La Luce di Animata

di AgnesDayle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***



Capitolo 1
*** I ***


La Luce di Animata 1




La Luce di Animata


-Se io profano con la mia mano indegna questo sacro scrigno, il peccato è gentile. E le mie labbra, due pellegrini rossi di vergogna, sono pronte ad addolcire quel tocco rude con un tenero bacio.-
Un leggero brusio proveniente dalla platea mostrò di riconoscere il celebre passo dell'opera Shakespeariana.
Il giovane, il cui volto era in parte celato da una maschera, si inchinò rigidamente per posare un bacio sulla tremula mano della ragazza che gli stava di fronte.
-Buon pellegrino, non disprezzate...-
Un violento fragore, accompagnato da un abbagliante lampo, impedì all'incerta giovane di proseguire la famosa risposta di Giulietta.
Mentre il pubblico confabulava, cercando di capire l'origine di quello strano fenomeno, si udì distintamente un suono di passi. Un uomo irruppe sul palco. Alto forse più di due metri e dalla corporatura possente, si guardava intorno alla ricerca di qualcosa. Posò lo sguardo sugli attori, i cui volti gli erano nascosti dalle maschere.
-Dove sei Biancaurora?-


***


Cinque ore e cinquantaquattro minuti prima.

-Un po' di attenzione, per favore!-
La voce autoritaria della professoressa Stortoni impose il silenzio ai venti alunni del corso di recitazione.
-Sono esattamente le 14:00 e la rappresentazione teatrale inizierà puntuale alle 19:30. In queste poche ore che ci rimangono è necessaria la cooperazione di tutti voi. Mentre io rivedrò alcune scene fondamentali con i nostri protagonisti, voglio che le comparse provino i costumi di scena.-
Mentre i ragazzi si dirigevano dietro la pesante tenda con l'intento di accaparrarsi i vestiti più belli, la professoressa tornò a parlare.
-Biancaurora.-
Una ragazza dai tratti delicati si voltò verso la professoressa.
-Mi raccomando, attenzione a non rovinare le maschere! Dobbiamo restituirle al proprietario.-
-Sì, professoressa- rispose educata.
Quei pochi secondi di svantaggio rispetto ai suoi compagni le costarono molto. Non ebbe possibilità di scelta. Le compagne le avevano lasciato solo un abito bianco molto simile ad una sottana e una maschera anch'essa bianca.
Quando Biancaurora prese in mano l'oggetto, capì perché tutti l'avevano scartato. Mentre le altre maschere avevano dei graziosi ghirigori, la sua era piuttosto grezza. Come se ciò non bastasse, si potevano vedere i segni lasciati dal tempo, tanto che il bianco era rosicchiato in più punti lasciando intravedere il colore naturale del legno.
Rigirandosela tra le mani, pensò che quell'anonima maschera si addiceva molto al suo carattere.
Biancaurora di particolare aveva solo il nome, risultato di una lite tra le due sorelle maggiori. Elisa aveva pestato i piedi per giorni affinché i genitori chiamassero l'ultimogenita come Biancaneve. Francesca per ripicca aveva insistito sul nome di un'altra principessa, Aurora. La madre con quel nome fiabesco aveva accontentato entrambe, augurando alla sua figlioletta di vivere la vita come una favola.
Quest'aneddoto, arricchito di fronzoli e romanticherie, veniva tirato fuori tutte le volte che qualche estraneo mostrava una certa curiosità per l'insolito nome. E nessuno poteva immaginare quanto Biancaurora si rattristasse a sentirne parlare.
Quel nome richiamava l'incantevole mistero dell'alba che tutte le mattine arriva luminosa a rischiarare il cielo. E Biancaurora non era all'altezza di simili aspettative. Non illuminava nulla lei, nemmeno se stessa. E il più delle volte passava inosservata agli occhi del mondo.
Tenendo tra le mani l'oggetto anonimo e la consunta veste, trovò un piccolo stanzino dove avrebbe potuto cambiarsi. A differenza delle sue compagne non ci teneva affatto a mostrare il suo corpo esile e privo di forme. No, non era un corpo che destava invidie, ma piuttosto sguardi scettici e battute maligne.
Una volta indossata la veste si guardò allo specchio. Doveva ammettere che le donava molto più degli abiti moderni che aveva lasciato scomposti su una sedia. Non la stupiva più di tanto: non c'era nulla di moderno che le andasse bene! E questo non valeva solo per gli abiti, ma per tutto ciò che la circondava. Non aveva alcun interesse per la tecnologia. Non sapeva nulla di politica e faticava a ricordare i nomi di presidenti del consiglio e della repubblica. Veniva a conoscenza dei grandi e terribili avvenimenti mondiali solo perché ne sentiva parlare in classe o a casa. A scuola i suoi voti erano mediocri e, in quei cinque anni di liceo, aveva evitato la bocciatura solo grazie alla sua stupefacente capacità di tradurre il greco, al contenuto estroso dei suoi temi e al suo amore per la letteratura.
La letteratura. Ecco cosa destava l'attenzione di Biancaurora. Anziché uscire con i suoi coetanei o preparare le interrogazioni di filosofia e chimica, trascorreva le sue giornate in compagnia di Shakespeare, Omero e Dante. E non le importava se agli occhi degli altri la sua vita apparisse patetica o inutile; quando leggeva, smetteva di essere trasparente ed assumeva le sembianze dei suoi eroi. Diventava Antigone, così da lottare contro una legge ingiusta che impediva la degna sepoltura dei suoi fratelli. Come l'Ulisse di Dante, anche lei aveva convinto i suoi compagni ad andare oltre i limiti imposti alla loro umanità e per questo era stata punita. In preda all'accecante gelosia di Otello, anche lei aveva ucciso l'innocente Desdemona.
Proprio quella passione l'aveva spinta ad iscriversi al corso di recitazione, una volta scoperto che quell'anno sarebbe stata portata in scena Romeo e Giulietta. La scena del ballo in maschera, così come quella ancora più famosa del balcone erano ben salde nella sua memoria. Segretamente aveva sperato che le venisse assegnata la parte di Giulietta. Ma la professoressa non l'aveva nemmeno presa in considerazione, dando per scontato che un tipo timido e introverso come lei non avesse alcun interesse ad avere un ruolo significativo.
La triste verità era riflessa proprio davanti a lei. Chi avrebbe mai apprezzato una Giulietta dai tratti così sfumati e labili come i suoi? Indispettita dalla vista del suo volto, lo nascose dietro la maschera. Mentre cercava di legare i due nastri dietro la nuca, i suoi occhi colsero un baluginio proveniente dallo specchio. Solo quando la maschera fu ben stretta, abbassò le braccia e tornò a guardare lo specchio.
Sussultò e ci mancò poco che cacciasse un urlo spaventato.
Riflessa allo specchio c'era una donna dall'aspetto stupefacente. La guardava con un sorriso appena accennato mentre tendeva un braccio verso lei. Le dita affusolate della mano erano appena arricciate come a volerle porgere un elegante invito.
Nonostante il timore, Biancaurora trovò naturale fare qualche passo verso quella misteriosa figura dai capelli turchini. E più si avvicinava, più si fortificava un'inspiegabile sensazione di déjà vu. Quella donna dall'aspetto regale le era familiare, un ricordo che la sua mente cercava invano di afferrare.
Quando i suoi piedi incontrarono la parete su cui era appeso lo specchio, Biancaurora sollevò una mano tremante poggiandola su quella sottile e immobile della dama.
Quasi delusa stava constatando come non fosse successo nulla, quando privata di ogni forza si piegò su se stessa e fu avviluppata nel mondo dei sogni.


***


-Neferius non stare lì a compatirmi. Entra e accomodati.-
Il giovane uomo, sorpreso dall'anziano padre a fissarlo, chiuse la porta alle sue spalle ed entrò nella buia camera da letto. Si sedette su una rigida sedia e parlò con voce profonda, in modo da celare la sua preoccupazione.
-Padre mi avete fatto chiamare. Forse le vostre condizioni sono peggiorate?-
-Non dobbiamo nasconderci la verità. Io sto morendo, Neferius. A breve salirai sul trono di Animata.-
-Ma cosa dite? I guaritori sono ottimisti sulla vostra salute.-
-Taci- lo interruppe Vicious con tono fermo e definitivo, l'ultimo frammento rimasto della sua antica forza. -Non ti ho mandato a chiamare per sentire le tue inutili illusioni.-
Il re pagò quello scatto con una nuova crisi respiratoria. Dovette trascorrere qualche minuto prima che riuscisse di nuovo a parlare.
-Mentre riposavo l'ho vista tornare.-
-Chi, padre? Chi sta tornando?-
-Chi altri se non lei? La sovrana spodestata. Quella maledetta- sputò con rabbia mentre un antico timore attraversava gli occhi grigi.
Neferius rimase senza parole. Aveva un ricordo molto vago di quella donna e in fondo al cuore non capiva perché suo padre la temesse. Dopotutto era solo una fragile fanciulla.
-Voglio che te ne occupi personalmente. Partirai immediatamente e andrai all'Antico Tempio.-
-Sì, padre. Ma non temete. Sono sicuro che la troverò ancora immersa nel sonno a cui l'avete condannata.-
-Lo spero per te e per il tuo regno, Neferius. Ma se così non fosse, portala qui da me. Stavolta mi assicurerò che il suo sonno non venga turbato mai più.-


***



Quando riacquistò coscienza, Biancaurora ebbe la sensazione di aver dormito per interi decenni, tanto il suo corpo le appariva intorpidito. Nonostante la profonda stanchezza, si costrinse ad aprire gli occhi.
Appena ebbe liberato la vista dagli ultimi resti del sonno, il panico la travolse. Non si trovava più nell'angusto stanzino del teatro, ma in una grande sala illuminata da una luce fioca. Questo fatto, però, passava in secondo piano, perché quello che l'atterriva maggiormente era qualcos'altro. Il suo corpo era intrappolato all'interno di una teca trasparente. Da come luccicava doveva essere di cristallo o, pensò tremando, addirittura di diamante.
Presa dalla smania di liberarsi, sollevò il busto mandando in mille pezzi la preziosa trappola. Stupita notò come i cocci anziché ferirla scivolavano lungo il suo corpo come gocce di rugiada. Ne prese uno tra indice e pollice senza riuscire a comprenderne la consistenza.
Quando provò ad alzarsi dal suo giaciglio, avvertì di nuovo quella profonda stanchezza. Allarmata si chiese quanto tempo avesse dormito e, soprattutto, chi e come l'avesse condotta in quello strano luogo. Guardò l'orologio e costernata vide che era trascorsa appena mezz'ora da quando la professoressa Stortoni aveva invitato gli allievi a provare i costumi di scena.
Forse era ancora all'interno del teatro, pensò guardandosi intorno. O forse stava semplicemente sognando.
-Non state sognando, mia Raljica.-
Una voce impalpabile interruppe il silenzio in cui era avvolta. Biancaurora cercò la fonte di quel rassicurante suono. Prima a destra, poi a sinistra. Non c'era nessuno.
-Sono qui, mia signora.-
Biancaurora aguzzò la vista e solo allora potè notare un'ombra proprio davanti a lei. La fioca luce che filtrava dalla finestra la attraversava rendendola quasi invisibile.
-Chi sei?-
-Sono Ableis, la vostra consigliera.-
Biancaurora aggrottò le sopracciglia. Quello doveva essere per forza un sogno. La notte scorsa aveva letto fino a tardi e adesso era crollata.
-Non è un sogno, mia signora. Siete tornata!- affermò gioiosa l'evanescente figura.
-Tornata dove? Dove sono?- chiese esasperata.
-Siete ad Animata, il luogo di cui siete la legittima sovrana.-



Note:

Ciao a tutte! Questo racconto partecipa al Contest "In sei ore" di Vienne e, in attesa di conoscere il risultato, ho deciso di pubblicare il primo capitolo. Poiché il racconto è ultimato, gli aggiornamenti saranno piuttosto rapidi.
Il contest si caratterizza per due limiti: innanzitutto l'intera vicenda deve svolgersi nell'arco di sei ore (non stupitevi quindi dei riferimenti al trascorrere del tempo); in secondo luogo, a ogni partecipante è stato assegnato un oggetto (nel mio caso la maschera).
Spero davvero che la storia possa incuriosirvi e magari anche piacervi.
Al prossimo capitolo,
Agnes.

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Capitolo 2
*** II ***


luce due









La Luce di Animata




Dopo il colloquio con il padre, Neferius scese alle scuderie e, senza dare nessuna spiegazione ai suoi sottoposti, sellò il suo pregiato purosangue e prese a cavalcare verso una destinazione nota solo a lui.
Il popolo non doveva sapere nulla di quella faccenda. Se si fosse anche solo vociferato di un ritorno della loro Rajilica, i Clari sarebbero insorti e Animata sarebbe piombata in una nuova guerra civile.
Suo padre gli aveva affidato le sorti del regno e Neferius non lo avrebbe deluso. Non avrebbe esitato nemmeno un secondo ad eliminare quella donna. E non solo perché ogni parola di Vicious era per lui legge incontestabile, ma anche per garantire l'ordine e la salvezza del suo popolo.
Mentre cavalcava tra la nebbia e le ombre del suo regno, richiamò alla mente la sanguinosa guerra civile che diciotto anni prima aveva diviso Clari e Invidi. Quei due popoli, da sempre pacifici nonostante le reciproche differenze, avevano ridotto Animata a un cumulo di macerie e sangue. E tutto a causa dell'egoismo di quella donna, la Rajilica dei Clari.
Aveva solo ricordi vaghi della sovrana perché a quel tempo era poco più che un ragazzino. Ma ricordava bene lo sguardo caparbio e arrogante che la donna aveva rivolto a Vicious poco prima che il Rajil degli Invidi la condannasse al sonno perpetuo, liberando Animata dal giogo della guerra e dai capricci di quella sciagurata regina.

***

Non stava sognando. Nonostante una piccola parte di lei le bisbigliasse  parole intrise di scetticismo, Biancaurora voleva credere. Forse era colpa della sua ben nutrita fantasia e una persona dotata di maggiore raziocinio avrebbe riso della sua ingenuità. Ma quella grande sala azzurra e la luce soffusa che filtrava dalle finestre le erano familiari. La loro vista le provocava un sussulto, un'eco le cui onde si infrangevano contro le corde della sua memoria per poi tornare indietro beffarde.
-La vostra memoria tornerà integra, mia signora.-
Biancaurora trasalì, dimentica dell'evanescente figura che stava al suo fianco.
-Più tempo trascorrerete qui, più nitidi diverranno i vostri ricordi.-
Un mormorio impercettibile destò l'attenzione di Biancaurora.
-E' il vostro popolo, Rajilica. O quel che ne resta- aggiunse sconfortata.
-I servitori più fedeli sono stati avvertiti del vostro ritorno. Venite con me.-
L'ombra le voltò le spalle e prese a camminare verso l'uscio illuminato, diventando ad ogni passo sempre meno nitida.
Quando furono fuori, Biancaurora guardò incredula lo stupefacente paesaggio che si stagliava davanti a lei.
Un orizzonte infinito.
Questo fu il primo pensiero che la attraversò.
Una distesa d'acqua circondava la struttura in cui si trovava Biancaurora. La ragazza, però, non era affatto convinta che quella sostanza fosse davvero acqua. Aveva tratti sfumati come la nebbia, eppure dava l'idea di potervi camminare sopra.
In lontananza, un sole appena nato emanava una luce rosea che a stento illuminava il cielo nuvoloso. Era l'alba.
-Com'è possibile che sia l'alba, se sono le tre del pomeriggio?-
-Ad Animata è sempre l'alba, mia signora.-
-Da diciotto anni il nostro sole è lì immobile, in perenne attesa di alzarsi sul cielo.-
Un mormorio concitato destò l'attenzione di Biancaurora. Anche quella volta dovette aguzzare bene la vista per riuscire a distinguere delle ombre ai piedi della scalinata. Dovevano essere almeno una trentina di...
-Cosa sono?- domandò d'impulso.
-I vostri sudditi, i Clari.-
-E cosa si aspettano da me?- chiese incerta.
-Per il momento solo un saluto. Più in generale si aspettano la salvezza.-
Biancaurora deglutì nervosa e sollevò appena un braccio in direzione delle ombre. Mosse un po' la mano e, pensando al saluto regale ed elegante di certe regine, si sentì ancora più imbarazzata.
Da come si mossero festose le ombre, però, dedusse che per loro quel saluto impacciato fosse più che sufficiente.
A Biancaurora scappò un sorrisetto sarcastico.
-E' ironico...-
-Cosa vi fa sorridere, mia signora?-
-Non dovrebbe sorprendermi che il mio popolo sia composto da ombre- rispose con tono amaro mentre pensava a come era solita passare inosservata agli occhi del mondo.
-Ma questo non è il reale aspetto dei Clari- spiegò Ableis indicando il suo corpo. -Questo è il risultato della maledizione scagliata dal vostro peggior nemico, il Rajil degli Invidi-
L'eco di un antico astio risuonò dentro di lei quando la donna pronunciò quelle parole.
-Vicious?- domandò senza sapere da quale meandro della sua mente arrivasse quel nome.
L'ombra ebbe un fremito e all'improvviso si fece ancora più evanescente.
-Cosa ti succede?- chiese preoccupata.
-Rajilica, voi non potete sapere. Nessuno pronuncia i nomi delle famiglie reali di Animata. E' un tabù.-
-Ma a me non è successo nulla- constatò la ragazza.
-Perché voi siete la legittima sovrana ed è giunto il momento che il regno torni nelle vostre mani.-
-Ableis sei troppo vaga. Devi raccontarmi tutta la storia- disse con un tono autoritario che non le era mai appartenuto. O forse sì, pensò stranita.
-Vi racconterò tutto- disse l'ombra mentre con un lieve sorriso chinava il capo. -Seguitemi, per favore-
L'ombra tornò dentro la grande sala e Biancaurora la seguì impaziente di ascoltare la storia di quello strano luogo.
-Un tempo Animata era il regno della felicità e dell'equilibrio. Il popolo dei Clari era composto da esseri superiori dotati di un grande intelletto. Gli Invidi, invece, erano puro istinto, dotati com'erano di una forza immensa. Per secoli vissero in perfetta armonia, ponendo gli uni al servizio degli altri le rispettive abilità. Poi saliste voi al trono e tutto cambiò.-
-E' mia la colpa di tutto questo?- chiese Biancaurora sconcertata.
-No, mia signora- la rassicurò Ableis. -Ma sotto la vostra guida, nonostante all'epoca aveste soltanto diciott'anni, i Clari accrebbero i loro poteri e il Rajil degli Invidi iniziò a pretendere sempre di più. Esigeva che condivideste con lui i segreti del nostro popolo e, davanti al vostro diniego, diede inizio a una sanguinosa guerra. Guerra a cui non era possibile porre fine, perché ciascuno dei due contendenti aveva ciò che mancava all'altro. I Clari, per loro natura pacifici e privi di grande forza fisica, avevano tuttavia ottime capacità strategiche; gli Invidi, invece, compensavano il loro carattere impulsivo e avventato grazie al loro innato spirito guerriero.
La guerra era in una fase di stallo quando il Rajil degli Invidi commise la peggiore infamia. Vi tese un'imboscata e con la sua forza bruta vi tolse la maschera, facendola in mille pezzi.-
L'ombra si zittì mentre i suoi occhi trasmettevano a Biancaurora tutto l'orrore che costei provava al pensiero di quel gesto. Quando Ableis capì che la sua regina non avesse idea di cosa significassero quelle parole, si costrinse a chiarire.
-La maschera è il vincolo, Rajilica. Ci mantiene qui ad Animata.-
-Quindi se ora la togliessi, tornerei nel mio mondo?-
Ableis sorrise dolcemente -No, non è così semplice. La maschera deve essere distrutta e per farlo è necessario un grande e intenso odio, un sentimento tanto forte quanto raro, per fortuna!-
-Ad ogni modo, con quel gesto il Rajil vi condannò all'esilio e i Clari, rimasti privi di una guida, divennero ombre, pallido ricordo dell'antica grandezza.
E come se ciò non bastasse, a causa di quell'empio misfatto ai vostri danni venne meno l'equilibrio su cui si fondava Animata. Il nostro regno fu sommerso da una cortina di nebbia e il sole fermò il suo cammino. Animata piangeva così la perdita della sua Rajilica.-
Ableis concluse il suo racconto lasciando disperdere nell'aria la sua voce carica di nostalgia e rimpianto, qualcosa che toccò profondamente l'animo di Biancaurora.
-Ma adesso sono qui- disse questa con tono sommesso.
L'ombra le sorrise mestamente.
-Animata esige di più.-
-Di più?-
-Esige la pace.-

***

Con un gesto secco Neferius costrinse il cavallo a rallentare il passo. Era trascorsa poco più di mezz'ora da quando si era messo in cammino e ne mancava ancora un'altra per giungere all'Antico Tempio. Ma in quella zona era necessario procedere con cautela.
Si trovava, infatti, al Confine tra le terre dei Clari e quelle degli Invidi. Si trattava di un luogo misterioso, talmente carico di nebbia da non vedere nulla ad un palmo dal naso.
Ad Animata si vociferava che in quel luogo si trovassero le anime di coloro che erano periti nel corso della guerra. Spiriti assetati di vendetta, pronti a fare a pezzi viandanti maldestri e rumorosi.
Neferius non sapeva dire se queste voci fossero fondate o meno. Ma in quei diciotto anni numerosi Invidi erano spariti in mezzo a quella foschia e i pochi che erano tornati avevano parlato di forze oscure, qualcosa di così terribile da non poter essere descritto.
Per fortuna Neferius non era uno sprovveduto. Già altre volte era stato costretto ad attraversare il Confine e la sua innata agilità, così come il suo passo felpato, lo avevano salvato da spiacevoli incontri.
Scese da cavallo e, tenendo il suo purosangue per le briglie, prese a camminare tra la foschia, cercando di attutire quanto più possibile i suoi passi.

***

Dalla finestra dell'Antico Tempio, Biancaurora contemplava il suo regno.
Suo...
Si sentiva infinitamente sciocca a pensare che un regno intero potesse appartenerle. Eppure avvertiva un senso di protezione verso quel luogo e una stretta al cuore quando i suoi occhi si posavano su quelle ombre che un tempo dovevano essere state un popolo nobile.
Da pochi minuti Ableis l'aveva lasciata sola. La Guardia Reale aveva insistito per spostarsi in un luogo dove la Rajilica avrebbe potuto nascondersi agli occhi degli Invidi. Ableis, pur non ritenendo ciò necessario, era andata a incontrarsi con i soldati per organizzare la fuga.
Una leggera brezza le scompigliò i capelli cosicché alcune ciocche le coprirono il viso. Quando stava per spostarle, i suoi occhi notarono qualcosa di insolito. Prese una ciocca tra le dita e la osservò con più attenzione. Quelli non erano i suoi capelli. O forse sì, pensò cauta.
Incuriosita, si avvicinò allo specchio posto ad un angolo della stanza. Quando vi giunse, dovette trattenere il respiro per la sorpresa.
Aveva di fronte la donna che circa un'ora prima aveva visto riflessa allo specchio.
Era ancora lei, con i suoi tratti delicati. I capelli erano ancora lisci e lunghi. Il viso aveva ancora quella forma un po' ovale e la bocca sempre sottile. Eppure c'era qualcosa di profondamente diverso che saltava subito all'occhio: i colori.
I suoi capelli erano di uno stupefacente turchese. Le labbra sembravano tinte di un bel rosa tenue. Gli occhi, pur conservando il loro originario castano, emanavano luci rosee e violette. La maschera si era trasformata in una serie di ghirigori dorati che sembravano dipinti intorno ai suoi occhi.
Tutti i colori dell'aurora, contemplò stupefatta.
-Il sole lì fuori non è che una pallida imitazione della vostra bellezza, amore mio.-
Biancaurora si voltò di scatto.
Stavolta non fece molta fatica ad individuare l'ombra che le stava di fronte.
-Chi sei?-
-Envier, mia signora. Capo della Guardia reale- le rispose mentre con un sorriso gentile si inchinava al suo cospetto.
Quel nome le provocò il familiare sussulto interiore.
-Sono venuto a informarvi che a breve ci sposteremo in un luogo più sicuro. Il tempo necessario per predisporre il tutto.-
Nonostante fosse anche lui un'ombra, i suoi lineamenti erano meno evanescenti rispetto agli altri Clari. Così Biancaurora potè notare l'antica bellezza dell'uomo. Doveva avere capelli scuri, forse neri. I tratti del viso erano ben marcati e mascolini. Gli occhi erano scuri e profondi.
-Perché mi hai chiamata in quel modo?-
-Come?- le domandò con falsa ingenuità.
-Amore mio...- sussurrò paonazza.
L'ombra sembrò rattristarsi.
-Quindi è vero, non avete memoria della vostra vita qui...-
-Eppure mi sei familiare- disse senza saper spiegarsi da dove venisse quella certezza.
-Certo che lo sono!- affermò sicuro. -Vi basta sapere, mia Rajilica, che ho trascorso gli ultimi diciotto anni a fissare il cielo.
Il cielo appena illuminato mi ricordava i vostri capelli; la tenue luce del sole il vostro volto e le sfumature rosee le vostre labbra.
Ma ora che vi ho rivista, capisco che quella perenne alba è nulla se paragonata a voi.-
Lo sguardo di Envier si fece carico di desiderio e questo, unito alle parole che le aveva rivolto, la mise a disagio.
-Mi state dicendo che siamo stati innamorati?- domandò ingenuamente.
L'ombra prese delicatamente la mano di Biancaurora e vi poggiò un bacio. Da quella posizione la guardò dritto negli occhi e annuì sorridendo.
Biancaurora trattenne a stento l'impulso di togliere la sua mano da quella dell'uomo. La presa, seppur gentile, sembrava troppo salda. I suoi occhi troppo smaniosi.
-Amore mio...- ripetè l'uomo senza lasciarle la mano.
Quando gli occhi di Biancaurora incontrarono quelli scuri di Envier, inspiegabilmente la sua mente le suggerì un ricordo che non aveva nulla a che fare con l'uomo che le stava di fronte.
La sua mente era occupata da due occhi grigi pungenti e bellicosi, uno sguardo degno di un guerriero.

***

Gli occhi di Neferius erano fissi sull'Antico Tempio. Non poteva entrarvi direttamente come aveva previsto. Lì intorno, infatti, si aggiravano diversi Clari. E non erano Clari qualsiasi, ma la dannata Guardia Reale della Rajilica.
Avrebbe potuto affrontarli tutti. Lo aveva già fatto in passato ed era uscito sempre vittorioso in un corpo a corpo. Quei maledetti riuscivano a spuntarla solo quando ricorrevano a sotterfugi o tendevano imboscate.
Ma Vicious gli aveva dato un incarico ben preciso. Doveva recuperare la fanciulla e nient'altro.
Si nascose tra le ombre e attese.

***

Biancaurora guardò nervosamente l'orologio. Erano le quattro del pomeriggio e da diversi minuti Envier l'aveva lasciata per organizzare la fuga.
Per tutto il tempo in cui era rimasta sola, uno strano malessere l'aveva colpita. Era come se delle onde si infrangessero dentro di lei, provocandole una sensazione di stordimento. Le onde erano i suoi ricordi. Alcuni andavano e venivano dolcemente, mentre altri si rivelavano più impetuosi.
C'erano volti familiari che le riscaldavano il cuore. Ableis era uno di questi. Un volto dai tratti duri, invece, le gelava l'animo. Doveva trattarsi del suo nemico, Vicious. Envier, invece, le provocava sensazioni ambigue, che dalla fiducia passavano a un senso di oppressione.
Ma la sua memoria era dominata da un volto a cui non sapeva dare un nome. Era incorniciato da capelli biondi quasi albini. La pelle era ancora più chiara, se possibile. Un paio di sopracciglia quasi inesistenti sovrastava due occhi grigi intrisi di astio.
Per l'ennesima volta si chiese a chi appartenesse quel volto.
-Non dovete mettervi fretta, la memoria tornerà.-
Biancaurora si voltò in direzione di Ableis.
-Non è molto educato leggere il pensiero senza chiedere il permesso- le disse con un sorrisetto divertito.
-Ma io ho il vostro permesso. Come potrei consigliarvi la via se non avessi accesso ai vostri pensieri?- rispose l'altra un po' sgomenta.
-Venite fuori con me, mia signora. Forse vedere il vostro regno aiuterà la memoria.-
Insieme uscirono dal Tempio e presero a scendere la lunga scalinata che sprofondava nella coltre di nebbia.
-Quindi sei a conoscenza di ogni mio pensiero...- Constatò pensierosa la ragazza.
-Sì, Rajilica. Per esempio so che l'incontro con Envier vi ha turbata e adesso vi state interrogando sui vostri sentimenti per lui.-
-Mi ha fatto intendere che in passato siamo stati innamorati.-
L'ombra sembrò incupirsi.
-Ma nella vostra mente non vedo simili sentimenti.-
-Infatti- si limitò a dire la ragazza mentre la sua mente tornava a concentrarsi sul volto di Envier.
Un attimo dopo una serie di immagini del passato si susseguirono nella sua mente. Potè vedere delle mani dure sui suoi fianchi, qualcosa di indesiderato e irrispettoso. La bocca di Envier si poggiava con forza sulla sua. Gli occhi scuri del giovane la scrutavano con una scintilla quasi maniacale. Il corpo di lui la cercava con cieca ossessione.
-Non l'ho mai amato- concluse sicura e al tempo stesso nauseata per via dei ricordi che avevano attraversato la sua mente.
Ableis annuì seria e subito dopo tornò a scrutarla con attenzione.
-Qualcos'altro vi turba.-
-Sì, si tratta di un volto. Anzi, più che un volto direi un paio di occhi grigi-
L'ombra fu scossa da un tremito.
-I Clari non hanno occhi grigi. Sono gli occhi dei guerrieri, degli Invidi- le spiegò atterrita.
-Ecco perché quegli occhi sono intrisi di astio.-
-Ma nel vostro animo non leggo un simile sentimento- disse Ableis guardandola confusa -Voi...-
Un violento fragore impedì all'ombra di proseguire.
Quando si voltarono, videro due guardie stramazzare a terra e un uomo intento a superarle rapidamente. Bastò poco a Biancaurora per capire che quel gigante dai capelli albini stava camminando verso lei.
Mentre la ragione le urlava di fuggire, il suo istinto la indusse a scrutare l'uomo con più attenzione. Si sentiva inspiegabilmente ammaliata dalla familiare minaccia che quella figura emanava.
Quando si fece più vicino, potè vedere con chiarezza un sorriso malvagio e uno sguardo da predatore che avrebbero dovuto atterrirla. E forse una parte di lei era davvero spaventata. Ma un'altra parte, altrettanto forte e significativa, vedeva quel pericolo come qualcosa di caro, qualcosa che aveva atteso per lungo tempo.
Quando le fu quasi di fronte, vide che era ancora più alto di quanto le era apparso in un primo momento. Il corpo atletico e muscoloso era protetto da metallo e armi e da vicino appariva più minaccioso che mai.
Quella vista la riscosse dai suoi pensieri e le indusse un terrore più che motivato, tanto da voltargli le spalle e provare a fuggire.
All'uomo, però, bastò allungare un altro po' il passo e le fu subito dietro. La agguantò per la vita e, stringendosela addosso, cominciò a indietreggiare.
Mentre si dimenava inutilmente, i suoi occhi incrociarono l'ombra di Ableis.
-Aiutami. Chiama le altre guardie!- urlò disperata.
Ma l'ombra non si mosse e piegò la testa sconsolata.
-Voi volete andare con lui, mia signora. Io lo vedo.-






Note:
Eccomi con il nuovo capitolo! Oggi ho superato un esame e questo è il mio personale modo di festeggiare! ^__^
Ringrazio chi ha inserito il mio racconto tra le seguite e soprattutto le quattro splendide ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo. Le vostre parole mi hanno riempita di gioia e ottimismo! Davvero grazie!
Per chi fosse interessato qui trovate l'altra storia che sto scrivendo: Down in a Hole
Al prossimo capitolo,
Agnes.








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Capitolo 3
*** III ***


Luce 3






Neferius non poteva credere di essere stato così fortunato. Aveva dovuto attendere solo qualche minuto e la stessa Rajilica era venuta fuori dal suo nascondiglio. Aveva affrontato solo due guardie, che si erano accorte della sua presenza quando ormai era troppo tardi. La stessa fanciulla, che ora teneva stretta a sè mentre cavalcava, non aveva fatto praticamente nulla per fuggirgli.
Sentendola tremare contro il suo corpo, non trattenne l'impulso di guardarla. Così abbassò lo sguardo e qualcosa di ciò che vide lo colpì dritto al petto.
Biancaurora...
Non conosceva altro nome per descrivere la bellezza di quel profilo che adesso riusciva solo a intravedere.
Ogni cosa di quel volto emanava luce. Una luce delicata che, anziché accecare il suo osservatore, ne riscaldava l'animo. E lui, così abituato a vivere nell'oscurità, si sentiva profondamente toccato da tale chiarore, delicato e fermo allo stesso tempo.
Nonostante la maschera gli celasse in parte la vista di quel volto, riuscì comunque a scorgere il terrore negli occhi della fanciulla. E questo lo fece sentire malvagio e meschino. Da un lato perché sentiva di disonorare qualcosa di sacro, una preziosa reliquia che avrebbe dovuto proteggere e non annientare. Dall'altro perché tra le sue rudi braccia di uomo teneva stretta una fanciulla indifesa.
Si chiese che fine avesse fatto lo sguardo caparbio e arrogante di un tempo. Forse, pensò turbato, fino a quel momento la sua mente era stata annebbiata dal pregiudizio o, ancora peggio, influenzata dalla volontà del padre.
Nonostante questi pensieri pericolosi, non accennò a rallentare il passo. Il palazzo reale distava dall'Antico Tempio un'ora e doveva tenere quell'andatura se non voleva farsi raggiungere dalla Guardia Reale.
Mentre era assorto nei suoi pensieri, la giovane riprese a dimenarsi con forza. Nonostante il suo esile corpo, riuscì a farlo scivolare sul lato sinistro del cavallo. Di conseguenza Neferius, per evitare la caduta, fu costretto a lasciare la vita della ragazza così da poter tornare in sella.
La fanciulla approfittò di quella distrazione per gettarsi stupidamente a terra.
Orripilato, la vide ruzzolare vicino agli zoccoli del cavallo. Non potè fare altro che attendere che il pericolo passasse, nella speranza che quella sprovveduta non si fosse ferita.
Quando il cavallo ebbe superato quel fagotto steso a terra, Neferius lo costrinse a fermarsi e tornò lentamente indietro.
-Dannazione. Si può sapere cosa ti passa per la testa, stupida ragazza?- chiese alterato, senza sapere bene perché il suo cuore battesse così forte.
Quando vide che la giovane non dava segno di vita, un orribile presagio gli attraversò la mente.
-Biancaurora?-

***

Biancaurora sentì una voce angosciata fare il suo nome. Subito percepì che il suo corpo veniva voltato e il suo capo posto su qualcosa di morbido.
-Biancaurora?-
La ragazza provò il bisogno di rassicurare la voce e di rimuovere da essa qualsiasi nota di apprensione.
Si costrinse quindi ad aprire gli occhi, i quali in un primo momento si mossero senza vedere ciò che avevano di fronte. Poi si posarono su un paio di occhi grigi.
-Neferius- sussurrò Biancaurora, riconoscendo nell'uomo il figlio di Vicious.
Si ricordò di un bambino dai capelli albini che veniva all'Antico Tempio insieme al Rajil degli Invidi. Ricordò anche che, mentre i genitori concordavano scambi tra i due popoli, lei provava a giocare con quel bambino di qualche anno più piccolo. Dapprima distaccato e scontroso, in poco tempo Neferius si era trasformato nel suo compagno di giochi.
Mentre Neferius continuava a fissarla, Biancaurora sollevò una mano e accarezzò una guancia del giovane.
Se in un primo momento sembrò accettare quel gesto, tanto che socchiuse gli occhi e avvicinò la guancia alla mano, un attimo dopo sembrò realizzare la portata di quella carezza e di scatto si scostò da lei.
-Neferius- ripetè con voce rotta.
-Come osi pronunciare il mio nome?- domandò con cattiveria. -Non ne hai diritto!-
A quelle parole un'antica ira la scosse dentro. Biancaurora si alzò, subito seguita dal giovane.
Nonostante il guerriero fosse molto più alto di lei, non si lasciò scoraggiare dalla sua stazza. Sollevò il capo, assottigliò lo sguardo e gli parlò con sdegno.
-Come osi tu, semplice guerriero, pronunciare il nome della legittima Rajilica di Animata?-
Neferius le si avvicinò con fare minaccioso, rivolgendole uno sguardo carico di odio.
-Ora ti riconosco, Rajilica- le disse mentre le labbra si stendevano in un sorriso sarcastico e minaccioso. -Arrogante e superba, come sei sempre stata-
Quelle parole resero ancora più vividi i ricordi di Biancaurora.
La prematura e misteriosa morte dei suoi genitori. La dolorosa ascesa al trono e il costante bisogno di dimostarsi all'altezza, nonostante la sua giovane età. Le pressanti richieste di Vicious e i suoi ricatti senza scrupoli. L'ingenua affezione e il candido attaccamento a due occhi grigi. La guerra, che aveva determinato la fine della pace e di ogni possibilità per quell'amore appena sbocciato.
Se avesse avuto di fronte Vicious, non avrebbe esitato un solo momento a rispondere a tali provocazioni con il medesimo tono sprezzante che le era stato usato. Ma davanti a lei c'era Neferius, il giovane che più di diciotto anni prima le aveva rubato il cuore e non l'aveva mai saputo.
-Hai perso la voce o non riesci a negare la verità?- la stuzzicò compiaciuto.
All'improvviso l'algido sorriso del giovane si incrinò e si trasformò in una smorfia di dolore. Iniziò ad ansimare e portò entrambe le mani sulle tempie. Biancaurora quasi sentì la terra tremare quando Neferius cadde in ginocchio ai suoi piedi. Cacciò fuori un urlo straziante mentre i suoi pugni stringevano invano la fievole nebbia.
-Padre- singhiozzò disperato.
Quando sollevò il capo per prendere aria, Biancaurora intuì subito cosa fosse successo.
La maschera di Neferius, dapprima quasi invisibile, si era trasformata. Le decorazioni erano diventate più fitte e variegate e avevano acquisito il colore dell'argento.
Vicious era morto e Neferius era appena diventato il Rajil degli Invidi.
L'immagine disperata di quel giovane portò con sé nuovi ricordi della sua precedente vita ad Animata, così da poter comprendere lo stato in cui si trovava Neferius. Al dolore per la perdita del genitore si univa quello fisico causato dalla maschera, che mutava per diventare più salda e resistente, degna di un sovrano di Animata.
Biancaurora sentì il bisogno di inginocchiarsi accanto a lui, per consolarlo e rassicurarlo. Ma quando il giovane sollevò di nuovo il capo, Biancaurora fu terrorizzata dai suoi occhi cupi e furibondi.
Si voltò e prese a correre con tutte le sue forze.
Intenta com'era a guardarsi le spalle, non si rese conto del luogo verso cui si stava dirigendo.

***

Neferius era disteso a terra, il corpo ancora scosso da ansiti e mugolii. La pelle intorno agli occhi bruciava come se l'avessero appena marchiato con un ferro incandescente. Ma questo era un fastidio insignificante se paragonato al buco nero che aveva sostituito il suo cuore.
Vicious aveva lasciato Animata mentre suo figlio era lontano.
Il bambino che era in lui piangeva disperato la perdita del padre, gridando a gran voce di ritornare a Palazzo per scoprire la verità.
Il guerriero, invece, voleva rendere onore al padre, adempiendo all'ultimo dovere che gli aveva assegnato.
Prevalse quest'ultima voce, così decise che avrebbe tolto lui stesso la maschera a Biancaurora e l'avrebbe fatta a pezzi.
Lo doveva a suo padre e al suo popolo.
Nonostante il dolore al viso e al petto, si sollevò alla ricerca della fanciulla, che pochi minuti prima aveva osato osservarlo mentre era in preda alle sue sofferenze.
Attonito, la vide correre in direzione di una coltre di nebbia. Quella stupida si stava dirigendo verso il Confine tra i due regni e da come si muoveva era chiaro che non stesse usando la dovuta cautela.
-Biancaurora-
Cercò di gridare il nome della fanciulla ma la sua voce, già di per sé bassa, risuonò ancora più rauca a causa dell'umiliante pianto che lo aveva scosso fino a un momento prima.
Dimentico del cavallo, si mise a correre anche lui. Nell'istante in cui Biancaurora fu avvolta dalle tenebre, l'impulso di fermarla si fece ancora più pressante. In quel momento, preso com'era dai suoi intenti, non si rese conto che a spingerlo verso quel luogo minaccioso non era più la devozione al padre e al suo popolo. Era l'angoscia, un intenso brivido che gli aveva trasmesso l'immagine del corpo lucente di Biancaurora inghiottito dall'oscurità.

***

Un tonfo accompagnò l'ennesima caduta di Biancaurora. Come le volte precedenti, non perse tempo ad alzarsi e continuò ad avanzare con le braccia tese in avanti, nel vano tentativo di cogliere nuovi ostacoli.
La nebbia intorno a lei era talmente fitta da avvolgerla completamente; la foschia talmente densa da impedire ai pallidi raggi del sole di penetrarvi.
Ogni cosa di quel luogo tetro era avvolto da un velo impalpabile e fumoso, così da rendere invisibili agli occhi rami sporgenti, radici e cespugli. E tutte le volte che inciampava o scivolava, non riusciva a trattenere strilli acuti e ansiti angosciati.
Fu quasi sollevata quando finalmente potè scorgere un movimento a pochi passi da lei. La sostanza che ricopriva il suolo era attraversata da increspature, che presero a ingrossarsi sempre di più, fino a superare di parecchi centimentri Biancaurora.
Atterrita, guardò la minacciosa sostanza modellarsi e assumere fattezze umane. Un guerriero dai tratti sfumati, ma non per questo meno crudeli, incombeva su di lei.
Quando finalmente si riscosse dal suo terrore e provò a fuggire, capì che non sarebbe andata da nessuna parte.
Un altro guerriero era posizionato alle sue spalle.
Come guidati dalla stessa volontà, presero a muoversi nello stesso momento. Gli occhi fumosi e il volto privo di sentimenti erano identici, mentre le venivano incontro.
Due mani gelide si posizionarono sulle sue spalle. La presa non era opprimente ma salda e le trasmetteva profondi brividi, come se rivoli di acqua gelida le scivolassero lungo le braccia.
Quando vide il guerriero davanti a lei brandire una spada della stessa sostanza fumosa di cui erano fatti i loro corpi, si dimenò disperata.

***

Gli occhi di Neferius si mossero frenetici sulla scena: due guerrieri dai volti impassibili tenevano imprigionato il corpo di Biancaurora.
Nascosto tra le ombre, l'aveva osservata mentre si muoveva tra la nebbia. Gli era bastato appena qualche minuto per raggiungerla. Anziché rivelare subito la sua presenza, aveva però deciso di attendere un momento più propizio.
Era una menzogna. Ma avrebbe detto e fatto qualsiasi cosa pur di giustificare la sua debolezza.
Quando l'avrebbe avuta davanti, infatti, avrebbe dovuto fare ciò che andava fatto. Per suo padre e per Animata. E sebbene ripetesse a se stesso questo pensiero in maniera ossessiva, i suoi occhi non avevano voluto lasciare quella figura sottile e lucente.
Un fugace sorriso gli aveva increspato le labbra all'ennesima caduta della fanciulla. Un ansito preoccupato gli era sfuggito quando un ramo le aveva graffiato la pelle serica del braccio. Un lampo di tenerezza lo aveva attraversato quando aveva intravisto la sua espressione sperduta.
Erano sensazioni nuove, intense e piacevoli. Ma allo stesso tempo dolorose, perché contrastate dall'astio e dal rancore che lo avevano cresciuto ed educato.
Contrasto, questo, che aveva perso ogni significato quando Neferius aveva visto la minaccia incombere su quella innocente reliquia.
Il suo avventato spirito guerriero annebbiò la ragione e lo spinse ad attaccare le due ombre minacciose, con la spada sguainata e senza alcuna cautela.
Approfittando del fattore sorpresa, Neferius riuscì subito ad allontanare il guerriero con la spada dal corpo di Biancaurora. L'avversario, dopo un attimo di smarrimento, posò i suoi occhi gelidi su di lui e con un sorriso diabolico tentò un fendente ai suoi danni. La sua innata agilità gli consentì di schivarlo, così da provare subito dopo un colpo al fianco dell'avversario. Il colpo andò a segno ma l'ombra sembrò non curarsene e tornò ad attaccare.
In quel momento Neferius pensò alle voci che giravano su quel luogo misterioso. Se davanti a lui c'erano davvero due spiriti, non aveva alcuna speranza di sconfiggerli.
E poiché il guerriero che era in lui non poteva accettare una simile umiliazione, i suoi attacchi si fecero più pressanti e carichi di odio. E ciò non fece altro che peggiorare la situazione: il guerriero rimasto inerme fino a quel momento fu in qualche modo attratto dalla sua tenacia e si unì al combattimento.
Dopo diversi minuti, in cui aveva dovuto difendersi dai colpi perfettamente sincronizzati dei suoi nemici, Neferius iniziò a cedere. La sua difesa era meno salda, cosicché la spada vibrava quando si scontrava con le due gemelle fumose; le sue stoccate meno frequenti e decise.
Poi cadde in un fatale tranello. Con un colpo ben assestato allontanò da sè un avversario; e, quando vide che il petto dell'altro era rimasto scoperto da ogni difesa, tentò un preciso affondo. L'avversario si spostò all'ultimo istante, facendolo sbilanciare in avanti cosicché il suo fianco fosse ben esposto all'attacco dell'altro.
Una fitta gelida lo colpì al fianco, facendolo rovinare a terra.
La vista si fece meno chiara e precisa, così da poter percepire solo vagamente che i due avversari si stavano accingendo a sferrare il colpo finale.
La vista si fece ancora più nebulosa e intrisa di ombre scure. Ma, un momento dopo, quel mondo di ombre fu attraversato da un lampo luminoso. I suoi occhi, come due pellegrini bisognosi, cercarono la fonte di quella luce e, non appena la trovarono, si dilatarono per il calore che infondeva loro.
Biancaurora stava dritta vicino a lui. I suoi occhi erano fissi in maniera minacciosa e decisa sui guerrieri che le stavano di fronte e le rivolgevano sguardi incerti.
-Voi non lo toccherete- ordinò imperiosa.
-Perché non dovremmo farlo?- chiese uno dei guerrieri con voce soffusa ed eterea.
-Perché ve lo comanda la vostra Rajilica- spiegò con tono sprezzante e definitivo, che costrinse le due indomabili ombre a inginocchiarsi al suo cospetto.
-Perdonateci, mia signora. Non conoscevamo la vostra identità né quella del vostro compagno.-
Neferius percepì una sottile mano sulla sua guancia.
-Morirà?- Domandò dura, nonostante la mano stesse tremando lungo il profilo del suo volto.
-No- rispose uno dei guerrieri. -Si riprenderà in poco tempo-
-Bene- rispose la giovane in un sussurro, -Bene- ripetè con più convinzione.
Neferius sentì la carezza farsi più decisa e un senso di piacere lo attraversò.
-Neferius- lo chiamò con voce calda e affettuosa.
I due guerrieri trattennero il respiro e si sollevarono da terra con ferocia.
-Neferius?- disse con un sibilo uno di loro.
-State proteggendo l'erede di Vicious?- domandò l'altro sconcertato.
-Non sono affari vostri- replicò dura mentre si sollevava per fronteggiarli, per ridurli di nuovo ad ubbidienza.
-Non sono affari nostri- ripetè sdegnoso il guerriero.
-Gli Invidi hanno decimato il vostro popolo e noi abbiamo dato la vita per voi, Rajilica-
Quel tono non lasciava spazio a dubbi. A breve i guerrieri si sarebbero ribellati al potere che Biancaurora esercitava su di loro e l'avrebbero attaccata. Questo pensiero destò Neferius dallo stato semicosciente in cui era sprofondato. Si concentrò sulle voci e attese il momento più favorevole per agire.

***

 Biancaurora conosceva l'astuzia dei suoi guerrieri e sapeva bene che si apprestavano a colpire. Quello alla sua sinistra avrebbe allungato un braccio immobilizzandola e con un piede avrebbe bloccato al suolo Neferius. L'altro gli avrebbe inferto il colpo fatale e forse avrebbe risparmiato lei.
Solo il suo smisurato orgoglio le impedì di mettersi a urlare e a singhiozzare.
Non ora. Si ripeteva continuamente. Non ora.
Lui era intervenuto per salvarla, aveva messo la sua vita a repentaglio per lei. Non sapeva spiegarsene la ragione. Ma forse non la disprezzava come le aveva fatto credere poco prima. Forse c'era una possibilità per quell'amore acerbo che in quelle poche ore si era risvegliato.
Voleva sapere se quel forse poteva trasformarsi in qualcosa di certo. E più di tutto voleva che Neferius si salvasse.
Come aveva previsto, uno dei guerrieri mise la pesante mano sulla sua spalla, impedendole qualsiasi movimento.
Potè soltanto abbassare lo sguardo spaventato verso la figura inerme di Neferius. Guardandolo, ricordò di nuovo il bambino imbronciato e il sorriso esitante che era riuscita a strappargli con la sua gioia fanciullesca. Ricordò l'emozione nel sentirgli pronunciare il suo nome. Nessun altro bambino lo aveva mai fatto, perché nessuno a parte lui aveva il permesso. Ed era così bello il suo nome nella voce timida di quel bambino biondo.
-Vi prego, non fatelo.-
Non era momento per l'orgoglio quello. E così lasciò scorrere le lacrime e le preghiere. Quando li vide avvicinarsi ancora di più a Neferius, i suoi singhiozzi si fecero più forti e cacciò un urlo disperato.
Non si rese nemmeno conto dei rapidi movimenti con cui Neferius riuscì a far cadere uno degli avversari. Percepì solo la stretta al polso e qualcuno che la sollevava e se la caricava sulle spalle, dandosi alla fuga.




Note:
Ciao a tutte! Prima di pubblicare questo capitolo ho preferito attendere l'esito del Contest. La Luce di Animata si è classificata al secondo posto. Per me è qualcosa di stupefacente. Anni fa qualcuno mi disse che non ero tagliata per la scrittura e per cinque anni non sono più riuscita a mettere per iscritto i mondi e i personaggi ideati dalla mia fantasia. Grazie a EFP la voglia di scrivere e soprattutto la voglia di mettermi in gioco sono tornate. So bene che il mio stile è ancora acerbo e devo ancora migliorare, ma non è questo il punto. Il fatto è che sono grata di aver trovato un angolo di mondo per la mia fantasia e voglio ringraziare le persone che mi permettono di condividerla con loro, che leggendo le mie storie accettano di 'ascoltarmi'.
Il prossimo capitolo concluderà questo breve racconto.
A presto,
Agnes.

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Capitolo 4
*** IV ***


La Luce 4


















Correva da diversi minuti, ma a lui sembrava un tempo infinito. La ferita al fianco pulsava, trasmettendogli gelidi brividi nelle viscere. Nonostante si dicesse di non rallentare il passo, dovette piegarsi alle esigenze del suo corpo.
Biancaurora, rimasta fino a quel momento immobile, si mosse nervosa.
-Fammi scendere- disse con il familiare tono imperioso.
-Non siamo abbastanza lontani- rispose, rafforzando la presa su quel fragile corpo.
-Neferius, sei ferito e a breve stramazzerai a terra.-
Forse per il tono ragionevole che stavolta aveva usato, forse per la verità delle parole, Neferius la mise giù, proprio davanti a lui.
Gli occhi, arrossati a causa del pianto, sembravano scrutare ogni angolo del suo viso. La vista del suo volto le provocava sollievo, era evidente. Sfortunatamente non era altrettanto chiaro il motivo.
-Non hai più fretta di allontanarti?- domandò ironica.
La guardò duro e poi riprese a camminare, superandola.
Non potè trattenere un sorrisetto quando sentì i suoi piccoli passi affrettarsi per raggiungerlo.
Dopo qualche minuto riconobbe il luogo in cui si trovavano.
-Qui vicino c'è una caverna, nascosta dal fogliame e dalla nebbia. Ci nasconderemo lì fino a quando non mi sarò ripreso. Non posso affrontarli in questo stato.-
Affrettò il passo e, vedendola arrancare in difficoltà, le prese il sottile polso per aiutarla.
Stavano camminando da un po', quando di sfuggita la vide sospirare mentre guardava il polso rimasto libero.
-Cos'hai?-
-Sono quasi le 18:00.-
-E quindi?- domandò impaziente.
-Tra un'ora e mezza inizia lo spettacolo.-
-Non vedo spettacoli da più di vent'anni- considerò a voce alta suo malgrado. -Di che spettacolo si tratta?-
-E' una tragedia: Romeo e Giulietta.-
-Non la conosco.-
-Narra la storia d'amore tra due giovani appartenenti a due famiglie nemiche fra loro- spiegò, lanciandogli una fugace occhiata carica di imbarazzo.
-E tu impersoni questa Giulietta?-
-Oh, no!- disse rattristata, -Sono solo una comparsa, in realtà. Però ci tenevo a vederla.-
-E' così bella questa tragedia?- domandò incuriosito davanti all'espressione rapita della giovane. Questa gli rivolse un sorriso timido e, dopo aver annuito lievemente, tornò a parlare.
-Cos'è un nome? Ciò che chiamiamo rosa,
con qualsiasi altro nome avrebbe lo stesso profumo,
così Romeo, se non si chiamasse più Romeo,
conserverebbe quella cara perfezione che possiede
anche senza quel nome. Romeo, getta via il tuo nome,
e al suo posto, che non è parte di te, prendi tutta me stessa.-
Aveva pronunciato i versi di quella tragedia con voce chiara, senza mai guardarlo in viso. Arrivata agli ultimi versi, però, si era voltata verso lui e aveva parlato con maggiore decisione.
Getta via il tuo nome...
Se il suo nome non fosse stato Neferius e se quella fanciulla non si fosse chiamata Biancaurora, si sarebbe subito invaghito della sua bellezza e della sua tenacia. Forse l'avrebbe anche amata.
Gli occhi luminosi della giovane lo guardavano interrogativi ma, poiché non seppe trovare una risposta alla domanda che sembravano porgli, interruppe il contatto visivo e continuò a camminare.
-E' davvero bella- si limitò a dire.

***

La caverna era immersa nel buio, fatta eccezione per un fievole fascio di luce che penetrava dall'alto. Se fosse stata sola, non vi avrebbe mai messo piede. Ma Neferius le trasmetteva un sorprendente senso di protezione.
Lo guardò mentre a fatica si sedeva contro la parete rocciosa. Le scappò un sorriso amaro. Se avesse saputo cosa provava per lui, si sarebbe offeso e infuriato.
Eppure, pochi minuti prima sembrava smarrito davanti ai versi di Shakespeare. E, cosa ancora più importante, l'aveva salvata dai due guerrieri.
Doveva capirlo e per farlo avrebbe dovuto costringerlo ad aprirsi.
-Neferius.-
-Dimmi.-
-Perché mi hai salvata?-
-Non dovevo farlo?- domandò irritato.
-Perchè l'hai fatto? Immagino che Vicious ti avesse incaricato di mandarmi via da Animata o magari di uccidermi. Perché non hai colto l'occasione?-
-Non pronunciare il suo nome- la interruppe con voce aspra mentre si alzava in piedi e la raggiungeva, rimanendo a pochi passi di distanza.
Erano proprio sotto l'esiguo fascio di luce che illuminava la caverna. Ora Biancaurora poteva vedere l'espressione tirata del suo volto e l'ira lampeggiare negli occhi grigi.
-Perché, Neferius?- sussurrò senza smettere di guardarlo.
-Leva la maschera- le ordinò.
-Perché?- domandò, mentre gli occhi e la voce tradivano la sua incertezza. Ableis le aveva detto che la maschera era il vincolo. Se Neferius l'avesse spezzata, lei sarebbe tornata in esilio.
-Biancaurora, leva la maschera- le ripetè inflessibile.
-Tu non lo farai.-
-Ne sei sicura?- domandò con un sorriso tirato, quasi malvagio.
-Sì. Tu non mi odi- rispose sollevando il mento e guardandolo dritto negli occhi.
-Allora fallo. Leva la maschera e mettila nelle mie mani.-
In quegli occhi grigi non vi era odio, ma dolore e diffidenza. In ogni caso, Biancaurora si disse che vivere ad Animata come sua nemica sarebbe stato troppo doloroso per lei. E così decise di fidarsi.
Con mano tremante fece scivolare la maschera dal suo volto. Si avvicinò lentamente e la lasciò nella grande mano che le porgeva.
Poi fece un passo indietro e alzò il mento con espressione dura, in attesa.
Neferius la scrutò per un tempo che sembrò infinito. Dopo si portò la mano libera alla tempia e tolse la sua maschera.
Con la stessa lentezza esasperante lasciò cadere le due maschere ai suoi piedi e le rivolse un'occhiata indecifrabile, quasi si sentisse vulnerabile ed esposto.
Lei gli sorrise esitante e senza rendersene conto si ritrovò ad accorciare le distanze.
Fu naturale ritrovarsi abbracciati. E altrettanto naturale fu avvicinare le labbra e scambiarsi un bacio, che da lento e appena accennato si fece più profondo ed esigente.
 
***

Il corpo di Biancaurora si stringeva sempre di più a lui. Ma per Neferius non era mai abbastanza. Gli appariva sempre troppo distante e lontana. Ma, allo stesso tempo, temeva che se l'avesse stretta troppo avrebbe potuto ferirla.
La schiena che accarezzava gli appariva troppo delicata; le braccia che lo stringevano troppo fragili. E quelle labbra morbide e dolci erano il dono più prezioso, qualcosa che sentiva di non meritare davvero.
Aprì gli occhi per spiare l'espressione rapita del volto mentre lo baciava. Inaspettatamente anche lei sollevò le palpebre e la luce dei suoi occhi lo colpì dritto al petto, rubandogli il respiro.
Si separò da lei, senza mai smettere di stringerla.
-Getterò via il mio nome, se è questo che vuoi- le promise sicuro.
Lei scosse la testa.
-Non importa il tuo nome. Ma prendi tutta me stessa- rispose mentre le labbra si dischiudevano in un meraviglioso sorriso.
-Tutta- mormorò poco prima di baciarla.
Stese il suo mantello a terra e vi fece distendere Biancaurora. Si mise accanto a lei e le accarezzò il volto come a volerla rassicurare.
Si chinò a baciarla e lasciò scorrere la mano sul suo corpo.
La spogliò con calma e, a ogni tratto di pelle che scopriva, tratteneva il fiato e la baciava con sempre più trasporto. Quando la sentiva tremare le sorrideva rassicurante, mormorandole parole d'amore. E il sorriso fiducioso che lei gli regalava ogni volta gli dava la forza di proseguire.
La fece sua lentamente e, quando la sentì trattenere il fiato per il dolore, le baciò la guancia e le disse di amarla.
Poi fu inevitabile perdersi nel piacere.

***

Il petto di Neferius si alzava e abbassava secondo il ritmo imposto dal respiro. Biancaurora, con il capo posato su di esso, sentiva i battiti del suo cuore. Un suono che le trasmetteva una tale quiete da farle tenere gli occhi chiusi.
-Sarebbe tutto perfetto se non ci fosse tutta questa luce- mormorò, portandosi un braccio sul viso.
-Biancaurora, apri gli occhi- la esortò lui con voce emozionata.
La ragazza aprì lentamente gli occhi, che tornarnono subito a socchiudersi quando vennero colpiti da un intenso raggio di sole. Si sollevò e sorpresa vide lo splendore in cui erano immersi.
La caverna adesso era attraversata da fasci di luce e le pareti, costellate di minerali dalle forme più varie, catturavano quel bagliore per riflettere luccichii cangianti, che dal rosa si trasformavano in ambra e poi nell'azzurro più intenso.
-E' come se mi fossi perso nei tuoi occhi- mormorò incredulo Neferius.
Biancaurora lo guardò raggiante e, indossato frettolosamente l'abito, si alzò e corse fino all'uscio della caverna.
Lo spettacolo fu stupefacente.
Il sole era alto nel cielo e i suoi raggi sembravano divorare la nebbia che avvolgeva Animata. Il suolo riacquistava il suo naturale colore rosa; gli alberi e tutta quanta la flora tornavano al loro aspetto rigoglioso e lucente. Ed era sicura che, in quello stesso momento, Ableis e tutti i Clari stavano recuperando le loro antiche sembianze.
Quando sentì le mani di Neferius intorno alla vita, si appoggiò al suo petto e, in silenzio, contemplarono per qualche altro minuto la trasformazione del loro Regno.
Poi Neferius si accostò lentamente al suo viso.
-Animata festeggia il ritorno della sua Luce.-
Biancaurora scosse la testa con dolcezza e si voltò verso di lui.
-No, amore mio. Festeggia l'equilibrio, la pace tra i nostri popoli.-

***

-Vuoi ancora tornare al tuo spettacolo?-
Si erano distesi di nuovo sul mantello di Neferius e ora lui la teneva stretta a sé. A quella domanda, lei sollevò il capo e lo guardò stranita.
-No.-
-Allora perché continui a guardare l'ora?-
-Pensavo che in poco meno di cinque ore la mia vita è cambiata per sempre.-
-Ti mancherà quel luogo?-
Biancaurora scosse la testa convinta.
-Io non appartengo a quel mondo. Lì è tutto così duro, aspro- cercò di spiegargli in evidente difficoltà. -Ogni cosa mi feriva, persino l'aria mi risultava spigolosa. La gente andava e veniva, piena di impegni e doveri. Io, invece, me ne stavo sempre ferma, in ombra. Nulla di quel luogo mi era familiare.-
-Eppure quando hai pronunciato quei versi eri radiosa.-
Gli rivolse un sorriso carico di tristezza, trasmettendogli tutta la solitudine che doveva aver provato in quegli anni di esilio.
-Quello era il mio rifugio, la via di fuga. I versi, la lettura...-
Neferius non potè più sopportare quell'espressione malinconica e la strinse a sè nella speranza che questo fosse sufficiente a cancellarla.
-Non mi hai detto come finisce quella tragedia.-
Le ricordò mentre la scioglieva dal suo abbraccio e tornava a guardarla.
Avvenne tutto molto rapidamente.
Neferius vide il terrore negli occhi di Biancaurora. Cogliendo il pericolo si mise all'in piedi e, presa la spada, ne cercò la fonte.
Erano in cinque e non avevano più le sembianze di ombre. La Guardia Reale dei Clari li aveva circondati.
Quando lo attaccarono, non si fece trovare impreparato. Da subito cercò di sfruttare la sua potenza fisica per compensare l'evidente inferiorità numerica. A renderlo più combattivo, poi, c'era quel barlume di felicità che Biancaurora aveva acceso in lui.
Non ora. Si ripeteva mentre combatteva. Non ora.
-Fermatevi- sentì singhiozzare Biancaurora.
-Ho detto di fermarvi- gridò infuriata e minacciosa.
Miracolosamente i suoi sudditi la ascoltarono e, benché continuassero a circondarlo e a puntargli contro la spada, rimasero fermi.
-Neferius è il vostro Rajil e non lo attaccherete- ordinò mentre la sua voce tremava per il pianto e la rabbia.
I soldati sgranarono gli occhi sorpresi, ma non impiegarono molto tempo prima di capire il significato di quelle parole.
Stavano tutti abbassando le spade per rendere onore al nuovo Rajil, quando il loro capo li fermò con un gesto.
-Come avete potuto, Rajilica?- domandò con voce carica di disprezzo. -Ci avete traditi. Mi avete tradito-
-Io non ti devo nulla, Envier. Tu, invece, devi rispetto ai tuoi sovrani- disse più imperiosa che mai. -Abbassate le spade, soldati-
I soldati ubbidirono, permettendo così a Biancaurora di avvicinarsi a lui.
-Amore mio, come stai?- domandò carezzandogli il petto e il volto con mani tremanti.
Neferius stava per risponderle, quando vide Envier chinarsi e prendere un oggetto tra le mani.
Trattenne il respiro mentre, scostando repentinamente Biancaurora, cercò di raggiungere il suo nemico per impedirgli quel terribile atto.
Ma era troppo tardi. Envier spezzò la maschera di Biancaurora con un gesto secco.
Neferius fermò la sua corsa. Si voltò indietro e raggelato vide il corpo di Biancaurora cedere e scivolare lentamente su se stesso.
La Luce di Animata, la sua luce, era andata perduta.

***

Quando recuperò coscienza, non ebbe bisogno di aprire gli occhi per capire che era tornata. Lo avvertiva dall'aria che pungeva la sua pelle, dagli odori troppo aspri e dalla luce troppo forte che penetrava attraverso le palpebre.
Sapeva di non aver sognato. Sapeva di non appartenere a quel luogo. Ma sapeva anche che non sarebbe più tornata ad Animata.
Strinse gli occhi per impedirsi di piangere e, aprendoli, si ritrovò davanti la sua immagine riflessa.
Non c'era più alcuna luce in lei. Era tornata ad essere un'ombra.
Qualcuno bussò alla porta.
-Chi c'è qui dentro? Lo spettacolo sta per iniziare.-
Si alzò a fatica e aprì la porta dello stanzino.
-Ah, Aurora,- la salutò una sua compagna. -La professoressa ci vuole parlare-
Biancaurora la seguì ancora stordita. Colse le parole della professoressa solo di sfuggita.
-...Quindi le comparse del ballo si mettano tutte qui di lato.-
Come un automa si mosse insieme agli altri.
-Biancaurora dov'è la tua maschera?- domandò irritata la professoressa.
-Perduta- mormorò desolata.
-Vi avevo detto di fare attenzione- la rimproverò spazientita.
-Comunque, ora non abbiamo tempo. Ti metterai dietro ai tuoi compagni e non ti si noterà nemmeno.-
Lo spettacolo iniziò secondo l'orario previsto. Biancaurora colse in maniera distratta la presentazione della professoressa e la voce monotona del compagno che introduceva la vicenda.
Stava immobile in un angolo, circondata dalle voci eccitate delle sue compagne.
Conclusa la terza scena, arrivò il momento per Romeo e Mercuzio di fare il loro ingresso alla festa da ballo dei Capuleti, seguiti da alcune Maschere. Tra queste anche Biancaurora.
Si posizionò sul palco e rimase immobile, mentre i compagni recitavano le loro parti.
Quando un violento fragore scosse l'attenzione di tutti, Biancaurora rimase ferma al suo posto. Nemmeno quando udì dei pesanti passi e vide un'ombra gigantesca oscurare i suoi compagni, osò sperare.
-Dove sei Biancaurora?-
Le lacrime iniziarono a scendere lungo il volto nell'istante stesso in cui riconobbe la sua voce calda e rauca.
Fece qualche passo per superare i suoi compagni e gli andò davanti senza smettere di tremare.
Non lo credeva possibile. Ma lui era lì, proprio davanti a lei.
-Neferius-
-Non ho trovato altro modo, amore mio. Mi sono stati concessi pochi minuti per salutarti.-
Il significato di quelle parole le tolse il respiro.
-Resta con me. Almeno tu, resta con me.-
Neferius scosse la testa lentamente.
-Siamo così egoisti da lasciare il nostro regno senza una guida?-
Biancaurora si coprì il volto continuando a piangere.
-Qui non c'è spazio per me.-
Sentì le mani di Neferius posarsi sulle sue spalle e stringerla a sé, contro il suo petto.
-Stavolta non dev'essere un esilio. Devi vivere davvero questa vita che ti è stata concessa. Non sarai una pallida ombra nè un flebile ricordo della donna che ho conosciuto. Sii tenace, amore mio. Ricorda chi sei, quanto vali. Porta Animata qui in questo mondo.
Splendi per me, mia Luce-
Trattenendo le lacrime sollevò il capo verso Neferius.
-Te lo prometto- disse decisa, nonostante il tremore alle labbra.
Neferius la strinse ancora di più a sè e si chinò a baciarla.
Fu un bacio brusco, rapido. O forse durò un'eternità, solo che a lei sembrò comunque troppo poco.
Con un sospiro Neferius si separò da lei e indietreggiò lentamente.
Mentre con la maschera si copriva il volto, Biancaurora vide qualche lacrima percorrergli le guance.
-A presto, amore mio.-
E scomparve in un lampo di luce.





Fine.




Ed eccoci arrivati alla fine di questo racconto. Spero che vi sia piaciuto e non vi abbia lasciate deluse. Normalmente preferisco lasciare ciò che scrivo alla libera interpretazione di chi ha voglia di leggere. In questo caso però tengo molto a parlarvi de La Luce di Animata e del significato che ho voluto dare alle Sei Ore narrate.
Con La Luce di Animata ho tentato di elaborare un racconto allegorico, caratterizzato da due livelli narrativi.
Il primo livello è un racconto fantasy vagamente ispirato al Romeo e Giulietta. Oltre alle vere e proprie citazioni ci sono diversi richiami all'opera shakespeariana. Mi riferisco soprattutto ai sentimenti di Neferius per Biancaurora( Più volte si riferisce a lei come una sacra reliquia e poi utilizza la metafora della luce e dell'aurora che vorrebbe essere un rinvio alla scena del balcone).
Il secondo livello esprime il significato profondo del racconto. La storia di Biancaurora narra il disagio e il senso di estraneazione che questa ragazza così sensibile vive nella realtà quotidiana, così da cercare riparo nella lettura.
Animata, quindi, rappresenta proprio il mondo dell'interiorità. Se nel mondo reale Biancaurora è una ragazza anonima che passa inosservata, ad Animata è una figura splendente. Anche per questo c'è il continuo contrasto tra Luce e Ombra/Nebbia.
Il viaggio ad Animata rappresenta l'occasione per una riflessione su se stessa e per la sua crescita. Così assistiamo al progressivo recupero dei ricordi e cioè alla presa di coscienza del suo effettivo valore. Per riprendere le parole finali di Neferius, Biancaurora deve imparare a portare Animata, ovvero la sua interiorità, nel mondo reale.
Grazie di nuovo a tutti coloro che hanno dedicato del tempo a me, a Biancaurora e a Neferius.
A presto(?!),
Agnes.





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