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di Annina88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intro ***
Capitolo 2: *** Una cravatta troppo stretta ***



Capitolo 1
*** Intro ***


 INTRO


“Pasticceria ‘da Toni’!”
“…”
“Pronto?
“…”
“Pronto?!”
“Pr…pronto…”
“Buonasera signore, mi dica!”
“…”
“Signore, mi scusi, ma siamo in chiusura…è una cosa urgente?”
“Io…io…”
“Signore, sta bene?”
“No, non sto bene…”
“Be, forse dovrebbe chiamare il pronto soccorso”
“Non ho bisogno del pronto soccorso! Sto bene!”
“Ma mi ha appena detto il contrario…”
“Fisicamente sto bene…almeno per ora…”
“Oh…capisco…”
“Come può capire se non le ho detto niente?!”
“Dicono che dimostrarsi comprensivi ed empatici aiuti le persone ad aprirsi...”
“Chi lo dice?”
“Devo averlo letto da qualche parte, non ricordo dove…”
“Lei legge molto?”
“Tra una cheesecake ed una cassata siciliana”
“Accidenti…”
“Cosa?”
“E’ una golosa”
“Ma che ha capito? Io le preparo, poi la gente le compra e se le mangia. Lei ha chiamato una pasticceria!”
“Non so chi ho chiamato…ho composto un numero a caso sinceramente…e sfortunatamente per lei ho chiamato la sua pasticceria…”
“Voleva parlare con qualcuno?”
“No, si, forse…”
“E perché ha preferito comporre un numero a caso invece che parlare con un amico, con sua madre, con la sua r-“
“Non dica quella parola!”
“Quale?”
“Quella che stava per dire, non la dica, la prego!”
“Ok…mi scusi…Rimaniamo sull’amico e sulla madre? Perché non ha chiamato loro?”
“Perché non sono capace di mentire, non sono mai stato capace di dire una sola fottuta bugia nella mia vita. Se ora stessi parlando con mia madre invece che con lei, so perfettamente come andrebbe a finire, ho tutto il copione stampato nella mia fottuta testa di cazzo”
“E mi dica, come andrebbe a finire?”
“Mi chiederebbe come sto e dove sono”
“E la risposta sarebbe?”
“Sto di merda, mamma. Sono a Los Angeles, sono ubriaco e sto seduto sul fottuto cornicione di un fottuto palazzo, con la fottuta voglia di vivere che andata a...farsi fottere" 
“C…cosa?”
“Nah! Mia madre avrebbe risposto ‘Tesoro mio, ma che hai in testa? Scendi subito, non fare sciocchezze che ti fai male!’”
“Be…dovrebbe darle ascolto…”
“A chi?”
“A sua madre?”
“Ma io non sto parlando con mia madre, sto parlando con lei! Così mi sento deresponsabilizzato...Se avessi voluto dare ascolto a qualcuno, avrei chiamato mia madre. Le madri sono le uniche persone al mondo alle quali si dovrebbe dar retta, perchè sanno sempre tutto. Anche quello che non dovrebbero sapere..."
"...e che non vorrebbero sapere. Forse non ha chiamato sua madre perchè sa che lei non vorrebbe mai sapere cosa sta facendo"
"Probabile"
"E così ha composto un numero a caso, pensando che ,almeno una persona avrebbe saputo. Una confessione per scaricarsi la coscienza, ma senza la reponsabilità dell'angoscia altrui, poiché cosa può importare ad uno sconosciuto che lei sta per buttarsi da un palazzo?"
"Lei è davvero sveglia...a proposito, come si chiama?”
“Frankie”
“Frankie…bel nome”
“Si…in realtà sarebbe Francesca ma mi chiamano tutti Frankie…suona più americano e meno italiano”
“Lei è italiana?”
“Di origini…Il mio bisnonno è emigrato qui dalla Sicilia ed ha aperto una pasticceria, che poi è passata a mio nonno e infine a mio padre. Senta, io sto chiudendo il negozio, le dispiace se riattacco e la richiamo subito con il cellulare?”
“Be, se non le rispondo, sa perché”
“La prego, mi risponda”
“Ci proverò”


46 secondi dopo.
Tuuum....tuuum...

“Frankie?”
“Meno male, è ancora tra di noi”
“Stavo assistendo alle misteriose manovre di parcheggio di una signora…Sta tentando di infilare una Jeep in un buco che andrebbe bene per una Smart”
“Mi comunichi l’esito dell’avventura”
“Senz’altro. Lei quindi fa dolci…”
“Ci provo. Oggi ho fatto il mio primo cannolo siciliano!”
“Ah si? E com’è venuto?”
“Beh…la crema di ricotta era perfetta, ma la cialda avrebbe dovuto essere più croccante…mi è uscita un po’ molle, non sembrava così fresca…”
“E’ bello vedere che la gente ha ancora un po’ di umiltà, che sa ammettere i propri errori senza cercare giustificazioni…”
“E’ per questo che se ne sta seduto sul cornicione di un palazzo? Perché ammette i suoi errori?”
“Sto sul cornicione di un palazzo perché sono un idiota che non merita di passare un minuto di più in questo fottuto mondo. Qual è la frase che di solito si usa quando ci si vuole ammazzare? Ah si, addio mondo crudele…Ma sa una cosa? Non sono io che dico addio al mondo, non è il mondo ad essere sbagliato. Sono io. Perciò è il mondo che può finalmente dire ‘addio testa di cazzo!’”
“Sa, non l’ho mai capita questa espressione”
“Quale?”
“Testa di cazzo…ma che significa?”
“Di solito è un modo per enfatizzare il concetto di idiota”
“Si, ma che c’entra il cazzo? Perché associare l’organo genitale maschile al concetto di idiota?”
“Non saprei…forse perché quando non è in funzione è un’appendice che se ne sta appesa lì, senza utilità, e quando entra in funzione è peggio perché significa che devi pisciare o hai voglia di scopare, e nel secondo caso fa pure un male cane…quindi è un’appendice idiota. Il cazzo E’ idiota”
“Certo che lei è strano…”
“Abbiamo appena concluso una filippica sul cazzo, siamo abbastanza intimi da poterci dare del tu no?”
“Vero…certo che TU sei strano”
“Tenendo conto che sto progettando di spalmare la mia faccia sul marciapiede di Flower Street, davanti all'ingresso di Subway, direi di si, sono strano forte. Penso che se prendessi bene la mira e calcolassi direzione e forza del vento, riuscirei a finire la mia vita a confine tra povertà e ricchezza”
“Cioè?”
“Tra un furgone bianco dell’anteguerra ed una Porsche verde”
“Una Porsche verde?!”
“Si, verde, perché?”
“Ma dai!Chi è tanto scemo da comprarsi una Porsche verde?!Non sapevo nemmeno che le facessero, le Porsche verdi…è un abominio!”
“Be…lo hai detto tu che sono strano…”
“…cioè…è tua…?”
“Sfortunatamente per la tua figura di merda, si”
“Cazzo…”
“Vedi che inevitabilmente lo associamo a cose idiote, tipo le figure di merda?”
“Hai una Porsche?! Allora sei ricco!”
“Si, abbastanza”
“E scommetto che sei pure carino…”
“Cosa te lo fa pensare?”
“Non so, sensazioni”
O forse stai solo cercando di consolarmi, spingere sui miei pregi, qualora ne avessi, pensi mi convincerebbe a non buttarmi?”
“Pensi che funzionerebbe?”
“Non credo…visto che è proprio il mio aspetto fisico, il mio presunto bel faccino, ad aver provocato la catena di eventi che mi hanno portato qui”
“Quindi avevo ragione, sei bello”
“Ci sono pareri controversi a riguardo…”
“Interessante”
“Cosa?”
“Che alcune ti ritengano bello ed altre no. C’è materia per un dibattito, ed i dibattiti sono sempre interessanti”
“Non se sono su di me. Credimi, nonostante quel che si dice in giro su di me, non sono un granché come persona. Sono noioso, parlo sempre delle stesse cose, non ho scoperto una formula matematica che risolva il problema del traffico all’ora di punta e non ho nemmeno fatto parte del giornalino scolastico al liceo…Sono la persona più normale e più banale di questo mondo, anche se chiunque ti potrebbe dire il contrario”
“Io credo che la normalità sia sottovalutata”
“Davvero?”
“Sì!Che male c’è ad essere normali?”
“Tu come sei?”
“Io?”
“Si…insomma, diresti di essere una…normale?”
“Una che più normale non si può”
“A dire la verità non credo tu sia normale”
“Perché no?”
“Se lo fossi, non staresti amabilmente conversando con uno sconosciuto che sta su un cornicione coi piedi penzoloni “
“Come ti chiami?”
“Ro...Bear, mi chiamo Bear”
“Bear?!Che diavolo hai fatto ai tuoi genitori?!”
“Niente,sono solo amanti degli animali…”
“Be,se non altro un problema lo abbiamo risolto”
“Quale?”
“Non sei più uno sconosciuto. Sei un Bear con cui sto avendo una piacevole quanto singolare conversazione. Rimane solo la questione del cornicione e dei piedi penzoloni…”
“Frankie?”
“Si”
“Io mi butto…”



Dopo un'infinita assenza, sono tornata a scrivere.
Devo dire che la visione di "Breaking Dawn", insieme al mio incrementato tempo libero post stage e laurea, mi hanno risvegliato la voglia di scrivere, ispirata da una stupenda Musa che ha il volto, la risata, le smorfie e la gestualità di Robert Pattinson. Quest'uomo bambino è una continua fonte di immagini e parole per me, sento che su di lui, per lui e grazie a lui potrei scrivere qualunque cosa.
Perciò, eccomi qua :) Con questa folle idea...
Voglio chiarire una cosa: se avete letto la presentazione della storia, sapete che il motivo del malessere di Rob è la morte di Kristen Stewart. Sia chiaro che questa è una scelta puramente funzionale alla storia, non l'ho "uccisa" Kristen per antipatia o perchè sono contro la sua relazione con Rob, tutt'altro, io adoro Kristen :) Volevo solo una storia un po'...diversa :) 
Detto questo, spero che questa assurda introduzione, scritta davvero come un flusso di coscienza, vi sia piaciuta e vi abbia attirato un po'.
Vorrei porre una domanda a quelle dolcissime donzelle che pubblicheranno una recensione: Rob lo conosciamo benissimo, ma come vi immaginate Frankie? Fisicamente intendo...voglio vedere se corrisponde alla mia Frankie :) 
Vi mando un bacio immenso

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Capitolo 2
*** Una cravatta troppo stretta ***


1. UNA CRAVATTA TROPPO STRETTA

AQUALUNG & LUCY SCHWARTZ - COLD



 
Si sentiva soffocare. E cercava di convincersi che a bloccargli il respiro fosse la cravatta. Sua sorella Lizzie aveva fatto un nodo troppo stretto, con quelle dita bianche e sottili come Lucky Strike. Del resto, lui non ci era proprio riuscito ad allacciarsela.
Aveva sempre avuto un rapporto conflittuale con le cravatte, le indossava raramente, molto raramente, in quelle occasioni immense che gli procuravano attacchi di panico. Quasi non sapeva se la strizza era dovuta al contesto o al fatto di dover indossare la cravatta…Si sentiva talmente idiota con quel pezzo di stoffa pregiata attorno al collo.
Della cravatta, solo una cosa gli piaceva: allentarne il nodo. Soprattutto, amava quando ad allentarlo era lei. Lei, che scoppiava a ridere ogni volta lo vedeva vestito da damerino.

“Che hai da ridere tanto?”
“Niente…è che solo due giorni fa ti ho visto sbronzo, col cappello degli Yankees, una maglietta da 5 dollari e una barba da nonno di Heidi. Ed ora guardati, tutto lindo e pulito in Dolce e Gabbana! Sembri il principe William!”
“E ti fa ridere?”
“E’ la tua faccia che mi fa ridere! Si vede lontano un miglio che vestito così ti senti un coglione!”
“Ha parlato quella che quando deve mettersi i tacchi inizia a sclerare una settimana prima…”
“Perché sembro una papera quando ci cammino! A te invece la cravatta sta bene, o meglio, ti starebbe bene se fossi un po’ più disinvolto”
“Tu quale versione preferisci? Il principe William o il nonno di Heidi?”
“Flippy, io e te siamo attori, non facciamo in tempo ad assumere una forma che subito dobbiamo cambiarla. Stiamo insieme, il che significa che mi piaci in tutte le tue versioni. Anzi, se devo dirla tutta, la mia preferita è la tua non-versione”
“Cioè?”
“Nudo”

Diceva cose così, la sua Kiki, il suo scricciolo, saggia e sexy ad un tempo.
Anche lui la preferiva nuda e sconvolta sotto di sé, ubriaca e profumata di birra, di sesso e di amore per lui. Non era bella, era surreale. Dannata ed insieme angelica come un sogno proibito.
Come quando, stravaccato sul divano, la vide cantare in Into the Wild. Una nomade nel deserto, coi capelli disordinati che le coprivano il volto ed i vestiti maledettamente corti che le lasciavano braccia, gambe e schiena nude. E la chitarra che sembrava troppo grande per un corpicino come il suo.
Delicata, sfuggente ed ambigua come Lolita.
Avrebbe fatto qualunque cosa per averla, pur sapendo che per una nullità come lui sarebbe stato impossibile perfino parlarci. Sapeva che quei pochi minuti di pellicola lo avevano condannato ad un’esistenza di ossessione e sofferenza per qualcosa che non sarebbe mai potuto essere suo.
”Ma vederla fu amarla”, diceva Robert Burns, “amare solo lei, e amare per sempre”. Forse non l’avrebbe mai incontrata, ma decise, o meglio seppe che avrebbe fatto di tutto perché accadesse.
Persino salire sul primo volo per gli Stati Uniti, ingoiare una pasticca di Valium per impedire l’ennesimo attacco di panico e partecipare ad un provino per un film di vampiri. Solo perché la protagonista era lei. Non lo avrebbero mai preso per impersonare la creatura più bella e perfetta del mondo, non ne era all’altezza. Ma non gliene fregava un cazzo, gli bastava poter trascorrere cinque miseri minuti con lei. Dirle “ciao, sono Robert Pattinson, ti ho vista in un film con Jodie Foster e in Into the wild e da allora mi sento rincoglionito, un po’ sbronzo e un po’ drogato”.
Be, magari avrebbe dovuto fermarsi al “ciao, ti ho vista in un film con Jodie Foster e in Into the wild”. E lei gli avrebbe risposto “ciao, sono Kristen Stewart e io invece non ti ho mai visto”, e sarebbe stata la fine di quel poco di orgoglio artistico che ancora lo teneva in piedi.
Così, quando entrò nella stanza e la vide seduta sul letto, bellissima ed annoiata dopo aver provato e cercato la scintilla con 300 fighetti da passerella, l’unica cosa che riuscì a dirle fu “ciao”. “Ciao” rispose lei, sollevando di poco l’angolo destro della bocca, in un mezzo sorriso di stanchezza e speranza. Che lui fosse l’ultimo, e che fosse quello giusto.
E allora accadde ciò che tutto il mondo venne a sapere nei mesi a seguire. Che guardando attraverso l’obiettivo della cinepresa, Catherine Hardwicke non vide scintille, ma fuochi d’artificio. Che l’alchimia tra quei due che non si erano mai incontrati prima era chimica esplosiva e struggente. Che Bella scoprì subito che l’Edward perfetto era uno spilungone insicuro e scomposto cresciuto tra le viscere di Londra. Che quei cinque miseri minuti divennero anni di lavoro, di successi, di fughe segrete ma non abbastanza, di cose dette e non dette, finché la saga finì e allora poterono viversi davvero.
Ciò che il mondo non seppe mai davvero è che quei due si uccisero quando provarono il bacio. Che Kristen si torturò per lasciar andare le labbra di Robert. Che Robert s’inflisse ferite mortali per evitare di spogliare Kristen. Il mondo non sapeva che nella bocca di lui, lei si perse per sempre. E che il respiro di lei per lui fu come veleno.
Successe che soffocarono l’una nell’altro. E da quel giorno l’uno non poté più respirare senza l’altra.
La verità, è che non era la cravatta troppo stretta a serrargli la gola. La verità, è che come sempre annaspava perché non c’era Kristen. Perché Kristen non ci sarebbe stata mai più. E lui non avrebbe potuto respirare mai più.
Aveva indossato una cravatta, come nelle occasioni immense. Lei lo meritava, anzi, meritava molto di più. Pur essendo la ladra più crudele e sadica del mondo. Prima gli aveva rubato il cuore, poi l’anima, infine la vita. Se l’era portata via senza chiedere permesso, e l’aveva gettata come polvere al vento, mentre guidava ubriaca dopo l’ennesima stupida litigata. Mentre con la vista annebbiata da alcool e lacrime era andata fuori strada, schiantandosi contro la facciata di un palazzo disabitato.
Alcool e lacrime. Son cose che uccidono, soprattutto se si tengono per mano.
Per questo indossava la cravatta. Perché almeno per il suo funerale, Kristen meritava un principe William che la piangesse. E decise che almeno per una volta in vita sua, sarebbe stato elegante e disinvolto.
E forse era una cosa stupida e insensata, essere eleganti e disinvolti il giorno in cui due giovani innamorati se ne vanno. Non uno, ma due. Le persone intorno a Robert non potevano saperlo. Non potevano saperlo suo padre e sua madre. Non potevano saperlo le sue sorelle. Non poteva saperlo il suo migliore amico Tom. Non potevano saperlo Taylor, né Nikki né Dakota. Non poteva saperlo nemmeno la famiglia di Kristen.
Nessuno, tranne lui, poteva sapere che, una volta a casa, da solo, con il loro cagnolino Bear che dormicchiava in un angolo e con in testa l’immagine della terra che copriva la bara, si era tolto la cravatta e l’aveva gettata dalla finestra.
Nessuno, tranne lui, poteva sapere che insieme a Kiki se n’era andato anche Flippy.




Bah...non mi esalta per nulla...ma è il meglio che ho potuto ragazze :(
Spero che i prossimi capitoli siano più decenti di questo...
Vi ringrazio per la pazienza che avete avuto nel leggerlo e...ovviamente, vi adoro. 
 

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