兄ちゃん、これは愛です... (Niichan, kore wa ai desu...)

di _Cannella_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La verità rende liberi ***
Capitolo 2: *** Impossibile dimenticare! ***
Capitolo 3: *** La quiete dopo la tempesta ***
Capitolo 4: *** What's in a name? ***
Capitolo 5: *** Solo una risposta sincera... ***
Capitolo 6: *** Dimmi che mi ami e vuoi restare con me... ***



Capitolo 1
*** La verità rende liberi ***




兄ちゃん、これは愛です...

Niichan, kore wa ai desu...

 
 

1. La verità rende liberi


Quel pomeriggio Usagi-san si stava comportando in modo davvero strano; aveva appena consegnato il suo ultimo manoscritto e  Aikawa-san gli aveva concesso un giorno di riposo, prima del prossimo incontro per discutere sulla trama del  nuovo Boy’s Love, così, come al solito, incurante del fatto che stessi facendo il bucato, lui mi abbracciò e mi trascinò fino al divano, dove, invece di tentare di baciarmi, si limitò a tenermi tra le sue braccia, coccolandomi. Nell’aria potevo percepire chiaramente una strana tensione, mentre sul volto di Usagi-san si poteva notare un’ombra scura; ormai non c’erano più dubbi: qualcosa non andava!
 

« Ti vedo pensieroso... cosa ti passa per la testa, adesso? », chiesi, cercando di sembrare disinteressato, mentre, in realtà, ero più preoccupato che mai.
I suoi occhi penetranti mi fissarono per qualche istante, prima che si decidesse a rispondermi. « Pensavo a tuo fratello... », sbottò, alla fine, per poi tornare a guardare il soffitto, come se avesse appena detto la cosa più ovvia del mondo. Il sangue, a quelle parole, mi si gelò nelle vene. Pensava a mio fratello! Com’era possibile che in un momento così intimo e... e ... dolce, che dovrebbe essere stato solo nostro, lui pensasse a Takahiro?!
All’inizio della nostra convivenza forzata, avevo creduto di essere per lui solamente un rimpiazzo, ma, con il tempo, mi ero davvero convinto della sincerità dei suoi sentimenti verso di me e, anche se mi era costato una grande fatica ammetterlo, alla fine ero riuscito a riconoscere anche il mio amore per lui.  
« Perchè? », balbettai, quasi con timore.
Usagi-san si voltò nuovamente verso di me, ma questa volta con aria preoccupata; probabilmente la mia espressione aveva fatto trapelare i miei pensieri.
« Ehi, non fraintendere, ragazzino! », esclamò, con un sorriso malizioso, mentre si sistemava a cavalcioni sopra di me. « Pensavo solo che, quando tuo fratello verrà a trovarci, potremmo cogliere l’occasione per dirgli la verità su noi due... », concluse poi.
Non sapevo se sentirmi sollevato o preoccupato. « Q-quale verità? », chiesi stupidamente, cercando di prendere tempo, in modo che il mio cervello potesse elaborare la cosa. « Insomma... non c’è niente da dire... ».  
Gli occhi cerulei di Usagi-san si ridussero a due fessure e, in quello stesso momento, io iniziai a pentirmi delle parole che, incautamente, avevo appena pronunciato. « Si, insomma... non credo sia il caso di mettere Takahiro al corrente di tutto... in fondo... si... io sono già un uomo... non ho bisogno del permesso di mio fratello.. posso sciegliere da solo... », provai a salvare la situazione, anche se sapevo che, ormai, era troppo tardi.
« La mia famiglia sa di noi... e io sono più vecchio di te.. », ribattè lui, deciso, « Quindi anche tuo fratello ha il diritto di sapere.... », tagliò corto, soffocando ogni mio tentativo di risposta con un bacio passionale. Appena le mie labbra furono di nuovo libere, cercai di protestare, ma invano, come sempre. Le mani si Usagi-san, intanto, stavano vagando per il mio corpo, contibuendo a farmi perdere quell’ultimo brandello di lucidità che mi rimaneva.
« Sei un imbroglione... », riuscii a sussurrare, prima di arrendermi definitivamente al piacere, che solo il tocco di quell’uomo riusciva a procurarmi.
Dopo quella volta, io e Usagi- san non parlammo più dell’argomento, anche se avevo il presentimento che lui non avesse abbandonato i suoi propositi. In ogni caso, io non avevo alcuna intenzione di rivelare quello che provavo a mio fratello, che, devo dire purtroppo, sarebbe venuto a farci visita il giorno seguente. Da quanto aveva detto al telefono, aveva un annuncio importante da fare. L’unica consolazione era che Aikawa- san aveva riempito Usagi di lavoro, così non avrebbe potuto passare molto tempo con Takahiro! 
Come avevo previsto, quando mio fratello arrivò, il mio coinquilino stava beatamente dormendo, e io non avevo alcuna intenzione di svegliarlo.
Takahiro preferiva aspettare che fosse presente anche Usagi-san per rivelare il vero motivo della sua visita, ma, in fondo, a me bastava averlo lì, per sentirmi felice. Anche se non avrei mai lasciato quella casa, dovevo ammettere che mio fratello mi era mancato moltissimo e che mi sarebbe piaciuto poter pasare più tempo con lui.
« Ma, non sarebbe il caso di chiamare Usagi-san? È quasi ora di cena e non si è ancora alzato...», propose Takahiro, dopo aver finito di sorseggiare il tè che avevo preparato per lui.
Io mi affrettai a dissentire, non potevo permettere che qualcuno svegliasse Usagi, sarebbe stato come andare a calpestare la coda al leone che dorme. « No no... Usagi-san è sempre di pessimo umore appena sveglio... quindi andare a chiamarlo potrebbe risultare davvero pericoloso... », sussurrai, sorridendo allegramente. Stava andando tutto alla perfezione! Presto mio fratello se ne sarebbe dovuto andare, senza nemmeno aver incontrato Usami.
Mentre gongolavo per la mia vittoria, qualcuno suonò il campanello. Nella speranza che il rumore non avesse svegliato la belva, che riposava innocentemente, circondata da tutti i suoi orsacchiotti, mi affrettai a rispondere. Brividi freddi mi scesero lungo la schiena: era il padre di Usami!
Nell’ultimo periodo, il nostro rapporto era migliorato, ma, in quella situazione, quell’uomo era l’ultima persona che avrei desiderato vedere. Nonostante quella visita potesse mandare a monte tutti i miei piani, non potei fare altro che aprire la porta e invitarlo a salire.
« Fratello, ti presento Usami Fuyuhiko, il padre di Akihiko. », dissi, sbrigando i convenevoli della situazione. I due uomini sembrarono socializzare facilmente; si poteva dire che fossero sulla stessa lunghezza d’onda. Mentre loro chiacchieravano amichevolmente, io avevo il terrore che il padre di Usagi potesse dire qualcosa che facesse capire a mio fratello la verità sul rapporto che legava me a suo figlio. Se volevo salvare la situazione, dovevo fare in modo di avvertire l’uomo di non parlare dell’argomento. Si, ma come? Non avevo ancora trovato una soluzione a quel problema, che subito se ne presentò un altro. Usagi-san, infatti, a causa del vocio che sentiva provenire dal piano inferiore, si era svegliato, ricordandosi improvvisamente della visita di Takahiro. Ancora assonnato, era sceso, aveva salutato gli ospiti e si era diretto a passo deciso verso l’angolo cucina, con l’intento di prendersi un po’ di caffè. Naturalmente, come al solito, sbagliò bicchiere e così dovetti correre in suo aiuto. Pulito il pasticcio che aveva combinato, mi occupai delle medicazione del dito ferito.
« Sei un disastro! Cosa devo fare per farti capire che devi usari i bicchieri che sono nella credenza, quando vuoi bere qualcosa di caldo?! », lo rimproverai, cercando comunque di tenere sempre presente che sia il padre di Usagi sia mio fratello stavano assistendo alla scena.
Usagi si limitò a sbuffare, prima di scompigliarmi affettuosamente i capelli, in sengo di ringraziamento. « Bene... adesso che finalmente mi sono svegliato.. direi che possiamo parlare di cose serie... anche io e Misaki dobbiamo dirti una cosa importante, Takahiro... », cominciò lui, sorridendo a mio fratello. Io mi irrigidii all’istante.
Intanto il padre di Akihiko, avendo capito che era di troppo, pensò di recarsi al meeting, a cui, in realtà, aveva intenzione di mandare Haruhiko. Appena fu uscito dalla porta, Takahiro ci invitò a parlare, in quanto preferiva prima ascoltare quello che noi volevamo dirgli, per poi darci una grande notizia.
« Vai, Misaki.. lascio a te l’onore... », mi sollecitò quel traditore di Usami.
Cosa dovevo fare? Sentivo gli sguardi dei due ragazzi puntati su di me, entrambi penetranti e impossibili da sopportare. « Ecco... no... si... insomma... in realtà... noi... noi.. Usagi-san... lui.. lui vuole dire... », inutile, era tutto inutile; dalla mia bocca uscivano solo parole senza senso, mentre il mio cuore aveva iniziato a battere all’impazzata. Quando, finalmente, ero riuscito a raccogliere le ultime briciole del coraggio che mi rimaneva, il cellulare di Takahiro iniziò a squillare. Senza esitare, lui rispose, impedendomi di continuare. Appena finì la chiamata, mio fratello si voltò nuovamente verso di noi, con aria mortificata. « Scusatemi, ma non posso trattenermi oltre... ho lasciato mia moglie in albergo e ora ha bisogno di me.. però, visto che quello che vi dovevo dire è piuttosto urgente, mi vedo costretto a interrompere il tuo discorso, Misaki... ma potrai dirmi tutto domani... promesso.. ora, invece, la grande notizia: sto per diventare padre! ».
Sia io che Usagi- san eravamo molto sorpresi, ma felici. Insieme andammo ad abbracciare Takahiro, che sembrava sul punto di piangere.
« Ma questo non è tutto... », riprese, una volta che noi ci fummo congratulati, « Misaki, so che tu ti trovi bene qui con Usami-san, ma vorrei che tu tornassi a vivere con me... vedi... adesso io sto costruendo lentamente una nuova famiglia e non voglio che tu ti senta estromesso.. tu sei e sarai sempre la persona più importante, quindi mi farebbe davvero piacere averti in casa con me... ».
A quelle parole mi bloccai, e adesso? Come potevo dirgli che io volevo rimanere insieme ad Usagi? Come potevo spiegargli il perchè di quella scelta?
« Misaki... », bastò solo sentire la voce di Usami che pronunciava il mio nome per capire cosa avrei dovuto fare. Era semplice, mi sarebbe bastato spiegare a mio fratello quello che era nato tra me e il suo compagno di scula. In fondo avrebbe capito, doveva capire!
Invece che parlare, però, rimasi lì, imbambolato, incapace di fare o dire qualsiasi cosa.
La suoneria del cellulare, che aveva ripreso a squillare, ricordò a Takahiro che era giunto il momento di andare, così, senza aspettare la mia risposta, si infilò il cappotto e, sorridendo, mi disse « Allora passo a prenderti domani sera, prima di cena.. », per poi sparire.
Dopo qualche minuto, mi voltai verso Usagi-san, che, come me, era rimasto paralizzato.
« U-U-Usagi-san.... », iniziai, ma lui mi interruppe, sfoggiando un falso sorriso: « Scusami, ma devo rimettermi al lavoro... e poi.. e poi penso che tu avrai da fare con i bagagli... », quelle parole piombarono su di me come un grosso macigno. Con le lacrime che luccicavano agli angoli degli occhi, mi limitai ad annuire, prima di dirigermi a passo di carica verso la mia stanza. Usagi-san voleva che me ne andassi... perchè? Perchè? Non mi amava più? O forse pensava che io non lo amassi abbastanza? Con la testa pervasa da domande di quel tipo, passai la nottata ad inscatolare le mie cose, in vista della partenza imminente.
La mattina seguente mi dedicai alla pulizia della casa, forse anche per eviare di pensare che quello era l’ultimo giorno che trascorrevo in quell’abitazione, che, ormai, avevo iniziato a sentire un po’ mia. Usagi-san non si fece vedere per colazione, ma io non mi scoraggiai e decisi di preparargli un ottimo pranzetto. Dovevo cucinare tutti i suoi piatti preferiti, perchè, se quella era davvero l’ultima volta che avremmo mangiato insieme, tutto doveva essere perfetto. Con cura preparai la tavola e le portate principali, ricordandomi anche di mettere via qualcosa di già pronto che avrebbe potuto riscaldarsi igiorni seguenti alla mia partenza. Quando tutto fu pronto, mi sedetti sul divano ad aspettare che Usagi-san si alzasse, ma, senza che me ne rendessi conto, erano già arrivate le quattro del pomeriggio e lui non aveva dato nessun segno di vita. In quel momento, quando il mio sguardo cadde prima sull’orologio e poi sulla porta chiusa della sua stanza, capii che, probabilmente, non si sarebbe alzato. Avrebbe lasciato che io me ne andassi, senza venire a salutarmi, senza dire niente, permettendomi solamente di portare con me i ricordi di quei bei momenti passati insieme.
Dopo neanche un’ora mio fratello arrivò. « Allora, pronto? », mi chiese, con il suo solito dolce sorriso a distendergli le labbra. Io annuii, ma, quando stavo per andare a prendere i mie bagagli in camera, qualcosa mi bloccò, impedendomi di proseguire.
« Ho dimenticato... di fare la spesa... Usagi-san si troverà con il frigo vuoto... mi accompagni al supermercato? ... non posso andarmene, sapendo che lui non ha nulla da mangiare.. », dissi, afferrando Takahiro per il braccio e trascinandolo fuori. La porta sbattè alle nostre spalle, mentre ci dirigevamo verso il negozio più vicino.
« Misaki, che ti prende? », mi chiese mio fratello, all’improvviso, mentere ero intento a scegliere il riso. Allora era davvero così evidente il mio turbamento? Senza pensarci, buttai nel carrello qualche confezione di dolci e poi passai oltre, diretto al reparto delle verdura. « Vedi... fratello, io.. io non so se voglio davvero lasciare la casa di Usagi-san... », confessai, alla fine, fingendo poi di esaminare l’insalata.
« Lo sospettavo... ma, perchè? Davvero non vuoi venire a vivere con me? Già un po’ di tempo fa te lo avevo proposto, ma poi era stato Usami a spiegarmi le ragioni del tuo rifiuto... ora, preferirei fossi tu a parlarmene... », disse pacatamente Takahiro, costringendomi a guardarlo in faccia.
« Io... io... si, era quello... quello che.. quello che volevo dirti anche ieri... insomma... io.. io credo di provare un “certo sentimento” per Usagi-san... », riuscii, non senza fatica, a rispondere, anche se in un modo un po’ confuso e vago.
Mio fratello rimase a fissarmi per qualche istante, sorpreso. « Un certo sentimento.... cosa intendi? Cos’è questo sentimento? », chiese poi, perplesso.
Possibile che non capisse?!
« Intendi forse una certa stima, ammirazione? », aggiunse poi, facendomi capire che si, era davvero possibile che non capisse.
« Io... no... non si tratta di quello.. io.. non lo so.. », boffonchiai, arrossendo. « Però, voglio rimanere con Usagi-san....Non perchè non ti voglio più bene o cose del genere, ma solo perchè io... perchè io.. », inutile, non riuscivo mai a concludere la frase!
« Va bene... Io voglio solo la tua felicità.. e, se tu davvero sei felice ad abitare insieme ad Akihiko, per me va bene... ora forza, torniamo a casa! » , a quelle parole non potei trattenere un sorriso di pura gioia. Anche se non ero stato capace di spiegare a mio fratello quello che provavo, lui aveva accettato comunque la mia decisione.
Più felice che mai, entrai deciso in quella che sarebbe rimasta ancora la mia casa, seguito da Takahiro, che mi stava aiutando a portare le borse.
Al contrario di quello che pensavo, ci accolse la voce irritata di Usagi. « Aikawa-san, non sono ancora riuscito a completare quel cavolo di manoscritto! L’avevo già avvertita per telefono, ora mi lasci in pace, non sono dell’umore per scrivere! »
Soffocando una risatina, mi avvicinai al divano e accarezzai i capelli di Usagi-san. « Ancora una volta ti sei scordato la data della consegna, vero?! Sei proprio un caso perso! », dissi, scherzando, prima che lui si voltasse verso di me, permettendomi di notare le lacrime che gli rigavano il viso. Quella visione mi pietrificò. « S-stai piangendo? », domanda stupida, era ovvio che stesse piangendo. Ma davvero stava piangendo per me? Il ricordo dell’unica volta che avevo visto Usagi in quello stato mi tornò alla mente. Quella sera avevo cercato di consolarlo, poichè lui aveva appena perso defenitivamente Takahiro, che aveva annunciato il suo matrimonio.
« Mi hai contagiato... anch’io adesso una volta che inizio non riesco più a smettere... », disse, la voce rotta dai piccoli singhiozzi che lo coglievano di sopresa, « Ma tu che ci fai ancora qui, pensavo che ve ne foste andati... », aggiunse poi, spostando il suo sguardo su Takahiro.
Basta, non potevo resistere oltre. Vedere Usagi-san versare delle lacrime per me mi aveva dato il coraggio di prendere l’iniziativa.
« Fratello, questo è amore... », dissi, sicuro, per poi andare ad abbracciare l’uomo che ancora stava piangendo. Senza riflettere, mi alzai in punta di piedi, per raggiungere la sua bocca. Ormai non mi importava quello che mio fratello avrebbe pensato, a questo punto non potevo più negarlo o nasconderlo: io amavo Usagi-san.
Dopo qualche attimo, che mi sembrò eterno, misi fine al nostro bacio, rimanendo però a fissare il mio riflesso negli occhi stupiti di Akihiko. « Misaki... », sussurrò lui, prima che lo zittissi. « Hai smesso... », ribadii io, sorridendo appena, per poi tornare ad unire le nostre labbra.     
  
Il mio angoletto...

Questa volta credo che sarà una nota piuttosto lunga, quindi ringrazio anticipatamente tutti quelli che hanno letto questo primo capitolo e che, come sempre, hanno saputo perdonare i possibili errori di battitura, che potrebbero essere sfuggiti al mio controllo. Bene, allora, iniziamo dal titolo: ammetto di averlo tradotto io, un po' spartanamente, dall'italiano al giapponese, con l'aiuto di un traduttore (non molto affidabile), comunque, secondo i miei calcoli, dovrebbe significare "Fratello, questo è amore...". In secondo luogo, volevo specificare la collozazione temporale di questo racconto, scritto un po' di getto, mentre inseguivo la fugace ispirazione. Allora, non avendo letto il manga, in cui mi è stato detto essere presente questo episodio, io ho preferito provare ad immaginarmi cosa sarebbe potuto accadere se Usagi-san avesse chiesto a Misaki, dopo un po' di tempo dalla fine della seconda serie dell'anime, di confessare la verità a suo fratello... questo è stato il risultato! Per ultimo, vorrei porre la vostra attenzione sul linguaggio utilizzato, che, se sono riuscita nel mio intento, dovrebbe "rispecchiare" almeno un pochino lo stile di parlare di Misaki... beh, spero che mi farete sapere quello che ne pensate...
Per il momento, vi affido il mio lavoro...

Alla prossima....

                                 The Lady with the Dark Eyes

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Capitolo 2
*** Impossibile dimenticare! ***




2.  Impossibile dimenticare!

 

 Come tutte le mattine, mi stavo occupando della colazione, anche se i miei pensieri erano rivolti altrove. La sera prima, infatti, avevo rivelato, anzi, avevo proprio mostrato, a mio fratello la realtà del mio rapporto con Usagi-san. Takahiro era rimasto a fissarci, spostando lo sguardo da me ad Akihiko, senza sapere cosa fare o cosa dire. Alla fine si era dileguato, era tornato da sua moglie e mi avevo lasciato con il terribile dubbio di aver perso per sempre la sua stima ed il suo affetto. Questa insicurezza mi stava torturando! Non era da mio fratello sparire e fuggire dai problemi; io l’avevo sempre visto fronteggiare anche le situazioni più difficili. Ma allora come interpretare la sua reazione di ieri?
La porta dello studio si spalancò ed un malconcio Usagi-san fece il suo ingresso in salotto. Nonostante quello che potesse suggerire il suo aspetto, Usami sembrava felice! Il suo dolce sorriso costrinse anche le mie labbra a distendersi e a mostrare una gioia che, in realtà, provavo solo a metà. Come potevo essere pienamente contento se temevo di aver perso una delle persone che amavo di più al mondo?!
Senza troppe cerimonie, servii il primo pasto della giornata, mentre lo sguardo di Akihiko seguiva ed analizzava ogni mia mossa.
« Va tutto bene, Misaki? », la voce dello scrittore squarciò il silenzio che era sceso sulla stanza.
Io mi limitai ad annuire, sia perchè avevo la bocca piena di riso, sia perchè sapevo che la voce mi avrebbe tradito. Perchè quel maledetto di Usagi-san avevo la capacità di leggermi dentro in quel modo?!
« Non mentire... sai che con me puo parlare di tutto! », insistette, mentre divorava le sue uova, per la prima volta senza perdersi ad ammirarle ed elogiarle.
« No, se proprio lo vuoi sapere sono furioso! », dissi, fingendo, anche se senza molta fatica, di essere irritato. « Quando capirai che detesto essere usato come un tuo personaggio?! », rosso per la vergogna e per la rabbia, mi alzai da tavola e mi diressi verso i pacchi di fogli che circondavano Suzuki-san, imprigionandolo in una specie di castello di carta. In realtà non avevo ancora letto il manoscritto, ma, trattandosi di un boy’s love, ero sicuro di trovare tra le file di parole stampate nero su bianco una buona giustificazione per il mio comportamento. E infatti, dopo poche righe, ecco spiccare tra i vari ideogrammi il mio nome, seguito da una serie di descrizioni di atti osceni che io non mi sarei mai sognato di fare!
Senza esitazione, anche se l’imbarazzo era naturalmente presente, iniziai a leggere a voce alta le frasi incriminanti: « Le labbra di Misaki si posarono senza scrupoli su quelle di Akihiko, mentre il desiderio avvolgeva entrambi in un vortice di sensazioni libidinose, che offuscarono i loro sensi, portandoli a dimenticare l’altro ragazzo presente nella sala. Senza preoccuparsi di niente, tranne che del suo amante, il più giovane prese l’iniziativa, iniziando a massaggiare, anche se attraverso la stoffa... ». Fortunatamente la lettura venne interrotta da un prepotente bacio di Usagi-san, probabilmente eccitato dal suo stesso libro. In ogni caso, in quel frangente, non potei non ringraziare quella sua parte perversa che rimaneva assopita solo pochi minuti al giorno; di certo non ce l’avrei fatta a leggere a voce alta tutto quello che il Yayoi-sensei aveva scritto in seguito.
Usagi mi trascinò di peso sul divano, facendomi accomodare sulle sue ginocchia e sopprimendo qualsiasi mio tentativo di fuga. Il volto dell’uomo era maledettamente vicino al mio, tanto che ogni suo respiro si infrangeva sulle mie labbra, mentre la mia schiena vaniva percorsa da brividi di piacere, che cercavo, invano, di reprimere. « Misaki... perchè non mi dici la verità? », la voce di Akihiko era appena un sussurro e nei suoi occhi potevo scorgere una profonda tristezza. A quella vista la mia risoluzione cedette.
« Io.... io... non voglio che ti preoccupi... io sto bene... », esitai nel formulare la risposta; sapevo di dover spiegare la situazione, ma, allo stesso tempo, non volevo ferire Usami.
« Sei in pensiero per la reazione di Takahiro... l’avevo immaginato, ma speravo che ne avremmo potuto parlare con calma e cercare di risolvere il problema insieme... non ti fa bene tenerti sempre tutto dentro, hai capito, Misaki? », mi rimproverò con dolcezza Usagi, scompigliandomi amorevolmente i capelli.  Quelle poche parole pronunciate con affetto e quel semplice gesto mi scatenarono dentro una tempesta di emozioni e, in quel momento, per l’ennesima volta, capii perchè quell’uomo era così speciale per me. Quasi sul punto di commuovermi, mi limitai ad annuire, sperando che Akihiko non mi costringesse a parlare, la mia voce di certo non avrebbe retto e, dopo due parole, sarebbe stata rotta dal pianto.
« Io avevo intenzione di invitare nuovamente Takahiro fra un po’ di giorni e provare a spiegarli meglio la situazione... magari potrei provare a parlargli da solo, se tu preferisci affrontarlo più avanti... io credo che sia solo questione di tempo, tuo fratello capirà di certo la situazione e saprà accettarla... forse, beh, ecco.. penso che la tua scena di ieri, per quanto sia risultata gradita a me, abbia un po’ spiazzato Takahiro, di certo non se lo aspettava... ». Le conclusioni di Usagi non potevano certo essere confutate; in quel caso avevo proprio esagerato! « Mi ero lasciato prendere dall’emozione del momento... e tu non farci l’abitudine! », risposi, cercando di lasciare che il buonumore tornasse ad invedermi. In fondo ero rimasto a vivere con Usagi-san e, inoltre, per una volta, ero riuscito pure a renderlo felice, confessandogli senza riserbo il mio amore. A quel pensiero arrossii, cosa che non sfuggì ad Akihiko, il quale riprese a baciarmi, senza darmi la possibilità di tirarmi indietro.
« Sei sempre così inconsapevolmente seducente, Misaki... », quelle parole non fecero altro che aumentare il mio imbarazzo, mentre ricambiavo i baci passionali dell’uomo, che si era messo a cavalcioni sopra di me. Ormai sapevo già come sarebbe andata a finire: di certo Usagi avrebbe avuto altro materiale per il suo prossimo boy’s love.   
 
Nonostante le rassicurazioni di Usami, Takahiro rimase il mio pensiero fisso per l’intera settimana seguente. Perchè mio fratello non si decideva a chiamarmi?! Stava forse aspettando che fossi io a prendere l’iniziativa?! Ma come poteva anche solo pensare che sarei stato in grado di cercarlo, dopo tutto quello che era successo?! Inutile, io non avrei mai avuto il coraggio di fare il primo passo e così non mi rimase che crogiolarmi nella mia ansia finchè Usami, stanco di vedermi così preoccupato, prese il telefono e digitò il numero di casa di Takahiro. A rispondere, però, fu la mia nuova “sorella”, che, dopo aver ringraziato l’uomo delle congratulazioni e dei suoi migliori auguri per una serena gravidanza, si limitò a rispondere che suo marito era impegnato con il lavoro e che non sarebbe rientrato prima di sera. Che mio fratello avesse deciso di farsi negare al telefono?! No, non era da lui, forse era davvero fuori casa...
« Misaki, cambiati, forza! », le parole di Usagi-san mi lasciarono attonito per qualche istante, finchè lui non sbottò: « Andiamo da Takahiro! »
In quel momento i miei muscoli scattarono ed, ad una velocità sovraumana, mi preparai per il viaggio.
Usagi-san stava guidando come un folle! Ad ogni curva temevo che ci saremmo schiantati, ma, fortunatamente, l’uomo sembrava essere un bravo pilota. Non feci nemmeno in tempo a finire di formulare quel pensiero che un improvviso acquazone peggiorò la situazione, impedendo la visuale. Dopo pochi secondi la luce abbagliante di due fari che ci venivano in contro mi accecò. Mi ricordo solo di aver sentito la voce spaventata di Usagi urlare il mio nome, seguito da una serie di avvertimenti, prima che perdessi ogni contatto con il mondo reale.
Quando riaprii gli occhi, la prima cosa che vidi fu il volto di mi fratello, che mi stava sorridendo, mentre delle lacrime gli bagnavano il viso. « Misaki... come stai? », la sua voce era rotta dal pianto.
« B-bene... credo... », risposi io, più confuso che mai. Ma che era successo? Non ricordavo assolutamente nulla!
« Che terribile incidente! Ma cosa vi è saltato in mente?! Vi avrei richiamato una volta finito di lavorare, non serviva precipitarsi qui a quella velocità! », io rimasi in silenzio per alcuni istanti, incapace di seguire il suo discorso. Perchè parlava al plurale? E soprattutto, dove diavolo stavo andando così di corsa?
« Non capisco... di cosa stai parlando? », chiesi, confuso.
« C-come di cosa sto parlando?! », la voce di Takahiro si alzò di qualche decibel e sul suo volto scese una nuvola di preoccupazione. « Dottore, dottore! », iniziò a chiamare mio fratello, cercando di attirare l’attenzione di uno dei sognori in camice bianco che stavano passando in corridoio.
L’uomo accorse immediatamente, esortato dalle parole di Takahiro. « Sembra avere dei vuoti di memoria! Si ricorda qualcosa, ma non tutto! », lo informò mio fratello, sempre più preoccuopato. Il medico mi puntò una luce in faccia, chiedendomi di seguirla con gli occhi. Dopo qualche minuto, prese in mano quella che doveva essere la mia cartella clinica e la osservò, concentrato. « Si... una piccola amnesia era prevista... ha subito un forte trauma cranico e questa è una delle possibili conseguenze che erano state individuate... ad ogni modo, la memoria gli tornerà con il tempo, quindi non è nulla di grave... però, forse, bisognerebbe cercare di aiutarlo a ricordare, magari mostrandogli qualche foto di quello che sembra aver dimenticato, lasciando, però, che sia lui stesso a riconoscerlo! », il verdetto del dottore mi lasciò basito. Amnesia?! Oddio, di bene in meglio!
Mio fratello, però, annuì e, ringraziato il medico, tornò a concentrarsi su di me.
« Allora, fratellino... sembra che tu abbia qualche problemino di memoria, eh?! Beh, di certo lo risolveremo, non devi preoccuparti! », mi disse, in tono scherzoso, quasi a voler smorzare la tensione che galleggiava indisturbata nell’aria.
« Certo! », confermai io, non volendo rendere vano il suo forzo di rimanere calmo e pacato.
Takahiro si mise nuovamente seduto sulla sedia vicino al letto su cui ero coricato io, e, solo allora, mi resi conto di non riuscire a muovermi senza provare dolore. Non volendo accetare la realtà, tentai nuovamente di alzarmi, ma due mani forti mi costrinsero a rimanere sdraiato. « Hai qualche costola rotta, fratellino... quindi, per il momento, è meglio che te ne rimani buono e tranquillo qui, senza strafare! », mi spiegò mio fratello, prima di essere interrotto dall’entrata nella camera di sua moglie.
« Oh, Misaki, ti sei svegliato, come va? », si informò immediatamente lei, avvicinandosi a me e prendendomi con dolcezza una mano tra le sue.
« Va abbastanza bene, grazie! », sussurrai, sorridendole.
« Quindi ti ricordi di lei? », si intromise Takahiro, quasi speranzoso.
« Certo che mi ricordo di lei! Come potrei dimenticarla... lei è tua moglie e la futura madre di tuo figlio! », dissi, felice di sentirmi così sicuro di quelle parole.
« Bene... benissimo, Misaki! » esclamò l’uomo, evidentemente sollevato, sorvolando sullo sguardo interrogativo della donna.
Dopo qualche ora, iniziavo finalmente a sentirmi un po’ in forze; se non avessi provato una fitta di dolore ad ogni movimento, avrei anche potuto tornare a casa: mi sentivo bene!
Il dottore di prima riconobbe il notevole miglioramento, tanto che diede il permesso a mio fratello di iniziare la terapia per il recupero della memoria, in modo che potessi uscire di lì al più presto.
Rimasti nuovamente soli nella deprimente stanzetta dell’ospedale, Takahiro iniziò a farmi qualche domanda su quello che era successo prima dell’incidente.
« Allora, fratellino... dobbiamo capire cosa hai dimenticato e cosa invece ricordi! Sai perchè stavi venendo a trovarmi? », la sua voce era calma, ma, di tanto in tanto, sembrava incrinarsi, come a voler accentuare qualche parola.
« Beh... allora... no... mi ricordo di aver provato una brutta sensazione di ansia e, in qualche modo, pensavo che il vederti l’avrebbe fatta scomparire... ma non so il perchè... », risposi, dopo una breve riflessione.
« Mmmm... invece, ti ricordi con chi stavi viaggiando? »
Io esitai, cercando di concentrarmi al massimo. Volevo rispondere bene almeno ad una domanda! Ma purtroppo nella mia mente non trovavo nulla che potesse aiutarmi. « No... credevo di essere salito sul treno... la stazione non è molto distante dal mio appartamento... però... », ragionai a voce alta, nella speranza che Takahiro potesse mettermi sulla retta via.
« Va bene... lasciamo perdere il viaggio e concentriamoci sull’appartamento, che, al contrario, sembri ricordare! », il sorriso di mio fratello mi incoraggiò a proseguire il discorso, seguendo il suo suggerimento.
« Si, certo! È un bell’appartamento, forse troppo grande per una persona sola... è un lussuosissimo attico, pieno di cose strane! Ad esempio ricordo che una stanza è stracolma di orsacchiotti di peluches, tra cui ne spicca uno più grande degli altri con un grande fiocco introno al collo! Però, quello che non mi torna è questa mia grande passione per i giocattoli, non mi pare di avere l’età per questo genere di cose! »
Takahiro assunse un’aria pensierosa che iniziò ad inquietarmi; forse mi stavo inventando le cose! « Misaki... cosa ti viene in mente se ti dico: Usami Akihiko? », esordì lui, dopo una manciata di secondi, senza però abbandonare quell’espressione corrucciata.
Il mio cuore iniziò a battere all’impazzata, tanto che mi sembrava potesse rompermi ulteriormente le costole, già piuttosto malridotte. Mio fratello si accorse, con ogni probabilità, della mia strana reazione, così non esitò ad insistere: « Allora, Misaki... ti pare di conoscere qualcuno che risponda a quel nome? ».
Con le lacrime agli occhi, ormai stranamente consapevole di essermi dimenticato qualcosa di davvero importante, scossi la testa: « No... ».
 
Il mio angoletto!

Bene, ecco il secondo capitolo di quella che, originariamente, doveva essere una One-shot! Spero che l'idea che mi è vanuta per continuare la storia non abbia rovinato quello che avevo già scritto, ma, come dire? Non ho resistito al richiamo dell'ispirazione!
Fatemi sapere quello che ne pensate...

Al prossimo capitolo....

   

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Capitolo 3
*** La quiete dopo la tempesta ***




3. La quiete dopo la tempesta

 

Era inspiegabile! Provavo una strana sensazione, era come se mi sentissi in colpa, anche se non riuscivo a capirne il motivo. La terapia per il recupero della memoria venne interrotta dall’ingresso di un’infermiera che portava i vassoi con la cena. Controvoglia, mi costrinsi almeno ad assaggiare il riso scotto che mi era stato servito; io avrei cucinato molto meglio! Quel pensiero, all’improvviso, condusse con sè un’altra preoccupazione insensata: mi sembrava di dover assolutamente accertarmi che qualcuno trovasse il pasto pronto, altrimenti la mia bella cucina sarebbe stata ridotta un cumulo di macerie. Quella supposizione era davvero inquietante, tanto che non riuscii a soffocare un piccolo gridolino: « Ah la mia cucina, no! Tenetelo lontano! »

Mio fratello si voltò a guardarmi, stupito. « Cosa c’è Misaki? », chiese, innarcando un soppraciglio.
« No... niente... non so che mi è preso! », risposi, imbarazzato, prima di tornare a giocherellare con il mio riso.
Il giorno seguente, il solito dottore, che ho poi scoperto essere il capo del reparto, era tornato per controllare le mie condizioni, ma, purtroppo, se il fisico stava reagendo bene, lo stesso non si poteva dire della la mia memoria.
« Penso che dovrai restare qui con noi ancora qualche giorno, ragazzo! », concluse, sorridendo, il medico. Io non ci vedevo proprio nulla da ridere, ma non gli negai un sorrisetto di risposta.
Trascorsi la mattina in uno stato di dormiveglia; quella notte non ero riuscito a dormire e così mio fratello aveva insistito perchè provassi a riposarmi. Mentre sonnecchiavo, notai Takahiro uscire dalla mia stanza per poi sparire lungo il corridoio, popolato da un gran numero di donne e uomini in camice bianco, che andavano incessantemente avanti e indietro. Stanco di fingere di dormire, cercai di mettermi seduto sul letto e, preso uno dei manga che qualcuno aveva lasciato sul mio comodino, sprofondai nella lettura, tanto che non mi accorsi del ritorno di mio fratello.
« Misaki, ma come, ti sei già svegliato? », chiese lui, facendomi sobbalzare per la sorpresa.
Io mi limitai ad annuire; ero arrivato al punto cruciale della storia, mancavano pochissime pagine alla fine, come poteva pretendere che gli prestassi attenzione?! Takahiro comprese immediatamente le mie intenzioni, così si rimise a sedere, aspettando pazientemente che concludessi l’ adorazione di uno dei miei manga preferiti.
« Scusami, ma amo quello che scrive questo autore e così, una volta che ho iniziato a leggere, non riesco più a smettere finchè non ho finito! », mi giustificai, esibendomi in un dolce sorriso, accompagnato da due grandi occhi da cucciolo. Non era da me cercare di impietosire così mio fratello, ma, dopotutto, in quei giorni non ero davvero in me! L’idea di aver perso parte del mio passato mi tormentava e anelavo a qualsiasi ricordo che si fosse ripresentato alla mia mente. In ogni caso, non potevo aspettare ancora nel ringraziare Takahiro per essersi ricordato di comprarmi il manga. Probabilmente, a causa della prigionia in ospedale, non sarei mai riuscito a prendere quel numero!
« Comunque, grazie per il bel pensiero... avevo veramente voglia di leggerlo! Ma... come facevi a sapere che sarebbe uscito proprio in questi giorni? », dissi quindi, senza smettere di sorridere.
Takahiro abbassò lo sguardo, quasi combattuto. « Diciamo che me l’ha detto un coniglietto.... », rispose poi, ridacchiando.
Io lo guardai con aria perplessa, che avesse preso una botta in testa pure lui?!
« Ma si dice: me l’ha detto un ucellino! Da dove hai preso questi conigli?! », protestai, canzonandolo giocosamente.
Takahiro tentò di unirsi alla mia ilarità, prima di tornare a parlare di cose più serie. « Il dottore mi ha ordinato di continuare ad aiutarti a recuperare la memoria, quindi preparati! Forse è meglio tornare più indetro nel tempo... sai che scuola stai frequentando? »
«  La Mitsuhashi!», risposi fiero, sia per il fatto di ricordarmi quel dettaglio, sia per il grande prestigio della mia università.
Mio fratello annuì, soddisfatto, anche se qualcosa sembrava turbarlo.
« Tutto bene? », chiesi allora, preoccupato.
« Oh, certo... pensavo solo che la tua è un’amnesia un po’ strana... sembra che ti sia dimenticato solo determinate cose, tutte accomunateda un particolare... sei stato molto selettivo, in un certo senso... Però, dopo tutto quello che era successo, non mi sarei mai aspettato che perdessi proprio quei ricordi... », confessò lui, cercando comunque di tranquillizzarmi.
« Non riesco a seguirti molto bene... », ammisi, sconsolato. Possibile che, nonostante tutte le domande di Takahiro, non riuscissi a recuperare nessuna delle cose che avevo scordato?
 
Due intere giornate trascorsero così, monotone e, soprattutto, indegne di essere ricordate a causa degli scrasi progressi che avevo fatto in merito alla mia memoria. In compenso, però, il mio fisico si era ripreso piuttosto bene e, finalmente, avevo potuto riprendere a muovermi con più serenità! Il dottore mi aveva dato persino l’autorizzazione di fare brevi passeggiata, ma senza esagerare.
Un pomeriggio, nel bel mezzo della solita “seduta per far tornare la memoria a Misaki”, che Takahiro conduceva in modo davvero egregio, mio fratello mi fece una strana proposta. « Ti andrebbe di fare una breve visita ad un mio amico che, come te, è stato ricoverato da poco? Magari una piccola pausa ti farà bene... »
Io rimasi qualche manciata di secondi a riflettere, stupito per quella sua iniziativa, poi, però, non potei non accettare.
Percorsi in silenzio il lungo corridoio che separava la mia stanza dalla meta, affiancato da Takahiro.
« Ecco, ci siamo... », esordì lui, prima di fermarsi davanti alla porta della camera 69.
Io rimasi qualche istante a fissare quel numero, sovrapensiero, finchè un’altra osservazione di mio fratello non mi riportò alla realtà. « Misaki, ti dispiace aspettare qui fuori giusto un minutino?... non sono sicuro che lui sia dell’umore giusto per ricevere visite... »
A quelle parole rimasi un pochino perplesso; davvero esisteva qualcuno che non amava ricevere visite quando si trovava in ospedale?! Alla fine, però, mi costrinsi a rispondere con un “ma certo!” un pochino scettico. Non avevo per niente voglia di incontrare persone nervose e “strane”; avevo già abbastanza problemi, senza dover ascoltare quelli degli altri. Quel pensiero così egoistico mi stupì; ancora una volta stentavo a riconoscermi!
Nel frattempo, Takahiro era entrato nella suddetta stanza e ora si stava dirigendo nuovamente verso la porta, facendomi segno di raggiungerlo. Io esitai, prima di muovere pochi e lenti passi verso il centro della camera. Era una stanzetta molto piccola, deprimente tanto quanto la mia. Le pareti grigiastre conferivano all’ambiente un’atmosfera piuttosto cupa, nonostante le tapparelle alzate permettessero alla luce del sole di penetrere dalle grandi finestre. Dopo che il mio sguardo ebbe perlustrato tutto il luogo, indugiando sui particolari che accounavano tutti gli ambienti di quell’ospedale, focalizzai la mia attenzione sull’uomo seduto sul letto.
Ancora una volta il mio cuore iniziò a martellare nel petto senza alcun motivo; ma cosa mi stava prendendo?!
La voce allegra di mio fratello mi distolse da quei pensieri così intricati. « Misaki, ti presento un mio vecchio compagno del liceo: Usami Akihiko.... ». L’interessato chinò leggermente il capo, in segno di saluto. « Piacere di conoscerti, Misaki-san... », aggiunse, sorridendomi dolcemente. Al battito cardiaco accellerato, si aggiunse così un’inspiegabile sensazione di nostalgia, che, però, cercai di ingorare. « Piacere mio, Usami-sensei! », mi limitai a rispondere, pacatamente.
Imbarazzato dalla mancanza di argomenti di conversazione, abbassai lo sguardo, notando così, distribuiti ad ordine sparso sul pavimento, una decina di fogli accartocciati. « Non sono passati a pulire la vostra stanza? », chiesi, quasi senza accorgermene.
Dopo qualche secondo, in cui avvertii la perplessità che regnava nell’aria, Usami riprese la parola. « Oh, quelli... in realtà le donne delle pulizie sono appena passate, ma io sono un tipo piuttosto disrodinato... », ammise, senza problemi. Sgranai gli occhi, come si faceva, in così poco tempo, a ridurre una stanza  in quelle condizioni?! Istintivamente mi chinai per raccogliere le palline di carta, ma un improvviso dolore al torace mi fece gemere, lasciandomi così bloccato in ginocchio sul pavimento.
« Misaki! », le voci di mio fratello e di Akihiko si unirono in un misto di preoccupazione e ansia.
« Sto bene... », boffonchiai, il fiato corto per lo sforzo di nascondere le fitte che mi colpivano di tanto in tanto. In ogni caso, sentivo il bisogno di spostare l’attenzione da me a qualcun’altro, così iniziai a cercare un buon argomento di conversazione. Dopo poco, mi tornò alla mente che mio fratello mi aveva chiesto se mi pareva di conoscere un certo Usami Akihiko; forse stavo facendo una grande figuraccia, credendo che quella fosse la prima volta che incontravo quell’uomo, ora impegnato in una fitta discussione con una donna che sentivo urlare al telefono. Non appena la chiamata con quella che Usami mi disse essere la sua editrice finì, mi affrettai a porgergli le mie scuse, nel caso mi fossi accidentalmente dimenticato di lui. « Ecco... Usami-san... volevo scusarmi con voi... probabilmente noi ci conosciamo già, ma io ora  non riesco proprio a ricordare.. a causa di un incidente ho perso la memoria e, purtroppo, non sono ancora riuscito a recuperare molti ricordi... », confessai, amareggiato e imbarazzato.
« Non ti devi preoccupare, Misaki... », lo sentii dire con quel tono comprensivo che mi suonava tremendamente familiare.
« Fratellino, io dovrei andare un momento a casa da mia moglie, ti dipiacerebbe rimanere qui con Usami? Potreste farvi compagnia a vicenda! », esordì Takahiro, evidentemente dispiaciuto e mortificato.
Anche se l’idea di rimanere da solo con quell’uomo non mi piaceva affatto, non potevo certo tenere mio fratello lontano da sua moglie, così, sforzandomi di sorridere, gli risposi che avrei trascorso volentieri un po’ di tempo insieme ad Usami-san.
Takahiro si affrettò, allora, ad uscire dalla stanza, mentre io mi accomodai sulla sedia vicino al letto di Akihiko.
« Siete uno scrittore, vero? », domandai, memore di aver intravisto il suo nome sulla copertina di un libro che stava leggendo un mio vicino di stanza. Usami annuì, continuando a fissarmi con quei suoi meravigliosi occhi che passavano dalle sfumature del blu più intenso a quelle di un viola scuro.
« Che genere di libri scrivete? », continuai, visto che l’altro non sembrava intenzionato ad aggiungere altro.
« Diciamo che sono piuttosto versatile... », boffonchiò, trattenendo a stento una risatina. Quel tipo non era davver molto loquace! Ma cosa era venuto in mente a mio fratello?! Perchè mi aveva costretto a stare qui con lui?!
Nonostante le difficoltà iniziali, alla fine la conversazione decollò. Usami mi raccontò che aveva sempre coltivato la sua passione per la scrittura, anche se la sua famiglia aveva tentato di ostacolarlo; inoltre scoprii che aveva trascorso la sua infanzia in Inghilterra e che ora lavorava per la casa editrice del padre di un suo vecchio amico, che aveva “scoperto” il suo talento. Senza troppi riguardi, iniziò a descrivermi ironicamente la sua nuova editrice, che era una specie di demonio con le fattezze di una donna; mi raccontò di come lei lo torturasse e lo costringesse a trascorrere delle intere notti a scrivere, in  modo da rispettare la data di consegna.
In fondo, dovevo ammettere di essermi divertito a parlare con lui, tanto che tornai a fargli visita anche i giorni seguenti. Da quando mio fratello me lo fece conoscere, gli incontri con Usami-san  divennero sempre più assidui e la mia permanenza in ospedale molto meno pesante! Trascorrevo interi pomeriggi in sua compagnia, dimenticandomi così della terapia per il recupero della memoria che il dottore mi aveva “prescritto”. Di quel passo, probabilmente, non sarei mai riuscito a ricordare il mio passato, ma, stranamente, avevo iniziato a non preoccuparmene più.
Le mie giornate erano state completamente riempite da Usami Akihiko e questo sembrava bastarmi.    


Il mio angoletto

Eccoci al terzo capitolo (sono stata abbastanza veloce questa volta, è come se la storia si stesse scrivendo da sola!). In ogni caso, come avrete notato, in questo nuovo capitolo non succede nulla di eclatante (già il titolo lo suggeriva), in ogni caso, spero di rifarmi, in un certo senso, con il prossimo, che, invece, credo sarà più denso di avvenimenti.
Quindi, niente, non la promessa di aggiornare persto, vi lascio.. 

Alla prossima!

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Capitolo 4
*** What's in a name? ***




4. What’s in a name?*

 

La voce profonda di Usami-san mi avvolse in una carezza di velluto, mentre lui era intento a raccontarmi altri dettagli della sua vita. Ancora non riuscivo a spiegarmi il motivo per cui quell’uomo, di cui io non ricordavo assolutamente nulla, si ostinasse e rendermi così partecipe delle sue vicissitudini, ma non potevo negare che quella sua affabilità mi faceva molto piacere, anche se mi sembrava quasi fuori luogo.
 

Ormai erano passate quasi tre settimane da quando avevo avuto quell’incidente che mi aveva rubato la memoria, eppure, contro ogni aspettativa dei medici, non ero ancora riuscito a recuperare nemmeno un ricordo. Nonostante la presenza di Akihiko fosse una specie di toccasana per il mio umore, l’inquietudine che avvolgeva mio fratello in quel periodo era così opprimente da non permettermi più di dimenticare lo scopo della mia permanenza in ospedale. Senza contare che Usami-san, a mia differenza, si era ripreso molto velocemente ed era stato prontamente dimesso, anche se aveva continuato a rimanere in ospedale per farmi compagnia, alternandosi con Takahiro. Il suo comportamento era davvero strano, mi dedicava così tante attenzioni ed era sempre eccessivamente premuroso. Inoltre, non perdeva mai l’occasione per affiancare mio fratello nell’aiutarmi a recuperare la memoria il prima possibile. Sembrava quasi che la sua felicità fosse legata al filo dei mie ricordi perduti.
 
« Misaki, sei stanco? », chiese l’uomo, liberandomi dall’intricata catena di pensieri che mi aveva intrappolato.
Solo allora mi resi conto di non aver ascoltato nemmeno una parola dell’interminabile discorso di Akihiko, che, seduto sulla sedia vicino al mio letto, mi guardava con aria interrogativa.
Cercai così di giusificarmi, anche se mi sentivo terribilmente in colpa per essermi distratto. « Si... un po’.... questa notte non ho dormito molto... », mentii, sicuro che il rossore sulle mie guance mi avrebbe tradito. Nonostante fosse palese che quella che avevo usato fosse una banale scusa, Usami-san mi sorrise dolcemente. « Allora è meglio che ti riposi... credo che quando tuo fratello verrà, vorrà sottoporti ad una seduta intensiva, quindi... Io ne approfitto per prendere un caffè... », disse, per poi  alzarsi ed avvicinarsi con la mano ai miei capelli. Il mio cuore perse qualche battito, prima di iniziare ad accellerare il suo ritmo, mentre la solita nostalgia mi invadeva. Istintivamente, chiusi gli occhi, aspettando di sentire quel tocco, che, però, non arrivò. Confuso, alzai lo sguardo verso l’uomo, paralizzato davanti a me, con la mano ancora sospesa in aria.
« U..sa..mi..? », quelle poche sillabe uscirono involontariamente dalle mie labbra socchiuse, mentre Akihiko sembrava riprendere il controllo di sè e, abbassando il braccio teso, si limitò a sussurrare: « Dormi, Misaki... », per  poi uscire dalla stanza.
Perplesso, rimasi ad osservare l’intonaco giallastro del soffitto, mentre aspettavo l’arrivo di mio fratello. Per rilassarmi, decisi di riposare un po’ gli occhi, ciononostante rimasi sempre attento ad ogni singolo rumore che percepivo intoro a me.
Non erano passati nemmeno dieci minuti, che i passi veloci di Takahiro risuonarono lungo il corridoio, mentre la sua voce si alternava a quella triste di Akihiko. I due ragazzi si fermarono davanti alla porta delle mia stanza, immersi in una fitta conversazione. Le loro parole, appena sussurrate, facevano fatica a giungere al mio orecchio, ma io ero troppo curioso per arrendermi alla realtà, così, fingendo di dormire, cercai una posizione più favorevole per l’ascolto.
« Mi dispiace, Usami-san... ma il dottore non sa più cosa fare... ha detto che dovremmo iniziare a prepararci all’eventualità che Misaki non recuperi più la memoria.... », mio fratello sembrava davvero sconsolato ed io inizia a preoccuparmi seriamente.
« Ma aveva anche detto che si trattava di un’amnesia momentana! », sentii ribattere Akihiko, subito interrotto dal suo interlocutore. « Lo so... ma, anche dopo tutti questi giorni, Misaki non sembra dare i risultati che ci si poteva aspettare... non c’è cura per questo, e lo sai anche tu! Abbiamo provato... Capisco che per te sia doloroso... ma... »
« No! Non lo accetto! », la voce di Usami-san sovrastò appena il sonoro colpo che, con ogni probabilità, aveva appena assestato alla parete vicino a lui. « Lui non può dimenticare... non dopo tutto quello che è successo! », ora il tono dell' uomo si era nuovamente affievolito, ma rimaneva comunque evidente una nota di disperazione.
« Non posso farci niente, Akihiko... questa sera dimetteranno Misaki e così verrà a stare da me... è l’unica soluzione... », mio fratello aveva appena ripreso la parola, quando nella mia mente riaffiorò uno strano ricordo. Rivedevo me stesso, nella mia lussuosa casa, mentre Takahiro mi faceva la stessa proprosta d andare a vivere con lui, proposta che io sembravo intenzionato a declinare.
Stupito per quell’ inaspettata visione e per il silenzio che regnava nella stanza, riaprii gli occhi, lasciando che mio fratello e Usami-san si accorgessero che ero sveglio.
« Ah, Misaki... ho una bella notizia da darti! », iniziò Takahiro, rivolgendomi un sincero sorriso, mentre l’espressione di Akihiko si faceva sempre più addolorata.
Io cominciai, quasi inconsciamente, a scuotere la testa. « No.. io.. io non posso... io non posso venire a vivere con te! », le parole uscirono titubanti dalla mia bocca, mentre sentivo calde lacrime scendere a rigarmi il viso.
« Cosa stai dicendo, Misaki?!  », si affrettò a chiedere mio fratello, preoccupato.
« Non lo so! », ammisi, sconfortato per la mancanza di collaborazione della mia memoria.
« Dove vorresti andare a vivere? », insistette Takahiro, mentre il mio sguardo era stato catturato da Usami, che mi fissava con aria stupita.
« A casa... mia... con... con... con... », inutile, non ci riuscivo, non riuscivo a completare i miei ricordi! C’era qualcosa che non andava! Sentivo che la risposta da dare era: Usami-san, eppure quel nome non mi convinceva! No, non era lui... nei miei ricordi non c’era nessun Usami Akihiko!
« Non lo so... », iniziai a fringare, disperato, prima che i miei lamenti venissero soffocati dalle labbra di Usami, che presero prepotentemente possesso delle mie. Confuso, sgranai gli occhi, mentre le grandi mani di quell’uomo mi accarezzavano le spalle, la schiena, scendendo sempre più in giù. Il mio corpo reagì in modo completamente insaspettato a quegli abbracci, a quei baci lascivi e passionali, tanto che le mie guance si imporporarono per l’imbarazzo. Nonostante le mie sommesse proteste, Akihiko non sembrava intenzionato a voler smettere, anzi, sembrava chiedere ed ottenere sempre di più.
Appena le mie labra furono libere, non riuscii più a trattenere un grido isterico.
« Baka-Usagi! »

 
 
* Shakespeare, Romeo and Juliet, atto II, scena II 


Il mio angoletto

Eccovi un quarto capitolo un po' striminzito, ma di notevole importanza! Forse ho fatto accadere tutto un po' velocemente; devo ammettere di essere ancora u po' dubbiosa, quindi, magari, potrebbe anche esserci qualche cambiamento (che, in quel caso, non tarderò a comunicarvi). Comunque, questa è la prima versione, forse ufficiale; aspettando vostri commenti e consigli, vi lascio....

Alla prossima...

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Capitolo 5
*** Solo una risposta sincera... ***



 

5. Solo una risposta sincera...

 

Nella mia mente si accalcarono così tanti ricordi desiderosi di avere la mia attenzione. Eppure, nonostante avessi aspettato tanto quel momento, tutto era talmente confuso, che non riuscivo a pensare con lucidità ed analizzare la situzione. Sentivo su di me lo sguardo penetrante e speranzoso di Akihiko, mentre i miei occhi, fuggiti quelli di Takahiro, si perdevano nel vuoto.
 

Ancora stordito, iniziai a ripetere, perlesso, quel nome che, solo un istante prima, avevo pronunciato con sicurezza e decisione. « Usagi-san... U..sa..gi..san... ». Una strana consapevolezza mi colpì all’improvviso; era davvero incredibile riuscire finalmente a capire come tutto il mio mondo fosse racchiuso in quelle poche sillabe; tremavo di fronte a quell’evidenza, ma non potevo negarla. Lentamente, le mie labbra si distesero in un sincero sorriso, che subito contagiò anche gli altri due  uomini presenti nelle stanza.
« Misaki... », mi chiamarono all’unisono mio fratello e Usagi-san, ma io non ebbi la forza di dire niente, l’unica cosa che riuscivo a fare era piangere dalla gioia.
Come avevo potuto dimenticare proprio il mio Usagi, l’uomo che era entrato con prepotenza nella mia vita, per poi renderla, però, molto migliore di quanto non fosse mai stata? Era inspiegabile, imperdonabile... chissà quanto aveva sofferto Akihiko!
Così, preda dei sensi di colpa, mi decisi, finalmente, a pronunciare poche, semplici parole. « Mi dispiace, Usagi-san! »
In risposta, l’uomo tornò a stringermi a sè, mentre io mi beavo di quel contatto, che, effettivamente, mi era mancato. Appena Usagi sciolse l’abbraccio, la mia attenzione si focalizzò su Takahiro. Quella era già la seconda volta in meno di un mese che io e Usami lo rendavamo partecipe di un nostro momento di affetto e lui sembrava sempre più a disagio.
« Fratello... », iniziai, esitante. Cosa chiedere? Non molto tempo fa, io e Usagi-san avevamo rischiato la vita per avere una risposta da lui e ora, che finalmente avevo l’occasione per chiarire una volta per tutte quella situazione, non sapevo più cosa domandare; o forse avevo semplicemente paura di ascoltare quello che lui aveva da dire. No, non potevo fare il codardo proprio in quel momento! Non sarei mai riuscito a vivere tranquillo con Akihiko, se non avessi avuto la benedizione di Takahiro, per me lui era troppo importante! Quindi non potevo aspettare oltre; dovevo sapre, volevo tutto e subito!
« Fratello.... ti prego... dì qualcosa...  », lo supplicai, smentendo subito la fermezza che sembravo aver acquistato solo nella mia mente.
« Cosa vuoi che ti dica, Misaki? », chiese lui, veramente perplesso. Me che razza di domanda era quella?! Secondo lui che cos’altro potevo voler sapere, se non la sua opinione sul mio rapporto con il suo compagno di scuola?!
« Io... vorrei... vorrei sapere... se adesso mi odi... se ti disgusto... se ti ho deluso... », boffonchiai, all’improvviso per niente desideroso di sentire la risposta. Intimorito, abbassai lo sguardo, stringendo con forza le coperte bianche del mio letto.
« Perchè dovrei odiarti, Misaki?! Sei mio fratello, ti voglio bene e voglio solo che tu sia felice... non importa dove troverai la tua felicità, l’importante è che tu la raggiunga! », le sue parole cancellarono completamente l’ansia che avevo provato fino a quel momento, permettendomi così di guardare nuovamente Takahiro.
« E allora perchè l’altra sera non hai detto niente? Perchè sei sparito? Perchè mi evitavi? », chiesi ancora, sfogando quello che rimaneva del mio nervosismo.
L’espressione di mio fratello era un misto di confusione e mortificazione e, solo dopo un lunghissimo istante, lui si decise a rispondere. «  Non ti stavo evitando... ma avevo bisogno di tempo per accettare la cosa... temevo che la vita che avevi scelto non fosse quella adatta a te, avevo paura che potessi soffrire... non mi ero reso conto che ero diventato prorpio io la causa della tua irrequietudine... », ammise, affranto, per poi continuare, « Credevo che Akihiko non potesse darti quello di cui avevi bisogno... desideravo che tu avessi una famiglia e così, all’inizio, credevo che la tua scelta ti avrebbe portato altro dolore... Ma poi, già dopo pochi giorni, ripensai a tutte le volte che ti avevo visto sorridere, a come tu riuscissi a capire Usagi-san, nonostante, ammettiamolo, lui abbia davvero un carattere difficile... ». A quelle parole Usami ridacchiò, consapevole del fatto che mio fratello avesse ragione, ma Takahiro ignorò l’interruzione. « Insomma.... ho capito che la mia priorità era quella di renderti felice e se veramente tu ami Akihiko e desideri vivere con lui, per quanto questa sembri una vera e prorpia follia, a me va bene così... io desidero solo vederti sorridere, perchè la mia gioia dipende esclusivamente da quel tuo dolcissimo e bellissimo sorriso... », mio fratello non riusciva più a trattenere le lacrime e anche io mi aggiunsi al suo pianto fragoroso.
Ormai solo Usagi-san sembrava essere riuscito a mantenere un certo controllo di sè, anche se sapevo benissimo come quelle parole avessero rallegrato anche il suo animo. Eppure io non avevo ancora finito, c’erano ancora due cose che mi sentivo in dovere di fare, prima di poter “archiviare” la questione e ritenermi del tutto soddisfatto.
La prima era, naturalmente, quella di rassicurare mio fratello sulla ragionevolezze, che a volte sfuggiva pure a me, di quella mia scelta. « Takahiro, io non posso fare altro che dirti che sono sicuro di quello che ho deciso... anche se questa è davvero una follia, ho davvero capito che voglio rimanere con Usagi... perchè... perchè... perchè anche lui fa parte, ormai, della mia famiglia.... e poi, in fondo, l’amore comporta sempre un briciolo di pazzia, no?! », sussurrai, ancora commosso. Mio fratello si limitò ad annuire, per poi abbracciarmi.
 In quel momento arrivò anche il dottore con le carte per la mia dimissione. Takahiro si sbrigò a metterlo al corrente del mio improvviso recupero della memoria e il medico, allora, mi sorrise con dolcezza, evidentemente felice per me. Io mi unii ai ringraziamenti di mio fratello e di Usami, prima di raccogliere tutte le mie cose e uscire finalmente da quella grigia prigione. Appena misi piede fuori dall’ospedale, inspirai profondamente l’aria pulita di quella sera di novembre, contento che la situazione si fosse sistemata. Una grande mano fredda mi arruffò i capelli, mentre il mio cure, come sempre, iniziava a galoppare e il solito rossore invadeva le mie guance. « Copriti bene o ti ammalerai! », mi rimporverò con dolcezza Usagi-san, sorridendomi. Istintivamente sprofondai di più nella mia grossa sciarpa di lana, iniziando a notare il freddo pungente che caratterizzava quella serata. Lentamente, ci avviammo a piedi verso la casa di Takahiro, che distava solo una ventina di minuti dall’ospedale. Il silenzio era sceso su di noi, avvolgendoci tutti nella sua creduele morsa. Fortunatamente, proprio mio fratello riprese la parola. « Ah, Usagi-san... mi sono dimenticato di dirti una cosa! Tu prova a far soffrire mio fratello e dovrai vedertela con me! », esclamò, in un tono scherzoso, che però tradiva una nota di serietà. Akihiko rise, per poi annuire. « Va bene.... me ne ricorderò! »
Io arrossii, quella situazione era davvero surreale, ma estremamente perfetta. Avevo finalmente recuperato la mia memoria, sapevo che mio fratello approvava la mia relazione con Usagi-san e avevo la certezza che tutto sarebbe andato sempre meglio! Eppure, nonostante tutta questa gioia, c’era ancora qualcosa che mancava: dovevo assolutamente parlare da solo con Usami! In ogni caso, l’occasione non sarebbe tardata ad arrivare; l’indomani, infatti, Takahiro e sua moglie ci riaccompagnarono a casa, dove, ad attenderci, c’era un tenero Suzuki-san; quell’orsacchiotto era mancato pure a me!
Dopo aver appoggiato le nostre cose nelle rispettive camere, invitai Usagi-san, ancora abbracciato al suo peluches, a sedersi sul divano e ad ascoltare quelle poche cose che sentivo la necessità di dirgli. L’uomo non volle separarsi dal suo adorato Suzuki-san, ma mi fece capire che avevo comunque tutta la sua attenzione.
Esitante, cominciai: « Usagi-san... io... io voglio ancora chiederti perdono per essermi dimenticato proprio di te! So che, probabilmente, potresti aver interpetato questa cosa come una specie di mio involontario rifiuto nei tuoi confronti... ma... », non riuscii ad arrivare a metà del discorso, che subito venni interrotto dal mio interlocutore. « Misaki... ascolta, non voglio negare di aver pensato che tu, in realtà, volessi dimenticarmi... la tua amnesia era davvero strana, troppo selettiva... so di averti praticamente costretto ad amarmi, ma non ho mai perso la speranza che i tuoi sentimenti, con il tempo, siano divenuti sinceri... così, ora, da te voglio solo una risposta sincera... Misaki, davvero mi ami e vorresti vivere per sempre con me? ».

Il mio angoletto...

Vi affido anche il quinto capitolo di questa breve FF, che, ormai, sta volgendo al termine. Come sempre desiderosa di conoscere la vostra opinione, vi lascio, magari per cercare di scrivere anche il sesto e ultimo capitolo di questa avventura!

A presto....
(ah e Buon Natale!)
  

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Capitolo 6
*** Dimmi che mi ami e vuoi restare con me... ***




6. Dimmi che mi ami e vuoi restare con me...  (Epilogo)

 
 

La domanda di Usagi-san mi spiazzò, facendomi perdere completamente il filo del discorso, che mi ero preparato con tanta cura.
« Io... io... ti...ti... », provai, invano, a rispondere. Ma perchè, nonostante tutto quello che era successo, facevo ancora così fatica a confessare i miei sentimenti al diretto interessato?! Ero riuscito perfino a raccontare la verità a mio fratello, ma non c’era verso di riuscire a pronunciare quelle due parole che mi avrebbero permesso di raggiungere la più alta felicità insieme a quell’uomo, che ora mi stava seduto di fronte, fissandomi con quegli occhi carichi di speranza.
« Misaki.... », lo sentii dire, mentre un brivido mi correva lungo la schiena; la sua voce era così calda e profonda da riuscire a sfiorarmi l’anima ogni volta.
Non potevo continuare a torturarlo così! Sapevo bene che Usami stava soffrendo; sin dall’inizio io l’avevo sempre ferito e solo per colpa di quella mia maledetta ritrosia nell’ammettere quello che, effettivamente, io sapevo di provare per lui.
«  Io ti... ti... si... io ti... », nulla, assolutamente nulla! Codardo, Misaki!
Senza che me ne accorgessi, calde lacrime iniziarono a scendere copiose lungo il mio viso, mentre, nella più completa disperazione e rassegnazione, non potevo fare altro che porgere le mie scuse ad Akihiko. « Mi dispiace, Usagi-san... mi dispiace... io non ci riesco! », singhiozzai, in preda alla crisi di pianto.
All’improvviso, sentii le grandi mani di Usami afferrarmi per le spalle e costringermi a sdraiarmi sul divano.
Stordito e confuso, con la vista ancora appannata, riuscii solamente a dire: «  Usagi-san.... cos... », prima che le labbra di Akihiko intrappolassero le mie, iniziando un bacio dolce, ma anche passionale.
« Mi sei mancato, Misaki... ti amo... », sussurrò poi lui, prima di cominciare a baciarmi il collo e ad alzarmi la maglietta.
Perchè? Perchè non si arrabbiava con me? Io non gli avevo ancora risposto, io non riuscivo a rispondere alle sue domande, eppure lui sembrava accontentarsi. No, non potevo permettere che Usami sopportasse il peso della mia mancanza di chiarezza! Sebbene fossi consapevole che lui sapeva benissimo cosa provavo per lui, non potevo lasciare che si accontentasse così, altrimenti il nostro rapporto non sarebbe mai stato “alla pari”. Io sarei rimasto per sempre il solito indeciso, incapace di esprimere chiaramente i suoi sentimenti, e, prima o poi, Akihiko si sarebbe stancato di me, preferendo qualcuno che fosse capace di ricambiarlo veramente.
Faccendo appello all’ultimo brandello di coraggio che mi era rimasto, capovolsi la situazione, trovandomi a cavalcioni sopra Usagi-san. A quel punto arrossii; ed ora?! Sapevo esattamente quello che volevo dimostrargli, ma non sapevo come fare.
Come già era successo in passato, provai, goffamente, a slacciare i primi bottoni della sua camicia, ma le mani mi tremavano, rendendo l’impresa molto più ardua del previsto. Mentre mi concentravo, deciso a raggiungere il mio scopo, sentii Usami ridacchiare sommessamente sotto di me.
« Cosa... cosa c’è? », chiesi, lanciandogli un’occhiata perplessa.
« Non cambiare mai, Misaki... perchè io ti amo esattamente così come sei... buffo, impacciato, dolce... irresistibilmente seducente... », la voce di Usagi-san era poco più di un sussurro, ma quelle sue parole scesero nel profondo della mia anima, scuotendola. Prima che potessi anche solo tetare di rispondere, Akihiko aveva già ripreso il comando, finendo di spogliare entrambi. Poco dopo fui pervaso, come sempre, da un forte dolore, che presto, però, mutò in passione, desiderio, bramosia. I miei gemiti di piacere morivano sulla sua pelle, sulle sue labbra, mentre il suo profumo mi inebriava. Dopo un ansito più sonoro, Usagi si stese al mio fianco, accogliendomi tra le sue forti braccia.
« Non mi lasciare... », sussurrai, sicuro che lui mi avrebbe sentito comunque.
« No, mai... », rispose, infatti, accarezzando il mio viso ancora accaldato.
Nella stanza regnava ora il più completo silenzio; in lontananza si udiva solo il rumore sommesso della pioggia ammalgamarsi perfettamente al suono dei nostri respiri affannosi.
« Ti amo, Usagi-san... », boffonchiai, chiudendo gli occhi e aspettando che il solito rossore tornasse ad imporporarmi le guance.
Usami non mi rispose; si limitò a stringermi ancora più forte a sè, permettendomi così anche di percepire il battito accellerato del suo cuore.
A quel punto, non c’era più nulla da aggiungere.

Il mio angoletto...

Eccoci giunti alla fine con questo breve epilogo. Ammetto che un po' mi dispiace, avevo veramente imparato ad amare questa storia, per quanto non sia durata molto, ma, come ho già detto: "A quel punto, non c’era più nulla da aggiungere."
 
Spero che questa FF vi sia piaciuta e che mi farete sapere le vostre opinioni e i vostri consigli...

Alla prossima....

                       _Cannella_
  

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