Quella bestia non è il mio Papà.

di Roberta e Chery
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dolore e lacrime. ***
Capitolo 2: *** I Gemelli Diversi. ***
Capitolo 3: *** Grazie ragazzi. ***
Capitolo 4: *** Papà mi aspetta. ***
Capitolo 5: *** L'istinto mi ha portato a proteggerti. ***



Capitolo 1
*** Dolore e lacrime. ***


Un'altra scarica di dolore percorse il mio corpo.
Un'altro paio di lacrime rigano le mie guance.
Altri urli di dolore.
Mia madre mi guardava terrorizzata, immobile. Lasciava che io soffrissi per non soffrire anche lei. Che vigliacca.
Basta, non ce la facevo più. Dovevo scappare da quell'inferno.
Mio padre mi teneva stretta a contiuava a picchiarmi, ancora e ancora.
Cercai di divincolarmi ma peggiorai solo la situazione.
Uno schiaffo, ancora più potente di tutti gli altri mi colpì in piena faccia. Un urlo straziante uscì dalla mia gola e mia madre si tappò le orecchie piangendo.
Mio padre, invece, ridendo, continuò a torturarmi.

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Capitolo 2
*** I Gemelli Diversi. ***


Mi ero appena svegliata dopo una lunga e dolorosa nottata.
Andai davanti allo specchio della mia camera a una lacrima rigò la mia guancia quando vidi che il mio viso era ricoperto da una grande macchia viola. Uno dei tanti lividi.
Tastai leggermente la parte ferita e mi piegai in due dal dolore. Poi sentii un dolore ancora più acuto sul fianco.
Alzai la maglia e vidi che il mio corpo era ricoperto da lividi e contusioni. Andai silenziosamente in bagno e mi sciacquai la faccia bagnando leggermente anche le parti viola.
Tornai in camera zoppicando, il fianco mi faceva troppo male.
Presi una felpa viola e un jeans nero, mi pettinai i capelli, mi lavai i denti e mi coprii il capo con il cappuccio, nessuno doveva vedere quei lividi.
Presi la cartella -o almeno quello che ne rimaneva- e mi avviai silenziosamente giù per le scale.
Stavo per aprire la porta, quando mi sento bloccare in una gelida stretta il braccio.
«Mary, se solo ti azzardi a parlare di questa notte con qualcuno...» Lasciò la frase in sospeso, sapeva che avevo capito. Mi limitai ad annuire silenziosamente.
Mi lasciò andare il braccio e mi spinse fuori sbattendo la porta alle mie spalle. Mi incamminai verso la scuola, persa nei miei pensieri. Io volevo andare vi da lì, ma come potevo farlo? Ero solo Mary, il giocattolo di mio padre. Lui si divertiva a massacrarmi, a uccidere la mia autostima... il mio orgoglio. All'improvviso accanto a me passarono tre ragazzi e mi guardavano parlottando tra di loro. 
Quando mi passarono accanto uno dei tre mi strattonò schiacciando sul fianco ferito. Caddi a terra in preda al dolore e i tre scapparono. Dondolavo dal dolore e lacrime amare uscivano dai miei occhi. Di lì passava un gruppo di quattro ragazzi. Mi preparai a essere derisa come al solito ma subito mi corsero incontro per aiutarmi.
«Hei, stai bene? Tutto ok? Sei ferita?» Mi chiese quello biondo dai capelli lunghi.
Scossi il capo, negando. Non riuscivo a muovermi, il fianco pulsava ancora violento. 
«Vieni, ti aiutiamo noi.» Mi disse l'altro biondo con i capelli a spina. 
Mi limitai ad annuire, avevo il fiato spezzato dal dolore.
Mi sollevarono e mi aiutarono a mantenermi in piedi.
«Cosa ti è successo?» Mi chiese quello dai capelli lunghi e neri.
«Quello che mi succede tutti i giorni. Non perdete tempo con me, io sono insignificante, mi farete una brutta reputazione, vi crederanno dei perdenti.» Dissi tutto d'un fiato. Mi si avvicinarono tutti e quattro e mi porsero contemporaneamente le loro mani dicendo:
«Piacere, noi siamo i Gemelli Diversi. Tu come ti chiami?»
«M-Mary» balbettai. Quello con i capelli mi si avvicino e mi disse sorridendo:
«Francesco. E loro sono Emanuele, Luca e Alessandro.» Mi disse indicando prima quello con i capelli lunghi e biondi, poi quello con i capelli biondi a spina e infine quello con il berretto rosso.
Sorrisi ai quattro ma poi mi scossi subito dicendo:
«Scusatemi, scusatemi. Io.. io non volevo. Perdonatemi, vi prego.» Dissi scappando via. Non volevo rovinargli la reputazione, li avrei avuti sulla coscienza e io avevo già abbastanza problemi di mio. 
Arrivai in ritardo in classe e il professore mi rimproverò mettendomi il ritardo sul registro. Mi andai a sedere in fondo all'aula, pronta a seguire un'altra giornata scolastica piena di insulti e prese in giro.
Francesco, Emanuele, Luca e Alessandro non li vidi più per quel giorno.
Bene, avevano cambiato facciata anche loro, come tutti in fondo.

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Capitolo 3
*** Grazie ragazzi. ***


Sentii sbattere forte contro a porta della mia camera e sentii la voce roca di mio padre urlare:
«Mary! Vuoi uscire a mangiare o no?! Se non esci subito saranno guai per te!»
Aprii terrorizzata la porta e mi avviai in cucina scansandolo.
Si sedette a capotavola sbattendo la sedia ed io intimorita mi sedetti accanto a mia madre. Mangiammo con un silenzio tombale e poi me ne andai in camera chiudendo nuovamente la porta a chiave. Era così che passavo i miei pomeriggi, sdraiata sul letto, a piangere.
Stavo per uscire quando sentii mia madre urlare e mi misi in ascolto:
«No! Non andare. Lasciala stare!»
Iniziai a tremare a feci ciò che mi diceva l'istinto.
Aprii la finestra e mi arrampicai sul ramo della quercia che era piantata accanto alla mia finestra.
Scesi lentamente dall'albero e mi misi a correre. 
Non potevo sopportare ancora altro dolore!
Correvo a occhi chiusi e sentivo il vento gelido sbattere contro la mia faccia bagnata dalle lacrime. 
All'improvviso le mie gambe cedettero e il fianco ricominciò a pulsare di nuovo. Avevo ancora il viso coperto per non far notare al mondo il mio stato. 
Ero seduta in un angolo della strada, con le gambe strette al petto e piangevo...
«Hai bisogno di aiuto?» Mi chiese una voce familiare.
Alzai lo sguardo e vidi Luca, il ragazzo con i capelli biondi a spina che avevo incontrato quella mattina. Questa volta però era solo, non c'erano Francesco, Emanuele e Alessandro con lui.
«Mary!» Disse sorpreso. Tornai con la testa fra le gambe sperando che se ne andasse. Non avevo bisogno della sua compassione... o forse si?
Sentii che si sedette accanto a me e mi abbracciò. Affondai la testa nel suo petto, senza pensare che quello che era seduto accanto a me era un perfetto sconosciuto. Di lui sapevo solo il nome. Mi strinse ancora più forte e iniziò a accarezzarmi la schiena.
«Cosa ti è successo?» Mi chiese.
Non gli risposi, abbassai solo il cappuccio mostrandogli il mio viso. Sgranò gli occhi.
«Chi è stato?» Chiese.
«Mio padre.» Risposi e ricominciai a piangere.
Lui mi strinse forte e appoggiò la testa sui miei capelli.
Rimanemmo in quella posizione per ben due ore e io piansi tutto il tempo.
«Dai, vieni con me. Ora chiamo gli altri e ti facciamo divertire per un pò. Ok?» Disse sorridendo.
Annuii con il capo e lui prese il cellulare. 
Mandò un messaggio agli altri tre dicendo di incontrarsi davanti al bar 'Crazy Cafè'.
Nel frattempo mi fece sedere e io gli spiegai tutta la situazione. Era la prima volta che mi confidavo con qualcuno. Mi sentivo ... al sicuro.
«Mary.. Ora ci siamo noi con te. Ti proteggeremo noi, non devi preoccuparti.» Mi disse infine ma io negai con la testa sconsolata. Non potevano proteggermi, il mio destino ormai era scritto, dovevo solo soffrire, non c'era via d'uscita.
«LUCA!» Sentimmo urlare e ci voltammo di scatto vedendo arrivare Emanuele, Francesco e Alessandro.
Feci per alzarmi il cappuccio ma Luca mi bloccò la mano impedendomi di farlo. Quando i tre arrivarono rimasero impalati vedendomi seduta allo stesso tavolo con Luca.
«Ciao..» Dissi timidamente coprendomi il livido con la mano.
«Mary! Che bella sorpresa!» Urlarono tutti insieme e poi guardarono Luca.
«Bé, perchè ci hai chiamati?» Disse Emanuele.
Luca si avvicinò a me e mi tolse la mano dal viso, scoprendo il mio viso tumefatto.
All'improvviso mi ritrovai con quattro paia di occhi che mi guardavano il viso, tre sorpresi e uno addolorato.
«Cosa è successo?» Sussurrarono Emanuele, Francesco e Alessandro.
Raccontai loro la mia storia e all'improvviso mi abbracciarono stringendomi a loro.
«Sapete, nessuno mi ha mai abbracciata in vita mia. E' una bella sensazione.» Gli dissi.
«Mary, ora ci siamo noi. Noi saremo tuoi amici. Di noi ti puoi fidare, ti vogliamo bene.» Mi disse Emanuele.
E come al solito, cominciai a piangere ma per la prima volta in vita mia per la felicità.
Avevo trovato quattro amici che mi volevano bene.

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Capitolo 4
*** Papà mi aspetta. ***


«Mary, forse è meglio se torniamo a casa. Si sta facendo buio.» Mi disse Luca.
«No!» Quasi urlai.
«Perchè?» Mi chiese confuso.
«Mio padre. Mi ucciderà, sono scappata di casa.»
«Cosa? No, non succederà! Ti accompagniamo noi!» Disse deciso.
Negai con la testa, non potevo chiedergli una cosa del genere.
Luca passò una braccio sulle mie spalle e su quelle di Emanuele e ci avviammo verso casa, verso il mio inferno.
Quando arrivammo di fronte al giardino di casa, feci cenno ai quattro di rimanere lì, non li avrei fatti venire.
Loro... non dovevano vedere. Alzai il cappuccio e mi avviai a passo lento in casa. Loro fecero per raggiungermi ma io entrai in casa prima che potessero seguirmi. 
Mio padre era seduto a tavola e non mi guardava. Mi madre pregava il rosario a bassa voce.
Corsi in camera mia senza dire una parola e mi chiusi la porta alle spalle, mi affacciai alla finestra e vidi Luca, solo, seduto davanti alla porta di casa mia. Cosa ci faceva ancora qui? 
«MARY!» L'urlo di mio padre che era entrato in camera mia mi fece girare di scatto. Lo guardai terrorizzata e lui mi scaraventò sul letto. Cominciò a buttarmi schiaffi su schiaffi sul viso e io cominciai a urlare da dolore... e dal terrore. Urlavo, mi dimenavo ma non cambiava nulla. 
Poi un urlo che non proveniva nè da me, nè da mio padre e nè da mia madre mi salvò la vita.
Luca era lì, sull'uscio della mia porta, che guardava infuriato mio padre.

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Capitolo 5
*** L'istinto mi ha portato a proteggerti. ***


Un tonfo e il corpo di mio padre per terra furono le ultime cose che vidi e sentii. E poi i sensi mi abbandonarono.
Quando aprii gli occhi tutto era confuso, nulla era al suo posto.
La testa mi girava vertiginosamente e il corpo mi doleva furente.
Una leggera pressione sulla mia mano mi fece voltare e mi ritrovai con due occhi marroni fissi nei miei. Mi guardava intensamente, con un leggero sorriso sulle labbra.
«Luca» Sussurrai.
«Hei, ti sei svegliata. Come ti senti? Ti fa male la testa? Senti dolore da qualche parte?» Iniziò a farmi un sacco di domande e io cercai di fermarlo, non stavo capendo niente.
«Hei, hei. Shh, calma. Sto bene, non ti preoccupare.» Sorrisi accarezzandogli una guancia. Poi notai l'ambiente: Era tutto bianco e pieno di macchine, tubi... e aghi!
«Dove siamo?» Chiesi confusa.
«In ospedale... Ma non ti preoccupare, guarirai in fretta! Le infermiere hanno già iniziato a curare i lividi e gli ematomi, hai sbattuto la testa procurandoti un leggero trauma cranico ma si sta assorbendo in fretta, non c'è da preoccuparsi.»
«Dov'è?» Chiesi solo. La mia non era preoccupazione che mio padre si fosse fatto male, che gli fosse successo qualcosa. Non riuscivo a provare questo tipo di sensazioni nei suoi confronti.
La mia era ansia che sbucasse da un momento all'altro eche mi facesse del male, solo questo.
«Lui è al secondo piano. Ha una gamba rotta e 4 costole incrinate. Mary... io... Vorrei dire che mi dispiace per quello che gli ho fatto ma mentirei. Io... io... Vederti lì, nelle mani di quel bastardo, torturata fino allo sfinimento, senza nessuna speranza, abbandonata al dolore e qualcosa dentro di me è scattato. L'istinto mi ha portato a proteggerti, il mio cuore volevo solo vedere un sorriso su quel volto straziato dal dolore.» Concluse abbassando gli occhi sulla sua mano appoggiata dolcemente sulla mia. Il mio cuore batteva a mille, un sorriso nacque sul mio volto e una lacrima rigò la mia guancia.
«Grazie» Sussurrai avvolgendo le mie braccia al suo collo e affondando il viso nel suo petto.
Posizionò una mano dietro la mia testa e l'altra sulla mia schiena e mi strinse a sè, rafforzando la presa del nostro abbraccio. Non so per quanto tempo rimanemmo così ma ricordo solo che mi riaddormentai, cullata dalle sue braccia e riscaldato dalla forza di un nuovo sentimento a cui non sapevo ancora dare un nome.


 

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