Accadde a Magdeburg...

di SusanTheGentle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Note dell'Autrice ***
Capitolo 2: *** Prologo: Preparativi ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1: L'inizio di un giorno speciale ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2: Racconti del terrore ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3: Strani avvenimenti ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4: Le bambole di porcellana ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5: Smarriti ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6: Solquest, lo Zentyre ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7: Ritorno a casa ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8: La nascita di uno Zentyre ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9: Una strana mattina ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10: La mostra di antiquariato ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11: Ciò che accadde alla mostra ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12: L'asso nella manica ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13: Nonna Kaulitz ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16: Il tempo stringe ***
Capitolo 17: *** Capitolo 15: Il capolinea ***



Capitolo 1
*** Note dell'Autrice ***


Non comincerò subito a scrivere la mia nuova fan fiction, perché è doveroso da parte mia dire che la storia che state per leggere non è frutto della mia fantasia.
Ho voluto riscrivere un libro che io trovo splendido e che ha reso magica la mia infanzia “Le Bambole di Solquest” di June Considine.
Era il 1992, probabilmente era il primo vero libro che prendevo tra le mani. Ricordo che all’inizio me lo leggeva mia sorella, perché lo regalarono a lei e io ne fui subito affascinata.
Nonostante abbia all’attivo già due ff, non posso fare a meno di scriverne un’altra, (e tra poco un’altra ancora. Sono una stacanovista, lo so).
Ho deciso di pubblicarla in questo periodo perché è il più adatto per leggerla, visto il Natale in arrivo.
I protagonisti sono i Tokio Hotel, una band che apprezzo molto; saranno loro stessi ma con una piccola aggiunta di licenza poetica. A loro si aggiungerà anche un personaggio femminile, per la quale mi sono ispirata ad Ashley Tisdale. Forse qualcuno di voi la ricorda nel ruolo di Maddy nel telefilm di “Zack e Cody al Grand Hotel”.
Per quanto riguarda tutti i riferimenti magici, i nomi (tranne che dei personaggi e della città), Solquest, gli zaninoni, Isealina e quant’altro, non sono miei, ma tratti dal libro sopra citato; sono relativi a una leggenda della città di Merrick, nel Regno Unito, della quale l'autrice June Considine si è servita per scrivere questo fantastico romanzo, che ogni anni rileggo con piacere sotto le feste natalizie. E’ quasi diventato un rito obbligatorio per me, ma se non lo faccio mi sento quasi in colpa. Inoltre, leggerlo negli altri periodi dell’anno non ha lo stesso valore che prende in dicembre.
Se poi nevica, io mi metto alla finestra della mia camera, con il mio gattone accoccolato accanto a me, con il suo tepore e le sue fusa, e mi immergo totalmente nella magia di questo racconto. Magia che solo i libri di Narnia e Harry Potter mi hanno trasmesso dopo di lui.
E’ obbligo dire anche che i personaggi non mi appartengono in nessun modo e non ho alcuna intenzione di danneggiare la loro immagine, anche perché li adoro!
Sperando di aver fatto un buon lavoro e di farvi rivivere la storia a modo mio (auspicando pure di non aver commesso plagio, ma mi sono documentata presso l’amministrazione del sito prima di cominciare a scrivere), vi invito a continuare, augurandovi buona lettura.
 
Susan 

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Capitolo 2
*** Prologo: Preparativi ***


Prologo:

Preparativi

 
La natura è padrona di ogni cosa. La natura non si piega, non obbedisce all’uomo, è lei quella che mantiene l’equilibrio delle cose.
Minacciata, la Natura si ribella, si impone sul male che nasce dalle viscere del mondo.
 
 
Il lampo illuminò il cielo e la città come la luce del giorno. Il fulmine saettò verso il suolo, spaccando la terra. Poi il tuono. L’imponente, assordante tuono…e in quel mentre, gli abitanti di Magdeburg si portarono istintivamente le mani alle orecchie.
Gli argini del fiume rischiarono di spezzarsi, perché quella tempesta sembrava, più di ogni altra cosa, concentrarsi sulla parte occidentale della città.
Cercava di fendere lo scudo protettivo di nebbia grigiastra che aleggiava attorno ad un isolotto piccolo e insignificante, ma che in realtà non lo era affatto.
Le persone non riuscivano mai a scorgerlo nitidamente e tantomeno a raggiungerlo, perché sembrava come protetto da una foschia appiccicosa.
Gli incauti temerari che nel passato  avevano provato ad addentrarvisi, o erano spariti misteriosamente, o avevano fatto ritorno con un aspetto irriconoscibile: lo sguardo terrorizzato, gli occhi fissi su un punto lontano, le guance smunte. Quasi non riuscivano più a parlare, e tantomeno a narrare dei suoni e delle creature spaventose che abitavano al di là della nebbia.
Ma queste erano superstizioni che ormai non interessavano più alle generazioni attuali, anche se in molti credevano che qualcosa ci fosse realmente su quella strana isoletta chiamata Isealina.
Ed era là che il vento si dirigeva, prendendo la rincorsa e cercando di fendere la sua protezione biancastra.
La dimora di Solquest rischiava di venire invasa.
Si, Solquest, il più grande degli stregoni appartenenti alla razza Zentyre, coloro che nascevano da un uomo e un demone.
Ritto sulla roccia più alta, i capelli e la barba neri e lisci inzuppati dalla pioggia, gli occhi di un azzurro quasi bianco, alzò una mano e la levò al cielo, parlando con la sua voce tonante.
“Fermati! Sfoga la tua ira altrove! Tu non hai potere sulla mia dimora!”
La voce di Solquest era come ipnotica per gli umani. Essi, le poche volte che si erano trovati in contatto con lui, erano stati costretti ad obbedire al suo volere. Nessuno poteva essergli indifferente.
La tempesta, al suono della sua voce, sembrò acquietarsi, ritirarsi.
I piccoli, orrendi servitori di Solquest, gli zaninoi, lo osservavano con sguardo adornate. I loro occhi erano acquosi, dalle iridi rossastre.
Il loro aspetto era ripugnante. Un centinaio di piccoli esseri alti più o meno un metro, dal pelo ispido, marrone o grigio. Avevano gambe e braccia sottili come rami secchi, camminavano ondeggiando come grottesche scimmie, ritti sulle zampe posteriori,  stringendosi  attorno al loro padrone.
“Nulla può opporsi al volere di Solquest!” esclamarono con la loro voce gorgogliante.
Solquest sembrò soddisfatto, ma se credeva di aver vinto, si sbagliava.
La Natura era il suo grande nemico, e mai gli avrebbe permesso di spezzare gli equilibri del mondo.
L’urlo del vento tornò più impetuoso che mai e si abbatté con tutta la forza che aveva contro la nebbia di Isealina, infrangendola.
La tempesta aveva solo radunato le forze per sferrare il suo ultimo attacco.
Quello che sembrava il più vecchio tra gli zaninoni, guardò negli occhi Solquest con espressione spaventata.
Non aspettò risposta, alzò la sua orrenda, gutturale voce dando un ordine agli altri suoi fratelli.
“Correte giù al fiume! Correte! Correte!”
Solquest seguì con grandi falcate i pelosi esseri.
Nel centro esatto dell’isola sorgeva un piccolo fiume, il Duin*, che sfociava direttamente nel suo gemello più grande, l’Elba. Sul fondo del primo fiume venivano custodite da tempo immemore tre pietre verdi, la linfa vitale dell’isola e dei suoi abitanti.
Ma quando il corteo arrivò laggiù, il fiume era vuoto.
L'Elba era salito e aveva rotto gli argini del Duin, e si era portato via le tre pietre verdi.
Poco dopo, la tempesta cessò, ritirandosi. Il suo compito era finito. La nebbia si richiuse di nuovo attorno a Solquest e ai suoi servi. Ma ormai era tutto perduto. Gli zaninoni si disperavano, gemendo di disperazione.
Sapevano che le tre pietre erano il solo modo che il loro signore aveva per vivere per sempre. Il segreto della sua eterna giovinezza.
Ogni anno, quando le acque si illuminavano della luce argentea della luna in una particolare notte di plenilunio, lo stregone si immergeva in quelle acque, e allora il suo corpo veniva purificato di tutti i giorni che erano trascorsi dalla sua nascita.
Erano passato otto mesi da quando questo rituale era avvenuto. Se lo Zentyre non avesse recuperato in tempo le pietre, il peso di duemila anni si sarebbe abbattuto su di lui, e il suo corpo giovane, sano e forte, si sarebbe trasformato in quello di un vecchio. E poi, passato l’attimo che gli sarebbe bastato per comprendere che ormai per lui sarebbe giunta la fine, si sarebbe trasformato in un ammasso di membra putrescenti e sarebbe morto, riunendosi alla terra di Isealina.
Non poteva permetterlo. Ma le pietre erano svanite nel nulla e la nebbia aveva perso il suo potere, lo sentiva.  Presto la sua dimora sarebbe stata distrutta dallo scorrere del tempo che era normale nel mondo esterno, ma che mai si era posato su Isealina.
Già, il mondo esterno. Il mondo degli uomini.
Gli zaninoni ancora si lamentavano. Che ne sarebbe stato di loro e del loro potente padrone?
“Silenzio!” ordinò Solquest. “Non tutto è perduto, miei adorati. C’è sempre una soluzione. Non siamo ancora così in pericolo. Ma dovete lasciarmi del tempo, perché ho bisogno di interrogare i magici cristalli di Ulum”
Un brusio si levò dagli stupiti zaninoni.
I cristalli di Ulum erano una  magia proibita persino per Solquest. Essi, erano piccole pietruzze colorate che potevano prevedere il futuro se interrogati come si deve. Era una magia antica, ma lo Zentyre sapeva come fare. Era molto complicato, perché se gli spiriti del male che evocava non fossero stati ben disposti verso di lui, avrebbe sprecato tempo inutile, poiché non gli avrebbero mai risposto, o addirittura aggredito. Ma Solquest era il più devoto servitore dell’oscurità, per cui, doveva solo porre le giuste domande e pazientare che Coloro che erano al di là delle Tenebre lo ritenessero all’altezza della loro attenzione.
Per una settimana, Solquest rimase dentro la Grotta dei Cristalli, nel centro esatto dell’Isola, giù in profondità.
Sentiva Isealina respirare, sussurrare. Percepiva la vita in quella terra brulla e inospitale. Per chiunque, ma non per lui e per i suoi zaninoni. E sentiva pure altre voci, le voci che aveva bisogno di chiamare a sé perché gli dicessero cosa fare.
Gli zaninoni gli portavano del cibo di tanto in tanto, girandogli attorno ansiosi, ma senza mai turbare la concentrazione del loro padrone.
Infine Solquest aprì gli occhi, e fece un sospiro profondo e soddisfatto. Un sorriso crudele gli si aprì sul bel volto e già sentiva un fremito di eccitazione attraversargli le membra stanche.
Uscì dalla grotta e subito i suoi servi si alzarono.
“Tra quattordici settimane salperemo per Magdeburg” annunciò.
Un brusio di eccitata perplessità si alzò tra gli zaninoni, mentre si spintonavano tra loro per avvicinarsi a Solquest e toccargli la veste candida e guardarlo con occhi adornati.
“Qualsiasi cosa faremo, per il nostro padrone e signore!”
“Prima di allora, abbiamo molte cose da fare, miei cari” li informò lo stregone, poi puntò un dito contrò una cavità nella roccia della Grotta dei Cristalli di Ulum, e di colpo essa si aprì rivelando una cavità somigliante a una vasca scolpita nella pietra grezza. Essa si riempì presto di un liquido verdastro, ribollente, che poi divenne nero.
“La Polla di Trasformazione” mormorarono gli zaninoni ancor più eccitati. Sapevano che presto avrebbero cambiato aspetto. Sarebbero divenuto ciò che il loro padrone desiderava, per ingannare gli stolti umani.
Nel corso dei giorni, Solquest descrisse dettagliatamente il suo piano, istruendo le creature pelose che, erano si orripilanti a vedersi, ma erano astute come poche altre al mondo.
“Trascorsi cinque giorni dal nostro arrivo a Magdeburg, la nostra missione sarà conclusa e ritorneremo a Isealina con la marea della mezzanotte del quinto giorno. Sarà per me un piacere tornare nuovamente in quella città”
Gli zaninoni compresero e annuirono maligni.
Ricordavano benissimo quando, molto tempo addietro, Magdeburg era solo una landa desolata che si congiungeva con l’Isola, il cui picco svettava sull’intera valle sottostante. Ma poi, qualcuno aveva avuto l’idea di edificarvi una città e Isealina si era staccata per sempre da essa, chiudendosi dentro la sua nebbia. Da allora, moltissimi erano stati i cambiamenti subiti dalla valle verdeggiante che Solquest amava ricordare.
Gli umani avevano costruito case, palazzi, strade, cambiandone per sempre l’aspetto. Il Tempo, l’orribile Tempo, aveva invecchiato Magdeburg e rovinata inesorabilmente. Maledetti fossero gli umani e le loro idee nefande! Non solo gli avevano rubato la Terra, ma la stavano distruggendo sotto i suoi occhi. E Solquest, a modo suo, soffriva per questo.
“Il sesto giorno” riprese lo Zentyre, “appronteremo il grande sacrificio. E quando la luna piena illuminerà le acque del Duin, io berrò dalla coppa dell’eterna giovinezza!”
Gli zaninoni esultarono, mentre Solquest scrutava l’orizzonte oltre la nebbia. La risata gorgogliante delle creature riecheggiò per tutta Isealina, balzò verso il fiume e si liberò al di là di esso, estendendosi fino alla città di Magdeburg, che dormiva tranquilla dopo la grande tempesta. L’avvolse come un’ombra di inquietanti presagi.
Ma gli abitanti non lo sentirono.
Col passare del tempo, Solquest fece un’accurata selezione tra i giovani di Magdeburg. Gli occorrevano cinquanta maschi e cinquanta femmine, per eseguire il grande sacrificio.
Solquest sorrise tra sé, mentre osservava gli zaninoni si affaccendavano a preparare la grande nave che serviva loro per il lungo viaggio.
Apparentemente, tra Magdeburg e Isealina, sembrava esserci solo un tratto di fiume, ma in realtà ci voleva un giorno intero per viaggiare attraverso la nebbia magica, dall’una all’altra terra.
Infine, giunse il giorno tanto atteso.
Gli zaninoni si affollarono attorno alla Polla di Trasformazione e mentre Solquest li guardava immergersi uno dopo l’altro, provò uno strano brivido al pensiero di lasciare la protezione di quella foschia che teneva lontani gli occhi dei curiosi. Ma non doveva nutrire timori, nessuno avrebbe mai potuto sconfiggerlo, neanche solo provarci. Nessuno.
 
Il ragazzo si svegliò di soprassalto. I capelli neri e lisci gli finirono davanti agli occhi. Aveva la gola secca e il respiro affannoso. Non ricordava che sogno stava facendo, ma di certo doveva essere stato spaventoso per agitarlo così.
Uscì piano dalla sua stanza, scese le scale ed entrò in cucina, prendendo un bicchiere d’acqua che svuotò in sol sorso. Poi tornò al piano di sopra, rientrò in camera e guardò la sveglia sul comodino. Le tre e trenta di notte. Si voltò a guardare suo fratello dormire nel letto dall’altra parte della camera, poi si rimise sotto le coperte e si riaddormentò.
 
 
*Duin: è una parola che ho preso dal dizionario elfico di Tolkien. Significa semplicemente fiume.
 
Salve a tutti!
Questa è la prima ff che scrivo con protagonisti i Tokio Hotel, perché di solito il mio fandom è Narnia. Cosa ne uscirà non lo so nemmeno io, ahah!
Preciso che la trovata dell’eterna giovinezza è un pallino che ho. E’ perfetta per i cattivi secondo me, infatti l’ho usata anche in un'altra storia che sto scrivendo (non dirò il titolo se no è spam, giusto? XD). Spero che possiate gradire questa mia fanfiction che, come ho già detto, è mia solo per un quarto, eccezion fatta per i personaggi e alcune parti totalmente inventate da me.
Recensioni accette di tutti i tipi.
Susan<3

 
 
  

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Capitolo 3
*** Capitolo 1: L'inizio di un giorno speciale ***


Capitolo 1:
L’inizio di un giorno speciale

 
 
Tom era il dormiglione di casa, persino peggio di suo fratello gemello Bill.
Quando era giorno di scuola, sua madre Simone doveva dare fondo a tutta la voce che aveva nei polmoni finché Tom non si alzava.
In genere, Bill era sempre il primo a scendere in cucina a fare colazione, benché avrebbe preferito di gran lunga poltrire sotto le coperte-Tom lo sapeva- specialmente d’inverno, quando la temperatura a Magdeburg scendeva sotto gli zero gradi, e forse alle sette del mattino era persino più rigida.
Si, questo accadeva nei giorni di scuola…
“Quindi non oggi” pensò Tom, con un sorriso che gli si allargava sul volto, mente ascoltava il rumore dell’auto di suo padre fare marcia indietro per andare al lavoro.
Tom scostò con un calcio il piumone, afferrando da sopra il comodino il solito nastro con cui si legava in una coda di cavallo i rasta biondo scuro.
Era un bel ragazzo, alto per i suoi quindici anni, un metro e settanta, con gli occhi castani.
Scese in cucina ancora in pigiama, cominciando a preparare la colazione.
Scotty, il grosso cane che lui e Bill avevano portato a casa qualche mese addietro, e che Gordon, suo padre, aveva minacciato di riportare al canile se non avesse imparato a comportarsi come si deve, saltò su dal suo cesto imbottito e gli fece le feste.
Tom lo salutò, grattandogli affettuosamente dietro le orecchie, poi si occupò anche di lui.
Mentre aspettava che il latte bollisse, si recò alla finestra e guardò fuori.
Piccole stalattiti di ghiaccio si erano formate durate la notte, e ora luccicavano nella stentata luce del mattino. Era una bella giornata nonostante fosse il venti di dicembre.
Le vacanze di Natale erano iniziate il giorno prima. Sia beato chiunque le avesse inventate!
Per due settimane, niente professori rompiscatole, niente compagni imbecilli, niente compiti in classe.
Tom si diresse al lato opposto della cucina e guardò il calendario con un’aria di gioiosa soddisfazione. Mancavano appena cinque giorni alla festa più bella di tutto l’anno.
Spesso, lui e Bill, credevano fosse meglio l’attesa che il Natale in sé. Tutto quell’addobbare, (o per meglio dire, aiutare la mamma a mettere a soqquadro la casa), scegliere i regali, adocchiare i pacchetti sotto l’albero per sapere quanti ne avrai, provando a tastarli di tanto in tanto, quando i genitori non vedevano, cercando di indovinare cosa mai potrebbero essere…
Magdeburg, inoltre, era famosa per il suo mercatino natalizio, il Magdeburger Weihnachtsmarkt,allestito nella vecchia piazza del mercato, davanti al palazzo comunale. Ricco di prodotti dell’artigianato locale, di dolci e di regali per le festività natalizie. Inoltre, vi era il calendario degli eventi delle settimane dell’avvento, pieno di tante manifestazioni musicali e canore, oltre a spettacoli dedicati ai bambini.
Valeva sempre la pena recarsi là per questo spettacolo di luci e colori che, secondo Tom e Bill, durava troppo poco. Era bello quando si era bambini, quando si credeva a Babbo Natale, ma era altrettanto bello quando diventavi grande. La magia del Natale era sempre la stessa e mai sarebbe cambiata.
Tom fu riscosso dai suoi pensieri dai passi che si avvicinavano alla cucina, e infatti, poco dopo, sua madre entrò.
Simone Kaulitz era una bella donna sulla quarantina, con i capelli biondi chiari, tagliati in un caschetto che ricadeva appena sulla spalle. Somigliava moltissimo ai suoi figli.
“Santo cielo! Quale miracolo è accaduto per far alzare Tom Kaulitz di mattina così presto?” scherzò la donna, assumendo un tono da finta stupita. “Sul serio, credevo fosse un fantasma a essere sceso in cucina”
Tom rise. “Ciao, mamma”
“E hai anche preparato la colazione! Sul serio, tesoro mio, tu non stai bene”
Simone mise la mano sulla fronte del figlio, che si scostò e girò attorno al tavolo, poi tornò subito da lei con una tazza di caffè.
“Stai cercando di farti perdonare per i votacci in pagella?” chiese Simone accettando la tazza e sedendosi al tavolo, guardandolo sospettosa.
“Noooo!”
Simone sospirò. “Non sei bravo come tuo fratello a dire le bugie”
“A proposito” disse Tom, uscendo in corridoio e affacciandosi al fondo delle scale.
“Bill! Muoviti! Non vorrai dormire tutto il giorno?!”
“Tom, è festa. E non sono neanche le otto”
Il ragazzo tornò in cucina e cominciò a mangiare la sua colazione a base di latte e cereali.
“Non è una buona scusa. Per me ha solo paura di venire fuori dal piumone”
“Come?” chiese la madre stranita.
Tom ingurgitò una enorme cucchiaiata di cereali alzando gli occhi al soffitto.
“Oggi che giorno è?” cantilenò.
“E me lo chiedi? Sono settimane che fai il conto alla rovescia!”
“Oggi arriva Maddy, mamma. E Bill si vergogna di incontrarla”
“Maddy è come una sorella per voi! Che sciocchezze sono queste?” si accalorò la signora Kaulitz. “Hanno forse litigato?”
Tom scosse il capo. “No, no, ma non posso dirtelo, mi spiace, o Bill mi ucciderà”
Simone fece uno sguardo indagatore, ma non afferrò il senso delle parole del figlio.
Tom, a maggior ragione, se non voleva passare il Natale al cimitero chiuso dentro una cassa, doveva stare zitto, muto –tanto per rimanere in tema- come una tomba.
Madeline Fitzpatrick, detta Maddy, era davvero come una sorella per Tom e Bill.
La madre della ragazza era morta che lei aveva solo due anni, per cui, purtroppo, non la ricordava per niente. Suo padre non si era più risposato e aveva cresciuto da solo la figlioletta, aiutato di tanto in tanto dalla signora Simone Kaulitz, sua vicina di casa, che aveva due gemelli della stessa età della bambina.
Così, Bill, Tom e Maddy, erano cresciuti insieme come fratelli, inseparabili, scalmanati, il terrore dei vicini di casa. I due bambini avevano contagiato l’amica con la loro passione per la musica, ed erano anche andati a scuola assieme fino al liceo, cioè due anni prima.
Quando Maddy aveva compiuto quattordici anni, il padre della ragazza era stato chiamato a lavorare presso una grande azienda di computer a Berlino. L’uomo era sempre molto impegnato con il lavoro, che lo portava anche spesso fuori dal paese. Ma il signor Rob Fitzpatrick, ben sapeva quanto Madeline era legata ai fratelli Kaulitz e agli altri amici di Magdeburg, anche se, purtroppo, era stato deciso che la figlia frequentasse un’altra scuola, e non il Gymnasium come i suoi amici. Era già stata iscritta ad un istituto molto prestigioso a Berlino. Un liceo per giovani geni in erba. Maddy era sempre stata la migliore in fatto di voti, e suo padre desiderava il meglio per lei. Alla ragazza non interessavano certe cose, ma lo faceva per far contento il genitore, al quale voleva molto bene, e poi studiare le piaceva.
I ragazzi si erano così promessi di scriversi milioni di lettere, fare centinaia di telefonate, mandarsi messaggi e e-mail a qualunque ora del giorno e della notte.
Bill e Tom però, avevano insistito che, nonostante la ragazza avesse una camera nel dormitorio femminile del suo liceo, almeno nei fine settimana e nelle festività, quando il signor Fitzpatrick non era in Germania, lei avrebbe preso stanza a casa Kaulitz. I genitori avevano convenuto che fosse un’ottima idea, e così, l’estate precedente, Maddy aveva passato tutti e tre i mesi di vacanze da loro.
E quella estate, qualcosa tra Bill e Maddy aveva cominciato a cambiare.
Entrambi i gemelli avevano notato quanto era diventata carina. Aveva iniziato ad alzarsi di statura e a riempirsi nei punti giusti.
Stranamente, però, Tom non era interessato a lei in quel senso, (anche se aveva una vera e propria adorazione per l’amica)e doveva sempre precisare questo fatto con tutte le ragazze con cui usciva. Maddy era sua sorella, punto e basta, e guai al galletto che la avvicinava.  Ce n’erano stati parecchi, in effetti, ma…se il galletto in questione fosse stato Bill?
Bill? Impossibile. Questo, almeno, era ciò che aveva pensato la ente di Tom quando il fratello era andato a  confidarsi da lui e gli aveva rivelato di avere una cotta mostruosa per Madeline.
Il lato positivo della strana faccenda, era che anche lei sembrava fare gli occhi dolci a Bill, e arrossiva ogni volta che gli si avvicinava. Il comportamento di entrambi, a Tom, Gustav e Georg- gli altri amici che costituivano il gruppetto dei cinque terremoti di Magdeburg (così li chiamavano i vicini)- pareva essere quello di due diplomatici.
Attenti a ogni gesto, nemmeno si sfioravano, quando invece, da sempre Bill e Maddy non si sprecavano in baci e abbracci reciproci.
“Tom, lei mi piace. Mi piace da morire!” aveva esclamato Bill la sera della partenza dell’amica, abbracciando il cuscino e affondandovi il viso.
“E diglielo” aveva tagliato corto il rasta.
“Non posso! Rovinerei tutto! E se lei non mi ricambia? Se non mi considera nient’altro che un fratello? E se poi...”
Se, se, se…le tipiche insicurezze di Bill Kaulitz.
Purtroppo, i consigli di Tom, Gustav e Georg, potevano portare a ben poco visto che non si erano più visti con Maddy dalla fine di agosto.
Ma le vacanze di Natale erano finalmente arrivate, e quel giorno sarebbe giunta a Magdeburg con il treno di mezzogiorno, e avrebbe passato assieme ai suoi amici e al padre le feste Natalizie.
Avevano milioni di progetti insieme, ma prima di tutto c’era da chiarire la faccenda Bill/Maddy. Prima si fossero dichiarati, meglio era.
Ad ogni modo, si preannunciava un Natale fantastico.
Simone si era alzata da tavola ed era andata  a ritirare la posta. Ora, tornando a sedersi, controllò le solite bollette, buttò in un angolo la fastidiosa pubblicità e aprì il giornale…quando il campanello suonò.
“Chi può essere a quest’ora?”
Si alzò e il figlio la seguì con lo sguardo. Ma entrambi immaginavano chi era in grado di piombargli in casa alle sette e quarantacinque del mattino.
“Ciao!” esclamarono Gustav e Georg, i due migliori amici di Tom e Bill.
Si liberarono di sciarpe, cappotti e cappelli, entrando in cucina seguiti da Simone.
Casa Kaulitz era un po’ come una stazione. Gente che entrava e usciva a ogni ora, e quando e come voleva. Talvolta, a Simone tutto quel trambusto scocciava un po’, a Gordon non dispiaceva affatto. L’uomo era un po’ l’istigatore dei cinque teppistelli di Magdeburg. Inoltre, abitando nello stesso quartiere, le loro case non distavano molto l’una dall’altra. Le villette dei Kaulitz e dei Fitzpatrick avevano addirittura i giardini confinanti.
I nuovi arrivati si sedettero a tavola cominciando a chiacchierare.
“Allora, quali programmi abbiamo per la giornata?” chiese Georg.
Da settimane non parlavano d’altro. Avevano progettato di fare un giro ai grandi magazzini Allee- Center prima di andare alla stazione a prendere Maddy. Dovevano tutti terminare di comprare almeno un regalo. Verso l’una avrebbero pranzato nel più bel ristorante della città il Seven Stras, e poi…poi avrebbero fatto qualcosa di speciale.
“Mamma, cosa facciamo dopo pranzo?” chiese Tom, ricordando che era ancora in semi-punizione per i pessimi voti che aveva ricevuto nella pagella del trimestre natalizio.
Non che andasse male a scuola, i suoi voti erano nella media, una buona media, ma Simone non era rimasta comunque soddisfatta. Per cui, almeno per un paio di giorni, era sotto sorveglianza, e ciò voleva dire he non poteva andare da nessuna parte con i suoi amici se non accompagnati da un genitore. Un po’ scocciante, era vero ma era meglio non sfidare la fortuna. Sua madre era stata fin troppo buona a non metterlo in punizione durante le vacanze. Forse era vero il detto: ‘a Natale siamo tutti più buoni’.
Simone mise il giornale sul tavolo e lo aprì per bene, spostando le stoviglie che ingombravano.
“Leggete questo. Mi sembra interessante”
Tom, Gustav e Georg si chinarono sui fogli e tutti lessero il breve articolo in seconda pagina.
 
Un’occasione da non perdere per grandi e piccini! Una mostra di oggetti di antiquariato che rimarrà in esposizione nel municipio di Magdeburg per soli cinque giorni.
Bambole di porcellana, libri, monili di ogni genere, quadri e strumenti antichi, tutti appartenenti alla nostra cultura e alla nostra città, arrivati sino a noi grazie all’intervento del signor Faust Hermann.
Il signor Hermann ha impiegato quasi vent’anni per completare la sua straordinaria collezione, che a detta degli esperti, ha un valore elevatissimo, ma che secondo Hermann non ha prezzo.
La mostra ci offre un interessante scorcio sulle attività ludiche dei nostri avi sotto molti aspetti diversi, e ieri, subito dopo l’inaugurazione, l’afflusso dei visitatori ha superato tutte le previsioni.
Ciò ha però causato alcuni problemi: alcuni ragazzi, probabilmente ansiosi di vedere gli oggetti più da vicino, si sono persi nella calca, allarmando amici e parenti. Per fortuna, il tutto si è risolto nel migliore dei modi, e i ragazzi sperduti sono stati ritrovati in fretta, illesi, e si sono riuniti alle famiglie e agli amici.
Il signor Hermann, un uomo schivo che non ama parlare di sé, ha rilasciato solo una breve dichiarazione in merito alla sua mostra, il cui pezzo forte è l’esposizione di cento fantastiche bambole antiche in pregiata porcellana.
“Ho una predisposizione per le bambole, è vero” ha detto. “Le considero il simbolo dell’eterna giovinezza. Non invecchiano mai, e persino gli adulti, guardandone una, o solo prendendola in mano, si sentono ricatapultati nella loro infanzia. Si, è da loro che tutti si sentono più affascinati, me compreso”
 
Non appena smisero di leggere, i tre amici si guardarono e si sorrisero.
“Lo so che forse non è il vostro genere, ma pensavo che magari, se provate a farci un salto…” cominciò Simone guardandoli tutti e tre.
“Perché no?” disse Gustav. “A me interessa soprattutto la parte degli strumenti musicali”
“Anche i quadri non devono essere male” commentò Georg.
Tom annuì. “Mamma, la tua idea è geniale! Ci andiamo!”
La signora Kaulitz li osservò un po’ stupita.
“Sul serio? Bè, d’accordo. Allora possiamo andarci dopo il Seven Stars”
“Si!”
“E Bill dov’è?” chiese Georg all’improvviso.
“Dorme” rispose semplicemente Tom, sbuffando un po’.
“Ancora?”
Il rasta alzò le spalle, ingurgitando una lunga sorsata di succo d’arancia.
“Vi chiamo quando siamo pronti”
“Ok”
Georg e Gustav ripresero i loro cappotti e salutarono Tom e sua madre, poi uscirono diretti verso casa.
Tom sentiva l’eccitazione crescere al solo pensiero di quella mostra.
“Allora, Tom, che te ne pare?”
Sorrise Simone vedendolo così allegro.
“A Maddy piacerà tantissimo quella mostra! E Gustav e Georg ne sono entusiasti. Io, personalmente, non vedo l’ora di andarci!”
“Io invece non voglio andarci!”
La voce di suo fratello rimbombò forte e chiara nella cucina e lo fece sobbalzare. Tom si voltò a guardare il suo gemello, appoggiato a un lato della porta, con le braccia incrociate, i capelli neri, lisci e lunghi fino alle spalle che gli coprivano un po’ il volto.
“Perché no, Bill?” chiese Simone stupita. “Sono certa che invece ti interesserebbe moltissimo”
“No, affatto! Ho letto la pubblicità sul giornale di ieri e mi ha dato i brividi”
“Ma tesoro, è una semplice mostra. In gita con la scuola ne avete visitate tante e ti sono sempre piaciute”
“Non fa niente. Io non ci vengo. No potete costringermi” disse Bill risoluto, senza mai cambiare posizione.
Tom alzò gli occhi al soffitto cominciando a mettere la sua tazza nel lavello.
Non sopportava quando suo fratello si comportava così. Per Bill non c’erano mezze misure, o era si o era no, e niente gli faceva cambiare idea. Però c’era qualcosa di strano in lui, Tom se ne accorse subito.
I due ragazzi avevano un’intesa perfetta. A volte sembravano comunicare con i soli sguardi, e adesso, Bill sembrava voler dire qualcosa a suo fratello con il solo linguaggio degli occhi. Sembrava spaventato, era pallido. Ma Tom non ci fece caso, non quella mattina, perché già sentiva il nervosismo salire a causa del lato guastafeste del carattere di Bill.
Il ragazzo dai capelli neri continuò a ripetere che non sarebbe andato a quella stupida mostra, finché Tom non ne poté più.
“Abbiamo capito, basta! Non venirci, resta qui e fai l’eremita in compagnia delle tue assurde idee paranoiche!”
Simone non interveniva, continuando a lavare i piatti della colazione come se nulla fosse. I litigi dei suoi figli non erano mai seri, e finché non ce n’era bisogno, lei e Gordon non intervenivano.
Il telefono squillò in quel momento, e la donna andò a rispondere.
“Tom, finite voi per favore”
“Si, mamma” mormorò il rasta.
Bill finì la colazione poi si avvicinò piano e cominciò ad aiutarlo.
Non parlarono per alcuni secondi, poi Tom riavviò il discorso.
“Sono venuti Gus e Georg prima, hanno detto che anche a loro piacerebbe andarci” provò con calma.
“Bè, a me no” sbottò Bill. “E smettila di parlare di quella odiosa mostra di cianfrusaglie. Tanto io ho deciso, non ci vengo. Punto!”
Gli occhi di Tom dardeggiarono pericolosamente in direzione del fratello, ma provò di nuovo con la diplomazia
“A Maddy piacerà moltissimo, ne sono certo”
Bill fu punto sul vivo, ma non lo diede a vedere.
“Le bambole le piaceranno da matti. Ha sempre avuto una passione sfranta per loro E sono sicurissimo che se la invitassi a vedere la mostra, magari un appuntamento voi due da soli, potresti farti avanti con lei finalmente. E’ l’occasione giusta, Bill, pensaci!”
“Ha quindici anni. Non gioca più con le bambole”
“E allora? Ciò non toglie che le interessino”
“Tom, piantala, tanto non attacca. L’ho capito che il tuo è un patetico tentativo di convincermi a venire, ma io non verrò!”
Tom sbatté le mani sul bordo del lavandino, infuriato.
“Perché?! Accidenti a te, Bill, rovini sempre tutto! Tu ci devi venire, assolutamente!”
Tom si sentiva strano. Improvvisamente, il desiderio di vistare la mostra divenne insopportabile, voleva andarci e subito. Ma perché poi? Sotto sotto sapeva che suo fratello aveva ragione, non era altro che una sciocca mostra di antiquariato. Recarvisi o meno non cambiava nulla. Eppure, era come se qualcosa o qualcuno lo stesse spingendo verso quel luogo, e lui non riusciva a resistere.
D’un tratto, nella cucina dei Kaulitz scese il silenzio più completo. La voce di Simone che parlava al telefono, fu spenta da un altro rumore che si faceva sempre più forte. Un suono di onde che si infrangono su scogli appuntiti. Tutto si fece ovattato. Sentivano freddo.
I gemelli provarono l’impulso di urlare e scappare, tanto si sentivano spaventati, ma quando si guardarono, lo strano, sinistro incanto si spezzò e i suoni tornarono chiari come sempre. Il gelo passò e Bill, per ridestarsi dalla paura provata, parlò per primo. Ma lo fece in modo strano, con voce strana, bassa e tremante.
“Le mie non sono paranoie. Non andiamoci. C’è qualcosa là”
Tom si voltò così velocemente che si fece male al collo. Era furioso. Di nuovo.
“Ma cosa dovrebbe esserci? Non dire cavolate!”
“Lo so, l’ho visto”
Cosa hai visto, se non ci sei ancora andato?!”
Bill si portò improvvisamente le mani alle tempie, come se avesse mal di testa. “Nemmeno io ci capisco niente…”
Tom lo guardò un pò preoccupato. Sembrava davvero molto pallido e stanco.
“Tu sei tutto suonato” disse scuotendo la testa.
Bill alzò il mento e mise le mani sui fianchi fronteggiando il fratello. Era una sua posa tipica quando si arrabbiava.
“Stammi a sentire, io l’ho sognato, e non era un sogno normale!”
“Oddio, Bill, ti prego, non rincominciare”
“No, invece ricomincio!” esclamò il ragazzo cercando di far voltare l’altro dalla sua parte, prendendolo per un braccio. “Tom, ascoltami!”
“No, piantala! Ne ho piene le scatole dei tuoi comportamenti da egoista!”
Tom lo prese per la spalle. Il desiderio prepotente di andare alla mostra tornò più forte di prima.
Bill allora lo spinse con forza, arrabbiato, e Tom lo colpì in pieno viso prima di capire cosa stava succedendo.
Solo quando vide il sangue sulla mano- il sangue che scorreva anche nelle sue vene, perché loro erano uguali in tutto- allora alzò gli occhi e osservò attonito il naso di Bill che grondava.
“Bill…scusa…” mormorò a mezza voce.
Bill, in tutta calma, prese un fazzoletto di carta e cominciò a tamponare. Sul volto rosso e livido aveva un’espressione triste.
Tom gli aveva dato un forte manrovescio, per fargli sparire una volta per tutte quella espressione di ostinazione dalla faccia. La cattiveria si era impadronita di lui, ma perché, si chiese ancora. Perché? Era così importante? Davvero la mostra valeva tutto questo?
Simone rientrò in cucina in quel momento.
“Ma che cosa avete da urlare tanto? Che diavolo…?” le parole le morirono in bocca e corse spaventata accanto a Bill. “Ma che cosa avete fatto?” chiese furente, ma calma.
Questo era uno dei lati più spaventosi di Simone Kaulitz. Non urlava mai se poteva evitarlo, ma ciò era ancora più devastante. Voleva dire che era davvero, davvero arrabbiata.
E adesso, pensò Tom,la giornata era rovinata. Bill avrebbe spifferato tutto e addio divertimento.
Ma inaspettatamente non lo fece.
“Mi sono voltato troppo in fretta e ho sbattuto contro lo spigolo dell’anta dell’armadietto. L’avevo lasciato aperto”
Tom si stupì non poco di sentire quella parole uscire dalla bocca del gemello. Bill odiava le menzogne, e il fatto che avesse imbastito una scusa così banale per difendere lui, nonostante tutto, bè…quello era un vero comportamento da fratello leale, e Tom si sentì in colpa per avergli urlato contro e averlo picchiato. Non arrivavano mai alle mani, nemmeno quanto erano veramente arrabbiati.
In quanto alla mamma, sembrò credere alla scusa del colpo accidentale.
“Ma non è che stavate litigando, vero?” indagò.
Bill e Tom si guardarono allibiti e poi rivolsero a loro madre lo sguardo più falsamente innocente di cui erano capaci.
“Noi litigare?” esclamarono in coro.
“Oh, va bene” tagliò corto lei. “Ora muovetevi filate di sopra a lavarvi e vestirvi. E per una volta, vestitevi in modo normale” implorò.
“Tenteremo” ridacchiò Bill con la voce soffocata dal fazzoletto.
“Sanguina ancora?” chiese la madre.
“No, a posto”. Il ragazzo tolse il fazzoletto e lo buttò nella spazzatura.
Nel compiere quel gesto passò davanti al giornale che Simone aveva lasciato aperto sul tavolo, alla pagina dell’annuncio della mostra.  Lo sguardo della donna ricadde su di essa e le parole sembrarono muoversi, traballare davanti ai suoi occhi. Sbatté le palpebre un paio di volte, poi tutto passò.
“Mamma?” chiamò Tom.
“S-si?”
“Tutto bene?”
“Io…si, certo. Stavo pensando”
“A cosa? Sembravi così assorta”
 “A che abbiamo un sacco di cose da fare oggi e siamo già in ritardo sulla tabella di marcia” sorrise lei sospingendoli verso il corridoio.
Bill schiacciò l’occhio a Tom mentre sorpassavano Simone uscendo dalla cucina. Il fratello gli sorrise. Poi salirono di corsa le scale.
La signora Kaulitz guardò i suoi figli e provò l’impulso di abbracciarli forte, stringerli e sé per proteggerli. Ma il pensiero svanì quasi subito.
Tornò al tavolo della cucina e appallottolò su se stesso il giornale, gettandolo poi nel cestino dei rifiuti.
“Stupidaggini. Me lo sarò immaginata”
 

 
 
Eccomi al primo capitolo. Che ve ne pare?
Spero sempre di non copiare troppo dal libro, se no risulta una scopiazzatura. Comunque qualcosa devo pur prenderla, se no non  viene come voglio io.
Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno cominciato a seguire questa fic:

Aduzza_TK per aver recensito e messo la storia nei preferiti <3
_MINA_ per averla messa nelle ricordate
moon queen per aver anche lei recensito e messo nelle seguite.
Grazie davvero, e a presto (sicuramente prima di Natale)
Un bacio, Susan 

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Capitolo 4
*** Capitolo 2: Racconti del terrore ***


Capitolo 2:

Racconti del terrore

 
Mentre terminavano di prepararsi, Tom evitò in qualunque modo di guardare in faccia suo fratello. Voleva chiedergli ancora scusa, ma come spesso ripeteva la loro amica Maddy: “ ‘Mi dispiace’, in tutte le lingue del mondo, è la frase più difficile da dire”
Tom ora, capiva perfettamente che era vero.
Provò un paio di volte a sbirciare i movimenti di Bill, sempre con l’intento di parlargli, di accennare alla loro litigata di poco fa.
Di solito non litigavano mai seriamente, e nemmeno quello di prima era stato un litigio, semmai una discussione stupida sulla quale, in altre circostanze, avrebbero sorvolato senza nemmeno tornarci sopra.
Ma era lo schiaffo a infastidire Tom più di ogni parola detta. Perché diamine aveva reagito così? Il suo cervello continuava a ripeterselo, ma senza mai trovare la risposta.
Si voltò per la terza volta, davvero convinto di pronunciare quelle due parole che avrebbero rimesso le cose a posto, ma solo per scoprire che Bill era sparito dalla loro camera, diretto al bagno.
Tom sospirò e si sedette sul letto ancora disfo ad aspettare. Suo fratello ci metteva sempre una vita a prepararsi, quindi tanto valeva mettersi comodi.
Con lo sguardo fisso su un punto imprecisato del pavimento, il ragazzo cominciò a pensare allo strano comportamento di Bill.
Non era la prima volta che raccontava di aver fatto sogni inquietanti, inspiegabili, ed era stato proprio per colpa di quei sogni che Bill aveva assunto negli ultimi tempi un’aria alquanto strana, come se fosse continuamente in attesa e in ascolto di qualcosa. Suo fratello era magro di costituzione, ma non era mai stato debole di salute. Tuttavia, da un po’ di tempo sembrava ancor più pallido e stanco, tanto da indurre la mamma a chiamare il dottore a casa, il quale però non aveva diagnosticato nulla di particolare. Aveva solo affermato che la causa poteva essere la mancanza di sonno.
A Bill piacevano da matti le storie di paura e le leggende, Tom invece non ci credeva. Rammentava però con chiarezza la sera di Halloween dell’anno precedente.
Erano come di consueto tutti riuniti attorno al fuoco nel giardino dei Listing: i cinque ragazzi, i genitori e alcuni altri amici. C’erano stati giochi, musica e balli, e poi i racconti di paura.
Bill e Maddy avevano allora narrato la spaventosa vicenda degli stregoni noti come Zentyre, coloro che erano esseri eretici, nati dall’unione di un uomo e di un demone.
Tutte sciocchezze, pensavano Tom, Gustav e Georg. Ma si erano presi un bello spavento quando- proprio mentre Maddy raccontava delle dita scheletriche dello stregone e di come si stavano avvinghiando al collo della sua vittima- Bill si era avvicinato di soppiatto alle spalle degli altri tre e aveva infilato un cubetto di ghiaccio nei loro maglioni, e quello era scivolato giù per la schiena facendoli saltare in piedi come molle tutti quanti.
Le risate di Madeline e Bill si erano protratte per tutta la sera e loro ci erano cascati proprio come dei polli (testuali parole di Maddy).
Quella volta, Tom era davvero arrabbiato con suo fratello, che gli aveva fatto fare la figura dell’idiota davanti alla ragazza che aveva invitato alla festa. Ma il giorno dopo  nessuno dei due sembrava più ricordarsene. Il più delle volte, i gemelli Kaulitz non avevano nemmeno bisogno di chiedersi scusa. La rabbia passava da sé.
Era da Halloween che Bill si comportava…anzi no, era da prima.
Tom si ricordò di un’altra giornata. Una giornata molto particolare…
Erano passati quattro mesi, ma ancora si rifiutava di credere a quello che aveva sentito. Ogni volta che gli tornavano in mente le parole e il viso spaventato di Bill- pallido e stanco proprio come quella mattina- scuoteva la testa più forte che poteva per scacciare il pensiero fastidioso.
Ma stavolta, Tom lasciò volontariamente affiorare quel pomeriggio estivo alla sua mente.
Il tutto aveva avuto luogo nel giardino dei Kaulitz, dove erano cresciuti durante la primavera dei grandissimi cespugli di ortensie, dietro le quali i gemelli, Maddy, Georg e Gustav si sedevano e chiacchieravano a lungo all’ombra degli alberi dietro di loro. Alti pini, i cui rami formavano una spessa arcata sopra di loro, gettavano ombre fresche sull’erba. Una specie di rifugio, insomma, dove non potevano essere oggetto degli sguardi curiosi dei vicini. Avevano usato quella piccola macchia per tutta l’estate.
Era il posto ideale per confidarsi segreti e cose simili. Tutti avevano detto qualcosa, ma quando era toccato a Bill, lui aveva preferito non parlare.
“Perché non vuoi dircelo?” aveva chiesto Maddy.
“Ah, sta solo facendo un po’ il misterioso” aveva detto Tom. “Non ha nessun segreto inconfessabile. Non ci può essere niente che non sappia anch’io. Vero Bill?” aveva aggiunto in tutta sicurezza.
Ma Bill era rimasto in silenzio, a gambe incrociate come tutti gli altri, con lo sguardo basso a fissare l’erba.
Tom ricordò che era stata quella la prima volta in cui aveva notato qualcosa di diverso in suo fratello.
“Che faccia che hai. Non ti senti bene?” aveva chiesto Georg.
Bill, per tutta risposta aveva scosso solo il capo.
C’era stato un lungo attimo nel quale tutti si erano scambiati sguardi furtivi e seri, poi Bill aveva parlato così all’improvviso che la sua voce era sembrata rimbombare nell’aria immobile del pomeriggio.
“Tra due settimane scoppierà una tempesta”
Gli altri si erano voltati a fissarlo come se lo vedessero per la prima volta.
“Porterà qualcosa di spaventoso, un presagio di qualcosa, e sarà la più forte che si sia mai abbattuta su tutta la regione”
I ragazzi furono scossi da un brivido.
Bill aveva parlato con una voce che non sembrava la sua. Un tono basso, ma estremamente comprensibile.
In quel preciso istante il vento si era alzato fischiando attraverso i rami degli alberi.
“Che vai blaterando?” aveva esclamato Tom. “Che razza di segreto sarebbe?”
Bill aveva guardato suo fratello. “Non è un segreto. E’ un avvertimento”
“Avvertimento per cosa?”
Il ragazzo dai capelli neri aveva scosso le spalle. “So che ci sarà e basta”
“E’ impossibile che arrivi tra due sole settimane” aveva detto Maddy. “La siccità è molto alta quest’anno. Non ci si aspetta pioggia prima della metà di settembre”
“Non sarà come le altre, te l’ho detto”
Georg aveva preso parola per cercare di spezzare l’atmosfera troppo tesa che si era creata. “Bè, comunque sia, non potrà certo essere più forte di quella della leggenda di Magdeburg”
“Intendi quella che ha quasi distrutto la città?” aveva chiesto Gustav.
Maddy aveva annuito. “Ricordo ancora quando nonna Kaulitz ce l’ha raccontata”
Tom aveva guardato a sua volta il fratello. “Bill, non è che hai preso troppo sul serio le favole di nonna e hai sognato?”
“Non sono favole, sono leggende. E sono accadute davvero”
“Non tutte”
“La maggior parte. E comunque…un sogno l’ho fatto, è vero, ma non era frutto della mia mente. Credo di aver sognato il passato”
Bill li aveva guardati uno per uno come per sfidarli a ridere di lui. Ma nessuno aveva mosso un muscolo.
“Che cosa vuol dire?” aveva detto Tom con un vago cipiglio.
“Io c’ero! Ero lì! Ho visto Magdeburg scossa dalla grande tempesta della leggenda!”
Gli altri lo guardavano perplessi, ma senza fiatare. Bill non era un tipo che raccontava frottole, e quel giorno sembrava molto serio.
“Ho visto il fiume straripare, ho visto una strana nebbia aleggiare sulla città” aveva cominciato a narrare Bill con calma. “Ho avuto la sensazione più orribile di tutta la mia vita. Non so cosa fosse, ma era come se non riuscissi più a muovermi. E c’era una voce…una voce strana che gridava qualcosa. A chi appartenesse non so dirlo, era invisibile ai miei occhi, ma sapevo che era la voce che mi impediva di muovermi e io ero costretto a fare tutto ciò che mi diceva. E io andavo verso il fiume, e vi entravo e poi…acqua. Tanta acqua dappertutto. Allora ho capito di essere sul fondo del fiume. Non riuscivo a respirare”
Bill aveva lo sguardo lontano mentre raccontava il suo strano sogno, ma quando si era fermato li aveva osservati di nuovo tutti. I suoi amici non stavano ridendo di lui come aveva creduto. Anzi, Georg, Maddy e Gustav non avevano mai avuto meno voglia di ridere in vita loro.
Mentre Bill parlava, ai ragazzi era parso di sentire il rumore delle onde che si infrangono sugli scogli.
Rabbrividirono…tutti tranne Tom, che guardava suo fratello con le sopracciglia sempre più aggrottate. Lui non era disposto a credere a quelle sciocchezze da bambini.
“Io…non so spiegarmi bene, il sogno era confuso” mormorò Bill. “Però, qualcuno me lo ha fatto vedere. E’ un avvertimento, ve l’ho detto”
“Qualcuno chi?” aveva chiesto Tom.
“Non so chi è. Non riesco mai a vederlo, ma da un po’ di tempo…” Bill si strinse nelle spalle strappando ciuffetti di erba. “Sento una voce dentro la mia testa”
“Questo lo hai già detto”
“No, Tom, è diversa dalla prima”
“Che tipo di voce è?” aveva chiesto Maddy interessata.
Bill si era raddrizzato e aveva ringraziato dentro di sé l’amica per non lasciarlo in quella situazione imbarazzante. Sapeva di risultare stupido dicendo quelle cose, ma sentiva che doveva farlo.
“Bè…dunque…La prima voce che sento appartiene a un uomo, sono sicurissimo. Ma è strana, come il rombo del tuono, imponente, e mi fa fare quello che vuole. La seconda mi sembra di una ragazza. A volte è molto chiara e riesce a tirarmi fuori dal fiume. Riesce a spazzare via quell’altra voce. Alte volte invece è confusa, come disturbata da un ronzio. E allora il sogno finisce diversamente”
Ci fu silenzio. Nessuno era ansioso di scoprire quale fosse il finale alternativo del sogno del loro amico, potevano farsene un’idea da soli e la prospettiva non era allettante.
“Bè, è solo un sogno però, giusto?” aveva chiesto la ragazza incerta.
“Certo che si!” aveva risposto Tom al posto del gemello, vedendo che Bill non voleva rispondere.
“Non esattamente” aveva detto quest’ultimo.
Tom l’aveva guardato con tanto d’occhi. “Non ti aspetterai che crediamo che una simile storia sia vera?”
“Sapevo che non mi avreste preso sul serio” aveva confessato Bill sconsolato. “Ma è tutto vero, dovete credermi! La voce della ragazza mi ha spiegato che la tempesta sarà l’inizio di qualcosa di spaventoso per Magdeburg!”
Tom si era sforzato per un attimo di crederci, ma sapeva quanto Bill si faceva suggestionare dai vecchi racconti di nonna Kaulitz, e sicuramente si trattava di uno scherzo.
“Avanti fratellino, basta con questa messa in scena. Ci hai spaventato, ci sei riuscito. Ma lo scherzo è bello quando dura poco”
Bill si era mostrato offeso da tanta incredulità da parte del gemello.
“Non l’ho inventato!” aveva esclamato forte
“Allora perché non me lo hai detto prima?” aveva rincarato Tom, anche lui offeso dalla totale mancanza di fiducia che Bill gli dimostrava.
“Bè, neanch’io ne ero convinto, all’inizio. Pensavo fosse solo un sogno molto brutto la prima volta che l’ho fatto”
Il vento si alzò all’improvviso facendo volteggiare gli aghi dei pini qua e là.
“Lo so che siete convinti che sia matto! Avanti, ammettetelo!”
“Niente affatto!” aveva esclamato Maddy. “Però a volte, l’immaginazione gioca brutti scherzi”
“Anche a me è capitato di fare strani sogni che sembrano persino veri” aveva detto Gustav.
“Ma è vero, vi dico! Perché dovrei inventarmi una cosa così assurda?!” aveva esclamato Bill ad alta voce.
“Per farti notare, come sempre” aveva replicato Tom. “Perché sappiamo tutti che ti piace stare al centro dell’attenzione”
“Tu non sei da meno, mi pare” aveva risposto Bill guardando furioso suo fratello. “Ogni scusa è buona per metterti in mostra, specialmente con le ragazze. Ma mi sembra che nessuno di noi abbia da ridire su questo”
“Chi vuoi che mi noti, con te nei paraggi?!” aveva ribattuto ancora Tom, con grande incredulità degli altri.
Nessuno prendeva mai le parti di uno dei gemelli Kaulitz quando bisticciavano, anche perché Bill e Tom non avevano ma litigato seriamente per qualcosa…fino a quel momento.
Tom sembrava essere infastidito dal comportamento di Bill.
Certo, lui era un pò esibizionista, era vero, ma era così di carattere, e soprattutto non lo faceva mai con l’intenzione di mettere in ombra suo fratello. Bill era un tipo di persona che- gli piacesse o no- attirava gli sguardi della gente. Interpellava sempre Tom per qualsiasi cosa, facevano tutto insieme ed erano sempre d’accordo su tutto.
Ma quel pomeriggio, Tom era strano, irritato, stufo di tutte quelle sciocchezze.
“Sei il peggior bugiardo di tutta Magdeburg, Bill Kaulitz!” aveva esclamato Tom rabbioso. “Piantala con le tue frottole e ammetti di esserti inventato tutto”
Bill si era piegato in avanti, deciso a sostenere la sua teoria.
“Non l’ho inventato, Tom! Quante volte te lo devo dire! Quella voce mi parla di un pericolo che incombe su Magdeburg!”
“Quale voce? La prima o la seconda? No, sai perché non ho capito bene. Mi sembra che tu ne senta più di una. Il tuo racconto è piuttosto confusionario, fratellino”
Bill si era ritratto e aveva abbassato la testa, mentre gli occhi cominciavano a luccicargli.
Nel silenzio del giardino, Tom aveva aspettato a braccia conserte che la verità saltasse fuori. Maddy si era morsa le labbra e aveva scambiato un veloce sguardo con Gustav e Georg, tra i quali era seduta.
La giornata aveva perso la sua bellezza. Il sole era stato coperto da nubi grigie e il vento fischiava sempre più forte.
“Siamo un po’ troppo cresciutelli per giocare a questo genere di cose” aveva detto di nuovo Tom, ma con più calma. “Sono tutte frottole. Esattamente come la leggenda della tempesta, dell’isola avvolta nella nebbia e dello stregone Zentyre. Tutte cavolate. Non è così, Bill?”
Suo fratello non aveva risposto.
“Non è così?” aveva scandito più forte Tom. “Ammetti di esserti inventato tutto e piantiamola qui!”
Bill aveva tirato un paio di lunghi respiri.
“D’accordo, ho inventato tutto” aveva infine risposto con voce roca. Poi, senza guardare nessuno, era uscito dalla tana ed era entrato in casa.
“Che bugiardo” aveva mormorato Tom, ma senza esserne troppo convinto nemmeno lui, mentre le mamme li richiamavano e la pioggia cominciava a cadere.
Più tardi, quando un vero e proprio temporale, anche piuttosto violento, si era abbattuto sulla città facendo saltare anche la luce, i ragazzi si erano effettivamente chiesti- ma senza dirselo- se quella di Bill fosse effettivamente una storia inventata.
Quella stessa sera, dopo cena, Tom era salito a bussare alla porta della loro camera.
“Facciamo un po’ di  musica nel garage di Georg. Vieni?”
“Lasciami in pace!” aveva esclamato Bill, mettendo su il broncio.
Nei giorni seguenti, nessuno di loro cinque aveva più accennato a quella storia, o sogno che fosse, ma di tanto in tanto, Tom notava le occhiaie profonde apparire su volto del gemello. Accadeva specialmente quando Bill non riusciva a dormire di notte, e Tom lo sentiva agitarsi sotto le coperte nel letto dall’altra parte della camera.
Forse era davvero colpa di quei starni sogni, ma Tom non voleva crederci. Bill, dal canto suo, non si era mai confidato su nulla e così non ne avevano più parlato nemmeno tra loro due.
Ripensando ora a tutto ciò, Tom si rese conto che quella era stata la prima volta che lui e Bill avevano litigato sul serio, e che lui aveva sentito come un vuoto nel sentire suo fratello così distante. Non era mai stata sua intenzione ferire Bill, ma era scattato qualcosa dentro di lui, come quella stessa mattina in cucina mentre parlavano della mostra di antiquariato. Una rabbia incontrollabile aveva preso il sopravvento e non era mai riuscito a spiegarsi il perché.
Tom scosse forte la testa e aprì un cassetto in cerca del suo berretto preferito. Se lo rigirò un po’ fra le mani, attendendo che il fratello tornasse dal bagno, poi finalmente si decise.
“Ehm…senti Bill, mi spiace per prima. Per averti picchiato. Non so cosa mi sia preso”
“Lascia perdere. Pensa a pettinarti piuttosto, sembra che tu abbia in testa un cespuglio di liane”
“Ma che razza di…!” fece Tom, ma sorrise mentre si dirigeva a sua volta verso il bagno.
In quel momento si sentirono più vicini, come se non fosse successo nulla.
Tom avrebbe voluto fare altre domande, riprendere il discorso del sogno e della voce che suo fratello sentiva, ma la voce di loro madre gli fece dimenticare ciò che voleva chiedere.
“Sbrigatevi!”
Bill e Tom corsero giù dalle scale saltando gli ultimi due gradini, afferrando in fretta i cappotti mentre Simone faceva già marcia indietro con la macchina.
“Gustav e Georg ci raggiungono?” chiese la donna mentre i suoi figli salivano su sedile posteriore dell’auto.
“Si, penso ci incontreremo all’Alle-Center” disse Bill chiudendo la portiera. “Avevano ancora acquisti da fare”
“D’accordo”
Partirono, e ad un tratto, Tom mise un braccio attorno alle spalle di suo fratello sussurrandogli all’orecchio.
“Di un po’, l’anello che hai comprato per Maddy è abbastanza grande?”
Bill si voltò un po’ perplesso. “Cos…? Oh, ma smettila!” arrossì imbarazzato.
“Dai voglio saperlo!”
“Non te ne frega” fece il moro sprofondando nel sedile a braccia incrociate.
“Ah, quindi glielo hai comprato davvero?”
“Smettila!”
“E dimmelo!” fece Tom supplichevole. “Sei arrossito? Non puoi arrossire davanti a Maddy! In questo modo si accorgerà subito che hai una cotta per lei!”
“Tom, ma la vuoi piantare?!”
Simone sorrise sbirciandoli un attimo dallo specchietto retrovisore. I gemelli ridevano e battibeccavano come sempre. Era tornato tutto normale.
La giornata prometteva bene.

 
 
 
 
 
Scusate il ritardo cari lettori, volevo postare per Natale ma non ce l’ho fatta. Non è facile rivisitare un libro, sapete?
Comunque sia, spero gradirete leggere questo capitolo proprio per la fine dell’anno!
Io vi ringrazio infinitamente per aver iniziato a leggere questa mia ff e vi auguro un felice 2012!
Mi raccomando, fate i bagordi stasera! XD
Un bacio a tutti, Susan. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 3: Strani avvenimenti ***


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Capitolo 3:
Strani avvenimenti

 
Il centro di Magdeburg era un tripudio di luci e colori a festa, percorso da un fiume di persone in tumulto.
Facendosi strada tra la folla, Georg si chiese come mai la realtà del Natale fosse così diversa dai biglietti di auguri che riceveva ogni anno da amici e parenti.
In genere, le figure rappresentavano sempre famiglie felici e sorridenti in un ambiente molto tranquillo, magari attorno a un fuoco. Ma il Natale era più che altro folla e chiasso, nella realtà.
I proprietari delle bancarelle erano i primi fra tutti a creare non poco scompiglio, gridando ad alta voce le loro offerte speciali.
Una volta che si fu separato dalla madre per andare in cerca dei suoi amici, gli fu non poco difficile attraversare incolume la grande piazza, al centro della quale troneggiava uno splendido, enorme albero di natale.
Si incamminò velocemente per le vie del centro, scansando a zig zag i passanti più indaffarati a guardare che non mancasse nulla nelle loro borse, piuttosto che stare attenti a se si scontravano accidentalmente con chi veniva loro incontro in senso opposto.
Camminò per un bel po’, fino a quando non svoltò finalmente in prossimità della strada più colma di tutta la città. Non ricordava di aver mai visto tante persone tutte in una volta in vita sua. Tutti erano ovviamente diretti verso gli Alle-Center, il grande magazzino più famoso di Magdeburg.
Georg attraversò la strada per raggiungere il marciapiede opposto, dove Gustav lo aspettava a  pochi metri dall’entrata principale.
“Ma quanta gente c’è oggi?” chiese Georg con un sorriso, mentre salutava l’amico con una pacca sulla schiena.
“Tutta Magdeburg, io credo”
“Bill e Tom?”
“Arriveranno tra poco. Tom mi ha appena mandato un sms”
“Ehi gente, non si aspetta?” esclamò una voce allegra alle spalle dei due.
Bill scendeva dalla macchina di sua madre con un bel sorriso sul viso.
Il gemello lo seguì a ruota, poi toccò alla signora Kaulitz, che parcheggiò e si unì ai quattro ragazzi.
“State vicini, mi raccomando”
“Ma dai, mamma” protestò Tom. “Non siamo più così piccoli da perderci”
“Oh, bè, in tutta questa confusione, non si sa mai!” ribatté la donna risoluta.
In gruppetto varcò le doppie porte automatiche e si fece strada tra una nuova folla di persone.
L’interno degli Alle-Center, così come le vetrine esterne, era tutto uno sfavillio di luci intermittenti, palline luccicanti, ghirlande di agrifoglio, festoni, stelle e quant’altro può ricordare l’atmosfera natalizia.
“Ciao, Simone, come va?” disse ad un tratto una voce.
“Ciao, Noreen. Tutto bene, grazie”
Era la signora Ferman, una vecchia amica della signora Kaulitz. Con sé aveva i suoi figli.
“Santo cielo, come siete cresciuti!” esclamò Simone.
La più grande, Ella, aveva tredici anni, due anni meno dei figli di Simone. Il più piccolo, Adam, ne aveva solo quattro.
Ella, da dietro la spalla della madre, allungò il collo in direzione dei quattro ragazzi, osservandoli con curiosità.
“Ehi!” sussurrò Tom a Gustav, dandogli una piccola gomitata.  “La moretta è carina”
“Direi di si”
Ella non capì cosa si dissero, ma li vide sorridere in sua direzione e così, arrossendo compiaciuta, distolse lo sguardo facendo finta di nulla, ma non senza aver prima ricambiato il sorriso.
Il fratellino, si attaccò poco dopo alla manica del cappotto della madre, tirando insistente, e sbuffando a più non posso perché lei sembrava troppo impegnata nella conversazione con l’altra signora bionda.
“Quando andiamo da Babbo Natale? Quando, quando?” continuava a ripetere.
La madre lo prese in braccio ridendo. “Presto, tesoro”
“Venite anche voi?” chiese Ella, tentando così un timido approccio con i quattro ragazzi.
“Dove?” chiese Bill.
“Alla Grotta di Babbo Natale”
Il gruppo di cinque aveva ora acquistato tre unità in più. Per Tom e Gustav fu una piacevole sorpresa l’incontro con la figlia della signora Ferman.
Bill e Georg, invece, avevano il compito di far star buono Adam almeno per qualche minuto, finché gli acquisti non furono terminati.
Prima di andare alla Grotta, infatti, le mamme insisterono per fare un giro dei negozi.
Gli Alle-Center erano il luogo più frenetico del mondo in quel periodo dell’anno, e ci fu il serio rischio di perdersi sul serio.
Passarono dalla libreria, alla profumeria, al negozio di scarpe al reparto del prodotti utili per la casa. La signora Ferman era indietrissimo con i regali, e fu presto carica di pacchetti.
La signora Kaulitz, del resto, non si risparmiò.
Infine, la pazienza del piccolo Adam fu premiata.
“Andiamo, presto, su!” esclamò eccitato, con i grandi occhioni chiari spalancati. “Andiamo alla Grotta di Babbo Natale!”
Era un luogo strano, molto diverso da come si ci sarebbe immaginati che fosse in realtà la vera dimora in cui viveva Babbo Natale, al Polo Nord. Era un antro sottomarino. Tra le rocce coperte di muschio erano stati nascosti tanti fari verdi, la cui luci faceva sembrare tutto irreale e più suggestivo. Si distinguevano figure di pesci e sirene, persino di un piovra che agitava pigramente i tentacoli. C’era una musica di sottofondo che rendeva il tutto ancora più misterioso, e infine, in fondo al tunnel, spuntavano gli elfi di Babbo Natale.
Da piccoli, i quattro ragazzi, e anche Maddy, erano rimasti impressionati dalle forme misteriose che parevano muoversi dietro un velo d’acqua. Ma adesso sapevano che le rocce erano di cartapesta, e le creature marine e gli elfi, pupazzi animati come quelli delle vetrine. Ma la Grotta trasmetteva ancora un senso di mistero, e la sensazione fu acuita soprattutto quando si sentì lo scrosciare dell’acqua contro gli scogli.
Sorrisero nel vedere Adam osservare il tutto con gli occhi sbarrati, aggrappato alla mano della madre e della sorella.
Infine, camminando sotto una grande arcata di pietra, si sbucava in una nuova stanza, molto ampia, dove Babbo Natale se ne stava seduto su un trono dorato, circondato da allegre decorazioni. Aveva un aspetto imponente.
Tom e Bill ricordarono improvvisamente la prima volta che i loro genitori li avevano portati a visitarlo.
“Perché vivi in una grotta sotto il mare?” aveva chiesto Tom all’epoca in cui, per i due bambini, quell’uomo dalla barba bianca e il vestito rosso, era ancora qualcuno appartenente al mondo della magia.
“E’ vero” aveva rincarato Bill. “Tutti dicono che Babbo Natale abita al Polo Nord”
“Sicuro, cari” aveva risposto loro l’uomo, in modo gentile, con un sorriso bonario stampato sul volto paffuto. “Ma io sono soltanto un aiutante di Babbo Natale. Vedete, un ramo della nostra famiglia abita sotto il mare e tutti gli anni, a dicembre, io vengo a riva a dare una mano al vero Babbo Natale”
In quel periodo, avevano più o meno tre anni, ora ne avevano quindici e si sentivano decisamente grandi per visitare la Grotta. Se non fosse stato per la famiglia Ferman, probabilmente non ci si sarebbero nemmeno soffermati.
L’intero gruppo si mise in fila, e passò qualche tempo prima che toccasse a loro incontrare il buon portatore di doni.
“Tocca a noi” sussurrò a un certo punto Ella all’orecchio del fratellino, chinandosi in basso per raggiungerlo.
Babbo Natale sorrise e allargò le braccia, augurando buone feste anche ai più grandi.
Tom stava per avvicinarsi a lui e stringergli la mano, quando Bill gli afferrò il braccio per bloccarglielo.
“Fermo! Non toccarlo!”
Simone trasalì per lo stupore. Gustav e Georg guardarono l’amico con tanto d’occhi.
Ella mandò un urlo di spavento proprio in quel momento, perché le luci della sala si stavano abbassando.
Le ombre si fecero più fitte, e presto la caverna piombò nella più completa oscurità, lasciando addosso ai due gemelli una strana e inquietante sensazione.
Tutto attorno risuonavano le voci dei genitori che cercavano di tranquillizzare i figli.
“Non preoccuparti, Adam” disse la voce di Gustav. “Babbo Natale farà tornare la luce in un batter d’occhio”
Qualcuno, di fianco a loro, cercò di azionare un accendino, ma con scarsi risultati. Molti altri ebbero la stessa idea, ma le fiammelle si rispensero immediatamente.
“A quanto pare non c’è molta aria, qui dentro” mormorò Georg per non farsi sentire troppo, dato che il panico sembrava crescere in fretta. “Dubito che qualcuno riesca a far funzionare gli accendini”
“E quindi?” chiese Gustav.
“Niente, aspettiamo e restiamo calmi”
“Tranquilli ragazzi, è solo un black out” disse la signora Kaulitz, sentendo le voci degli amici dei figli. “Bill! Tom!” chiamò.
 “Siamo qui, mamma” disse il rasta. “Poco più indietro di te”
“Bene. Restate fermi dove siete”
Nel frattempo, oltre all’agitazione, gli animi di qualcuno iniziarono a scaldarsi.
C’era chi urlava di voler fare le sue rimostranze al direttore, chi si lamentava per il troppo tempo passato al buio e per la disorganizzazione del personale.
“Tom!”
“Sono qua”
Bill si aggrappò alla manica del cappotto del fratello, cercando quasi un appiglio per non sprofondare nel buio.
 “E’ il sogno. E’ come il mio sogno!” balbettò. La sua voce era strana.
Tom si voltò veloce verso di lui, ma Bill non poté vederlo. Capì perché aveva mormorato quelle parole, perché il rumore dello sciabordio dell’acqua contro le pareti della Grotta sembrava volerla invadere da un momento all’altro.
Tom non l’avrebbe mai ammesso, ma ebbe paura in quel momento, e un pensiero fugace e irrazionale gli passò nella mente.
“L’acqua ci sommergerà! Moriremo tutti!”
Scosse forte la testa per scacciare quell’insulso pensiero. Che sciocchezze! Il rumore delle onde era solo una registrazione…ma se lo era, perché non era scomparso assieme alle luci? Se l’impianto elettrico era saltato, anche gli altoparlanti avrebbero dovuto smettere di funzionare. E allora, perché…?
Ciò non lo aiutò a clamarsi e si chiese se anche Gustav e Georg, o qualcun altro, si fossero accorti di quanto cominciava a fare freddo. Un freddo insopportabile, che entrava fin nelle ossa.
Poi, nell’oscurità apparve una luce, un alone luminescente, al centro del quale parve prendere forma qualcosa…
Bill si irrigidì e rinsaldò la presa sul braccio di Tom, sentendo che anche il fratello si aggrappava a lui. L’aveva vista, aveva visto la faccia che era comparsa dentro al cerchio luminoso.
Aveva lineamenti aguzzi, era minuscola, grigia e pelosa, con occhietti acquosi e malvagi. Poi i lineamenti di quella strana creatura cambiarono, divenendo quelli di una bellissima bambola di porcellana, che osservava i ragazzi con la stessa espressione gelida. Un sorriso sinistro sembrò stendersi sul volto perfettamente liscio e levigato. Non c’era nulla di umano in quel piccolo volto.
La bambola indossava un abito lungo, verde smeraldo, pieno di rifiniture complicate, i suoi capelli sciolti erano dritti fili corvini e lunghissimi, che ricadevano liberi lungo la schiena.
Poi, la bambola prese a vorticare, per far posto a un’altra. Il suo vestito era identico a quello della prima, solo di color argento. I capelli della seconda, però, erano leggermente mossi, legati alti sul capo, e alcune ciocche biondo cenere erano delicatamente appoggiate sulla spalla destra, ricadenti in avanti.
“ Tom!”
La voce giunse fino al ragazzo forte e chiara, e lui avrebbe voluto gridare, scappare, ma era come ipnotizzato da quello che vedeva.
E’ impossibile! Non sta capitando veramente! Gridava la mente di Tom.
La Grotta sembrò allargarsi. Tutti gli altri sembravano essere spariti. Poi si sentì chiamare ancora.
“Tom!”ripeté la voce della bambola bionda, ma senza che essa muovesse le minuscole labbra.“Presto…Presto sarai con noi a Isealina”
Il ragazzo avrebbe voluto gridare, ma il grido non riuscì a farsi strada tra le sue labbra. La figura della bambola prese a vorticare sempre più veloce, fino a dissolversi in uno scintillio di luce.
Tom sbatté le palpebre più volte, e si accorse che anche le luci della Grotta si stavano riaccendendo. La gente attorno a lui mormorò di sollievo. Lui si guardò attorno freneticamente e incrociò lo sguardo di Bill, accanto a lui.
Non l’aveva mollato un secondo, stringeva ancora la manica del suo cappotto e aveva gli occhi lucidi, come se fosse sul punto di piangere.
Il gemello gli buttò le braccia al collo prima che il rasta potesse proferire una sola sillaba, e non protestò nemmeno per quello slancio di affetto improvviso. Tom sapeva di cosa si trattava in realtà: paura. Pura e semplice paura.
Non c’erano bisogno di parole tra loro, si erano capiti alla perfezione. Tom e Bill sapevano di aver visto la stessa cosa, benché il primo dei due fosse molto meno propenso ad ammetterlo, come sempre.
“Che cosa avete voi due?” chiese la voce di Gustav, alla loro sinistra.
I gemelli si voltarono. Bill si staccò da Tom asciugandosi in fretta le guance leggermente rigate di lacrime.
“Nulla” rispose prontamente il moro.
Tom si stupì delle parole del fratello. Perché negava?
“Mi stupisci Bill” disse Simone perplessa, vedendo il figlio così scosso. “Da quando hai paura del buio?”
“Non è per il buio. E’…è stato il freddo, mamma”
“Io non ho sentito freddo. Ho avuto un gran caldo, invece” la donna si avvicinò a Bill e gli passò una mano sul volto, con dolcezza. “Va tutto bene, tesoro?”
Lui annuì e poi abbassò lo sguardo, vergognandosi per aver fatto la figura dello sciocco.
I suoi amici lo avrebbero preso in giro fino alla morte per quella scena. Già sentiva le risatine di Ella, il che gli fece montare l’irritazione e la collera.
Loro non sapevano cosa aveva provato pochi attimi prima. Loro non avevano la minima idea del sogno che lo tormentava ormai tutte le notti, nel quale sprofondava nel buio delle acque gelide del fiume Elba e non riusciva più a riemergere, a respirare.
Non sapevano neppure quale spaventosa sensazione di panico e terrore gli avesse messo addosso quella visione soprannaturale…ma Tom si! Tom avrebbe capito, perché anche suo fratello aveva veduto.
Si girò di scatto, e vide che la mamma stava esaminando con occhio attento anche lui.
“Dev’essere stato soprattutto lo shock di trovarsi per troppo tempo in un posto chiuso, al buio” stava dicendo al signora Ferman, intimando intanto alla figlia di tacere, infastidita dai suoi attacchi di risatine.
“Si, dev’essere così” concluse Simone, ma non del tutto convinta.
“La signora Ferman ha ragione” disse Tom. “L’immaginazione a volte gioca brutti scherzi”
A quelle parole, tutta la sicurezza in Bill evaporò all’istante.
Maddy aveva detto la stessa frase una volta, e il ragazzo ricordava fin troppo bene quel pomeriggio, terminato con una litigata tra lui e Tom.
“E voi, ragazzi? Cosa desiderate per Natale?” .La profonda voce di Babbo Natale fece sobbalzare i gemelli Kaulitz.
Si erano completamente dimenticati di lui.
L’uomo frugò nel suo gande sacco e ne trasse due pacchetti.
“Per voi” disse con un sorriso enorme.
Ma Bill e Tom non volevano quel pacco regalo. Non potevano accettare, perché sentivano che non era bene farlo. Avvertivano come un senso di pericolo.
“N-no grazie, non voglio niente” balbettò Bill., mentre Tom teneva ostinatamente le mani nelle tasche del cappotto.
Simone si voltò stupita verso i suoi figli, assumendo poi un’aria severa.
“Non siate maleducati, prendeteli, su!”
“Io! Io!” esclamò il piccolo Adam. “A me che cosa dai?”
“Non volete il vostro regalo?” insisté l’omone, un po’ basito e anche un po’ offeso.
“N-no” mormorò ancora Bill, incerto.
“Oh, santo cielo!” si infervorò Simone, scostandolo e prendendo lei stessa i due pacchetti che Babbo Natale porgeva ancora ai figli. “Li prendo io, grazie molte e Buon Natale”
“Sembrano essersi spaventati più del dovuto” commentò lui.
“Si, a quanto pare è così” rispose la donna, lanciando un’occhiataccia ai due ragazzi, mentre usciva dalla fila.
Nel frattempo, Adam era finalmente riuscito ad arrampicarsi sulle ginocchia di Babbo Natale, e aveva appena iniziato ad elencare ciò che gli sarebbe piaciuto ricevere.
Poco dopo, anche a lui fu dato un pacco con la stessa carta con la quale erano avvolti quelli di Bill e Tom. Lo stesso per Ella, e infine, Gustav e Georg.
Quest’ultimo raggiunse Bill, e gli posò una mano su una spalla.
“Ehi! Tutto bene? Sembra che tu abbia visto un fantasma”
“Sto bene” rispose Bill cupo. “Ma forse hai ragione. Qualcosa ho visto”
Georg rimase allibito e lo guardò spostarsi verso la fila di persone che uscivano dalla Grotta.
“Ma che cos’ha?” disse Gustav.
“Chi, Bill?” chiese Georg.
“E’ strano ultimamente, te ne sei accorto?”
Gustav annuì. “Secondo te non sta bene?” chiese poi.
“Che vuoi dire?” Georg si accigliò.
“Non lo so, ma…c’è qualcosa che non mi convince…”
“E?” Georg incitò Gustav a continuare.
“E mi è tornata in mente una cosa” si voltò verso l’amico, che era leggermente più alto di lui. “Ricordi l’ultimo pomeriggio passato nel nostro rifugio segreto?”
Georg fece una faccia stupita. “Come ti torna in mente una cosa del genere proprio ora?”
“Non lo so, è una sensazione”
“Non parlerai del racconto di Bill, vero? Quello del sogno e della…”
“Della voce, si. E’ da allora che Bill non sembra più lo stesso”
“E’ accaduto mesi fa!”
“Si, ma Tom mi ha detto che è un po’ di tempo che Bill non dorme la notte, fa strani incubi. Lo sente agitarsi nel sonno”
“E questo cosa centra con il black out, Gus?”
“Non so” fece lui pensieroso. “Ma, teniamo d’occhio Bill, ok?”
Uscirono dalla Grotta, e si salutarono con la famiglia Ferman, diretta verso casa.
“Ragazzi” disse Simone rivolta a Gustav e Georg. “Cominciate ad andare a mettere questi pacchetti in macchina, per favore” e porse loro le borse dei nuovi acquisti di quella mattina. “Mettete tutto nel baule, grazie. Ecco le chiavi. Noi veniamo subito”
“Ehm…ok” disse Georg.
Poi, lui e Gustav si diressero verso le scale mobili che portavano verso l’uscita degli Alle-Center.
Una volta che i due furono spariti dalla sua vista, Simone si voltò furiosa verso i suoi figli.
“Spero che abbiate una buona spiegazione per giustificare la vostra condotta di poco fa!” esclamò arrabbiata. “Non ho mai visto un comportamento più maleducato in vita mia!”
Bill e Tom si scambiarono uno sguardo veloce, poi abbassarono entrambi il capo.
“Sono passata sopra i tuoi brutti voti, Tom. Alla litigata di stamattina, che è sicuramente venuta da te, Bill. Oh, non guardarmi così, vi conosco più di voi stessi! Ho speso dei soldi per farvi divertire oggi, e voi lo apprezzate? No, certo! Non i miei rocker in carriera, vero? Siete troppo adulti per accettare un semplice dono da Babbo Natale. E come se non bastasse, rischiate di rovinare la giornata anche agli altri per qualche strano motivo che non conosco, ma so che vi frulla in quelle testoline unte di gel e lacca, o qualsiasi altra cosa usiate!”
Quell’ultima frase, in altre circostanze, li avrebbe fatti ridere, ma non quella mattina. E ciò era chiaramente un avviso della piega che stava per prendere il resto del pomeriggio che si avvicinava.
“Sto aspettando!”. La signora Kaulitz si mise i pugni sui fianchi e non smise un secondo di fissare a turno i loro visi identici. “Se non mi darete una spiegazione, vi porterò di filato a casa. Io, Gustav e Georg andremo a prendere Maddy alla stazione, ma niente pranzo al Seven Stars! Niente divertimento speciale!”
Si stava davvero arrabbiando, ed era raro che perdesse sul serio la pazienza. Ma se accadeva era capace di mantenere ciò che aveva appena detto.
Per un momento, Bill prese in considerazione l’idea di dire alla mamma la verità sulla visione della strana bambola avuta nella Grotta, ma Tom lo precedette, e forse fu un bene.
“La Grotta era…non so, ci siamo un po’ spaventati. Abbiamo avuto come un senso di claustrofobia. Ci sembrava di non respirare”
“Sembrava ci fosse qualcosa nel buio!” esclamò Bill deciso.
Simone rilassò le spalle e inclinò la tesa da un lato, scuotendola un poco.
“Sciocchi” sorrise. “Che altro vi immaginerete ancora, voi due? Forse Babbo Natale aveva ragione. Vi siete spaventati più del dovuto”.
“Ma è vero! Te lo giuro!” esclamò ancora Bill.
Simone li strinse in un breve abbraccio, poi tornò a guardarli. “Lo so che odiate che ve lo dica, ma non avete che quindici anni! Siete ancora dei bambini per molti lati, ma non è certo un male. E’ normale avere paura, qualche volta. Non è certo una debolezza”
“Scusa, mamma” sussurrò Bill davvero mortificato.
“Si, scusaci” aggiunse Tom. “Forse è vero, ce lo siamo solo immaginato”
“Ma certo che si! Al buio si finiscono per vedere le cose più strane”.
E con questa frase, a Tom-ma anche a Bill- si affacciò di nuovo alla mente quel particolare pomeriggio nel loro giardino.
Si incamminarono tutti e tre verso le scale mobili, mentre la signora Kaulitz cercava di rassicurare i figli raccontando delle strane immagini che anche lei vedeva spesso da bambina.
“E inoltre, ricordatevi che Magdeburg è piena di misteri” aggiunse quasi ridendo.
Tom cominciò a persuadersi che fosse tutta una scemenza. Era pazzesco credere di aver davvero visto una bambola fluttuare sospesa in aria dentro un vortice di luce. Dopotutto, non credeva alla magia. E quella era l’unica parola con cui si poteva spiegare ciò che era appena accaduto.
Non voleva pensarci, e non si scambiò più uno sguardo con Bill, perché se lo avesse fatto, avrebbe visto negli occhi castani del gemello la conferma alle sua paure. La conferma che non si era immaginato nulla, che era tutto vero.
“A proposito! Tenete, questi sono vostri” disse Simone, porgendo ai gemelli i due pacchi regalo, dono di Babbo Natale.
Tom lo afferrò automaticamente, Bill invece si ritrasse ancora.
“Oh, andiamo! E’ tuo, quindi prendilo!”
Il ragazzo si ritrovò tra le braccia il pacchetto rettangolare e non osò più replicare.
 Uscirono dai grandi magazzini e arrivarono alla macchina, dove Gustav e Georg li aspettavano.
I due amici non chiesero nulla, ben sapendo che la signora Kaulitz aveva fatto ai gemelli una qualche ramanzina, ma siccome il tutto sembrava essersi risolto- anche se Bill esibiva ancora quell’espressione pensierosa e fin troppo seria- decisero di rimandare a più tardi le domande.
“Forza, muoviamoci!” disse felice Simone. “Dobbiamo andare ad aspettare un treno importante”
 
 
 
Uh! Che lavoro per sistemare questo capitolo! Alla fine è venuto praticamente identico all’originale, spero non sia un problema.
Mi auguro che vi piaccia anche stavolta, e ditemi anche cosa ne pensata della foto che ho messo. Mi piace immaginare che sia una specie di manifesto o copertina di un libro ^^
Nel prossimo capitolo si vedrà la famigerata Maddy, finalmente! Non vedo l’ora di scriverlo!
Perdonate eventuali errori di battitura, ma ho avuto poco tempo per rileggerlo! >.< perdono!!! 
Ringrazio:
Aduzza_TK , Evangeline143 , IwillN3v3rbEam3moRy , moon queen, e ZoomIntoMe ( che bel nome che hai <3 è una delle mie canzoni preferite!)
A pesto cari lettori!
Un bacione!
Vostra Susan 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 4: Le bambole di porcellana ***


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Capitolo 4:

Le bambole di porcellana

 
Prima di recarsi in stazione avevano ancora qualche minuto, e Simone ne aveva approfittato per fermarsi a ritirare il regalo per il marito. Un elegante orologio che Gordon desiderava da una vita.
Bill era fermo davanti alla vetrina della gioielleria con le sopracciglia aggottate.
“Che cosa fai?” chiese Georg avvicinandosi con gli altri.
“Cerco un regalo per Maddy”
“Non glielo hai ancora comprato?” chiese stupito Gustav
Tom alzò gli occhi al cielo. “Sei senza speranza”
“Si che gliel’ho comprato!” si scaldò subito il ragazzo. “Però…”
Si strinse nelle spalle, sprofondando metà del volto nella sciarpa.
“E perché sei fermo proprio davanti alla gioielleria?” fece Georg con gli occhi sbarrati.
“Oh, uffa! E’ tutta colpa di mio fratello!” esclamò Bill, mettendosi le mani nei capelli.
“Io?!” esclamò indignato il gemello.
“Si! Per tutto il tragitto fino a qui ha continuato a dirmi cose assurde!”
“Cioè?” chiesero in coro gli altri due.
“A proposito di un anello” mugugnò Bill.
“Non siete un po’ giovani per sposarvi?” rise Georg, ma senza intenzione di prendere in giro Bill.
“Non voglio regalarle un anello, infatti. Insomma, non stiamo neppure insieme! Però, ecco, volevo farle un regalo…non so…un po’ più…” balbettò il ragazzo senza sapere bene come spiegarsi.
“Perché, tu che cosa le hai comprato?” chiese Gustav.
“Ehm…un cd e un poster gigante degli Aerosmith a tiratura limitata”
Gli altri due si guardarono.
“Bè, va bene, no? Maddy li adora!”
“Si, ma io voglio farle capire quanto mi piace e un cd e un poster non rendono l’idea! Quelli sono regali che si fanno gli amici. Amici, capite?”
“Si, capisco” sospirò Georg, passandosi una mano nei lunghi capelli biondi scuri per riavviarli all’indietro. “E allora a cosa pensavi?”
Bill tornò a guardare la vetrina del negozio di gioielli. “Mamma una volta ha detto che gli orecchini sono un regalo impegnativo da fare”
“Mmm…” fece Gustav pensieroso, chinandosi un poco in avanti per osservare i prezzi esposti. “Questi mi sembrano un po’ fuori portata”
“Lo so, costano un sacco” sospirò Bill, affondando le mani nelle tasche del cappotto.
“Perché non entriamo, scusate?” fece Tom.
“M-ma io…veramente non so…” balbettò Bill. “Però venite dentro con me?” implorò. “Così distraete la mamma”
“Perché?”
“Perché si! Siete scemi? Non posso farmi vedere da lei a comprare un regalo per una ragazza!”
Gustav, Georg e Tom si scambiarono un’occhiata.
“Vi prego, vi prego, vi prego!”
“Ma cosa ci veniamo a fare noi?” esclamò Georg. “Sei tu che devi scegliere il regalo per Maddy!”
“Ehm…appoggio morale?” provò Bill con un sorriso poco convincente.
Tom sospirò. “Ok, io ti aiuto a scegliere, voi due fate da palo e ci avvertite se nostra madre nota qualcosa”
“Perché devi aiutare solo tu Bill?” chiese Gustav.
“Perché in fatto di donne sono quello che ci capisce di più” fece Tom con fare spavaldo.
I due biondi mugugnarono qualcosa di incomprensibile, ma probabilmente in direzione del loro amico con i rasta.
Entrarono nella gioielleria accampando la scusa che fuori si congelava dal freddo.
Bill, armato di tutto il coraggio di cui disponeva, gironzolava qua e là per il negozio.
“Chiedi alla commessa laggiù” sussurrò Tom.
“No, meglio di no. Se mamma nota qualcosa?”
“Ok, ma sbrigati scegliere!”
“Fosse facile” protestò il moro.
In effetti, i suoi gusti in fatto di accessori da indossare erano a dir poco differenti da quelli di Maddy. Non voleva essere banale, per cui rifletté a lungo. 
Compiuta la grande impresa della gioielleria, Bill ne uscì contento e soddisfatto con un bel pacchettino in mano, che nascose delicatamente nella tasca del cappotto.
Georg era stravolto.
“Non chiederci più di accompagnarti a fare niente!!”
“Perché?”
“Perché sei insopportabile! Mi hai stressato, e scommetto che hai stressato anche quella povera commessa!” disse il ragazzo esasperato.
“Bè, in effetti non siete stati molto molto d’aiuto, sapete? Tutti e tre”
“D’aiuto? Bè, scusa, i gioielli dovevi sceglierli tu” esclamò Tom.
“Si, ma un’aiutino sarebbe stato gradito”
“Che vuoi di più? La commessa ti ha anche fatto lo sconto. Poveretta, avrà capito che la tua è una situazione disperata” Tom scosse il capo.
Bill si votò verso di lui arrabbiato. “Non è vero! La mia non è una situazione disperata!”
Il fratello lo guardò storcendo le labbra in una smorfia molto poco convinta.
“Io mi sono divertito” disse Gustav, ricevendo per tutta risposta un’occhiataccia e un pugno da Georg.
“Ahi! Ma che ho detto?”
“Non farci caso” disse Tom. “Fa così perché è alla disperata ricerca di una donna”
“Piantala!” fu la risposta a denti stretti di Georg.
“Gustav ti ringrazio” disse Bill felice, mettendo un braccio attorno alle spalle dell’amico. “Quando anche tu avrai la ragazza, se avrai bisogno di aiuto, io ci sarò!”
“Oh, grazie Bill. Ma Maddy non è ancora la tua ragazza”
Tutto l’entusiasmo del moro si spense in un secondo, assumendo un’aria da funerale.
“Perché dovete sempre ricordarmelo, accidenti a voi!”
 
Arrivarono in stazione alle dodici in punto. L’attesa fu poca, perché solo dopo cinque minuti, il ‘loro’ treno arrivò sferragliando.
Quando rallentò, i ragazzi cercarono di guardare dentro gli scomparti attraverso i finestrini.
Bill aveva quasi paura che non l’avrebbero trovata, e che il treno se la sarebbe riportata via.
Infine, il convoglio si fermò con un gran stridore di freni e i passeggeri cominciarono a riversarsi sul marciapiede. E in mezzo a tutta la confusione, Bill la riconobbe. L’inconfondibile chioma biondo chiaro svolazzante nell’aria fredda della stazione di Magdeburg. Correva verso di loro trascinando con un po’ di fatica le sue due valigie, gli occhi castani sorridenti, il viso raggiante di felicità.
Era ancora più bella di come se la ricordava.
“Eccola!” esclamò, incapace di trattenersi.
Lui, Tom, Georg e Gustav corsero verso l’amica, seguiti da una più composta Simone, strizzandola in un abbraccio collettivo, togliendole il fiato.
“Maddy!”
“Ciao Blondie!”
“Bentornata!”
“Buon Natale!”
“Ragazzi, fatela respirare!” ammonì la signora Kaulitz, per poi apprestarsi ad abbracciare la sua protetta, che considerava ormai come una figlia.
“Simone, ciao!” esclamò la ragazza ricambiando la stretta della donna. La persona che per lei era più vicina alla figura di una madre.
Si staccò da lei e li guardò tutti. “Oh, che bello rivedervi!”
Il suo sguardo si posò più a lungo su Bill, che sfoggiava il sorriso che la faceva sciogliere tutte le volte che lo vedeva.
Aveva pensato moltissimo a lui nei mesi precedenti. L’ultima estate aveva segnato un cambiamento dentro di lei. Si era accorta di provare non solo amicizia per lui, ma qualcosa di molto più tenero e profondo. Pian piano aveva cominciato a vederlo con occhi diversi. Gli occhi del cuore.
Non aveva confidato a nessuno questo suo sentimento per Bill, men che meno a lui.
Si sentì arrossire un poco così cercò subito un altro argomento.
“Mamma mia, come siete cresciuti voi due! Vi siete alzati ancora?” chiese scherzosamente, avvicinandosi ai gemelli e alzando una mano per misurare la differenza tra le loro teste. “E pensare che qualche anno fa ero più alta di voi”
“Andavamo all’asilo allora, mia cara Blondie!” esclamò Tom facendole l’occhiolino. "La situazione è un po’ cambiata, sai?”
Blondie era il soprannome che i ragazzi avevano sempre attribuito a Maddy per via del colore dei suoi capelli.
“Coraggio, andiamo” disse la signora Kaulitz, circondandole con un braccio una spalla e aiutandola con uno dei bagagli. “Quando arriva papà?”
“Il ventiquattro mattina”
“Così tardi?” fece Simone dispiaciuta.
“Purtroppo si. Non è proprio riuscito a liberarsi prima”
Uscirono dalla stazione. La signora Kaulitz sembrava non voler lasciar più andare la ragazza.
“Te l’ha rapita, eh?” disse Gustav dando una gomitata a Bill.
“Eh?”. Il ragazzo si voltò e vide tre sorrisi furbi sui volti degli amici e del fratello. “Oh, uffa! Non ricominciate a prendermi in giro!” esclamò rabbuiandosi.
Georg alzò le mani in segno di resa.
Salirono in macchina, tutti con un gran appetito.
Maddy non smise un secondo di parlare delle ultime novità che la riguardavano.
“E la scuola come va?”
“Benone, Simone! Non potrebbe andare meglio!” esclamò ingenuamente Maddy, non sapendo ancora dei votacci di Tom.
La signora Kaulitz scoccò al figlio un’occhiataccia e lui si abbassò la visiera del berretto facendo finta di nulla.
L’atmosfera era totalmente cambiata. Ormai la brutta avventura dei grandi magazzini si stava dileguando pian piano come fosse stato un brutto sogno e quando arrivarono al ristorante era sparito del tutto.
Il Seven Stars era un locale molto elegante. I tavolini rotondi erano ricoperti da tovaglie di un bianco immacolato, ricamate a mano sui bordi con motivi delicati. I camerieri sembravano impettiti pinguini pronti a soddisfare ogni bisogno dei clienti, sempre educati e con il sorriso sulle labbra. In fondo al salone vi era un bel caminetto nel quale il fuoco ardeva allegro e scoppiettante.
I ragazzi si recavano con le rispettive famiglie al Seven Stars una volta all’anno e volevano godersi quel momento di festa fino in fondo.
Poco dopo, infatti, ecco le macchine dei signori Shafer, accompagnati dalla figlia maggiore, dei signori Listing e quella di Gordon, il padre di Bill e Tom.
“Ma Simone!” esclamò l’uomo, facendo delle facce buffe. “Mi avevi detto che andavi a prendere Madeline alla stazione, ma io qui vedo una bellissima giovane donna che non conosco!”
La ragazza abbracciò l’uomo ridendo. “E’ un piacere rivederti anche per me, Gordon”
L’uomo diede una pacca sulle spalle a Bill. “Eh, si. E’ diventata proprio carina la nostra Maddy, vero Bill?”
I due ragazzi si guardarono un momento, poi abbassarono gli occhi imbarazzati.
“Su, entriamo!” li chiamò la signora Listing, aprendo la porta del ristornate.
“Allora, figliolo” disse Gordon a bassa voce, quando fu sicuro di non essere a portata d’orecchio. “Come la mettiamo?”
“Come? Con cosa?” rispose Bill titubante.
“Con chi, vorrai dire. Sto parlando di Madeline, no?”
“Papà, ma tu come fai a…Tom!”. Bill si volse minaccioso verso il fratello, che si stava studiando le unghie con estremo interesse a poca distanza da loro.
“Si?”
“Hai cantato!”
“Io?” chiese il rasta con fare innocente. “Assolutamente no! Il cantate sei tu”
Gordon scoppiò a ridere e poi prese posto al tavolo assieme ai figli e a tutti gli altri.
Simone aveva organizzato tutto insieme alle altre madri, prenotando una tavolata più grande di una dozzina di posti.
Erano come una grande famiglia, o almeno, questo era quello che provava Maddy guardandoli tutti uno per uno.
I quattro mesi passati chiusa nel collegio di Berlino erano sembrati eternamente lunghi. Non vedeva l’ora di tornare a Magdeburg, a casa, e ora finalmente era lì, assieme a tutte le persone che amava di più. Certo, mancava suo padre, ma lei non si era mai lamentata, sapendo bene quanti sacrifici avesse fatto per crescerla nel migliore dei modi.
Tutti cercavano di parlare contemporaneamente, sorridendo e scherzando allegramente, e l’atmosfera gioiosa si prolungò fino alla fine dell’antipasto.
In quel momento, Bill e Tom intercettarono lo sguardo di loro madre, seduta davanti a loro.
La signora Kaulitz aveva atteso che l’attenzione di tutti fosse concentrata su altro, e approfittò di quella manciata di minuti per parlare con i due ragazzi.
“Diamo un’occhiata ai vostri regali”. Per caso, aveva urtato con il piede uno dei pacchetti nascosti sotto il tavolo. “Perché non li avete ancora aperti?”
“B-bè, sai la confusione del posto…” balbettò Tom, ma senza convincerla.
Simone si chinò a raccogliere il pacchetto e glielo passò.
Il ragazzo percepì qualcosa mentre avvicinava le mani al regalo, e quando lo prese, ebbe l’impulso di gettarlo via. Sembrava come pulsare sotto le sue dita. Sembrava vivo.
Gli occhi di Tom si spalancarono sempre più, e così quelli di Bill, man mano che strappava la carta regalo.
Comparve un tessuto d’argento lucente, ricamato finemente, poi un volto di porcellana circondato da una cascata di capelli biondo cenere, che lo fissava con occhi vacui.
“Che meraviglia!” esclamò Simone.
Tom non voleva guardare Bill, non adesso, ma fu più forte di lui e si voltò.
Suo fratello stava scartando a sua volta il regalo ricevuto nella Grotta di Babbo Natale, lo sguardo impaurito e le mani tremanti. Perché Bill sapeva cosa avrebbe trovato nascosto sotto la carta ancor prima di vederlo.
Ed eccola. Identica a quella di Tom, tranne che per il colore dei capelli e l’abito verde smeraldo pieno di ricami d’argento lucente.
Le fiamme del camino si riverberarono dolorosamente contro quelle rifiniture splendenti come diamanti.
“Non capisco” mormorò Simone dopo un po’, prendendo dalle mani di Bill la bambola dai capelli neri. “Dev’esserci stato un errore”
Picchiettò con l’unghia dell’indice su quel piccolo visino, ed esso, che fino a un attimo prima era rimasto inespressivo e vuoto, ora sembrò rimandare un’espressione furiosamente contrariata e dolorante. Ma la signora Kaulitz non se ne accorse, solo Bill e Tom notarono quell’incredibile particolare.
Non dissero nulla in presenza della mamma e degli altri amici, si limitarono a scambiarsi continuamente sguardi. E loro che comunicavano solo con gli occhi, a volte, si capirono al volo. Tom cercava conferme e Bill gliele stava dando. Non era un sogno, non era neppure un incubo. Era reale. Stava accadendo proprio in quel ristorante, proprio com’era accaduto prima ai grandi magazzini.
“E’ di pura porcellana, proprio come la tua, Tom. E guardate i vestiti” commentò Simone, che era un’esperta e abile sarta. “Sono ricamati e cuciti a mano. I capelli sembrano veri. Mio Dio, sono regali costosissimi! Devono di sicuro essersi confusi quando hanno impacchettato i doni”
Ma i due ragazzi sapevano che non c’era stato nessun errore. Le bambole erano loro apparse sotto forma di visione e adesso si trovavano in mano loro. Non capivano in quali strani avvenimenti erano stati coinvolti, ma era chiaro che non era stato per caso.
“Bè, io non so che farmene di una bambola, sinceramente!” sbuffò Bill, cerando di ritrovare un po’ di calma.
“Ah, su questo non c’è dubbio!” sorrise Simone, rimettendo via le bambole con cura nelle rispettive scatole. “Non dite niente a vostro padre” disse mentre le ricacciava sotto il tavolo al sicuro. “Fate attenzione però, non voglio assumermi la responsabilità per giocattoli così preziosi”
Bill e Tom si guardarono un’ultima volta e poi si rivolsero alla madre.
“E…allora che facciamo?” chiese Tom incerto.
“Dopo aver finito il pranzo e il resto delle compere, torneremo all’Alle-Center e chiariremo questa faccenda”

 
 
Ecco il quarto capitolo! Spero vi piaccia e…è arrivata Maddy! ^^
Vi è simpatica? Ditemi come la trovate e se lei e Bill stanno bene insieme! In generale la storia come procede secondo voi cari lettori? Io tengo molto alle vostre opinioni. ^^
Finalmente riesco a pubblicare, anzi mi scuso se ho fatto aspettare troppo qualcuno che è ansioso di leggere.
Un grazie di cuore a:

Aduzza_TK,  Evangeline143, IwillN3v3rbEam3moRy, moon queen e ZoomIntoMe
Perdonate anche eventuali errori. Continuate a seguirmi, mi raccomando!
Un bacio,
Susan.
 

And now...recensite!!!!!!! XD

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Capitolo 7
*** Capitolo 5: Smarriti ***


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Capitolo 5:

Smarriti

 
Erano ormai le cinque passate quando Simone tornò con tutti e cinque i ragazzi all’Alle Center.
I genitori di Gustav e Georg, più Gordon, erano tornati o a casa o al lavoro dopo il sontuoso pranzo al Seven Stars. Erano tutti piuttosto stanchi e infreddoliti dopo che avevano atteso un tempo maggiore di quel che credettero possibile.
Gustav e Georg erano rimasti molto perplessi dal comportamento dei gemelli, ma non fecero domande. Non ancora. Si erano resi conti che anche al ristorante l’atmosfera era molto tesa tra Bill, Tom e loro madre. Quando i due biondi avevano chiesto di poter vedere i famosi regali per i quali si era venuto a creare tutto quel caos, Bill e Tom rifiutarono categoricamente, dissimulando la cosa affermando che non ne valeva la pena.
Maddy era stata messa al corrente della loro visita alla Grotta di Babbo natale, con ovvia omissione da parte di Tom e Bill riguardo alla visione che avevano avuto durante il blackout.
La signora Kaulitz era ritornata nella Grotta per chiedere delucidazioni sui regali ricevuti. Maddy avrebbe voluto accompagnarla, ma i gemelli, specialmente Bill, non glielo avevano permesso, trascinandola per tutti i reparti del centro commerciale.
Madeline, un po’ sconsolata e un po’ incerta, si era però divertita un mondo assieme ai suoi amici. Presto si erano immersi in una conversazione che aveva come centro l’idea per un mini concerto natalizio.
Tom e Bill furono sollevati al pensiero che Maddy non avesse insistito per andare con loro madre. Avevano come il presentimento che se l’avesse fatto, non sarebbe più uscita da quella Grotta.
Bill osservava la ragazza attentamente e non perdeva neanche il minimo movimento che faceva.
In quel momento se ne stava piegata in avanti con le mani sulle ginocchia davanti alla libreria.  Leggeva i titoli dei volumi più in basso esposti su uno dei due piccoli scaffali posti ai due lati della porta di vetro, all’esterno del negozio.
Bill aveva le mani in tasca del cappotto, e con la destra tastò distrattamente il pacchettino contenente gli orecchini che aveva acquistato quella mattina proprio per lei. Doveva darglieli o no? No, non subito, anche se aspettare fino a Natale voleva dire penare ancora per quattro giorni al pensiero di ciò che avrebbe detto l’amica nel vedere quel regalo. Avrebbe capito cosa voleva chiederle Bill con quel gesto?
Piano, si portò alle sue spalle. Lei sembrò non avvedersene. Il ragazzo guardò per un secondo i riflessi dorati dei quali brillavano i capelli di Maddy in riflesso alle decine di luci intermittenti tutto attorno alla vetrina della libreria.
Fu un attimo. Un infinitesimo di secondo. Bill alzò lo sguardo dalla chioma bionda di lei per osservarne il volto riflesso nella vetrina. E lo vide. Di nuovo, come quella mattina nell’alone di luce dentro la Grotta di Babbo Natale. Una creatura pelosa e grigia, della quale non distinse bene i lineamenti, ma che era apparsa dietro lui e Maddy.
Bill si voltò velocemente per guardare alle sue spalle, ma non c’era nulla. Si rivoltò e vide di nuovo quel grugno peloso e cattivo e capì che era dentro il vetro. Come non lo sapeva, ma le cose stavano così.
Poi una mano-o meglio- una zampa, sottile come un ramo secco, che si allungò verso Maddy. Sembrava volerla afferrare e Bill fu preso dal panico. E se ci fosse riuscito?
“Maddy!” gridò.
Lei alzò gli occhi perplessa. “Cosa?”
Istintivamente, Bill afferrò Maddy per un polso e la trasse in piedi e l’attirò a sé, allontanandola appena in tempo dalla vetrina. Il vetro si appannò e quando tornò trasparente la creatura era sparita, ma nelle orecchie di Bill risuonava ancora una specie di stridulo grido di disapprovazione.
Erano ancora stretti in quell’improvviso abbraccio (Maddy molto più consapevole di Bill che i loro visi si trovavano a pochi centimetri di distanza). Lei che lo guardava stupita. Lui che fissava la vetrina con espressione preoccupata e anche spaventata.
 “Ahi!” fece lei ad un tratto Maddy.
“Che c’è?” chiese immediatamente lui, guardandola
“Lo chiedo a te cosa c’è” ribatté la ragazza, scambiandosi con Bill uno sguardo appena, per poi passare a fissarsi interdetta la mano sinistra. “Mi sono fatta male”
Bill guardò la piccola goccia di sangue sul dito indice di Maddy, che fuoriusciva piano da un taglio non molto gande, ma profondo.
“Ti ha preso” mormorò il ragazzo incredulo.
“Come?”
“N-niente. Fa vedere” disse Bill prendendole la mano.
“Non è nulla”
“Come te lo sei fatta?”
“Non lo so. In effetti è strano. Forse mi sono tagliata con la carta. Prima ho sfogliato un libro…però non me e sono accorta”
“Sei sicura?” chiese Bill allontanandosi da lei e dirigendosi verso il punto esatto in cui era prima. Si inginocchiò ed esaminò alcuni volumi. Diede un’occhiata veloce alla vetrina, non riuscendo a reprimere un brivido.
“Quale era di questi?”
Maddy gli si avvicinò e si accucciò accanto a lui. “Quello in fondo, con la copertina blu”
Bill lo prese e se lo rigirò tra le mani. Se davvero Maddy si fosse ferita con il bordo di una pagina avrebbe dovuto esserci una qualche traccia di sangue sul libro, ma non trovò nulla.
Maddy sorrise nel vederlo così preoccupato, senza però cogliere la vera ragione del suo comportamento.
“Non è una novità per me tagliarmi con la carta. Non farne una tragedia”
Bill si voltò verso di lei e fece una smorfia.
“Blondie, non ti succhiare il sangue! E’ disgustoso!”
Rimise a posto il libro e si alzò e lei fece lo stesso osservandolo contrariata.
“Mmm? Ma scusa, brucia!”
“Tieni” sbuffò Bill, prendendo dalla tasca un fazzoletto di carta e stringendolo con forza attorno al dito leso.
“Grazie” disse Maddy con un sorriso timido.
Bill lasciò andare la mani dell’amica e se le rimise in tasca. “Niente. Dovresti disinfettare”
“No, non penso sia necessario”
“Sei certa che sia stato il libro?”
Le sopracciglia di Maddy si aggrottarono. “Bè, credo di si. Non mi viene in mente nessun altro modo in cui potrei essermi tagliata. Non ho toccato nulla di affilato”
Affilato…Esattamente come avrebbero potuto essere le unghie della creatura che lui aveva visto nel vetro.
Forse stava diventando paranoico come diceva Tom, con tutti quei sogni inquietanti che faceva.
No, non se l’era immaginato, c’era eccome! Chissà se Maddy avrebbe creduto alla storia delle bambole che lui e Tom avevano ricevuto in dono...Tom continuava a negare anche davanti all’evidenza. Al ristornate, Bill non aveva osato parlare di nulla con lui, temendo una nuova sfuriata da parte del fratello.
Maddy lo avrebbe preso in giro a sua volta, o sarebbe stata disposta almeno ad ascoltare quel che aveva da dire? L’estate precedente, quando aveva raccontato ai suoi amici della strana voce di ragazza che sentiva nella testa, Maddy non aveva riso.
Tutte queste riflessioni però non portarono a nulla, perché in quell’attimo Gustav li chiamò.
Simone era tornata dalla grotta con una faccia tutt’altro che allegra.
“Niente!” esclamò arrabbiata. “Mezz’ora di fila solo per sentirmi dire che loro si occupano solo della distribuzione dei regali, non della sostituzione, e che dobbiamo rivolgerci alla direzione”
“E non potevano farlo loro?” chiese Tom.
Sua madre si mise le mani sui fianchi-come faceva sempre anche Bill quando era infuriato. Simone odiava la negligenza.
“Gliel’ho detto!” sbottò la donna, rimettendo nelle mani dei figli i due pacchi che avrebbe dovuto restituire. “Invece, a quanto pare, ci toccherà rimanere qui fino all’orario di chiusura, se non oltre, per aspettare di parlare con qualche dirigente” sbuffò spazientita guardando l’orologio. Poi si rivolse a Gustav e Georg. “Ragazzi, sono mortificata per questo inconveniente. Se volete vi riaccompagno a casa”
“No, non si preoccupi” disse subito Georg.
“Si, non fa niente. Aspettiamo con voi” aggiunse Gustav.
“Va bene. Seguitemi allora. Una gentile signorina mia ha detto come raggiungere gli uffici privati del direttore”
La signora Kaulitz cercò di fendere la ressa sempre più frettolosa che ora si accalcava verso le porte d’uscita.
In quel momento, un uomo molto corpulento avanzò verso di loro, controcorrente rispetto alla folla, tenendo fra le braccia, in precario equilibrio, molti pacchetti e borse.
“Permesso. Scusate. Permesso” borbottava.
Purtroppo, il fondo di una delle borse cedette, sparpagliando tutto il suo contento a terra.
“Ma per tutti i diavoli dell’inferno!” tuonò l’uomo.
Alcune persone si voltarono, altre si avvicinarono per aiutarlo. Nel frattempo, quello strambo individuo stava cercando di chinarsi per recuperare ciò che gli era sfuggito, ma così facendo peggiorò soltanto la sua situazione, inciampando e cadendo a sua volta.
Fortunatamente, non ci furono danni per nessuno. Né uomo, né regali. Molti cominciarono a ridere, aumentando così il gruppo di curiosi.
L’uomo si voltò verso le persone che lo stavano aiutando a mettersi in piedi, ringraziando, e poi scoppiando in una fragorosa ristata.
“Per tutti i diavoli dell’inferno!” ripeté. “Ho fatto proprio un bel tonfo!”
“Poverino si sarà fatto male?” chiese Maddy ad alta voce, alzandosi sulla punta dei piedi per vedere meglio.
Uno strano ronzio cominciò a farsi strada nella testa di Bill, insistente. La sensazione di essere sul fondo del fiume tornò forte come non mai quando gli occhi dell’uomo si posarono un istante su di lui. Gli sembrò quasi che gli avesse sorriso direttamente.
“Bill” chiamò una voce lontana.
Il ragazzo si voltò. “Hai sentito?” chiese ansioso a Tom, che si trovava accanto a lui.
“Cosa?” rispose l’altro confuso.
Bill non gli rispose, ma continuò a guardarsi intorno freneticamente. Poteva essere stata sua madre a chiamarlo, o Maddy…le loro figure, come quelle di Gustav e Georg, si stavano facendo sempre più distanti.
I gemelli, stretti l’uno vicino all’altro, vennero sommersi dalla folla, scivolando lontano dai loro cari, come se qualcuno li sospingesse all’indietro, e loro non potevano far altro che lasciarsi trasportare dall’onda.
Sentivano la risata dell’uomo. Tom gridò “Aspettateci!”, ma non servì a nulla.
L’ultima cosa che udirono fu la voce di Simone che li chiamava: “Bill! Tom! Dove siete?”
Ma loro due erano già sulla strada, all’esterno delle porte principali dei grandi magazzini. Una brezza gelida li colpì in viso quando uscirono. Ormai era buio. La calca della via principale del centro non li aiutò di certo. Cominciarono a  camminare per cercare di tornare dagli altri, ma si accorsero ben presto di stare allontanandosi. Com’era possibile, questo non lo sapevano, dato che erano sempre andati dritto.
Le  luci intermittenti tutto intorno erano accecanti, ma non sembravano più così allegre come erano state. Il cielo oscuro era privo di stelle. Ma niente sembrava mutato. I visi delle persone erano allegri e dai negozi ancora aperti provenivano le gioiose musiche del Natale.
Bill si afferrò ad un tratto la testa tra le mani. “Basta! Smettila!” esclamò forte, serrando gli occhi.
“Che c’è?” chiese Tom allarmato.
“E’ la voce! Mi rimbomba nelle orecchie! Urla cose che non riesco a capire! E’ insopportabile!”
Era come avere il rimbombo di una cannone mischiato a un sibilo acuto dentro la testa, ma non riuscì a spiegarlo.
“Coraggio, torniamo a casa” disse Tom, che cercava di dare a vedere il meno possibile quanto era preoccupato.
Bill aveva il respiro affannoso. “E se non ci riuscissimo?”
“Non dire scemenze!” ribatté il rasta con sguardo duro. “Dai, andiamo”
Tom prese Bill per un braccio, ma si accorse di essere stato afferrato a sua volta. Si voltò rapidamente e scorse dietro di loro l’uomo corpulento che avevano veduto ai grandi magazzini.
“Dove correte, miei cari gemellini?”. Sul suo volto era apparso un ghigno malefico, gli occhi glaciali sembravano ipnotizzare Tom.
“Corri!” gridò Bill al fratello, risvegliandolo da quell’attimo di trance.
Tom strattonò con tutte le sue forze il braccio e lo liberò con gran fatica dalla morsa ferrea dello sconosciuto.
I due ragazzi si fecero strada tra la folla, sgusciando tra la gente, scostando gomiti e spalle sconosciuti, gli occhi fissi sull’asfalto per non rischiare di inciampare in tutta quella confusione. La risata echeggiante dell’uomo ancora nelle loro orecchie.
Quando smisero di correre, si trovarono in una strada a loro sconosciuta, o almeno così gli pareva. Era una stradina stretta e buia. L’unica illuminazione erano i lampioni che proiettavano ombre sinistre sul marciapiede. Rispetto al centro di Magdeburg, qui regnava il completo silenzio, quasi come se non ci abitasse nessuno.
Si erano persi.
Le loro menti chiedevano aiuto, ma le labbra erano serrate e non lasciavano fuoriuscire una minima parola. Lo scalpiccio dei loro passi fu disturbato solamente una volta dal cigolio di una saracinesca che veniva sprangata.
Bill sussultò. Tom gli scoccò un’occhiata in tralice e poi aspettò che il silenzio fosse tornato prima di aprir bocca.
“E’ tutta colpa tua, lo sai vero?”
“Come scusa?”
Tom alzò gli occhi al cielo. “Non far finta di non capire. Se ci troviamo in questa assurda situazione è solo ed esclusivamente colpa tua!”
“Io non ho fatto proprio niente!” si difese Bill, offeso.
“Si invece! Tutto il tuo assurdo parlare di maghi, stregoni, sogni e voci nella testa! Mi stai suggestionando! Finirò per credere anch’io a queste stupide storie di fantasmi, se non la smetti!”
“Stai dando la colpa a me perché hai paura?” chiese Bill, non senza poter reprimere un mezzo sorriso.
“Io non ho paura!”
“No, certo che no! Se non ne avessi non mi avresti accusato ingiustamente”
“E’ che con le tue continue cavolate nelle orecchie, uno comincia a pensare…”
“A cosa?”
“A…non lo so a cosa! Forse a un mucchio di cose e, nello stesso tempo, a nessuna in particolare. Solo che mi vengono i brividi! Ed è colpa tua”
Bill rise apertamente stavolta.
“Lo trovi divertente?!” sbottò Tom fermandosi a fianco a lui.
“Si” ammise il moro. “Scusa, è che non è da te spaventarti così”
“Ti ho già detto che non…”
“Hai paura. Lo so. Parlavo ipoteticamente”
Tom gli lanciò un’altra occhiataccia  e poi, scuotendo il capo, ricominciò la sua camminata verso in nulla.
“Quindi..” ricominciò Bill. “Non hai assolutamente pensato a che potremmo esserci persi?”
“Certo che ci ho pensato e mi pare ovvio. Non sappiamo dove siamo, ma troveremo la strada di casa in un modo o nell’altro. Non siamo bambini, ce la caveremo benissimo”
Ma non era tanto il fatto di essersi persi, perché Tom aveva ragione, la strada prima o dopo l’avrebbero trovata.  Non era nemmeno il fatto di essere piccoli o grandi. Era l’incertezza su cosa sarebbe capitato nel lasso di tempo che divideva il momento dello smarrimento a quello di ritrovarsi a casa. Al sicuro.
“E se non riuscissimo più a tornare?” chiese Bill, ora con voce profonda e seria. Non aveva più nessuna voglia di ridere.
“Parlando ipoteticamente?” chiese Tom incerto.
Bill lo guardò “Si, ovvio. Ipoteticamente”
“Ok…Non lo so. Intendo dire che non so cosa faremo”
Passò ancora qualche istante e poi Tom parlò di nuovo.
“La voce ti ha parlato veramente?”
Bill aspettò prima di rispondergli. Gli scottava ancora l’essere stato preso in giro, per lo più da suo fratello, la persona che per lui valeva di più di qualsiasi altra cosa al mondo.
“Si” mormorò poi.
“E che ti ha detto?”
“Non sono riuscito a capire”
“Ma chi è? Ti ha mai detto il suo nome?”
Bill scosse la testa. “Però è una voce di ragazza”
“Forse cercava di avvertirti dell’arrivo di quel tizio” provò Tom, senza guardare il fratello. “Voglio dire, quell’uomo che era anche agli Alle Center”
“Forse” rispose Bill con un sorriso. “Tom, stai cercando di farti perdonare per non avermi creduto prima?” scherzò.
“No!”
Si fissarono. Bill sembrava voler sfidare Tom e fargli ammettere che aveva avuto ragione fin dall’inizio di quella lunghissima giornata. Anzi, da molti mesi prima. C’era qualcosa nell’aria e ora lo sentivano più chiaramente di prima.
“La colpa non è tutta tua, Bill” disse il rasta a un tratto, abbassando lo sguardo sulla borsa con l’effige degli Alle-Center che teneva ancora in mano.
“Che vuoi dire?” chiese Bill perplesso.
“Odio questa bambola”
Bill sospirò. “Anch’io odio la mia”
Un fremito percorse le loro braccia, come se avessero la pelle d’oca, anzi, molto di più. Come se avessero preso una scossa solo sfiorando con le mani quei pacchi contenenti la vera fonte di tutti i loro guai.
Si scambiarono uno sguardo ansioso, capendosi al volo.
“Sanno quel che pensiamo” mormorò Bill a voce più bassa “E’ come se fossero possedute da uno spirito”
Tom non parlò, sperando in cuor suo che fosse tutto un sogno, che tra poco avrebbe sentito l’auto del padre uscire in strada, la mamma che gli diceva di alzarsi per andare a scuola, perché come al solito era in ritardo. Ma non era un sogno, era tutto reale e che gli piacesse o no, c’era dentro fino al collo.
“Non essere ridicolo, Bill! Non ti sembra di esagerare adesso?”
“Ma scusa, non hai appena detto che cominci a crederci anche tu?”
“Non l’ho detto!”
“Ma l’hai pensato!”
“Potremmo esserci sbagliati!”
“Ma possono essere stregate!”
“Sono solo bambole!”
“La magia esiste, Tom!”
“No, non è vero!”
“Si, invece!”
“No!”
“Si!”
 “Piantala!”
La discussione avrebbe potuto andare avanti all’infinito, ma era straordinario sentire come la paura si fosse dileguata per un solo attimo di normalità. Per un attimo, litigare sembrò quasi rassicurante. Ma ben presto, l’ansia crebbe di nuovo dentro di loro.
“Non dobbiamo discutere” disse Bill. “Dobbiamo cercare aiuto”
“Prima dobbiamo liberarci di queste bambole. Stregate o non, io non le voglio più vedere in vita mia!” esclamò Tom con sicurezza.
Bill gli restituì uno sguardo determinato, annuendo. Estrasse dalla borsa il pacchetto e la bambola sembrò rimandargli uno sguardo furente e maligno. Una sdegnosa principessa che lo sfidava a gettarla nella spazzatura.
Bill la tirò fuori dalla scatola e la fissò a sua volta.
“Non mi importa se vale un sacco” mormorò, poi si avvicinò al cassonetto della spazzatura più vicino e fece per buttarla dentro insieme a tutto il resto che le apparteneva.
Voleva gettarla, ma qualcosa lo trattenne dal farlo. Il braccio, ormai alzato nel gesto di lanciarla nel cassone, si riabbassò lento e Bill si sentì pervaso da un’ ipnotica sensazione che non gli permetteva di staccare gli occhi e le mani dalla bambola di porcellana. Le dita si irrigidirono serrandosi sulla stoffa verde dell’abito e la bambola.
Quello che avvenne dopo lasciò Tom a bocca aperta. Se aveva ancora dei dubbi, svanirono in quel preciso momento.
La bambola allungò le braccia sottili verso Bill. Lentamente, le sue delicate dita circondarono come piccoli tentacoli il collo del ragazzo e lo strinsero sempre più forte.
“Lo sta strangolando!” furono le uniche parole che la mente di Tom riuscì a gridare.
Stordito e incapace di reagire, il ragazzo poté solo guardare il fratello accasciarsi in ginocchio sul marciapiede.
“Non vi faremo del male” Tom sentì Bill sussurrare. “Non lo faremo mai più. Ci prenderemo cura di voi. Promesso”
Non era la voce di Bill, non era il suo tono naturale. Era starno, capace di convincere chiunque l’ascoltasse. Tom ebbe ragione di credere che fosse stata la voce amica di cui il gemello parlava ad aver detto quelle frasi tramite Bill.
Piano, simili a piccole radici che si ritraggono dalla terra, le dita della bambola si dischiusero e lasciarono andare il ragazzo. Era di nuovo immobile, come un semplice giocattolo.
Tom percorse immediatamente i pochi passi che lo separavano da Bill e lo prese per le spalle.
“Stai bene?!”
Bill emise un paio di colpi di tosse massaggiandosi il collo. “Credo di si”
“Ma cosa è successo? Dimmi che ho avuto un’allucinazione! Quella bambola ha tentato davvero…?”
Tom non finì la frase, perché Bill annuì gravemente.
“Ora mi credi?” scandì il moro con decisione. Ma non era un tono del tipo ‘te l’avevo detto’, somigliava più a un sospiro di sollievo per aver finalmente qualcuno con cui condividere un segreto tanto grande e troppo gravoso. “Sono malvagie, Tom! Ci faranno del male se tentiamo di liberarcene”
“E allora che facciamo?” chiese Tom in preda alla frustrazione.
“Niente”
“Niente?” gli occhi castani di Tom si spalancarono colmi di incredulità. “Come sarebbe niente? Dobbiamo aspettare che ci ammazzino?!” esclamò furente.
“La voce ci aiuterà”
“Bell’aiuto! Non ha nemmeno una forma umana! Come pensa di fare, sentiamo?”
“Prima ce l’ha fatta, no?” rimbeccò Bill infastidito. “Dobbiamo fidaci di lei!”
“Tu hai troppa fiducia”
Tom lasciò andare il fratello e si allontanarono da quel tratto di strada deserto, di nuovo con le rispettiva bambola in mano, cercando di individuare la strada giusta da percorrere per tornare a casa.
“Anche stamattina, in cucina, e la scorsa estate” disse Tom, “era sempre lei che ti parlava”. Non era una domanda.
“Si” rispose semplicemente Bill con voce ancora un po’ roca.
“E che cosa ti ha detto?”
“Che c’è un pericolo che incombe su Magdeburg, ma non è mai riuscita a spiegarmi tutto nei dettagli. Sembra sempre che ci sia qualcosa, o qualcuno, che glielo impedisce. Che non vuole che parli. E dice di stare alla larga dalla mostra di antiquariato, perché è pericoloso”
Il vento portò l’eco di una risata e la fece rimbalzare sulle facciate degli alti palazzi attorno a loro. I passi dei due ragazzi sembravano ora troppo rumorosi, e sembrò anche che dietro di loro ci fosse qualcuno che li seguiva. Più volte si girarono per guardarsi alle spalle, ma non videro nessuno. Non c’era anima viva in quelle strade, come se tutto il mondo fosse stato chiuso fuori. Ma le ombre parevano rincorrerli, avvicinarsi sempre di più per inghiottirli.
Bill e Tom avevano continuato a camminare e sapevano che anche volendo non avrebbero potuto fermarsi o tornare indietro, perché erano le bambole a guidarli.
Finalmente si fermarono. Davanti a loro c’era un’alta costruzione circolare, col tetto piatto e l’ingresso fiancheggiato da eleganti colonne, circondata da aiuole sagomate a forma di stelle e mezza luna. Il sentiero libero davanti a loro era inondato da una luce dorata proveniente dalla porta principale, aperta. Sembrava che l’intero edificio li stesse attendendo.
“E’ il Municipio” disse Tom, sentendosi rabbrividire. “Dove c’è la mostra di antiquariato” aggiunse subito, volgendosi a guardare Bill, che aveva gli occhi fissi sulla facciata principale del Municipio, le labbra serrate, la mascella contrata. Sembrava stesse cercando di reprimere un grido.
“Dobbiamo entrare?” chiese Tom titubante.
Bill deglutì più volte prima di rispondergli. “Non abbiamo scelta”
Avanzarono riluttanti, ma senza poter fare altrimenti. Erano trascinati avanti da un filo invisibile che li legava alle bambole, e le bambole volevano entrare là dentro.
Passo dopo passo, entrarono nell’atrio semi buio, e poi avanti ancora, fino a raggiungere la zona illuminata.
Bill sentì un bisbiglio appena accennato nella testa. Di nuovo la voce che cercava di aiutarli. Più che capire ciò che diceva, lo percepì.
“Non varcare quella porta, Tom! Resisti! Non dobbiamo dirigerci verso la luce! Dobbiamo andarcene!”
Ma Tom era preda dell’invisibile calamita che continuava a trascinarli, finché la luce brillò sui loro visi, avvolgendoli, talmente accecante dopo l’oscurità della strada da costringerli a farsi scudo agli occhi con le mani.
Si inoltrarono le corridoio oltre l’atrio, lo percorsero fino in fondo, dove c’era una porta socchiusa. Questa però, non appena le furono davanti, si aprì per invitarli a entrare.
“Buonasera, mie cari gemellini” disse una voce.
Il cuore dei ragazzi si fermò al suono di quella voce. Non avevano bisogno di voltarsi per sapere chi aveva parlato.
“E’ lui!” fece Bill in un soffio appena udibile. “L’uomo del sogno. L’atra voce, Tom! Quella che mi costringe ad andare verso il fiume”
“Ne sei sicuro?”
“Assolutamente!”
Sembrava assurdo a Tom, ma Bill non avrebbe mentito. Il fatto era che quella voce apparteneva anche all’uomo corpulento incontrati ai grandi magazzini.
E infatti, davanti a loro si presentò proprio lui. Ma aveva un aspetto diverso, meno sgradevole. Non arrancava nella loro direzione con passo incerto, tutt’altro! Aveva un portamento più sicuro e i suoi occhi erano limpidi come laghi ghiacciati. Il sorriso ebete gli era sparito dal volto facendo posto a un sorriso freddo e crudele.
L’uomo allargò la braccia. Bill e Tom erano immobili, mentre egli avanzava per accoglierli.
“Benvenuti alla mia mostra” disse compiaciuto.
 
 
 

 
Eccomi con il nuovo capitolo!
Cominciano a smuoversi le acque, visto? Cosa succederà adesso ai nostri adorati gemelli? Leggete e saprete ;-)
Ringraziamenti di cuore ad
Aduzza_TK, Evangeline143, IwillN3v3rbEam3moRy, moon queen e ZoomIntoMe.
Un baciotto.
Susan
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 6: Solquest, lo Zentyre ***


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Capitolo 6:

Solquest, lo Zentyre


Si trovavano nel salone del Municipio. Le pareti erano coperte di pannelli di legno scuro, e sulle pareti facevano bella mostra di sé ritratti di personaggi importanti nella storia e c’erano anche delle belle statue. Ma su tutto dominava la mostra d’antiquariato: telai e filatoi in legno, quadri, grandi e piccoli, dentro cornici finemente ricamate, tricicli di legno, carrozzine altissime, culle, trottole, cavalli a dondolo e una magnifica altalena. C’erano antichi strumenti musicali, come un’organetto, carillon riccamente intagliati, un meraviglioso pianoforte a coda, un’altissima arpa, un liuto, una fisarmonica e una collezione di strumenti a fiato e ad archi. E poi c’erano altri giocattoli, giocattoli di uno splendore da lasciare senza fiato chiunque.
Le bambole erano raggruppate esattamente al centro della sala. Ognuna era sistemata, in piedi o seduta, su un piedistallo ricoperto di velluto nero. Erano disposte in cerchi concentrici, ad altezze diverse, ed erano illuminate da faretti. Molti piedistalli erano vuoti e  Tom e Bill ebbero l’impressione che fosse esposta solo una metà della collezione. Quelle bambole, esattamente come quelle che tenevano in mano, avevano qualcosa di strano. Di strano e straordinariamente vivo. Infatti, l’apparente silenzio del salone era disturbato da un brusio crescente, come se le bambole bisbigliassero tra loro. Rumore che si spense immediatamente alla comparsa dell’uomo dei grandi magazzini.
“Belle, non trovate?” chiese, come se i due ragazzi fossero venuti per visitare la mostra ed egli gli stesse mostrando con orgoglio i suoi tesori.
Bill e Tom guardarono più attentamente le bambole, e notarono anche un’altra cosa. I piccoli volti che li osservavano dai piedistalli non erano freddi e impassibili come le loro. Negli occhi, fissi sui due ragazzi, avevano un’espressione sofferente, angosciata. Una cascata di emozioni che i due gemelli comprendevano perfettamente: terrore, disperazione.
All’improvviso, dal pavimento si levò un fruscio e Bill e Tom provarono il desiderio di fuggire e gridare. C’erano altre bambole che li osservavano, radunate attorno all’uomo, e gli rivolgevano sorrisi compiaciuti e maligni che destarono nei due gemelli un enorme repulsione. Le bambole che circondavano l’uomo li fissarono un istante, poi scoppiarono a ridere: risate gorgoglianti, più simili al rumore di un sasso gettato in uno stagno putrido. E allora Bill e Tom capirono, o credettero di capire. Sembravano bambole, ma in realtà erano vive, fatte di carne e di sangue.
“Bentornato, mio Zaninone” disse l’uomo alla bambola di Tom, prendendogliela dalle mani. Il ragazzo non si era neppure accorto che quel tipo si era avvicinato, tanto era il suo stupore per la scena che gli si era presentata davanti.
Bill invece aveva fatto istintivamente un passo indietro, ma l’omone aveva preso anche la sua di bambola, per poi posarle tutte e due sul pavimento accanto alle altre. Poi tornò a guadare i due ragazzi.
“Permettete che mi presenti. Il mio nome è Solquest, il grande Zentyre. Non badate a questo ributtante travestimento”. Indicò la propria pancia come se fosse una parte spregevole ma indispensabile della sua persona. "Forse è opportuno che cambi il mio aspetto".
Fece un gesto flessuoso con la mano, passandosela davanti al viso una, due, tre volte, e questo comincio a cambiare. L’immagine del grassone cominciò lievemente a incresparsi come riflessa in una pozza d’acqua. Si alzò un forte vento, che portò odore di mare e alghe, e sotto gli occhi increduli dei due ragazzi, apparve un uomo alto e snello, avvolto in un lungo e pesante mantello nero con cappuccio. Aveva pelle chiarissima, liscia come velluto, i capelli e la barba lungi, neri e lustri come penne di corvo. I suoi occhi, freddi e scintillanti come un lago ghiacciato, erano quasi bianchi, e parevano trapassare cose e persone e vedere tutto, anche le cose più piccole e remote La sua voce era ipnotica, come se non si potesse fare a meno di ascoltarla e di obbedire ai suoi comandi.
Bill lo guardava a occhi sbarrati e per un istante la paura lasciò il posto alla curiosità. “Conosco le tue leggende. Ho letto molte storie su di te, ma…non credevo realmente alla tua esistenza”
Solquest fece una smorfia che avrebbe dovuto essere un sorriso. “Tu sai molte cose, ragazzo mio. Sei intelligente”
Per un istante tormentoso, Tom pensò che Bill stesse per rispondergli a tono. Ma già l’uomo non badava più a lui. Con un ampio gesto del braccio indicò l’esposizione di bambole.
“Basta con le sciocchezze. Qui, nella vostra bella Magdeburg sono conosciuto come il signor Faust. Herman Faust. Non è stata una bella trovata? Oh, io penso di si. Chi potrebbe sospettare di me e del mio travestimento?”
Dalle bambole ai suoi piedi giunsero dei rivoltanti risolini di approvazione e i loro occhi lo fissarono adoranti e luminosi.
“Quelle chi sono?” chiese Bill senza potersi fermare, indicando le bambole.
“Loro, dici? Zaninoni. I miei fedeli servi. Voi conoscete gli Zaninoni?” chiese Solquest rivolto a entrambi i gemelli. Loro non risposero, ma lo stregone sapeva già la risposta.
“Tu no, non te lo ricordi anche se potresti aver letto qualcosa a proposito” disse rivolto a Tom, che non replicò. “Ma tu si, invece. Dico bene?”
Bill gli rimandò uno sguardo a metà tra l’impaurito e il determinato. “Sono creature delle tenebre. I servi prediletti di ogni Zentyre. Se non sbaglio, ne ha a disposizione un centinaio e sono indispensabili per la sua sopravvivenza. Si dice che siano talmente brutti, talmente spaventosi che se si specchiassero in una pozza d’acqua, il loro riflesso griderebbe di terrore. Ma per quanto brutti sono anche molto furbi. Possono assumere diverse forme, infestare i sogni delle persone tramutandoli in incubi. Possono diventare tutto ciò che lo Zentyre che servono desidera. Scavalcare d’un balzo le montagne, correre più veloce del vento. E finchè ci saranno Zentyre , ci saranno Zaninoni, pronti a servirlo”
Tom guardava suo fretello allibito. Dove le aveva tirate fuori tutte quelle cose?
Solquest sembrò compiaciuto e rise battendo le mani.
“Mi congratulo, ragazzo. Ne sai più tu su di loro che gli Zaninoni stessi. Ma ad ogni modo, sono venuto qui con uno scopo ben preciso. Uno scopo che conoscerete a tempo debito. Per attirare le prede occorre un’esca. Non è vero, miei cari?”
Le creature simili a bambole gorgogliarono il loro assenso. Solquest continuò.
“E quale esca migliore di una sala piena di giocattoli e oggetti di ogni svariato tipo, che possano accontentare le esigenze di tutti? Oh, si, ha funzionato bene. Benissimo! Sono arrivati di corsa a vedere la mia esposizione, e io ho scelto quelli che mi servivano”
Indicò il centro della sala e le bambole sui piedistalli chinarono la testa.
“Altre cinquanta e sarò a posto” disse a bassa voce, più a se stesso che a loro. “Non è stato difficile”. All’improvviso allungò una mano e afferrò Bill per il collo. Al suo tocco, il ragazzo si sentì percorrere la schiena da un brivido. Sentì le fredde dita della morte su di lui, che facevano una lieve pressione sulla pelle.
“Non avvicinarti a mio fratello, bastardo!” esplose Tom, lanciandosi verso l’uomo.
“Come osi rivolgerti in questo modo a me!” esclamò Solquest. Alzò la mano libera e un’ondata di aria gelida investì Tom in pieno, lasciandolo senza fiato e scaraventandolo sul pavimento, facendolo scivolare per alcuni metri.
Come se non fosse stato interrotto, Solquest riprese il suo discorso.
“Pensavo di non fare alcuna fatica a mettere in atto i miei piani. Tutto sembrava filare liscio… Ma tu, Bill! Tu non sei venuto qui di corsa. Tu hai cercato di rovinare il mio grande piano. E pensare che voi gemelli siete proprio il pezzo forte della collezione…” Solquest si voltò a guardare Tom, che era di nuovo in piedi, immobile, pochi passi dietro il fratello. Poi si volse di nuovo verso Bill.
“Perché non volevi venire? Che magia possiedi, per sfidare il volere di Solquest?”
Bill si divincolò, liberandosi e si massaggiò il collo, nonostante non sentisse dolore.
“Mio padre chiamerà la polizia e la farà arrestare”. Parlò col suo tono più altezzoso e Tom si sentì vagamente rincuorato, anche se dietro quelle parole di sfida si avvertiva la paura. Gli zaninoni scoppiarono a ridere.
Solquest sorrise e il liscio viso perfetto venne intaccato da lievi rughe. “Hai ragione, mio caro”.
Alzò lo sguardo e fissò un punto alle loro spalle, uno sguardo che trapassava i muri di pietra dell’edificio. “Già, adesso vedo la polizia che vi cerca. Oh, già! Vedo vostro padre. Pover’uomo. Oh, come piange”.
I due fratelli si strinsero l’uno vicino all’altro, cercando di mantenere un’espressione sicura, ben sapendo che sarebbe stato inutile provare a ingannare lo Zentyre.
“Ma tanta agitazione non sarebbe stata necessaria se foste accorsi al mio primo richiamo”. Indicò le bambole sui piedistalli. “E’ stato facile catturare loro” disse con voce sprezzante. “Troppo facile. Ma catturare voi due e i vostri amichetti, Bill, non è stato facile affatto. Perché ti sei apposto al mio richiamo?”. Di nuovo le sue dita si serrarono su di lui, ma stavolta attorno a un braccio.
Bill cercò di ritirarsi, ma non aprì bocca.
Solquest si voltò verso Tom. “E tu! Ho visto la tua faccia trasformata dall’eccitazione. La tua ira traeva vigore dalla mia energia. Non ti ha meravigliato il potere della tua collera, quando hai colpito tuo fratello? Si, mio caro Tom, l’hai colpito con la forza di Solquest lo Zentyre”.
“Come lo sai?” chiese Tom quasi senza voce.
“Io so tutto quello che accade quaggiù. Perché Magdeburg è la mia città”
Tom si ricordò i sentimenti di quella mattina. Prima l’euforia per la mostra e poi l’ira che era esplosa in lui quando Bill aveva rifiutato di andarci. Si ricordò il terrore provato nella grotta di Babbo Natale e la sensazione di essere solo, sperso in mezzo alla folla. Gli sembrava che da allora fosse trascorso un tempo incommensurabile.
Di nuovo Solquest si voltò verso Bill e scosse impaziente la testa. “Ma non importa. Non sei riuscito a resistermi a lungo. Ti ho chiamato di nuovo e non avevi speranze di sfuggirmi, una volta che il mio incantesimo avesse fatto presa su di te”
Guardò uno alla volta i due fratelli e il suo sguardo si incupì. “Per un breve istante ho creduto che anche tu, Tom, ti opponessi al mio volere, ma evidentemente il tuo potere non è ancora forte come quello di tuo fratello gemello. Ho sempre avuto timore delle persone come voi. Esseri umani dall’aspetto identico…Avete un legame molto forte, ma non è niente che io non possa spezzare” Sorrise di nuovo, il volto non più adombrato da quel velo di leggero timore. “Quelle che avete sentito su di me erano soltanto stupide storie. Niente a confronto della vera magia zentyre. Guardate!”
Schioccò le dita. A Tom e a Bill venne  in mente il crepitio di un ramo  secco che si spezza. Davanti a loro comparve una vasca colma di un liquido misterioso. Il liquido cominciò a ribollire e dalla sua superficie si levò una foschia che si estese fra loro e Solquest. E attraverso quella cortina nebbiosa gli sembrò di scorgere per un istante fulmineo il riflesso di un mostro; non l’uomo giovane e flessuoso che era davanti a loro, ma la figura come di una mummia, la pelle avvizzita e giallastra. Ma un attimo dopo era scomparsa.
Le lunghe dita sottili dello zentyre tenevano sollevate le due bambole sopra la polla, che sibilava e gorgogliava, ed emetteva bagliori nella nebbia.
Tom e Bill ebbero la sensazione di sollevarsi dal suolo,là, in mezzo alla nebbia. Poi davanti a loro apparve un’isola. Videro lo zentyre che, vestito di una lunga tunica bianca, stava eretto a bordo di una immensa nave, che si muoveva e cambiava rotta ad ogni lieve gesto della mano di Solquest. Era sicuramente pilotata dalla magia. La nave attraversava la nebbia e approdava sulla riva del fiume Elba. Pareva conoscerlo palmo a palmo, le correnti  nascoste, i pericoli sommersi. Sul ponte scorrazzavano piccole creature grigie e marroni, coperte di peli ispidi. Come altezza sarebbero potuti arrivare al ginocchio di un ragazzo. Avevano braccia e gambe sottili e fragili come rami secchi. Mentre camminavano- dritti sulle zampe posteriori-ondeggiavano maldestramente. Gli occhi erano grandi, acquosi e cattivi, dalle iridi rossastre. Tenevano perennemente il muso in alto e, con il lungo naso appuntito, fiutavano continuamente il vento, come per scoprire eventuali pericoli per il loro padrone. Ma la loro parte più spaventose era la bocca, che esibiva solo due incisivi affilati come pugnali. Le creature parlavano coi toni rochi e gorgoglianti delle bambole ora sedute, come pazienti soldati, ai piedi di Solquest.
 “Avete già fatto la conoscenza dei miei Zaninoni” disse Solquest indicando, in mezzo alla nebbia, il ponte della nave. “Ecco come sono in realtà. Avevi ragione Bill, sono davvero spaventosi”
“No!” ansimò Tom. “Non ho mai visto niente di così terribile in vita mia”
Solquest scoppiò a ridere. “Vedrai di peggio, mio caro” assicurò. “Attenzione ai loro incisivi, comunque: stilano una bava avvelenata…” Soppesò le parole per vedere che effetto potevano fare sui due ragazzi. Un ghigno gli si aprì in faccia quando i fratelli cominciarono a correre verso l’uscita.
Le mani di Solquest attraversarono la nebbia e le bambole ai suoi piedi scattarono verso i gemelli. Le porte del municipio si sbarrarono, le finestre si sigillarono e ogni via d’uscita fu loro preclusa.
Tom e Bill arrivarono proprio in quell’attimo davanti al portone afferrandone la maniglia, ma troppo tardi.
“NO!” gridò Bill.
“Oh, cavolo!” fece Tom voltandosi.
Davanti a loro la porta era chiusa e dietro di loro, tante piccole creature pelose che presero a saettare contro i ragazzi una lingua lunga e sottile, simile a una frusta. Le bambole avevano ripreso il loro vero aspetto ed erano tornate ad essere Zaninoni.
Quelli si strinsero sempre più attorno ai ragazzi, tanto che Bill e Tom si ritrovarono schiena contro schiena.
“Non fargli capire che hai paura, Tom” gli disse Bill a bassa voce “Fa come ha fatto con tutti gli altri. Vuole dominarci con la paura”
In un batter d’occhio le creature svanirono e ricomparvero le bambole. Anche la visione dell’isola svanì, ma la nebbia li avvolgeva ancora. Anche correndo via era impossibile sottrarsi ad essa.
Solquest arrivò vicino a loro dal fondo della sala, scuotendo il capo con rammarico. Mentre camminava, la nebbia lo avvolgeva e investiva di nuovo Tom e Bill con la sua magia.
“E’ inutile, tanto non potete sfuggirmi”
Nelle profondità di quella bruma fredda e appiccicosa videro volti spaventati e in lacrime, e braccia tese nell’oscurità. Tom vide se stesso e Bill. E vide altre facce conosciute di compagni di scuola e ragazzi del quartiere. Tutti, ne era certo, erano al disotto dei diciotto anni. La nebbia s’infittì e le ombre scomparvero.
La voce profonda di Solquest si levò in un canto sommesso in una lingua a loro incomprensibile. Poi abbassò lentamente le due bambole- quella che era stata data a Tom, col vestito d’argento e i capelli biondi, e quella di Bill, col vestito verde e i capelli neri- fino a immergerle nella polla ribollente che era apparsa ai suoi piedi. Questa sibilò e gorgogliò freneticamente per un momento e poi divenne immobile come uno specchio. La nebbia cominciò a dissolversi, ma ancora per un po’, le bambole immerse nel liquido verde restarono invisibili. Poi, quando anche l’ultimo viluppo di nebbia svanì, qualcosa, o qualcuno, emerse dalla polla. Un velo d’acqua scorreva su una lunga chioma nera. Bill.
E in quello stesso istante Tom si accorse che Bill non era più al suo fianco. Suo fratello era scomparso e al suo posto c’era la bambola col vestito verde. Ma non aveva più l’espressione malvagia di sempre, aveva il volto inespressivo e immobile come quello di qualsiasi bambola.
Tom concentrò tutte le sue forze in un muta preghiera, chiamando suo fratello. “Bill!… Bill! Ti prego, rispondimi, Bill!” Ma Bill non rispose al suo richiamo.
“Come ti senti a non avere più il tuo fratellino vicino?” chiese Solquest, sorridendo. “Non vi rincontrerete mai più. Sarete divisi per sempre!”
Tom strinse i pugni. Sentì le lacrime affiorare. “No! Non voglio! Non è vero niente!”
Vide poi che un’altra figura stava emergendo dalla polla: prima i capelli biondi, lunghi a rasta, legati in una coda. Tom sentì il proprio corpo irrigidirsi, rattrappirsi, e avvertì un ronzio nelle orecchie, come se la pressione dell’aria stesse aumentando…e poi, di colpo, qualcuno urlò. Un urlo echeggiante di rabbia, un suono gutturale, di dolore. Tom avvertì qualcosa sotto le dita…Si voltò per guardare ma vide solo ombre. Non riusciva a tenere gli occhi aperti. Gli sembrò di volare attraverso un vortice, il vento gli fischiava nelle orecchie, e poi sbatté al suolo. Avvertì un dolore acuto alla nuca: aveva sbattuto per terra, sentiva la fredda erba schiacciata contro la guancia. Non sapeva dove si trovava.
Qualcuno cadde vicino a lui. Tom voleva aprire gli occhi, lo voleva con tutto il cuore, ma era stanco, e aveva sonno, un sonno tremendo. Li socchiuse per un secondo e si accorse che stava stringendo il polso di Bill.
Tom sorrise di sollievo, poi, di colpo, la testa gli ricadde all’indietro e si addormentò.

 
         
Ecco il sesto capitolo! Com’è? Recensite in tantissimi, mi raccomando! Non ho tanto tempo per soffermamri, quindi ringrazio subito:

 
Aduzza_TKAlien__Evangeline143, IwillN3v3rbEam3moRy, e moon queen
 
Grazie infinite e un bacio grande !
Susan <3                                        

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Capitolo 9
*** Capitolo 7: Ritorno a casa ***


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Capitolo 7:

La nascita di uno Zentyre (prima parte)
         

L’urlo di Solquest ancora riecheggiava contro i muri del Municipio. La sua rabbia era quasi palpabile.
Erano riusciti a sfuggirgli. Quei maledetti ragazzini avevano davvero osato mettersi contro di lui, e ora Solquest avrebbe dato loro il benservito.
Gli Zaninoni lo guardavano con riverente timore, aspettando ordini. Dal gruppo si fece largo il più anziano delle creature. Il manto era marrone, la pelle che spuntava nei punti lasciati liberi dal pelo era raggrinzita, segno evidente dell’età avanzata.
“Padrone, ora cosa faremo?” chiese con voce gracchiante.
Solquest alzò una mano inducendo il silenzio. Chiuse gli occhi inspirando a fondo per calmarsi, poi li riaprì e sorrise.
“Irrik, mio fedele Zaninone” disse rivolto alla creatura che stava in piedi dinanzi a lui, torcendosi le lunghe mani rachitiche. “Il nostro compito è divenuto un poco più complicato di quel che credevamo, ma così sarà ancor maggiore la gioia nel raggiungere la vittoria”
Gli occhi grigi dello Zentyre vagarono sui suoi servi. “Torniamo nel salone principale, abbiamo un paio di cose da cambiare nel nostro piano”
Delle voci sommese, impaurite ma con un nota di speranza, si levavano dal brusio del salone dell’esposizione.
“Erano loro, ti dico! Li ho riconosciuti!”
“Si, è vero! Bill e Tom Kaulitz!”
“Loro non li ha presi, possono aiutarci!”
“Silenzio! Insulso ammasso di lacrime!” esclamò Solquest entrando nella stanza e accendendo la luce con un gesto della mano.
La bambole sui piedistalli si zittirono immediatamente. Alcune gemettero di terrore.
Il mago le guardò e poi sorrise di nuovo. Un ghigno malevolo.
“No, no, no, non andrete proprio da nessuna parte, se è quel che sperate, mie belle bamboline. Lo so che quei due ragazzi che avete visto sono scappati, però” aggiunse velocemente, “prima che possano tornare alla loro casa, io manderò due dei miei Zaninoni a prendere il loro posto. Oh, su non fate così” disse, sentendo il brusio ricominciare, spezzato di tanto in tanto da singhiozzi.
“Ma cosa credevate? Che perché loro due sono fuggiti, voi avreste potuto seguirne l’esempio? No…mettetevi in testa che non rivedrete mai più le vostre case e le vostre famiglie. Ora voi appartenete a me. Mi servite, capite?”. Si erse in tutta la sua statura e guardò le bambole trionfante. “So quanto mi odiate. Lo percepisco. So che vorreste scappare di qui, ma siete bloccati sui quei piedistalli e ci resterete. Lo stesso vale per i cari gemellini. Nessuno può sottrarsi alla mia magia. Nessuno.
“Ma ora basta, non posso perdere il mio tempo a parlare con dei giocattoli”
Poi si rivolse all’intero gruppo di Zaninoni. “Assicuratevi che i vostri fratelli siano al sicuro e trovatemi i due ragazzi. Intanto...Ghim e Kurkir”. chiamò.
Due zaninoni dalla pelliccia grigia scura avanzarono con aria mortificata. Reggevano tra le zampe le due bambole che erano state di Bill e Tom.
“Perdonaci, grande signore” disse il primo, porgendo a Solquest la bambola con l’abito verde.
“Li abbiamo portati fin qui, ma erano di animo forte” si scusò il secondo, dopo che ebbe lasciato andare la bambola dal vesto argentato.
“La colpa non è tutta vostra. Ad ogni modo, prenderete ugualmente le loro sembianze, come deciso in origine”
 “Eseguiremo ogni tuo ordine, grande Solquest” esclamarono Ghim e Kurkir in coro.
Lo stregone si inginocchiò e li accarezzò sul pelo irsuto della testa. “Bravi, miei adorati. Ricordate: non importa come vi comporterete. So quanto gli umani vi infastidiscano. Basterà che teniate buone le famiglie quel tanto che basti a non destare sospetti. Quando tutto sarà finito, torneremo a casa tutti insieme”
I due Zaninoni ghignarono il loro assenso, poi Solquest si alzò e con un gesto della mano fece riapparire la Polla di Trasformazione.
“Altri due di voi dovranno prendere la forma di bambole al posto di Ghim e Kurkir” disse lo stregone ai sui servitori in attento ascolto.
Gli Zaninoni si spintonarono, cercando di superarsi l’un l’altro, ma Solquest, ridendo compiaciuto, scelse da sé, additandone due che si staccarono dal gruppo sempre compatto e andando a prostrarsi ai suoi piedi.
“E’ solo per poco, presto sui piedistalli ci saranno i due gemelli” li rassicurò.
Immerse le due bambole nella polla quando questa ribollì. Al suo fianco, i due Zaninoni scelti scomparvero e apparvero di nuovo le bambole, che si alzarono in piedi guardando Solquest con gli occhietti malevoli e eccitati.
Irrik le prese e le asciugò, sistemando loro gli abiti, poi le passò a Solquest che le depose sui rispettivi piedistalli.
“C’è qualcuno che li aiuta, Irrik” disse piano lo stregone, per non farsi sentire dagli altri- sia Zaninoni che bambole- incrociando le braccia sul petto.
“Lo so, padrone. Ma chi può mai essere?”
Solquest continuò a fissare i due volti di porcellana, con sguardo perso la di là di ogni pensiero. “Non lo so ancora, ma lo scoprirò presto”
“Credete che sia…lei?” azzardò Irrik guardando il suo signore con un vago timore.
Solquest gli rimandò uno sguardo impenetrabile che lo Zaninone non riuscì  a decifrare.
“Se così sarà, la cara Elsie sta tentando di sfidarmi ancora una volta, e ancora una volta io vincerò”
 
*
Da quando erano tornati a casa Kaulitz, Maddy era rimasta seduta, immersa in una sbigottita infelicità.
Era seduta accanto a Simone, sul divano del salotto. Gordon era uscito un paio di ore prima, assieme ai padri di Gustav e Georg, nella speranza di trovare i suoi figli. La polizia era stata avvertita immediatamente, e anche alcuni altri vicini si erano uniti ai tre uomini, chi a piedi e chi in auto, per aiutarli nella ricerca dei ragazzi.
Maddy non aveva voglia di parlare con nessuno. Georg e Gustav l’avevano capito ed erano tornati ciascuno a casa propria, facendosi promettere dall’amica che non appena avesse avuto notizie di Bill e Tom sarebbe corsa ad avvertirli.
La ragazza non faceva che pensare a Bill e Tom, alla loro scomparsa, a quando erano stati travolti dalla folla ai grandi magazzini. Tutto era surreale. Solo pochi istanti prima stava parlando con Bill, accanto alla libreria, poi erano spariti, come se l’oscurità della strada e della notte li avesse travolti.
Aveva addosso una spiacevole sensazione. Preoccupazione mista a terrore. C’era qualcosa che non le quadrava. Perché non erano semplicemente tornati a casa? Non era possibile che si fossero persi, non i gemelli, che conoscevano come le loro tasche tutte le stradine e le scorciatoie più nascoste dell’intera Magdeburg. Non erano più così piccoli da non saper ritrovare la via per il ritorno.
Madeline sospirò e alzò la testa verso la madre dei suoi amici. Simone non riusciva a star seduta per più di due minuti. Si alzava e spostava soprammobili, tanto per fare qualcosa, poi correva alla finestra a scrutare nel buio, come se sperasse di vedere i figli ricomparire da un momento all’altro.
Il telefonò squillò, le due sobbalzarono. Si guardarono. Simone prese la cornetta con mani tremanti e l’alzò, mentre Maddy rimaneva rigida e immobile sul bordo del divano, le mani strette in grembo come se stesse pregando.
Quella telefonata l’aspettavano da tutta la sera.
Quando poi Maddy vide la signora Kaulitz chiudere gli occhi e trarre un lungo respiro, cominciò a pensare le cose peggiori. Infine le lacrime, le prime dopo la scomparsa dei figli e poi la sentì ringraziare.
“Finalmente! Grazie! Grazie infinite!” esclamò riattaccando. Andò verso Maddy, che la fissava con gli occhi sbarrati. “Li hanno trovati” la donna la fece alzare dal divano e l’abbracciò forte. “La polizia li ha trovati dieci minuti fa. Stanno bene. Un po’ stanchi, forse. Saranno qui tra pochi minuti. Grazie a Dio!”
Singhiozzava di sollievo e anche Maddy, stretta nel suo abbraccio, era scossa dai singulti. Poi cominciarono a ridere, un riso quasi isterico.
“Gustav e Georg!” gridò la ragazza d’un tratto, liberandosi da Simone e schizzando fuori dalla porta come un razzo.
“Maddy, non uscire così! Ti prenderai un malanno!” le urlò dietro la signora Kaulitz, ma lei non si fermò.
Continuò a correre verso la casa più vicina, quella di Gustav. Non avvertì il freddo, voleva solo condividere con loro la sua gioia.
Bussò alla porta e la signora Shafer aprì trafelata.
“Madeline! E’ successo qualcosa? I ragazzi…”
“Li hanno trovati!” esclamò Maddy con un gran sorriso, ma ancora piangeva.
Alle spalle della signora Shafer fecero capolino i suoi due figli e Georg. Perfino lui aveva gli occhi rossi. Andarono verso Maddy e si profusero in esclamazioni di gioia.
Georg fece un gesto di vittoria col pugno, senza dire nulla. Maddy ebbe il sospetto che se lo avesse fatto si sarebbe tradito e avrebbe pianto.
 “Che cosa ti avevo detto, Blondie?” disse Gustav con il suo solito tono gentile, porgendole un fazzoletto con cui la ragazza si soffiò rumorosamente il naso. “Lo sapevo che quei due sarebbero tornati presto”
Maddy abbracciò lui, poi Georg, e dopo si diressero insieme verso la casa dei Kaulitz.
La notizia del ritrovamento si era diffusa in pochissimo tempo. Gli uomini tornavano a casa e i clacson delle macchine suonavano nella notte. Nel quartiere c’era un’aria allegra e la gente si riversò in strada per festeggiare il ritorno dei ragazzi, nonostante il gran freddo.
Finalmente, le e luci dell’auto della polizia lampeggiarono in lontananza e i vicini proruppero in esclamazioni di gioia. Maddy corse verso il marciapiede seguita da Georg e Gustav, ma più veloce di loro, Simone stava già abbracciando i suoi figli come se non volesse più separarsi da loro. Alla fine, furono i gemelli a divincolarsi per primi.
“Mamma, per favore, non iniziare” sbottò Bill, passandosi una mano sul viso bagnato dalle lacrime materne. “Ci metti in imbarazzo con tutte queste scene isteriche”
Maddy vide la signora Kaulitz fare un passo indietro, stupefatta dalle parole del figlio.
“Tesoro, ero fuori di me dalla preoccupazione. E’ naturale che ti abbracci!”
Maddy fece per stringere a sé Tom, ma lui la respinse. “Piantala Madeline! Lo sai che non sopporto le tue smancerie”
La piccola folla si avvicinò loro, e sui volti dei due gemelli apparve un guizzo di paura e si strinsero di più uno vicino all’altro.
Rifiutarono anche i saluti di Gustav e Georg, ma il fatto più strano accadde quando Scotty, il grande bracco tedesco di Bill e Tom, saltò fuori dalla siepe correndo verso i padroni, con la lingua penzoloni e scodinzolando più che mai.
Tom e Bill lo adoravano letteralmente e lo viziavano nel peggiore dei modi. Ma all’improvviso, quando l’animale fu a pochi passi da loro, le sue zampe si irrigidirono e un ringhio basso e sommesso gli salì alla gola. Piantò gli arti bene a terra e inarcò la schiena, come pronto a balzare.
“Scotty, che hai?” fece Georg allibito, mentre cerava inutilmente di calmare il cane. “Basta, sta buono!”
Ma Scotty non dava segno di volersi muovere, teneva gli occhi fissi su Bill e Tom, che gli rimandarono uno sguardo pieno di disprezzo. Si fissarono ancora qualche secondo, poi Scotty si accasciò a terra, uggiolante, nascondendo il muso nel giaccone di Georg.
“Tieni quel sacco di pulci lontano da noi” lo avvisò Bill con voce gelida.
L’atmosfera allegra era svanita, uccisa degli sguardi ostili che i due ragazzi rimandavano a tutti quanti.
“Siamo stanchi” si giustificò Tom. “Potreste andarvene, per favore?”
Tutti annuirono. Nessuno lo disse, ma furono ben felici di avere la scusa per potersi allontanare.
“Poverini. Devono essere scombussolati” commentò la madre di Georg, dando un bacio sulla guancia a Simone.
“Domattina saranno a posto” si scusò quest’ultima, con la signora Listing ma anche con tutti gli altri che erano accorsi e che avevano aiutato nelle ricerche. “Hanno solo bisogno di fare una bella dormita. Devono essere veramente sfiniti. Grazie a tutti dell’aiuto. Buonanotte”
Gustav e Georg si avvicinarono a Maddy.
“Notte Blondie” disse Gustav sorridendole.
“Ciao, a domani” disse Georg.
“Si, grazie ragazzi. Buonanotte”
Maddy si avviò per ultima verso il cancelletto, e si accorse che Simone stava ancora sulla soglia di casa con la porta aperta.
“Aspetti Gordon?”
“Si. Sta tornando. Gli ho appena telefonato. Era così angosciato…”
“Adesso siamo di nuovo tutti insieme. E’ tutto passato”
Simone sorrise a Maddy e le passò una mano sul viso. “Va dentro, cara. Non vorrai ammalarti proprio durante le vacanze di Natale, vero?”
“No, hai ragione” sorrise la ragazza a sua volta.
Una volta tornati in soggiorno, Simone esaminò i figli attentamente. “Mi sembrate così pallidi e stanchi! Cosa vi è successo agli Alle-Center?”
“La folla ci ha trascinati via” rispose prontamente Tom, scandendo le parole come se stesse leggendo un copione. “Non vi abbiamo più visto e prima di capire cosa fosse successo, ci ervamo persi”
“Abbiamo continuato a camminare finché ci ha raccolti una macchina di pattuglia” terminò Bill, con lo stesso tono del fratello.
Maddy li guardò attentamente. Sembravano davvero molto strani. Bill di solito gesticolava molto quando parlva, invece ora se ne stava in piedi accanto a Tom, lanciando occhiate attorno a sé.
“Ma come avete fatto ad allontanarvi così tanto?” chiese la signora Kaulitz. “Vi hanno tovati nei pressi del Municipio”
Nessuno le rispose,  ma lei rinunciò in fretta. Tutto ciò che le importava era che i figli fossero di nuovo a casa sani e salvi.
“Sarà meglio che andiate a dormire. E’ stata una lunga giornata. Ne riparleremo domani”.
Si avvicinò ai ragazzi per dar loro il bacio della buonanotte, ma loro si ritrassero, inorriditi da quel contatto troppo ravvicinato.
“Non siamo più bambini, mamma! “ esclamò Bill. “Perché non ci lasci in pace e non la piantate tutti di assillarci? Stiamo bene, no? Da come la fai lunga si direbbe che siamo stati via per mesi”
La signora Kaulitz si portò le mani al viso. Maddy notò che era diventata molto pallida.
“Andate subito di sopra, prima che perda la pazienza. Non so proprio cosa devo fare con voi due” disse, controllandosi a stento.
“Non sei stato solo tu a vedertela brutta, Bill!” esclamò allora Maddy, ripensando all’ansia che li aveva tormentati tutti quanti e all’infinità di terribili supposizioni che non avevano avuto il coraggio di dire a parole.
“Tutti noi eravamo terribilmente in pensiero! Perché ti comporti così?!”
I due gemelli si erano avvicinati di nuovo l’uno all’altro, e attorno a loro era apparsa come un’aura di protezione che sembrava voler dire ‘non avvicinatevi’.
“Nessuno ti ha interpellata, Madeline” replicò Bill, guardandola solo adesso, come se non si fosse accorto affatto della sua presenza prima. “Vieni Tom, andiamocene a dormire. E ti avverto” disse ancora rivolto alla ragazza. “Non vogliamo essere disturbati. Da nessuno
“Non posso fermarmi un po’ in camera vostra a fare due chiacchiere?” chiese Maddy, che aveva l’abitudine di passare un’ora buona in camera dei due ragazzi a parlare e la signora Kaulitz doveva richiamarla più volte per indurla ad andare a letto.
“Così magari mi raccontate quel che è successo” provò lei, timidamente, già pentita per le proprie parole incollerite di poco prima.
“No, non credo proprio” disse Tom rivolgendole un sorrisetto. “Quando avremo voglia di vederti te lo diremo noi, intesi?” sogghignò. Nella sua risata si avvertiva una nota voluta di malignità e i suoi occhi, come quelli di Bill, fissavano Maddy come se fosse qualcosa di ripugnante.
“Ragazzi, ma che vi succede? Perché ora ve la prendete con lei?” esclamò Simone, decisamente attonita.
Ma Bill e Tom ignorarono le parole della madre, e si avviarono in silenzio su per le scale senza augurare la buonanotte.
“Non faci caso” disse Simone, circondando le spalle di Maddy con un braccio. “Domattina saranno a posto, vedrai”
     

 
 
 
Volevo postare lunedì, ma gli impegni me l’hanno impedito, e per non lasciarvi troppo tempo senza niente ho spezzato quello che doveva essere l’intero capitolo sette. Per ora c’è solo la prima parte. Sto sistemando la seconda. Non succedono avvenimenti particolari, ma spero possa piacervi lo stesso.
Ringraziamenti a:

 
 Aduzza_TK,Alien__, Evangeline143, IwillN3v3rbEam3moRy e moon queen
 
Grazie ragazze, un bacio!
Susan <3
 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 8: La nascita di uno Zentyre ***


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Capitolo 8:
La nascita di uno Zentyre

 

I due fratelli aprirono piano gli occhi, cercando di mettere a fuoco le strane figure che si muovevano nell’oscurità. Tom stringeva ancora il polso di suo fratello in una morsa talmente stretta come se non volesse lasciarlo mai più.
Bill, dal canto suo, si sentiva intorpidito, indolenzito in ogni parte del corpo, gli arti erano atrofizzati, probabilmente per il fatto che era stato quasi tramutato in una bambola di porcellana.
Attorno a loro c’era la più completa oscurità, eppure riuscivano a vedersi.
“Dove siamo?” sussurrò Bill, per non disturbare la quiete di quel posto tanto bizzarro.
“Non ne ho idea” rispose Tom.
 “Bill! Tom!”
La voce era più chiara di come fosse mai stata prima.
“La senti anche tu adesso, vero?” chiese il moro con un sorriso che gli si apriva sul volto.
Tom annuì e deglutì. Si, riusciva a udirla distintamente. Ed era una voce amica, e loro non provarono il minimo timore nell’ascoltarla.
“Ma dov’è?” chiese a mezza voce il rasta, e come in risposta alle sua parole, un puntino luminoso si materializzò davanti ai suoi occhi. Poi un altro e un altro ancora, volteggiavano loro attorno come piccole lucciole. Ora i due ragazzi riuscivano anche a distinguere qualcosa del luogo in cui si trovavano.
Sembrava di stare al planetario. I due ragazzi ricordavano un’uscita con tutta la loro classe in cui si erano recati all’osservatorio. Erano rimasti affascinati nel momento in cui tutte le luci della sala si erano spente e loro avevano alzato la testa per ammirare le stelle che, sebbene fittizie, erano sembrate tanto reali.
La differenza del luogo misterioso in cui erano approdati era che, se al planetario si fossero guardati
attorno, quando gli occhi si fossero abituati all’oscurità, avrebbero visto attorno a sé i loro compagni di scuola, mentre ora c’erano solo buio e le piccole luci fluttuanti.
“Sembra di stare in mezzo al cielo di notte” commentò Tom, ammirando l’oceano di stelle sconfinato.
Rimasero seduti a terra- se così poteva essere chiamata la pavimentazione nera sotto di loro, liscia e simile a uno specchio, che rifletteva le loro sagome in ombra.
 “Bill! Tom!”esclamò ancora la voce magica che già molte volte era penetrata nella mente di Bill.
I due gemelli si guardarono e compresero.
“E’ quella luce, vero?” chiese Tom e Bill annuì in risposta, lo sguardo pieno di un’emozione indescrivibile.
A un tratto, tutte le luci che volteggiavano loro attorno si avvicinarono l’una all’altra, unendosi, e pian piano apparve la figura evanescente di una ragazza bellissima che avrebbe potuto avere più o meno la loro età. Ma i gemelli sapevano che non apparteneva al loro mondo.
Aveva capelli mossi e argentei, la carnagione chiara somigliava al colore delle perle. Indossava una veste candida e i suoi occhi, che brillavano come pietre preziose, erano del blu più intenso che avessero mai visto. Come uno zaffiro.
I loro cuori cominciarono a battere all’impazzata. Presto, lo sapevano, avrebbe rivelato loro qualcosa di importante.
“Ascoltatemi per favore. Abbiamo poco tempo”
Bill e Tom restarono in silenzio, in attesa.
“Il mio nome è Calien di Ulum, la Fanciulla Prescelta. Da molto tempo  veglio su di voi e sulla vostra città per proteggervi dalla magia di Solquest”
La voce della ragazza era simile a un sussurro, come se temesse che orecchie indiscrete potessero sentire quello che diceva. Era un tono rassicurante e tranquillo e, in poco tempo, Bill e Tom dimenticarono la paura della quale erano stati preda al Municipio.
“Scusate” la fanciulla abbassò il capo mortificata.“Non sono stata in grado di fare molto per voi, ma ultimamente la magia di Solquest sta divenendo troppo potente rispetto alla mia. Io sono solo un’ombra di ciò che ero”
 “Perché non ti sei fatta vedere prima?” chiese Bill alzandosi. Tom lo imitò, incantato dalla visione che gli era apparsa di fronte.
“Bill…perdonami se ho cercato rifugio proprio nella tua mente, ma sono stati il vostro coraggio e la purezza del vostro cuore ad aprirmi la strada. Sapevo che mi avresti dato ascolto e…anche se non subito, ero certa che anche tuo fratello avrebbe creduto in me”
Calien sorrise in direzione di Tom, che arrossì e non se la sentì di sostenerne lo sguardo.
“Non importa, Tom, non è colpa tua. So quanto può essere potente l’influenza degli incantesimi dello Zentyre sulla mente degli uomini. Quel che conta adesso è che crediate entrambi a quello che sto per dirvi”
Si fece molto seria, ma Bill la interruppe.
“Aspetta! Hai detto che conosci Solquest. Allora, ti prego, dimmi come possiamo fare per impedirgli di…”
La ragazza alzò una mano esile e bianca. L’alone di luce che l’attorniava si muoveva con lei.
“Vi spiegherò ogni cosa, ma per favore, non interrompetemi. Non abbiamo molto tempo”
I due fratelli si scambiarono un’occhiata d’intesa. Sì, avrebbero ascoltato il racconto della fanciulla fino alla fine.
Lei li osservò per un istante con i suoi occhi luminosi come gioielli preziosi, poi iniziò a raccontare una storia che divenne sempre più incredibile man mano che proseguiva.
“Durante gli anni della mia vita umana, anch’io vivevo a Magdeburg, tanti e tanti anni fa. Ma non ero una ragazza come tutte le altre e per questo non ero vista di buon occhio dalla maggior parte degli abitanti”
Tom non poté fare a meno di chiedere: “Quando dici ‘vita umana’ cosa intendi?”
“Io sono stata mandata sulla terra, non sono un’umana, sono un’abitante del popolo di Ulum, una terra che si trova al di là del tempo e dello spazio. Fui mandate nel mondo reale per vegliare su questa città e su voi due”
“Come sarebbe, su noi due?!” esclamarono increduli Bill e Tom in coro.
“Per favore, non mi interrompete!” esclamò Calien e i due ragazzi si zittirono all’istante.
“Ero considerata strana da tutti gli abitanti, ma non potevo biasimarli, anche se molti di loro mi chiamavano strega per via dei poteri di cui ero dotata, ma nessuno sapeva chi ero in realtà, nemmeno i miei genitori adottivi seppero mai. Io fui inviata in mezzo agli uomini per proteggerli da lui, perché ero l’unica in grado di farlo. Venni incaricata di vegliare sulla città di Magdeburg…attendendo il giorno in cui sareste nati voi due.”
Vedendo le espressioni dei due giovani, gli occhi castani di entrambi fissi su di lei affamati di spiegazioni, la ragazza continuò.
“Si, proprio così. I saggi di Ulum mi donarono poteri in grado di avvertire i pericoli. In quei momenti la mia mente si riempiva di voci e visioni e fu allora che vidi l’Isola al di là del fiume Elba, la stessa isola che un tempo si trovava al di là del mare di Ulum. E udii la voce di Solquest, colui che era nemico del mio popolo da moltissimo tempo ma che credevamo di aver sconfitto.
“Ora attenti, perché per capire meglio ciò che vi ho appena detto, bisogna che vi racconti la storia dall’inizio, e per farlo dobbiamo tornare a un tempo assai  remoto. Il tempo in cui nacque la magia zentyre”
D’un tratto, Bill e Tom si accorsero che l’oscurità introno a loro andava diradandosi. Si sentirono sollevare dal suolo e un istante dopo i loro piedi poggiavano su quella che pareva un pavimento di vetro sospeso nell’aria, poiché ai loro piedi scorsero un paesaggio che si estendeva per miglia e miglia.
“Venite con me”disse loro Calien, guidandoli lungo l’enorme stanza piena di stelle, che ora erano divenute pallidi puntini alla luce del sole che proveniva dalla terra sotto di loro.
“Questa è Ulum com’era una volta, prima che il male arrivasse sino ad essa”
Mentre la ragazza parlava e camminava avanti a loro, il paesaggio di sotto cambiava.
“Come vedete, era una terra fertile e pacifica, piena di boschi, colline, fiumi e verdi vallate. Il mio popolo e la Natura abitavano in perfetta sintonia. Qui io nacqui secoli e secoli fa.
“Come vi ho detto, era una terra che stava al di là della comprensione e della realtà umana. Ulum è una terra al di là del tempo, un luogo che non si vede con gli occhi, ma col cuore. Ma non è sempre stato così. Un tempo, Ulum vedeva sorgere le sue fondamenta proprio dove ora sorge la vostra cara Magdeburg” Calien si interruppe vedendo le facce perplesse dei due ragazzi.
“Erano tempo così antichi che nessuno potrebbe mai ricordare. L’aspetto del modo era molto diverso da com’è oggi. Un luogo pacifico e pieno di amore, dove era sempre primavera. Ma un giorno, una montagna ostile sorse in superficie. I saggi di Ulum,  dissero agli abitanti di stare alla larga da quell’isola nebbiosa, che noi chiamavamo ‘Il colle di Isealina’. Lo ritenevamo un luogo malefico, dove dimoravano misteriose e malvage creature, le più spaventose. Avete capito chi sono?”
Bill e Tom non ebbero nemmeno bisogno di pensarci che subito la parola salì loro alle labbra.
“Gli Zaninoni”
“Esatto. Proprio loro. Non servivano ancora Solquest, poiché egli non era ancora divenuto ciò che è ora. Abitavano in un’immensa grotta buia chiamata ‘tribab’.
“Quando capitava di passare davanti ad essa, gli abitanti di Ulum distoglievano lo sguardo. La notte non dormivamo più sonni tranquilli, perché gli Zaninoni erano costantemente a caccia di incubi e talvolta qualcuno spariva nell’oscurità, e l’unica cosa che si poteva pensare era che quegli esseri pelosi l’avessero portato via con loro. Fatto sta che pochissimi di quelli che sparirono tornò indietro per raccontare le atrocità che accadevano su quel colle maledetto. Si mormorava infatti di sacrifici umani consumati su di una pietra situata al centro del tribab. Sulla roccia dei sacrifici erano poste anche tre pietre verdi e una pila di cristalli. Quando, durante i sacrifici il sangue delle povere vittime scorreva su di essi, i cristalli brillavano e si alzava una densa nebbia, e gli Zaninoni esultavano perché la presenza del male era scesa tra di loro.
“Mai un raggio di sole era penetrato in quelle profondità di roccia, fino al terribile girono cui la terra di Ulum tremò e venne quasi distrutta. Era la prima volta che si verificava un fatto simile. Non poteva essere stato un terremoto, perché la Natura era sempre stata nostra amica. Poteva essere solo opera del Male.
“Gli abitanti di Ulum unirono le forze, ma poco si poté fare. Le valli vennero sommerse dal mare e quando tutto finì, il Colle di Isealina era rimasto isolato dalla terraferma. Probabilmente il Male aveva punito gli Zaninoni per qualche motivo e aveva abbattuto su tutto quanto, non solo su di loro, la sia ira.
“Ora Isealina era visibile solo da lontano, ma il suo picco roccioso e inquietante svettava ancora verso il cielo, intatto. Non si poteva dire lo stesso per Ulum, anche se con l’aiuto della Natura riuscimmo a salvarci in molti e i danni furono presto riparati.
“Così nacque quella che oggi conoscete come Isola di Isealina, sulla cui cima si era aperto un varco che lasciava entrare per la prima volta la luce del sole. Gli zaninoni si ritrassero alla sua vista, spaventati e inorriditi, e poi, una volta scoperto che quella luce non avrebbe fatto loro alcun male, videro che la loro dimora era diventata un’isola impervia. Le Pietre Verdi e i Cristalli erano scomparsi durante il sisma, ma la roccia dei sacrifici era ancora là, anche se scheggiata e graffiata, ma ancora in possesso dei suoi poteri malefici.
In tutto quel tempo in cui Calien aveva narrato, alle sue parole erano succedute le immagini. Bill e Tom avevano visto le terre di Ulum squassate dal potere del terremoto, e gli Zaninoni scappare impauriti all’interno del loro nascondiglio. Avevano intravisto il luccichio verde delle pietre e quello tenue dei cristalli e ora l’immagine cambiava di nuovo.
“Nel momento di massima intensità del terremoto” riprese Calien“una presenza era penetrata all’interno del tribab e gli Zaninoni poterono udirne la voce”. Indicò con un dito pallido l’isola e poi guardò i ragazzi. “Per sentire cosa si sono detti, dobbiamo scendere”
“Scendere?” gli fecero eco Bill e Tom, ma non ebbero tempo di capire cosa intendesse la fanciulla che già si trovavano più vicini agli scogli di Isealina. O forse era l’immagine che si era ingrandita. Non lo seppero con esattezza, ma non si erano mossi dal pavimento di pietra.
Poi una voce spettrale e profonda si levò dal nulla tutta attorno a loro e Bill e Tom non poterono reprimere un brivido di paura. La voce proveniva dalla roccia dentro la grotta degli Zaninoni e questi levarono il muso peloso ascoltandola con attenzione.
“Siete state disonorevoli, mie perfide creature. Io vi ho donato la custodia della magia più potente e voi volevate usarla per voi stessi, ben sapendo che non potevate. Avete dubitato del Male e il Male vi ha puniti. Ora sarete per sempre divisi dalla terra e non potrete recarvici se non sarà volere del vostro signore. Disobbeditemi ancora e vi proverò anche di questo privilegio.
 “Tuttavia, l’alba di un nuovo giorno è finalmente giunta. Il giorno che vedrà nascere la malvagità dello Zentyre, l’essere più potente di tutti quelli viventi. Allorché toccherà le pietre dell’Eterna Giovinezza e dei cristalli di Ulum si leverà la nebbia e il mio spirito, lo spirito del Male, si fonderà con lui e voi sarete i suoi fedeli servitori per l’eternità. Finché ci sarà uno Zentyre ci saranno Zaninoni, pronti a servirlo. Egli vestirà il manto di Isealina e vivrà con voi nel vostro tribab”
Bill e Tom videro gli Zaninoni inchinarsi alla voce del Male e obbedire. Calò poi il silenzio e fu spezzato ancora dalla voce calma e rassicurane di Calien.
“Noi di Ulum non vedemmo mai ciò che accadde in quel momento. I saggi erano rimasti feriti gravemente nel tentativo di proteggere la nostra terra, così, mentre cercavamo di ricostruire ciò che avevamo perduto, nessuno, per il momento, vide il desolato paesaggio che si estendeva là dove un tempo sorgeva la bella Ulum. Nessuno tranne quelle creature del buio e un uomo di nome Solquest Zentyre: un malvagio e un assassino. Era un essere umano che uccideva senza rimorsi e senza pietà”
“Solquest era un uomo?!” esclamò allibito Bill.
Calien annuì. “Difficile da credere, vero? Ma è così. All’epoca, come puoi osservare tu stesso, era molto vecchio, ma il suo nome veniva sussurrato timorosamente dagli uomini. Egli giunse in quella landa desolata poco prima del terremoto, ma nessuno sapeva da dove veniva davvero. In lui si univano astuzia, crudeltà, avidità e invidia, e tutti quei sentimenti negativi che gli avevano inciso sul viso e nell’anima un odio che aveva mutato in pietra il suo cuore. Era il Male fatto persona.
“Il Fato volle che giunse in quella terra desolata appena prima del terremoto. In quell’istante, quando sembrò che il mondo si spaccasse, tre Pietre Verdi caddero vicino a lui dal cielo. Una di queste lo colpì ed egli svenne per il colpo ricevuto. Quando rinvenne fissò stupito il monte di roccia che si levava dalle acque. Era anche sgorgato un nuovo fiume che percorreva la valle desolata dell’isola e che sfociava nel mare. Le tre pietre erano là, dentro quel fiume. Il Duin.
“E ora guardate”Calien alzò una mano e la puntò contro i due ragazzi, che sentirono come una lieve scarica elettrica invadergli il corpo.“Non abbiate timore, è essenziale che vediate da vicino ciò che accadde. Guardate come nacque lo Zentyre”
Bill e Tom chiusero gli occhi la loro mente si riempì di immagini. Dapprima confuse, poi più chiare, fino a che presero la forma della scena che avevano osservato fino a poco prima.
Era una visione di ciò che era accaduto realmente secoli e secoli prima dove ora sorgeva la loro città.
Videro un uomo vecchio e stanco, con abiti laceri e bagnati, e i capelli e la barba grigi. Era impossibile pensare che fosse la stessa persona che avevano incontrato al Municipio di Magdeburg.
Solquest allungò una mano e sfiorò la superficie del fiume, ipnotizzato dal suono stesso dello scrosciare dell’acqua, per poi ritrarsi subito, quasi impaurito, ma anche stupefatto da quello che vide. La sua pelle aveva perduto ogni segno di vecchiaia. Era liscia come quella di un ragazzo.
Tremando di emozione, il vecchio si spogliò e si immerse nel fiume gelido e le acque cominciarono come a ribollire.
Bill e Tom poterono osservare come la sua figura cambiò, come in pochi istanti la barba e i capelli tornarono neri come la pece ed egli ora somigliava al mago che avevano incontrato loro. Non dimostrava più di trent’anni, i lineamenti spigolosi del viso avevano il loro fascino, gli occhi erano azzurri come laghi ghiacciati. I ragazzi percepirono anche la forza che traspariva da quell’essere; forza e malvagità. L’aria ne era piena.
Quando Solquest tornò a riva si rivestì e rimirò la propria immagine nel riflesso dell’acqua del Duin. Un ghigno malefico si aprì sul suo giovane volto.
“Che potere è mai questo?” esclamò sbigottito. “Sono di nuovo giovane e forte. Sento che potrei fare qualsiasi cosa”
Come in risposta alla sua voce, gli Zaninoni uscirono dal loro tribab. Si guardarono attorno e scorsero in fondo alla valle, in riva ala fiume, la figura di un uomo. Subito il loro capo, Irrik, guidò l’intero gruppo giù dalla rupe.
“E’ finalmente giunto! Egli è il nostro padrone” disse Irrik, memore della promessa fatta dal Male poco tempo prima. “Ora lo raggiungerò e lo condurrò da noi sull’isola”.
Sulla schiena della creatura apparvero grandi ali da avvoltoio e poi spiccò il volo verso le rovine di Ulum.
Poco dopo, Solquest sentì un rumore alle sue spalle e si voltò. Davanti a lui era appena planata una creatura orrenda ma lui non ne ebbe paura. Riuscì persino a distinguere i suoni gutturali che emetteva. Da quando si era immerso nel fiume aveva acquistato nuove e potentissime capacità magiche.
La creatura si inchinò e poi si presentò.
“Sono Irrik, capo degli Zaninoni. Sono qui per condurti sulla mia isola, chiamata Isealina. Abbiamo ricevuto la notizia che saresti arrivato e ora tu vivrai con noi nella nostra grotta, il tribab. Noi saremo il tuo esercito e qualunque cosa tu chiederai noi la esaudiremo. Obbediremo ai tuoi ordini per il resto della vita. Serviremo e te e la tua magia così come abbiamo sempre servito il Male, che ora è in te”
Solquest a ascoltò con attenzione e poi rispose: “Del male il mio cuore è colmo, ma non possiedo poteri magici”
“Finora no” rispose Irrik, “ma ti sei bagnato nel fiume Duin e adesso sei pronto per ricevere tutti i poteri nascosti di quest’isola. Quando sarai su Isealina toccherai la roccia del sacrificio ed essa ti donerà ancor più forza di quella che già possiedi. Col tempo imparerai ogni conoscenza magica”
“Io ti confesso che sento già nascere una strana forza in me”
“Signore, questo è merito del potere delle pietre che sono cadute in quel fiume. Esse sono colme del potere dell’Eterna Giovinezza. Ti hanno slavato da morte sicura. Credevamo di averle perdute, che la Natura ce le avesse portate via, perché essa aborrisce questo potere, ma tu le hi ritrovate. E’ un segno. Tu sei stato scelto per avere questo potere, mio potente signore”
Mentre ascoltava queste parole, davanti agli occhi di Solquest si formò una visione.
“Vedo un’isola avvolta dalla nebbia. E’ la che dobbiamo andare?”
“Si, padrone. Quella è la nebbia che protegge Isealina e i suoi abitanti. Ha protetto noi Zaninoni per tantissimo tempo e ora proteggerà anche te. La nebbia è opera dei Cristalli di Ulum. Sono cristalli incantati che gli abitanti dell’omonima terra non hanno mai usato perché temevano il loro potere. Solo chi serve la magia nera può utilizzarli. Sono oggetti antichi e preziosi. Erano già sull’isola prima che nascessimo noi”
“Vorrei vederli al più presto” disse Solquest fremente di emozione.
Irrik abbassò il capi peloso e assunse un’espressione mortificata. “Mio signore” si inchinò di nuovo”. “Purtroppo ho una cattiva notizia. Durante il terremoto, i Cristalli sono scomparsi dal nostro tribab. Se riuscissimo a ritrovarli, potrebbero proteggerci da ogni pericolo. Senza di loro, però, presto il potere della nebbia si dissolverà e potrebbero arrivare degli intrusi che noi non gradiamo”
“Capisco” disse Solquest. “Ma non temere mio servo. Se davvero, come affermi, sono stato scelto dal Male, presto i cristalli torneranno a me così come ho trovato le tre pietre”
“Lo spero, padrone”
“Ma vedo dell’altro. Se chiudo gli occhi posso scorgere dei superstiti. Forse abitanti di questa terra”
“Si, sono gli abitanti di Ulum, i nostri nemici”
Solquest chiuse gli occhi pensieroso e poco dopo li riaprì. “Non ci occuperemo di loro, per ora. Si sono indeboliti a causa del sisma e non verranno a cercarci per un po’. Piuttosto, come potrò raggiungere la mia nuova dimora?”
“Ti porterò io, mio signore zentyre” ripose prontamente Irrik, e sotto gli occhi stupefatti di Solquest le ali rispuntarono sulla schiena dello Zaninone.
Un attimo dopo, Solquest sorretto dalla sorprendente forza delle esili braccia di Irrik, sorvolava il mare che separava Ulum da Isealina.
Ma mano a mano che si avvicinavano, però, il vento si alzava. Più i due si avvicinavano alla destinazione, più le raffiche diventarono forti, facendo sbandare lo Zaninone come una foglia piccola e fragile.
“Ciò è opera della Natura” urlò Irrik al di sopra dell’urlo del vento. “Non vuole che raggiungiamo l’isola”
La creatura tentò con tutte le sue forze di opporsi alle correnti, ma dovette abbassarsi sempre più vicino al mare per poter volare dritto. Ma anche le acque erano ostili. Le onde s’increspavano e volevano travolgerli.
D’un tratto si udì una voce.
“Folle! Non toccherai mai la terra maledetta di Isealina! Affonderai in queste acque, perfido Zentyre!”
Bill e Tom non seppero dire se quella voce appartenesse alla Natura, ma non provarono paura nell’udirla, anzi, si sentirono solidali con lei. Anche loro desideravano che Solquest e Irrik non arrivassero mai.
Non appena la voce smise di gridare la sua collera, un’onda più alta di tutte le precedenti si abbatté sull’uomo e sulla creatura. Irrik si era indebolito e non riusciva più a sostenere il suo padrone. Le ali grondanti acqua erano divenute pesantissime. Un’ultima raffica di vento e Solquest gli venne strappato via dalle braccia.
Il mare lo inghiottì, lo stregone si dibatté cercando di tronare a galla, ma il mare si chiuse sopra di lui.
Bill e Tom trattennero il fiato, ma sapevano che ce l’avrebbe fatta. In un modo o nell’altro si sarebbe salvato.
Passarono minuti che parevano interminabili, ma poi eccolo, Solquest si arrampicava ora sugli scogli, cercando appigli per non cadere nuovamente in acqua.
Svenne, esausto, e quando riaprì gli occhi si trovò sulla cima piatta di uno scoglio, mentre il sangue delle sue ferite gocciolava in un solco nella roccia.
Improvvisamente, una nebbia fredda avvolse lo scoglio proteggendolo dall’attacco della Natura.
Solquest comprese allora che era finalmente giunto nella sua nuova terra. Si rimise in piedi e guardò nel solco roccioso. Vi scorse dei ciottoli dalle diverse forme, trasparenti ma con mille sfaccettature di colori. Allungò la mano e li prese, e immediatamente le sue ferite vennero sanate.
Sempre stringendo quelli che capì essere i cristalli di cui aveva parlato Irrik, si diresse sulla cima della montagnola rocciosa, dove lo attendeva il suo esercito. Salì tramite scalini di pietra e poi vide uno stretto passaggio buio che conduceva nel tribab. Da un’apertura nella volta del soffitto della grotta filtrava un raggio di luna, riflettendo le ombre di stalattiti e stalagmiti che parevano gigantesche dita spettrali. Ormai la sera era calata.
Avanzando nella caverna, Solquest percepì altre presenze oltre a lui. Poteva sentire i battiti dei loro cuori e i loro respiri. Apparvero luccichii di occhi gialli o rossi, nascosti tra le ombre della grotta, che seguivano i suoi movimenti.
“Non abbiate timore. Sono qui per voi”
Allora le creature pelose, grigie o marroni, emersero dalle zone buie, stringendosi attorno a lui.
Ora Solquest si trovava proprio al centro della caverna, dove c’era una grande pietra oblunga sulla quale si sarebbe potuto stendere.
Poi, d’un tratto, la folla dei mostriciattoli si divise in due e i mormorii gorgoglianti cessarono.
Irrik stava là, con stampata sul muso orrendo un’espressione avvilita.
“Padrone delle nostre notti” si inchinò lo Zaninone. “Ho tradito la tua fiducia. Non sono riuscito a proteggerti e ti  ho lasciato cadere vittima del mare e del vento. Sono stato meno che inutile. Non sono degno di servirti e perciò merito solo la morte. In me non potrai mai riconoscere un degno strumento del Male”
Le parole di Irrik erano piene di rimorso, ma Solquest non aveva affatto intenzione di punirlo.
“No” disse lo stregone avvicinandosi a Irrik. “Tu vivrai, poiché grazie alla visione che ho appena avuto, mi è stato mostrato che tu un giorno mi salverai la vita. Quel tempo è ancora molto lontano, ma non posso privarmi del più fedele e coraggioso dei miei servi. Tu vivrai con me e continuerai a essere il capo dei tuoi simili così come lo sei sempre stato. Sarai il mio più fedele Zaninone. Per l’eternità. Insieme sventeremo gli insulsi tentativi della Natura e dei saggi di Ulum, che un giorno invieranno un prescelto per distruggermi”
Poi aprì la mano e gli Zaninoni esultarono di gioia.
“Padrone” disse uno di loro. “Hai ritrovato i Cristalli di Ulum a noi tanto preziosi”
“E’ un segno!” gridarono altri. “E’ lui il grande signore del Male, non c’è alcun dubbio!”
“Si, i cristalli mi hanno slavato”.
Appena Solquest aveva cominciato a parlare, gli Zaninoni si erano zittiti.
“La loro magia mi si è rivelata nell’istante in cui li ho toccati. Ora nulla è impossibile per me. Posso sapere e fare tutto: conoscere le sorti del mondo, vedere il futuro e il passato. Posso divenire invisibile, compiere molteplici magie, cambiare aspetto, parlare lingue sconosciute, correre più veloce del vento e muovere la terra. Questo e molto altro. E grazie al potere delle Pietre Verdi rimarrò giovane per sempre. Diventerò la creatura più potente di tutto il mondo”
Gli Zaninoni lo ascoltavano con riverenza.
“E voi, prescelte creature del Male, anche voi avrete un po’ di questo potere”
Ancora urla esultanti, profonde, gutturali, aspre. Poi uno Zaninone apparve da una delle gallerie della grotta tenendo tra le braccia una tonaca bianca come la neve, sulla quale erano ricamati simboli magici in oro lucente. Un altro, subito dietro di lui, reggeva un globo di vetro
Irrik prese il globo e lo prose allo stregone.
“Metti qui dentro i cristalli di Ulum” spiegò. “saranno al sicuro. Il potere della nebbia che già ci avvolge si accumulerà qui dentro  e sarà pronto per essere usato in caso di pericolo”.
Poi si voltò e prese dalle mani del primo Zaninone la toga di quello che sembrava puro lino immacolato.
“Il manto di Isealina” grugnì Irrik. “Filato con la seta dei vermi che vivono nelle pareti del nostro tribab. Lo abbiamo con noi dal giorno in cui ci fu detto che saresti venuto. Ora è tuo”. Le zampe pelose dagli artigli affilati, accarezzarono delicatamente la stoffa. “E’ il manto dell’Eterna Giovinezza”
Solquest si abbassò per permettere a Irrik di drappeggiarlo sulle sue spalle.
Gli zaninoni si inchinarono profondamente. Dopo di che, le loro voci risuonarono tutte assieme.
“Questa è la nascita del grande Zentyre” esclamarono.
 “E’ ora di andare”sussurrò gentile Calien.
Bill e Tom si voltarono e lei sorrise loro. Si erano quasi dimenticati che c’era anche lei. Erano stati come ipnotizzati da quel che avevano visto, ma ora capivano più cose. Almeno conoscevano i punti deboli di Solquest. Il problema ora era come usare queste informazioni contro di lui. Perché era potente. Troppo potente. 


I'm back!
Lo so, ci ho messo un sacco di tempo per postare un nuovo capitolo, ma ho avuto problemi con il lavoro (e di questi tempi non c'è da stare allegri). Spero vivamente di aver risolto tutto, comunque l'importante è che le cose vadano meglio e ora ho finalmente tempo per scrivere di nuovo. Sono rimasta anche indietro con le recensioni di varie storie, per cui chiedo perdono! Inoltre anche il pc mi ha abbandonata. Ha preso un virus e si è danneggiato irreversibilmente, così ho dovuto comprarne un altro. Una spesa che non era nei miei piani, ma necessaria, perché io senza pc non vivo!
Ok, ora che vi ho tediato coi miei problemi, vi lascio a commentare. Lasciate tante recensioni, mi raccomando, e scusate avete trovato degli errori, ma non ho riletto. Un bacio a tutti,
vostra Susan
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 9: Una strana mattina ***


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Capitolo 9:
Una strana mattina

 
“Isealina aveva infine trovato il suo padrone”disse Calien una volta che la visione delle terre di Ulum fu scomparsa e fu tornata l’oscurità attorno a loro. “Da quel giorno, una volta all’anno, Solquest si reca al fiume accompagnato dai suoi Zaninoni e si immerge nelle acque dove riposavano fino a qualche tempo fa le tre Pietre Verdi dell’Eterna Giovinezza. Esse lavavano via dal suo corpo ogni traccia del tempo trascorso. E nei lunghi anni e secoli che seguirono quell’infausto giorno, troppi per ricordarli tutti, la magia zentyre continuava a essergli rivelata in tutte le sue malefiche forme. Di tutti gli incantesimi di cui dispone però, il più terribile è quello dell’ipnosi”
Bill trattenne il respiro così forte che Tom lo guardò spaventato.
“Che c’è?”
“Di tutti i suoi sortilegi, il suono della sua voce è il più temibile” disse Bill molto serio.
“Eh?” fece Tom perplesso. “Scusa, non ti seguo”
Bill alzò gli occhi al cielo e sbuffò un po’ esasperato.
“Sveglia, Tom! Le leggende Zentyre, andiamo! La nostra biblioteca ne è piena!”
“Bè, scusami se non ho mai messo piede in biblioteca!”
“Esatto Bill”disse Calien interrompendo la breve lite. “La magia Zentyre non prevede l’impiego di bacchette magiche o calderoni, ma l’impiego dell’ipnosi. Con la sua voce può far fare qualsiasi cosa a chiunque! Può bisbigliare parole cariche di sospetto nella mente degli uomini attraversi i loro incubi, facendo si che piccoli litigi  si trasformino in battaglie sanguinose. Insinua la gelosia così che l’amore e l’amicizia svaniscano. Dove c’è la pace e la bontà, lui porta odio e cattiveria e distrugge, lasciando solo disgrazie e miserie sulla sua scia. E’ un demonio, e ovunque egli faccia risuonare il suo canto malefico ci sono odio e disgrazia. Un susseguirsi continuo di battaglie infinite, senza tregua. Quante di queste cose avete visto nel vostro mondo? E tutto cominciò per colpa di Solquest. Cercate queste informazioni, se davvero sapete dove trovarle, e vi saranno utili per sapere cosa aspettarvi da lui. In parte lo sapete già, perché anche voi due avete sperimentato il potere dello Zentyre, anche se in piccola parte”
Bill e Tom la guardarono stupiti.
“Voi due, che vi amate così tanto, che fareste qualsiasi cosa l’uno per l’altro, avete provato per un attimo gli effetti di quella magia spezzando il vostro legame. Per cosa? Per un litigio che riguardava la mostra di antiquariato. Solquest vi ha scelti per far parte della sua collezione, vi ha chiamati a sé, ma voi volevate resistere.
“Bill, tu ce l’hai fatta, hai resistito.
“Tom, tu sei stato più difficile da convincere che fosse pericoloso”
“Mi dispiace” mormorò sinceramente il rasta.
“Non fa niente”disse Calien scuotendo i lunghi capelli biondi. “La magia di Solquest è potente e tu sei così giovane”
 “Non ce la possiamo fare” disse ancora Tom con sconforto. “Non ne siamo capaci”
Calien gli sorrideva con gentilezza ma senza parlare.
“Insomma, tu dici che hai aspettato noi, che hai protetto la nostra città dall’inizio dei tempi finché io e mio fratello nascessimo, ma ti assicuro che noi non abbiamo la forza sufficiente per fermare quel tipo”
“Sei davvero sicuro di quello che dici?”chiese la ragazza.
“Si, certo. Altrimenti non lo direi”
“Bill, tu cosa pensi? Sei d’accordo con tuo fratello?”
“No”
“E ti pareva…”
“No, senti Tomi, ascoltami: possiamo farcela, l’abbiamo già dimostrato, gli siamo sfuggiti quando voleva trasformarci in bambole!”
Bill aveva ragione. Tom non replicò.
Calien sorrise ancora. “Esatto!” esclamò. “Gli siete già sfuggiti, e nessuno mai è riuscito a eludere la magia di Solquest, e solo coloro che vi riescono sono quelli che lo sconfiggeranno. All’inizio del mio racconto vi ho spiegato che ero chiamata la Fanciulla Prescelta, tra lamia gente, ricordate?”
I due ragazzi annuirono.
“Ebbene, c’era un motivo perché ero chiamata così. Ero l’unica del mio popolo a poter contrastare il potere ipnotico della voce di Solquest. Là dove tutti non potevo opporsi al suo comando, io riuscivo nell’intento”
 “E noi cosa centriamo con questo?” chiese Tom. “Noi non ne siamo capaci”
“Ah no?”
“No. Tu eri la Fanciulla Prescelta, avevi un potere innato, noi invece…” Tom si interruppe e guardò gli occhi blu della ragazza improvvisamente divenuti fieri e luminosi.
“A-anche noi? C-cioè, anche noi abbiamo un potere simile al tuo?”
Calien annuì sorridendo.
“Fichissimo!” esclamò Bill al colmo della gioia.
“Non vi ho scelti a caso”
“Ah, bè…questo cambia tutto” balbettò Tom un po’ sorpreso. “E come…insomma, come si usa?”
“Mica è un medicinale!”
“Taci, Bill”
Calien sorrise ancora e poi disse: “Provate a pensarci. Nessuno si è accorto della presenza di Solquest o degli Zaninoni a Magdeburg, solo voi due. Avete percepito una vibrazione nella magia e solo coloro che ne possiedono un poco possono accorgersi di questi cambiamenti. Avete scorto il pericolo. Ma cosa ancor più importante, voi due avete sperimentato il potere di Solquest in prima persona, anche se in piccola parte, ma l’avete sconfitto. Coltivate questa forza che viene dal vostro cuore, dal vostro profondo legame e ce la farete. Non siete soli, l’uno ci sarà sempre per l’altro, è di questo che Solquest ha paura. Per questo gli preme dividervi così in fretta. Ha sempre temuto i gemelli”
“Per questo ci hai scelti” disse Bill, perché ora tutto gli era chiaro. “Perché siamo gemelli? Tu sapevi”
“E’ così”. La voce di Calien si affievolì per un istante, come se una presenza invisibile la minacciasse.
“Non c’è più tempo. Lui sa” disse la ragazza.
Bill e Tom trattennero il fiato. Solquest li aveva trovati?
“Ascoltate” disse di nuovo Calien “Solquest vi ha parlato del suo piano, non è vero? Sapete che gli servono cento giovani di Magdeburg per la prossima luna piena”
I due fratelli annuirono.
“Aspetta un po’” disse Tom. “Ma se ha già le Pietre, a cosa gli servono tutti quei ragazzi?”
Guardò Bill nella speranza che avesse la risposta. Bill ce l’aveva.
“Non le ha più”
“Giusto” disse Calien. “Gli sono state portate via dalla Natura durante la tempesta che anche voi avete avvertito alla fine di questa estate. Se Solquest avesse le Pietre non avrebbe bisogno del sortilegio del sacrificio di sangue”
I due fratelli spalancarono gli occhi inorriditi. “Sacrificio di sangue?” esclamarono in coro.
“Questa cosa credo non mi piacerà” disse Tom.
“Dovete salvare i vostri amici, e tutti i ragazzi di Magdeburg, sia che siano già stati trasformati in bambole o no. Dovete avvertirli!”
Bill allargò le braccia “E come? Non crederanno mai alla nostra storia. Non quelli ancora liberi, almeno”
“Calien, tu come sei riuscita  a sconfiggere Solquest?” chiese Tom.
“E’ questo il punto, non ci sono mai riuscita” disse lei amaramente.
Una raffica di vento fortissima arrivò alle loro spalle, così violenta che li spinse in avanti. Tom e Bill piantarono bene i piedi sulla superfice liscia del pavimento di stelle. La figura di Calien si affievoliva sempre più.
“Aspetta! Abbiamo ancora un sacco di cose da chiederti!” urlò Bill al di sopra del vento.
“Ci rivedremo e per allora vi saranno più chiare molte altre cose, così potrò continuare il mio racconto. Tenetevi stretti gli amici, e non dubitate della forze del vostro cuore. A presto”
“Calien!” gridarono i due fratelli, ma ormai la ragazza era tornata ad essere la miriade di puntini luminosi che volteggiavano ancora tutto attorno a loro. Le ombre si infittirono e Bill e Tom non capirono più dove si trovavano. Nelle loro orecchie c’era solo il fischio del vento e poi si sentirono trascinare in giù, come risucchiati da un vortice di oscurità e vento, poi caddero su una superfice dura e umida.
“La ragazza è carina, molto carina, ma ha dei modi un po’ bruschi” disse Tom massaggiandosi la testa. “Non abbiamo sognato, vero?” chiese poi a Bill.
“No, era tutto vero”
Erano di nuovo al Municipio, ma non la suo interno, si trovavano nel parco antistante l’edificio. Era la mattina dopo la loro avventura. Forse l’alba, lo si capiva dal chiarore roseo del cielo.
 “Bene , così ha scaricato la responsabilità su di noi! Bell’affare! E non ha nemmeno finito di spiegarci tutto!”
Bill si alzò in piedi e porse una mano a Tom, aiutandolo a rialzarsi a sua volta.
“Bè, che vuoi farci? E’ il destino di ogni eroe”
“Noi non siamo eroi, Bill”
“Potremmo diventarlo. Gli eroi di Magdeburg”
“Per favore, sii serio”
“Va bene, va bene, non litighiamo. Hai sentito Calien, no? Dobbiamo stare uniti”
“Si, è vero…Piuttosto, ora che facciamo?”
“Giusto…mmm…non lo so. Non possiamo tornare a casa, vero?”
Tom sospirò. “No, direi di no. Ci sono quei cosi a casa, adesso, al posto nostro”
Bill abbassò lo sguardo sull’erba. “Già”
“Quindi, com’è che funziona?” chiese Tom. “Voglio dire, il piano di Solquest”
“Ssst! Non parlare così forte, potrebbe sentirti!”
Istintivamente si voltarono verso l’entrata del Municipio,
“Spostiamoci dietro questi alberi, non vorrei che stesse sorvegliandoci”
Si inoltrarono un po’ nel parco, sedendosi su una panchina in un punto nascosto, coperti dalla siepe che girava tutto intorno al parco.
“Allora?” riprese Tom. “Come credi che stiano le cose a casa nostra?”
Bill ci pensò per un attimo, poi rispose.
“Bè, innanzitutto ricostruiamo i fatti di ieri sera. Per prima cosa non è riuscito a trasformarci in bambole di porcellana, anche se ti ci vedevo bardato di pizzi e crinoline”
Tom diede un pugno sul braccio di Bill.
“Le due bambole che ci hanno dato ai grandi magazzini erano Zaninoni, allora”
“Ahi! Si” continuò il moro. “I due Zaninoni che ci avrebbero dovuto sostituire una volta che noi due fossi stati tramutati in giocattoli. Noi nelle bambole, loro nei nostri corpi, o qualcosa del genere”
“Che orrore!”
“Puoi dirlo forte!”
“E ora che sarà successo? I due Zaninoni saranno ugualmente diventati come noi?”
“Mi spiace dirtelo, Tom, ma credo proprio di si”
“E le bambole?”
“Forse sono rimaste vuote, si insomma, senza nessuno che le occupi, diciamo. Ma non credo. E’ più probabile che abbia usato altri due mostriciattoli”
“Non capisco” disse Tom sistemandosi il berretto sul capo. “Le bambole sono gli Zaninoni o sono solo bambole? Sono giocattoli reali o no?”
“Non lo so. E’ strano in effetti, ma credo siano Zaninoni che abbiano preso le sembianze di bambole. Non penso che Solquest si sia preso il disturbo di acquistare cento bambole di porcellana vere e proprie. Meglio usare la magia, no? Meglio trasformare direttamente le sue creature in giocattoli. Si risparmia tempo”
“Quindi la mia idea non è valida” disse Tom sprofondando nel cappotto.
“Che idea?”
“Mi era venuto in mente che potevamo distruggere tutte le bambole. Ma non so se va bene. Se non si rompessero? Le hai viste anche tu muoversi. Non sembravano più così fragili, nel Municipio, come quando erano nelle loro scatole”
Bill storse le labbra. “No, è vero. Non so se sia fattibile distruggerle. O forse si”
Un sordo brontolio spezzò l’aria immobile.
I fratelli dissero in coro: “Ho fame” poi si guardarono e scoppiarono a ridere.
“Bè, non possiamo andare a casa, ma possiamo andare in un bar a prenderci qualcosa” propose Tom.
“No, non dobbiamo muoverci, o potrebbero vederci” disse Bill in fretta afferrandolo per un braccio
“Prima di tutto dobbiamo avvertire Maddy, Georg e Gustav”
“E come, se non possiamo mettere piede a casa?”
“Non li incontreremo a casa”
Tom era perplesso. “E allora dove?”
“Alla mostra”
 
 
Maddy venne svegliata dalla luce abbagliante di una bella giornata invernale.
Il ricordo della sera prima era ancora vivo e chiarissimo anche dopo una notte di sonno.
Ricordava, poco dopo essersi messa a letto, di aver sentito finalmente rientrare Gordon a casa. Maddy si era alzata e in punta di piedi era andata a sbirciare dall’alto della scala. Simone aveva abbracciato suo marito assicurandolo che tutto era finito e i ragazzi stavano bene. Allora Maddy, provando un po’ di vergogna per averli spiati, si era di nuovo ritirata in camera sua.
Poveretti, dovevano aver passato momenti di pura angoscia…
Ma ora la ragazza non voleva più pensarci. Il ricordo della sera passata era un brutto sogno che svaniva come neve al sole.
Sì, perché quella mattina finalmente cominciavano davvero le vacanze di Natale e c’erano un sacco di cose a cui pensare.
Maddy andò alla finestra balzando giù dal letto con un salto. Scostò le tende e sorrise al nuovo giorno. Era una giornata davvero meravigliosa, l’ideale per andare giù al fiume Elba dove tutti gli anni allestivano una pista di pattinaggio sul ghiaccio.
La giovane si voltò verso l’armadio per cercare qualcosa da mettersi. Alla fine scelse un paio di jeans chiari e un bel maglione a collo alto, bianco con sottili ricami a rombo azzurri, pieni di brillantini. I capelli biondi erano sciolti sulle spalle e le scendevano in graziose onde lungo la schiena.
Dalla stanza accanto, quella di Tom e Bill, non proveniva nessun rumore. Meglio non disturbarli, pensò Maddy.
Mentre scendeva le scale sentì due voci conosciute provenire dalla cucina. Vi si precipitò e scorse i volti sorridenti di Georg e Gustav, seduti al tavolo e intenti a conversare.
“Ciao!”
“ ‘Giorno!”
“Toglimi una curiosità Gustav”
“Sì?”
“Ma tu non mangi mai a casa tua?” chiese Maddy con un mezzo sorriso, perché il ragazzo si stava divorando una ciotola di cereali extra.
“Ehm…”
“Non fate complimenti, ragazzi” disse Gordon entrando nella stanza, pronto per andare al lavoro. “Ce n’è in abbondanza. Simone ha preparato tutto appositamente”
“Che santa donna!” esclamò Maddy ridendo, gli altri la imitarono.
“Vuoi un toast?”
“Due, grazie Gordon, sono affamata”
“Vi siete svegliati presto anche se è vacanza, come mai?”
“L’abitudine, credo” disse ancora la ragazza alzando le spalle e raggiungendo il padre di Bill e Tom ai fornelli. “Ti aiuto?”
“No, no, vai pure a sederti con gli altri. Preparo io per tutti”
Maddy esitò, poi chiese: “Simone dov’è?”
“Dorme ancora” rispose Gordon. “La scorsa notte è stata dura per tutti, ma lei è davvero stremata”
“Si capisco. Allora le porto su la colazione quando è pronta!”
Gordon le sorrise. “Grazie Maddy, sarebbe davvero carino”
Mentre l'uomo armeggiava con i fornelli (era veramente bravo), i tre ragazzi si misero a parlare.
“Mi sembri più allegra, stamattina” disse Georg.
“Sì, decisamente” rispose la ragazza. “Meglio scordarsela la scorsa notte, non vi pare? Oggi iniziano ufficialmente le mie vacanze. Voglio andare giù all’Elba a pattinare! Ci venite?”
“Sicuro!” esclamarono in coro gli altri due.
“Ecco qua” li interruppe Gordon per un momento, posando sul tavolo la colazione di Maddy, la quale spalmò una buona dose di marmellata sulle sue fette di toast, addentando con gusto la prima.
“Ragazzi, è tardi. Io devo scappare al lavoro” annunciò l’uomo. “Non distruggete la casa, ok?”
Tutti risero.
“A stasera” salutò Gordon e poi uscì di corsa.
“Ma Bill e Tom dove sono?” chiese Georg guardando verso la porta della cucina, come se dovesse aspettarsi di vederli apparire da un momento all’altro.
“Ancora di sopra, credo” rispose la ragazza.
“Dovevano essere distrutti ieri sera. Forse hanno bisogno di riposare un po’ ” disse Gustav.
“Sì, ma è meglio che oggi siano di umore normale, non vi pare?” disse ancora Georg.
Maddy non rispose.
“Erano solo un po’ scossi, tutto qui” replicò Gustav. “Quando siamo arrivati, Gordon ci ha detto che la buona notte di sonno li avrebbe rimessi a posto e io credo che abbia ragione”
“Me lo auguro” disse Georg. “Ve lo immaginate che bel Natale con quei due in quello stato? Sono già abbastanza insopportabili di natura”
“Credo che preferirei tornare in collegio, piuttosto” disse Maddy bevendo un sorso di succo di frutta.
“Sentite, ragazzi” disse Gustav a un certo punto, divenendo molto serio. “C’è qualcosa…non so che cosa, ma c’è qualcosa di strano in quei due. Avete visto Bill ieri sera come si è comportato con il cane? Lui adora Scotty”
“Non farmici pensare, o gli avrei tirato un pugno se non fossi rimasto troppo scioccato per quello che stavo vendendo” disse Georg furioso.
“Già, povero Scotty. Sembrava proprio che Bill l’odiasse”
“Insomma, non sembravano nemmeno loro quando sono tornati” continuò Gustav “E sono sicuro di non essere l’unico ad aver avuto questa sensazione, dico bene?” fissò gli altri due con uno sguardo eloquente, e Maddy e Georg non poterono dire di no. In effetti era quello che avevano pensato tutti.
“Ieri è andato tutto storto fin dal mattino presto. Non pensiamoci più” disse Georg alla fine.
Maddy ebbe un pensiero improvviso. Esitò un secondo ma poi parlò.
“Chissà che fine avranno fatto le bambole?” disse più a sé stessa che agli altri.
Tutti e tre si guardarono negli occhi, avvertendo una strana sensazione. Parve loro, per un momento, che la cucina si allontanasse, che si trovassero in un altro luogo. Gli sembrò che una strana nebbia li avvolgesse e sentirono in lontananza il rumore come di onde che si infrangono sugli scogli. E una voce che li chiamava…
Un raspare insistente e un uggiolare alla porta sul retro li risvegliò da quell’improvviso torpore
Senza dire nulla, Maddy si alzò ed aprì.
Scotty balzò letteralmente addosso ai tre ragazzi, scodinzolando e poi buttandosi a pancia all’aria.
“Certo che per essere grande e grosso non ha la minima dignità” disse la ragazza grattandolo dietro le orecchie.
“Vieni anche tu alla pista con noi, oggi? Eh, bello?” fece Georg assestando una piccola pacca sul dorso del cane.
Per tutta risposta Scotty abbaiò una volta.
“Direi che è un sì”
“Speriamo che i gemelli siano d’accordo” commentò Maddy pensierosa.
“Lo saranno, vedrai” disse Gustav sorridendole. “Non fare quel faccino triste, Blondie, o Bill si preoccuperà”. Le fece l’occhiolino e Maddy arrossì pensando al ragazzo.
Quando fu rimasta sola (Scotty si era accoccolato nel suo cesto in salotto), decise che era ora di combattere le sue paure ed andare a parlare con Bill e Tom.
Simone dormiva ancora, ma la ragazza pensò che fosse bene svegliarla nonostante avesse bisogno di riposare. Le portò la colazione a letto, parlarono un poco e poi Simone chiese: “Ti spiace se chiudo gli occhi ancora per cinque minuti, cara?”
“Ma ti pare. Non preoccuparti di niente, penso a tutto io”.
Poco dopo, la madre di Bill e Tom era di nuovo addormentata.
Maddy guardò la sveglia e vide che erano solo le otto e mezza. Pensò che, se da un lato in vacanza era bello dormire quanto si voleva, dall’altro era altrettanto bello svegliarsi presto e godersi la mattinata senza il pensiero delle lezioni. Certo, avrebbe dovuto cominciare i compiti, che erano davvero una valanga, ma quel giorno proprio non ne aveva voglia. Sapeva che si sarebbe ridotta all’ultimo momento, come sempre.
Era sempre stata piuttosto bava a scuola, non una secchiona, ma più in su della media. Purtroppo avere come amici i terribili quattro di Magdeburg equivaleva a venire influenzate negativamente. Bill, Tom, Gustav e Georg, visto il loro abbigliamenti non proprio convenzionale (specialmente i gemelli) venivano etichettati dai vicini, e da compagni e professori, come i teppisti di turno. Cosa che non era affatto. E Maddy, facendo parte della banda, veniva etichettata anche lei, ma poco le importava.
Aveva sempre avuto solo loro come amici, e non le mancava per niente la compagnia di un’altra ragazza. Forse perché aveva già Simone con cui confidarsi e spettegolare, e poi c’era la sorella di Gustav, che di tanto in tanto la invitava a uscire. Però Maddy stava bene così, i suoi amici erano loro e lei non li avrebbe cambiati con nessun altro per tutto l’oro del mondo.
Una volta si erano giurati quasi per gioco, quando erano piccoli, che sarebbero rimasti amici fino alla fine del mondo, e ora lei era sicura che sarebbe stato davvero così.
Con questi pensieri in testa si avviò verso la stanza di Tom e Bill. Si fermò davanti alla porta, fece un bel respiro e si stampò sul volto un sorriso enorme. Poi aprì la porta decisa.
“Forza, dormiglioni! E’ ora di alzarsi!”
Ma i due ragazzi erano già in piedi.
Bill stava davanti allo specchio e, a testa china, si spazzolava i capelli. Il suo collo sembrava più lungo e sottile, pallido e bianco…
Per un nanosecondo, un pensiero fluttuò attraverso la mente della ragazza e subito svanì, prima che lei riuscisse ad afferrarlo.
Per uno strano gioco di luce, il sole del mattino picchiava proprio sulla superfice dello specchio e non permetteva alla giovane di vedere bene il riflesso del ragazzo attraverso di esso.
Bill si raddrizzò e le lanciò un’occhiata, i cappelli gli ricaddero sulle palle, dritti e lisci. Quella mattina non aveva la sua solita pazza pettinatura.
‘In effetti stamattina sembra un essere umano come gli altri’pensò Maddy sorridendo tra sé.
“Che c’è?” chiese lui brusco.
“Niente, scusa” Maddy fece sparire il suo sorriso. “Sono venuta a svegliarvi, ma vedo che tu sei già in piedi. Tom dov’è?”
“Fuori…Voglio dire, in bagno” si corresse Bill in fretta, vedendo l’espressione perplessa di Maddy.
“Ehi!” fece una voce arrabbiata alle spalle di Maddy, le si voltò e vide Tom.
“Ciao!”
“Come ti permetti di entrare in camera nostra senza permesso?”
“Oh, ma….io…sono sempre entrata senza bussare” si giustificò Maddy.
Tom la prese per un polso e la cacciò di malo modo fuori dalla porta.
“Te l’abbiamo già detto ieri sera: se vorremo parlare con te, saremo noi a chiedertelo”
Maddy fissava Tom come se non lo riconoscesse. Spostò poi lo sguardo verso Bill, in cerca di aiuto, ma lui si voltò di spalle, ignorandola. Si sentì salire le lacrime agli occhi.
“Scu-scusate, volevo solo sapere come stavate stamattina”
“Stiamo bene, grazie” rispose Tom laconico.
“Non volevo disturbarvi” riprovò lei, decisa a capire cosa non andasse in quei due. “Pensavo che magari, se ve la sentite, potete raccontarmi qualcosa di ciò che è successo ieri sera”.
Nessuna risposta.
“Ragazzi, che c’è che non va? Se ho fatto qualcosa, io…”
“Quel che non va è che sei una gran maleducata, Madeline” disse Bill guardandola fissa per la prima volta da molto tempo.
“Gustav ha ragione” disse lei in tono d’accusa, “è successo davvero qualcosa ieri sera. Vi siete comportati in modo strano da quando siete tornati”
I due fratelli si lanciarono un’occhiata e a lei sembrò di scorgere un lampo d’avvertimento in quel gesto, come se si stessero comunicando qualcosa.
Poi, improvvisamente, le sorrisero. Ma non era un sorriso amichevole, sembrava stirato, forzato, quasi di convenienza.
“Ci dispiace” disse Tom, “ma ieri è stato molto peggio di quanto abbiamo mostrato. Siamo ancora un po’ sottosopra.
“Si, se vuoi ti raccontiamo tutto” disse Bill.
Ma Maddy rifiutò. “No grazie” disse seccata. “Tenetevelo pure per voi. Non mi faccio trattare così da voi due! Non so cosa vi sia preso, ma fareste meglio a farvela passare in fretta! Siete insopportabili!” concluse con un tono che sembrava tanto quello della madre dei ragazzi.
Poi riattraversò il corridoio e si precipitò in camera sua sbattendo la porta.
“Non trattarla così male, o se ne accorgerà” disse Bill con una voce che, se Maddy l’avesse sentita, avrebbe provato un brivido di orrore lungo la schiena. Era fredda e malvagia, senza calore.
“La odio” disse Tom con un tono molto simile.
“Si, anch’io. Non vedo l’ora che si tolga dai piedi”
Tom sorrise stringendo gli occhi in due fessure che lampeggiarono sinistramente.
“Sarà per oggi”
“Bene” fece Bill ridacchiando. “E poi toccherà agli altri due, e poi ai gemelli. Tolti di mezzo loro, nessuno potrà più intralciare i piani del padrone”.
 
Maddy si era illusa inutilmente. Aveva creduto davvero che una volta svegli, Bill e Tom sarebbero tornati come sempre, allegri e un po’ matti come erano sempre stati. Ma adesso…quei due non sembravano più nemmeno loro stessi. E poi perché tutto questo mistero sulla sera precedente? In altre circostanze non avrebbero perso occasione di raccontarle ogni singolo dettaglio, pensando alla loro scomparsa come a una straordinaria avventura.
Starno anche che fossero rimasti così sconvolti. D’accordo, avevano pur sempre solo quindici anni, erano rimasti soli per le vie della città di notte, e sarebbe potuto capitare loro chissà che cosa. Al solo pensarci, lei sarebbe morta di paura, ma i gemelli non erano mai stati due fifoni.
Si ricordava che, quando erano più piccoli, tutti e cinque assieme organizzavano delle spedizioni nei boschetti attorno al fiume Elba, facendo finta di essere esploratori in erba, oppure guerrieri coraggiosi alla scoperta di altri mondi. Si erano persi innumerevoli volte, e spesso Maddy si era messa a piangere. Ma in quei momenti Bill e Tom la prendevano per mano e si mettevano a inventare le cose più straordinarie. Maddy allora dimenticava ogni cosa e alla fine era lei stessa a non voler più tornare a casa quando era ora di rientrare.
Anche l’estate precedente, durante la grande tempesta che si era abbattuta sulla regione, quella che Bill aveva predetto nel loro nascondiglio segreto in mezzo ai cespugli del giardino, lei, che aveva terrore dei tuoni, era corsa tra le braccia rassicuranti della signora Kaulitz, mentre Bill e Tom erano rimasti svegli a parlare tranquillamente fino a tarda notte, alla luce dei lampi quasi ininterrotti.
Sì, strano…davvero strano…
D’un tratto bussarono alla porta.
Maddy, che era sdraiata sul letto a pancia in su, si alzò a sedere.
“Sì?”
"Siamo noi. Volevamo scusarci” disse la voce di Tom un po’ attutita.
Maddy sospirò e poi andò ad aprire.
“Vieni giù?” chiese Bill.
“Guardate che non vi ho ancora perdonato. Non ci si comporta così con una persona che non vi ha fatto niente!”
“Si, lo sappiamo, per questo volevamo farci perdonare” disse ancora il ragazzo.
Maddy storse le labbra e poi accettò di scendere in cucina insieme a loro. Decise che era ora di far tornare le cose come prima. In fondo aveva apprezzato che si fossero scusati, e così parlò della sua idea di andare alla pista di pattinaggio sul ghiaccio.
“No!” esclamò Bill scuotendo la testa. “Abbiamo un progetto di gran lunga migliore di questo”
“Cioè?”
“Vieni giù. Vogliamo farti vedere una cosa”
Tom spiccò una corsa e li precedette, uscendo poi a ritirare la posta, in mezzo alla quale vi era anche la copia del giornale della mattina.
Quando rientrò in cucina, Maddy e Bill lo aspettavano, lui sorridendo, lei perplessa e a braccia conserte, ancora un po’ arrabbiata.
“Guarda! Leggi qui” disse Tom mettendole davanti il giornale.
D’un tratto, l’espressione della ragazza cambiò e si trasformò da imbronciata a sorridente.
“Oh, sì! Si, mi piacerebbe un sacco!”
Si sentì come se fosse ancora addormentata, con quella sensazione che si prova nel momento del risveglio, ma quando ci pare ancora di stare sognando.
Era una sensazione di benessere, di tranquillità e lei avrebbe voluto che non finisse. Dimenticò la lite con i gemelli, dimenticò di essere stata arrabbiata. Anche l’idea di andare alla pista svanì, perché non era importante. Dimenticò tutto, c’era solo il pensiero della mostra di antiquariato, il cui articolo svettava in prima pagina.
Una sferzata di aria gelida la riportò alla realtà.
Bill e Tom, che fino a qual momento le avevano sorriso, si voltarono rabbiosi verso la porta.
“Scusa, Maddy, ho dimenticato il cappello” disse Gustav affacciandosi dentro la cucina. “Ciao!” salutò i due gemelli.
Loro ricambiarono un po’ freddamente.
“Scusa, cosa hai detto?” chiese Maddy confusa.
“Che ho scordato il capello”
“Oh, certo. Eccolo, tieni”
Un momento di silenzio in cui tutti si scambiarono strane occhiate, poi Gustav si decise e parlò per primo.
“Allora? Come state?”
“Bene” risposero meccanicamente Tom e Bill.
“Allora oggi venite con noi a pattinare? Maddy ve l’ha detto presumo”
“Bè, in verità avevamo appena cambiato programma” disse Tom, facendo leggere anche a Gustav l’articolo che parlava della mostra di antiquariato.
“Bè, io…credo che si possa fare, sì” disse il ragazzo, che pareva incapace di staccare gli occhi dalle pagine.
“Allora dimentichiamo tutto quello che è successo ieri sera, d’accordo?” fece Bill. “Amici come prima?”
“Sì, non c’è problema” sorrise Gustav restituendo il giornale a Tom. “Dovremo dirlo anche a Georg”
“Appena lo vedremo, ci puoi giurare” disse il rasta.
Simone entrò in cucina in quel momento.
“Quando metto piede qui dentro voglio vedere solo visi sorridenti” ammonì, e poco dopo Bill e Tom si lasciarono dare il bacio del buongiorno.
“Ci spiace per ieri, mamma” dissero.
“Lo spero bene” replicò lei. Poi salutò Maddy e Gustav, che uscì poco dopo diretto nuovamente a casa.
“Ci vediamo alla mostra” gli disse Bill, come per avere una nuova conferma.
“Certo. Non vedo l’ora”
La signora Kaulitz chiese ai figli se avevano già fatto colazione e i due risposero che non avevano troppa fame.
“Sciocchezze, dovete mangiare. E’ il pasto più importante del giorno”
I due ragazzi accettarono senza troppe rimostranze stavolta, e a Maddy sembrò ancora che i due si scambiassero sguardi di avvertimento, come un codice segreto per comunicarsi qualcosa che agli altri doveva restare ignoto.
‘Smettila di immaginarti le cose’si disse.
“Abbiamo deciso di andare alla mostra di antiquariato” annunciò Bill.
Simone parve sorpresa. “Davvero? Credevo non volessi, Bill. Ieri sembravi così sicuro”
Lui alzò le spalle. “Ho cambiato idea. Ci possiamo andare, per favore?”
“In realtà oggi avrei bisogno che rimaneste a casa. Prima di tutto perché voglio vedervi fare i compiti delle vacanze, e poi sapete bene che ho un mucchio di lavoro arretrato e vorrei finirlo prima dell’arrivo del padre di Maddy”. La signora Kaulitz era una bravissima sarta. “Non mi va di ridurmi alla sera della vigilia, o vostro padre darà i numeri. Non potete fare un altro giorno?”
Maddy sentì la delusione crescere dentro di lei.
“No!” disse Tom guardando fisso la madre “Noi volevamo andare oggi! E’ l’unico giorno in cui possiamo tutti” si affrettò ad aggiungere, vedendo l’espressione torva della donna.
“Sai, vengono anche Gustav e Georg” aggiunse Bill.
Simone ci pensò un attimo.
“Tu sei d’accordo, Maddy?”
“Si, certo. Anch’io ci voglio andare”
“E va bene, possiamo fare così: potete andarci nel pomeriggio, vi accompagnerò io. Le faccende di casa che non riuscite a sbrigare stamattina sono rimandate a domani, compreso lo studio”
“Fantastico!” esclamarono in coro i due fratelli.
“Ah! Evviva, Simone! Grazie, grazie!” fece Maddy saltando al collo della donna.
“Ti piacerà, vedrai” le disse Bill con un gran sorriso. “Aspetta e vedrai

 
 
Ola! Ciao cari lettori, vi sono mancata? Spero che stavolta non sia passato troppo tempo dall’ultimo capitolo, ma i miei tempi sono quelli che sono e contate che ho tempo di scrivere solo la sera e la domenica.
Come sempre vi prego di dirmi cosa pensate di questa storia lasciando qualche recensione.
L’altra volta ho avuto qualche problemuccio con il codice html e il capitolo risultava tutto attaccato, spero che stavolta si veda bene. Se ho fatto degli errori segnalateli che li correggo.
Ringrazio:
Alien__, DollyDiamondTK, Evangeline143, IwillN3v3rbEam3moRy e  moon queen
Pochi ma buoni!
 Un bacio da Susan

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Capitolo 12
*** Capitolo 10: La mostra di antiquariato ***


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Capitolo 10:
La mostra di antiquariato

 
Simone Kaulitz parcheggiò di fronte al Municipio e attese con il motore acceso che Maddy, Bill e Tom scendessero e adesso la donna si sporgeva dal finestrino facendo loro le solite raccomandazioni ‘da mamma’.
“Mi raccomando, state vicini. E voi due cercate di non perdervi di nuovo”
“Sì, mamma. Ma non siamo più bambini!” disse Tom seccato.
“Non preoccuparti, ci penso io a questi due” disse Maddy, assestando una lieve pacca sul braccio del rasta, il quale non gradì.
“Passerò a riprendervi tra un paio d’ore. Fatevi trovare qui fuori, d’accordo?”
“Ok” risposero in coro i tre ragazzi.
Un’ultima occhiata e Simone ripartì verso casa.
Madeline e i gemelli si diressero verso il portone spalancato in chiaro segno di benvenuto ai visitatori.
Man mano che si avvicinavano, Maddy sentiva l’eccitazione crescere alle stelle. Sapeva che là dentro avrebbe trovato qualcosa di straordinario. Non sapeva come spiegare, e in effetti non lo disse mai ad alta voce, ma l’espressione del suo viso bastò a soddisfare le aspettative che avevano i due fratelli per lei.
Maddy era completamente vittima dell’incantesimo che Solquest aveva gettato sulla mostra.
La coda di persone scorreva velocemente, presto furono all’interno, e qui la ragazza notò subito la presenza di un uomo alto e corpulento seduto da solo ad un tavolo. Distribuiva i biglietti e regalava a tutti un gran sorriso. Di tanto in tanto scambiava qualche parola con alcuni ragazzi e bambini, come se li conoscesse bene.
Bill intercettò lo sguardo della giovane e sorrise in modo strano
“Quello è il signor Herman. L’ha organizzata lui la mostra”
“E’ un tipo strano” commentò Maddy voltandosi verso il suo amico.
Lo sguardo di Bill era fisso su Herman.
“Non sta bene fissare la gente in qual modo, Bill” sussurrò lei, ma il ragazzo non l’ascoltò.
“Vieni” disse prendendola per un gomito e sospingendola delicatamente ma con fermezza verso il tavolo.
Maddy sentì che Tom le si avvicinava. Se anche avesse voluto voltarsi e lasciare l’edificio non avrebbe potuto farlo, tanto era stretta tra i due fratelli. Era come se non intendessero lasciarla scappare.
Aveva appena finito di formulare questi pensieri che si ritrovò davanti all’uomo e a fissarne il viso paffuto. Sembrava non avere età.
“Buongiorno, bella signorina” Herman salutò Maddy.
Una mano enorme sfiorò la guancia della ragazza dandole un buffetto amichevole, ma lei a quel tocco si ritrasse con un brivido. Subito però si affretto a sorridergli, credendo di essere stata maleducata. Ma il signor Herman non sembrava offeso.
“Sì, davvero perfetta” commentò l’uomo con un sorriso freddo e un accenno di assenso verso i gemelli.
Per la prima volta da quando erano tornati a casa dopo il loro smarrimento, Maddy vide i due amici concedersi un sorriso spontaneo.
“Siete solo voi?”
“Sì, signore” disse subito Tom. “Per adesso. I nostri amici ci stanno per raggiungere”
“Aahh…bene, sì, molto bene”
Bill e Tom erano più soddisfatti che mai.
Maddy non poté fare a meno di pensare che i suoi amici e quell’uomo si conoscessero bene. Guardò un paio di volte dagli uni all’altro, ma poco dopo, Herman le porse i biglietti sorridendole di nuovo.
 “G-grazie” disse Maddy, notando un’altra cosa da aggiungere alle altre stranezze del giorno.
Tom aveva pagato estraendo i soldi dal portafoglio senza quasi guardarli, e il signor Herman li aveva riposti in una scatola di latta senza nemmeno contarli.
“A voi. Benvenuti alla mia mostra”
 
“Io dico di entrare adesso”
“No”
“Perché?!”
“Perché no”
“Che cacchio di risposta è?”
“Piantala, Bill, non rompere! Avevamo detto di aspettare il momento giusto, no? Bene, questo non è il momento giusto”
Bill si mise le mani nei capelli, letteralmente, e sospirò di frustrazione.
“Madobbiamo entrare! Dobbiamo!”
Erano rimasti dietro la siepe del parco davanti al Municipio attendendo per ore che Gustav, Maddy o Georg si facesse vivo in mattinata. Nulla.
Avevano dovuto attendere ancora e ancora, guardando sfilare dentro il portone dell’edificio, dal momento della sua apertura fino ad ora, decine di ragazzi come loro, alcuni un po’ più grandi, altri erano solo bambini, alcuni davvero piccoli.
Forse erano già stati trasformati in bambole di porcellana, pronti per essere portati a Isealina per il grande sacrificio.
Starno come accetti una cosa dal momento in cui scopri che sei l’unica persona a poterla affrontare e risolvere.
In realtà avrebbero solo voluto tornare a casa, ma non potevano. Non dopo aver scoperto cosa stava per accadere nella loro città. Anzi, cosa stava già accadendo.
“Fa un freddo cane” si lamentò Bill stringendosi nel giubbotto di pelle nera.
“Lo so, ho freddo anch’io. Ma che altro possiamo fare?”
Bill non rispose a Tom, si limitò a tenere lo sguardo fisso sulla strada, dove le macchine passavano e alcune di queste si fermavano. Da esse scendevano a volte solo figli, a volte intere famiglie.
Fu allora che i fratelli Kaulitz videro la cosa più strana che fosse mai capitata loro di vedere.
“Tom! Guarda!”
Il rasta si voltò in fretta e sgranò gli occhi dallo stupore, poi trascinò con sé il fratello costringendolo ad abbassarsi dietro la siepe. Un’altra macchia si era fermata di fronte all’edificio, l’ennesima, se non fosse che riconobbero in quella l’auto di loro madre. E dalla stessa stavano scendendo Maddy…e le loro copie.
I falsi Bill e Tom erano perfetti in tutto. Niente avrebbe potuto far sospettare che quelli non fossero loro, anche se c’era qualcosa di strano…il comportamento era quasi identico, ma mancava qualcosa. I gesti erano meccanici, e i visi…da quella distanza non poterono scorgerli bene, ma da quello che intravidero attraverso il fogliame, furono certi che i loro occhi tradivano qualcosa.
Non c’era calore. Non c’era umanità.
Rimasero immobili, nascosti, respirando appena, sperando che gli Zaninoni non fiutassero la loro presenza.
Un dubbio atroce salì alla mente di Tom.
“Bill” disse in quello che fu un sussurro appena udibile. “Quei cosi pelosi come avvertono se qualcosa non va? Voglio dire, come fiutano il pericolo?”
“Ti sei già risposto da solo” disse Bill con la voce ancora più bassa. “Annusano l’aria circostante, in continuazione, per capire se qualcosa può turbare la sicurezza del loro padrone…Davvero, Tom, dovresti leggere più libri”
Tom fece una smorfia. “Mmm…ha parlato Einstein!”
“Sssst! Vuoi che ci sentano?”
In quel momento il falso Tom stava dicendo: “Sì, mamma. Ma non siamo più bambini” e il vero Tom rabbrividì al suono della sua voce- anche quella identica all’originale, come tutto il resto- emessa da quell’essere che aveva preso le sua sembianze.
Poi i tre entrarono nel Municipio e l’auto della mamma ripartì.
“Sai” disse Bill con voce piatta, “ho come l’impressione che nessuno si sia accorto di niente. Non sospettano, non possono. Neanche mamma”
Gli occhi del ragazzo si inumidirono all’improvviso, ma Bill si affrettò a passarsi una manica sul viso e ricacciare le lacrime indietro.
Tom fece finta di nulla e non si voltò.
“Ritrova lo spirito d’avventura, fratellino. Ritrova il tuo ottimismo. Non volevi diventare l’eroe di Magdeburg?”
Allora si voltò e i due fratelli si sorrisero.
“E poi” aggiunse il rasta, “devi salvare la tua damigella in pericolo. Vedi? Non tutti i mali vengono per nuocere. Tu la salverai e lei ti dichiarerà il suo amore, poi tu farai lo stesso e vivrete per sempre felici e contenti”
“Da quando sei un esperto di queste cose?”
“Ehm…ho solo ripetuto quello che dice sempre Maddy. Lei sogna il principe azzurro, no? Che aspetti?”
Bill abbassò lo sguardo e sorrise ancora, ma più amaramente.
“Già…e se non riuscissi a salvarla? Se non fossi in grado di fare niente contro Solquest?”
“E io chi sono? L’ultima ruota del carro? Guarda che ci sono io con te. I fratelli maggiori servono a questo: a consolare i più piccoli e a dargli coraggio”
Bill guardò Tom contrariato. “Maggiore di che cosa? Sei nato dieci minuti prima di me!”
“Va bene, va bene…piuttosto, ora che facciamo?”
“Non lo so”
I due ragazzi diventarono molto seri.
Si alzò un vento gelido e il cielo si era fatto bianco promettendo neve prima di sera.
“Dobbiamo aiutare Maddy!” disse Tom preoccupato.
“Non siamo riusciti ad avvertirla” disse Bill stringendo i pugni e ritrovando tutto il suo coraggio.
“Georg e Gustav!” esclamò Tom a un tratto.
“Sì, aspetteremo che arrivino loro e proveremo…”
“No, non hai capito, Bill! Là! Guarda! Eccoli!”
I gemelli schizzarono in piedi abbandonando il nascondiglio.
“Ragazzi, siamo…!” gridò Tom per farsi sentire al di sopra della folla davanti al Municipio, ma si sentì strattonare all’indietro da Bill che lo aveva afferrato per il cappuccio della felpa che fuoriusciva dal giaccone.
Tom emise una specie di rantolo e si massaggiò il collo quando suo fratello lo lasciò andare, ma non prima di averlo trascinato di nuovo al sicuro.
“Mi vuoi strangolare?!” sibilò il rasta scoccando un’occhiataccia al gemello.
“Scusa, ma non puoi metterti a urlare così! Vuoi che gli Zaninoni, o peggio, Solquest ti vedano?! Sul serio, a volte mi chiedo dove ti dimentichi il cervello, perché sembra che tu non ce l’abbia!”
Tom sbuffò. Suo fratello però aveva ragione.
“Va bene, non dovevo urlare, ma dobbiamo avvertirli! Stiamo sprecando un’altra occasione, Bill, e non ce ne saranno altre!”
“Lo so” ribatté il fratello abbassando il capo. “Ma credo non ti sentirebbero comunque. L’incantesimo ipnotico di Solquest fa in modo che le menti delle persone si concentrino solo ed esclusivamente sulla mostra”
“E allora?”
“Come allora? Sul serio non hai capito?”
Tom guardò Bill con espressione vacua, ma poi capì.
“Non vorrai entrare?!”
“Ovvio. Te l’avevo detto fin dall’inizio che era l’unica possibilità. Cosa credevi, che sarebbe stato facile? Chiamarli, avvertirli, unirci per sconfiggere Solquest e poi tornarcene a casa vittoriosi?”
“B-bè no…certo che no. Ma se entriamo là dentro sarà come fargli un favore. E scusa se te lo dico, ma non credo usciremo di nuovo da lì, almeno non da esseri umani. E…” Tom fece una pausa ma si costrinse a continuare “E nemmeno i nostri amici”
Una grande tristezza invase i cuori dei due ragazzi. Rischiavano davvero di non vederli mai più.
“Lo so, Tom” sospirò Bill “Ma è l’unico piano che abbiamo”
 
La sala in cui Maddy entrò conteneva la collezione più incredibile e meravigliosa di oggetti antichi che avesse mai visto.
La ragazza trattenne il fiato davanti alle cento meravigliose bambole dai visi perfetti e dagli abiti multicolori, situate in una stanza a parte, quasi un ambiente più intimo e meno rumoroso. Dava l’idea che le piccole creature di porcellana non dovessero essere disturbate.
Anche lei aveva avuto dei giocattoli così, quando era più piccola. Ma queste…queste non erano come quelle che ora facevano bella posa di sé sulla mensola più alta della sua camera. Piccole bamboline abbigliate in modo molto semplice, che non potevano assolutamente essere messe a confronto con quelle della mostra.
Le bambole erano poste su piedistalli e illuminate da piccoli riflettori. In quella luce tenue e un po’ suggestiva, sembravano doversi muovere da un momento all’altro. Sembravano vive.
Bill e Tom gironzolavano lì intorno. Maddy si allontanò un poco da loro per osservare meglio due bambole in particolare.
Una aveva i capelli più neri della notte, l’altra, accanto alla prima, di un bel biondo scuro.
A differenza di tutte le altre, queste due si somigliavano moltissimo. Anzi, erano a dir poco identiche, solo il colore dei capelli traeva in inganno.
Madeline notò però una cosa alquanto strana…
Se le altre sembravano fin troppo vive, quelle a cui era di fronte lei ora avevano i visi spenti, come i faretti che avrebbero dovuto illuminarle.
Sì, erano diverse…E Maddy non provò la strana sensazione che aveva avuto nell’osservare tutte le altre. Quelle due erano solo bambole, non avevano nulla di strano o di particolarmente reale nell’aspetto.
“Maddy!”
Maddy sussultò spaventata.
Si guardò rapidamente attorno per vedere chi l’aveva chiamata, voltando le spalle alle due bambole gemelle. Ma non c’era nessuno. Bill e Tom non si vedevano più, forse erano tornati nel salone principale. La sala delle bambole era quasi vuota e le persone sembravano essere tutte prese dall’esposizione. Nessuno faceva caso a lei.
“Maddy! Vieni!”
Di nuovo. Qualcuno la chiamava, ma la fonte del richiamo non era lì intorno. Era una voce di ragazza, anche se strana e di un ottava decisamente più alta e acuta del normale.
“Ma chi…?”
“Proprio davanti a te, Madeline” disse la voce, stavolta più suadente e persuasiva.
E Maddy, ancora con le spalle rivolte alle bambole gemelle, vide dal capo opposto della sala qualcosa di straordinario.
Piano piano, con passo lento ma deciso, la ragazza attraversò la stanza diretta ad un nuovo piedistallo dove sopra era adagiata una magnifica bambola, la più bella che avesse mai visto.
Indossava un abito lungo da sera, azzurro, tempestato da mille lustrini che parevano danzare come piccole stelle. Guanti bianchi lunghi fin oltre il gomito, coprivano le esili braccia bianche. Ma la cosa più straordinaria erano i capelli. Lunghissimi, toccavano la base del piedistallo cadendo lungo la schiena della bambola in dolci onde del biondo platino più lucente che si possa immaginare. Sembravano fili d’oro chiarissimo.
I fissi occhi castani, grandi ed espressivi, si specchiavano in quelli della ragazza che erano dello stesso colore.
Per un breve istate, a Maddy parve che le piccole dita le facessero un cenno per indurla ad avvicinarsi di più. E Maddy obbedì. Doveva. Voleva. Sentiva l’assoluto bisogno di andare lì e toccarla, accarezzare i lunghi capelli setosi e l’abito soffice.
Era bellissima, una vera opera d’arte.
“Vieni, Maddy”
Vieni, continuava a ripetere nella sua testa. Vieni, la pregava.
Come resistere a una voce così dolce e fine, quasi cristallina? Come poteva ignorare il richiamo di una cosa tanto bella e perfetta? Voleva solo avvicinarsi ancora un po’, nessuno avrebbe detto nulla. In fondo, chi l’avrebbe vista? La sala era praticamente deserta. Nessuno avrebbe mai saputo…nessuno.
“Prendi la mia mano. Non aver paura”
No, non voglio. Non voglio toccarla! No!  gridava la mente della giovane, perché in fondo sentiva che era male, che c’era qualcosa di strano. In realtà aveva una gran paura, solo che il comando della voce era più forte di qualsiasi altra cosa.
“Sto sognando…” mormorò la ragazza incredula ma già con il braccio teso in avanti.
“Si, Maddy. Stai sognando”
 
Bill e Tom fecero con circospezione il giro dell’intero edificio almeno due volte, finché non trovarono via libera attraverso il portone sul retro.
“Finalmente la sicurezza se né andata” disse Tom a bassa voce, chiudendo piano la porta alle loro spalle.
Ora che erano all’interno del Municipio l’intera situazione pareva più semplice. Non c’era praticamente nessuno in giro, tutta la concentrazione era catalizzata sulla mostra.
Avanzarono attraverso un corridoio, poi in un altro più breve, fino a una porta di legno. Quando l’aprirono, si ritrovarono ad osservare decine di persone ammassate attorno a quadri antichi di varie dimensioni.
“Ci siamo” sentenziò Bill. “Questo dev’essere il reparto dedicato ai dipinti”
“Come ci orientiamo? Noi due non siamo mai stati in questa ala del Municipio, prima d’ora” chiese Tom facendo vagare lo sguardo qua e là.
“Vediamo” pensò Bill ad alta voce. “L’entrata principale è a sud, noi abbiamo fatto il giro attorno al palazzo, quindi ora dovremmo trovarci a nord. Le bambole sono quasi all’inizio”
“Ala nord, quindi, giusto?”
“Esatto. Ma dovremo stare attenti agli zaninoni, specie a quelli già tramutati in ragazzi umani”
“Pensi che siano molti?” chiese Tom a mezza voce.  
“Non ne ho idea. Però ricordati che ha solo cinque giorni prima del plenilunio, e uno è già andato”
Tom imprecò qualcosa di piuttosto incomprensibile e diede un calcio al muro.
“Ecco, questo è esattamente ciò che non devi fare” lo redarguì Bill con un tono un po’ troppo da saputello.
“Che cosa, scusa?”
“Attirare l’attenzione. Piantala, per piacere e fatti venire in mente qualcosa anche tu invece di far pensare tutto a me”
“Mi sati dicendo che sono inutile?” fece Tom alzando un sopracciglio.
“Più o meno”
“Ma che razza di…”
“Comunque bisogna sbrigarsi. I ragazzi potrebbero essere in pericolo”
“Già, Maddy poi è arrivata con quei due…”
“Ah, non farmici pensare!” sbottò Bill innervosito.
“Però, scusa, come facciamo ad avvertire lei e gli altri se non possiamo avvicinarci alle bambole? Perché abbiamo detto che non dobbiamo assolutamente farci vedere”
Bill sospirò. “Sì, lo so, è un problema, ma dobbiamo lo stesso rischiare. Dovremo stare attenti e trovarli prima che Solquest trovi loro”
“Ah…facilissimo” commentò sarcastico Tom.
“Dai, vieni” disse Bill afferrandolo per un braccio e attraversando la sala dei dipinti.
Capire dov’erano le bambole non fu difficile. Il più era riuscire a vedere Georg, Maddy e Gustav in mezzo a tutta quella confusione, e ancor più scorgere i falsi sé stessi.
Non entrarono nella stanza delle bambole, il ricordo della sera prima era ancora troppo chiaro e li faceva rabbrividire.
In quel punto esatto del Municipio, la notte precedente, erano stati quasi catturati dallo stregone. Ora era così diverso e pieno di voci...
Rimasero attorno alla porta scrutando i volti che passavano loro davanti. Al di là della folla si scorgevano in parte gli splendidi giocattoli in porcellana ritte sui loro piedistalli.
“Guarda le bambole” sussurrò Tom, che non aveva potuto fare a meno che guardare da quella parte, perché l’incantesimo era ancora molto forte e se non stavano più che attenti potevano caderci ancora.
“Sì, sembrano vigili” aggiunse Bill, il cui cervello lavorava frenetico in cerca di una soluzione.
“Dobbiamo dividerci” disse infine con tono deciso.
“Cosa?! No!”
“Sssttt! Non così forte. Sì, è l’unico modo. Così non li troveremo mai”
“Ma, Bill…”
“Hai paura, per caso?”
Tom assunse un’espressione alquanto offesa. “Certo che no! Per chi mi prendi?!”
Bill sorrise, soddisfatto dell’effetto che le sue parole avevano avuto sul fratello. Sapeva che se avesse toccato quel tasto, Tom si sarebbe infuriato e avrebbe fatto di tutto per non passare come un fifone. Non che lo fosse, ma Tom faceva più fatica di lui ad ammettere di avere un problema o di avere paura. Faceva un po’ il finto duro e in quel momento gli serviva che il lato spavaldo di suo fratello saltasse fuori.
“Molto bene, allora, ascolta: non possiamo restare qui e aspettare, ma non possiamo nemmeno girare a vuoto per il Municipio. Dovremo appostarci ad entrambi i lati della sala delle bambole. Vedi? Ci sono due porte, questa e quella laggiù in fondo, davanti a noi”
Tom guardò attentamente la direzione che gli indicava Bill. Dietro gli ultimi piedistalli, effettivamente, c’era una porta che il rasta non aveva notato.
Bill aveva sempre avuto un buon spirito di osservazione.
“D’accordo e poi?”
“E appena vedi qualcuno lo acchiappi e gli racconti tutto, anche se non vorranno ascoltarti”
“Che piano schifoso”
Bill si piantò le mani sui fianchi- sua tipica posa di quando si arrabbiava- e guardò Tom con occhi fiammeggianti.
“Hai in mente di meglio?”
“Mmm…no”
“Appunto! E poi è questo che dobbiamo fare, l’ha detto anche Calien, te ne sei già scordato? Avvertire più gente possibile, e noi cominceremo dai nostri amici”
“E se non fossero già più loro stessi? Se fossero già bambole e incontrassimo gli Zaninoni con il loro aspetto?”
“Un rischio che dobbiamo correre. Allora, sei pronto?”
Il rasta non rispose, ma afferrò velocemente il fratello nascondendosi dietro un’alta colonna. “Attento! E’ lui!” sibilò.
Bill rabbrividì e si irrigidì dalla paura. Non voleva voltarsi per controllare, ma fu più forte di lui.
Proprio in quel momento, il signor Hermann passò davanti a loro ed entrò nella stanza delle bambole, reggendone tra le mani grassocce una bionda vestita di rosa e pizzi bianchi.
“Non sono le bambole più meravigliose che abbiate mai visto?” chiese a un gruppetto di bambini e ragazzi che stavano tutti attorno a lui. In mezzo alla piccola folla c’erano anche i falsi Bill e Tom che sorridevano compiaciuti.
Una bambina dai riccioli biondi- proprio come quelli della bambola- batté le mani e saltellò felice. Ma il suo sorriso era strano, e il suo atteggiamento anche. Guardava il signor Hermann con ossequiosità e adorazione.
I veri gemelli Kaulitz seguirono la scena fino al momento in cui Hermann entrò nella stanza e pose la bambola su un piedistallo vuoto.
Poi una donna sovrastò il chiacchiericcio della folla con la sua voce assai preoccupata.
“Maria? Maria, dove sei?”
“Bill, guarda!” esclamò Tom agitato. “Quella non è…?”
“Sì, è l’amica di mamma. La signora Ferman”
Come se l’avessero chiamata ad alta voce, Noreen Ferman si voltò e li vide, camminando rapida verso di loro. Sul volto aveva un’espressione preoccupatissima.
“Ragazzi, che piacere vedervi” disse con voce tremante.
“Buon pomeriggio, signora”
“Avete per caso visto mia nipote?”
“E’ successo qualcosa?” si informò subito Bill.
“Non riesco più a trovarla. Io…io non capisco come sia potuto succedere. Avevo detto a Ella di badare a lei e a Adam, sono ancora piccoli e non possono girare da soli”
“Anche i suoi figli sono qui?” chiese Tom.
“Sì. Abbiamo accompagnato qui Maria, la cuginetta preferita di Ella e Adam. Ci ha tanto parlato di questa mostra e sembrava così felice…”
“Maria?” fece Bill e improvvisamente qualcosa gli venne in mente. “Non è per caso una bambina bionda e riccia?”
“Sì! Oh mio Dio, l’hai vista?” chiese la donna tra l’angoscia e il sollievo.
“Sì, credo sia nella stanza delle bambole, signora” rispose il moro con una voce piatta e stentata, ma la signora Ferman non se ne accorse da quanto era felice.
“Oh, grazie ragazzi, grazie!” e si precipitò nella direzione indicata da Bill.
I due fratelli tennero lo sguardo fermo su un punto imprecisato del pavimento.
“Sai cosa significa, vero?” disse Bill dopo un po’, ritrovando la voce.
“Sì. Che quella bambina che stava dietro a Solquest…era la cugina dei Ferman”
“No” scosse il capo Bill. “No, non la bambina, Tom. Ma la bambola. La bambola bionda con il vestito rosa che Solquest teneva in mano era Maria”
Tom sbiancò al pensiero che la piccola che avevano visto battere le mani felice fosse uno Zaninone travestito da umana.
“Dobbiamo muoverci!” esclamò il rasta afferrando la spalla del fratello e stringendo tanto da fargli male. “Anche Ella e Adam potrebbero essere sulla lista dello Zentyre!”
Bill ricambiò il suo sguardo con occhi pieni di determinazione e rinnovato coraggio.
Pochi secondi dopo, il gruppetto di ragazzi che prima circondavano Herman uscì dalla sala delle bambole e si sparpagliò qua e là.
I fratelli Kaulitz scorsero la signora Ferman che teneva per mano la bambina bionda e riccia, Maria, sgridandola e ammonendola a non farla mai più preoccupare in quel modo.
“Oh, se tua madre lo sapesse!” esclamò adirata.
Dietro di lei uscirono anche i figli, Ella e Adam. Lui aveva una faccia imbronciata, e cercava di ritrarsi dalla presa della sorella, esattamente come faceva Maria.
“Ma che vi è preso a voi due, oggi?” disse la ragazza scuotendo il capo.
“Dio mio, anche Adam è una bambola, ora” mormorò Tom incredulo.
“Spostiamoci” disse Bill. “Non voglio che la signora Ferman ci veda ancora. Se viene a ringraziarci gli Zaninoni sapranno dove siamo e in poco tempo lo scoprirà anche Solquest”
“Pensi che lui non sappia già che siamo qui?”
“No, penso di no. O ci avrebbe già sguinzagliato dietro i suoi pelosi servitori”
“Non è uscito con gli altri” fece notare Tom con aria sospettosa.
“Già. Chissà dov’è andato?”
Fu allora che, mentre cercava di sbirciare ancora dentro la sala delle bambole, Bill notò una chioma bionda familiare. Anche se voltata di spalle non poté non riconoscerla.
“Maddy!” esclamò a voce troppo alta.
“Cosa?”
“Tom è Maddy! E’ là dentro!”
Anche il rasta la vide e guardò suo fratello come per comunicargli qualcosa mentalmente. Ma non ce n’era bisogno, perché si erano già capiti.
“Ti aspetto qui”
“No” Bill scosse il capo. “Facciamo come ho detto prima. Cerca Gustav e Georg, in fretta. I nostri doppioni se ne sono andati appresso a Solquest, a quanto pare, sicuramente a rimirare la nuova preda. Per il momento abbiamo via libera. Non sprechiamo quest’occasione, Tom!”
“Va bene. Ma appena convinci Blondie, fammi uno squillo sul cellulare. Ti indicherò la mia posizione”
“Ok. E se non avrai ancora trovato Gus e Georg ti aiuteremo”
Tom annuì.
“Fai attenzione” disse Bill.
“Anche tu, fratellino”
Bill gli sorrise, alzò la mano in alto e Tom fece lo stesso nel classico gesto di darsi 'il cinque'.
Dopodiché, il moro corse come un razzo da dietro la colonna diretto verso l’esposizione di bambole.
La folla lo ghermiva, sembrava non volerlo far passare. Chiamò più volte Maddy, infischiandosene se qualcuno potesse sentirlo, ma doveva attirare la sua attenzione, avvisarla che correva un enorme pericolo.
Finalmente fu all’interno della stanza. Stranamente era vuota ad eccezione di lui e Maddy…e un centinaio di bambole, il trenta per cento delle quali erano già probabilmente ragazzi umani tramutati.
E c’era anche qualcos’altro in quella stanza che destabilizzò Bill per qualche secondo.
La sua testa si riempì all’improvviso di decine di voci e lui fu costretto a chiudere gli occhi e a prendersi la testa tra le mani per scacciarle.
Non capiva bene cosa dicessero, ma tutte urlavano. Non distinse le amiche dalle nemiche. Alcune sembravano volerlo avvertire, mandarlo via, altre attirarlo.
Infine si costrinse ad aprire gli occhi, perché doveva occuparsi di Maddy, mettere in salvo lei prima.
E l’angoscia e il panico lo invasero all’improvviso quando vide la sua migliore amica, la ragazza di cui era così innamorato, allungare un braccio verso una bambola biondissima avvolta in abiti azzurri. Un’espressione orribile si era dipinta sul volto di porcellana.
Non voleva sapere cosa sarebbe accaduto se Maddy l’avesse toccata, non doveva e basta.
E gli ritornò chiaro, come se stesse accadendo di nuovo, il ricordo del giorno precedente, quando lui e Maddy erano di fronte alla vetrina della libreria degli Alle- Center. Di come una strana figura mostruosa riflessa nel vetro avesse tentato di afferrare la ragazza.
Ora capiva che quella creatura spaventosa era uno Zaninone, cioè la bambola dai capelli biondi e l’abito azzurro che Maddy stava per toccare.
 “MADDY, NO!”
“Oh!” la ragazza sbatté le palpebre più volte mentre qualcuno la prendeva con forza per la vita e la trascinava indietro.
L’incantesimo si spezzò e lei tornò alla realtà. Ma nell’ultimo istante, prima di svegliarsi del tutto da quella specie di trance, le parve che un grido soffocato giungesse dal profondo della gola della bambola. Un suono raccapricciante, gutturale, che non aveva nulla a che fare con la vocetta di prima.
“Stai lontano! Non toccarla!”
“Bill! Che stai facendo?”
Maddy guardò il suo amico e notò subito che qualcosa era diverso dal Bill di quella mattina. Non aveva più lo sguardo freddo e distaccato, i suoi occhi erano di nuovo dolci e pieni di calore…anche se in quel momento sembravano guardarla preoccupati.
Anche l’atteggiamento era cambiato. Se nelle ultime ore aveva mantenuto le distanze da lei, ora la teneva ben stretta per i fianchi, vicino a sé, come per proteggerla.
“Stai bene?”
“S-si. Credo di si…no” ammise poi. Si strinse di più al ragazzo, appoggiando la fronte contro la sua spalla. Aveva la nausea e sentiva le gambe cederle.
Si sentiva scombussolata, quasi febbricitante. Era una sensazione stranissima e tremendamente orribile. Ma stretta tra le braccia di Bill provò immediatamente un grade sollievo. Si sentì a casa. E poi…bè, doveva ammetterlo, le piaceva stare così vicino a lui.
“Scusa. Ora mi passa”
“Ok…ehm…s-sediamoci da qualche parte” fece lui imbarazzato.
“Portami via di qui, Bill. Per favore”
Lui la guardò e vide che era pallida e agitata.
La condusse fuori dalla stanza delle bambole per una porta secondaria, sempre con una mano intorno al fianco.
Si ritrovarono nella sezione dedicata agli oggetti antichi e Bill trovò una sedia che faceva al caso loro. Era di legno riccamente intagliato e sembrava alquanto fragile.
“Oh, no” disse Maddy. “Non posso sedermi qui, questa è della mostra”
“Chi se ne frega! Tu non stai bene e ti siedi”
Bill si inginocchiò di fronte a lei e le prese le mani.
Quando l’aveva scorta là, davanti a quella bambola con il braccio teso, aveva avuto davvero paura come mai in vita sua. Aveva temuto di perderla.
“Dimmi che cos’hai visto” chiese Maddy tenendo gli occhi chiusi e tremando un poco.
“Niente. Solo…bè tu e quella bambola”
“Oh, Bill, io lo so che ti sembrerò pazza, ma…”
“Cosa ha fatto?” chiese lui.
Mady riaprì gli occhi. Bill sembrava assolutamente serio e lei sentì che poteva dire ciò che era accaduto. Lui non avrebbe riso.
“Mi ha chiamata. Sì, lei mi ha parlato nella mente e io…Oh, è assurdo!”
“Maddy, ascoltami…”
“Ragazzi, non potete stare qui” disse qualcuno alle loro spalle.
Bill trasalì e si voltò, pronto a fronteggiare chiunque fosse. Ma si trattava solo di un addetto alla sicurezza.
“Ci scusi, ma la mia amica non sta bene” si giustificò Bill
“Potete andare nella stanzetta là dietro” disse la guardia indicando una porta alle sue spalle. “Andate in fondo al corridoio, a sinistra c’è una sala d’aspetto. Se volete c’è anche un distributore automatico, così può bere qualcosa di caldo”
“Grazie” disse Bill.
L’addetto alla sicurezza li fissava un po’ sospettoso. “Sicuri che non serva una mano?”
“No, ho già chiamato mia madre. Sta venendo a prenderci” si affrettò a mentire Bill.
“Va bene. Comunque, chiamate pure qualcuno della mostra se non sta davvero bene”
“Certo. Grazie ancora” disse di nuovo Bill, ma in realtà avrebbe voluto dire tutt’altro…
Col cavolo che chiamo qualcuno! pensò, per poi rivolgere un sorriso rassicurante alla guardia che, senza fare altre domande, si allontanò.
“Sarà meglio cercare Tom” mormorò il ragazzo a mezza voce. “Vieni, dai” fece a Maddy porgendole la mano.
“Ce la faccio da sola” disse la ragazza alzandosi, ma dovette ugualmente appoggiarsi a Bill perché la stanza cominciò a girare.
“Guarda che non vi ho ancora perdonato a voi due”
“Come?”
“Oh non fare il finto tonto. Prima mi eviti e mi guardi come se fossi un insetto schifoso e ora fai il gentile per fati perdonare. Ma non attacca, Bill Kaulitz. E non approfittartene perché non sto bene!”
Con queste parole, Maddy lo precedette verso la porta indicata dalla guardia e poi lungo il corridoio fino alla sala d’aspetto.
“Maddy, mi dispiace. Qualsiasi cosa io abbia fatto, mi dispiace. Davvero. Ma vedi non…non ero io”
Lei si voltò a guardarlo perplessa. “Come sarebbe?”
Bill scosse il capo un paio di volte cercando di spiegare, ma non sapeva come fare.
“Siediti, ti prendo qualcosa dal distributore”
“Non mi va niente”
“Maddy, sei pallida” disse Bill, che aveva già inserito una moneta e schiacciato uno bottoncino.
La ragazza accettò il bicchiere di tè fumante facendo un debole sorriso.
“Ti ringrazio”
Bill sedette accanto a lei, vicino al termosifone sotto la finestra.
“Un buon tè è quello che ci vuole quando si è agitati o non si sta bene. Lo dice sempre mia madre”
Maddy sorrise ancora, stavolta più apertamente, mentre beveva un sorso. La bevanda la scaldò e le ridonò la completa lucidità.
Ci fu un attimo di silenzio poi Maddy parlò.
“Mi credi una sciocca, vero?”
“No, perché dovrei”
Lei si voltò verso di lui un pò stupita. “Bè, insomma ti ho detto che una bambola mi ha parlato!”
“Blondie, credimi, se ti raccontassi la verità, oltre a non credermi, mi giudicheresti più pazzo ancora”
“Oh, più del normale?”
Bill sorrise. “Sì”
“Ma mi credi? Bill, dimmi che mi credi”
“Certo che ti credo”
“Non dirmelo solo perché siamo amici” esclamò Maddy agitata. “Non sono pazza! La bambola mi ha parlato veramente!”
“Lo so che non sei pazza, Maddy. Io so cosa è successo in quella sala, prima”
“Lo sai?” chiese Maddy con gli occhi spalancati.
“Sì. So che hai sentito la voce di qualcuno, una voce alla quale non hai potuto resistere. So anche che avrai provato paura, ma che quel richiamo ipnotico era più forte di qualsiasi cosa”
“E’ esatto” la ragazza strinse lievemente tra le mani il bicchiere di carta ancora mezzo pieno della bevanda calda. Scottava, ma non le importava e quasi non lo avvertì da quanto era incredula per le parole dell’amico.
“E’ così che è andata. E’ così che mi sono sentita. Ma Bill, come…?”
“Maddy, ascoltami bene e non interrompermi, perché abbiamo già perso troppo tempo”.
Bill si mosse sulla sedia per guardarla dritta negli occhi. Maddy annuì in silenzio.
“Ti devo raccontare una storia assurda. Ieri notte è successo qualcosa di terribile”



Eccoci al decimo capitolo! Che ve ne pare? Che casino, eh? D'ora in poi abituatevi perchè comicnia l'azione! Yaaaahhhh!!!!! XD
Ci ho messo poco a scriverlo e anzi, non risucvo più a smettere.
Che posso dirvi? Teneri Bill e Maddy, no trovate? Oh, io li adoro insieme, secondo me sono perfettissimi <3
Che cosa succederà nel prossimo capitolo? Riuscirà Bill a raccontare alla'mica tutta la storia senza venire interrotto? Oppure sopraggiungeranno i nemici?
E Tom? Avrà trovato Gustav e Georg o i due ragazzi sono già stati sopraffatti dall'incantesimo di Solquest?
Seguitemi ancora e lo vedrete!

Ringrazio come sempre le mie affezionate lettrici
Alien__, DollyDiamondTK, Evangeline143, IwillN3v3rbEam3moRy moon queen
Fatemi pubblicità!!!!!! Non si dice lo so, ma ormai l'ho scritto... XD

Un bacio e vi auguro buone vacanze a voi che avete finito la scuola.
La sottoscritta invece lavora e le ferie non se le becca fino in agosto...sigh...
Susan

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Capitolo 13
*** Capitolo 11: Ciò che accadde alla mostra ***


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Capitolo 11:
Ciò che accadde alla mostra

 
Maddy ci mise un po’ a metabolizzare quel che Bill le aveva appena finito di raccontare.
Era partito dall’estate precedente, quando aveva cominciato a sentire una voce e a percepire che qualcosa sarebbe accaduto ma nessuno gli aveva dato importanza; era passato poi al mattino in cui lui e Tom avevano litigato riguardo alla mostra di antiquariato, a quando erano andati ai grandi magazzini ed erano entrati nella Grotta di Babbo Natale e avevano visto le immagini fluttuanti di due bambole che poi si erano rivelate quelle che Babbo Natale aveva donato loro, fino ad arrivare al momento in cui lui e Tom si erano persi e una forza misteriosa li aveva condotti fino al Municipio, dove Solquest li attendeva, pronto per tramutarli in bambole di porcellana così come aveva in programma di fare con altre decine e decine di ragazzi e ragazze. Ma lui e Tom erano riusciti a fuggire grazie anche all’aiuto di Calien, la Fanciulla prescelta della terra chiamata Ulum, che sorgeva un tempo dove ora c’era Magdeburg.
Il racconto fu piuttosto frettoloso dato che non avevano molto tempo per parlare, soprattutto perché Tom era in giro per l’edificio e con Solquest nei paraggi – sotto le mentite spoglie del signor Herman- e gli zaninoni, non era prudente lasciarlo troppo a lungo solo.
Ad ogni modo, Bill si era impegnato per ricordare i particolari più importanti e riferirli nel miglior modo possibile.
L’immagine della bambola da capelli biondi e il vestito azzurro che la chiamava, volteggiava ancora davanti agli occhi di Maddy e questo le bastò per non dubitare delle parole dell’amico.
La cosa strana era il comportamento di Bill, completamente diverso da qualche minuto prima.
Il ragazzo, dal canto suo, aveva preferito tralasciare fino all’ultimo il fatto che lui e Tom fossero stati sostituiti dagli zaninoni.
“Perché non me l’hai detto prima?” chiese Maddy un po’ risentita. “Perché tu e Tom vi siete comportati così…così da…”
“Da stronzi” concluse Bill per lei.
“Già, da veri stronzi” rincarò Madeline.
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata e un sorriso nervoso.
“Blondie, ascolta, c’è ancora una cosa che non ti ho detto”
“ E cioè? Non voglio segreti Bill, lo sai” disse risoluta guardandolo dritto negli occhi. “Perché non ne posso più di questa situazione. E’ insopportabile e ci sto male. Sembra quasi che mi odiate!”
“I due ragazzi che sono tornati ieri sera a casa non eravamo io e Tom”
Maddy rimase perplessa.
“Quando abbiamo lasciato il Municipio, ieri notte, non siamo tornati a casa. Non ci ha trovato nessuna macchina della polizia. Io e Tom abbiamo perso i sensi e non sapevamo dove ci trovavamo quando ci siamo svegliati”
“Sì…sì, mi hai detto che probabilmente è stata quella ragazza, Calien, ha trarvi in slavo, non è così?”
“Esatto. Forse era un sogno, o forse eravamo davvero in quello strano posto stellato assieme a lei, ma il punto è che a casa sono arrivate comunque due persone…che in realtà non sono affatto persone”
Qualcosa nello stomaco di Maddy si contrasse. “Cosa stai cercando di dirmi?”
“I due ragazzi con cui vivi tu, mia madre e mio padre, sono zaninoni”
Cosa?!” esclamò Maddy a voce troppo alta.
Bill la zittì, poi continuò. “Gli zaninoni prendono le sembianze dei ragazzi ai quali si sostituiscono. E Solquest deve aver mandato ugualmente due di loro a casa nostra con le nostre sembianze, forse per evitare che io e Tom potessimo raggiungervi e dirvi la verità. Vuole tenerci alla larga da chi possiamo avvertire del pericolo”
Gli occhi castani di Maddy si spalancarono all’improvviso. “Oh!” esclamò.
“Che succede?” fece Bill allarmato guardandosi alle spalle per controllare che dalla porta non fosse entrato nessuno.
“Ora capisco!” fece Maddy avvicinandosi di più a Bill. “Fammi vedere una cosa”
“Eh? Che cosa?...Che stai facendo?!” disse il ragazzo quando lei gli afferrò i capelli e li scostò per scoprire la base della nuca e rivelare il tatuaggio che Bill si era fatto qualche anno prima.
“Non c’era questa mattina” disse Maddy a voce bassa, più a se stessa che a lui.
“Di che stai parlando?”
“Del tuo tatuaggio, Bill. Di questo tatuaggio”
“Che cos’ha di strano? E’ sempre al suo posto” Bill alzò le spalle senza capire.
“No” Maddy scosse il capo. “No, non c’era per niente, invece! Ascolta: stamattina sono entrata in camera vostra e ho visto…bè, ho visto te che ti pettinavi i capelli all’ingiù e…ho avuto come una sensazione che ci fosse qualcosa di strano, che mancasse qualcosa. Lì per lì non avevo capito, perché era come se ci fosse una voce dentro la mia testa che mi dicesse che non era importante, ma ora lo so! Mancava questo” e indicò di nuovo il tatuaggio dell’amico, per poi lasciar andare i capelli corvini di Bill che gli ricaddero sulle spalle. “Niente tatuaggio, Bill”
“L’incantesimo di Solquest che domina le menti” sentenziò Bill. “Ecco perché le famiglie non si accorgono o non fanno caso al comportamento dei loro figli”
Maddy annuì. “Sì. Fa fare alla gente quello che vuole e può anche far dimenticare le cose. Ricordo di averlo letto da qualche parte”
Bill all’improvviso ricordò il consiglio di Calien di cercare informazioni e lo riferì a Maddy.
“Dovremo andare in biblioteca, allora” disse lei.
“Sarà difficile se quei due cosi ti ronzano sempre attorno”
L’orologio di Bill emise un lieve ‘bip’. Entrambi lo fissarono istintivamente.
“E’ quasi ora che tua madre torni a prenderci” disse Maddy.
“Dobbiamo trovare Tom, prima” fece Bill alzandosi in fretta. Poi si voltò a guardare Maddy che ricambiava lo sguardo ansiosa e ancora un po’ scossa.
“Hai un aspetto orribile” gli uscì detto senza volerlo.
“Bè, grazie tante!” sbuffò la ragazza.
“No, cioè, volevo dire…scusa Blondie”
“Lascia perdere” mormorò Madeline cercando di lisciarsi i capelli passandoci le mani.
Bill affondò le mani in tasca del giubbotto di pelle e sentì sotto le dita la carta e il fiocchetto del regalo che aveva comprato per lei.
In tutto quel trambusto se n’era completamente dimenticato.
“Ehm…senti Maddy, lo so che forse non è il momento più adatto, ma…ecco, volevo darti questo”
Bill si fece coraggio e le porse il pacchetto. “Il tuo regalo di Natale”
Deglutì un po’ nervoso, ma poi Maddy sorrise e prese il pacchettino dalla sua mano, così si rilassò e sorrise a sua volta.
“Volevo dartelo la sera della vigilia, ma non so come finirà questa storia, per cui ho pensato…”
Ma non riuscì a concludere la frase, perché Maddy gli buttò le braccia al collo in quel momento. Bill la sentì tremare ancora e la strinse a sé.
Restarono così per un po’, immobili e con gli occhi chiusi. Piano, il ragazzo le accarezzò i lunghi capelli biondi. Non avrebbe mai voluto lasciarla andare, voleva proteggerla, starle sempre vicino.
Infine Maddy sussurrò semplicemente “Grazie”, e si separò dall’abbraccio. A lui bastò.
“Sei importante per me, Maddy”
“Anche tu”
Si guardarono negli occhi un istante. Entrambi avrebbero voluto che quell’attimo durasse di più, ma ci sarebbe stato tempo, tutto il tempo che volevano per capire meglio cosa significava davvero essere importanti l’uno per l’altra.
Prima però, dovevano fare qualcosa di molto più urgente.
Come da programma, Bill prese il cellulare e fece uno squillo a Tom per avvertirlo che Maddy era con lui.
Purtroppo non ottenne risposta. O almeno, non subito…
 
Per circa dieci minuti, Tom vagò in cerca di Georg e Gustav senza risultati.
Aveva alzato il cappuccio della felpa per non far scorgere il suo volto. Era all’erta, i nervi a fior di pelle.
Non fu facile trovare i due amici in mezzo alla folla se non poteva arrischiarsi a mischiarsi troppo ad essa per paura che qualche Zaninone lo vedesse e andasse a riferire la cosa al suo padrone. Restava vicino solo a persone adulte, niente ragazzi o bambini.
Ogni dieci secondi controllava il display del cellulare per sapere se Bill avesse incontrato Maddy. Ma per il momento, nulla.
Quando rifece il giro una seconda volta, finalmente vide Gustav che veniva dalla sua parte. Si guardava attorno come in cerca di qualcuno.
“Ehi, Gustav!”
L’altro si voltò sentendosi chiamare. “Ah, bene. Oggi ti degni di rivolgermi la parola?”
Tom si bloccò. “Ehm…io…” balbettò senza capire bene.
Tom non poteva sapere come si erano comportati gli zaninoni nei confronti degli altri.
“Sei con Georg?” chiese per cercare di cambiare discorso.
Gustav sembrava perplesso. “Certo. Non ci eravamo messi d’accordo che ci saremmo trovati tutti qui?”
“Ah, si è vero. E ora dov’è?”
“Non so. Non riesco più a trovarlo”
 No…pensò Tom. Fa che non gli sia successo niente!
“Cerchiamolo, allora” propose il rasta.
Gustav lo guardò ancora poco convinto. “Ok” disse poi. “E Bill e Maddy dove sono?”
“Non ci crederai, ma li ho persi” mentì Tom prontamente.
“Speriamo che non si replichi l’avventura di ieri sera” commentò Gustav freddamente.
Evidentemente era davvero successo qualcosa, pensò Tom. Gustav sembrava arrabbiato e non era amichevole come sempre.
“Senti, ti chiedo scusa”
“Era ora”. Gustav si fermò e fronteggiò Tom. “Vi siete comportati da schifo, se vuoi la verità. Con tutti. Specialmente con vostra madre e con Maddy”
“Sì, noi…eravamo un po’…non eravamo in noi, ecco”
“Buona come scusa” sbottò Gustav, “ma non abbastanza convincente. Perché invece non mi dici una volta per tutte che è successo ieri notte? Così almeno ci mettiamo una pietra sopra a tutta questa stramba faccenda”
“Sì, credo sia il caso” disse Tom molto serio. “Ma stenterai a crederci, ti avverto. Faccio fatica persino io che ci sono in mezzo”
Gustav aggrottò le sopracciglia. “Di cosa parli? Che situazione? Non è che tu e Bill vi siete cacciati nei guai, vero? Voglio dire, guai seri”
“Bè…se ti dicessi di si?”
“Che avete combinato?”
“Noi nulla, te l’assicuro. Il fatto è che c’è di mezzo un certo Solquest. Il nome ti dice niente?”
“Chi? Lo stregone zentyre di cui parlano le leggende?”
“Precisamente”
“Che centra con voi?”
Tom ora capiva perfettamente come aveva dovuto sentirsi Bill quando nessuno gli aveva creduto riguardo alla storia della voce e della tempesta.
Decise che gli avrebbe chiesto di nuovo scusa non appena si fossero riuniti.
 “Senti, ridimi pure in faccia, ma ti assicuro che non mi sto inventando una balla. Ascolta, non starò qui a dirti i particolari, a quelli ci penserà Bill, che è molto più bravo di me in certe cose. Sappi solo che ieri sera, quando siamo usciti dai gradi magazzini e ci siamo persi, con noi avevamo quelle bambole di porcellana che ci hanno dato alla Grotta di Babbo Natale”
“Si, me le ricordo. Anch’io ho ricevuto lo stesso dono”
“Che cosa?!” esclamò Tom incredulo. “Bè, a questo penseremo dopo. Insomma, dopo che abbiamo lasciato gli Alle-Center ci siamo ritrovati qui al Municipio e per poco non siamo stati tramutati in bambole da Solquest. Per fortuna qualcuno ci ha aiutati”
“Chi vi ha aiutati?”
Tom guardò Gustav piuttosto incredulo. “Mi credi?” chiese, e all’improvviso si accorse di due cose.
Primo: Gustav non aveva affatto visto le bambole. Lui e Bill non le avevano mostrate a nessuno. Avevano solo accennato qualcosa agli altri, ma nulla di più.
Secondo: l’amico aveva uno strano sorriso che andava allargandosi sul volto.
“Me le ricordo benissimo quelle bambole, Tom Non sono le stesse che ci sono laggiù, su quei piedistalli?”
Tom si voltò un istante e vide che ora, lui e Gustav erano nella sala delle bambole. Come ci erano arrivati fin li? Non se n’era neanche accorto.
Ed effettivamente la bambola bionda col vestito d’argento e quella mora con l’abito verde erano nel centro della sala in bella mostra di sé.
“Ma tu non le hai mai viste. Come fai a sapere che erano proprio quelle?”
Una strana sensazione si impadronì di Tom. Cominciò a sudare freddo, l’agitazione prese il sopravvento. Poi la paura si impadronì di lui mentre guardava gli occhi di Gustav brillare di malignità.
“Chi diavolo sei, tu?” mormorò arretrando di un passo.
“Io sono Gustav” disse l’altro allungando una mano per afferrarlo, ma senza riuscirci.
Tom imprecò e scattò via, veloce come il vento, facendosi strada a zig-zag tra la folla che protestava quando si scontrava con qualcuno.
Il ragazzo afferrò in fretta il cellulare e schiacciò il tasto di chiamata rapida che gli permise in un volo di chiamare il fratello.
 
Bill e Maddy uscirono dalla saletta e tornarono alla mostra.
“Io mi dirigo di nuovo verso la sala delle bambole” disse Madeline “Loro mi aspettano là”
Con loro, ovviamente, intendeva i falsi gemelli.
“Va bene”
Il cellulare squillò in quell’istante.
“Finalmente! Tom deve aver trovato Gustav e Georg”
Bill rispose, ma non sentì dall’altra parte quello che si aspettava.
“Tom, dove sei?”
“Dov’è Maddy?!”chiese la voce affannata di suo fratello dall’altro capo del telefono.
“Qui con me”
“Portala via, subito!”
“Che sta succedendo?” chiese Bill allarmato. “Hai trovato gli altri?”
“Oh si, eccome! O forse sarebbe meglio dire che Gustav ha trovato me!”
“Che vuoi dire?”
“L’hanno preso, Bill! Hanno preso Gustav! Ho alle calcagna lo Zaninone che ha preso il suo posto! Forse a quest’ora è già una bambola!”
“No!” gridò il moro.
Maddy lo guardò spaventata. Bill ricambiò lo sguardo ma senza riuscire a dire nulla.
“Tom dove sei adesso?!”
“Sto correndo fuori dal Municipio!”
“No! Resta dentro! Ti veniamo incontro!”. Bill afferrò la mano di Maddy e la trascinò dietro di sé.
“Che succede?” chiese la ragazza.
“Tom è in pericolo”
“Bill, ascoltami! Uscite e andate a casa! Subito!”
“Scordatelo! Io non ti mollo qui!”
“Bill, mi è appena venuta in mente un cosa!” esclamò Maddy fermandosi di colpo. “Se uno di voi arriva a casa prima della sua copia, gli zaninoni non potrnno più rientrare, lo capisci? Non potranno presentarsi!”
“Maddy ha ragione! Andate!”disse ancora Tom che aveva sentito.
“Non senza di te!” tagliò corto Bill. “Ci vediamo all’uscita sul retro!”
Tom imprecò di nuovo ma alla fine si arrese ed entrambi riattaccarono.
Bill e Maddy corsero più che potevano verso le porte secondarie rifacendo la strada da dove erano venuti.
“Nascondiamoci!” disse Madeline all’improvviso tirandolo per un braccio.
Verso di loro stavano arrivando i falsi Bill e Tom, evidentemente in cerca di Maddy. Appena in tempo, lei e il vero Bill tornarono indietro di qualche metro e  si nascosero dietro una grossa cassapanca di legno.
“E ora che facciamo?” sussurrò il ragazzo.
“Senti, io devo tornare da loro. Cercherò di tenerli occupati in qualche modo”
“Fai in modo che non sappiano che il loro compare travestito da Gustav ha trovato Tom, ok?”
Maddy annuì. “Stai pensando che forse lo sanno già?”
“Non lo so. Gli Zaninoni si leggono nel pensiero?”
“Non ne ho idea”
Erano entrambi molto nervosi e ci volle ancora qualche secondo perché Madeline ritrovasse del tutto la calma.
“Non devono sospettare nulla. Comportati come prima” raccomandò Bill. “Sei pronta?”
Maddy fece un lungo respiro. “Pronta. Fate attenzione”
Bill la rassicurò e poi la guardò mischiarsi alla folla e raggiungere i falsi Bill e Tom.
“Dove diavolo è Georg, quando serve?” si chiese il moro ad alta voce correndo poi verso l’uscita.
 
Lo Zaninone che aveva preso le sembianze di Gustav non aveva mentito. Georg era sparito davvero dalla circolazione, ma solo perché si era ritrovato d’un tratto da solo.
Era arrivato alla mostra con l’intenzione di riappacificarsi con i gemelli e magari aiutare Bill a fare un passo avanti con Maddy. Ma quando lui e Gustav si erano ritrovati lì, nessuno degli altri tre si era visto.
“Sarà meglio andare a cercarli” aveva proposto Gustav e si era offerto di andare lui stesso. “Tu rimani qui e avvertimi se li vedi”
Niente di fatto, comunque. I suoi amici sembravano svaniti nel nulla.
“Sono tutti degli impiastri” pensò il ragazzo “Ho la netta impressione che quest’anno ce lo sognamo un Natale tranquillo”
Dopodiché si era allontanato dalla sua postazione, stanco di aspettare.
Girò qua e là osservando i vecchi oggetti d’antiquariato. Doveva ammettere che la mostra era stata davvero ben organizzata nei minimi dettagli. Sembrava soprattutto che le persone fossero attratte dall’esposizione di bambole di porcellana.
Georg non si intendeva per niente di bambole, essendo un maschio e non avendo sorelle, ma quando le vide rimase ammirato davanti a tanta eleganza.
C’era qualcosa di strano però nelle persone che entravano nella sala dell’esposizione. Alcuni dei ragazzi e delle ragazze più giovani, notò Georg, se ne stavano di fronte a una sola bambola, come ipnotizzati da essa. Un comportamento davvero strano…
Lui, dal canto suo, non ci vedeva niente di ipnotico in quei giocattoli. Certo erano molto ben fatti, a tratti parevano doversi muovere come fossero vive, e davano un certo senso di inquietudine se le si fissava troppo a lungo in quei loro occhietti dipinti e senza espressione, ma nulla di più.
Era stato ansioso anche lui di visitare quella mostra, ma non certo per quelle. Era roba da ragazze e da collezionisti.
Gustav era stato del suo stesso parere…almeno fino a quella mattina.
La prima volta che la signora Kaulitz aveva mostrato loro il giornale con l’annuncio della mostra avevano deciso di andarci più che altro per curiosità. Ma quella mattina, lui e Gustav erano andati di nuovo dai Kaulitz per sapere come stavano i gemelli, avevano salutato Maddy che aveva loro proposto di andare a pattinare e poi erano usciti di nuovo.
“Accidenti, ho scordato il cappello” aveva detto Gustav ed era corso indietro a prenderlo. Quando era tornato però, Georg aveva notato che in lui c’era qualcosa di diverso.
“Non andiamo più alla pista” lo aveva avvertito. “Si va tutti alla mostra di antiquariato al Municipio”
Georg non aveva replicato. Giorno prima o giorno dopo non faceva differenza, e se gli altri volevano andarci subito, ok.
Ma Gustav non aveva fatto altro che profondersi in apprezzamenti entusiastici, assicurando che non vedeva l’ora che arrivasse il momento.
“Che ci sarà mai di così eccezionale? E’ una mostra come tante” aveva pensato Georg.
Stavano succedendo cose davvero troppo strane ultimamente. In giro c’era un’atmosfera che non gli piaceva.
E non gli piaceva nemmeno la faccenda dei grandi magazzini.
Si chiese per un attimo se la signora Kaulitz avesse poi risolto la storia dei doni da restituire agli Alle-Center. Si trattava sempre di bambole, giusto? Gli pareva di sì, aveva sentito per caso Bill e Tom mormorare qualcosa in proposito. Insomma, c’erano sempre le bambole di mezzo.
Sospetto, era la parola giusta da usare. Stava succedendo qualcosa di sospetto a Magdeburg, lo notava anche nell’atteggiamento dei visitatori che gli passavano ora accanto.
Troppo euforici. Troppo…incantati. Sì, incantati da quelle bambole bellissime ma alquanto sinistre.
Mentre pensava a tutte queste cose, Georg si guardava in giro, ma ancora nessuna traccia degli amici.
“Con tutta questa ressa, è normale che non li veda”pensò.
Incrociò più volte la stessa donna che cercava il proprio figlio, angosciata.
Anche sul giornale aveva letto che c’erano state delle sparizioni durante le visite alla mostra e questo era uno di quei casi. Poco dopo però, ecco che il ragazzo con i capelli rossi (un tipo più o meno dell’età di Georg) riapparve e si lasciò abbracciare dalla madre che ringraziava chi l’aveva aiutata nella ricerca.
“Visto? E’ andato tutto bene” disse un uomo corpulento che Georg riconobbe come il signor Hermann.
La donna gli strinse la mano e l’uomo diede un’amichevole pacca sulla spalla al ragazzo, poi si allontanò dai due e venne verso di lui.
Georg vide che in mano reggeva una bambola dai capelli rossi e dall’abito color oro.
Senza degnare il ragazzo di uno sguardo, il signor Herman entrò nella sala, lo sorpassò, e mise la bambola su un piedistallo vuoto. Le riassettò il vestito e sorrise compiaciuto. Poi si allontanò sparendo dietro una porta con scritto ‘Privato’.
Georg, incuriosito da tutto ciò, si avvicinò piano alla bambola che Herman aveva appena sistemato.
“Georg vattene di qui!”
“Gustav, dove eri…?” fece il ragazzo voltandosi. Ma non c’era nessuno alle sue spalle.
Eppure aveva sentito chiarissima la voce del suo amico. Non poteva sbagliarsi. Lo aveva chiamato anche per nome.
“Vattene via di qui, prima che trasformi anche te!”
Georg si girò in tutte le direzioni, ma senza capire da dove venisse la voce di Gustav.
“Guarda alla tua destra”
Non voleva voltarsi. Non poteva. Era assurdo. Completamente assurdo. Cominciava anche lui a sentire le voci nella testa come Bill? Santo cielo, non era esattamente un buon segno…
Alla fine si voltò. Alla sua destra c’erano un sacco di bambole, ma il suo sguardo fu attirato verso una in particolare.
Aveva i capelli biondi chiari, corti, abbigliata in un lungo cappotto blu notte bordato di pelo bianco alle maniche e sul bordo inferiore. Sul capo portava un colbacco sempre blu, bordato anch’esso di pelliccia.
Georg, piano, si avvicinò fino a che non riuscì a vedere che gli occhi della bambola erano castani e tristi.
“Georg!” esclamò un’altra voce.
“Eh, no, ora basta!” fece lui e si girò di scatto. Ma stavolta non era la sua immaginazione, era Maddy che gli corse incontro.
“Dobbiamo andare, vieni!” disse lei tirandolo per un braccio. “Non stare in questa stanza, è pericoloso!”
“M-Maddy” balbettò il ragazzo guardandola con occhi sbarrati. “Una bambola mi ha appena parlato”
“Come?” fece lei a bocca aperta. “Come?!”
“S-sì, lo so che sembro completamente suonato, ma quella bambola…”
“Quale? Quale bambola ti ha parlato?” chiese l’amica molto agitata. “Oh, Georg non devi ascoltarla! Qualunque cosa ti abbia detto non devi assolutamente starla a sentire, capito?”
“Sì, sì, d’accordo ma il fatto è che quella bambola parlava con la voce di Gustav!”
“M-ma come… Ne sei certo?”
“Credo di saper riconoscere la voce del mio amico”
La situazione era quasi comica, almeno per Georg. Maddy sembrava addirittura credergli.
“Qual’era la bambola?” chiese ancora Maddy molto in fretta, collegando gli avvenimenti tra loro. Dal racconto di Bill alla telefonata di Tom.
“Quella lì, con il cappotto blu notte e il colbacco”
“Nessun’altra bambola ti ha parlato?”
“Blondie, mi prendi in giro?”
“Ma certo che no!”
“Aspetta, aspetta, aspetta” disse d’un tratto Georg facendo un sorrisino. “Mi state facendo un bello scherzo, dite la verità”
Ma Maddy non lo ascoltava più e si guardava attorno frenetica per controllare che nessuno vedesse.
Si avvicinò alla bambola bionda molto più di quello che aveva fatto Georg. Quasi poteva sfiorarla.
Sentiva qualcosa mentre la guardava, ma non era una sensazione strana e spiacevole come quella provata con l’altra bambola bionda con l’abito azzurro. La ‘sua’ bambola.
No, questa era diversa, più umana e familiare. Il viso era tondo e non affilato e malvagio, e gli occhi erano buoni e tremendamente tristi.
Georg guardava Madeline a bocca aperta senza capire che cosa stesse cercando di fare, finché la sentì rivolgersi alla bambola come se parlasse con una persona vera.
“Gustav, sei tu là dentro?”
“Sì, Blondie, sono io”
“Ok, se è uno scherzo è durato fin troppo!” sbottò Georg. “Maddy, piantala per piacere”
Ma Maddy non si voltò, continuò a fissare la bambola con aria incerta.
“Devo portarti via di qui. Bill e Tom sapranno cosa fare”
“No, andatevene, per favore!”supplicò la voce di Gustav.
Maddy assunse un’espressione determinata e l’idea che le era balenata in testa fin dal primo momento prese il sopravento.
Capiva ancora assai poco di tutta questa situazione di stregoni, bambole stregate e magie, ma una cosa la sapeva: non avrebbe mai lasciato uno dei suoi migliori amici nelle mani di un essere malvagio come Herman, Solquest o come diavolo si chiamava.
Maddy allungò la mano e afferrò la bambola per la vita togliendola dal piedistallo.
“Che stai facendo?!” esclamò Georg, e quasi contemporaneamente a lui un’altra voce rombò forte come il tuono.
“Metti giù quella bambola! Subito!”
Era il signor Herman ed era fremente di collera. Puntava un dito minaccioso verso la ragazza. Poi indicò un cartello accanto alla porta ‘VIETETAO TOCCARE GLI OGGETTI IN ESPOSIZIONE’
“Non sai leggere, per caso?”
“M-mi dispiace, io…mi dispiace veramente!” fece Maddy incapace di smettere di tremare ora che sapeva che quell’uomo era Solquest.
Era consapevole anche che molti sguardi, tra cui quello sbalordito di Georg, erano puntati su di lei. Molte persone si misero a bisbigliare e a scuotere la testa.
“Che cosa stavi facendo tu?” disse qualcun altro, e in un attimo, Bill e Tom erano al fianco del signor Herman.
Mancava solo Gustav. E Maddy, sapendo che qualche minuto prima stava inseguendo il vero Tom, sperò con tutto il cuore che i veri gemelli stessero bene, o sarebbe rimasta sola in quella situazione, perché era chiaro che Georg non le credeva. Anzi, la stava guardando come se non credesse al gesto appena compiuto dall’amica, perché sembrava proprio che la ragazza avesse intenzione di rubare quella bambola.
“I ladri vanno puniti come meritano” disse l’uomo ancora furibondo, incatenandola con quei suoi occhi di ghiaccio.
“Io non sono una ladra!”
“Oh, si che lo sei” disse Bill beffardo.
Tom piombò su di lei strattonandola per un braccio facendole male. “Restituisci immediatamente quello che hai preso! Non ti appartiene!”
“Lasciala stare!” si intromise Georg. “Non ho ben capito a che gioco state giocando voi due, ma mi piace poco”
“Togliti di mezzo, tu!”
“Non avevo intenzione di rubarla, volevo solo vederla!” si giustificò Madeline cercando appoggio in Georg.
“Diglielo che non lo avrei mai fatto. Mi hai visto, eri qui con me!”
“Tu?” chiese Herman. “Parla, ragazzo!”
“Io…” balbettò Georg incerto, guardando l'amica mortificato, non sapendo che fare.
“Georg” mormorò Maddy sentendo le lacrime affiorare.
“Scappa!”
Gridò d’un tratto la voce di Gustav dentro la sua testa e Maddy sentì la bambola con il cappotto blu scuro come pulsare tra le mani che ancora la stringevano saldamente.
“Non importa cosa penseranno di te! Vattene Maddy! Di corsa!”
E Maddy lo fece. Incurante di tutto e di tutti iniziò a correre. Li prese tutti talmente alla sprovvista da riuscire a superare senza difficoltà il signor Herman e gli Zaninoni travestiti dai gemelli.
“Al ladro! Al ladro!” gridò l’uomo. “Restituisci subito quella bambola, ragazzina, o sarà peggio per te!”
“Maddy, fermati!” gridò Georg correndole dietro.
Ma lei non si fermò.
Riusciva solo a pensare a Bill e a Tom, a dov’erano, se stavano bene.
Non sapeva dove sarebbe andata con quella bambola, ma la nascose in fretta sotto il cappotto in modo che fosse al sicuro. Doveva tenerla al sicuro!
“Devo uscire di qui, o mi uccideranno!” pensò Maddy correndo sempre più disperatamente.
La milza cominciava a farle male per lo sforzo, sentiva un gran caldo, ma ancora continuò…finché qualcuno non l’afferrò bruscamente per il cappotto e la costrinse a voltarsi.
“No! Lasciami!”
“Blondie, ma che cavolo fai? Sei forse impazzita?!”
Era Georg che l’aveva raggiunta più veloce di tutti gli altri.
“Lasciami andare, tu non capisci!”
Il ragazzo scosse il capo. “Voi siete andati tutti fuori di cervello, parola mia” e la lasciò andare.
“Ti prego, Georg, devi aiutarmi!” implorò Maddy ricominciando a correre verso l’uscita.
“Ma dove vuoi andare?!”
“Seguimi!”
Maddy sapeva esattamente cosa fare, era l’istinto che glielo diceva e lei dava sempre retta al suo istinto.
Se i veri Bill e Tom erano sul retro dell’edificio, lei sarebbe andata sul retro dell’edificio.
Uscì dalle porte principali spintonando una grossa comitiva di visitatori. Si sentì afferrare di nuovo e gridò, ma solo per scoprire che si era impigliata nella borsa di qualcuno. Strattonò e si liberò.
Adesso era fuori dal Municipio e Georg dietro di lei. Si guardò alle spalle e vide Bill e Tom alle loro calcagna.
Maddy sapeva che gli zaninoni potevano correre più veloci del vento se volevano, ma evidentemente, trasformati in umani, i loro poteri diminuivano notevolmente. Non erano veloci come avrebbero dovuto essere e questo le fece sperare di riuscire a seminarli, prima o poi.
“Maddy fermati!” gridò ancora Georg alle sue spalle, ma non ci fece caso.
Il ragazzo non capiva perché era successo tutto questo. Non capiva nemmeno perché stavano scappando da Bill e Tom.
Ma tutto gli fu chiaro quando Maddy arrivò in fondo al giardino che circondava l’edificio e voltò l’angolo. Lui fece lo stesso. Erano sul retro e dalla porta stavano uscendo tre persone che riconobbe all’istante: i gemelli e Gustav.
Maddy frenò bruscamente strisciando i piedi a terra, e Georg le sarebbe finito addosso se non avesse piegato alla sua destra.
Si voltò indietro quando sentì dei passi fermarsi alle sue spalle.
Era una scena surreale, impossibile. Bill e Tom erano dietro di lui ma anche davanti a lui. C’erano due coppie di gemelli, anche se sembravano diversi gli uni dagli altri.
Non si soffermò a pensare, non aveva senso farlo perchè tanto non avrebbe trovato una risposta da solo, ma voleva capire cosa significava tutto ciò, perché- sul serio- stava temendo seriamente di star divenendo pazzo.
 “Ma che diavolo sta succedendo qui?!”


Finalmente sono riuscita ad aggiornare! Spero che vi piaccia anche questo capitolo!
Stavolta, invece della solita foto, ne ho messa una di Bill e Maddy <3 Non sono carinissimi insieme? <3 <3 <3
Ringraziamenti come sempre a:

Alien__, DollyDiamondTK, Evangeline143, IwillN3v3rbEam3moRymoon queen
Un bacio,
Susan <3

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Capitolo 14
*** Capitolo 12: L'asso nella manica ***


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Capitolo 12:
L’asso nella manica

 
Doveva essere un sogno, altrimenti non sarebbe stato possibile spiegare quello che vedeva.
Georg era preda dello sgomento più completo. La mente correva per cercare una soluzione, ma più pensava e meno capiva.
Maddy sembrava voler fuggire dai suoi amici Bill, Tome Gustav, che la inseguivano per recuperare la bambola con il cappotto blu notte e i capelli biondi, che la ragazza stringeva ancora al petto, sotto il cappotto.
Santo cielo! Ancora quelle maledette bambole! Possibile che fossero così speciali? Perché tutti accorrevano a vederle? Perché sembravano irrimediabilmente attratti verso di loro?
Che c’era qualcosa di strano lo aveva capito da subito, ma adesso…
Adesso davanti a lui era comparsa la scena più surreale alla quale avesse mai assistito: due coppie di gemelli, una davanti e una dietro di lui.
Georg li osservò tutti e quattro e notò immediatamente che i loro visi erano diversi.
I volti dei due che avevano inseguito Maddy erano una maschera di cattiveria. Ghignavano sinistramente, soddisfatti per essere finalmente riusciti a stanare la loro preda. E la stessa loro espressione l’aveva Gustav, che avanzò il quel momento e si affiancò agli altri due.
 “Adesso siete in trappola” disse malevolo il falso Tom, guardando dritto negli occhi i veri gemelli.
 “Che diavolo sta succedendo?!” ripeté Georg alzando la voce, perché nessuno sembrava prestargli attenzione.
I due gemelli Kaulitz che avevano inseguito Maddy e Georg, superarono bruscamente quest’ultimo, sbattendogli contro e facendoli male, e poi afferrarono Maddy per le braccia.
“Lasciatela stare!” gridarono a una sola voce Georg e gli altri Bill e Tom.
Erano tre contro tre.
“Lasciatela!” disse d’un tratto la voce di Bill.
Tutti si voltarono a guardarlo e videro che sul volto aveva un’espressione fiera, senza la benché minima ombra di paura. La voce era la sua, ma era alterata da un tono al quale era impossibile non obbedire.
Con grande incredulità, Georg vide i carcerieri di Maddy ritirarsi, lasciarla, ed emettere un ringhio rabbioso e gorgogliante.
“Dio mio” mormorò, rendendosi conti che le cose erano molto più complicate di quanto poteva immaginare. Gli sembrava tanto di essere il personaggio di uno di quei telefilm fantastici che piacevano tanto a Maddy e a Bill.
Il rumore della folla che aveva seguito i ragazzi fuori dal Municipio arrivò alle loro orecchie.
Gustav si riprese dal comando della voce di Bill e scattò da quella parte, seguito dai falsi Bill e Tom.
“Eccoli!” gridò Gustav. “Sono qui, signor Herman! Li abbiamo trovati!”
Tom tirò il fratello per la manica del giubbotto di pelle. “Dobbiamo nasconderci, Bill! Muoviti!”
Il ragazzo moro guardò Maddy. Non voleva lasciarla sola in quella situazione.
“Blondie…”
“Vai. C’è Georg con me”
Bill parve in qualche modo rassicurato e poi si rivolse all’amico.
“Fai in modo che non le succeda niente, ti prego, Georg”
“Io…va bene, ma…”
“Ragazzi!” esclamò una voce famigliare.
Maddy e Georg si voltarono e videro la signora Kaulitz venire verso di loro, mentre alle sue spalle, alcuni addetti alla sicurezza facevano tornare nell’edificio il capannello di curiosi che erano usciti a vedere che cosa stava succedendo.
Georg si voltò indietro e vide che Bill e Tom erano scomparsi chissà dove.
Ora erano rimasti solo i quattro ragazzi, Maddy e il signor Herman. Il vento freddo sferzava i loro volti.
“Santo cielo, Madeline, che cosa è successo?”
“Signora” intervenne Herman squadrando la donna da capo a piedi. “Lei è la madre di questa ragazza?”
“No, ma è come se lo fossi. Che cosa è accaduto?”
“Sono desolato di doverglielo dire, ma la signorina ha tentato di rubare una bambola della mostra. Una bambola che ha un altissimo valore”
“Che cosa?!” esclamò Simone incredula. “Che cosa sta dicendo? Tutto questo è impossibile?”
“Invece è proprio così, mamma” disse il falso Bill avanzando.
“E’ una ladra!” esclamò Tom, puntando un dito accusatore contro Maddy.
“Non è possibile. E’ completamente assurdo” disse Simone scuotendo il capo. “Maddy?”
La ragazza non rispose. Stava a testa china in mezzo al cortiletto sul retro del Municipio, con gli sguardi di tutti puntati su di lei. Sentiva le lacrime pungerle i lati degli occhi. Non sapeva cosa fare. Avrebbe desiderato con tutto il cuore che i veri Bill e Tom fossero lì con lei, che Bill le tenesse la mano e Tom affermasse che non aveva rubato niente, con il suo solito tono spavaldo.
Ma loro non c’erano, erano dovuti fuggire di nuovo per nascondersi da Solquest. Anche se ormai, il mago avrebbe saputo ugualmente che loro erano lì. Gli zaninoni glielo avrebbero riferito quanto prima.
“Maddy?” ripeté Simone avvicinandosi e facendole sollevare il viso con dolcezza. “Dimmi che non è vero”
Ma ancora Madeline non aveva il coraggio di rispondere, non dopo che aveva sentito dire da Simone che lei era come una figlia per quella donna.
In un certo senso Maddy l’aveva sempre saputo, e a sua volta, aveva sempre considerato la madre di Bill e Tom un po’ come se fosse anche la sua mamma. Ma sentirlo dire ad alta voce faceva tutto un altro effetto e ora lei stava per spezzare il cuore della donna che l’aveva cresciuta.
“Temo proprio che sia vero, cara signora” disse Herman, i cui occhi di ghiaccio dardeggiavano pericolosi verso la ragazza. “L’abbiamo vista tutti. Ci sono dei testimoni, quindi non ha senso che lo neghi”
“Georg, anche tu eri con lei” disse Gustav. “Non è così?”
“Già. Probabilmente l’hai aiutata a rubarla!” disse Bill.
“Cavolate!” sbottò Georg, che cercava di venire in aiuto di Maddy come poteva, visto che di quella situazione capiva ancora ben poco. “L’avete spaventata a morte, povera Blondie, per questo è scappata. Le avete corso dietro come una banda di pazzi furiosi!"
“Zitti tutti quanti!” intimò Simone alzando una mano. “Sono certa che esista una spiegazione. Conosco Maddy troppo bene per essere certa che non farebbe mai un gesto simile”
“Le persone non si conoscono mai abbastanza” mormorò Georg fissando Bill, Tom e Gustav.
Maddy era ancora senza parole, immobile, gli occhi castani pieni di lacrime represse. Avrebbe tanto voluto che in quel momento una voragine si spalancasse nel terreno e la inghiottisse.
Sentiva battere il piccolo cuore della bambola dentro la quale era imprigionato Gustav, e mai come in quel momento si rese conto che dentro il corpicino di porcellana c’era una persona viva. Uno dei suoi migliori amici.
“C’è soltanto un modo per scoprire come stanno le cose” sentenziò infine Herman rivolto a Maddy. “Apri il giaccone e facci vedere cosa nascondi. Subito!”
Maddy rabbrividì e riconobbe in quel tono la magia ipnotica di Solquest.
“NO!” esclamò, sopraffatta dal desiderio di proteggere la bambola, stringendo ancor più le dita attorno ai risvolti del cappotto.
“Per favore, tesoro, fa come ti dice” disse Simone con tono preoccupato. “Cosa nascondi là sotto?”
“N-niente! Lasciatemi stare!” Maddy fece un passo indietro e si fermò, ora con le spalle al muro.
Guardò uno per uno le persone che la circondavano: quelli avevano l’aspetto delle persone che amava, ma erano i suoi nemici. Nessuno poteva aiutarla se non Georg, ma lui non sembrava ancora convinto di niente. In quanto a Simone, non poteva spiegarle cosa stava accadendo.
Un’onda di disperazione la invase quando vide il signor Herman avvicinarsi e allungare le mani verso il giaccone, aprirlo con forza e afferrare la bambola per poi alzarla e mostrarla a tutti.
Gustav emise un’esclamazione di trionfo e Bill e Tom guardarono Maddy con due ghigni esaltati.
Georg abbassò il capo e non disse nulla.
La signora Kaulitz era a dir poco allibita.
“Non posso crederci! Madeline! Perché hai fatto una cosa simile?!”
Maddy scoppiò in lacrime e si coprì il volto con le mani.
Le sue non erano lacrime di umiliazione, anche se provava un gran dolore nell’aver deluso Simone con un gesto del genere. Il dolore più grande era quello che sentiva per non essere riuscita a proteggere la bambola. Aveva fallito.
 
Il ritorno a casa fu l’esperienza più orribile mai vissuta da Madeline prima d’ora.
Era seduta sul sedile anteriore dell’auto di Simone, che guidava in silenzio.
Bill, Tom e Gustav si fermarono ancora per un po’ in giro per i negozi di Magdeburg. Gustav doveva prendere l’ultimo regalo, anche se Maddy era più propensa a credere che i tre zaninoni sarebbero tornati alla mostra per ricevere ordini dal Solquest. Forse si stavano preparando a dare la caccia a Bill e Tom.
Chissà dov’erano finiti? Stavano bene? Dove sarebbero andati?
“Vieni con noi Georg?” chiese Tom.
“No, grazie. Ne ho avuto abbastanza per oggi. Mi può accompagnare a casa, signora Kaulitz?”
“Ma certo”
Quando arrivarono, Georg salutò e scese dall’auto.
Maddy cercò di guardarlo negli occhi per capire il suo stato d’animo, se era arrabbiato, deluso o altro. In fondo aveva visto anche lui i falsi gemelli e il falso Gustav, no? Aveva sentito la voce del loro amico provenire dalla bambola con il cappotto blu. Possibile che ignorasse tutta la faccenda senza dire niente?
Ma le domande di Maddy rimasero senza risposta, perché Georg voltò le spalle e si incamminò verso casa.
La signora Kaulitz ripartì, fece un paio di curve e parcheggiò davanti a casa.
Quando entrarono, Maddy si preparò all’inevitabile.
Sedute sul bordo del letto in camera della ragazza, Simone cominciò a parlarle con voce calma e pacata.
“Non aver paura, Maddy, voglio solo capire cos’è successo. So che non sei una ladra, ma quello che hai fatto somiglia molto a un furto. Che volevi farci con quella bambola? Sai che è un oggetto di estremo valore? Il signor Herman è stato buono a non denunciarti alla polizia e poteva succedere, sai? Che cosa avrebbe detto tuo padre?”
Maddy rabbrividì. Le lacrime riaffiorarono in fretta e il tappeto rosa ai suoi piedi si trasformò in una macchia sfocata.
“Mi spiace Simone, io non…non so cosa dire. Lo so che ho preso quella bambola e sono scappata via, ma non volevo rubarla, te l’assicuro!”
Maddy tentò di spiegare l’intera faccenda, ma il suo racconto suscitò solo incredulità. Non riusciva a farsi capire come avrebbe voluto.
Come poteva spiegare il senso di pericolo che aveva sentito aleggiare attorno a sé? Tutta la mostra ne era impregnata, come un sudario di nebbia che avvolgeva ogni cosa e persona presente nel Municipio.
Avrebbe voluto raccontare a Simone della voce di Gustav provenire dalla bambola con il capotto blu. Che quel giocattolo pulsava di vita, perché in esso era imprigionato proprio lui, e per questo motivo aveva cercato di portarlo via da quel luogo malefico.
E Bill e Tom? Come dire a Simone che quelli che vivevano con lei non erano i suoi figli, ma due mostri dalle sembianze umane?
E poi, sopra tutto, c’era la visione terrificante della bambola dai capelli biondi e il vestito azzurro a lustrini. La sua immagine continuava a tornarle in mente insistentemente anche se Maddy faceva di tutto per allontanarla.
Ma intanto, anche se avesse rivelato tutte queste cose a Simone, lei non le avrebbe creduto. E come darle torto? Maddy stessa era consapevole di come sembrasse delirante tutto quel parlare di bambole, mostri e magie. Eppure era vero, stava succedendo a lei.
Stava succedendo a Magdeburg.
Simone fece un sospiro esasperato e si alzò dal letto.
“Continua a non capire cosa ti sia preso. Dovrò parlarne con tuo padre. Mi spiace, ma fino al suo arrivo, la vigilia di Natale, te ne resterai in casa. Non c’è altra soluzione”
Maddy non disse nulla, e quando finalmente Simone lasciò la camera, continuò a starsene seduta sul letto in silenzio.
Come sempre in certi casi, quando si cerca di non pensare a qualcosa di spiacevole, quella cosa continua a tormentarci la mente fino allo sfinimento.
Così era per Maddy che, sdraiatasi sul materasso, sola nella sua camera, si interrogava su tutti i fatti straordinari e spaventosi di quel giorno.
Pensava a recuperare la bambola e salvare Gustav.
Pensava a Georg, l’unico amico rimastole con cui poteva confidarsi e che ora la credeva una ladra con tutte le rotelle fuori posto e probabilmente non le avrebbe mai più rivolto la parola.
Pensava in continuazione ai gemelli. Era preoccupatissima per loro. Aveva combattuto per tutto il tempo sull’arrischiarsi a chiamarli o no al cellulare per sapere se stavano bene, finché il telefono non si illuminò e Maddy saltò i piedi afferrandolo dalla scrivania.
Era un messaggio di Bill che la rassicurava. Erano in un posto sicuro, non diceva dove, ma l’avvertiva che qualcuno sarebbe venuto a prenderla l’indomani mattina presto e di farsi trovare pronta.
Maddy strinse il telefono e tirò un sospiro di sollievo.
Per un attimo le balenò la folle idea che potesse essere una trappola, ma lo scacciò immediatamente. Chissà chi sarebbe venuto?
Pensando e ripensando ancora, scese la sera. Fuori aveva cominciato a nevicare, ma Maddy quasi non se ne accorse.
Stanca e incredibilmente spossata, Maddy voleva dormire ma aveva paura di addormentarsi, perché tutte le volte che chiudeva gli occhi appariva l’immagine della bambola bionda della mostra.
Alla fine si assopì. Nella testa sentiva uno strano ronzio, le sembrò persino che qualcuno la chiamasse…
Di colpo spalancò gli occhi e si tirò su. I lunghi capelli biondi le finirono davanti agli occhi.
Con un gesto frenetico, Maddy prese un nastro per capelli dal cassetto del comodino e raccolse la chioma in una coda.
Cercò di calmarsi e si sedette volutamente in una posizione scomoda per evitare di prendere sonno un’altra volta. Voleva rimandare quel momento il più possibile. Si mise sul bordo del letto e si tirò le ginocchia fino al mento, dove lo appoggiò stringendosi le gambe.
Più tardi, quando tutti gli altri erano orai andati a dormire, Simone salì in camera di Maddy a portarle un piatto di minestra calda.
“Maddy, cosa fai seduta lì al buio?”
Simone accese la luce e la ragazza strizzò gli occhi alla luce improvvisa.
“Quando sono tornati Bill e Tom?” chiese Maddy.
“Per la verità non sono tornati. Si sono fermati a dormire da Gustav”
“Chissà perché non mi stupisce” mormorò la ragazza.
“Devi mangiare qualcosa”
“No, non mi va niente”
“Avanti, Maddy, non è facendo lo sciopero della fame che risolverai i tuoi problemi”
“L’hai detto a Gordon?”
Simone la guardò. “Sì”
“Mi odiate tutti, non è vero?”
“No che non ti odiamo! Come ti viene in mente una cosa simile?!”
“Loro mi odiano. Bill e Tom. Mi odiamo”
“No, non è vero”
“Tu non capisci, Simone”
“Capisco che voi adolescenti sapete essere veramente cattivi tra di voi, a volte. Avete le vostre regole e guai a chi le infrange. Ma, francamente, mi sembra impossibile che i gemelli prendano ad odiarti dal giorno alla notte. Se avete litigato, e non sarebbe la prima volta, farete pace entro un paio di giorni al massimo”
Maddy non replicò. Per quanto avrebbe tentato, Simone non avrebbe mai capito.
Mangiò pochissimo e poi si lasciò mettere a letto docilmente.
“Dormi bene, cara” disse la donna dandole un bacio sulla fronte.
Quando Mady si addormentò, fu tormentata dagli incubi. Era inevitabile, la bambola bionda era di nuovo davanti a lei e ripeteva sempre le solite parole: “Unisciti a noi!”
Poi vide creature mostruose, coperte di pelo ispido, arrivare alle spalle della bambola e afferrarla per le braccia e le gambe, trascinandola verso una strana isola avvolta dalla nebbia. E sulla rupe più alta stava un uomo con la barba e i capelli neri: Solquest che la accoglieva con un sorriso maligno.
Maddy chiamò più volte i nomi di Bill, Tom, Gustav e Georg, ma loro non c’erano. Era sola.
D’un tratto però, le creature pelose la lasciarono andare, emettendo suoni bassi di paura. Solquest divenne serio e la nebbia si chiuse su di lui. L’isola scomparve e tutto divenne buio.
Quando Maddy si svegliò, l’oscurità più completa l’avvolgeva. Si tirò su a sedere e percepì di essere stata distesa su un duro pavimento invece che sul morbido materasso.
Interdetta, si volse nella direzione dove avrebbe dovuto trovarsi la finestra, ma…non c’era. Non era più in camera sua.
Maddy trattenne il fiato così forte che sentì l’eco della sua esclamazione invadere quel luogo buio.
Sì buio…ma allora perché riusciva a vedersi? Se ci riusciva, significava che c’era una qualche fonte di luce vicino a lei, eppure tutto attorno era nero come la notte. Anzi, ancor più della notte.
Non c’erano luci e non c’erano ombre. C’era solo lei in una stanza nera. Ammesso che fosse una stanza…
Un po’ impaurita, Maddy mosse un piede in vanti, ma ci ripensò subito e rimase dov’era.
Fu allora che qualcuno parlò.
“Finalmente, Madeline. Mi domandavo quando ti avrei incontrata”
Maddy trasalì e si voltò.
Il buio cominciò a diradarsi e il luogo oscuro si puntellò di tante piccole luci, forse stelle. Le sembrava di essere sospesa nel cielo notturno se non fosse stato che i piedi erano ben piantati su una superficie solida. Maddy abbassò lo sguardo e vide che il pavimento era simile a marmo nero e lucido.
Quello era il luogo che le aveva descritto Bill quel pomeriggio al Municipio.
Poi, davanti a Maddy prese forma dall’oscurità una figura femminile.
“Io so chi sei!” esclamò la ragazza emozionata. “Bill mi ha parlato di te. Tu sei Calien!”
La fanciulla bionda sorrise. “Sì” disse, “Sono proprio io”
Maddy sentì la paura svanire e guardò i grandi occhi color zaffiro dell’altra. Erano buoni e gentili.
Senza pensare se fosse solo un sogno o no, Maddy cominciò a parlare a raffica.
“Calien, mi devi aiutare! Sono andata alla mostra oggi e ho visto cose spaventose! Hanno peso Gustav, l’hanno trasformato in una bambola e…”
“Calma, Madeline, calma. Lo so, sono al corrente di ciò che è accaduto oggi. Il mio compito è vegliare su di voi”
“Allora sai come aiutarmi?”
“Ci proverò”
“Grazie!”
Maddy fissò per un attimo la figura evanescente davanti a lei.
Calien aveva l’aspetto di una ragazza più o meno di sedici anni, ma poteva avere qualsiasi età. Era chiaro che non apparteneva alla razza umana, e non solo per l’aspetto etereo che la faceva somigliare moltissimo alle fate raffigurate sui libri di fiabe, ma soprattutto perché sprigionava un’aura di serenità e calore.
E quando si lanciò nel racconto di quel pomeriggio al Municipio, non provò brividi di paura e angoscia nel ricordare i volti malvagi delle bambole e degli zaninoni.
“Sono rimasta da sola, Calien, cosa devo fare?” disse infine Maddy.
“No, non sei sola. C’è qualcuno che può ancora aiutarti”
“E chi? Bill e Tom potrebbero aiutarmi, ma loro…”
Nel pensare ai gemelli, Maddy si sentì triste all’improvviso.
“Non ti sei accorta di niente, oggi, alla mostra?”disse Calien.
Maddy cercò di ripercorrere in fretta tutti gli avvenienti, ma non le venne in aiuto nessun aneddoto.
“Pensaci, Madeline. Chi è che non è stato toccato minimamente dall’incantesimo delle bambole?”
E come un fulmine a ciel sereno, la soluzione a tutti i problemi arrivò. L’aveva sempre avuta davanti agli occhi e non se n’era resa conto.
“Georg!”
“Brava”
Era vero! Georg non era stato colpito dall’incantesimo di Solquest.
Sì, si era dimostrato molto entusiasta all’idea di andare alla mostra, questo era vero, ma d’altro canto, anche molti adulti, tra i quali Simone, si erano interessati alla mostra di antiquariato. Solquest aveva esteso la sua magia su tutta la città, in modo che tutti provassero il desiderio di visitarla. Così i genitori non avrebbero avuto nulla da ridire se i figli erano così ansiosi di andarci, e non avrebbero sospettato nulla. Li avrebbero accompagnati personalmente incontro al terribile destino che attendeva molti di loro oltre quelle porte.
Ma dall’essere preda dell’incantesimo, all’essere sulla lista dei cento giovani di Magdeburg destinati al grande sacrificio, c’era una notevole differenza.
E se Georg non era sulla lista dei prescelti, non avrebbe rischiato di venire trasformato in una bambola; uno Zaninone non avrebbe mai preso le sue sembianze; Georg avrebbe sempre potuto aiutare gli altri.
Georg era l’asso nella manica!
“Ma lui non mi crede, non mi aiuterà” disse d’un tratto Maddy. “Pensa che io abbia volutamente rubato quella bambola. Tutti lo pensano. Mi odia, ne sono sicura, non mi starà nemmeno a sentire”
“Devi tentare. Georg è l’unico di voi che Solquest tiene meno d’occhio. Per lui non è una gran minaccia, visto che sa che non crederà ai vostri racconti. Ma voi dovete convincere Georg a credere”
“Come posso fare?”
“Per prima cosa devi trovare il modo di comunicare con Bill e Tom e aiutarli a nascondersi”
“E dove?”
“Non ti viene in mente nessun altro che possa darti una mano?”
“No, a parte Georg non c’è nessuno”
“Allora dovrai trovare un’altra soluzione. Maddy, non perdere la speranza e tutto si aggiusterà. Trova Bill e Tom e porta anche Georg con te. Dovrete essere tutti uniti se volete salvare Gustav”.
Maddy sbarrò gli occhi. “Dovremo tornare al Municipio?! Ma come facciamo? Solquest ormai sa che noi conosciamo i suoi piani. I falsi Bill e Tom gli avranno già spifferato ogni cosa!”
“Dovete! La trasformazione delle cento bambole sarà completa da qui a tre giorni. Il tempo stringe”
Maddy sospirò di frustrazione.
“Mi spiace di non potervi essere più utile di così, ma nella mia attuale condizione i miei poteri sono assai limitati. Solquest si è potenziato durante tutto questo tempo”
“Tu lo hai già incontrato?”
“Sì. Fu molto tempo fa. Ma è inutile che ti racconti la mia storia. Lo farà Bill quando sarete di nuovo insieme”
D’un tratto Maddy si ricordò di una cosa accaduta quel pomeriggio sul retro del Municipio.
“Sei stata tu ad aiutare Bill, oggi, vero? Quando ha intimato agli zaninoni di lasciarmi andare. Lo hai aiutato con la potenza della tua voce”
Calien annuì. “Sì. Ma per poterlo affrontare avrete bisogno molto più che la mia voce. Vorrei potervi raggiungere nel vostro mondo, ma sono bloccata qui. Solquest mi impedisce di giungere a Magdeburg”
“Ci penseremo noi, allora”
“Grazie Maddy. Sapevo che su di te potevo contare. E sono felice che tu abbia creduto subito a Bill. E a me”
“Ti confesso che non capisco ancora molto bene tutta la faccenda, ma sento che devo fare qualcosa”
“Io vi sosterrò. Verrò in vostro aiuto quando avrete bisogno, proprio come ho fatto oggi. Ricorda, Madeline, voi siete i prescelti. Siete le stelle che ridaranno a luce coperta dalle tenebre”
“Faremo tutto il possibile”
“Il popolo di Ulum è dalla vostra parte. Avete un potere che vi unisce, dovete solo crederci”
“Anche Bill mi ha parlato di un potere, ma io non capisco. Noi siamo ragazzi normali”
“Come ho già spiegato ai tuoi amici, non siete ancora consapevoli di possederlo. E’ un potere che molti sottovalutano, ma è il più potente di tutti. E’ la forza del vostro cuore, il legame che avete tra di voi. L’amicizia che provate gli uni per gli altri vi darà la possibilità di vincere il male che si annida su Magdeburg. Più esitate, più il potere si indebolisce; ma più credete, più il potere cresce con la vostra fede.
“Solquest è molto vicino ai suoi zaninoni, ma se anche voi state vicini riuscirete a tenergli testa. Io vi darò la forza necessaria a combatterlo e proverò anche a raggiungervi. In fondo anch’io ero un’abitante di questa terra, molto tempo fa”
“Io voglio crederti Calien, ma ho paura di non essere in grado”
“E’ perché sei da sola. Ma quando sarai di nuovo insieme ai tuoi amici troverai il coraggio. La vostra unione sarà la vostra forza. Ti prego Maddy, credi in te stessa. Credi nel tuo cuore”
Maddy e Calien si sorrisero e in quel momento capirono di essere diventate amiche
.
 
 
Questo capitolo non è dei migliori, non mi soddisfa granché specialmente l’ultimo discorso tra Calien e Maddy, ma siate magnanimi, fa caldooooo…il cervellino minuscolo della vostra Susani si fonde XD Farò meglio la prossima volta, promesso.
Ringrazio: 
Alien__, DollyDiamondTK, Evangeline143, IwillN3v3rbEam3moRymoon queen
Un bacio a tutti,
Susan<3/span>

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Capitolo 15
*** Capitolo 13: Nonna Kaulitz ***


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Capitolo 13:
Nonna Kaulitz

 
Maddy si svegliò presto la mattina del ventidue dicembre. La neve era caduta tutta la notte e ora, guardando fuori dalla finestra, la ragazza vide che tutti i giardini del vicinato erano una massa perfetta di un bianco immacolato. Tutti tranne uno: quello dei Kaulitz, dove le orme delle zampe di Scotty avevano scavato dei solchi abbastanza profondi.
Maddy si vestì in fretta e non si prese la briga di scoprire se in camera dei gemelli ci fosse qualcuno o no. Non gliene importava granché, era troppo impegnata a pensare a cosa l’attendeva quella mattina.
La sera prima, Bill aveva detto nel messaggio che qualcuno sarebbe venuto a prenderla, ma adesso Maddy si era accorta di dover fare i conti con un la sua situazione piuttosto complicata: era in punizione. Simone le aveva tassativamente proibito di uscire di casa prima del ventiquattro. E la madre dei gemelli non si rimangiava mai la parola. Non avrebbe cambiato idea anche se si fosse presentato il presidente a dirle che doveva condurre Maddy chissà dove.
Trovò Simone che leggeva il giornale seduta in cucina, davanti a una tazza di caffè.
“Buongiorno”
La donna alzò la testa e la guardò sorridendo. “Maddy, sei già in piedi?”
“Si. Ho fame” ammise poco prima che lo stomaco reclamasse con un brontolio.
“Vorrei ben vedere. Ieri sera sei praticamente andata a dormire senza toccare cibo”
Simone si alzò e cominciò a preparare la colazione.
“Posso aiutarti?” chiese Maddy timidamente.
“Non è necessario, cara”
“No, voglio farlo. Voglio farmi perdonare per tutti i disturbi che ti do”
Simone la guardò ancora e inclinò la testa da un lato, sospirando.
“Madeline, tu non mi dai disturbi. Certo, sono le vacanze natalizie più movimentate che mi sia mai capitato di vedere, ma posso sopravvivere”
Maddy sorrise. “I gemelli?”
Non li avrebbe chiamati Bill e Tom, perché quelli a cui si riferiva non erano i suoi amici, erano due impostori.
“Sono ancora da Gustav. Ti confesso che sono un paio di giorni che fatico a capire il loro comportamento”
Maddy non disse nulla. Simone continuò.
“Georg non è andato con loro, vero?”
“No”
“Hanno litigato, per caso?”
“Proprio per caso” sospirò la ragazza. “Sì, è…una situazione…”
“Complicata”
“Già…”
A dir poco complicatapensò Maddy, ma per quanto lo fosse andava risolta.
Appena finita la colazione, decise che sarebbe andata a casa di Georg e, volente o nolente, lo avrebbe costretto ad ascoltarla.
“Madeline, ho pensato che, dopo lo studio, potresti aiutarmi con le faccende di casa, oggi”
Maddy per poco non si strozzò con i cereali. “S- sì, va bene”.
Accidenti, i compiti delle vacanze! Non li aveva ancora cominciati, se n’era completamente scordata.
“Non hai nient’altro da fare mi pare, perché fai quella faccia?”
“Ehm…niente. Infatti, sono relegata in casa, per cui…”
“Ci puoi giurare, signorina, e lo sarai finché non avrò capito che cosa è accaduto ieri a quella mostra”
“Vorremmo saperlo tutti” disse d’un tratto una voce alle loro spalle.
Simone e Maddy si voltarono, entrambe piuttosto stupite. Ma lo stupore della signora Kaulitz non era paragonabile a quello della ragazza.
“Ciao Amelia, qual buon vento?” salutò la donna.
Amelia Kaulitz era la nonna di Gordon e la bisnonna di Bill e Tom. Era una donna avanti con gli anni, molto in gamba, tant’è che abitava da sola in una piccola casa che guardava sul fiume Elba.
Più ancora che alle nonne (materna e paterna) i due gemelli erano legati a lei. Ed era stata un po’ ‘colpa’ di Amelia Kaulitz se Bill- e in seguito Maddy- aveva cominciato ad appassionarsi ai racconti e alle leggende di Magdeburg. Nessuno sapeva raccontarle con la passione, l’enfasi e la credibilità di nonna Kaulitz.
Maddy, che non aveva più i nonni, le voleva molto bene, e lo stesso Gustav e Georg. Quand’erano bambini, tutti e cinque passavano pomeriggi interi da lei, chiacchierando invece di fare i compiti. Aveva insegnato loro più cose che dieci professori messi insieme. Inoltre, non si poteva rinunciare, specie nella stagione invernale, alla sua cioccolata calda con panna montata e zenzero, e ai biscotti fatti in casa, famosi in tutto il quartiere.
Guardandola varcare la porta sul retro ed entrare in cucina, Maddy avvertì la sensazione più bella della sua vita. Era come se la soluzione a tutti i problemi fosse arrivata con lei. Quell’improvvisata le fece sperare che fosse proprio nonna Kaulitz a doverla venire a prendere.
“Fammi sedere un momento, Simone cara, se non ti dispiace. Ho fatto una lunga camminata per venire fin qui”
“Vuoi del caffè?”
“No, grazie, non mi fermerò molto” Amelia si tolse i guanti e la sciarpa, aprì il cappotto scuro senza toglierlo. Mente compiva questi gesti, con fare noncurante, si rivolse a Maddy, che era ancora in piedi che la fissava con un mezzo sorriso.
“Speravo di trovarti già in piedi, Madeline. Come stai?”
“Bene, nonna, grazie”
“Mmm” fece l’anziana donna in segno di approvazione, guardando la giovane, poi allungò le mani in segno di avvicinarsi.
“Sei pallida Madeline, hai bisogno di prendere un po’ d’aria”
“Sto bene”
“Simone” disse poi nonna Kaulitz, voltandosi “posso rubarti Madeline per un paio d’ore?”
“Ahm…non credo Amelia. Maddy è in punizione”
La ragazza abbassò lo sguardo sconsolata. La sua speranza si affievolì. Simone era irremovibile.
“Oh, per l’amor del cielo!” esclamò Amelia. “Non puoi segregare in casa una ragazza della sua età in una giornata splendida come questa!”
Simone finì di versarsi un’altra tazza di caffè e si sedette accanto alle altre due.
“No, Amelia, sul serio. Gordon non ti ha raccontato di ieri?”
Nonna Kaulitz alzò le spalle. “Ho sempre preso con le pinze ciò che mi dice Gordon. E comunque, se vuoi il mio parere, si è solo trattato di malinteso. La nostra Maddy una ladra? Andiamo!”
“Infatti non credo nella sua colpevolezza, ma la signorinella non si decide a dirmi cosa è successo realmente e perché ha fatto un gesto simile”
Maddy si sentiva a disagio, e rispose senza guardare nessuna delle due. “Non volevo, mi dispiace”
“Ma certo che non volevi” disse Amelia con la sua voce un po’ roca ma dolce. “Hai solo fatto una cosa molto stupida, ma non per questo significa che tu sia una stupida. A volte ci si caccia nei guai senza volerlo. E’ proprio vero quando si dice: nel posto sbagliato al momento sbagliato”
Maddy sorrise, Simone scosse il capo.
“Io so che non è stata colpa sua, ma…”
“Se credi nella sua innocenza dovresti lasciarla libera. Si fa così, no?”
Amelia fece l’occhiolino a Maddy, che sorrise.
“E poi” riprese la nonna, “oggi ho proprio bisogno di lei. Avevo in programma di andare a fare spese. Gli sbalzi di temperatura non giovano di certo alla mia artrite. Un paio di spalle giovani mi farebbero comodo”
 “Posso accompagnarti io” disse Simone. “Se non è troppo urgente, oggi pomeriggio sono libera”
“Ahimè, è proprio urgente, invece, e nel pomeriggio devo studiarmi una ricetta per il giorno di Natale”
“Per favore, Simone” saltò su Maddy. “Prometto che tornerò a casa appena finito. Anzi, puoi venirmi a prendere, se non ti fidi”
Simone non sapeva che fare. Non le piaceva fare la parte della cattiva, ma non tornava mai sulle proprie decisioni. Sapeva che Maddy non aveva fatto nulla di male, ma non poteva far passare la faccenda come un semplice scherzo. Il non farla uscire non era una punizione verso di lei in senso stretto, più che altro era una precauzione per evitare che si cacciasse nuovamente nei guai. E di guai, negli ultimi giorni, ne erano accaduti fin troppi.
“Un paio d’ore. Non un munito di più” rincarò Amelia. “Dopodiché la puoi tenere in catene fino a nuovo ordine”
Maddy rise e Simone si rilassò.
“Oh, e va bene. Ma solo perché sei tu, Amelia e sai che non ti dico mai di no”
“Certamente”.
Nonna Kaulitz si alzò lamentandosi lievemente. Si rimise i guanti, sciarpa e riabbottonò il cappotto, mentre Maddy correva a prendere il suo.
Simone raccomandò più volte in pochi secondi di fare attenzione e di tornare in fretta.
“Sì, ho capito, stai tranquilla” disse Maddy dandole un bacio sulla guancia. “A più tardi” e poi uscì nel sole invernale da braccetto a nonna Kaulitz.
Per qualche minuto camminarono in silenzio, almeno fin quando non passarono accanto alla casa dei Listing.
Riconobbero senza difficoltà le note un po’ cupe del basso di Georg.
Maddy guardò in su verso la finestra della camera dell’amico. Lui era seduto lì davanti e le fissò entrambe un attimo, poi sparì alla loro vista.
Maddy riabbassò lo sguardo sconsolata.
“Fermati, Madeline” ordinò Amelia. “Prima di proseguire dobbiamo chiarire un paio di punti”
L’anziana donna si separò dolcemente da lei e le si parò davanti.
“Avrai capito che non stiamo affatto andando a fare spese”
Maddy annuì. “L’avevo immaginato”. Esitò, ma poi chiese in fretta: “Bill e Tom?”
Amelia sorrise. “Stanno bene, tranquilla. Mi hanno prosciugato il frigorifero, ieri sera”
“Ah! Allora sono da te! Oh, meno male!” Maddy si portò una mano sul cuore  chiuse gli occhi, tirando un sospiro di sollievo. “Non sai che paura ho avuto per loro, quando…”
Si fermò, indecisa sul da farsi. Quanto sapeva nonna Kaulitz di tutta la storia di Solquest?
“Sì?” fece Amelia. “Quando che cosa? Vai avanti, Madeline, non temere. Ho già promesso ai miei nipoti di divenire muta come un pesce se qualcuno all’infuori di voi mi chiede qualcosa su certe faccende di bambole e mostri, ma per quanto posso, una mano ve la do volentieri”
“Ti hanno raccontato tutto, vero?”
“Tutto…non so, ma una buona parte. Credo vogliano aspettare te e il giovanotto laggiù per completare il romanzo”
Amelia fece un cenno del capo alla sua destra e Maddy si voltò perplessa da quella parte.
 Georg se ne stava immobile a qualche metro da loro, con le mani affondate nelle tasche del giubbotto.
“Ciao” lo salutò Maddy.
Il ragazzo non disse niente e si limitò a camminare verso di loro.
“Quando una persona saluta è educazione rispondere” disse nonna Kaulitz.
Georg lanciò una rapida occhiata a Maddy e poi biascicò un ”Ciao” un po’ imbarazzato.
“Senti, Blondie, mi spiace per ieri” riuscì poi a dire tutto d’un fiato.
Lei sorrise apertamente. “Non fa niente. Lo so che ti sono sembrata pazza, ma credimi, c’è una spiegazione”
“Centra con il messaggio che mi ha mandato Tom ieri sera?”
“Sì, se ti diceva che qualcuno sarebbe venuto a prenderti questa mattina”
“Diceva così, infatti”
Georg non chiese perché Gustav non era stato avvertito, in cuor suo lo sapeva bene perché l’amico mancava, anche se non voleva ancora ammetterlo e forse ad alta voce non l’avrebbe ammesso mai.
“Bene, a quanto pare vi siete chiariti” disse Amelia. “E ora sbrighiamoci, prima che ricominci a nevicare”
 
Come Maddy aveva immaginato, quando giunsero a casa di nonna Kaulitz vi trovarono Bill e Tom.
I quattro ragazzi si abbracciarono e poi finalmente, Georg seppe tutta la verità.
Si sedettero in salotto, davanti al caminetto acceso, con una tazza di cioccolata calda fumante in mano. Nonna Kaulitz sedette con loro, ma non intervenne e non interruppe mai.
Vennero narrati tutti i particolari, dal primo giorno di vacanze, quando avevano visto l’inserzione della mostra sul giornale, fino al pomeriggio precedente.
Poi aggiunsero il racconto di ciò che era successo loro il pomeriggio precedente dopo che avevano lasciato il Municipio.
“Quando ci siamo separati” cominciò Tom, “ è inutile dire che non sapevamo più dove nasconderci. Poi a Bill è venuta l’idea: la casa di nonna. Avremmo avuto un riparo e non avremmo rischiato di venire di nuovo inseguiti dagli zaninoni”
“Sono sempre sulle vostre tracce?”
“Sì, Maddy, purtroppo sì”
“Abbiamo avuto paura per te, Blondie” disse Bill. “Non sapevamo se eri uscita indenne dal quel posto orribile oppure no. Avevamo il terrore che anche tu fossi ormai una bambola di porcellana. Poi però, ieri sera tardi, è arrivato qui papà e ha parlato con la nonna. Quando l’abbiamo sentito dire che ti eri chiusa in camera ed eri molto triste, abbiamo capito che non poteva essere uno Zaninone, ma tu in persona. Alla fine ci siamo decisi a chiamarti e abbiamo mandato un messaggio sia a te che a Georg, sperando che sareste riusciti a venire”
“Mamma ti ha messo in punizione?” chiese Tom. "Ho sentito papà che lo diceva, ieri sera"
“Già”
Georg, che si era mostrato ancora scettico per tutta la durata del racconto, alla fine dovette per forza cedere.
“Io…io non so che cosa dire. E’ assurdo. Completamente assurdo”
“Ma è la realtà e dobbiamo affrontarla” disse Bill. “Capisci ora perché Blondie ha tentato di impadronirsi di quella bambola?”
“Sì” annuì Georg, e poi si scusò ancora con Maddy. “Mi spiace, ma in quel momento ho creduto a quello che ho visto, e sembravi proprio intenzionata a rubarla”
“La piantate di darmi della ladra un minuto si e uno no?” sbuffò Maddy. “Sono stufa”
I ragazzi sorrisero.
“Fatemi capire” disse ancora Georg, “io ero l’unico che non sapevo nulla?”
“No, anche Gustav e Maddy non sapevano niente, all’inizio” disse Tom. “Anzi, Gustav non sa niente. Non siamo riusciti ad avvertirlo in tempo, o non si sarebbe fatto prendere se avesse saputo”
“Non ne sarei così sicura” disse Maddy. “Il potere di Solquest è talmente potente…”
“Bill, mi riconfermi che è tutto vero? Che non è uno scherzo?”
Bill guardò Georg con un sopracciglio alzato. “Ti pare che scherziamo su una cosa del genere? Un sacrificio non è esattamente un gioco”
“No, no, lo so, ma…Solquest esiste veramente?”
“Sì”
“E ha intenzione di rapire cento ragazzi e ragazze di Magdeburg e ucciderli?”
“Esatto”
“E voi due…cioè, quelli che si spacciano per voi due- e ora per Gustav, quelli che ieri sono venuti alla mostra con me e Blondie, quelli sono zaninoni?”
“Sì” sospirò Bill un po’ esasperato.
“E noi dovremmo salvare tutte le persone che sono state trasformate in bambole?”
“Nessuno ti obbliga, se non te la senti” intervenne Maddy. “Ma non credo che lasceresti Gustav in balia di quello stregone, dico bene?”
“Benissimo”. Georg deglutì. “Non ci posso credere” mormorò scuotendo la testa. “Non sta succedendo a me”
“Sta succedendo a cento giovani ragazzi di Magdeburg” disse Tom “E se non ci muoviamo, tra tre giorni Solquest se ne andrà con loro e li ucciderà uno dopo l’altro, e anche noi siamo sulla lista” concluse indicando se stesso, Bill e Maddy.
“Ora si che sono tranquillo!”
“Va bene, va bene, non discutiamo” disse Maddy, vedendo che Tom si stava un po’ alterando.
“Allora basta con le domande” disse ancora Tom. “Abbiamo già detto tutto, non continuiamo a ripeterci. Concentriamoci invece su come soccorrere Gustav. Siamo qui per questo no? Per fare un piano”
“Noi quattro da soli?” fece Georg scettico. “Avremo bisogno di un aiuto in più se vogliamo farcela”
“Ce l’abbiamo” disse Maddy emozionata. “Ragazzi, non vi ho ancora detto che ieri notte ho incontrato Calien”
E Maddy raccontò la sua conversazione con la ragazza.
“E’ carina questa tipa?” chiese Georg.
“Sì, molto” rispose Tom.
“Ragazzi!” fece Maddy. “Non abbiamo tempo adesso, dobbiamo pensare a Gustav!”
“Tom, sempre il solito con le ragazze, vedo” sorrise nonna Kaulitz, finalmente facendo sentire la sua voce. Poi si alzò dalla sua poltrona. “Speravo proprio che la nominaste”
I ragazzi si scambiarono sguardi perplessi.
“Di chi stai parlando?” chiese Bill.
“Di Calien”
Ci fu un attimo di silenzio, in cui i quattro amici pensarono di non aver capito bene.
Nonna Kaulitz sorrise e guardò i suoi nipoti. “Ieri mi avete detto che è stata lei a salvarvi, la prima volta. Ebbene, c’è una cosa che non sapete: Calien venne anche da me, quel giorno”
“Che cosa?!” esclamarono tutti in coro.
“Anch’io ho sentito la voce di Calien quando ero bambina. Con il suo aiuto salvai la città da un grande incendio. Ma questa è una storia che dovrò raccontarvi quando sarete di nuovo tutti insieme, per ora è meglio lasciar perdere”
I ragazzi erano a bocca aperta.
“Nonna, tu…”fece Bill.
“Vuoi chiedermi se anche io ho conosciuto la magia zentyre, tesoro?”
Bill annuì.
“Sì, l’ho conosciuta anche io”
“Come?”
Tutti erano in attesa di ascoltare un altro racconto straordinario, ma Amelia scosse il capo.
“Non adesso”
“Ti prego, nonna!”
“No, Bill, prima dovete liberare il vostro amico”
“Ma come possiamo fare?” esclamò Tom.
“E anche ammesso che ci riusciamo” disse Maddy, “come faremo a fa tornare Gustav com’era prima?”
“La biblioteca” disse Georg. “Non avete detto che dobbiamo cercare di scoprire più aneddoti possibili su Solquest e i suoi poteri? I libri ne sono pieni”
Bill e Tom si scambiarono un’occhiata
“Anche Calien l’ha detto” disse il rasta, “ma non penso che intendesse che dobbiamo metterci a studiare”
“Invece io pensavo proprio il contrario” disse Bill.
“Mai una vota che siate d’accordo voi due” sospirò Maddy.
“Andiamo, siate seri! Cosa ci possono insegnare i libri della biblioteca?”
“Ragiona, fratellone, invece che non lo fai mai” disse Bill picchiettandogli sulla testa. “Se le leggende su Solquest si sono dimostrate reali, perché non potrebbero essere attendibili anche tutti quei piccoli particolari che le arricchiscono? Ad esempio, abbiamo la dimostrazione che quel che si dice a proposito della sua voce ipnotica è vero”
“Mmm…si, può essere”
“Io dico che dobbiamo tentare” disse Georg, che sembrava molto motivato.
Maddy non lo disse, ma pensò che si dimostrasse così disponibile e ben disposto a tutto per farsi perdonare per non averle creduto e non averli aiutati prima.
All’improvviso si ricordò di una cosa.
“Ah, che scema!” gridò mettendosi una mano sulla fronte. “Mi sono scordata di una cosa! Calien mi ha detto che tu puoi essere il nostro asso nella manica, Georg”
Lui la fissò con gli occhi spalancati. “Prego???”
“Sì, perché tu non sei sulla lista di Solquest. Tu non rischi di essere tramutato in bambola!”
Ci fu un attimo di silenzio in cui le loro menti lavorarono, e poi, all’improvviso, sembrò che avessero capito tutti contemporaneamente che cosa comprendeva il ruolo di Georg.
“Oh, no. No, no, no, no” fece lui alzando le mani come per proteggersi.
Tom diede una spintarella a Maddy. “Brutta oca! Non potevi dirlo subito!”
Lei, per tutta risposta, gli diede un bel calcio negli stinchi.
Bill schioccò le dita sorridendo. “Siamo a cavallo! Se Solquest non ti considera minimamente…”
“Grazie, eh?” fece Georg con una smorfia.
“Scusa, non volevo dire che….insomma, se non sta curando i tuoi movimenti, se non hai zaninoni che ti controllano, puoi tornare alla mostra indisturbato”
“No, Bill davvero, non so se…”
“Non capisci! Devi salvare Gustav! Devi portarlo via di lì!” Bill si alzò in piedi, emozionato per quel che aveva in mente. Il piano di salvataggio stava pian piano prendendo forma nella sua testa. Già si immaginava Georg girare indisturbato tra i piedistalli, afferrare la bambola di Gustav e squagliarsela a gambe levate.
“Georg per favore. Io, Maddy e Tom non possiamo più tornare laggiù. Rischiamo che stavolta Solquest ci prenda davvero”
“E quattro bambole” disse nonna Kaulitz, “sono molto più difficili da nascondere sotto il cappotto, invece di una sola”
Georg li guardò uno per uno. “Volete che provi a fare la stessa cosa che ha fatto Maddy?”
“Più o meno. E’ l’unico modo” disse Bill.
“Ti aiuterò io” disse Amelia. “Ti accompagnerò alla mostra. Bill, Tom e Maddy rimarranno qui. Prima che Maddy debba tornare a casa abbiamo ancora un’ora buona”
Georg ci mise un po’ per capire, ma poi urlò: “Ci andiamo adesso???”
“Certo, caro. Non vedo perché attendere oltre. Se davvero Solquest intende ripartire per la sera del ventiquattro dicembre, abbiamo più o meno ancora due giorni e mezzo”
“O-ok, va bene. Ma non abbiamo definito i dettagli del piano e non sappiamo ancora come far tornare normale Gustav”
“A questo penserete prossimamente. Su, ragazzo, scollati da quella poltrona”
Si alzarono tutti e mentre Georg e Amelia si rimettevano i cappotti, decisero che sarebbero andati in biblioteca quella stessa sera.
Maddy, Bill e Tom augurarono buona fortuna e seguirono con lo sguardo, affacciati alla finestra del salotto, Georg e nonna Kaulitz finché non sparirono dietro l’angolo.
“E adesso aspettiamo” disse Bill con una nota di ansia nella voce.
Osservarono ancora per un momento il paesaggio all’esterno. Il fiume Elba era una linea grigia e serpeggiante in lontananza. Il vento si alzò e divenne così forte da produrre suoni sinistri insinuandosi tra gli spifferi delle persiane. Dopo pochi minuti ricominciò a nevicare.

 
 
 
 
 
Eccomi con il nuovo capitolo! Piaciuto? Ditemi cosa pensare del personaggio di nonna Kaulitz, please! Io non so come si chiama la nonna di Bill e Tom (anche se qui è la bis-nonna) quindi il nome l’ho inventato.
Se ci sono errori ditemelo, e se mancano pezzi ditemelo, perché efp faceva i capricci in questi giorni e non riuscivo a postare.

Sempre ringraziando Alien_ , DollyDiamondTK, Evangeline143, IwillN3v3rbEam3moRy, e moon queen
Vi mando un bacio e saluto.
Vostra Susan<3

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Capitolo 16
*** Capitolo 16: Il tempo stringe ***


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Capitolo 14:
Il tempo stringe

 
Solquest era stanco. Stanco della gente, dei ragazzini chiassosi, della vita frenetica della città. Era stanco di indossare il travestimento del signor Herman Faust. L’unica consolazione era che tra meno di tre giorni avrebbe lasciato quel luogo ostile e se ne sarebbe tronato sulla sua isola, dove la nebbia protettiva lo avrebbe avvolto di nuovo nel suo abbraccio.
Purtroppo devo prima sbrigare una fastidiosa questione,pensò lo zentyre con una punta di irritazione.
La neve cadeva fitta all’esterno del Municipio, si era alzato anche il vento.
A Solquest parve di sentire un bisbiglio nel suo fischio, parole di avvertimento. Non era la prima volta che la Natura lo ammoniva.
Ricordò il giorno in cui osò abbattere la sua furia sulla città per la prima volta…
Solquest non aveva mai voluto che gli uomini si stabilissero troppo vicino a Isealina. La magia zentyre traeva la sua forza dalle vaste pianure desolate che si erano stese là prima della fondazione di Magdeburg. Laggiù, la terra era colma di antichi poteri. E poi c’era il fiume, nel cui letto giacevano le tre Pietre Verdi dell’Eterna Giovinezza, e ogni anno, in una notte particolare, quando la luna risplendeva piena e illuminava quelle acque, Solquest lasciava la sua isola e si recava nella regione desolata un tempo chiamata Ulum. Lo stregone si tuffava nelle acque gelide e la sua giovinezza ne riemergeva rinnovata. A vedersi, non avrebbe dimostrato più di trent’anni. Un uomo nel pieno del vigore. E così sarebbe sempre stato.
Dopo che Ulum era svanita sotto la furia del terremoto, nessuno, nemmeno i sopravvissuti vennero a cercare lo zentyre.
Poi, a turbare la quiete della sua dimora solitaria, erano arrivati gli uomini. Quando cominciarono a costruire città e case sulle fondamenta dell’antica Ulum, Solquest capì che ciò costituiva un pericolo per le Pietre, che potevano andare perdute per sempre.
Gli fu facile prevedere che – laggiù dove prima c’era il verde – sarebbero sorte case e non una, ma numerose cittadine. E la quiete e il silenzio sarebbero svaniti, travolti dal progresso degli uomini.
Così, Solquest aveva ordinato al vento e alla pioggia di cadere incessante finché la nuova città non fosse stata completamente sommersa dal fango.
Ma la Natura lo aveva messo in guardia.
“Solo io posso comandare gli elementi, cessa di far piovere Solquest, o mi vendicherò!”
Lo Zentyre aveva udito quell’avvertimento trasportato dal vento, ma l'aveva ignorato volutamente, troppo sicuro di vincere.
Qualcun altro però l’aveva visto. Proprio laggiù, qualcuno era venuto al mondo per batterlo. Una ragazzina dall’aria fragile ma con una forza di volontà ineguagliabile. Calien, dalla voce melodiosa e la mente spalancata sul mondo. Una figlia del popolo di Ulum, mandata lì per proteggere la città. Ella e la sua stirpe, un giorno avrebbero messo fine alla magia zentyre. Solquest non poteva permetterlo.
Calien, devota alle leggi della Natura, aveva letto i pensieri dello Zentyre e pensato di sfidarlo.
Solquest si accigliò ripensando a quel giorno lontano in cui una ragazzina di quindici anni lo aveva affrontato opponendo la propria voce al potere del male, resistendogli per sessanta secondi. Ma quel breve tempo era stato sufficiente per far sì che la magia zentyre cessasse e la città e i suoi abitanti si salvassero.
Solquest prese allora le sue Pietre e le mise al sicuro su Isealina, dove erano rimaste per secoli e secoli fino ad arrivare ai giorni nostri.
Ma quando ormai pensava di essere al sicuro, la Natura- che non aveva scordato la sua promessa- infine si vendicò di lui. E quattro mesi prima gli aveva sottratto le sue preziose Pietre Verdi, costringendo così Solquest a uscire dalla protezione della sua isola per cercare una nuova soluzione all’invecchiamento.
In ogni istante lontano da Isealina, Solquest sognava spasmodicamente la ricongiunzione con lei.
Si ridestò dai ricordi e osservò, con le mani giunte dietro la schiena, la sua collezione di bambole. Mancavano pochi minuti all’apertura del Municipio al pubblico. La sala era illuminata fiocamente. I piedistalli erano ormai quasi tutti occupati. Ne mancavano una ventina da trasformare, forse meno, e poi, quando tutto si sarebbe concluso, lui egli Zaninoni sarebbero potuti ripartire per non far mai più ritorno. Una volta bevuta la pozione ricavata dal sacrificio dei cento ragazzi, Solquest non avrebbe più avuto bisogno di altri incantesimi, perché l’effetto sarebbe durato per sempre.
Per sempre giovane…se solo qualcuno non avesse tentato di mettergli di nuovo i bastoni tra le ruote!
Avrebbe dovuto immaginare che lo spirito di Calien vegliasse ancora su Magdeburg, ma mai avrebbe potuto immaginare che qualcun altro avesse osato sfidarlo, tanto meno un gruppetto di ragazzini umani senza nemmeno un briciolo di magia nelle vene…a meno che Calien non gli avesse insegnato qualche trucchetto. E forse era effettivamente così.
Il giorno prima, i suoi zaninoni avevano riferito che Bill Kaulitz aveva parlato con un timbro di voce al quale non era possibile disobbedire. Un tono di voce molto simile a quello della Fanciulla di Ulum. Un tono fermo, sena traccia di paura, colmo di un potere che arrivava da chissà dove.
Calien aveva scelto i gemelli per fare le sue veci di protettori di Magdeburg, ma i ragazzi sapevano davvero a cosa andavano incontro? No, probabilmente no, altrimenti non l’avrebbero aiutata.
Calien aveva perso la vita per salvare la città, loro avrebbero fatto lo stesso?
 
“Io continuo a pensare che è da pazzi” disse Georg sempre più ansioso man mano che lui e nonna Kaulitz si avvicinavano la Municipio.
“Prendila con spirito d’avventura, tesoro. E ora sbrighiamoci”.
Amelia non ci pensò due volte e allungò il passo, sorpassò con andatura sicura le porte aperte e si mischiò alla calca. Georg fu costretto a seguirla e ad affrettarsi per non perderla di vista. Gli sembrò che l’afflusso di visitatori fosse aumentato rispetto al giorno prima.
Raggiungere di nuovo la sala delle bambole fu facile, ma non altrettanto entrarvi. Gli zaninoni travestiti da Bill, Tom e Gustav erano là davanti, come guardie a protezione di un preziosissimo tesoro.
“Probabilmente sanno che accadrà qualcosa”pensò il ragazzo.
“Non li guardare” sussurrò nonna Kaulitz. “Non far vedere che sei nervoso. Gli zaninoni fiutano la paura come carne fresca”
Georg si voltò a fissare per un attimo il profilo del volto saggio della bisnonna dei gemelli.
“Com’è che sa tante cose?”
Amelia sorrise e anche lei lo guardò. “Ogni cosa a suo tempo. Vai adesso, in fretta, e ricorda cosa abbiano deciso mentre venivamo qui”.
“Ma come faccio? Non mi faranno nemmeno avvicinare!”
“Hai ascoltato sì o no quello che ti ha detto Madeline? Tu non sei sulla lista dello zentyre, caro, tu non sei un problema per loro”
Georg mugugnò qualcosa e poi si mise le mani in tasca del cappotto. “Non funzionerà mai!”
“E tu vedi di farlo funzionare. Avanti”
Amelia sospinse Georg in avanti facendo pressione con una mano sulla sua schiena.
Il giovane avanzò piano dirigendosi verso il bagno. Nessuno si curava di lui, era un semplicissimo visitatore. La toilette era deserta. Meglio così, si disse.
Estrasse dalla tasca della giacca una scatola di fiammiferi, ne accese uno e salì in piedi su uno dei lavandini avvicinando la fiamma al dispositivo antincendio che scattò dopo pochi secondi.
Un rumore assordante si propagò nell’aria per tutto il Municipio.
Georg saltò giù dal lavandino e uscì dal bagno in tutta calma, anche se in realtà avrebbe voluto correre, e desiderando che tutto finisse il più in fretta possibile.
La gente si guardava attorno allarmata in cerca della fonte dell’incendio, ma le guardie di vigilanza erano già accorse a rassicurare i visitatori.
“Uscite con calma. Non spingete. Non c’è nulla di cui preoccuparsi” dicevano.
Purtroppo però, qualcuno andò ugualmente nel panico: alcuni bambini cominciarono a piangere spaventati, e fu quando arrivò il signor Hermann, ovvero Solquest, che Georg temette il peggio. Ma Hermann non lo guardò minimamente e si rivolse invece alla folla.
“E’ tutto sotto controllo, signori. Ora le nostre guardie vi faranno uscire per qualche minuto. Vedrete che presto potrete tornare a godervi la vostra visita in tutta tranquillità”
Alcune persone sembrarono rassicurate da quelle parole, altre meno.
Georg passò tra la folla chiedendo permesso. Nessuno, anche in questo caso, fece particolare caso a lui.
Si avvicinava sempre di più alla sala delle bambole, ora vuota, completamente esposta. Prima di entrare, Georg si voltò a guardare Hermann ancora un momento e vide che sul viso aveva un’espressione strana, la fronte corrugata, come se fosse confuso. Come se qualcosa lo disturbasse.
Il ragazzo cercò con lo sguardo la nonna di Bill e Tom e la vide dove l’aveva lasciata, in mezzo alla sala circondata dalle altre persone. Amelia teneva gli occhi fissi su Solquest e la sua bocca si muoveva piano. Georg volse lo sguardo da lei allo zentyre, e capì che lei stava rallentando in qualche modo Solquest…ma come? Sembrava quasi…ma sì, quasi come se stesse recitando una sorta di incantesimo!
Ricordò vagamente che c’era un modo per poter fermare il potere di Solquest, ma in quel momento non gli venne in mente che cos’era.
Quando la folla cominciò a muoversi verso le uscite di sicurezza, si risvegliò dai suoi pensieri e capì che quello era il momento di agire.
Camminò contro corrente, senza badare agli sguardi perplessi delle persone. Un uomo gli disse che andava dalla parte sbagliata. Georg non lo ascoltò.
Entrò finalmente nella sala delle bambole e il chiacchiericcio della ressa si spense; al suo posto udì altre voci. Spaventate, arrabbiate, speranzose.
Non fu chiaro quel che dicevano, non capì nemmeno se erano nella sua testa, venissero dalle persone che si era lasciato alle spalle o dalle bambole sui piedistalli.
Georg scorse rapidamente tutti quei piccoli volti di porcellana cercando quello della bambola bionda e il cappotto blu notte. Avevano tutte un’espressione tristissima…bè quasi tutte.
Infine individuò la bambola di Gustav e si precipitò verso di essa.
“Ora o mai più”pensò con il panico che cresceva dentro di lui.
Il rumore assordante dell’allarme antincendio si spense. Qualcosa nel petto di Georg sobbalzò così forte da fargli male: il suo cuore, che cominciò a battere all’impazzata.
“Prendila!”urlò la sua mente, e finalmente lo fece.
Allungò il braccio con decisione e rapidità e infilò la bambola sotto il cappotto.
Per un paio di secondi rimase lì, immobile, davanti al piedistallo vuoto, senza riuscire a credere che fosse stato così facile. Si girò a guardare le altre bambole.
I loro visi piccoli e tristi lo imploravano, chiedevano aiuto, ma Georg non poteva portarle tutte con sé.
“Torneremo a prendervi” disse a voce alta, sentendosi un pò stupido, perché nessuna risposta arrivò, anche se le voci nella sua testa- o attorno a lui- sembrarono dire ‘grazie’.
Georg accennò un sorriso e si girò per andarsene, ma una brutta sorpresa lo aspettava.
Un folto gruppo di creature pelose si schierò davanti a lui. Davanti a tutti, quello che sembrava il più vecchio, che ordinò immediatamente agli altri di agire.
“Prendetelo!”
Il Municipio si stava svuotando pian piano, le voci delle persone si allontanavano. Gli Zaninoni erano usciti allo scoperto senza paura di poter essere visti.

 
 
Uff! Finalmente sono riuscita ad aggiornare! Spero che anche questo capitolo vi piaccia.
A presto spero.
Baci, Susan

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Capitolo 17
*** Capitolo 15: Il capolinea ***


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Capitolo 15:
Il capolinea

 
La sala delle bambole era piuttosto grande, e con pochi passi la si sarebbe attraversata in fretta. Ma a Georg sembrò un tragitto interminabile.
“Corri!”gridava la voce di Gustav nella sua testa.
Georg scattò rapido, voltando le spalle ai mostri pelosi davanti a lui.
“Corri!”sentiva la voce di nonna Amelia, proveniente da chissà dove.
Scivolò. La suola di gomma delle scarpe stridette sul pavimento tirato a lucido nel quale poteva quasi specchiarsi. Per poco non perse l’equilibrio.
“Corri!”diceva un’altra voce a lui sconosciuta. Una voce di ragazza.
Davanti a lui, l’altra porta, quella posta in fondo alla stanza, era chiusa, ma lui si fiondò ugualmente in quella direzione.
“Fa che non sia chiusa a chiave. Fa che non sia chiusa a chiave” pregò.
“Là dentro! Svelto!”lo esortò una volta la voce di Gustav.
Georg sentiva i gorgoglii rabbiosi degli zaninoni dietro di lui.
Non seppe mai come riuscì a raggiungere indenne la porta e a sfuggire a quelle bestie immonde che erano dannatamente veloci. Fatto sta che vi arrivò e la maniglia si abbassò appena vi appoggiò la mano.
Si gettò dentro la stanza, stavolta cadendo a terra sul serio, perché uno Zaninone gli aveva afferrato l’orlo del jeans scoloriti.
Georg si voltò per vedere un orribile muso che lo fissava con odio. La zampa, artigliata saldamente alla sua gamba, lo tirava indietro. Aveva una forza straordinaria.
Prima che potesse sopraggiungere qualcuna delle altre creature in aiuto della prima, Georg scalciò con forza sul grugno dello Zaninone, e fu allora che vide dal vivo gli spaventosi incisivi di cui era fornito.
Si liberò dalla presa e chiuse la porta con un forte calcio. Si alzò in fretta, tremante, e girò due volte la chiave nella toppa.
Tutto era avvenuto in pochissimi secondi.
Tonfi e grida provenivano dall’altra parte. Se l’avessero sfondata che avrebbe fatto?
Il panico lo invase. L’aveva sempre saputo che non sarebbe stato affatto facile, anche se gli altri erano sembrati tutti così ottimisti. Ma aveva avuto ragione lui. E ora era in trappola. Bell’affare, davvero…
Georg si voltò per cercare un qualche mobile- sedia, tavolo, scrivania- da utilizzare per poter sbarrare l’entrata. Ma la stanza in cui era finito era assolutamente vuota.
Era quella dove il signor Herman, alias Solquest, spariva di tanto in tanto durante la mostra. Parlandone con gli altri, si era immaginato che avrebbe potuto trattarsi di una specie di stanza segreta. A ben vedere però, non era granché come stanza: era piuttosto piccola, molto più di tutte le altre del Municipio. Non c’erano finestre, non c’erano ornamenti, quadri alle pareti, niente. C’erano solo due lampade appese ai due lati della porta che illuminavano fiocamente l’ambiente.
L’unico altro oggetto presente era uno strano altare di pietra- almeno dalla forma lo sembrava- rotondo, posto esattamente nel centro.
Inizialmente non l’aveva notato. Non aveva idea di cosa fosse o perché l’avessero messo lì dentro. Quando la voce di Gustav gli diede la risposta.
“E’ la polla di trasformazione”disse. “Siamo nel posto giusto. Devi immergermi lì dentro per farmi tornare com’ero”
Georg si avvicinò e vide che non era affatto un altare. Era una grossa vasca di roccia grezza, profonda circa un metro e completamente vuota.
“Come…cosa devo fare?” chiese, sentendosi ancora molto stupido a parlare con una bambola.
“Mettimi lì dentro e aspetta. Fa così con tutti quelli che trasforma. Io e gli altri l’abbiamo visto decine di volte. Sai, non sempre tiene la porta chiusa quando il Municipio è vuoto, dopo la chiusura al pubblico. Credo che si diverta a vedere il terrore sul viso degli altri…voglio dire, delle altre bambole”
“D’accordo ma…è vuota”
“Tu fidati e fai come dico”
Georg eseguì, non troppo convinto. Depose la bambola sul fondo, e non appena questa toccò la superficie di pietra, la vasca immediatamente si riempì di un o strano liquido ribollente.
Georg ebbe l’impulso di afferrare la bambola per tirarla di nuovo fuori, perché pensò che altrimenti sarebbe affogata; ma non fece in tempo. Il liquido l’aveva già sommersa. Non poté far altro che stare a guardare. Non si accorse nemmeno che le grida degli zaninoni si erano zittite.
Quando la vasca fu colma, li liquido smise di ribollire e divenne una superficie piatta, come un laghetto tranquillo. Poi, qualcosa emerse all’improvviso: un ragazzo che Georg ben conosceva.
Aveva indosso gli stessi abiti del giorno che si erano incontrati per andare alla mostra. Era fradicio, ansimante e molto pallido. Ma era Gustav. Il suo amico era di nuovo lì davanti a lui. Vivo.
Gustav si aggrappò al bordo della vasca. “Dammi una mano” disse.
Georg accorse e lo aiutò a issarsi fuori. Quando l’amico fu del tutto uscito, la vasca si svuotò e tornò asciutta come se non fosse mai stata usata.
Gustav tossì due volte e sputò un poco d’acqua- o quello che era-, sedendosi a terra, stremato.
“Stai…bene?” gli chiese Georg, che lo fissava preoccupato.
“Mi sento da schifo”
Georg sorrise e lo abbracciò. Non era da maschi, era vero, ma non poté evitarlo. Non si era reso conto fino a quel momento che aveva rischiato di non riabbracciarlo mai più; di non poter più ridere e scherzare con lui.
Gustav gli diede delle gran pacche sulle spalle e ricambiò l’abbraccio.
“Sei stato grande”
“Non è merito mio. Gli altri hanno fatto il piano. Io…non ci credevo nemmeno. Non volevo crederci. Non ci credo ancora adesso. Se non fosse stato per Maddy credo non sarei qui. E nemmeno tu”
“Stanno tutti bene?”
“Sì”
“L’importante è questo. Mi racconterai tutto più tardi, ok? Adesso andiamocene di qui”
Gustav sembrava strano, si muoveva come fosse un automa, a scatti, e a stento riusciva a reggersi in piedi.
“Sei sicuro di star bene?” indagò Georg.
“E’ per colpa del sortilegio. Non è piacevole essere trasformati in una bambola”.
Gustav guardò il giocattolo che ora giaceva innocuo sul pavimento. Le sferrò un calcio e con rabbia la gettò dall’altra parte della stanza. “Schifose bambole!”
“Dai, andiamocene” disse Georg aiutandolo a camminare, mettendosi un braccio dell’amico attorno alle proprie spalle.
Si avvicinarono di nuovo alla porta.
E ora?
I rumori si erano spenti, ma gli Zaninoni potevano benissimo essersi acquietati per far loro credere di essersene andati, quando invece erano là pronti ad attaccarli..
“Non temete per quelle creature. Per un po’ non vi nuoceranno”disse una voce che riecheggiò tra le pareti della piccola stanza, cristallina e ferma.
I due ragazzi si voltarono svelti. Dieto di loro c’era una ragazza. O meglio, era la figura evanescente di una ragazza, come fosse un fantasma. Ma a differenza di questi ultimi, sembrava più vera, più viva.
La fanciulla sorrise nel vedere le espressioni attonite sui volti dei due ragazzi.“Voi non mi conoscete, ma io conosco voi, Georg e Gustav”
“Sì che ti conosco” disse Georg, riprendendosi dallo stupore. “Tu sei Calien”
Lei sorrise ancora. “Esatto. Sono felice che ti abbiano raccontato di me. Verrò presto a farvi visita, perché ci sono delle cose molto importanti che dovete sapere, e attendevo il momento in cui vi sareste finalmente riuniti. Adesso però dovete uscire di qui e in fretta”
“E come? C’è un’oda di zaninoni inferocita qua fuori”
“No, vi ho già detto che non dovete preoccuparvene. Apri la porta, Georg”
Con molta circospezione, il ragazzo eseguì. Girò la chiave, abbassò la maniglia e sbirciò fuori appena.
“Ma cosa…?”
Aprì del tutto e così anche Gustav poté vedere lo spettacolo quasi surreale dall’altra parte.
La sala delle bambole era gremita di decine di zaninoni…tutti immersi in un sonno profondo. Erano ancora orribili a vedersi, ma in quel momento erano assolutamente innocui.
“Sei stata tu?” chiese Georg incredulo.
“Sì, ma l’incanto non durerà a lungo. Purtroppo non posso mantenere questa forma troppo a lungo nel vostro mondo. Di solito comunico attraverso il sonno. E’ così che ho incontrato Bill, Tom e Maddy. Ho radunato tutte le mie forze per tener testa al potere di Solquest, che pervade tutta la città in questo momento. Amelia mi ha già dato un grande aiuto e tu Georg sei stato bravissimo”
Il ragazzo arrossì un poco.
“La nonna dei gemelli?!” esclamò Gustav. “Lei che centra in questa storia?”
“Ti spiego dopo” fece  Georg con un gesto impaziente. “Calien, grazie, ma Solquest…”
Calien sorrise ancora, stavolta quasi compiaciuta. “Lo vedrete. Lui invece non si accorgerà di voi, ma dovete sbrigarvi, abbiamo già perso troppo tempo. Prendete le uscite di sicurezza, i vostri amici vi aspettano là”
Detto ciò, la figura di Calien svanì così com’era apparsa.
“Abbiamo appena visto un fantasma, ti rendi coto” disse Gustav a bocca aperta.
“Era molto più di un semplice fantasma. Lei è la custode della città…Muoviamoci adesso!”
Attraversarono la stanza delle bambole facendosi strada tra i corpi degli zaninoni addormentati e i piedistalli sopra i quali c’erano le bambole. Alcune di esse, notarono, avevano gli occhi chiusi. Purtroppo però, si resero conto che non erano molte. Solquest aveva quasi terminato di completare la sua collezione.
Bill e Tom avevano già spiegato a Georg come arrivare alle porte di servizio.
Percorsero i corridoi vuoi. Tutte le persone erano ancora all’esterno, attendendo di sapere se potessero finalmente rientrare nell’edificio e se l’incendio c’era effettivamente o si fosse trattato solo di un falso allarme.
A Georg sembrava passato moltissimo tempo da quando aveva fatto scattare il dispositivo, invece erano passati si e no dieci minuti.
Infine, eccola: l’uscita.
Appena misero piede fuori, tre paia di braccia li strinsero in un abbraccio.
“Io non posso crederci! Georg, ce l’hai fatta! Ce l’avete fatta!” esclamò Maddy baciando Gustav e Georg sulle guance.
I due ricambiarono l’abbraccio dei loro amici e rimasero così per un po’. La ragazza scoppiò in lacrime, tanto era stata in ansia. Anche Bill aveva gli occhi lucidi; Tom invece emise una risata nervosa.
Georg fu il primo a staccarsi dalla stretta degli altri.
“Che diavolo ci fate qui voi tre?” chiese.
“Calien è venuta da noi e ci ha detto che dovevamo aiutarvi perché le cose si sarebbero potute complicare” spiegò Tom.
“Ancora non capisco come siamo usciti da lì tutti interi” fece Gustav scuotendo la testa.
“Non è il momento di chiacchierare, voi cinque” disse una voce alle loro spalle. Era nonna Amelia, a poca distanza da loro. “Coraggio, giovanotti, di filato a casa, ora!”
C’erano un mucchio di cose che dovevano essere chiarite e raccontate, ma tutti convennero che era davvero meglio rimandare a più tardi.
Seguirono Amelia, facendo il giro dell’edificio. Non vedevano l’ora di lasciare il Municipio, consapevoli però che non sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbero visto. Sarebbero dovuti tornare per liberare tutti gli altri ragazzi dal sortilegio che li imprigionava nelle bambole.
Quando arrivarono sul davanti, i ragazzi notarono allora qualcosa di assolutamente incredibile.
Un capannello di persone, tra cui le guardie della sicurezza, erano affaccendati attorno al signor Herman, il quale stava seduto su un basso muretto.
Stando attenti a non farsi troppo notare, sbirciarono tra la folla e videro che Solquest scuoteva la testa alle domande delle guardie, il viso corrucciato. L’uomo si passò un fazzoletto sul viso rubicondo.
“Che cos’ha?” chiese Maddy. “Sembra non si senta bene”
“Infatti è così” disse la nonna.
Georg la guardò con attenzione. “E’ per quello che le ho visto fare prima? Voglio dire, quando ho fatto scattare l’allarme antincendio. L’ho vista fissare Solquest e …stava facendo un incantesimo, vero?”
“Io?” Amelia rise. “No, no, mio caro, niente incantesimi. No, ho semplicemente giocato a chiodo scaccia chiodo. Con l’aiuto della cara Calien, ovviamente”
“E cioè?”
“Abbiamo, confuso la mente di Solquest. Non pensava certo di doversela vedere con due avversari contemporaneamente e si è trovato impreparato. Sarà anche potente, ma non è invincibile”
“Potremo fare lo stesso anche noi, quando sarà il momento?” disse Bill.
Amelia lo guardò seria. “Sì, Bill. Ma ricordate che dovrete essere saldi di mente e cuore, perché resistere alla volontà di Solquest è davvero difficile e ancor più cercare di fronteggiarla”
“Nonna…come…?”
“Dopo, dopo” disse in fretta Amelia. “Ora via, svelti! Dritti verso casa”
“Sì, andiamocene” disse Maddy. “Prima che…Gustav!” gridò la ragazza.
“Gustav!” gridarono gli altri in coro.
Il ragazzo aveva cercato fino a quel momento di resistere, ma infine aveva ceduto. Era stanco, spossato, privo di qualsiasi forza. La vista gli si appannò. Si accasciò a terra e poi, il buio.
 
Sì svegliò molto tempo dopo, con un gran mal di testa.
Socchiuse gli occhi, mentre alcune voci attorno a lui sussurravano. Tra di esse riconobbe quella di sua madre, ma sembrava attutita rispetto alle altre.
“Sì, grazie dottore” la udì dire.
Il dottore? Già, pensò Gustav, era svenuto. Ricordava la spiacevolissima sensazione del mancamento. Non gli era mai successo in vita sua. Agli occhi degli altri doveva essere sembrato stupido, senza contare la preoccupazione che avevano sicuramente provato.
Quando finalmente mise a fuoco la stanza, vide i proprietari delle voce che aveva udito: Maddy, Bill, Georg e Tom, il più vicino alla porta dalla quale stava sbirciando tramite una fessura.
“Ne avranno ancora per un po’, credo. Non sapremo nulla fino a che…Ehi!” esclamò il rasta con un sorriso che gli si apriva sul volto.
“Ciao, ragazzi” li salutò stancamente Gustav, tirandosi su a sedere.
Maddy si sedette sul letto accanto a lui e lo abbracciò.
“Dai, Blondie, non fare la melodrammatica” disse il ragazzo dandole un paio di buffetti sulla testa. “Sto bene. Piuttosto, che ore sono?”
“Le cinque del pomeriggio” rispose Bill.
“Che ore sono?!” esclamò Madeline allibita. “Che ore sono?! Siamo stati in ansia da morire e tu ti preoccupi dell’ora?! Quando ti abbiamo visto svenire abbiamo quasi creduto che…” Maddy non terminò la frase, non riuscendo a dire altro.
Bill le si avvicinò e sedette accanto a lei, mettendole una mano attorno alle spalle.
“Dai, Maddy, ora sta bene. E’ passata”
“Scusatemi” disse Gustav guardandoli tutti. “Sono stato l’unico idiota che si è fatto trasformare in bambola…che razza di figura”
“Ma che dici!” esclamò Georg.
“No, è vero. Tutti voi siete riusciti a resistere al sortilegio di Solquest, io no. Come sempre, sono il più debole e il più inutile”
“Inutile? Chi ha mai detto che lo sei?” fece Tom allibito. “Che diavolo! Ti hanno fatto il lavaggio nel cervello oltre che trasformarti?”
Gustav fece un sorrisetto.
“Guarda che nemmeno io sarei qui, se non fosse stato per Bill” disse Maddy, “Ricordi? Mi hai visto andare verso quella bambola bionda, no? Io ho sentito la tua voce”
“Sì, me lo ricordo bene”
“Non potevo resistere, Gustav. Nessuno può”
“E’ vero” disse Bill. “Ma il merito non è mio. Perché prima ancora di Maddy, anche io e Tom siamo stati attirati dagli incantesimi dello zentyre, dalla sua voce ipnotica che ci diceva di andare da lui. E’ tutto merito di Calien, di nonna Amelia e di Georg. Se non fosse per loro saremmo tutti quanti a farci compagnia su quei piedistalli”
“In pratica” disse Georg a braccia conserte, appoggiato alla parete di fianco alla porta. “siete un branco di sfigati in carriera”
Tutti risero.
“Non dire più che sei inutile, Gustav” disse Tom. “Perché serviamo tutti. Tutti noi abbiamo un ruolo in questa storia”
Scese il silenzio, inframezzato solo dalle voci della signora Shafer e del medico che provenivano dal piano di sotto.
“Mia madre si è preoccupata molto?” chiese il ragazzo.
“Sì, direi di sì” disse Georg. “Tua sorella è andata nel panico quando è venuta a prenderti”
“Abbiamo dovuto chiamare qualcuno” spiegò Maddy.
Gustav si volse verso i gemelli. “Dov’è l’altro me? Cioè, il falso me”
“Non lo sappiamo” disse Bill. “Di certo però non potrà più tornare qui ora che sei di nuovo te stesso”
“E voi due?” chiese ancora Gustav ai gemelli.
Bill e Tom si scambiarono un’occhiata.
“Io e Maddy gli avevamo detto di non venire qui” disse Georg a braccia conserte, appoggiato alla parete accanto alla porta. “Stanno rischiando molto. I falsi Kaulitz sono ancora in giro”
“E sono infuriatissimi” aggiunse Maddy rabbrividendo.
“Siamo venuti qui di nascosto” disse Tom.
“Come avete fatto?”
“Bè, ci siamo arrampicati sull’albero qua fuori” disse Bill indicando la finestra, dalla quale si vedevano chiaramente i grossi rami dell’abete del giardino degli Shafer. “Una fatica! Fortuna che non abiti in un palazzo al quinto piano!”
“Sempre a lamentarti tu” sbottò Tom. “Piuttosto, abbassiamo la voce. Nessuno sa che siamo qui. Per la madre di Gustav ci sono solo Maddy e Georg”
“Mi raccontate com’è andata?” fece Gustav a un tratto. “Tutta la storia”
E così fecero.
Ripercorsero insieme le vicende degli ultimi gironi, a cominciare dalla mattina in cui lui e Georg erano piombati nella cucina dei Kaulitz e Simone aveva mostrato loro l’annuncio della mostra di antiquariato sul giornale.
Rammentarono l’eccitazione, la voglia immensa che tutti avevano di andarci….tutti tranne Bill, che era stato il primo a capire che c’era qualcosa di sinistro. Ora sapevano che quel suo modo di agire era stato dettato dagli avvertimenti che Calien stava cercando di inviargli. Bill aveva cominciato a udire nella sua testa la voce della fanciulla dall’estate prima. Nessuno però aveva dato molto peso alle parole di Bill e lui stesso non ne aveva più parlato con nessuno.
Poi, il giorno della tempesta, pochi mesi prima, la voce era tornata e di nuovo avvertiva. Da quel momento era rimasta con Bill, inviandogli degli strani sogni che ancora oggi erano difficili da interpretare.
Poi era arrivata quella mostra a Magdeburg, e Bill e Tom avevano cominciato a litigare a causa di essa.
Tom aveva deliberatamente ignorato il fratello e quello che cercava di dirgli, dandogli del bugiardo anche se sapeva che Bill non lo era affatto.
“Mi seno in colpa” ammise il rasta. “Non posso fare a meno di pensare che forse è successo tutto questo casino a causa mia. Se ti avessi ascoltato allora, Bill, forse…”
“Piantala. Non serve scusarsi. Quel che è fatto è fatto” disse il fratello. “Dopotutto, eri sotto l’influenza dello zentyre. Tutta la città lo è”
Ed era vero. La furia di Tom verso Bill era dovuta al fatto che quest’ultimo ostacolava la loro visita alla mostra. Pensandoci adesso, era stato davvero assurdo litigare per una cosa del genere. Purtroppo però, Tom aveva cominciato a capirlo troppo tardi, e quando era arrivata Maddy, e i gemelli erano entrati in possesso dei primi esemplari di bambole, il meccanismo si era già innescato da tempo. E infine, ecco che Solquest aveva iniziato a chiamarli a sé.
Fortunatamente, l’intervento di Calien aveva impedito allo stregone di catturare i gemelli. La fanciulla di Ulum aveva cominciato a parlare di una specie di missione che solo loro cinque, uniti, avrebbero potuto portare a termine.
Ma ormai gli zaninoni erano entrati in scena, e due di loro si erano sostituiti ai veri Bill e Tom, cominciando a mettere astio tra i ragazzi. Ed era stato allora che Gustav era rimasto coinvolto più degli altri.
Se anche a qualcuno di loro fosse passata per la testa l’idea di non andare più alla mostra (e dopo quella serata di angoscia in cui Bill e Tom si erano smarriti, lo avevano pensato davvero), la forza psicologica che quelle creature esercitavano su di loro non lo permetteva.
I falsi Bill e Tom avevano condotto Maddy, Georg e Gustav in quel luogo maledetto. Gustav era stato trasformato in bambola. Un altro Zaninone si era unito agli altri due. Nessuno dei loro famigliari se n’era accorto, ma ciò era da attribuire alla magia che Solquest aveva gettato sulla città. Nessuno doveva sospettare nemmeno lontanamente quello che stava succedendo.
Fu in quel momento che le cose cominciarono a precipitare, sia da una parte che dall’altra.
Maddy si era trovata completamente sola a combattere contro la magia zentyre. Era stata trascinata alla mostra dai falsi amici, che volevano in realtà condurla da Solquest.
Maddy si era imbattuta nella bambola bionda, aveva sentito la sua voce suadente alla quale era impossibile sottrarsi…ma aveva sentito anche la voce di Gustav. Poco dopo aveva saputo la verità da Bill, il quale aveva inoltre impedito che la prendessero.
Purtroppo, i falsi Bill, Tom e Gustav non si erano arresi. Volevano che Maddy venisse isolata, che restasse sola, così da poterla condurre nuovamente da Solquest.
Ma anche nel suo caso, Maddy aveva potuto contare su Calien, la quale anche a lei aveva parlato di un potere che loro cinque possedevano e potevano usare contro Solquest. Avrebbero dovuto essere uniti, ora più che mai, tuttavia ed era sembrato davvero difficile poterlo essere in quei giorni. Sì, perché anche se Maddy aveva raccontato a Georg della bambola bionda, lui non le aveva creduto.
La goccia che aveva fatto traboccare il vaso, era stata quando Maddy aveva tentato di sottrarre dal Municipio la bambola di Gustav. In quel momento, l’amicizia che legava il loro gruppo sembrava essersi inesorabilmente spezzata.
Ma infine era arrivata nonna Amelia, che conosceva Calien per un motivo che ancora non conoscevano. Nonna Kaulitz aveva messo le cose a posto, li aveva fatti riunire e ora aspettavano la visita di Calien, che a quanto pare aveva qualcosa di molto importante da dire a tutti e cinque.
Georg aveva scoperto da Maddy- alla quale lo aveva detto Calien- che lui era l’unico dei cinque a non essere sulla lista nera di Solquest. L’asso nella manica, lo avevano soprannominato. Così, avevano fatto un piano per liberare Gustav. Ci erano riusciti.
L’unica sfortuna era stata che Maddy si era presa una bella strigliata da Simone e Bill e Tom avevano dovuto dileguarsi in fretta e furia e correre nuovamente a casa di nonna Kaulitz, dove sarebbero rimasti fino a che le cose non fossero tornate alla normalità.
Georg era quello che se l’era cavata meglio. Ovviamente, ci aveva pensato Amelia a inventare una scusa per l’accaduto. Per tutti, lei e Madeline erano uscite a fare delle commissioni, avevano incontrato Georg e poi Gustav, che improvvisamente si era sentito male. Il perché, nemmeno il dottore sembrava capirlo, perché ovviamente non poteva sapere che la causa era di un maleficio da parte dello stregone più potente al mondo.
Quando tutti i pezzi della storia furono ricostruiti, i ragazzi tacquero, stanchi di parlare.
Georg ancora appoggiato alla parete, in piedi. Tom si era seduto alla scrivania durante il racconto Bill e Maddy erano sempre seduti sul letto accanto a Gustav. Bill teneva sempre il braccio attorno alle spalle di ei, che nel frattempo aveva appoggiato la testa sulla sua spalla.
C’era ancora qualcosa però, che incuriosiva tutti.
“Che cosa è successo quando ti hanno preso?” chiese Georg spezzando il silenzio.
Lui fece un lungo respiro. “Bè, è capitata la stessa cosa a te Blondie.
“Mi sono ritrovato da solo davanti a tutte quelle bambole, finché una sola non ha attirato tutta la mia attenzione, Ho sentito la sua voce, una voce dolce, rassicurante. Mi diceva di andare da lei, che sarei stato benissimo. Non volevo ascoltarla, sapevo che non dovevo, ma l’ho fatto. Ho toccato la bambola e poi ricordo che è sparita e al suo posto c’era uno Zaninone. Ero completamente paralizzato, non riuscivo a muovermi. Avrei voluto gridare aiuto, ma sapevo che nessuno sarebbe venuto. Non avrebbero potuto sentirmi, né tantomeno vedermi. Poi ne sono arrivati altri e mi hanno spinto verso la stanza in fondo alla sala delle bambole. Quando sono entrato, c’era il signor Herman. Non ho capito cosa stava succedendo fino a che non si è trasformato davanti ai miei occhi. Era così potente che non ho nemmeno provato a resistere.
“Solquest ha preso la bambola dalle mani dello Zaninone che avevo visto per primo. Solquest ha immerso la bambola in quella vasca, la polla di trasformazione la chiama. Ha parlato di un grande sacrificio. Ho provato a scappare, ma non sono stato abbastanza svelto. Nessuno è abbastanza veloce per quelle creature orrende. Mi hanno immobilizzato finché Solquest non ha immerso completamente la bambola nella polla. In meno di un secondo ero diventato una bambola. E lo Zaninone era diventato me. Dalla vasca è uscito un altro me. Poi mi hanno messo su quel piedistallo e lì sono rimasto giorno e notte, finché oggi Georg non mi ha liberato”
“Ieri” lo corresse quest’ultimo.
Gustav fece un’espressione confusa.
“L’altro giorno?” fece Gustav. “Scusate, ma quanto tempo è passato?”
Bill aveva detto che erano le cinque. Aveva creduto che fosse il pomeriggio dello stesso giorno, invece…
“Sei rimasto incosciente per più di un giorno intero” disse Maddy.
Di nuovo silenzio.
“Quindi…quindi oggi è…” fece ancora Gustav.
“Il ventitré dicembre” disse Tom con voce bassa e preoccupata. “Siamo al capolinea. Domani sera Solquest partirà per la sua isola”

 
 
 
 
Questo capitolo non è un granché, lo riconosco. Più che altro è riempitivo, perché mi serviva separare la fuga dalla mostra dalle prossime vicende e far passare il tempo. Ci sono ancora diversi punti da scoprire, ma siamo ormai all’ultimo giorno. La vigilia di natale sarà lunga per i nostri eroi. Ce la faranno a salvare la città?
Ringrazio come sempre:
Alien_ , DollyDiamondTK, Evangeline143, IwillN3v3rbEam3moRy, e moon queen.
Alla prossima
!

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