E vissero felici e contenti (dopo anni di litigi, punizioni e rifiuti) di Sophie Hatter (/viewuser.php?uid=16304)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Brutto scherzo (prompt: libro) ***
Capitolo 2: *** Rimbambito (prompt: rospo) ***
Capitolo 3: *** Potrebbe andar meglio (prompt: Ministro) ***
Capitolo 4: *** Hey, baby, non ti voglio più (prompt: settimane) ***
Capitolo 5: *** Nei momenti così (prompt: inverno) ***
Capitolo 6: *** Non mi arrabbio mai (prompt: acqua) ***
Capitolo 7: *** Spargimento di sangue (prompt: rosso) ***
Capitolo 8: *** Cosa fai stasera (prompt: cuori) ***
Capitolo 9: *** Una bottiglia di uischi (prompt: elfo) ***
Capitolo 10: *** Le buone maniere (prompt: tulipani) ***
Capitolo 1 *** Brutto scherzo (prompt: libro) ***
s1
Nota
introduttiva:
questa raccolta è stata scritta per il Lily e James
– Missing Moments contest di Tittivalechan91, al quale non ho
proprio potuto fare a meno di partecipare, nonostante mi abbia
impegnato tutta l’estate – eh certo,
perché non potevo scegliere la via più facile e
scrivere una raccolta di drabble o flashfic, ma mi sono dovuta andare
ad incasinare con dieci one-shot XD
Ogni elemento della
raccolta doveva essere ispirato ad un prompt: nell’ordine,
questi saranno:
1.
Libro
2.
Rospo
3.
Ministro
4.
Settimane
5.
Inverno
6.
Acqua
7.
Rosso
8.
Cuori
9.
Elfo
10. Tulipano
Alle volte trovare
un’idea originale per il prompt non è stato
facile, ma tutto sommato è stata davvero una bella sfida. In
fondo all’ultima storia riporterò il giudizio
ricevuto, anche se procederò abbastanza lentamente con la
pubblicazione perché la storia numero 8 è
iscritta ad un altro contest e devo quindi lasciarla inedita fino alla
sua scadenza. Nel frattempo, inizierò a pubblicare dalla
prima, con cadenza settimanale.
I titoli delle shot
sono tutti titoli di canzoni di Bugo (adoro quell’uomo).
Per tutte le date
presenti mi sono basata sul Lexicon, sui calendari degli anni in
questione, sulle interviste a JKR e sulle informazioni dai libri (I
doni della morte, il prigioniero di Azkaban e l’Ordine della
fenice in particolare).
Riporterò il giudizio ricevuto in fondo all’ultima storia, insieme ai bellissimi bannerini ricevuti.
Dopo questo noioso
sproloquio, non mi resta altro da dire se non buona lettura :)
S.
Brutto
scherzo
Prompt: libro
Ambientazione: primo anno
Parole: 2919
13 Ottobre 1971
“Signor Potter, vuole spiegarmi perché
l’ha fatto?”
James si guarda le
punte dei piedi, imbarazzato. È già la terza
volta, da quando ha iniziato Hogwarts, che la professoressa McGranitt
lo fissa con quel cipiglio severo e quel sopracciglio inarcato, segno
di totale e completa disapprovazione nei suoi confronti. Non che a lui
importi più di tanto di essere disapprovato –
è Sirius che glielo dice sempre, gli adulti non contano
niente. Qualunque cosa tu faccia, saranno sempre pronti a metterti in
punizione o urlarti contro, perciò obbedire o no
è indifferente. James sa che i suoi genitori non gli hanno
mai urlato contro, ma qui a Hogwarts è tutto diverso e i
professori non sembrano apprezzare molto la sua esuberanza.
Perciò, in fin dei conti, probabilmente Sirius ha ragione.
“Non
posso dirglielo, professoressa”, risponde quindi, spingendosi
gli occhiali sul naso con un gesto deciso. I primi giorni Sirius ha
provato a prenderlo in giro chiamandolo quattrocchi, ma
James ha scoperto poco dopo che il suo amico ha un neo sul didietro,
quindi ha minacciato di spifferarlo a tutta la scuola per farlo
smettere immediatamente. È così che sono
diventati migliori amici, più o meno.
“Devo
dedurne che non abbia alcuna giustificazione valida per la sua
marachella?” gli domanda la McGranitt, massaggiandosi le
tempie. James deglutisce rumorosamente. Non può essere
espulso per una baggianata del genere, ma ha il sospetto che la
professoressa lo desideri fortemente.
“L’ho
fatto perché mi andava”, risponde quindi,
stringendosi nelle spalle. La McGranitt, per un po’, non
dà segni di vita. Lily Evans, in piedi nell’angolo
a fianco a lei, continua a gettargli occhiate di fuoco.
James, dentro di
sé, gongola enormemente.
Era proprio quello
che voleva ottenere.
“E va
bene, signor Potter, l’ha voluto lei. Per punizione
passerà il finesettimana a pulire da cima a fondo tutti i
ripostigli per le scope dell’ala est del castello –
ovviamente senza magia. Ah, verrà sorvegliato a vista dal
signor Gazza, quindi può dimenticarsi di chiamare in
soccorso i suoi amici. Signorina Evans, lei aiuterà il
signor Potter”.
“COME?!”
“Mi
dispiace, signorina Evans, ma non posso transigere. Il signor Potter
potrà anche averla provocata, ma lanciargli contro una
fattura così grave non è una cosa che posso
lasciare impunita in qualità d’insegnante. La
prossima volta, se verrà ancora infastidita con scherzi di
questo genere, si rivolga direttamente a me… oppure si
vendichi in un luogo privato e lontano dagli occhi di un
professore”.
La McGranitt
pronuncia quell’ultima parte in un tono di voce decisamente
più basso, quasi che non voglia farsi sentire da James. In
effetti, Evans potrebbe interpretare quel suo consiglio nella maniera
peggiore e, la prossima volta, rinchiuderlo nel bagno di Mirtilla
Malcontenta per poi appenderlo a testa in giù sopra un
lurido wc e torturarlo con perfidi incantesimi, fino a non lasciargli
altra scelta che chiedere pietà.
A giudicare dallo
sguardo della sua compagna di Casa, sembra proprio che stia pensando a
qualcosa di molto, molto
simile.
“Potete
andare. Dirò al signor Gazza di aspettarvi sabato mattina
alle dieci al primo piano, da dove comincerete. Signor Potter, fossi in
lei non sorriderei… dubito che troverà qualche
tesoro nascosto facendo le pulizie. Neanche in quei ripostigli che non
vengono puliti da… all’incirca una cinquantina
d’anni, credo”.
A James per poco
non si stacca la mandibola. Chissà quali innumerevoli
quantità di ragni, polvere, tarme e scarafaggi
potrà aver accumulato un posto che non viene pulito da
cinquant’anni.
Prega che la
McGranitt stia solo scherzando, dopodiché si volta ed esce
dal suo ufficio, seguito a ruota da Evans.
Sa già
che a breve dovrà fronteggiare la sua ira, basta solo
aspettare che la porta si chiuda alle loro spalle…
“Sei
veramente un idiota, un idiota stratosferico! Dimmi la
verità, brutto scemo patentato: l’hai fatto solo
per dimostrare che sei già capace di fare
quell’incantesimo…”
“…si
chiama Incantesimo di
Appello, Evans”.
“Esattamente!
È per questo, no?”
“No”.
“E allora
perché?”
“L’ho
già detto. Perché mi andava”.
“Per
quanto tu sia idiota, non ci credo”.
“Come ti
pare. Ci vediamo in giro, ma soprattutto sabato”.
Evans lancia a
James un’occhiata carica d’ira, poi gli volta le
spalle e si allontana di fretta. Il sorriso di James, che è
rimasto lì appena accennato per tutto il tempo, ora si
allarga a dismisura.
È andato
tutto secondo i suoi piani – più o meno, forse
nella sua immaginazione Evans gli avrebbe risposto in modo molto meno
scorbutico. Però ci è riuscito, ha raggiunto il
suo scopo.
Tuttavia, James non
può confessare a nessuno la verità,
perché altrimenti è sicuro che verrebbe preso in
giro per giorni.
Guarda
l’orologio, ricordandosi che ha un appuntamento: lui e Sirius
vogliono esercitarsi nel volo con due scope sgraffignate alla fine di
una lezione di Madama Bumb, dato che domani hanno la prima prova
pratica e James è assolutamente intenzionato a prendere il
massimo dei voti. L’anno prossimo vuole entrare nella squadra
di Quidditch di Grifondoro a tutti i costi e, sebbene sappia
già di essere bravo, vuole sentirsi dire da Sirius che
è ancora più bravo di quanto pensi lui stesso.
Forse faranno venire anche Peter che, tutto infervorato, poco fa gli ha
chiesto di poter assistere alla loro performance. Peter è
simpatico, ride sempre a tutte le battute che fanno James e Sirius ed
è sempre entusiasta delle loro idee. Quell’altro
invece, Remus, se ne sta un po’ troppo sulle sue. Ma di
sicuro troveranno un modo per socializzare con lui. Non puoi stare a
Grifondoro e rimanertene lì a non parlare con nessuno, James
ne è sicuro.
Comunque, per il
bene del suo orgoglio personale, non può raccontare
né a Sirius né a Peter il motivo per cui ha
rubato un libro a Lily Evans, rifiutandosi di restituirglielo fino a
beccarsi una Fattura Pungente dalla suddetta. Mentre si avvia verso il
parco, non può fare a meno di pensarci con orgoglio. Evans
si crede tanto furba, ma farsi beccare in pieno dalla McGranitt non
è stata un’azione così geniale. E,
finalmente, è stata costretta a rivolgergli la parola.
La
verità è che a James dava fastidio essere
così apertamente ignorato. E quella bambinetta dai capelli
rossi, che poi aveva scoperto chiamarsi Lily Evans, durante quel primo
mese di scuola l’aveva sempre
ignorato. Fin da quando, sul treno per Hogwarts, lui e Sirius si erano
messi a prendere in giro il suo amico strambo e unticcio, quello di
Serpeverde. L’avevano fatto per gioco, che diamine. Era colpa
di quello lì se non sapeva nemmeno stare agli scherzi.
Ancora non capisce
come possano essere amici quei due, ma non è una cosa di
fondamentale importanza. Quello che James non sopportava era che quella
ragazzina si voltasse dall’altra parte quando lui faceva
qualche incantesimo che ancora il professor Vitious non aveva ancora
insegnato alla classe, o che non ridesse quando diceva ad alta voce una
battuta particolarmente divertente, o che a cena gli passasse il sale o
il succo di zucca con un gesto secco e silenzioso, anche se lui glielo
domandava con gentilezza.
Era carina, ma
questo non le conferiva affatto il diritto di fare finta che lui non
esistesse.
Per questo oggi,
mentre si dirigevano verso la sala grande per il pranzo dopo
l’ora di Storia della Magia, James ha acchiappato il libro di
Difesa Contro le Arti Oscure di Evans con un abilissimo Incantesimo di
Appello – sapeva che l’avrebbe fatta morire
d’invidia, eseguendo una magia così avanzata per
loro del primo anno – e poi l’ha spedito, con un
altrettanto abile Incantesimo di Levitazione, sopra il grosso
lampadario che pendeva sulle loro teste.
Ovviamente, questo
l’ha mandata su tutte le furie.
Mentre James si
chiude per bene il mantello per ripararsi dal venticello freddo che si
è alzato improvvisamente, affondando i piedi un passo dopo
l’altro nell’erba umida, rievoca con grande
soddisfazione lo sguardo inorridito di Evans che seguiva il suo libro
levitare nell’aria fino a raggiungere il lampadario. James
l’ha guardata con un enorme sorriso di sfida dopo averlo
fatto e lei è andata su tutte le furie. Sembrava che
dovesse iniziare a sputare fiamme da un momento all’altro.
“Ridammelo
subito!”
gli ha ordinato, imperiosamente. James si è limitato a
scuotere le spalle.
“Non
credo di averne voglia”, le ha risposto, facendola infuriare
ancora di più.
“Quello
è il mio libro di Difesa Contro le Arti Oscure, non il tuo
giocattolino, devi esserti confuso! E ora ridammelo!”
“So che
cos’è un libro, Evans, non
c’è bisogno che me lo spieghi tu”.
“Se non
lo fai scendere immediatamente da lì me la paghi,
Potter…”
“Visto
che sei tanto brava, perché non te lo riprendi tu?”
“Potter,
ti ho avvertito!”
“Magari
preferisci pregarmi…”
A quel punto, Evans
si era totalmente imbestialita e gli aveva lanciato contro la fattura.
Peccato che, pochi secondi dopo che la pelle di James aveva iniziato a
ricoprirsi di bruciature non molto simpatiche a vedersi, fosse passata
di lì nientemeno che la professoressa McGranitt.
Di conseguenza
erano finiti entrambi nel suo ufficio e si erano beccati una punizione.
James arriva al
luogo dell’incontro con Sirius e, mentre si avvicina, si sfila
gli occhiali per pulirli con aria apparentemente noncurante.
“Allora?
Ti ha rotto tanto le scatole?” chiede lui, in tono piatto.
“Non
più di tanto. Finesettimana a pulire i ripostigli con
Evans”, risponde James, attento a mantenere un atteggiamento
indifferente. Peter gli si accosta, ha l’aria dispiaciuta.
“Accidenti,
chissà che sfortuna dover passare tutto quel tempo con
lei… sta’ attento che non ti scagli
un’altra di quelle brutte fatture,
James…”
“Non ti
preoccupare, Pete. Evans non è un problema per me”.
Peter sorride,
rassicurato. Poi gli porge la scopa.
“Ecco! Te
l’ho portata io”.
“Grazie.
Perché dopo non provi anche tu? Posso insegnarti qualche
trucchetto”.
“Dici
davvero? Oh, James, ti ringrazio, ti ringrazio
moltissimo…”
“Figurati.
Sei pronto, Sirius?”
“Prontissimo”.
“E allora
guarda che so fare!”
James si
dà una rapida spinta per alzarsi velocemente da terra, riuscendoci senza alcuna difficoltà. Sa già zigzagare
abilmente fra le cime degli alberi, sfruttare al meglio le correnti
d’aria, inclinare il peso di modo da curvare nella giusta
misura. Per lui volare è un gioco da ragazzi.
L’anno
prossimo, quando sarà entrato nella squadra di Quidditch di
Grifondoro – perché è certo che ci
entrerà, non ci sono dubbi – Evans non
potrà più tentare di ignorarlo. Lo
vedrà giocare alle partite e si renderà conto di
quanto è bravo. Un talento molto promettente, nonostante la
giovane età. Così lo definivano a casa gli amici
di suo padre che ogni tanto venivano a pranzo e lo vedevano
esercitarsi nel piccolo campo da Quidditch sul retro della casa,
costruito apposta per lui. Quel
ragazzo farà strada, gli dicevano.
E quando li sentiva
dire quelle cose, James si riempiva di gioia e d’orgoglio.
Perché si rendeva conto che c’era qualcosa che
sapeva fare veramente bene. Era un po’ come avere
un’arma segreta, da sfoderare al momento opportuno.
Purtroppo,
però, ci è rimasto molto male quando ha scoperto
che quelli del primo anno non sono ammessi in squadra. Così,
essendo costretto ad attendere l’anno successivo per
impressionare Evans con le sue doti straordinarie a Quidditch, ha dovuto rubarle il
libro. Tanto alla fine l’ha riavuto, no? Che motivo
c’era di fare tutte quelle storie?
Però gli
ha parlato. Ha smesso di ignorarlo. Si sono parlati e dovranno scontare
una punizione insieme, così potrà darle ancora
più fastidio.
Non sa bene
perché, ma lo trova divertente. Il modo in cui le guance le
diventano rosse, la forza con cui stringe i pugni come se volesse
picchiarlo, gli sguardi assassini provenienti dai suoi grandi occhi
verdi… vederla così, per James, è un
autentico spasso. Quasi quanto lanciare Caccabombe con Sirius dentro
l’ufficio di Gazza.
*
È
sabato mattina. James si è svegliato fra innumerevoli
sbadigli, rendendosi conto di essere in ritardo soltanto dopo che
Sirius gli ha detto: “Sono le dieci meno un quarto, quando
andiamo a fare colazione?”. Per fortuna, in
quell’esatto momento, si è ricordato della
punizione. Così, mentre si lavava e vestiva in tutta fretta,
Peter è corso in sala grande ed è tornato a
portargli un bombolone alla crema, che James ha ingurgitato in cinque
nanosecondi, rischiando quasi di soffocare. Ovviamente, Sirius ha riso
di lui per tutto il tempo. Purtroppo James non ha potuto dirgli di non
farlo, perché era solo grazie a lui che si era ricordato di
avere un impegno e che quindi – forse – non sarebbe
arrivato tardi.
Dopo essersi lavato
i denti, si è fiondato di corsa giù per le scale.
Ha attraversato la sala comune e il ritratto della Signora Grassa
– di Evans nessuna traccia, era praticamente certo che non si
fosse degnata di aspettarlo e che si trovasse già sul luogo
del ritrovo. E infatti, quand’è arrivato,
l’ha trovata lì che batteva il piede a terra in
segno d’impazienza, il visino tutto imbronciato. Ovviamente
ha ignorato Gazza e ha iniziato subito a dettare le regole –
non più di venti minuti per ripostiglio, armarsi di scope,
guanti, sacchi e strani aggeggi piumati per rimuovere la polvere, non
aprire bocca per nessun futile motivo. Wow, che ragazza organizzata.
Tuttavia quella
punizione è molto seccante e, quando sono solo al secondo
ripostiglio, James non ce la fa più a stare in silenzio.
“Non
sarai mica ancora arrabbiata”.
“Mi hai
strappato un libro di mano e me l’hai fatto volare su un
lampadario, certo
che sono ancora arrabbiata”.
James si stringe
nelle spalle, mentre raccoglie un bel mucchio di cartacce, vecchie
piume usate e caramelle ammuffite e lo concentra tutto in un
angolo.
“Secondo
me ti rode di più per la punizione”, le dice, con
un sorrisetto sghembo. La scruta diritto negli occhi, per vedere se si
intimidisce, ma lei sostiene il suo sguardo con fierezza.
“Oh, non
ti credere. Sono già rassegnata al fatto che mi
beccherò molte altre punizioni per colpa tua”,
replica, e James non può fare a meno di provare una certa
ammirazione. Allora non è solo una sua impressione che Evans
non sia una perfettina santarellina.
“Comunque
non è poi così male, non credi? Sai, tenere la
scuola più pulita. Sgobbiamo per una causa
nobile”.
Evans lo fissa con
espressione incredula, continuando a spolverare la cima
dell’armadio da sopra la sedia su cui è salita.
“Tu devi
avere qualcosa che non va nella testa”, gli dice, in tono
quasi rassegnato.
“Oh, dai,
ammettilo, ti diverti anche tu ad arrabbiarti così con me.
Se non ci fossi io, la tua vita sarebbe terribilmente noiosa”.
“Potter,
la mia vita è diventata terribilmente disastrosa da
quando tu hai cominciato con i tuoi stupidi scherzi!”
“Tsé!
È molto più entusiasmante una mezzora con me
piuttosto che un’intera giornata con quel babbeo del tuo
amico”, replica James, in tono deciso. Davvero, quei due non
hanno niente in comune. Chissà di che diavolo parlano. Evans
però ha ripreso a guardarlo male, come quando gli ha
scagliato quella perfidissima fattura.
“Lo dici
solo perché è finito a Serpeverde e tu hai degli
stupidi pregiudizi…” attacca, ma James la
interrompe subito.
“Ascolta,
non so da dove vieni tu, ma lo sanno tutti che da Serpeverde escono da secoli un sacco
di maghi oscuri”.
Evans lo guarda
perplessa, mentre scende dalla sedia con movimenti distratti.
“Ad
esempio? Chi sono questi maghi oscuri?” gli domanda, e James
per poco non prende a sbattere la testa contro il muro.
“Evans,
come fai a non saperlo?!” esclama, incredulo. Lei
improvvisamente arrossisce e il suo sguardo si fa meno duro; smette di
fissarlo negli occhi e prende a scrutare con attenzione una crepa nel
pavimento.
“Sono…
i miei genitori non sono dei maghi, va bene?”
Ah, ecco, questo
spiega tutto. Che
stupido, pensa James. Non è abituato a
pensarci, avendo sempre vissuto circondato da famiglie di maghi.
“Severus
ha detto che non faceva differenza…”
“No,
infatti, non fa alcuna differenza. Se me l’avessi detto
subito, avrei capito. Non c’è nulla di cui
vergognarsi”, le dice, con tono di scusa. Non vuole che lei
pensi che lui è uno di quelli che badano a queste cose,
perché non lo è. Sua madre e suo padre hanno
sempre insistito molto su questo, sul fatto che tutti i maghi sono
uguali, anche hanno i genitori Babbani. James è sempre stato
d’accordo, per questo ci tiene molto.
“Lo so,
è meglio che non lo dica in giro”.
“Stai
scherzando?!”
“Severus
ha detto che qualcuno potrebbe prendersela con me, che non si sa
mai…”
“Chiunque
osasse farlo, verrebbe espulso subito. Sarei il primo ad andare a dirlo
a Silente. Fidati”.
Evans resta in
silenzio per qualche secondo, poi, lievemente imbarazzata, prende uno
straccio da un secchio e comincia a pulire i vetri della finestra.
“Ok, ti
credo”, dice a James, senza voltarsi. Lui sorride,
soddisfatto. I suoi genitori gli hanno sempre insegnato che quella
è una cosa importante, perciò ci tiene a
sottolinearla. Anche con una un po’ scontrosa e suscettibile
come Lily Evans.
“Allora?
Questi maghi oscuri? Dimmi qualche nome, sono davvero curiosa di sapere
se proprio tutti vengono da Serpeverde…”
Sul volto di James
si disegna un ghigno birbante, mentre formula la sua risposta.
“Adesso
che ti ho restituito il tuo libro di Difesa, potresti anche andare a
controllare da sola”, ribatte, e in cambio riceve uno
straccio bagnato dritto in piena faccia. Un tiro estremamente preciso,
non c’è che dire. Forse James deve stare
attento… non si sa mai che Evans, l’anno prossimo,
si metta in testa di rubargli per dispetto il posto di Cacciatore nella
squadra di Quidditch.
Nota conclusiva:
dunque, spiego subito come sarà strutturata questa raccolta.
Le shot andranno in ordine cronologico e ce ne saranno, quindi, circa
metà in cui Lily e James ancora non stanno insieme, mentre
le restanti saranno incentrate sul settimo anno e sul post-Hogwarts;
alcune saranno incentrate sul punto di vista di James, altre su quello
di Lily (in questo caso lo schema sarà libero,
cioè vi troverete le prime tre incentrate su James e poi le
successive tre su Lily, poi di nuovo una su James e così via). Avendo già
scritto una long-fic su di loro, ho cercato di non ripetermi per quanto
riguarda gli avvenimenti; diciamo quindi che questa raccolta
può essere considerata una sorta di spin-off di Between You And The Giant Squid,
anche se ovviamente non è necessario averla letta per capire
quello che succede (al massimo, chi l'ha fatto coglierà
qualche riferimento velato). In ogni caso, ho cercato di dare alla
raccolta una sua coerenza interna e di fare sì che,
raccontando episodi in un certo senso minori, mostrasse comunque
l'evoluzione che la relazione fra Lily e James compie nel corso del
tempo, fin dal primo anno di scuola.
Vi lascio una piccola anticipazione della prossima shot, poi passo e
chiudo:
“Oggi
è il mio compleanno”, le dice, con aria ermetica.
Lei aggrotta la fronte, perplessa.
“Bene. Auguri.
C’è altro?”
James si fa coraggio.
Ormai non può fare a meno di dirglielo. Si convince che la
sua intraprendenza la stupirà in positivo, fino ad esserne
praticamente certo.
Perciò decide
di lanciarsi.
“Come regalo
voglio un bacio da te, Evans”, le dice, gonfiando il petto.
Alla prossima settimana!
S.
|
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Capitolo 2 *** Rimbambito (prompt: rospo) ***
s2
Rimbambito
Prompt:
rospo
Ambientazione:
terzo anno
Parole:
2587
27
Marzo 1974
È sabato mattina. Uno speciale sabato mattina, come James si
sente urlare festosamente nelle orecchie da qualche secondo,
più
precisamente da quando ha socchiuso l’occhio sinistro per
dare
una sbirciatina intorno. È una cosa che fa sempre, quando si
sveglia. All’inizio schiude leggermente le palpebre, per
lasciar
filtrare la luce molto lentamente. Dopodiché, quando si
sente
abbastanza pronto, apre tutti e due gli occhi. Prima appena appena, poi
del tutto.
Oggi
però è il suo
compleanno, ed è costretto a saltare tutti quei piccoli
passaggi
perché Sirius sta cercando di buttarlo giù dal
letto con
assai poca delicatezza.
“Dai,
brutto dormiglione,
vieni fuori da quel letto!” gli urla, infervorato,
prendendolo
per un braccio e tentando di trascinarlo a terra contro la sua
volontà.
James ha tante di
quelle fitte alla testa che non ha nemmeno la forza di protestare.
“Sirius.
Così gli
staccherai un braccio”, fa notare Remus, con il suo solito
tono
neutrale. Come se stesse recitando il bollettino meteorologico il
giorno prima delle partite di Quidditch. Solo che, nella maggior parte
dei casi, quello che dice è molto, molto significativo.
Come adesso, per
esempio. Se Sirius non la pianta gli spaccherà davvero un braccio.
“Sirius…
mollami…” riesce a bofonchiare, in un momento di
lucidità. Quella lancinante emicrania è dovuta
alla
bottiglia di Whiskey Incendiario che si sono tracannati ieri sera in
suo onore appena scattata la mezzanotte e che l’ha fatto
andare a
letto barcollante e con la testa leggera. È stata la prima
sbronza della sua vita, ma nessuno si era premurato di dirgli che i
postumi fossero così fastidiosi.
Meno male che oggi
non hanno lezione.
“E dai,
James, i festeggiamenti sono appena cominciati! Che diavolo
aspetti?”
“Sirius
ha ragione, James! Non ti immagini nemmeno le dimensioni della torta
che ti abbiamo preparato…”
“Pete,
doveva essere una sorpresa!”
“Oh,
accidenti!”
“Non fa
niente, l’importante è che James si
alzi…”
“JAMES!”
“James,
ti prego, fallo per me, non ne posso più di sentir strillare
questo qui…”
“E va
bene, va bene!”
Con uno sforzo
sovrumano, James
mette finalmente i piedi giù dal letto. Si stiracchia
abbondantemente, poi allunga la mano sul comodino, afferra gli occhiali
e li inforca. Finalmente, Sirius molla il suo braccio. Remus, ancora
seduto placidamente sulla poltrona, lo osserva con un sorriso
rassegnato.
“Devi
vedere i nostri
regali!” esclama un Peter totalmente euforico. Se non lo
conoscesse bene, James direbbe che Peter è quasi
più
felice adesso rispetto al giorno del suo compleanno.
“Perché
intanto non scattiamo qualche foto?”
“Scordatelo,
Remus, non sono assolutamente presentabile!”
“E allora
fila in bagno e
datti una sistemata, non ho intenzione di lasciare questo storico
momento privo di testimonianze documentate”.
“Sirius,
a chi credi che interesseranno fra vent’anni le foto del mio
quattordicesimo compleanno?”
“Beh, se
diventerai una star del Quidditch potrò venderle ai giornali
scandalistici!”
James scuote la
testa –
anche se forse avrebbe fatto meglio a non farlo, data la nuova fitta di
dolore che il brusco movimento gli ha provocato – e inizia a
cercare i suoi vestiti che, come al solito, si sono sparsi in diversi
angoli della stanza. Ad esempio, non ha assolutamente idea di come ci
sia finito il suo calzino destro sulla maniglia della porta. Tuttavia,
nonostante si sforzi di cercare, dopo qualche minuto si accorge che non
riesce a trovare il suo maglione.
“Uh,
è vero, forse te lo sei scordato giù in sala
comune ieri notte”, dice Sirius.
“Vorrai
dire che tu
te lo sei scordato, visto che abbiamo dovuto trascinare James in camera
di peso”, gli fa notare Remus, sempre con la sua aria
estremamente composta.
“Non ho
capito perché ogni
volta deve essere colpa mia”, obietta Sirius, in
tono acido.
“Tranquilli,
ragazzi, vado a recuperarlo io… intanto voi tirate pure
fuori la mia nuova scopa, grazie”.
Remus e Peter
sbiancano di colpo, mentre Sirius per poco non si getta a prendere a
testate il muro.
“COME
DIAMINE FAI A SAPERLO?!”
“Quando
ti è
arrivato il pacco per posta non sei stato abbastanza svelto a
trasfigurarlo in un mazzo di fiori firmato da un’ammiratrice
anonima. Mi dispiace per te, ma la forma di un manico di scopa
è
inconfondibile”.
Sirius stringe gli
occhi, guardando James in cagnesco. Lui si limita ad esibire un
sorrisetto.
“Che
modello è? Una Skyline 320?”
“Corri a
riprenderti
quell’accidenti di maglione, mentre noi qui sistemiamo tutto.
Non
vedrai un solo millimetro di regalo in più se non sparisci
per
almeno un paio di minuti. E ora vai!”
James decide che
non è il
caso di far imbestialire ancora di più Sirius, non dopo aver
osato rovinargli la sua meravigliosa sorpresa.
Purtroppo non
è
assolutamente in grado di tenere un segreto, non con il suo migliore
amico, almeno, e non è più stato capace di
mordersi la
lingua e tacere.
Così,
senza altre
esitazioni, inforca la porta ed esce sull’androne; poi si
dirige
verso la scala a chiocciola in marmo scuro che porta in sala comune.
Scende di corsa i primi gradini, con l’ansia di doversi
sbrigare
se vuole evitare che le minacce di Sirius diventino realtà;
dopo
poco, però, rallenta inavvertitamente.
Il cuore comincia a
battergli
molto più forte di quanto non dovrebbe; si sta verificando
qualcosa di assolutamente non previsto.
In sala comune,
sola soletta,
stravaccata su un divanetto in compagnia di una tazza di the in
porcellana decorata, un foglio, un libro e una pergamena,
c’è Lily Evans. Non è in divisa, ma
indossa dei
normali abiti Babbani. Ha i capelli raccolti in una coda alta, a
lasciarle libero il viso.
È bella:
bella in un modo strano, non semplicemente estetico. È bella
che fa effetto, che lascia senza parole.
James si sente come
pietrificato.
Riprende a scendere
le scale
lentamente, quasi in punta di piedi, come se d’un tratto
avesse
paura di disturbarla. Sente un prepotente impulso spingerlo ad avanzare
verso di lei, anziché verso il maglione che ha dimenticato
– lo vede, è lì su una delle poltrone
di velluto
rosso che stanno vicino al camino, ma tutt’ad un tratto non
gliene importa più – e così,
lentamente, lo
asseconda. Si sente strano, accaldato. Improvvisamente accaldato.
“Ciao,
Evans”, la
saluta, la voce ancora arrochita dal sonno. Tossicchia per schiarirsi
la gola subito dopo, sentendosi in imbarazzo. Avrebbe voluto sfoggiare
un timbro più elegante, più attraente.
“’giorno”,
risponde lei, sollevando appena lo sguardo dalla sua pergamena. Si
solletica il lobo dell’orecchio con la piuma mentre, con gli
occhi, scorre velocemente le righe del libro di testo. James la
osserva, rapito. Evans è bella, accidenti.
Non può tornare di sopra così, deve avvicinarsi e
parlarle.
“Che
fai?” le domanda, tentando di sfoggiare un tono casuale.
“Uh, il
tema di
Trasfigurazione”, risponde lei, alzando le spalle. In
effetti,
non hanno mai svolto delle grandi chiacchierate. Più che
altro
bisticciano. E si insultano. E si fanno dispetti.
Ma oggi, per
qualche motivo che
gli risulta incomprensibile, a James sembra tutto diverso. Oggi non ha
voglia di punzecchiarla. Vorrebbe avvicinarsi e leggere per lei le
righe del suo libro, passarle le dita su una guancia pallida e
scostarle quel ciuffo di capelli dietro l’orecchio. Poi
avvicinarsi, sempre di più, fino ad annullare completamente
lo
spazio fra le loro labbra e…
“Potter.
Che ti prende? Ti sei scordato dove ti trovi?”
James si riscuote
di colpo.
C’è qualcosa che non va, oggi. Evans lo sta
rendendo
particolarmente rimbambito, nel più profondo senso del
termine.
Non si era mai sentito così prima d’ora.
“Cercavo
solo il
mio… oh, eccolo”, dice, facendo finta di
accorgersi solo
ora del maglione abbandonato sulla poltrona.
Si avvicina, se lo
riprende con un gesto rapido e nervoso e poi fa per andarsene.
Ma non
può lasciarla
lì così, senza nemmeno essersi avvicinato.
Qualcosa
glielo impedisce – che cosa, esattamente, non lo sa.
Tuttavia,
senza quasi rendersene conto, va verso di lei e si siede
silenziosamente al suo fianco.
Lily si volta a
guardarlo,
increspando le labbra con un certo disappunto. James si rende conto che
non riesce a fare a meno di fissarla in maniera davvero imbarazzante,
perciò si sforza di spostare lo sguardo in basso, ad
osservare
con attenzione il disegno intrecciato del tappeto.
Si rende conto che
probabilmente
lei penserà che sia pazzo, ma la primavera appena giunta
deve
avergli giocato qualche brutto scherzo.
“Oggi
è il mio compleanno”, le dice, con aria ermetica.
Lei aggrotta la fronte, perplessa.
“Bene.
Auguri. C’è altro?”
James si fa
coraggio. Ormai non
può fare a meno di dirglielo. Si convince che la sua
intraprendenza la stupirà in positivo, fino ad esserne
praticamente certo.
Perciò
decide di lanciarsi.
“Come
regalo voglio un
bacio da te, Evans”, le dice, gonfiando il petto. Lei non
risponde e per poco non le escono gli occhi fuori dalle orbite. Quei
bellissimi, grandissimi occhi verdi. Quando si arrabbia, sembra che
sprizzino scintille. Forse è per questo che James si
è
sempre divertito un mondo a farla andare su tutte le furie. Ma prima,
quando aveva undici o dodici anni, le ragazze gli interessavano al pari
di una lezione di Storia della Magia. Ora, invece, ne ha appena
compiuti quattordici. È come se davanti ai suoi occhi si
fosse
aperto uno strano e meraviglioso mondo, di cui prima ignorava
l’esistenza. Si sente agitato vicino a Evans. Sirius gli ha
detto
che è piacevole baciare una ragazza, se non è lei
che ti
salta addosso all’improvviso.
“Potter,
ci tieni proprio
a fare una brutta fine, eh?” commenta alla fine lei,
sospirando,
mentre intinge la punta della piuma nel calamaio.
È un
gesto
insignificante, ma a James fa venire i brividi per come lo fa. I
movimenti delicati delle dita, il fruscio della piuma e
l’angolatura del polso.
“Vuoi
picchiarmi? Non
sarebbe carino, non si picchiano le persone con gli occhiali
–
per un bacio, poi, che sarà mai…”
ribatte,
comunque, facendo lo spavaldo. Si passa una mano fra i capelli, per
nascondere il nervosismo.
“Oh, no,
non desidero
scendere così in basso… lo dico per te,
davvero”,
risponde lei, giocherellando con una collanina sottile che porta al
collo. Altro gesto insignificante, che probabilmente ha sempre fatto,
ma che lui non ha mai notato prima d’ora. Che diamine,
perché nessuno l’ha avvertito che qualcosa si
risveglia
improvvisamente nei maschi quando compiono quattordici anni?
“Non
riesco a capire che
cosa intendi”, le dice comunque, tentando di mantenere la
lucidità. Non può saltarle addosso come quella
ragazza ha
fatto con Sirius, non può proprio.
“Non la
conosci la favola
della principessa e del rospo?” domanda lei, candida.
Principessa
e rospo? Che diavolo è?
“No, mai
sentita”, risponde, perplesso. Lei scuote la testa.
“Che
diamine raccontano a voi figli di maghi quando siete bambini per farvi
andare a letto?”
“Di
sicuro cose meno strambe di questa…”
“Beh, per
farla breve, in
questa graziosa storiella un principe, che è stato
trasformato
in un rospo da una strega cattiva, per tornare umano deve farsi baciare
da una principessa”.
“Davvero
romantico, non c’è che dire…”
“Potter.
Tu non cogli il
punto. Sarà pure una storia Babbana, ma parla chiaramente di
magia. La principessa non voleva baciare il rospo perché lo
trovava disgustoso, eppure alla fine lo fa. Cosa credi che succederebbe
se io e te facessimo il contrario?”
James la fissa con
aria
interdetta, alla ricerca di una risposta che non gli viene
assolutamente in mente. Alla fine, si arrende con un’alzata
di
spalle. Sul viso di lei spunta un sorrisetto sardonico.
“Beh,
è chiaro. Tu diventeresti un rospo”.
James è
disperato. Vorrebbe mettersi le mani nei capelli.
“Non
credo che staresti bene trasformato in rospo”.
“No,
certo che no. Non mi rende giustizia. Sono troppo bello per diventare
un animaletto gonfio e rugoso”.
“Esattamente.
Perciò, ecco perché non posso baciarti. Facendolo
contro
la mia volontà ti farei automaticamente una cattiveria. Mi
dispiace davvero, davvero
tanto”.
Ovviamente lo dice
con la faccia
di una a cui non dispiace per niente. Questa perfida, piccola strega
l’ha fregato per l’ennesima volta.
James osserva con
disperazione
le sue labbra rosse e piene curvarsi in un sorrisetto malefico, che
esprime pura soddisfazione. No, non è giusto che
l’abbia
vinta così. È il giorno del suo compleanno, e
James vuole
il suo regalo. Lo esige.
Evans si crede intelligente, ma lui lo è di
più…
Oh, sì.
Lui lo è di più.
“Aspettami
qui, Evans,
dammi qualche minuto e vedrai che sarai moralmente obbligata a
soddisfare la mia richiesta”, le annuncia,
dopodiché,
lasciandola lì a domandarsi che cosa volesse dire, si alza
di
scatto e corre immediatamente su per le scale del dormitorio, fino alla
stanza che condivide con Sirius, Remus e Peter.
Si affaccia sulla
porta con un
fiatone incredibile e di colpo Sirius smette di solleticare Remus
nell’orecchio con la sua piuma, Remus smette di tentare di
leggere il suo libro e Peter smette di masticare il suo boccone di
torta, lasciando che qualche briciola gli finisca sulla camicia.
“Sirius”,
annuncia
James, con aria trionfante, “devi farmi un gigantesco favore,
devi fare per me l’unica cosa che mi permetterà di
ricevere il bacio che mi spetta di diritto da Evans”.
“Perché
vorresti un bacio da quella lì, scusa?” domanda
Sirius, perplesso.
“Perché
lei
è… mi è apparsa così,
all’improvviso
e… oh, Sirius, che t’importa? Non vuoi aiutarmi,
in nome
della nostra amicizia?”
“E va
bene, sentiamo, di che si tratta?”
Tutti i suoi amici
restano a
guardarlo in silenzio, l’attesa febbrile nello sguardo,
ansiosi
di sentire cosa esattamente Sirius debba fare per far sì che
James riesca in quell’impresa impossibile.
Il giovane Potter
trae un profondo respiro, dopodiché decide che la suspense
è durata abbastanza.
“Devi
trasfigurarmi in un
rospo, Sirius, ti prego”, dice infine, e se Peter fa una
smorfia
leggermente disgustata e Remus sgrana gli occhi incredulo, Sirius fa
decisamente di peggio: gli scoppia sonoramente a ridere in faccia,
senza alcun pudore.
“Non
capisci, è che
devo fregarla in termini dialettici! Lei ha raccontato questa storia
della principessa e del rospo, e…”
Tutto inutile,
Sirius ormai è completamente perso.
Le sue risa
disumane si sentono probabilmente fino nei dormitori di Serpeverde,
molti piani più sotto.
James non aggiunge
altro, ma lo
guarda rotolarsi a terra con le mani strette sullo stomaco, mantenendo
un’espressione avvilita e imbronciata.
“Sei una
brutta persona,
Sirius Black”, gli dice, ma l’amico non se ne cura
minimamente. È troppo preso dalle sue convulse risate. Anche
Remus e Peter si fanno spuntare un accenno di sorriso, e quando James
se ne accorge gli viene voglia di strozzarli.
“Non
è divertente,
non è per niente divertente! Non lo vuole fare soltanto
perché non è capace, ve lo dico io! E poi questo
qui
vorrebbe diventare un Animagus? Non riuscirebbe nemmeno a trasformarsi
in un moscerino!”
Nessuno lo prende
sul serio, ovviamente.
Remus si stringe
nelle spalle, con aria serafica.
“Che ci
vuoi fare, James?
Credo che ti toccherà conquistare Lily in forma umana, se
non
vuoi generare di nuovo reazioni simili”, gli dice e James
sospira, rassegnato.
“Beh, in
tal caso credo che dovrò essere di
più…”
“Ma che
dici, James? Sei
già tutto! Sei un asso nel Quidditch, sei bravo in qualsiasi
materia, tutti ridono alle tue battute, le ragazze dicono che sei
carino…”
“Giusto,
Peter”,
interviene Sirius, che sembra essersi improvvisamente calmato,
“non è che devi essere qualcosa di più.
È
che devi essere qualcosa di meno… meno rimbambito”.
James lo fulmina
con lo sguardo e in tutta risposta il suo migliore amico riprende a
ridere più forte di prima.
Detesta ammettere
quando ha ragione, lo detesta profondamente.
Nota conclusiva:
un grazie immenso a chi mi ha dedicato cinque minuti per commentare,
siete state carinissime :) spero che anche questo secondo capitolo
fosse all'altezza. Vi lascio di nuovo un pezzettino della prossima
storia:
Cade
l’ennesimo silenzio.
La McGranitt stringe lievemente gli occhi, stira la bocca e inarca le
sopracciglia, proprio come fa ogni volta che vuole rivolgergli una
frase particolarmente sferzante.
“Parlando
delle sue
possibilità di carriera, ha mai pensato a qualcosa di
preciso
– che non riguardi, ovviamente, i suoi progetti di
distruzione
nei confronti di questa scuola?”
James
comincia a pensare in fretta. Un lavoro, una carriera. Tra poco Lily
sarà fuori da quella porta, io uscirò e la
incontrerò e potrò chiederle di uscire.
Dieci
punti a chi indovina cosa succederà XD
Al prossimo week end!
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Capitolo 3 *** Potrebbe andar meglio (prompt: Ministro) ***
s3
Potrebbe andar meglio
Prompt:
ministro
Ambientazione:
quinto anno
Parole:
3196
19
Aprile 1976
James Potter ha un’aria strana, oggi. È questa la
prima
cosa che pensano Peter Pettigrew e Remus Lupin quando lo vedono
avvicinarsi, con fare molto cauto e circospetto, ad un Sirius Black
completamente assorbito da un’intensa partita a Scacchi
Magici,
la cui penitenza per il perdente consiste nel doversi calare le braghe
di fronte ad un’ignara professoressa Sprite durante una
lezione
di Erbologia.
Peccato che
l’avversario
di Sirius sia il suo amico licantropo, da sempre considerato il
campione imbattuto di Scacchi Magici fra i Malandrini.
Quindi, se
c’è una
cosa che Sirius non è molto intenzionato a fare in quel
momento,
di sicuro è dare retta a James.
Ma il giovane
Potter pare intenzionato a provarci lo stesso.
“Uhm,
Pads”, lo
apostrofa, con incertezza, facendo finta di dover cercare qualcosa
nell’armadio alla sua sinistra.
“Sì?”
gli
risponde l’amico, distrattamente. James lo osserva con
attenzione
prima di proseguire, come se stesse aspettando il momento
più
opportuno per dirgli qualcosa di molto, molto scottante.
Dopo un
po’, tuttavia, prende coraggio e si butta.
“Che ne
diresti di fare cambio con i nostri turni per l’orientamento
professionale?”
“Il che?!
Oh, già.
Mi ero praticamente scordato della sua esistenza”, commenta
Sirius, senza alzare gli occhi dalla scacchiera. “Alfiere in
D5,
e ora stai a vedere come ti straccio”, dice poi, rivolto a
Remus.
“Posso
interpretarlo come
un sì, dunque?” domanda ancora James, sfoggiando
un tono
così fintamente noncurante che perfino Peter comincia a
pensare
che abbia qualcosa che non va. E Peter adora James, perciò
non
ha mai osato pensare che sia un po’ tocco.
“…Pads?”
“Massì,
James, che
cosa vuoi che mi importi di quale sarà l’ora
esatta in cui
mi toccherà sedermi davanti alla McGranitt a fissarla per
quindici minuti nelle palle degli occhi facendo finta di discutere del
mio futuro…”
“…cavallo
in E2”.
“Non ti
conviene fare mosse così azzardate, io ti ho
avvisato!”
“James,
ma perché vuoi fare a cambio con Sirius?”
Peter ha
pronunciato quella
domanda con tutta la più sincera ingenuità di
questo
mondo. È logico porsi quell’interrogativo, dato
che non
riesce a trovare alcuna ragione evidente per cui James dovrebbe
proporre a Sirius una cosa del genere.
Ma James non sembra
dello stesso parere, dato che gli getta un’occhiata disperata
e subito dopo arrossisce lievemente.
“Mah,
niente, Wormy, stavo
solo pensando che avrei potuto approfittarne per andare ad allenarmi un
po’ fintanto che c’è ancora luce, la
prossima
partita in fondo è vicina…”
“Prongs.
Non sappiamo nemmeno se ci sarà, la prossima partita. Pedone
in C3”.
James si gratta un
braccio. Dannazione, Sirius sta riprendendo contatto con il mondo
esterno.
“Oh,
andiamo, in fondo
è stato solo un piccolo battibecco, lo sapete anche voi che
alla
fine Silente ci farà giocare lo stesso…”
“Non so.
La McGranitt era
furiosa e anche Lumacorno. È stata una brutta rissa, amico,
ma
giuro che non sono intervenuto soltanto perché non riuscivo
a
scavalcare quella maledetta calca che c’era sugli spalti,
altrimenti gliele avrei volentieri suonate io a mio fratello, invece
che lasciar fare tutto il lavoro sporco a te… beh, signor
Moony-genio-degli-scacchi? Sei forse a corto di idee?”
“In
realtà stavo
pensando a come addolcire la tua sconfitta, dato che non sono
così crudele e senza cuore come tu sei solito
dipingermi”.
“Insomma,
James, perché vuoi fare cambio?”
“Beh, te
l’ha detto,
deve allenarsi… potrei venire a vederti, James, se ti
va…” tenta di rimediare Peter, ma Prongs scuote
immediatamente la testa in segno di diniego, cercando di non farsi
vedere, aggiungendo qualche altro gesto che deve significare,
probabilmente, più
tardi ti spiego.
Sta di fatto che
Peter non ci sta capendo più nulla.
“Come non
detto, me ne
resterò qui a farmi i fatti miei”, mormora tra
sé,
leggermente mortificato. Ma ormai è troppo tardi: Sirius ha
aguzzato le antenne.
“James,
non me la racconti giusta, dimmi perché diavolo vuoi fare
cambio”.
“Te
l’ho detto! Gli
allenamenti… e il buio, e la McGranitt…
è una
tale scocciatura, vorrei togliermela il prima
possibile…”
In quel momento, il
primogenito
Black alza finalmente gli occhi sul suo migliore amico, scordandosi
temporaneamente della scacchiera. Lo fissa come fa sempre quando vuole
che James gli dica qualcosa, con la fronte un po’ corrugata e
il
sopracciglio sinistro inarcato e gli occhi grigi immobili, fissi nei
suoi, senza alcun pudore.
E a James, alla
fine, non resta altro da fare se non capitolare.
“Oh, e va
bene, è che vorrei parlare con la Evans, e sta esattamente
dopo di te…”
“Regina
in F6. Scacco”.
Sirius si volta per
un attimo,
fulmina con lo sguardo Remus – che reagisce con totale ed
assoluta indifferenza – poi torna su James, lo squadra da
capo
a piedi e scoppia sonoramente a ridere.
“Prongs,
è una
nostra compagna di Casa, la vedi tutti i dannatissimi giorni a lezione,
ad ogni pasto è al nostro tavolo, ogni sera sta in sala
comune e
alle volte ce la ritroviamo fra i piedi perfino quando non dovrebbe
esserci… perché accidenti hai bisogno di
incontrarla
fuori dall’ufficio della McGranitt?”
James sbuffa,
arrossisce, si
spettina i capelli e si rassetta il colletto della divisa, il tutto in
pochissimi secondi. Poi risponde a Sirius, tentando di ostentare
un’ottima padronanza di sé.
“Oh,
andiamo, lo sai anche
tu che in giro per la scuola o in sala comune è sempre
circondata dalle sue amiche e a lezione si siede a chilometri da noi.
Non è così facile avvicinarla per parlarle in
privato”.
“E tu
cosa avresti intenzione di dirle – o farle –
in privato, sentiamo?”
“Lo sai
che sono scaramantico, non posso anticiparti nulla”.
“Padfoot,
tocca a
te!” gli ricorda improvvisamente Peter, intenzionato,
stavolta,
ad aiutare James facendo sì che Sirius distolga la sua
attenzione da lui.
“Oh,
già, grazie, Wormtail”.
E mentre Sirius
quasi ringhia
guardando in cagnesco Remus, James alza le dita in segno di vittoria
verso Peter, il quale sospira di sollievo. Per una volta,
fortunatamente, ha detto la cosa giusta.
James, nel mentre,
con un
sorriso emozionato ben stampato in faccia, ha strappato un piccolo
angolo di pergamena e ci ha scribacchiato sopra un appunto. Lo deposita
con molta attenzione di fianco a Sirius, aspetta che dica
“Pedone
in E4” e infine gli sussurra a mezza voce:
“Ricordati, il
mio appuntamento era alle sei. Grazie, Pads, sei il migliore amico che
si possa avere”.
Sirius riceve un
rapido
abbraccio stritolante, dopodiché James si lancia di corsa
fuori
dalla stanza, volando giù per le scale come un fulmine
– o
forse più come una mandria di bufali impazzita, pensa Peter,
data la scarsa leggiadria del passo di Prongs, che rimbomba nelle sue
orecchie fino all’ultimo gradino. Probabilmente
l’hanno
sentito fin nei dormitori di Serpeverde.
“Ma dove
diavolo sta andando James? Il mio colloquio inizia almeno fra
mezzora…”
“Uhm,
forse non voleva assistere alla tua vergognosa disfatta. Scacco
matto”.
Remus deve fare un
grande,
grandissimo sforzo per trattenere il sorrisetto di soddisfazione che in
quel momento gli preme con forza sulle labbra.
“Ti odio,
Moony. Vado a scegliere un bel paio di mutande”.
*
James ci mette un po’ prima di decidersi a bussare alla
porta. La
sua attenzione non è assolutamente concentrata
sull’imminente colloquio con la direttrice della sua Casa. Si
spettina i capelli almeno una decina di volte prima di convincersi che
così può andare; non avrà il tempo di
sistemarsi
dopo, quando uscirà da quella porta e troverà
Lily sulla
soglia, intenta ad aspettare il suo turno.
Fissa la lista
appesa a fianco
allo stipite, con i nominativi in ordine alfabetico. Black, ore 16:00.
Evans, ore 16:15. Kinglake, ore 16:30. Lindgreen, ore 16:45. Lupin, ore
17:00. McDonald, ore 17:15. Miller, ore 17:30. Pettigrew, ore 17:45.
Potter, ore 18:00.
Chissà
se la cara Minerva si arrabbierà molto per quello scambio
dell’ultimo minuto.
Si dipinge in
faccia un sorriso ammiccante e batte finalmente le nocche
sull’uscio.
“Signor
Black, avanti!”
Il sorriso vacilla
per un
istante mentre James si affaccia all’interno
dell’austero
ufficio in cui innumerevoli volte, fin dal suo primo anno a Hogwarts,
si è ritrovato a dover ascoltare un rimprovero o una
punizione.
“Ehm…”
“…signor
Potter.
Lei non mi sembra il signor Black. A meno che i miei occhiali da vista
non inizino ad essere un po’ troppo difettosi rispetto alla
mia
miopia”.
“Oh, no,
professoressa,
sono sicuro che la sua vista – volevo dire, i suoi occhiali
vanno
ancora benissimo…”
“E
allora, che succede? Ha
sperimentato la Pozione Polisucco? Sì, ho saputo dal
professor
Lumacorno che avete utilizzato quella preparata a lezione per tentare
di trasformare Severus Piton nel gatto del custode”.
James per poco non
scoppia a
ridere. A parte la fierezza che lo anima quando le loro bravate fanno
il giro di Hogwarts, questa era obiettivamente un’idea
geniale.
La professoressa,
però, non sembra pensarla allo stesso modo.
“Il mio
era un tono di completa disapprovazione, signor Potter”.
“Sì,
ha ragione.
Completa e totale disapprovazione. Comunque, davvero, non sono Sirius
Black, il problema è che… Sirius non si sentiva
bene. Ha
un po’ di nausea e… ecco… mal di
pancia. Insomma,
mi ha chiesto di andare al suo posto. Lui verrà al mio
orario,
così non perderà il colloquio”.
“Oh.
È così sicuro di riprendersi fra un paio
d’ore?”
“Sì,
non si
preoccupi, non è nulla di grave… una –
ehm –
capatina al bagno e starà senz’altro
meglio”.
“Ne sono
rincuorata. E va bene, signor Potter, si sieda e non perdiamo altro
tempo”.
Rassicurato, James
si avvicina e
sprofonda di colpo nella comodissima e morbidissima poltrona di fronte
alla scrivania della professoressa, che inizia a frugare rapidamente
nei suoi cumuli cartacei.
“Vediamo
se ritrovo le sue
cartelle di valutazione… ah, sì. Eccole qui.
James
Cornelius Potter…”
“Per
favore, non mi
ricordi che ho un secondo nome”, pigola James, in un soffio,
coprendosi gli occhi con le mani in maniera teatrale. La McGranitt non
batte ciglio.
“…beh,
non
c’è che dire. I suoi risultati sono sempre stati
molto
buoni. Ogni tanto un po’ altalenanti in Pozioni e in Storia
della
Magia… ma nel complesso buoni. Mi corregga se sbaglio,
signor
Potter, ma mi sembra di notare una particolare propensione verso la
Trasfigurazione… il che mi renderebbe estremamente
orgogliosa,
se solo ogni tanto avessi l’impressione che in classe lei
segue
quello che dico”.
James osserva la
McGranitt
sistemarsi gli occhiali sul naso per scrutarlo meglio e si rende conto
che non sa cosa rispondere. È, tuttavia, abbastanza sicuro
che
la professoressa stia facendo del sarcasmo.
“Sì,
mi piace Trasfigurazione”, dice infine. Probabilmente
è la soluzione più diplomatica.
“Bene. In
Incantesimi vedo
che non ha mai avuto problemi, lo stesso in Erbologia e
Artimanzia… mmm, anche Difesa Contro le Arti Oscure sembra
piacerle particolarmente”.
“Esatto”.
“E che mi
dice di Babbanologia?”
“Beh…”
No,
James,
devi tenere la bocca chiusa. Non puoi dire alla professoressa McGranitt
che l’hai scelta insieme a Sirius soltanto perché
lui
doveva fare un grossissimo dispetto ai suoi parenti.
“Mi piace
anche quella”.
“Insomma,
signor Potter, lei è – come dire –
piuttosto eclettico”.
“Già,
si potrebbe dire così”.
Cade
l’ennesimo silenzio.
La McGranitt stringe lievemente gli occhi, stira la bocca e inarca le
sopracciglia, proprio come fa ogni volta che vuole rivolgergli una
frase particolarmente sferzante.
“Parlando
delle sue
possibilità di carriera, ha mai pensato a qualcosa di
preciso
– che non riguardi, ovviamente, i suoi progetti di
distruzione
nei confronti di questa scuola?”
James comincia a
pensare in fretta. Un lavoro, una carriera. Tra poco Lily sarà
fuori da quella porta, io uscirò e la incontrerò
e potrò chiederle di uscire.
“Beh,
come ha detto lei, gradirei qualcosa di eclettico… voglio dire, non mi piace concentrarmi troppo a lungo su una stessa
cosa. Dopo un po’ mi annoio”.
“Certo,
con una mente così straordinariamente iperattiva come la sua... c’è altro?”
“Penso di
voler fare
qualcosa di pratico, importante ed eccitante… e credo di non
essere molto propenso ad essere il sottoposto di qualcuno”,
dice
James, notando che la McGranitt solleva un angolo della bocca in una
specie di sorrisetto ironico. Attende per diversi secondi, curioso di
sapere cosa ci sia di così divertente in quello che ha
appena
detto.
“In
pratica, signor Potter, lei mi sta dicendo che vuole fare il Ministro
della Magia”.
“Come?!”
“Ma
certo! Cosa potrebbe
esserci di più pratico, importante, eccitante e –
soprattutto – al di sopra di qualsiasi autorità
più
in alto della sua?”
Ad un certo punto,
James tende
l’orecchio. Gli sembra di udire dei passi fuori dalla porta e
questo lo fa agitare sulla poltrona. Magari Lily è arrivata
in
anticipo e ora sta lì fuori ad aspettare il suo turno. Far
sì che senta che la McGranitt lo ritiene in grado di
ricoprire
un ruolo così illustre e rilevante non può che
fargli
fare bella figura ai suoi occhi. Ne rimarrà colpita, senza
dubbio.
“Davvero
mi ritiene in
grado di fare il Ministro della Magia?” chiede quindi,
alzando
considerevolmente il tono di voce. La professoressa intreccia le dita
lentamente, con cura, e poi fa una cosa che James non si aspettava
assolutamente: si mette a ridacchiare.
“Come le
ho detto, signor
Potter, lei ha ottime abilità in tutte le materie. La sua
intelligenza, le sue capacità relazionali e la posizione
della
sua famiglia le consentirebbero indubbiamente di aspirare ad un tale
obiettivo… ma devo confessarle che ho paura
di quello che potrebbe succedere al nostro paese se lei finisse in una
simile posizione. Non perché non possa essere competente, le
ripeto… ma riterrei più appropriato consigliarle
di
indirizzare altrove le sue tendenze leggermente
distruttive”.
James storce la
bocca,
imbronciato. Quella donna senza cuore ha cancellato in un attimo le sue
possibilità di far colpo su Lily Evans.
“Le
consiglio di visionare
molto attentamente questi appunti che sto per consegnarle: riguardano
le possibilità di una carriera al Dipartimento delle
Catastrofi
e degli Incidenti Magici, alla Gringott come Spezzaincantesimi e in
qualche riserva naturale come Allevatore di Draghi –
sì,
le posso assicurare che sarebbe molto
eccitante. Però per questo dovrebbe continuare Cura delle
Creature Magiche, un M.A.G.O. con meno di
‘Eccezionale’
è imprescindibile. Il che significa che lei e il signor
Black
dovrete, presumibilmente, andare a porgere le vostre umili scuse al
professor Kettlebourne per quel pasticcio con il suo allevamento di
Vermicoli. Ci rifletta attentamente, signor Potter,
dopodiché
torni a cercarmi per discutere della sua scelta”.
“La
ringrazio”,
soffia James, alzandosi per prendere i plichi che la McGranitt gli
porge. Solleva lo sguardo e nota che la professoressa sta ancora
sorridendo.
“Ho
deluso le sue aspirazioni, signor Potter?”
James si stringe
nelle spalle, fingendo indifferenza.
“È
che… ci vorrebbe un Ministro della Magia bello.
In fondo dovrebbe rappresentare il nostro paese. Altrimenti che figura
ci facciamo con gli altri? Quello di adesso ha un naso terribilmente
adunco e storto, e il doppio mento, e il riporto… io,
invece,
sarei abbastanza bello”.
“Signor
Potter, su questo
non ci sono dubbi. Ma le consiglio di sfruttare maggiormente le sue
capacità intellettive, dato ciò di cui
è capace
sarebbe un vero peccato sprecarle”.
James annuisce, con
aria un
po’ spenta. Subito dopo però, mentre fissa il
pavimento,
gli viene un’idea improvvisa.
“Posso
chiederle un favore, professoressa?” domanda, a bassa voce.
“Mi dica,
signor Potter”, risponde la McGranitt, con aria neutra,
mentre scribacchia qualcosa su un foglio.
“Potrebbe
dire a Lily Evans che mi considera abbastanza bello e intelligente da
fare il Ministro?”
“Come
vuole, ma non le garantisco che mi crederà”.
“Beh,
apprezzerò il fatto che lei ci abbia provato”.
“Signor
Potter. Questo, in teoria, era un colloquio di orientamento
professionale. Deve prendere sul serio il suo futuro, molto
sul serio. Si ricordi di tornare da me con un’idea precisa in
merito, perché altrimenti non ci metterò molto a
smentire
questa versione dei fatti con la giovane Evans”.
“Sissignora”.
James si ritiene
soddisfatto di
quella conversazione con la professoressa McGranitt. L’ha
–
forse – portata dalla sua parte. Forse ci metterà
davvero
una buona parola con Lily.
“Può
andare, signor Potter”.
“Grazie,
professoressa”.
James si volta e si
dirige verso
la porta, con un gigantesco sorriso stampato sul volto. Tutto sommato,
quel colloquio non è poi stato una così grande
perdita di
tempo. Esce e si ritrova a trattenere improvvisamente il fiato,
perché in tutta quell’esaltazione momentanea si
è
scordato di quelli che erano i suoi piani originali, e ora che si trova
effettivamente davanti a Lily Evans non sa più che fare.
Dannazione.
“Potter,
che ci fai qui?” domanda lei, perplessa.
“Uh, ho
fatto cambio con
Sirius. Lui non… sta molto bene in questo momento. Invece
tu,
Evans, come stai? Ti trovo bene”.
Lily rotea gli
occhi, sospirando.
“Non
credo che
continuerò a stare così bene ancora per molto,
Potter… non se farai di nuovo perdere a Grifondoro un sacco
di
punti.
Siamo in caduta libera e io ho una scommessa aperta con Elizabeth
Lachey di Corvonero per chi vincerà la Coppa delle Case fin
dall’inizio dell’anno…”
“Oh,
andiamo,
Evans”, la interrompe James, con un tono di voce
più basso
e sensuale. “Credo che tu sia troppo severo con me”.
Si avvicina di
qualche passo e,
constatando che Lily non è fuggita a gambe levate, si dice
che
è stata una mossa vincente.
Beh, non che possa
andare molto lontano, con una porta chiusa alle sue spalle.
Ma insomma, non
è il momento di tentennare. Deve buttarsi.
“Sai,
Evans, che la McGranitt mi ha appena detto che potrei fare il Ministro
della Magia?”
Lily apre la bocca
per parlare, ma James tronca il suo commento sul nascere.
“No, non
era ironica. Te lo potrebbe assicurare lei stessa”.
Lily annuisce, con
un’espressione sorpresa sul volto.
“Wow,
sono davvero
impressionata. In ogni caso, quando questo starà per
succedere,
ti dispiacerebbe avvisarmi?”
“Ma
certo, lo farò senz’altro”.
A James balza il
cuore nel petto. Forse questo vuol dire che per una volta è
riuscito a fare colpo su di lei…
“Oh, ti
ringrazio. Sai,
prenotare un viaggio internazionale all’ultimo minuto non
è proprio così facile. Se tu mi aiutassi ad
andarmene
dall’Inghilterra con anticipo, prima dell’immane
catastrofe
naturale o artificiale che verrà causata dal tuo operato di Ministro, te ne
sarei molto riconoscente”.
James rimane a
fissarla
ammutolito, senza riuscire, una volta tanto in vita sua, a trovare le
parole per replicare. Forse perché, semplicemente, sta
tentando
di capire se Lily l’ha davvero più denigrato che
ringraziato.
“Beh,
credo che la
McGranitt mi aspetti. Non preoccuparti, non tenterò di farle
esprimere un giudizio così favorevole come il tuo”.
“Dovresti
ripensare
attentamente alla mia ultima proposta. Ti pentirai di non essere uscita
con me almeno una volta, quando sarò diventato
famoso”.
Lily gli rivolge un
sorrisetto sardonico.
“Saprò
sopportarlo”, risponde, prima di voltargli le spalle per
andarsene.
“A te
serve un mestiere adatto a gente bisbetica, Evans!”
Mentre James torna
a passi
svogliati verso la Torre di Grifondoro, sta ancora lottando per capire
come si sente. Certo, hanno avuto una specie di conversazione senza
amiche tra i piedi e soprattutto senza Sirius tra i piedi,
ma quella ragazza è più testarda di un drago
selvaggio.
Evidentemente
è necessaria più di una brillante carriera futura
per convincerla.
Nota conclusiva:
è stato solo dopo aver buttato giù questa shot in
maniera
praticamente definitiva che mi sono ricordata che nello Shoebox Project
esiste una scena sui colloqui di orientamento professionale dei
Malandrini. Sono andata a rileggermela, per sicurezza, e non ho
riscontrato somiglianze, tranne che per un dettaglio; tuttavia,
nonostante le indecisioni, alla fine ho deciso lasciare la proposta
della carriera come Spezzaincantesimi che, anche in quella fanfiction,
la McGranitt suggerisce a James. Alla fine dei conti è
effettivamente una professione che potrebbe piacere a uno come lui,
perciò ritenevo insensato che la McGranitt non la citasse
nemmeno. In più non ho trovato grandi elenchi di professioni
magiche, quindi mi sono dovuta adattare alle poche che vengono
menzionate nei libri. Ho voluto comunque precisare la fonte per
correttezza.
...e infine ecco a voi l'anticipazione della prossima storia:
Qualche fila
più in là, Potter siede con aria cupa di fianco a
Black, mentre Peter Pettigrew
e Remus Lupin corrono a prendere posto di fianco a loro. Remus apre i
libri in
fretta, fissando concentrato la lavagna vuota.
Lily
distoglie lo
sguardo e si rende conto di essere sicura che, qualunque cosa sia
successa, non
ha mai visto quei quattro comportarsi così.
Sperando
che anche questa vi sia piaciuta, vi do appuntamento alla prossima
settimana, con un grazie speciale per chi mi sta lasciando delle
recensioni bellissime :) a presto!
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Capitolo 4 *** Hey, baby, non ti voglio più (prompt: settimane) ***
s4
Hey,
baby, non ti voglio più
Prompt: settimane
Ambientazione: quinto
anno
Parole: 2680
20 Maggio 1976
Questa
mattina, a
lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, Lily Evans è
arrivata decisamente in
anticipo rispetto al solito. In genere non ci tiene particolarmente a
correre
in aula per accaparrarsi il primo banco – se si siede a
fianco a Mary, in
quella coppia di posti in seconda fila sul lato destro, in genere
riesce a seguire
perfettamente: l’amica è sempre silenziosa e se si
distrae lo fa per i fatti
suoi, guardando fuori dalla finestra o scarabocchiando sul foglio di
pergamena
veri e propri capolavori artistici. Inoltre il professor Bulky, per
quanto
esperto cacciatore di fantasmi, alle volte non sembra padroneggiare
completamente la sua stazza di un metro e novantacinque; ha la tendenza
a
perdere il controllo sulla propria bacchetta, che tiene sempre in mano
mentre
accompagna i suoi discorsi con un ampio gesticolare. L’ultima
volta, ad
esempio, durante una sua lezione un angolo del libro di Remus ha
improvvisamente
preso fuoco.
Tuttavia,
stamattina,
Lily si è arrabbiata moltissimo con Severus mentre
discutevano a colazione e
l’unica cosa che ha potuto fare per troncare la conversazione
è stato
andarsene, dopo aver a malapena bevuto il suo the.
Sa
che tra un’ora
inizieranno i crampi allo stomaco per la fame, ma non poteva fare
dietro-front
e tornare sui suoi passi cinque secondi dopo essersi resa conto che era
uscita
dalla sala grande senza aver mangiato.
Non
avendo trovato di
meglio da fare – neppure aspettare che Margaret, Delia, Mary
e Helen la
raggiungessero – ha deciso di andare direttamente in aula.
Tanto, ormai, manca
poco all’inizio delle lezioni.
Ovviamente,
se l’è
presa con Severus sempre per i soliti motivi. Per tutto il giorno
precedente
era sparito chissà dove con i suoi pessimi
amici e oggi, anziché scusarsi per essere mancato al loro
appuntamento di
ripasso pomeridiano in vista dei G.U.F.O., ha iniziato con la solita
tiritera
caustica nei confronti di Potter e dei suoi compagni.
Lily
detesta dover
essere messa nella posizione di difendere Potter, ma in queste
circostanze
Severus non le lascia altra scelta. Perciò gli ha fatto
notare, per l’ennesima
volta, che dovrebbe essere riconoscente a quel
bastardo arrogante che gli ha salvato la vita, giusto
qualche settimana fa.
Tuttavia, di nuovo, Severus ha negato che ciò corrisponda a
verità. E un’altra
volta si è offeso a morte perché lei ha scelto di
credere alla versione di
Sirius Black anziché alla sua.
Il
problema
fondamentale – quello che Severus non vuole proprio capire
– in realtà è solo
uno: lui non le ha raccontato nessun dettaglio di ciò che
è esattamente
successo quella notte. Dice che non può farlo, con aria
misteriosa e sprezzante,
e che comunque non è necessario. Per questo Lily
è più propensa a credere a
Sirius Black piuttosto che a lui, perché è
proprio questo l’atteggiamento che
si aspettava da Severus: vederlo fare e dire di tutto pur di non
ammettere che
James Potter in persona gli ha salvato la vita.
In
più, per quanto
non possa assolutamente parlarne con il suo migliore amico, ci sono
indizi che
da settimane continuano a spingerla verso questa teoria.
E
il fatto che Sirius
Black quella notte, quando le ha raccontato quella storia per fare in
modo che
lei li facesse andare a letto senza tormentarli, le sia suonato
incredibilmente
convincente è solo una ragione minore.
Ma
non è affatto suo
interesse mostrarsi ossessionata dai comportamenti altrui, come invece
è abitudine
di Severus. Perciò, non ha più intenzione di
pensarci.
Tuttavia,
mentre
formula questo pensiero, Lily non ha messo in conto le voci concitate
che si stanno
avvicinando e che sembrano appartenere esattamente ai soggetti dei suoi
buoni
propositi.
“Credevo
di essermi
umiliato a sufficienza, ormai…”
“Pads,
devi dargli
tempo. Non insistere, non servirebbe a niente”.
“Ma
gli ho dato del
tempo! Prongs, sono passate tre
settimane. A me sembra più che
sufficiente per capire se vuoi perdonare o meno una persona”.
“Dipende
da cosa ti
ha fatto”.
“Oh,
andiamo, quando
il primo giorno ti ho fatto cadere nel lago mentre lo attraversavamo in
barca
non mi hai tenuto il muso per così tanto! E mi sembra una
cosa piuttosto
grave”.
“Sirius,
avevamo
undici anni…”
“Che
c’entra?”
“Non
eri ancora mio
amico, buttarmi giù dalla barca non significava tradire la mia fiducia”.
“È
assolutamente
inutile discutere con voi. Siete… cazzo, non lo so. Non fate
niente per venirmi
incontro, io che accidenti devo fare di più?!”
“E
ora che c’entro io? Ti sto solo
spiegando le ragioni di Remus…”
“Le
ho capite
le sue ragioni, ma sarebbe ora di andare oltre, per Merlino!”
“Non
puoi pretendere di cancellare tutto
con un colpo di bacchetta, Sirius”.
“Vedi?
Nemmeno
ascolti quello che dico! Ti ho già spiegato che sono passate
tre settimane!”
“Dai,
Padfoot, sta arrivando Bulky,
andiamo in aula”.
Lily
smette di
respirare, mentre finge di copiare alacremente alcune righe dal libro
di testo
sopra un foglio di pergamena per appunti. Ovviamente non è
mai stato suo
interesse origliare quella conversazione, ma non sentire era
praticamente
impossibile. È ovvio che quei due non sapevano che lei si
trovasse nell’aula, a
pochi metri da loro, perciò hanno parlato con un tono di
voce abbastanza alto
da far cogliere bene ogni parola. La ragazza ringrazia mentalmente per
il fatto
che stia arrivando il professore, perché altrimenti
è praticamente certa che
sia Potter che Black gliene direbbero di tutti i colori.
“Ciao,
Evans”, la
saluta Potter, in tono appena udibile. Lily risponde con un cenno del
capo. Black,
come prevedibile, le getta un’occhiataccia, ma lei lo ignora
completamente e
torna a concentrarsi sulla sua pergamena. Accidenti a Severus, ai suoi
amici e
alla sua incredibile testardaggine. È solo per colpa di
quella litigata se si è
ritrovata ad ascoltare involontariamente una discussione di cui non le
importava – e non le importa, nemmeno adesso –
assolutamente nulla.
Per
fortuna, l’attimo
dopo le sue compagne di Casa fanno insieme il loro trafelato ingresso
in aula.
“Ehi,
Lily, ho visto
che non hai mangiato… ti ho portato un muffin. Svelta,
abbuffati prima che
Bulky inizi a spargere scintille per la classe”, le dice
Margaret Kinglake,
porgendole un fagotto improvvisato con un tovagliolo che emana un
profumino
squisito. Lily sfoggia un enorme sorriso, sentendo finalmente lo
stomaco
rilassarsi.
“Grazie
mille, Meg”,
le risponde, rincuorata. Margaret è una grande impicciona,
ma ha un cuore
d’oro. È un peccato aver iniziato a conoscerla
meglio soltanto di recente, ma
finché Severus non ha iniziato a frequentare certi giri con
troppa assiduità,
Lily non aveva mai sentito il particolare bisogno di approfondire molto
altre
amicizie.
Si
volta, dando
lievemente le spalle alla cattedra, e addenta il muffin con gioia.
Qualche fila
più in là, Potter siede con aria cupa di fianco a
Black, mentre Peter Pettigrew
e Remus Lupin corrono a prendere posto di fianco a loro. Remus apre i
libri in
fretta, fissando concentrato la lavagna vuota.
Lily
distoglie lo
sguardo e si rende conto di essere sicura che, qualunque cosa sia
successa, non
ha mai visto quei quattro comportarsi così.
*
“Comunque,
tesoro,
detto molto sinceramente… davvero non capisco
perché frequenti ancora Severus
Piton”, dice Margaret a Lily più tardi, durante la
pausa pranzo. L’argomento va
piuttosto di moda, ultimamente, da quando Meg ha deciso che ha
acquisito
abbastanza confidenza con lei da darle dei consigli.
Ormai
Lily le vuole
bene e capisce le sue motivazioni, ma in quel momento non ha proprio
alcuna
voglia di parlarne.
“Saranno
fatti suoi,
no?” ribatte Helen, quella un po’ più
scorbutica del gruppo. Lily la ringrazia
mentalmente per quell’intervento provvidenziale.
“Siamo
amici da una
vita, non posso smettere di parlargli”, aggiunge, cercando di
mantenersi su un
tono neutrale. Intanto, osserva la schiena curva di Severus, seduto al
tavolo
dei Serpeverde a fianco ai soliti Mulciber, Avery, Alecto Carrow
– di due anni
più grande di loro – e Black junior.
“E
poi il problema
non è lui, te l’assicuro… è
quella gentaglia”, mormora, gettando un’occhiata
in tralice a Mary. È stato terribile quando Mulciber ha
trasfigurato uno dei
suoi libri in un mostro a due teste; se al posto di Mary ci fosse stata
lei, a
quest’ora Mulciber andrebbe in giro con la faccia ricoperta
di pustole. Ma
l’unico motivo per cui non se la sono mai presa con lei
direttamente è perché
Severus glielo impedisce, nonostante lei sia figlia di Babbani, mentre
per
Mary, che è in un’analoga condizione ma senza
amicizie che la proteggano, non
c’è stata pietà.
Questa
cosa è crudele
oltre ogni limite e Lily si sente ribollire di rabbia.
“È
ancora per questo
che avete litigato stamattina?” domanda Delia, la bocca
ancora piena di
pasticcio al prosciutto. Lily si stringe nelle spalle, infilzando
un’oliva con
la forchetta.
“Uh,
no, oggi ce
l’aveva ancora con Potter e i suoi amici”,
risponde. Solleva lo sguardo e nota
che, anche a tavola, Remus sembra incredibilmente concentrato sul suo
piatto di
patate ripiene, che sta sezionando con estrema attenzione un pezzo dopo
l’altro. Gli altri tre, intorno a lui, discutono con aria
distaccata. Sirius ogni
tanto cerca di animare la conversazione, ma Remus, a differenza degli
altri
due, non ride mai alle sue battute.
Lily
si ricorda bene
di quella notte di tre settimane fa; ricorda anche che Potter ha detto
a Black
“Sarai tu a
dirglielo”, con quel tono tagliente, che non
ammetteva repliche.
L’oggetto di quella frase doveva essere Remus, per forza di
cose. Sirius doveva
avergli fatto qualcosa di molto grave, se ora, a distanza di tempo,
ancora si
comportavano così.
Tuttavia,
dopo un po’,
Lily si riscuote, dandosi mentalmente una scrollata. Sta diventando
come
Severus e non va affatto bene. Non sono affari suoi, perciò
è inutile fare
congetture ed ipotesi su quanto sia successo. Finché quei
quattro evitano di
organizzare un nuovo piano per far diventare matti tutti gli insegnanti
e gli
studenti della scuola, lei deve esserne soltanto grata.
“È
da un po’ che ha
rallentato il ritmo, eh?” commenta Margaret, a un certo
punto, con un
sorrisino. Lily si volta a guardarla, non capendo affatto a cosa si
riferisce.
“Potter,
intendo. Ehi Evans
di qui, ehi Evans
di là… sono alcune settimane che non ti molesta,
no?”
“Oh,
già, in effetti… beh, meglio così, si
salverà dalla fattura che avevo intenzione di
scagliargli la prossima volta che si fosse spinto troppo in
là con le
richieste”, risponde Lily, sfoggiando un sorriso sicuro.
“Mi passeresti la
crostata, Mary?” aggiunge poi, cercando così di
sancire la chiusura del discorso.
Non le interessa se Potter ha finalmente trovato altro a cui pensare
oltre che
assillare costantemente l’unica persona all’interno
di Hogwarts che non lo
reputa magnifico e brillante, ma soprattutto non le interessa perché.
È in buoni rapporti con Remus,
ma non così buoni da rompere le barriere di riservatezza
universali del suo
collega Prefetto. Probabilmente non si è mai confidato
intimamente con nessuno
se non con quei tre discutibili soggetti, perciò non
sarà certo lei a tirar
fuori l’argomento.
Non
è certo affar suo
se Sirius Black continua a lanciarle occhiatacce da quella mattina.
*
C’è
da dire che non è
facile evitare di incontrare certi soggetti, se questi invadono ogni
luogo
della scuola a macchia d’olio.
Lily
è andata a
restituire un libro a Madama Pince ed ecco che se li ritrova
lì, accampati ad
un tavolo, sepolti fra un sacco di tomi più o meno pesanti
che Remus continua a
sfogliare attentamente. Dev’essere per la ricerca
extrascolastica che Lumacorno
ha assegnato loro durante una delle ultime lezioni, nel corso della
quale,
tanto per cambiare, non sono mai
stati
zitti. O meglio, Potter e Black non stavano zitti. Peter e Remus in
genere
finiscono in mezzo per causa loro, anche se Lily capisce bene che
dev’essere
molto difficile ignorare dei tormenti del genere.
“Torno
subito,
signorina”, le dice Madama Pince, diretta alla ricerca del
nuovo libro che le
serve per una traduzione di Antiche Rune particolarmente difficile.
Lily
aspetta pazientemente al bancone, tamburellandoci lievemente sopra con
le dita
per ingannare l’attesa.
Ad
un certo punto
sente un borbottio concitato alle sue spalle, ma fa di tutto per non
voltarsi.
Non ha intenzione di farsi gli affari loro e vuole che se ne accorgano,
e
soprattutto che Black la smetta. Non è certo colpa sua se
parla troppo ad alta
voce senza curarsi di chi potrebbe essere nei paraggi…
“Ehi,
Evans”, le dice
una voce all’orecchio, all’improvviso, in tono non
esattamente basso come
richiederebbe l’etichetta della biblioteca.
Lily
scuote la testa,
rassegnata. Inutile dire che ha riconosciuto perfettamente il timbro
lievemente
roco da pseudoseduttore incallito appartenente al suo tormento numero
uno.
“Che
c’è, Potter?”
domanda, gettandogli un’occhiata con la coda
dell’occhio. Lui si avvicina di un
altro passo, appoggiandosi al bancone di fianco a lei.
“Posso
parlarti un
secondo?” le chiede, con l’aria più
innocente del mondo.
“Potter,
ho da fare,
sto aspettando un libro…”
“E
dai, sarà una cosa
breve, te lo garantisco”.
“Signorina
Evans,
ecco il suo libro, da restituirsi tra una settimana come le ho indicato
in
questo appunto”, dice Madama Pince, finalmente di ritorno.
“Signor Potter, vada
a fare le sue cose brevi
fuori da qui
e rientri quando non avrà più nulla da dire ad
alta voce”, aggiunge con piglio
severo la bibliotecaria, e a Lily non resta altra scelta che seguire
Potter fuori
e ascoltare cos’ha da dire. Non ha alternative, a meno che
non voglia mettersi
a correre – e con quel libro pesantissimo fra le braccia non
è affatto certa di
riuscirci.
Perciò
si volta,
guarda con fierezza negli occhi quel ragazzo vanesio, magro e
occhialuto e
decide di anticiparlo su tutto, per risparmiargli la fatica.
“Senti,
Potter, non
so che cosa tu voglia ma non avevo alcuna intenzione di disturbare le
vostre
confidenze stamattina, mi trovavo già in aula per puro caso
e non so cosa
aggiungere a mia discolpa, perché non
c’è altro che io possa dire, ma ti
assicuro che ho cose ben più importanti di cui occuparmi che
non siano i vostri
affari personali… se invece vuoi chiedermi del prossimo
finesettimana a
Hogsmeade, con mio rammarico devo annunciarti che ho già
preso appuntamento con
uno Schiopodo Sparacoda”.
Mentre
Lily cerca di
recuperare il fiato dopo quel discorso a raffica, James Potter sorride
enigmaticamente dietro alle spesse lenti degli occhiali rotondi,
facendo salire
una mano a spettinarsi i capelli già in disordine.
“A
dire la verità,
l’argomento era più che altro il primo”,
risponde, “ma mi rallegra sapere che
ti interessava ricevere un invito da me”, aggiunge, e Lily si
sente avvampare
di colpo.
Maledetto idiota.
“Non
era assolutamente
quello che intendevo e lo sai benissimo!” replica, stizzita,
stringendo ancora
più forte il pesante libro.
“Io
credo che sotto
sotto ti importi, invece”, dice Potter con un sorrisetto
impudente, e Lily ora
vorrebbe davvero potergli spaccare la faccia.
“Faresti
meglio a
tornare alla tua punizione, o non credo che troverai mai le formule di
tutti
quegli antidoti”, soffia lei, indicandogli con un risoluto
cenno del capo la
porta d’ingresso della biblioteca. L’irritante
sorriso di Potter si allarga
ancora di più.
“Ah,
certo, perché
scommetto che essendo tu la cocca di Lumacorno avrai già
imparato ognuna di
quelle formule a memoria…”
“Ti
sbagli di grosso.
Sono abbastanza furba da non farmi affibbiare costantemente compiti
extra,
perciò impiego il mio tempo in maniera decisamente migliore.
Anzi, ne ho già
sprecato fin troppo a parlare con te”.
A
quel punto Lily gli
getta un’ultima occhiata di fuoco, prima di girare
rapidamente sui tacchi e
allontanarsi senza lasciargli la possibilità di replicare.
Quel
ragazzo è
veramente insopportabile, per la barba di Merlino. Mai una volta che
abbia la
decenza di tenere la bocca chiusa ed evitare di pronunciare frasi a
sproposito.
Dopo
un po’ Lily
rallenta il passo, riflettendo sul fatto che, alla fine, non hanno
chiarito un
bel nulla con quella breve conversazione, se non forse che Potter non
sembra
più intenzionato ad uscire con lei.
Magari
questo porrà
finalmente un termine a tutti gli irritanti e stravolgenti pettegolezzi
che
girano su di loro, anche se Lily si rende conto che la soddisfazione
che
provava nel dirgli di no sarà difficilmente eguagliabile.
Nota conclusiva: sulla
frase finale: non mi è mai
piaciuta l’idea di una Lily che inizia a pensare a James in
certi termini solo quando
lui smette di darle attenzioni, non la ritengo così
immatura. Né sono del
parere che lei fosse già innamorata cotta di James quando
lui si comportava da
perfetto idiota. L’hanno detto Sirius e Remus che lui ha
dovuto mettere la
testa a posto prima che lei gli dicesse di sì, e io ci
credo. Però, dopotutto,
l’idea che James smettesse di starle dietro non le
è neppure indifferente come
vorrebbe far credere; ecco perché ho cercato di usare una
frase non molto
esplicita, che lasci semplicemente intuire la cosa.
Per
quanto riguarda
lo scherzo che Sirius gioca a Piton al quinto anno, avevo
già elaborato in
un’altra fanfiction alcuni episodi inventati che mi
permettessero di spiegare
tutto, compreso come mai Lily sa che James ha salvato la vita a
Severus; ho immaginato
infatti che sia stato Sirius a dirglielo, la notte stessa dello
scherzo, non
James a vantarsene davanti a lei. Personalmente sono del parere che
quello
scherzo abbia minato non poco l’equilibrio dei Malandrini, e
soprattutto la
fiducia di Remus nei confronti di Sirius, perciò non credo
che James l’avrebbe
presa tanto alla leggera da andare in giro a vantarsene per farsi bello
con
Lily – per quanto a quindici anni si comportasse da idiota.
Insomma, è per
questo che Lily sa che Severus è vivo grazie a James, ma che
è ancora convinta
che Remus non sia un Lupo Mannaro: nessuno le ha svelato il
particolare, ovvero
da cosa James abbia salvato Piton. Questo perché Silente si
è raccomandato che
la cosa restasse segreta; Piton infatti non racconta i dettagli a Lily,
pur
essendo il suo migliore amico, e questo la rende restia a credergli
quando lui
le dice che non è vero che James gli ha salvato la vita.
Comunque,
ho
collocato questo episodio a maggio perché ritengo che lo
scherzo di Sirius a
Piton sia avvenuto non molto tempo prima dei G.U.F.O. (e quindi
l’episodio del
peggior ricordo di Piton). Questo perché, quando in HP5
Sirius dice “Che noia,
vorrei che fosse luna piena”, Remus gli risponde
“Tu, forse”, con un certo
astio. Il che, per me, è giustificabile con il fatto che lo
scherzo è avvenuto abbastanza
di recente (altrimenti Remus si sarebbe dimostrato un po’
più felice di avere
una luna piena imminente, dato che significava correre in giro in
libertà
insieme ai suoi amici). Insomma, è solo una teoria, ma
attraverso discussioni e
ricerche varie mi è sembrata la più plausibile.
Vi
lascio con un pezzetto della prossima shot e con mille ringraziamenti
per i vostri bellissimi commenti :)
Lily potrebbe anche pensare
che stia
finalmente mettendo la testa a posto, se solo non avesse visto con i
suoi occhi quello che per cinque anni ininterrotti ha combinato entro
le mura di Hogwarts insieme alla sua piccola banda.
E se non si
tradisse con mosse non proprio astute, tipo lanciarle una palla di neve
a tradimento facendosi beccare in pieno.
Non ha mai pensato
ad una spiegazione plausibile per questo suo strano comportamento.
Probabile che i
suoi interessi si siano semplicemente diretti altrove.
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Capitolo 5 *** Nei momenti così (prompt: inverno) ***
s5
Nei momenti
così
Prompt: inverno
Ambientazione: sesto anno
Parole: 2330
21 Novembre 1976
La biblioteca è fredda e umida, d’inverno.
I vetri si
ghiacciano. Soffiandoci sopra, si riesce a spannarli un pochino.
L’odore
stantio dei libri
vecchi si sente di più, non soffocato
dall’umidità
e dall’afa che d’estate s’intrufola
attraverso le
finestre spalancate. Ci sono meno bisbigli soffocati e sussurri
concitati, perché la maggior parte degli studenti tende a
preferire il confortante calore proveniente dal camino della propria
sala comune.
Quando fa
così freddo, nessuno osa aprire un solo spiraglio.
L’aria di
chiuso ristagna fra gli scaffali di legno, ti si appiccica addosso e
resta sulla divisa fino al mattino dopo.
L’inverno,
in teoria,
inizia oggi. Ma quell’anno il gelo si è presentato
alle
porte di Hogwarts fin dai giorni precedenti. Perciò, Lily
non
sente minimamente la differenza. I giorni scorrono rapidamente
l’uno sull’altro e le date diventano solo
simboliche.
Se alcune le
rimangono
particolarmente impresse, è soltanto perché ha
sempre
amato i numeri e il significato che può celarsi dietro di
essi.
È anche per questo che associa un avvenimento ad una data,
per
ricordare immediatamente un fatto importante, qualcosa da fare, un
impegno da rispettare.
Il suo compleanno,
ad esempio,
è il nove gennaio. Sarà un’altra fredda
giornata
d’inverno, come ogni anno. Senza più il calore
delle feste
appena passate, mentre tutti staranno smontando l’albero di
natale e rimettendo nei cassetti le calze della befana.
Il giorno in cui
tutto è finito tra loro era il sette giugno.
Sono esattamente
centosessantotto giorni che non si rivolgono più la parola.
Forse, certi
dettagli sarebbe
meglio non ricordarli. Ma hanno sempre festeggiato insieme, fin da
quando si sono conosciuti. Qualche volta c’era anche la neve,
come oggi.
Lily è
seduta nel tavolo
vicino alla finestra. Anche se ogni tanto le giunge qualche spiffero
gelido, quello è il posto che le piace di più.
Può
distrarsi a guardare fuori quando vuole, basta alitare un po’
sul
vetro.
Le pagine del libro
oggi non la
invogliano per niente. La ricerca sui Troll di montagna è
terribilmente noiosa; ciò che Lily vorrebbe fare veramente
in un
momento del genere è uscire fuori, nell’aria
fredda di
quella domenica mattina di novembre, con la sciarpa di Grifondoro ben
stretta intorno al collo; vorrebbe correre in mezzo alla neve fino a
non avere più fiato e decidere finalmente che questo
è il
giorno in cui si volta pagina.
Perché
in realtà
Lily non l’ha fatto, ha soltanto chiuso un’amicizia
e
sepolto tutto dentro di sé, in attesa del momento adatto per
sancirne la fine con se stessa.
Probabilmente
l’inverno
non è il momento migliore per decidere di chiudere col
passato e
cambiare orizzonti. D’inverno tutto rimane statico, immobile,
cristallizzato. Gli alberi hanno perso tutte le loro foglie, non ce ne
sono più che possano cadere e rendere i rami ancora
più
spogli. Le piante non crescono. L’erba non cambia colore. Gli
animali vanno in letargo e non si sveglieranno da un momento
all’altro. Tutto rimarrà fermo, intorno a lei, in
attesa
della primavera.
Ma Lily non
può aspettare
la primavera; ormai è tardi, avrebbe dovuto smettere di
rimpiangere quell’amicizia molto tempo fa. Non esiste modo di
far
tornare tutto com’era quando festeggiavano i compleanni
vicino ad
un camino. La persona nella quale lei riponeva il suo affetto e la sua
fiducia è cambiata irrimediabilmente e queste sono cose per
cui
non esiste un rimedio, neppure il perdono.
Perciò,
deve essere oggi o mai più. Da oggi, Lily vuole guardare
avanti.
Si dà
un’occhiata
intorno, con fare circospetto. Non sembra che ci sia molta gente,
comunque nessuno che sia nel suo campo visivo. La sua amica Mary non si
è ancora svegliata, la raggiungerà più
tardi dopo
colazione, con la solita aria assonnata e i capelli scompigliati. Il
tavolo a cui si è seduta si trova in un punto piuttosto
isolato.
Se apre la finestra, silenziosamente, non darà fastidio a
nessuno.
La maniglia
arrugginita cigola
lievemente e subito dopo aver aperto il primo spiraglio
un’ondata
di vento freddo le congela le guance. Ma mentre guarda fuori, Lily
sorride: d’inverno c’è qualcosa che
cambia il
paesaggio, ed è la neve. Adesso sta scendendo a piccoli
fiocchi,
depositandosi lentamente a terra. Se andrà avanti fino a
sera,
tutto diventerà ancora più bianco.
Lily resta
lì appoggiata
a guardare il cielo per chissà quanto, fino a quando
qualcosa di
non ben identificato le si spiaccica rumorosamente sulla manica del
maglione grigio. Fa un balzo per lo spavento, poi si rende conto che si
tratta di neve; chi diavolo può essere stato a tirargliela?
Guarda subito in
basso e nel cortile incrocia gli sguardi dei temerari che hanno osato
compiere un tale gesto.
Quattro facce, una
più
pallida dell’altra. Una tonda, con un cappello in testa. Una
seconda con una testa nera e ricciuta. Un’altra fine, quasi
smagrita. L’ultima è dotata di un paio
d’occhiali e
di una zazzera di capelli scurissimi e spettinatissimi, che Lily
conosce fin troppo bene.
“Oh,
cacchio”, dice qualcuno di loro.
“Ve
l’avevo detto che era meglio colpire e scappare!”
“Scusa,
Evans, non volevamo…”
Poco plausibile,
dato che
l’unico bersaglio affacciato alle finestre del primo piano
è proprio lei. A meno che non mirassero
all’ufficio della
McGranitt – cosa che sarebbe decisamente poco furba, tranne
nel
caso in cui tutti e quattro aspirino ad una punizione a vita.
“Se
scendi giù, James è disposto a spazzarti via la
neve dai vestiti”.
“Piantala,
Sirius!”
Lily inarca un
sopracciglio,
perplessa. Una battuta del genere se la sarebbe aspettata dal diretto
interessato, piuttosto che dal suo migliore amico.
Poco le importa,
però.
“Potter,
ti assicuro che
me la paghi!” gli grida, in tutta risposta. Come se fosse una
novità, pensa tra sé: non ha mai mancato di
restituirgli
neppure uno dei suoi scherzetti e questa è una cosa di cui
va
piuttosto fiera.
“Ti stai
sbagliando, non
sono stato io!” pigola lui. “Era Hagrid che spalava
la
neve, lo sai che non riesce a controllare la sua forza!”
“Che
dici, James?” gli domanda il guardiacaccia, sbucando
improvvisamente da un angolo. Potter trasale.
“Oh,
ciao, Hagrid. Non stai… spalando la neve?”
“Adesso
è ancora
presto, aspetterò che ne sia scesa
dell’altra… nel
frattempo volete un bel the caldo, voi quattro? Vi state pigliando un
gran gelo qui fuori”.
Lily trattiene a
stento un maligno sorriso di soddisfazione. Adora quando Potter
s’incastra con le sue stesse mani.
“Ti
conviene scappare!” gli intima, dall’alto. Lui,
disperato, fa cenno ai suoi amici di filarsela.
“Ma
sì,
perché no, Hagrid? Anzi, andiamo di corsa, credo di essere
sul
punto di morire assiderato …”
Lily li osserva
correre tutti e
quattro verso il parco, diretti alla capanna di Hagrid. Il
guardiacaccia alza le spalle, poi si accinge a seguirli con passo
serafico.
Lily richiude la
finestra e si
risiede al suo tavolo, soddisfatta. Il segnale di cambiamento che
aspettava le è stato servito su un piatto
d’argento: ora
può finalmente iniziare a pensare ad altro, a cominciare
dalla
pianificazione di una perfida vendetta nei confronti di James Potter.
È da un
po’ che
rimane troppo tranquillo per i suoi standard abituali, ogni tanto
sembra perfino più serio. Lily potrebbe anche pensare che
stia
finalmente mettendo la testa a posto, se solo non avesse visto con i
suoi occhi quello che per cinque anni ininterrotti ha combinato entro
le mura di Hogwarts insieme alla sua piccola banda.
E se non si
tradisse con mosse non proprio astute, tipo lanciarle una palla di neve
a tradimento facendosi beccare in pieno.
Non ha mai pensato
ad una spiegazione plausibile per questo suo strano comportamento.
Probabile che i
suoi interessi si siano semplicemente diretti altrove.
*
Lily ha atteso tutta la mattinata per non destare sospetti. Preferisce
che Potter si ritenga al sicuro e abbassi la guardia, prima di mettere
a segno il colpo. E indurlo a pensare che gli abbia giurato vendetta
soltanto per dare aria alla bocca è indubbiamente
un’ottima strategia.
La
verità è che i
ragazzi non si aspettano mai una vera reazione da una persona del sesso
opposto. Ma Lily andava a scuola nella periferia di Londra prima di
ricevere la lettera da Hogwarts e lì era costretta a fare a
botte con i maschi praticamente ogni giorno se voleva che non le
rubassero la merenda. Ha imparato suo malgrado a non abbassare mai la
testa e ha iniziato a farsi valere fin da piccola; in più si
è resa conto che, a causa del suo faccino dolce e gentile,
nessuno di coloro che l’accusavano di aver restituito pugni e
schiaffi veniva mai preso sul serio. Riusciva sempre a farla franca e a
sfuggire alle punizioni degli insegnanti, che erano molto
più
propensi a dare la colpa al branco di maschi scalmanati della classe
piuttosto che a lei. Non era una bambina litigiosa, ma detestava che
tentassero di metterle i piedi in testa soltanto perché era
piccola e magra e odiava chi se la prendeva con quelli che non sapevano
difendersi; per questo aveva imparato a tirar fuori le unghie.
Riusciva a
cavarsela anche
quando, presa dalla rabbia, faceva inavvertitamente magie che facevano
finire un suo compagno appeso al ramo di un albero o con la testa nel
cestino delle cartacce. All’inizio era stato problematico
perché non riusciva a controllare i suoi poteri; poi
però, quando aveva conosciuto Severus, lui le aveva
insegnato
come fare.
Tuttavia, ormai ha
imparato a cavarsela da sola. Non le serve più
l’aiuto di nessuno.
La sua arma segreta
è
pronta: una montagna di palle di neve ammucchiata sotto la quercia del
parco, ognuna con un sasso dentro.
Ne prende un paio,
poi si arrampica sull’albero, come faceva da bambina.
Quando Potter
uscirà
dalla capanna di Hagrid, dovrà per forza fare quella strada.
È praticamente ora di pranzo, perciò sa che non
ci
vorrà molto. Quei quattro hanno un appetito tale che
sarebbero
capaci di divorarsi tutte le provviste della cucina di Hogwarts, se
solo ne avessero la possibilità.
E infatti eccoli
che escono,
tutti allegri e sorridenti. Si coprono bene con i mantelli e si
annodano le sciarpe intorno al collo, le guance arrossate dal freddo.
Lily si strofina le mani rese gelide dalla neve ghiacciata che ha
maneggiato fino a pochi minuti fa. Osserva dalla sua posizione nascosta
quel gruppetto che, a tratti, le ricorda proprio i suoi vecchi compagni
della scuola babbana. Anche se, ultimamente, Potter si sforza di
mantenere un basso profilo. Se lo ritrova tra i piedi con decisamente
minor frequenza, non si sente più fissata con insistenza
quando
attraversa la sala comune o quando si alza dal banco alla fine di una
lezione. Se ne sta con i suoi amici e non rompe troppo le scatole,
né a lei né all’intera scuola. Non la
convince, non
sa cosa ci sia sotto, ma se ne rende conto solo oggi. Prima che
arrivasse l’inverno, la sua mente si era persa altrove.
Aspetta
silenziosamente che la sua preda sia a portata di tiro. Poi lancia il
suo primo colpo, che va immediatamente a segno.
“AHO!”
“Che ti
prende, Prongs?”
“Ma non
l’hai visto?! Gli è arrivato addosso un Bolide di
neve…”
“Oh, ma
quante scene, mica fa così male!”
“Ti giuro
di sì, invece, è stato un dolore
atroce… AHO!”
Lily lancia una
seconda, una
terza e una quarta palla. Trova davvero difficile non scoppiare a
ridere, mentre Potter e i suoi amici si agitano convulsamente,
sgomentati da quell’attacco inaspettato.
“Ecco,
Sirius, GUARDA! Ecco perché fanno così
male!”
Potter solleva da
terra i resti
di una delle palle che l’hanno colpito, poi spazza via la
neve
con la mano e sventola sotto il naso del suo amico un lucido sassolino
grigio grande quanto un pollice. Lily si preme le mani sullo stomaco in
preda ad uno scoppio di ilarità, facendo attenzione a non
perdere l’equilibrio e cadere dall’albero.
“Evans,
lo so che sei tu, ti prego basta! Non ti sembra di esserti vendicata a
sufficienza?”
Ormai conclusasi la
sua missione
punitiva, Lily salta giù dall’albero con un balzo,
ridendo
a crepapelle. Da molto tempo non si divertiva così.
Potter la guarda
negli occhi
intensamente, forse per la prima volta dopo mesi. È una
strana
sensazione quella che prova lei in questo momento, perché te
ne
rendi conto di quando una persona inizia ad evitarti strategicamente,
seppure con discrezione: quando poi smette inaspettatamente di farlo,
l’effetto che produce è sicuramente di rilievo.
“Tu…
sei davvero un
maschiaccio”, le dice infine lui, scuotendo la testa con aria
sconsolata. Nessuna traccia di adulazione nella sua voce. È
vero, sembra diverso. Non le ha più chiesto di uscire e Lily
si
rende conto di apprezzarlo. Forse ha finalmente capito che lei non
è quel
tipo di ragazza
– una di quelle che corrono dietro a quello che tutti
idolatrano
e ammirano, che fanno le difficili soltanto per rendersi più
desiderabili.
Sente il viso
distendersi in un sorriso sereno, per la prima volta dopo mesi.
“Ti
ringrazio,
Potter”, gli dice, in tutta risposta, senza tracce
d’ironia
nella voce. Lui corruga la fronte, con aria stranita. Non
può
sapere cosa c’è dietro quell’espressione
di
gratitudine così insolita da parte di una con cui, di
solito, si
limita a scontrarsi e battibeccare. Ma Lily si volta e prende a
camminare verso il castello con soddisfazione, perché gli
imprevisti di quella mattinata d’inizio inverno le hanno
fornito
un ottimo pretesto per fare ciò che doveva fare da tempo.
Ora sa
che non vuole più starsene seduta a rimpiangere qualcosa che
non
c’è più, bensì andare avanti
e cercare un
nuovo motivo per lottare.
I fiocchi di neve
continuano a
cadere pigramente, trasformandosi in tanti piccoli cristalli che
s’impigliano nei suoi capelli e le conferiscono un alone
bianco e
soffice.
“Comunque
era un’idea geniale, devi ammetterlo”, commenta
Sirius Black, alle sue spalle.
“Lo so,
lo so.
Bisognerebbe aver paura di lei”, gli risponde Potter, con il
tono
di chi si vuol fare intenzionalmente sentire.
Lily lo ringrazia
di nuovo, tra
sé, perché questo significa qualcosa di ben
preciso: non
ha più bisogno di fare a botte.
Nota conclusiva:
l’idea delle palle di neve con dentro i sassi l’ho
ripresa da un musical spassosissimo che guardavo da piccola, Seven Brides For Seven Brothers,
nel quale in una scena ambientata d’inverno le ragazze
protagoniste, per far dispetto ai sette fratelli che per corteggiarle
le hanno rapite in stile “ratto delle sabine”,
tirano loro
alcune palle di neve con i sassi dentro.
Caspita, siamo già a metà raccolta :O che ne
pensate finora? Qual è la vostra shot preferita, per il
momento? Fatemelo sapere, lo leggerò con gioia :) intanto vi
lascio con uno spezzone del prossimo capitolo:
“Quindi
vuoi la
guerra”, commenta, scostando la frangia bagnata dalla fronte
per
riserbargli un’inequivocabile occhiata di fuoco. Lui nasconde
la
bacchetta dietro la schiena, come un bimbo colto in flagrante nel
compiere una marachella. Gli è bastato un semplice
incantesimo
per ridurla in quello stato molto poco dignitoso, mentre lei, negli
anni passati, doveva sforzarsi parecchio per elaborare qualche nuova
costruzione verbale atta ad insultarlo nella migliore maniera.
Una
situazione piuttosto impari, in sostanza.
Alla
prossima settimana!
S.
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Capitolo 6 *** Non mi arrabbio mai (prompt: acqua) ***
s6
Non
mi arrabbio mai
Prompt:
acqua
Ambientazione:
sesto anno
Parole:
2223
6
giugno 1977
Lily Evans detesta il caldo, nella maniera più profonda ed
assoluta.
Sopporta male
qualsiasi cosa vi
si associ: il bagliore troppo accecante del sole negli occhi, i capelli
che le si incollano alla nuca, i vestiti che si fanno troppo pesanti e
costrittivi, l’umidità che si appiccica ad ogni
centimetro
di pelle dopo soltanto dieci passi all’aria aperta,
l’incapacità di trovare un sollievo duraturo
all’ombra per via del perenne spostamento del sole. Tuttavia,
in
quei primi giorni di giugno, le condizioni meteorologiche sembravano
essersi decisamente messe contro di lei. Non pioveva da diverso tempo,
neppure l’accenno di un fugace temporale estivo che potesse
portare un po’ di sollievo; l’afa si era fatta
opprimente e
non concedeva tregua neppure nei sotterranei della scuola. Restare sui
libri per gli ultimi esami da superare le era costato uno sforzo non
indifferente, sia per i cali di pressione frequenti che per le
pergamene piene di appunti che si incollavano al braccio non appena ve
lo poggiava sopra per qualche minuto.
Oggi, dopo
l’ultimo e
sudato esame, Lily può concedersi finalmente un
po’ di
tempo perso. È ormai tradizione, per lei e le sue amiche,
trascorrere il primo pomeriggio di libertà fuori nel parco,
a
consumare un’abbondante merenda in riva al lago. Soltanto una
tovaglia da stendere sul prato, i mantelli su cui sedersi ed il gioco
è fatto. Anche se ci vorrebbe un bel cappello di paglia a
tesa
larga, o un ombrellino parasole. Vicino all’acqua,
però,
si sta bene ed è con una spensieratezza quasi dimenticata
che
Lily avanza in testa al gruppo insieme a Mary verso il loro angolo
preferito.
Si sistemano
sull’erba
fresca con sorrisi distesi sul volto, di quelli che spianano ogni ruga
dalla fronte, consapevoli che ormai ogni giorno che manca alla fine
della scuola potrà essere trascorso così,
nell’ozio
più totale. Soltanto per lei ci sarà qualche
ultimo,
piccolo compito da Prefetto, ma nulla di allarmante: si
tratterà
semplicemente di aiutare a gestire in maniera ordinata il rientro per
le vacanze estive, dalle carrozze trainate dai Thestral fino
all’espresso in partenza dalla stazione. Con lei ci
sarà
Remus, come al solito; l’anno prossimo, tuttavia, le cose
cambieranno. Anche questa piccola routine durata un paio
d’anni
si avvia verso la fine e le abitudini di Lily dovranno nuovamente
riadattarsi alle nuove impostazioni a partire da settembre. Nei
restanti mesi di vacanza, tuttavia, sarà finalmente libera
di
non pensare a nulla – o quasi.
Mentre consuma il
suo dolce e si
gusta un bicchiere di the – rigorosamente freddo –
Lily si
sente invadere da strane sensazioni. Si accorge che il calore alle mani
è improvvisamente diminuito a causa del contatto con il
vetro
del bicchiere, raffreddato dal ghiaccio. Socchiude gli occhi alla
piacevole sensazione di un alito di vento che le solletica il collo.
Ascolta il rumore dell’acqua che si infrange sui ciottoli in
riva
al lago, increspandosi in piccole onde, e si rende conto che non
è mai uguale: il vento, soffiando ora di più ora
di meno,
lo rende ogni volta più debole o più forte, a
seconda del
momento.
Tuttavia, se
c’è
una cosa che Lily ha imparato della vita a Hogwarts, è che
gli
attimi di quiete così placidi e rari non sono destinati a
durare
a lungo. Il pensiero le sfiora la mente proprio mentre addenta
l’ultimo boccone del suo muffin ai mirtilli, osservando Delia
e
Helen che si contendono la caraffa di succo di zucca, Margaret che si
intreccia i capelli con aria distratta e Mary che si immerge con
impazienza nel suo nuovo libro.
Purtroppo a
Hogwarts non esiste
la possibilità di porre dei confini alla presenza delle
persone,
neppure per lei. Il sogno di recintare quell’angolo di pace
in
riva al lago e riservarlo solamente a lei e alle sue amiche svanisce in
fretta, insieme ad un sospiro di rassegnazione, nel momento in cui Lily
si accorge delle figure che si avvicinano da lontano, tutte quante con
una sagoma familiare ai suoi occhi. Nonostante la distanza, riconosce
ogni dettaglio: le divise con i colori di Grifondoro, le bacchette che
si levano in aria, i ciuffi di capelli che vengono scostati da fronti
imperlate di sudore, quell’unico paio di occhiali che
riflette i
raggi del sole schermando così lo sguardo curioso del suo
proprietario e impedendole di cogliere la stessa gioia ridente che
affiora sui volti degli altri tre.
Non molto tempo fa,
avrebbe
assunto un’espressione tetramente imbronciata e si sarebbe
voltata con ostinazione dall’altra parte, constatando che
proprio
loro arrivavano ad interrompere il suo divertimento.
Tuttavia le cose
cambiano e le
persone maturano, e ora Lily sa affrontare con il giusto spirito il
gruppetto più indemoniato di Hogwarts. Questo sesto anno ha
significato molto, in termini di evoluzione. Ora Lily indugia
bonariamente nell’osservarli, per poi sforzarsi di ignorare
con
placida calma la loro presenza e tornare a dedicarsi alle chiacchiere
femminili.
“L’anno
prossimo mio fratello comincia Hogwarts. Merlino, che incubo”.
“Ma che
dici?! Tuo fratello è così
dolce…”
“Sai che
non sopporto i
ragazzini, Meg, e poi quello là è uno spione. Se
smistano
a Grifondoro anche lui, avrò finito di vivere”.
“Oh, non
essere così melodrammatica”.
“La fai
facile, tu, sei la sorella minore!”
“Infatti.
Sono quella che è uscita meglio”.
“Farò
finta di non aver sentito…”
Qualche improvvisa
goccia fredda
cade in quell’istante sul collo di Lily, facendola voltare di
colpo. Poco distanti da lei ci sono James Potter, Sirius Black, Remus
Lupin e Peter Pettigrew immersi nell’acqua verdastra del lago
fino alle ginocchia, i calzoni rimboccati in alto per non bagnarli
– inutilmente, osserva lei, dato che hanno preso a schizzarsi
l’un l’altro come bambini, con le mani e con i
piedi. Remus
viene inaspettatamente attaccato dagli altri tre a tradimento e non ha
altro modo per difendersi se non pararsi il viso con le braccia
sollevate. Anche se si sono dati una calmata con le piccole bravate da
undicenni scapestrati, sono sempre loro quelli che osano per primi. Lei
e le sue amiche non avevano neppure pensato ad infrangere la pace del
lago, fino a quel momento.
Ed è a
quel punto che,
dopo lunghi istanti d’indugio, James Potter solleva lo
sguardo
per incontrare i suoi occhi, senza pudore, come se fosse del tutto
naturale fissarsi così.
“Potter,
attento a
mantenere le distanze”, lo redarguisce lei, ma senza traccia
di
severità nella voce – piuttosto, invece, con un
accenno di
sorriso ironico. Si stupisce ancora di questo cambiamento nel modo di
rivolgersi a lui; tuttora la sua coscienza sta scavando per cercarne la
ragione, ma per il momento non ha mai avuto il tempo di fermarsi a
pensare.
“Spiacente,
sei in
territorio nemico, Evans”, ribatte lui, sollevando fieramente
il
capo. Battibeccano ormai senza alcuna asprezza, per puro divertimento.
“Siete
stati voi ad arrivare per ultimi, se non sbaglio”, osserva
lei, divertita da quel gioco.
“Sì,
ma sei tu a
non essere ancora bagnata”, risponde James Potter, e
l’attimo dopo solleva la bacchetta sulla superficie del lago
e
Lily non fa neppure in tempo a proteggersi, prima di vedere
l’onda innalzarsi ed avvertire il rumore dello schizzo e
l’annaspante sensazione dei vestiti che si inumidiscono di
colpo.
È bastato un attimo: ora i suoi capelli gocciolano sulla
gonna,
anch’essa fradicia.
Dopo aver tentato
–
piuttosto invano – di asciugarsi il volto con le mani, Lily
si
alza in piedi, fronteggiando Potter con cipiglio battagliero.
“Quindi
vuoi la
guerra”, commenta, scostando la frangia bagnata dalla fronte
per
riserbargli un’inequivocabile occhiata di fuoco. Lui nasconde
la
bacchetta dietro la schiena, come un bimbo colto in flagrante nel
compiere una marachella. Gli è bastato un semplice
incantesimo
per ridurla in quello stato molto poco dignitoso, mentre lei, negli
anni passati, doveva sforzarsi parecchio per elaborare qualche nuova
costruzione verbale atta ad insultarlo nella migliore maniera.
Una situazione
piuttosto impari, in sostanza.
“Io
volevo farti un favore, rendendoti più sopportabile il caldo
di oggi. Insomma, non ti va mai bene nulla”.
“E magari
adesso ti aspetti anche dei ringraziamenti?”
“Certo
che sì!”
“Come
sospettavo”.
Lily sospira,
scruta negli occhi
nocciola del suo ex peggior nemico di tutta Hogwarts e poi si mette in
cammino a passo rapido verso il castello, lasciandolo lì
imbambolato a fissare la macchia d’erba bagnata rimasta sul
terreno come traccia effimera della sua presenza. Si volta leggermente
per controllare la sua reazione, ancora un attimo.
“Dove
stai andando?”
Proprio
ciò che si aspettava.
“A
cambiarmi”, risponde, in tutta tranquillità.
È
piacevole la sensazione
di aver finalmente stipulato una tacita tregua. Lily sa dei sentimenti
di Potter, ma lui non li mette più in piazza. Quindi, ora
può facilmente ignorarli e passare oltre. Analizzare con
interesse lo sguardo vivace che si cela dietro quegli occhiali rotondi,
così da rendersi conto che non è sempre tanto
baldanzoso
e impertinente come le sembrava tempo fa. Ogni tanto guarda per terra,
si massaggia un braccio, corruga la fronte in un’espressione
preoccupata. Ogni tanto cerca il muto sostegno di uno dei suoi amici.
Ogni tanto sfoggia un rassegnato sorrisetto autoironico.
L’acqua
le ha appiccicato
tutti i vestiti alla pelle, ma adesso questo le regala una sensazione
di fresco. È diverso dall’afa umida e opprimente
che
provava fino a qualche minuto addietro.
La rivelazione del
vero James Potter è stata un po’ come quello
schizzo d’acqua addosso, ora che ci pensa.
*
Lily ritorna verso il lago in abiti Babbani, larghi e di colore chiaro.
Ha fatto bene a portarseli in valigia, di rientro dalle vacanze di
pasqua. Ha lasciato i capelli umidi, a gocciolare sulla schiena; il
sole asciugherà tutto in pochi minuti, ma nel frattempo quel
gesto le regalerà un po’ di sollievo dal caldo.
Dopotutto,
l’impresa di Potter ha avuto una sua utilità anche
per
lei: liberarsi della divisa.
Nel frattempo
è accorsa
altra gente a cercare refrigerio lungo le sponde. Piccoli gruppi di
persone affollano qua e là la riva, tra facce che Lily ha
incontrato già molte volte e altre di cui quasi ignorava
l’esistenza. Le sue amiche sono ancora dove le ha lasciate:
presa
ciascuna dal proprio hobby, hanno temporaneamente smesso di alimentare
la conversazione. Anche il gruppetto di Potter ha seguito la stessa
linea di pensiero: si sono stesi tutti e quattro l’uno
accanto
all’altro, poco distanti dalle ragazze, le scarpe, i
cravattini e
le cinture sparpagliati in giro e le maniche delle camicie tirate su
fino al gomito. Visti da quella distanza, sembrano addormentati dello
stesso placido sonno dei neonati. Man mano che Lily si avvicina, coglie
un sorriso sereno su ognuno di quei volti così diversi
l’uno dall’altro; il sole sembra diventato una
piacevole
fonte di calore e loro paiono quattro lucertole pigramente distese su
un muretto. Lei continua ad avanzare, stupita: tutti quei pensieri
pacifici le risultano inaspettati. Da quando è diventata
così bendisposta?
Qualche giorno fa
ha perfino avuto una conversazione privata
con James Potter. Una prospettiva che, tempo addietro, avrebbe
giudicato ridicola ed improbabile, senza mezzi termini. Ricorda bene
che lui l’ha velatamente paragonata al suo gruppetto, in
quanto a
diabolicità. In quel momento, dato ciò che si
appresta a
fare, Lily deve riconoscere che aveva proprio ragione.
Compie ogni passo
con
noncuranza, avvicinandosi sempre di più. Lui socchiude gli
occhi, voltandosi verso di lei, mentre tenta di schermarsi dai raggi
del sole con una mano.
“Ce ne
hai messo di tempo, Evans… e dov’è
finita la tua divis-”
Non gli lascia il
tempo di
completare la frase, prima di tirar fuori i vestiti ancora zuppi
d’acqua che teneva nascosti dietro la schiena e
strizzarglieli
energicamente sulla testa con un solo, rapido gesto. Lui impreca, colto
di sorpresa. I suoi amici si levano a sedere immediatamente, quasi
allarmati, ma non fanno nulla per fermarla. E perché
dovrebbero,
in fondo? È solo un po’ d’acqua.
Quando finalmente
riesce a
mostrare a Potter il suo sguardo trionfante, lui non le appare
minimamente irritato. Solo un po’ deluso per una rappresaglia
che
non si aspettava, forse.
“C’era
bisogno di
vendicarsi per uno scherzetto così innocente?” le
domanda,
sarcastico, mentre si asciuga gli occhiali con un lembo della camicia,
tirata fuori dai calzoni con naturalezza. Lei si stringe nelle spalle,
con un sorrisetto divertito.
“Volevo
solo dimostrarti
la mia gratitudine restituendoti il favore”, obietta, ma non
si
sente più così superiore.
“Beh, non
so se potrai mai
considerarti in pari”, replica lui, ridacchiando con aria
inaspettatamente impudente. “Reggiseno rosso, eh? Carino, ma
mi
aspettavo qualcosa di più originale da
te…”
Lily si sente
improvvisamente
avvampare. Avrebbe dovuto aspettarselo, che sciocca. Con la camicia
bianca della divisa che indossava fino a poco fa, era facile ottenere
un effetto di trasparenza.
“Potter,
inizia a correre
o ti butto nel lago subito”, lo minaccia caldamente, ma lui,
prima ancora che finisca di parlare, si è alzato in piedi e
ha
preso a gambe levate la direzione del castello, seguito a ruota dai
suoi amici. Peter Pettigrew, a un certo punto, inciampa e cade steso a
terra con un tonfo morbido. Gli altri tre tornano indietro ridendo,
provano a sollevarlo, poi si buttano sull’erba e iniziano a
rotolarsi. Lily scuote la testa, con indulgenza. In effetti deve
constatare che è più facile così, fare
come Potter
che non si arrabbia mai. La sua filosofia di vita, per quanto bizzarra,
funziona.
Non
c’è mai stato
un equilibrio nel controverso rapporto che la lega a James Potter, ma
forse ora, dopo anni, è venuto il tempo di instaurarne uno.
Nota conclusiva:
bene, dalla prossima storia inizierà ufficialmente ad
esserci un po' più di miele (si fa per dire, chi mi conosce
per altre storie sa come mi piace descrivere James e Lily: con un
romanticismo tutto loro XD). Grazie di cuore a tutti coloro che mi
stanno lasciando un loro parere su questa raccolta, le vostre storie
preferite finora erano tutte diverse; rifarò questo piccolo
sondaggio alla fine della pubblicazione, probabilmente, per vedere se
riesco a decretare una specie di podio :D
Vi lascio con l'anticipazione della prossima storia:
Mentre
Madama Chips medica Lily,
lei non lo guarda. Lui sa che non gli crede, è fisicamente
impossibile perdere tutto quel sangue per colpa dei graffi di un gatto
– anche se perfido come Mrs Purr. Un’altra che di
sicuro
non l’ha molto in simpatia, dato il modo poco carino in cui
si
mette a soffiare quando lo incrocia. In effetti, il successo di James
con le donne è piuttosto controverso.
A
presto e buon week end!
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Capitolo 7 *** Spargimento di sangue (prompt: rosso) ***
s7
Spargimento di sangue
Prompt: rosso
Ambientazione: settimo
anno
Parole: 2300
19 Gennaio 1978
In questo preciso
momento, James
Potter è profondamente, tremendamente indeciso su una
questione
molto importante: non riesce a capire se odia di più se
stesso o
Mocciosus.
Si era ripromesso di non cascarci più, sapeva che Lily
contava
su di lui. Tuttavia, dopo mesi e mesi in cui si era limitato ad
occhiatacce ed eloquenti gesti di offesa, aveva finito di nuovo per
ritrovarsi invischiato nell’ennesimo duello.
“Signor
Potter, prenda un
altro fazzoletto. Quello è zuppo”, gli dice Madama
Chips,
interrompendo il corso dei suoi pensieri. James si riscuote e si toglie
la pezza dal volto. Da bianca che era, ora se la ritrova in mano
completamente tinta di un inequivocabile rosso sangue.
Sbuffa sonoramente,
schizzandosi
qualche goccia sui vestiti. Oh, magnifico. Macchiare ancora di
più la divisa era ciò che gli mancava per
completare il
quadro. Ora, probabilmente, sembra uscito direttamente da una rissa in
un pub di Nocturne Alley.
È a
malapena in grado di
bofonchiare un “grazie” striminzito, prima di
prendere il
fazzoletto pulito che Madama Chips gli porge e schiacciarselo di nuovo
sul viso. Si osserva la mano sinistra con un misto di orrore e
disgusto: ha le dita tutte macchiate. No, decisamente odia di
più Mocciosus. Lui e quell’incantesimo di sua
invenzione,
che non manca mai di scagliargli contro.
All’inizio,
James non
voleva reagire. Ha risposto solo con qualche frase sarcastica.
Innocenti battute di spirito, nulla di più. Poi
però quel
viscido omuncolo ha tirato troppo la corda e, anche se l’ha
colpito di sorpresa, James ha messo mano immediatamente alla bacchetta.
E ha reagito. Così il Vermicolo si è ritrovato
con un
naso ingigantito, mentre lui, all’inizio, ha semplicemente
sentito un bruciore tagliente e qualcosa di liquido che gli colava sul
viso. Dalla tempia, dal naso, dalla guancia, dal mento. Si è
toccato la faccia, come un bambino che fa ancora fatica a rendersi
conto di essersi fatto male cadendo dalla scopa giocattolo, e si
è ritrovato le mani completamente sporche di sangue. Quasi
non
riusciva a crederci, a vedere tutto quel rosso.
Ha pensato che
sarebbe morto
dissanguato e per un attimo si è sentito cedere le
ginocchia.
Poi è passato di lì Vitious, che l’ha
portato di
corsa in infermeria, spedendo Mocciosus da Lumacorno (James
è
certo che il professore apprezzerà quel suo nuovo naso, gli
dona
molto di più). Madama Chips, manco a farlo apposta, aveva
appena
finito l’estratto di erbe cicatrizzanti, così,
dopo
avergli rifilato una pezza per tamponare il sangue, si è
messa a
prepararne uno nuovo.
Mentre sanguina,
James riesce soltanto a pensare che Lily se la prenderà a
morte con lui.
Sa che lei e
Mocciosus non si
parlano più. Si è reso conto che lei ha smesso di
difenderlo, che lo disapprova. Tuttavia, implicitamente, gli ha sempre
chiesto di tenersi lontano da scontri aperti con lui. E James si
è sforzato di farlo, si è sforzato davvero oltre
ogni
limite. Ha ignorato ogni istigazione di Sirius, ogni provocazione di
quell’idiota. Ma ora è successo
l’irreparabile e
– James ne è certo – Lily non
darà ragione a
lui.
Pochi minuti
più tardi, si è inzuppato anche l’altro
fazzoletto.
“Quanto
ci vorrà
per far andare via tutto?” chiede James a Madama Chips,
quando
finalmente lei gli applica i cerotti intrisi del decotto di erbe sui
tagli. Lei sospira, alzando le spalle.
“Dovrà
restare qui qualche ora, signor Potter”, gli annuncia. Qualche ora?!
Magnifico, gli allenamenti di Quidditch salteranno completamente. E
come diamine farà ad essere pronto per le otto, quando ci
sarà la riunione mensile di Capiscuola e Prefetti con la
McGranitt? È un disastro, un completo disastro. No,
chiaramente
James odia di più se stesso. Il perché
è semplice:
è riuscito, chissà come, a farsi nominare
contemporaneamente Caposcuola e capitano della squadra di Grifondoro
nello stesso anno.
Il risultato
è che, ogni
volta che si manifesta un imprevisto, è costretto ad
annullare
almeno uno dei due impegni – se non entrambi.
Davvero grandioso,
tuttora si domanda come sia stato possibile.
“Si
rilassi, signor
Potter, le preparo una Pozione Ricostituente. Ha perso una discreta
quantità di sangue. Cerchi di stare fermo, ora”.
A dire la
verità James
vorrebbe lavarsi le mani, ma ha la netta sensazione che, se
oserà contraddire Madama Chips, scatenerà anche la sua ira. E
dato che dovrà già sopportare quella di Lily, non
la ritiene una buona mossa.
Tira fuori lo
specchio,
rassegnato, e comincia a chiamare Sirius. L’amico non lo
lascia
attendere troppo, comparendo dopo pochi secondi nell’immagine
riflessa.
“Porco
mondo! Che ti è successo, Prongs? Dove sei finito?”
“Infermeria,
Mocciosus. Ti
spiegherò meglio più tardi. Non posso fare
casino,
altrimenti Madama si arrabbia”, sussurra James a mezza voce.
Sirius annuisce.
“Senti,
devi farmi un
favore. Ho bisogno che tu avverta qualcuno della squadra –
Delia,
o Ernest, o il primo che trovi in giro – e gli dica che
stasera
non potrò allenarli. Rimandiamo a domani, doppi allenamenti.
Ah,
dovresti anche avvertire Lily che non sono sicuro di farcela per la
riunione. Non dirle dove sono, a meno che non inizi a torturarti per
scoprirlo”.
“Sta’
tranquillo, in ogni caso non parlerei”, risponde Sirius, con
un occhiolino ammiccante.
“Grazie,
Pads”.
James sorride
fugacemente.
Chissà come ha fatto Sirius a non confonderlo con un
vampiro,
nello stato in cui è. Forse perché gli mancano i
canini
affilati.
Sospira
rumorosamente, poi resta lì a guardarsi i pollici, come uno
scemo.
Deve aspettare che
quelle ferite si chiudano e nel mentre non ha assolutamente nulla da
fare.
Pensa a Lily, molto
intensamente. Sono circa quattro mesi che si frequentano e ancora non
era giunta l’occasione per una litigata seria. Certo,
bisticciano
un sacco. Non hanno mai smesso di beccarsi incessantemente, neppure da
quando è iniziata quella nuova fase del loro rapporto, fatta
di
baci e carezze e sedersi vicini a lezione. Ma tutto sommato, a modo
loro, vanno d’accordo. Non è mai stato necessario
parlare
di Mocciosus e di come stavano le cose prima.
Ora, però, è probabile che dovranno farlo. James
ha
paura, una paura folle che lei un giorno gli confessi che era
innamorata di lui. È sicuro di non poterlo sopportare,
sarà costretto a gettarsi a capofitto giù dalla
torre di
Astronomia se mai dovrà ascoltare una simile confessione da
parte della sua donna.
Chissà
se ora Lily sta torturando Sirius. Con una bella Fattura Solleticante,
magari. Proprio il punto debole di Padfoot.
Ma soprattutto,
chissà se
Mocciosus è riuscito a guardarsi allo specchio e a vedere
quanto
gli donava il suo enorme naso prima di farselo riportare alle
dimensioni originarie.
Mentre James
riflette, sente la voce di Madama Chips proveniente da dietro la
paratia.
“Che
è successo, signorina?”
“Forbici
troppo appuntite,
stavo potando il mio Tranello del Diavolo che ha improvvisamente deciso
di ribellarsi…”
Oh,
cacchio.
Quella è
la voce di Lily.
“Continui
a tenere premuto con questo. Mi dia un secondo”.
“Grazie”.
James la sente
avanzare di
qualche passo. Dovrebbe disperatamente cercare qualcosa sotto cui
nascondersi, dato che ha lasciato il Mantello
dell’Invisibilità in dormitorio, ma proprio quando
ha
deciso di gettarsi a capofitto sotto il letto più vicino,
realizza di aver esitato un secondo di troppo.
“E tu che
ci fai
qui?” esclama lei, incredula. James vorrebbe tanto far
apparire
una vanga e sotterrarsi in profondità nelle fondamenta di
Hogwarts. È sicuro di essere uno spettacolo orribile, mentre
lei
è sempre ed immancabilmente bellissima, anche con i vestiti
sporchi di terra e le mani imbrattate del color cremisi del sangue.
Proprio come lui.
“Ho avuto
un…
ehm… incidente di percorso mentre tornavo
dall’ufficio di
Silente”, farfuglia, sentendo che le ferite cominciano a
tirargli
la pelle.
Lily lo osserva con
aria perplessa.
“Hai
litigato con Mrs Purr?”
Quella potrebbe
essere una buona scusa, in effetti.
“Già,
quel gatto
maledetto se l’è presa con me, chissà
per quale
motivo poi… Gazza si sarà dimenticato di darle da
mangiare…”
“La sua
pozione, signor
Potter. La beva subito o l’effetto sarà uguale a
mandar
giù un bicchiere di succo di zucca. Signorina Evans, mi
faccia
vedere”.
“Un paio
di tagli, tutto qui… perché una
pozione?”
“Il
signor Potter ha sanguinato parecchio. Guardi lì”.
Le due pezze
completamente
arrossate dal sangue che James ha perso dalle ferite stanno ancora
lì in bella vista. Madama Chips complotta contro di lui,
è evidente. In fondo ha sempre sospettato che non lo abbia
molto
in simpatia, con tutte le volte che lui, Sirius e Peter sono venuti in
infermeria a salutare Remus dopo un plenilunio facendo immancabilmente
un gran chiasso.
Non che fosse colpa
loro, era
lei che non riusciva a comprendere la necessità di tirare su
di
morale Remus dopo una trasformazione dolorosa. Almeno fino a che non
sono diventati Animagi. Dopodiché, fare casino è
diventato un modo per festeggiare ogni volta la loro avventura mensile.
La scoperta di un nuovo passaggio segreto, o aver inseguito per scherzo
quel branco di caprioli per tutta la notte. Cose che nessuno, se non
loro, poteva comprendere.
Mentre Madama Chips
medica Lily,
lei non lo guarda. Lui sa che non gli crede, è fisicamente
impossibile perdere tutto quel sangue per colpa dei graffi di un gatto
– anche se perfido come Mrs Purr. Un’altra che di
sicuro
non l’ha molto in simpatia, dato il modo poco carino in cui
si
mette a soffiare quando lo incrocia. In effetti, il successo di James
con le donne è piuttosto controverso.
Vorrebbe inventarsi
un’alternativa convincente – ad esempio, una
pioggia di
coltelli scatenata su di lui da parte di un Pix infuriato –
ma
prima di poter preparare la messinscena, Lily gli si avvicina. Talmente
tanto che riuscirebbe a distinguere ogni dettaglio del suo viso anche
senza occhiali. Poi gli posa due dita su una tempia, in un punto
preciso.
“Qui
c’è
l’arteria temporale. È molto superficiale, in
questo
punto. Per questo hai perso tanto sangue”, gli spiega, come
se
gli stesse tenendo una lezione sull’argomento. James non
riesce a
dire una parola: è troppo preso dai suoi gesti, dalla
sensazione
delle sue dita sulla pelle.
Quando gli si
è
avvicinata per la prima volta ha creduto di essere morto,
perché
ormai riteneva impossibile riuscire anche solo a sfiorarla in questa
vita. Si era sentito rifiutare e disprezzare troppe volte per sperarci
ancora. Eppure, dopo diversi secondi di frastornata
immobilità,
ha dovuto ammettere che la morte non poteva essere così
concretamente realistica. Sembrava più un sogno ad occhi
aperti,
il sogno più ricorrente ed intenso che avesse mai fatto fin
da
quando si era accorto dell’esistenza delle ragazze.
“Tu che
hai combinato, invece?” chiede a Lily, tentando di tornare
sul pianeta terra.
“Ti
ricordi che la Sprite
mi aveva detto che la mia pianta stava crescendo troppo? Sono passata
un attimo dalla serra per sistemarla, ma devo aver suscitato la sua ira
perché si è ribellata e mi ha fatto volare via le
forbici
di mano…”
“Non
potevi scegliere
qualcosa di più docile per il progetto di ricerca, eh? Non
dire
che non te l’avevo detto”.
“Sì,
lo so, James,
ma dare prova di padroneggiare un Tranello del Diavolo è una
cosa che fa parecchia impressione sugli ispettori dei M.A.G.O. ed
Erbologia è sicuramente una delle materie su cui devo
puntare di
più”.
“Scommetto
che Lumacorno è geloso di tutte queste tue attenzioni verso
un’altra materia”.
“Geloso?”
In effetti, James
ha usato proprio il termine sbagliato.
Geloso
è più che altro lui, che al settimo anno continua
a
guerreggiare con Severus Piton soltanto perché ha ancora
segretamente paura che un giorno torni a portargli via la ragazza.
Ora tutta
l’attenzione di
Lily tornerà a concentrarsi su di lui, dato che non
è
riuscito a sviare efficacemente la sua attenzione su altri discorsi.
E quindi tanto vale
vuotare il sacco.
“Beh,
sì, lo sai,
sono geloso… lo sono sempre stato”, borbotta,
guardando a
terra per non dover sostenere il suo sguardo. “Non mi
è
mai sembrato vero che tu a un certo punto abbia iniziato a preferire me
a lui.
Anche se, beh, non
eravate più amici. Noi due amici non lo siamo mai stati,
quindi
non so esattamente come funzionino queste cose. Sta di fatto che non
avrei dovuto reagire, alla fine stavo andando bene, sapevo che ci
tenevi a non vederci più bisticciare come due cretini
ma…
insomma, non ho iniziato io, non me la sono andata a
cercare… lo
so che detto da me risulta poco credibile, ma è la
verità…”
Lily ha assunto una
strana
espressione, totalmente indecifrabile. All’inizio era
smarrita,
come se non capisse assolutamente nulla di quello che stava dicendo.
Poi, però, deve aver afferrato. Ora James non riesce a
cogliere
esattamente il suo stato d’animo e questo lo manda
leggermente in
panico. È arrabbiata? Non è arrabbiata?
“Ti ho
deluso,
vero?” domanda, per avere una conferma dei suoi sospetti. Lei
lo
scruta con attenzione; i suoi occhi sono talmente limpidi e sinceri che
James si sente quasi in imbarazzo.
Poi Lily sospira,
rassegnata.
“Sì,
James, mi hai deluso…”
Ecco, lo sapeva.
È la fine…
“…mi
hai deluso
perché hai pensato che fossi così stupida da
credere che
sia stata Mrs Purr a conciarti in quel modo”, aggiunge lei,
ridendo, e lui quasi non crede alle sue orecchie. Sorride di rimando,
la pelle tira ancora di più.
Per una volta
allora, ce
l’ha fatta a non mandarla su tutte le furie. Le posa le mani
sui
fianchi, felice del traguardo raggiunto.
Vorrebbe baciarla,
ma lei gli posa un dito sulle labbra.
“Prima
guarisci”, gli intima, decisa. “Adesso sei troppo
buffo”.
“Molto
divertente,
Evans”, si lamenta lui, gettandosi poi un’occhiata
di
sbieco nello specchio rotondo appeso sopra il letto
dell’infermeria. In effetti, sembra che gli sia stata
ricucita la
faccia in maniera molto, molto grossolana.
Quantomeno, una
delle sue arterie temporali è rimasta intatta, impedendo
così un ulteriore spargimento di sangue.
Nota conclusiva: devo
ammetterlo, sono un po' in difficoltà nel decidere cosa fare
con il prossimo capitolo. L'ottava shot, come avevo infatti accennato
nell'introduzione iniziale, è stata iscritta anche ad un
altro contest, ed è necessario che resti inedita fino alla
pubblicazione dei risultati; la giudice ha però comunicato
che ha altri due contest in arretrato da correggere, quindi di sicuro
non avrò i risultati per il prossimo week end. Potrei
saltare l'ottava shot e pubblicare la nona e la decima con la stessa
cadenza settimanale, per poi concludere con l'ottava (inserendola
ovviamente al posto giusto, tanto è permesso spostare i vari
capitoli) quando potrò farlo; oppure, in alternativa, metto
in pausa tutto e aspetto.
Chiedo un consiglio a voi che mi leggete e recensite: che faccio? Cosa
preferite?
Grazie per il vostro supporto e i vostri commenti, sempre bellissimi,
che ancora fatico a credere di meritarmi.
A presto!
S.
|
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Capitolo 8 *** Cosa fai stasera (prompt: cuori) ***
s8
Piccolo
avviso: sono
andata a rileggermi il topic a cui è iscritta questa shot e
mi sono resa conto che la giudice aveva richiesto che rimanesse inedita
solo fino alla scadenza del contest, non necessariamente fino alla
pubblicazione dei risultati. Ergo datemi pure della stordita, ma la
buona notizia è che posso non interrompere la pubblicazione
settimanale e arrivare con regolarità fino alla fine della
raccolta. Incrociate le dita per il contest anche per me, la storia
è già stata valutata e io sono in ansia pazzesca
XD in ogni caso, quando avrò il giudizio lo
aggiungerò in fondo all'ultima storia, insieme a quello
già ricevuto per l'intera raccolta.
Buona lettura!
<3
S.
Cosa fai stasera
Prompt:
cuori
Ambientazione:
settimo anno
Parole:
3056
14
febbraio 1978
“Signorina
Evans, le spiace trattenersi un momento?”
Lily impreca
mentalmente, mentre
un’espressione di improvviso disappunto le affiora sul volto.
Tuttavia, sa di non poter essere scortese; il professore ha
già
ricevuto fin troppe risposte ai limiti del tollerabile da parte sua e
ad ogni modo, finché non avrà sentito
cos’ha da
dire, non può condannarlo già in partenza
pretendendo di
sapere di che si tratti. È costretta a voltarsi e a
fronteggiare
l’insegnante di Pozioni, annuendo con sguardo fermo e sicuro
di
sé. Poi torna a dargli le spalle per un attimo e cerca James
con
gli occhi.
“Vai
pure”, gli
sussurra, riserbandogli una lieve carezza sul braccio sinistro. Gesti
furtivi, che Lily preferisce non far cogliere agli sguardi indiscreti
della gente.
Lui si blocca, si
sistema gli occhiali sul naso.
“Ok, ti
tengo il
posto”, le risponde; poi la guarda con intensità,
come fa
di solito prima di baciarla. Ma Lily sa che non lo farà. Non
così platealmente. Si limita a sfiorarle la punta delle dita
con
la mano, dopodiché si volta ed esce dall’aula
insieme a
Sirius. Quando non è rimasto nessuno oltre a lei e a
Lumacorno,
Lily accosta la porta alle sue spalle.
“Signorina
Evans…
lei sa che non l’ho mai pregata e che ho sempre rispettato le
sue
volontà”, inizia il professore, con tono bonario.
Lily
annuisce di nuovo: suo malgrado deve riconoscere che è vero.
Tuttavia…
“…tuttavia,
non
può continuare a dirmi di no. Sono anni che lo fa.
C’è un limite a tutto e, se non posso cambiare il
fatto
che lei non faccia parte della mia Casa, posso almeno persuaderla a
prendere parte ad una delle mie feste”.
In quel momento,
nella testa di Lily risuona una sola parola: no.
No, no, no, no, no,
assolutamente ed imperativamente no.
“Professore,
io
non… non sono un tipo da cerimoniali, gliel’ho
già
spiegato”, risponde, tentando di essere diplomatica. La
verità è che sono piuttosto le
riunioni del
Lumaclub a non essere fatte per lei. Ci è andata una sola
volta,
al secondo anno, insieme a Severus: era la prima volta che il
professore li invitava e lei non aveva assolutamente idea di
ciò
a cui andava incontro. Si era ritrovata circondata da Serpeverde, figli
di papà e palloni gonfiati, ed era fuggita con una scusa
inventata su due piedi dopo neppure mezzora.
Da allora ha sempre
rifiutato, senza mezzi termini.
“Mi
ascolti. Le garantisco
che stavolta si tratterà di una cosa assolutamente
informale.
Giusto perché un paio di suoi compagni mi hanno domandato di
organizzare qualcosa per San Valentino, sa… pare che ci
tengano
molto a festeggiare. La signorina Barnett di Corvonero e il signor
Burrow di Grifondoro, credo che anche lei li conosca, dato che sono
entrambi Prefetti. Insomma, sarà una riunione molto
semplice, si
prenderà un the e si mangerà un dolce…
andiamo,
signorina Evans, le do il permesso di portare chi vuole”.
Lily increspa le
labbra. Sa che
James e Lumacorno non vanno esattamente d’amore e
d’accordo, perciò il tono allusivo con cui ha
pronunciato
quell’ultima frase desta in lei qualche sospetto.
“Il
problema non è
questo, in realtà…” prova a ribattere,
ma il
professore la interrompe subito.
“Su, su,
signorina, me ne
sono accorto, non c’è bisogno di nascondere la
cosa.
È evidente che ci sia del tenero con il signor
Potter”.
Lui ridacchia sotto
i baffi, ma
Lily non è affatto contenta. È piuttosto certa
che sia
stato qualcuno che partecipa regolarmente alle sue riunioni a
riferirglielo.
“Anche
James non è tipo da cerimoniali, purtroppo”,
replica, irrigidita.
“Ma come,
un ragazzo
proveniente da una simile casata sarà sicuramente abituato a
cose di questo genere…” protesta Lumacorno,
gesticolando
in maniera eloquente. Lily alza gli occhi al soffitto, maledicendo tra
sé le famiglie Purosangue e le loro abitudini
aristocratiche.
Era una cosa a cui ovviamente
non aveva pensato prima di rispondere.
“Andiamo,
signorina Evans.
Non le chiedo di fare nulla di malvagio. Per una volta, mi faccia il
piacere di accettare”.
“A dire
il vero, professore, ho già accettato una volta”,
ricorda Lily e per poco non rabbrividisce.
“Ma in
questa occasione
sarà diverso, c’è qualcosa da
festeggiare…
che lo faccia da me o altrove, cosa crede che cambi?”
Lily ha dei seri
dubbi sul fatto
di aver mai preso realmente in considerazione l’idea di
festeggiare San Valentino, ma è inutile lanciarsi in
disquisizioni sentimentali con un professore di Hogwarts.
L’effetto risultante sarebbe, molto probabilmente, piuttosto
grottesco.
“Cercherò
di convincere James, ma non posso garantire nulla”, dice
infine, non sapendo che altro inventarsi.
“Oh,
vedrà che ne
sarete entusiasti entrambi”, risponde Lumacorno, con un
grande
sorriso che compare a distendergli il volto.
“Una sola
condizione,
però: per favore, professore, stronchi sul nascere queste
poco
simpatiche voci di corridoio. La maggior parte delle volte si rivelano
inesatte, per non dire completamente errate”.
Un piccolo giro di
parole per
mandare un semplice messaggio: non vuole essere oggetto di pettegolezzi
con terze persone, specialmente con un professore coinvolto nella
discussione.
“Le
lascio un paio di
inviti, non si preoccupi di fornirmi una conferma: si presenti
semplicemente stasera alle otto nella sala trofei”.
“Professore,
non le ho ancora detto che verrò di sicuro”.
“Mi basta
sapere che ci penserà su, per il momento”.
“E va
bene”.
Lily prende i due
biglietti, si
sistema la borsa sulla spalla sinistra e poi esce di corsa
dall’aula, dirigendosi verso la Sala Grande. Per caso, mentre
cammina a passo spedito, l’occhio le cade su quei due
cartoncini.
Si rende conto che sono scritti con inchiostro rosa e decorati con
vezzosi cuoricini.
Comincia ad avere
il vago
sospetto che dietro a tutto ciò, in combutta con Lumacorno,
ci
sia anche la professoressa Blanchard, l’insegnante di
Divinazione, una donna di origini francesi che gira sempre per la
scuola con i capelli cotonati, le unghie laccate di un rosso cupo molto
vistoso e una vezzosa sciarpa con fantasia in simil-pelle di drago
intorno al collo. La sua amica Margaret la adora e sostiene che sia
bravissima. Potrà anche darsi che lo sia, a dispetto della
sua
fuorviante maniera di presentarsi, ma questa improvvisa collaborazione
con Lumacorno a Lily non piace per niente.
“Te
l’avevo detto
che secondo me c’era del tenero fra quei due”, le
dirà di sicuro Margaret, in tono convinto, totalmente
indifferente al fatto che lui abbia circa venticinque anni
più
di lei.
Lily entra in sala
grande a
passo rapido, ignorando le abituali teste che si sollevano nello stesso
attimo ad osservare scrupolosamente la persona che ha appena fatto il
suo ingresso. Scorge James seduto a fianco a Remus, Sirius e Peter ai
soliti posti e li raggiunge. In tavola ci sono verdure alla griglia e
pesce ai ferri.
“Lumacorno
mi ha dato
questo”, dice, rivolta al suo collega Caposcuola, in tono
fintamente distratto. James prende in mano l’invito con
sguardo
interrogativo. Lily lo osserva con la coda dell’occhio: se
dapprima la smorfia della sua bocca tradisce un moto di perplesso
scetticismo, subito dopo sul volto di James compare un sorriso che non
si aspettava di vedere.
“È
un invito per
due”, commenta, mentre Sirius si sporge da sopra la sua
spalla
per leggerne il contenuto, con la totale mancanza di discrezione che lo
contraddistingue.
“Già”,
conferma Lily, disponendo nel piatto quattro fette di pane in maniera
perfettamente simmetrica. James, intanto, mastica il suo boccone di
peperoni e patate.
“Dev’essere
interessante”.
“Dev’essere
ridicolo”,
obietta Sirius, squadrando il suo amico dall’alto in basso
come
se non avesse più idea di chi si trova davanti. James si
stringe
nelle spalle con aria noncurante.
“Ci vuoi
andare?” le domanda. Lily gli risponde precipitosa.
“Non
senza di te, ovviamente”.
“E che
problema c’è? A me va. Andiamoci”.
Lily si ritrova a
scambiare
un’alquanto inusuale occhiata d’intesa con Sirius,
di
fronte all’anomalo entusiasmo che James sta manifestando
all’idea di andare ad una festa di un professore che non gli
sta
esattamente simpatico. Il Caposcuola si volta verso il suo migliore
amico e gli fa un occhiolino fugace, che pure sembra non rassicurare
pienamente Sirius. Poi torna a guardare Lily, con un gran sorriso.
“Sei
sicuro di aver capito bene?”
“E per
chi mi hai preso? Non sono mica un Serpeverde idiota!”
C’è
da dire che per
certe cose non è assolutamente cambiato, anzi, sembra ancora
l’undicenne iperattivo e un po’ molesto che ha
conosciuto
sull’espresso per Hogwarts il primo settembre di alcuni anni
fa.
“Spero
che tu sia convinto
che si tratti di una buona idea”, sospira Lily, servendosi di
gamberetti in salsa cocktail.
“Avrai
finalmente
l’occasione di vedere quanto sono bello in abito da
cerimonia.
Sta’ tranquilla, solo per questo non te ne
pentirai”.
“James…”
“Sì,
lo so che odi
queste cose frivole e piene di cuoricini ovunque. Ma fidati di me
quando ti dico che sarà divertente”.
E così
le toccherà
presentarsi questa sera da Lumacorno, fornendogli su un piatto
d’argento l’occasione di esultare e congratularsi
con lei
per aver finalmente ceduto.
La parte di lei che
non aveva
mai avuto intenzione di andare a quella festa contava soprattutto sulla
risoluta opposizione di James a parteciparvi, ma aveva evidentemente
fatto i conti senza l’oste.
“Sì,
sarà
molto divertente vederti vestito da pinguino”, commenta
Sirius,
mentre Lily dispone con ordine maniacale le olive verdi tagliate a
fette sul pane insieme ai pezzetti di tonno. Non ha particolarmente
fame, ma fare quei giochetti con il cibo la distrae dal pensare che
ormai non ha più motivi per rifiutare quel discutibile
invito
decorato a cuori.
*
Mentre Lily percorre i corridoi di Hogwarts, quella sera, non si sente
affatto tranquilla. Ha dovuto chiedere in via eccezionale ai Prefetti
di occuparsi in vece sua e di James del pattugliamento serale dei
corridoi, finita l’ultima lezione ha avuto a malapena il
tempo di
esercitarsi a perfezionare il suo Incanto Patronus per domani
–
è sicura che il professor Flanders lo farà
eseguire a
tutti in classe durante la lezione, perciò sarebbe doveroso
da
parte sua presentarsi con un minimo di preparazione – e ci ha
messo un’ora per infilarsi quell’odioso vestito da
sera.
Mary ha dichiarato con fierezza, dopo averla aiutata, che sembra uscita
da un romanzo di Jane Austen, o qualcosa del genere. In
realtà
lei si sentiva più che altro una perfetta idiota, con
quell’abito che la strizzava in vita - impedendole
quasi di
alzare le braccia per spazzolarsi i capelli – per poi
allargarsi
fino a terra in un’ampia gonna a ruota. Ascoltando il rumore
dei
suoi passi che rimbomba sul pavimento di pietra, continua a rimpiangere
silenziosamente la comodità della divisa.
A fianco a lei,
James non pare
assolutamente in preda al suo stesso turbamento, anzi: ha
l’espressione di chi si sente perfettamente a suo agio. Forse
Lumacorno aveva ragione sul suo conto, anche se a Lily costa fatica
ammetterlo; in fondo sa, per sentito dire, che le famiglie Purosangue
sono tutte tendenzialmente molto aristocratiche e abituate, pertanto, a
ricevere parenti lontani impaludati in simili abiti costosi.
Il sorrisetto che
continua a rivolgerle, comunque, non la rassicura più di
tanto.
“Se vai
avanti a fissarmi
così finirò per arrossire”, le dice a
un certo
punto, con quel solito ghigno da impertinente che l’ha sempre
mandata su tutte le furie. Stavolta, però, Lily si sente
strana.
“Stai…
stai bene
così”, spiega, e in effetti lo pensa davvero.
Nonostante i
modi spesso irriverenti e quella zazzera di capelli neri che neppure
stavolta è riuscito a mettere in ordine, James sembra nato
per
far parte di quel mondo. Lei, al contrario, non ci si ritrova per
niente. Finora era riuscita a dimenticarsi del fatto che proviene da
una famiglia di Babbani, ma in quel momento non può fare a
meno
di rifletterci su. Finché resteranno a scuola, protetti da
spessi muri e da torrioni, questo non rappresenterà un
problema
per la loro storia. Ma dopo? Chi le garantisce che non
cambierà
nulla?
“Io ho
sempre cercato di
farti capire che sono bellissimo, Evans, ma tu ci sei arrivata solo
dopo sette anni…”
“Se te
l’avessi
detto solo un paio d’anni fa, il tuo ego si sarebbe gonfiato
talmente tanto che non saresti più tornato con i piedi per
terra
per chissà quanto tempo”.
“Questo
è un modo implicito per dirmi che comunque lo pensavi anche
prima?”
Per fortuna, Lily
ha la scusa
perfetta per evitare di rispondere a quella scomoda domanda: sono
arrivati alla sala trofei. Decide che entrare è
più
facile che cercare un modo per zittire James, perciò, senza
pensarci su troppo, apre la porta con un gesto deciso, tirando i
battenti in ottone.
Lo spettacolo che
le si offre
davanti agli occhi è piuttosto controverso, forse
perché
non ha avuto il tempo di pensare a cosa aspettarsi.
Al centro della
sala è
stato allestito un buffet decisamente fornito, a cui gli invitati si
stanno abbondantemente servendo; le sedie sono state disposte
ordinatamente ai lati, di modo da lasciar libero lo spazio al centro.
Una musica languida e soft si diffonde dappertutto, facendo muovere a
ritmo la testa cotonata della professoressa Blanchard.
All’interno della sala si riescono a distinguere solo coppie,
per
quanto la luminosità delle candele, unica fonte di luce, lo
consenta; da ultimo, ciò che Lily nota sono le decorazioni
appese ovunque, consistenti, ovviamente, in cuori dei più
svariati colori e dimensioni. I festoni sono animati, e palpitano. Le costa
davvero un grande sforzo non piegare la bocca in una smorfia di
completo disappunto.
“Che
diamine siamo venuti
a fare qui?” domanda a denti stretti, gettando
un’occhiata
in tralice a James. Lui si ravviva il colletto, con una nonchalance per
cui Lily non può fare a meno di provare una profonda
invidia, e
le sorride.
“Io ho
intenzione di mangiare. Vieni con me?”
Senza lasciarle il
tempo di
replicare, James le preme dolcemente una mano sulla schiena e la
conduce verso il tavolo del buffet. Mentre si avvicinano, Lumacorno li
nota e viene loro incontro. James, inaspettatamente, si comporta da
vero gentiluomo: Lily continua ad osservarlo ammirata, non riuscendo
assolutamente a capire da dove abbia tirato fuori tutto questo garbo e
questa compostezza. Se non fosse per quell’incorreggibile
capigliatura, sembrerebbe davvero un rispettabile giovane Purosangue,
una perfetta rappresentanza del mondo magico. Sorride pensando che
corrispondeva parecchio alla figura del giovane mago che si era tanto
immaginata da piccola, fin dal momento in cui aveva scoperto che le
sarebbe arrivata la lettera per Hogwarts. Era solo una bambina e
fantasticare le piaceva troppo per rinunciarci. Poi era arrivato il
giorno di salire sul treno e tutte le sue dolci illusioni si erano
frantumate di fronte a quel ragazzino arrogante ed impertinente, a cui
aveva dichiarato una silenziosa guerra fin dall’inizio. Ora,
quel
piccolo guastafeste è diventato il suo ragazzo e le strizza
furbescamente l’occhio mentre tracanna d’un sorso
un
bicchierino di Rum Esplosivo al cioccolato e peperoncino.
Insomma, per Lily
la serata
sembra procedere meglio del previsto. Niente guai
all’orizzonte,
nonostante non sia propriamente il genere di festa a cui partecipi
volentieri, continua a pensare gettando occhiate in tralice a quei
festoni a forma di cuori. La presenza di James si rivela, peraltro,
sempre un’ottima scusa per svignarsela nei momenti in cui
Lumacorno la trascina da parte per presentarle alcuni suoi invitati
d’onore, ex allievi di Hogwarts che secondo lui potrebbero
offrirle brillanti possibilità di carriera futura: dopo lo
scambio di qualche frase di circostanza, Lily può
allontanarsi a
cercarlo senza troppi problemi, affermando di non volerlo lasciare da
solo. Quando poi lo ritrova, con gli occhi sempre un po’
più lucidi e il sorriso più languido, si stupisce
del
fatto che ora sia lei a rincorrerlo, dopo che per anni è
successo il contrario.
A un certo punto
però,
quando il desiderio di fuggire da quella confusione inizia a
serpeggiare in lei, si rende conto che ha perso di vista James. Mentre
si guarda intorno freneticamente, riesce ad individuarlo: è
salito in piedi su una sedia e, con un fischio, ha richiamato
l’attenzione degli invitati. Lily ammutolisce, coprendosi gli
occhi con le mani per non guardare. Ecco che è arrivato il
momento della catastrofe.
“Scusate,
volevo fare un
piccolo annuncio”, dice James, con un tono di voce reso
più sicuro di sé dall’alcol.
“Dato che non
potrebbe esserci occasione più adatta di questa festa
organizzata nel giorno di San Valentino, per la quale ringrazio di
tutto cuore il professor Lumacorno” – che in quel
momento
lo sta occhieggiando con aria minacciosa – “sono
lieto di
poter rendere finalmente pubblica la mia attuale e serissima relazione
con la Caposcuola Evans. Avete capito bene, serissima.
Perciò, signori presenti, potete anche smettere di
guardarla.
Ogni tentativo d’approccio sarebbe per voi tanto inutile
quanto
dannoso, ve lo posso garantire. Grazie dell’attenzione, ma
ora
dobbiamo proprio scappare. A presto!”
Balzando con
agilità
giù dalla sedia, James corre dritto verso di lei, la afferra
per
il polso con presa salda e la trascina verso la porta della sala
trofei, spalancandola con un colpo di bacchetta e richiudendosela alle
spalle in fretta e furia. Travolta dalla rapidità con cui
tutto
è successo, Lily non riesce più a ragionare con
coerenza.
Capisce solo che stanno ancora correndo a perdifiato per i corridoi,
impaludati nei loro abiti da cerimonia, e che entrambi stanno ridendo a
crepapelle. Sono riusciti a rovinare la perfezione di un ricevimento in
piena regola, questo è poco ma sicuro. James ha dovuto dare
spettacolo come al solito – avrebbe dovuto aspettarselo. Era
rimasto troppo silenzioso e tranquillo durante il tempo precedente
trascorso lì. Tuttavia, non riesce assolutamente ad essere
arrabbiata con lui: ha risollevato l’umore della serata e
l’ha portata via di lì esattamente nel momento in
cui lei
lo desiderava. Questo riesce a riscattarlo dall’essere salito
su
una sedia per dichiararla di sua proprietà di fronte a
tutti, in
fondo.
Quando finalmente
si fermano,
giunti alle scale che portano alla torre di Grifondoro, Lily
è
ansante e scompigliata e si ritrova a fissare un James altrettanto
sconvolto dalla corsa.
“Tu sei
totalmente fuori
di testa”, gli dice, ma non c’è traccia
di
rimprovero nella sua voce. Forse sta iniziando ad abituarsi a
frequentare un simile scalmanato.
“Beh,
è evidente
che è per questo che stai con me”, risponde lui,
con un
affascinante ghigno di soddisfazione che non sparisce neppure nel
momento in cui posa le labbra sulle sue, inebriandola con un dolce
aroma di alcol. Per questa volta ha ragione, pensa Lily abbandonandosi
al bacio.
Nota conclusiva:
sui non proprio idilliaci rapporti fra James e il professor Lumacorno
si parla abbastanza in giro, e io mi trovo d’accordo. Quando
Harry gli viene presentato, Lumacorno racconta solo di Lily, non nomina
mai James: sappiamo che non può essere perché era
una
capra nella sua materia (James viene sempre definito come uno studente
dai risultati brillanti, quindi al massimo non era estremamente dotato
come Lily, ma di sicuro non andava male in Pozioni), quindi
l’ipotesi che resta è che i due non fossero molto
in
sintonia dal punto di vista caratteriale.
Vi lascio con un arrivederci alla prossima settimana e l'anticipazione
del prossimo capitolo (che è stato, probabilmente, il
più apprezzato dalla giudice Tittivalechan per quanto
riguarda l'uso del prompt - non vi chiedo di indovinare cosa
succederà ma vi assicuro che sarà piuttosto
esilarante XD):
“Secondo
Safran, il
signorino sposerà la sua fidanzata. Safran ne è
sicuro”.
“Uh, ti ringrazio. Se
mi sposerà, vorrà dire che non sarò
stato ucciso”.
“Il signorino si
ricordi di Safran, quando dovrà scegliere il suo Elfo
domestico”.
“Puoi contarci”.
Mentre James si sente
sempre più barcollante, l’Elfo dà
un’occhiata all’orologio a pendolo appeso
sopra le loro teste.
“È ora di tornare al
lavoro. Il signorino deve tagliare le cipolle”.
Buon week end!
Aggiornamento
(20/11/2011): oggi sono arrivati i giudizi, dai quali ho appreso che
questa shot si è classificata seconda al contest "E tu cosa
scegli?" di _Aras_. Ringrazio di cuore la giudice, che è stata molto rapida, e riporto qui il
risultato:
Seconda
classificata a parimerito: Cosa fai stasera - Jane Gallagher
Grammatica e stile:
9,5/10
La
verità è che è sono piuttosto le
riunioni del Lumaclub a non essere fatte per lei. Come vedi
c'è un doppio verbo essere, va tolto è. Quando
usi i puntini di sospensione lo spazio va solo dopo di essi, non prima.
Per Sala Grande serve la maiuscola, poiché è un
nome proprio. Non ho trovato altri errori. Passiamo allo stile. Hai
utilizzato principalmente il tempo presente per la narrazione: una
scelta difficile, per usare adeguatamente questo tempo è
necessaria una grande abilità. Si rischia che la narrazione
non risulti scorrevole o che sembri troppo semplice o forzata in certi
punti. Tu sei riuscita ad utilizzarlo molto bene, ci sono solo alcuni
punti in cui sembra appunto un po' forzato, ma non c'è male.
In generale, lo stile è liscio, scorre tranquillo lasciando
al lettore il tempo di leggere, senza correre e senza andare troppo
lentamente.
Originalità:
10/10
Non ho mai letto
una fanfic su un evento simile. Partendo da un assoluto
cliché (la festa di San Valentino) hai saputo realizzare una
trama originale e credibile. E' perfettamente possibile che Lumacorno
decida di dare una festa del genere, dati i suoi precedenti. Hai saputo
strutturare bene la storia, inserendo dei particolari nuovi, come per
esempio la simpatia/non-simpatia di Lily per Lumacorno; noi conoscevamo
solo la versione del vecchio Lumacorno, che adorava la ragazza.
IC personaggi:
10/10
Lily e James sono
perfetti. Lily, nella sua insicurezza interiore per la sua natura, nei
vecchi ricordi di Severus, nell'amore per James che non vuole
sbandierare al mondo, nella pacata gentilezza sotto cui si nasconde un
animo forte e deciso. James, innamorato di Lily da sempre,
incredibilmente dolce con la ragazza che ama, l'ho adorato. Hai saputo
anche tirar fuori il suo animo malandrino, la sua uscita inaspettata ma
perfetta alla festa di Lumacorno, l'eleganza del purosangue e la
malizia del ragazzo. Sono semplicemente perfetti.
Gradimento
personale: 10/10
L'ho adorata! Amo
Lily e James, e mi è piaciuta tantissimo la
caratterizzazione perfetta dei due. James soprattutto, che con i suoi
modi gentili, il lieve sfioramento delle dita di lei, è un
amore!
Totale: 39,5
Tolti gli errori di
distrazione, per i quali mi mangiucchio le mani, sono immensamente
felice di questo risultato. Non mi aspettavo di arrivare
così in alto, nonostante tutto. Ora mi resta solo da
ansieggiare per la mia Gideon/Marlene XD Grazie di cuore a voi che
commentate, perché con le vostre belle parole mi fate sempre
arrossire. A presto!
|
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Capitolo 9 *** Una bottiglia di uischi (prompt: elfo) ***
s9
Una
bottiglia di uischi
Prompt: elfo
Ambientazione: settimo
anno
Parole: 2218
13 maggio 1978
Mentre
cammina a
passo sconsolato lungo il corridoio della scuola, impegnato ad evitare
con
attenzione di calpestare le crepe nel pavimento, James Potter si rende
conto di
essersi pentito per la prima volta in vita sua di ciò che ha
fatto per
meritarsi la punizione inflittagli qualche giorno fa dalla
professoressa
McGranitt.
Ha
cercato di
comportarsi piuttosto bene, durante quell’anno scolastico.
Dopotutto, Silente
l’ha nominato Caposcuola e non se la sentiva di tradire la
fiducia che aveva
evidentemente riposto in lui. Deciso finalmente che era giunto il
momento di
piantarla con le bravate, James sentiva di aver davvero messo la testa
a posto:
ormai non ricordava nemmeno più come fosse fatto
l’ufficio di Gazza (forse questa
era un’esagerazione, ma d’altronde era impossibile
dimenticare che il cassetto
con gli elenchi delle punizioni destinate a lui e a Sirius era il terzo
a
partire dall’alto nel mobile sulla sinistra della porta, dopo
tutti quegli
anni).
Tuttavia,
non è tanto
per ciò che ha fatto che James è pentito. Ha
compiuto azioni ben più gravi nel
corso della sua turbolenta carriera scolastica – un certo
Severus Piton di
Serpeverde ne sa qualcosa, ad esempio – ma questa,
probabilmente, è la
punizione più difficile da mandar giù che gli sia
mai stata assegnata. E anche
quella per cui Sirius l’ha preso di più in giro,
perfino più di quando
Lumacorno l’ha costretto a venire nel suo ufficio per
fissarlo nelle palle
degli occhi un’ora al giorno, nella più completa
inattività.
Di
una cosa James è
certo: se fra gli insegnanti si dovesse stabilire un premio annuale per
chi
assegna la punizione più originale, la McGranitt vincerebbe
senza alcun dubbio.
L’iniziativa potrebbe essere un piacevole diversivo,
peraltro; la proporrà a
Silente la prossima volta che dovrà andare nel suo ufficio a
fare rapporto come
Caposcuola. È abbastanza sicuro che il Preside
apprezzerà la sua inventiva.
Quando
James giunge
finalmente all’ingresso delle cucine, lo contempla con aria
desolata per alcuni
secondi. La sua collega Caposcuola, Lily Evans – rimasta
miracolosamente in
silenzio fino a quel momento – solleva lo sguardo verso di
lui, con una certa
compassione di cui James non sa se esserle grato. È
più probabile che, dentro
di sé, lo stia deridendo di gusto.
“Dai,
è solo per una
giornata”, gli dice, posandogli una mano sulla spalla. Lui
pensa che vorrebbe
tanto incatenarsi al muro, di modo da rendere impossibile il compimento
di
quella barbara punizione. Ma non può tirare ulteriormente la
corda con la
McGranitt. Gli sta già abbastanza col fiato sul collo per
via del campionato di
Quidditch, ci manca solo che si metta a rincorrerlo per tutta Hogwarts
per
trascinarlo di nuovo fin lì.
“Se
non sopravviverò,
di’ a Sirius che gli lascio il mio Mantello
dell’Invisibilità”, sentenzia, con
aria lugubre.
“Mentre
a me toccherà
il tuo manico di scopa, immagino”, commenta lei, sarcastica.
“Beh,
allora fate a
gara a chi se lo prende per primo. Sono sicuro che sarà una
bella lotta”.
“James”.
“Sì,
sì, ora vado…”
“Non
ti agitare”.
Lily
tronca in un
attimo le sue lamentele, prendendogli il viso tra le mani e
depositandogli un
lieve bacio sulle labbra. Per un attimo, James si sente invadere da un
familiare senso di calore. Dopodiché, torna a voltarsi verso
la porta delle
cucine: tentando di racimolare un po’ di determinazione,
riesce finalmente a
varcarla con successo. L’attimo dopo aver salutato Lily con
un cenno della
mano, si accorge che tutti gli occhi dei presenti sono puntati su di
lui; i
rumori di coltelli, pentole e bollitori sembrano essere improvvisamente
cessati.
Con un gran sospiro, James avanza di un passo e fa la sua domanda alle
decine
di musi affilati, dotati di nasi ed orecchie lunghi e sottili, che lo
scrutano
attentamente con i loro grandi occhi a palla.
“Avanti,
chi di voi
devo sostituire?”
*
In
quel momento,
dentro di sé, James sta litigando con una proiezione molto
fedele di sua madre.
Purtroppo non può averla davanti per rimproverarla come si
deve, perciò è
costretto ad arrangiarsi come può, conducendo quel
silenzioso dialogo in un
angolo della sua mente. Il motivo per cui ce l’ha con lei
è perché l’ha
cresciuto senza mai fargli alzare un dito, neppure per le cose
più elementari; il
risultato è che James non ha praticamente mai preso in mano
un coltello,
neppure per sbucciarsi un frutto, e ora si trova in seria
difficoltà. È stato
infatti inviato a sostituire un Elfo delle cucine, cosa in teoria meno
faticosa
rispetto al cambiare lenzuola, pulire pavimenti e riordinare armadi;
tuttavia, quando
si tratta di cucinare, quello che si può fare con la magia
è ben poco. Come se
non bastasse, la sua punizione implicava di recarsi sul luogo senza
bacchetta.
Sbuffando sonoramente, comincia a domandarsi quando ha deciso di
diventare così
ubbidiente.
“Il
signorino forse
farebbe meglio ad aiutarsi con il pollice per riuscire a sbucciare
meglio la
patata, ma quello di Safran è solo un umile consiglio,
signorino”, gli dice
alle spalle una vocetta sottilmente petulante. James per un attimo
viene quasi
preso dall’impulso di continuare come stava facendo soltanto
per fare un
dispetto all’esserino che gli dà ordini in maniera
così subdola e velata, ma
alla fine sceglie di non andare sul piede di guerra e di seguire il suo
consiglio. Inaspettatamente, questo si rivela corretto: aiutandosi con
il
pollice, James non si sente più così tanto
impedito.
“Il
signorino sembra
già stanco”, osserva poi l’Elfo, in tono
più sommesso.
“Puoi
giurarci,
amico”, risponde lui, gettando uno sguardo desolato alla
montagna di patate che
ancora gli sta di fronte, in attesa di passare sotto il suo coltello
malfermo.
“Il
signorino
gradisce qualcosa da bere?” propone l’Elfo, e
James, per quanto stupito da
quell’offerta, non ci pensa due volte ad accettare.
“Buona
idea”.
Approfittando
della
buona scusa per fare una pausa, James segue l’Elfo fino ad un
bancone
appartato, situato vicino a una grande credenza in legno massiccio. La
bizzarra creatura si
arrampica verso uno dei battenti più alti, con una notevole
agilità per essere
il più vecchio della cucina; dopodiché,
guardandosi intorno con fare
circospetto, ridiscende portando con sé nientemeno che una
bottiglia di Whiskey
Incendiario.
James
fissa l’Elfo
negli occhi giganteschi con evidente stupore per diversi secondi, ma
quello non
dà segno di essere minimamente toccato dalla cosa. Si limita
a riempirgli un
bicchiere di cristallo per alcolici, per poi porgerglielo con un gesto
disinvolto.
“Il
signorino non
beve?” domanda, incerto.
“Oh,
beh, ti
ringrazio del pensiero, ma… pensavo che avessi in mente
qualcosa di più
leggero”, obietta James, manifestando la sua
perplessità.
“Safran
beve sempre
Whiskey Incendiario. Lo aiuta ad arrivare a fine giornata”,
spiega l’Elfo, in
tono lievemente malinconico. James si sente spinto da un moto di
compassione.
In fondo, non ha alcun motivo per rifiutare quel bicchiere colmo fino
all’orlo.
“Come
ti capisco”,
dice James, e l’esserino assume uno sguardo triste mentre si
rigira il
bicchiere fra le mani, osservando le onde prodotte dal movimento sulla
superficie del liquido.
“Safran
dovrebbe
essere in pensione, ormai, ma non vuole rassegnarsi. Non avrebbe
più niente da
fare, nessun padrone da servire. Solo a Hogwarts il professor Silente
gli
lascia ancora fare qualcosa”.
“E
allora perché bevi?
Dovresti essere contento di essere qui”.
L’Elfo
butta giù il
suo bicchiere tutto d’un fiato, senza lasciare neppure una
goccia, e James è
sempre più sbalordito.
“Lavorare
è faticoso.
A Safran fanno male le ossa”.
“E
allora andare in
pensione non sarebbe una scelta migliore?”
“Il
signorino
vorrebbe prendere Safran a servizio? Safran ne sarebbe molto
lieto”.
Talmente
tanto che
gli luccicano gli occhi per l’emozione, osserva James.
“Ehm…
mi dispiace,
davvero, ma abbiamo già un Elfo domestico a casa. Altrimenti
avrei accettato,
te lo garantisco. Forse quando metterò su una famiglia mia
potrei richiamarti”,
dice infine, tentando di essere diplomatico. L’Elfo,
tuttavia, sembra sempre
più attratto da quella discussione.
“Il
signorino vuole
mettere su famiglia? Safran sarebbe lieto di servirla”.
“Uh,
beh, prima mi
devo sposare, però”, obietta James, in tono
pragmatico. Sempre se Lily prenderà
mai in considerazione l’idea, comunque.
“Il
signorino ha una
fidanzata?”
“Sì,
diciamo di sì. È
molto carina. L’avrai vista girare per la scuola, con i suoi
lunghi capelli
rossi, il suo distintivo da Caposcuola e l’aria minacciosa di
chi ha
costantemente una frusta in mano”.
A
quel punto, l’Elfo
assume un’espressione lievemente allarmata.
“Il
signorino viene
frustato?”, gli domanda, e James agita subito le braccia in
segno di diniego.
“No,
non siamo ancora
arrivati a questo punto. Per fortuna. Non dirglielo se la incontri,
stavo solo
scherzando”.
L’Elfo
annuisce e
James può tirare un sospiro di sollievo.
Dopodiché posa lo sguardo sul
bicchiere e, pur avendolo vuotato giusto qualche secondo prima, se lo
ritrova
di nuovo inspiegabilmente pieno.
“E
le cose vanno
bene?” domanda Safran, sorseggiando la sua seconda dose di
Whiskey Incendiario
con assoluta noncuranza.
“Sì,
o almeno per la
maggior parte del tempo”.
“Cioè
quando il
signorino non viene frustato?”
“Ma
no, ti ho detto
che stavo scherzando!”
“È
che l’ha detto con
un’espressione molto spaventata, poco fa”.
“Oh,
beh,
probabilmente ne sarebbe capace. Ma non gliel’ha ancora
suggerito nessuno, per
il momento”.
A
quel punto, James
inizia a sentire la familiare sensazione di leggerezza che dallo
stomaco si
propaga al cervello. Nessuno degli altri Elfi al lavoro ha dato segno
di essere
minimamente toccato dalla loro sparizione momentanea, perciò
comincia a pensare
che davvero l’esemplare che ha davanti sia un alcolizzato e
che non gli abbia
semplicemente offerto da bere per rompere il ghiaccio. Di sicuro, dopo
tutte le
patate che ha sbucciato in quelle due ore, se lo merita, in un certo
senso.
Però resta comunque un episodio bizzarro, ai limiti
dell’assurdo, che non potrà
fare a meno di raccontare immediatamente a Sirius non appena
sarà tornato in
dormitorio.
“Secondo
Safran, il
signorino sposerà la sua fidanzata. Safran ne è
sicuro”.
“Uh,
ti ringrazio. Se
mi sposerà, vorrà dire che non sarò
stato ucciso”.
“Il
signorino si
ricordi di Safran, quando dovrà scegliere il suo Elfo
domestico”.
“Puoi
contarci”.
Mentre James si sente
sempre più barcollante, l’Elfo dà
un’occhiata all’orologio a pendolo appeso
sopra le loro teste.
“È ora di tornare al
lavoro. Il signorino deve tagliare le cipolle”.
James sbarra gli occhi,
inorridito. Con tutto quello che può esserci da fare in una
cucina, devono
toccargli proprio le cipolle?
“Oh, certo,
magnifico. Scommetto che questa è un’altra geniale
idea della professoressa
McGranitt”, sospira, rassegnato, scendendo dal suo sgabello
con meno agilità
del solito.
*
Quando
James può
finalmente rientrare al suo amato dormitorio quella sera stessa, gli
sembra
quasi di sognare. È stanco morto e i suoi vestiti odorano
incredibilmente di
fritto; senza contare che, dopo essersi praticamente scolato
un’intera
bottiglia di Whiskey Incendiario insieme all’Elfo che doveva
sostituire, sta
cominciando ad avvertire un fastidioso cerchio alla testa, unito ad una
spiacevole sensazione di subbuglio nello stomaco. È quasi
ora di cena, in
teoria, ma non ha alcuna intenzione di scendere in Sala Grande. Ha
già visto
abbastanza cibo nel corso di quella faticosa giornata e, indubbiamente,
preferisce lasciare ad altri il privilegio di mangiarsi i cetrioli che
ha
tagliato così abilmente a forma di stellina – se
non altro, durante tutte
quelle ore trascorse in cucina, ha almeno imparato a maneggiare un
coltello.
Lily ne sarà contenta: questo costituisce un motivo in
più per desiderare di
sposarlo. Ma da quando in qua James si è messo a pensare al
matrimonio? È tutta
colpa di quell’Elfo, che non ha fatto altro che parlargli di
questo argomento
per tutta la giornata.
Dopo aver salito con
estrema lentezza i gradini che conducono al buco del ritratto, James
riesce
comunque ad avere il fiatone. Nonostante abbia indosso gli occhiali, ci
mette
un po’ ad individuare Lily, seduta su una delle poltrone
della sala comune;
quando lei si accorge della sua presenza e gli corre incontro, James la
trascina in dormitorio immediatamente, affermando di essere distrutto e
di
avere assoluto bisogno di sdraiarsi su un letto prima di parlare.
Quando finalmente può
realizzare il suo desiderio, gettandosi a pesce sulle coperte sfatte e
rotolandovisi per alcuni secondi, sente alleviarsi un pochino quel
cerchio alla
testa causato dal Whiskey Incendiario.
“Allora? Com’è andata
questa terribile esperienza?” gli domanda Lily, carezzandogli
teneramente i
capelli.
“L’hai detto. È stato
terribile”, risponde James, in tono melodrammatico.
“Ma un Elfo domestico mi ha
detto che ci sposeremo”, aggiunge poi, sollevando lo sguardo
per osservare la
reazione della sua ragazza. Lei sgrana i bellissimi occhi verdi di
colpo,
sorpresa; indubbiamente non se l’aspettava. Chissà
se aveva mai pensato a
questa evenienza, alla possibilità che la loro relazione
diventi qualcosa di davvero
serio. Neanche James ci aveva
mai pensato fino a quel giorno, a parte qualche stupida battuta fatta
con
Sirius in privata sede, ma se lei un giorno gli dicesse di
sì è probabile che
il cuore gli scoppierebbe nel petto.
“Wow”, commenta
semplicemente lei, assumendo un’aria pensierosa. Tuttavia, un
mezzo sorriso le
distende una guancia e James non può fare a meno di notarlo.
“Mi ha anche predetto
il futuro, sai. Ha detto che avremo dieci bambini”, le
annuncia, quasi
sghignazzando.
“Oh, James, non dire
idiozie!” esclama lei, punta sul vivo, probabilmente indecisa
se scoppiare a
ridere o tirargli un pugno. In effetti, James riconosce tra
sé di averla
sparata un po’ grossa. Dieci bambini sarebbero decisamente
troppi, soprattutto
se venissero tutti fuori come lui.
Nota conclusiva: il
nome che ho scelto per l’Elfo
domestico, Safran, è il secondo nome del protagonista (e
autore) di un libro
che s’intitola Ogni
cosa è illuminata.
Siamo
ormai alla penultima storia - sigh - perciò vi lascio con un
grazie immenso per chi segue questa storia e ogni volta perde tempo per
lasciarmi una splendida recensione, e con l'anticipazione del prossimo
capitolo, che spero rappresenterà una degna conclusione per
questa raccolta:
“Bene,
allora spiegami perché proprio i
tulipani”.
“Tra i Babbani si dice che siano nati
dalle gocce di sangue di un giovane suicidatosi per amore”.
“Uh, allora ti piacciono le relazioni
sanguinarie?”
“Con te è tutto tempo perso, per
Merlino”.
Alla
prossima settimana!
S.
|
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Capitolo 10 *** Le buone maniere (prompt: tulipani) ***
s10
Le
buone maniere
Prompt: tulipani
Ambientazione:
post-Hogwarts
Parole: 2455
29 maggio 1980
Gettandosi
a peso
morto sulla poltrona a fiori blu e bianchi del salotto, Lily si rende
conto di
aver esaurito ogni energia. Non le capita molto spesso, in
realtà; solitamente,
non è abituata a lasciarsi andare così. Scava
sempre sul fondo per cercare un
residuo di forza che la aiuti ad arrivare fino alla fine, a lottare
ancora per
guadagnarsi gli ultimi istanti della giornata. Soprattutto adesso che
la fatica
fisica del peso di un altro corpo dentro di lei inizia a farsi sentire.
Tuttavia, questa sera si sente come se fosse stata completamente
svuotata. Come
se avesse preso un centinaio di bastonate, rimanendo a terra, incapace
di
reagire. E tutto questo non perché ha appena affrontato una
battaglia con i
Mangiamorte, difeso il Ministero da un attacco o scortato in salvo
qualche
persona in pericolo. No, tutto quello che Lily ha fatto oggi
è stato alzarsi,
cercare di frenare il suo desiderio di mangiare del cioccolato di
Mielandia e
litigare con James.
Quando
lui è uscito,
poco fa, per il suo turno di notte all’Ordine, non sa se ha
provato più
sollievo o più senso di vuoto. Sono ormai quasi due anni che
vivono insieme e
non averlo accanto riesce sempre a stordirla. Non ricorda
più dov’è, cosa deve
fare, perché James non è qui a rispondere ai suoi
dubbi, a darle una mano o
semplicemente a scostarle una ciocca di capelli dal viso per poi
baciarla e
sorriderle.
Purtroppo,
le cose
non vanno sempre come Lily vorrebbe e adesso non può
schioccare le dita o fare
un incantesimo e riaverlo a fianco solo perché una parte di
lei lo desidera.
L’altra parte, quella più arrabbiata, delusa e
ferita, è felice per aver visto
finalmente il termine di quella litigata. Anche se non si è
conclusa fra parole
di riconciliazione, ma soltanto perché per lui era venuta
l’ora di andarsene.
Che
lei ricordi, in
effetti, non hanno mai fatto pace immediatamente dopo una discussione.
È troppo
complicato, quasi impossibile far sì che, dopo aver usato
toni accesi e parole
forti, due caratteri come i loro giungano ad ammettere, da una parte o
dall’altra, di non avere completamente ragione. Sarebbe un
colpo troppo basso
per il loro orgoglio, nonché una figuraccia compiuta di
fronte all’altro. In
genere, il tempo necessario per giungere alla riconciliazione non
è immediato.
Servono ore, a volte giorni. Forse un’esagerazione agli occhi
di molti –
sicuramente di coloro a cui tocca consolare, di volta in volta, le
rispettive
parti – ma questa volta, Lily ne è sicura,
sarà James a dover tornare
strisciando e implorando il suo perdono.
Quasi
sorride di sé,
sentendosi animare ancora da quella rabbia adolescenziale. Teoricamente
dovrebbe comportarsi da donna sposata e quasi madre e scendere a
compromessi,
avere pazienza, sopportare ed evitare di mettere in discussione ogni
dettaglio
fuori posto. Tuttavia, nella maggior parte dei casi non ne è
capace; neppure
stavolta lo è.
Lily
si guarda
intorno, con un sospiro profondo. Le foto incorniciate presenti sulla
credenza
del salotto ritraggono quasi tutte lei e James, durante
l’ultimo anno a
Hogwarts. In alcune compaiono anche Sirius, Remus e Peter. Il periodo,
tuttavia, è sempre lo stesso: non c’è
traccia di quello che c’è stato prima,
degli anni di battibecchi, sferzate sarcastiche, frecciatine,
giochetti,
ricatti, battaglie e dispetti cominciati fin dai primi mesi di scuola.
Non
erano mai stati amici, non si erano mai scambiati un gesto gentile fino
al
giorno in cui lei non gli offrì una Cioccorana per sancire
una tregua, al sesto
anno. Poi erano stati travolti da una specie di vortice, erano finiti
ad uscire
insieme e per mesi avevano continuato a domandarsi in silenzio, senza
confessarlo all’altro, come fosse stato possibile. Allo
stesso modo era andata
con il bambino. Si era ritrovata incinta inaspettatamente, contro ogni
previsione, quando nessuno di loro due aveva ancora fantasticato sulla
possibilità di essere genitore.
Il
motivo per cui
poco fa hanno litigato era esattamente questo. James rientrava stanco
ogni
giorno, perché insisteva per farla rimanere a casa
anziché occuparsi
dell’Ordine. Lily si ritrovava immersa nella solitudine e
nella frustrazione,
così, nonostante ormai non manchi molto alla nascita del
bambino, ha iniziato a
ribellarsi e a tornare al quartier generale dell’Ordine,
anche solo per andare
a spazzare i pavimenti. James si è arrabbiato, le ha dato
della testarda, ha
detto che così tutta la fatica che fa risulta inutile,
l’ha perfino accusata di
essere egoista perché non si preoccupa del bambino.
“Te l’avevo
detto che sarebbe andata a
finire così, quando abbiamo dovuto decidere se tenerlo. Non
mi hai mai
ascoltata, James”.
Non
ha potuto
rispondere in altro modo, perché non c’erano
parole dolci per indorare la
pillola. Mesi fa avevano dovuto fare una scelta, ma James non aveva
voluto
rifletterci più di tanto. Sempre il solito ostinato, che si
getta con un
entusiasmo da capogiro in ogni nuova avventura che gli viene
prospettata.
Quello che spaventava Lily non era diventare madre ad appena
vent’anni, bensì
la guerra, l’impegno che entrambi avevano preso con Silente e
con l’Ordine, i
pericoli a cui avrebbero potuto esporre il bambino, la
necessità di proteggerlo
prima di ogni altra cosa. Quando aveva esposto questi dubbi a suo
marito, lui
l’aveva liquidata in breve tempo. Si era detto convinto di
quella decisione,
l’aveva rassicurata affermando che non se ne sarebbero
pentiti. Tuttavia, ora,
ciò che Lily aveva paventato si stava verificando. Non le
sembrava giusto
restare chiusa in casa, non contribuire a portare avanti una causa in
cui
credeva. Essere sfuggita tre volte a Voldemort non era sufficiente per
considerare archiviata una carriera nell’Ordine.
Lily
si raggomitola
sulla poltrona, sentendosi improvvisamente invadere dalla stanchezza.
La
gravidanza l’ha resa più debole, affaticabile e
capricciosa di quanto non
credesse. Ma non sono tanto gli sforzi fisici a distruggerla, quanto
quelli
emotivi. Spesso Sirius, per prenderla in giro, le chiede come sia
possibile che
lei e James ancora non si siano scannati a vicenda nonostante ormai
vivano
insieme tutti i giorni, ma come spesso accade la sua totale mancanza di
tatto
rivela verità scomode che nessuno ci tiene a scoperchiare.
La verità è che i
litigi fra loro non sono mai cessati, neppure dopo essere passati
dall’odio
all’amore.
Sullo
schienale della
poltrona c’è una coperta leggera, ricamata a mano.
Lily la prende e se la
poggia sulle gambe con delicatezza. La sua pancia è
ingombrante, il bambino
scalcia. Ha già scelto il nome e nonostante tutto sa che lo
amerà con tutta se
stessa, ma è così difficile. Quel povero piccino
nascerà in tempi orribili.
Sentendosi
pervadere
da un assonnato torpore, Lily decide di darci un taglio con i pensieri
angoscianti.
“Evans, ho
bisogno di te. In qualità di Prefetto,
devi assolutamente andare a parlare con la McGranitt e chiederle di
togliermi
la punizione che mi ha dato per una settimana. Non riesco ad andare
agli
allenamenti di Quidditch e perciò capisci che la cosa non
è minimamente
accettabile”.
“In
qualità di Prefetto non ho alcun
potere decisionale sulle punizioni, come già Remus ti
avrà spiegato, e se si
tratta di inginocchiarsi davanti alla McGranitt puoi pensarci benissimo
da
solo”.
“Che
diamine, sapevo che avresti risposto
così… e va bene, mi toccherà sedurre
la professoressa con il mio
impareggiabile fascino”.
“Oh, ti
prego”.
“Sì,
lo so che il divario d’età è
notevole, ma è per una nobile causa…”
“Potter,
non credo che tu abbia la più pallida
idea di come si conquisti una donna”.
“Ah, e
perché no?”
“Beh,
perché la proposta più invitante che
potresti fare sarebbe offrirle un giro panoramico di Hogwarts a bordo
della tua
scopa nuova fiammante”.
“Non ci
trovo nulla di male, anzi, è un invito
originale e divertente”.
“Non tutte
le ragazze trovano così
entusiasmante l’idea un giro della morte a cento metri da
terra, fidati di me”.
“Tu
sottovaluti il quadro generale, Evans.
Il vento fra i capelli, il paesaggio visto dall’alto, il
brivido dell’atterraggio…”
“Sto
già tremando al pensiero”.
“Che cosa
c’è di sbagliato?!”
“Beh,
tanto per cominciare il fatto che tu
trascineresti la povera malcapitata sulla tua scopa senza sprecarti
nell’uso
delle buone maniere”.
“Non
è un’opportunità che si può
perdere
così a cuor leggero”.
“Ecco,
appunto. Peggio di un uomo
primitivo armato di clava”.
“Sei
sempre la solita guastafeste.
Sentiamo, tu cosa consiglieresti?”
“Se
tu fossi anche solo vagamente in grado, per una volta,
di uscire dai tuoi panni e provare ad immedesimarti in una
donna,
scopriresti che buttarsi sul classico è la cosa migliore,
nel
momento
in cui non conosci i gusti della fanciulla in questione. Ad esempio, un
mazzo
di fiori andrebbe benissimo”.
“Ma Evans,
presentarsi con delle rose è così
banale…”
“E chi ha
detto che debbano per forza
essere rose? A me, ad esempio, piacciono molto di più i
tulipani”.
“Sei tutta
strana”.
“Cerca di
abituarti all’idea che esistano
persone che non la pensano come te, piuttosto”.
“Tu invece
potresti prendere in
considerazione l’idea di non avere sempre l’ultima
parola all’interno di una
discussione, che ne dici?”
“Per
lasciarla a te? Mi stai chiedendo
troppo”.
“Bene,
allora spiegami perché proprio i
tulipani”.
“Tra i
Babbani si dice che siano nati
dalle gocce di sangue di un giovane suicidatosi per amore”.
“Uh,
allora ti piacciono le relazioni
sanguinarie?”
“Con te
è tutto tempo perso, per Merlino”.
Lily
sorride, lo
sguardo perso nel vuoto mentre cerca di ricostruire visivamente il
ricordo. Potrebbe
prendere il Pensatoio, ma preferisce affidarsi alla pura e semplice
immaginazione: era il quarto anno di scuola, quindi non si era ancora
lasciata
crescere i capelli, che all’epoca portava lunghi fino alle
spalle. Mentre James
doveva aver cambiato da poco gli occhiali, sfoggiando finalmente quelli
con la
montatura in corno di drago di cui andava tanto fiero. La
discussione, se non
ricordava male, si era svolta in sala comune, di fronte ai soliti,
probabili curiosi
che contribuivano ogni anno ad alimentare i pettegolezzi su di loro.
Lily non
aveva mai amato sentirsi sussurrare alle spalle od occhieggiare
furtivamente da
gente estranea, ma non era mai riuscita a trattenersi dal polemizzare
animatamente con James in qualsiasi occasione buona per farlo.
Perciò, era
inevitabile che ogni loro nuovo diverbio finisse sulla bocca di tutti.
Alcuni,
come aveva scoperto, avevano perfino aperto un giro di scommesse sulla
probabilità che lei cedesse di fronte alle insistenze di
James.
Era
sempre stato
tutto paradossale, assurdo, fuori dalle righe con lui. Lo è
anche ora che si
sono ritrovati improvvisamente adulti. Metà del tempo la
loro convivenza
funziona meravigliosamente, mentre per il resto sembra essere un
completo
disastro. I cambiamenti sono continui, sempre in agguato: prima la
scoperta di
provare qualcosa per lui, poi il matrimonio, la casa, il bambino in
arrivo… e
quando il piccolo nascerà, ci sarà una nuova
rivoluzione. Ogni equilibrio
raggiunto dovrà essere ricostruito da capo, in modo diverso
da prima.
Sono
riusciti a
bisticciare perfino perché James sosteneva che di sicuro
assomiglierà tutto a
lui, perché quello è il marchio dei Potter. Lily
l’ha tacciato di inguaribile egocentrismo,
lui se l’è presa a morte. Come diamine faranno
quando il bambino sarà nato?
Lily vuole che cresca in mezzo all’amore, non vedendo i
genitori farsi la
guerra un giorno sì e uno no.
Mentre
si tira la
coperta più in alto, incurante del caldo, Lily si rende
conto di aver
inghiottito la rabbia in fretta. Ora vorrebbe solo che James tornasse
presto da
lei, che la rassicurasse sul fatto che andrà tutto bene. Non
ce la fa a portare
tutto quel peso da sola. Sa che non si troverebbe in questa situazione
se non
fosse stato per lui, né sarebbe mai diventata la persona che
è ora; James ha
totalmente scombussolato la sua vita da quando è riuscito a
conquistarla, e
non ha ancora smesso di farlo.
Tiene
le mani sulla
pancia come per abbracciare il bambino, mentre il sonno si insinua
sempre di
più nei suoi occhi e le fa chiudere lentamente le palpebre.
Il suo ultimo
desiderio, per quella notte, è di non avere incubi.
*
Il
mattino dopo,
quando Lily si sveglia, per poco non si prende un colossale spavento.
Apre gli occhi
e non si ritrova nel luogo in cui si è addormentata,
bensì in camera da letto,
sotto il lenzuolo di seta azzurra; l’odore del suo the
preferito le entra nelle
narici fin quasi a stordirla; sente qualcosa di sottile solleticarle la
fronte,
vi porta in fretta la mano e si rende conto, prima con il tatto che con
la
vista, ancora un po’ offuscata dal sonno, che si tratta di un
foglietto di
carta.
Si
stropiccia gli
occhi con foga per riprendere definitivamente contatto con la
realtà, dopodiché
mette a fuoco la frase scritta sul bigliettino.
Come vedi, non
è vero che non ti ascolto
mai.
Per
prima cosa, Lily
guarda sul comodino alla sua sinistra. Sopra il sottile vassoio
d’argento, la
tazza di the sta ancora fumando. A fianco, su un piattino da dessert,
stanno un
paio di muffin dall’aria calda e soffice. Lily allunga le
gambe e solo in quel
momento si rende conto che c’è qualcosa sul letto:
sposta lo sguardo prima ai
suoi piedi, poi tutt’intorno, esplorando ogni angolo della
stanza.
Sulla
coperta, a
terra e sui mobili c’è una distesa di tulipani
rossi e gialli e per poco non le
si ferma il cuore nel petto.
Ricorda
di averci
ripensato proprio ieri sera. Strane connessioni mentali che, secondo
Silente,
si stabiliscono fra persone che si amano veramente. Non è vero che non ti
ascolto mai. Per una volta non può che dargli
ragione, dato che aveva registrato attentamente
un’informazione riguardo ai
suoi gusti in fatto di fiori diversi anni addietro, quando ancora non
c’era
neppure un’ombra che preannunciasse l’inizio della
loro storia. La madre di Lily
aveva sempre amato i fiori e lo testimoniavano non solo il giardino e
la serra
che con immensa dedizione aveva tenuto in vita per vent’anni
sul retro della
loro casa, ma perfino i nomi che aveva scelto per lei e Petunia. Un
sacco di
volte, quando Lily era ancora piccola e non aveva idea di cosa fosse
Hogwarts,
le aveva raccontato le storie che si celavano dietro quei fiori che
innaffiava
ogni giorno e quella dei tulipani l’aveva colpita nella sua
ingenuità di
bambina più di tutte le altre. Secondo la mamma,
rappresentavano il vero amore.
E anche dopo essere cresciuta, la sua bambina non aveva potuto fare a
meno di
conservare la sua predilezione per quella storia così
affascinante.
Mentre
non riesce a
fare altro che rimanere immobile e sorridere, Lily pensa che forse,
dopotutto,
in quella casa ci sarà tutto l’amore sufficiente a
far crescere il loro bambino
nella maniera più giusta.
Trasportando
il suo
peso ormai abituale si alza dal letto, indossa la vestaglia e corre di
sotto a
cercare James.
Nota conclusiva: mi
sono documentata su alcuni siti per
quanto riguarda il significato dei tulipani, e questo è
quanto ho trovato: non
tutti lo sanno ma il fiore che
rappresenta il vero amore è il tulipano, il fiore perfetto
per una
dichiarazione d'amore in piena regola. La leggenda popolare racconta
che il
fiore sia nato dal sangue di un giovane suicidatosi per amore. Nulla
di più adatto per James e Lily, insomma. Avevo scelto il
prompt in base ai miei
gusti personali in fatto di fiori, ma alla fine, per mia fortuna, mi
sono ritrovata
con qualcosa di perfettamente calzante alla storia che avevo in mente.
Per
quanto riguarda i
Lily e James adulti, forse è inusuale rappresentarli alle
prese con difficoltà
e litigi, e per giunta con un bambino inaspettato in arrivo.
Personalmente sono
sempre stata dell’idea che il loro fosse un amore vero, forte
e sincero, ma che
non ci fosse nulla di idilliaco: se nei primi libri di HP tutti parlano
di loro
come se fossero degli angeli, la Rowling dimostra in seguito che in
realtà così
non era, mostrandoli da ragazzini in tutta la loro umanità,
pieni di difetti. Era
normale che tutti li santificassero un po’ in quanto morti
molto giovani e da
veri eroi, ma questo non significava automaticamente che fossero
perfetti e che
avessero vite perfette. Ho preferito, quindi, immaginarli in questo
modo, pur
credendo fermamente all’amore che provavano l’uno
per l’altra.
Bene,
siamo giunti alla fine di questa raccolta. Chiedo scusa a tutti per
aver tardato con l'aggiornamento, ma purtroppo è stato un
week end devastante e, pur sentendomi in colpa per non aver postato,
non ce l'ho proprio fatta. Quando scrivi di cose felici e poi vivi
giornate che invece di felice non hanno un bel niente, credo sia
normale sentirsi alienati, non riconoscersi più nel proprio
lavoro. Mi dispiace, perché a chi mi segue anche al di fuori
di questa raccolta non posso promettere nulla su quando ci
sarà il prossimo aggiornamento. Sono a pezzi, mi
è passata tutta la voglia, credo di dover prima rimettere
insieme me stessa e tornare a pensare solo per uno anziché
per due. Stando così le cose, non so dirvi quanto tempo ci
vorrà.
Vi
chiedo scusa, siete le migliori lettrici che si possano desiderare e se
sarete ancora qui ad aspettare i miei tempi chilometrici e a
comprendere i miei problemi personali, non potrò che
costruirvi una statua.
Da
ultimo, vi lascio il giudizio che la raccolta ha ricevuto al contest
per il quale è stata scritta. Buona settimana a tutti, nel
frattempo, e grazie per avermi seguito :)
Jane
Gallagher / Sophie Hatter, E vissero felici e contenti (dopo anni di
litigi, punizioni e rifiuti)
VALUTAZIONE
- grammatica e lessico: 8.5 / 10
- stile: 9.5 / 10
- caratterizzazione dei personaggi: 10 / 10
- originalità: 10 / 10
- gradimento personale: 10 / 10
- utilizzo dei prompt: 3 / 3
Totale: 51 / 53
Grammatica e lessico: la prima è inoppugnabile; invece, per
quanto riguarda il lessico puoi ancora migliorare. Utilizzi un
linguaggio semplice, ma neanche tanto, insomma nulla di troppo
elaborato, ma che riesce comunque a definire ciò che vuoi
esprimere. C’è comunque qualche imprecisione come
“Animagi” o “mezzora”, ma non
mi ci sono soffermata molto.
Stile: mi piace. È semplice e scorrevole, ma come ho
già detto nulla di elaborato.
I personaggi sono IC, non ho nulla da dire sul loro conto. Riesco a
percepire benissimo i caratteri frizzanti di James e Sirius, quelli
pacati di Peter e Remus, e quello pungente della giovane Lily.
Perfetti!
Originalità e gradimento personale: Sì, mi
è piaciuta molto, anche perché in molti punti non
mi aspettavo che utilizzassi i prompt in un determinato modo. Diciamo
che sei riuscita a non cadere nel cliché e questo
è da lodare. La fanfiction è divertente ed
appassiona molto. Non è pesante da leggere, anche se
è composta da capitoli veri è propri; e
determinate scene sono davvero esilaranti. In particolare, ho adorato
alla follia il modo in cui hai usato l’
“elfo”.
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