Dentro il serraglio

di Iryael
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** | Shot 01 | Peluche (gennaio 5402) ***
Capitolo 2: *** | Shot 02 | «È una promessa» (4 ottobre 5401) ***



Capitolo 1
*** | Shot 01 | Peluche (gennaio 5402) ***


Shot 01 :: Peluche

Personaggi: Nuovo personaggio (Takami Kinomiya), Ratchet
Genere: Fluff
Rating: Verde
Avvertimenti: Nessuno
Dubbi? Domande? Prova con la Guida alle Galassie Unite
Gennaio 5402-PF.
Dormire senza incubi è un lusso, quando si è concorrenti dello show più letale del Settore Ombra. L'animo torna ad essere scosso come quando, da bambini, si hanno i brutti sogni. E se si cede agli incubi, alla stanchezza e ai nervi, non c'è modo di sopravvivere.
Per questo ciascuno ha il suo peluche.
27 Gennaio 5402-PF
Stazione spaziale DreadZone, cella 6-538
 
Era il cuore della notte.
Gli unici rumori erano il respiro degli occupanti, un ronzio cupo e, di tanto in tanto, i passi calcati delle guardie di ronda.
Ratchet aprì gli occhi di scatto, fuggendo così dall’incubo che lo perseguitava.
Prima ancora di sentire la fronte madida di sudore, capì che non era stato il solo ad avere un brutto sogno: il calore della cuccetta e il braccio immobilizzato erano elementi chiari.
Inspirò a fondo e sbuffò, nella speranza di liberarsi di quello che lo attanagliava (il caldo, l’irritazione, l’angoscia, l’incubo).
Purtroppo, però, non funzionò. Anche dopo il respiro profondo il grumo nero rimase lì, ingombrante come prima, a logorargli l’animo.
Stretta attorno al suo braccio, invece, Takami dormiva placidamente. Era distesa su un fianco e respirava con la bocca socchiusa, attirando e respingendo in continuo una ciocca di capelli.
Guardandola, il lombax mise da parte le sue sensazioni e allargò un sorriso tenue.
Eccola lì, la terribile arma, intrufolata abusivamente nella sua branda per trovare un po’ di sicurezza. Ecco la spietata assassina, stretta attorno al suo braccio per scacciare i brutti sogni.
 
La osservò per qualche istante, poi spostò con delicatezza quella ciocca ballerina, prima che le finisse in bocca. A giudicare dal sorriso timido che le spuntò in viso, per quella notte aveva chiuso con gli incubi.
Di fronte a quell’espressione serena e tenera, l’orrore che l’aveva tormentato sfumò dalla memoria, concedendogli di tornare a riposare.
Lo attendeva un sonno senza sogni, lo sapeva, ma era pur sempre preferibile alle visioni atroci che lo perseguitavano abitualmente.
 
Avrebbe avuto tutto il tempo, la mattina dopo, per ricordarle quanto mal sopportava che lei si infilasse di nascosto nella sua branda. Avrebbe sentito le sue scuse, poi quella sera si sarebbe coricato sperando, a discapito dei rimbrotti, di svegliarsi e trovarla stretta al suo braccio.
Ci avrebbe sperato non solo perché nella DreadZone la compagnia di un bel sogno era merce rara; ma anche (e soprattutto, sebbene non l’avrebbe mai ammesso) perché anche l’eroe aveva bisogno del suo spietato peluche.

Giusto per raccapezzarsi un po’.
Gennaio 5358: Takami ha undici anni e Ratchet ne ha venti. Vivono la loro esperienza nella DreadZone assieme a Clank e Big Al. La piccola (umana) ha l'abitudine che quando ha degli incubi forti, si intrufola nella branda del lombax, per quanto sappia che a lui non va.
 
Nota dell’autrice:
Eee...che dire. Sentivo il bisogno di un po’ di tenerezza e questi due vicini mi sono sempre piaciuti fin dalla creazione di Takami (avvenuta nel lontano 2004, non mi sembra neanche vero quanto tempo è! *gasp*).
Posso dire che questa è la prima storia che concepisco senza spargimenti di sangue? Sì, beh, non proprio la prima ma comunque una delle poche in cui non progetto di mettere in pericolo qualcuno!
Ah ah! Infatti non vado oltre le quattrocento parole (348 per la precisione, lol)
Vabbé, posso dire di aver raggiunto un buon traguardo. E spero di non aver annoiato nessuno con le mie note senza senso (oltre che con la flashfic, è chiaro).
 
Alla prossima!

 

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Capitolo 2
*** | Shot 02 | «È una promessa» (4 ottobre 5401) ***


Shot 02 :: «È una promessa»

Quando: Dopo il capitolo 05; notte fra il 3 e il 4 ottobre 5401
Personaggi: Nuovo personaggio (Basher, Chaos, Nokki)
Genere: Generale
Rating: Verde
Avvertimenti: Nessuno
Dubbi? Domande? Prova con la Guida alle Galassie Unite
Il giuramento che Basher e Nokki hanno stretto con Chaos prevede un obbligo fondamentale: che portino Takami sana e salva fuori da DreadZone. In cambio di ciò la toksâma ha concesso loro dei privilegi per riuscire nell’impresa.
Sono passati quattro anni da quando hanno siglato il patto e sono ad un punto tale che pregustano la libertà – una vita semplice, tranquilla, senza una bambina piagnucolante e una divinità tirannica perennemente intorno a loro.
Tuttavia sopraggiunge un problema...
Basher stava sognando.
 
Era a pesca lungo un torrente: stivali piantati fra i flutti, muscoli in tensione, lenza tesa all’estremo. Attaccato all’amo, invece, c’era un esocide. Doveva essere di dimensioni discrete, a giudicare dalla forza con cui combatteva per filare via.
Tirò ancora una volta la canna a sé e accorciò la lenza, per poi fingere di cedere e strattonare con rinnovato vigore, e poi via da capo anche se ormai le braccia erano rigide per lo sforzo – e un re dei fiumi che sfruttava la corrente e tirava per scappare con tutte le sue energie, ora con costanza ora con guizzi belli vigorosi, di sforzo ne portava parecchio.
Pregò che la lenza non si strappasse mentre, per l’ennesima volta, dava giri al mulinello. L’aveva portato appena a metà della distanza e le braccia erano come di marmo. E quello non si arrendeva.
Passarono molti minuti.
L’esocide si dimostrò un avversario davvero ostico. Per questo, quando l’ebbe per le mani, si fermò a rimirarlo con un misto di soddisfazione e rispetto. Era un giovane adulto lungo più di mezzo metro, con il dorso verde-bruno maculato di chiaro e il corpo elegantemente affusolato.
Proprio un bell’esemplare. La bocca però era abbastanza grottesca, con la sua forma massiccia e il numero assurdo di denti. Meglio non farsi mordere.
Ora doveva slamarlo. Non sarebbe stato particolarmente difficile: bastavano solo sangue freddo e l’attrezzo giusto. E tanta concentrazione.
* * * * * *
Chaos osservava l’anima di Takami esercitarsi a fare la spola fra l’adyton e il corpo. Era importante che la sua Protetta imparasse ad entrare e uscire dalla meta dimensione senza passare dal reame onirico. Non poteva prevedere cosa sarebbe stato necessario durante la guerra, ma dagli errori del passato aveva appreso che sapersi scambiare al volo era un jolly sempre valido; proprio come avere intorno Araldi di ogni natura e inclinazione.
Su quel punto specifico del pensiero la divina storse la bocca in una smorfia scontenta. Il giovane Blackeye era una promessa sicura, ma Basher... meh. Non aveva più lo smalto del difensore che gli aveva visto sulla USS Ferox; era come se da un po’ di tempo il suo ardore si fosse appiattito. La cosa non preannunciava nulla di buono. Non voleva disfarsene, ma un Araldo che non volesse difenderla era un pericolo in più.
A meno di rimetterlo in gioco...
Osservò Takami che provava e riprovava il suo esercizio e un sorriso le increspò le labbra.
«Takami.» L’anima della bambina si fermò e le rivolse l’attenzione. «Devo uscire a controllare una cosa. Tu continua a fare pratica, mi raccomando.»
La piccola annuì. «Tornerai presto, vero?»
«Certo. Prima che posso.»
Takami mostrò un sorriso contento e, con quell’immagine negli occhi, Chaos varcò al posto suo la soglia che divideva l’adyton dalla mente. Il secondo successivo si proiettò fra i pensieri di Basher.
 
Si materializzò lentamente, un ricciolo di fumo alla volta, nell’atmosfera fresca del torrente. Il rilgarien le dava le spalle a pochi metri di distanza, chino su qualcosa che lei non riusciva a vedere.
Sorrise con aria predatrice. Eccolo, il suo Araldo, concentrato nella maniera che lei apprezzava tanto. Lo raggiunse muovendosi in silenzio, meditando se usare la frusta o le carezze. Quale delle due le avrebbe garantito il risultato migliore?
Mentre decideva gli impose una mano sulla testa.
«Jampûjene ôf kuä adytôn.»[1]
* * * * * *
I torrenti di Bantouin attraversavano l’adyton di Basher. Il panorama era lo stesso del sogno: acque rosate, arbusti secchi, pioppi dalle cortecce rugginose e ciottoli imbiancati dal limo. La toksâma plasmò un gazebo e due comode poltroncine prima che il padrone di casa tornasse in sé.
«Salve Basher di Bantouin.»
«Yo.»
Bastò un’occhiata per riconoscere il luogo in cui era nato. E dato che quel magnifico re dei fiumi non c’era più non poteva che essere entrato nell’adyton.
«Tirannica come al solito, sorella.» protestò. «Era una vita che non andavo a pescare.»
«Certe occasioni non vanno sprecate. Soprattutto quando il reame onirico di un Araldo viene meno per settimane.»
Il colpo andò a segno. Ma il rilgarien se l’aspettava, e quindi svolazzò la mano con calcolata noncuranza. «Oh, quello. Un problemino recente.»
Fu il turno di Chaos di mettere su un tono ironico. «E quale problema può spingere Basher di Bantouin, Rivendicatore di fresca nomina e ottavo in classifica DreadZone, a prendere sonniferi?»
«Vedi» L’altro si accomodò meglio sulla poltroncina. «Ottavo è un posto delicato. Sono in coda ai Nobili e la gente alle mie spalle comincia a credermi quello da battere, invece che un alleato. Ho bisogno di riposo la notte, non di incubi a nastro.»
«Incubi, eh?»
Pronunciò le sillabe con una punta di scetticismo. Ricordava che i problemi dei mortali fossero banali, ma quello lo sembrava un po’ troppo.
Era comunque vero che non sempre comprendeva i bisogni degli esseri inferiori. Forse quella del mortale non era una scusa patetica – ma se la era sapeva già come eradicarla.
«Me ne occuperò stanotte stessa.» disse con fare magnanimo.
Calò un silenzio brevissimo e, in quell’infinitesimale lasso di tempo, entrambi percepirono il cambio dell’atmosfera. Fine dei convenevoli; era ora di passare alle cose serie.
Fu Chaos a passare oltre, e lo fece con assoluta noncuranza.
«Parlami del piano per uscire da qui. Prima del silenzio onirico hai accennato di aver trovato un modo.»
Il rilgarien strusciò l’indice contro il medio. «Soldi, prima di tutto.» disse in tono confidente. «Cioè punti. Ho fatto in modo che le piste che mi rimangono siano alla maggior distanza possibile, così da poter affrontare le sfide accessorie sui vari pianeti. Non avendone completate neanche la metà avrò uno sprint notevole. Entro l’anno nuovo avrò abbastanza punti per affrontare Hardlight.»
Chaos intrecciò le dita sotto il mento, attenta ad ogni sua parola. «E dopo che li avrai?» invitò a proseguire.
«Son così tirchi che il mio bot-Navigatore ha più anni di te, sorella.» la frase strappò un sorriso alla donna di fumo. Dato che aveva contribuito a crearlo, quell’universo, il paragone era abbastanza indicativo. «Un EMP al momento giusto e correrò a chiedere una sostituzione al volo. Cape Quasar, al personale, mi deve due scommesse: farò sì che metta la ninnola come mio navigatore. Abbatterò l’avatar di Hardlight e gioco finito.»
Si raddrizzò contro lo schienale e accavallò le gambe, soddisfatto del piano.
La divinità soppesò attentamente l’idea. Era fattibile... «Ma ci sono due grossi buchi. Il primo è che non hai contato l’ossessione di Xeno Galvem per i Guardiani–»
«Di chi?» l’interruppe lui, le sopracciglia corrugate per il dubbio di aver dimenticato qualche ostacolo.
Chaos inspirò a fondo, ricordandosi che dopotutto il suo interlocutore era solo un mortale, e rispose in tono conciso: «Xeno Galvem. Colui che oggi si fa chiamare Gleeman Vox.»
Basher lasciò andare un mezzo sospiro. Di chiedere perché lo slademan avesse due nomi non gli passò manco per l’anticamera del cervello; l’importante era non aver dimenticato nessuno.
«Be’, alla fine i Guardiani sono un’ossessione per un bel po’ di gente. Se è così fissato dovrebbe già sapere che chi si ostina a imprigionarli finisce male. Le rovine di Igghar sono popolari tra i nerd dei Guardiani.»
«Cionondimeno ha un suo progetto per la mia Protetta.» insisté la donna di fumo. «Non ti lascerà andare se l’avrai come navigatore. Ti proporrà scambi vantaggiosi e, qualora non accettassi, ti minaccerà affinché tu l’abbandoni.» E non serve ricordarti che in questo caso incorreresti nella mia ira. «Cosa farai?»
Attimo di silenzio. Quello il rilgarien non l’aveva previsto. Allargò un sorriso sinceramente scornato. «Immagino che sperare in un tuo aiutino sia troppo...»
«Non ti avrei assoldato se avessi potuto liberarmi da sola.»
Basher si morse l’interno della guancia. Pensò rapidamente, ma alla fine fu in grado solo di fare spallucce. «Non so cosa farò in quel caso, ma ho tempo per pensare al piano B.»
«Ne hai meno di quanto credi.»
Il rilgarien sentì un colpo secco, come se qualcuno avesse picchiato un martelletto contro l’interno delle costole. L’espressione si corrucciò all’istante. «Come, scusa?»
Chaos calcolò esattamente quando parlare. Non lo fece subito; prima studiò l’espressione mista di stupore e chiusura di chi è stato colto alla sprovvista.
«Riconosco quando uno dei miei oggetti è logoro. Se si trattasse di un’arma o di uno scudo mi basterebbe portarlo da un mastro ferraio; ma in questo caso è la tua volontà che si è corrotta. Sto pensando di sostituirti.»
«Sorella.»
Un titolo amichevole, una preghiera perché fosse uno scherzo, un invito a piantarla seduta stante.
La donna di fumo però non disse nulla e non cambiò espressione. Non era uno scherzo, e quando Basher lo comprese scattò.
«Ma non ha senso!» attaccò. «Mi sono fatto il culo per essere considerato un gladiatore papabile! Mi sono fatto il culo in questi ultimi due anni per gareggiare evitando che la ninnola venisse coinvolta in qualche squadra! E mi sono fatto il culo per accudirla senza che gli altri la prendessero come il mio punto debole. Come da tuoi ordini: mai in prima linea, mai in pericolo. Hai idea di quanto sia difficile?! Siamo in un cazzo di spettacolo per malati di violenza!!!» breve silenzio inalatorio. «E adesso? Adesso che sono vicino a portare via quel sufflè piagnucolante mi dici che non ho volontà? Che vuoi sostituirmi???»
Chaos glissò sulla domanda. «Se vogliamo essere precisi Takami Kinomiya è stata lo stesso coinvolta in una squadra.»
Basher la fulminò con lo sguardo. «Garganthas è stato una svista.» asserì, caustico. «E mi ci è voluto un po’ a eliminarlo, d’accordo, ma ho avuto successo – per quanto non ne vada fiero – e la ninnola è tornata al suo posto. Qui. Al sicuro. Come da accordi.»
«E per quanto riguarda Ratchet di Veldin? Anche lui è stato una svista?» pungolò lei, spietata. «Anche se Cape Quasar della gestione del personale, che ti doveva tre favori – non due – ti ha espressamente avvertito che la mia Protetta sarebbe stata reintrodotta in un gruppo?»
Attimo di silenzio. I due si guardarono in cagnesco. Basher strinse le labbra al punto di farle sbiancare, reprimendo l’irritazione, e sputò duramente: «Lui mi fa comodo. Tiene al sicuro la ninnola mentre io organizzo il gran finale.»
I piccoli ricci di fumo che disegnavano le labbra si modellarono in una U silenziosa. «Dunque non ti sei opposto perché lo consideri un alleato.»
«Un tappabuchi.» la corresse acidamente.
La toksâma intuì che intendeva sfruttarlo e basta. «Smantellerai la sua squadra.»
«Farò tutto ciò che serve per portare a termine il nostro contratto. Tutto.» chiarì astiosamente. «Ma tu non puoi saltare fuori adesso e cambiarmi le carte in tavola. Non sono uno che cambia il destino dell’universo schioccando le dita, io.»
Breve silenzio. Chaos assimilò la rabbia e le parole, dopodiché rilanciò: «Allora agisci, Basher di Bantouin. Dimostrami che tu e Nokki di Tel Del’nah siete ancora degni di essere miei Araldi; che i miei sospetti sul tuo silenzio onirico e sulle tue curiose transazioni diurne sono ingiustificati. Mostrami che puoi proteggere Takami Kinomiya e che intendi portarla fuori da qui. Altrimenti.» e interpose una pausa infinitesima «Vi sostituirò con Ratchet di Veldin.»
«Cos’è, una minaccia?»
«Niente affatto.» Se fosse stata organica avrebbe allungato un sorriso sgradevole. «È una promessa.»
* * * * * *
Quando Basher si risvegliò, le ultime parole di Chaos ancora vibravano fra i pensieri.
 
«Vi osserverò fino alla sfida cosiddetta Royal Rumble. Quel giorno conoscerai il vostro destino.»
 
Il rilgarien si coprì il volto con le mani, mentre il cervello faceva rapidamente il punto della situazione. Espirò profondamente un paio di volte, poi scese dal letto e andò a picchiettare la fronte di Nokki.
«Buongiorno Ricci d’Oro.» disse, affrontando con un sorriso sgradevole lo sguardo assonnato e corrucciato dell’umano. «Abbiamo un problema.»
L’altro tirò le mani fuori dalle coperte e gesticolò per qualche secondo. È per quella scommessa dell’altro giorno? Perché ti ho già detto che non ne voglio sapere.
«No, non è per la scommessa con Gammatron. Ho appena finito di parlare con Chaos.»
A quel nome il sonno svanì dall’espressione dell’umano. Se lo svegliava per quello la faccenda era seria.
«Avevamo ragione. Sta davvero pensando di sostituirci.» annunciò cupamente il rilgarien mentre l’altro si metteva seduto. Dopo quella notizia Nokki gesticolò un’altra domanda. Sei riuscito a capire con chi?
«Capire? Me l’ha detto chiaro e tondo.» rispose, il tono affilato da rabbia e amarezza. «Si tratta del lombax a cui fa da spalla.»
Passò un attimo, poi l’umano gesticolò di nuovo. È più di un problema. Chaos ci toglierà i privilegi, se lui diventerà Araldo.
Portò lo sguardo sulla mano destra, su quelle cicatrici che attestavano l’immunità dalle scariche elettriche. Ci si era affidato molte volte da quando li aveva ottenuti. In effetti erano ciò che gli permetteva di non morire ogni volta che attivava l’upgrade defletti-phaser.
Non sopravvivremo alla prossima pista se ce li leverà. – figurò.
«Non è questione di prossima pista. Abbiamo tempo fino al Royal Rumble.» lo informò il rilgarien.
Le mani si mossero ancora più furiosamente. È anche peggio allora! Dopo quello c’è Hardlight!
«Lo so, accidenti! Lo so!»
Il grido frustrato sfumò nel silenzio della cella, fatto di piccoli ronzii e del soffio di una ventola. Le mani di Nokki rimasero ferme, strette le une alle altre. Basher distolse lo sguardo e sbuffò sonoramente. Poi, ripresa la calma, aggiunse: «Okay, abbiamo un vantaggio. Sappiamo cosa ci aspetta e abbiamo un piano. Si tratta di ritoccarlo.»
 
L’umano lo fissò e lo ascoltò elaborare idee per un’ora buona. Lo udì proporre, tornare indietro, modificare. Lo lasciò fare: lo conosceva da anni e si fidava ciecamente di lui e delle sue idee.
Per come la vedeva quel lombax si era appena messo nella posizione che l’anno precedente era capitata a Garganthas the Gigantic: fra i piedi. Il nabla era stato semplicemente sfortunato; ma il lombax era una faccenda più seria.
Un vecchio detto recitava che la necessità aguzza l’ingegno. Lui era muto, non stupido. E, soprattutto, non era disposto a rinunciare alla sua carica di Araldo – non quando la libertà assoluta e completa stava a quattro scontri di distanza.
 
Magari i passi compiuti contro Garganthas si sarebbero rivelati un percorso valido anche quella volta; chi poteva saperlo...

[1|⇑] Conducimi al tuo adyton.

 

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