The End 2

di evilck
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Suicune…vedo…cosa vedo? Una prateria, il vento scuote l’erbetta verdeggiante che ricopre quella vasta distesa di terreno. L’orizzonte è così lontano, la felicità…quella non sembra lontano, sembra che quel posto risplenda di una luce divina, il sole scalda ma il venticello gelido proveniente da nord raffredda l’atmosfera in un modo quasi tranquillizzante; la vista si perde tra quei fili d’erba, in quella distesa di serenità senza confini dove i pensieri volano al ritmo del vento, l’umidità che sento sulla pelle, che mi sfiora il viso sembra viva! Poi, sento una voce provenire dal mio cuore, una voce che conoscevo bene, che mi tranquillizzava ogni volta che irrompeva nella tranquillità dei miei pensieri: “Ck, è ora di andare!” Ero coricato sull’erbetta che dolcemente accarezzava i miei capelli e tutto il mio corpo rilassandomi dopo un qualsiasi incontro di Pokemon, girai il capo e posando lo sguardo sulla zampa azzurra pensai a ciò che avevo vissuto con lui! Alzando lentamente lo sguardo ammiro tutta la sua maestosità, ritto sulle sue fiere zampe pronto per un nuovo incontro!

Jotho: Goldenrod City

Salgo di corsa le scale, l’ascensore è troppo lento e poi è troppo affollato per i miei gusti, devo trovare quella persona che mi ha chiamato, ormai tra Kanto e Johto i contatti sono stati persi da tempo, due anni fa molte cose inspiegabili erano accadute, si era pensato a qualche catastrofe naturale o sovrannaturale ma poi tutti si sono ricreduti, ora qualcuno è riuscito a farsi vivo da quel luogo disperso dal resto del mondo, la cosa deve essere grossa, Team Rocket o qualche associazione criminale deve aver manomesso i contatti tra i due mondi, molti conti non mi tornano…Continuando a pensare arrivai finalmente alla piazzetta in cima al Centro Commerciale, il mio informatore mi avrebbe aspettato lì, come diceva la soffiata anonima di poco tempo prima!
Mi sedetti in un tavolino appartato, come mi aveva indicato lui precedentemente ordinai una gazzosa, avrei preferito una birra o qualcosa di più alcolico, ma lui mi aveva dato come unico segno di riconoscimento quello “Ordina una gazzosa!” mi aveva detto poco prima di chiudere la chiamata! Mentre il cameriere si avviava verso il bancone un ragazzo avvolto in un pesante cappotto, che quasi gli nascondeva il viso, si avvicinò a me sfiorandomi leggermente la spalla mi guardò in viso e si sedette di fronte a me: “Ok…se vuoi prendere una birra fa pure ti ho riconosciuto!” Sembrava quasi ci fossimo sempre conosciuti, la confidenza che aveva con me non mi sorprendeva affatto, ora dovevo parlare di lavoro: “Ok…Lei è fuggito da Kanto quindi…” Prendendo tra le mani il mio calice di Gazzosa che avevo ordinato prima ridacchiò e scotendo il capo lo bevve in un solo sorso: “Non c’è altro modo di scappare dall’inferno se l’inferno stesso ti espelle!” Quelle parole mi fecero rabbrividire, il mondo, cioè Johto, non era pronto a tali dure parole, non sapevo cosa mi avrebbe rivelato quell’uomo ma di certo non sarebbero state favole per bambini! “Ho vissuto sulla mia pelle cose peggiori delle torture dell’inferno, se solo provassi a raccontarle al mondo nessuno mi crederebbe!” Forse pensava che io gli avrei creduto, ma su questo si sbagliava “Lei è un genio, è un mendicante molto astuto, ma non vi pago da bere per sentirmi raccontare storielle da bambini, sono una giornalista io non una credulona, ha prove concrete di ciò che afferma?” Mi stavo alzando per andarmene lontano da quel bar e da quel cantastorie quando lui mi afferrò per un braccio e guardandomi negli occhi sussurrò: “Non faccia scenate in pubblico, se vuole vedere prove concrete mi segua e le mostrerò ciò che non può nemmeno immaginare!” Per il mio scoop avrei fatto di tutto, seguii quello stano ragazzo, che zoppicando e appoggiandosi alla parete mi condusse fino all’ascensore, entrammo insieme, lui selezionando il piano dei sotterranei si appoggiò alla parete metallica dell’ascensore ansimando e socchiudendo gli occhi farfugliò: “Se non ci sbrighiamo molto probabilmente non potrò dirle nulla!” Il suo viso sudato ed affannato mi faceva paura, non stava bene, si vedeva chiaramente, ma non capivo cosa avrebbe voluto mostrarmi in quelle condizioni! Arrivammo anche all’ultimo piano sotterraneo, e le porte si aprirono, barcollando fece un passo e cadde rovinosamente a terra, mi abbassai per soccorrerlo, gli presi un braccio ma, quando feci per rialzarlo sentii “No…” Poi insistendo per aiutarlo chiesi: “Come stà? Devo chiamarle un dottore?” La sua risposta su alquanto spaventosa: “Vapooorion!” Sentendo quel verso mollai il suo corpo a terra, controllando poi le pulsazioni mi accorsi che era morto! Ero così agitata che ripresi l’ascensore e urlando scappai fuori dal centro commerciale correndo senza meta per le vie di Goldenrod
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Jotho: Ruins of Alpha

Ck, ti vuoi sbrigare o vuoi rimirare l’orizzonte per tutta l’eternità?” Ero lì da più di un’ora, l’odore che si respirava in quel luogo era magnifico, pensavo al mio amore lontano, Crystal, il mio amore impossibile, lei aveva Morty e non potevo pensare di ostacolare la loro storia senza fine, dovevo decidere cosa fare, affrontare la lega di Kanto o lasciar perdere e tornare a Ecruteak city da lei… “Ck, non fantasticare di nuovo su quella ragazza! Lei ha occhi solo per Morty , e poi sei più giovane di lei…” Quella frase del mio Pokemon mi riportò alla dura realtà, lei mi considerava solamente un amico e null’altro! Mi levai in piedi e richiamai Suicune come vendetta per avermi sottratto dal mondo dei sogni e poi mi misi in cammino verso Violet City! Era moltissimo tempo che avevo tagliato i contatti con la civiltà, due anni senza vedere nessuno per poter allenare in solitudine Suicune ed i miei Pokemon, ora ero pronto per la Indigo League! Entrai in città fiero come Suicune, recandomi al Pokemon Center mi capitò di passare di fronte ad una vetrina di un negozio di televisioni, la folla si accalcava alla vetrina, forse trasmettevano qualcosa di molto importante, mi avvicinai alla vetrina facendomi spazio tra la folla: “Queste strane foto sono state rilevate ieri pomeriggio da un nostro operatore grazie ad una soffiata anonima di dubbie origini, il cadavere dell’uomo-Vaporeon verrà al più presto esaminato dalle autorità per…” Non diedi peso a ciò che diceva al Tg, i soliti casi che in seguito vengono smentiti…nulla a cui dare peso! Mi avviai verso il Pokemon center a far curare i miei Pokemon pensando ancora a Crystal, non potevo immaginare cosa mi avrebbe aspettato a Kanto però una cosa la sapevo, volevo che si realizzasse a qualunque costo, avrei vinto la lega e sarei tornato vincitore dalla mia Crystal…

Jotho: Goldenrod City: torre Jotho TV

“Come puoi dire che quello era il tuo informatore!” L’urlo del capo era rimbombato in tutto l’edificio, si aspettava da me uno scoop sul futuro di Kanto e invece avevo procurato uno scoop sensazionale alla nostra televisione rivale, uno sbaglio imperdonabile per un imperialista come lui. L’uomo-Vaporeon, lo voleva lui, non era stato a contatto con lui però, essere soli con un mutante in uno scantinato è stato terribile: “Erika, ora te ne andrai a Kanto,e non tornare senza il materiale per uno special sulle condizioni di quel luogo, voglio uno scoop da battere quegli stolti di League Tv, non tornare senza di ciò, non sarai accettata!” Scesi le scale lentamente, da quando ero uscita da quello studio le immagini di quel mutante mi erano rimaste impresse nella mente restando quasi inerte a ogni stimolo esterno era come mi fossi richiusa in una dura scorza come i Foretress, i miei colleghi vendendomi passare inerte al centro della stanza mi chiamavano, tentando di ottenere una mia risposta, i pensieri del mio futuro mi spaventavano ma avrei dovuto affrontarli per portare a compimento la mia carriera di giornalista!
Quel pomeriggio andai in un tranquillo bar vicino al Casinò, sorseggiando un the per tentare di calmarmi e pensare seriamente alla mia spedizione cominciai a disegnare qualcosa sul mio taccuino…disegnare anche semplici schizzi mi aiutava a liberare il meglio di me stessa, pensai che, se tutti i collegamenti via terra erano stati bloccati, l’unico modo per arrivare a Kanto in tempi accettabili sarebbe stata quella aerea, gli elicotteri che sovrastavano la torre della TV sarebbero stati utilissimi, l’unico guaio era convincere il capo. Due velivoli sarebbero bastati, uno per il personale e l’altro per le apparecchiature, avremmo dovuto però richiamare alcuni allenatori esperti da tutto il continente, qualsiasi cosa si nascondeva in quel luogo, senza una buona dose di allenatori non saremmo riusciti a difenderci! Avevo pensato a tutto, finii quell’interminabile lattina di the e, entusiasta corsi alla torre per riferire i miei progetti ai miei superiori!

Johto: praterie interne / Goldenrod City 

“Corri, Suicune, corri!” Il mio progetto era quello di correre a Goldenrod a fare compere e, poi, fare visita a Crystall, sicuramente sarebbe stata felice di sapere che avevo conquistato tutte le otto medaglie necessarie per partecipare alla lega di Kanto! Stavamo correndo parallelamente alle rotaie del supertreno, riuscivo a malapena a distinguere le sommità dei palazzi della grande città presto saremmo stati a Goldenrod!
Entrammo di soprassalto nella caotica città, le città di Jhoto, anche le più affollate, erano caratterizzate dalla correttezza dei suoi abitanti. Scesi dal mio Pokemon e lo richiamai nella sua Pokeball, avrei pranzato e poi sarei andato al Centro Commerciale, un programmino tranquillo se non fosse stato per la ressa che si accalcava davanti al ristorante. Mi avvicinai per capire il motivo di tanta confusione, il ristorante era nella parte bassa di un palazzo totalmente occupato dalla sede di una televisione molto rinomata: “ scusate perché…” Il ragazzo non mi fece finire la frase ed indicando una locandina appesa al muro mi zittì  L’opportunità era assai ghiotta, avrei potuto ottenere il viaggio gratis e, per lo più l’opportunità di apparire in televisione. Mi feci spazio tra la folla schiamazzando ed agitando le mani: “La scelta degli allenatori è finita, sono arrivato io!” Mi avvicinai allo sportello per le iscrizioni: “Ragazzo con quali Pokemon vorresti partecipare?” Mi chiese l’inserviente che, stupito dalla mia irruenza, mi guardò storto: “Typlosion, Ampharos, Umbreon, Skarmory, Tauros  e…” Esitai un attimo prima di dire il nome del mio sesto Pokemon “… Suicune!” Spalancando gli occhi a quella mia affermazione rispose con tono ironico: “Si, e io sono un Jynx!” Io afferrai la Pokeball di Suicune e la lanciai verso l’alto, aprendosi lasciò cadere sulle zampe il possente leggendario: “Un volgare Ditto!” Rispose sempre più indispettito l’inserviente. “Suicune parla al suo cuore, dì qualcosa!” Il mio Pokemon voltandosi al lato opposto bofonchiò e sfiorando la Pokeball col muso ci rientrò. Tutti gli allenatori cominciarono a ridere di gusto, dovevo andare a Kanto in un modo o nell’altro: “cacciate fuori questo buffone!” Ordinò il segretario alla sorveglianza che, prendendomi per le braccia mi stava sbattendo fuori senza alcun ritegno. In quell’istante vidi che l’ascensore si stava aprendo ed alcuni allenatori insieme a una donna dai capelli lunghi e biondi stavano entrando in quest’ultimo per salire, mi disarcionai dai due gorilla della sorveglianza e, con uno scatto felino, piombai nell’ascensore mentre le porte stavano per chiudersi!
“Ti sembra il modo di entrare in un ascensore pieno di gente?” Mi rimproverò la giornalista, non ribattei, aveva ragione la mia entrata in scena aveva scombussolato un poco i loro piani, arrivati all’ultimo piano mi accorsi che la giornalista con due allenatori dovevano salire sull’elicottero, erano loro i candidati! In un primo momento venni intimato di non salire sull’elicottero poi, mentre i due velivoli si stavano alzando in volo un istinto primordiale prese il mio corpo, corsi verso il velivolo della giornalista e, aggrappandomi alla parte dell’elicottero che ancora poggiava a terra. Il velivolo prese quota ed io entrai nello scompartimento del personale, la giornalista si alzò in piedi di scatto e con un urlo sorpresa disse: “Che ci fai tu qui?” Sorrisi e mi misi a sedere vicino a lei, sapevo di essere in un mare di guai ma dovevo arrivare a Kanto in un modo o nell’altro e quella era l’unica opportunità che avevo! Passarono i minuti e nessuno dava cenno di voler parlare, ero abbastanza stanco e quei sedili erano molto comodi, chinai in capo e mi appallottolai il più possibile su quei soffici sedili di pelle, le mie palpebre cominciarono a scendere, senza neanche accorgermene mi assopii cullato dal ritmo delle pale dell’elicottero!

* * *
Vai Mareep, attacco fulmine!” Ero su un traliccio della torre radio di Goldenrod, il generale di più alto rango del Team Rocket che aveva occupato l’edificio, ora lo avevo di fronte, in una sfida di Pokemon per scoprire chi l’avrebbe spuntata, avrei dovuto vincere a tutti i costi se volevo liberare la città da quei farabutti di Team Rocket! “Houndoom, usa l’attacco fuocobomba!” Una potentissima bomba di incandescente fuoco stava per colpire il mio Mareep, quando con un balzo il mio Pokemon evitò l’attacco del maligno Pokemon del generale, un potentissimo fascio di elettricità colpì allora Houndoom che non incassò molto bene l’attacco cadendo a terra stordito: “Maledetto! Houndoom vai, usa un attacco sgranocchio!” Il suo Pokemon con una corsa tentò di avvicinarsi al mio per addentarlo quando Mareep venne avvolto in una luce fortissima, si stava evolvendo, quando la luce si diradò e Houndoom era abbastanza vicino al mio Pokemon per colpirlo, Flaffy lo colpì sotto al mento con un possente tuonopugno scaraventandolo dal lato opposto del traliccio: “Houndoom, vai!” Ogni volta che il capo dei Rocket diceva quella frase il suo Pokemon si rialzava ritto sulle zampe come se non fosse ancora stato ferito: “Flaffy, usa il tuo tuonopugno di nuovo!” Non avrebbe potuto continuare a resistere, Flaffy stavolta colpì in pieno stomaco il Pokemon che dopo essersi appallottolato dal dolore cominciò a rigurgitare un liquido viola: “Oh, merda!” Imprecò il generale: “Ora te la vedrai brutta!” Il Pokemon si levò barcollando sulle zampe, aveva uno sguardo diverso, i suoi occhi si erano gonfiati e fatti più rossi del sangue, dalle fauci colava una bava viscida, come se qualche demonio avesse preso possesso del suo corpo. Con una corsa velocissima colpì il mio Pokemon con un attacco incornata, facendolo volare sopra di lui, mentre Flaffy cadeva su di lui, Houndoom lo attendeva a fauci aperte, una volta caduto tra le sue fauci infionzò i suoi aguzzi canini nel corpo del mio povero Pokemon che piangendo chiamava aiuto, tentai di richiamarlo ma ogni volta Houndoom si parava davanti al fascio d’energia che serviva per richiamare Flaffy, era spacciato, il mio povero Pokemon cominciava anche a sanguinare, il sangue sembrava rendere felice quel Pokemon senza cuore, sembrava godere della sofferenza del mio Flaffy, non poteva essere un Pokemon normale! Ero impietrito di fronte a quella scena, non sapevo più cosa fare, se non fosse stato per Suicune che, in quel momento uscì spontaneamente dalla Pokeball, Flaffy sarebbe morto. “Ck, ti vuoi sbrigare a salvarlo?” dicendo questo Suicune sputò un potentissimo geloraggio congelando Houndoom, richiamai Flaffy in tempo e Suicune per vendetta fece ingurgitare allo spietato Pokemon del generale un’idropompa probabilmente mettendo fine ai suoi giorni! Il generale indifeso scappò dalla torre lasciando i cretini dei Rocket senza guida, dopo poche ore a Goldenrod non si vedeva più nemmeno una “camicia nera”!

“Come può essere che non riuscite a stabilire un contatto con l’eliporto di Saffron city?”
“Mi spiace, avevamo previsto che una volta arrivati sul territorio di Kanto le trasmissioni sarebbero riprese, forse siamo in una zona d’ombra ma….” Spaventata ribattei: “Ma..?” Sospirando, preso da un’agitazione, totale il pilota finì la frase: “Non riesco a contattare ne Goldenrod, ne nessuna città di Kanto o di Johto!” Shockata caddi sul mio sedile, eravamo soli senza nessun’aiuto e abbastanza carburante per tornare indietro. Ad un tratto sentii dei cinguettii disperati, sembravano Pidgey, guardai dal finestrino…uno stormo di Pidgey e Pidgeotto ci stava venendo addosso! “Allacciate le cinture, sto effettuando delle manovre diversive!” Ci allacciammo le cinture senza preoccuparsi del ragazzo clandestino che, stava dormendo da quando eravamo partiti, le brusche manovre scossero tutto l’elicottero senza turbargli il profondo sonno in cui era caduto, l’allenatrice che avo scelto personalmente, la figlia maggiore di mia sorella emanò un urlo di disgusto, era seduta vicino al finestrino e aveva notato tracce di sangue sul suo vestito: “Guarda, i Pidgey si stanno schiantando contro il finestrino!” Tutti i piccoli uccellini si stavano spappolando contro l’elicottero e, il finestrino semi-aperto vicino alla ragazza faceva trapassare alcune gocce del loro sangue all’interno dell’elicottero! “Guardate quel Pidgeot!” Urlò il ragazzo che, nel mentre, si era svegliato: “Se si schianta contro il nostro elicottero salteremo in aria!” Non aveva tutti i torti, era grossissimo e ad un’elevata velocità avrebbe potuto far scattare qualche cortocircuito facendoci esplodere in aria!Se avesse distrutto l’elicottero su cui eravamo saremmo morti tutti, e se avesse centrato l’altro…Un fortissimo boato ed un’esplosione aerea, un’immensa luce e calore, il Pokemon aveva centrato l’elicottero che guidava Henry: “ Amore, no!” No non poteva avermi tolto l’amore più grande della mia vita, quel dannato Pokemon no. Non vidi più nulla di fronte ai miei occhi solo buio!

* * *

L’attacco di quei Pokemon era finito, su quell’elicottero c’era il fidanzato della giornalista mi disse Casey, Erika, la giornalista era sua zia, lei ed Henry sarebbero dovuti convogliare a nozze a servizio ultimato. Cercammo di calmarci e di svegliare Erika che era svenuta dallo spavento, era inutile tentare di contattare qualcuno, i ripetitori erano stati abbattuti da chissachi e non potevamo più tornare indietro, il carburante di riserva era bruciato insieme all’elicottero esploso.
Passò mezzora e il carburante era agli sgoccioli, il pilota tentò di fare retro front, per tentare almeno di arrivare a New Back Town dove o a Mogany Town, ma all’incirca sopra la Victory Road il motore si spense e planando in un modo spettacolare il pilota ci fece schiantare dolcemente nelle profondità della montagna

Note dell'autore: finalmente la mia prima fic decente, scusate se pubblico prima The End 2 che The End 1 ma siccome la prima è orribile dovrei riscriverla e risistemarla, comunque fino al capitolo 6 si dovrebbe capire tutto senza aver letto la prima parte comunque fatemi sapere com'è^^

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Capitolo 2
*** capitolo 1 ***


Eravamo entrati nelle profondità della Victory Road con l’elicottero che, per fortuna, non era esploso. Ora il problema era uscire da quella grotta sotterranea piena di insidie e di Golbat, il buio avvolgeva i nostri tentativi di uscire dalla carcassa dell’elicottero indenni, del pilota non c’era alcuna traccia, la facciata del velivolo era squarciata dall’impatto con la fragile crosta di terreno soprastante e lui doveva averci rimesso la vita: “Stiamo calmi!” Tentò di rassicurarci Erika con voce ancora più impaurita di tutti noi, uscimmo dall’elicottero, prima io poi Casey e in seguito Erika e Tom, l’allenatore scelto personalmente da Erika sembrava avere sulle spalle molta più esperienza di me e di Casey, era più “vecchio” di me di qualche anno. Guardammo in alto, attraverso l’irraggiungibile fessura lasciata dall’elicottero, era sera, il cielo ero pieno di stelle che illuminavano a malapena la grotta, accendemmo un fuoco per riscaldarci dall’umidità della grotta e per vedere qualcosa all’interno di quest’ultima, dato che nessuno mi conosceva passammo alle presentazioni : “Io mi chiamo Ck, vengo da New Bark Town, sono un allenatore di Pokemon, volevo venire a Kanto per la lega, ma visto come sono andate le cose era molto meglio rimanere a Johto!” Casey annuì sorridendo della mia affermazione e guardandomi negli occhi disse: “Io invece sono Casey Elebuz, ho quindici anni e sono la figlia della sorella di Erika, in pratica lei è mia zia! Sono anch’io un’allenatrice di Pokemon partita da New Bark Town però tre anni prima di te!” Alzando il capo d’ ammezzo alle gambe Tom disse: “Io mi chiamo Tom, ho diciassette anni, ho iniziato da Pallet Town cinque anni fa, sono figlio di Margi, ovvero nipote del grande Gary!” A quella affermazioni rimasi impietrito, forse anche sua madre era rimasta vittima di ciò che era successo a Pallet, che si era portato via anche Gary, qualcosa di misterioso al quale solo Oak si era salvato. Toccava ora a Erika presentarsi, ma il dispiacere le rende quasi impossibile parlare: “Sono una giornalista della Johto TV, ho diciannove anni e mi sarei dovuta sposare fra qualche mese con Henry se oggi quel Pidgeot non si fosse schiantato contro il suo elicottero!” In quel momento cominciò a piangere e singhiozzare fra le braccia di Casey. Passammo la notte, ognuno facendo un turno di guardia, non avevo ancora mostrato loro ne il mio Suicune ne l’Umbreon di Gary, non potevo sapere come avrebbe reagito Tom alla notizia, l’indomani sarebbe stata una dura giornata ed era meglio riposarsi anche per me che avevo dormito durante il viaggio!

Il mattino seguente sentii il canto di alcuni Dodrio selvatici e mi destai dal mio sonno, vedendo che gli altri aspettavano solo me mi infilai lo zaino e mi misi in marcia, Erika aveva una cartina di quella grotta, il nostro intento era quello di salire sull’Indigo Plateau per chiedere aiuto al Concilio Prismatico formato dai cinque campioni assoluti della lega di Kanto e di Johto, loro non potevano negare un aiuto a consanguinei di Johto!

Uscimmo in fretta da quel cunicolo buoi e umido ma la sorpresa fu tale da indurci a ritornare indietro, un immenso canale di acque torbide divedeva i due continenti, il ghiaccio viola circondava quell’immenso canale, il letto originario sarà stato largo venti metri, il ghiaccio lo rendeva più di trenta, lo spazio di transizione era circondato da altissime “siepi” di filo spinato con torrette come nei campi militari, impossibile da trapassare! Il luogo sembrava abbandonato, l’unico modo per arrivare a Johto era oltrepassare quell’orribile zona di desolazione, massimizzai la Pokeball di Suicune e la lanciai: “Suicune purifica le acque di questo canale di scolo!” Ordinai al mio Pokemon che con un lunghissimo balzo si ritrovò a camminare sulle acque del torrido fiume, Suicune iniziò a brillare usando il suo potere per purificare il canale, sotto gli occhi increduli dei tre che non avevano mai visto un Suicune, sembrava che funzionasse ma una improvvisa ondata di melma schiacciò Suicune sott’acqua, vidi la terribile scena dalla riva, Suicune lottava per venire a galla mentre la viscosa melma che aveva riempito il fiume lo stava soffocando, poi perdendo i sensi, l’acqua divenne torbida come prima, venne portato a valle dalla corrente: “Suicune, no!” Urlai disperato tentando di seguirlo, ma quando il fiume si inabissò nelle profondità del terreno mi fermai a rimirare quella fessura che mi aveva portato via Suicune! “Ck…non preoccuparti si salverà!” Sentii una calda mano sulla spalla, girai il volto e vidi che era Casey, non volevo che vedesse le lacrime sui miei occhi, mi asciugai il viso col la manica del maglione che indossavo e mi avvicinai al gruppo: “Ck dobbiamo andare all’Indigo, diamoci una mossa, forse là sanno dove sbocca questo fiume!” Annuii trattenendo il mio dispiacere e, incamminandoci verso l’entrata del Villaggio della Lega diedi un ultimo sguardo al punto dove avevo perso di nuovo Suicune. Entrammo, sembrava tutto tranquillo, tutto troppo tranquillo. Non che fosse il periodo dei tornei, ma nessuno si aspettava una tale tranquillità in un caotico villaggio come quello. Non sembrava che ci fossero persone, potevamo percepire solamente i nostri affannosi respiri ed il leggero vento puzzolente che proveniva dalla viscida acqua di quel canale! Ad un tratto sentii un verso echeggiare dalla parte dove scorreva il fiume putrido “Mar”. Vagamente sembrava un verso di un Pokemon, ma in quelle putride acque cosa poteva viverci? Casey e Tom massimizzarono due delle loro Pokeball, Erika da buona giornalista estrasse una piccola fotocamera digitale che teneva nella borsa tracolla: “Tenetevi pronti a tutto, sento puzza di guai!” Disse sospirando Tom . Io presi la Pokeball di Umbreon, in fin dei conti era il Pokemon più addestrato che avevo, anch’io tremavo non sapendo cosa ci fosse in quel canale, ma non lo davo a vedere. Avanzammo verso l’entrata del primo stadio sempre tenendo lo sguardo fisso sulle acque del fiume che ribollivano, entrando chiudemmo il portone, era chiaro che non c’era nulla di normale in quel luogo, era stato abbandonato da tempo, la galleria che portava allo stadio di ghiaccio era intrisa di ragnatele e polvere, entrammo nel campo di ghiaccio, il primo luogo dove i Pokemon e gli allenatori si davano battaglia, un urlo echeggiò di nuovo nell’aria “Giiii” Alzammo lo sguardo verso le tribune, il verso arrivava da lì, un Pokemon, o qualcosa del genere stava ritto sulle sue zampe nel piatto della sacra fiamma del Moltres, che simboleggiava il torneo ufficiale della Lega Pokemon, aprì le fauci e guardando verso il cielo sputò un alito di fuoco.

Con un salto chilometrico atterrò davanti a noi: “Marrrr” Ringhiò l’essere, a quel punto mandai Umbreon e Casey mandò Raticate, Tom invece rimase immobile a fissare quell’essere. Era alto poco più di un metro e mezzo, il suo corpo rosso brillava di un’intensa luce, gli artigli lunghi e ben affilati che aveva sulle zampe anteriori sembravano unghie di donna, il suo vis era totalmente coperto da ciuffi di pelo azzurro lungo, quasi fossero capelli umani ed i suoi intensi occhi azzurri stonavano con tutto il resto. “Mamma!” Sospirò lentamente Tom, Casey afferrò il ragazzo per un braccio e portando i suoi occhi a contatto con i suoi disse ad alta voce: “Ti sei bevuto il cervello?” Poi trascinandolo con forza dietro a lei, ordinò: “Raticate, Iperzanna!” Il suo Pokemon stava per scagliasi contro quell’essere quando lui afferrò i suoi denti con un mano e sollevandolo con forza spezzò i due incisivi del Pokemon di Casey facendolo cadere a terra con la bocca insanguinata. Alla vista di ciò la ragazza tentò di avvicinarsi al suo Pokemon per accarezzarlo ma la fermai bruscamente, quella “cosa” non era un Pokemon qualsiasi, era qualcosa di pazzesco, l’avrebbe di sicuro uccisa. La creatura non stanca di infierire sul Pokemon gravemente ferito lo afferrò per i baffi e, portandolo all’altezza delle sue fauci cominciò una pratica di tortura molto dolorosa, con una fiammata voleva arrostirlo. Mentre Erika stava filmando l’accaduto ed il mostro era occupato con il Raticate di Casey urlai: “ Via di qui!” Tutti cercammo di raggiungere l’uscita opposta, mentre stavamo correndo Erika si fermò e guardando in dietro vide che Tom era ancora immobile davanti al mostro che, dopo aver scaldato a sufficienza Raticate lo stava addentando ancora agonizzante: “Tom, sbrigati!” Lui con aria imbambolata rispose: “No, rimango qui con la mamma!” Era chiaro che si era rincoglionito, come poteva riconoscere sua madre in un tale mostro? Afferrai Erika per la camicia e la portai insieme a me e a Casey, disperata per il suo Pokemon, nel cunicolo che portava al secondo stadio. Chiusi la porta dello stadio di ghiaccio e ci fermammo tra uno stadio e l’altro a prender fiato, cosa era accaduto a Kanto? “È chiaro che qualcuno ha manomesso i codici genetici di quel Pokemon, la cosa strana è che Tom ha riconosciuto Margi, sua madre, in quel mostro, a dire in vero, quegli occhi li avevo già visti da qualche parte…” Declamò, respirando affannosamente, Erika. Poi sentimmo un urlo umano, era Tom, un urlo di sofferenza, aveva dato il colpo di grazia anche a lui! Di certo , quell’essere non poteva essere battuto con un normalissimo Pokemon, la sua ferocia era pari solo alla sua forza e alla sua crudeltà! Speravo fortemente che ci fosse in giro solo lui, non avremmo potuto affrontarne uno nemmeno in tre, ora che eravamo in due a possedere i Pokemon era impossibile tenergli testa.

I pochi attimi di calma vennero rotti da alcuni rumori, qualcosa o qualcuno stava correndo sopra il cunicolo di lamiera dove ci trovavamo noi in quel momento, poi, con possenti rumori provenienti dall’alto capimmo che qualcuno stava prendendo a pugni la lamiera che formava il tetto, forse la creatura ci aveva individuato. Cominciammo a correre in direzione dell’entrata del secondo stadio quando, con le sue acuminate unghie femminili di una robustezza paurosa, squarciò il soffitto del cunicolo entrando di soppiatto: “Mar!” Ringhiò l’essere, la sua potenza sembrava oltrepassare la forza di quello che era stato l’Essere Perfetto maligno, l’inconveniente era che quel mostro Pokemon non era affatto divino. “Sbrighiamoci, Ck corri ad aprire il portone, io lo terrò occupato!” Bisbigliò Casey mentre massimizzando tutte le sue Pokeball le lanciò. Aveva con sé una squadra ben equilibrata: Electabuzz, Meganium, Pidgeot, Gengar e Magmar. Forse avrebbe anche potuto distruggere quella specie di Pokemon, corsi fino al portone d’entrata del secondo stadio, era molto pesante ma dovevo farcela o non saremmo potuti uscire da lì, Erika stava riprendendo tutto con quella sua dannata telecamera, mi dava fastidio quando mi riprendeva, mentre noi eravamo nel panico lei sembrava essere rilassata al punto che mi dava sui nervi. “Electrabuzz usa il tuono, Meganium caricati per il solarraggio, Pidgeot vai con l’attacco rapido, Gengar ipnotizzalo e tu, Magmar usa la tua Fuocobomba!” Ad un set di attacchi così chi poteva resistere, Electabuzz scagliò un potente tuono, Meganium assorbendo luce scagliò un potentissimo solarraggio, Pidgeot con una velocità strabiliante colpì in pieno viso l’essere che barcollando venne addormentato da Gengar, Magmar compì il suo dovere scaraventando contro il misterioso Pokemon un potentissimo attacco fuocobomba, sembrava che avesse perduto le forze, era circondato dai Pokemon di Casey, sembrava essere ancora addormentato quando sogghignando aprì gli occhi “Mar, mar, mar!” Sembrò ridere il mostro, afferrò per il collo Meganium, questa volta però Casey fu più veloce, richiamò il suo Pokemon nella pokeball salvandolo da un soffocamento certo! In quell’istante riuscii ad aprire il portone, feci cenno a Casey ed a Erika di venire, la ragazzina richiamò i suoi Pokemon e cominciò a correre nella mia direzione insieme alla giornalista, lo strano Pokemon si avvicinava a loro con grandi balzi, li avrebbe di sicuro raggiunte se non avessero corso più forte, appena oltrepassarono il portone con tutte le nostre forze lo sbarrammo con un lungo traliccio di ferro. Sentimmo lo schianto del mostro contro il portone in duro legno di faggio, poi alcuni versi e capimmo che tentata di sfondarlo a pugni. “Salve, ho notato con piacere che avete incontrato la mia piccola Margi!” Una voce rauca proveniente dalle nostre spalle, chi poteva avere una voce così rauca e cupa, ci voltammo e vidimo un ragazzo avvolto in un lungo mantello sdrucito e sporco di sangue, era visibile soltanto la parte sinistra del suo viso, si vedeva chiaramente che si appoggiava ad un bastone che tentava di nascondere sotto il mantello, era decisamente storpio, mi chiedevo se centrasse veramente con quel mostro che aveva divorato Tom e Raticate, il pensiero mi fece rabbrividire. “Ragazzi state calmi, se volte vi dirò alcune cose, l’importante è che voi ve ne andrete subito da qui, o sarò costretto a farvi male!” Mi avvicinai alla postazione dell’allenatore verde, lui era su quella al lato opposto dello stadio, da li si poteva ammirare la vasca vuota dove una volta stava l’acqua che caratterizzava lo stadio, estrassi la Pokeball di Umbreon e la puntai verso il ragazzo: “Ok, richiama il tuo mostro e spigaci tutto ciò che sai!” Lui facendo uno strano versetto con le corde vocali disse: “Poverina non è un mostro, è un Epsilon!”  Io Abbassai il braccio teso verso di lui e rabbrividii, chissà a cosa si stesse riferendo, poi scotendo il capo alzò un braccio tenendolo nascosto però nel lungo mantello, un fascio luminoso si diresse verso gli spalti, mi voltai e vidi scomparire quell’Espilon in un fascio d’energia grigia, Casey ed Erika mi guardarono con aria amareggiata, erano più preoccupate ed insospettite di me: “Caro ragazzo, ti trovi sulle rovine dell’Indigo Plateau, molto tempo fa qui sorgeva la più importante Lega di Pokemon, poi, Kanto è stato sottomesso dal Team Roket Unito che, con i suoi esperimenti ha devastato tutto il mondo dei Pokemon, poi le loro stesse creature, gli Epsilon, metà Pokemon metà umani, si sono ribellati a loro distruggendo la sede principale di Saffron City impossessandosi dell’intero continente. Questa è solo la parte di storia che conosco!” Era una storia agghiacciante, non pensavo che a Kanto fossero successe cose simili mentre a Johto io e Crystall stavamo combattendo contro quel mostro di Potter! Poi alzando lo sguardo inizia a palare, quasi non sapendo cosa stessi dicendo ancora preso dallo stupore e dal timore di tale racconto: “Tu chi sei per sapere tutto ciò? Perché ti nascondi dietro ad un mantello e non ti sei ancora presentato? Perché sei qui… chi sei?” Abbassando lo sguardo il ragazzo sorrise, socchiuse l’occhio che aveva scoperto e con tono ironico disse: “Eh!Eh! Ragazzo, non so da dove vieni ma di certo qui a Kanto non sopravvivrai per molto tempo, la tua curiosità sproporzionata per la tua età sarà la chiave per la tua morte!” Poi alzando leggermente il capo verso il cielo disse: “Io mi chiamo Musuko, mio padre, l’allenatore dei leggendari draghi, a commesso un errore a mettermi al mondo, e ha pagato per il suo sbaglio!” Alzando il braccio indicò me e le ragazze alle mie spalle “Ora che sapete quello che so pure io andatevene da qui, o sarò costretto a darvi in pasto ai miei Epsilon!” La minaccia mi innervosì ulteriormente, dovevamo proseguire sulla nostra strada e niente e nessuno ci avrebbe fermati: “Musuko, lasciaci passare, dobbiamo arrivare al castello del Concilio Prismatico per chiedere aiuto!” Estrasse sei Pokeball grigie dalla cintura, e puntandomele contro tenendole fra le sue esili e scure dita mi minacciò ancora: “Ragazzo, smettila di fare l’eroe, torna indietro e salvati fin che sei in tempo!” Ribadì ancora Musuko “Erika, Casey proseguite, io tenterò di convincere questo zuccone!” Bisbigliai alle due ragazze che, con passo felpato accerchiarono lo stadio ed arrivarono a tentare di aprire il portone che portava allo stadio d’erba. “Vai, Margi!” Sbraitò Musuko lanciando una di quelle strane Pokeball, io mandai tutti i miei Pokemon, uno solo non avrebbe potuto tener testa ad un simile mostro. “Gi-mar” Balbettò l’Epsilon, in effetti ad un Pokemon ci rassomigliava vagamente, precisamente ad un Dragonite, e pergiunta parava a sillabe come qualsiasi Pokemon normale. I miei cinque Pokemon e l’Epsilon si trovarono nelle profondità della vasca dov’era contenuta l’acqua, sporca di sangue, non immaginavo pensare a ciò che fosse successo lì molto tempo fa, in un attimo di smarrimento alzai lo sguardo verso le tribune intrise di sangue coagulato, tutte le sedie squartate e le tribune in marmo violentemente sbriciolate dalla forza di chissà quale demonio. “Margi, sottomettili tutti con uno psichico!” Quella frase di Musuko sembrava un richiamo alla battaglia, mi distolse tutti gli altri pensieri dalla testa: “Typlosion scatena un terremoto; Umbreon usa l’introforza; Ampharos colpiscilo con un tuono; Skarmory scaglia un’iper-raggio e tu, Tauros, colpiscilo con un tuo possente pestone!” Non ero molto bravo a combattere con cinque Pokemon contemporaneamente, ma dovevo solo tenerlo occupato per un po’ senza rimetterci la vita di nessuno dei miei Pokemon. Iniziò Ampharos, il Pokemon pecora colpì l’Epsilon di Musuko con un possente tuono, senza nessun livido l’Epsilon assorbì l’elettricità e si apprestò per il terremoto di Typlosion alzandosi in volo con le ali che teneva rannicchiate nei lunghi ciuffi di capelli sulla schiena, poi Umbreon lo colpì con il suo terribile attacco introforza schiacciandolo a terra dal dolore, sembravamo avere la meglio ma, appena rialzato l’Epsilon emanò una potentissima onda psichica che, distorcendo quasi l’ambiente si tenne lontano i miei agguerriti Pokemon, in quel momento l’Epsilon si racchiuse in una bolla d’energia che sarebbe stato inutile colpirlo, mi balenò allora l’idea di usare l’iper-raggio di Skarmory per altri scopi: “Skarmory, colpisci il portone dell’uscita con in tuo iper-raggio!” Erika e Casey con le loro forze non sarebbero riuscite ad aprirlo, urlai il mio ordine così che le due ragazze si spostassero, Skarmory centrò in pieno il portone mandando in mille frantumi non solo il massiccio portone ma parte della fiancata ovest dello stadio. Approfittando della polvere di granito sollevata dall’esplosione richiamai i miei Pokemon e raggiunsi Erika e Casey. “Combattuto bene, ti faccio i miei complimenti Ck!” Mi disse Casey mentre stavamo correndo attraverso il tunnel che potava al terzo stadio, pochi passi e sentimmo la voce rauca di Musuko che invocava qualche altro suo mostro: “Katie, ammazzali!” La voce di Musuko echeggiò nello stadio in rovina, il polverone si stava diradando ed un’Epsilon rugoso come la roccia ci stava avvicinando strisciando a terra come un’enorme verme, un Onix dagli occhi azzurri e altamente espressivi ci stava per raggiungere, mandai Typhlosion, un dinamipugno sarebbe bastato per distruggerlo, il mio Pokemon stava per immergersi nella lotta con quell’Epsilon quando l’intero stadio cominciò a franare addosso a Musuko che, con un ultimo alito di voce richiamò a lui il mostro che, venne schiacciato dai crolli successivi mentre tentava invano di salvare il padrone!

Rimasimo impalati per pochi attimi a guardare gli ultimi movimenti dell’Epsilon morente, poi richiamando di soppiatto Typhlosion cominciammo a correre verso il terzo stadio della lega, lo stadio d’erba e quello di roccia, poi avremmo avuto davanti lo stadio ufficiale della lega e in ultimo passando attraverso la Hall of Fame avremmo raggiunto la sede centrale del concilio dei capopalestra di Kanto!

* * *

Sfondammo il portone d’entrata grazie al mio Magmar, i Pokemon di Ck erano abbastanza stanchi dopo l’incontro con l’Epsilon, dovevano riposare, avremmo dovuto contare su tutti i Pokemon possibili se si fosse presentato un qualsiasi altro problema. Entrammo lentamente nello stadio dove l’erba bruciata faceva da sfondo ad un ambiente di desolazione, sangue e carcasse imputridite di Pokemon nell’arena e di umani sulle tribune, era di sicuro lo stadio più desolato e malconcio tra i tre che avevamo visto, quei luoghi abbandonati da tempo, in quello stadio il tanfo delle carcasse sembrava giovane, la puzza di cancrena e il tanfo di muffa, lo stato di imputridimento delle carcasse e il sangue coagulato che caratterizzavano quello stadio incutevano timore e ribrezzo sia a me che a Erika che, sapendo la sensibilità e lo spiccato senso dell’orrido del popolo di Johto aveva deciso di infilare la fotocamera nella sua borsa, queste immagini non le avrebbe mostrate alla gente che più amava sapendo come avrebbero reagito, le avrebbe tenute nascoste negli angoli più remoti del suo cuore. Ck al contrario di noi due sembrava quasi ignorare tutto ciò, a lui era l’eccessiva calma del luogo a renderlo nervoso,sembrava un tipo abituato all’azione, l’avevo visto durante la battaglia contro l’Epsilon di Musuko e mi era sembrato abbastanza temprato da affrontare una situazione che molto allenatori non sarebbero riusciti ad affrontare con il sangue freddo e la calma che aveva dimostrato lui in campo. “Questo è lo stadio più vicino al fiume di marciumi, forse le carcasse si sono conservate grazie a quest’aria putrida e infida di muffe ed enzimi vari!” Sospirò Erika, la guardammo come un’estranea, la sua laurea le permetteva di capire e spiegare cose che noi non potevamo nemmeno immaginare. Feci qualche passo avanti nell’erba ingiallita dal tempo e dagli scontri, la puzza di quel putrido fiume si poteva sentire nitidamente tra l’odore delle carcasse. Ck seguì i miei passi fino al centro dello stadio, Erika rimase immobile all’entrata, forse si sentiva più sicura lì: “Attenti ragazzi!” sbraitò un attimo dopo, sentimmo sotto di noi una risalita del terreno, cosa o chi era sotto di noi? Sentii uno gorgoglio d’acqua, delle piccole sorgive stavano invadendo tutto il campo di battaglia e le tribune disgregando letteralmente i fragili ruderi dello stadio: “Le tubature che portano l’acqua a tutto l’altipiano si trovano qui sotto, devono aver ceduto!” Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo Ck per sovrastare il frastuono che le tubature che si squarciavano stavano provocando in tutto l’ambiente, iniziammo a correre verso il portone d’uscita dello stadio che era parallela a quello da dove eravamo entrati, dovevamo fare in fretta o saremmo affogati in quella melma puzzolente, Ck sfondò a spallate il debole  portone di legno marcio e carbonizzato del portone, dovevamo solo fare presto a correre nell’altro stadio e barricarci dentro e saremmo stati in salvo. L’acqua fuoriusciva da quelle tubature con una potenza devastante, l’avevamo dietro di noi a pochi metri, appena davanti all’entrata del quarto stadio della lega, quello di roccia le porte si spalancarono e, entrando, si richiusero dietro di noi bloccando completamente il flusso imperterrito d’acqua.

* * *

Ci accasciammo a terra dalla stanchezza, fradici di sudore e d’acqua, non ci eravamo accorti di essere osservati, ansimavamo dalla stanchezza e dalla paura, Erika era l’unica che non si era neppure sporcata, la sua prudenza le era stata d’aiuto ed ora aveva ancora tutti i vestiti e la borsa asciutta, al contrario di noi che eravamo bagnati da capo a piedi. Alzai un attimo lo sguardo per capire con esattezza in che condizioni si trovava il quarto stadio della lega, sembrava tutto a posto, tutto troppo tranquillo, poi vidi un’ombra muoversi dietro ad una roccia, capii che non eravamo soli, alzandomi da terra massimizzai la Pokeball di Skarmory, ero pronto a difendermi, sperando con tutte le mie forze che non si trattasse di un altro Epsilon o saremmo stati spacciati. “Megà” Sentimmo rimbombare tra le pareti dello stadio, sembrava vagamente il verso di un Pokemon ma, in quel luogo e in quelle condizioni poteva trattarsi di qualsiasi cosa. Anche Casey in quel momento capì che non eravamo soli, estrasse la Pokeball di Electabuzz, massimizzandola disse: “Ck, stai all’erta, hai sentito…” Non riuscì a finire la frase, anche Erika aveva avvertito la presenza di qualcosa e zittì con un sobillo della voce. Con un possente urlo di battaglia la creatura saltò dinanzi a noi “Meganium!” urlò il Pokemon, noi senza neppure fare caso a ciò che ci si presentava di fronte attaccammo: “Electabuzz usa il tuono!” “Skarmory usa l’alacciaio!” I nostri due Pokemon attaccarono l’avversario senza pietà, l’attacco del Pokemon di Casey non fece nulla contro quel Pokemon ma l’attacco di Skarmory gli fece abbastanza danni. Mentre il Pokemon avversario si rialzava lo studiai attentamente, era un normalissimo Meganium, nei suoi occhi non si vedeva nessuna traccia di cattiveria, forse avevamo sbagliato ad attaccare. “Fermi, non vedete che questo Meganium non farebbe male ad un Caterpie?” Esclamò irritata Erika, si parò tra i nostri Pokemon e Meganium a braccia aperte. “Fermi, lasciatelo in pace!” Appena ritto sulle possenti zampe il Pokèmon cominciò a correre verso lo stadio ufficiale quasi stesse piangendo, dovevamo seguirlo, ora che aveva sfondato i portoni d’uscita non era più un problema oltrepassare quella tappa. Attraversammo di corsa il buio cunicolo che ci divideva dall’ultimo stadio, quello ufficiale dove anche il mio mito, Ash Kachum, aveva combattuto le sue ultime battaglie da semplice allenatore, in quel luogo dovevano sentirsi ancora le voci dei tifosi e degli allenatori con i loro fortissimi Pokemon, vidi una luce all’estremità opposta, solo pochi metri di distanza. Entrammo nello stadio ufficiale, il sole era appena stato liberato dalle nuvole, il vento aveva compiuto il suo compito, la luce mi abbagliava, non riuscivo a vedere nulla. Dopo pochi attimi la luce si diradò, era il Meganium che aveva usato un attacco sintesi a richiamare una tale portata di luce, ora in piene forze era accasciato vicino ad una lapide, al centro dello stadio. Avanzai di alcuni passi seguito da Casey che seguiva ogni mio movimento, il terreno era sconnesso, come se un terremoto avesse sconquassato tutto lo stadio, le scalinate in marmo erano completamente spezzate, solcate da profonde e lunghe crepe, notai che di fronte alla lapide c’era un cumulo di terriccio soffice e fine, diverso da quello delle spesse zolle di terra che caratterizzavano tutto lo stadio, sembrava ci fosse seppellito qualcosa…o qualcuno. “Casey, secondo te cosa c’è lì sotto?” Chiesi bisbigliando alla ragazza, un’altra voce però mi rispose: “Il più grande allenatore di tutti i tempi!” La voce sembrava arrivare dal nulla, Casey ed Erika guardarono verso l’alto per vedere se qualcuno ci stesse osservando dall’alto ma non trovarono nessuno, io invece avevo capito subito dov’era il possessore di quella voce. “Stai attento, Ck, qui nulla è sicuro!” Disse Erika facendolo sembrare un “richiamo da mamma” mentre mi avvicinavo alla lapide: “Chi c’è dietro a lì?” Chiesi cautamente puntando il dito verso la lapide, non ottenni però nessuna risposta dall’uomo che prima aveva risposto alla mia domanda. Girai attorno alla tomba e vidi che appoggiato alla lapide dalla parte opposta stava un uomo sui trent’anni, aveva la nuca rasata ed un lungo ciuffo di capelli castani che li cadevano a terra, la folta barba lo faceva rassomigliare ad un poveraccio, ad un barbone, era vestito con un lungo soprabito nero strappato all’estremità inferiori, seduto con la schiena appoggiata alla lapide, il viso rivolto verso il cielo luminoso e una bottiglia vuota in mano: “Come siete arrivati fino a qui? Musuko non vi ha eliminato?” Io guardandolo nei suoi fuggivi occhi scossi il capo, il suo viso si illuminò per pochi attimi poi…“Cosa avete usato per difendervi? Degli Epsilon o dei Pokemon mutanti?” Estrassi le mie cinque Pokeball bianco e rosse e le mostrai all’uomo, non lo conoscevo ma mi ispirava fiducia, abbassando lo sguardo svogliatamente guardò le mie mani aperte: “Ragazzo, non so come hai fatto ma ti assicuro che è stato per puro miracolo!” Esclamò alzandosi in piedi, barcollando evitò la lapide e si avvicinò ad Erika e Casey che impaurite indietreggiarono. Notai con rammarico che si teneva stretto una mano all’addome, forse gli era successo qualcosa. Guardò negli occhi Casey ed Erika quasi dispiaciuto poi, sempre zoppicando si avvicinò al terriccio della tomba e si chinò sulla gamba destra, “Nium” sospirò Meganium alzando il capo per osservare il comportamento dell’uomo. Notai allora che sul terriccio c’era un piccolo fiore giallo dalle rifiniture azzurre “Un piccolo fiore giallo come il fulmine di cui era il maestro, azzurro come il suo animo ed il mio cuore di cui lui era l’unico padrone!” Sospirò l’uomo raccogliendo il fiore. Alcune sue lacrime bagnarono la corolla di quel candido fiore, l’unico in mezzo a tanta desolazione!

 

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Capitolo 3
*** capitolo 2 ***


Indigo Plateau, alcuni anni prima

Ieri è nevicato, è così malinconico vedere le distese di Kanto dalla stanza più alta del castello del Concilio Prismatico.Tutto il tempo solo con i miei Pokemon, non che mi dessero dispiaceri o mi mancassero d’affetto ma, essere solo, qui in cima ad una torre sperando che il mio mondo rinasca da solo, senza poter fare nulla mi sta logorando l’anima. Dalla finestra riesco quasi a scorgere dove sorgeva Pallet, la mia città natia spazzata via dagli Epsilon, quei dannati Pokemon-umani del Team Rocket Unito, è passato molto tempo da ho tentato di estirpare la minaccia dal continente ma, per poco non estirpavano me. Ciò che resta del Concilio Prismatico mi ha consigliato di rifugiarmi qui, sull’Indigo Plateau i Rocket non avrebbero tentato di attaccarmi: “Era troppo sorvegliato per temere un attacco del Team Rocket” Diceva Lance, ma io ero certo del contrario, Team Rocket non si sarebbe arreso così facilmente, voleva eliminarmi e l’avrebbe fatto!

Stavo osservando lo stadio ufficiale della lega quando un’esplosione al Villaggio della Lega attirò la mia attenzione, presi il mio binocolo per riuscire a capire cosa stava succedendo, misi a fuoco in fretta, le mani sudate non mi permettevano però di aggiustare bene i fuochi, appena la visuale fu nitida vidi una donna dai lunghi capelli viola, quella donna che aveva già tentato di uccidermi a Viridian,  Jessie Wentworth. “Ash…” Urlò Lance sotto la rampa di scale a chiocciola con cui si accedeva alla mia stanza “…Tu stai nascosto qui, penseremo noi superquattro a fermare il Team Rochet!” Anche lui sapeva benissimo che quelle parole furono inutili, richiamai tutti i miei fedeli compagni, misi le loro Pokeball nella cintura e cominciai a scendere le scale lentamente sotto i continui rimproveri di Lance: “Non puoi uscire allo scoperto, loro vogliono eliminarti, ti faranno fuori e tutti i nostri sforzi per proteggerti saranno vani!” Lo zittii con un brusco gesto della mano, doveva portarmi rispetto, d'altronde lo avevo battuto. “Se non saprò difendermi da solo sarebbe inutile continuare a rimanere nascosto come il grande campione, non sarei all’altezza di questo titolo!” Sapevo benissimo che le armi che usavano non erano convenzionali e, con i miei semplici Pokemon, non avrei potuto fare nulla contro di loro, ma se il Team Rocket voleva me non dovevano andarci di mezzo persone innocenti. Miliardi di pensieri si accavallarono nella mia mente mentre attraversavo correndo i cinque stadi della Pokemon League, tutte le cose che avevo vissuto insieme a Misty, a Brock, a Tracy e a Pikachu, li avevano eliminati tutti, ora l’avrebbero pagata. “Setacciate tutto il villaggio, voglio che nemmeno un Pokemon rimanga del suo allenatore!” La terribile voce di Jessie risuonava in tutto il piccolo villaggio dove sostavano gli allenatori prima di affrontare la lega, dapprima mi nascosi dietro ad un Bungalow, poi: “Chi mi porterà vivo Ash Kachum riceverà in dono un Epsilon tutto suo quindi…datevi da fare!” La loro associazione criminale ormai roteava intorno solo agli Epsilon, era l’esperimento meglio riuscito degli scienziati del Team Rocket Unito ed ora usavano solo quegli orribili mostri succiasangue. Era arrivata l’ora di rivelarsi: “Jessie, non c’è bisogno di cercarmi, io sono qui di fronte ai tuoi occhi!” Lei strizzando sorpresa i suoi occhi viola  balbettò qualcosa e poi, estraendo un Control Ball la lanciò nella mia direzione: “Kasumi finiscilo!” Urlò la donna; non volevo sacrificare nessuno dei miei Pokemon, visto che anche uniti non avrebbero potuto molto contro Kasumi, decisi di non far scendere in battaglia nessuno dei miei amici: “Kasumi, sono a tua disposizione, metti fine alle pene mie e della Pokemon League!” Dicendo questo abbassai il capo ed aprii le braccia in segno di sconfitta, mi avrebbe ucciso. Jessie e gli altri membri del Team rimasero immobili a fissare quella scena, l’Epsilon stava avanzando goffamente verso di me “Su-mi-ka Ka-su-mi” ripeteva il mostro mentre si avvicinava. A pochi passi da me l’Epsilon compì un balzo e mi saltò addosso conficcandomi i suoi artigli nella schiena, strizzai gli occhi e urlai dal dolore, poi socchiudendo le palpebre vidi quegli occhi “Misty…” Non potevo crederci, quegli occhi pieni di dispiacere…erano gli occhi della mia Misty…Dicendo questo l’Epsilon si allontanò da me lasciandomi cadere sulle ginocchia, “Sa-to-shi!” l’Epsilon…sembrava che stesse parlando, nei suoi occhi leggevo la rabbia tipica degli occhi di Misty quando mi comportavo come un bambino… “Ash!” Sentii un urlo dietro di me, era Gary, cominciò a sparare contro l’Epsilon, non mi voltai neppure per vederlo, vidi soltanto l’Epsilon cadere a terra con gli occhi pieni di lacrime, per il mio cuore fu come perderla per la seconda volta. Tentai di correre verso Gary, ma le ferite alla schiena mi fecero cadere a terra senza potermi più rialzare, vidi però Gary che stava sparando di nuovo in direzione del Team Rocket, sentii Jessie urlare “Kakeshi, finiscilo, è il momento opportuno!” Gary urlò forte il mio nome quasi singhiozzando, poi sentii un forte dolore al collo…

Capitolo 2

“Quindi qui c’è sepolto Ash?” Chiese singhiozzando Casey, l’uomo ancora rannicchiato in preghiera sulla tomba annuì, non potevo immaginare che Ash, il mio idolo, il campione della lega Pokemon fosse stato eliminato…Alzai lo sguardo verso il cielo in segno di dispiacere, trattenei le lacrime, non potevo piangere per una persona che non conoscevo. Mi avvicinai a Casey che, anche lei dispiaciuta, era andata a rendere omaggio alla tomba del campione insieme al misterioso uomo. Solo Erika in quel momento riuscì ad esprimersi: “Scusi, ma lei chi è?” Chiese rivolgendosi al misterioso uomo in cappotto nero, lui alzandosi dalla sua posizione di preghiera annuì e si avvicinò alla ragazza: “Forse il mio nome non vi significherà molto, io sono Gary Oak!” Rimasi impalato di fronte a quella affermazione per pochi attimi, allora non era morto nella misteriosa distruzione di Pallet come mi aveva riferito Oak prima di donarmi il suo Umbreon. Ora che sapevo che lui era Gary mi sentivo in dovere di raccontargli ciò che molto probabilmente non sapeva, Tom e Oak, quasi sicuramente non sapeva di loro. Estrassi la Pokeball di Umbreon, lo avrebbe di sicuro voluto rivedere, la lanciai in aria per permettere di aprirsi, ne uscì il mio piccolo Umbreon, dopo essersi guardato un po’ attorno per capire dove si trovava scorse lo sguardo di Gary felice: “Umbreon!” Esclamò il Pokemon entusiasta di vedere il suo allenatore, poi con un grande balzo si accoccolò tra le braccia dell’uomo: “Come fai ad avere il mio Umbreon, lo avevo dato a Margi prima della stage a Pallet…” Abbassai lo sguardo, lui sperava forse che avessi incontrato sua sorella sana e salva e che mi avesse consegnato lei Umbreon invece: “Gary, mi spiace, Umbreon mi è stato consegnato da Oak, mi ha detto anche che tu e tutta Pallet eravate rimasti vittima di qualcosa che nemmeno lui sapeva, tu sei vivo ma…” In quel momento prendendomi per le spalle e scotendomi urlò: “E Tom, mio nipote che fine ha fatto, era partito per Johto, lui si è salvato vero, ditemi che si è salvato…” Dicendo questo la mano di Erika raggiunse la spalla di Gary, lui girandosi vide il capo chino verso il basso della ragazza e cercò di osservare la sua espressione: “Gary, stai calmo, Tom era salvo, poi è partito con noi per Kanto e…” Gary allontanandosi da noi, strinse il pugno quasi come volesse colpire qualcuno, poi abbassando lo sguardo e distendendo tutti i muscoli di colpo e singhiozzò: “Gli Epsilon di Musuko!” Aveva intuito la causa della morte del nipote con una rapidità ed una certezza inverosimili, non serviva da parte nostra una conferma, ne era già convinto. Mentre Gary si era rannicchiato a terra dal dispiacere e Umbreon lo consolava facendo le fusa vicino a lui, io Erika e Casey tentammo invano di sfondare il portone d’uscita con la forza dei nostri Pokemon: “Meganium, azione” “Typhlosion, dinamipugno!” Le nostre voci rimbombavano in quella landa di solitudine e desolazione che era lo stadio ufficiale, per essere stato attaccato dal Team Rocket quello stadio era ancora molto resistente, probabilmente progettato per resistere agli scontri più duri ora stava resistendo anche troppo. “Potrete attaccarlo con la forza di mille leggendari ma quel portone non cederà mai!” Disse Gary mentre si stava alzando: “Quel portone è fatto da ossa di drago, non si aprirà mai senza chiave!” Richiamai il mio Pokemon e, facendo alcuni passi verso Gary, chiesi cautamente: “Dove sarebbe la chiave allora?” Abbassando il capo in senso di sconfitta sospirò: “l’aveva Ash prima di morire!” Erika traballando si appoggiò a Casey “Allora abbiamo fatta tanta strada e sono morte tante persone per nulla?” Disse Erika rivolgendosi a Gary con voce tremolante: “A Kanto molte persone sono morte e moriranno per nulla, non c’è da stupirsi del fatto che avete dato il meglio di voi per rimanere qui per sempre!” Quelle sconfortante parole dell’uomo ci misero di malumore, sembrava voler spezzare tutte le nostre speranze dal nascere. Ad un tratto il vento che si era levato pochi attimi prima cessò di colpo.“Mar!” un urlo agghiacciante echeggiò nell’aria satura di puzza, ora che il vento era cessato la maleodorante aria che saliva dal fiume aveva invaso lo stadio.“Gi!” Riempì il silenzio di quel momento, vidi un’ombra alzarsi sugli spalti, poi un’altra più piccola si levò dal suo nascondiglio, al contrario dell’Epsilon grande il secondo non urlava, sembrava incapace di emettere qualsiasi suono, le sensibilissime orecchie di Umbreon gli permisero di accorgersi del pericolo, scattò in piedi affiancandosi al suo allenatore, invidiavo l’affiatamento di Umbreon per Gary, io non ero mai riuscito ad entrare in simpatia con quel Pokemon, nonostante mi obbedisse lo faceva solo perché la maggior parte quando decidevo di usare lui nella battaglia era perché ero in serie difficoltà, forse mi ubbidiva perché gli facevo pena doveva essere molto affezionato al suo padrone, ed ubbidire ad un estraneo lo considerava un’offesa a colui che l’aveva visto crescere. “Tenetevi pronti al peggio!” Sospirò Gary incitandoci a combattere, non avremmo potuto fare altrimenti, eravamo bloccati in quello stadio. “Gi-mar-gi” Balbettava l’Epsilon scendendo goffamente gli scalini degli spalti seguito dal piccolo mostro, arrivato però all’estremità delle tribune guardò il cielo e con un potentissimo urlo richiamò miriadi di nuvole cariche d’elettricità. Mandai allora Typhlosion e Casey decise di far combattere Electabuzz, forse con quei tre Pokemon li avremmo tenuti a bada per un po’. “Umbreon usa il tuo attacco introforza!” Urlò Gary, era iniziata l’ora della battaglia “Electabuzz, usa il tuono!” disse Casey, “Typhlosion usa il terremoto!”  dissi io allora. L’Epsilon allora con un balzò ci si posizionò di fronte, scendendo dagli spali, poi come fluttuando nell’aria l’Epsilon più piccolo che lo accompagnava strisciò a fianco del mostro, sembrava un Dratini ma all’estremità del suo corpo aveva quattro arti piccoli, quasi fossero atrofizzati, sul musetto dei ciuffi di pelo scuro cadevano scomposti sugli occhi, poi fissandoci con i suoi dolci occhi castani sospirò: “Tom!” Speravo di aver capito male, ma quel verso sembrava proprio il nome del nostro compagno scomparso. Umbreon iniziò l’attacco seguito da Electabuzz di Casey e dal mio Typhlosion, non sembravano però risentire dei nostri attacchi, eravamo spacciati. L’Epsilon adulto, ero arrivato alla conclusione che quello più grande era adulto e quello piccolo era ancora in crescita, scagliò un potentissimo fulmine contro l’Electabuzz di Casey mettendolo k.o. in un solo attacco, poi con un fuocobomba colpì il mio Typhlosion, forse voleva mostrarci la sua potenza attaccando i nostri Pokemon con i loro stessi elementi. Rimaneva solo in piedi solo Umbreon, Gary fissò per pochi attimi gli Epsilon poi richiamando Umbreon disse: “Margi, sorella, e tu Tom, nipotino mio, cosa vi hanno fatto?Musuko, siete sempre stati al suo servizio vero!” Stava parlando con i due mostri mutanti, sua sorella…anche Tom aveva visto in quell’Epsilon sua madre, Margi, la sorella di Gary quindi. “Tomoko!” Urlò il piccolo Epsilon caricandosi per un’iper-raggio, Gary allora mi guardò in viso mandando Umbreon per difendersi e mi disse: “Quell’attacco è micidiale anche scagliato da un Pokemon normale, usato da loro sarà impossibile da parare!” Dicendo questo lanciò una chiave d’oro insanguinata: “Tenete, aprite il portone e proseguite!” Casey, Erika ed io ci avvicinammo di corsa al portone d’osso, nella fretta non riuscivo ad infilare la chiave nella serratura, le mani sudate mi facevano scivolare la chiave dovunque tranne che nella serratura. L’Epsilon colpì Umbreon con il suo iper-raggio, per pochissimi secondi riuscii a vedere ancora i due poi una luce accecante ci avvolse tutti, vidi il portone andare in mille piccoli frantumi, presi la situazione in mano e entrai nel tunnel che mi avrebbe portato alla Hall Of Fame e poi al castello del Concilio Prismatico. Correvo nel polverone seguendo il mio istinto, non sapevo se Erika e Casey si erano salvate ma io dovevo proseguire, pochi attimi di smarrimento e la polvere si posò, mi accorsi di stare correndo assieme alle due ragazze, senza saperlo. Uscimmo dal tunnel, davanti a noi c’era un’enorme piazza circondata dai ghiacciai, il fatto strano era che, a quell’altitudine e tra i ghiacciai non faceva affatto freddo, sembrava che la piazza deserta fosse costruita sopra ad un vulcano. Entrammo cautamente nel palazzo circolare dove ogni anno i campioni venivano onorati e immortalati poi per l’eternità con statue ed affreschi assieme ai loro Pokemon. La galleria dove erano esposti tutti i ricordi cingeva uno stadio interno dove gli sfidanti potevano sfidare il campione di turno, ultimo di questi era stato Ash, morto imbattuto, che a sua volta aveva battuto Gary, che rispettivamente aveva sconfitto Lance.Attraversammo quei bui e polverosi corridoi tenendo mano alle nostre Pokeball, sia io che Casey avevamo imparato a non rilassasi mai, anche nelle situazioni più tranquille che, al contrario, erano quelle più pericolose. Continuammo a girare intorno allo stadio centrale in quelle gallerie ricolme di dipinti e di statue per poco più di mezzora, senza sentire nemmeno un alito di pericolo, era tutto troppo strano, in tutti gli stadi qualcuno o qualcosa aveva tentato di eliminarci, ed ora che saremmo stati meno coperti nulla tentava di ostacolarci.

* * *

L’esplosione a cui avevamo assistito nello stadio ufficiale doveva aver eliminato Gary ed il suo Pokemon, un po’ mi spiaceva per quei due, ma Gary mi era sempre stato antipatico, quella sua smania di grandezza era spropositata in confronto alla sua bravura, non che fosse un’incapace, anzi lo stimavo molto come allenatore ma forse, quell’aria di rifiuto-superiorità che assumeva nei confronti di Ash quando, alla lega Johto, si incontrarono dopo tanto tempo mi aveva fatto imbestialire. Si capiva chiaramente che Gary non odiava il mio Ash ma, al contrario di come voleva far credere, teneva molto a lui; il suo comportamento sembrava quasi come un’autocritica “È un pivello, devi stargli lontano o non ti dividerai mai più da lui!” sembrava volersi dire, era un comportamento contrastante, quasi un odio/amicizia che nessuno riusciva a capire, forse nemmeno lui. A contrastare i sentimenti che aveva espresso alla Johto League c’era anche il comportamento a cui avevamo assistito poche ore fa, piangere per il proprio rivale…poi quella frase che aveva pronunciato…mi confondeva le idee ancora di più. “Steec” Un fortissimo urlo proveniente dal piano successivo mi distolse dai miei confusi pensieri, forse un altro scontro ci stava attendendo, vidi Ck estrarre una Pokeball, lui, pronto all’azione, nei momenti di pace come in quella mezz’ora che era appena passata, era più teso di quando stava per rimetterci la vita. Erika si posizionò dietro a noi facendo cenno con le mani di proseguire, Ck abbassando il capo, quasi volesse carpire ogni minimo movimento nell’aria, annuì e deglutendo cominciò la sua marcia verso le scale che portavano nella cupola che sovrastava completamente la Hall Of Fame, da lì potevamo accedere molto più velocemente al castello del Concilio siccome erano collegati da una passerella usata dalle guardie della sorveglianza. Salimmo le scale sotto i continui cigolii dei vecchi scalini con due Pokeball ciascuno fra le mani, pronte per essere lanciate, un’enorme stanzone buio ci si presentò una volta saliti fino all’estremità della scala, se Ck avesse avuto ancora Umbreon avrebbe potuto illuminare l’ambiente ma, siccome non c’era più avremmo dovuto proseguire grazie ai nostri sensi. “Stiamo uniti!” Mormorò Ck a bassa voce per non svegliare gli Zubat che probabilmente riposavano in quel luogo buio, riuscivo a sentire i passi di Erika dietro a me fino a quando, con un mugolio sinistro il rumore cesso: “Erika, dove sei?” Urlai voltandomi, vidi un Pokemon alto quasi due metri con quattro braccia simile ad un Machamp ma aveva la testa più schiacciata ed allungata verso l’esterno e le fauci molto più sviluppate, brillava con i deboli spifferi di luce quasi fosse di metallo, fece un  brusco gesto del corpo ed io sentii una botta alle gambe quasi avesse una possente coda e mi avesse colpito facendomi cadere a terra quasi senza accorgermi, alzai lo sguardo ed anche Ck, dietro di me, era caduto a terra, la coda doveva averla molto lunga per riuscire a colpire anche lui, aveva Erika tra le braccia e la teneva muta grazie ad una terza, con la quarta causò un’enorme voragine nel tetto facendo penetrare moltissima luce e spaventando a morte gli stormi di Zubat che, perdendo il controllo cominciarono a volarci intorno rendendoci quasi impossibile la vista di ciò che stava accadendo

* * *

“Electabuzz vai, calmali con un fulmine!” Urlò Casey lanciando la Pokeball, con una potentissima scossa il Pokemon abbatté i miriadi di pipistrelli che invadevano la stanza, Erika e quello strano Pokemon erano ancora lì, a quel punto mandai Tauros ordinando un terremoto, sbattendo fortemente a terra i duri zoccoli Tauros creò una voragine sotto i due, Casey con uno scatto prese la mano di Erika prima che cadesse assieme al Pokemon: “Casey, attenta!” Riuscì a dire Erika prima che la ragazza venne afferrata per la caviglia dal mutante che, cadendo, la trascinò con sé in un potente movimenti sismico. Corremmo per i lunghi corridoi rifacendo la strada al contrario per arrivare nello stadio dove Casey e quel mostro erano caduti, riuscimmo ad arrivare in tempo “champ-Stee-champ” rimuginava il Pokemon mentre, a piccoli passi, si avvicinava a Casey immobilizzata dalla paura, mentre noi stavamo guardando dal secondo piano la scena Steechamp, come mormorava di chiamarsi quel Pokemon, le si era posizionato sulla schiena e le stava riempiendo di pugni le spalle. Vidi che aveva tra le mani una Pokeball probabilmente quella di Electabuzz che aveva richiamato poco prima di essere presa dal Pokemon mutante, allungò il braccio in avanti ma una violenta sberla del Pokemon fece volare la Pokeball molto più avanti di dove si trovavano loro, solo noi ora avremmo potuto salvarla. “Casey resisti stiamo arrivando!” Urlò Erika, in quel momento il Pokemon si alzò dal corpo senza sensi della ragazza e si avvicinò sui suoi grandi piedi alla Pokeball. Stavamo arrivando, ancora pochi attimi ed avremmo trovato l’uscita da quella galleria, poi vidi una luce in fondo, uscimmo nello stadio, lo spettacolo fu orribile: Steechamp stava per frantumare la Pokeball dell’amato Pokemon di Casey. Un forte colpo di tacco e la Pokeball andò in mille piccoli circuiti, vidi l’energia in cui era trasformato Electabuzz per riposare aprirsi come un palloncino pieno d’acqua quando esplode, i resti della Pokeball crepitavano d’elettricità, Electabuzz era morto!

“Tu…bastardo…hai…osato…uccidere…il…MIO…Electabuzz!” Urlò Casey che, inaspettatamente, si era levata in piedi piena di forza, l’ira la rendeva insensibile al dolore alle spalle, ora doveva solo vendicare il suo Pokemon: “Andate tutti!” Urlò con tono maligno la ragazza, io ed Erika eravamo immobili alla vista della cattiveria con cui Casey aveva lanciato le quattro ball rimastele: “Gengar usa lo psichico più potente che hai; Magmar scioglilo con il fuocobomba più caldo e devastante che puoi fare; Pidgeot sbriciolalo con il tuo iper-raggio; Meganium, solarraggio!” Tutti i colpi dei Pokemon di Casey, uno dietro l’altro, colpirono Steechamp mandandolo al tappeto. Mi avvicinai, allora, correndo a Casey ancora infuriata “Brava l’ hai battuto senza difficoltà, ora che ne farai?” Chiesi cautamente alla ragazza che, senza nemmeno ascoltarmi estrasse una Pokeball e lanciandola verso il Pokemon mutante lo catturò. “Cos’ hai fatto, sei impazzita, catturare un Pokemon mutante?” Urlò Erika che teneva alle sorti della giovane nipote, ignorandoci Casey raccolse la Pokeball contenente Steechamp la minimizzò e la ripose in tasca, poi cadde a terra svenuta.

* * *

Non che fossi un’intenditrice di Pokemon ma non capivo cosa fosse successo alla Pokeball di Electabuzz, Ck forse ne sapeva più di me, non volevo chiederglielo però apertamente perché lui affermava che Electabuzz fosse morto, avrei fatto la figura dell’ignorante e, per una giornalista del mio rango era un neo non sapere qualcosa: “Povera bambina…”Balbettai accarezzandole i capelli mentre era ancora svenuta, ci eravamo fermati lì per la notte, anche se non poteva sembrare era il punto più sicuro di tutto l’Indigo e, siccome la notte stava calando e Casey non si era ancora svegliata, ci fermammo li per riposare: “…chissà che fine ha fatto il suo Pokemon!” Vidi Ck alzarsi dal suo giaciglio e sedersi affianco a me, forse aveva intuito che non avevo capito la storia della morte di Electabuzz: “Vedi, Erika…” Sospirò mentre si scaldava le mani con il respiro: “…La tecnica della Pokeball è molto usata per portare con sé i propri Pokemon ma, nessuno sa che è anche molto pericolosa! Quando un Pokemon viene richiamato la sue materia viene tramutata in energia, che viene contenuta dalla Pokeball come una batteria contiene elettricità, il fatto è che se una batteria viene rotta l’elettricità in essa contenuta và perduta e lo stesso succede con i Pokemon, rompendo il circuito che ritrasforma l’energia in materia il Pokemon ancora sottoforma di energia viene disperso nell’ambiente, nessuno sà se i Pokemon hanno un’anima ma di certo questa tecnica la cancella!” Mi si accapponò la pelle a sentire quelle parole, quindi era come…eliminare totalmente ogni traccia vivente e divina di un essere vivente, peggio della morte stessa. “Tu credi che dopo questa vita ci sia qualcosa?” Sospirò lievemente Ck, era una domanda difficile da rispondere, non mi sarei mai aspettato che qualcuno mi ponesse un quesito simile, tantomeno un ragazzino di quindici anni: “Allora, mi hai sentito?” Mi chiese seccato Ck, ero rimasta incantata dalla domanda e non avevo pensato ad una risposta: “Secondo me no, nessuno ci ha mai dato prova del contrario!” Lui alzò lo sguardo e fissando le stelle attraverso la fessura sul tetto sospirò di nuovo e disse: “Io invece credo che qualcosa oltre questo inferno ci sia, ho visto tante cose, ho visto dimensioni disgregarsi, Suicune maligni in lotta con Suicune benigni, ho visto Ramun ovvero la terza forza ho visto la potenza del destino e quella degli dei, non possiamo rinnegare tutto ciò che ci hanno dato per un’idea puramente capitalistica della vita, i Pokemon sono un dono divino e non dobbiamo sfruttarli e ucciderli come hanno fatto i Rocket, ci tocca difenderli. Secondo me non ho e non stiamo combattendo solo per le generazioni future ma…stiamo combattendo per noi stessi, per una ricompensa che avremo dopo questo inferno, è questo pensiero che mi ha fatto vivere fino ad ora e che mi ha dato la forza di proseguire, se la pensassi come te sarei già morto, avrei già gettato la spugna tempo fa quando mi cadde a terra la Pokeball di Cyndaquil e temendo che fosse in serio pericolo misi a rischio la mia vita per salvarlo, ora ho un bellissimo Typhlosion!” Dicendo questo non aveva mai staccato lo sguardo dalle stelle, nonostante avesse solo quindici anni era molto maturo, deve aver vissuto cose che non immagino neppure, poi girando lo sguardo vidi che nei suoi occhi pieni di nostalgia luccicavano alcune lacrime, in quel momento provai una tenerezza nei suoi confronti che non avevo mai provato per nessuno, mi avvicinai alla sua spalla appoggiandomi dolcemente con la testa, era riuscito a farmi commuovere come solo Henry prima era riuscito, capii allora che a quel ragazzo volevo bene come ad un fratello minore, aveva già sofferto troppo ora lo avrei protetto io. “Zia attenta, non voglio uno zio della mia età!” Sentii, Casey si era svegliata dallo svenimento ed aveva intuito malamente la scena che le si era presentata: “Non preoccuparti Casey!” Sorridendo, dissi alla mia nipotina adorata in tono ironico, Ck si passò la manica del maglione sul viso e ispirando col naso si ricompose: “Casey, Erika, abbiamo riposato abbastanza adesso, con il buio a favore usciamo di qui e raggiungiamo il castello del Concilio Prismatico prima di domani mattina!” Esclamò Ck levandosi in piedi, raccolse le sue cose e fece qualche passo in avanti, poi fermandosi disse: “Zitte!” Ci fermammo per pochi istanti, noi non avvertivamo nulla, solo il leggero vento che penetrava dalla fessura sul tetto rompeva quel monumentale silenzio, poi Ck ci prese per le braccia e arraffando lo zaino lo seguimmo: “Che c’è?” Chiesi cautamente al ragazzo lui cominciò a correre, corremmo per il tortuoso sentiero di montagna che portava al castello per quasi un chilometro senza fiatare e poi Ck urlò: “A terra!” Ci buttammo a terra senza badare a ciò che voleva fare il ragazzo, nell’oscurità di quella notte buia non vidi nulla, sentimmo solo un terribile e potente botto e poi alcune scosse che mossero lievemente il sentiero, cessato tutto Ck ci fece alzare porgendoci gentilmente il suo aiuto: “La Hall of Fame era zeppa di tritolo, qualcuno voleva farci saltare in aria tutti!” Cominciavo sinceramente a chiedermi se qualcuno ce l’avesse con noi, tutte queste cose non potevano accadere solo perché eravamo entrati all’Indigo Plateau, c’era un’altra ragione, qualcuno voleva eliminare qualcuno del gruppo.Proseguimmo per molto tempo per quel lugubre sentiero infestato da Murkrow e Zubat, corremmo per arrivare prima ma, alle prime luci dell’alba non avevamo ancora visto il castello, cominciavo a chiedermi se fosse ancora in piedi… Eravamo quasi allo stremo delle forze quando girando un angolo della montagna in cui il sentiero era scolpito, davanti al sole nascente intravedemmo l’ombra dell’immenso castello, era costruito tra due enormi montagne rocciose ed irte, che si ponevano ad est dove il sole nasceva al mattino, ancora pochi metri e avremmo potuto varcare quella sacra soglia!

* * *

Il castello del Concilio era maestoso più che mai, sembrava fosse lì da secoli e nessuno avesse osato danneggiarlo o violarlo, ero così felice alla vista di quell’edificio che cominciai a correre verso l’entrata senza badare ai richiami di Erika e Ck, più mi avvicinavo più percepivo qualcosa di insolito in quel maestoso maniero, guardandolo attentamente capii che anche quest’ultimo edificio era stato attaccato dal Team Rocket e dai suoi Epsilon, molte torri che prima si erigevano fino a molto in alto ora erano completamente crollate, i vetri rotti e sporchi di sangue significavano una cosa sola, anche nel castello ci era stata una strage. “Casey aspetta, entriamo tutti insieme. Ricordati che è pericolosissimo avventurarsi in questi luoghi da soli!” Mi rimproverò Erika mentre anche loro si avvicinavano all’entrata del maniero, un sesto senso mi diceva che non avremmo trovato nessuno che potesse aiutarci li ma, non volevo fare la pessimista ne tantomeno scoraggiare il gruppo stetti zitta e, insieme a Ck ed Erika varcammo l’entrata del castello. “C’è qualcuno? Siamo venuti in pace da Johto, il nostro elicottero è stato abbattuto da uno stormo di Pidgey, potreste darci un aiuto a tornare indietro?” La sua voce sembrò cadere a vuoto, il lungo corridoio tappezzato di trofei e medaglie era desolato, sembrava che nessuno mettesse piede lì da mesi, feci qualche passo in avanti per controllare la situazione, poi voltandomi per tranquillizzare i miei due compagni vidi, tra le porte di legno aperte dove si trovavano i due e la parete due corpi in putrefazione, girai subito lo sguardo inorridita, era uno spettacolo vomitevole, Ck si avvicinò a me tentando di calmarmi ed Erika intanto esaminò attentamente i corpi, mi pareva strano che non avesse ribrezzo a vedere quei corpi ma, una giornalista doveva saper fare di tutto come ripeteva lei. “Sono stati trafitti al cuore da questi acuminati artigli, non capisco di chi o cosa possano essere ma di certo sembrano di metallo!” In quel momento ma mano di Ck sfiorò la mia “Andiamo Casey, dobbiamo avvivare alla sala dei congressi!” Il Concilio normalmente risiedeva nella sala che si trovava all’estremità di quel lungo corridoio, avremmo dovuto raggiungerla per costatare cosa e chi si fosse salvato del Concilio Prismatico, anche se, ne ero certa, poco o nulla si era salvato. Camminammo lungo il corridoio con passo felpato per recepire ogni movimento e ogni rumore, come ormai avevamo imparato a fare da quando eravamo arrivati in quell’inferno dell’Indigo. “Nako!” Un urlo, non potevo più di questi sollazzi al cuore, prima o pio sarei morta d’infarto, ogni attimo di silenzio veniva rotto da un urlo in lontananza di qualche orribile Epsilon. Questa volta però cominciai a tremare, le gambe tremavano come foglie e non riuscivo più a muovermi “Ck, ho paura!” Balbettai al ragazzo che, guardandomi negli occhi disse, non preoccuparti ci siamo qui noi!” Poi voltandosi verso Erika bisbigliò: “Casey non ce la fa più, il suo sistema nervoso a ceduto non ce la farà da sola, ora la terrò sott’occhio io, ok?” Mi abbracciò forte, le mie fredde ossa vennero riscaldate dal calore umano di Ck, nessuno si era preso tanto a cuore la mia vita come in quell’istante faceva lui, mi lasciai andare fra le sue braccia, come affidare al più caro amico tutti i tuoi segreti io affidai i miei pensieri e la paura che aveva cinto il mio corpo a lui, come un bimbo dona un sorriso alla madre sospirai: “Ti voglio bene Ck!” In quell’istante fu come perdere i sensi, ricordo solo Erika in fondo al corridoio che urlava il mio nome e Ck dietro di me che mi urlava di correre, immagini offuscate e una confusione, il rumore di vetri rotti e di due Epsilon giganteschi. Poi. Più nulla buio!

 

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Capitolo 4
*** capitolo 3 ***


“Corri Suicune, corri!” Urlò Crystall mentre mi ero fermato per vedere se erano rimasti indietro. Lei, Morty, Eusine ed io stavamo scappando da quel mostro di Potter, quando venne in casa di Morty ad Ecruteak city a chiedere di me non pensavo di certo che fosse quel mostro che si è rivelato in seguito: “Dov’è Suicune, ho sentito che lo avete voi!” Era entrato abbattendo la porta don il suo Ho-oh nero, aveva spaventato a morte Crystall che, intanto, stava preparando la tavola per la colazione. “Si, Suicune è qui che vuoi da lui?” Ribatté con gran voce Morty, sembrava non avere affatto paura di quello strano ragazzino, sogghignando e arruffando i capelli “Voglio farlo fuori!” Poi dopo aver distrutto la palestra di Morty con Mewtwo voleva avere il diritto di uccidermi “Scappate, mi occuperò io di lui!” Ci raccomandò Morty prima di iniziare la sfida con quel Pokemon impossibile da battere. Ci rifugiammo nel boschetto vicino a New Bark Town, ma non ci volle molto perché Potter ci trovasse, il suo Ho-oh nero sembrava superare di gran lunga la mia forza, non capivo come avesse fatto a soggiogare i Pokemon più potenti del paese. Dopo che mi rifiutai di consegnarmi a lui li minacciò di distruggerli ma i miei tre amici non vollero sacrificarmi nemmeno a costo della loro vita, allora si levo in volo sul suo Ho-oh e con un potentissimo attacco d’ala creò una piazza tonda di desolazione nel fitto bosco, voleva uno scontro uno contro uno ma Crystall non volle farmi correre quel pericolo, Potter intuito il nostro piano tentò di catturarmi lanciando una di quelle strane Pokeball con gli spuntoni in cui teneva tutti i suoi malefici Pokemon colpendo però il Typhlosion di Crystall, lo aveva sacrificato per me. Cominciai a correre nel bosco seguita da Crystal , Morty ed Eusine, non riuscivano a stare al mio passo, Potter con un’iper-raggio di Ho-oh centrò Eusine eliminandolo, Crystall tentò di indietreggiare per soccorrerlo ma Morty la fermò e la obbligò a proseguire, forse sarebbe stato meglio per loro rimanere dov’era stato colpito Eusine, Potter non conosceva ne la misericordia ne l’amicizia, non si sarebbe mai aspettato che ci saremmo fermati per soccorrere un nostro compagno, e siccome non riusciva a vederci attraverso la fitta boscaglia non ci avrebbe ucciso. Cominciai a correre senza badare a Morty e Crystall, poi sentii una seconda esplosione ed un urlo, stavolta aveva centrato Morty: “Amore, rispondi, ti prego non dirmi che…!” Crystall si era fermata per accudire il suo Morty, mi voltai di colpo per urlarle di seguirmi ma non feci in tempo, un’iper-raggio a rasoterra mi scagliò distante molti metri strusciando nella melma del terreno, rialzandomi cercai Crystall con lo sguardo ma nulle furono le ricerche. Ora l’unica speranza era riuscire ad arrivare a New Bark e da lì andare a Kanto, Ho-oh era il leggendario di Johto e non gli era permesso migrare a Kanto se non in condizioni particolarmente pericolose, la sarei stato in salvo, corsi più veloce che potevo ma, quando un quarto iper-raggio cadde davanti a me l’eccessiva velocità e lo spavento mi fecero inciampare e, dopo aver strisciato per qualche metro nell’argilla di quel bosco rotolai in un burrone, non capivo se era profondo o meno, stavo perdendo i sensi, forse sarebbe stata la mia fine.

“Suicune…!” La voce di una delle infermiere Joy stava chiamando il mio nome, socchiusi gli occhi, ero in una vasca di acqua calda, la terra che avevo sul mio corpo si era staccata intorpidendo le acque. “Svegliati, di là c’e un allenatore che dice di averti catturato! Se te ne vuoi andare scappa ora o non farlo mai più!” Mi resi conto di ciò che era successo, avendo perso i sensi ero molto confuso, chi mi aveva portato in quel centro Pokemon? Joy mi mostrò attraverso il vetro della sala operatoria colui che mi aveva portato li, poi abbassandosi alla mia altezza l’infermiera mi chiese: “Allora te ne vuoi andare?” Io chinai e scossi il capo: “No, Crystall, Morty ed Eusine sono morti, non saprei dove nascondermi da quel ragazzo che ha tentato di ucciderci!” Joy alzandosi annuì e sorridendo disse: “Ok, sembra un ragazzino affidabile ma non svelargli subito la tua vera entità, anche se sembra che non sappia che Pokemon stai zitto per un po’, ok!” Ascoltai il suo consiglio, forse aveva ragione svelare il mio segreto a qualcuno che fortunatamente non mi conosceva era una cosa troppo pericolosa.

Capitolo 3

Aprii gli occhi ma non vidi altro che buio intervallato da alcuni deboli fasci di luce, l’odore di pesce fresco era molto intenso, dall’esterno penetravano solo strani cigolii e il cinguettio di alcuni Pidgey. “Fate piano, lì dentro c’è un Pokemon per il capo, non ammaccatelo!” Sentii degli spostamenti, molto probabilmente mi trovavo in una cassa di legno che stava venendo scaricata da qualche nave in qualche porto. “Grazie Lawrence, sei il nostro miglior fornitore di materiale!” Potevo percepire delle voci umane dall’altra parte del legno della cassa, non capivo di cosa parlassero e chi fossero, ma un sesto senso mi diceva che qualcuno mi stava vendendo a qualcun altro. Socchiusi gli occhi e mi concentrai, mio padre mi aveva dato tate facoltà, come quella di poter leggere nel pensiero, ma io ne avevo create di mie, non capivo come facevo ma se mi concentravo profondamente riuscivo a percepire le scene che accadeva solo sentendo la voce delle persone o dei Pokemon. Mi concentrai a tal punto da intravedere nella mia mente un uomo dai lunghi capelli biodi vestito alla marinara, lui aveva sotto la sua mano sinistra la cassa in cui ero rinchiuso e con la destra stava firmando un lungo foglio che aveva tra le mani un losco tipo vestito di nero, i suoi oscuri vestiti recavano la lettera R, molto probabilmente era un tipo del Team Rocket, nonostante vedessi chiaramente la banchisa del porto non capivo dove mi trovavo, non sembrava ne Olivine Town, ne Pallet, dove ero stato molte volte con Crystall ed Eusine. Sentii che qualche congegno metallico stava alzando la mia cassa e, dopo aver fatto alcuni metri venni posato probabilmente su un camion e portato via insieme ad altri Pokemon. In quel cassone ci dovevano essere molti piccoli Pokemon, la confusione che creavano i loro richiami disperati era assordante, i Rocket che guidavano continuavano a percuotere le loro casse con un bastone per tentare di farli stare zitti, ma peggioravano la cosa. Ad un tratto sentii uno di loro avvicinarsi e cominciare a battere sulla mia cassa, il rumore infernale mi fece quasi impazzire poi: “La volete smettere!” Dissi, sia i Pokemon che l’umano si zittirono: “Sam, in quella cassa c’è qualcosa che parla!” “Ma stai zitto e siediti!” Forse non avrei dovuto dire nulla, starmene zitto ma, non avevo voglia che perseguitassero quei poveri Pokemon per nulla. “Suicune!” Sentii vicino alla mia cassa una vocina dolce ed aggraziata: “Sai, ti ho riconosciuto, mio padre mi ha parlato tanto di te!” Chi poteva essere questo Pokemon in grado di parlare al cuore come facevo io con gli umani: “Piccolo, chi sei per conoscermi?” Sentii un tono di sconforto nel suo respiro affannoso e poi rispose quasi piangendo: “Cos’ero, ora non so nemmeno io cosa sono!” Quell’agghiacciante frase mi fece tremare il pelo, solo ora avevo conosciuto quella voce: “Tu sei…il figlio di Lugia!” Quasi piangendo percepii un una risposta affermativa, ero curioso di sapere cosa gli avevano fatto ma non mi azzardavo a chiederglielo: “Dopo aver tentato di catturarmi inutilmente svariate volte quelli del Team Rocket sono riusciti a narcotizzare il mio papà e a catturarmi, dopo avermi portato in un loro centro di ricerche mi hanno sottoposto a mille esami strazianti e, una volta diventato adulto volevano rinchiudermi in una specie di zoo, ma io mi sono ribellato e, viste le mie dimensioni hanno faticato a fermare la mia ribellione ma una volta rinchiuso mi hanno fatto diventare la cavia dei loro esperimenti più cruenti ed atroci, ora non so cosa mi vogliono fare!” Quella terribile storia mi fece commuovere, il mio amico Lugia… “Siamo arrivati si scende mostriciattoli!” Sentii a quel punto dire da una delle due guardie del Team Rocket, ero curioso di vedere dove mi avrebbero portato ora, sentii che la mia cassa e quella del piccolo Lugia venivano allontanate, non ci salutammo neppure, era chiaro che sarebbe stato un addio e tutt’e due odiavamo gli addii e quindi non ci parlammo neppure. Mi portarono in un’enorme stanzone ed, aprendo la mia cassa su un lato, mi fecero entrare in una stretta gabbia. Arrivarono degli uomini con un lungo camice bianco e guardandomi cominciarono a complimentarsi fra loro: “Complimenti finalmente creeremo un’Epsilon da un leggendario!” Tutta quella loro felicità mi dava sui nervi, lanciai un potentissimo geloraggio verso di loro ma la gabbia probabilmente era protetta da una barriera elettrica e il mio attacco si rivolse contro di me. “Guardate che sciocco, cerca di colpirci!” Ridacchiando dissero fra loro, mi facevano una rabbia, loro liberi ed io rinchiuso e deriso, non potevano immaginare quanto dispiacere avevo dentro nel mio cuore di Pokemon: “Ck dove sei?” Sospirai nella mente piangendo.

Calò la notte e i gemiti dei Pokemon prigionieri come me in quel centro di ricerche si fecero più intensi, i loro pianti non facevano altro che affliggermi di più, piccoli Pokemon che avevano perso la mamma ed il papà, Pokemon adulti vittime di terribili esperimenti che gemevano dal dolore delle loro ferite, non potevo fare altro che fare scorrere le lacrime sul mio viso senza badare a nulla, pensare solo che per la prima volta mi trovavo solo ad affrontare il mondo, i miei amici erano lontani e non potevano soccorrermi in nessun modo, piangevo per la loro mancanza, piangevo per tutto il male che quelli del Team Rocket avevano fatto a me ed ai miei compagni Pokemon, piangevo per il mondo. Quella notte sentii la pioggia scrosciare sui tetti e sui vetri del centro di ricerche, sembrava che il clima di Kanto fosse congiunto al mio dolore, un forte acquazzone senza tuoni ne filmini si stava abbattendo su tutto il continente. Ad un tratto sentii una sirena ed una voce computerizzata urlare una strana frase : “Fuga dal settore 7g, fuga di leggendario Pokemon Lugia dal settore 7g!” Lugia era fuggito, speravo in un suo aiuto, ma, se in un momento simile sarebbe fuggito senza ricordarsi di me non mi sarei ne offeso ne sorpreso, ognuno ora doveva pensare a se stesso e basta: “Suicune!”  Non capivo di chi era quella voce, o meglio non volevo capire, la luce di un fulmine improvviso illuminò la stanza, vidi la sagoma di Lugia, aveva parò solo le lunge zampe e la coda tozza avvolta attorno al collo, al posto delle ali aveva due piccole protuberanze che finivano il cinque esili parti diverse, praticamente inutili : “Hai visto cosa fanno hai Pokemon qui?Volevano farmi crescere delle forti braccia per scagliare possenti pugni ma hanno fallito e io ne pago le conseguenze; ora solo tu e i tuoi amici potete salvare Johto da ciò che ha distrutto Kanto!” Dicendo questo si scagliò con tutta la sua forza verso la gabbia, la barriera lo fulminò mandando in cortocircuito tutta la struttura, la corrente venne sospesa ed io riuscii a distruggere la gabbia che mi teneva prigioniero, scesi dal piedistallo su cui era posizionata la mia fredda prigione e mi accostai a Lugia che, con le sue ultime forze mi disse: “Suicune, scappa senza guardarti indietro, ormai il mio destino era segnato, sarei morto tra le loro mani, ed io preferisco morire così, per aiutare un amico che per soddisfare la fame di morte del Team Rocket! Siamo Vermilion city, corri incontro a Ck, vai a Pewter city passeranno di sicuro di lì!”Dicendo questa frase spirò, non versai neppure una lacrima per la morte del mio migliore amico, corsi più velocemente possibile per poter sfuggire alle Jeep e agli Elicotteri dei Rocket che volevano acchiapparmi, la morte di Lugia non doveva essere inutile, non potevo farmi catturare.Corsi tutta la notte sotto quella rinfrescante pioggia notturna senza neppure rendermi conto d dove stavo andando di preciso, sapevo solo una cosa…qualcuno doveva pagare per tutto il male che il Team Rocket aveva fatto a Kanto.

Alle prime luci dell’alba mi trovai davanti Saffron City, la città del quartier generale del Team Rocket, forse non ero ancora pronto per affrontarli ma…come aveva detto Lugia prima di morire dovevo trovare Ck, Casey, Erika e Tom prima di affrontare in un combattimento il Team Rocket. Pewter City era lontana e arrivare a destinazione in un solo giorno era un po’ faticoso per me che ero abituato a riposare in una Pokeball, il guaio di appartenere ad un allenatore era che i muscoli delle mie gambe ed il mio fisico nonostante predisposti dalla natura alla corsa non fossero allenati come quelli di un leggendario libero. Stanco mi accucciai in un capo vicino ad un piccolo laghetto, guardando l’erbetta scuotersi al vento mi ricordai di mio padre, nonostante non avessi conosciuto la sua vera essenza gli volevo molto bene, non avevamo avuto molto tempo per parlare in passato e non ne avremmo avuto in futuro, di lui sapevo solo che si era sacrificato per me, aveva sopportato le forze maligne insediate nel mio corpo per potermi salvare dalla morte, nonostante non sapessi nulla di lui sapevo bene che mi amava e che aveva un animo buono, peccato che a questo mondo i buoni perdono sempre, mi chiedevo se anche Ck ed io un giorno o l’altro ci fossimo dovuti separare, quel ragazzo che intendevo usare per uccidere Potter, ora mi ero affezionato tanto a lui che non avrei potuto farne a meno, gli volevo bene come ad un fratello, non avrei vissuto senza di lui. Passai tutta la mattina a rimirare il prato ed a pensare a ciò che era accaduto, riposai a sufficienza e, il pomeriggio, quando il sole era al culmine del suo arco giornaliero mi incamminai correndo verso Pewter city.

Corsi tutto il pomeriggio e granparte della gelida notte che era ma verso le cinque del mattino riuscii ad arrivare davanti alle porte di quella che era la palestra di Brock. Ora era soltanto un cumulo di maceria sporche di sangue umano che resistevano al tempo, quella frenetica cittadini ora era deserta, potevo ancora sentir spirare gli aliti di vento notturni, incamminandomi per le strette vie del paese non potevo incontrare nessuno, ad un tratto però da un cunicolo ceco sentii un rumore metallico, non sembravano Mewth che frugavano nell’immondizia, sembrava vagamente…un passo, cadenzato e lento come una marcia, cercando di scrutare nella notte sentii anche una voce umana seguita da un ruggito di un piccolo Pokemon: “Charmileon, usa il lanciafiamme, è un Pokemon mutante di acciaio gli farai un dolore immane!” Pochi attimi dopo una fiammata illuminò il piccolo cunicolo, vidi quel mostro che i due stavano combattendo incassare l’attacco, scuotersi un poco e ruggire: “ Umblix!” Ridacchiò e poi colpendo con un potente pugno il Charmileon del ragazzo lo scaraventò verso la mia direzione, uscii dall’angolo dove mi ero appostato per scrutare la situazione e mi misi in difesa del Pokemon senza sensi: “Lascialo stare combatti con me se ne hai il coraggio!”  Il mutante stava avvicinandosi a passi lenti e cadenzati con l’immenso fracasso che creava in suo corpo d’acciaio quando scagliai verso di lui un fortissimo geloraggio, alzando il braccio sinistro parò abilmente il mio attacco, sembrava che non gli avesse fatto alcun graffio, in quel momento ebbi un fremito, quel mutante sembrava veramente impossibile da battere anche per ne: “Pokeball, vai!” Vidi il mostro scomparire in una nuvola di energia rosa, non era abbastanza debole per essere catturato, se la Pokeball si fosse riaperta il mostro si sarebbe accanito contro il ragazzo e io non avrei potuto fare nulla. Dopo alcune oscillazioni la Pokeball smise di muoversi, miracolosamente il Pokemon era rimasto vittima della sorpresa: “Il lato positivo dei Pokemon mutanti è che sono cosi stupidi da lasciarsi catturare con nulla!” Commento il ragazzo raccogliendo la Pokeball di Umblix e richiamando Charmileon : “Tu sei di Pewter city?” Chiesi comunicando mentalmente con il fortunato allenatore che, mentre se ne stava andando si voltò verso di me : “Tu Parli?” Io socchiudendo gli occhi mediati: “Veramente comunico mentalmente, comunque posso parlare la vostra lingua!” Stupito il ragazzo si chino verso di me, con i suoi grandi occhi azzurri come l’acqua che dominavo mi scrutò a lungo: “Che ci fa Suicune a Kanto?” Chiese incuriosito, mi aveva riconosciuto, l’unico mio pensiero ora era che non fosse dei Rocket o sarei finito di nuovo in quel centro di ricerche. “Sono stato rapito dal Team Rocket per esperimenti genetici ma sono riuscito a fuggire ed ora sto cercando i miei compagni, tu sai ce da qualche parte a Pewter sono giunte da poco delle persone dall’Indigo?” Portò la mano alla testa e guardando verso il cielo scosse il capo: “No, mi spiace non è arrivato nessuno dall’Indigo in questi giorni ma, forse troverai chi cerchi all’ Hotel dove alloggio io, è l’unico che è rimasto aperto in città, gli altri sono stati tutti misteriosamente distrutti!” Neanche Pewter era incolume dalla furia distruttrice dei spietati del Team Rocket, temevo a mostrarmi in pubblico ma dovevo per forza ritrovare Ck e gli altri.

Dopo aver percorso un lungo tragitto a piedi ci trovammo di fronte un vecchio edificio in cui i vetri delle finestre erano rotti e le assi di cui era formate erano marce, sembrava un Saloon, entrammo a passi lenti, sotto di noi il pavimento ricoperto di legno umido e marcio scricchiolava al nostro passaggio, passammo nella Hall dove alcune anziane signore stavano guardando un teleromanzo in una vecchia televisione appoggiata su un tavolo ancora più logoro, in quel luogo sembrava che il tempo fosse trascorso più velocemente, la devastazione della vecchiai si vedeva ovunque posavo lo sguardo, ci avvicinammo poi al bancone del bar, dove alcuni allenatori stavano facendo colazione con i loro Pokemon, attirò la mia attenzione un ragazzo gobbo e basso che mangiava la sua razione quasi fosse la prima dopo tantissimo tempo, si ingozzava a tal punto da insudiciare di cibo masticato sia il lungo cappotto in cui era avvolto sia il bancone a cui si appoggiava, ad un tratto alzando il braccio verso l’alto urlò: “Portatemi delle bistecche ancora sanguinanti!” Poi lanciando una Pokeball grigia uno stranissimo Pokemon dalle fattezze umane si materializzò al suo fianco, “Mar!” Ringhiò il Pokemon, il suo padrone gli consegno il piatto con la carne e lui iniziò a ingurgitarne enormi quantità come dovesse staccarla dal corpo ancora vivo. Quell’agghiacciante spettacolo mi tolse completamente l’appetito, nonostante fossi un Pokemon anch’io quell’orrendo modo di ingoiare cibo mi dava il voltastomaco, alzai lo sguardo verso il ragazzo, vidi la moca che aveva sul viso, poi avvicinandosi al bancone disse: “Camera 17, non faccio colazione stamattina!” Invitandomi a salire nella sua stanza cominciai a chiedergli di Kanto: “Alcuni anni fa quando io vivevo ancora a New Bark Town, il Team Rocket unito cominciò a creare Epsilon pericolosissimi, intelligenti e capaci come un uomo ma potenti come un Pokemon, con questi distrusse totalmente Pallet, siccome le due città erano gemellate il sindaco della mia cittadina decise di inviare una spedizione dei migliori allenatori di Johto a costatare l’accaduto, io venni scelto e dovetti lasciare la mia fidanzata, Sandra, per eseguire gli ordini della lega Johto che nel frattempo era intervenuta nelle operazioni. Alla partenza eravamo in cinquanta allenatori, una volta arrivati a destinazione trovammo solo desolazione e morte, i Rocket ci attaccarono e mi salvai solo io, fuggendo come un codardo. Dopo alcuni decenni isolarono il continente per poter controllare meglio la popolazione che tendeva a fuggire verso Johto, ora siamo tutti bloccati in questo inferno!” La storia era alquanto confusa e poco potevo sapere da lui, cercai di allontanarmi ma lui continuando a parlare mi fermo: “Io mi chiamo Teylik, volevo diventare uno dei più grandi maestri di Pokemon ma ora sono costretto ad alloggiare in questa stamberga ed aspettare che qualcuno liberi il continente, se vuoi posso accompagnarti all’Indigo, tanto qui io non ho nulla da fare!” Quella frase mi colpì al cuore, era l’unica speranza di rivedere Ck, mi voltai verso il ragazzo pronto ad accettare la sua offerta, lui probabilmente aveva intuito la mia risposta, fece uscire dalla Pokeball Charmileon: “ Se avesse battuto quel mutante si sarebbe evoluto quindi…forziamo il destino!” Porse al Pokemon di fuoco una piccola capsula azzurra, lui incuriosito la prese e dopo averla accuratamente annusata la ingoiò, una potentissima luce bianca lo avvolse e dopo essersi ingrandito la luce si spense, si era evoluto in Charizard, una evoluzione forzata quindi molto pericolosa: “Quelli dei Rocket le chiamano le Rare Berry!” Pronunciò guardando il suo nuovo Charizard, capii allora che saremmo volati sopra di lui all’Indigo, ora mi sarei dovuto fidare, era troppo pesante per il suo Charizard e quindi avrei dovuto dagli la Suicune ball, era molto pericoloso affidare la mia leggendary ball ad uno sconosciuto, ma le circostanze richiedevano un atto azzardato: “Tieni, usa questa per richiamarmi!” Sussurrai porgendo la mia ball che avevo tra i denti, lui si abbasso e scrutò la Pokeball che avevo in bocca, con occhi lucidi e increduli balbettò: “Tu…tu…vuoi che ti richiami nella tua leggendary ball?” Socchiudendo gli occhi annuii, per rassicurarlo, prendendola tra le mani e rigirandola per osservarla bene disse: “Grazie di tanta fiducia!” e con gli occhi lucidi mi fece entrare nella mia leggendary ball.

* * *

“Casey, svegliati il peggio è passato!”

Sentii delle voci offuscare i miei sogni e poi un freddo infermale, aprii gli occhi di scatto e alzandomi sbattei la testa contro quella di Erika: “Stai attenta, bambina, altrimenti finirai per ammaccarmi tutta!” Disse ridacchiando Erika che, nel mentre, era caduta all’indietro a causa dello scontro, mi guardai intorno senza badare a ciò che diceva mia zia, eravamo in un enorme stanzone dove la temperatura doveva essere parecchi gradi sotto zero, il fiato si condensava davanti ai nostri visi quasi fosse fumo, non c’era nessuna finestra ad interrompere le pareti rivestite di quadri, l’unico punto da dove arrivava una luce potentissima era la vetrata che ornava il soffitto della sala, risplendeva dei sette colori dell’arcobaleno ed era raffigurato un maestoso Pokemon uccello:

Burned Tower!> Mi volti verso Erika da dove proveniva la voce digitale che stava parlando, vidi che aveva tra le mani un vecchio e logoro Pokedex, in quel momento notai che indossava una cintura da allenatore in cui teneva sei Pokeball e, avvolta intono al braccio sinistro aveva la giacca che portava Ck: “Che fine ha fatto Ck? Perché hai tu le sue Pokeball e la sua giacca? Rispondi!” Scotendola tentai di ottenere una risposta ma, lei chiudendo il Pokedex e riponendolo nella tasca della giacca sussurrò quasi singhiozzando: “Ck non c’è più, lo hanno preso quei due dannati Epsilon!” A quella frase il mondo si fermò davanti hai miei occhi, riuscivo solo a rivedere gli ultimi attimi in cui sono stata cosciente vicino a lui, quello che gli avevo confidato in un attimo di debolezza allora era andato perso. Goffamente tentai alcuni passi in avanti, ma inciampai e caddi fra le braccia di mia zia, non ressi la notizia iniziai a piangere e disperarmi continuando a ripetere che quel ragazzo era tutto per me, che eravamo destinati tutti a lasciarci le penne in questa folle avventure, poi la incolpai della morte di tutte le persone che avevano perso la vita per il suo stupido servizio, continuai a dimenarla ripetendole se fosse necessario il sacrificio di tante persone per diventare una giornalista di successo. Poi un frastuono di vetri infranti e alcuni versi riempirono la stanza facendomi stare zitta:

“Mar” ringhiò l’Epsilon fissandoci negli occhi, senza ne Ck ne Tom, che erano grandi allenatori noi non avremmo avute molte speranze e l’Epsilon sembrava saperlo, ridacchio e avanzando verso di noi ci fece cenno di avvicinarci, noi indietreggiavamo, io tra le braccia di mia zia indietreggiavo insieme a lei piangendo, poi guardai verso l’alto, avevano distrutto la splendida vetrata dedicata a Ho-oh per entrare ed i frammenti erano a terra, eravamo spacciate: “Mantieni la calma Casey, in un modo o nell’altro ci salveremo!” Mi sussurrò in un orecchio tentando di calarmi ma non ci riuscì, dopo pochissimi secondi vidi che i frammenti della vetrata stavano illuminandosi, poi si alzarono in volo e, come miliardi di insetti fastidiosi cominciarono a roteare intorno all’Epsilon ed a scagliarsi violentemente contro di lui. Ridendo di felicità vidi che l’Epsilon aveva riportato numerose ferite, con le sue unghie tentava di sbriciolare i frammenti di vetro, ma più ne sbriciolava più lo ferivano in profondità, poi, quando a malapena riusciva a reggersi sulle zampe i frammenti si unirono a formare un qualcosa che rassomigliava vagamente ad un Ho-oh in miniatura e, spiccando il volo con una velocità supersonica si conficcò nel torace del mostro. Tentando di sfilarsi il becco del misteriosissimo accumulo di vetri dal cuore l’Epsilon cadde a terra senza vita, il suo sangue verde ricopriva tutta la zona dello scontro, i vetri una volta ritornati a frammenti salirono verso l’alto ed, unendosi ricomposero la splendida vetrata come se nulla fosse successo. Erika ed io rimasimo immobili ad osservare quella vetrata, non potevamo credere ai nostri occhi, mia zia estrasse di nuovo il Pokedex del ragazzo e puntandolo verso la vetrata attese: Non aveva fornito informazioni sufficienti ma quello che interessava sapere ora lo avevamo sentito: in quella vetrata c’era poco di terreno.

“Beh ora dobbiamo trovare un modo di proseguire!” Affermai pochi minuti di silenzio dopo, Erika però si voltò senza neanche darmi ascolto e, indicando il balcone sovrastante dove stavano undici sedie allineate sussurrò a malincuore: “Vedi, lì stava il Concilio prismatico, ma ora non c’è più nessuno in questo edificio. La tua idea è inutile, più in alto di qui c’e solo il paradiso, questa sala è stata costruita in una cavità del ghiacciaio perenne che c’e sulla punta dell’Indigo, quindi, questo è il più alto punto che un allenatore può arrivare, in tutti i sensi!” Annuii per render noto che avevo capito, ora si spiegava l’eccessivo gelo che c’era in quella stanza, poi pensai che, se nessuno ci avrebbe trovato saremmo morte assiderate in quel luogo.

Girovagai senza meta per il salone per alcuni minuti poi sentii il verso di un Charisard e vidi che sulla vetrata si era posato un Pokemon, da quello che traspariva sembrava un normalissimo Pokemon, in quel momento la vetrata si spalancò come fosse fatta di plastica e una volta entrato il Charisard si richiuse, rimasi colpita da tutto ciò che avevo visto fare da quel vetro divino, poi la nostra attenzione venne attirata dal Charizard e dal suo allenatore:

“Siete voi Ck, Casey, Erika e Tom?” Erika si avvicinò all’allenatore sceso dal Charizard e stringendogli la mano con gli occhi lucidi sussurrò: “Si mio principe azzurro io sono Erika e quella è la mia nipotina Casey!” Non poteva essere rimasta ancora incantata dalla bellezza di un altro uomo, era rimasta sola da appena due giorni dalla tragica morte di Henry ed ora…mia zia era veramente irrecuperabile! In quel momento da una Pokeball che il ragazzo aveva nella cintura uscì un fascio azzurro, Suicune si materializzò alle spalle di Erika, fissò la scena per alcuni secondi e poi chiese: “Ck e Tom dove sono?” Vidi che si guardava intorno con preoccupazione, probabilmente aveva intuito l’accaduto, scossi la testa ed abbassando lo sguardo cominciai a raccontare: “ Tom è stato intrappolato nel primo stadio e probabilmente l’Epsilon l’ ha ucciso, Ck invece è riuscito a portarci fino a qui ma ci ha rimesso la vita in quel corridoi!” Dicendo ciò indicai alzando il braccio sinistro la porta blindata grigia che era sul lato opposto della sala: “Aveva attivato il sistema di sicurezza ma per far si che non venissero sigillati in questa stanza anche gli Epsilon li ha trattenuti nel corridoi rimettendoci la vita!” Sentito ciò negli occhi di Suicune vidi alcune lacrime e poi, con una fortissima rincorsa andò a sbattere con tutta la sua forza contro il portone di spesso metallo: “Non posso credere che Ck sia morto, non posso credere che un tipo in gamba come lui, con la pelle dura che si ritrova non può lasciarci la vita contro un Epsilon: amico abbiamo superato cose peggiori!” Anche essendo un leggendario non l’aveva prosa molto bene, doveva essere affezionato a quel ragazzo. Si era chinato vicino alla porta quasi come un Growlithe che aspetta il suo padrone sulla sua tomba, era così tenero lì rannicchiato con il muso puntato verso la porta ed il naso schiacciato sul freddo metallo, quasi volesse percepire le ultime parole del suo allenatore, era commovente vedere quanto un Pokemon, anche un leggendario, si poteva affezionare al proprio allenatore, mi strofinai gli occhi con la felpa e mi avvicinai a lui, mi chinai fino a raggiungere la sua altezza e gli accarezzai il lungo e folto pelo che gli ondeggiava come una chioma al vento sopra alla schiena. Poi si avvicinò anche Erika e dalle Pokeball che aveva alla cintura uscirono i quattro Pokemon di Ck. Si avvicinarono a Suicune ed esortandomi ad allontanarmi iniziarono a scagliare i loro più potenti attacchi contro la spessa lastra di metallo con le lacrime agli occhi diedero più potenza ai loro attacchi fino a che la lastra, sotto un enorme quantità d’energia cedette e, cadendo dalla parte opposta sollevò un polverone enorme. Mi nascosi tra le braccia di Erika, i suoi Pokemon volevano recuperare il suo cadavere, non volevo vedere, sarebbe stato troppo dura per me vedere in che stato lo avevano ridotto. Una volta che il polverone si posò Erika e il ragazzo del Charizard balbettarono qualche frase senza senso: “Guarda Casey, non c’è nulla di orribile!” Alzai lo sguardo e notai che il lungo corridoio era in ordine come prima, che gli Epsilon irrompessero ma, ai muri c’erano enormi graffi e chiazze di sangue, ora era pericoloso stare in quel luogo, gli Epsilon e i mutanti rimasti potevano accedere facilmente alla sala del Concio, Erika allora richiamò i Pokemon di Ck e il ragazzo del Charizard richiamò Suicune, ci fece salire in fretta sul suo Pokemon e, oltrepassando la vetrata presimo quota assieme al Pokemon drago sotto di noi il grande ghiacciaio e il castello del Concilio con tutte le sue vittime sparivano tra le nuvole, il sole che sorgeva illuminava il nostro cammino, da lì riuscivo quasi a non pensare più a tutte le cose orribili che ci erano capitate.

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Capitolo 5
*** capitolo 4 ***


Bring! Bring

Era una mattina normale, mi ero appena levata dal letto, mentre stavo preparando la colazione il sinistro suono del telefono proveniente dal corridoio mi fece scivolare di mano il vassoio, tentavo di raccattare i frammenti di scodelle quando capii che era urgente, il telefono continuava ininterrottamente a squillare, sapevo bene che il suono emesso dal mio apparecchio era sempre il solito ma quella volta il mio sesto senso mi fece capire che non era la solita telefonata. Alzai lentamente la cornetta e, premendo il pulsante verde per rispondere la mia tremolante foce sospirò

“Pronto!” La voce affannata di una persona al capo opposto del telefono balbettò alcune frasi: “Delia? Un’automobile sta per raggiungerla, si prepari, se vuole vedere ancora suo figlio, salga su quell’auto…” Spalancai gli occhi, Mr Mime stava tremando a vedermi così preoccupata, la linea si era interrotta, dopo aver riflettuto pochissimi attimi avendo ancora tra le mani la cornetta mi voltai verso la finestra ed appoggiai la cornetta sul suo basamento. Pochissimi attimi dopo un polverone si levo sulla sterrata strada che passava davanti a casa mia, come se un gruppo di Dugtrio avesse iniziato una migrazione di massa, il silenzio della mia casa nella periferia di Saffron city venne rotto dall’incessante squittio del campanello. Feci alcuni passi verso la porta e sfiorando lentamente la lucida maniglia l’aprii, un ragazzo sui trent’anni avvolto in un giaccone scuro come la notte e con gli occhi celati dietro a due occhiali da sole allungò la sua mano verso di me:

“Delia, venga dobbiamo sbrigarci!”

Riconobbi subito quella voce, nonostante non avesse più nessun capello sul capo le sue rosse sopraciglia non lasciavano dubbi nel mio cuore:

“Gary…”

Dissi quella parola poi il ragazzo mi soffiò sul viso una polverina salata e sentii venir meno le forze, chiusi gli occhi e caddi a terra. Sentii degli scossoni e spalancai gli occhi, ero sdraiata in un sedile di un’automobile guidata dal ragazzo che mi aveva “rapita”. Mi sedetti e avvicinando il viso al finestrino vidi un’enorme struttura mimetizzata tra miriadi di rampicanti e piante, sentii una sirena ed un furgoncino mimetico con il marchio dell’ambulanza sfrecciò di fianco alla nostra auto:

“Delia, vedo che ti sei svegliata, se vuoi saperlo ci troviamo nel centro di ricerca segreto del Fronte di Salvezza!” Ne avevo sentito parlare da Ash qualche volta, era ciò che rimaneva della Indigo League, solo che aveva il compito di liberare Kanto dalla minaccia del Team Rocket. Entrammo in un cunicolo oscuro illuminato solamente de deboli fari gialli appesi al soffitto e i abbaglianti fanali dell’auto. Con una brusca frenata l’auto si blocco davanti ad una rientranza del cunicolo principale, la portiera davanti a me era bloccata da fuori, Gary uscì dolcemente dal posto di guida e, estraendo con cautela la chiave da cruscotto si avvicinò alla mia portiera. Guardandomi negli occhi infilò la chiave nella serratura e con una cadenza quasi irritante sbloccò il sistema di chiusura della portiera e mi fece uscire: “Dov’è Ash, sbrigati a parlare Gary !” La sua mano si posò dolcemente sulla mia bocca per farmi stare zitta, in effetti nella foga avevo urlato e le mie parole erano rimbombate in tutto quel silenzioso edificio: “Ora che lei è qui dentro non c’è alcuna fretta, mi segua!” Dicendo questo il ragazzo infilò le chiavi della macchina in una fessura del muro e roteandola dolcemente una porta mimetizzata nel buio si aprì, la spalancò e vidi che ci attendeva una lunga scala chiocciola da scalare. Salendo scalino per scalino Gary sospirò alcune parole che non capii, poi girò il capo verso di me, quasi volesse attirare la mia attenzione persa nei mille pensieri di madre: “Delia, in qualunque modo finisca questa storia deve essere fiera di suo figlio!” Nei suoi occhi celati dietro quei scuri occhiali riuscivo a vedere un luccichio causato dalle lacrime, vista la sua espressione e percepita la sua voce disperata cominciai ad aumentare il passo, quasi pestando i piedi al ragazzo davanti a me lo scansai e proseguii sola in quella scala che si avvolgeva intorno ad una robusta colonna di marmo, alla fine vidi una luce verde, quasi notturna, uscii dalla tromba della scala e mi trovai in un lungo corridoio tipico di un ospedale. Feci alcuni passi in avanti poi alzando lo sguardo notai un cartello lungo tutto il soffitto del corridoio: “Neurochirurgia” Poi i passi di marcati Gary mi raggiunsero, mi appoggiò la mano sulla spalla e voltandomi con la forza vidi che non aveva più gli occhiali, il suo viso solcato dalle lacrime esprimeva solo una cosa. Disarcionatami dalla sua presa iniziai a correre senza meta urlando per quel lungo corridoio finche, inciampando in un cavo a terra, caddi fra le braccia di un medico: “Signora, si calmi, mi spieghi perché corre come un’ossessa!” Sentii i richiami di Gary mentre correva verso di me, poi il medico mi fece accomodare nel suo studio, dopo avermi somministrato alcuni tranquillanti mi fece sedere davanti alla sua scrivania e, spiegatogli il nostro problema iniziò a frugare nello schedario dietro di noi, volevo urlare, sfogarmi, sbraitare chiedendogli di sbrigarsi ma quei stupidi sedativi mi tenevano inchiodata alla sedia togliendomi quasi la forza per parlare: “Signora Ketchum, la situazione sanitaria di suo figlio non è delle migliori, non vorrei assolutamente spaventarla ma…” A quelle parole Gary si levo in piedi e mi fece accomodare in corridoio dove, dopo alcuni secondi mi addormentai schiacciata dai sedativi.

“Signor Gary, la situazione del suo amico è una delle peggiori che ci erano mai capitate di vedere, l’aggressione di quell’Epsilon gli ha recato numerose fratture ossee, ma questo sarebbe il minimo…” Sfilando lentamente una radiografia dalla cartelletta ed esponendola alla debole luce di una lampada continuò : “Oltre ad aver subito una frattura composta dell’osso del collo, ha subito un gravissimo trauma cranico il quale gli ha formato un consistente ematoma nella parte sinistra del cranio che, oltre a fare pressione sull’encefalo ne impedisce la circolazione normale del sangue!” Da quel poco che mi intendevo di medicina capivo che era molto più grave di quanto pensassi, poi, senza una sosta il medico, sfogliando i vari esami a cui avevano sottoposto il ragazzo proseguì nella sua spiegazione: “Quando me lo avete portato sinceramente l’avevo visto meglio, aveva un leggero trauma cranico ma ora la situazione è degenerata senza alcun limite, l’unico modo di salvarlo sarebbe poterlo operare subito ma, nelle condizioni in cui è, non reggerebbe di certo senza il supporto della macchina cuore/polmoni che lo tiene in vita ora!” In quel momento la porta dello studio si spalancò, Delia aveva sentito tutto ed, entrando in lacrime sbatté le mani quasi per sorreggersi sulla scrivania del medico facendo cadere le radiografie e la cartella medica del figlio: “ Cosa vuol dire che non potete operare ora?” I suoi occhi verdi pieni di lacrime esprimevano un fortissimo risentimento contro quel medico che, ingiustamente, si sentiva accusato di lasciar morire il più grande allenatore della Indigo League!

“Signora, la prego si calmi, se dovessimo sospendere la terapia intensiva a suo figlio per permettere l’operazione lui cesserebbe di vivere all’istante!” Sentita questa frase Delia ricadde su una poltrona in un angolo e con lo sguardo fisso verso il soffitto pregava un dio in cui io avevo smesso di credere, se veramente esistesse non avrebbe permesso una tale ingiusta strage: “Stiamo aspettando, sperando che si stabilizzi e poi, forse potremo salvarlo…” Dicendo questo il Dottore si levò dalla poltrona della sua scrivania e, avvicinandosi a me e a Delia ci invitò ad uscire in corridoio: “Dottore se ci sono novità può farmelo sapere?” Chiesi cautamente al medico che, annuendo, si allontanò in quel lungo corridoio senza fine. Mi accomodai in una sedia accanto a Delia e, abbracciandola cercai di darle conforto e, nello stesso tempo cercare un po’ di speranza per sorridere di nuovo!

* * *

A quali pene dell’inferno ero stata destinata, non pensavo di aver meritato tanti dispiaceri nella mia vita, in quei minuti che scorrevano lenti sul mio orologio, regalo per il mio compleanno di Ash, tentavo di capire quali fossero state le ragioni di tale cattiveria, forse avevo lasciato troppa libertà al mio Ash o forse troppa poca, non riuscivo ad immaginare gli errori che avevo commesso per ricevere una tale punizione ma non capivo, non riuscivo a ricordare nulla!

Poi in un flesh-back di quando anche Cole era a casa mi ricordai di quel libro che mi aveva fatto leggere, pochi mesi prima della nascita di Ash, quando ancora piangevo ogni sera per Sarah, nonostante Cole non fosse il suo vero padre provava molta compassione nei miei confronti, ero giovanissima quando l’avevo persa per sempre in quel fatale incidente e, prima della nascita del nostro primo figlio continuavo a piangermi addosso addossandomi la colpa della sua morte; poi, una sera, Cole abbracciandomi dolcemente mentre eravamo sul divano iniziò a cullarmi con la su voce: “Delia, leggi: alcuni sostengono che ogni essere umano ha un suo destino, non possiamo fare nulla per cambiare il decorso naturale di questa vita “prestabilita”, ogni volta che però un bimbo dall’animo leggero viene a mancare la sua anima sale oltre le nuvole e vola per l’eternità assieme ad Ho-oh, il candido custode dell’anima!” Questa fantasiosa spiegazione era quasi riuscita a riappacificarmi con la coscienza, fino ad ora. Perché sarò destinata  perdere tutto ciò che ho d’importante nella mia vita, essere scampata per puro miracolo alla strage di Pallet ora si rivela il dispiacere più grande. Vagabondando assieme alle mie domande non mi accorsi di aver socchiuso gli occhi, sentendo il viso umido tentai di alzare il capo per asciugare le lacrime, nonostante aprii gli occhi non riuscivo a distinguere le immagini che avevo davanti agli occhi, tutto il lungo corridoio era offuscato dalle lacrime, mi alzai allora e sfregandomi il viso tentai di fare alcuni passi ma ricaddi senza forze sulla poltrona, vidi Gary appoggiato al vetro di una finestra addormentato, doveva aver fatto le ore piccole per poter stare vicino ad Ash ma ora era crollato, scossi la testa disperata cercando un po’ di aria fresca per poter respirare ma non trovai nulla, mentre i miei occhi si stavano riempiendo di lacrime alzai di nuovo lo sguardo e lo puntai per un attimo verso l’esterno, vidi dei altissimi alberi, sembravano faggi ma alcuni minuti dopo ricaddi nella disperazione di quelle ore e non feci più caso a nulla.

Aprii leggermente gli occhi e mi trovai davanti il freddo vetro della finestra dell’ospedale del Fronte di Salvezza, gli alberi al dì fuori erano ricoperti di neve, era inverno inoltrato e Natale era alle porte, in quelle ore in cui avevo dormito avevo sognato di un capodanno, molto tempo fa, quando sembrava che le cose si ristabilissero all’Indigo, quando la situazione non era ancora degenerata a tal punto da indurci a fuggire senza orgoglio da quel freddo altipiano, c’era ancora tempo per divertirsi, quell’anno Ash ed io avevamo passato uno splendido capo d’anno, il mattino dopo ci trovarono sbronzi ed addormentati uno fra le braccia dell’altro all’interno della Hall Of Fame ma, dopo esserci sfidati in continuazione in tutte le competizioni possibili di Pokemon e non, dopo aver raccontato la nostra vita una cinquantina di volte per riuscire a restare svegli fino a mezza notte, una qualche follia potevamo farla. Nonostante durante l’infanzia eravamo rivali ora eravamo buoni amici, anzi, lui era il mio migliore amico, mi aveva aiutato così tante volte che gli dovevo più vite salvate che birre, nonostante pagasse sempre lui. Lui mi aveva salvato tantissime volte ed ora, che era lui ad aver bisogno di un aiuto io ero lì, impotente, in un corridoio a cercare di non dimenticare i bei momenti vissuti insieme a lui. Mi levai dalla mia scomoda posizione ed estraendo il Pokegear che mi aveva regalato mia sorella Margy pochi mesi prima di soccombere nella strage di Pallet e controllai l’ora, era pressappoco mezzanotte, il tempo era trascorso lentamente nonostante abbia dormito per molto tempo, avevo la vista offuscata dalle numerose ore di sonno ma, barcollando in avanti, mi avvicinai ad un infermiere: “Scusi, potrei vederlo!” Sospirai quasi facendo fatica a parlare, l’infermiere, anche lui quasi senza forze dal turno notturno che stava facendo, rispose abbassando lo sguardo: “Mi spiace, ora le sue condizioni non sono ancora delle migliori, appena si stabilizzano potrà entrare!” Alla luce di quelle parole mi rassegnai a tornare al mio posto quando, strofinando i miei occhi con il maglione di lana nero che indossavo sotto al cappotto vidi Dalia ritta in piedi che girovagava per il corridoio sbattendo i pugni chiusi contro il muro: “Ash, non puoi arrenderti così velocemente, tu sei un tipo temerario e testardo, usa la tua testardaggine per togliere la soddisfazione hai Rocket di averti eliminato….” Quella donna mi preoccupava seriamente, la perdita del figlio poteva segnare irreparabilmente la sua vita e renderla quasi inutile, dal canto suo però sarebbe sempre stato la terza perdita importante della sua vita. Mi avvicinai a lei a grandi passi, nonostante fossimo li unici due ad attendere notizie per Ash in quei momenti ci tenevamo man forte l un con l’altra, dovevamo farlo, la costrinsi a sedersi accanto a me e poi sussurrai: “Delia, lo so che non mi sembra il momento adatto, ma durante il tempo che ho trascorso con Ash lui mi ha parlato di Sarah, non abbiamo mai approfondito il discorso perché lui non ne sapeva molto ma… se non erro era…sua sorella!” La donna spalancò gli occhi pieni di lacrime e, tentando di non rimanere stupita da quella frase abbassò il capo e singhiozzò: “Sarah è figlia mia ma non di Cole, il padre di Ash, lei è nata quando io avevo ancora 17 anni, non potevo mantenerla sola, il mio lavoro da commessa non poteva mantenerci tutte e due, fu lì che un giorno, durante le pulizie che svolgevo per il Professor Oak che mi serviva per pagare vitto e alloggio da tua madre a mia figlia siccome non potevo rivelare a mio padre di avere già una figlia fuori dal matrimonio, conobbi Cole, un giovane allenatore ritornato dal suo viaggio di Pokemon trainer dalle lontane terre di un continente senza nome, i suoi occhi caldi e brillanti come il legno di mogano levigato, mi avevano colpito. In seguito ci sposammo ma, alcuni giorni dopo aver riconosciuto come sua quella figlia che non sapeva neppure chi fosse il padre, durante un giro spensierato in bici degli uomini incappucciati di con uno scialle verde come l’erba che un quel momento ci circondava ed, estraendo alcune Pokeball ce le puntarono contro minacciandoci, io la strinsi forte ma fu inutile, uno stano Pokemon con tre foglie sulla schiena mi planò addosso sbattendomi a terra, svenni al momento, riuscii solo a vedere che la infilavano in un sacco, poi…non ricordo nulla…Ero presente quando ci fu quel fatale incidente, è colpa mia e non posso sfuggire alla mia coscienza!”

* * *

Perché…perché non avverto più nulla?

Mi sembra di essere in un antro appartato dove posso solo ricordare….”Vivere” un passato-presente in cui non posso fare altro che rivivere cio che è successo. Vedere per l’eternità una sequenza di sensazioni provate in vita, questo è la morte? Sopravvivere in una “scatola nera” che l’unica cosa che si salverà finché il mio corpo esisterà, finché i vermi lo corroderanno, questo mai! Io sono il più grande allenatore, non posso sopravvivere, devo agire presto. Perché non posso fare altro che ricordare? Perché devo soffrire un’altra volta per le persone perse in vita? Altro che paradiso, se questa è la morte non devo permettermi di morire. Se veramente esiste qualcosa dopo tante sofferenze non può essere ciò, tutto ciò non avrebbe un senso, per cosa stiamo combattendo, perché lottiamo ogni giorno contro coloro che vogliono toglierci la vita se la morte è totalmente uguale alla vita? Mi pongo troppe domande, ora dovrebbe essere il momento della verità e ancora non voglio ammettere la cosa evidente, siamo semplici creature mortali! Non rivedrò mai nessuno che se ne è andato prima di me, perché probabilmente loro non ci sono più veramente…

Speravo almeno che, dopo che i Rocket mi avessero eliminato mi sarei ricongiunto a mia madre, ai miei amici e a Tenchu, invece… Vorrei urlare di rabbia, urlare l’ingiustizia della vita, della morte e dell’esistenza, invece…posso solo ricordare, rivivere delle sensazioni…ora posso dire veramente quant’è inutile la vita!

Per pochissimi attimi sento qualcosa, un battito, un debole battito, sembra quasi anche lui qualcosa di passato ma…non è affatto passato, mi sembra quasi di poter avvertire qualcosa all’esterno di quella scorza di silenzio…

* * *

Mi avvicinai al vetro della terapia intensiva sofferente al cuore e alla testa, la stanchezza mi aveva provocato un potentissimo emicrania, notai che alcuni medici erano in fermento, scrutavano lo schermo di un apparecchio a cui era collegato il corpo inerte di Ash e poi annotavano tutto sul loro block notes, dopo pochissimi secondi uscirono dalla camera e si avvicinarono a me, attirando la mia attenzione chiamando il mio “nome in codice”: “Adauchi!” Mi girai bruscamente verso di loro e dopo aver visto i loro occhi pieni di speranza sussurrarono: “La situazione clinica di Ash si è stabilizzata, se vuoi puoi entrare!”

* * *

“Ash!” Delle parole rimbombare nel vuoto. “Ash, amico mio…” Altri ronzii che nella mia mente si tramutavano in potentissimi segnali di disturbo: “Tu sei forte, sei fortissimo, non puoi arrenderti cos facilmente, devi lottare contro le avversità, devi sopravvivere per tua madre, per i tuoi Pokemon e…devi sopravvivere per me!” Non riuscivo a percepire nulla, la buccia di silenzio che avvolgeva il mio cervello era troppo forte perché io potessi decodificare quei ronzii….

* * *

Uscii dalla stanza di Ash, vederlo in quello stato era troppo difficile anche per il mio freddo cuore di pietra, scostai allora la manica del giubbotto e scrutai l’orologio, i miei assonnati occhi non distinsero l’ora allora portai le mani al viso per riuscire a svegliare la mente, poi rifeci l’operazione, capii che ormai il sole sarebbe sorto, erano le sei e mezza del mattino dopo, avevo passato la notte completamente in bianco tranne quelle poche ore che avevo “dormito” appoggiato al vetro dell’ospedale. Ad un tratto sentii il canto di uno Spearow provenire dal davanzale di una delle miriadi di finestre dell’edificio, notai che Delia si era alzata dalla sedia in cui la notte aveva riposato ed era andata a offrire le briciole del panino, che aveva comprato e non era riuscito a mangiare, ai Pokemon selvatici. Solo uno Spearow era accorso, ormai i pochi Pokemon ancora selvatici di Kanto erano diffidenti dell’uomo, tutto il male che i Rocket gli avevano fatto li aveva fatti diventare scontrosi e paurosi nei confronti di noi uomini. “Gary! Guarda, il sole sta sorgendo, pensi che prima o poi vedremo risorgere Kanto?” Mi avvicinai alla donna, scossi il capo senza farla accorgere ma dissi l’opposto: “Si! Se tutti si impegneranno come ha fatto suo figlio Kanto tornerà ad essere uno dei più importanti centri del mondo…” Poi abbassando il capo quasi piangendo sussurrai lentamente: “…Forse…”

Ore 8.00 a.m.: Anche la mattinata è al culmine, il sole splende caldo nel cielo ma qualcosa non sembra voler splendere, nonostante le radiografie effettuate al cranio di Ash non siano ancora pronte per essere esaminate, un sesto senso mi porta a essere pessimista: “Signor Adauchi!” Sentii mormorare dal medico curante di Ash: “Venga la prego!” Il viso insensibile che lo contraddistingueva sembrava dipinto di sofferenza, mi avvicinai lentamente quasi non volessi che mi confidasse il motivo di tanta sofferenza. Mi fece accomodare nel suo studio e, estraendo le radiografie le posizionò su una lavagna luminosa: “Gary, vedi in questo punto?” E, dicendo ciò, indicò la parte anteriore del cranio: “Questa chiazza grigiastra indica una cosa sola: la sua fronte si è frantumata e dal colpo la parte anteriore del suo cervello si è spappolata mischiandosi con il sangue dell’emorragia interna!” I miei occhi si spalancarono, la situazione era assai critica, le nostre conoscenze del corpo umano non permettono di operare sul cervello umano, solo un miracolo poteva salvarlo!

* * *

Devo aver perso la cognizione del tempo, nonostante fossi chiuso in questo antro del mio cervelletto da quasi un giorno mi sembrava tutt’altro che il tempo non passasse, non avevo perso del tutto la coscienza del tempo che trascorreva ma soprattutto un’altra cosa mi faceva dubitare, il fatto che fossi ancora capace di ragionare, di pensare, forse voleva dire che non ero…

* * *

“Il cuore!” Sentii un trambusto nella sala di Ash, un’infermiere stava correndo verso lo studio del medico, urlando: “Il cuore si è spento!” Corsi anch’io sulla soglia della sala in cui era Ash, sentii uno strano suono sottile ma intenso, girai con lo sguardo per tutta la stanza fino a quando vidi l’apparecchio collegato al suo cuore, sulla schermata una linea verde piatta scorreva da alcuni secondi, il suo sibilo mi impauriva, il cuore si era fermato: “Toglietevi!” Urlò un medico, che nel frattempo era accorso richiamato dall’allarme scattata dal macchinario: “Il defibrillatore, sbrigatevi!” Un secondo infermiere staccò due piastre di metallo dal muro e le porse al medico, stavo sudando freddo: “Ash non morire!” Sussurrai.

Capitolo 4

“Casey, Erika, siamo arrivati!” Sussurrò Teylik, mi destai dolcemente su quelle parole. Il Charizard del ragazzo roteava nel cielo di Pewter cercando un punto sicuro in cui atterrare da alcuni minuti poi, Teylik indicò un punto vicino ad un cumulo di ruderi ed il suo Pokemon scese lentamente lì, proprio vicino ad un cartello di legno quasi totalmente sepolto dove si poteva scorgere la scritta “Pewter’s gym?” Chiese incuriosita Casey, il ragazzo voltò il capo verso i ruderi e abbassandosi all’altezza delle macerie scostò lentamente la polvere con la mano e ammirando la fascia di legno sussurrò insieme ad un leggero alito di vento: “Ah! Brock chissà cosa ti hanno fatto?” Non riuscivamo a capire nulla di quello che fosse successo in quella cittadina ai piedi dei monti, Casey si chinò lentamente vicino a Teylik e, cercando di guardare nei suoi occhi, chiese: “Cos’è successo veramente a Kanto?” Il ragazzo quasi volesse evitare l’argomento si levò in piedi e scotendo il capo alzò il braccio verso le montagne indicando una vetta innevata: “Se volete tornare a Johto dovete recarvi a Saffron City e sperare che le linee ferroviarie non siano interrotte!” Lo disse con un tono così acerbo da farlo sembrare un addio. Mentre si stava allontanando da noi richiamando Charizard una Pokeball azzurra nella sua cintura cominciò a scuotersi fino a che, aprendosi fece uscire Suicune: “Teylik!”  Il ragazzo, al suono di quella voce, si fermò di scatto e, abbassando il capo rimase immobile: “Se veramente vuoi fare qualcosa per salvare Kanto e il tuo mondo, Johto, accompagna queste ragazze a Saffron! Non l’ hai ancora capito che Kanto è in questo stato grazie alla vigliaccheria dei suoi abitanti?”  Abbassando sempre di più il capo quasi stesse piangendo sussurrò: “Quale battaglia devo intraprendere contro coloro che hanno eliminato il più grande allenatore di tutti i tempi? Quale speranze ho?” Il colloquio tra i due sembrava farsi sempre più lungo ed intenso, poi alzando il muso verso il ragazzo Suicune rispose: “Se mai nessuno tenterà, chi potrà dire: sono imbattibili?” Alzando il capo di nuovo verso il cielo Suicune continuò con le sue frasi: “Hanno battuto Ash, questo non vuol dire che sia la fine di tutto no?” A sorpresa di tutti noi Teylik annuì e sogghignando disse: “Suicune, hai ragione, come posso arrendermi per così poco?” Dicendo ciò Casey sogghignò e, prendendo per mano Teylik disse: “Ok, sarai il nostro cocchiere, prepara i Rapidash che si parte per Saffron City!”

Dopo essere passati dall’ Hotel dove alloggiava Teylik per ritirare le sue poche cose imboccammo la strada per il Mt. Moon, prima delle quattro tappe precedenti di Saffron, la città capitale del Kanto del Team Roket! Eravamo a poche ore dalle pendici del Mt. Moon quando Teylik estraendo una grande cartina del continente di Kanto la srotolò sul dorso di una roccia: “Vedete, ora attraverseremo il Mt. Moon, dove si dice delle urla di disperazione ogni notte invadano la quiete di Moon Town il piccolo paese sorto alle pendici della vetta, poi, una volta superato questo arriveremo a Cerulean City, la città azzurra, della sua sorte non si sa più nulla dopo il crollo della Darkness Cave. In seguito proseguiremo verso oriente, sarebbe troppo rischioso cercare di entrare nella Capitale dalla porta principale, passeremo attraverso il Rock Tunnel ed usciremo nella città della Ghost Tower dove ultimamente il Team Rocket ha impiantato…” Teylik stava finendo la frase quando dalla sua cintura partì un fascio luminoso di energia, pochi attimi dopo si materializzò davanti a noi il maestoso Suicune. Annusò per pochi attimi l’aria poi sussurrando al vento le seguenti parole: “Raggiungetemi al Mt. Moon!” Iniziò una pazza corsa fatta di lunghissimi balzi verso le montagne e, pochissimi attimi dopo scomparse nella foschia che era appena calata.

Era quasi sera e finalmente, oltrepassando il banco di fitta nebbia che separava Moon Town e Pewter, ci ritrovammo ai piedi del famosissimo Mt. Moon. Scrutai intorno a noi per tentare di localizzare tracce del passaggio di Suicune ma non vidi nulla fin quando un vento gelido spazzò le chiome degli alberi: “Finalmente siete arrivati!” era Suicune che, nascondendosi dietro ad un cespuglio ci stava aspettando dal pomeriggio. In quel momento si fece avanti Teylik che, alzando la Suicune ball in direzione del Pokemon tentò di richiamarlo ma, con un’abile balzo Suicune evitò il fascio d’energia: “Mi spiace Teylik, ma non sono un tuo Pokemon, riconsegnami la Suicune ball!” Dicendo questo Teylik andò su tutte le furie: “Quindi sei voluto diventare mio Pokemon solo per il tempo che ti sono servito!” Suicune scosse il capo e socchiudendo gli occhi sussurrò: “Non sono mai stato un tuo Pokemon, sono soltanto di Ck e Crystal!” E avvicinandosi al braccio ancora teso di Teylik gli prese la Suicune Ball con un’abile morso. Teylik stava rispondendo mandando un suo Pokemon quando delle terribili urla riempirono l’oscura notte che nel mentre era calata su quel boschetto. “Scusatemi!” Dicendo questo Suicune balzò dentro in una fessura della montagna e di lui non si sentì più nulla.

* * *

Ero certo che quei lamenti fossero del Pokemon amico di mio Padre, non capivo il motivo della sua migrazione a Kanto ma, sicuramente un motivo doveva esserci se persino il custode dei mari di Johto si era trasferito nel continente decaduto!

Pochi attimi dopo raggiunsi un’oscura camera, non potevo vedere la sua grandezza ma, dall’eco delle gocce che scivolavano nelle pozzanghere capivo che era enorme, nonostante il buio impedisse alla mia vista ed ai miei sensi di percepire qualsiasi cosa avvertivo che in quella sala non ero solo. Ad un tratto sentii un fruscio di piume, come se qualcosa di gigantesco si muovesse in quell’antro cupo. Abbassai allora il capo e con sicurezza sussurrai: “Lugia, compagno so che sei tu!” Sentii ancora un fruscio poi, da quel buio cominciò a scaturire un canto triste, note di morte, tristezza e solitudine, come lamenti, riempivano la sala come fosse un teatro, poi altri rumori, percepii meglio la sua presenza, un sospiro pesante mi scosse la lunga chioma: “Suicune…” La voce di Lugia, i miei presentimenti non avevano errato, erano di Lugia i lamenti che si sentivano nelle notti a Moon Town. Mi accovacciai vicino al suo caldo corpo e stanco, con il muso tra le zampe e iniziammo un colloqui triste ed intenso: “Lugia, amico mio, perché ti trovi qui?” Un altro sospiro freddo riempì la stanza poi, abbassando il lungo collo il Pokemon iniziò a spiegare: “Sai, molto tempo fa il Team Rocket di Kanto mi rapì Shirubaa, il mio figlioletto, iniziai subito le ricerche ma a nulla servì, sembrava scomparso nel nulla. Allora il mio animo rassegnato mi consigliò di nascondermi qui, avevo sprecato troppe forze a combattere quelle malvagie persone, non avrei trovato la forza e la costanza per tornare a Johto!” Sussurrando questo sentii una lacrime del Pokemon bagnarmi il muso, alzandomi sulle zampe sussurrai per tranquillizzarlo: “Forse si è liberato da solo ed è tornato a Johto!” Sapevo benissimo che il piccolo Shirubaa si era sacrificato per salvarmi da quel centro di ricerche, ma la notizia sarebbe stata troppo dura per lui. Scosse però violentemente il capo e piangendo disse: “Impossibile, io e lui eravamo collegati telepaticamente, dopo poche ore dal suo rapimento non ebbi più suoi segnali, sicuramente il Team Rocket deve avergli iniettato uno di quei sedativi per modificarlo geneticamente che gli ha manomesso le funzioni celebrali!” Purtroppo non sapevo di quel collegamento che avevano tra padre e figlio, Lugia poteva immaginare benissimo cosa fosse successo al figlio. In quell’istante sentii dei passi, una luce provenire dal cunicolo dove ero arrivato, pensai a Teylik e le ragazze ma poi smentii le mie aspettative, un piccolo Pokemon simile ad un Pichu ma con le gote e le orecchie blu stava usando un attacco flash. Iniziai a ringhiare furioso verso quel Pokemon che, negli occhi aveva una luce maligna. Alcuni attimi dopo una donna saltò fuori dalla fessura da cui era spuntato lo strano Pokemon, spolverandosi la fascia verde che aveva sulla fronte urlò: “Illumina tutta la stanza!” Il piccolo Pokemon con un potente urlo squarciò il buio che regnava nella sala, vidi Lugia dimenare le ali, doveva essersi abituato al buio e quell’intensa luce doveva nuocergli agli occhi, fissai il suo muso, aveva un occhi chiuso segnato da una profonda cicatrice ed una zampa mozza, doveva essersi mutilato combattendo contro il Team Rochet. Dopo aver scrutato per pochissimi attimi la sala scavata nella roccia viva sogghignando la ragazza disse: “Bene, bene! Due leggendari in un colpo solo!” Estrasse allora una Pokeball grigia e, ridendo malignamente ribadì: “Suicune ed un vecchi lugia, materiale genetico da vendere!”

* * *

“Devi capirlo Teylik, il suo orgoglio non gli permette di avere un altro allenatore all’infuori da Ck e da quella misteriosa Crystall!” Stringendo il pugno con tutte le sue forze il ragazzo sospirò: “Certo, però non doveva usarmi così!” Casey allora scosse la testa ed appoggiando le salsicce con il bastoncino sopra il focolare si avvicinò a Teylik e convinta disse: “Era disperato, voleva ritrovare Ck, e tu sei stata la persona più affidabile da cui farsi aiutare che ha trovato. In certi momenti non si pensa alle conseguenze, si agisce e basta!” Teylik allora scosse la testa violentemente e, alzandosi urlò: “Lui è solo un Pokemon, comune a tutti gli altri, perché non accetta di essere allenato e basta?” In quell’istante sentimmo una voce famigliare provenire da poco lontano, Teylik non poteva conoscerla, non era stato con noi alla lega ed era li che avevamo conosciuto Musuko: “Si capo, Sarah sta compiendo la sua missione, ma se posso permettermi, potevate affidare questa delicata missione ad un’allenatrice più affidabile di lei…” Nel mentre ci eravamo avvicinati alla tenda del losco individuo tenendoci stretti in un cespuglio, una voce metallica proveniente da un videotelefono lo interruppe: “Di Sarah, vi ho detto milioni di volte, c’è da fidarsi, l’ ho richiamata dalle terre del continente senza nome solo per questa missione, le ricerche svolte da lei sono più che approfondite, ci ha inviato dati stupefacenti di quel luogo posseduto dal demonio, si è fatta l’esperienza fra Pokemon demoniaci pronti a tutto per squartare una preda ed è tornata sana salva e con uno squadrone di Pokemon diabolici! Cosa potevo chiedere di più ad un mio servitore?” Musuko annuì infuriato e, una volta spento il video urlò nel silenzio della notte alcune bestemmie e poi, sedendosi a guardare dei fogli sul tavolo che c’era sotto la tenda sussurrò: “Dannata Sarah, mi hai tolto la fiducia del Capo ma giuro che ti ostacolerò, oh se ti ostacolerò!” In un instante si scatenò il finimondo, un’esplosione sulla cima del monte, un fascio d’energia squarciò in tutta la sua altezza, il fascio d’energia scese fino a fare una lunga scia di polvere e distruzione nel bosco, poi un’immensa frana fece uscire dalla parete del Mt. Moon un uccello tremendamente grande, appena uscito dall’ammasso di polvere e detriti lo riconobbi, era Lugia, malandato ma era lui. Aprendo le sue ali con una furia tremenda emise un lamento potentissimo, noi tre ci tappammo le orecchie dal frastuono creato, poi un secondo uccello molto più piccolo di Lugia rosso come il fuoco e veloce come una scheggia sfrecciò fuori dalla montagna e, colpendo Lugia in pieno petto deviò il suo attacco verso l’interno della montagna, un’esplosione interna scaraventò fuori due Pokemon ed una ragazza, che, prontamente lanciò la Pokeball di un altro piccolo uccello blu che, prendendola sul suo dorso la salvò dalla caduta, Musuko levato ritto in piedi fissava la scena a bocca spalancata. La ragazza atterrò dinanzi a lui richiamando il suo maligno sparviero, poi sorridendo urlò: “Ratiasu portamelo giù, vivo o morto!” Il Pokemon volante rosso della ragazza stava veramente mettendo in difficoltà il maestoso leggendario volante che, non poteva nulla contro l’agilità e la precisione di quel piccolo Pokemon. Alcuni attimi dopo Suicune cadde a terra dinanzi alla donna dai lungi capelli castani: “Musuko, raccogli questo parvenza di leggendario e ficcalo in gabbia!” L’uomo zoppicando si avvicinò a Suicune ma venne fermato da una voce che riempì il vento gelido: “Non puoi chiamarmi parvenza di leggendario e passarla liscia!” Era Suicune che in un modo o nell’altro aveva riacquistato i sensi, barcollando tentò di alzarsi ma la frusta di Musuko gli bloccò le zampe anteriori facendolo ricadere a terra ansimante, in quell’istante tre Pokeball si aprirono dinanzi a Suicune: “Charizard, brucia quella frusta!” Fermando la frusta sotto la sua zampa Charizard attacco la mano di Musuko con un lanciafiamme facendogli lasciare l’aggeggio infermale: “Pikachu, tieni a bada Musuko!” Urlai a sorpresa di tutti , non sapevano che avessi dei Pokemon, nonostante Pikachu non era molto allenato era in ottime condizioni: “Meganium, tieni lontano Musuko con le tue liane!” Intanto che i nostri Pokemon tenevano a bada l’avversario noi uscimmo dai cespugli e andammo a soccorrere Suicune: “Io sto bene, pensate a Lugia!” Guardando verso l’alto sospiro, poi il silenzio di Musuko venne rotto dalla risata perfida della donna che stava osservando tutto: “E voi, poveri pivellini vorreste tenermi lontana dalla mia preda?” Quelle parole mi incutevano timore, la posa assunta dalla donna faceva apparire che fosse un’esperta della cattura e che non si sarebbe fermata dinanzi a nulla: “Io, Sarah, cresciuta in un luogo dove i Pokemon sono disposti a tutto per avere dinanzi a loro il loro nemico sanguinante sono diventata come loro, assetata di sangue!”

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Capitolo 6
*** capitolo 5 ***


The End 2
“the Kanto ’s future”
Bring! Bring!
Era una mattina normale, mi ero appena levata dal letto, mentre stavo preparando la colazione il sinistro suono del telefono proveniente dal corridoio mi fece scivolare di mano il vassoio, tentavo di raccattare i frammenti di scodelle quando capii che era urgente, il telefono continuava ininterrottamente a squillare, sapevo bene che il suono emesso dal mio apparecchio era sempre il solito ma quella volta il mio sesto senso mi fece capire che non era la solita telefonata. Alzai lentamente la cornetta e, premendo il pulsante verde per rispondere la mia tremolante foce sospirò “Pronto!” La voce affannata di una persona al capo opposto del telefono balbettò alcune frasi: “Delia? Un’automobile sta per raggiungerla, si prepari, se vuole vedere ancora suo figlio, salga su quell’auto…” Spalancai gli occhi, Mr Mime stava tremando a vedermi così preoccupata, la linea si era interrotta, dopo aver riflettuto pochissimi attimi avendo ancora tra le mani la cornetta mi voltai verso la finestra ed appoggiai la cornetta sul suo basamento. Pochissimi attimi dopo un polverone si levo sulla sterrata strada che passava davanti a casa mia, come se un gruppo di Dugtrio avesse iniziato una migrazione di massa, il silenzio della mia casa nella periferia di Saffron city venne rotto dall’incessante squittio del campanello. Feci alcuni passi verso la porta e sfiorando lentamente la lucida maniglia l’aprii, un ragazzo sui trent’anni avvolto in un giaccone scuro come la notte e con gli occhi celati dietro a due occhiali da sole allungò la sua mano verso di me: “Delia, venga dobbiamo sbrigarci!” Riconobbi subito quella voce, nonostante non avesse più nessun capello sul capo le sue rosse sopraciglia non lasciavano dubbi nel mio cuore: “Gary…” Dissi quella parola poi il ragazzo mi soffiò sul viso una polverina salata e sentii venir meno le forze, chiusi gli occhi e caddi a terra. Sentii degli scossoni e spalancai gli occhi, ero sdraiata in un sedile di un’automobile guidata dal ragazzo che mi aveva “rapita”. Mi sedetti e avvicinando il viso al finestrino vidi un’enorme struttura mimetizzata tra miriadi di rampicanti e piante, sentii una sirena ed un furgoncino mimetico con il marchio dell’ambulanza sfrecciò di fianco alla nostra auto: “Delia, vedo che ti sei svegliata, se vuoi saperlo ci troviamo nel centro di ricerca segreto del Fronte di Salvezza!” Ne avevo sentito parlare da Ash qualche volta, era ciò che rimaneva della Indigo League, solo che aveva il compito di liberare Kanto dalla minaccia del Team Rocket. Entrammo in un cunicolo oscuro illuminato solamente de deboli fari gialli appesi al soffitto e i abbaglianti fanali dell’auto. Con una brusca frenata l’auto si blocco davanti ad una rientranza del cunicolo principale, la portiera davanti a me era bloccata da fuori, Gary uscì dolcemente dal posto di guida e, estraendo con cautela la chiave da cruscotto si avvicinò alla mia portiera. Guardandomi negli occhi infilò la chiave nella serratura e con una cadenza quasi irritante sbloccò il sistema di chiusura della portiera e mi fece uscire: “Dov’è Ash, sbrigati a parlare Gary !” La sua mano si posò dolcemente sulla mia bocca per farmi stare zitta, in effetti nella foga avevo urlato e le mie parole erano rimbombate in tutto quel silenzioso edificio: “Ora che lei è qui dentro non c’è alcuna fretta, mi segua!” Dicendo questo il ragazzo infilò le chiavi della macchina in una fessura del muro e roteandola dolcemente una porta mimetizzata nel buio si aprì, la spalancò e vidi che ci attendeva una lunga scala chiocciola da scalare. Salendo scalino per scalino Gary sospirò alcune parole che non capii, poi girò il capo verso di me, quasi volesse attirare la mia attenzione persa nei mille pensieri di madre: “Delia, in qualunque modo finisca questa storia deve essere fiera di suo figlio!” Nei suoi occhi celati dietro quei scuri occhiali riuscivo a vedere un luccichio causato dalle lacrime, vista la sua espressione e percepita la sua voce disperata cominciai ad aumentare il passo, quasi pestando i piedi al ragazzo davanti a me lo scansai e proseguii sola in quella scala che si avvolgeva intorno ad una robusta colonna di marmo, alla fine vidi una luce verde, quasi notturna, uscii dalla tromba della scala e mi trovai in un lungo corridoio tipico di un ospedale. Feci alcuni passi in avanti poi alzando lo sguardo notai un cartello lungo tutto il soffitto del corridoio: “Neurochirurgia” Poi i passi di marcati Gary mi raggiunsero, mi appoggiò la mano sulla spalla e voltandomi con la forza vidi che non aveva più gli occhiali, il suo viso solcato dalle lacrime esprimeva solo una cosa. Disarcionatami dalla sua presa iniziai a correre senza meta urlando per quel lungo corridoio finche, inciampando in un cavo a terra, caddi fra le braccia di un medico: “Signora, si calmi, mi spieghi perché corre come un’ossessa!” Sentii i richiami di Gary mentre correva verso di me, poi il medico mi fece accomodare nel suo studio, dopo avermi somministrato alcuni tranquillanti mi fece sedere davanti alla sua scrivania e, spiegatogli il nostro problema iniziò a frugare nello schedario dietro di noi, volevo urlare, sfogarmi, sbraitare chiedendogli di sbrigarsi ma quei stupidi sedativi mi tenevano inchiodata alla sedia togliendomi quasi la forza per parlare: “Signora Ketchum, la situazione sanitaria di suo figlio non è delle migliori, non vorrei assolutamente spaventarla ma…” A quelle parole Gary si levo in piedi e mi fece accomodare in corridoio dove, dopo alcuni secondi mi addormentai schiacciata dai sedativi. “Signor Gary, la situazione del suo amico è una delle peggiori che ci erano mai capitate di vedere, l’aggressione di quell’Epsilon gli ha recato numerose fratture ossee, ma questo sarebbe il minimo…” Sfilando lentamente una radiografia dalla cartelletta ed esponendola alla debole luce di una lampada continuò : “Oltre ad aver subito una frattura composta dell’osso del collo, ha subito un gravissimo trauma cranico il quale gli ha formato un consistente ematoma nella parte sinistra del cranio che, oltre a fare pressione sull’encefalo ne impedisce la circolazione normale del sangue!” Da quel poco che mi intendevo di medicina capivo che era molto più grave di quanto pensassi, poi, senza una sosta il medico, sfogliando i vari esami a cui avevano sottoposto il ragazzo proseguì nella sua spiegazione: “Quando me lo avete portato sinceramente l’avevo visto meglio, aveva un leggero trauma cranico ma ora la situazione è degenerata senza alcun limite, l’unico modo di salvarlo sarebbe poterlo operare subito ma, nelle condizioni in cui è, non reggerebbe di certo senza il supporto della macchina cuore/polmoni che lo tiene in vita ora!” In quel momento la porta dello studio si spalancò, Delia aveva sentito tutto ed, entrando in lacrime sbatté le mani quasi per sorreggersi sulla scrivania del medico facendo cadere le radiografie e la cartella medica del figlio: “ Cosa vuol dire che non potete operare ora?” I suoi occhi verdi pieni di lacrime esprimevano un fortissimo risentimento contro quel medico che, ingiustamente, si sentiva accusato di lasciar morire il più grande allenatore della Indigo League! “Signora, la prego si calmi, se dovessimo sospendere la terapia intensiva a suo figlio per permettere l’operazione lui cesserebbe di vivere all’istante!” Sentita questa frase Delia ricadde su una poltrona in un angolo e con lo sguardo fisso verso il soffitto pregava un dio in cui io avevo smesso di credere, se veramente esistesse non avrebbe permesso una tale ingiusta strage: “Stiamo aspettando, sperando che si stabilizzi e poi, forse potremo salvarlo…” Dicendo questo il Dottore si levò dalla poltrona della sua scrivania e, avvicinandosi a me e a Delia ci invitò ad uscire in corridoio: “Dottore se ci sono novità può farmelo sapere?” Chiesi cautamente al medico che, annuendo, si allontanò in quel lungo corridoio senza fine. Mi accomodai in una sedia accanto a Delia e, abbracciandola cercai di darle conforto e, nello stesso tempo cercare un po’ di speranza per sorridere di nuovo! * * * A quali pene dell’inferno ero stata destinata, non pensavo di aver meritato tanti dispiaceri nella mia vita, in quei minuti che scorrevano lenti sul mio orologio, regalo per il mio compleanno di Ash, tentavo di capire quali fossero state le ragioni di tale cattiveria, forse avevo lasciato troppa libertà al mio Ash o forse troppa poca, non riuscivo ad immaginare gli errori che avevo commesso per ricevere una tale punizione ma non capivo, non riuscivo a ricordare nulla! Poi in un flesh-back di quando anche Cole era a casa mi ricordai di quel libro che mi aveva fatto leggere, pochi mesi prima della nascita di Ash, quando ancora piangevo ogni sera per Sarah, nonostante Cole non fosse il suo vero padre provava molta compassione nei miei confronti, ero giovanissima quando l’avevo persa per sempre in quel fatale incidente e, prima della nascita del nostro primo figlio continuavo a piangermi addosso addossandomi la colpa della sua morte; poi, una sera, Cole abbracciandomi dolcemente mentre eravamo sul divano iniziò a cullarmi con la su voce: “Delia, leggi: alcuni sostengono che ogni essere umano ha un suo destino, non possiamo fare nulla per cambiare il decorso naturale di questa vita “prestabilita”, ogni volta che però un bimbo dall’animo leggero viene a mancare la sua anima sale oltre le nuvole e vola per l’eternità assieme ad Ho-oh, il candido custode dell’anima!” Questa fantasiosa spiegazione era quasi riuscita a riappacificarmi con la coscienza, fino ad ora. Perché sarò destinata perdere tutto ciò che ho d’importante nella mia vita, essere scampata per puro miracolo alla strage di Pallet ora si rivela il dispiacere più grande. Vagabondando assieme alle mie domande non mi accorsi di aver socchiuso gli occhi, sentendo il viso umido tentai di alzare il capo per asciugare le lacrime, nonostante aprii gli occhi non riuscivo a distinguere le immagini che avevo davanti agli occhi, tutto il lungo corridoio era offuscato dalle lacrime, mi alzai allora e sfregandomi il viso tentai di fare alcuni passi ma ricaddi senza forze sulla poltrona, vidi Gary appoggiato al vetro di una finestra addormentato, doveva aver fatto le ore piccole per poter stare vicino ad Ash ma ora era crollato, scossi la testa disperata cercando un po’ di aria fresca per poter respirare ma non trovai nulla, mentre i miei occhi si stavano riempiendo di lacrime alzai di nuovo lo sguardo e lo puntai per un attimo verso l’esterno, vidi dei altissimi alberi, sembravano faggi ma alcuni minuti dopo ricaddi nella disperazione di quelle ore e non feci più caso a nulla. Aprii leggermente gli occhi e mi trovai davanti il freddo vetro della finestra dell’ospedale del Fronte di Salvezza, gli alberi al dì fuori erano ricoperti di neve, era inverno inoltrato e Natale era alle porte, in quelle ore in cui avevo dormito avevo sognato di un capodanno, molto tempo fa, quando sembrava che le cose si ristabilissero all’Indigo, quando la situazione non era ancora degenerata a tal punto da indurci a fuggire senza orgoglio da quel freddo altipiano, c’era ancora tempo per divertirsi, quell’anno Ash ed io avevamo passato uno splendido capo d’anno, il mattino dopo ci trovarono sbronzi ed addormentati uno fra le braccia dell’altro all’interno della Hall Of Fame ma, dopo esserci sfidati in continuazione in tutte le competizioni possibili di Pokemon e non, dopo aver raccontato la nostra vita una cinquantina di volte per riuscire a restare svegli fino a mezza notte, una qualche follia potevamo farla. Nonostante durante l’infanzia eravamo rivali ora eravamo buoni amici, anzi, lui era il mio migliore amico, mi aveva aiutato così tante volte che gli dovevo più vite salvate che birre, nonostante pagasse sempre lui. Lui mi aveva salvato tantissime volte ed ora, che era lui ad aver bisogno di un aiuto io ero lì, impotente, in un corridoio a cercare di non dimenticare i bei momenti vissuti insieme a lui. Mi levai dalla mia scomoda posizione ed estraendo il Pokegear che mi aveva regalato mia sorella Margy pochi mesi prima di soccombere nella strage di Pallet e controllai l’ora, era pressappoco mezzanotte, il tempo era trascorso lentamente nonostante abbia dormito per molto tempo, avevo la vista offuscata dalle numerose ore di sonno ma, barcollando in avanti, mi avvicinai ad un infermiere: “Scusi, potrei vederlo!” Sospirai quasi facendo fatica a parlare, l’infermiere, anche lui quasi senza forze dal turno notturno che stava facendo, rispose abbassando lo sguardo: “Mi spiace, ora le sue condizioni non sono ancora delle migliori, appena si stabilizzano potrà entrare!” Alla luce di quelle parole mi rassegnai a tornare al mio posto quando, strofinando i miei occhi con il maglione di lana nero che indossavo sotto al cappotto vidi Dalia ritta in piedi che girovagava per il corridoio sbattendo i pugni chiusi contro il muro: “Ash, non puoi arrenderti così velocemente, tu sei un tipo temerario e testardo, usa la tua testardaggine per togliere la soddisfazione hai Rocket di averti eliminato….” Quella donna mi preoccupava seriamente, la perdita del figlio poteva segnare irreparabilmente la sua vita e renderla quasi inutile, dal canto suo però sarebbe sempre stato la terza perdita importante della sua vita. Mi avvicinai a lei a grandi passi, nonostante fossimo li unici due ad attendere notizie per Ash in quei momenti ci tenevamo man forte l un con l’altra, dovevamo farlo, la costrinsi a sedersi accanto a me e poi sussurrai: “Delia, lo so che non mi sembra il momento adatto, ma durante il tempo che ho trascorso con Ash lui mi ha parlato di Sarah, non abbiamo mai approfondito il discorso perché lui non ne sapeva molto ma… se non erro era…sua sorella!” La donna spalancò gli occhi pieni di lacrime e, tentando di non rimanere stupita da quella frase abbassò il capo e singhiozzò: “Sarah è figlia mia ma non di Cole, il padre di Ash, lei è nata quando io avevo ancora 17 anni, non potevo mantenerla sola, il mio lavoro da commessa non poteva mantenerci tutte e due, fu lì che un giorno, durante le pulizie che svolgevo per il Professor Oak che mi serviva per pagare vitto e alloggio da tua madre a mia figlia siccome non potevo rivelare a mio padre di avere già una figlia fuori dal matrimonio, conobbi Cole, un giovane allenatore ritornato dal suo viaggio di Pokemon trainer dalle lontane terre di un continente senza nome, i suoi occhi caldi e brillanti come il legno di mogano levigato, mi avevano colpito. In seguito ci sposammo ma, alcuni giorni dopo aver riconosciuto come sua quella figlia che non sapeva neppure chi fosse il padre, durante un giro spensierato in bici degli uomini incappucciati di con uno scialle verde come l’erba che un quel momento ci circondava ed, estraendo alcune Pokeball ce le puntarono contro minacciandoci, io la strinsi forte ma fu inutile, uno stano Pokemon con tre foglie sulla schiena mi planò addosso sbattendomi a terra, svenni al momento, riuscii solo a vedere che la infilavano in un sacco, poi…non ricordo nulla…Ero presente quando ci fu quel fatale incidente, è colpa mia e non posso sfuggire alla mia coscienza!” * * * Perché…perché non avverto più nulla? Mi sembra di essere in un antro appartato dove posso solo ricordare….”Vivere” un passato-presente in cui non posso fare altro che rivivere cio che è successo. Vedere per l’eternità una sequenza di sensazioni provate in vita, questo è la morte? Sopravvivere in una “scatola nera” che l’unica cosa che si salverà finché il mio corpo esisterà, finché i vermi lo corroderanno, questo mai! Io sono il più grande allenatore, non posso sopravvivere, devo agire presto. Perché non posso fare altro che ricordare? Perché devo soffrire un’altra volta per le persone perse in vita? Altro che paradiso, se questa è la morte non devo permettermi di morire. Se veramente esiste qualcosa dopo tante sofferenze non può essere ciò, tutto ciò non avrebbe un senso, per cosa stiamo combattendo, perché lottiamo ogni giorno contro coloro che vogliono toglierci la vita se la morte è totalmente uguale alla vita? Mi pongo troppe domande, ora dovrebbe essere il momento della verità e ancora non voglio ammettere la cosa evidente, siamo semplici creature mortali! Non rivedrò mai nessuno che se ne è andato prima di me, perché probabilmente loro non ci sono più veramente… Speravo almeno che, dopo che i Rocket mi avessero eliminato mi sarei ricongiunto a mia madre, ai miei amici e a Tenchu, invece… Vorrei urlare di rabbia, urlare l’ingiustizia della vita, della morte e dell’esistenza, invece…posso solo ricordare, rivivere delle sensazioni…ora posso dire veramente quant’è inutile la vita! Per pochissimi attimi sento qualcosa, un battito, un debole battito, sembra quasi anche lui qualcosa di passato ma…non è affatto passato, mi sembra quasi di poter avvertire qualcosa all’esterno di quella scorza di silenzio… * * * Mi avvicinai al vetro della terapia intensiva sofferente al cuore e alla testa, la stanchezza mi aveva provocato un potentissimo emicrania, notai che alcuni medici erano in fermento, scrutavano lo schermo di un apparecchio a cui era collegato il corpo inerte di Ash e poi annotavano tutto sul loro block notes, dopo pochissimi secondi uscirono dalla camera e si avvicinarono a me, attirando la mia attenzione chiamando il mio “nome in codice”: “Adauchi!” Mi girai bruscamente verso di loro e dopo aver visto i loro occhi pieni di speranza sussurrarono: “La situazione clinica di Ash si è stabilizzata, se vuoi puoi entrare!” * * * “Ash!” Delle parole rimbombare nel vuoto. “Ash, amico mio…” Altri ronzii che nella mia mente si tramutavano in potentissimi segnali di disturbo: “Tu sei forte, sei fortissimo, non puoi arrenderti cos facilmente, devi lottare contro le avversità, devi sopravvivere per tua madre, per i tuoi Pokemon e…devi sopravvivere per me!” Non riuscivo a percepire nulla, la buccia di silenzio che avvolgeva il mio cervello era troppo forte perché io potessi decodificare quei ronzii…. * * * Uscii dalla stanza di Ash, vederlo in quello stato era troppo difficile anche per il mio freddo cuore di pietra, scostai allora la manica del giubbotto e scrutai l’orologio, i miei assonnati occhi non distinsero l’ora allora portai le mani al viso per riuscire a svegliare la mente, poi rifeci l’operazione, capii che ormai il sole sarebbe sorto, erano le sei e mezza del mattino dopo, avevo passato la notte completamente in bianco tranne quelle poche ore che avevo “dormito” appoggiato al vetro dell’ospedale. Ad un tratto sentii il canto di uno Spearow provenire dal davanzale di una delle miriadi di finestre dell’edificio, notai che Delia si era alzata dalla sedia in cui la notte aveva riposato ed era andata a offrire le briciole del panino, che aveva comprato e non era riuscito a mangiare, ai Pokemon selvatici. Solo uno Spearow era accorso, ormai i pochi Pokemon ancora selvatici di Kanto erano diffidenti dell’uomo, tutto il male che i Rocket gli avevano fatto li aveva fatti diventare scontrosi e paurosi nei confronti di noi uomini. “Gary! Guarda, il sole sta sorgendo, pensi che prima o poi vedremo risorgere Kanto?” Mi avvicinai alla donna, scossi il capo senza farla accorgere ma dissi l’opposto: “Si! Se tutti si impegneranno come ha fatto suo figlio Kanto tornerà ad essere uno dei più importanti centri del mondo…” Poi abbassando il capo quasi piangendo sussurrai lentamente: “…Forse…” Ore 8.00 a.m.: Anche la mattinata è al culmine, il sole splende caldo nel cielo ma qualcosa non sembra voler splendere, nonostante le radiografie effettuate al cranio di Ash non siano ancora pronte per essere esaminate, un sesto senso mi porta a essere pessimista: “Signor Adauchi!” Sentii mormorare dal medico curante di Ash: “Venga la prego!” Il viso insensibile che lo contraddistingueva sembrava dipinto di sofferenza, mi avvicinai lentamente quasi non volessi che mi confidasse il motivo di tanta sofferenza. Mi fece accomodare nel suo studio e, estraendo le radiografie le posizionò su una lavagna luminosa: “Gary, vedi in questo punto?” E, dicendo ciò, indicò la parte anteriore del cranio: “Questa chiazza grigiastra indica una cosa sola: la sua fronte si è frantumata e dal colpo la parte anteriore del suo cervello si è spappolata mischiandosi con il sangue dell’emorragia interna!” I miei occhi si spalancarono, la situazione era assai critica, le nostre conoscenze del corpo umano non permettono di operare sul cervello umano, solo un miracolo poteva salvarlo! * * * Devo aver perso la cognizione del tempo, nonostante fossi chiuso in questo antro del mio cervelletto da quasi un giorno mi sembrava tutt’altro che il tempo non passasse, non avevo perso del tutto la coscienza del tempo che trascorreva ma soprattutto un’altra cosa mi faceva dubitare, il fatto che fossi ancora capace di ragionare, di pensare, forse voleva dire che non ero… * * * “Il cuore!” Sentii un trambusto nella sala di Ash, un’infermiere stava correndo verso lo studio del medico, urlando: “Il cuore si è spento!” Corsi anch’io sulla soglia della sala in cui era Ash, sentii uno strano suono sottile ma intenso, girai con lo sguardo per tutta la stanza fino a quando vidi l’apparecchio collegato al suo cuore, sulla schermata una linea verde piatta scorreva da alcuni secondi, il suo sibilo mi impauriva, il cuore si era fermato: “Toglietevi!” Urlò un medico, che nel frattempo era accorso richiamato dall’allarme scattata dal macchinario: “Il defibrillatore, sbrigatevi!” Un secondo infermiere staccò due piastre di metallo dal muro e le porse al medico, stavo sudando freddo: “Ash non morire!” Sussurrai. Capitolo 4 “Casey, Erika, siamo arrivati!” Sussurrò Teylik, mi destai dolcemente su quelle parole. Il Charizard del ragazzo roteava nel cielo di Pewter cercando un punto sicuro in cui atterrare da alcuni minuti poi, Teylik indicò un punto vicino ad un cumulo di ruderi ed il suo Pokemon scese lentamente lì, proprio vicino ad un cartello di legno quasi totalmente sepolto dove si poteva scorgere la scritta “Pewter’s gym?” Chiese incuriosita Casey, il ragazzo voltò il capo verso i ruderi e abbassandosi all’altezza delle macerie scostò lentamente la polvere con la mano e ammirando la fascia di legno sussurrò insieme ad un leggero alito di vento: “Ah! Brock chissà cosa ti hanno fatto?” Non riuscivamo a capire nulla di quello che fosse successo in quella cittadina ai piedi dei monti, Casey si chinò lentamente vicino a Teylik e, cercando di guardare nei suoi occhi, chiese: “Cos’è successo veramente a Kanto?” Il ragazzo quasi volesse evitare l’argomento si levò in piedi e scotendo il capo alzò il braccio verso le montagne indicando una vetta innevata: “Se volete tornare a Johto dovete recarvi a Saffron City e sperare che le linee ferroviarie non siano interrotte!” Lo disse con un tono così acerbo da farlo sembrare un addio. Mentre si stava allontanando da noi richiamando Charizard una Pokeball azzurra nella sua cintura cominciò a scuotersi fino a che, aprendosi fece uscire Suicune: “Teylik!” Il ragazzo, al suono di quella voce, si fermò di scatto e, abbassando il capo rimase immobile: “Se veramente vuoi fare qualcosa per salvare Kanto e il tuo mondo, Johto, accompagna queste ragazze a Saffron! Non l’ hai ancora capito che Kanto è in questo stato grazie alla vigliaccheria dei suoi abitanti?” Abbassando sempre di più il capo quasi stesse piangendo sussurrò: “Quale battaglia devo intraprendere contro coloro che hanno eliminato il più grande allenatore di tutti i tempi? Quale speranze ho?” Il colloquio tra i due sembrava farsi sempre più lungo ed intenso, poi alzando il muso verso il ragazzo Suicune rispose: “Se mai nessuno tenterà, chi potrà dire: sono imbattibili?” Alzando il capo di nuovo verso il cielo Suicune continuò con le sue frasi: “Hanno battuto Ash, questo non vuol dire che sia la fine di tutto no?” A sorpresa di tutti noi Teylik annuì e sogghignando disse: “Suicune, hai ragione, come posso arrendermi per così poco?” Dicendo ciò Casey sogghignò e, prendendo per mano Teylik disse: “Ok, sarai il nostro cocchiere, prepara i Rapidash che si parte per Saffron City!” Dopo essere passati dall’ Hotel dove alloggiava Teylik per ritirare le sue poche cose imboccammo la strada per il Mt. Moon, prima delle quattro tappe precedenti di Saffron, la città capitale del Kanto del Team Roket! Eravamo a poche ore dalle pendici del Mt. Moon quando Teylik estraendo una grande cartina del continente di Kanto la srotolò sul dorso di una roccia: “Vedete, ora attraverseremo il Mt. Moon, dove si dice delle urla di disperazione ogni notte invadano la quiete di Moon Town il piccolo paese sorto alle pendici della vetta, poi, una volta superato questo arriveremo a Cerulean City, la città azzurra, della sua sorte non si sa più nulla dopo il crollo della Darkness Cave. In seguito proseguiremo verso oriente, sarebbe troppo rischioso cercare di entrare nella Capitale dalla porta principale, passeremo attraverso il Rock Tunnel ed usciremo nella città della Ghost Tower dove ultimamente il Team Rocket ha impiantato…” Teylik stava finendo la frase quando dalla sua cintura partì un fascio luminoso di energia, pochi attimi dopo si materializzò davanti a noi il maestoso Suicune. Annusò per pochi attimi l’aria poi sussurrando al vento le seguenti parole: “Raggiungetemi al Mt. Moon!” Iniziò una pazza corsa fatta di lunghissimi balzi verso le montagne e, pochissimi attimi dopo scomparse nella foschia che era appena calata. Era quasi sera e finalmente, oltrepassando il banco di fitta nebbia che separava Moon Town e Pewter, ci ritrovammo ai piedi del famosissimo Mt. Moon. Scrutai intorno a noi per tentare di localizzare tracce del passaggio di Suicune ma non vidi nulla fin quando un vento gelido spazzò le chiome degli alberi: “Finalmente siete arrivati!” era Suicune che, nascondendosi dietro ad un cespuglio ci stava aspettando dal pomeriggio. In quel momento si fece avanti Teylik che, alzando la Suicune ball in direzione del Pokemon tentò di richiamarlo ma, con un’abile balzo Suicune evitò il fascio d’energia: “Mi spiace Teylik, ma non sono un tuo Pokemon, riconsegnami la Suicune ball!” Dicendo questo Teylik andò su tutte le furie: “Quindi sei voluto diventare mio Pokemon solo per il tempo che ti sono servito!” Suicune scosse il capo e socchiudendo gli occhi sussurrò: “Non sono mai stato un tuo Pokemon, sono soltanto di Ck e Crystal!” E avvicinandosi al braccio ancora teso di Teylik gli prese la Suicune Ball con un’abile morso. Teylik stava rispondendo mandando un suo Pokemon quando delle terribili urla riempirono l’oscura notte che nel mentre era calata su quel boschetto. “Scusatemi!” Dicendo questo Suicune balzò dentro in una fessura della montagna e di lui non si sentì più nulla. * * * Ero certo che quei lamenti fossero del Pokemon amico di mio Padre, non capivo il motivo della sua migrazione a Kanto ma, sicuramente un motivo doveva esserci se persino il custode dei mari di Johto si era trasferito nel continente decaduto! Pochi attimi dopo raggiunsi un’oscura camera, non potevo vedere la sua grandezza ma, dall’eco delle gocce che scivolavano nelle pozzanghere capivo che era enorme, nonostante il buio impedisse alla mia vista ed ai miei sensi di percepire qualsiasi cosa avvertivo che in quella sala non ero solo. Ad un tratto sentii un fruscio di piume, come se qualcosa di gigantesco si muovesse in quell’antro cupo. Abbassai allora il capo e con sicurezza sussurrai: “Lugia, compagno so che sei tu!” Sentii ancora un fruscio poi, da quel buio cominciò a scaturire un canto triste, note di morte, tristezza e solitudine, come lamenti, riempivano la sala come fosse un teatro, poi altri rumori, percepii meglio la sua presenza, un sospiro pesante mi scosse la lunga chioma: “Suicune…” La voce di Lugia, i miei presentimenti non avevano errato, erano di Lugia i lamenti che si sentivano nelle notti a Moon Town. Mi accovacciai vicino al suo caldo corpo e stanco, con il muso tra le zampe e iniziammo un colloqui triste ed intenso: “Lugia, amico mio, perché ti trovi qui?” Un altro sospiro freddo riempì la stanza poi, abbassando il lungo collo il Pokemon iniziò a spiegare: “Sai, molto tempo fa il Team Rocket di Kanto mi rapì Shirubaa, il mio figlioletto, iniziai subito le ricerche ma a nulla servì, sembrava scomparso nel nulla. Allora il mio animo rassegnato mi consigliò di nascondermi qui, avevo sprecato troppe forze a combattere quelle malvagie persone, non avrei trovato la forza e la costanza per tornare a Johto!” Sussurrando questo sentii una lacrime del Pokemon bagnarmi il muso, alzandomi sulle zampe sussurrai per tranquillizzarlo: “Forse si è liberato da solo ed è tornato a Johto!” Sapevo benissimo che il piccolo Shirubaa si era sacrificato per salvarmi da quel centro di ricerche, ma la notizia sarebbe stata troppo dura per lui. Scosse però violentemente il capo e piangendo disse: “Impossibile, io e lui eravamo collegati telepaticamente, dopo poche ore dal suo rapimento non ebbi più suoi segnali, sicuramente il Team Rocket deve avergli iniettato uno di quei sedativi per modificarlo geneticamente che gli ha manomesso le funzioni celebrali!” Purtroppo non sapevo di quel collegamento che avevano tra padre e figlio, Lugia poteva immaginare benissimo cosa fosse successo al figlio. In quell’istante sentii dei passi, una luce provenire dal cunicolo dove ero arrivato, pensai a Teylik e le ragazze ma poi smentii le mie aspettative, un piccolo Pokemon simile ad un Pichu ma con le gote e le orecchie blu stava usando un attacco flash. Iniziai a ringhiare furioso verso quel Pokemon che, negli occhi aveva una luce maligna. Alcuni attimi dopo una donna saltò fuori dalla fessura da cui era spuntato lo strano Pokemon, spolverandosi la fascia verde che aveva sulla fronte urlò: “Illumina tutta la stanza!” Il piccolo Pokemon con un potente urlo squarciò il buio che regnava nella sala, vidi Lugia dimenare le ali, doveva essersi abituato al buio e quell’intensa luce doveva nuocergli agli occhi, fissai il suo muso, aveva un occhi chiuso segnato da una profonda cicatrice ed una zampa mozza, doveva essersi mutilato combattendo contro il Team Rochet. Dopo aver scrutato per pochissimi attimi la sala scavata nella roccia viva sogghignando la ragazza disse: “Bene, bene! Due leggendari in un colpo solo!” Estrasse allora una Pokeball grigia e, ridendo malignamente ribadì: “Suicune ed un vecchi lugia, materiale genetico da vendere!” * * * “Devi capirlo Teylik, il suo orgoglio non gli permette di avere un altro allenatore all’infuori da Ck e da quella misteriosa Crystall!” Stringendo il pugno con tutte le sue forze il ragazzo sospirò: “Certo, però non doveva usarmi così!” Casey allora scosse la testa ed appoggiando le salsicce con il bastoncino sopra il focolare si avvicinò a Teylik e convinta disse: “Era disperato, voleva ritrovare Ck, e tu sei stata la persona più affidabile da cui farsi aiutare che ha trovato. In certi momenti non si pensa alle conseguenze, si agisce e basta!” Teylik allora scosse la testa violentemente e, alzandosi urlò: “Lui è solo un Pokemon, comune a tutti gli altri, perché non accetta di essere allenato e basta?” In quell’istante sentimmo una voce famigliare provenire da poco lontano, Teylik non poteva conoscerla, non era stato con noi alla lega ed era li che avevamo conosciuto Musuko: “Si capo, Sarah sta compiendo la sua missione, ma se posso permettermi, potevate affidare questa delicata missione ad un’allenatrice più affidabile di lei…” Nel mentre ci eravamo avvicinati alla tenda del losco individuo tenendoci stretti in un cespuglio, una voce metallica proveniente da un videotelefono lo interruppe: “Di Sarah, vi ho detto milioni di volte, c’è da fidarsi, l’ ho richiamata dalle terre del continente senza nome solo per questa missione, le ricerche svolte da lei sono più che approfondite, ci ha inviato dati stupefacenti di quel luogo posseduto dal demonio, si è fatta l’esperienza fra Pokemon demoniaci pronti a tutto per squartare una preda ed è tornata sana salva e con uno squadrone di Pokemon diabolici! Cosa potevo chiedere di più ad un mio servitore?” Musuko annuì infuriato e, una volta spento il video urlò nel silenzio della notte alcune bestemmie e poi, sedendosi a guardare dei fogli sul tavolo che c’era sotto la tenda sussurrò: “Dannata Sarah, mi hai tolto la fiducia del Capo ma giuro che ti ostacolerò, oh se ti ostacolerò!” In un instante si scatenò il finimondo, un’esplosione sulla cima del monte, un fascio d’energia squarciò in tutta la sua altezza, il fascio d’energia scese fino a fare una lunga scia di polvere e distruzione nel bosco, poi un’immensa frana fece uscire dalla parete del Mt. Moon un uccello tremendamente grande, appena uscito dall’ammasso di polvere e detriti lo riconobbi, era Lugia, malandato ma era lui. Aprendo le sue ali con una furia tremenda emise un lamento potentissimo, noi tre ci tappammo le orecchie dal frastuono creato, poi un secondo uccello molto più piccolo di Lugia rosso come il fuoco e veloce come una scheggia sfrecciò fuori dalla montagna e, colpendo Lugia in pieno petto deviò il suo attacco verso l’interno della montagna, un’esplosione interna scaraventò fuori due Pokemon ed una ragazza, che, prontamente lanciò la Pokeball di un altro piccolo uccello blu che, prendendola sul suo dorso la salvò dalla caduta, Musuko levato ritto in piedi fissava la scena a bocca spalancata. La ragazza atterrò dinanzi a lui richiamando il suo maligno sparviero, poi sorridendo urlò: “Ratiasu portamelo giù, vivo o morto!” Il Pokemon volante rosso della ragazza stava veramente mettendo in difficoltà il maestoso leggendario volante che, non poteva nulla contro l’agilità e la precisione di quel piccolo Pokemon. Alcuni attimi dopo Suicune cadde a terra dinanzi alla donna dai lungi capelli castani: “Musuko, raccogli questo parvenza di leggendario e ficcalo in gabbia!” L’uomo zoppicando si avvicinò a Suicune ma venne fermato da una voce che riempì il vento gelido: “Non puoi chiamarmi parvenza di leggendario e passarla liscia!” Era Suicune che in un modo o nell’altro aveva riacquistato i sensi, barcollando tentò di alzarsi ma la frusta di Musuko gli bloccò le zampe anteriori facendolo ricadere a terra ansimante, in quell’istante tre Pokeball si aprirono dinanzi a Suicune: “Charizard, brucia quella frusta!” Fermando la frusta sotto la sua zampa Charizard attacco la mano di Musuko con un lanciafiamme facendogli lasciare l’aggeggio infermale: “Pikachu, tieni a bada Musuko!” Urlai a sorpresa di tutti , non sapevano che avessi dei Pokemon, nonostante Pikachu non era molto allenato era in ottime condizioni: “Meganium, tieni lontano Musuko con le tue liane!” Intanto che i nostri Pokemon tenevano a bada l’avversario noi uscimmo dai cespugli e andammo a soccorrere Suicune: “Io sto bene, pensate a Lugia!” Guardando verso l’alto sospiro, poi il silenzio di Musuko venne rotto dalla risata perfida della donna che stava osservando tutto: “E voi, poveri pivellini vorreste tenermi lontana dalla mia preda?” Quelle parole mi incutevano timore, la posa assunta dalla donna faceva apparire che fosse un’esperta della cattura e che non si sarebbe fermata dinanzi a nulla: “Io, Sarah, cresciuta in un luogo dove i Pokemon sono disposti a tutto per avere dinanzi a loro il loro nemico sanguinante sono diventata come loro, assetata di sangue!”

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Capitolo 7
*** capitolo 6 ***


“Sarah, Sarah, rispondimi!” Furono le prime parole dopo molte ore di buio e silenzio, quella calda voce che sembrava cullarmi nel mio sonno leggero, aveva qualcosa di famigliare. Aprii lentamente gli occhi, vidi dinanzi a me un viso sconosciuto, alzandomi dal comodo giaciglio su cui mi trovavo sospira: “Mamma?” L’uomo che mi sedeva accanto doveva avere più o meno trentenni, aveva i capelli abbastanza lunghi raccolti in una coda da una fascetta verde come i suoi occhi. Fissando profondamente i suoi occhi percepii qualcosa di famigliare, ero piccola per immaginare la realtà ma, per pochi attimi percepii nelle sue mani che mi sfioravano i capelli qualcosa di paterno: “Sarah, come sta tua madre?” I miei presentimenti cominciavano a tramutarsi in certezze, scossi il capo e ringhiando dissi: “Chi sei tu per chiedere di mia mamma?” Alzandosi dal mio giaciglio socchiuse gli occhi e dolcemente sussurrò: “Tu non sei figlia dell’uomo che ha sposato tua madre, tu, piccola Sarah, sei figlia mia e di Delia!” Spalancando gli occhi dallo stupore sentii dei richiami, scorsi con lo sguardo il luogo in cui ci trovavamo, era una grande tenda verde, lo stesso verde di cui era dipinta la fascia di quell’uomo: “Signore, signore! Abbiamo dei problemi con quello stano Pokemon d’acciaio che vuole portare a Kanto!” L’uomo che si definiva mio padre uscì di corsa dalla tenda, sentii delle urla di dolore metalliche, uscii anch’io per vedere cosa stava succedendo, c’era un Pokemon azzurro che si appoggiava su due possenti zampe, era gigantesco, molto di più della massa di uomini tutti vestiti di verde che tentavano di tenerlo fermo con delle enormi reti metalliche. Altri uomini tentavano di scalfire la sua scorza di metallo sparandogli addosso dei acuminati arpioni che, non facevano altro che ammaccare la corazza facendolo soffrire inutilmente, poi l’uomo dai lunghi capelli urlò: “Attaccatelo da sotto, li non dovrebbe avere la corazza dura!” Alcuni uomini allora corsero sotto il possente Pokemon e, sparando verso l’alto centrarono in pieno gli organi vitali del Pokemon, un urlo di dolore disumano riempì l’accampamento, poi il Pokemon cadde a terra senza vita. Il silenzio creatosi mi mise malinconia, poi, vedendo le manifestazioni di gioia degli uomini che lo avevano ucciso scoppiai a piangere e corsi nella tenda a nascondermi, probabilmente mio “padre” non si accorse che ero uscita fino al punto in cui non senti le mie urla di sofferenza, pochi secondi dopo sentii di nuove la sua calda voce: “Sarah, perché piangi?” Io sospirando e piangendo sussurrai tra una lacrima e l’altra: “Perché hanno ucciso quel Pokemon, tutti abbiamo diritto a vivere, perché l’avete ucciso?” Lui accarezzandomi ancora i capelli disse: “Questi non sono Pokemon normali, hanno qualcosa in loro di demoniaco, la settimana scorsa lui ha distrutto l’intero accampamento nord uccidendo tantissime persone innocenti, ora era venuto qui per ucciderci tutti! Capisci ora?” Annuii e tentai di asciugarmi le lacrime, sorrisi per farlo felice poi abbracciandomi sussurrò: “Io so il tuo nome ma tu non sai come si chiama il mio, io mi chiamo Kyo, ma tu puoi chiamarmi semplicemente papà!” Erano le parole più dolci che avevo sentito in quei giorni, mi addormentai fra le sue braccia e non sentii più nulla. Alcuni giorni dopo girovagando per l’accampamento essendo fiera di essere la figlia del capobranca incappai in un edificio malconcio al centro del reticolo di tende, era abbastanza buio ma curiosa, entrai. Provenivano stani rumori da quell’edificio, rumori di macchinari di chissà quale funzione. Entrai in un lungo corridoio, al primo cartello vidi la figura di alcune uova ed una scritta che, nonostante sapessi leggere pochissimo decifrai “Incubatrici uova”, entrai incuriosita, c’era un enorme sala dove vidi il Pokemon che pochi giorni prima mio padre aveva fatto uccidere a terra quasi in decomposizione, emanava un tanfo terribile, poi girando lo sguardo dal lato opposto vidi una stranissima macchina contenente alcune uova blu. Mi avvicinai con cautela ed, ad un tratto, il guscio di uno di quelli cominciò a creparsi, pochi secondi dopo anche le altre uova cominciarono a schiudersi, mi allontanai spaventata. Dai gusci vuoti uscirono dei piccoli Pokemon blu, simili a quello più grosso e, come in una processione funebre si avvicinarono al cadavere del Pokemon ucciso e iniziarono a piangere, i loro cori tristi parevano note di morte e tristezza, poi capii tutto! “Venite, le uova si sono schiuse!” Degli uomini vestiti con un lungo camice verde accorsero e, prendendo in braccio i piccoli li staccarono uno dall’altro e, piangendo, vennero portati via dal corpo…della madre! “Sarah, cosa ci fai qui? Hai visto quanto sono carini quei Pokemon?” La voce di mio padre coprì il pianto disperato di quei piccoli, infuriata e con le lacrime agli occhi mi avvicinai a mio padre, poi vidi un piccolo che tentava di mordergli la scarpa, ad un tratto diede uno strattone ed strappò un pezzo di scarpa dal piede di mio padre. Allontanandosi con il suo trofeo il piccolo venne freddato da un colpo di rivoltella da mio padre, cadde a terra sanguinando senza vita: “I Pokemon che nascono con l’animo ribelle bisogna impedirgli di crescere!” Iniziai a piangere senza però respirare urlai a mio padre con voce sottile e debole: “Quel Pokemon non cercava di uccidervi, ma rivoleva solo le sue uova!” Mio padre annuì poi ridendo disse: “Certo, lo sapevamo, ma se non iniziamo ad allevare noi quei Pokemon non diverranno mai allenabili!” Piangendo sempre più forte urlai al cielo: “Sei un mostro!” E scansandolo dalla porta corsi fuori con tutta la forza che avevo nelle gambe, sentii i richiami di mio padre ma non mi fermai. Corsi per molto tempo fino a quando le mie gambe cedettero e caddi a terra, ero in un bosco fitto e buio, sentii dei rumori metallici. Tentai di alzarmi ma non ce la feci, vidi sopra di me un Pokemon uguale a quello che poco tempo prima era stato ucciso dagli uomini di mio padre, appena lo vidi mi vennero meno le forze, socchiusi gli occhi e svenni. Passarono gli anni, crebbi insieme ai Metaro, li chiamai cosi dal loro verso, loro impararono molte tattiche d’assalto da me ed io imparai da loro il gusto del sangue e della morte di coloro che ti facevano del male, difendere il branco a tutti i costi. Cominciai a capire allora il loro linguaggio, iniziai a parlare la loro complessa lingua e familiarizzai con molti di loro. Nonostante fossi vissuta con gli umani fino all’età di cinque anni capii che era meglio stare con i Pokemon, loro avevano regole e principi che negli umani erano andati perduti grazie al vile denaro. Iniziammo a collaborare per vendicarci degli umani, distruggendo uno dopo l’altro tutti gli accampamenti dell’Assembla del Rekkuza. All’età di sedici anni avevo disseminato più vittime in quel continente selvaggio io che nessun’altra organizzazione o malattia su questa terra. Arrivò anche l’ora di attaccare l’accampamento dove c’era mio padre, nottetempo salimmo sulle montagne che lo circondavano e vidimo che non era più un semplice accampamento fatto di tende e radi edifici, era diventata una vera e propria città corazzata e difesa. Sarebbe stata dura per me ed il mio esercito di Metaro entrare in quella città. Dovevamo aspettare le prime luci dell’alba per attaccare perché i miei Pokemon avevano una vista limitata durante la notte. Mi assopii vicino al Metaro che mi aveva cresciuto, quando però il sole iniziò a sfiorare le corazze metalliche ed il riflesso dei Pokemon mi svegliò, recandomi sul posto di avvistamento, vidi la città di mio padre rasa al suolo, il fumo sovrastava la città in fiamme, ordinai all’intero esercito di battere un veloce attacco. Appena arrivata alle porte della città vidi un fornito gruppo di Pokemon simile ai Rhydon ma grigi e lucenti come l’acciaio con tre corna sul capo che seminava distruzione in tutta la città, infuriata abbassai il capo per contenere l’ira ma poi scoppiai in un urlo che attirò la loro attenzione in massa e, in lingua dei Metaro, urlai: “Questa città è nostra e ce la prenderemo!” Tutto il mio fedele esercitò caricò i Pokemon avversari e, come in un’immensa guerra tra specie diverse i miei Pokemon smembrarono l’intero assembramento nemico, loro non potevano fare nulla alla corazza dei Metaro ma i miei sudditi con le loro possenti zampe metalliche riuscivano perfettamente a perforare la loro corazza. Mentre la battaglia infuriava sentii dei lamenti umani, seguii quella vece famigliare che mi portò in uno stretto cunicolo, un uomo dai lunghi capelli bianchi steso a terra con un braccio squartato stava tentando di comunicare con qualcuno tramite un Pokegear: “Sono Koga, sono appena arrivato a Moshino Town ma qui quei dannati Pokemon hanno distrutto tutto, la prego signorina Wentworth mi mandi un elicottero, la prego, non può lasciarmi morire qui…” Appena mi vide mi riconobbe ed io riconobbi lui: “Sarah…salvami ti prego!” Con cautela mi avvicinai a lui e gli strappai il Pokegear di mano, lo misi accanto all’orecchie e mugugnando dissi: “Chiunque parli volevo dirgli una cosa!” Sentii la donna dall’altro capo della chiamata sospirare qualcosa poi continuai: “Questo continente è mio, ditelo ai vostri superiori che se vogliono venire li ammazzerò com’è vero che mi chiamo…Sarah dei Metaro!” Poi facendo cadere l’aggeggio a terra lo schiacciai con un piede distruggendolo, avvicinandomi a mio padre sussurrai a testa alta: “Ed ora veniamo a noi!” Mi inginocchiai dinanzi a lui e, sollevandogli il soprabito sfilai la sua pistola dal fodero, costatai se era carica e dopo gliela puntai contro: “Con questa pistola hai tolto tante vite innocenti di Pokemon, ora questa stessa pistola farà giustizia!” Lo vidi che implorava pietà balbettando alcune frasi, con gli occhi freddi e pieni di rabbia premetti il grilletto, la pallottola misi fine alle sue pene. Felice e piena d’orgoglio sollevai verso l’alto l’aggeggio infermale e dopo aver urlato: “Me-metarooo!” Che nel loro modo di esprimersi significava “vittoria!” Iniziarono a cantare e ballare. La sera stessa appiccai un piccolo focolare dove loro ballavano felici attorno, ero seduta in un angolo giocando con la rivoltella quando sentii il rumore di un elicottero, atterrò poco lontano dalla nostra festa, i Metaro sul piede di guerra si schierarono dinanzi a me, poi una voce proveniente dall’interno del velivolo disse: “Sto cercando Sarah dei Metaro!” Scostando i Pokemon schierati con la voce mi feci avanti rispondendo a gran voce: “Chi mi cerca?” Dall’elicottero scese una donna ben vestita con una giacca rossa ed una gonna corta anche lui dello stesso colore, portava dei lunghi capelli rossi legati in una noca dietro al capo, sul naso aveva un sottile paio d’occhiali: “Piacere, sono Tomoko Wentworth, quella con cui hai parlato questo pomeriggio al telefono!” Scossi il capo violentemente e, guardando le sue bellissime scarpe nere sussurrai: “Che vuoi da me?” Lei sogghignando disse: “Io nulla, il mio Capo però vorrebbe vederti, sei una tipa in gamba e vorrebbe farti una proposta!” Mi avvicinai di più a lei ed avvertii il profumo di cui era intrisa quella favolosa giacca: “Che tipo di proposte?” Lei abbassò il capo e sorridendo disse: “Questo non so dirtelo, sono solo una messaggera, seguimi e lo saprai!” Senza un attimo di tentennamento mi avvicinai alla donna e convinta urlai: “Portami da lui!” I Metaro iniziarono ad inquietarsi, alzando il braccio destro verso di loro urlai: “Meta-taro taro ro me-metarsss!” Loro si calmarono e la donna mi fece salire sull’elicottero che, all’istante prese quota, diedi un ultimo saluto al mio esercito e girai il capo verso l’interno dell’elicottero: “Sarah, posso sapere cosa gli hai detto per calmarli?” Senza nemmeno guardarla in viso sussurrai: “Tornerò con le loro teste!” La donna deglutì ed, intimorita, prese le distanze da me. Dopo più di dieci ore di viaggio arrivammo in una metropoli disseminata di luci ed insegne luminose, atterrammo sul palazzo più alto ed oscuro, la donna iniziò: “Ecco, ora passeremo dal truccatore e dal sarto poi sarai pronta per incontrare il capo! Non so se ti rendi conte dell’onore che ti ha riservato, sei una delle poche persone a questo mondo che ha l’onore di incontrare il capo!” Non mi importava nulla delle sue parole, la seguii però nelle varie tappe che mi preparavano per conoscere questo “Capo”! Una volta lavata, vestita e truccata mi portarono in una stanza buia con un lunghissimo tavolo, all’estremità opposta stava una figura umana che accarezzava un Persian: “Siediti!” La voce dura dell’uomo mi ordinò di sedermi e, scostando la sedia dal tavolo lo feci: “Sarah dei Metaro! Bella fantasia certo!” Annuii impaurita da tutte quelle parole: “Almeno sai di chi sei figlia veramente?” Quella domanda mi innervosì, come se non sapessi di non essere figlia di quei Pokemon: “Mia madre si chiamava Delia e mio padre a quanto pare si chiamava Kyo!” A queste parole l’uomo ebbe un sussulto: “Kyo? Quindi tu sei la figlia del capo dell’Assembla del Rekkuza! Che cosca ridicola!” Innervosita da tali parole urlai: “Cosa vuole da me?” Le mie parole rimbombarono in quella silenziosa stanza come un’eco di montagna: “Calmati ragazza! Da quanto so su di te sei una guerriera sanguinaria!” Annuii nervosa e risposi con rabbia: “E con questo?” Lui con la stessa calma che mi rendeva isterica e scandendo le parole come un Pokemon scandiva il proprio nome rispose: “Con questo volevo proporti di diventare mia socia…” Con un cigolio sinistro il tavolo dinanzi a me si aprì ed una piattaforma portò due Pokeball una blu ed una rossa: “…In quelle due Pokeball ci sono due Pokemon creati dal Dna trovato in una piuma di Lugia, uno maschio, Ratiosu, ed uno femmina, Ratiasu! Se accetterai la mia proposta questi due Pokemon saranno tuoi!” Sempre più nervosa battei un pugno violentemente sulla tavola facendo tremare le due Pokeball: “Sbrigati, qual’è la tua proposta, i miei sudditi mi attendono!” Ridacchiando disse: “Svolgerai ricerche sui Pokemon e sul loro carattere nel continente selvaggio in cui sei cresciuta, ti forniremo il materiale necessario gratuitamente, potrai tenerti tutti i Pokemon catturati e per lo più riceverai la protezione dei tuoi Metaro!” Furiosa scattai in piedi e urlando di nuovo disse: “Non mi interessa che proteggiate i Metaro dagli altri Pokemon sono autosufficienti, non mi interessa la vostra proposta, voglio continuare a combattere assieme a coloro che mi danno ciò che voglio!” Ridendo di gusto l’uomo chiese: “Cosa vuoi tu?” Ridendo soddisfatta abbassai il capo e mi risedetti: “Voglio vedere il sangue del mio nemico scaturire dal suo corpo ancora agonizzante, voglio la morte dei nemici, intere famiglie smembrate padri uccisi in battaglia, madri squartate e figli orfani che piangono vicino ai corpi delle proprie madri attendendo che la fame e la morte sopraggiunga anche per loro, ecco ciò che voglio!” Ridendo sempre più forte l’uomo iniziò compiaciuto a parlare: “Sarah, noi due ci assomigliamo nonostante tutto, dalla nostra vita vogliamo le stesse cose, vieni qui!” Mi avvicinai allora alla sua poltrona e, premendo un pulsante sotto la sua mano dinanzi a noi si sollevò un pannello che permetteva di ammirare tutta la città: “L’unica nostra differenza è che io non voglio la morte ma la sofferenza, c’è più gusto a vedere madri che non possono sfamare i propri figli orfani di un padre, donne allo sbando per poter dare un tozzo di pane al proprio figlio, costrette a squartare il Growlithe di famiglia per avere un po’ di carne per Natale! C’è più gusto a vedere i padri che muoiono in assurde rivolte contro il regime, contro il mio regime!” Sogghignai di tanta cattiveria, poi voltandosi verso di me sussurrò: “Se accetti avrai tutto il sangue che vorrai!” Felice di tale proposta annuii con gli occhi pieni di rispetto verso quell’uomo. Alcuni giorni dopo ripartii per quel continente selvaggio, nella cintura avevo Ratiasu, Ratiosu e altre quattro Master ball, Giovanni mi aveva assicurato che da quelle Pokeball nessun Pokemon avrebbe potuto liberarsi, assieme ad altri nove elicotteri pieni di soldati ed armi partivo per il mio mondo pronta a conquistarlo! Capitolo 5 La donna dal lungo vestito nero si stava avvicinando a grandi passi, scansando Musuko con un brusco gesto iniziò a ridere a gran voce: “Il Capo del Team Rocket Unito mi ha affidato una missione ed io devo portarla a termine, neppure tre ragazzini ostinati potranno fermarmi!” Dicendo ciò estrasse una Pokeball viola dai riflessi neri e massimizzandola la portò all’altezza del viso, quasi sfiorando la Pokeball con le labbra imbevute di rossetto nero la lanciò verso l’alto: “Abosurou portami quel Suicune!” La Pokeball fece un balzo verso l’alto e, una volta arrivata all’altezza delle chiome degli alberi si aprì facendo fuoriuscire un fascio di energia oscura come la notte che riempiva il cuore di quella donna. Un Pokemon dal pelo bianco e folto, che si reggeva su quattro zampe come un cane, sulla fronte spiccava una falce ricoperta di pelo grigio che agitava con grande maestria, i suoi occhi rossi incutevano timore a chiunque esso fissasse: “Abosurou usa l’attacco tagliofuria contro quei Pokemon!” Il malefico Pokemon balzò in alto quasi volesse volare e, una volta che gli sguardi dei nostri Pokemon furono puntati su di lui scosse leggermente la falce ed un fascio d’energia ne scaturì colpendo in pieno petto il mio Charizard. “Charizard, che ti ha fatto?Come stai?” Mi avvicinai correndo al mio Pokemon che, a terra dal contraccolpo, ansimava dolorante. Mi strappai una manica della camicia e, scorrendogliela sulla ferita gliela tamponai: “Stai tranquillo Charizard non sembra profonda te la caverai benissimo!” Vedendo ciò la donna sbuffò e ridacchiando disse: “Voi abitanti della civiltà siete tutte femminucce!” Infuriato mi levai da Charizard richiamandolo nella sua Pokeball, massimizzai la Pokeball di Chansey e la lanciai verso il Pokemon senza cuore della mia avversaria: “Visto, un allenatore serio non allenerebbe mai un…Pokemon così inutile!” La mia ira scoppiò in una frase disperata trattenuta dai denti digrignati: “Chansey è tutt’altro che inutile! Chansey cantagli una ninna-nanna!” Voltandomi verso le due ragazze sussurrai: “Chansey usa gli ultrasuoni a noi non farà nulla ma…tappate le orecchie a Suicune e ai vostri Pokemon!” Chansey iniziò a dondolare ed il Pokemon della donna lentamente cadde a terra addormentato: “Come è possibile, non ho sentito nulla!” Esclamò Sarah stupita, pochi attimi dopo anche il Pokemon volante rosso che stava attaccando Lugia cadde a terra assopito in un profondo sonno. Richiamandoli Sarah infuriata mi fissò per alcuni minuti, poi, estraendo un’altra Pokeball viola dalla sua cintura urlò: “Metaro non si farà addormentare da quella sottospecie di infermiera!” Lanciandola verso l’alto un fascio d’energia materializzò davanti a Chansey un Pokemon blu, metallico, che aveva sul viso un’enorme x grigia: “Me-taro taro tarò!” Urlò la donna, sembrava che parlasse la lingua di quel Pokemon, in quell’astuto modo non saremmo riusciti a capire e difenderci dal suo attacco. Con un verso metallico il Pokemon si scagliò con una furia tremenda contro il mio Pokemon che, non fece altro che cadere sotto i suoi graffi e le ferite. Lo richiamai appena in tempo, altrimenti quel mostro l’avrebbe uccisa. Ero in una situazione critica, tutti i miei Pokemon che potevano tenere testa ad un simile colosso erano feriti e Eevee e Houndaur non potevano sicuramente fermarlo. Sarah capendo la situazione ridacchiò felice poi: “Ora siete nei guai, consegnatemi Suicune e vi risparmierò la vita!” Deciso risposi a tono alla sua richiesta: “Non l’avrei mai, dovrai passare sul mio cadavere prima!” “Metaro, me-ta-ro!” Urlò la donna al Pokemon che, con un balzo tremendo era pronto ad assalirmi, in quel momento sentimmo un grande spostamento d’aria, e lo sbattere di enorme ali riempì il silenzio di quegli attimi di terrore, Lugia passò davanti a me e con una potentissima capocciata sbatté il Pokemon di Sarah nella foresta abbattendo molti alberi assieme a lui. “Lugia, vattene è compito mio difendermi !” Mormorò Suicune che, nel frattempo si era rialzato e, barcollando, stava avvicinandosi a me: “Suicune, Teylik, Casey, Erika scappate, ci penserò io a questa situazione!” Ridacchiando di nuovo Sarah fissò Suicune e poi voltandosi verso Musuko sussurrò: “Corri a prendere due Detention Ball!” Vidi l’uomo correre goffamente nella tenda poi la donna si rivolse di nuovo verso il Pokemon leggendario: “Suicune, mi spiace, ma ora abbiamo preso noi il potere, voi leggendari sarete nostre pedine!” Dicendo questo Suicune iniziò a ringhiare verso la donna poi con un tremendo urlo: “Questo non avverrà mai finché qualcuno avrà il coraggio di lottare!” Poi la voce di Lugia prese il sopravvento nel ventoso silenzio: “Passate attraverso la fessura che ho creato e andate a Cerulian!” Tentai di ribattere ma con un potente ruggito Lugia mi fece capire che era la cosa giusta: “Suicune…” Sussurrai e il Pokemon annuì, iniziammo a correre verso la voragine aperta da Lugia nel Mt. Moon, Sarah lanciò una Pokeball verso di noi ed il Pokemon volante azzurro di Poco prima ci piombò dinanzi, con un geloraggio Suicune lo sigillò accanto alla parete di roccia, riuscimmo ad entrare e appena lì Suicune congelò l’entrata così che nessun Pokemon maligno ci seguisse! * * * “Eclissi di Lugia!” Un urlo del mio amico poi una tremenda esplosione riempì il silenzio fatto di respiri profondi e tintinnii di gocce d’acqua dell’interno del Mt. Moon: “L’ ha usato infine!” I ragazzi mi guardarono in modo strano, mi accovacciai vicino al fuoco che aveva acceso e singhiozzando sussurrai: “L’eclissi di Lugia, è l’attacco massimo di un Lugia, incanalando tutta l’energia dell’aerocolpo nel proprio corpo si esplode con una liberazione d’energia tremenda!” Sembrai trasmettere la mia malinconia a tutto il gruppo, ormai sarebbe sorto il sole, mancavano pochissime ore all’alba e non eravamo ancora usciti da quel labirinto di bui cunicoli e sale, ad un tratto una luce debole, un lumicino di una torcia elettrica esaurita si profilò all’orizzonte: “C’è qualcuno lì? Chi và là?” Iniziò a richiamare Teylik nella speranza di trovare una persona amica che ci avrebbe portato fuori da quella grotta: “Scusate, per caso sapete come uscire da qui?” Una voce anziana, rauca e maschile riempì il silenzio di quei secondi, più la luce si avvicinava più riuscivamo a distinguere che l’anziana voce era dell’uomo che maneggiava con un po’ di incertezza quella torcia quasi esaurita. Una volta dinanzi a noi notai una tremenda somiglianza con qualcuno che avevo già visto, i suoi occhi profondi e scuri, i lunghi capelli grigi che coprivano le spalle, quei vestiti sdruciti ed il viso sbarbato come pochi avevano una tremenda somiglianza con…: “Scusate se vi ho spaventati ma anch’io mi sono perso in queste grotte… Mentre ci recavamo nella direzione più sensata per trovare un’uscita, cioè quella in cui nessuno di noi era mai passato, l’anziano signore ci spiegò alcune cose di lui e del monte luna: “Non ricordo nulla di me, alcuni mesi fa Melanie mi trovò in una di queste grotte assopito e denutrito, dopo che si fu presa cura di me non trovai il coraggio di andarmene dalla sua oasi, ogni tanto per ripagarla percorro questi cunicoli per cercare qualche fungo o Pokemon feriti che hanno bisogno di cure ed affetto che lei può dargli in abbondanza!” Ad un tratto da un angolo di un cunicolo vidimo la tanto attesa luce, appena usciti annusai l’aria, solamente nelle distese praterie interne di Johto si potevano sentire tali profumi di primavera, i fiori, il polline, quell’aria era intrisa di vita, quella vita che nell’aria di Kanto aveva lasciato spazio alla puzza delle industrie e alle lacrime condensate di Pokemon che avvolgevano il continente in una nube di nebbia densa e impenetrabile. Pochi secondi dopo la voce di una donna giovane e dolce attirò la nostra attenzione verso il centro del giardino: “Cole!Cole! Finalmente sei riuscito a uscire da quella grotta! Cominciavo a preoccuparmi!” La donna si avvicinò, doveva avere una trentina d’anni, i lunghi capelli turchini incolti le coprivano la schiena, un cerchietto rosso come il fuoco dei cinque Charmander che la seguivano le teneva lontano i lunghi capelli dal viso, indossava un vestito rammendato e rattoppato abbastanza male, appena ci vide scruto negli occhi di tutti, come se volesse leggere tramite quelli l’essenza del nostro animo, dopo allontanandosi pochi passi da noi prese tra le sue braccia un piccolo Pikachu e ritornando verso di noi sussurrò dolcemente: “Siate i benvenuti, sto preparando la colazione, se volete favorire sarò felice di ospitarvi!” Dicendo questo ci fece accomodare nella sua piccola casetta di legno di faggio al centro di quell’oasi fra i monti. “Quindi tu e Cole vivete tra i monti per nascondere i pochi Pokemon rimasti veramente puri dagli esperimenti dei Rocket, vero?” Chiese Teylik mentre, masticando una focaccina, stava fissando Melanie, in quel momento Casey fisso il ragazzo e, socchiudendo gli occhi, con voce amara di rimproverò disse: “Teylik, si vede che sei un rozzo ladruncolo di strada, non si parla con la bocca piena!” Il ragazzo con aria scherzosa rispose subito a tono: “Eccola qui la perfettina!” Iniziarono a ridere tutti, poi sorridendo Melanie si alzò dalla sedia su cui era seduta e aprendo le persiane disse: “Si, Teylik!Io e Cole stiamo proteggendo i pochi Pokemon che riusciamo dalle avide mani di quelle persone senza scrupoli, anche se riusciamo a accudirne pochissimi!” In quel momento cinque piccoli Charmander sotto la finestra iniziarono a richiamare la sua attenzione, portandosi fino agli scaffali sopra al fornello estrasse un cestino di mele fresche, aprendo poi la porta uscì in giardino, si inginocchiò fra i Charmander e, spezzandogli le mele con un coltellino gliele consegnò fra le zampe, vedere tanta felicità in quegli occhietti innocenti era una grande gioia per me, pochi attimi dopo sentii la sua voce che chiamò dolcemente il mio nome: “Suicune, ne vuoi una anche tu?” Mi sorprese questa domanda, scossi il capo e tentai di non guardare, in verità erano già alcuni giorni che non toccavo cibo e, alla vista di quelle mele il mio stomaco brontolava. Quando non ce la feci più e lasciai sfuggire al mio organismo un brontolio lei sorridendo mi guardò e, avvicinandosi a me iniziò a sbucciarmi una mela: “Lascia stare Melanie, riserba questi frutti per loro che devono crescere, io posso fare anche senza!” La ragazza guardando nei miei occhi sussurrò dolcemente: “Suicune, non devi farti problemi di quantità, qui crescono interi frutteti e qualche mela in meno farà bene per la loro dieta!” E rivolgendosi verso gli entusiasti Charmander disse sorridendo: “Non voglio che diventino grossi come Charizard ancora prima di evolvervi!” I piccoli si allontanarono allegramente dopo aver capito che per oggi la loro colazione era finita. * * * “Vedi, i ghiacciai schermano in qualche modo la valle dai raggi laser dei satelliti che il Team Rocket ha immesso nell’atmosfera per controllare Kanto, quindi qui possiamo stare tranquilli!” Cole nonostante fosse piuttosto anziano sembrava non avere perso la voglia di vivere dei giovani di Johto, leggevo nei suoi occhi una voglia di vivere, una speranza che in pochi avevo trovato: “Erika, smettila di pensare al lavoro, vieni a raccogliere le mele con noi!” I ragazzi mi stavano chiamando dalle chiome degli alberi, mentre loro erano sugli alberi di mele per aiutare Melanie a fare scorta per l’inverno, il mio istinto giornalistico mi aveva portato ad estrarre il blocchetto dallo zaino e, con la mia penna stilografica scrivere alcuni appunti di ciò che Cole mi stava dicendo: “Eh!Eh! Erika, facevi la giornalista Johto vero?” Sorridendo di chiese Cole, annuendo arrossi e tentai di nascondere il block notes nelle tasche della giacca, in quella valle infatti la temperatura non era molto elevata come in tutto il resto del continente, Cole mi aveva spiegato che l’effetto serra creato dai gas tossici immessi nell’atmosfera avevano creato una cappa sopra Kanto che aveva aumentato di alcuni gradi le medie di quel continente: “Erika assaggia!” Voltai allora il capo verso il meleto, Teylik stava correndo verso di me con un cestino di rossi e grossi frutti, una volta avvicinato mi porse una mela rossa e lucente, la presi e ringraziandolo le diedi un sonoro morso: “Buona, era ora, le scatolette di carne e le salsicce arrosto mi hanno stufato!” Sorridendo risposi al ragazzo che, prendendomi per mano iniziò a correre verso il frutteto: “Melanie, passami un cestino ti darà una mano anche lei!” Stavo per ribattere, avrei voluto stare ad ascoltare Cole tutto il pomeriggio ma quando Melanie passandomi il cestino sorridente disse: “Grazie, senza il vostro aiuto non sarei mai riuscita a salvare tutto il raccolto!” Non riuscii a ribattere. Il pomeriggio passò sereno tra le risate e le battute di Teylik e Cole, non mi ero mai accorta quanto mi trovavo bene con quel ragazzo, anche se a volte il suo orgoglio mi dava sui nervi, era simpatico e socievole. Verso sera raccogliendo i vari cestini pieni di mele per portarli nel magazzino sotto la baita di Melanie vidi Suicune ringhiare verso le nuvole, non c feci caso, ero l’unica ad averlo notato o probabilmente nessuno voleva dargli peso, mentre stavamo rincasando sentii un potentissimo urlo provenire dalle montagne, Suicune che ci chiamava a gran voce da fuori: “Teylik, Melanie!Venite sbrigatevi!” Lasciando cadere a terra tutti i cestini di mele, Melanie uscì di corso dalla baita, la seguimmo anche noi, puntando lo sguardo verso Mt. Moon vidi una figura scura, qualcosa che ringhiava verso Suicune, voltandosi verso di noi urlò: “Portate tutti i Pokemon in cantina io e Teylik ci batteremo con quel mostro!” Poi vidi Melanie, fece indietreggiare Teylik con lo sguardo e, massimizzando una Pokeball fra le mani urlò: “Cole, rinchiudili tutti in cantina e vieni qui a darmi una mano!” Poi, mentre l’Epsilon scendeva con gran foga giù per la montagna, la ragazza lanciò la Pokeball con un forte urlò: “Vai Venusaur!” L’immenso Pokemon si materializzò davanti a Suicune che, stupito rimase ad occhi aperti. Cole tentava di convincerci in tutti i modi a nasconderci in cantina ma nessuno di noi aveva intenzione di stare ad ascoltarlo. Corsi in casa tra i sospiri profondi di Cole e ne uscii con la cintura di Ck tra le mani, scorsi tra le sue Pokeball quale fosse il Pokemon più adatto per la battaglia, afferrai di colpo la Pokeball di Skarmory e, massimizzandola, la lanciai con tutta la forza che avevo in corpo perché il Pokemon si materializzasse a fianco di Venusaur, vidi dietro di me altre tre Pokeball raggiungere Venusaur mettendo in campo Charizard, che si era ristabilito rapidamente dopo la medicazione di Melanie, Gengar di Casey e Blastoise di Cole. Rimasi sorpresa di vedere quanto fossero allenati i Pokemon di Melanie e di Cole, l’Epsilon atterrò nella valle con un fortissimo urlo: “Utsuu!” Urlò il mostro fissando i Pokemon che erano pronti a combattere. Con una risata maligna fece un balzo verso questi ultimi che, senza una parola dai loro allenatori iniziarono un’offensiva paurosa fatta di complessi piani magistralmente creati da Suicune. L’Epsilon si trovava in una situazione assai critica, aveva ben sei Pokemon potentissimi che tentavano di farlo fuori, nonostante il suo elevato livello intellettivo non riuscì a farla franca e, dopo pochi minuti di intenso combattimento cadde a terra sfinito, in quel momento sentimmo degli sbattiti di ali avvicinarsi, un fascio d’energia che smaterializzò l’Epsilon e la voce di Musuko rauca diffondersi con uno spaventoso eco fra le pareti rocciose: “Utsughi! Nonostante fossi un gran professore sei un’incapace!” Imprecò l’uomo che, scendendo a valle sopra un Pidgeot mutante dai grandi artigli quasi umani, si trovò circondati dai sei Pokemon che, ansimanti temevano un’altra battaglia: “Beh!?! Che volete da me?” L’uomo stupito si guardò intorno ed iniziò a urlare: “L’oasi di Melanie! L’ ho trovata!” La ragazza stupita dalla felicità dell’uomo attirò la sua attenzione con un leggero rantolo della voce: “Scusi ma…lei chi è?” Abbassando lo sguardo e socchiudendo gli occhi l’uomo gobbo e malferme rantolò una breve frase: “Sono Musuko, figlio di fratelli, il frutto dell’amore proibito tra Lance e Clair!” Poi scivolò la mano fino alla cintura e stupito della mancanza di essa urlò più forte di un tuono: “Musuko, perla meno e apri gli occhi!” Dicendo questo Suicune attirò su di sé l’attenzione di tutti, aveva fra le zampe anteriori la cintura dell’uomo contenente cinque Pokeball grigie contenenti gli Epsilon di cui l’uomo era l’allenatore, la sesta l’aveva fra le fauci, stringendo con tutta la forza che aveva nelle mandibole la mandò in mille frantumi, sputò tutto davanti a se, l’energia in cui erano tramutati il mostro si levò verso l’alto andando a legarsi con l’atmosfera, i circuiti e i microchip crepitarono un attimo poi più nulla, con una forza ed un’abilità paurosa distrusse le rimanenti sei Control Ball, dell’Epsilon Trainer che era stato Musuko rimanevano solo poche Ball frantumate. L’uomo piangendo cadde a terra, goffamente si avvicinò alle ball, mentre richiamavamo i nostri Pokemon l’uomo estrasse un Pokegear e tremolando tentò di comporre un numero, ma con un’abile geloraggio Suicune glielo mandò in frantumi, un secondo geloraggio colpì allora il Pidgeot mutante. Voltandosi disperato Musuko iniziò a piagnucolare frasi senza senso, era la fine di un Epsilon Trainer! Arrivò anche il momento degli addii, il mattino dopo Cole ci accompagnò all’uscita est della valle, e, con le lacrime agli occhi scosse la mano quando ormai lontani ci voltammo, per una volta siamo riusciti a salvare qualcosa. Musuko rimarrà prigioniero nelle grotte del monte Moon fin quando la sua malattia non lo avrà eroso totalmente. Ora la prossima tappa era Cerulean, la città di cui nessuno sapeva più nulla dalla scomparsa della sua capopalestra, Misty. * * * Tuuut, tuuut…click “Pronto, capo?” Sussurrò la ragazza nella cornetta del telefono a gettoni incastonata fra i ghiacci, l’alito che scaturiva da quelle due sensuali labbra oscure si condensava appena a contatto con l’atmosfera gelida del luogo, stretta in un lungo cappotto di pelle di Charmander e rifiniture con una calda pelliccia di Eevee, cappotti un tempo proibiti dalla legge per gli allevamenti di Pokemon solo per le pelli. Tremava in quel stretto cappotto come una foglia al vento, la cornetta pressata al viso e i lunghi capelli al gelido vento che scuoteva quella landa ghiacciata e passava attraverso il vetri in frantumi della vecchia cabina telefonica: “Sono Sarah!” La mia mente rabbrividì di nuovo a sentire quel nome, dopo pochi secondi di smarrimento risposi raucamente: “Bene!” Ero un tipo di poche parole prima ed anche ora, il buio di quella stanza, il buio della morte… “Si, ho preso Lugia, in fin di vita ma l’ ho catturato!” Sospirando a fatica alzai di poco la zampa e accarezzando lui che emise un pigolio il mio cuore ebbe un rallentamento: “Bene!” Ripetei raucamente, la ragazza però ribatté subito: “Le devo comunicare però che ho costatato che oltre a Lugia a Kanto si trova anche un secondo leggendario proveniente da Johto!” Non la lasciai finire, come per calmare l’immensità di parole che mi sussurrava ruggii: “Bene!” Per la terza volta feci lo sforzo di dire la stessa parola, ogni frase o minima parola che usciva dai miei denti era un dolore sia alle mie corde vocali quasi atrofizzate sia per il mio cervello, quasi…quasi subissi quelle percosse ancora: “Suicune, il leggendario cane acquatico è qui a Kanto con tre ragazzini che mi stanno dando abbastanza filo da torcere ma…” Ebbi un sussulto al cuore, sfregandomi la nuca mi calmai, e lei proseguì: “Li sto aspettando a Snowy Town, prenderò Suicune e rientrerò in sede!” Stanco di quella telefonata sbuffai di nuovo: “Bene” La ragazza ridendo imprecò: “Capo prepara tre lapidi: Casey, Teylik ed Erika riposate in dannazione!” Il mio cuore ebbe un sussulto, quel nome…. Riattaccò ridendo, il mio alito pesante riempì la stanza, il mio cuore era a mille, qualcosa aveva risvegliato in me un ricordo antico, un sentimento represso per chissà che cosa, ragazzina mia, tu mi aprirai gli occhi!

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