Ramblers - Viaggiatori

di Ciribiricoccola
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


talia

Salve a chiunque sia capitato/a qui :)

Dovrei essere a studiare, ma la parte meno diligente di me ha avuto il sopravvento. Così, in un giorno, ho scritto questa storia. Doveva essere più corta e non doveva avere i 6 capitoli che verranno pubblicati... ma si sa come vanno queste cose: una fa nascere i suoi personaggi, ha appena finito di plasmarli... e questi se ne vanno in giro, complicando qualsiasi cosa. E non si può fare altro che seguirli...

L'idea di fondo non ha un'origine precisa, diciamo che è nata dalla mia curiosità... Scoprite da soli/e di cosa si tratta :).
Le premesse sono poche: siamo nel 1972, siamo negli Stati Uniti, e siamo alla fine dell'ottavo tour nord-americano dei Led Zeppelin - precisamente a Giugno, in Arizona.
Ho scelto un periodo tranquillo per la band, l'ho fatto appositamente per creare dalla mai fantasia un pò di turbolenze :)! Enjoy! E fatemi sapere!!!

Grazie e al prossimo capitolo

Ciry

RAMBLERS - VIAGGIATORI

CAPITOLO 1

Il corridoio è lungo, le fa venire l’ansia. E anche un po’ voglia di vomitare.
Ma non si ferma, perché vede la fine, perché è quel brivido che le ronza nella testa a farla scattare in avanti, senza correre, ma con una gran fretta.
I capelli lunghi sbattono contro l’aria stravolta dai suoi movimenti, il suono del suo stesso respiro affannoso le riempie le orecchie e le dita si chiudono come tenaglie, sembrano aggrapparsi al diario, l’unico oggetto che ha portato con sé.

L’ha picchiata, l’ha fatto un’altra volta, ed ogni schiaffo ha quasi rimbalzato contro di lei, tanta era la forza.
Non si fa. Non se ne intende di certe cose, ma sa che questo non si fa.
Voleva solo visitare il negozio di libri al piano terra e comprare un romanzo, magari anche una biro.
E lui le aveva rifilato prima un paio di ceffoni, poi uno sguardo pieno di disprezzo.

Alla sua prima distrazione – una doccia dopo una lunga giornata di lavoro e affari – se l’era svignata più rapidamente e silenziosamente possibile, con una sola parola in testa, pulsante come il livido sulla sua guancia destra.
“BASTA!”

 

Non sa quanto tempo è passato, né da quanto scappa in mezzo agli androni nel tentativo di depistarlo – quasi sicuramente è uscito a cercarla o ha incaricato qualcuno per farlo; in fondo al corridoio c’è un ascensore, e le luci intermittenti sopra le porte scorrevoli le dicono, con suo grande disappunto, che è occupato e sta salendo.
Aggrotta le sopracciglia in un’espressione angosciata, si perde un po’ d’animo, perché gironzolare in quegli spazi ampi la espone molto di più al rischio di essere trovata facilmente.
Lei vuole andare a stare un po’ in pace in un posto dove non ci sia lui. Ci sarà pure un angolo tranquillo e isolato in un albergo tanto grande e lussuoso!

Fa per ripiegare a sinistra, gli occhi alla ricerca di un maniglione antipanico o di una scala secondaria, quando la campanella discreta dell’ascensore per poco non la fa sussultare dalla sorpresa.
Le porte si aprono! Qualcuno scende a quel piano!
A malapena vede una figura sfilarle accanto – forse un anziano signore in un completo elegante – e in un attimo è nella cabina, al sicuro, porte chiuse, la salita riparte.
E solo in quel momento nota qualcuno, riflesso nel grande specchio alla sua sinistra.

Alto, filiforme, con un sacco di capelli, così tanti da lasciar scorgere solo il naso, che sembra piccolo e dritto.
Sta fumando, la sigaretta è sostenuta da una mano strana, la più strana che le sia mai capitato di vedere: dita lunghe, quasi ossute, ingioiellate, il palmo più lungo che largo, ed il pollice dotato di un’unghia lunga, mentre le altre quattro sono molto corte.
Sembrerebbe quasi una mano da ragazza.
Quando finalmente si volta, nota con una vampata di vergogna che anche lui la sta guardando, forse da quando è entrata, dal “nascondiglio” della sua folta capigliatura.
È un ragazzo giovane, ha gli occhi piccoli ma molto chiari, e la bocca piegata in un mezzo sorriso rivolto a lei.
Talia ha paura, così, all’improvviso, e nei polmoni le entra un fastidioso aroma di fumo.
Sembra una persona perbene, ma ha uno sguardo che la fa sentire strana, a disagio.
Stringe al petto il suo diario e distoglie lo sguardo, anche se a malincuore: non vorrebbe perderlo d’occhio, per quanto le sembri innocuo. D’altro canto, sa che anche lei potrebbe apparire strana in quel momento, trafelata, corrucciata, forse perfino spettinata.

“Attenta. Hai una scarpa slacciata.”

Vorrebbe rimanere indifferente ed imperturbabile, ma quella voce la costringe a tremare tutta nel viso per qualche istante.
“Non sembra neanche un uomo!” pensa, spaventata.
D’istinto si volta di nuovo a guardarlo e proprio non riesce ad associare quella voce tanto fine e gentile che le ha parlato ad un individuo così bizzarro, oscuro e rachitico, che per giunta somiglia ad un serpente!

Non se la sente di ignorare deliberatamente l’avvertimento, così si china molto lentamente e piega la gamba destra per annodare le stringhe della sua Converse.
Da sempre preferisce le sneakers con la chiusura in velcro, più comode e veloci da indossare, forse perché ha imparato tardi ad allacciarsi le scarpe da sola.
E poi le mani le tremano – colpa dell’adrenalina in circolo, dell’ansia, dello spavento…
Inesorabilmente, si sente una stupida piagnona, si arrabbia.
E davanti alla squallida prospettiva del suo stesso rimprovero, comincia a piangere, ma lo fa in silenzio per non farsi vedere dal tipo strano.
Solo che poi dell’odioso muco minaccia di colarle dal naso, così si ritrova a sniffare rumorosamente.
E le spalle, imitando le mani, tremano. Visibilmente.

“Stupida, ridicola bimbetta” pensa stizzita mentre a stento trattiene un singhiozzo.
“Ehi… Tutto bene? Cos’è, ti senti male?”

Il tipo strano si è accorto del piccolo dramma in corso, in un passo o due le si piazza davanti. Talia nota i suoi mocassini di velluto, sovrastati da un paio di esilaranti calzini a righe che le ricordano Pippo di Walt Disney.
Non fa in tempo a replicare alcunché, perché il ragazzo si accuccia e la scruta con aria vagamente preoccupata.
“E’ tutto ok qui? Cosa c’è che non va, ragazzina?”

Pensa che abbia gli occhi più… vicini e intensi del mondo: si sente paralizzata davanti a loro, che la guardano con attenzione ed insistenza.
Stanca di trattenersi, Talia singhiozza sommessamente e confessa, rossa per il pianto e l’imbarazzo: “No… non riesco…” indicando in un molle gesto la scarpa slacciata.
Lui le porge un fazzoletto rosso e cerca di calmarla con quel suo tono pacato ed educato: “Non ti preoccupare, dài, adesso basta piangere… Vuoi che ci pensi io?”

 
Ha sempre seguito diligentemente la regola più sacrosanta di tutte:

“NON DARE CONFIDENZA AGLI ESTRANEI”

Poteva sapere anche poco della vita, ma una cosa le era chiara: la confidenza non doveva essere data alle persone sbagliate, sconosciute o meno.
Il suo patrigno era una persona sbagliata, eppure si conoscevano, lei aveva addirittura tentato di volergli bene!
Ma ora il segno sulla guancia brucia, pulsa, e questo perché lei ha dato confidenza a Roland.
Concedere due parole ad un ragazzo sconosciuto che però le ha ceduto il proprio fazzoletto e si è preoccupato per lei…

 
“… Sì… grazie…”
“Ooh, perfetto… Coraggio, alzati e asciugati queste lacrime…”

Un suo sorriso, piccolo ma forse sincero, la rassicura.
Obbedisce senza fare storie, allungando il piede verso le sue mani mentre usa un angolo del fazzoletto per asciugarsi gli occhi; senza che lui la veda, passa un braccio sotto al naso umidiccio, non vuole sporcare quello che non è suo.

In cinque secondi, in cui lui finisce di fumare, il nodo è di nuovo ben stretto e Talia ritira la gamba mentre lo vede rialzarsi con una veloce spolverata alle ginocchia, coperte da dei pantaloni chiari.
“Ecco fatto!” lo sente dire, soddisfatto e rassicurante mentre getta il mozzicone in un posacenere sporgente dalla parete; subito dopo, la campanella annuncia l’arrivo dell’ascensore.
La fine di un viaggio che a Talia è sembrato lunghissimo.
Lui esce dalla cabina con passo elastico, dopodiché esita e si volta verso di lei, rimasta indietro, imbambolata a fissarlo, senza sapere cosa fare.
Passa qualche istante, poi la esorta sorridente: “Vieni, esci!” tendendole una mano.
Talia vorrebbe rimanere al sicuro dentro l’ascensore, ma vuole anche continuare a farsi rassicurare dal ragazzo sconosciuto.

“Non fare l’incosciente”
si intima tra sé e sé.

Ma poi le porte si spostano per richiudersi, e lei balza fuori come un coniglio in fuga, dritta dritta davanti a lui, che ridacchia piano.
“Appena in tempo!” commenta allegro prima di piegarsi leggermente in avanti, così da poterla vedere bene in faccia.
Lo vede tornare gradualmente serio, così tenta di ricomporsi anche lei, passando un’altra volta il fazzoletto sotto gli occhi, ancora lucidi e arrossati.
“Va un po’ meglio adesso?” le chiede con gentilezza.
L’altra annuisce, intimorita e incuriosita dalla sua vicinanza.
Lui socchiude appena gli occhi in un’espressione simpatica e si informa: “Come ti chiami?”
Lei esita, deglutisce nervosamente mentre contorce il fazzoletto rosso tra le mani.
“… Talia” risponde infine con un filo di voce, ma il suo sguardo resiste, vuole vedere se continua a sorriderle.
E infatti lo fa. Addirittura le porge la mano destra.
“Ciao, Talia. Io mi chiamo James.”

***

Alcuni piccoli aneddoti:

Talia prende il proprio nome dall'attrice Talia Shire (la famosa Adriana di "Rocky"); ho un poster gigante sulla porta della mia stanza, raffigurante una delle locandine di "Rocky" con tanto di nomi di cast, regista, produttori e quant'altro... e Talia suonava davvero bene per la mia creatura :)

Il titolo della FF si ispira liberamente dalla canzone dei Led Zeppelin, "Ramble on" (né lei, né loro, mi appartengono *sigh*). Poi capirete perché!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


talia

Bentornati/e ^^

Andiamo avanti con la storia... Un altro momento relativamente breve, ma intenso, almeno se lo guardate da un certo punto di vista...!
Prometto un pò più d'azione a partire dal prossimo capitolo!
Intanto vi ringrazio per i vostri commenti, che mi sono stati molto utili! Continuate così :)

Grazie e buona lettura

Ciry

CAPITOLO 2

Il tizio strano somigliante ad un serpente si chiama James, veste di colori chiari, ha gli occhi azzurri, il sorriso piccolo ed una voce molto gentile.

Talia gli stringe la mano, così femminile, e si stupisce nel sentirla salda e forte.
“James” ripete nella sua testa, “provando” quel nome.
È un bel nome.
E anche quella massa di capelli non sembra più tanto minacciosa.

“Talia, cos’hai fatto al viso? Sei caduta?”

D’istinto porta la mano alla parte destra del volto e subito sente quel dolore ovattato ma profondo, soprattutto familiare.
Il gonfiore ed il livido stanno diventando evidenti. Inutile nascondersi ormai…
Riabbracciando il proprio diario sul petto, Talia sospira gravemente, abbassando gli occhi, e risponde: “No… è stato il mio patrigno. Mi ha dato uno schiaffo perché… gli avevo chiesto di accompagnarmi in libreria…”
James si irrigidisce tutto d’un colpo e replica, molto serio: “… E’ per questo che sei salita in ascensore? Stavi…”
“Scappando” conclude lei, girovagando nervosamente con lo sguardo; la voce le si incrina mentre aggiunge: “Sono uscita dalla nostra camera, volevo… volevo salire sul tetto… perché non volevo che mi trovasse, io cercavo… un posto tranquillo…”
“Il tetto?” le fa eco James, stupito, ma senza scomporsi. “Ma Talia, il tetto è prima di tutto pericoloso. E poi, credimi, non è affatto un posto tranquillo, non in questo albergo…”

Non sopporta di essere trattata come una bambina: lei non è più una bambina da un pezzo, perché nessuno lo capisce?

Innervosita da quella replica dal sapore saccente, chiede con una vaga aria di sfida mista al risentimento: “E tu come lo sai?”
I polpastrelli sbiancano da quanto è forte la stretta nervosa sul diario, ma James, sempre con calma e pazienza, le spiega: “Lo so bene, perché la mia stanza è all’ultimo piano e quasi ogni sera qua sopra organizzano festicciole all’aperto che durano tutta la notte e non mi fanno dormire! Vuoi dare un’occhiata?”
Le indica una grande porta a vetri decorata in fondo al corridoio in cui si sono fermati a parlare e Talia, più incuriosita che smaniosa di contraddirlo, annuisce e s’incammina al suo fianco verso l’ingresso del tetto.

 

Un briciolo del suo orgoglio è ferito, perché James aveva ragione: il tetto non è un posto tranquillo.
C’è la piscina, c’è il bar, c’è la pista da ballo, ci sono i divanetti, un sacco di luci e altrettante persone che lavorano ai preparativi di una festa imminente.
Un po’ delusa, lascia andare l’uscio vetrato, che si richiude automaticamente, e torna verso di lui, che la aspetta con le mani dietro la schiena.
“Ebbene?” le domanda, retorico.
Talia fa spallucce, mascherando un po’ del proprio disappunto, e risponde con una punta di preoccupazione nella voce: “Non ci posso andare. Adesso… non so…”
Di nuovo il ragazzo si piega in avanti per guardarla e le dice: “Di tornare in camera tua per il momento non se ne parla, immagino…”
Senza alcuna esitazione, riceve un “No” secco ed impaurito.
“Va bene” la rassicura, grattandosi la testa con fare meditabondo “Allora ci rimangono due soluzioni: potremmo chiamare la polizia e fare una denuncia…”
“La polizia?” lo interrompe Talia, che di polizia sa poco o niente, e quel poco che sa è spiacevole, sempre.
Il ragazzo tenta di spiegarsi meglio: “Non ne sono sicuro al cento per cento, ma credo che ti faranno alcune domande e che potrebbero chiamare tua madre o un altro tuo parente in attesa di arrestare il tuo patrigno. Potrebbero… trattenerti in un commissariato, ma…”

Smette di delucidarla non appena nota quel gran paio d’occhi scuri incupirsi, pieni di ansia e scetticismo.
“… Ok, no. Non chiamiamo la polizia, per ora” conclude con un sorriso che riesce a sollevarla, e non poco.
“Qual è l’altra soluzione?” gli domanda speranzosa.
James sospira brevemente, dopodiché risponde a bassa voce: “Lo so che non ci conosciamo molto bene… ma se ti fidi – e puoi farlo – puoi venire nella mia stanza, e lì penseremo a qualcosa per uscire da questa situazione. Cosa ne pensi…?”

Talia è quasi felice di vedere che, come lei, James è imbarazzato nel fargli una proposta così… strana.
Una ragazzina ed un uomo soli nella stessa stanza.
Arrossisce prepotentemente al solo pensiero, e non solo perché le hanno insegnato ad evitare le “circostanze sconvenienti”.

È che James è grande, ma è anche molto carino, e la sua gentilezza non ha niente di viscido.
Prima poteva sembrare un serpente, ma ora le appare come un cavaliere, solo senza l’armatura.
Un cavaliere che l’ha salvata, senza rendersene conto, non su un cavallo o in una torre assediata.
Non le è mai capitato prima d’ora di ricevere così tante attenzioni da un ragazzo, per giunta alto, bello e adulto.

L’imbarazzo si mescola alla lusinga senza che lei neanche se ne accorga.

Sorride timidamente, le mani si intrecciano agitate sopra il diario.
 “… Non saprei…” si ritrova a rispondere, per quanto vorrebbe dire subito di sì.
Anche James sorride, comprensivo.
“Vorrei solo darti una mano, non voglio farti fare niente di…”
“Lo so, lo so!” si affretta a ribadire l’altra, sempre più imbarazzata e allettata “Ho solo… paura di disturbare…”
Bugiarda. In realtà freme dalla voglia di entrare nella sua stanza e guardarsi intorno, tra le sue cose, l’odore che emanano e che aspetto potrebbero avere…
“Ma no, non disturbi affatto!” le dice lui con una risatina “Anzi, se vieni possiamo anche mettere un po’ di ghiaccio sulla guancia, che ne dici?”

Già.
La guancia, lo schiaffo, Roland.
Davanti a James, tutto sta diventando improvvisamente più… lontano.

“Va bene” acconsente alla fine, sperando che il rossore sugli zigomi non si veda troppo.

 

“James?”
“Sì?”
“Hai un telefono in camera?”
“Certo. Chi vuoi che chiamiamo?”
“… Stavo pensando alla mia mamma… magari può venire a prendermi…”
“Mamma dove abita?”
“Non lontano da qui. Forse un centinaio di chilometri.”
“Bè, non proprio dietro l’angolo… ma possiamo fare un tentativo!”

James ci ha messo un po’ a trovare la chiave, non ricordava se ce l’avesse in tasca, nella borsa lasciata in camera o addirittura alla reception.
Mentre fa per aprire, Talia sente una voce estranea alle loro spalle.
“Jimmy?”

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


talia
Bentornati, e scusate il ritardo! Ho girato come una trottola fino a 48 ore fa, dovevo riprendermi :)
Spero vi godiate questo terzo capitolo, più animato del secondo!
E - piccola parentesi - perdonatemi, fans dei Led, in particolare di Jimmy: ho scoperto solo oggi che la carta d'identità di Mr.Page parla chiaro... gli occhi del signorino sarebbero verdi. Non nelle foto che ho visto io, ma così è stato ufficializzato! Io ho comunque deciso di non cambiare il colore dei suoi occhi in questa storia. Perché li ho sempre visti azzurri, e che diamine!
Detto questo, buona lettura, grazie della vostra attenzione e al prossimo capitolo!

Ciry




CAPITOLO 3

Il ragazzo si volta e saluta con un cenno del capo e un distratto “Ciao, Jonesy…”
“Jimmy, cosa stai facendo?”
Talia si avvicina alla parete a piccoli passi, sperando invano di non essere notata.
James risponde serenamente: “Vado nella mia stanza…”
“Jonesy” insiste, indicando la ragazzina. “Con lei?”
Sembra vagamente contrariato, ma riesce a contenersi molto bene.
Il ragazzo sospira e replica pigramente: “Lei si chiama Talia. L’ho trovata in ascensore mentre salivo, ha bisogno del telefono…”
Con uno sguardo apprensivo, il nuovo arrivato si avvicina a Talia, rasente al muro con la schiena, dopodiché si china e le chiede guardingo: “… Cos’è quel livido? Chi te l’ha fatto?”
L’altro apre finalmente la porta ed interviene deciso: “Jonesy, non la spaventare, ok? È una lunga storia, e lei non ha molta voglia di par-“
“Oilà!!! Finalmente vi trovo!!!”

Talia spalanca gli occhi, sbigottita, e non vede più quel tale, Jonesy, che le sta davanti tutto preoccupato.
C’è un ragazzo che gironzola mezzo nudo per il corridoio, sembra quasi un leone con quella criniera dorata e voluminosa…
È molto carino, anche se non come James. O… Jimmy.

“Bonzo è al quarto piano, perché non… ooohhh, e questa chi è?”
Caotico, nonché stupito almeno quanto lei a causa dell’incontro inaspettato, il secondo tizio amico di James fissa Talia come se fosse un curioso animaletto selvatico, e subito si informa con un sorrisetto: “Jimmy, stai scherzando…?”

Lei non capisce assolutamente.
James sospira per l’ennesima volta e, cercando di mantenere la calma, decide di optare per le presentazioni.

“Talia, ti presento due miei amici, John e Robert. Jonesy, Percy, lei è Talia, una bambina molto timida che ho pescato a piangere in ascensore da sola e che, di conseguenza, ha chiaramente bisogno di aiuto. Ho deciso di lasciarle usare il telefono della mia stanza. Ci siete fin qui?”
Talia tace, sorvolando volentieri sulla verità molto sommaria appena esposta da James, e guarda di sottecchi i suoi amici; Robert ovviamente se ne accorge per primo e si china interessato su di lei.
“Ciao, sono Robert, Robert Plant” la saluta prendendole la mano, senza complimenti “Come va, Talia, tutto ok? Bel nome, Talia, mi piace!”
L’altra, stordita come non mai, arrossisce e ritrae la mano, facendola poi tornare prontamente sul diario.
Robert ridacchia, intenerito.
“Poverina, è timida davvero!”
“Percy, piantala…” lo ammonisce John.
“No, sul serio, guardala!” insiste l’altro “Sembra un pulcino spaventato! Scusami, lo so che non è da galantuomini, ma… quanti anni hai?”
Dato il tono vagamente divertito di quel biondino strambo e fin troppo sorridente, Talia gonfia impercettibilmente il petto e risponde guardando altrove: “Dodici. E mezzo.”

James tossisce, a disagio.
John storce la bocca in un’espressione sospettosa.
Robert trattiene a stento una risata.
“Buon Dio, Pagey, spiegami cosa ci fa una bimba così piccola e sperduta tra le tue grinfie, e vedi di essere convincente, perché-“
“Robert, piantala!” tuona John una seconda volta, costringendolo ad alzarsi con una pedata nel sedere.
Talia, indignata, si gira verso James, che prontamente ordina: “Jonesy, portati via questo sacco di ormoni, lascialo da Bonzo, insomma, basta che non stia qui a terrorizzare Talia!”
“Veramente io stavo andando a telefonare a Mo…”
“John, ti supplico, una tregua!”
“Ok, ok, lo porto da Bonzo…”
“Non parlate come se non fossi qui!”
“Zitto e cammina, tu. Prima andiamo e prima arriviamo!”

Talia si morde il labbro inferiore nel tentativo di non ridere: quei due tipi sono spassosi, poco importa se Robert sembra un ubriacone e John un generale fascista.

“Vieni, Talia, lasciali perdere…” è l’invito di James, che l’aspetta nella stanza; lei fa per entrare, quando le arriva la voce di Jonesy, che la avverte mentre si allontana con l’altro capellone…
“Comunque fai dare un’occhiata al livido, piccola, non è per niente bello a vedersi!”
Dopodiché la saluta con la mano e lei, in automatico, ricambia, intontita.
È come se un uragano fosse passato nel corridoio, prendendola in pieno per poi lasciarsela alle spalle, scaraventata a terra.
È una sensazione strana.
Ma ne ha conosciute di peggiori.

 

“Ecco, questa è la mia stanza, accomodati!”

La invita carinamente a sedersi su una grossa e morbida poltrona in mezzo alla stanza, vicino alla TV.
Talia sbircia intorno a sé, trattenendo a stento la meraviglia: la suite è grandissima e molto lussuosa, bella nonostante il letto sfatto e la poca luce che la illumina a zone. Si aspettava più scompiglio, e invece James sembra un tipo piuttosto ordinato, certamente più di lei!

Di colpo un rumore molesto risuona altissimo nel locale silenzioso, e la cosa la butta nell’imbarazzo più nero: il suo stomaco ha brontolato, spazientito.
Avrebbe già dovuto essere a cena da almeno un’ora, ma Roland ha fatto tardi a lavoro…
Mentre lei tenta invano di fare la gnorri, coprendo la pancia con il diario, James si china davanti alla poltrona, sorridente e premuroso.
“Facciamo così: prima di telefonare, dai un’occhiata al frigobar, vedi se c’è qualcosa che ti piace e la prendi. Altrimenti ci facciamo portare la cena in camera. Va bene?”

Stare con James è diventato rassicurante: lui è sempre pronto ad aiutarla e a risolvere i suoi problemi senza difficoltà, non fa neanche una domanda scomoda o noiosa, anche se è un adulto, anche se forse potrebbe essere suo padre.

Con un sorriso pieno di gratitudine, velata dalla vergogna, Talia annuisce e si alza dalla poltrona, lasciandosi indicare il frigobar poco lontano.

Alcolici, alcolici, un pacchetto di biscotti, alcolici, una bottiglietta d’acqua, alcolici, altri alcolici ed infine… l’insperabile: almeno quattro grosse barrette di cioccolato.
Senza esitare ne prende una, e quando la estrae dal ripiano vede qualcosa di piccolo cadere ai suoi piedi, sulla moquette rossa, senza il minimo rumore.
Chiude il frigo e si china a raccogliere quello che sembra un inutile pezzetto di plastica triangolare; non ha idea di cosa sia, né a che cosa serva, forse qualcosa che si è staccato dal ripiano…
“Hai trovato qual… Oh, ma guarda dov’era…! Me li dimentico un po’ ovunque…”
La voce di James, per quanto tranquilla, la fa sentire come una discola beccata con le mani nel barattolo della marmellata. Subito si discolpa allungandogli l’aggeggio minuscolo. “E’ caduto dal frigo…”
E l’altro lo prende con una risatina, replicando: “Non so di preciso come ci sia finito, solitamente un plettro lo uso per suonare!”
“… Suoni?”
“Sì, sono un chitarrista. Cos’altro hai trovato nel frigo?”
La ragazzina indica il proprio bottino accennando un sorriso.
“Cioccolata! Una stecca intera!”
“Ottimo! In salotto ho anche della Coca Cola, vieni, il telefono è lì…”

 

Il numero lo conosce a memoria, ovviamente.
Lo digita piano, perché non sa bene cosa dirà a sua madre, ha paura di spaventarla o, peggio ancora, di essere sgridata.
James le ha lasciato un po’ di privacy ed è andato a strimpellare la chitarra dall’altra parte della stanza; lo vede, è a meno di dieci passi da lei, ma sa bene che in quel momento è da sola, deve essere da sola.
Prende un gran respiro e cerca di farsi forza mentre il telefono squilla.
È libero.

“Pronto?”
“… Mamma?...”

La musica a basso volume di James sullo sfondo, come una colonna sonora, s’interrompe. Talia non si volta a guardarlo.

“Talia, amore, sei tu?”
La voce della mamma le arriva subito bella e preoccupata, le fa venire voglia di piangere un’altra volta.
“Mamma, ciao…” la saluta con un groppo in gola.
“Amore mio, come mai mi chiami? È tutto a posto, Roland è con te?”

No, Roland non è con lei, ma per dirlo ci vuole coraggio.
E per pensare alla reazione di Roland davanti alla sua assenza- scappatella ce ne vuole ancora di più.
Certo, mai quanto gliene occorre per spiegare alla mamma che Roland è un uomo violento, e che lei non lo sopporta più.

“Sono in albergo…” esordisce timidamente “Non so dov’è Roland…”
“Talia, cos’è successo?”

La domanda giunge diretta e molto ansiosa.
Non la aiuta per niente.
Oh, ma deve riuscirci…

Sente alcuni passi sulla moquette, forse James se n’è andato dal salotto…

“Mamma, sto usando il telefono da un’altra stanza…”

E una cosa la dice.
Mamma, com’è logico, trasale ed esclama: “Talia! Dove sei?!”

“Sono nella camera… di un ragazzo che mi ha aiutata…”

Non avrebbe voluto dirlo così, le è scappato, non ci ha riflettuto abbastanza sopra.
Sua madre, come si aspettava, esplode all’istante.

“Ma cosa stai dicendo?! Talia, di cosa stai parlando, passami subito Roland, non so dove sei, ma torna subito in camera, immediatamente!!!”

La sua voce passa attraverso la cornetta, squillante e prepotente, così tanto da riuscire a farsi sentire anche nel vasto silenzio della stanza.
Talia alza gli occhi al cielo, angosciata, e il panico le impedisce di replicare come si deve per tentare di tranquillizzarla.

È allora che sente una mano sulla spalla destra.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


talia

Salve a voi ^^

Nell'augurarvi Buone Feste (appena in tempo!), vi annuncio che questa storia durerà ancora per poco: altri due capitoli! Siamo oltre la metà!
Grazie per le vostre letture, per le vostre recensioni, che mi fanno capire che gradite questo mio "excursus letterario" sui Led Zep, oc he se non altro non sta passando inosservato!
Ho anch'io qualche recensione, nonché molte letture, da effettuare... perciò vi lascio alla lettura e ci vediamo al quinto capitolo, presto presto!

Ancora Buone Feste!

Ciry

Capitolo 4

Si volta e alza lo sguardo. C’è James accanto a lei. Le fa un gesto elegante e leggero con la mano, vuole farsi passare il telefono.
Inerme, Talia esegue, come se la cornetta scottasse, mentre sua madre ci sta ancora strillando dentro.
“Come si chiama mamma?” le chiede sottovoce mentre con l’altra mano le porge un tovagliolo fresco ed umido contenente dei cubetti di ghiaccio.
Talia sussurra di rimando: “Kate…” prendendo il fagotto, al che il chitarrista conclude, gentile ma serio: “Va bene, ci parlo io, stai tranquilla. Metti questo sulla guancia e mangia, non preoccuparti.”

 
“Signora Kate? Mi sente?”
“Pronto? Chi è?”
“Mi chiamo James Page, signora, sono-“
“Dov’è mia figlia? Mi passi subito Talia, chiunque lei sia!”

Talia fissa James, preoccupata.
Morde la stecca, ed il cacao fondente le si scioglie in bocca, finendo vischiosamente lungo l’esofago.

Imperturbabile, il ragazzo riprende: “Talia è qui accanto a me, signora, sta mangiando ed è tranquilla…”
“Voglio sapere cosa ci fa lei con mia figlia!!!”
Il tono di Kate è molto alterato, ma ora trapela un grosso ed improvviso ammontare di ansia tipicamente materna, un’ansia di chi vuole sapere la verità, non importa da chi.
“Mi faccia finire, Kate, si calmi” le intima James in tono educato ma fermo.
La ragazzina, vicino a lui, smette di masticare e trattiene il fiato.
Alla fine, mamma si ammansisce e sospira gravemente: “… Ok, parli.”

James si volta per pochi istanti e le passa una mano affusolata sopra i capelli, sorridendole.
Talia osa mordicchiare un altro quadratino al cioccolato, tesa.
Lo sente dire: “Mi sono ritrovato sua figlia davanti in ascensore, Kate. Era in lacrime, stava scappando. Mi ha detto che il suo patrigno l’ha picchiata, perciò ha preso l’ascensore nel tentativo di sfuggirgli.
Ha un livido sulla guancia destra, ma si è calmata quasi subito, e dato che non volevo spaventarla, né creare un’inutile confusione chiamando la polizia, le ho permesso di usare il telefono della mia stanza per chiamare lei. Vorrebbe che la venisse a prendere.”

Kate lo ha ascoltato senza fiatare per tutta la durata del discorso.
A fatica riesce a sentirla mentre replica esitante: “… Mi sta… dicendo delle cose piuttosto gravi, signor… mi scusi, signor…?”
“James…”
“James, sì, scusi. Lei mi sta dicendo delle cose molto pesanti. Però non mi sono nuove, sfortunatamente. Ho… capito tutto, grazie del… resoconto. Adesso può passarmi Talia, per favore?”
“Certo, attenda in linea…”

James le allunga la cornetta e le annuncia sereno: “Non è arrabbiata, vuole solo accertarsi che tu stia bene…”
Talia si morde nervosamente un labbro e riprende la conversazione con sua madre.

“… Pronto? Mamma?” domanda con la voce impastata dal cioccolato e dal groppo in gola.
In un sospiro triste Kate replica, cercando di trattenere le lacrime: “Tesoro, scusami se ho alzato la voce. Mi sono spaventata… E’ vero quello che mi ha detto il signore?”
“Sì, è tutto vero!” risponde l’altra, più energica “Roland… mi ha dato uno schiaffo. Ma adesso il livido non mi fa quasi più male, perché James mi ci ha fatto mettere del ghiaccio sopra…”
“D’accordo, amore, ha fatto benissimo… Tu quindi stai bene?”
“Sì, ma tu non devi preoccuparti… James starà con me finché non vieni a prendermi…” dice Talia per poi arrossire come un peperone, dato che il ragazzo le pizzica piano il naso dopo che ha finito di parlare, intenerito.
“Parto immediatamente, amore mio!” la rassicura Kate, tirando su con il naso “Tra non molto sarò lì, conosco il posto, ti troverò, e già che ci sono farò anche una denuncia alla polizia!”
“Vuoi chiamare la polizia?” chiede la figlia, allarmata.
“Per Roland, tesoro. Non ti toccherà più” si sente ribadire dalla mamma, con voce tremula ma determinata “Lascia fare a me. Resta dove sei, io sto per prendere la macchina, aspettami, faccio presto, te lo prometto, va bene?”
Lei, confusa e timidamente felice, risponde di sì, e Kate la saluta con un avvertimento perentorio: “Non tornare in camera da Roland per nessun motivo, penseremo dopo alle cose da prendere. E aspettami. Ciao, tesoro mio… Passami James, così saluto anche lui…”

Talia, stordita ma consapevole del fatto che tutto si risolverà presto, passa la cornetta al ragazzo e torna a sedersi sulla poltrona nella stanza da letto, con il cuore così leggero che le sembra di volare.

 

“James? Mi sente?”
“Mi dica, Kate.”
“Vengo a riprendermi Talia. Ci metterò circa un paio d’ore, sono già stata nell’albergo in cui vi trovate. In questo lasso di tempo devo fidarmi di lei. Ha mia figlia sotto la sua custodia. Non voglio che le accada niente, per mano di nessuno, nel modo più assoluto. Mi capisce?”
“Sono un genitore anch’io, signora. La capisco perfettamente e le posso giurare su quanto ho di più caro al mondo che non succederà niente a Talia. Piuttosto, farò in modo di distrarla, la vedo molto tesa… Potrebbe dormire un po’, oppure guardare la TV…”
Kate esita prima di rispondere cautamente: “… E sia, basta che non si agiti ulteriormente. Si ricordi che mi fido di lei.”
“Ha la mia parola.”
“Molto bene. Grazie, per il momento. Ci vediamo tra due ore. Che stanza devo far chiamare?”
“Ehm… Scendiamo io e Talia. Se dovessi venirmi a cercare… forse suo marito potrebbe vederla, seguirla e trovarci tutti…”
“Roland è il mio compagno” lo corregge subito lei, glaciale “E comunque ha ragione.: è meglio che scendiate voi. Non fatevi vedere, se potete. Vediamoci nella hall.”
“Ci saremo. A più tardi…”
“Sì, a dopo. Buonasera.”
E Kate riaggancia senza trattenersi oltre.

Una donna forte e concreta, questo è quello che pensa James, che non ha ritenuto necessario informarla sulla propria identità: Jimmy Page, chitarrista dei Led Zeppelin.
Sarebbe stata una mossa forse controproducente.
Magari neanche conosce il gruppo…
Così come non lo conosce Talia.

 

La ritrova in poltrona, le scarpe sul pavimento, rannicchiata sul suo diario e sulla cioccolata; non ha mollato per un attimo neanche il fazzoletto rosso, né tantomeno ha tolto la salvietta con il ghiaccio dalla gota maltrattata da Roland.
Ha pianto di nuovo, ma si è già asciugata le lacrime: gli occhi sono arrossati, ma più sereni.

Chino di fronte a lei, le toglie delicatamente quella “borsa del ghiaccio” improvvisata dal volto e domanda: “Va un po’ meglio?”
La ragazzina annuisce e si sistema una ciocca ribelle dietro l’orecchio dopo aver masticato lentamente un pezzo di cioccolato; a sua volta gli chiede: “Anche tu hai dei figli? Stavi dicendo questo a mia madre?”

James sorride, ed è un sorriso caldo e dolce.

“Sì” conferma, una mano aperta sotto il viso per sorreggerlo “Ho una figlia.”

Il volto di Talia si fa sempre più curioso, il che gli fa piacere.

“Come si chiama?”
“Si chiama Scarlet… ed è bionda, come te!”

Di nuovo le accarezza paterno i capelli, e lei arrossisce sorridendo.

“E… ti manca?”
“Molto, sì! Però la sento tutti i giorni al telefono…”
“Perché… perché non è con te? Sei… divorziato?”

Quella parola complicata e sgradevole in bocca ad una bambina genuinamente curiosa lo porta a ridacchiare, stupito e compiaciuto.

“No, non lo sono” le spiega paziente “E’ solo che io e la mia band siamo spesso in giro per il mondo a suonare, e Scarlet con sua madre non possono seguirmi, sarebbe troppo scomodo e stressante per tutte e due, e poi lei è ancora troppo piccola…”
“Piccola? Quanti anni ha?”
“Circa un anno e tre mesi!”
“… Oh!”

Una bimba davvero piccola.
Talia pensava ad una ragazzina della sua età, o giù di lì, e invece ha probabilmente  imparato da poco a camminare e parlare!
Chissà se gli somiglia, anche se è bionda, quindi di certo non come il papà…

“Pensavi che fosse più grande?”
“Bè, sì, ma… forse perché…” la ragazzina rivolge lo sguardo altrove, balbettando “Perché… io… ecco, non so quanti anni hai tu, e quindi…”
“Ne ho ventotto!”
“Oh! Ventotto!”
“Pensavi che fossi più grande anch’io?”

Il suo tono divertito ed incalzante la fa ridere spensierata, scacciando un po’ d’imbarazzo; James è contento di averla fatta rilassare, e Talia è al settimo cielo.
Anche se lui non è più né il serpente minaccioso, né il galante cavaliere che poco prima aveva dipinto sulla tela della sua fervida immaginazione.
È un papà, forse perfino un marito – non vuole essere troppo indiscreta, preferisce mantenere un po’ di mistero al riguardo – e di certo una persona buona.
Un adulto speciale.

“Quello cos’è? Un libro?” s’informa il ragazzo indicando il suo diario.
L’altra scuote la testa e risponde, stringendo a sé il volumetto: “E’… un diario segreto. Quando mi sento sola e ho voglia di parlare con qualcuno, ci scrivo dentro e sto meglio…”
“Ti piace scrivere, brava, è una cosa molto bella!”
“… Mi piace anche leggere!”
“Leggere cosa?”
“Tante cose… Fiabe, perlopiù…”
“E la musica? Ti piace ascoltarla?”
“Sì, ma a casa ascoltiamo solo Elvis Presley. Roland odia i vinili, dice che sono uno spreco di soldi… e a mamma piace solo Elvis…”

James capisce finalmente un paio di cosette. Ma non si scompone davanti a Talia e, anzi, le propone disinvolto: “Ti piacerebbe sentire qualche canzone del gruppo in cui suono?”
Lei risponde di sì, entusiasta. E il ragazzo le chiede di aspettare, dopodiché cambia stanza per telefonare.

***

Alcune informazioni, di rito!

- Scarlet Lilith Eleida Page è nata il 24 marzo 1971; è la prima figlia di Jimmy Page, nonché colei che per prima lo ha reso nonno, di Martha Alice :)

Questa è lei oggi:  http://img.thesun.co.uk/multimedia/archive/00561/SNN2229DN_400_561406a.jpg
Ed eccola da bambina (si vede male, ma è lei), tra babbo Jimmy e "zio" Bonzo :) : http://s11.allstarpics.net/images/orig/4/2/42t0y2fudxr7240x.jpg

- La mamma di Scarlet è Charlotte Martin, modella francese e moglie di Jimmy dal 1970 al 1982: http://2.bp.blogspot.com/-h5ok8Lne82A/TfOr8MejtVI/AAAAAAAAED4/21KNUDrz85w/s1600/67a.jpg

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


talia

Buon ritorno dalle Feste a tutti!!!

Il ritardo è dovuto proprio a quell XD Scusatemi, mi sto lentamente riprendendo dopo il tipico devasto natalizio!

Prima di tutto, un' ERRATA CORRIGE: avevo scritto nell'introduzione al capitolo precedente che questo sarebbe stato il penultimo capitolo.... Ebbene, non è così. ADESSO mancano due capitoli alla fine della storia, che di conseguenza sarà composta da 7 capitoli in totale. Pardon!

Per il resto, niente da segnalare. Vi auguro una buona lettura, fatemi sapere cosa ne pensate!

Ciry

Capitolo 5

“Pronto?”
“Jonesy, sono io…”
“E’ successo qualcosa? Quella ragazzina?”
“No, tranquillo, è qui e sta bene, tra non molto verrà a prenderla sua madre…”
“Ma si può sapere cosa le è successo?”
“Ascolta me! Tu hai da fare adesso?”
“Perché?”
“ Ho avuto un’idea per farla stare meglio. Ma mi occorrete tutti e tre.”
“Cosa vuoi fare, un concertino privato?”
“Esattamente.”
John reprime una risata dall’altra parte del filo.
“Certo che ne hai di tempo da perdere… ma se il favore è per lei…”
“Dove sono Bonzo e Robert?”
“Li ho lasciati entrambi in camera di John, due coglioni a strillare davanti alla TV, c’era una partita…”
“Li hai lasciati con l’alcol?”
“Io no, ma magari se lo sono procurato…”
“Andresti a recuperarli? Una parte di me vuole credere che siano ancora sobri…”
“Se ci tieni, ok… Aspettaci, ma non pretendere che arrivino in condizioni irreprensibili!”
“Ti ringrazio, a tra poco!”

 

Neanche mezz’ora e bussano alla porta.
Un record, devono essere sobri per forza!
James interrompe il suo medley personalizzato di Elvis per Talia, che si stava pure divertendo ad ascoltarlo, ed apre.
Entrano tutti insieme, un po’ rumorosi ma in grado di non ricoprirsi di ridicolo, e Robert si è perfino infilato una camicia.
Di Bonzo.

“Ciao, scricciolo! Ti sei ripresa!” la saluta quasi subito il biondo dalla chioma folta; Talia sorride timida e agita una mano nella sua direzione, ricevendo in risposta il tintinnio di un cembalo tenuto in mano da quell’estroverso spilungone.
John è il primo che le si avvicina per domandarle educatamente come stia.
“Bene, grazie… Il livido si è sgonfiato…” lo informa lei, indicandosi la guancia.
Il bassista sorride e commenta: “Meglio così!”
“Lascia che ti presenti John” continua poi, tirando piano per un braccio il batterista, lì vicino “Anche lui è amico di Jimmy, suoniamo tutti nella stessa band. Puoi chiamarlo Bonzo, è praticamente il suo secondo nome!”
“… Bonzo?” gli fa eco Talia, perplessa.
“Bonzo, come quel cartone animato, sì… il cane!” le spiega Jonesy.
E John, serissimo, se ne esce con un Bau monotono e grave rivolto all’amico e collega.
La ragazzina non può fare a meno di ridere, al che il batterista si rallegra e, dopo averla guardata ben bene in viso, borbotta: “Chiunque ti abbia fatto quella cosa… è una testa di cazzo. E lo posso dire, tanto sei abbastanza grande per le parolacce!”
Lei incrocia lo sguardo del bassista, notando che non ha neanche provato a fermare Bonzo.
Si sorridono con una certa intesa, dopodiché afferma: “Lo penso anch’io…”.

 

Proprio come una principessa, anzi, forse più come un califfo, se ne sta a gambe incrociate sul grande letto sfatto, e ai suoi piedi, sulla moquette, se ne stanno tutti gli altri; tutti tranne Robert, che ha insistito per farle una treccia, i suoi capelli sembrano piacergli davvero tanto…
Così, da dietro la sua schiena, attento a non farle male mentre intreccia le sue ciocche tra le dita, il vocalist annuncia: “Talia, vogliamo cantarti qualcosa di speciale che faccia passare più velocemente il tempo. Jonesy e Jimmy ci hanno più o meno spiegato la tua situazione… Cosa ti piacerebbe ascoltare?”
L’altra scrolla le spalle, disorientata, senza sapere cosa rispondere.
James interviene: “Dovete sapere che Talia non conosce la nostra musica, perché in casa ha potuto ascoltare sempre e solo Elvis…”
“Chissà che palle dopo qualche anno!” sbotta Bonzo in tono sorpreso; anche Robert esclama: “Non esiste! Con tutto il rispetto, ma non esiste! Adesso dovremo aprirti altre strade!”
“Ehm…”

Talia quasi si sente in colpa: non sa chi siano i Led Zeppelin! È lì con loro e non ha la minima idea di quanto siano famosi, vede solo quattro adulti fuori dal normale!

Ancora una volta James cerca di toglierla d’impaccio e le propone: “Scegli una lettera dell’alfabeto…”
“Una lettera… una lettera, dunque, una lettera…”
Meditabonda e concentrata, alla fine opta per la R, come Roland, ma anche come Rabbia, come Ribellione, come Robert
Robert, che davanti a quella scelta esclama contento: “Ramble on!”
“Lo sapevo…” sospira Jonesy con un sorrisetto ironico.
Bonzo agita il cembalo con entusiasmo.
James chiarisce: “Deve essere una canzone che le piace però!”
“Ma le piacerà!” si affretta a dire il cantante, rivolgendosi poi a Talia: “Ti spiego, scricciolo: questa canzone parla di un’avventura. Un viaggiatore… un mondo da scoprire… un essere malvagio sempre pronto ad attaccare… una donna amata da trovare e riconquistare…”
“Sembra bello!” afferma l’altra con un sorriso deliziato “Come in un libro di fiabe…”
Il ragazzo finisce di acconciarle i capelli e replica: “Non proprio come… nelle fiabe… piuttosto, come nella vita! Tu forse sei ancora giovane per capirlo, ma… tienilo a mente: sei una viaggiatrice, hai un percorso da completare, e qualsiasi cosa succeda… è inutile fermarsi o tornare indietro. Devi continuare, andare avanti, sempre! Ti torna?”
Ipnotizzata dalle sue parole e dai suoi gesti ampi, Talia annuisce anche se in realtà non ha capito proprio tutto. Forse perché è ancora giovane, come dice lui.
Decide che appena tornerà a casa si sforzerà di ricordare quel discorso e lo trascriverà sul proprio diario, come un motto, un promemoria perenne.

 

Robert canta. La sua voce è fine, calda, ma riesce anche a graffiare e travolgere tutto ciò che ha intorno. È incredibile, non riesce ad ascoltarlo senza avere il batticuore.

Bonzo è come in trance con il suo cembalo, addirittura dà il ritmo agli altri battendo mani e dita sul comò a lui vicino. È così concentrato da farle quasi paura, ma la sua testolina si muove da sola a tempo, rapita.

John è quasi l’uomo invisibile del gruppo: serio, posato e preciso sul mandolino, è raro che sollevi il capo dalle sue corde.
Ma quando lo fa, sorride. E sorride a lei, e poi agli altri, quasi come un papà contento dei primi progressi del suo bambino.

James suona la sua bella chitarra purpurea a doppio manico, che ruggisce giocosamente dalla piccola cassa amplificatrice, e Talia vede i suoi capelli ondeggiare a tempo di musica, ballonzolare e ricadere sul suo viso affusolato e serioso. Pare quasi che ci parli, che stia sussurrando chissà quanti e quali segreti a quello strumento.
Ogni tanto alza gli occhi e la scruta per lunghi secondi, protettivo e bonario. Talia gli sorride di rimando, schiva ma compiaciuta, e si sente riscaldata, al sicuro.

 

Vanno avanti così per più di un’ora, tra una chiacchiera e un accordo, trovando qualche minuto anche per passarsi una sigaretta – Talia no, non fuma e non vuole iniziare, una scelta saggia anche secondo Robert – e finiscono per parlare, parlare tanto, e di una cosa in particolare: bambini.

Tutti e quattro sono genitori e adorano i propri figli.

James e Robert parlano delle loro Scarlet e Carmen, che tra le due è la più grande…
Robert è raggiante perché ha da poco avuto un altro bambino, un maschietto di nome Karac…
Bonzo ne è contento, dice, perché così giocherà a pallone con il suo Jason, “un torellino che mi assomiglia”, ma che “è bello come Pat”…
Jonesy non si sbottona granché sull’argomento, ma perfino lui non può fare a meno di ridere davanti agli aneddoti più divertenti su tutti quei bimbi, così capita che ne racconti qualcuno anche lui sulle sue tre bambine, tutte vestite uguali e tutte e tre con i capelli rossi…

Talia ascolta, incantata.
Sembrano estasiati, proprio come bambinetti davanti ad un negozio di dolciumi, quando nominano le loro creature.
Per un attimo pensa che le somiglino, quei ragazzi fatti e finiti, quegli adulti tanto particolari.
Anche se, in realtà, sono tutti molto diversi tra di loro, e specialmente da lei.

Ma in quel momento non importa.

Sono seduti comodamente sul letto, sul divano e in poltrona, a parlare di cose belle e divertenti.
Tutto ciò che è fuori dalla stanza cosa può essere, in confronto?

***

Nomino l'intera (quasi!!!) figliolanza dei Led Zeppelin, ma sappiate che NEANCHE QUELLA MI APPARTIENE U_U
"Ramble on" è una canzone scritta da Robert Plant e Jimmy Page, contenuta in "Led Zeppelin II" (1969). Non ha teoricamente bisogno di presentazioni, dato che è uno dei loro pezzi più famosi, ma se non siete sicuri di conoscerla, cercatevi il testo o consultate Wikipedia :) : http://en.wikipedia.org/wiki/Ramble_On
Nessuno scopo di lucro!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


talia

Buonasera popolo!

Pubblico velocemente e con un pò di ritardo - scusate! - senza troppi preamboli: ormai siamo vicinissimi alla fine, ammutolisco volontariamente :)
Vi lascio fino alla prossima settimana o giù di lì perché ho in cantiere una sorpresina, ghghghgh >:) Vi posso dire solo che è un sequel! Ma per il resto: SH!

E adesso, ancora una volta... BUONA LETTURA!

Ciry

Capitolo 6

Ad un certo punto, James guarda che ora è sul proprio orologio e subito dopo incrocia lo sguardo di Talia, che ha già capito.

È ora.
Finalmente.
Anzi, peccato.
Ma è meglio così.

Si alza dal letto, anche se un po’ malvolentieri, e raccoglie il suo diario, lasciato sul comodino.

“Salutate Talia, bambini, da bravi, sua madre arriverà a momenti, a meno che non sia già qui…” scherza il chitarrista.
Robert tira un’ultima boccata alla sua quinta o sesta sigaretta e sbotta:”Così presto!”
“Percy, sono le tre del mattino… e lei non ha vent’anni…” gli ricorda Jonesy, che poi ammicca alla ragazza, piacevolmente satura di tutte quelle attenzioni a lei rivolte.
“Lo so, ma è ugualmente un’ingiustizia…” sentenzia ironico il cantante per poi spalancare le braccia verso di lei.
“Fatti salutare, scricciolo…” la invita con quel suo sorriso sbilenco e… strano, come lui.
Talia si volta verso James, che le sorride come per dirle di stare tranquilla, ché nessuno la morderà; dopodiché gli affida il proprio diario e va incontro a Robert per lasciarsi abbracciare.

Non può stringerlo forte come vorrebbe, è troppo alto per lei.
Ma lui quasi le fa male da quanto è… affettuoso.
La tiene fra le braccia in silenzio per un po’, dopodiché le accarezza i capelli e, fronteggiandola, le dice sottovoce: “Ricordati la canzone. D’accordo?”
Talia risponde di sì, se la ricorderà senz’altro, non potrà mai dimenticarla. Capisce che può lasciarlo quando lo vede indietreggiare, non senza un’ultima carezza, stavolta sul viso.

John e Bonzo non si risparmiano in pizzicotti scherzosi sulle guance e raccomandazioni che le ricordano un po’ sua madre…
“Comportati bene…”
“Mi raccomando!”
“Abbi cura di te”
Li saluta entrambi, commossa, e loro la stringono, forse un po’ impacciati, ma con sincerità.

“Pronta per scendere?” le chiede infine James prendendola delicatamente per mano.
La ragazzina inspira profondamente ed annuisce con un sorriso nervoso.
Agita la mano libera un’ultima volta verso i tre componenti dei Led Zeppelin che non la accompagnano nella hall, e la porta si chiude lentamente sugli ultimi sorrisi che si scambiano.
“Meglio usare le scale d’emergenza” osserva James mentre s’incamminano.
“Sì” concorda lei, seria e con l’ansia che ritorna piano piano a impadronirsi di lei “Facciamo presto.”

 

Mamma sa di vento, borotalco e cosmetici.
A lungo annega nel suo profumo e nei suoi vestiti leggeri ed immensi per lei, che è davvero mingherlina davanti a quel donnone alto e in carne.
L’ha riconosciuta subito, da lontano, e trattenendo il respiro ha stretto forte la mano di James, che a sua volta ha individuato Kate grazie al dito della bimba che la stava indicando.
Le ha detto: “Corri, vai da lei” ed è rimasto indietro per discrezione.

“Amore mio, adesso ti porto via di qui, non aver paura, ho già chiamato la polizia…”
“Mamma, non piangere…”
Kate riesce a sorridere tra le lacrime amareggiate, il suo sfogo dopo le ore più lunghe della sua vita passate in auto.
“Ok, scusami, hai ragione… è che ho avuto paura per te…”
“Mamma…”
Gli occhi sereni e brillanti di sua figlia la fanno ammutolire, ammirata.
“Mamma vieni, alzati. Voglio presentarti James.”

 

“Mamma, lui è James. James, questa è la mia mamma, Kate”

Orgogliosa di entrambi, Talia li vede stringersi la mano e fa un gran sorriso, pieno di approvazione e gratitudine.

Kate ammette tra sé e sé che la voce con cui ha parlato al telefono non somiglia al ragazzo giovane e smilzo che le sta sorridendo: lo credeva un uomo più maturo, forse un po’ più robusto… e con i capelli corti.
“Io… ti devo un grande favore…” gli dice guardandolo negli occhi, quasi solenne, anche se gli da del tu, visto che potrebbe quasi sembrare suo figlio.
James, rilassato, si scambia un’occhiata complice con Talia e replica: “E’ stato un piacere, signora. Talia è stata impeccabile per tutto il tempo, e anche molto coraggiosa per una bambina della sua età…”
La ragazzina ignora l’appellativo, di solito poco gradito, ed arrossisce contenta.
Sua madre la stringe su un fianco morbido, è fiera di lei. “Sì, è speciale. E io ho fatto molto male ad affidarla… al mio ex compagno…”
Sentendo parlare di Roland, Talia chiede in tono apprensivo: “La polizia, mamma?”
“Sono arrivati due agenti in borghese, li ho lasciati alla reception per informarsi meglio. Pagherà, tesoro mio, vedrai che pagherà…”

 
Pochi istanti più tardi uno dei due agenti si avvicina: deve fare alcune domande, ma non sarà una cosa lunga.
Seppur reticente, Talia si presta alla prassi e risponde più chiaramente che può, seduta su uno dei divani più appartati della hall, in mezzo a sua madre e James. Entrambi la tengono per mano.
Un po’ si vergogna a raccontare tutto a quello sconosciuto davanti a mamma, che infatti sospira ad occhi chiusi per reprimere la rabbia verso Roland, non certo verso di lei; ma il poliziotto è paziente, gentile e la tranquillizza, non vuole spaventarla, dunque l’interrogatorio per lei dura meno del previsto ed è, tutto sommato, indolore.
Si sente già meno forte e sicura quando alle domande, più o meno le stesse, deve rispondere Kate.


“E’ vero quanto riferisce sua figlia? Non era la prima volta che il suo compagno alzava le mani?”
“E’ successo altre due o tre volte. Davanti a me. Erano schiaffi o scappellotti, ma lui si giustificava sempre dicendo che a volte i bambini vanno… indirizzati. E io, per quanto non fossi d’accordo, gli credevo…”
“I motivi delle violenze avevano tutte la stessa origine di cui ha parlato Talia?”
“Sì… mai un capriccio o un danno. Non erano una punizione. Per lui erano uno sfizio da togliersi…”
“E lei? Ha mai subito questo tipo di violenze dal suo compagno?”
“… Sì. Non regolarmente, ma sì. Da cinque anni.”

James ascolta indignato; vedere il volto segnato di una brava donna come Kate, peraltro ancora piacente, gli fa prudere le mani.
Per darle forza, avvolge le spalle di Talia con un braccio e la avvicina al suo petto; vorrebbe proteggerla da quella valanga di parole, una più terribile dell’altra, e spera di riuscire nel suo intento perché è solo una bambina, e soffrire come un’adulta non è ciò che si merita adesso.

Talia sente ancora una volta che sta per piangere.
Odia con tutte le sue forze ciò che sta sentendo con le sue stesse orecchie e senza filtri per la prima volta, ma nonostante questo non vuole andarsene e scaccia le lacrime in fondo a un angolo del suo cervello.
Non ha più paura, non ne ha motivo. Si sente carica di astio e risentimento, ma tenta di non lasciarsi sopraffare, di fare sopravvivere quel che resta di buono.
È forte, come sua madre, che non la lascerà mai più, ne è certa.
Ed è felice perché in tutto questo James l’ha aiutata molto.
James. I suoi amici.
I Led Zeppelin.
Non può fare a meno di trattenere un mezzo sorriso all’idea.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


talia

Bella gente, buon sabato pomeriggio e bentornati!

Ho scelto un sabato soleggiato e tranquillo per pubblicare l'ultimissimo capitolo della mia storia, che spero vi sia piaciuta fino ad ora! Vi ringrazio tanto per le numerose letture, siete stati un pò taciturni ma costanti :) Io ho scritto questo racconto un pò per me stessa, per mettermi in gioco, e un pò per cercare di entrare "nelle grazie" di questo fandom, che ha delle bellissime storie che ho puntualmente recensito! Spero che voi facciate altrettanto con la mia, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, e ringrazio molto chi già lo fa e mi fa sentire una scrittrice in erba migliore <3

Detto questo... buona lettura! presto ci rivedremo con "una delle mie"! :D

Ciry

Capitolo 7

Non vedono Roland scortato dai due agenti su una volante: lo hanno fatto uscire da un ingresso laterale.
Forse Kate lo ha incrociato salendo le scale per andare in camera e prendere i bagagli.
Non lo sa, non le importa granché.

Aspetta sua madre, James è al suo fianco sulla soglia della porta, a pochi passi dalla sua auto.
Anche lui ha dovuto rispondere ad alcune domande, ma lo ha fatto senza problemi, anzi, si è reso più che disponibile.
Sono entrambi silenziosi.
Talia è un po’ triste, James cerca le parole adatte per quando dovrà salutarla definitivamente.

“James?”

È lei la prima a parlare.

“Sì?”

La vede estrarre il suo fazzoletto rosso dalla tasca laterale dei jeans.
“E’ un po’ stropicciato, ma…” esordisce con il faccino un po’ colpevole.
Il ragazzo ride intenerito e scuote la testa dicendole: “Puoi tenerlo! È tuo! Sarà un ricordo di questa serata… particolare!”
“… Grazie!”

È felicissima, si sente perfino un po’ stupida perché il fazzoletto regalato le fa venire in mente certi pegni d’amore che i nobili si scambiavano nel Medioevo…
Lei, la principessa, lui, il principe.
Ma lei è solo una ragazzina, e lui ha una figlia.
Pazienza…
Per un attimo il suo cuore è stato più veloce del cervello.

“James?”
“Dimmi”
Prende il coraggio a quattro mani. Ora o mai più.
“Grazie… davvero. Per tutto.”

Jonesy avrebbe senz’altro una ramanzina da fargli, se solo lo sentisse pensare.
Ma non può farci niente. È più forte di lui, in quel momento.
Somiglia ad una di quelle creaturine fatate che abitano i boschi, così minuta, dolce, con la treccia lunga e ordinata fatta da Percy.
La trova adorabile. E intelligente, e forte.

La abbraccia in silenzio, dapprima con discrezione, lentamente, e una volta che le ha circondato del tutto la vita sottile e priva di curve, la solleva, e si avvinghiano stretti stretti l’uno all’altra.
Talia ride, i piedi che penzolano ad una ventina di centimetri da terra, e inconsciamente si imprime nella memoria il suo odore di fumo ed incenso, di cui i capelli folti sono impregnati.
Poi lui si stacca dall’abbraccio e la fronteggia, naso contro naso.
Il cuore di quella bella ragazzina batte fortissimo, sembra quello di un uccellino, riesce a sentirlo attraverso la maglietta, la giacca, a contatto con il suo torace…
La bacia sulla fronte, piano, quasi senza premere le labbra sulla sua pelle… poi la posa di nuovo a terra, sorridente e senza una parola.

Per un misero istante avrebbe voluto sfiorarle le labbra con le proprie, ma… no.
Non sarebbe stato giusto nei confronti di nessuno dei due, ne ha la conferma quando si scambiano un ultimo sguardo: Talia è rossa fino alla punta dei capelli, si mordicchia le labbra, ma lo fissa con quegli occhi grandi e contenti.
Dal canto suo, James ricambia con un’occhiata prolungata, anche se discreta, ed è quasi lusingato dalla gioia che la bimba sprizza da tutti i pori.
Non la vuole alterare, né rovinare; non vuole tantomeno spaventarla o turbarla e non vede l’ora che ritorni a casa, dalla sua mamma, spensierata e con un ricordo piacevole – così spera.

 

Quando Kate ricompare con le valige, sono mano nella mano, tranquilli e pronti a lasciarsi.

“… Che Dio ti benedica, James. Sei stato prezioso, sia per Talia che per me…”
La donna lo riempie di complimenti e benedizioni; lui si schernisce, ringrazia, le lascia credere di avere il suo stesso Dio, le augura buona fortuna e la saluta con una calda stretta di mano.

Talia non la tocca nemmeno.
Si è già trattenuto una volta e ora è decisamente scosso, non sa se potrà riuscirci di nuovo.

“Ciao James… Grazie ancora…”
La sua voce si è fatta piccola piccola.
“Ciao, Talia. Fai buon viaggio e abbi cura di te…”

La congeda con affetto in un gesto della mano, e lei lo ricambia allo stesso modo dopo che è salita in macchina… dopo che l’auto è partita… e poco prima che sparisca dalla sua vista, dopo la prima curva.

 

Jimmy Page sospira, pensieroso, felice, confuso.
Ha tante cose, dentro.
Di confidarle a chicchessia non se ne parla nemmeno!
Ma di tramutarle in qualcos’ altro…
In realtà sa già che cosa ne farà, di tutte quelle cose, mentre rientra nell’edificio…

 §§§

“Mamma, non ho sonno. Posso scrivere?”
“Va bene, accendi la luce, là dietro… ma non starci troppo, ok, bambolina? Altrimenti poi ti diventano gli occhi rossi…”
“Sì…”

 

Finalmente una biro, recuperata dalla borsa di mamma.
Adesso può trascrivere tutto, confidarsi con l’unico che saprà e capirà tutto, senza mai fiatare!
Ma prima… una cosa importante.

Ha cantato quel ritornello a ripetizione in camera con i ragazzi, perciò ha fatto presto a memorizzarlo, e poi le parole non sono difficili.
Proprio quelle parole la aiutano a ricordare quelle che le ha detto Robert, quelle che – aveva promesso – non avrebbe mai dimenticato.

Le butta tutte giù, in fretta, non sia mai che decidano di scappare dalla sua testa!
E dopo quelle righe introduttive, quel monito così grande e ancora in parte misterioso per lei, può iniziare a confidare il resto…

§§§


“E comunque era davvero… incantevole. Ti giuro che la guardavo e mi chiedevo perché cazzo ho già ventiquattro anni!”
“Sei un maniaco, Robert…”
“Ma io sto parlando di bellezza, non ho nominato le sue tette o il suo culo!”
“No, ma ci avrai sicuramente pensato, perciò evita le balle…”
“Adesso mi verrete a dire che a voi non ha fatto né caldo, né freddo!”
“Ho tre figlie femmine che diventeranno come lei! Di certo non ho immaginato niente di scabroso!”
“Sinceramente, io preferisco le donne… quelle vere, quelle fatte!”
“Anch’io, ma questo non significa che-“
“Sentite, io mi dissocio. Se Pagey entra e sente questi discorsi, di sicuro passiamo un brutto quarto d’ora!”
“Tanto quel pazzoide l’avrebbe sposata…”
“Già, già, hai ragione, Bonzo…”
“Dovreste smetterla anche voi!”
“Jonesy cagacazzo!”
“Jonesy prete a tempo perso!”
“Quanto siete divertenti… Insieme poi…!”

THE END

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