Dream

di Jenni Skeletron
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 10 Agosto - inizio ***
Capitolo 2: *** 11 Agosto- voltare pagina ***
Capitolo 3: *** 12 Agosto- conferma ***
Capitolo 4: *** 13 Agosto- preparativi ***
Capitolo 5: *** 14 Agosto - ricordi ***
Capitolo 6: *** 15 Agosto - concerto ***
Capitolo 7: *** 19 Agosto - compleanno ***
Capitolo 8: *** 20 Agosto - lacrime ***
Capitolo 9: *** 21 Agosto - dolore ***
Capitolo 10: *** 24 Agosto - sangue ***
Capitolo 11: *** 25 Agosto - promessa ***
Capitolo 12: *** 26 Agosto - progressi ***
Capitolo 13: *** 30 Agosto - gita ***
Capitolo 14: *** 3 Settembre - ritorno ***
Capitolo 15: *** 4 Settembre - passato ***
Capitolo 16: *** 6 Settembre - scoperte ***
Capitolo 17: *** 31 Ottobre - Halloween ***
Capitolo 18: *** 14 Novembre - potere ***
Capitolo 19: *** 25 Novembre - ti amo ***
Capitolo 20: *** Piccola pausa ***
Capitolo 21: *** 26 Novembre - minacce ***
Capitolo 22: *** 27 Novembre - verità ***
Capitolo 23: *** 29 Novembre - prima parte ***
Capitolo 24: *** 29 Novembre - seconda parte ***
Capitolo 25: *** 1 Dicembre - Perdono ***
Capitolo 26: *** 5 Dicembre - battaglia ***
Capitolo 27: *** 8 Dicembre - Epilogo ***



Capitolo 1
*** 10 Agosto - inizio ***


10 Agosto

Virginia, una normalissima ragazza di circa vent’ anni, semplice senza troppe aspettative; ecco come mi descriverei, o  almeno credo sia una descrizione adatta a me.                                                                                                    
Ho sempre amato cantare, fin da quando ero piccola, non avrei mai pensato che sarei arrivata fino a questo punto, che in un paesino come il mio si potesse arrivare a certi livelli, ma ora sono qui.                                                                         
I miei genitori si considerano orgogliosi del mio successo e ne sono felice, una vera pop star, così mi definiscono.                                          Sono mesi che mia madre prepara l’ evento di questa sera: ospiti, abiti, catering, era a dir poco irritabile, ma ora sembra rilassata. Persino mia sorella è tornata.                                                                                                                                 

Una festa, ecco cos’ ha organizzato. Tutti i personaggi di grande prestigio sono venuti: il sindaco, investitori, non so se sarò all’ altezza.                                                                                                                                                                                        
La villa è ancora più grande, non sembra neanche la mia casa.
Ho appena finito di preparami, sembro uscita da una favola. I miei lunghi capelli castani sono raccolti in una crocchia che lascia qualche ciuffo cadere sul viso.  Un lungo vestito da sera color argento, come il brillare delle stelle cadenti e un paio di tacchi non troppo alti, il tanto che basta per non trascinare il fondo dell’ abito.
Mi guardo un’ ultima volta allo specchio, riguardo i miei occhi, normalissimi occhi marroni, mi faccio coraggio e vado.                                                                                                      

Ad aspettarmi vi è Alan, il mio ragazzo. Mi chiedo cosa provo per lui, se sia veramente la scelta giusta, ma non è il momento adatto per questi dubbi.                                                                                                                                                    
Arrivano anche Miriam e Martina, le mie due migliori amiche. Miriam porta un vestito verde scuro, quasi come il pino, il che fa risaltare ancora di più i suoi occhi color miele ed i capelli scuri come il mogano. Martina invece ha un vestito blu scuro, come un cielo senza luna e stelle, privo di ogni luce che la fa risplendere nella sala. Grazie a loro riesco a liberarmi dalla pressante presenza di Alan.                                                                                                                                              

Giro per le sale e tutti mi fanno dei complimenti, purtroppo mi rendo presto conto che qualcuno non si trova lì per me e il mio successo: qualcuno come mio padre.                                                                                                                              
 Insieme a lui vi sono mia sorella maggiore e personaggi del calibro del padre di Alan; grandi azionisti ed imprenditori, ma non ci vuole molte a capire che non stanno parlando di me. Stanno parlando di Karin; di come sia diventata una fantastico architetto, dei suoi studi della sua carriera … sono lì per lei. Per l’ ennesima volta nella mia vita è come se non esistessi, ma ormai ci sono abituata. Vorrei piangere e gridare, tanto non se ne accorgerebbe nessuno, ma come al solito non posso far altro, se non essere cortese e sorridere, ho sempre fatto così.                                           

Fortunatamente le mie amiche conoscono la situazione e per risollevarmi il morale mi esortano a cantare, solo così posso dimostrare il mio valore e solo così posso liberarmi da quei pensieri che mi affliggono, non mi sento completa, in pace, fino a che non prendo il microfono.                                                                                                                                                    
Esistiamo solo io e la musica, nient’ altro. Posso cantare solo qualche pezzo, ma ciò mi basta per provare un po’ di libertà…                                                                                                                                                                                                                                 
Comincio a parlare con Martina, mentre Miriam è scomparsa nella sala. A quanto pare Marti, come la chiamiamo noi, ha conosciuto un ragazzo: Kadaj.                                                                                                                                   
Ha lunghi capelli argentei che gli cadono sulle spalle. Alto ed  esile, anche se la sua fisionomia lo fa sembrare agile, forte e scattante, ma ciò che mi colpisce maggiormente è il colore dei suoi occhi; di un verde da far invidia anche al più brillante degli smeraldi . Martina sembra innamorata.                                                                                                                                                

Purtroppo Alan mi strappa da quella conversazione con una straordinaria violenza, non ne aveva il diritto. Cerco inutilmente di liberarmi dalla sua presa poichè più mi dimeno maggiore è la sua rabbia e con essa la forza che esercita sul mio polso, fino a farmi male.
Per lui non sono altro che un giocattolo,una marionetta, come se fossi di sua esclusiva proprietà. Grazie al cielo intervengono alcune ragazze e finalmente torno libera. È finita, sono queste le parole che mi ronzano nella testa, ma non hanno un suono amaro, bensì dolce, come i raggi del sole che la mattina ti scaldano il viso svegliandoti.

Sento una libertà assoluta e la devo a quell’ episodio, a quelle tre ragazze che mi hanno aiutata, ma sono consapevole della sua durata effimera, della sua imminente fine.                                                                                     
In quel momento vedo mio padre, è infuriato. Ho paura, ma le sensazioni che provo mi danno il coraggio di affrontarlo. Mi urla contro, critica il mio comportamento con Alan, ma alla fine il motivo per cui stavo con una persona del genere era renderlo orgoglioso. Le sue sono tutt’ altro che parole di comprensione, bensì di rimprovero. Mi sento male, non solo fisicamente, ma anche psicologicamente e a poco valgono le parole di coloro che hanno assistito alla scena.                                                                                   
Ho paura, ma non posso continuare così e dopo tante sofferenze dalle mie labbra esplodono incontrollate tutte le mie sensazioni, sono sfinita, ma sento che ne vale la pena.                                                                                                                

Esco correndo, con le lacrime agli occhi e la il mio passo si fa sempre più veloce. Non ho una meta ben precisa, non voglio essere né vista né tantomeno fermata, tutto ciò che voglio è scappare, sparire e andare lontano da una vita di sofferenze. Improvvisamente il filo dei miei pensieri viene interrotto, come la mia corsa.

Sono inciampata, ma non ho toccato terra perché a fermare la mia caduta è un ragazzo. Credo abbia più o meno la mia stessa età, anche se sembra più maturo. È vestito di nero ed i suoi lineamenti sono delicati, ma allo stesso tempo decisi. Noto che porta un orecchino a forma di lupo e la fibbia che porta sul petto ha la stessa identica forma. I suoi capelli sono color del grano maturo, ma ciò che mi colpisce di più sono i suoi occhi color del cielo, di un blu oltremare, eppure sono afflitti da una profonda tristezza, tipica di chi ha sofferto tanto.                                                                                                                                                          
La sua presa è forte e decisa, ma allo stesso tempo delicata, come dimostra il fatto che è stato svelto quel tanto che basta per mettermi il braccio attorno alla vita.

Mi chiede se va tutto bene, ma dalle mie labbra non esce nemmeno una parola, sono ancora sconvolta. Rimango in silenzio, incapace di rispondere e quando mi solleva delicatamente il mento non riesco a fare a meno di scoppiare a piangere e di buttarmi tra le sue braccia, mi sento al sicuro. Sono sorpresa, ma infondo speravo che non mi cacciasse, che mi stringesse a se.
-Andrà tutto bene.
La sua voce è profonda, rassicurante, tanto da riuscire a farmi smettere di piangere, ma non me la sento ancora di parlare. Mi cinge dolcemente le spalle e, senza lasciarmi, mi porta in un bar. Ordina da bere e ci accomodiamo in un tavolo in disparte.                                                                                                                                                                                    

Comincia a presentarsi. Mi dice di chiamarsi Cloud e  di avere ventitre anni. Finalmente mi tranquillizzo e, come prima cosa, lo ringrazio e mi scuso per il mio comportamento.                                                                                                                               
Il suo viso accenna a un sorriso e mi esorta a rilassarmi. Mi presento, ma non sembra sorpreso nel sentire il mio nome. Nonostante lo conosca da poco sento di potermi fidare.                                                                                                                                    

Parliamo del più e del meno, fino a che non comincia a dirmi che una ragazza come me non dovrebbe mai piangere e a chiedermi cosa sia avvenuto, cosa mi avesse fatto soffrire in quel modo. Anche se amaramente gli racconto tutto e la sua espressione si incupisce e non appena finisco di parlare le sue mani prendono le mie e le sue dita cominciano a scorrere sul mio polso. Si alza dal tavolo, chiede qualcosa al proprietario del bar ed esce dal locale. Non so cosa fare, una parte di me farebbe marcia indietro, infondo se ne è andato, perché dovrebbe tornare?
Mentre sono tormentata da questi pensieri torna a sedersi al tavolo. Ha con se un rotolo di garza e comincia a fasciarmi delicatamente il polso, mentre continua a scusarsi per avermi lasciata sola.
 -Mi è sembrato che ne avessi bisogno.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               
Il mio cellulare comincia a suonare e le mie mani corrono ad esso, scappando alla dolce presa di Cloud. È Martina. Dalla voce capisco che è molto preoccupata, perciò decidiamo di incontrarci alla nostra spiaggia preferita. Devo chiedere un passaggio al ragazzo che ho di fronte, ma vengo battuta sul tempo.
Aveva sentito la mia conversazione al telefono e prima che possa aprire bocca si offre spontaneamente di accompagnarmi; non posso che ringraziarlo ed accettare.


Usciamo dal locale e ci dirigiamo verso quella che credo sia la sua moto, mi fido di lui e accetto senza esitazione il casco che mi porge. Prima di partire lo vado prendere un giubbotto, sebbene sia piena estate il mio vestito è troppo leggero, perciò me lo fa indossare e mi raccomanda di tenermi forte.                                                                                         

Arriviamo al luogo dell’ appuntamento e dopo poco arriva anche Martina che, appena mi vede, mi corre incontro abbracciandomi sollevata. Lei si è fatta accompagnare da Kadaj e rimango sorpresa quando lui e Cloud si salutano.                      
 A quanto pare sono amici e condividono lo stesso appartamento, solo che il mio accompagnatore è di tre anni più grande.                                                                                                                                                                                            
Ci sediamo tutti e quattro sulla spiaggia e parliamo per più di un ora, fino a che la mia amica non è costretta ad andarsene e la vedo partire con quel ragazzo che sembra riempirla di premure ed attenzioni.                                   

Noi altri rimaniamo ancora a conversare, fino a che non veniamo interrotti da Alan, che ci ha seguite fino ad allora.
 È ancora più infuriato e mi afferra per il polso fasciato, trascinandomi come se fossi di sua proprietà: comincia a insultarmi, per lui non sono niente.
- Sei solo una puttana.
Sta per colpirmi, chiudo gli occhi, ma il colpo non arriva perché il mio accompagnatore lo ferma e mi strappa dalle sue grinfie.                                                                                                                                                                                                          

Non vuole accettare che sia finita e si avventa sul mio salvatore insultando e minacciando entrambi. Non voglio guardare, conosco troppo bene la sua furia. Sento un tonfo, ma a cadere è Alan che corre via scappando, è sempre stato un codardo.                         
Il primo pensiero di Cloud è rivolto a me: sento le bende cadere mentre fa girare lentamente fra le sue dita il polso, la dolcezza della sua presa e la pelle dei suoi guanti a contatto con la mia, fa una nuova fasciatura e mi raccomanda di tenerlo a riposo.                                                                                                                                                                      

Rimaniamo a guardare le stelle cadenti, dopo tutto è la notte di San Lorenzo e ormai sento lontano il ricordo dell’ ultima volta che mi sedetti sulla spiaggia a guardare il cielo nella speranza di poter esprimere un desiderio. Sono sfinita e presto mi addormento. Sento le sue braccia cingermi nell’ atto di prendermi in collo, come farebbero quelle di un principe azzurro attorno il corpo dell’ amata; c’è il motore della moto, ma soprattutto la sua mano sinistra che tiene le mie in una forte presa per impedire che io possa cadere.                                                                                   

Mi ha riaccompagnata a casa dove ad aprirgli è la governante che lo conduce nella mia stanza. Mi posa sul letto e dopo avermi rimboccato le coperte mi sussurra all’ orecchio parole che paiono preannunciare un suo ritorno per il giorno seguente.                                                    
Continuo a dormire, ma sento chiaramente la voce di mio padre aggredirlo, la voce di Cloud rispondergli con calma glaciale
 -Ho appena conosciuto sua figlia, ma a quanto pare forse io la conosco meglio di lei.                                               
Dopo questo cado in un sonno profondo, senza sogni.                                                                                                                       
 

Angoletto autore:
Ecco pubblicato il primo capitolo. E' la mia prima fanfiction , spero solo che vi piaccia.
Un bacione 
Jenni
                                                                                                                       

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Capitolo 2
*** 11 Agosto- voltare pagina ***


11 Agosto

È mezzogiorno passato quando finalmente mi sveglio, ma non ho né la voglia, né la forza di alzarmi dal letto: mi sento come se tutto ciò che è successo fosse stato solo un sogno, ma porto lo stesso abito del giorno prima e il polso mi fa troppo male …                                                        
 Prendo il cellulare che nel frattempo ha cominciato a squillare, ma non ho nessuna intenzione di rispondere.                                                                                   
Parte la segreteria e sento la voce preoccupata di Martina che mi chiede notizie e, prima che esaurisca il tempo mi ricorda che sarebbe venuta a pranzo come stabilito settimane prima. Qualcuno comincia a bussare alla porta della mia stanza e sento anche una strana delusione quando capisco che sono le stesse ragazze che mi avevano aiutato durante il litigio con Alan e con mio padre.
Speravo fosse lui.
 Anche loro vogliono sapere delle mie condizioni, ma non voglio sentire nessuno, vorrei sdraiarmi e prendermi tutto il tempo per ripensare a cosa è successo.                                                           


La stanchezza perde il sopravvento e decido di darmi una sistemata prima di scendere perché, nonostante sia il mio più grande desiderio, non posso barricarmi in camera.
Indosso un vestito di cotone a fiori con le maniche corte leggermente scollato sul davanti. Dal cassetto del comodino un guanto per coprire la fasciatura rimasta intatta, sfarla sarebbe come cancellare tutto ciò che è successo il giorno prima.                                                                                                                           


Ho appena finito di vestirmi e mi sento osservata. Vengo pervasa da un’ansia persistente e da un tuffo al cuore quando odo qualcuno bussare alla finestra, ho il terrore che sia Alan, che sia venuto per vendicarsi. Non posso fare a meno di sorridere quando vedo Cloud con una rosa davanti alla vetrata, non aspettavo altro, solo di poterlo rivedere. Mi sento come rinata appena rivedo il suo  sorriso, un sorriso sincero, tutto per me.
Corro verso il balcone per aprire la finestra  e dopo un piccolo bacio sulla fronte mi spiega che sono state le altre a chiamarlo perché preoccupate dato che ero irrintracciabile. Mi porge il fiore e comincia a chiedermi come mi sento, ma come al solito dalle mie labbra non esce nemmeno una parola; mi sento veramente una stupida. 
Nel frattempo non posso fare a meno di notare il suo abbigliamento, una camicia bianca ed un paio di pantaloni lunghi neri, sembra quasi un' illusione...                                                              


Ci sediamo sul letto che ho appena finito di fare e le sue mani corrono immediatamente al polso. Non lo fermo, lasciando  che mi sfili il guanto e che disfi la fasciatura con un’ incredibile delicatezza.
Dopo qualche minuto provvede a farne una nuova e mi raccomanda nuovamente di tenerlo a riposo, anche se la sua voce acquista un timbro preoccupato, il che in parte mi fa piacere.


Ormai è quasi ora di pranzo e senza pensarci un attimo invito Cloud a rimanere, come ringraziamento. Il suo viso acquista un’ aria strana, preoccupata, ma nonostante tutto accetta e ci affrettiamo a scendere.         
Martina e le altre mi assaltano e mi tempestano di domande, ma non rispondo neanche alla metà di esse. Sto pensando ad altro: alla reazione che avrà mio padre, ma infondo non mi importa. Vedo anche Kadaj che si siede a fianco della mia migliore amica, in modo che io abbia accanto Cloud e mio padre di fronte.


La tensione che avevo cominciato a sentire si fa sempre più pressante soprattutto quando il suo sguardo scorre veloce sugli invitati per poi passare velocemente da me al mio ospite, facendosi sempre più gelido.                                                                                                                     
Sembra scivolare addosso al mio cavaliere che facendo finta di niente mi sposta la sedia per permettermi di sedermi.
L’ atmosfera si fa sempre più pesante e insostenibile, nonostante gli altri cerchino di rompere il silenzio.


Comincia l’interrogatorio, mio padre lo tratta come un criminale mostrando apertamente la sua ostilità. Tutto questo mi dà sui nervi e sento un’ irrefrenabile voglia di alzarmi ed andarmene. Dopo l’ ennesima domanda sono pronta per esplodere, ma sento quella presa, la stessa del giorno precedente, e continuo a tacere colpita dalla sua estrema calma nel rispondere.
 Lo ammiro, il suo impeccabile comportamento e la sua freddezza quasi cordiale. Vorrei poter sopportare le cose nel modo in cui fa lui. Mi sento sollevata quando mio padre riceve una telefonata di lavoro e, sotto consiglio di Martina, ne approfittiamo per sparire, mentre lei e le altre cercheranno di coprirci.       


Saltiamo in sella, la sera prima non mi ero resa conto di quanto la moto fosse grande e impacciata faccio fatica a salire senza l' aiuto di Cloud.
- Vuoi una mano?
-No, grazie. Sono imbranata, ma credo di essere in grado di salire su una moto senza cadere- la mia risposta sarcastica lo fa sorridere e senza rendermene conto arrossisco.
-Sei molto carina quando ti arrabbi.
In quel momento si avvicina al mio volto, ma sono troppo imbarazzata e senza pensarci mi scosto; non adoro essere toccata...
Sembra capire la mia reazione e con un piccolo aiuto da parte sua riesco finalmente a salire dietro di lui.


Ci dirigiamo verso la  spiaggia, lontano, scappare insieme, mi sembra tutto un sogno che diventa realtà... anche se solo per qualche ora.
Parliamo a lungo. Ci raccontiamo di tutto, da cosa ci piace a cosa invece detestiamo, non mi sono mai sentita così bene. Insieme a Cloud non c' è quella sensazione di inadeguatezza, non ho bisogno di fingere...   
Mi rincresce terribilmente quando arriva il calar del sole e, anche se a malincuore, mi faccio riaccompagnare a casa.                                                                                                             


Prima ancora di entrare mi prende il viso tra le mani e le sue labbra si posano dolcemente sulla mia fronte, come la mattina, per poi sussurrarmi due semplici parole che sembrano trasmettere tutta la sua voglia di proteggermi, un semplice “Domani tornerò”.
Mi sembra che ciò che non è durato più di pochi istanti duri un’eternità.                                                                       
In casa non c’ è nessuno e mi volto ancora un istante per vederlo partire. Mi preparo qualcosa di veloce e salgo in camera mia.
Mi distendo sul letto dove comincio a sognare ad occhi aperti per poi addormentarmi con la dolce immagine di Cloud e le sue altrettanto dolci parole.


 

Angoletto autrice:
Eccovi il secondo capitolo. Spero vi sia piaciuto e vi prego di lasciare qualche commento, che sia positivo o negativo, mi renderebbe molto felice :3
Appena riuscirò a ricavare del tempo pubblicherò il capito successivo, chissà, potrebbe succedere qualcosa di interessante.
baci Jenni

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Capitolo 3
*** 12 Agosto- conferma ***


12 Agosto

Come aveva promesso Cloud è tornato a trovarmi e, come nei giorni precedenti, mi ricontrolla la fasciatura.
In sua attesa avevo lasciato la finestra aperta e mi ero preparata in anticipo indossando un vestito nero senza maniche dal taglio a cuore con un fiocco bianco e due lacci che si legano dietro la nuca.
Hai un’ aria serena, sollevata perchè il polso sta guarendo e per festeggiare vuole portarmi a pranzo fuori.
Insieme a noi ci sono anche Martina e Kadaj. Sembrano fatti l’ uno per l’ altra, se non rischiassi di scatenare le ire della mia amica direi quasi che sono adorabili. Il colore degli occhi di uno sembra riflettersi in quelli dell’ altro, senza contare il modo in cui lui la guarda: affetto sconfinato è ciò che risalta tra un miliardo di altri sentimenti, è come se fosse il suo universo privato. Sono felice per loro, lei merita di essere amata.

La conosco da quando eravamo piccole, sempre insieme, anche se completamente diverse. Forse era inevitabile che due personaggi come noi finissero per diventare amiche.

Il flusso dei miei pensieri viene interrotto dall’ ordine delle pizze, una margherita per Martina, una diavola per Kadaj e una fiordilatte per me e Cloud. Nonostante il passare del tempo non siamo cambiate…
Sono leggermente imbarazzata quando i ragazzi si offrono di pagare il conto.
Purtroppo a causa di una chiamata improvvisa gli altri sono costretti ad andarsene, perciò io ed il mio accompagnatore rimaniamo soli, uno accanto all’ altro.

Come il giorno precedente decidiamo di dirigerci verso la spiaggia, ma noto una certa tensione nel viso di Cloud e ho
 l’ orrenda sensazione che qualcuno ci stia seguendo. Purtroppo appena arrivati veniamo attaccati da Alan e la sua banda.
A quanto pare la lezione inflittagli l’ ultima volta sembra non essergli bastata e, sebbene creda nel ragazzo al mio fianco, ho paura per lui, questa volta sono cinque contro uno.
Vorrei fermarli, ma prima di poter replicare vengo fatta indietreggiare e  mi viene chiesto di starne fuori. In pochi istanti quattro di loro sono già pronti ad attaccare Cloud, ma rispetto a lui sono a dir poco goffi. Il suo portamento faceva solo immaginare la grazia e la velocità dei suoi movimenti.
Riesco appena in tempo a rendermi conto di cosa stia succedendo per avvertirlo che uno di loro ha un coltello, in modo che possa cavarsela con un semplice graffio sullo zigomo sinistro. Lo ammiro, per l’ ennesima volta ha dimostrato quanto sia forte.
Alan è sul punto di scoppiare, vorrebbe fare qualcosa, ma è un codardo e finisce per andarsene con la coda fra le gambe insieme ai suoi scagnozzi.

Cloud non sembra preoccuparsi minimamente del taglio, ponendo le mie condizioni in primo piano.
Davanti a questo suo comportamento non posso fare a meno di scoppiare in lacrime per poi buttarmi fra le sue braccia come una bambina piccola. Appena mi riprendo cerco di ripulirgli la ferita, mi sento una sciocca e mentre avvicino il fazzoletto al suo viso sento la mia mano tremare e la sua circondarla con una presa forte e piena di dolcezza tale da farmi arrossire.
I nostri visi sono vicinissimi, ma si scostano imbarazzati poiché, come prevedibile, il mio cellulare squilla a causa del pessimo tempismo di Miriam.
- Virginia, ho interrotto qualcosa?
-No, stai tranquilla – cerco di nascondere il mio disappunto, il che fa scoppiare a ridere colui che ho davanti.
Voleva scusarsi per essere scomparsa il giorno dopo la festa, ma a causa del suo lavoro di giornalista era dovuta partire.
- Ti prego, non odiarmi, mi dispiace tanto! Avrei dovuto essere lì con te- continua a parlare con la sua solita voce da cane bastonato e non riesco ad avere un minimo di rimprovero nei suoi confronti, si potrebbe dire che con quella voce è riuscita a far sentire me in colpa…

-Tranquilla, non sono arrabbiata con te. – anche questa volta il ragazzo a me vicino scoppia a ridere
-Virgi chi è quella persona che ride in sottofondo?
- Nessuno, è solo un amico.
-COSA?!- la sua reazione rischia di rompermi un timpano – SEI CON UN RAGAZZO? QUANDO PENSAVI DI DIRMELO? QUANDO TORNO NE RIPARLIAMO E PRETENDO CHE TU ME LO PRESENTI. 
Non ho il tempo di contestare che riattacca il telefono. Nonostante l’ età è sempre rimasta un po’ bambina, ma fu per questo che ci avvicinammo. Era diversa dalle altre e come matricola al liceo mi prese in simpatia, in ricordo degli anni passati insieme nella stessa squadra qualche anno prima di incontrarci.

Il sole  ormai è calato quando,dopo uno sguardo al cielo, Cloud decide di riportarmi a casa, ormai conosce la strada a memoria ed io ho imparato a salire in moto senza rischiare di cadere.

Arriviamo velocemente a casa e ci fermiamo brevemente sul portico. Sono leggermente imbarazzata e non riesco a guardarlo negli occhi senza arrossire,ma quando mi giro per aprire la porta mi sento tirare indietro e stringere  forte a lui in un caldo abbraccio che culmina quando posa le sue  labbra sulle mie dischiudendosi lentamente in un bacio che non tardo a ricambiare. Non immaginavo che le sue labbra fossero così morbide.
Vorrei durasse più a lungo, ma sento le sue forti braccia lasciarmi e lo vedo salire sulla moto ed allontanarsi con uno splendido sorriso stampato in volto prima che arrivi la governante a chiamarmi.

I miei genitori sono in sala da pranzo, mia sorella non c’ è.
Attraverso la stanza con l’ aria ancora trasognata e mentre mi dirigo verso camera mia mi fermano. Vorrebbero sapere con chi ero e cosa avessi fatto  tutto il giorno, ma non ho voglia di rispondere per cui mi limito a dare poche indicazioni nominando solo la spiaggia e Martina, niente di più.
Mia madre mi invita a rimanere a tavola con loro, ma sono stanca e finalmente salgo al secondo piano.
Mi getto sul letto e senza rendermene conto mi addormento col sorriso sulle labbra. Non sono mai stata così bene, non ho mai provato emozioni così forti o almeno non ne rammento di simili.
Non mi ero mai sentita così viva, libera di fare ciò che voglio con chi voglio e tutto grazie a Cloud. Il suo bacio era diverso da quelli a cui ero abituata, non era opprimente come quelli di Alan, ma dolce, attento a conquistare ciò che desiderava con delicatezza e rispetto dei miei spazi.
Questi pensieri continuano ancora per qualche istante per poi disperdersi nella nebbia dei miei stessi sogni.



Angoletto autrice:

come pomesso ecco il terzo capitolo. Spero vi sia piaciuto, è stata una faticaccia scriverlo, anche se mi sono divertita un mondo ^-^
purtroppo non potrò aggiornare prima  di lunedì prossimo, ma vedrò di rifarmi ;)

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Capitolo 4
*** 13 Agosto- preparativi ***


13 Agosto

Vengo destata al suono stridulo della mia sveglia, ma nonostante le ore di riposo mi sento assente. La mia mente è piena di mille pensieri, primo tra tutti il ricordo della sera prima. Quel bacio, non desideravo altro, ma allo stesso tempo ho avuto una strana sensazione che io stessa non sarei in grado di descrivere…
Come al solito il filo dei miei stessi pensieri vieni interrotto dalla venuta di Cloud. Gli corro incontro e delicatamente mi posa una rosa tra i capelli e un leggero bacio sulla fronte. Solo in seguito mi accorgo di essere ancora in vestaglia e camicia di catone, ciò che solitamente uso per dormire.
Anche lui se ne accorge e si volta imbarazzato, dirigendosi verso la finestra. Prendo velocemente ciò che avrei messo quel giorno: un vestito azzurro dal taglio a trapezio e le maniche a sbuffo con un fiocco di una tonalità leggermente più chiara, il tutto abbinato con un pio di ballerine bianche e mi dirigo in bagno.
Appena uscita lo trovo seduto alla scrivania, accanto alla chitarra. Nonostante il terribile disordine che alberga in quell’ angolo della stanza sembra sentirsi a proprio agio.
Mi prende in collo e mi bacia dolcemente la guancia per poi controllare la mano.
Fortunatamente il polso ormai è guarito completamente, sarebbe stato un problema se avesse continuato a farmi male e il concerto non sarebbe stato lo stesso…
 
Il concerto, lo avevo quasi dimenticato tra le emozioni di quei giorni, avevo dimenticato che tra quarantotto ore ci sarebbe stato il palio . In quel momento mi alzo di scatto, ho le prove e sono già in un ritardo pazzesco. Cloud decide di accompagnarmi, in modo che faccia più in fretta. Dalla sua espressione si direbbe quasi che abbia paura che correndo per arrivare alle prove possa cadere, ma nonostante tutto questo non può far altro se non rendermi felice.


Appena arrivo Martina mi viene in contro, fino a quel momento aveva cercato di chiamarmi, ma il mio cellulare si era spento.
Tutti sono indaffarati e rischio di essere travolta da un tecnico carico di scatoloni nei quali sono state poste le attrezzature. Non appena mio padre mi vede mi esorta fortemente a cominciare le prove, non abbiamo molto tempo e come se non bastasse il cielo non promette nulla di buono; è sempre stato così, da quando ne ho memoria, in pieno agosto, durante il palio la luce del sole veniva coperta da un leggero strato di nubi..
Non ho il tempo di dire una parola che mi ritrovo catapultata dove microfono e casse. Fin da piccola avevo visitato quella piazza e mai avrei potuto immaginare di trovarmi, un giorno, dove sono ora. È un’ emozione indescrivibile, se qualcuno me lo avesse detto non ci avrei mai creduto.
Avevo sempre pensato di essere stonata, incapace di cantare decentemente, ma alla fine, dopo anni passati a suonare e cantare in chiesa, riuscivo a non stonare. Poi tutto era cominciato, non so nemmeno come.
Vi sono diversi episodi della mia adolescenza che la mia memoria ha rimosso, un intero anno della mia vita è scomparso nel nulla senza lasciare tracce, se non una cicatrice alla nuca che ogni tanto torna a farsi sentire ed un’ altra alla gamba sinistra. Se non mi fosse stato raccontato probabilmente non saprei nemmeno come queste siano rimaste indelebili sul mio corpo.

Pochi minuti e comincio ad essere indaffarata come il resto dello staff, non riesco nemmeno a rendermi conto di cosa mi stia succedendo intorno, è sempre la stessa storia. Ogni volta che devo fare qualcosa tendo a metterci anima e corpo, in questo modo si forma come una cupola intorno a me, sento solo ciò che riguarda quello che sto facendo, il  resto non conta.

Nella confusione Martina e Cloud sono rimasti in disparte. Ormai le mie amiche ci erano abituate; è successo talmente tante volte che abbiamo perso il conto come le volte che mi sono scusata per l’ averla lasciata sola, ma lui no.
Dal giorno in cui ci siamo incontrati non mi ha mai vista così indaffarata. Non saprei dire se fosse rimasto male per l’ averlo lasciato solo poichè non dà molto a vedere i suoi sentimenti, ma una cosa è certa, era sorpreso.
Sarà perché sono la tipica persona con la testa perennemente fra le nuvole,incapace di camminare seguendo una linea retta, ma basta una scintilla per farmi scattare e farmi in quattro per qualcosa che mi interessa, qualcosa che mi impegni anima e corpo.
Non appena riesco a fermarmi cinque secondi li vedo chiacchierare, non so di preciso di cosa. Il tempo di avvicinarmi per salutarli e scusami che vengo nuovamente trascinata via, troppe cose da fare e troppo poco tempo.
Sono le sei passate quando decidiamo di terminare a causa delle nubi incombenti e come al solito sono sfinita ed altrettanto soddisfatta, abbiamo fatto proprio un buon lavoro. Abbiamo deciso la scaletta e controllato il funzionamento dei vari macchinari, il tutto senza fermarci un attimo.


Sono talmente sfinita da non avere  nemmeno la forza di reggermi in piedi, vorrei poter continuare, ma non posso fare a meno di buttarmi sulla prima panchina libera che trovo. Butto la testa all’ indietro, chiudo gli occhi e faccio un grande sospiro prima di riaprirli, lo faccio sempre quando sono stanca o cerco di riprendere il controllo dopo un’ arrabbiatura.
In quel momento vedo una enorme tazza di caffè, non ci penso due volte e l’ afferrò. Con mio grande piacere la mano che me la stava porgendo era quella di Cloud.
- Dura la vita da star. – mentre dice queste parole, con un sorriso si accomoda al mio fianco.
Solo adesso mi rendo conto del fatto che lui indossi una bianca camicia di lino ed un paio di jeans scuri, soprattutto mi rendo conto del cambiamento dei suoi lineamenti rispetto a quando ci siamo conosciuti.
La prima volta che li vidi erano tirati, aveva anche delle leggere occhiaie e sembrava alla ricerca di qualcosa… Adesso invece sembra così rilassato, il viso non ha più quell’ aspetto stanco, preoccupato, bensì sollevato.

Sento il mio cuore scoppiare quando i suoi bellissimi occhi color del cielo si puntano nei miei, ma l’ imbarazzo prende il sopravvento e comincio a scusarmi.
-Mi dispiace per oggi, non volevo piantarvi in asso…
Mi sento colpevole e continuando a tenere in mano la tazza di caffè abbasso lo sguardo.
-Tranquilla, è il tuo lavoro e a quanto ho visto ti piace parecchio.
È  molto comprensivo e mi riposiziona una ciocca di capelli dietro l’ orecchio per potermi guardare negli occhi.
– Mentre eri sul palco avevi qualcosa di diverso.
Mi volto verso di lui alla ricerca di una spiegazione che non tarda ad arrivare.
- Ti brillavano gli occhi, eri spensierata. Come mi ha detto Martina: “Non vi è cosa più preoccupante di una Virginia indaffarata, le conseguenze sono le stesse di un uragano”
In quel momento mi sorride. Più volte avevo sentito quelle parole, ma pronunciate da lui facevano un altro effetto, erano qualcosa di piacevole.
Quando a dirle erano le mie migliori amiche erano una presa in giro, una frecciatina che dopotutto era più che fondata, dato che ad ogni passo rischiavo sempre di cadere, o almeno così emergeva dai piccoli video amatoriali che si divertivano a fare.
- Vorrei avessi sempre il sorriso sulle labbra, come oggi.- aggiunge - Non permetterò a nessuno di cancellarlo dal tuo volto.
Dicendo ciò si fa ancora più vicino e mi bacia dolcemente. Con una mano sostiene il mio mento, mentre l’ altra si stringe delicatamente alle mie.
 Si offre di riportarmi a casa e accetto con grande entusiasmo, probabilmente non riuscirei a fare nemmeno due passi senza rischiare di finire al suolo. Non ho mai avuto una grande resistenza…

Questa volta non mi accompagna fino al portico, ha notato mio padre alla finestra e non vorrebbe scatenare le sue ire avvicinandosi troppo alla porta. A quanto pare l’ ultima volta gli è stato preibito di avvicinasi.
Nonostante ciò prima di lasciarmi andare mi cinge i fianchi con un braccio e mi posa un casto bacio sulle labbra per poi ripartire.
Appena arrivata alla porta questa viene aperta dalla governante pronta a chiamarmi sotto direttiva di mio padre.
Contrariamente al giorno prima però rimango a tavola con i miei, anche se la mia mente è lontana anni luce. Mi rendo a malapena conto della presenza di Karin e dei suoi sguardi indagatori.

Per me era sempre stata un punto di riferimento, le volevo molto bene nonostante a volte mi guardasse con aria critica dagli otto anni che ci separavano. Poi la sua partenza, gli anni di lontananza l’ avevano cambiata, resa più suscettibile, spesso isterica. Poi l’ incidente l’ aveva resa iperprotettiva, ogni giorno veniva a trovarmi e non passava minuto senza che lei sapesse dove o con chi fossi.
Quando finalmente avevo cominciato a riavere una vita normale era tornata la sorellona che amavo tanto, sempre pronta a difendermi…  Purtroppo alla fine era ripartita, si era laureata ed aveva trovato un bel lavoro. Tutti gli occhi erano stati puntati su di lei ed alla fine aveva finito per allontanarsi da me, ormai lei era superiore. Le chiacchierate prima di dormire, i piccoli insegnamenti erano divenuti via via più radi, fino a scomparire. In ogni caso rimaneva Karin, mia sorella maggiore, colei che quando mi facevo male mi disinfettava le ferite anche se il sangue le faceva impressione, quella che quando mi svegliavo la notte in preda a terribili incubi cercava di consolarmi, anche agli orari più assurdi. Colei che mi insegnò i suoi piccoli trucchi di bellezza per nascondere le occhiaie, segni dell’ insonnia che ogni tanto continuava a tormentarmi. Non avrei mai smesso di ammirarla; aveva saputo cavarsela sempre da sola.
Era ciò che io non sai mai stata, solare, piena di amici, ma veramente legata a pochi di questi. Invece, nonostante la mia anima solitaria sentivo la mancanza di umanità intorno a me, avevo pochi amici perché troppe volte ferita da chi si era finto tale. Avevo creato una gabbia intorno a me della quale si era smarrita la chiave, almeno fino a quel giorno. Il giorno in cui avevo incontrato Cloud avevo finalmente ritrovato quell’ energia che avevo dato per dispersa, ormai lui era per me come un dolce venticello invernale, in grado di portare nuova aria pura dai luoghi più remoti.

Finita la cena salgo in camera mia e dopo aver parlato per un po’ con Miriam, come mi aveva fatto promettere, mi preparo a dormire. Era felice ed il lavoro stava andando bene. Non vedeva l’ ora di poterci riabbracciare, il suo essere più grande la rendeva la nostra sorella maggiore, la sorella che Martina non aveva mai avuto e quella che io avevo visto svanire negli anni.


Angoletto dell' autrice

eccovi il quarto capitolo ^-^ spero vi sia piaciuto e ringrazio tanto chi mi ha posto fra i suoi autori preferiti, mi ha reso veramente felice :' )
Con l' inizio delle vacanze natalizie vedrò di farmi in quattro per accontertarvi con il prossimo capitolo.
baci, baci Jenni
Sembra tutto così perfetto, se non altro per i miei standard, tanto da rendere  spontaneo chiedersi per quanto durerà ancora, ma la stanchezza prende il sopravvento sulla mente e crollo addormentata fra i morbidi guanciali.

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Capitolo 5
*** 14 Agosto - ricordi ***


Ecco il quinto capitolo, spero vi piaccia. Ho dovuto lavorarci un pò di tempo e date le festività sono stata leggermente occupata.
Buona lettura e soprattutto buon Natale :3


14 Agosto

A svegliarmi sono i dolci raggi del sole che fanno capolino dalla finestra. Salto giù dal letto rischiando di cadere e corro velocemente a prepararmi.
Essendo ancora presto mi concedo un bel bagno caldo pieno di schiuma. Negli ultimi tempi sono molto rilassata, probabilmente a causa sua…
Opto per un vestito bianco con un fiocco celeste dietro la schiena all’ altezza della vita, un fiocco dello stesso colore nei capelli ancora leggermente bagnati ed un paio di  decolté bianche non troppo alte, quel tanto che basta a guardare Cloud negli occhi.
Cloud, sto ancora aspettando il suo arrivo. Solitamente avrebbe già fatto capolino dal balcone, ma non è ancora arrivato.


Comincia a farsi tardi, non posso più aspettarlo. Prendo la borsa e mi avvio alle prove, ma non posso fare a meno di provare una certa inquietudine.
Non riesco a concentrarmi veramente nelle prove e più di una volta rischio di cadere dal palco e di farmi male.
Contino ad avere la testa fra le nuvole per il resto del tempo, fino alla pausa pranzo quando finalmente ci fermiamo.
Riesco a sentire quell’ inconfondibile suono che aspettavo dalla mattina.
Corro velocemente verso la moto, purtroppo inciampo in un cavo e cado dal palco. Già mi immaginavo piena di graffi, ma sono stata presa al volo evitando di farmi male.
A sorreggermi sono le sue braccia ed il suo viso è ad un palmo dal mio.
- Dovresti fare più attenzione, non posso sempre prenderti al volo ogni volta che rischi di farti male.
Nonostante quella battuta mi stringo forte a lui e lo bacio, non tardando a ricevere  una risposta, in preda alla felicità.
Mi posa delicatamente a terra e mi porge un bellissimo mazzo di rose rosse.
- Mi dispiace per questa mattina, non sono riuscito a venire…
Non lo lascio terminare che lo bacio nuovamente. Non sono affatto arrabbiata con lui, bensì felice, l’ averlo visto al mio fianco dopo la caduta mi ha fatto dimenticare l’ inquietudine di pochi minuti prima.

Rimane tutto il resto del giorno con me, facendo amicizia con buona parte dello staff. Mi sento così sollevata con lui al mio fianco…

Finite le prove Cloud mi chiede di salire in moto con lui e chiudere gli occhi, vuole farmi una sorpresa.
Sento il rombo del motore sotto di noi e mi stringo con maggiore forza al suo petto, scatenando quella sua risata trattenuta che mi ha rivolto già in altre occasioni.

Finalmente arriviamo a destinazione, ma mi chiede di non riaprire ancora gli occhi e per evitare che io cada mi prende in collo. A poco servono i miei falsi sforzi per evitargli questo sforzo, ma infondo mi rende felice.
Sento il rumore dello scatto di una serratura e Cloud mi ripone con i piedi per terra.
- Fa come se fossi a casa tua.
Casa sua, ecco quel era la sorpresa. Voleva mostrarmi dove viveva.

Si trova poco lontano dal centro del paese, in mezzo al verde. Un edificio sicuramente costruito da poco, dato lo stile moderno, lo stesso stile che piace tanto a Karin, lo stesso con il qual aveva  arredato buona parte della nostra casa.
I muri esterni sono bianchissimi, in grado di far spiccare la casa in mezzo a tutta quella vegetazione, se non per le dimensioni, per la luce del sole che viene riflessa da essa.

Sono ancora assorta nella contemplazione dell’ ambiente quando sento nuovamente la voce di Cloud
- So che non è il tuo stile, ma … che ne pensi?
- Mi piace, è molto luminosa ed anche spaziosa. Tu e Kadaj vi vivete da soli?
- Sì, ma la convivenza non è sempre serena.
-Cosa intendi?- continuiamo a parlare seduti sul candido divano in pelle, senza rendermene conto abbiamo attraversato metà della casa arrivando al salotto.
- Bhè, diciamo che siamo molto diversi.
- Scusa, ma non ti seguo.
- Mettiamola in questo modo. Siamo come fratelli e come tali non facciamo altro che punzecchiarci e litigare.
Scoppio a ridere immaginando la scena con loro due durante un battibecco. Sarebbe una cosa alquanto esilarante.

-Cambiando discorso, posso chiederti come ti sei fatta questa?- la sua mano si trova sulla mia gamba sinistra, ed indica la cicatrice.
- E’ successo quando avevo quindici anni. Ho pochi ricordi di quel tempo, sinceramente non saprei risponderti.
- Cosa successe?- il suo sguardo si fa più preoccupato e le sue dita cominciano e tracciare lentamente il profilo della ferita.
- Uscivo da scuola quando ebbi l’ incidente. Ricordo solo le luci di un’ auto e delle voci preoccupate, poi più niente.- il suo sguardo era preoccupato, per qualche strano motivo sembrava si sentisse in colpa.
- Non ricordi nient’ altro?
- Il resto mi è stato raccontato. Avevo avuto un brutto trauma cranico ed ero stata in coma per due settimane, la mia memoria ne risentì molto, un intero anno della mia vita fu come cancellato.
Senza rendermene conto avevo cominciato a piangere, pensavo di aver superato tutto ciò, infondo erano passati cinque anni, ma raccontare tutto a Cloud mi aveva fatto tornare a quei giorni, alla fatica che avevo fatto per tornare alla normalità, agli incubi che nonostante il tempo continuavano a farsi sentire.
Le sue labbra si posano inizialmente sulla mia fronte mentre le sue mani prendono il mio viso cominciando ad asciugare le lacrime che continuano a scendere inarrestabili. Mi bacia dolcemente cercando di calmarmi. Mi stringe forte a lui continuando ad accarezzarmi dolcemente la nuca.
Le sue braccia mi fanno sentire protetta ed il battito del suo cuore è così rassicurante che mi addormento contro il suo petto.

Quando mi sveglio sono le sette di sera passate e lui è ancora al mio fianco. Ho bisogno di ancora qualche minuto per riprendere a pieno conoscenza; ho ancora la vista annebbiata da alcune lacrime. Appena ripresa conoscenza cerco debolmente di riprendere una posizione più consona rispetto all’ attuale che mi vede seduta sulle gambe di Cloud, ma le sue braccia me lo impediscono cingendomi i fianchi con maggiore energia.
- Come ti senti?
- Meglio, grazie. Per quanto tempo ho dormito?
- Quasi un’ ora, mi hai fatto preoccupare. – mi alzo lentamente dal divano mentre i suoi occhi seguono la mia figura preoccupati.
- Non era niente – continuo a ripeterlo, non tanto per rassicurare lui, quanto me stessa. Erano mesi che non avevo una crisi tanto forte e faticavo ancora a rendermi veramente conto di cosa mi succedesse intorno.
Sento un forte mal di testa e le vertigini mi impediscono di camminare correttamente. Il tremore delle gambe è talmente forte da costringermi ad appoggiarmi allo stipite di una porta.
Le braccia di Cloud mi avvolgono velocemente le spalle e mi costringono a voltarmi verso di lui. Ero tornata la ragazzina di cinque anni prima, pensavo di essere diventata più forte, ma la paura, le sensazioni sono le stesse di allora ed il dolore alla cicatrice cominciava a farsi più vivido.

Prima che le gambe cedano una volta per tutte vengo posta nuovamente a sedere sul divano e mi viene consegnata una borsa del ghiaccio da mettere sulla fronte. Ero crollata, non ero stata in grado di sopportare il passato; mi sentivo una sciocca. Continuare a piangere per un qualcosa ormai lontano e del quale avevo persino perso la memoria mi faceva sentire una debole.
- Non c’ è niente di male a cedere qualche volta, l’ importante è avere qualcuno al nostro fianco pronto ad aiutarci a raccogliere i pezzi.
 Cloud si era seduto al mio fianco mentre i suoi occhi scrutavano i miei.
- Pensavo di essere diventata forte, di poter parlarne senza avere una crisi… Mi sbagliavo.
Mi solleva delicatamente il mento puntando quei suoi bellissimi occhi dello stesso colore del cielo, ma animati da una profonda inquietudine, come in tempesta, nei miei.
- Quella che vedo è una ragazza sicura di se che ha saputo andare avanti. Non devi autocommiserarti se per una volta hai ceduto, infondo sei un essere umano. Adesso ci sono io ed ho intenzione di rimanerti accano fino a che mi sarà possibile, fino a che tu mi vorrai. Desidero vederti sorridere e sono pronto a tutto per mantenere quel sorriso.
- Allora preparati, la tua sarà un’ impresa ardua.
Ci baciamo nuovamente. Il suo è il bacio di chi tiene veramente a me, di chi vorrebbe non dovermi mai lasciare.

Rimaniamo seduti sul sofà ancora per un po’ di tempo, fino a quando la testa non smette di girarmi, per poi ripartire alla volta di casa mia.
Dopo ciò che è successo il pomeriggio vuole accertarsi che arrivi in camera mia senza rischiare di rompermi l’ osso del collo cadendo dalle scale ed insiste nell’ accompagnarmi.

Fortunatamente i miei non ci sono. A dire della governante mio padre sta ultimando i preparativi per il concerto di domani insieme a mia madre mentre Karin si trova ad una cena di lavoro. Se fossero stati presenti sarebbe stato un putiferio; vedermi in quelle condizioni al fianco di Cloud non gli avrebbe certo fatto acquisire punti.

Non esce dalla mia stanza fino a che non mi corico, per poi lasciarmi con un piccolo bacio della buonanotte sulla fronte.
La giornata è stata talmente pesante che crollo addormentata ancor prima che la sua ombra chiuda definitivamente la porta.

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Capitolo 6
*** 15 Agosto - concerto ***


15 Agosto

Ecco arrivare il grande giorno; non sto più nella pelle. Da quando mi sono alzata ho cominciato a saltellare nervosamente per tutta la casa rischiando di impazzire.

Cloud non è ancora apparso, in compenso mi ha mandato un messaggio con la chiara spiegazione della sua assenza. Ogni volta, prima di un concerto, mio padre pensa bene di far circondare l’ abitazione da “qualche” guardia del corpo ed a causa loro il mio ragazzo non ha potuto minimamente avvicinarsi all’ abitazione.

Non ho nemmeno il tempo di pensare che vengo trascinata in mille direzioni, troppe cose da fare in troppo poco tempo.

Dopo alcune ore passate a sistemare un’ ultima volta gli strumenti e controllato che sia tutto apposto arriva finalmente la parte che preferisco, il vestito ed il trucco.

Questa volta ho pensato personalmente al mio abbigliamento disegnando il modello dell’ abito che avrei indossato. La parte superiore del vestito è caratterizzata da un corpetto nero come il fondo di un pozzo illuminato dal laccio color argento e da lunghe maniche che terminano voluminosamente in strati di stoffa neri ed argentati.
Anche la parte inferiore mantiene gli stessi toni e consiste in una gonna di seta ornata dalle chiare venature che le concedono un che di luminoso, nonostante il colore predominante sia  oltremodo scuro.
La prima volta che avevo illustrato il mio progetto mi era stato detto che era troppo appariscente ed avevo dovuto insistere molto per riuscire ad ottenere ciò che volevo, sebbene con qualche piccolo compromesso.

Riguardo il trucco anche questo mantiene gli stessi toni contrastanti in grado di evidenziare gli stessi occhi che mia madre adorava definire intensi ed enigmatici e labbra carnose vengono a loro volta dipinte dalle mano esperte della truccatrice di un rosa pallido in grado di nascondere quell’ angioma sul labbo inferiore che con il tempo avevo imparato ad apprezzare.
Indosso velocemente gli alti stivali anch’ essi neri coi lacci argentei e mi guardo un’ ultima volta allo specchio.
I capelli mossi che ricadono dolcemente sulle spalle, l’ abbigliamento, il trucco… sono pronta per fare ciò che amo di più, pronta a sbalordire tutti.

-Sei stupenda.
La voce di Cloud mi prende di sorpresa alle spalle facendomi voltare di scatto.
- Ma manca ancora qualcosa.
- A cosa ti riferisci?
Torno a fissare lo specchio chiedendomi a cosa si riferisca mentre con incedere lento si avvicina fino a che non rientra anche lui nel riflesso.
- Chiudi gli occhi.
Faccio come dice e sento il freddo dell’ argento sul collo, la morbidezza delle sue mani dietro la nuca mentre mi solleva i lunghi capelli ed infine le sue labbra nuovamente vicino al mio orecchio.
- Adesso sei veramente perfetta. Apri gli occhi.
Il mio sguardo corre al collo ormai adornato da una splendida catenina con un ciondolo rappresentante un giglio finemente lavorato con dettagli in madreperla.
- So che non è molto, ma spero ti piaccia…
Lo interrompo prima che finisca la frase buttandomi al suo collo e baciandolo dolcemente sulle labbra, un bacio al quale lui non tarda rispondere.
- E’ bellissima, grazie.
Purtroppo veniamo interrotti dall’ arrivo della cameriera, oggi non posso permettermi di ritardare.

Finalmente ci dirigiamo al luogo dove è stato montato il palco ormai pieno di curiosi.
Vorrei passare dell’ altro tempo dietro le quinte con gli altri, ma so che è impossibile,il mio posto si trova sul palco e non posso far attendere oltre chi è venuto per ascoltarmi.
Prima di apparire sulla scena mi fermano dandomi tutti i loro incoraggiamenti, per ultimo il mio ragazzo che mi bacia un’ ultima volta prima dello spettacolo.

Sul palco mi sento così libera, felice. Vedere tutte quelle persone ed essere consapevole del fatto che tutti coloro a cui voglio bene sono al mio fianco mi rendono piena di energia ed in grado di dare il meglio di me.

Il concerto si conclude in men che non si dica, o almeno secondo la mia percezione del tempo.
Non appena finisco i ricevere i vari complimenti torni dai miei amici, ma appena li vedo non posso fare a meno di notare l’espressione assorta sul volto di Cloud, ma non me la sento di dire niente, almeno fino a che sono presenti anche Kadaj e Martina.
- Sei stata grande! Una delle tue migliori esibizioni.
- Martina ha ragione, non ti facevo così brava.
Continuano a complimentarsi, ma non riesco a partecipare alla loro euforia, non completamente.
Perché non si è ancora avvicinato? Cosa è successo mentre ero sul palco? Mi sento come se una morsa mi attanagliasse violentemente il petto, fino a farlo sanguinare, la sua espressione, il suo sguardo vacuo sono come una pugnalata.

L’ argenteo pare accorgersi del mio stato d’ animo e, con una scusa, cerca di allontanare se stesso e la compagna dopo aver lanciato uno sguardo carico di sottointesi al ragazzo dietro di se.
Pensavo che rimanendo soli avrei potuto parlargli, ma mi sbagliavo. Adesso ho ancora più paura di rivolgergli lo sguardo perciò mi appoggio al muro come per aiutare il mio subconscio a sostenere una tale situazione.
I nostri sguardi si incontrano, ma sono troppo codarda per mantenere quel contatto ed abbasso la testa cominciando a torturarmi le mani.

Continuo a chiedermi il perché del suo comportamento fino a che non lo vedo davanti a me. Lo guardo, ma tiene la testa bassa ed i pugni chiusi. Non lo avevo mai visto in questo stato. Vorrei cancellare quella sua espressione, capire, ma quando avvicino la mano al suo viso lui si scosta.
Perché non vuole che lo tocchi, cosa mi sta nascondendo?
Comincio a stringermi forte il petto, quel dolore è sempre più insopportabile.
Cerco ancora di ricacciare indietro quella sensazione di malessere quando le sue mani mi bloccano i polsi e le sue labbra si posano disperatamente sulle mie. Non era mai accaduta una cosa simile.

Fino ad allora ogni volta che mi sfiorava il suo tocco era leggero, questa volta invece era alla ricerca di una qualche sicurezza, come se cercasse un qualche appiglio, una luce in mezzo al buio.

Sono ancora confusa quando ci separiamo e Cloud mi stringe a se.
- Mi dispiace.
A cosa si riferisce, perché dovrebbe dispiacergli?
- Sono stato troppo rude, non dovevo – continua accarezzandomi i polsi posti fra noi mentre con l’ altro braccio continua a cingermi le spalle.
- Vederti su quel palco mi ha fatto ripensare a due giorni fa. Ho paura. Paura che un giorno tu sia costretta ad allontanarti, ad andartene. Paura di non vedere quel tuo sorriso in eterno, paura di perderti. Mi eri sembrata una cosa così irreale che ho avuto bisogno di provare a me stesso la tua esistenza e… ho esagerato, perdonami.
- Non mi perderai, mai – sono le uniche cose che riesco a dire senza scoppiare in lacrime.
- Hai ragione, infondo te l’ ho promesso. Niente mi allontanerà mai da te. – il suo viso è tornato quello di sempre con la sua solita determinazione, la morsa al petto è svanita e sento il cuore battere con maggiore forza.

Il nostro momento viene interrotto dalle urla dei fan e sono costretta ad uscire sul palco un’ ultima volta per poi potermi congedare.

Torno a casa in un’ altra auto assieme ai miei genitori, avrei preferito andare in moto.
Salgo lentamente in camera, ma una volta aperta la porta non posso fare a meno di accelerare il passo e chiudere velocemente quest’ultima alle mie spalle.
- Spero non ti dispiaccia rimanere in mia compagnia ancora per un po’.

Cloud rimane con me ancora per un po’, ma la stanchezza prende il sopravvento e mi addormento accoccolata al suo petto stretta dalle sue forti braccia.


Angoletto sclero:

Eccovi il sesto capitolo. Appena in tempo per augurarvi un felice anno nuovo!
Un bacione,
Jenni
 

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Capitolo 7
*** 19 Agosto - compleanno ***


19 Agosto

Abbiamo passato gli ultimi tre giorni a preparare tutto per oggi e finalmente è arrivato il momento.
Tutto è cominciato la mattina del giorno dopo il concerto quando, dopo essermi svegliata, Cloud mi aveva portato allo stesso bar della prima volta in cui ci eravamo incontrati.
E’ successo tutto all’ improvviso quando Martina e Kadaj mi avevano chiamato al cellulare.

3 giorni prima…

-Non pensi di viziarmi un po’ troppo?
- Non mi permetterei mai – il suo solito sorriso, quello che ogni volta rischia di farmi imbestialire, ma che amo tanto e senza il quale il suo volto perderebbe la sua luminosità.
- La smetterai mai di prendermi in giro?
- Mi dispiace, ma al momento non rientra nei miei piani.- continua a sorridere mentre mi prende dolcemente le mani, ma come al solito veniamo interrotti dal mio cellulare
- Riusciremo mai a parlare senza che quell’ affare cominci a suonare?
- Comincio a dubitarne fortemente. Ti dispiace?
- Tranquilla, sarà una cosa importante

-Pronto, desidera?
-Virginia, sono Martina, posso parlarti?
- E’ successo qualcosa?
- No, nulla tranquilla. Ma devo dirti una cosa importante.
- Parla.
- Si tratta di Cloud – un tuffo al cuore, cosa mai poteva dirmi?
- Non farmi stare in pensiero ed arriva al dunque.
- Forse non te lo ha detto, ma fra tre giorni è il suo compleanno.
In quel momento ricordo il nostro primo incontro, la nostra chiacchierata. Quella sera ci eravamo presentati e mi aveva detto di avere ventitre anni per poi aggiungere un “più o meno”.
- Scusami, ma in questo momento non posso proprio, che ne dici di questa sera?
- Ho capito. È lì con te, giusto?
-Esattamente.
- Allora a questa sera, ci sentiamo e mi raccomando non farne parola con lui. Ciao ciao.
- A dopo allora un bacio.

xoxoxoxoxo

Tutto era cominciato così e mi ero ritrovata a passare tre giorni nella massima cautela. Alla fine avevamo deciso di preparargli una festa a sorpresa ed ognuno di noi aveva dei compiti ben precisi.
Kadaj aveva pensato alle persone che avremmo invitato, Martina alle decorazioni ed ai preparativi per la casa, mentre io avrei dovuto pensare alla torta e soprattutto a tenere occupato Cloud il più possibile. Alla fine avevo passato tre giorni ad uscire nelle ore di luce col futuro festeggiato e la sera a preparare il dolce, tanto che alla fine ero sfinita, ma ne era valsa veramente la pena.

Alla fine avevo optato per una classica torta circolare di pandispagna farcita con crema e ricoperta di cioccolato con su scritta la parola auguri.
Mi ero impegnata molto e non avrei permesso che andasse tutto a rotoli.

-A cosa stai pensando?
La sua voce mi risveglia dal tepore della mia mente, dopotutto ho passato tre notti in bianco a lavorare.
- A..a niente.
-Sei sicura? Avevi lo sguardo puntato verso un punto indefinito.
- Tranquillo, ti assicuro che non era assolutamente nulla di importante.
-Se lo dici tu…

Diamine, detestavo la forte espressività del mio viso, soprattutto nei momenti meno opportuni e dopo aver passato tre ore passeggiando per le varie vie del paese cominciavo a sentire la stanchezza farsi sempre più opprimente.

-Forse sarebbe meglio se ti riportassi a casa. Hai delle occhiaie paurose.
- Tranquillo sto bene, ho solo avuto qualche problemino durante la notte.
- Certe volte proprio non ti capisco. Ed io che pensavo di poter passare tutto il giorno in tua compagnia.
- Non ho detto di voler andare a casa!
- Stavo scherzando.
Finalmente entrambi i nostri cellulari squillano e non posso fare a meno di sperare che siano Martina e Kadaj nel tentativo di riportarci al luogo della festa. Fortunatamente le mie preghiere vengono esaudite e, sebbene con un leggero broncio da parte di Cloud, ci dirigiamo a casa sua.

-Chi era al telefono?
-Kadaj.
Lo sento soffocare una leggera nota di rabbia. Cosa gli avrà mai detto da averlo irritato a tal punto?
- E’ successo qualcosa?
- Quel genio ha pensato bene di allagare mezza casa ed ora tocca a me riparare i danni.
- Capisco. – una cosa era certa, la scusa era molto buona.

Dopo una ventina di minuti siamo davanti alla porta di casa, mentre il volto di Cloud è tirato in una smorfia di rabbia, spero solo che vada tutto bene.
- Kadaj, apri subito la porta. Spero per te che i danni non siano irreparabili.
- Ti prego, fa che vada tutto bene. Ti prego…
Mentre continuo a sperare che vada tutto bene finalmente la porta si apre e la luce che precedentemente era spenta si accende improvvisamente accompagnata da un coro di auguri.
In quel momento avevo chiuso gli occhi, non avevo il coraggio di guardare, ma alla fine la curiosità aveva avuto la meglio ed ora non posso fare a meno di sorride davanti all’ espressione confusa del ragazzo davanti a me.

-Buon compleanno.
Gli dico avvicinandomi al suo orecchio facendolo voltare.
- Come facevi a saperlo?- l’ aria interrogativa ricompare nuovamente sul suo volto, provocandomi l’ ennesimo sorriso divertito.
-Ho avuto le mie fonti. Spero solo di averti fatto piacere.
Abbasso leggermente lo sguardo a fissare il chiaro parquet della stanza, fino a che non sento la sua mano accarezzarmi i capelli per poi essere seguita dalle sue labbra.
- Non avrebbe potuto essere altrimenti.- le sue mani prendono delicatamente il mio viso e lo alzano in modo che gli occhi dell’uno possano rispecchiarsi in quelli dell’ altro per poi concludere il tutto con un dolce bacio.

-Ehi Cloud!- entrambi ci voltiamo verso la fonte di quel richiamo, una voce che non avevo mai sentito prima di allora e che perciò mi incuriosisce.
Un ragazzo moro molto alto e dai muscoli ben delineati  accompagnato da una giovane dai capelli castani che mi pare aver già conosciuto. Il primo porta un paio di jeans ed una maglia a maniche corte bianca mentre la seconda un lungo vestito celeste ed un fiocco rosa a decorare l’ acconciatura.
- Non ci presenti?
Solo adesso che si sono avvicinati posso distinguerne i tratti, ma sono i loro occhi a colpirmi. Quelli di lui sono dello stesso colore di quelli di Cloud, ma al loro interno vi è una forte combattività che cela, per quanto possibile, una certa tristezza che sembra scomparire dietro l’ ombra di quella che potrei definire la voglia di non arrendersi, MAI. Come dimostra anche l’ acconciatura ribelle.
Quelli di lei invece sono di una sfumatura tra il verde smeraldo e l’ acqua limpida e cristallina. Ispirano fiducia, come il sorriso talmente luminoso che potrebbe essere in grado di illuminare una stanza.
- Ma io e Virginia già ci conosciamo.- la sua voce melodiosa interrompe il filo dei miei pensieri lasciandomi ancora spaesata. Anche i ragazzi si voltano entrambi verso di noi.
- Chiedo scusa, ma non rammento il tuo nome.
- Sono io che dovrei chiederti scusa. Mi chiamo Aerith, ci siamo incontrate alla tua festa. Invece lo scapestrato al mio fianco è il mio ragazzo, Zack.- finalmente ricordo dove avevo visto quella ragazza e, sebbene con una certa amarezza, rammento la situazione e vengo scossa da un brivido che spinge il biondo a posarmi una mano sulla spalla. Come dimenticare la sfuriata di Alan e di mio padre durante le quali erano intervenute Aerith ed altre due ragazze.
- Molto piacere.
- Wow Cloud, certo che hai trovato una bella ragazza. Per caso l’ hai pagata?
Scoppiamo tutti e quattro a ridere, soprattutto quando la nuova coppia augura il buon compleanno al più piccolo a modo suo scompigliandogli i capelli e strapazzandolo.

La serata continua in completa serenità di tanto in tanto interrotta dalle piccole minacce di Cloud pronto ad attentare alla salute di Kadaj e Zack.
Il tutto si conclude con la torta ed i complimenti ad essa legati. Non penso di meritarne così tanti, sebbene molto sinceri.
- Cucinerai ancora per me? – il suo respiro sul collo mi fa sussultare, ma non tardo a rispondere.
- Ogni volta che vorrai.
- Allora che ne dici di cominciare da domani?
- C-c-cosa intendi?
Arrossisco per la sorpresa, ma non vuole rispondermi, non al momento per lo meno.

Non appena la festa si conclude sia io che la mia migliore amica rimaniamo per mettere apposto, ma data l’ ora tarda Martina opta per passare la notte col proprio ragazzo.
Sento di dover tornare a casa e mi dirigo verso la soglia per uscire quando due forti braccia mi prendono la vita.
- Cloud, mi hai spaventata.
- Vuoi andartene?
- Vorrei non esserne costretta, ma... devo.
Continuo accarezzandogli la guancia.
- Oggi è il mio compleanno, giusto?
- Giusto.
- Ed ho diritto ad un desiderio, giusto?
- Cloud io…
- Rimani con me.- arrossisco violentemente a quella proposta ed al bacio che mi posa sul collo.
- Potrei rifiutarmi?
- Se volessi…- si scosta leggermente provocandomi l’ ennesimo tuffo al cuore, non posso ancora credere che lui sia in grado di ridurmi in quello stato.
- Resto.
La mia voce esce come un sussurro in grado di illuminargli il viso con un sorriso.
(vi prego di non farvi trascinare dal momento. Sinceramente ho altri progetti per i due protagonisti ;-) Vi prego di non odiarmi per questo >.<)

Angoletto di sclero:

probabilmente molti di voi vorranno uccidermi, ma come ho detto prima ho altri progetti per i due innamorati ^-^ Ringrazio tutti coloro che hanno continuato a seguire questa storia, grazie mille

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Capitolo 8
*** 20 Agosto - lacrime ***


 20 Agosto

Mi sveglio dolcemente ancora avvolta nelle lenzuola del letto di Cloud. Sono ancora un po’ frastornata quando mi accorgo del fatto che lui non si trovi al mio fianco, ma dopo pochi secondi compare nel mio campo visivo appoggiato alla finestra.
- Buongiorno, dormito bene?
- Benissimo, grazie.
- Sei molto carina quando dormi.
Quelle poche parole riescono a farmi arrossire violentemente per l’ imbarazzo di ciò che era successo la sera prima, o sarebbe meglio dire che NON era successo.
Addosso avevo una sua camicia che mi era stata offerta al posto dell’ abbigliamento precedente, troppo scomodo per dormire.

-Tutto bene?- la sua voce, le sue labbra troppo vicine al mio orecchio mi fanno sussultare violentemente.
- S-s-ì, tranquillo, benissimo. Vado un attimo in bagno.
Ancora nel pieno dell’ imbarazzo mi alzo velocemente e mi dirigo verso la porta della stanza, sentendo la sua risata soffocata.

Arrivata nell’ altra stanza vengo rapidamente raggiunta da Martina che, in preda all’ euforia, rischia di stritolarmi in un abbraccio. La sua voce a  causa dell’ eccitazione sale di un’ ottava dicendomi la causa di tutta questa felicità; Kadaj le aveva portato la colazione a letto. Il suo sorriso lasciava intuire tutto, sembrava quello di una bambina mentre scarta i regali la mattina di Natale.
- Tu invece? Cosa ci fai con quella camicia addosso? Non dirmi che…
Il suo sguardo comincia a scrutarmi in preda alla curiosità mentre la sua mente comincia ad elaborare tutte le possibilità.
- Non farti strane idee, non è successo assolutamente niente.- riesco a fermarla appena in tempo prima che continui con le domande imbarazzanti, cercando nel frattempo di chiuderla fuori. Riesco, sebbene con molta fatica, nel mio intento riuscendo a concedermi un momento di intimità.

Appena finito torno nella stanza; per quanto possibile avevo cercato di sistemarmi, ma ero sicura di continuare ad avere un aspetto orribile.
Al mio ritorno Cloud è appoggiato alla finestra con lo sguardo volto verso il cielo nuvoloso. Chiudo delicatamente la porta alle mie spalle, nel tentativo di fare minor rumore possibile, o per lo meno ci provo.
- Ti ho preparato qualcosa.- indica un vassoio con una tazza di caffè e due toast poggiata sul comodino, il tutto decorato con una bellissima rosa rossa. Il mio cuore è sul punto di esplodere dall’ emozione.
- Non era necessario…
- Che ne dici assaggiarlo prima di ringraziarmi?

Mi siedo sul letto mentre prende posto al mio fianco. Continuo a guardare il piatto quando mi volta dolcemente il viso per baciarmi e posarmi la rosa fra i capelli.
- Spero che la colazione sia di tuo gradimento.
Comincio assaggiando un toast; è delizioso! Non pensavo fosse così bravo in cucina.
- Non sapevo se avresti gradito la marmellata al limone.
- E’ deliziosa. L’ adoro.
-Ne sono felice.
Continuiamo a parlare un’ altra mezzora fino a che non decidiamo che forse sarebbe stato meglio riportarmi a casa prima che cominciasse a piovere.

Arriviamo appena in tempo, riuscendo ad evitare la fitta pioggia.
Cloud vorrebbe andarsene per non creare problemi, ma mi oppongo, non voglio che guidi con questo tempo. Gli propongo di rimanere fino a che non migliora il tempo.
In casa ci sono anche i miei genitori e mia sorella, spero solo che non succeda niente.
-Non voglio creare problemi, forse è meglio che me ne vada.
-Tranquillo non succederà niente, fidati di me.
Il nostro piccolo battibecco viene interrotto da mia madre che, avendo sentito delle voci, si era precipitata
all’ entrata.

Mia madre era sempre stata molto diversa da mio padre. Al contrario di lui era solare, allegra, poche erano le volte che l’avevo vista piangere. Aveva sempre sopportato in silenzio qualsiasi cosa le venisse detta, senza mai lamentarsi. Avrei sempre voluto essere come lei.
- Virginia, dov’ eri finita. Sei completamente bagnata.
Mi corre incontro, non può fare a meno di preoccuparsi per me.
- Chi è questo ragazzo? Poverino anche lui è completamente fradicio, forza entrate.
-Mamma, lui è Cloud. Cloud mia madre, Dalila.
-Molto piacere.- risponde impacciato come non lo avevo mai visto. Non pensavo che sarebbe rimasto così spiazzato.

Dopo poco anche il resto della mia famiglia si presenta all’ entrata.
- Ragazzina, si può sapere dove diavolo eri finita?
- Ciao Karin.
Mia sorella ed io eravamo diverse, sebbene avessimo entrambe lo stesso caratteraccio. Lei era una persona abbastanza tranquilla, un po’ polemica ed irritabile, ma tutto sommato tranquilla. Aveva avuto anche lei il suo periodo di ribellione, ma era finito presto rendendola ancora più responsabile, spesso soffocante.
Nonostante tutto in qualche modo ci somigliavamo, o almeno così mi dicevano.

Mentre le altre mi avevano salutato mio padre se ne era astenuto, limitandosi ad un’ occhiata torva. Ogni volta che facevo qualcosa che per lui era “sbagliato” tirava fuori quello sguardo, un avvertimento alla successiva sfuriata.
Era sempre stato un uomo abbastanza tarchiato, dall’ aria severa;infondo la sua concezione era d’altri tempi.
Permissivo per certi versi, impassibile per altri. Odiavo solo una cosa di lui; il suo carattere. Mai, durante tutta la mia vita, mi aveva detto di essere stata brava, o semplicemente si fosse mostrato orgoglioso, portandomi alla ricerca di approvazione. Alla fine ero diventata uguale a lui e la ricerca della sua dimostrazione di affetto mi aveva portato tra le braccia di Alan.

Vengo scossa da un colpetto al braccio da parte di Cloud e, per evitare ulteriori situazioni pesanti, ci dirigiamo nella mia camera.
Rimaniamo in silenzio fino a che non chiudiamo la porta della stanza dietro di noi. Sono ancora immersa nei miei pensieri quando mi cinge i fianchi e poggia la nuca nell’ incavo tra la mia spalla ed il collo.
In risposta faccio scorrere le mie dita sul suo viso.
-Hai davvero una bella famiglia.
-Grazie.
- Ma dubito di piacere a tuo padre.
Abbasso lo sguardo stringendomi le braccia al petto, quel suo atteggiamento mi fa soffrire. Come può non rendersi conto di ciò che provo, che per me quel ragazzo è qualcosa di molto importante?
- Tranquilla, ci vuole ben altro per farmi allontanare da te.
Il suo dolce sorriso mi fa sentire bene, il suo forte abbraccio protetta ed il bacio che posa sulle mie labbra amata.

Comincio a ridere quando finalmente mi rendo conto di cosa intendesse mia madre dicendo che eravamo bagnati fradici, i capelli grano di colui che mi sta di fronte ne sono la prova.
Anche lui ha la mia stessa reazione, a quanto pare sembro un cucciolo che è appena stato sotto la pioggia.
Riusciamo a calmarci solo quando qualcuno bussa alla porta riacquistando un minimo di serietà.
-Ragazzi vi ho portato degli asciugamani, così potete farvi una doccia. Tieni caro, questi dovrebbero starti, almeno fino a che i vestiti che hai indosso non si asciugano.
- Grazie mille signora.
- Mi sembri una buona persona e mi fido di mia figlia.
-Grazie mamma.

Approfitto della situazione per farmi un bagno usando quello di mia sorella in modo che Cloud possa utilizzare quello comunicante alla mia stanza.
Arrossisco rientrando nella camera avvolta solo dal telo di spugna. Mi sento mancare l’ aria nel vederlo con indosso solo i pantaloni a torso nudo. Non riesco a non notare la muscolatura perfetta e la pelle diafana.
Cerco un qualche appoggio per evitare che le gambe mi cedano, ma nell’intento cado attirando la sua attenzione. Corre velocemente verso di me per controllare che stia bene, constatando che la mia sbadataggine è stata in grado di provocarmi un leggero taglio sulla mano.
- Tutto bene?
- Sì, tranquillo. È stato solo un giramento, un probabile calo di zuccheri.
Mentre parlo mi rendo conto quanto poco possa essere credibile.
- Fammi vedere la mano. Niente di grave; è solo un taglietto.
- Normale amministrazione. Il disinfettante ed i cerotti sono sul comodino.
Faccio per alzarmi, ma con un cenno mi intima di rimanere al mio posto dirigendosi lui stesso verso il comò.
L’ imbarazzo tocca i punti massimi quando, una volta tornato col necessario per la piccola medicazione, mi tira a se facendomi accomodare sulle sue gambe.
Sento il cuore fermarsi quando le sue labbra si avvicinano in un sussurro al mio orecchio e le guancie avvampare quando mi allontano quel tanto che basta per vedere il suo volto sorridere a causa della mia “divertente” reazione.
- Credo di aver esagerato. Sarà meglio che vada a vestirmi prima di provocarti un attacco cardiaco.
Si congeda con queste semplici parole ed un piccolo bacio sulla fronte per poi uscire dalla stanza.

Non appena ritrovo un minimo di lucidità mi avvicino all’ armadio alla ricerca di qualcosa da mettermi.
Alla fine opto per un vestito blu a maniche corte con disegnati degli ibiscus bianchi. Davanti allo specchio arrossisco nuovamente ripensando a ciò che Cloud mi aveva detto in precedenza; “sei bellissima coi capelli bagnati”. Ero imbarazzata, certo, ma in qualche modo anche felice.
Il tempo di legarmi i capelli con un nastro blu e rieccolo alla porta, con un sorriso che pare infinito.
Mi prende alla sprovvista baciandomi con le spalle al muro per poi sorridere nuovamente della mia espressione.
-Si può sapere perché diavolo ridi? – il mio tono è leggermente irritato.
Mi cinge delicatamente i fianchi per baciarmi sulla fronte.
 – Perdonami, ma la tua espressione era troppo divertente.
- Non ci trovo niente di divertente.
Faccio per allontanarmi, ma vengo trattenuta per un braccio mentre posa l’ altra mano sui miei occhi. Le sue labbra si posano delicatamente sul mio collo provocandomi un brivido sulla schiena.
- C-c-cloud…
- Non ho intenzione di lasciarti andare prima di avermi perdonato.
Odiavo quando si comportava in quel modo, mi era impossibile mantenere il broncio.
- Ti perdono, ma adesso lasciami.
Allenta la presa per poi stringermi in una nuova che mi permetta di guardarlo negli occhi.
Rimaniamo insieme ancora per diverso tempo parlando della mia famiglia. Non pensavo che mi avrebbe fatto così tante domande su di essa. Ad incuriosirlo erano stati i nostri nomi ed era rimasto non poco meravigliato quando gli avevo spiegato di avere origini straniere.

Ci rendiamo conto dell’ ora tarda e del cielo limpido troppo in fretta per i miei gusti, ma è tempo di separarci. Nonostante l’ insistenza
di mia madre Cloud decide di andarsene lasciandomi con un dolce bacio.

Durante la cena la tensione è palpabile, sebbene si cerchi di ignorarla.
Purtroppo i vari tentativi di mia madre e mia sorella per alleviare la situazione si rivelano inutili quando mio padre chiede ad entrambe di andarsene col suo solito tono piatto, quello che anticipa la tempesta.
Non appena le altre due donne escono dalla stanza comincia la sfuriata. Non la smette di urlarmi contro, di accusarmi di aver portato a casa un delinquente.
Stringo le braccia al petto, come per evitare di cadere a pezzi mentre calde lacrime cercano di far capolino dai miei occhi. Perché continua a parlarmi così? Non resisto, non riesco a trattenere le lacrime aumentando la sua ira. Mi prende per il polso destro, vuole che lo guardi quando mi parla, ma il dolore che provo è troppo forte e non riesco a trattenere una risposta che sarebbe stato meglio avessi trattenuto per me, avevo colpito nel segno. I suoi occhi diventano fessure piene di odio ed in preda alla collera mi fa sbattere contro il muro. Karin entra nella stanza furiosa, solo allora mio padre si calma. Non riesco a muovere il polso e sento il cuore dividersi in due, ma trovo la forza di alzarmi e correre nella mia stanza.
Chiudo la porta a chiave per poi poggiarmi ad essa, continuando imperterrita a piangere.
Solo dopo un tempo indefinito trovo la forza di spingermi verso il letto dove crollo ancora in preda ai singhiozzi.

Angoletto schelero:

Chiedo venia per il ritardo, ma il rientro a scuola è stato traumatico e come se non bastasse il luogo dove abito ha risentito molto del disastro della Costa Concordia. Spero possiate perdonarmi >.<
So che il capitolo tende ad essere molto triste verso la fine, spero vi piaccia. riangrazio lauretta97 e Sweety Lover per le loro recenzioni, farò del mio meglio per non tradire la vostra fiducia.
Baci Jenni


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Capitolo 9
*** 21 Agosto - dolore ***


21 Agosto

Mi sveglio presto, gli occhi ancora gonfi per le lacrime versate la sera prima. Non riesco nemmeno a muovere il polso dal dolore e con una fitta al fianco sinistro constato di avere un grosso ematoma su quel lato del busto.
Con tutte le mie forze mi costringo ad alzarmi dal letto per cercare di prepararmi il prima possibile, prima che arrivi. Non voglio che Cloud mi veda in queste condizioni, non deve accadere, assolutamente…
Dovrei immobilizzare la mano destra ed evitare di sforzarla, ma una fasciatura sarebbe troppo evidente, anche con il vestito nero dalle lunghe maniche in seta che ho scelto di mettere. Il pizzo che orna l’ orlo della gonna, le delicate rose appena accennate sul tessuto, la mia espressione divengono tutt’uno con quel triste quadro riflesso dallo specchio.

Finisco di prepararmi appena in tempo quando appare alla mia finestra. La sua espressione è felice, non ho intenzione di rovinarla, non voglio che il suo posto venga preso dalla preoccupazione. Non voglio vedere quegli occhi color del cielo velati dalla tristezza, non voglio essere io la causa della sua infelicità.
Cercherò di fingere di stare bene, non mi importa delle conseguenze, affronterò lo stesso il dolore.

A malapena riesco ad aprire la finestra e faccio di tutto per nascondere quella che sono certa sia una smorfia di dolore. Non deve vedere il mio viso; non deve notare le livide occhiaie che fanno capolino su di esso.
-Buongiorno.
Mi posa un bacio sulla nuca accompagnato da un suo sorriso ed uno splendido mazzo di fiori, devo farmi forza.
- Buongiorno.
Cerco di sorridere, ma l’ unica cosa che vorrei fare in quel momento e correre fra le sue braccia, essere stretta al suo petto e poter lasciar uscire tutto ciò che mi opprime. Lo farei se non rischiassi di farlo soffrire.
- Ho una sorpresa per te, prometti di non sbirciare.
Lascio che le sue braccia mi stringano a se cercando di nascondere l’ ennesima fitta di dolore al fianco. Non muovo un muscolo quando con un panno nero mi benda gli occhi e mi prende in collo per condurmi alla moto. Sto cercando in tutti i modi di contenere le reazioni del mio corpo ai suoi lievi tocchi per celare la sofferenza che senti straripare da ogni parte del mio essere.

Il tempo passato in moto mi pare infinito, ma allo stesso tempo troppo breve per permettermi di riuscire a trovare anche un singolo briciolo di lucidità.
Mi guida delicatamente lungo il tragitto ed il suo tocco si fa sempre più leggero nel sostenere la sua camminata.
Probabilmente si è accorto del dolore, ma preferisco continuare a credere che sia all’ oscuro di tutto.

-Siamo arrivati.
Le sue labbra vicine al mio orecchio accompagnano la caduta della benda attraverso il suono melodioso della sua voce.
- Cloud dove mi hai portata?
Non posso credere ai miei occhi. Ci troviamo davanti a ciò che descriverei come una vecchia fortezza.
- Non lo saprai mai se non entriamo.
Il suo dolce sorriso mi fa intendere quanto grande sia la sua voglia di stupirmi e stringendo la sua mano varco la soglia dell’edificio..
-Come facevi a saperlo?
Sono le uniche parole che escono dalle mie labbra, le uniche che la mia voce, tremante per l’ emozione, mi consente di pronunciare.
Mi volta delicatamente il volto verso il suo prima di rispondere.
- Ieri ho semplicemente notato il volantino nella tua camera ed ho pensato che per te fosse una cosa importante. Di solito butti le cose che non ti interesano o lasci che scompaiano nel disordine. Questa volta invece lo avevi posto con cura sul comodino e non ho potuto non farci caso.
Avevo quasi dimenticato quel foglio, quell’ avviso che avevo ritagliato accuratamente dal giornale qualche settimana prima.
Parlava della programmazione di una mostra di quadri dello stile barocco. Il nome di un autore mi aveva colpito e solo ora mi torna in mente di averlo sottolineato.


- Non ho parole. Davvero, non ho idea di come ringraziarti.
- Che ne diresti di un bacio?
Mi prende delicatamente il viso tra le mani per baciarmi. Bastano le sue calde labbra per farmi dimenticare i tristi pensieri che prima mi tormentavano.
Il suo gesto ha risvegliato il mio corpo dal torpore a cui lo avevo costretto permettendomi di assaporare a pieno quel momento.

Passiamo la giornata tra le sale della mostra. Soffermandoci in particolare su un dipinto. Si tratta di un quadro dai toni scuri, drammatici; il quadro che stavo cercando.
- Era questo che volevi vedere?
-Esatto.
- Dovevo aspettarmi che fossi un’ amante di questo pittore. Che dire, sembri uscita da una delle sue tele.
Sorrido a quell’ affermazione, mai, prima di allora, sarebbe stata più azzeccata. Le chiare figure che emergevano dall’oscurità attraverso quei giochi di luci ed ombre, probabilmente era così che apparivo in quel momento.
Intrappolata dalla vita nel buio con una sola fonte in grado di rischiarare ciò che mi circondava e questa era Cloud.
Ormai dipendevo totalmente da lui.

Dopo una passeggiata ed un gelato ci dirigiamo nuovamente verso casa.
Durante il tragitto non posso fare a meno di notare un velo di preoccupazione nel suo sguardo.
Appena scesa dalla moto sento le sue braccia stringermi contro il suo petto in un gesto di protezione. Sento nuovamente la voglia di sfogarmi fare capolino e cerco, per quanto possibile, di trattenerla.
-Cloud cosa succede?
Mi sento debole, ma continuo a mantenere un’ aria distaccata per non esplodere.
- Non c’ è niente che vuoi dirmi?
Sento la presa farsi più salda ed il cuore spezzarsi. Volevo evitare che succedesse, non volevo farlo soffrire, non volevo arrivare a mentirgli.
- Capisco, fa come se non ti avessi chiesto niente. Ti chiedo solo di ricordare che per qualsiasi cosa io sono qui.
Mi sento un mostro. Non ho fatto altro che peggiorare le cose. Sento farsi sempre più forte il desiderio di rifugiarmi contro il suo petto e dirgli tutta la verità, ma qualcosa continua a fermarmi. Vorrei smettere di essere ragionevole, buttare alle ortiche la mia razionalità e seguire l’ istinto, ma è troppo difficile e se lo facessi rimarrei preda delle emozioni rischiando di spezzarmi una volta per tutte.
I nostri sguardi si incontrano per un secondo, quanto basta perché ne senta esaminare la mia stessa anima .
Mi stringe a se un’ ultima volta prima di baciarmi. Un bacio triste, pieno di sofferenza, ma allo stesso tempo di comprensione e pazienza.
- Aspetterò tutto il tempo che vorrai, non ho fretta. Non voglio costringerti a parlare, non adesso. Eppure sei così fragile…
Mi accarezza dolcemente la nuca frenando il corso di una lacrima solitaria sfuggita al mio controllo con le labbra prima di allontanarsi.
Come un fantasma mi dirigo verso la mia stanza dove mi lascio andare. Lascio che la crisi abbia il suo corso, che il dolore prenda il sopravvento e la consapevolezza di ciò che avevo provocato mi investa in tutta la sua potenza. Perdo il controllo che fino ad allora avevo cercato di mantenere e con esso l’ ultima traccia di lucidità.


Agoletto autrice:

ecco il nono capitolo, spero vi sia piaciuto. Spero di non aver esagerato con lo strappalacrime >.<. Aspetto di leggere i vostri commenti.
Baci Jenni :3

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Capitolo 10
*** 24 Agosto - sangue ***


24 Agosto

Mi sveglio con un’ orribile sensazione di nausea e di malessere diffuso abbastanza forte da rendermi faticoso anche il semplice alzarmi dal letto, come se non bastasse il polso dolorante.
Mentre mi vesto non posso fare a meno di tremare per il freddo nonostante la temperatura dell’ ambiente sia intorno ai trenta gradi. Spero solo di non essermi ammalata…

Opto per una felpa pesante da porre sopra la bianca camicetta di cotone in modo da evitare qualsiasi brivido durante l’ uscita.
Cerco in tutti i modi di ricompormi e perdere quell’ espressione malata prima che arrivi Cloud. Quel giorno mi sono resa conto di averlo fatto soffrire ed oggi avevo intenzione di farmi perdonare. Non posso star male, non ora.
Al suo arrivo mi fiondo verso il balcone cercando di comportarmi come se stessi bene.

Nonostante i miei sforzi comincio a tremare fra le sue braccia sentendo sempre più freddo.
- Virginia va tutto bene?
A malapena riesco a vedere il suo viso a causa della vista offuscata.
- Ho solo un po’ freddo, non è niente…
Mi scosto leggermente rischiando di cadere trattenuta solo dalla sua mano che ha afferrato il mio braccio sinistro.
-Come puoi dire “non è niente”?!  Stai tremando ed a mala pena ti reggi in piedi.
Cerca di trattenere la voce per non urlare a causa dell’ esasperazione.
- N-n-non devi preoccuparti.
I tremiti si fanno sempre più frequenti, abbastanza da impedirmi di parlare regolarmente. Sento le gambe cedermi e per evitare la caduta mi aggrappo morbosamente al suo petto.
Approfitta della situazione per  avvicinare le sue labbra alla mia fronte facendomi sussultare per la loro freddezza.
- Merda! Hai la febbre alta!
La sua voce è l’ unica cosa che continuo a percepire, le forze mi stanno abbandonando.
Mi maledico per aver provocato quella preoccupazione, perdendo sempre più la lucidità. Perdo la presa che fino a quel momento avevo cercato di trattenere scivolando nelle sue forti braccia.
-Virginia, Virginia rispondi! Ti prego apri gli occhi.
-C- Cloud.
La voce, un sussurro sovrastato dalle sue urla invocanti il mio nome. Vorrei rassicurare quel viso, ma sono troppo stanca e lascio che mi prenda in braccio.
- Basta, ti porto in ospedale, non mi interessa se mi odierai per questo, quello che conta ora è la tua salute.
Sono le ultime parole che riesco a sentire prima di perdere completamente i sensi.

A risvegliarmi dal tepore in cui ero caduta sono le grida di Cloud in cerca di aiuto appena arrivato all’ ospedale accompagnate da quelle di Martina e Kadaj.
Comincio a tossire attirando la loro attenzione.
-Cloud, dove siamo?
Scuoto leggermente la testa in cerca di un qualsiasi punto di rifermento oltre le candide pareti della sala in cui ci troviamo.
- Tranquilla siamo all’ ospedale, andrà tutto bene.
Le sue mani continuano ad accarezzarmi in un movimento convulso come se lui stesso cercasse fiducia in quelle parole.
- Cloud, io… io, mi dispiace. Mi dispiace per averti mentito, per non averti detto la verità. Mi dispiace tanto, io..
Vengo interrotta dai singhiozzi  e dalle lacrime che ormai copiose scendono lungo il mio viso. La sua stretta si fa più vigorosa mentre avvicina il suo viso al mio per posarmi un dolce bacio sulle labbra.
-Non preoccuparti. Sapevo già tutto, non ha importanza. Preoccupiamoci di questo momento, va bene?
Il suo sorriso riaffiora dall’ espressione preoccupata ed è lì, tutto per me.

Ricomincio a tossire con maggiore violenza di prima. Mi sento come se mi venisse strappata l’ anima.
Il dolore al petto si fa sempre più forte fino a che il mio campo visivo non viene invaso dal rosso cremisi del mio sangue.
La mia mano, sporca di quella sostanza scarlatta, comincia a tremare. Sono terrorizzata. Mai prima di allora era successo qualcosa di simile, mai ero stata così male.
Senza rendermene conto lancio un urlo. Continuo a ripetermi che non è altro che un brutto sogno, che presto mi sveglierò; riuscirò a fuggire da quell’ incubo.
Tutto intorno a me continua a tingersi di quell’ intenso colore. Sento un disperato bisogno di sfogarmi, urlare tutto il mio terrore, ma ogni volta che apro bocca questa si riempie del sapore delle mie vene. L’ odore acre che mi circonda mi fa girare la testa che sento ormai oppressa da una stretta insostenibile.

Passano pochi secondi prima di perdere completamente conoscenza. L’ ultima cosa che odo sono delle voci ed una spicca fra le altre; l’unica che avrei voluto sentire in quel momento.
- Chiamate un medico! COME POTETE NON FARE NIENTE!
Il resto scompare lasciandosi indietro quella nota di preoccupazione, di terrore e disperazione. Tutto scompare lasciando solo quella presa tremante che convulsamente si stringe sui miei fianchi.


Angoletto autrice:

ce l' ho fatta *tira sospiro di solievo* spero mi perdoniate per il suo essere leggermente più corto degli altri capitoli :3 Sono stata davvero felice di aver letto le vostre recenzioni, farò del mio meglio per non deludervi.
Un abbraccio, la vostra Jenni <3

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Capitolo 11
*** 25 Agosto - promessa ***


25 Agosto

Al mio risveglio sono a dir poco frastornata , anche se non riesco a capirne bene la causa precisa.
Dopo qualche minuto mi sento meglio e tutto ciò che è successo il giorno prima fa capolino fra i miei ricordi come un qualcosa di molto annebbiato; il che non aiuta certo la mia mente ad elaborare l’ accaduto.
Una parte di me non riesce ancora ad accettare il fatto che mi trovi in ospedale. Non riesce ad accettare la malattia e tanto meno l’ evidenza di tutto ciò che viene imposta con prepotenza dalla flebo collegata al mio braccio.
Dopo l’ accaduto di cinque anni fa speravo di non dovermi più ritrovare attaccata a quegli infernali apparecchi…

Il suono di alcuni passi si avvicina alla stanza e senza pensarci due volte mi corico nuovamente, ho sempre detestato le visite.
Diverse voci varcano la soglia. Una giovane sta cortesemente descrivendo l’ orario di visita a quelle che identifico come mia madre e mia sorella ed in sottofondo altre due voci, completamente dissociate dall’ argomento delle donne, ma a spaventarmi non è la voce di mio padre, bensì un’ altra più giovanile, un’ altra che speravo di non sentire mai più.
Le parole di Alan suonano come delle unghie su una lavagna, il suo accento falsamente sofisticato è paragonabile ad il suono di uno strumento mal accordato, tale è il suo essere irritante.

Non posso credere che dopo ciò che è successo abbia trovato la presunzione di far rivedere la sua brutta faccia nei paraggi, speravo che la lezione impartitagli da Cloud l’ ultima volta fosse servita a tenerlo lontano.
Cloud, il non sentire la sua voce è come una pugnalata in pieno petto. Era l’ unica persona che avrei veramente voluto al mio fianco.
La mia mente comincia a vagliare un miliardo di ipotesi per trovare una scusa alla sua assenza senza far caso ai suoni che la circondano. Fra i vari pensieri comincia a frasi spazio anche la dolorosa idea che non sia voluto venire insieme a quella che gli sia stato impedito.
Inutili sono i vari richiami di Karin che decide di andarsene insieme a nostra madre quando ormai il dolore al petto per la sua assenza si fa sempre più insopportabile.
La voglia di alzarmi e cacciare urlando i presenti comincia a sopraffare qualsiasi altro pensiero razionale quando la stanza viene invasa da un forte profumo di rose.

Un suono diverso rompe il silenzio che in pochi istanti si era creato, diverso da quelli presenti fino a poco fa.
- Chiedo scusa per il ritardo. Spero che questi ti aiutino a perdonarmi.
Una voce pari ad un sussurro, il suono della sua voce.
I miei dubbi sembrano scomparire nel nulla facendo spazio all’ immensa felicità che provo in quel momento.
Le sue parole sono seguite dal silenzio, i presenti paiono non fare caso gli uni agli altri escludendosi a vicenda, tutti tranne uno.

-Cosa ci fai tu qui?
Quel suono odioso, critico mi fa andare su tutte le furie. Come può permettersi certe affermazioni, con quale fegato si permette di rovinare quel momento?
- Sai biondino, è buon educazione rispondere quando ci viene posta una domanda.
Il suo tono si fa più acuto, irritante, inadatto al luogo nel quale ci troviamo.
- Potresti almeno voltarti quando qualcuno ti parla.
Alan sta cercando in tutti i modi di minare il controllo del ragazzo che ha ormai preso posto al mio fianco che continua ad ignorarlo.

- SONO FORSE INVISIBILE?
Far finta della sua assenza è ormai impossibile e se non stessi così male penserei io stessa a cacciarlo, ma ho un leggero senso di nausea ed in ogni caso preferirei continuare a mantenere la finzione del mio sonno.
- Abbassa la voce. – le sue parole sono un educato sussurro.
-Come scusa?
- Ho detto: abbassa la voce. – adesso è irritato ed a stento riesce a controllare il tono della sua voce.
- Perdonami, devo aver capito male. Mi stai forse dicendo di abbassare la voce?
- Tu perdonami, probabilmente ho usato parole che non rientrano nel tuo repertorio lessicale. Vediamo se riesci a capirla in questi termini. Ti sto dicendo di chiudere la bocca per evitare che il suono stridulo ed irritante della tua voce possa svegliarla. Infatti nel caso fossi stato troppo ottuso da non rendertene conto siamo in un ospedale e Virginia sta riposando.

Riconosco quella falsa cortesia che più volte avevo sentito nella voce di Cloud, quella cortesia che usava anche con mio padre. Certamente fra i due era lui il più diplomatico.
- Come ti permetti?
Quella voce sgradevole quanto il suo proprietario fa nuovamente capolino nella stanza. Perlomeno è irritata.
A seguirla non vi è altro che silenzio. Nessuno desidera rispondergli, nemmeno mio padre lo appoggia coma fa di solito. Passi veloci si allontanano dal letto e scompaiono dietro la porta che viene sbattuta con prepotenza.
Se ne è andato. Dovevo immaginarmelo. È sempre stato un vigliacco e come tale, una volta scomparso il suo seguito, batte in ritirata.

Dopo poco anche mio padre si allontana dalla stanza. Odia rimanere fermo senza poter far niente.
Aspetto di udire lo scatto della serratura per alzarmi. Adesso che se ne sono finalmente andati tutti posso rimanere sola con lui.
-Ben svegliata.
Arrossisco a quell’ affermazione. Mi sento come un bambino che viene scoperto dalla madre mentre sta facendo qualcosa di sbagliato.
- Mi sembrava che stessi fingendo. Eri troppo tesa per essere davvero addormentata.
- Scusa. È che…
- Non volevi vedere i tuoi. Ti capisco. Non c’ è bisogno che ti scusi.
Prende il mio viso fra le sue mani per avvicinarlo al suo. Il suo tocco è leggero, insicuro, come se avesse paura di rompermi. Ieri sono crollata vicino a lui. Mi sono mostrata nuovamente fragile, effimera, come mi aveva descritto l’ ultima volta, e vedermi in un letto d’ ospedale non deve certo aiutarlo. Conosco bene i suoi sentimenti nei miei confronti, quel maledetto senso di colpa lo sta attanagliando nuovamente e non posso fare niente per alleviargli quella sofferenza.
- Come ti senti?
La sua domanda trova spazio fra le nostre labbra allontanandoci di qualche centimetro.
- Tranquillo, tutto apposto. Piuttosto, cosa dicono i medici?
- Niente di grave, fortunatamente. Anche se non si spiegano bene cosa sia successo ieri quando…
La sua voce esita, ha un fremito. Non riesce a parlarne, troppo doloroso rievocare alla mente le immagini del giorno passato.
Mi stringe forte fra le sue braccia. Speravo di non vederlo più in questo stato, di non porlo più al limite della sofferenza. Non ho il coraggio di guardare il suo volto, di vedere la sua immagine distrutta dal dolore.
-Cloud.. – sussurrare il suo nome, non riesco a fare altro. La morsa al petto è troppo forte come la voglia di scoppiare, lasciare che siano le emozioni a prendere il sopravvento, ma qualcosa dentro di me mi spinge a trattenermi. Devo resistere, devo farlo per entrambi.
- Ho avuto paura di perderti. Mai mi sono sentito così spaventato. Le infermiere mi hanno dovuto cacciare dall’ ospedale. Quando ho visto il tuo sangue io… ho perso la testa.
La sua stretta si fa tremante, come la voce. Perché non riesco a porvi fin, perché devo essere io la causa di tutto e non la cura.
- Scusa, ho esagerato.
-Non succederà.
Le mie parole sono poco più di un sussurro, ma le sento uscire come un fiume in piena, con lo stesso effetto incontrastabile.
- A cosa ti riferisci?
Mi allontana dal suo petto, cercando il mio viso nascosto da alcune ciocche di capelli che nascondono le lacrime che oramai lo solcano.
- Non mi perderai. Non così facilmente. Non smetterò di lottare per rimanerti accanto, nulla mi impedirà di stare al tuo fianco!
Ci baciamo nuovamente, questa volta non ha paura di farmi male, la preoccupazione cede il passo ad altri sentimenti. Vengo investita da una valanga di emozioni, tutta la sua sofferenza, il suo amore mi vengono trasmessi, non permetterò che capiti di nuovo, che la sua sofferenza si ripeta.

Ci allontaniamo dolcemente scoppiando entrambi in una risata. La tensione ci aveva distrutti tanto che eravamo scoppiati a ridere nervosamente. Era certo, ormai eravamo impazziti.
Ancora qualche minuto e le infermiere sono costrette a mandare via Cloud che a quanto pare aveva passato la notte all’ospedale.
- Ci vediamo domani.
Un sorriso è tornato ad illuminare il suo volto cancellando ogni traccia di ciò che prima aveva dovuto sopportare. Mi sento sollevata. Sono psicologicamente distrutta, come ai tempi in cui passavo le giornate sui libri cercando di capire una lezione particolarmente complicata. Lascio che le braccia di morfeo mi cullino dolcemente, concedendomi ad un riposo ristoratore.


Angoletto autrice:

ecco pronto l' undicesimo capitolo, spero sia stato di vostro gradimento.
Spero di non congelare prima di aver pubblicato il prossimo capitolo.
Un abbraccio Jenni <3

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Capitolo 12
*** 26 Agosto - progressi ***


26 Agosto

E così ha inizio un altro giorno. Mi sento sollevata quando dalla prima visita del medico emerge che l’ indomani potrei essere dimessa.
La mia felicità è sul punto di scoppiare quando il dottore mi aiuta a dare la bella notizia anche a Cloud. Il suo viso si anima, un sorriso lo illumina cancellando tutto ciò che fino a quel momento sembrava turbarlo.
Posso finalmente dire di sentirmi bene, non solo fisicamente, ma anche emotivamente e tutto grazie a quella serenità che è appena stato in grado di mostrarmi.

Dopo pochi minuti appaiono anche i miei genitori ed un sorriso muore sulle mie labbra alla vista di chi si trova alcuni passi dietro di loro. Nonostante ciò che era successo il giorno prima Alan si trova nuovamente nella mia stanza d’ospedale. Perché nessuno glielo ha impedito? Perché nessun altro riesce a capire che il suo comportamento, la sua gentilezza non sono altro se non una maschera sotto la quale cerca di nascondersi?
Vorrei urlare, smascherarlo in quel preciso momento, ma a frenarmi è la mano di Cloud che stringe la mia. Se dessi libero sfogo ai miei capricci in questo momento sarebbe lui a pagarne ingiustamente le conseguenze. Mi convinco a rimanere calma e fare come se niente fosse, di ignorare quella presenza indesiderata; che non ne vale la pena, che non vale abbastanza.

Non faccio altro che rispondere alle mille domande che mi vengono poste riguardo cose che vanno dalla mia salute all’ attuale tempo. Sia mia madre che Karin stanno cercando in tutti i modi di non lasciare posto nemmeno al minimo silenzio, per tenermi impegnata in un qualche discorso, per quanto questo sia futile.
Appena ne ho la possibilità volto lo sguardo al ragazzo seduto al mio fianco. Continua a stringere la mia mano. Nei suoi occhi noto un sentimento di inadeguatezza, come se non si sentisse parte di quel luogo, ma anche un senso di appartenenza. Sebbene si senta escluso dal contesto della mia famiglia rimane al mio fianco.
A volte sento di non meritare tutto quell’ amore.
I nostri sguardi si incrociano, sono imbarazzata, ma questa sensazione viene scacciata da un suo sorriso al quale rispondo.

Purtroppo veniamo interrotti da Alan che aveva preso posto alle spalle di Cloud. Infastidito dai nostri sorrisi ha separato le nostre mani afferrando quella del mio ragazzo, facendo salire sul viso di entrambi un’ espressione infastidita.
- Cosa vuoi adesso?- il tono di Cloud cerca in tutti i modi di trattenere un attacco di ira.
- Mi stavo chiedendo cosa ci facessi ancora qui. –un ghigno malizioso accompagna la sua frase.
- Alan chiudi il becco!- sono sorpresa dal mio stesso tono acido, ma l’ irritazione era troppa per essere contenuta.
- Non scaldarti, potrebbe nuocere alla tua salute. Comunque stavo facendo solo un’ osservazione.
Quell’ espressione strafottente fa aumentare la voglia di prenderlo a calci che sto cercando in tutti i modi di contenere, ma per sua grande fortuna una presa alla spalla mi impedisce di sbranarlo.
- Di grazia, il signorino potrebbe spiegarmi come ho potuto indurlo in un tale dubbio?
- Non te ne accorgi? Mi deludi mio caro. Come puoi non accorgerti di non essere il benvenuto. Sappiamo entrambi che il tuo posto non è qui.
Pochi secondi. La presa che prima mi costringeva a rimanere calma scompare assieme alla sua risata.

È successo tutto così in fretta che non mi sono resa conto di nulla. Con uno scatto fulmineo Cloud si era alzato per colpirlo. Solo in quel momento comprendo che la persona che cercava di trattenere non ero io, ma lui . Fino a quel momento aveva fatto di tutto calmarsi ed evitare di reagire, ma alla fine si era lasciato prendere la mano ed aveva risposto alle provocazioni.
- Tu, COME HAI OSATO?!- è adirato, in preda alla furia. Nessuno aveva mai osato mettersi contro quell’ essere, nessuno prima di lui.
- Ti consiglio di rimanere in silenzio se non vuoi che continui. Nel caso continuassi a non accorgertene siamo in un ospedale. Non ho intenzione di litigare, non ora, non in questo luogo. Se mai vorrai la rivincita sappi che sono sempre disponibile, se mai avrai abbastanza fegato senza bisogno di nasconderti dietro i tuoi scagnozzi. Questa è l’ ultima volta che ti permetto di avvicinarti a Virginia, sono stato chiaro? Sparisci dalla mia vista prima che decida che non vale la pena mantenere il controllo per un tipo come te.
- Me la pagherai cara, è una promessa!

Per l’ ennesima volta scappa, decide di correre via. Mi fa quasi pena. Non ha coraggio ed è incapace di contenere lo smisurato ego.
Fino a quel momento i miei non hanno fatto altro che assistere, nessuno ha detto niente, nessuno ha proferito parola, preferendo non schierarsi.
Nel frattempo ognuno ha ripreso il proprio posto e solo dopo una decina di minuti i miei decido di andarsene lasciandoci soli.

-Mi dispiace, perdonami.
La sua voce mi prende di sorpresa, non mi aspettavo simili parole.
- Non capisco, cosa dovrei…
La frase si infrange sulle mie labbra quando poggia il suo capo nell’ incavo della mia spalla. Perché non vuole guardarmi in faccia? Perché tiene nascosto il volto?
- Ho esagerato, non sono riuscito a trattenermi.
Tiene le braccia lungo i fianchi mentre i pugni sono stretti a tal punto da far sbiancare le nocche. Prendo la sua mano fra le mie lasciando che la sua presa si sciolga delicatamente a contatto con la mia.
- Cloud, Cloud guardami!
Mi allontano per costringerlo a smettere di nascondersi, ma quello che vedo mi mette una profonda tristezza. Lo sguardo rivolto verso il basso, perso nel vuoto. Si sta auto commiserando. Non voglio che accada senza una ragione razionale.
- Non ho niente di cui rimproverarti. Sono felice di ciò che hai fatto. Sono stata felice quando hai reagito e non ti permetterò di trasformare questa vittoria in una sconfitta. Smettila di punirti per un qualcosa che non hai commesso.
Finalmente mi guarda, vedo il mio riflesso nei suoi occhi. Sto ancora tenendo la sua mano pronta, se necessario, a scuoterlo nuovamente. Lui mi ha insegnato a lottare, a combattere per i miei diritti. Non lo lascerò arrendersi così facilmente.

Entrambi scoppiamo a ridere ripensando all’ accaduto fino al momento in cui non viene mandato via dalle infermiere. Domani saremo nuovamente insieme, potrò tornare a casa e niente ci impedirà di rimanere l’ uno al fianco dell’ altro.
Un dolce bacio accompagna la nostra piccola separazione. Quello che è successo mi ha resa ancora più forte e sento che il nostro rapporto ha seguito la stessa piega. Non potrebbe andare meglio di così.
Mi addormento accompagnata dal profumo dei fiori posti accanto al mio letto.


Angoletto sclero:

Ecco il dodicesimo capitolo ^-^  Sto facendo di tutto per rimanere al passo con la storia, tra la scuola e tutto è una faticaccia, ma posso farcela. Farò di tutto per non deludervi *saluto militare*
Un bacione
Jenni

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Capitolo 13
*** 30 Agosto - gita ***


30 Agosto

Oramai mi sono completamente ripresa e, dopo innumerevoli suppliche, sono finalmente riuscita a convincere Cloud a fare una gita a quella che era divenuta la nostra spiaggia.
Da quando mi ero sentita male era diventato iperprotettivo, tanto che per riuscire nel mio intento avevo dovuto seguire le sue condizioni. Non mi ero preoccupata, almeno fino a che non mi aveva esposto quello che avevo cominciato a definire simpaticamente “ricatto”.

Due  giorni prima...

-Cloud, ti prego. Ormai sono in perfetta salute, hai sentito anche tu il medico.
- Virginia, per favore. Non ho la minima intenzione di discuterne ancora. Sai bene come la penso. Lo sai che…
- Sei stata malata e potresti avere una ricaduta e … - sono due giorni che ripete sempre le solite cose, ormai la sua imitazione mi riesce magnificamente. Va bene essere preoccupati, ma non gli sembra di essere esagerato?
- E ho avuto paura di perderti. Ti prego, sii seria. Sei svenuta, hai sputato sangue, come puoi non capire come mi sia sentito?
Mi ha afferrato per le spalle. Continua a dire che non mi rendo conto della situazione e che non faccio altro che minimizzare. Forse ha ragione, forse non mi rendo davvero conto di come si sia sentito, persino in questo momento lo sento fremere al solo ricordo della mia immagine distesa su un letto d’ ospedale.
- Ma ora sono qui. Non è questo quello che conta?
- Non la smetterai mai di chiedermelo vero?
- Non finché avrò voce in capitolo.- è sul punto di cedere, me lo sento.
- Va bene – le sue parole sono seguite da un lungo sospiro sconsolato, ma ciò non impedisce alla mia euforia di fuoriuscire.
-Davvero?!
-Ma ad una condizione.
- Ok, ecco la fregatura. Cosa devo fare? – una condizione, dovevo aspettarmela. Dopo i litigi precedenti mi sembrava avesse ceduto troppo facilmente.
- Parlare con tuo padre.
-COSA!? – sento le braccia cedermi mentre un sorriso compare sul suo volto.
-Sai bene a cosa mi riferisco. Ogni volta che ci vede sembra essere sul punto di fucilarci, ma non è solo questo. So quanto ci tieni alla sua approvazione ed al suo rispetto. Penso che questo sia il momento migliore per farlo dopo le scenate del “coniglio”.
Pronuncia l’ ultima parola con un ghigno. Prendere a pugni Alan lo aveva aiutato a sfogarsi e dopo la sua fuga quello era diventato il suo soprannome.
- Non c’ è modo per farti cambiare idea, giusto?
- Penso sia arrivato il momento e forse questo è l’ unico modo per darti la spinta che ti serve.
- Va bene, ci proverò…

xoxoxoxox

Alla fine avevo accettato ed avevo parlato con mio padre. Mai prima di allora avevamo avuto una simile discussione.
Per la prima volta avevo avuto il coraggio di farmi valere, il coraggio di affrontarlo.
Mentre camminiamo ripenso allo straziante dolore che avevo provato in quel momento. Avevo vinto, ma a quale prezzo?
Sapevo che ne avrei sofferto, ma non avrei mai immaginato in questo modo.
Ero partita con le migliori intenzioni, nella speranza che per una volta mi avrebbero ascoltata, eppure era finita nello stesso modo, come sempre.
Ogni nostro litigio cominciava con mio padre che mi inveiva contro , che mi impediva di esprimermi, sovrastando la mia voce con la sua.


Anche questa volta non voleva ascoltare, sentirsi dire la verità, che gli venissero rinfacciati i suoi errori.
A niente era servita la presenza di Cloud che più volte mi si era posto davanti per proteggermi da un imminente scatto d’ ira, infondo sapevo di poterli sopportare. Ciò che mi aveva ferito maggiormente erano state le sue parole. Vi avevo reagito, ma alla fine ero crollata dopo aver trovato il coraggio di dire quattro semplici parole; “sei un pessimo padre”. Parole uscite dalle mie labbra come un dardo velenoso, parole che per la prima volta avevano fatto centro.

I miei pensieri vengono interrotti da una leggera carezza. Senza rendermene conto qualche lacrima aveva preso a solcare il mio viso. Avevo cominciato a piangere e Cloud si era accostato a me per vedere cosa non andasse.
- Ti senti bene?- un’ espressione preoccupata ha fatto breccia sul suo viso d’ angelo.
- Tranquillo, va tutto benissimo. – sorrido fino a che non sento il suo viso a pochi centimetri dal mio.
- Smettila. Ti prego, smetti di comportarti come se niente fosse ogni volta che qualcosa ti affligge.- il suo sguardo cupo, accusatorio sono come spine conficcate nel petto.
- Cloud, io..
- Non possiamo continuare in questo modo. Virginia, voglio aiutarti, sostenerti io… io non desidero altro. Ti prego, basta far finta di niente, permettimi di comprendere.
Mi getto fra le sue braccia, stringendolo a me il più possibile fino a che non raggiungo nuovamente l’ equilibrio.
- Scusami.
-Scuse accettate. Allora, cosa c’ è che non va?
- Stavo ripensando a due giorni fa…
- Capisco. Forse ho sbagliato a spingerti fino a quel punto, ma non me ne pento. So che è difficile, ma sono certo che riuscirai a superarlo. Ho fiducia nelle tue capacità.
I nostri visi si uniscono attraverso un dolce bacio. Sento finalmente di potercela fare, riuscirò a farcela, finchè lui sarà al mio fianco.

La nostra chiacchierata ci ha fatto rimanere indietro e ci affrettiamo a raggiungere gli altri prima che comincino a spazientirsi.

La spiaggia è bellissima ed è solo per noi. Oramai la stagione è prossima alla sua fine ed in pochi si avventurano in questa meravigliosa insenatura della costa, probabilmente per la lunga camminata.
Non ci penso due volte a tuffarmi. Lascio cadere il prendisole in lino bianco vicino le borse per poi sparire nel bel mezzo di quell’ acqua limpida. Sento la sua freschezza lambirmi le carni; adoro questa sensazione che mi spinge a nuotare ancora più in profondità.
Riemergo appena in tempo per vedere Kadaj mentre butta la sua ragazza in acqua nonostante le minacce di quest’ultima. Dovevo aspettarmelo. Martina è sempre stata freddolosa e di sicuro non si sarebbe tuffata di sua iniziativa.

Sento la mancanza di Miriam. Vorrei fosse qui con noi.
L’ ultima volta che le avevo parlato non me l’ ero sentita di raccontarle cos’ era successo pochi giorni fa.
La conoscevo da molto tempo e sapevo che se avesse saputo della malattia non ci avrebbe pensato due volte a prendere un aereo e raggiungermi piantando il lavoro. Non ne sarebbe valsa la pena.

Cloud si trova ancora a riva mentre si prepara a sua volta ad entrare in acqua. Sento le guance incendiarsi mentre si priva della maglietta. La perfetta muscolatura, la pelle illuminata dal sole sono un qualcosa di indescrivibile.
Mi inabisso nuovamente alla ricerca di un rimedio per il calore al viso quando riemergendo sento due braccia stringermi la vita.
- Stai benissimo in costume.
Sento il cuore accelerare col rischio di esplodere. Rabbrividisco al solo contatto delle sue labbra sul mio collo.
Mi volto alla ricerca di quel viso e  respirare diventa faticoso davanti a tale visione. Lo avevo già visto a torso nudo, ma, come la prima volta, rimango pietrificata. Se non mi stesse aiutando a rimanere a galla rischierei di annegare.
Stiamo nuovamente per baciarci quando veniamo interrotti da alcuni schizzi.
- Ehi piccioncini, non vi stavate mica dimenticando di noi, vero?
Mi riprendo completamente realizzando che gli autori di tutto ciò erano Kadaj e Martina. Basta uno sguardo per prepararci alla vendetta.
- Ti sbagli caro vecchio amico. Vedi il fatto è che non volevamo cominciare una lotta che avremmo sicuramente vinto, ma…
- Se ci tenete così tanto a perdere saremo lieti di accontentarvi.
Cominciamo una piccola lotta a coppie, come quelle che ricordo facevano mia sorella ed il suo ragazzo con gli amici quando ero una bambina.
Non ho dei ricordi che possa definire miei di momenti simili, ma sono pronta a crearne di nuovi. Avevo bisogno di questa giornata , di questa spensieratezza dalla quale mi faccio cullare fino al calar della sera.

Arrivato il tramonto ci prepariamo a lasciare la spiaggia per dirigerci a casa dei ragazzi. Dopo ciò che è successo un paio di giorni fa non sono tornata a casa se non per prendere qualche vestito.

Dopo una doccia rilassate ci accingiamo a preparare la cena dividendoci i vari compiti; io e Cloud penseremo alla cucina, mentre Martina e Kadaj alla tavola.
Cominciamo a preparare la pasta per la pizza quando vengo inavvertitamente travolta da una valanga di farina opera del mio compagno che mi accingo a sporcare con le mani sporche di impasto.
Cominciamo a rincorrerci per la stanza come dei bambini, fino a che non mi prende per un braccio. Cominciamo a ridere l’ uno per la faccia dell’ altro. Sono risate sincere, spensierate. Sussultiamo nell’udire un suono di bicchieri infranti e nel vedere l’ altra catastrofica coppia fare capolino.
- Scusate, ma abbiamo appena rotto qualche bicchiere e… COSA è SUCCESSO QUI?
Dopo esserci rivolti uno sguardo complice e senza la minima risposta attacchiamo i due nuovi arrivati lasciandoli senza via di scampo.
Sono felicissima, non mi ero mai divertita tanto.

Stimolati da un certo languorino ci accingiamo a finire la cena che consumiamo tutti assieme. Mi sento sollevata dalla sensazione di serenità che ci sovrasta, essendo abituata ad un clima di tensione.
Finito il pasto pensiamo a porre rimedio al disastro della cucina e del salone; non pensavo potessimo essere così distruttivi.

Sfinita mi accascio al fianco di Cloud, cullata dal tepore della sua pelle.


Angoletto sclero:

chiedo venia per il mostruso ritardo >.< A causa dello studio e di un pò di influenza sono stata impossibilitata a scrivere. Chiedo perdono e spero di avervi accontentato con questo tredicesimo capitolo. Ringrazio tutti coloro che continuano a segurmi, non vedo l' ora di leggere i vostri commenti ;)
Un bacione,
la vostra Jenni <3

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Capitolo 14
*** 3 Settembre - ritorno ***


3 Settembre

Tre giorni passati senza avere loro notizie, tre giorni passati senza il suo sorriso.
Inutili i miei tentativi di contattarlo, di sentire la sua voce per assicurarmi del fatto che stesse bene.

Tre giorni prima…

Mi risveglio nel letto di Cloud, ma lui non si trova al mio fianco. Si trova davanti alla finestra con sul viso un’ espressione cupa.
Mi avvicino abbracciandolo alle spalle e ponendo il viso fra le scapole.
-Cloud c’è qualcosa che non va?
- Dovrò andarmene per qualche giorno.
Mi distacco facendo qualche passo indietro. Non riesco a seguire il discorso, cosa intende per andarsene?
- Cosa stai cercando di dirmi? Non riesco a seguirti.
La mia voce è un sussurro, ma sono certa che mi abbia sentita.
- Io e Kadaj siamo stati chiamati per un lavoro importante. Partiamo questa sera.
Abbasso il viso per evitare il contatto col suo e nascondere le lacrime che sono oramai sfuggite al mio controllo.
Le sue mani mi raggiungono lentamente stringendomi al suo petto. Davanti a quel gesto perdo definitivamente coscienza dei miei gesti lasciandomi travolgere dalle contrastanti emozioni che provo in quel momento. Ho un brutto presentimento ed un orribile senso di deja vu.
Lascio che le nostre labbra si incontrino e che le sue dita mi accarezzino dolcemente il viso.
Rimaniamo in silenzio ancora qualche istante, fino a che  qualcuno non bussa alla porta della camera.

xoxoxoxoxox

Era stata l’ ultima volta che ci eravamo abbracciati, che eravamo rimasti soli, poi più niente. Dopo la comparsa di quell’ uomo vestito in giacca e cravatta Cloud mi aveva riportata a casa e dopo avermi consegnato una lettera era sparito insieme a Kadaj.
Nella busta che mi aveva consegnato c’ erano un mazzo di chiavi ed un biglietto di scuse. Nessun’ indicazione su dove andasse o quando tornasse, nessuna promessa degna di questo nome.
Una frase in particolare mi aveva fatto infuriare:

“Non fare domande, ti prego di non indagare in alcun modo; ti spiegherò tutto al mio ritorno.
Ti amo,
Cloud”

Avevo accartocciato il foglio in preda ad uno scatto d’ ira e lo avevo gettato via. Perché non voleva che sapessi dove andasse? Chi era quell’ uomo in giacca e cravatta dai lunghi capelli neri raccolti in una coda con il quale era andato via? Avevo passato intere ore alla ricerca di una qualche risposta, ma era stato tutto inutile.

Ero ancora persa nelle varie domande che si scontravano con le uniche risposte che riuscivo a trovare, partiti che il mio cuore non voleva nemmeno considerare, quando cominciò a suonare il cellulare abbandonato sulla scrivania.
Avevo rischiato l’osso del collo per rispondere nella speranza che fosse lui, ma alla fine non era altro che Martina.

Avevo ceduto alle sue richieste ed ora eccomi qui, con il mazzo di chiavi in mano davanti a quella porta.
Perché mi ero lasciata convincere? Non volevo tornare lì, non senza di lui. Avevo paura dell’ ennesima crisi, paura che l’ombra dei ricordi persi nell’ incidente tornasse a rovinarmi la vita. Non riuscivo nemmeno ad infilare la chiave nella toppa della serratura senza tremare, cosa che rendeva impossibile anche solo immaginare cosa sarebbe successo se avessi rivisto l’interno.

Prima che possa far scattare la serratura avverto gli pneumatici di un’ auto fermarsi davanti l’ abitazione.
Mi volto alla ricerca del veicolo ed alla sua vista rimango paralizzata dalla consapevolezza che si fa spazio nella mia mente.
Sono tornati.

Senza pensarci nemmeno un secondo gli corro incontro buttandomi al suo collo. I dubbi che durante quei giorni mi avevano insistentemente accompagnato scompaiono a quel dolce contatto.
- Sono tornato.
Quelle due semplici parole mi fanno scoppiare in lacrime, tanto da farmi accorgere solo successivamente dell’ oscura presenza che ci osservava.
Anche l’ ultima volta avevo notato lo sguardo di quell’ uomo; uno sguardo indagatore, forse anche incredulo e qualcosa dentro di me mi diceva di stargli alla larga. Suggerimento che avrei seguito ben volentieri.

Un rantolo soffocato fa vibrare il petto Cloud, deve essergli successo qualcosa. Mi distacco leggermente per poter contemplare la sua espressione. Non posso non notare il labbro inferiore ed i segni che questo porta di uno scontro. Ripensando  alla lettera mi avvicino piano al suo orecchio.
- Mi devi molte spiegazioni a partire da questo.
Proferisco quelle semplici parole passando lentamente le dita sulla piccola ferita.

Un sorriso solca dolcemente il suo volto per poi rincupirsi al suono della voce dell’ uomo che fino a quel momento era rimasto ad osservarci rimanendo appoggiato alla portiera dell’ auto.
- Mi dispiace interrompervi, ma rimangono ancora alcune faccende di cui sarebbe necessario…
- Chiudi il becco Tseng.
La voce di Kadaj pare un ringhio a malapena trattenuto.
- Kadaj calmati e tu, adesso non è il momento. Come vedi abbiamo altro da fare quindi, se non ti dispiace, sparisci.
Anche Cloud sembra non gradire molto la sua presenza. Durante le ultime parole con cui lo aveva congedato si era frapposto fra me e lo sguardo indagatore che non aveva smesso un attimo di seguirmi. Sebbene non ne capissi il motivo trovavo la cosa più che giusta.
- In tal caso tolgo il disturbo. Avrete presto nostre notizie.
Un’ ultima occhiata indagatrice ed eccolo salire sul veicolo accompagnato da un verso di puro disprezzo del ragazzo davanti a me.

Siamo nella sua stanza mentre cerco le parole migliori per cominciare il discorso che più volte avevo immaginato durante quei giorni, ma che in quel momento pare essere scomparso dalla mia mente. Volevo parlargli da sola, trovare le risposte a quella lettera, ma in quel momento era difficile anche solo ripensare a tutto ciò.
-Cominciavo a dubitare di trovarti ancora qui al mio ritorno.
Quelle parole erano l’occasione che avevo aspettato fino a quel momento per cominciare il discorso. Tanto valeva lasciarci andare.
- Perché non mi hai detto dove andavi?
-Non volevo ti preoccupassi.
Non voleva che mi preoccupassi, mi ricorda tanto qualcosa. Sempre la solita discussione, ma questa volta le parti erano invertite.
- Pensi che non aver avuto tue notizie sia stato di aiuto? Hai idea di come mi sia sentita leggendo la tua lettera?!
Il tono della mia voce si alza di un’ ottava. Sono furiosa e sento di essere vicina ad una crisi di nervi.
-Era necessario. Se non lo avessi fatto avresti trovato un modo per raggiungermi, sarebbe stato troppo pericoloso.
- Cosa sarebbe stato troppo pericoloso?!
- Virginia io…
Non riesco più a tener a bada la rabbia ed in preda ad uno scatto d’ ira gli tiro uno schiaffo colpendolo dalla stessa parte lesa precedentemente da chissà quale scontro.

- Ti prego. Basta.
Le lacrime continuano a scendere copiose. Il suo viso si è rannuvolato; su di esso un’ espressione turbata, ma allo stesso tempo decisa.
Senza proferire parola mi prende i polsi costringendomi con le spalle rivolte verso la porta che chiude a chiave infilando quest’ultima nella tasca dei propri pantaloni. Sono spaventata, mai prima di allora lo avevo visto comportarsi così, eppure non temo per ciò che potrebbe fare a me, bensì per quello che farebbe a se stesso.

Inutilmente cerco di divincolarmi per scampare da quella scomoda posizione riuscendo solo a limitare maggiormente la mia mobilità. I nostri visi si trovano a pochi centimetri l’ uno dall’ altro quando si uniscono.
Un bacio diverso da quelli a cui ero abituata al quale non rispondo subito. Non è dolce come i precedenti, troppo simile a quelli di Alan. Mi costringe a dischiudere le labbra con un leggero morso permettendogli di approfondire il bacio.
Mi lascio trasportare dalla sua furia iniziale fino a che questa non si trasforma in una controllata dolcezza.

Non appena ci discostiamo sento le guance avvampare e lascio che le mie braccia, finalmente libere, cadano lungo il busto . Non riesco nemmeno  più a pensare, scossa solo dallo scatto della serratura.
-Non ti fermerò. Se desideri andartene smetterò di cercarti. Questa volta sono andato troppo oltre.
Cosa stai aspettando? Non merito di averti ancora al mio fianco.
Si è allontanato dirigendosi verso il mobile che teneva a fianco del letto dal quale estrae alcune garze. Mi sento confusa dalle sue parole e quello che è appena successo; le sensazioni e le varie immagini si affollano nella mia mente per poi dissolversi improvvisamente.

Cloud si è appena tolto la maglia, ma a sconvolgermi sono le varie fasciature che ha sul busto e le braccia. Mi sento svenire quando noto che in corrispondenza dell’ addome una di queste era intrisa di sangue, delsuo sangue.
Se precedentemente avevo anche solo accarezzato l’ idea di andarmene adesso mi sento una stupida per averci anche solo pensato.
- Cos’ è successo? E non raccontarmi frottole.
Si volta verso di me prendendo delicatamente la mano che avevo posato sulla sua schiena.
- Ho paura che dovrai aspettar ancora qualche minuto. Mi dispiace per prima. Il fatto è che…
- Niente scuse, pensiamo piuttosto alla tua ferita, ho paura che abbia cominciato a sanguinare.
Lo aiuto a ripulire il taglio e rinnovare la fasciatura nonostante le smorfie e le battute con le quali accompagna i miei gesti.

Conclusa la medicazione comincia a raccontarmi tutto. Vengo travolta da quel fiume di informazioni che faccio ancora fatica ad assimilare.
- Scusa, ma faccio un po’ di fatica a seguirti.
- Mi rendo conto. In effetti è tardi e devi cominciare a sentirti stanca. Provo a ripeteterlo nuovamente.
Virginia, sia io che Kadaj siamo collaboratori della Shin-Ra; la società di cui ti ho appena parlato.
- Comincio a capire, ma cosa c’entra tutto questo con le tue ferite?
- Vedi, questa volta abbiamo avuto dei “piccoli” incidenti.
- Carino il modo con cui chiami Loz e Yazoo.
In quel momento l’ esile figura di Kadaj emerge dall’oscurità del corridoio accompagnando la sua stessa voce.
- Chi sono? – continuo a sentirmi confusa e la stanchezza comincia a farsi sentire.
- Si tratta dei miei fratelli. Ce l’ hanno con me quando ho preferito unirmi a Cloud piuttosto che appoggiare la loro folle causa. Sono stati loro a ridurlo in questo stato.
Finalmente comincio a capire, ma tutto continua ad apparirmi così assurdo.
- Com’ è possibile?
Mille domande cominciano a riaffiorare nella mia mente. Come potevo spiegarmi le sue ferite, il suo silenzio?
La testa mi pulsava per le informazioni che avevo appena ricevuto e per i punti interrogativi ai quali non trovavo risposta.
- Ci sono ancora molte cose da spiegare, ma non adesso. Sei distrutta.
Continueremo domani, te lo prometto.

Le palpebre si fanno pesanti e, allo stremo delle forze, mi lascio adagiare sul letto senza fare storie.
Nel frattempo Kadaj era uscito chiudendosi la porta alle spalle.

Mi stringo nelle lenzuola mentre il corpo di Cloud prende posto accanto al mio.
Il bacio che mi aveva dato quel pomeriggio era stato qualcosa di incredibile, nonostante il timore iniziale era stato a dir poco piacevole. La rabbia che avevo provato era svanita ed ora che mi stringeva nuovamente a se mi sentivo al settimo cielo.
Mi lasciai cullare da quel momento di pura serenità prima di crollare addormentata fra le sue braccia.


Angolino schlero:

eccovi il quattordicesimo capitolo ^-^ spero di non avervi deluso. Scriverlo è stato a tratti quasi esilarante, soprattutto quando Cloud ha ricevuto lo schiaffo xD.
Ringrazio tutti coloro che continuano a seguirmi, non vedo l' ora di leggere i vostri commenti :3
Baci, baci
Jenni

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Capitolo 15
*** 4 Settembre - passato ***


4 Settembre

Cloud non si è ancora svegliato.
Continua a dormire profondamente; è meraviglioso mentre dorme.
Mi chiedo cosa stia sognando, quali siano i pensieri che lo turbano in quel momento.

Delicatamente mi alzo dal letto per non svegliarlo. Gli ultimi pensieri del giorno prima continuano ad essere un informe groviglio di informazioni alle quali ancora non sono totalmente in grado di trovare un senso.
Lascio da parte le varie domande che continuano a frullarmi in testa per dirigermi verso la cucina facendo il minor rumore possibile.
Ricordo ancora la richiesta che mi aveva fatto il giorno del suo compleanno e che non avevo mai esaudito. Ogni volta che mi ospitava pensava lui alla colazione portandomela a letto. Finalmente era arrivato il mio turno.
Aveva bisogno di riposo ed avrei fatto di tutto per aiutarlo, a cominciare dalle piccole cose.

Necessito di qualche minuto prima di trovare qualcosa che possa essere commestibile, infondo nessuno entrava in quella casa da ben tre giorni…
Mi arrendo all’evidenza di non poter fare granché, se non qualche misero toast ed una tazza di caffè.

xoxoxoxox

Il dolore al fianco è lancinante, non pensavo che quei due sarebbero stati in grado di ridurmi in questo modo.
Ancora assonnato distendo il braccio alla ricerca della sua presenza trovando solo vuoto.
Mi alzo di scatto incurante della ferita preoccupato dal pensiero che aveva immediatamente preso posto nella mia mente per trovare una qualche spiegazione alla sua assenza. Non sopporterei la sua perdita, non di nuovo.

Mi sento rincuorato non appena vedo le sue scarpe a fianco del letto. Non è andata via.
La paura di perderla, non riesco ad allontanarla dal mio cuore, eppure ieri avrei fatto di tutto perché accadesse. Non voglio che venga coinvolta in questa assurda guerra eppure non riuscirei a sopportare la sua mancanza.

Vedendo le sue lacrime ieri mi sono sentito un mostro; aveva la stessa espressione di allora.
Più rimaneva al mio fianco maggiore era la sua sofferenza eppure non era andata via, era rimasta. Non lascerò che succeda ancora, Virginia non merita tutto questo.

Un’ ennesima fitta mi costringe a rimanere a letto. Un unico pensiero mi impedisce di ignorare tutto questo ed è lei. Se lasciassi riaprire la ferita rischierei di turbarla nuovamente. So bene che il sangue non le fa impressione, ma quando aveva avvicinato la mano al taglio sanguinante tremava.
Nonostante quello che le avevo appena fatto continuava a preoccuparsi per me. L’avevo costretta a baciarmi essendo consapevole di quanto odiasse essere messa alle strette, di ciò che aveva dovuto passare in precedenza eppure non si era mossa di un centimetro in direzione della porta. Sentivo di amarla sempre di più.

Non appena riesco a mettermi in una posizione più comoda compare nella stanza con in mano un vassoio ed un sorriso imbarazzato sul volto.
- So che non è un granché, ma spero comunque che…
Non la lascio finire e la interrompo tirandola a me.
- Sono certo che è deliziosa.

xoxoxoxox

Mi siedo al suo fianco in attesa di un qualche commento su ciò che gli ho appena preparato.
-Allora? Che ne pensi?
Mi sento come una bambina, il che diviene alquanto imbarazzante non appena da via libera alla sua risata cristallina.
- Lo sapevo, non ti piace.
- Dovresti avere più fiducia in te stessa; lo trovo delizioso.
- Davvero? Non mi stai prendendo in giro?
- Davvero, davvero.


( Per questa scena vi consiglio di leggerla ascoltando almeno in parte questa canzone http://www.youtube.com/watch?v=tn4rkuzNmJw&feature=fvst per entrare meglio nell' atmosfera; almeno fino ai dialoghi ^^)

Mi bacia delicatamente sulla fronte quando il mio cellulare comincia a squillare.
Non posso crederci. Deve esserci una qualche legge della fisica a me sconosciuta secondo la quale quell’ affare debba cominciare a suonare in simili momenti.
Cerco di fare come se niente fosse aspettando che il mittente riattacchi, ma quest’ ultimo sembra non demordere; mai prima di allora avevo odiato così tanto la mia suoneria e dire che ero una fan dei Nightwish…

- Virginia forse dovresti…
Non gli lascio terminare la frase alzandomi sgarbatamente ed attraversando l’ intera stanza a grandi falcate per recuperare il telefono pensando a come distruggerlo una volta risposto.
- Pronto? Martina giuro che se sei te ti distruggo!
- Virgi!!!!! Sei contenta?
Mi sarei aspettata qualsiasi voce tranne quella di Miriam.
- M-miriam?
- Ehi, Virgi. Non sei contenta di sentire la mia voce? Guarda che se è così abbasso subito.

La rabbia svanisce immediatamente. Avevo sentito la mancanza del rassicurante suono che emettevano le sue corde vocali, le sue conversazioni ed ora potevo nuovamente sentirle.
- Miriam, non sai quanto sia bello sentirti!
- Ho una fantastica notizia.
- Di cosa si tratta?
- Sto tornando a casa.
La felicità si fa incontenibile tanto da non rendermi nemmeno conti che ho cominciato ad urlare nel telefono mille domande che io stessa non riesco a seguire.
Gentilmente Cloud mi porge un taccuino ed una penna per appuntare l’ ora del suo arrivo, il binario al quale arriverà ed altre informazioni utili.

Finita la conversazione sento un’incontenibile eccitazione farsi strada nel mio petto; fra meno di due ore ci rivedremo.
Solo dopo aver riposto il cellulare nella tasca interna della borsa mi rendo conto che il ragazzo dietro di me aveva cominciato a vestirsi, sebbene con una certa fatica.
- Cloud cosa hai intenzione di fare?! Devi rimanere a riposo altrimenti…
- La ferita potrebbe riaprirsi; lo so. Tranquilla non ho intenzione di saltare sui tetti.
-Poi sarei io quella che minimizza…- il mio tono di completo disappunto non ottiene l’ effetto che volevo facendolo scoppiare a ridere.
- Tranquilla, a quanto ho capito la tua amica arriverà alla stazione alle tre quindi tra meno di due ore. Hai detto di voler andare a prenderla ed io ho intenzione di accompagnarti. Sbaglio o dovevi farci conoscere?
Aveva ragione e non potevo far niente per contraddirlo. I suoi occhi erano pieni di determinazione, forse avevo lasciato trasparire eccessivamente quanto il suo ritorno fosse importante per me. Cercare di convincerlo sarebbe stato impossibile; aveva vinto su tutta la linea.
- In tal caso credo che dovremo prendere la mia auto.

Non aveva nemmeno insistito per guidare e, quando glielo avevo proposto, aveva risposto:
- Tua l’auto, tuo l’ onore di guidarla.
Non potevo dire niente per contraddirlo eppure mi sembrava così strano guidare con lui al mio fianco.
Aveva acceso la radio lasciando partire il disco al suo interno cominciando a chiedermi informazioni su Miriam.

( http://www.youtube.com/watch?v=6Ejga4kJUts&ob=av3n altra canzone per il viaggio, spero vi piaccia >.<)
Il modo migliore per definirla era: “semplicemente fantastica”.
Non smetteva mai di sorridere, anche se le cose non andavano nel migliore dei modi. Era stata il primo volto conosciuto al liceo, colei che insieme ai propri amici si era presa cura di me quando ero rimasta sola.
Anche quando giocavamo a pallavolo era l’unica che non se la prendesse con me.
Grazie a lei e alla sua compagnia riuscii a superare l’incidente senza sentirmi esclusa dal resto del mondo. A quel tempo loro erano diventati l’ unica cosa in grado di non farmi impazzire.

Il suo viso si rabbuia durante il racconto come se stesse pensando a qualcosa di spiacevole, ma non ho il tempo di chiedergli niente che vengo interrotta da poche sue parole che paiono preannunciare una qualche tempesta.
- Riguardo a ieri, non siamo riusciti a finire il discorso. Non è semplice da spiegare quindi dovrai concentrarti.
- Ti ascolto.
Non ero pronta a quella conversazione, non al momento.
- Come ti ho detto ieri sia io che Kadaj lavoriamo per la società chiamata Shin-Ra. Mi segui?
- Sì, ma ancora non riesco a spiegarmi come ciò abbia provocato il coinvolgimento di chi ti ha ridotto così.
- Vedi, se noi siamo stati chiamati è stato solo per tenere a bada Loz e Yazoo. Stavano interferendo con gli ultimi lavori, il che ha decretato la nostra partenza.
- Comincio a capire, ma c’è una cosa che ancora non mi hai detto. Di cosa si occupa questa società?
- Potremmo definirle fonti di energia alternative. Sfruttano una cosa chiamata lifestream; l’ energia del pianeta.
- Com’ è possibile che non ne abbia mai sentito parlare?
- Solitamente quello che fanno non è eticamente corretto perciò preferiscono non farsi molta pubblicità. Non posso spiegarti altro, rischierei di tirarti troppo in ballo. Spero che tu possa perdonarmi.
La conclusione della nostra conversazione coincide con la fine del nostro viaggio. Ormai siamo nel parcheggio della stazione e, dopo aver fermato l’auto, gli getto le braccia al collo lasciandomi trasportare da un suo bacio.

Stiamo attraversando il sottopassaggio per dirigerci verso il binario n° 3 dal quale dovrebbe arrivare quando odo una voce, che non sentivo da anni, chiamarmi.
- Eric..
Mi volto di scatto e, con le lacrime agli occhi, corro incontro alla fonte di quel suono.
- Allora, non si saluta più?
- Scusa.
- No che non ti scuso. Sono offeso.
- Uffa, non cambi mai tu.
- Come vanno le cose? Sono quasi due anni che non ci vediamo. Potresti anche spiegarmi chi è quel ragazzo che ci sta guardando; sembra voglia uccidermi.
- Quasi dimenticavo. Eric questo è Cloud, il mio ragazzo. Cloud lui è Eric, uno dei miei migliori amici.
- No, aspetta. Vorresti forse dirmi che hai finalmente lasciato quel verme?
- Esatto. Avevi ragione, stavo commettendo l’ errore più grosso della mia vita.
- L’importante è che tu lo abbia capito, mi dispiace solo di non averlo preso a pugni.
- A quello ci ho pensato io. Ad ogni modo credo sia meglio avviarci verso il binario; la vostra amica dovrebbe arrivare a momenti.
- Questo ragazzo mi sta simpatico, dove diavolo è stato tutti questi anni?
- Me lo sono chiesta anch’ io comunque no credi sia cresciuta? Potresti anche smetterla di fare così l’apprensivo e poi Cloud è due anni più grande di te.
- Lo sai che rimani sempre la più piccola.
Con fare fraterno mi scompiglia i capelli. Non era cambiato niente.
- Sono contenta di averti rivisto.

La giornata si preannunciava come la più felice dopo anni. Finalmente Miriam tornava, avevo rivisto Eric e le cose con Cloud si stavano risolvendo.
Ripenso al passato, agli anni del liceo e con amarezza a quel maledetto giorno di due anni fa.

Stavo con Alan da circa due mesi e quest’ultimo aveva già dato segni di essere una persona poco raccomandabile quando ci fu quella rottura.
Quella volta aveva esagerato e lo aveva fatto davanti ai miei amici. Eric si era infuriato ed aveva cercato di allontanarlo insieme a Roberto, ma a quel tempo ero ancora troppo stupida ed avevo lasciato che se ne andasse trascinato dal vecchio compagno di scuola.
Da allora non lo avevo più sentito.
Due anni di completo silenzio. Inutili i miei tentativi di rappacificarci; non poteva accettare il mio comportamento. Credevo che non mi avrebbe mai più rivolto la parola eppure mi sbagliavo.
Non era cambiato niente, era rimasto lo zio Eric.

Finalmente il treno è arrivato, ma non siamo ancora riusciti a trovarla tra la sterminata marea di gente che ci circonda.
Quando una figura avvolta in un candido cappotto ricurva per il peso di due enormi valigie appare alla mia destra. Quest’ ultime vengono poggiate a terra ed in men che non si dica la soffoco in un abbraccio. Non l’avevo riconosciuta immediatamente poiché aveva cambiato colore di capelli; dal suo splendido color mogano era passata ad un meraviglioso rosso  scuro con ancora qualche riflesso marrone.
- Come sta la mia cantante preferita?
- Meravigliosamente. Non indovinerai mai cos’ è successo.
- Vediamo, hai rivisto Eric ed avete fatto pace?
- Come non detto, hai organizzato tutto. In ogni caso, dovevi proprio portarti tutta questa roba? Sei partita da meno di un mese, ma le tue valige sembrano dire “sono appena tornata da un anno sabbatico”.
- Virgi mi conosci. O mamma chi è quel ragazzo da urlo che parla con Eric?
I due si stavano avvicinando per aiutarci con i bagagli. Abbasso lo sguardo imbarazzata prima di rispondere a Miriam.
- Ecco lui è la persona che dovevo presentarti. Miriam lui è Cloud, il mio ragazzo.
- Molto piacere.
- Il piacere è tutto mio. Virgi, credo che tu mi debba qualche piccola spiegazione.

Alla fine Miriam mi aveva trascinato in disparte con una scusa lasciando gli altri da soli con le valigie. Sprigionava allegria da tutti i pori. I suoi fantastici occhi marroni ne erano la prova. Non faceva altro che complimentarsi, sebbene ammettesse di essere un po’ gelosa.
- Quindi era lui che rideva quella volta in sottofondo.
- Sì.
- Ed era con lui che eri questa mattina.
- Sì, ma ecco non cominciare a farti strane idee.
- Troppo tardi. Forza, voglio sapere tutto.
Inutili i miei tentativi di sfuggire alle sue domande ed evitare che la sua fantasia vagasse libera. La mia unica chance era prometterle di raccontarle tutto in seguito, cosa della quale sentivo me ne sarei pentita amaramente.  

Infine eravamo andati via tutti insieme per dirigerci in un ristorante.
Non appena ci sediamo nella tavola calda proposta da Eric comincio a sentire una certa agitazione. Per me loro sono come dei fratelli maggiori e comincio a preoccuparmi per ciò che potrebbero pensare di Cloud. So bene quanto possano essere protettivi.
Cominciamo chiedendo a Miriam di parlare del suo viaggio e di come sia andato il lavoro. Era sempre stata appassionata di scavi archeologici ed ora che era divenuta giornalista di un’importante rivista trattante quest’argomento metteva anima e corpo nel proprio lavoro.
Mi aveva sempre incoraggiato in tutto ciò che facevo e quando era arrivato il mio turno avevo fatto di tutto perché non smettesse di credere nel proprio sogno; glielo dovevo.
- Comunque, basta parlare di me. Piuttosto vedo che durante la mia assenza ci sono stati grandi cambiamenti; racconta!
Il momento che avevo tanto temuto era arrivato. Non riuscivo ad immaginare la loro reazione davanti al racconto di come ci eravamo conosciuti. Io stessa mi consideravo una stupida; ERO SCAPPATA AFFIDANDOMI AD UN COMPLETO SCONOSCIUTO!
- Ci siamo conosciuti la notte di San Lorenzo anche se il nostro più che un incontro potremmo definirlo “scontro”.
- Cosa intendi?
- Sono inciampata finendogli addosso.
Cloud sembrava divertito dal mio imbarazzo nel rispondere. Doveva aver intuito il mio stato d’ animo e di conseguenza faceva di tutto per sdrammatizzare.
Gli altri avevano cominciato a ridere fino alle lacrime. La situazione era davvero così comica?
- Dovevo immaginarmi qualcosa del genere. È tipico di te.
- Ero convito che il tuo equilibrio fosse migliorato, invece… Non sei cambiata per niente.
- Potreste smetterla di prendermi in giro? Non sono più una ragazzina ho vent’anni…
- Diciannove.
- Uhm?
- Miriam voleva ricordarti che fino al 25 di Novembre hai ancora diciannove anni ergo sei ancora una ragazzina.
- Uffa.
Erano nuovamente scoppiati a ridere per la mia reazione coinvolgendomi in quell’ allegria; erano anni che non mi divertivo così.
Il tempo era passato in un baleno giungendo alla fine della giornata.  
Avrei ospitato Miriam per qualche giorno e ci eravamo promessi di risentirci. Dopo tanto tempo mi sentivo nuovamente libera ed ora che avevo ritrovato coloro a cui volevo bene non avrei permesso a nessuno di portarmeli via.

xoxoxoxox

Avevo riaccompagnato Virginia e la sua amica a casa.
Ero stato inizialmente geloso del rapporto che aveva con quei due, ma alla fine ne ero stato felice. Quando l’ avevo incontrata quella notte mi era sembrata così sola ed il senso di colpa per aver lasciato che ciò fosse accaduto mi stava divorando ogni giorno di più, ma sapere che in quei tempi difficili aveva avuto simili persone al suo fianco mi faceva sentire meglio.

La ferita continua a darmi ancora qualche fastidio, ma si sta rimarginando molto in fretta; troppo in fretta.
Durante il viaggio mi ero liberato di un peso enorme. Non mi rimaneva che sperare; sperare che riuscisse a capire da sola e che riuscisse a non essere coinvolta negli ultimi eventi.
Il mio telefono comincia a vibrare, ma la voce che sento è l’ ultima con la quale avrei voluto parlare.
- Cloud.
- Cosa vuoi Tseng?
Non sopporto quell’essere. Il giorno precedente avrei voluto farlo fuori con le mie mani; come poteva comparire ancora in sua presenza dopo ciò che era successo? Come poteva anche solo fissarla dopo ciò che le aveva fatto?
Sento ammontare la rabbia e con essa la felicità di non averla vicino in questo preciso momento.
- Dobbiamo parlare di ciò che sta succedendo; la loro presenza può voler significare solo una cosa.
- Impossibile.
- Abbiamo ragione di credere che V…
- Non osare pronunciare il suo nome se non vuoi che ti chiuda quella bocca per sempre!
In preda alla furia ho distrutto la porta alla quale ero appoggiato, ma in questo momento non mi importa.
- Insomma, potrebbe esserne lei la causa.
- Cane! Se il mondo ha rischiato e rischia tuttora di essere distrutto è solo a causa vostra! Non osare proferire simili insinuazioni! Lei non può essere…
- E se invece lo fosse?
- Non vi permetterò di avvicinarvi a lei, in passato le avete fatto del male. NON PERMETTERO’ CHE ACCADA DI NUOVO!

Avevo distrutto il cellulare. Si sbagliavano, DOVEVANO sbagliarsi! La sola idea che lei potesse essere una di loro era insostenibile.
Come avrei potuto difenderla da qualcosa di simile?
Al solo pensiero di ciò che potrebbe accaderle mi sento scuotere da un ennesimo moto di rabbia.

Mi accascio allo stipite della porta ormai in frantumi crollando sotto il peso di ciò che si rivelava ovvio.
Sarebbe tornato e questa volta mi avrebbe fatto di tutto per privarmi di ciò che mi era più prezioso.



 



Angoletto schlero:

finalmente sono riuscita a scrivere anche il quindicesimo capito. E' stata dura, ma penso di aver scritto qualcosa di buono o almeno lo spero. Ringrazio Sweety Lover e lauretta97 per le loro gratificanti recenzioni. Spero di non avervi deluso ^-^
Non vedo l' ora di leggere i vostri commenti :3
Baci, Jenni <3

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Capitolo 16
*** 6 Settembre - scoperte ***


6 Settembre

Sebbene con qualche difficoltà sono riuscito a trovare e montare una porta uguale a quella che avevo distrutto; spero non si accorga della differenza.
Quando la mattina seguente mi aveva chiamato a casa era preoccupata. Non era riuscita a contattarmi al cellulare dopo che lo avevo distrutto.
Ero riuscito a calmarla ed a convincerla a passare un intero giorno con la sua amica nella speranza di riprendere il controllo.

Nonostante la folle preoccupazione che mi attanagliava il petto avevo deciso di non pensare alle parole de Tseng ed oggi ero pronto a rivederla, il mio cuore non desiderava altro.

Quando avevo rischiato di distruggere tutto avevo chiamato Zack, uno dei pochi in grado di tenermi testa durante uno dei miei momenti di follia, se non fosse per il fatto che aveva provveduto ad accamparsi sul mio divano.
- Quando pensi di andartene?
- Appena potrò essere certo che tu non riduca questa bella casa in un cumolo di macerie. Comunque non riesco ancora a capire in che modo la Shin-Ra sia arrivata alla conclusione che Virginia possa essere…
Il bicchiere che avevo in mano si rompe in una miriade di frammenti. Basta il solo pensiero a farmi scattare. Mi chiedo se sarò in grado di mantenere la calma in sua presenza.
- E con questo siamo ad un totale di dodici. Se continui così rimarrai senza nemmeno un bicchiere.
- Scusa, non sono riuscito a trattenermi.
- Non c’è bisogno che ti scusi; mi comporterei allo stesso modo nella tua situazione.

Sto raccogliendo gli ultimi frammenti quando lo vedo attraversare la soglia della stanza.
Scatto senza pensarci due volte, ma prima che possa colpirlo Zack riesce a fermarmi.
- CANE, COME TI PERMETTI DI FARTI RIVEDERE QUI!
- Dobbiamo parlare di cose importarti e, dato che hai distrutto il tuo telefono, sono dovuto venire di persona.
Continua ad agitarmi. Il suo atteggiamento calmo mi dà sui nervi e spero per lui che Zack sia abbastanza forte da impedirmi di spaccargli la faccia.
- Tseng nel caso non te ne fossi accorto non sei il benvenuto e ti consiglieri di andartene.
- Mi dispiace, ma qui si tratta di cose troppo importanti per lasciare che una semplice cotta intralci …
Questa volta non è riuscito a fermarmi ed il colpo è arrivato senza esitazione. Non gli permetterò oltre di insultare i sentimenti che provo per Virginia.
- Cloud calmati, non ne vale la pena. Sentiamo prima cosa è venuto a fare qui, se dopo ciò vorrai ancora farlo fuori ti lascerò via libera.
- E sia, ma ti consiglio di fare in fretta.

Mi ero allontanato nella speranza di sopprimere parte della rabbia per evitare ulteriori scatti; più facile a dirsi che a farsi.
- Come ti ho detto l’ ultima volta abbiamo ragione di credere che Sephiroth stia per tornare.
- Va avanti.
- Inoltre è molto probabile che tutto ciò sia in qualche modo collegato con la ragazza.
- Sai bene che è impossibile!
- Quanto tu sai che non dovrebbe essere qui oggi!
Ancora quel maledetto ricordo e la paura che mi avevano impedito di rivederla erano tornati come ombre dal passato. Pensare alla sua esile figura attaccata a dei macchinari in un letto d’ospedale o peggio era qualcosa di insostenibile e se fosse successo ancora sarebbe stata solo colpa mia, proprio come allora. Le gambe cedono sotto il peso della mia coscienza lasciando scorrere liberamente le immagini più dolorose nella mia mente.
- Tutto questo non significa niente. Anche Aerith è un’ antico eppure…
- Lei potrebbe essere di più. Vi siete mai chiesti perché abbia dimenticato solo alcuni ricordi? E se in lei vi fosse non solo il gene degli antichi, ma anche quello di Jenova?
- Tutto ciò non ha senso, sai benissimo che i suoi genitori sono normalissimi esseri umani.
- Su questo avete ragione, ma abbiamo ragione di credere che sia venuta a contatto con del mako e che questo abbia provocato un cambiamento genetico all’ interno della sua struttura cellulare.

Tutto quello che stanno dicendo non ha senso; è letteralmente impossibile. Virginia non c’entra niente con tutto questo, ha sempre vissuto una vita all’ insegna della normalità fino a quel giorno…
- Ci sarebbe un modo per accertarci
- NON PENSATECI NEMMENO!
Como possono pretendere di prendersi tali libertà dopo quello che è successo? Troppe persone hanno dovuto rinunciare alle proprie vite a causa loro ed ora stanno cercando di distruggere anche la sua.
- Capiamo la tua ostilità verso tale progetto, ma qui si tratta della terra.
- Smettetela. NON VOGLIO Più  SENTIRVI FARE UNA SIMILE PROPOSTA!
- E se lui riuscisse a tornare?
- Lo affronterò nuovamente, ma a costo di perire sotto i suoi colpi non vi permetterò di sottoporla ad esperimenti inconcludenti. Adesso vattene, sarà qui a momenti e voglio risparmiarle la tua presenza.
- Spero per il bene di tutti che tu cambi idea.
- Non avverrà mai.

xoxoxoxoxoxox

 
Continuo ad essere preoccupata per Cloud.
Non rispondeva al cellulare e quando ero riuscita a chiamarlo la sua voce era strana; sembrava in preda ad una crisi.

Il tempo di parcheggiare l’auto nel vialetto e vedo quell’uomo vestito di nero uscire dalla casa mentre si massaggia lo zigomo sinistro. Comincio a pensare che sia lui la causa di tutto.
Non appena scendo dalla macchina si volta verso di me e non posso fare a meno di notare la sua espressione sconsolata come quella di qualcuno in preda ad una malattia e che, davanti al medicinale che potrebbe salvargli la vita, si accorge di non poterselo permettere.

Salgo lentamente le scale fino ad arrivare alla porta che mi viene aperta da Zack.
- Virginia è un piacere vederti. Cloud si trova nell’altra stanza; se vuoi vado a chiamartelo.
- Non c’è bisogno. Posso chiederti cosa sta succedendo?
Dirigo lo sguardo verso quelli che sembrerebbero i resti di un bicchiere seguita dal ragazzo che ho di fronte.
- E’ una faccenda complicata. Credo di non poterti rispondere; è compito suo.
- Capisco.
Il dolore si fa strada nel mio petto davanti alla consapevolezza che la persona alla quale tengo più della mia stessa vita mi stia nascondendo qualcosa.
- Potresti anche evitare di spaventarla.
La sua voce arriva come una ventata di aria fresca, ristoratrice quanto una brezza invernale.

Senza pensarci due volte mi getto tra le sue braccia, rincuorata dalla sua presenza, eppure non riesco a tralasciare la frustrazione che mi aveva seguito fino a quel momento.
- Se un idiota.
- Mi dispiace di averti fatto preoccupare.
L’ ennesima scusa. Vorrei arrabbiarmi per questo, costringerlo a dirmi tutta la verità, ma qualcosa mi impedisce di farlo; sono troppo legata a lui.
-Zack ti dispiace finire tu qui? Io avrei un piccolo impegno.
- Ho capito, vai pure. Ricorda che sei in debito!
- Non lo dimenticherò. 

Ci dirigiamo verso la sua moto quando mi ricordo della sua ferita. Due giorni fa aveva delle difficoltà anche solo ad alzarsi dal letto eppure adesso sembra in splendida forma.
- Cosa aspetti a salire?
Mi tende la mano per incoraggiarmi a salire e solo allora mi rendo conto del suo abbigliamento.
La sua figura è completamente vestita di nero, in contrasto con la mia fasciata da un candido vestito.
- Sei sicuro di poter salire in moto?
- Se ti riferisci alla ferita puoi stare tranquilla; si è completamente rimarginata.
Sapevo che Cloud non era normale, ma un taglio di quel genere non poteva certo scomparire da un giorno all’altro con tanta facilità.
Senza ulteriori indugi mi fa prendere posto dietro di lui puntando i sui spettacolari occhi celesti nei miei prima di allacciarmi il casco.
- Ti propongo un patto. Oggi cerchiamo di lasciare da parte tutte le domande, i dubbi, tutto e pensiamo solo a trascorrere un’intera giornata assieme. In cambio ti racconterò tutto a tempo debito. Accetti?
- Accetto.

xoxoxoxoxox

In questi ultimi giorni non avevo fatto altro che pensare a lei eppure quando l’avevo vista mi ero accorto di quanto i miei pensieri non fossero in grado di renderle giustizia; era ancora più bella di quanto ricordassi, ma soprattutto fragile.

Quando l’ avevo vista mi era parsa un angelo. Portava un bellissimo vestito bianco che le fasciava la vita con un corpetto in grado di accentuare la sua magnifica figura mentre la gonna ondeggiava ad ogni suo movimento.
Avevo letto la preoccupazione nei suoi occhi a causa mia ed adesso avrei fatto di tutto per riscattarmi da quel torto.

Sapevo della sua passione per i fiori quindi avevo pensato di portarla in un giardino botanico nella speranza di riuscire a distoglierla da tutto ciò che fino a quel momento l’ aveva turbata.
- Dove mi stai portando?
- E’ una sorpresa.
- Manca ancora molto?
- Credimi ne vale la pena.

xoxoxoxoxox

Appena arrivati non avevo fatto altro che saltellare ovunque per la felicità.
Fin da bambina mi erano sempre piaciuti i fiori ed ora ne ero circondata.
- Mi sembri contenta.
- Non immagini quanto. Non so come ringraziarti.
- Penso che un bacio potrebbe andar bene.
Mi avvicino delicatamente al suo viso lasciando che sia lui a ricoprire la distanza tra noi con un lungo bacio appassionato in grado di farmi girare la testa.

Continuiamo a girare all’interno della serra quando il pianto di un bambino attira la nostra attenzione.
Doveva essersi perso ed era appena caduto.
Mi dirigo verso di lui e cerco di tranquillizzarlo perché sia in grado di darci informazioni su come ritrovare sua madre, ma non smette di piangere tanto e fine si è attaccato al lembo del mio vestito.
- Sei riuscita a farti dire qualcosa?
- Niente. È troppo scosso, forse sarebbe meglio portarlo all’ufficio informazioni.
- Vediamo almeno di farci dire il nome, sembra fidarsi di te. Vado a procurarti dell’acqua così potrai pulirgli il ginocchio.
Mi dirigo verso la panchina più vicina seguita dal bambino ancora attaccato al mio vestito e lo faccio sedere.
- Ciao io mi chiamo Virginia. Sai dirmi il tuo nome?
- C-c-ciao. Io mi chiamo Jacopo.
- Hai un bellissimo nome Jacopo.
- Grazie. Anche il tuo è molto bello.
Finalmente si era calmato e mi aveva detto come si chiamava, almeno le ricerche sarebbero state più facili.
- Allora? Sei riuscita a scoprire qualche cosa?
- Jacopo questo signore che vedi si chiama Cloud e ci aiuterà a trovare la tua mamma. Sei contento?
Annuisce pulendosi il viso con la manica della camicia.
- Bene. Piccolo ti affido questa bella ragazza mentre cerco qualcuno che possa aiutarci. Tienila d’occhio e sta attento che nessuno la rubi va bene?
- Sì.

Cloud mi aveva fatto arrossire con quell’ affermazione  per poi tornare con i genitori del bambino.
- Vi siamo riconoscenti per aver ritrovato nostro figlio. Come possiamo sdebitarci?
- Non si preoccupi, abbiamo solo fatto ciò che ci era sembrato giusto.
- Diteci almeno i vostri nomi così potremo sapere chi sono i nostri eroi.
- In tal caso il mio nome è Cloud Strife e la ragazza al mio fianco si chiama Virginia…
- Ora ricordo! Lei è quella nuova cantante! Mi sembrava che il suo fosse un viso conosciuto.
- Bhè, ecco…
Mi era già capitato di incontrare persone in grado di riconoscermi, ma mai insieme a Cloud; il pomeriggio si faceva sempre più imbarazzante ad ogni secondo che passava.
- Siamo felici che una splendida coppia come la vostra abbia trovato il nostro piccolo Jacopo. Tenete questi sono i nostri biglietti da visita. Grazie ancora e arrivederci.
I due coniugi si erano allontanati insieme al proprio figlio lasciandoci di stucco. Ancora con i biglietti in mano ero scoppiata a ridere spinta da quell’imbarazzo provato quando eravamo stati definiti coppia da dei completi sconosciuti.
Durante quel pomeriggio ero riuscita a scacciare tutti i pensieri ed il tempo era passato così velocemente da sembrare ancora più irreale di quanto già non fosse.

Torniamo a casa di Cloud, ma non me la sento di andarmene.
- Penso sia arrivato il momento delle spiegazioni.
- Non importa.
La giornata era stata così bella e non volevo rovinarla proprio in quel momento. Non mi importava più niente del patto, mi ero sentita amata più di quanto mi fossi sentita fino ad allora. Sentivo di potermi fidare dei suoi sentimenti e che se mi nascondeva qualcosa doveva avere le proprie ragioni.
- Ne sei certa?
- Sicurissima, ma prima voglio accertarmi di ciò che mi hai detto oggi.
- Ti riferisci alla ferita.
Accenno con il capo mentre lo vedo slacciarsi la camicia e constato con i miei stessi occhi che oramai non rimaneva altro se non il segno pallido che questa aveva lasciato.
- E’ guarita del tutto.
Lo stupore mi lascia senza parole.
- Mettiamola in questo modo; ho la pellaccia dura.

Ero felice che stesse bene e sollevata. Sapevo che c’erano ancora domande senza risposta, ma sapevo anche che a tempo debito mi avrebbe rivelato tutto. Avrei aspettato fino a quel momento con un sorriso fino a che saremmo stati insieme proprio come oggi.




Angoletto schlero:

chiedo venia per il terribile ritardo, ma la scuola non mi dà tregua nemmeno per un secondo :(
Ringrazio nuovamente tutti coloro che continuano a seguire questa storia. Non vedo l' ora di leggere le vostre recenzioni.
Un enorme abbraccio
la vostra Jenni <3

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Capitolo 17
*** 31 Ottobre - Halloween ***


31 Ottobre

Un ultimo ritocco al trucco prima che lui mi cinga le spalle in un abbraccio. Ormai era un mese che vivevamo insieme, ma non ero ancora abituata a tutto questo.
- Sei sicura di voler andare?
- Non lo so…
Tutto era diventato così complicato ed ora non facevo altro che domandarmi se andare alla festa in maschera organizzata dai miei genitori fosse una buona idea.
- Possiamo rimanere a casa se vuoi.
Mi prende il viso fra le mani alla ricerca di qualche dubbio, nell’attesa che prenda una decisione. Da quel giorno le cose erano peggiorate e non parlavo con la mia famiglia da settimane, fino a quando Miriam non mi aveva consegnato l’invito.
Avrei voluto far finta di niente, ma sentivo di dover andare, come sentivo che ciò avrebbe potuto distruggermi una volta per tutte.

Un mese prima…

La settimana scorsa Martina e Kadaj hanno deciso di andare a vivere insieme. Ammiro la loro decisione e grazie ad essa io e Cloud passiamo più tempo insieme.
Purtroppo quando le cose vanno bene sotto un certo punto di vista peggiorano da un altro.
Negli ultimi tempi mio padre è divenuto ancora più irascibile e la situazione in casa diviene ogni giorno più tesa; spero solo di riuscire a superare questa giornata.

Non ho il tempo di rientrare in casa che vengo immediatamente attaccata e rimproverata per il mio comportamento “scorretto”. Faccio finta di niente, come se tutte le loro parole mi scivolassero addosso nella speranza che queste terminino al più presto senza troppi danni.
- Ti ho detto di guardarmi quando ti parlo!
Un colpo va a segno ferendomi alla guancia destra, spero non ne rimanga alcun segno. Continuo a massaggiarmi il viso quando delle lacrime cominciano a far capolino. Questa non ci voleva.
- Smettila di piangere e ascoltami quando ti parlo!
Un altro schiaffo arriva inesorabile mentre la sua rabbia aumenta. Istintivamente metto le braccia avanti nella speranza di pararne qualcuno riuscendo solo a peggiorare la situazione.
- Leva subito le mani!
Questa volta sento la sua presa stringersi attorno al mio collo e con essa il terrore ammontare.

La stretta scompare mentre un’altra più delicata mi sorregge per le spalle.
- BASTA! NON VEDE COSA LE STA FACENDO?!
Piccoli ricordi riaffiorano; liti, porte sbattute, tutto stava tornando a galla.
Non era la prima volta che min padre mi metteva le mani al collo ed ora riuscivo a ricordare le volte passate.
- Cloud portami via.
Le ultime parole che sono in grado di pronunciare prima di crollare fra le sue braccia.

A quei tempi non potevo andarmene, ma adesso le cose erano cambiate; potevo scappare.
Fino a quel momento era stata tutta una finzione, niente era reale.
Ricordavo i piani che avevo elaborato per scappare; cose che avevo dimenticato da cinque anni e loro avevano approfittato di tale situazione.

Continuo a piangere mentre le loro urla mi inseguono e le sue mani si stringono convulsamente sui miei fianchi.
Questa sarebbe stata l’ ultima volta, l’ ultimo atto di quella stupida commedia.

-Sei sicura di star bene?
Mi aveva riportato a casa sua ed ora continuavo a stringere il bicchiere che avevo tra le mani.
- Era tutto una bugia.
Queste poche parole, la pura verità che avevo dimenticato, sono come bruciante veleno.
- Ti va di parlarne?
- Ricordo, riesco a capire. Questi ultimi cinque anni non erano che una finzione. Prima dell’ incidente avevamo dei problemi che non sono mai stati risolti.
Le reazioni, i loro comportamenti, tutto era studiato nei minimi dettagli.
Mia sorella mi odia, per mio padre non sono altro che un errore, un peso e per mia madre, bhè, lei è sempre rimasta a guardare senza mai fare niente per migliorare le cose.

Le mie parole vengono soffocate dai singhiozzi che a loro volta si infrangono contro il suo petto.

xoxoxoxoxox

Quel giorno lasciai che, ormai sfinita, Cloud mi portasse in quella che sarebbe divenuta la nostra stanza senza mai lasciare la presa con la quale mi stingevo a lui.
Nei giorni successivi era riuscito a trasportare tutte le mie cose mentre io ero rimasta priva di sensi a causa della crisi.
Capivo bene il suo turbamento, ma qualcosa mi gridava di andare, una sensazione che non riuscivo ad ignorare.
-Andiamo.

Erano state quelle le mie ultime parole prima di sistemare il costume da vampiro ed aver messo il cappotto per uscire.
Cloud indossava una camicia nera ed un gilet rosso ricamato. La cosa peggiore era stata cercare di convincerlo a mettere le protesi dentarie che ci avevano provocato non pochi problemi.
Il completo in stile vittoriano gli stava meravigliosamente conferendogli un’aria affascinante tanto che una volta finito di prepararsi non avevo potuto resistere alla tentazione di baciarlo.
Aveva risposto al bacio mordendomi le labbra per vendetta e sciogliendomi i capelli in precedenza raccolti in una crocchia.

xoxoxoxoxox

Dopo tutto quello che era successo voleva tornare in quella casa ed io non ero in grado di aiutarla.
Quel giorno l’aveva sconvolta ed a causa di ciò che era successo era rimasta tre giorni in uno stato vegetativo, incapace di reagire.
La cosa peggiore erano stati i sensi di colpa che non mi avevano più abbandonato.
Se si trovava in quello stato era a causa delle bugie che le erano state raccontate e sapevo bene che il mio comportamento non era poi così diverso da quello dei suoi. Le stavo nascondendo non solo il nostro passato, ma anche ciò che presto avrebbe potuto distruggerci mentendole.

I miei tentativi di convincerla a rinunciare erano stati vani e quando l’avevo vista con quell’abito avevo completamente perso la testa davanti a tale spettacolo.
Un lungo abito rosso rivestiva la sua figura mentre un corpetto nero fasciava il suo busto. Pizzi e merletti ricadevano lungo la gonna conferendole una maggiore voluminosità; sembra una principessa, la mia principessa e avrei fatto di tutto per proteggerla e cancellare la tristezza che la opprimeva.

Prima di varcare la soglia della casa le rivolgo un ultimo sguardo nella speranza che cambi idea, ma la sento stringermi la mano alla ricerca di coraggio e, dopo un lungo sospiro, ci decidiamo ad entrare.

Portano tutti delle maschere sul viso noi compresi.
Quella di Virginia è in pizzo nero mentre la mia è in ceramica bianca con motivi rossi ed oro.
Quando l’avevo indossata avevo ripensato a tutto ciò che non le avevo ancora detto ed avevo realizzato di nascondermi dietro una finzione. Mi ero sentito un mostro, un egoista, ma non ero riuscito a raccontarle niente spiazzato da una sua affermazione.
Aveva indossato a sua volta la propria e, scoppiando a ridere aveva detto:
- Che cosa comica. Non bastandoci i travestimenti di tutti i giorni ne inventiamo degli altri, non per nasconderci, ma per ritrovare noi stessi. Non siamo altro che ipocriti e non serve la psicologia per questo. Mi sono illusa di conoscere la mia famiglia ed ora ne pago le conseguenze; non siamo altro che marionette incapaci di decidere della nostra stessa vita.

Allora non ne avevo capito il senso, scosso da tali parole in grado di farmi ricordare Sephiroth.
Ciò mi aveva terrorizzato, ma vedendo le lacrime rigargli il volto una nuova certezza aveva preso posto nel mio cuore.
Ormai era divenuto inutile rinnegare il fatto che Virginia fosse in qualche modo legata a quel mostro, ma non mi sarei arreso per niente al mondo e l’avrei difesa a costo della mia vita perché al contrario di lui lei stava soffrendo e cercava in tutti i  modi di lasciare questo dolore per se stessa fino a venirne logorata.

xoxoxoxoxoxox

Avevano addobbato la casa come l’ ultima volta, il giorno in cui tutto era cambiato.

(Piccolo consiglio; durnte questa scena vi consiglio di ascoltare questa canzone http://www.youtube.com/watch?v=n9lUtrW5cQY; buona lettura)

Faccio di tutto per cercare di confonderci tra gli altri invitati nella speranza di non essere riconosciuti. Una musica da ballo comincia e veniamo trascinati nel bel mezzo della danza senza possibilità di uscita.
Non sono mai stata una brava ballerina ed in questo momento ho paura di fare una figuraccia davanti a Cloud.
- Tranquilla e lasciati trasportare.
Mi avvicina a lui portando il suo braccio sinistro dietro la mia schiena e lasciando che la mia mano si poggi sulla sua spalla.
Rimango sorpresa dalla scioltezza dei suoi movimenti e dalla sua maestria.

-Non pensavo fossi così bravo a ballare.
Sono imbarazzata per la mia incompetenza che viene miracolosamente nascosta dai suoi movimenti.
- Non sono niente di che e poi dipende dalla partner con cui ballo.
Mi stringe ancora di più a se fino a quando qualcuno non mi allontana strattonandomi, una presa che conosco fin troppo bene.

-Guarda guarda cosa abbiamo qui.
- Toglimi le mani di dosso.
- Che caratterino, qualche mese fa non eri così scontrosa.
Prima che possa reagire vedo Cloud torcergli il polso facendolo gridare dal dolore.
- Mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro l’ ultima volta.

L’ultima volta, quando mi ero trovata in ospedale, Alan aveva fatto di tutto per innervosire il mio ragazzo che aveva risposto alle provocazioni assestandogli un sonoro pugno sul viso e adesso stava per rompergli un braccio.
- Cloud!
La rabbia che fino a pochi secondi fa affliggeva il suo sguardo sembra svanire al mio richiamo lasciando malamente l’altro che comincia ad inveirmi contro.
- Tu, sporca traditrice non sei altro che una sgualdrina.
Questa volta non riesco a fermare in tempo Cloud che adesso lo stringe per la gola impedendogli di respirare.
- Come hai osato chiamarla in quel modo …  
Non riesco a muovere un muscolo davanti ad una simile scena. Era la prima volta che lo vedevo così infuriato e rimango paralizzata dalla paura che possa fare qualcosa di male.
Non ho idea di dove trovi la forza per avvicinarmi e, posandogli le mani sulle spalle e la nuca nell’ incavo fra esse, riesco a rivolgergli un sussurro prima di perdere il controllo.
- Per favore, lascialo e andiamocene. Non ne vale la pena.

Alcune lacrime sfuggono al mio controllo ed il ragazzo davanti a me lascia lo sfortunato per cingermi fra le sue braccia.
- Mi dispiace.
- Andiamocene prima che scoppi il caos.

xoxoxoxoxox

L’avevo fatta piangere, di nuovo. Non ero riuscito a mantenere la calma davanti a quell’essere disgustoso ed ora lei ne stava pagando le conseguenze.
- Mi dispiace.
- Cosa diavolo…
- Non sono riuscito a controllarmi e ti ho fatta piangere. È solo colpa mia se…
- Smettila. Non devi scusarti di niente; l’unica persona che dovrebbe farlo è Alan.
Come può essere così buona. Ho appena rischiato di mandare una persona all’ospedale e non sembra minimamente infuriata con me.
- Se non mi avessi fermato sarebbe finito all’ ospedale.
- Non mi importava. Ti ho fermato non perché mi importasse qualcosa di lui, l’ho fatto per te.
Si ferma davanti alla porta di casa puntandomi addosso quei magnifici occhi che amavo tanto. Lo sguardo che fino a pochi secondi fa era determinato si addolcisce e le sue gote si colorano per l’imbarazzo.
Sono felice per ciò che mi ha appena detto e mi lascio trasportare dalla gioia baciandola.
- Sono contento che ti preoccupi per me.
Sono le parole che le sussurro appena ci discostiamo provocandole un infinito imbarazzo che la spinge a voltarsi verso la porta.
Sorrido a tale reazione e, non appena varcata la soglia, l’abbraccio nuovamente provocandole un leggero brivido.
Purtroppo veniamo interrotti da Zack il quale fa capolino nella sala.
- Ho interrotto qualcosa? Avete delle facce …
- Tu casa ne dici?
Il mio tono irritato fa ridere la ragazza tra le mie braccia. Sentire il suono della sua risata fa scomparire l’ irritazione  facendomi sorridere a mia volta.
Vederla felice era tutto ciò che desideravo.

 


Angoletto autrice:

Chiedo venia per il terribile ed imperdonabile ritardo. Eccovi il 17 capitolo spero di non aver deluso le vostre aspettative.
Ora il momento dei ringraziamenti a Sweety Lover per la bellissima recenzione ed a tutti voi che mi state seguendo.
Un enorme abbraccio
Jenni




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Capitolo 18
*** 14 Novembre - potere ***


14 Novembre

Adoro l’aria fredda che preannuncia l’inverno ormai alle porte; è sempre stata la mia stagione preferita.
Passeggiamo mano nella mano per il bellissimo parco ormai intriso dei colori dell’autunno ai quali presto dovremo dire addio.
L’ennesima ventata mi scompiglia i capelli e sono costretta a tenermi il cappello per evitare che voli via.
- Sei sicura che sia oggi la festa?
- Sicurissima
- Hai freddo?
- Cloud potresti anche smetterla di preoccuparti, sono grande abbastanza da riconoscere i sintomi dell’influenza.
- Mi preoccupo solo per te, non vorrei che ti ammalassi per il tuo ventesimo compleanno.
Mi sorride dolcemente facendomi arrossire. Qualche giorno prima avevo avuto qualche linea di febbre e lui si era preso cura di me più di quanto non facesse normalmente. Solitamente sopportavo bene la febbre, ma negli ultimi tempi le mie difese immunitari si erano indebolite ed era bastato uno sbalzo di temperatura e dei capelli mal asciugati a mettermi KO, ma per una volta ero stata felice di essere stata coccolata in quel momento di debolezza.

Continuiamo il nostro tragitto verso il centro del parco il quale è stato addobbato da alcune lanterne di carta che ondeggiano tra gli alberi come piccole lucciole. Nonostante sia ancora pomeriggio il sole ha già cominciato la sua lenta discesa all’orizzonte gettandoci in una magica atmosfera in grado di aumentare esponenzialmente la magia che ci circondava poco prima.
- Attenzione! Arriva la Minaccia!
- Virgi!
Eric e Miriam ci vengono incontro al richiamo lanciatogli da Roberto con due scatoloni stracolmi che paiono ben più grandi di loro. Cerchiamo di aiutarli per evitare che cadano rovesciando il loro contenuto e non appena possiamo poggiarli su uno dei tavoli da pic-nic dello spiazzo ci salutiamo in un caldo abbraccio.
-Ehi, ne è passato di tempo.
- Ora che mi ci fai pensare non vedo né Irene né Mari.
- Arriveranno più tardi. Giulia invece è là che aiuta ad organizzare i tavoli.
- Sembrate indaffarati. Vi serve una mano ragazzi?
- Tranquilli, questi erano gli ultimi due, ma se proprio volete potete darci una mano a sistemare le ultime ghirlande attorno al gazebo.
- Contate pure su di noi.

Mentre loro pensano ad attaccare le ultime lanterne io e Cloud ci accingiamo a decorare la bellissima struttura in legno che si trova ad un lato dello spiazzo circolare.
Purtroppo sono troppo bassa e da sola non arrivo ai punti più alti in cui dovrei posizionare le ultime decorazioni in pigne dorate e rigogliosi aghi di pino intrecciati facendo scoppiare il ragazzo al mio fianco in una fragorosa risata.
- Cosa c’è di così divertente?
Il mio tono è leggermente indispettito a causa della situazione; detesto essere presa in giro soprattutto in certe situazioni.
Si avvicina con passo leggero per poi sussurrarmi con il sorriso sulle labbra una semplice frase in grado di farmi arrossire tremendamente per la vergogna.
-Forse il fatto che avresti potuto chiedermi di aiutarti piuttosto che saltellare come una bambina cercando di attaccare quella ghirlanda.

Abbasso il viso affondandolo nel colletto del cappotto provocandogli l’ ennesima risata.
Solitamente non chiedo aiuto ad altri e cerco di cavarmela da sola.
- Allora? Vuoi continuare in questo modo nella speranza di riuscirci o preferisci che ti aiuti?
Sono costretta dall’evidenza ad accettare la sua proposta sebbene con un sospiro rendendomi conto di quanto necessiti il suo aiuto in questo momento.

Ancora con il sorriso stampato in volto si allontana di qualche metro per tornare dopo pochi minuti con una scala in mano.
Sgrano gli occhi alla vista di quest’ultima; ho sempre odiato quei trabiccoli infernali…
- D-d-dovrei salire su quell’affare?
-Puoi stare tranquilla. So che soffri di vertigini tanto da detestare anche solo fare le scale, ma ti prometto che non accadrà niente.
- E se dovesse muoversi e traballare? Sai bene che ho un pessimo equilibrio.
- Ci sarò io a tenerla e, nel peggiore dei casi, penso di poterti prendere al volo.
Lascio via libera all’ ennesimo sospiro; non ho altre idee ed in fin dei conti il ragionamento di Cloud non fa una piega, mi fido ciecamente di lui.
- Ho altra scelta?
- Potrei sempre prenderti sulle spalle.
Non mi aspettavo una simile risposta e tanto meno quell’ombra di malizia che riesco a scorgere nel suo sorriso, ma prima che l’ imbarazzo prende il sopravvento riesco ad appropriarmi della scala e mi accingo ad aprirla.

Finalmente posso sistemare la ghirlanda al suo posto, ma nello scendere scivolo su di uno scalino ed in men che non si dica perdo l’equilibrio.
Chiudo gli occhi e comincio a pregare che l’impatto con il suolo no sia poi così forte e doloroso e mi sorprendo ad udire lo schianto ma non la freddezza del pavimento. Mi affretto a riaprire gli occhi capendo cosa fosse successo.
- Ti avevo promesso che non ti saresti fatta male.
Mi aveva presa, gli avevo fatto perdere l’ equilibrio, ma lui non mi aveva lasciata ammortizzando la mia caduta col suo corpo.
Prima che possa aprire bocca per ringraziarlo accorre ilo resto della compagnia che scoppia a ridere.
- E poi mi chiedi il perché di quel soprannome.
Solo in quel momento mi rendo veramente conto della posizione in cui ci troviamo la quale è a dir poco imbarazzante.
Cloud era ancora sdraiato per terra ed io mi ero accoccolata al suo petto trattenuta dalle sue braccia.
Entrambi ci muoviamo a tornare in posizione eretta, ma a causa di un forte dolore alla caviglia fallisco nell’intendo ricadendo contro colui che mi aveva sostenuto fino ad allora.

xoxoxoxoxox

Come suo solito era riuscita a farsi male nonostante i miei sforzi. Fortunatamente era solo una slogatura e sarebbe guarita nel giro di pochi giorni.
Quella ragazza era un pericolo ambulante, ma non potevo fare a meno di amarla, soprattutto per la sua sbadataggine.

Al momento è seduta ad un tavolo coi suoi amici e non riesco a non pensare al riecheggiare della sua risata cristallina, a quanto adori quel suono e a quanto questo sia fragile.
Mi ero allontanato due secondi per prenderle da bere, ma non appena mi trovo a pochi metri da loro lascio che la rabbia e l’incredulità prendano il sopravvento.

L’ultima volta pensavo di averlo sistemato una volta per tutte ed invece eccolo lì insieme ai suoi scagnozzi.
- Sai dolcezza l’ultima volta il tuo giocattolo è andato troppo oltre ed ho pensato di venire ad insegnargli le buone maniere. Magari una volta che avrò finito con lui potrei sempre perdonarti…
- Toglitelo dalla testa. Non sarò mai tua.
In quel momento le si era avvicinato e lei lo aveva respinto con uno schiaffo. Era diventata più forte di quanto pensassi.
Assistendo quella scena ero riuscito a frenare l’istinto di ucciderlo, almeno in parte e non avevo fatto altro se non pormi tra Virginia ed Alan.
- Guarda guarda chi ci ha raggiunto.
- Togliti dai piedi Alan.
- Come siamo scorbutici oggi eppure fino a pochi minuti fa sembravate divertirvi molto.
- Questi non sono affari tuoi.
-Davvero, io invece credo sia il contrario. Non vorrei essere io a rovinarvi la festa.
Era venuto con cinque suoi compagni ed adesso gli stava facendo segno di avvicinarsi. Questa volta non mi sarei trattenuto facendogli rimpiangere di non averci lasciato in pace.
- Miriam, potreste portare via Virginia mentre io sistemo questi rifiuti umani?
-Ma io…
- Tranquillo ci pensiamo noi.
Sapevo di non essere l’unico a fremere al solo pensiero di mettere le mani addosso a quell’infido essere, ma se altri si fossero messi in mezzo la cosa sarebbe degenerata e Miriam sembrava averlo capito.
Lancio un ultimo sguardo a Virginia prima che venga portata via. Questa volta non mi avrebbe fermato e questo non poteva far altro che rendermi felice.

Erano bastati cinque minuti per sistemare i suoi compari ed ora non rimaneva che lui. Avrei fatto in modo che il ricordo di questo giorno si stampasse nella sua memoria; gli avrei lasciato un segno indelebile in grado da renderlo ancora più miserabile di quanto già non fosse.
Ormai a terra comincia a piangere come una ragazzina impaurita e non posso fare a meno di pensare a quanto sia patetico.
Basta un pugno ben assestato per romperli il naso, ma prima che possa continuare le sue mani prendono la mia impedendomi di andare avanti.
- Virginia lasciami.
- Per lasciare che tu finisca nei guai per colpa sua? No, grazie.
- Deve pagare quello che ha fatto, per quello che ti ha fatto.
- Non ce ne è più bisogno. Guardalo, implora pietà e si dimostra patetico davanti a tutte queste persone. Non ha senso continuare.
Aveva ragione, dannatamente ragione. Lo avevo umiliato una volta per tutte, continuare sarebbe stata solo un’inutile perdita di tempo.
Non ne valeva la pena, non ne era mai valsa la pena.

xoxoxoxox

Eravamo tornati a casa lasciando Alan in balia dei sbeffeggiamenti.
Nonostante la sua comparsa era stata una fantastica giornata ed ero talmente stanca da buttarmi a capofitto nel letto.
Ero orgogliosa di Cloud che non aveva ceduto alla rabbia e tanto meno all’autocommiserazione ed anche perché  per la prima volta nella mia vita ero riuscita a non farmi trasportare dagli eventi.
Era tantissimo tempo che desideravo allontanare Alan, respingerlo e riuscire a mollargli uno schiaffo era stato a dir poco liberatorio.
Purtroppo ho esaurito l’adrenalina che fino a pochi minuti fa mi scorreva nelle vene e comincio a sentire un leggero dolore alla caviglia.

Mi levo gli stivali per controllare la fasciatura mentre Cloud rientra nella stanza con una borsa del ghiaccio.
- Prima o poi dovrai spiegarmi come diavolo fai a farti male un giorno sì e due no.
- Io lo definisco talento naturale.
- Davvero? Non è che forse stai cercando di attirare la mia attenzione?
- Dubito di aver bisogno di certi mezzucci.
I nostri visi si avvicinano per congiungersi dolcemente in un bacio. Oggi mi aveva dato l’ennesima dimostrazione del suo amore e come se non bastasse sentivo rinascere dentro di me una certa sicurezza.
- Forse hai ragione, ma non ne sono ancora del tutto convinto.
Lo bacio nuovamente. Grazie a lui mi sento completa e sento di poter finalmente decidere del mio stesso destino.
 


Angoletto autore:

So bene che il capitolo è leggermente più corto del solito, ma era necessario per riuscire a sciogliere leggermente la tensione sulla questione Sephiroth; spero solo di non avervi deluso.
Un bacione,
Jenni <3

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Capitolo 19
*** 25 Novembre - ti amo ***


25 Novembre

Vengo risvegliata da un brivido lungo la schiena tale da farmi raggomitolare nel caldo piumone.
Sebbene la sensazione di dimenticare qualcosa cominci a tormentarmi la pigrizia ed il tepore delle lenzuola riesco ad affievolirla rendendola poco più di un insignificante presentimento.
L’ ennesimo brivido risveglia la mia mente e con essa la chiara consapevolezza che fino a quel momento avevo cercato di soffocare tra le morbide piume dei cuscini.

Spinta dall’euforia balzo giù dal letto e, ricoperta solo dalla leggera camicia da notte e la vestaglia ad essa coordinata, mi dirigo a grandi passi verso la cucina con in testa un unico pensiero.
Ancora in preda all’agitazione rischio di prendere in pieno viso la porta davanti a me scontrandomi con la sua figura.
- Stavo per venire a svegliarti.
Alla vista del vassoio che sta portando non posso fare a meno di sorridere; cominciavo a pensare che se ne fosse dimenticato.
- Te ne sei ricordato.
- Come avrei potuto dimenticare il tuo compleanno; so bene quanto ci tieni. Che ne dici di tornare a letto e far finta di non avermi visto? Non vorrai mandare all’aria i miei progetti per oggi.
Annuisco con un sorriso e mi dirigo nuovamente verso la stanza da letto per accoccolarmi nuovamente sotto le coperte.

Dopo il piccolo scontro mattutino avevamo fatto colazione insieme fino a quando Cloud non si era alzato per frugare in una delle tasche del suo cappotto alla ricerca di ciò che aveva definito una “sorpresa”.
- Chiudi gli occhi e non sbirciare.
Sento la sua mano scorrere sul mio polso lasciando dietro di se una fine catenina alla quale sono attaccati tre piccoli ciondoli.
- Buon compleanno.
A tale sussurro non posso fare a meno di aprire gli occhi e cominciare ad esaminare il braccialetto e quelle che sembrano le nostre iniziali separate da un piccolo giglio in oro bianco.
- E’ splendido.
- Come la persona che lo indossa.
Arrossisco violentemente al tocco leggero col quale mi sposta leggermente i capelli fino a che non sento suonare il mio cellulare.

In preda all’ imbarazzo rispondo mentre delle squillanti voci procedono ad annientarmi un timpano.
-AUGURI VIRGI!!!!!!!!!!
- Miriam, Eric. Dovevo aspettarmi una vostra chiamata.
- Allora piccola cosa ..
- Rispondi prima alla mia domanda darkettona; cosa ti ha regalato?
 - Ma stavo parlando io!
- Ed io devo farle domande importanti.
Non posso fare a meno di scoppiare a ridere immaginandomi la scena quando Cloud mi si avvicina prendendo possesso del telefono e rispondendo al mio posto.
- Un braccialetto con le nostre iniziali ed un piccolo giglio e sì, le ho portato la colazione a letto.
- Che dolce!
- Così mi sottovaluti.
Con un piccolo salto riesco a rimpadronirmi dell’apparecchio prima che la situazione si evolva tanto da richiedere spiegazioni in seguito.
-Ragazzi grazie mille per gli auguri, ma devo lasciarvi. Vi richiamo io.

xoxoxoxox

Non mi sarei mai aspettato un simile risveglio. Avevo fatto di tutto per prepararle la colazione insieme all’altra piccola sorpresa e non appena stavo per dirigermi verso la nostra camera avevamo rischiato di scontrarci.
Mi ero ripromesso di renderle questa giornata indimenticabile.

Mentre Virginia si concede un bel bagno caldo mi accingo a sistemare la stanza e penso a chiamare il ristorante per confermare la prenotazione di questa sera. Con l’aiuto delle ragazze ero riuscito ad organizzarle una festa a sorpresa insieme a tutti coloro a cui teneva.

Avevo passato intere giornate ad organizzare tutto in modo che niente potesse rovinare questa nostra celebrazione; non avrei permesso a niente e nessuno di rovinarle questo suo momento di felicità.

-Cosa ne pensi?
La sua voce mi prende alla sprovvista, ma non è niente rispetto all’affascinante figura che è appena comparsa sulla soglia della stanza.
- Cos’ è quella faccia? Non ti piace?
- Al contrario, sei splendida. Eppure…
- Lo sapevo. Ho sbagliato qualcosa. Forse avrei dovuto…
La bacio dolcemente prima che finisca la frase.
- Volevo dire di aver già visto quell’abito.
Ricordavo quel vestito, o meglio, il suo disegno.
Spesso Virginia passava delle ore a disegnare e quel modello era una delle sue creazioni.
Un abito in stile scozzese con un corpetto che le fasciava dolcemente la vita, maniche lunghe che finivano con del pizzo nero ed una morbida gonna fino al ginocchio.
- Non ricordo di averti mostrato i miei schizzi.
- Forse se non lasciassi le tue cose sparse per casa…
La stringo più vicina al mio petto per evitare che si indispettisca a causa di questa mia piccola critica e si allontani distruggendo questo nostro contatto.

xoxoxoxox

Per la terza volta in meno di un’ora il mio cellulare aveva ricominciato a squillare.
Qualcosa dentro di me era sul punto di esplodere, ma quella mia irritazione svanì non appena lessi il nome del mittente sul display.
Non riuscivo a muovere un muscolo; ero rimasta paralizzata davanti a quella semplice scritta, non per le lettere che la componevano quanto per la consapevolezza ad essa legata.
- Tutto bene Virginia? Sei diventata pallida.
- I miei genitori.
In quel momento era partita la segreteria telefonica mentre la limpida voce di mia madre mi augurava un buon compleanno.

Fino a quel momento non avevo minimamente pensato ad una loro chiamata e se in quel momento non mi fossi trovata seduta sul divano le mie gambe avrebbero sicuramente ceduto.

Ormai vicina ad un attacco di isteria lascio cadere l’apparecchio che avevo in mano nascondendo il viso fra le ginocchia.
Senza rendermene conto comincio a tremare e non appena Cloud cerca di avvicinarsi non riesco a fare a meno di allontanarlo. Mi sto comportando come una bambina mentre sento il mio cuore infrangersi nuovamente o semplicemente non ero mai stata in grado di incollarne i pezzi correttamente.

Non appena sento prendermi le braccia per scoprirmi il volto comincio a dimenarmi senza una ragione precisa mentre delle immagini confuse cominciavano a sovrastarsi nella mia mente impedendomi di riacquistare la lucidità.
- Virginia calmati, ti prego.
Non riesco a fermarmi, nemmeno dopo averlo colpito, quando le lacrime avevano cominciato ad offuscarmi la vista.

In pochi secondi era riuscito ad immobilizzarmi tenendomi le mani bloccate sopra la nuca ed ora mi sovrastava col suo peso. Non lo avevo mai visto con un simile sguardo.
- Adesso cerca di calmarti e riprendere il controllo.
Finalmente le lacrime cominciavano a scemare ed i singhiozzi che fino a quel momento mi scuotevano divenivano sempre più radi. Anche la vista si era schiarita e potevo vedere sul suo viso il segno di quello che doveva essere stato uno schiaffo.
- M-m-mi dispiace.
- Non è niente. Piuttosto pensi che possa lasciarti senza rischiare un ennesimo schiaffo?
Una volta riacquistato un minimo di lucidità gli faccio un cenno di approvazione e, sebbene con una certa fatica, riesco a sedermi nuovamente al suo fianco.

Il tempo sembra scorrere inesorabile fino a quando non è lui a rompere il silenzio che si era creato.
- Come ti senti?
-Meglio, anche se sono ancora un po’ scombussolata.
Sento le sue bracci stringermi a lui seguite da un piccolo bacio sulla fronte.
- Mi ha fatto preoccupare, ma capisco il tuo comportamento. Non ti sei ancora ripresa del tutto.
Pronuncia tali parole in un sorriso premuroso tale da farmi rispondere a quella premura con un bacio al seguito del quale mi accoccolo rasserenata al suo petto.

xoxoxoxoxox

Fortunatamente si era calmata ed ora stava dormendo. Gli occhi, precedentemente arrossati dal pianto, si erano chiusi rilassano quell’ espressione turbata dando vita ad una che preferivo di gran lunga; l’ esempio della tranquillità in grado di renderla simile ad un angelo.
Le scosto delicatamente la frangetta in modo da poter ammirare quel viso; adoro la sua espressione mentre dorme. Durante il sonno tutti i suoi problemi svaniscono e le permettono un briciolo di serenità.
- Sephiroth.
Cosa diavolo significa? Come poteva ricordare quel nome? Aveva dimenticato tutto; non poteva essere a conoscenza della sua esistenza.
- Sta tornando.
Non poteva essere. Non poteva sapere; tutto questo era un bruto segno. Mi accingo a chiamare Zack, ma prima che possa digitare il numero Virginia si sveglia.
- C’è qualcosa che non va? Sei diventato pallido.
- Non è niente tranquilla.
A quanto pare non ricorda cosa ha appena detto; non vale la pena raccontarle tutto ora. Odio avere dei segreti con lei, ma al momento mi sembra la cosa più giusta.

xoxoxoxox

Cloud si stava comportando in modo strano. Non appena avevo lasciato la stanza lo avevo sentito parlare al telefono con qualcuno ed il suo tono sembrava leggermente scosso. Quando si era reso conto della mia presenza aveva immediatamente concluso la conversazione ed aveva insistito per andare a fare un giro in auto.
- Cloud c’è qualcosa che non va? Da quando mi sono svegliata ti comporti in modo strano.
Nonostante la curiosità che mi ha spinta a fare questa domanda ho il terrore di quella che potrebbe essere la sua risposta.
- Siamo arrivati.
Prima che possa rendermi geograficamente conto di dove ci troviamo le sue mani si poggiano qui miei occhi.
- Non sbirciare o ti rovinerai la sorpresa.

-BUON COMPLEANNO!
- Cosa…
- Hai forse dimenticato che giorno è oggi?
Finalmente tutto acquista un senso.
- Hai organizzato tutto.
- Mi è stata data una mano.
-Bravo. Cerca di non prenderti tutto il merito.
- Non mi permetterei mai.
Scoppio a ridere quando vengo investita da una stretta che conosco dai tempi del liceo.
-Sei cattiva! Non mi hai ancora salutata!
- Ciao Irene.
Era sempre stata la più grande del gruppo, ma anche la più esuberante.
- Mari, Giulia. Sono contenta di vedervi. Lo stesso vale per te Roberto.
- Dovevamo esserci tutti, altrimenti che festa sarebbe stata?
Mi lascio trasportare dalla felicità e, viste le altre due coppie, potevo dire che c’erano tutti coloro a cui volevo bene.

Oramai è arrivato il momento della torta; classica decorata con la panna rosa. Il tempo era passato così in fretta che non potevo ancora credere di essere arrivata alla fine della giornata.
- Forza Virgi, non starai mica spettando un invito scritto.
- Esprimi un desiderio.
Esprimere un desiderio; cos’ altro avrei mai potuto desiderare? Finalmente avevo accanto delle persone speciali e con il tempo sarei riuscita a lasciarmi il passato alle spalle eppure, continuavo a volere qualcosa.
Le candeline si spengono prima che la loro cera possa cadere sul dolce.
- Un applauso per Virginia. È la prima volta da quando ti conosco che riesci a spengerle tutte insieme.
- Ma come, nemmeno un bacio? Così mi deludete.
Cloud risponde alla provocazione di Zack dandomi un bellissimo quanto inaspettato bacio.

xoxoxoxoxox

(Ed eccovi la canzone consigliata dall'autore fuori di testa per questo adorabile momento   http://www.youtube.com/watch?v=yZIummTz9mM)
  Una volta rientrati a casa non esiste più nessun’altro all’infuori di noi.
Questa volta niente ci avrebbe potuto interrompere; la casa era libera ed avevo provveduto a neutralizzare i cellulari di entrambi, mi chiedevo solo se fosse pronta.
Prima di oggi non avevo mai considerato veramente l’idea reprimendo i miei istinti, ma sentivo che questa volta non ne sarei stato capace.

L’ennesimo bacio sfugge al nostro controllo fino a che non arriviamo nella camera da letto. Vorrei lasciarmi trasportare dal momento, ma non posso fare a meno di ripensare a tutto ciò che è successo fino ad oggi, a tutto ciò che abbiamo dovuto sopportare per stare insieme e come uno stupido lascio che la domanda scappi inevitabilmente dalle mie labbra.
- Sei sicura di ciò che stiamo per fare?
Perché le ho chiesto una cosa simile? Come ho potuto essere così idiota? Forse perché non volevo approfittarmi di lei.

Alla luce della luna riesco a vedere il suo sorriso, l’ espressione divertita sul suo volto, ma non appena si accorge del mio spaesamento porta la nuca al mio petto.
- Mai stata così sicura. Questa volta voglio poter scegliere, ed ho scelto te. Se tu non fossi stato al mio fianco in questi mesi dubito che sarei veramente riuscita a rimanere me stessa, a non diventare una marionetta.
Hai fatto tanto per me ed ora desidero fare io qualcosa per te. Non fraintendermi, non lo faccio perché mi sento in debito, ma perché voglio che questo momento sia solo nostro.

I dubbi si erano dissipati e finalmente potevo smettere di pensare. Questa sarebbe stata la notte più bella della nostra vita.
- Ti amo.


Angoletto autrice:

Chiedo umilmente perdono per il terribile ritardo, ma tra il blocco dello scrittore e la tortura chiamata scuola non sono riuscita a scrivere.
Spero di poter espiare le mie colpe con questo umile capitolo e se mai vorrete uccidermi non opporrò resistenza.
Come di consuetudine ringrazio tutti coloro che continuano a seguirmi, mi rendete veramente felice.
Al prossimo capitolo
Jenni :3

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Capitolo 20
*** Piccola pausa ***


Comsiderato il buon punto al quale siamo arrivati con la storia ho deciso di fare una piccola revisione/corezione dei capitoli precedenti prima di procedere.
Vi prego di non odiarmi per questo :3
Con affetto,
Jenni

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Capitolo 21
*** 26 Novembre - minacce ***


26 Novembre

Il suo dolce sorriso viene fatto risaltare dall’altrettanto splendido tramonto alle nostre spalle.
Un momento magico, perfetto in ogni sua sfumatura si presenta davanti ai nostri occhi, ma prima che possa accarezzarle la guancia svanisce con un espressione disgustata sul volto.

Comincio a correre senza una meta precisa lasciandomi guidare dalle mie gambe. Non ho idea di cosa stia succedendo, so solo che devo continuare.
Mi lancio contro la porta che è appena apparsa spalancandola. Vorrei non averlo mai fatto.
Virginia è rinchiusa in una di quelle capsule che la Shin-ra utilizzava per i suoi assurdi esperimenti.
Ciò che avevo temuto si era avverato e non potevo fare niente per aiutarla.

Cerco di raggiungerla, ma nonostante i miei sforzi questa continua ad essere irraggiungibile.
- Pensavi davvero di poterla proteggere?
Non può essere; quella voce non può essere più udita da esseri viventi.
- Sephiroth…
- Indovinato. Vedo con piacere che hai trovato qualcosa che meriti di essere protetto.
Finalmente anche lui diventa visibile al suo fianco cominciando a picchiettare sul vetro della macchina.
- Tutto questo è impossibile…
- Come sei ripetitivo. Lo dicevi anche l’ultima volta eppure mi pare che la storia sia andata diversamente.
Vediamo, cosa potrei farne?
- Toglile le mani di dosso!

Una fitta al braccio sinistro mi mozza il fiato lasciando che dalla mia gola esca solo un rantolo soffocato dal sangue.
- Credo di aver trovato.
- NO!

Il vetro che prima la imprigionava si divide in una miriade di frammenti mentre il suo fragile corpo viene afferrato dal braccio libero dalla spada.
- Questa volta le cose andranno diversamente.

Con un sussulto mi risveglio nel mio letto con Virginia ancora al mio fianco ricoperta dalle calde coperte.
Prima che possa tirare un sospiro di sollievo l’ennesima fitta al braccio mi costringe a soffocare un grido di dolore.

Corro verso il bagno per evitare di sporcarla col sangue che ormai esce copioso a causa del geostigma.
Tutto stava per ripetersi inevitabilmente e questa volta sarebbe stato molto più difficile.
Sephiroth sapeva e le avrebbe dato la caccia con tutto ciò di cui era a disposizione; non sarei mai riuscito a salvarla.

xoxoxoxoxox

Al mio risveglio il posto al mio fianco è vuoto e sono sorpresa nel vedere colui che doveva occuparlo seduto ai piedi del letto osservarmi con uno sguardo preoccupato.
- Cloud c’è qualcosa che non va?
Prima di reagire sembra riscuotersi da uno stato di trans per poi porsi alla mia destra.
- Niente, va tutto bene.

Un bacio sullo zigomo destro accompagna questa frase.
Solo quando le sue mani sfiorano le mie spalle eliminando quello scombussolamento dovuto al sonno mi rendo conscia dell’imbarazzante situazione in cui mi trovavo.

Dopo la notte precedente mi ero addormentata senza preoccuparmi del fatto di non avere niente addosso se non la biancheria ed ora mi trovavo in quelle condizioni davanti al ragazzo col quale avevo passato i momenti più belli della mia vita.
- Ti prego; non dirmi che in questo momento ti stai vergognando.
Le sue labbra vicino al mio orecchio richiamano alla mente le immagini di poche ore prima facendo aumentare il rossore sulle mie guance.
- Bhè, il fato è che…
Prima che possa finire vengo spinta a distendermi nuovamente sul letto ritrovando il suo viso a pochi centimetri dal mio.
- Se vuoi possiamo risolvere la situazione facilmente.
Le sue labbra cominciano a posarsi sul mio collo per poi raggiungere le mie ed unirle in un bacio, ma durante questo contatto sento i muscoli del suo viso trattenere una smorfia di dolore.

Prima che possa accettarmi di ciò veniamo interrotti dal suono di un campanello.
- Non posso crederci.
Con un’espressione scocciata Cloud si avvia verso la porta. Vorrei trattenerlo e costringere a continuare ciò che aveva iniziato, ma in tal caso non sarei altro che un’egoista.
- Cloud…
- Tranquilla. Avevo preparato un bagno caldo; che ne dici di usufruirne?
Farò il più in fretta possibile.
Ancora quel sorriso tirato. Mi stavo sbagliando; non essere che un’allucinazione.

xoxoxoxoxox

Il braccio aveva ripreso a sanguinare ed il dolore era sempre più acuto.
Nonostante i miei sforzi riuscivo a malapena a nascondere le smorfie segno della mia sofferenza.
Ormai allo stremo della sopportazione mi accingo ad aprire la porta di casa lasciando che due volti familiari mi impediscano di crollare a terra.

-Cloud, apri gli occhi.
La vista è ancora leggermente annebbiata fino a quando i due ai lati del divano non rientrano nel mio campo visivo.
- Cosa diavolo è successo?
- Hai avuto una crisi e ti sei accasciato subito dopo averci aperto la porta.
A rispondermi è Zack mentre mi porge la mano aiutandomi a rialzarmi.
- Per quanto tempo ho perso i sensi?
- Solo un paio di minuti.
Virginia non si è accorta di niente se è questo che vuoi sapere.
Sono lieto di tale notizia; come avrei potuto spiegarle ciò che era appena accaduto?

- Mi dispiace, ma non sono riuscita a curarlo.
-Capisco.
Ormai ne ero certo. Sephiroth stava tornando e questa volta era più forte.
Non sarei riuscito ad evitarle lo scontro; ne ero certo. Avrei dovuto raccontarle tutto e non avevo la minima idea di come fare.
- Devo chiedervi di non farne parola con Virginia.
- Sai bene che prima o poi verrà a saperlo.
Aveva dannatamente ragione, ma non volevo che si preoccupasse. Non adesso per lo meno.
- Preferirei parlarle  io di tutto questo. Chissà; sapere la verità potrebbe anche salvarle la vita.

Interrompiamo la nostra conversazione non appena udiamo i suoi passi recarsi nella sala seguiti dalla sua voce cristallina.
- Cloud chi era alla porta?

xoxoxoxoxox


Arrivata nell’altra stanza avevo visto Aerith e Zack mentre aiutavano Cloud a preparare la colazione.
Erano venuti a farci una piccola visita ed avevano portato alcune paste per mangiare tutti assieme.

-Parlando di cose serie. Non credete di doverci dire qualcosa?
Il tono con il quale il moro aveva interrotto le futili conversazioni precedenti mi aveva insospettito ed osservando il ragazzo al mio fianco avevo compreso di non essere la sola non in grado di capire a cosa si riferisse.
- Cosa intendi?
- Ma come. Si vede lontano un miglio che ieri è successo qualcosa.
Virginia ha un simpatico succhiotto sul collo e Cloud non dirmi che quello è il segno di un morso.
Imbarazzata porto la mano al punto indicato; pensavo di essere riuscita a coprirlo.
La mia reazione fa scoppiare in una risata il mittente di ciò che l’aveva causata.
Abbasso maggiormente il volto rialzandolo non appena il riso viene sostituito da un’espressione di dolore.

Aerith aveva cominciato a tirare la guancia del proprio compagno rimproverandolo per il modo in cui si era espresso.
- Per favore lasciami.
- Non finchè non ti sarai scusato.
- Ma ho fatto solo un’osservazione!
- Su cose che non ti riguardano.
- E va bene. Mi dispiace.
Ti prego adesso lasciami.
Davanti a quella esilarante scenetta non riesco a trattenermi lasciando che il mio sorriso si evolva fino a quando non sento più l’addome per lo sforzo.

xoxoxoxoxoxox

Il vento continua a soffiarmi in viso con tutta la sua forza mentre guido a tutta velocità per le strade che portano fuori al paese.
Alla fine quei due erano rimasti tutta la giornata a farci compagnia; se non fosse stato per loro sarebbe stato tutto più difficile.
Grazie alla loro compagnia ero riuscito a tenere occupata Virginia anche quando Tseng ci aveva inviato quel messaggio.

Il presidente ha richiesto la vostra presenza. Questa notte dirigetevi alla proprietà della Shin-Ra che si trova poco fuori città.
Vedete di non mancare.”


Avevo bisogno di informazioni e la Shin-Ra poteva darmele. Mi ero ripromesso di non collaborare, almeno fino a quando pretendevano di poter coinvolgere la ragazza che amavo nei loro esperimenti.
Sarebbe bastata una sola allusione a tutto ciò e sarei tornato da Virginia senza pensarci due volte.
Sephiroth non era l’unica minaccia


Dopo tanto tempo avevo ripreso la spada e, non appena mi accingo ad entrare, mi vedo costretto ad estrarla dal piccolo teatrino di Reno e Rude.
- A quanto pare stare con quella ragazza non ti ha affatto rammollito eppure l’ultima volta non era andata poi così bene.
- Chiudi il becco Reno.
Solo allora mi rendo conto della presenza di Zack e Kadaj ai lati della stanza.
- Quanto ha intenzione di farci aspettare ancora?
Al contrario del primo sembra piuttosto agitato e col passare del tempo lo stesso vale per me.
Sono uscito di nascosto e non oso immaginare cosa accadrebbe se Virginia si risvegliasse senza trovarmi.


Finalmente anche Rufus ci degna della sua presenza.
A quanto pare il geostigma deve averlo colpito. Ciò spiegherebbe la sedia a rotelle guidata da Tseng.
- Penso siate tutti a conoscenza del motivo per cui vi ho convocati.
- Vieni al sodo.
- Sephiroth è tornato. Pare che Loz e Yazoo siano riusciti nel loro intento anche senza il fratello.
- Ed ora vuoi che noi sistemiamo i casini della nostra cara compagnia combattendo contro il più grande eroe nella storia dei SOLDIER, giusto?
- Vedo che non sei cambiato nel tempo SOLDIER first class, Zack.
Ormai ne ero sicuro; quello di questa mattina era un avvertimento. Continuo a ripensare a lei e la sua espressione disgustata, ma soprattutto alla sua fragilità quando il filo dei miei pensieri viene interrotto.


-Ci sarebbe un altro modo.
- Non pensarci nemmeno.
Per la prima volta avevo preso parte alla conversazione consapevole di come questa si sarebbe conclusa.
- E se fosse l’un
ico modo per proteggerla?
- Cosa vorresti dire?
- Sai bene di non poterla difendere, non da solo. Noi ti offriamo il nostro aiuto.
- Dov’è la fregatura?
Zack era intervenuto. Faceva parte della Shin-ra da molto più tempo di noi ed aveva imparato in qualsiasi cosa facessero vi era sempre un secondo fine.
- Cerchiamo solo la risposta alle nostre domande. Dopotutto ciò che vogliamo è solo ricostruire il nostro mondo.
Non vorresti renderla felice ed evitarle qualsiasi preoccupazione?
La proposta era allettante, ma era davvero ciò che mi promettevano? Se avessi deciso al suo posto non mi avrebbe mai perdonato, anche se fosse stato per il suo bene e se le avessi rovinato la vita per un mio capriccio sarei stato io colui che non avrebbe concesso l’assoluzione.
- Dobbiamo decidere insieme. Questa volta non commetterò gli stessi errori del passato.


Ancora una volta sento il vento frustarmi il viso. Tra poche ore avrei rivelato tutto a Virginia ed avremmo deciso insieme del nostro futuro.



Angoletto autrice:

eccovi finalmente il capitolo n° 20. Chiedere perdono sarebbe inutile quindi se vorrete fucilarmi sono a vostra disposizione.
Ringrazio tutti coloro che mi seguono e non vedo l'ora di leggere i vostri commenti. <3
Con grande affetto,
Jenni

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Capitolo 22
*** 27 Novembre - verità ***


27 Novembre

( Iniziamo subito con una bella canzone: http://www.youtube.com/watch?v=3dHP3ikuJ_A)
Nonostante tutti i miei sforzi non ero riuscito ad arrivare in tempo ed ora Virginia si trova davanti a me; sul viso un’espressione che non credevo avrei mai visto.
- Non pensi sia arrivato il momento di dirmi cosa diavolo sta succedendo?
- Dubito che mi crederesti.
- Penso di essere in grado di decidere da sola se crederti o no.
Più volte avevo immaginato questa scena durante il tragitto di ritorno, ma non avrei mai creduto che tutto si sarebbe avverato così presto.


Avevo cominciato parlandole di Sephiroth, spiegandole il ruolo della Shin-Ra in tutto questo, ma non ero ancora riuscito ad accennare alla faccenda del geostigma nella speranza che mi fermasse prima di farlo. Forse sarei riuscito a risparmiarle questa preoccupazione.
Fino a quel momento aveva avuto uno sguardo assorto, probabilmente alla ricerca di prove che testimoniassero ciò che le stavo dicendo.
- Non posso crederci.
Solo allora il suo sguardo si era rivolto a me.
- Virginia …
- Tutto ciò che stai dicendo che non ha senso!
Aveva dannatamente ragione. Tutto questo non rientrava nei canoni della logica umana.
Le stavo dicendo che un “esperimento” le dava la caccia concludendo la sua opera con la distruzione del mondo e che io stesso ero una cavia da laboratorio; non avrebbe mai potuto credermi.
Come se non bastasse sentivo il sangue scorrere lungo il braccio; forse non sarei arrivato alla fine della conversazione.
-Virginia ti prego. Non pretendo che mi creda, ma almeno pensa a tutto ciò che ti ho detto.
Ragiona; cosa ricaverei dal mentirti?
Il dolore è sempre più forte ed a stento riesco a trattenere le smorfie di dolore. La vista comincia ad annebbiarsi e la sua figura non è più così nitida. Vorrei poter decifrare la sua espressione, ma il suo volto ormai non è altro che un informe insieme i colori.
- Cloud cosa sta succedendo? Stai sanguinando.
Dannazione Cloud, RISPONDIMI!
-Va tutto bene…
La mia voce, nient’altro che un roco bisbiglio si spenge insieme al sorriso che avevo cercato di mostrarle alla vista delle sue lacrime.

xoxoxoxoxox

Era crollato davanti ai miei occhi ed ora in preda alle lacrime continuavo a chiamarlo inutilmente.
Tutto ciò che mi aveva detto fino a quel momento non aveva più importanza; tutto quello che volevo era che lui si risvegliasse.


Nonostante tutti i miei richiami continuava a non rispondermi ed in un momento di lucidità mi accingo a digitare il suo numero; se qualcuno può aiutarmi deve essere lei.
-Virginia cosa c’è?
- Vieni subito, ti prego.
Non riesco a fermare le lacrime per poterle rispondere mentre alla sua voce sento accavallarsi quella del proprio ragazzo.
- Non muoverti; arriviamo subito.


Sarebbero arrivati; avevo piena fiducia in loro.
Continuo a chiamarlo inutilmente fino a quando le loro mani non mi allontanano dal suo corpo.

xoxoxoxox

Mi risveglio tranquillamente disteso nel mio letto, ma ci vogliono ben pochi secondi per riprendere finalmente coscienza di ciò che era appena successo.

Mi dirigo di corsa nel salotto nella sperando con tutto il cuore che si trovi là.
Al suo fianco vi sono Zack ed Aerith con in mano una tazza di ciò pare un thè caldo.
- Virginia.
Nel vedermi lascia cadere la coperta che fino a pochi minuti fa aveva sulle spalle venendomi incontro e circondandomi il collo con le braccia nude.
Solo in questo momento mi rendo conto di ciò che aveva addosso; una corta camicia da notte di un chiaro rosa confetto ornata da piccoli merletti neri.
I capelli dolcemente sciolti che ricadevano disordinatamente sulla sua schiena fino all’altezza della vita.


Calde lacrime cominciano a bagnarmi il petto mentre la sua presa scivola via lasciando che le sue mani si stringano alla mia camicia.
Questa volta sono a stringerla in un abbraccio fino a quando Aerith non si avvicina con nuovamente in mano la calda coperta di lana per posarla dove era prima del mio arrivo.
Scappa alla mia presa asciugandosi le lacrime prima di proferire un grazie alla ragazza alle sue spalle.


-Ci ha chiamati dicendoci di venire immediatamente; quando siamo arrivati eri steso sul pavimento ed il tuo braccio sinistro era circondato da una pozza di sangue.
-Perché non mi hai detto niente.
La sua voce è poco più di un sussurro mentre continua a cercare di soffocare i singhiozzi.
- Mi dispiace. Volevo raccontarti tutto, ma… la tua reazione…. mi ha bloccato.
-Sei solo un idiota.
Questa volta non riesce a trattenere le lacrime lasciando che la rabbia prenda il sopravvento e si manifesti con dei pugni diretti al mio petto. Ancora una volta la stringo a me, ma con maggiore forza.
- Colpiscimi più forte che puoi.
Ti ho ridotta in questo stato e merito la tutta la tua collera.


I colpi si fanno sempre più deboli fino a quando non scompaiono e non riuscendo a sorreggerla la sua figura si accascia a terra ancora in preda alle lacrime. Non riesco a sopportare il fatto di essere la causa di tutto quel dolore e la seguo nella sua discesa verso quell’abisso che continuava a trascinarci a se senza possibilità di ritorno.

xoxoxoxoxoxox

Alla fine, grazie all’intervento di Aerith e Zack , Cloud era stato in grado di raccontarmi tutto nei minimi dettagli.
Finalmente sapevo; sapevo la verità.
Conoscevo la storia di Cloud, il vero obbiettivo della Shin-Ra, chi fosse Sephiroth e quale fosse la vera storia su quegli uomini in nero e la coppia che in quel momento avevo davanti, ma ancora non riuscivo a capire una cosa; cosa c’entravo io in tutto questo.


Mai prima di allora avevo sentito parlare di quella strana società che, a quanto mi era stato detto, aveva più volte rischiato di distruggere l’intera umanità.
Tutto ciò che avevo appreso non era che una novità; mi sentivo come se fino a quel momento io e le persone che avevo di fronte fossimo vissuti in due mondi completamente diversi.


-Perché avete deciso di dirmi tutto solo ora?
- Volevo proteggerti. Speravo di poterti tenere al sicuro, fuori da questo orribile mondo del quale faccio parte.
Mi sbagliavo. Nel momento stesso in cui ci siamo conosciuti ho decretato il tuo inevitabile destino.
- Vorresti dire che non avresti mai dovuto incontrarmi?
Il suo sguardo era mutato; inizialmente triste e dispiaciuto ora incredulo al suono della mia indignata affermazione.
- Non ho detto questo.
Adesso era in piedi davanti a me accompagnato da un’espressione scura. Avevo toccato un tasto dolente; a quanto pare sono brava nel ferire le persone.


Aerith e Zack continuavano ad osservarci ai lati della stanza in attesa di non so cosa, forse l’ennesima crisi o il crollo definitivo.
Non oso guardare quegli occhi color del cielo per paura di essere ferita a mia volta, ma i miei propositi vengono mandati in fumo dalla sua mano che costringe il mio viso ad incontrare il suo.
Piccole, calde lacrime continuano a bagnarmi il volto in questa fredda notte. Vorrei poter dimenticare tutto; cambiare la storia riscrivendola dal principio, ma so bene che non ne sarei mai in grado.
Tutto ciò che avevamo provato fino ad allora mi aveva cambiato; i nostri ricordi erano troppo importanti.
- Non cambierei mai tutto ciò che c’è stato tra noi.
Quella sera è stata la migliore della mia vita; da quando ti ho incontrata tu sei diventata l’unica cosa che mi impedisse di mollare.
Virginia fino ad ora tu sei stata la mia salvezza.


Cercavo di asciugare le lacrime davanti a quel serafico sorriso, ma con scarsi risultati.
- Cloud io..
- Non è colpa tua; mi sono espresso male.
Allontana le mie mani dal mio viso per poterlo finalmente prenderlo fra le sue prima di consolarmi con un dolce bacio.

xoxoxoxoxoxox

Finalmente si era riaddormentata verso le sei del mattino mentre Aerith e Zack erano tornati a casa.
Doveva essere distrutta.
Improvvisamente il suo telefono comincia a squillare e mi accingo a rispondere prima che possa svegliarla.
- Pronto.
- Cloud sono Irene; puoi passarmi Virginia.
- Mi dispiace, ma in questo momento sta dormendo.
- NON CI CREDO! Sono le dieci passate; NON DORME MAI COSì A LUNGO.
Le sue grida rischiano di perforarmi un timpano. Non pensavo la prendesse così male.
- E va bene; lo dirò a te. Oggi è il mio compleanno e lo festeggerò questo pomeriggio alla pista di pattinaggio che hanno appena montato; vedete di non mancare.
- Ci saremo ed auguri.


Pochi minuti dopo Virginia si era svegliata e mi ero accinto a riportarle il messaggio dell’amica.
Dopo tanti sforzi ero riuscito a convincerla ad andarci ed ora ci ritrovavamo davanti alla pista con un piccolo pacchetto regalo in mano.
Nonostante tutto continuava ad avere un’espressione assorta; probabilmente dovuta a ciò che era successo la mattina.


Le stringo un braccio attorno alle spalle costringendola a voltarsi.
- Oggi fai come se nulla fosse cambiato.
Me lo prometti?
Un dolce sorriso compare sul suo volto appena in tempo con l’arrivo di Irene.
Per queste ore non avrebbe dovuto pensare a niente e l’avrei aiutata in tutto ciò.

xoxoxoxoxox

Non ero mai stata brava a pattinare, ma con l’aiuto di Cloud non ero ancora caduta.
Una fredda volata di vento mi colpisce alle spalle facendomi rabbrividire; nella fretta di uscire avevo dimenticato la sciarpa.
Ci fermiamo al centro della pista ponendoci l’uno davanti all’altro.
- Hai freddo?
Sento il suo caldo respiro a pochi centimetri dal mio volto mentre pronuncia quella che più di una domanda pare un’affermazione.
- Non è niente.
Prima che possa ribellarmi si toglie la sciarpa ponendomela al collo; è così calda ed ha il suo stesso profumo.
- Serve più a te che a me.
Senza la lana scarlatta è possibile vedere il collo del maglione che porta sotto il lungo cappotto rigorosamente nero dal quale fuoriescono i jeans scuri.
Al contrario suo il mio soprabito è bianco in contrasto con la gonna rossa e le calde calze nere.
- Vorrei poter vedere con te la neve.
Le sue parole mi distolgono dai miei pensieri che ormai avevano cominciato a correre liberi.
- Dovresti sapere che qui la neve cade di rado.
Da quando ero bambina non avevo potuto vederla più di un paio di volte rimpiangendo di non potermi buttare in quel candido manto o semplicemente di non poter ricordare una di esse.
- Vorresti vedere con me la prossima nevicata?
I suoi guanti cominciano a scorrere sui miei in piccole carezze circolari, non ricordo da quando abbiamo cominciato a prenderci per mano.
- Non vi è nulla che non vorrei vedere con te.
Non importa cosa ci circondi o cosa si intrometta tra noi; non ho intenzione di perdermi un tale fenomeno in tua compagnia.
- Devo considerare questa tua affermazione come un sì?
- Manterrai la promessa.
- Finchè avrò fiato nei polmoni.
- Vedi di non deludermi.

xoxoxoxoxoxox

Non appena si era privata del cappotto non avevo potuto non baciarla.
La volevo con tutto me stesso, ma non avrei mai fatto niente contro la sua volontà per questo ero stato felice quando aveva ricambiato il mio bacio.
La sua pelle candida era più di quanto potessi desiderare.
- E’ doloroso?
La sua mano era lievemente appoggiata sulla mia fasciatura. Forse era questo che la preoccupava maggiormente.
- Non abbastanza da impedire di starti vicino.
Avevo ricominciato a baciarle il collo. Questa notte non avrei permesso a Sephiroth di intromettersi oltre.



Angoletto autrice:

eccovi pronto il nostro nuovo capitolo ^^ Spero sia di vostro gradimento.
Momento dei ringraziamenti per la nostra Sweety Lover e BahGirl per le loro recenzioni, Deby92 e Taiga 93 per avermi messa tra le seguite.
Con affetto
Jenni

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Capitolo 23
*** 29 Novembre - prima parte ***


29 Novembre

Alla fine mi avevano convinto ed ora stavo portando Virginia nella tana del lupo.
Non avevo avuto altra scelta posto davanti all’evidenza dei fatti.
Lei non mi avrebbe mai abbandonato ed io rischiavo di non essere abbastanza forte per poterla proteggere; la  Shin-Ra sarebbe stata un’ulteriore sicurezza.


Il possedimento della società più vicino consisteva in un edificio sviluppato quasi completamente sottoterra in modo da apparire all’esterno come non più di un semplice magazzino in modo da evitare qualsiasi sospetto.
-Cloud?
Eravamo arrivati ed ora osservavo inquieto quella piccola struttura ben consapevole di cosa si celasse nelle sue fondamenta ed avevo istintivamente stretto la ragazza al mio fianco a me.
Quando le avevo proposto di rifugiarci in quel luogo non si era opposta ed aveva cominciato a preparare una piccola valigetta. Avrei voluto sapere cosa ne pensasse, ma quando le avevo chiesto di esprimermi i suoi pensieri aveva detto: “ Non mi importa dove andremo. Tutto ciò che voglio è stare con te e se per te questa è la giusta decisione io ti seguirò con il sorriso sulle labbra.”
In fondo al cuore speravo che non appoggiasse la mia decisione e, prima che sia troppo tardi, vorrei che mi fermasse.
- Sei sicura di quello che stiamo per fare?
- Pensavo di avertelo già detto. Io ti seguirò qualunque decisione tu prenda.


Appena arrivati eravamo stati condotti in una stanza nella quale avevamo trovato Zack, Aerith e Kadaj.
Quest’ultimo era forse il più teso fra tutti noi; dopotutto era uno dei più coinvolti ed era stato il primo a pagarne le conseguenze.
Lui e Martina avevano litigato e per proteggerla lui l’aveva allontanata.

xoxoxoxoxox

Kadaj continuava ad avere la stessa aria tormentata che non lo aveva abbandonato un solo istante da allora.
Quando ci aveva chiamato ci eravamo diretti in tutta fretta verso l’appartamento che aveva con Martina.
Una volta arrivati lo avevamo trovato sull’uscio del palazzo sotto la pioggia incessante.
Non riuscivo a comprendere il perché del suo sguardo perso nel vuoto, del suo doloroso silenzio, ma soprattutto perché Cloud non dicesse niente. Non comprendevo perché si trovasse fuori casa e solo quando quelle che sembravano lacrime avevano cominciato a rigargli il volto e le sue labbra si erano mosse in un sussurro tutto si era fatto chiaro; quei due si erano lasciati.


Kadaj aveva rinunciato a lei nella speranza che questo potesse salvarla.
Lei aveva ancora una possibilità ed il ragazzo che l’amava più della sua stessa vita avrebbe fatto in modo che la cogliesse indipendentemente da quanto questo li avesse fatti soffrire.


Quel giorno salì in macchina a testa bassa chiedendoci solo di portarlo via. Non sapevamo cosa dire o fare per poterlo fare stare meglio.
Non aveva più proferito parola da allora e sembrava evitarci. Qualcosa mi diceva che stava soffrendo come non mai e che volesse evitarci per non tornare sui propri passi.

Martina non si fece più sentire scomparendo dalla circolazione con un semplice messaggio.
“ Partirò per qualche tempo. Ho bisogno di pensare. A presto; Martina”
Ne avevo parlato con Cloud in privato ed insieme avevamo deciso di non farne più parola.

Avrei voluto che le cose fossero più semplici e che fosse ci stato un altro modo per risolvere le cose.

I miei pensieri vengono interrotti dal cigolio di una sedia a rotelle e dal braccio del ragazzo al mio fianco che mi stringe a se.
- Vedo con piacere che siete tutti arrivati senza intoppi.
Una voce profonda e sconosciuta proviene da quella figura nascosta in buona parte da un telo, abbastanza da impedirci di vedere il suo volto.
- Cloud…
Non parrebbe pericoloso eppure lui continua a stringermi.
Solo allora l’uomo pare rendersi conto della mia presenza udendo il mio bisbiglio.
- Perdonatemi, lei deve essere la famosa Virginia. Piacere di poter fare la tua conoscenza: io sono Rufus Shinra.


Finalmente mi è chiara la reazione avuta da coloro che erano intorno a me.
- Potresti anche saltare i convenevoli non credi, presidente? Dopotutto tu conosci molte cose della nostra cara amica.
Quella nella voce di Zack era una nota di ironia; un piccolo avvertimento diretto a me.
Voleva avvisarmi che la mia vita non era un mistero per loro e che avevano non poche informazioni su di me.
- Capisco. Accompagnatela in quelli che saranno i suoi alloggi mentre io parlo con il resto dei nostri ospiti.


Una ragazza dai grandi occhi marroni ed i capelli dello stesso colore mi stava porgendo la propria mano insieme ad un sorriso. Alle sue spalle vi erano il ragazzo dai capelli rossi e l’uomo calvo che avevo intravisto nell’auto che venne a prendere Cloud tempo addietro.
Al contrario degli altri ispiravano una certa fiducia e sentivo la sua stretta leggermente allentarsi.
Senza pensarci avevo accettato quella mano e sebbene con riluttanza lui mi aveva lasciata andare insieme a loro per i corridoi della Shin-Ra.

xoxoxoxoxox


Continuavo ad essere incerto sul da farsi soprattutto dopo ciò che ci aveva detto Rufus ed ora che i turks la stavano scortando nella sua stanza sentivo come un nodo in gola.
- Non devi preoccuparti.
Solo adesso mi rendo conti di Aerith che cammina al mio fianco.
- Insieme a lei c’è anche Cissnei e poi dubito che quei due possano combinare qualcosa.
Nonostante le sue parole continuo a sentirmi inquieto; non mi fidavo abbastanza.
Insieme a loro vi erano anche dei novellini; a differenza dei tre di nostra conoscenza questi raramente disubbidivano agli ordini. Se fosse stato dato l’ordine di farne sparire le tracce questi avrebbero compiuto il loro dovere senza battere ciglio.


-Se solo non fosse stata immischiata in questa storia, se solo non fosse ciò che ha dimostrato di essere…
- La ameresti lo stesso?
- Cosa?!
La domanda di Aerith mi aveva colto di sorpresa.
Non riuscivo a coglierne il senso; cosa l’avesse spinta a chiedermi qualcosa del genere.
- Se Virginia smettesse di essere un “antico” come la definisce la Shin-Ra, la ameresti comunque?
Se smettesse di essere ciò che è, di essere quella ragazza fragile ed indifesa proveresti ancora gli stessi sentimenti?
Se smettesse di aver bisogno di te rimarresti al suo fianco?
- Non intendevo questo!
- Cloud sai bene che non vi siete rincontrati per un semplice gioco del destino.
Se questo non aveva tutti i torti; infondo io la stavo cercando.
- Avrei fatto finta di niente.
- Ne sei veramente sicuro?
Sappiamo entrambi che a spingerti qui sono stati curiosità e senso di colpa. Volevi essere sicuro che fosse felice, ma quando ti è caduta tra le braccia non hai più potuto lasciarla andare.
- Pensavo che in questi anni avesse imparato ad odiarmi. Per questo ero felice che si fosse stretta a me.
- Eri convinto che ti avesse riconosciuto.
- Invece aveva solo perso la memoria.
Odiavo come quella ragazza riuscisse a scrutarmi dentro, ma sapevo anche che era l’unica in grado di farlo.
In passato avevo provato dei sentimenti per lei ed a causa mia aveva rischiato di morire come dimostrava la cicatrice che aveva sul petto.
- Successivamente ti sei accorto della possibilità che si era aperta davanti ai vostri occhi.
- Potevamo ricominciare.
- Ed è ciò che avete fatto. Ora rispondi alla mia domanda. L’ameresti ancora?
Tutto quello che mi aveva detto era servito a farmi ragionare.


Senza quella sua parte non sarebbe stata la stessa persona; avrebbe smesso di essere colei che amavo.
- Probabilmente non ci saremmo più rincontrati.
- Cloud lei si affida a te. La sua vita è sempre stata un enorme punto di domanda, un’incognita fino a quando non sei arrivato tu.
L’hai sentita tu stesso, sai bene quali sono le sue sofferenze. Ogni volta che tu ti lasci prendere dai dubbi ne risente anche lei. Non sei più solo; non puoi più ragionare come una volta, incurante di quali siano le conseguenze.
Non pensare: “non importa cosa mi accadrà, basta che lei sopravviva”.
Lei non vuole questo, preferirebbe morire insieme a te.
Cerca di tenerlo a mente.


Fino a quel momento non ero riuscito a comprendere ed ora un nuovo punto di vista si stava aprendo davanti ai miei occhi.
Aerith aveva ragione. Nonostante tutto continuavo a comportarmi come in passato ed il mio era un comportamento egoistico.
Le persone a cui avevo voluto bene avevano sofferto a causa di esso; Virginia non avrebbe dovuto farlo.
- Grazie.
E’ tutto ciò che posso dirle, la parola migliore in grado di racchiudere la gratitudine che provo.
- Corri da lei.
Senza pensarci seguo il suo consiglio e comincio a sfrecciare tra i vari corridoi fino a raggiungere la sua porta.


Angoletto autrice:

Chiedo umilmente venia per il mostruosissimo ritardo, ma negli ultimi tempi sono stata indaffaratissima T^T
Ho deciso di dividere il capitolo in sue parti poichè a mio parere poteva divenire troppo pesante. Ringrazio tutti coloro che continuano a segurmi, farò di tutto per non deludervi.
Con affetto,
Jenni

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Capitolo 24
*** 29 Novembre - seconda parte ***


29 Novembre


Cloud era entrato in stanza come un uragano e mi aveva abbracciato sorridendo senza una qualche precisa ragione.
Solo quando ci eravamo allontanato avevo gettato uno sguardo all’orologio constatando che era mezzogiorno passato ed il mio stomaco aveva cominciato a ribellarsi.
- Non pensavo avessi così fame.
- Ti ricordo che è da ieri sera che non mangio niente.
- In tal caso… potremmo andare a mangiare qualcosa
 
-Cloud cosa ti prende?
- Ninte, sono solo felice.
Un ennesimo bacio stava unendo i nostri visi quando il suo telefono aveva cominciato a squillare.
- Forse dovresti rispondere...
Sebbene irritato segue il mio consiglio e risponde alla telefonata.
- Va bene ho capito. Arriviamo subito.
- Allora?
- Sembra ci siano novita`; dobbiamo raggiungere gli altri.


Fino ad allora avevo riflettuto su quanto la mia vita fosse cambiata nel giro di cosi` pochi mesi ed ora ero nuovamente persa nei miei pensieri, tanto da non rendermi conto della porta ontro cui stavo per sbattere.
-Rimanimi vicina. Non voglio che ti perda in questo labirinto di corridoi.
Un sorriso fa capolino sul suo viso e la sua mano prende delicatamente la mia. Basta quel dolce contatto a dissipare ogni mio dubbio, ogni mio pensiero o preoccupazione; esistiamo solo noi e le nostre mani.


Cerco di memorizzare la strada provando ad individuare un qualche elemento significativo che possa distinguere un corridoio dall’altro giusto per precauzione, se mai mi trovassi in condizione di dovermi orientare sensa il suo aiuto.
I muri grigi, le porte completamente identiche e la monocromia spezzata qua e la` da alcune piante. Era tutto cosi` freddo e spoglio.
- Cloud...
- Dimmi.
Avevo abbassat il viso per nascondere il rossore che sentivo bruciarmi le gote dall’imbarazzo per cio` che ero sul punto di chiedergli.
- Anche tu hai vissuto in un posto come questo?
- Piu` o meno, almeno per un certo periodo.
Ogni volta che gli chiedevo qualcosa sul suo passato le sue risposte erano vaghe, come se volesse nascondermi qualcosa, ma non potevo e non volevo forzarlo a rivelarmele.
- In che senso?
-Bhe`, ora ci troviamo nell’area dedicata ai SOLDIER. Io non ho quasi mai fatto parte di questa categoria. Forse un giorno ti portero` a vedere il paese in cui sono nato.


Cloud apre l’ennesima porta, uguale alle altre se non fosse per il diverso numero su di essa.
-Stavamo aspettando solo voi.
Ancora quell’uomo dai capelli neri. Non mi piaceva, non mi piaceva per niente.
- Elena fai partire le diapositive.
Un uomo sulla sedia a rotelle il cui volto era oscurato dal drappeggio della coperta in cui era avvolto; era stato lui a parlare rivolgendosi ad una ragazza dai corti capelli biondi che picchiettava frenetica su di una tastiera per fare cio` che le era stato chiesto.
Alcune immagini avevano cominciato a comparire sullo schermo posto alle nostre spalle fino a soffermarsi su quella di un volto maschile incorniciato da dei lunghi capelli argentei.
- Questo e` Sephiroth. La magior parte di voi dovrebbe conoscerlo.
La voce di Tseng era ancora piu` irritante quando cercava di spiegare qualcosa, ma lo sguardo di Cloud mi fece intendere che si trattava di qualcosa di importante.
- Virginia per te questo volto e` completamente nuovo. Questo e` l’uomo che ha tentato di ucciderci tutti ed ora la sua attenzione e` rivolta a te.
Niente mezzi termini, ma qualcosa di chiaro e diretto. Lo scopo di tutto cio` era uno solo: fare in odo che quel volto e quel nome si fissassero bene nella mia memoria eppure potevo sentire come se avessi gia` incontrato quell’uomo, aveva qualcosa di familiare.
Altre immagini cominciarono a sovrapporsi, immagini di un uomo alto, esile, dai lunghi capelli argentei che avvolgevano la sua figura in una fredda cascata di luce, ma la cosa che aveva attirato di piu` la mia attenzione era il suo sguardo caratterizzato da due splendidi occhi verdi ed una pupilla allungata.
Nella prima immagine he ci avevano mostrato non avevo notato nulla di strano in quegli occhi, ma mano a mano che andavano avantiqualcosa cambiava ed un velo di tristezza sempre piu` forte si era impadronito di essi fino a divenire rabbia ed infine follia.


L’ultima diapositiva raffigurava Kadaj con altri due ragazzi a lui somiglianti.
Differivano in corporatura, taglio di capelli e lineamenti, ma tutti e tre avevano lo stesso sguardo, lo stesso folle sguardo.
In quel momento il diretto interessato aveva chinato il capo sotto il peso di un pressante senso di colpa.
- Questi sono Kadaj, Loz e Yazoo. Le tre reincarnazioni di Sephiroth.
- R-reincarnazioni?
Potevo sentire la mia voce tremare e mi ero involontariamente stretta a Cloud in cerca di un qualche supporto.
- Noi siamo il segno vivente di cio` che era Sephiroth: la forza, la follia e .. la malvagita`.
Nell’elencare queste tre caratteristiche aveva indicato in principio i propri fratlli ed infine se stesso con un sorriso misto a rammarico, nostalgia e odio per se stesso.
- Adesso basta. Per oggi le abbiamo gia` rivelato abbastanza cose.
Le mie gambe stavano tremando e Cloud stava cercando di sorreggermi, ma potevo ancora notare Tseng e l’uomo sulla sedia a rotelle scambiarsi dei segni per far bloccare lo scorrere di diapositive.
- Cloud tu rimani, ci sono ancora delle cose di cui dobbiamo parlare.
Aveva stretto i pugni e digrignato i denti, ma alla fine si era voltato verso la ragazza in rosa e con un sospiro le aveva chiesto se poteva pensarci lei a me.
- Ti ringrazio Aerith. Tra poco sara` da te.
Mi aveva posao un piccolo bacio sulle labbra per poi chiudere la porta tra noi.
- Chi era quell’uomo?
- Quello era Rufus Shinra, il capo dell’omonima compagnia.


Passeggiavamo attraverso i corridoi e non potevo fare a meno di notare il sorriso spensierato di Aerith, la leggerezza che pareva traspirare da ogni poro, cmpletamente in opposizione con l’ansia che sentivo attanagliarmi il petto.
- Non riesci a capire come possa sorridere in un momento come questo, non e` vero?
Mi aveva colta di sorpresa, era come se potesse leggermi dentro, comprendere cosa mi portavo dentro e non riuscivo a non sentirmi indagata.
- Come ci riesci?
- A fare cosa?
- A comprendere cosi` le persone. Ci riesci persino con Cloud.
Potevo sentir scorrere quella stiletta di gelosia nei suoi confronti. Lei era diversa, i suoi occhi rispecchiavano la limpidezza della sua anima, nessuna ombra dimorava in essa.
- Non e` una cosa che riesco a fare con tutti. Virginia noi siamo piu` simili di quanto tu non creda.
Per quanto riguarda Cloud non devi preoccuparti, lui ha occhi solo per te.

xoxoxoxoxoxoxoxox

-Lei deve sapere.
-No!
Continuavano ad insistere che lei era la nostra arma vincente, che grazie a lei avremmo potuto vincere contro Sephiroth.
- Cloud non potrai proteggerla per sempre. Lei puo` salverci tutti.
- Virginia non e` uno dei vostri esperimenti.
Non ne potevo piu` di loro, volevano usarla e se mi fosse acceduto qualcosa loro ne avrebbero approfittato.
- Il mako che le scorre nelle vene e` identico, se non piu` forte di quello nelle vene di Aerith, ma non possiamo averne la certezza.
Era ovvio a cosa Rufus stesse mirando. Virginia era un possibile investimento per loro.
- Cloud ti chiediamo solo un prelievo, nulla piu` per essere certi...
- Certi di poterla usare!
Sentivo il sangue pulsare nelle vene ed il geostigma con esso. Stavo per avere un attacco, ne ero certo e sebbene volessi solo porre ine a quella discussione dovevo mantenere il controllo.
Non le avevo ancora parlato di cosa lei fosse, avevo paura che non mi credesse o che potesse considerarsi uno scherzo della natura.
- Mi avete stufato. Mi avevate chiesto di portarla qui, ma passerete sul mio cadavere prima di poterla anche solo sfiorare.
Ero uscito dalla stanza ed avevo sbattuto la porta dietro di me dalla rabbia. Avevo la vista annebbiata ed un solo pensiero; volevo solo abbracciarla ed assicurarmi che stesse bene.
Ed eccola la`, nella nostra stanza, seduta ad un angolo del letto accogliendomi con uno splendido sorriso, ma non appena mi ero avvicinato questo era morto sulle sue labbra.
- Cloud sei pallido. Stai bene?
Non avevo fatto in tempo a rispondere ed ero crollato davanti a lei, le gambe avevano ceduto ed appoggiato al muro subivo l’inevitabile attacco del geostigma.


-Cloud lasciami, mi stai facendo male!
Le lacrime scorrevano lungo il suo viso mentre le mie mani le stringevano i polsi costringendola alla parete e per quanto tentassi di oppormi il mio corpo aveva smesso di ubbidirmi.
- Mi dispiace, ma il tuo Cloud non puo` sentirti.
La mia voce, no, quella non era la mia voce. La voce di Sehiroth e mi stava usando per farle del male.

xoxoxoxoxoxoxoxoxox

La stretta con cui mi impediva di muovermi era divenuta piu` forte ed un sorriso maligno solcava il suo viso.
- Tu non sei Cloud.
Sentivo il suo respiro a pochi centimetri dalla mia pelle e potevo riconoscere quegli occhi; verdi e dalla pupilla allungata, ma soprattutto pieni di follia.
- Perspicace la ragazza.
- Chi diavolo sei?
- Io sono Sephiroth.
Quella voce era gelida ed inquietante.
- Vediamo cosa potrei farti...
- Perche` lo stai facendo?
- Mi sembra ovvio, per ferirlo. Niente di personale nei tuoi confronti. Tu sei solo una ragazzina finita nei pasticci per un folle gioco del destino. La persona sbagliata nel momento sbagliato. Ma Cloud e` legato a te, tu sei un’ Antico, la conclusione e` facile.
- Cosa vuoi farmi?
Avevo paura, dannatamente paura e le lacrime scorrevano copiose.
- Voglio lasciare un segno indelebile sul tuo corpo e voglio farlo con le sue stesse mani.
- Cloud...
Avevo smesso di agitarmi. Avevo bisogno di lui, che fermasse tutto questo.
- Non puo` sentirti.
La sua mano mi bloccava il respiro ed un rude bacio mi impediva di emettere alcun suono. Mi sentivo violata da quelle labbra che amavo.
xoxoxoxoxoxoxoxox

-Toglile le mani di dosso!
Doveva smetterla, smetterla di toccarla in quel modo.
- Ma come? Il suo corpo non fa parte dei tuoi desideri?
- Esci dalla mia testa!   
La porta si spalanco` e solo con essa il suo collo torno` libero lasciandole riprendere il respiro.
- Cloud cosa diavolo sta succedendo?
La voce di Zack non era altro che un indistinto martelletto.
- Esci dal mio corpo!
Potevo sentire la mia voce rieccheggiare nella stanza.
- Questo era solo un assaggio.
Se ne era andato, almeno per ora.
xoxoxoxoxoxoxox

Cloud era svenuto e con l’aiuto di Zack avevamo potuto adagiarlo sul letto.
Avevo atteso il suo risveglio nella piu` totale preoccupazione in grado di dilaniarmi il cuore mentre le immagini di quel che era successo poco prima si affollavano nella mia testa e dei segni cominciavano a fare capolino sul mio collo.
- Virginia
- Cloud
Mi ero gettata tra le sue braccia ed alcune lacrime erano sfuggite al mio controllo.
- Va tutto bene ora, tranquilla.
- Perche` non mi hai detto che stavi cosi` male?
Ero furiosa; continuava a non aprirsi con me e questo mi faceva terribilmente soffrire.
- Non volevo preoccuparti.
Senza rendermene conto gli avevo tirato una schiaffo .
- Sei arrabbiata?
- Non sono arrabbiata, sono furiosa. Pensavi davvero d non farmi preoccupare? Certo vederti “posseduto” non poteva assolutamente turbarmi.
- Mi dispiace. Fammi vedere i segni.
La sua risposta mi aveva colta di sorpresa ed avevo portato le mani a coprire l’oggetto della sua richiesta
- Lasciameli vedere.
- No.
- Non fare la bambina.
Mi aveva scostato le mani ed avevo potuto vedere il suo sguardo inasprirsi.
Aveva avvicinato la propria mano agli ormai lividi per poi scostarla.
- Vattene.
- Cloud io...
- Vattene! Esci da questa stanza!
xoxoxoxoxoxoxox

Si era infuriata. Mi aveva tirato uno schiaffo. Era scappata con le lacrime agli occhi.
Ero stato duro, ma non potevo sopportare la vista di cosa le avessi fatto
- Sephiroth aeva ragione.
Avevo chiuso gli occhi e quasi nella vana speranza che tutto fosse solo un incubo mi addormentai.




  Angoletto autrice:
finalmente sono tornata!!!! Non ho idea di quanti di voi leggeranno ancora la mia storia e se nutrite un immane desiderio di lapidarmi posso comprendervi. Sto creando anche una pagina per il racconto che rendero` completa col prossimo capito nella speranza di fiirlo entro il prossimo mese. Grazie infinite per aver atteso tutto questo tempo. 
Con affetto Jenni.

 

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Capitolo 25
*** 1 Dicembre - Perdono ***


  
1 Dicembre


Da quando Cloud mi aveva chiesto di andarmene, non ero piu` riuscita a vederlo.
- E` per il tuo bene.
Mi avevano portata in un’altra stanza ed ogni volta che chiedevo di vederlo la risposta era sempre quella, una ormai snervante cantilena.
non riuscivo ancora a capire quello che era successo, i segni sul mio collo, nulla aveva senso e quelle parole...
“Tu sei un’ Antico”
Cosa volevano dire? E perche` nessuno voleva spiegarmi?
- Con permesso.
Ancora quell’uomo, quello Teseng, che assieme a Cissnei mi portava i pasti che continuavo imperterrita a rifiutare.
- Non li voglio.
- Smettila di fare la bambina.
La voce di Cloud aveva attirato la mia attenzione facendomi voltare, ma vedendolo avevo subito rimpianto quella decisione. Era ancora pallido e delle profonde livide occhiaie risultavano su di esso.
- Cloud...
- Mangia qualcosa e andiamo.
Non mi aveva nemmeno guardata e sentivo il cuore spezzarsi piu` di quanto non avesse mai fatto in quei giorni.
xoxoxoxoxoxox
Era ancora piu` fragile che nei giorni addietro e potevo intravedere gli occhi lucidi. Volevo solo abbracciarla, ma quei lividi erano ancora presenti sul suo collo ed un senso di nausea mi aveva assalito.
- Andiamo.
Aveva a malapena toccato il cibo che era nel piatto ed ora mi seguiva a testa bassa per il lungo corridoio.
Volevano che apprendesse ad usare un’arma per “difendersi”, ma in realta` solo per approfittare della piu` piccola goccia di sangue.


“Se avessimo un campione potremmo guarirti”

Ecco cosa avevano detto e dovevo assicurarsi che non si ferisse.
- Siamo arrivati.
Davanti a noi vi erano Aerith e Zack ancora col loro sguardo di rimprovero nei miei confronti. Ritenevano privo di giustificazioni e irrazionale il comportamento che avevo avuto negli ultimi giorni e che avrei dovuto riavvicinarmi a lei. Al solo pensiero sentivo il uore gonfio di dolore, ma una voce nella mia testa continuava a ripetermi che tra le mie bracci non era l sicuro e che avrebbe rischiato meno tenendosi il piu` lontano possibile.
- Cosa vogliono che faccia?
- Imaparare a difenderti.
Non riuscivo ad immaginarla con un’arma in mano; infondo lei era incapace di volere del male a qualcuno e per quanto rimosso provasse cercava sempre di comprendere le ragioni che stavano alla base del torto facendosi anche piu` male del necessario.
xoxoxoxoxoxoxox
Solo adesso mi ero rsa conto dell’enorme spada che Cloud portava sulle spalle, molto simile a quella di Zack.
- Hai mai usato delle armi?
Anche Cissnei aveva quelle che parevano delle armi, o almeno credevo che fossero tali.
- Mai.
- Forse riuscirai almeno ad usare una pistola...
Cloud era in disparte, appoggiato ad una colonna, ma soprattutto mi aveva lasciata sola davanti ad un infinito armamentario in preda all’ansia. Non ero in grado, non volevo essernene in grado. Se fossi divenuta autosufficente non avrei piu` avuto bisogno di lui e sarebbe scomparso nel nulla.
- Provate con una daga.
La sua voce mi aveva riportato alla realta` permettendomi di accantonare il pensiero di una vita sensa di lui. Avevo una mezza idea di cosa fosse, ma non potevo certo immaginare di potermi difendere con qualcosa di simile.
- Credi sia adatto a lei? E soprattutto, credi che possa essere utile contro la masamune di Sephiroth?
- Si tratta di un’ultima risorsa e spero vivamente che non debba mai usarla.  Ma se volete essere piu` tranquilli insegnatele anche a sparare.
Mi sentivo un’incapace. Riuscivo a malapena a tenere in modo corretto la lama ed il rinculo della pistola aveva rischiato di distruggermi un polso, ma soprattutto Cloud non aveva mosso un muscolo.A malapena aveva rivolto lo sguardo verso di me; non gli importava evidentemente...
Un sibilo era passato a pochi centimetri dal mio orecchio e le sue braccia mi stringevano nuovamente a quel petto che tanto avevo agognato in quei giorni.
- Cosa diavolo avevi intenzione di fare?!
- Se la metti sotto pressione il suo istinto si risvegliera` e la finiremo con tutte queste pagliacciate. Potesti anche smetterla di farle da balia.
Potevo sentire il suo cuore battere all’impazzata e le vene del collo pulsavano per la rabbia, ma in fondo ero felice che Rufus mi avesse sparato perche` finalmente potevo sentire l’uomo che amavo stringermi a se, il calore di quella stretta ed il profumo della sua pelle mi avvolgevano nuovamente come fino a qualche tempo addietro.
- Non provarci mai piu`. Andiamocene.


Mi aveva silenziosamente riportato nella mia stanza allontanandomi nuovamente da lui, come se una logorante malattia fosse tra noi e fosse necessari una distanza di sicurezza.
- Cloud...
- Non fraintendermi, non mi fido a lasciarti da sola con loro.
- Per il resto non ti importa...
Sentivo la terra aprirsi in una voragine pronta ad inghiottirmi ed avrei accettato di buon grado un destio simile se fosse servito ad allontanarmi dal dolore che provavo mentre calde lacrime mi rigavano il viso.
- Non ho detto questo...
- Allora perche` non mi guardi in faccia e mi dici cosa diavolo sta succedendo?
Ecco l’epicentro della mia sofferenza, la mancanza di chiarezza, l’ignoranza e l’oscurita` in cui ogniuno di loro mi aveva lasiato dal momento in cui ero entrata in quel palazzo .
- Non fare la bambina.
- Non sto facendo la bambina. Ho ragione, il diritto, di sapere perche` l’uomo che amavo si e` allontanato da me.
- Pensi sia felice di comportarmi cosi`? Ti ho fatto del male anche se avevo giurato di protegerti a costo della vita.
- Ma...
- Nessun “ma”. Hai idea di cosa voglia dire vedere i segni dei propri errori, del proprio peccato sul corpo della persona che ami? I segni che hai sul collo sono quelli delle mie mani.
- E sono le uniche mani che possano toccarmi. Non e` standomi lontano che risolverai le cose. Avevi promesso che non mi avresti piu` lasciato indietro.
- Non dovresti perdonarmi.
Con le dita cercava delicatamente di spostare le cocche che andavano ad impiastricciarsi con le lacrime che non riuscivo piu` a trattene.
- Continuero` a farlo, tu sei tutto il mio mondo.
- Il mondo e` proprio ingiusto. Non merito tutto questo amore.
Le sue labbra si erano delicatamente posate sulle mie dando vita un ad bacio appassionato in grado di farmi percorrere la schiena da un’infinita` di brividi.
- Dovrai fare un po’ di attenzione, credo di essermi giocata un polso con la pistola.
- Non preoccuparti per questo; saro` il piu` delicato possibile.
- Bentornato.



Angoletto autrice:
Ecco qua l'ennesimo capitolo. sono felice di essere arrivata fino a qui e ringrazio tutti coloro che mi hanno esortato a continuare questa fanfiction. A chi interessasse ecco la pagina fb che ho creata (e` ancora un po' sobria, vbb diciamo che fa leggermente schifo) 
https://www.facebook.com/pages/Dream/452485241523878 . Qua sarete autorizzati a spronarmi fino all'avvilimento a scrivere in modo che non lasci la soria abbandonata a se stessa e chissa`, potrei anhe completare i bozzetti che accompagnano le pagine di questo mio misero lavoretto ^^. 
Grazie a tutti voi, con affetto,
Jenni

 

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Capitolo 26
*** 5 Dicembre - battaglia ***


5 Dicembre

Tutto era avvolto da un denso fumo che ci impediva di vedere cosa ci accadesse intorno.
Era avvenuto tutto cosi` in fretta ed ancora non riuscivo a comprendere cosa fosse accaduto; l’unica certezza era la mano di Cloud che mi guidava fuori dall’edificio ed alla fine del tunnel ecco la luce dell’alba chiara e luminosa.
- Sieti usciti allo scoperto finalmente.
Ancora una volta quella voce cosi` vicina e familiare poi un violento schianto e le sue braccia stringermi a se.
Non eravamo gli unici ad essere accorsi fuori. La sua mano mi aveva impedito di vedere ed ora mi stava bendando, ma potevo sentire le loro voci, lo screpitio delle macerie ancora in fiamme e l’odore che producevano mischiarsi a quello del sangue.
-Cloud!
- Non toglierla per nessuna ragione al mondo e rimani al riparo con Aerith. Non voglio che ti faccia del male.
Un bacio disperato e sofferto segnato da una nota ferrosa certamente dovuta al colpo precedente.
Il suo tocco scompare mentre mi poggio a quella che pare una roccia mentre l’altra si pone al mio fianco.

 
xoxoxoxoxoxoxox

Non potevo permettere che vedesse, per nessuna rgione al mondo, e le avrei impedito di farlo fino allo stremo delle forze.
- Vuoi proprio togliermi il diverimento allora.
- E` una questione tra noi due, non c’e` bisogno che lei veda.
- Allora faro` in modo che senta le vostre urla di dolore. Vedremo quanto sarete in grado di resistere.


Il sibilo delle lame che si scontrano in una danza mortale, l’eco dei colpi che si susseguono sempre piu` velocemente, troppo velocemente finche` non riesco piu` a fermarli fino a sentire il gelo trapassarmi la carne ed il sangue scorrere su di essa. Confusione, dolore, tutto si offusca ed i contoni scompaiono fino a fondersi in macchie di colori.
- L’amore ti ha rammollito a quando vedo. Faro` in modo che tu respiri ancora quando la uccidero`.
Aveva ragione. Non saremmo riusciti a vincere quella battaglia e nessuno sarebbe stato risparmiato. Se solo fosse riuscita a scappare, ma dove? Non esisteva un posto veramnte sicuro, non abbastanza. Forse rifugiandosi nella Shin-Ra, ma a quale prezzo?


L’ennesimo colpo va a segno ed un rantolo sfugge al mio controllo.
- Finalmente posso divertirmi. Non riesci a rialzarti, Cloud?
Mi scaraventa contro una delle macerie a pochi metri da lei ed inutilmente tento di muovermi, ma i muscoli hanno smesso di collaborare .
- Puoi sentirlo, sentire la sua soffernza. Non ho ancora colpito nessuno degli organi vitali, ma continua a perdere sangue. Che ne dici di uscire e venire da lui?
- Non muoverti da li`. Posso ancora...
Le parole vengono fermate dalla lama che mi trapassa la spalla pronta ad infierire sulla ferita.
- Non parlare se non sei interpellato. Come faccio a farti urlare?


-Basta!
La sua voce ferma la masamune a pochi centimetri dal mio viso.
- Finalmente ci incontriamo.
-E` me che vuoi.
- Perche` lo hai fatto?
- Mi dispiace.
Le lacrime le rigavano il volto ed un triste sorriso cercava di mascherare l’orrore che le provocava la vista delle mie ferite; dovevo essere messo proprio male.
Aerith non aveva potuto fermarla e di istinto si era diretta verso Zack nel tentativo di salvarlo e non potevo biasimarla. In passato avevano gia` rischiato di perdersi e sia lui che Kadaj riuscivano a fatica a tener testa a Loz e Yazoo.


-Devo ammettere che hai buon gusto.
Camminava lentamente verso di lei avvinandosi fino a poter afferrare una ciocca dei lunghi capelli con cui giocare. Quella vista mi faceva ribrezzo.
- Sarebbe un vero peccato rovinarti. Tingere la tua pelle di rosso, ma non posso non farlo. Hai solo scelto la persona sbagliata.
Continuava ad approfondire quel contatto fino a tenerla per le spalle studiando il suo profumo, baciandole il collo... Avrei preferito morire piuttosto che assistere a tale spettacolo e sentivo la rabbia ammontare.


-Abbandona Cloud. Vieni con me e avrai salva la vita.
-Cosa?
-Posso renderti felice e protegerti. Posso darti tutto cio` di cui hai bisogno, che desideri. Conosco cio1 che hai nel cuore e mi piace.
Non gli importava ucciderla. Avevo sempre dato per scontato che fosse quello il suo fine unico, ma ora tutto diveniva chiaro e l’immagine di cio` che stava accadendo dava libero sfoggo a mille altre che mi si affollavano nella mente.
Con un braccio le cingeva la vita mentre la costringeva a baciarlo. L’avrebbe fatta sua ad ogni costo, ma se avesse collaborato sarebbe stato meno doloroso.
- Cosa ne sara` di lui?
- Potrei anche risparmiarlo; ormai non e` piu` una minaccia.
- NO! NON TE LO PERMETTO.
Avevo urlato con tutto il fiato che mi era rimasto nei polmoni. Non doveva immolarsi per me, ma prima che potessi dire altro una fitta provocata dal geostigma mi costrinse al silenzio.
- Allora? Cosa scegli Virg...
La lama lo trapassava lasciando intravedere la punta splendere di vermiglio.
- La tua proposta e` allentante, ma mi vedo costretta a rifiutare.
Non era piu` lei. Il braccio con cui teneva l’arma era ricoperto da strani segni luminescenti ed anche il suo occhio destro era divenuto azzurro dalle venature verdi. Avevano ragione e questo era la prova del mako che le scorreva nelle vene nel suo disperato tentativo di uscirne.
- Ti ha ridotto veramente male.
- Ho passato di peggio. Ora vattene prima che si riprenda
- Non servirebbe a nulla. Riuscirebbe a riprendermi e dubito che ci andrebbe piano.
- Cosa vuoi fare allora? Non ti permettero` di farti ammazzare davanti ai miei occhi.
- Non e` mia intenzione.


Un dolce bacio univa i nostri visi accompagnato da una sensazione di piacere e solievo.I simboli si ritiravano lasciando libera la pelle diafana e con essi il dolore scompariva fino a riportarla alla normalita` se non fosse stato per delle piccole macchie sull’iride.
- Dovrebbe bastare.
- Cosa hai fatto?
- Non so come spiegarlo, ma prova a rialzarti e vediamo se ha funzionato.
Del geostigma e dello squarcio che avevo sulla spalla non ne era rimasta traccia, ma il suo viso era pallido e doveva appoggiarsi a me per rimanere in piedi.
- Devo solo riprendere fiato.
- Questa volta non muoverti da qui.


-Che donna. Sa come far accendere il desiderio.
un ghigno malvagio solca il suo volto mentre si assicurava dei danni riportati.
- Ti aiutero` a soffocarlo allora.
- Non immagini nemmeno cosa le faro` quando le mettero` le mani addosso.
Dovevo farcela o questa volta non avrebbe avuto scampo.
- Non ti permettero` mai piu` di toccarla.
- E` qua che ti sbagli. Ogni volta che tu la sfiorerai sara` come se lo facessi io. Gia` una volta ho preso il controllo del tuo corpo; nulla mi impedisce di farlo nuovamente. Non hai idea di quanti gesti non siano stati una tua iniziativa. Non sentirebbe la differenza.
non volevo ascoltarlo e ceravo di aumentare il ritmo dei colpi ed il suo intento era distrarmi per approfittarne; forse pero` aveva ragione...
- Smettila di parlare.
- Se e` cosi` che la metti...
Con una stoccata era riuscito a sbilanciarmi e ne aveva approfittato per scattare verso Virginia.

xoxoxoxoxoox

Non riuscivo a muovermi ed a malapena mi reggevo in piedi. Avevo usato tutta l’energia che avevo per svalutare Cloud nella speranza di farcela.
Invece Sephiroth mi aveva raggiunto di nuovo. Mi aiutava a sorreggermi con l’ausilio dell’ala impedendomi allo stasso tempo di fuggire.
- Cosa vuoi?
Nel fare la domanda avevo incrociato il suo sguardo, rassegnato. Sapeva cosa sarebbe successo, come sarebbe andata a finire ed aveva perso la forza di contrastarlo.
Un bacio, diverso da quello a cui mi aveva costretta prima, dolce, simile a quelli di Cloud, ma dal sapore diverso misto a quello del sangue.
Una smorfia di dolore accompagna il suo allontanamento permettendomi di vedere la punta della lama.
- Mi....dispiace...
Si era allontanato per evitare che venissi trafitta.
Forse non era cosi` spietato come dicevano loro ed un senso di umanita` albergava ancora in lui.
- Virginia allontanati!
Un turbinio di piume mi impedisce di vedere il seguito aiutandomi a sprofondare in uno stato di incoscienza.


Angoletto autrice:

Ci siamo quasi ragazzi. eccovi il penultimo capitolo della nostra storia. Sono lieta di aver potuto condividere questa storiella da quattro soldi con voi e mi sento al settimo cielo pensando che qualcuno non abbia smesso di leggerla e l'abbia vista crescere. 
Con grane affetto,
Jenni <3

 

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Capitolo 27
*** 8 Dicembre - Epilogo ***


8 Dicembre

-Finalmente ti sei svegliata.
La prima cosa a comparire nel mio campo visivo era stato il suo viso sorridente colpito dai sottili raggi di luce che riuscivano a filtrare dalle pesanti tende.
Le tende color pastello, una luce soffusa e delle morbide coperte...
- Dove mi trovo? Questa non e` la nostra stanza.
- Non riconosci piu` la tua camera?
Il comodino accanto accanto al letto in legno chiaro, la scrivania nell’angolo, l’armadio a cui erano attaccati alcuni miei disegni ed i gigli dipinti qua e la` sulle pareti mi aiutarono a riprendere familiarita` con quel luogo, ma continuavo a non ricordare come fossimo arrivati la` lasciando il posto ad immagini della battaglia confuse e turbolente.
- Quanto ho dormito?
- Un paio di giorni. Ho preferito riportarti qua nel mentre.
- Il tuo appartamento?
- Ha fatto una brutta fine, ma non importa.
- Che fine hanno fatto i miei genitori?
Dopo cio` che mi aveva detto dell’appartamento mi ero preoccupata per loro. Nulla avrebbe impedito a Sephiroth di cercarci da loro, bensi` sarebbe stata logico cercarci in quella casa e se avesse trovato i miei familiari non avrebbero avuto scampo.
- Non devi preoccuparti. La Shin-Ra ha provvduto a mandarli via. Stanno bene.


Mi accingo a farmi una doccia trovando tutto come lo avevo lasciato mesi pma. Probabilmente mia madre non si era sentita di spostare nulla.
Gli asciugamani emanano un profumo di lavanda e dei sacchetti ripieni di essa spuntavano in qua e la` dai cassetti della biancheria. Prendo un pesante paio di calze a righe bianche e nere, un lungo maglione nero e gli anfibi alti; ho come il presentimento che sara` una lunga giornata e preferirei stare comoda.


-Cosa e` successo dopo che sono svenuta?
Prendo posto sul letto al fianco di Cloud nell’attesa che mi aggiorni sui fatti degli ultimi giorni.
- Appena Sephiroth e` scomparso Loz e Yazoo sono scappati, ma Reno e Rude sono gia` sulle loro tracce.
- Kadaj?
- Ha cercato di tornare da Martina, ma si e` trasferita e non e` riuscito a trovarla.
C’era da aspettarsi una simile reazione. Si era sentita ferita e per questo era scappata nel tentativo di dimenticarlo assieme al passato.
- Continuera` a cercarla?
- Non credo. Ha ricevuto il messaggio e non penso voglia insistere. Si considera un mostro, come tutti noi, e non vuole portarla con se nel baratro della propria esistenza.
- Non siamo dei mostri. In fondo quella di Sephiroth era l’ala di un angelo.
Mi guardava dolcemente mentre giocavo distrattmente con le ciocche umide ripensando al turbinio delle piume corvine.
- Qui c’e` solo un angelo ed e` tutto per me... se mi vuole ancora.
- Sono tutto fuorche` un angelo.
- In effetti ora smbri piu` una bambola.
Era scoppiato a ridere, dopo tanto era nuovamente rilassato.


-Noto che si e` risvegliata.
- Tseng non si entra nella camera di una ragazza senza il minimo permesso.
Quell’uomo mi da sui nervi. Non capisco per quale motivo, ma ogni istante che passo in sua presenza sento un forte senso di pericolo ed inquietudine.
- Vi stanno aspettando di sotto.


Faceva una certa impressione vedere cio` che rimaneva dei SOLDIER e dei Turks seduti sui divani del mio salotto. Erano un po’ ammaccati, ma in fin dei conti stavano bene.
- Non ha senso girarci in torno. Cosa volete?
Cloud non aveva usato mezzi termini per esprimere la sua sfiducia. Ora sapevano e la mia natura anormale era certa agli occhi dei presenti per cui era inutile perdere tempo.
- Ormai e` ovvio che Virginia e` un Antico molto paticolare; diversa sia da Aerith che da Sephiroth.
Vogliamo la sua collaborazine.
Non era la prima volta che sentivo quella voce, la voce di Rufus Shinra. A quanto pareva il geostigma era stato scacciato anche dal suo corpo rendendo inutile nascondere il volto o utilizzare la sedia a rotelle. Era un uomo di bell’aspetto ed anche abbastanza giovane,ma qualcosa rendeva quell’immagine sublime ed era il gelo nei suoi occhi che pareva trafiggermi con violenza, studiarmi per comprendere come la natura avesse potuto creare un tale abonio.
- Non se ne parla nemmeno.
- Tseng.
- Abbiamo controllato la sua storia clinica e non ci sono anomalie registrate eppure quel giorno e` successo qualcosa.
Un ago mi perfora la pelle del collo ed un liquido caldo prende a scorrermi nelle vene sotto lo sguardo incredulo del ragazzo al mio fianco. Avevamo abbassato la guardia ed un dardo era riuscito a partire inosservato ed a raggiungermi.
- Riconosci ogniuno di noi, non e` vero?


Delle immagini combattono per trovare spazio nella mia mente; era come se i mesi che erano scomparsi dalla mia vita ora cercassero di venire a galla in maniera contorta e confusa. Cosa mi stavano facendo? Perche` ricordavo improvvisamente tutto?
Sentivo la testa scoppiarmi, la pelle lacerarsi sotto l’effetto di un incessante bruciore proveniente dalle vene.
- PERCHE` VOLETE CHE RICORDI ORA?!
La sua voce pareva lontana ed invece di correre verso di me continuava a tenersi a distanza, come se per lui fossi inavvicinabile, tossica.
- Sei stato tu a farle questo.
Era finito.
La pelle era candida e finalmente era tutto chiaro, sensato.
- Perche` mi hai abbandonata?
xoxoxoxoxoxoxoxoxox

Delle lacrime le solcavano il volto ed ero certo che non fossero solo ad opera del mako che le avevano innietato.
- Tutto questo tempo... Perche` non mi hai detto la verita`?
- Andatevene.
Dovevo parlare con lei, spiegarle cosa era accaduto e cercare di calmarla, ma non avevo avuto il tempo di aprir bocca che come una furia si era avventata su Tseng colpendolo con il pugnale.
Non era piu` lei.
Le sue iridi erano quasi completamente verdi e degli strani segni continuavano a pulsarle sul volto.
- Cosa aspetti? Uccidimi!
- Virginia NO. Smettila. Tu non sei questo.
- Sono stato io ad investirti, a premere l’acceleratore , a rubare quei mesi della tua vita.
Forza, cosa aspetti?
La rabbia la stava accecando e non avevo ide di come fermarla senza farle del male. Cio` che mi aveva veramente sorpreso pero` era stata la reazione di Tseng; a quanto pare anche lui provava le pene della propria coscienza e veniva logorato dai propri peccati.
- Perche` lo avete fatto? Perche` non mi avete direttamente uccisa?
Si sarebbe distrutta con le sue mani se avesse continuato. Si sarebbe vendicata, ma a quale prezzo? Avrebbe sporcato per sempre le sue mani col sangue di un’altra persona e avevo promesso a me stesso che non avrebbe mai dovuto fare una cosa del genere, a costo di divenire il suo sicario personale.
- Basta Virginia.
xoxoxoxoxoxoxoxox

Ero nuovamente nella mia stanza.
Ricordvo ogni cosa, sapevo di aver riacquistato la memoria, ma non volevo sforzarmi di richiamarla.
- Come ti senti ora?
Cloud era seduto al mio fianco, ma vederlo non mi dava quel senso di solievo di cui avevo bisognobensi` di angoscia.
- Non tanto bene. Come va la mano?
Prima di svenire avevo cercato di pugnalarlo e nel tentativo di fermarmi aveva dovuto afferare la lama.
- Non e` la mano a preoccuparmi, ma te.
Sei furiosa, delusa e sono siuro che in questo momento mi odi. Ho sbagliato a non dirti immediatamente come stavano le cose e non ho scuse, ma quella di prima non eri piu` tu e non voglio doverti combattere.
Aveva ragione. Avevo perso il controllo e avevo lasciato la rabbia fluire libera pero` adesso ero lucida e volevo essere razionale.
- Ho ancora i ricordi confusi. Cloud voglio sentire la tua versione dei fatti.
- Va bene.


.....

Ero ancora un semplice fante allora e non dovevo far altro che accompagnare i SOLDIER nelle loro missioni, per o piu` di scarsa importanza. Non ricordo per quale motivo li avessero mandati nella citta` in cui studiavi o comunque non erno affari miei.
Fu per puro caso che ci incontrammo e probabilmente eri anche innervosita da quel che era successo.
Andavi di corsa alla fermata e per una disattenzione ci scontrammo sotto la pioggia e purtoppo finisti in una pozza. Non volesti il mio aiuto e te ne andasti indignata tanto da non renderti conto di aver perso il portafoglio.  Riuscii a ritrovarti grazie a quest’ultimo ed il giorno dopo venni a rendertelo spacciandomi per un ragazzo delle consegne. Ricordero` sempre il tuo viso imporporato quando mi vedesti sulla soglia della tua classe con un mazzo di rose. Devi ammettere he non e` tanto diverso da come ci siamo reincontrati.


Da quel giorno cominciammo a frequentarci come due ragazzi normali e furono dei momenti meravigliosi. Con te non esisteva nient’altro, ma purtoppo le cose belle non durano in eterno.
Avevi dei progetti, o almeno facevi di tutto per averli anche quando il mondo cercava di schiacciarti con la sua cruda realta`, anche quando ti apristi con me. Avevi litigato con la tua famiglia ed i segni che avevi sul corpo valevano piu` di mille parole. Allora volevi scappare di casa ed avrei dovuto aiutarti, ma sapevo che presto sarei dovuto andarmene ed avevo le mani legate.
Ti spiegai che per un po’ sarei stato fuori per lavoro, ci promettemo di continuare a sentirci e partii.
Quella fu l’ultima volta che ti vidi.


-Perche` non mi hai piu` cercata?
Era bello poter sentire il passato uscire dalle sue labbra e ripensare a quel giovane imperfetto che dal primo sguardo mi aveva fatto battere il cuore, ma era anche dannatamente doloroso.
- Dopo la missione a Nibelheim divenni una delle cavie della Shin-Ra e lo sarei ancora se non fosse stato per Zack, ma persi la memoria.
Solo qualche mese fa riuscii a ritrovare i documenti che avevano su di me ed in essi c’era il tuo nome; senza di essi non ti avrei mai ritrovata.
Purtroppo non avevo la minima idea di cosa ti fosse successo e quando mi sei ipiombata fra le braccia e` stato il giorno piu` bello della mia vita perche` credevo mi avessi perdonato, ma appena vidi i tuoi occhi capii. Non avevi idea di chi fossi o di cosa ci facessi li`, eppure ti fidasti di me e non ebbi piu` il coraggio di andarmene.
Virginia cosa accadde quando me ne andai?
La rabbia sembrava svanire alla vista del suo viso, perdersi nell’ azzurro dei suoi occhi fino a lasciarsi trascinare da esso ed affogarvi.
- I primi tempi riuscivamo a sentirci, anche se per pochi minuti, ma era cio` che mi faceva andare avanti. Poi sparisti, il tuo cellulare suonava completamente a vuoto e comincia a fare delle ricerche sulla Shin-Ra e mi sentii morire quando trovai il nome di Sephiroth e Zack tra i caduti in battaglia perche` ero certa che tu fossi con loro.
Probabilmente stavo ficcando troppo il naso in faccende che non mi riguardavano e fu durante uno dei tanti tentativi di chiamarti che l’auto di Tseng mi investii. Posso ancora sentire la pressione del cofano e le mie gambe spezzarsi, l’asfalto logorarmi la pelle e la dura pietra penetrarmi nel cranio. Non ho idea di come sia sopravvissuta, di cosa mi abbia tenuta legata a quell’informe cadavere.


-Mi dispiace.
L’ombra in nero aveva fatto capolino dalla porta tenendo stretta la fasciatura sulla spalla che continuava ad intingersi di rosso; dovevo aver colpito in profondita` ed aver lacerato il muscolo.
- Perche` lo hai fatto? A quel tempo credevo di poter contare su di te.
- Mi era stato detto di sbarazzarmi di lei, non importava come. Non avrei mai avuto il coraggio di ucciderla e quello era l’unico modo per non contravvenire agli ordini. Il suo sguardo mi ha persegiutato fino ad oggi. Chiamai l’ambulanza nella speranza che non fosse troppo tardi, ma credo che fu proprio quell’incidente a risvegliare qualcosa in lei.
Che avesse ragione? Ricordavo di aver sentito una voce, un flusso di energia rifiutarmi, ma avevo sempre pensato fosse colpa del dolore.
- Questo pero` continua a non spiegare perche` sia cosi`.
- Per saperlo dovremmo studiarla.
- Non ne sei convinto neppure tu.
Il viso di Tseng era cupo, consapevole della propria titubanza.
- Avete altra scelta?
xoxoxoxoxoxoxox

-Avrete un solo campione.
Non volevo che perdesse la propria liberta`, ma era l’unico modo per non essere dei fuggitivi ed avere l’intera compagnia alle calcagna.
Ne avevamo parlato a lungo e per quanto odiassi ammetterlo Tseng aveva ragione. Non potevo combattere e sperare di vincere per cui arrivare ad un compromesso era l’unica soluzione.
- Non essere sciocco.
- Quel campione o nulla, a voi la scelta.
- E cosa ci impedirebbe di ottenere il resto?
Rufus era senza scrupoli, per lui Virginia non era altro che l’ennesimo esperimento.
- Hai visto con i tuoi stessi occhi di cosa e` capace ed io non ho ne` la volonta` ne` la forza di fermarla.
- E sia.
- Tenete ed uscite da casa mia.
Gli aveva lanciato la fiala col proprio sangue ed ora attendeva che varcassero la porta alle proprio spalle.
Non era la ragazza che avevo conosciuto anni addietro ne` quella che avevo reincontrato la notte di san Lorenzo.
Ora era una giovane donna forte e consapevole del proprio spazio nel mondo.
- Cloud, Viginia ci rivedremo presto.


Alcuni mesi dopo....

Erano passati mesi da quando ci avevano lasciati in pace ed avevamo potuto cambiare vita.
- Sapevo di poterti trovare qui.
Potevo chiaramente sentire il suo profumo di fiori mentre si sedeva al mio fianco in riva al lago.
- Stavo pensando.
- A cosa?
- Alla nostra nuova vita.
I suoi occhi mi scrutavano con quell’aria da cucciolo pieno di curiosita` incorniciati dai morbidi boccoli.
Era stata lei a scegliere dove trasferirci e mi aveva sorpreso con quella scelta. Chi avrebbe mai detto che avrebbe insistito per spostarci in una valle tra le montagne.
- So cosa stai per chiedermi.
Mi sono ricordata di quando mi parlavi del tuo paese natale. Avrei tanto voluto visitarlo, ma Zack mi ha raccontato quel che e` successo. Eri molto legato a quel luogo.
- Mi hai portato qui per questo?
- Sembri a piu` agio che in un paese in riva al mare.
- Forse hai ragione, ma dovremmo tornare a casa.
- Voglio vedere il tramonto.
Mancavano pochi minuti e sapevo che non si sarebbe mossa finche` l’acqua non fosse diventata rossa. Alla fine mi avrebbe convinto a rimanere la` fino al sorgere della luna che avrebbe accompagnato i nostri passi.
Era meravigliosa avvolta nel cappotto che lasciava intravedere le sue forme ed ora piu` che mai.
- Come vuole lei signorina Strife.

 

 
 
The End



Angoletto Autrice:
Ecco a voi l'ultimo capitolo *stappa una bottiglia di champagne*.
Sono lieta di aver condiviso con voi il mio primo racconto e felice di vedere quanti di voi mi abbiano seguita fino ad oggi, sono commossa ^^
Ringrazio tutti coloro che mi hanno incoraggiata e continuato a spronare fino alla fine, alla faccia di chi ha cercato in ogni modo di farmi demordere, ma soprattutto grazie a voi.
Alla prossima fanfiction, 
Jenni <3
E ricordate che potrete trovarmi anche sulla mia pagina fb ;)

 

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