petto. Tanto vicino che lei potè sentire distintamente il battito leggermente accellerato del cuore di Martin. Intorno a lei tutto sembrava sfumare. Martin avvolse le sue spalle nude con le braccia, e posò il suo mento sulla testa di lei. Violante realizzò di essere tra le braccia di Martin Gore, e pensò che sarebbe stato davvero da cretini scansarlo bruscamente come aveva pensato di fare in un primissimo istante. Chiuse gli occhi. Non sapeva perchè, ma desiderava, nonostante stare tra le sue braccia fosse una sensazione bellissima, che qul momento finisse il prima possibile. Non era mai stata così imbarazzata.

  M: Violante…non vedo l’ora che sia domani…per poterti rivedere…e per poter sentire il tuo canto…e domani non vedrò l’ora che arrivi il giorno successivo, ed il giorno successivo ancora…solo per avere ancora l’occasione di poter sfiorare col mio timido sguardo il tuo volto d’angelo…

Violante, ad occhi ancora chiusi, si stava rilassando, ed ascoltava le parole di Martin. Sapeva dalle sue canzoni che sapeva essere incredibilmente poetico, ma non credeva potesse succedergli tutto questo un giorno. Martin le aveva appena decantato dei meravigliosi versi di pura poesia, ed erano per lei, tutti per lei. Non poteva crederci, e sapeva che sarebbe rimasta incredula ancora un bel po’. Martin le prese le spalle, la scostò con moltissima delicatezza dal suo petto. Si guardarono. Martin avvicinava il suo viso a quello di lei. Era come calamitato, non poteva fermarsi. Violante, incapace d’intedere e volere, pensò “m-ma…che cavolo sta succedendo…?…non vorrà…n-non vorrà…b-baciarmi…?!?!?”. I loro visi erano oramai a pochi centimentri l’uno dall’altro.
Martin si fermò. “non posso baciarla. Non ora, non sulle labbra. La tentazione è forte…ma non posso.”. Lui si scostò di qualche centimetro verso destra, poi posò le sue rosee labbra sulla guancia di lei, e le schiocco un piccolo bacio. Poi la guardò ancora per qualche secondo. Avrebbe potuto star così per ore, senza sentire il minimo segno di stanchezza. Tolse le mani dalle spalle di lei, e si allontanò. Violante era attonita ed impietrita. Martin si avvicinò alla sedia dove entrando aveva posato la giacca di pelle colma di spille, tirò fuori il portafogli, ed estrasse da quest’ultimo un bigliettino. Lo posò sul tavolino di fianco.

  M: …questo è il mio biglietto da visita…non guardare i numeri stampati sul davanti, sul retro c’è scritto il mio numero personale, scritto in penna. Chiamami, Violante…mi fido. Domani aspetterò tutto il giorno una tua chiamata, dovessi fare null’altro…

Violante annuì. Allora Mart sorrise, prese la giacca, e si diresse verso la porta. Una volta aperta, prima di uscire si girò verso di lei.

  M: buonanotte angelo…sogni d’oro.

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note dell'autore: secondo capitolo...è arrivato il terzo incomodo! XD devo dire che quando iniziai a scrivere questa fanfic, Violante incarnava fisicamente l'ideale di donna bellissima ed eterea che avevo io...ora, non so, non mi convince poi molto! XD comunque, non importa il suo aspetto, importa l'impatto che avrà nelle vite di quei due, no? :p a presto!

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