Ramblers - Viaggiatori di Ciribiricoccola (/viewuser.php?uid=31922)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
talia
Salve a chiunque sia capitato/a qui :)
Dovrei
essere a studiare, ma la parte meno diligente di me ha avuto il
sopravvento. Così, in un giorno, ho scritto questa storia.
Doveva essere più corta e non doveva avere i 6 capitoli che
verranno pubblicati... ma si sa come vanno queste cose: una fa nascere
i suoi personaggi, ha appena finito di plasmarli... e questi se ne
vanno in giro, complicando qualsiasi cosa. E non si può fare
altro che seguirli...
L'idea
di fondo non ha un'origine precisa, diciamo che è nata dalla mia
curiosità... Scoprite da soli/e di cosa si tratta :).
Le premesse sono poche: siamo nel 1972, siamo negli Stati Uniti, e
siamo alla fine dell'ottavo tour nord-americano dei Led Zeppelin -
precisamente a Giugno, in Arizona.
Ho scelto un periodo tranquillo per la band, l'ho fatto appositamente
per creare dalla mai fantasia un pò di turbolenze :)! Enjoy! E
fatemi sapere!!!
Grazie e al prossimo capitolo
Ciry
RAMBLERS - VIAGGIATORI
CAPITOLO 1
Il corridoio
è lungo, le fa venire l’ansia. E anche un po’ voglia di vomitare.
Ma non
si ferma, perché vede la fine, perché è quel brivido che le ronza nella testa a
farla scattare in avanti, senza correre, ma con una gran fretta.
I capelli
lunghi sbattono contro l’aria stravolta dai suoi movimenti, il suono del suo
stesso respiro affannoso le riempie le orecchie e le dita si chiudono come
tenaglie, sembrano aggrapparsi al diario, l’unico oggetto che ha portato con
sé.
L’ha
picchiata, l’ha fatto un’altra volta, ed ogni schiaffo ha quasi rimbalzato
contro di lei, tanta era la forza.
Non si
fa. Non se ne intende di certe cose, ma sa che questo non si fa.
Voleva solo
visitare il negozio di libri al piano terra e comprare un romanzo, magari anche
una biro.
E lui
le aveva rifilato prima un paio di ceffoni, poi uno sguardo pieno di disprezzo.
Alla sua
prima distrazione – una doccia dopo una lunga giornata di lavoro e affari – se l’era
svignata più rapidamente e silenziosamente possibile, con una sola parola in
testa, pulsante come il livido sulla sua guancia destra.
“BASTA!”
Non sa
quanto tempo è passato, né da quanto scappa in mezzo agli androni nel tentativo
di depistarlo – quasi sicuramente è uscito a cercarla o ha incaricato qualcuno
per farlo; in fondo al corridoio c’è un ascensore, e le luci intermittenti
sopra le porte scorrevoli le dicono, con suo grande disappunto, che è occupato
e sta salendo.
Aggrotta
le sopracciglia in un’espressione angosciata, si perde un po’ d’animo, perché
gironzolare in quegli spazi ampi la espone molto di più al rischio di essere
trovata facilmente.
Lei vuole
andare a stare un po’ in pace in un posto dove non ci sia lui. Ci sarà pure un
angolo tranquillo e isolato in un albergo tanto grande e lussuoso!
Fa per
ripiegare a sinistra, gli occhi alla ricerca di un maniglione antipanico o di
una scala secondaria, quando la campanella discreta dell’ascensore per poco non
la fa sussultare dalla sorpresa.
Le porte
si aprono! Qualcuno scende a quel piano!
A malapena
vede una figura sfilarle accanto – forse un anziano signore in un completo
elegante – e in un attimo è nella cabina, al sicuro, porte chiuse, la salita
riparte.
E solo
in quel momento nota qualcuno, riflesso nel grande specchio alla sua sinistra.
Alto,
filiforme, con un sacco di capelli, così tanti da lasciar scorgere solo il
naso, che sembra piccolo e dritto.
Sta fumando,
la sigaretta è sostenuta da una mano strana, la più strana che le sia mai
capitato di vedere: dita lunghe, quasi ossute, ingioiellate, il palmo più lungo
che largo, ed il pollice dotato di un’unghia lunga, mentre le altre quattro
sono molto corte.
Sembrerebbe
quasi una mano da ragazza.
Quando
finalmente si volta, nota con una vampata di vergogna che anche lui la sta
guardando, forse da quando è entrata, dal “nascondiglio” della sua folta
capigliatura.
È un
ragazzo giovane, ha gli occhi piccoli ma molto chiari, e la bocca piegata in un
mezzo sorriso rivolto a lei.
Talia ha
paura, così, all’improvviso, e nei polmoni le entra un fastidioso aroma di
fumo.
Sembra
una persona perbene, ma ha uno sguardo che la fa sentire strana, a disagio.
Stringe
al petto il suo diario e distoglie lo sguardo, anche se a malincuore: non
vorrebbe perderlo d’occhio, per quanto le sembri innocuo. D’altro canto, sa che
anche lei potrebbe apparire strana in quel momento, trafelata, corrucciata,
forse perfino spettinata.
“Attenta.
Hai una scarpa slacciata.”
Vorrebbe
rimanere indifferente ed imperturbabile, ma quella voce la costringe a tremare
tutta nel viso per qualche istante.
“Non sembra neanche un uomo!” pensa,
spaventata.
D’istinto
si volta di nuovo a guardarlo e proprio non riesce ad associare quella voce
tanto fine e gentile che le ha parlato ad un individuo così bizzarro, oscuro e rachitico,
che per giunta somiglia ad un serpente!
Non se
la sente di ignorare deliberatamente l’avvertimento, così si china molto
lentamente e piega la gamba destra per annodare le stringhe della sua Converse.
Da sempre
preferisce le sneakers con la chiusura in velcro, più comode e veloci da
indossare, forse perché ha imparato tardi ad allacciarsi le scarpe da sola.
E poi
le mani le tremano – colpa dell’adrenalina in circolo, dell’ansia, dello
spavento…
Inesorabilmente,
si sente una stupida piagnona, si arrabbia.
E davanti
alla squallida prospettiva del suo stesso rimprovero, comincia a piangere, ma
lo fa in silenzio per non farsi vedere dal tipo strano.
Solo che
poi dell’odioso muco minaccia di colarle dal naso, così si ritrova a sniffare
rumorosamente.
E le
spalle, imitando le mani, tremano. Visibilmente.
“Stupida, ridicola bimbetta” pensa
stizzita mentre a stento trattiene un singhiozzo.
“Ehi…
Tutto bene? Cos’è, ti senti male?”
Il tipo
strano si è accorto del piccolo dramma in corso, in un passo o due le si piazza
davanti. Talia nota i suoi mocassini di velluto, sovrastati da un paio di
esilaranti calzini a righe che le ricordano Pippo di Walt Disney.
Non fa in
tempo a replicare alcunché, perché il ragazzo si accuccia e la scruta con aria
vagamente preoccupata.
“E’
tutto ok qui? Cosa c’è che non va, ragazzina?”
Pensa che
abbia gli occhi più… vicini e intensi del mondo: si sente paralizzata davanti a
loro, che la guardano con attenzione ed insistenza.
Stanca di
trattenersi, Talia singhiozza sommessamente e confessa, rossa per il pianto e l’imbarazzo:
“No… non riesco…” indicando in un molle gesto la scarpa slacciata.
Lui le
porge un fazzoletto rosso e cerca di calmarla con quel suo tono pacato ed
educato: “Non ti preoccupare, dài, adesso basta piangere… Vuoi che ci pensi io?”
Ha sempre
seguito diligentemente la regola più sacrosanta di tutte:
“NON
DARE CONFIDENZA AGLI ESTRANEI”
Poteva sapere
anche poco della vita, ma una cosa le era chiara: la confidenza non doveva
essere data alle persone sbagliate, sconosciute o meno.
Il suo
patrigno era una persona sbagliata, eppure si conoscevano, lei aveva
addirittura tentato di volergli bene!
Ma ora
il segno sulla guancia brucia, pulsa, e questo perché lei ha dato confidenza a
Roland.
Concedere
due parole ad un ragazzo sconosciuto che però le ha ceduto il proprio
fazzoletto e si è preoccupato per lei…
“… Sì…
grazie…”
“Ooh,
perfetto… Coraggio, alzati e asciugati queste lacrime…”
Un suo
sorriso, piccolo ma forse sincero, la rassicura.
Obbedisce
senza fare storie, allungando il piede verso le sue mani mentre usa un angolo
del fazzoletto per asciugarsi gli occhi; senza che lui la veda, passa un
braccio sotto al naso umidiccio, non vuole sporcare quello che non è suo.
In cinque
secondi, in cui lui finisce di fumare, il nodo è di nuovo ben stretto e Talia
ritira la gamba mentre lo vede rialzarsi con una veloce spolverata alle
ginocchia, coperte da dei pantaloni chiari.
“Ecco
fatto!” lo sente dire, soddisfatto e rassicurante mentre getta il mozzicone in
un posacenere sporgente dalla parete; subito dopo, la campanella annuncia l’arrivo
dell’ascensore.
La fine
di un viaggio che a Talia è sembrato lunghissimo.
Lui esce
dalla cabina con passo elastico, dopodiché esita e si volta verso di lei,
rimasta indietro, imbambolata a fissarlo, senza sapere cosa fare.
Passa qualche
istante, poi la esorta sorridente: “Vieni, esci!” tendendole una mano.
Talia vorrebbe
rimanere al sicuro dentro l’ascensore, ma vuole anche continuare a farsi
rassicurare dal ragazzo sconosciuto.
“Non fare l’incosciente” si
intima tra sé e sé.
Ma poi
le porte si spostano per richiudersi, e lei balza fuori come un coniglio in
fuga, dritta dritta davanti a lui, che ridacchia piano.
“Appena
in tempo!” commenta allegro prima di piegarsi leggermente in avanti, così da
poterla vedere bene in faccia.
Lo vede
tornare gradualmente serio, così tenta di ricomporsi anche lei, passando un’altra
volta il fazzoletto sotto gli occhi, ancora lucidi e arrossati.
“Va un po’
meglio adesso?” le chiede con gentilezza.
L’altra
annuisce, intimorita e incuriosita dalla sua vicinanza.
Lui socchiude
appena gli occhi in un’espressione simpatica e si informa: “Come ti chiami?”
Lei
esita, deglutisce nervosamente mentre contorce il fazzoletto rosso tra le mani.
“…
Talia” risponde infine con un filo di voce, ma il suo sguardo resiste, vuole
vedere se continua a sorriderle.
E infatti
lo fa. Addirittura le porge la mano destra.
“Ciao,
Talia. Io mi chiamo James.”
***
Alcuni piccoli aneddoti:
Talia
prende il proprio nome dall'attrice Talia Shire (la famosa Adriana di
"Rocky"); ho un poster gigante sulla porta della mia stanza,
raffigurante una delle locandine di "Rocky" con tanto di nomi di cast,
regista, produttori e quant'altro... e Talia suonava davvero bene per
la mia creatura :)
Il
titolo della FF si ispira liberamente dalla canzone dei Led Zeppelin,
"Ramble on" (né lei, né loro, mi appartengono *sigh*).
Poi capirete perché!
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
talia
Bentornati/e ^^
Andiamo
avanti con la storia... Un altro momento relativamente breve, ma
intenso, almeno se lo guardate da un certo punto di vista...!
Prometto un pò più d'azione a partire dal prossimo capitolo!
Intanto vi ringrazio per i vostri commenti, che mi sono stati molto utili! Continuate così :)
Grazie e buona lettura
Ciry
CAPITOLO 2
Il
tizio strano somigliante ad un serpente si chiama James, veste di colori
chiari, ha gli occhi azzurri, il sorriso piccolo ed una voce molto gentile.
Talia gli
stringe la mano, così femminile, e si stupisce nel sentirla salda e forte.
“James” ripete nella sua testa,
“provando” quel nome.
È un
bel nome.
E anche
quella massa di capelli non sembra più tanto minacciosa.
“Talia,
cos’hai fatto al viso? Sei caduta?”
D’istinto
porta la mano alla parte destra del volto e subito sente quel dolore ovattato
ma profondo, soprattutto familiare.
Il gonfiore
ed il livido stanno diventando evidenti. Inutile nascondersi ormai…
Riabbracciando
il proprio diario sul petto, Talia sospira gravemente, abbassando gli occhi, e
risponde: “No… è stato il mio patrigno. Mi ha dato uno schiaffo perché… gli
avevo chiesto di accompagnarmi in libreria…”
James si
irrigidisce tutto d’un colpo e replica, molto serio: “… E’ per questo che sei
salita in ascensore? Stavi…”
“Scappando”
conclude lei, girovagando nervosamente con lo sguardo; la voce le si incrina
mentre aggiunge: “Sono uscita dalla nostra camera, volevo… volevo salire sul
tetto… perché non volevo che mi trovasse, io cercavo… un posto tranquillo…”
“Il
tetto?” le fa eco James, stupito, ma senza scomporsi. “Ma Talia, il tetto è
prima di tutto pericoloso. E poi, credimi, non è affatto un posto tranquillo,
non in questo albergo…”
Non sopporta
di essere trattata come una bambina: lei non è più una bambina da un pezzo,
perché nessuno lo capisce?
Innervosita
da quella replica dal sapore saccente, chiede con una vaga aria di sfida mista
al risentimento: “E tu come lo sai?”
I polpastrelli
sbiancano da quanto è forte la stretta nervosa sul diario, ma James, sempre con
calma e pazienza, le spiega: “Lo so bene, perché la mia stanza è all’ultimo
piano e quasi ogni sera qua sopra organizzano festicciole all’aperto che durano
tutta la notte e non mi fanno dormire! Vuoi dare un’occhiata?”
Le indica
una grande porta a vetri decorata in fondo al corridoio in cui si sono fermati
a parlare e Talia, più incuriosita che smaniosa di contraddirlo, annuisce e s’incammina
al suo fianco verso l’ingresso del tetto.
Un briciolo
del suo orgoglio è ferito, perché James aveva ragione: il tetto non è un posto
tranquillo.
C’è la
piscina, c’è il bar, c’è la pista da ballo, ci sono i divanetti, un sacco di
luci e altrettante persone che lavorano ai preparativi di una festa imminente.
Un po’ delusa,
lascia andare l’uscio vetrato, che si richiude automaticamente, e torna verso
di lui, che la aspetta con le mani dietro la schiena.
“Ebbene?”
le domanda, retorico.
Talia fa
spallucce, mascherando un po’ del proprio disappunto, e risponde con una punta
di preoccupazione nella voce: “Non ci posso andare. Adesso… non so…”
Di nuovo
il ragazzo si piega in avanti per guardarla e le dice: “Di tornare in camera
tua per il momento non se ne parla, immagino…”
Senza alcuna
esitazione, riceve un “No” secco ed impaurito.
“Va
bene” la rassicura, grattandosi la testa con fare meditabondo “Allora ci
rimangono due soluzioni: potremmo chiamare la polizia e fare una denuncia…”
“La
polizia?” lo interrompe Talia, che di polizia sa poco o niente, e quel poco che
sa è spiacevole, sempre.
Il ragazzo
tenta di spiegarsi meglio: “Non ne sono sicuro al cento per cento, ma credo che
ti faranno alcune domande e che potrebbero chiamare tua madre o un altro tuo
parente in attesa di arrestare il tuo patrigno. Potrebbero… trattenerti in un
commissariato, ma…”
Smette di
delucidarla non appena nota quel gran paio d’occhi scuri incupirsi, pieni di
ansia e scetticismo.
“… Ok,
no. Non chiamiamo la polizia, per ora” conclude con un sorriso che riesce a
sollevarla, e non poco.
“Qual è
l’altra soluzione?” gli domanda speranzosa.
James sospira
brevemente, dopodiché risponde a bassa voce: “Lo so che non ci conosciamo molto
bene… ma se ti fidi – e puoi farlo – puoi venire nella mia stanza, e lì
penseremo a qualcosa per uscire da questa situazione. Cosa ne pensi…?”
Talia è
quasi felice di vedere che, come lei, James è imbarazzato nel fargli una
proposta così… strana.
Una ragazzina
ed un uomo soli nella stessa stanza.
Arrossisce
prepotentemente al solo pensiero, e non solo perché le hanno insegnato ad
evitare le “circostanze sconvenienti”.
È che
James è grande, ma è anche molto carino, e la sua gentilezza non ha
niente di viscido.
Prima poteva
sembrare un serpente, ma ora le appare come un cavaliere, solo senza l’armatura.
Un cavaliere
che l’ha salvata, senza rendersene conto, non su un cavallo o in una torre
assediata.
Non le
è mai capitato prima d’ora di ricevere così tante attenzioni da un ragazzo, per
giunta alto, bello e adulto.
L’imbarazzo
si mescola alla lusinga senza che lei neanche se ne accorga.
Sorride
timidamente, le mani si intrecciano agitate sopra il diario.
“… Non saprei…” si ritrova a rispondere, per
quanto vorrebbe dire subito di sì.
Anche James
sorride, comprensivo.
“Vorrei
solo darti una mano, non voglio farti fare niente di…”
“Lo so,
lo so!” si affretta a ribadire l’altra, sempre più imbarazzata e allettata “Ho
solo… paura di disturbare…”
Bugiarda.
In realtà freme dalla voglia di entrare nella sua stanza e guardarsi intorno,
tra le sue cose, l’odore che emanano e che aspetto potrebbero avere…
“Ma no,
non disturbi affatto!” le dice lui con una risatina “Anzi, se vieni possiamo
anche mettere un po’ di ghiaccio sulla guancia, che ne dici?”
Già.
La
guancia, lo schiaffo, Roland.
Davanti
a James, tutto sta diventando improvvisamente più… lontano.
“Va
bene” acconsente alla fine, sperando che il rossore sugli zigomi non si veda
troppo.
“James?”
“Sì?”
“Hai un
telefono in camera?”
“Certo.
Chi vuoi che chiamiamo?”
“…
Stavo pensando alla mia mamma… magari può venire a prendermi…”
“Mamma
dove abita?”
“Non
lontano da qui. Forse un centinaio di chilometri.”
“Bè,
non proprio dietro l’angolo… ma possiamo fare un tentativo!”
James ci
ha messo un po’ a trovare la chiave, non ricordava se ce l’avesse in tasca,
nella borsa lasciata in camera o addirittura alla reception.
Mentre fa
per aprire, Talia sente una voce estranea alle loro spalle.
“Jimmy?”
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
talia
Bentornati, e scusate il ritardo! Ho girato come una trottola fino a 48 ore fa, dovevo riprendermi :)
Spero vi godiate questo terzo capitolo, più animato del secondo!
E - piccola parentesi - perdonatemi, fans dei Led, in particolare di
Jimmy: ho scoperto solo oggi che la carta d'identità di Mr.Page
parla chiaro... gli occhi del signorino sarebbero verdi. Non nelle foto
che ho visto io, ma così è stato ufficializzato! Io ho
comunque deciso di non cambiare il colore dei suoi occhi in questa
storia. Perché li ho sempre visti azzurri, e che diamine!
Detto questo, buona lettura, grazie della vostra attenzione e al prossimo capitolo!
Ciry
CAPITOLO 3
Il ragazzo
si volta e saluta con un cenno del capo e un distratto “Ciao, Jonesy…”
“Jimmy,
cosa stai facendo?”
Talia si
avvicina alla parete a piccoli passi, sperando invano di non essere notata.
James risponde
serenamente: “Vado nella mia stanza…”
“Jonesy”
insiste, indicando la ragazzina. “Con lei?”
Sembra vagamente
contrariato, ma riesce a contenersi molto bene.
Il ragazzo
sospira e replica pigramente: “Lei si chiama Talia. L’ho trovata in ascensore
mentre salivo, ha bisogno del telefono…”
Con uno
sguardo apprensivo, il nuovo arrivato si avvicina a Talia, rasente al muro con
la schiena, dopodiché si china e le chiede guardingo: “… Cos’è quel livido? Chi
te l’ha fatto?”
L’altro
apre finalmente la porta ed interviene deciso: “Jonesy, non la spaventare, ok? È
una lunga storia, e lei non ha molta voglia di par-“
“Oilà!!!
Finalmente vi trovo!!!”
Talia spalanca
gli occhi, sbigottita, e non vede più quel tale, Jonesy, che le sta davanti
tutto preoccupato.
C’è un
ragazzo che gironzola mezzo nudo per il corridoio, sembra quasi un leone con
quella criniera dorata e voluminosa…
È molto
carino, anche se non come James. O… Jimmy.
“Bonzo
è al quarto piano, perché non… ooohhh, e questa chi è?”
Caotico,
nonché stupito almeno quanto lei a causa dell’incontro inaspettato, il secondo
tizio amico di James fissa Talia come se fosse un curioso animaletto selvatico,
e subito si informa con un sorrisetto: “Jimmy, stai scherzando…?”
Lei non
capisce assolutamente.
James sospira
per l’ennesima volta e, cercando di mantenere la calma, decide di optare per le
presentazioni.
“Talia,
ti presento due miei amici, John e Robert. Jonesy, Percy, lei è Talia, una bambina
molto timida che ho pescato a
piangere in ascensore da sola e che, di conseguenza, ha chiaramente bisogno di
aiuto. Ho deciso di lasciarle usare il telefono della mia stanza. Ci siete fin
qui?”
Talia tace,
sorvolando volentieri sulla verità molto
sommaria appena esposta da James, e guarda di sottecchi i suoi amici; Robert
ovviamente se ne accorge per primo e si china interessato su di lei.
“Ciao,
sono Robert, Robert Plant” la saluta prendendole la mano, senza complimenti “Come
va, Talia, tutto ok? Bel nome, Talia, mi piace!”
L’altra,
stordita come non mai, arrossisce e ritrae la mano, facendola poi tornare
prontamente sul diario.
Robert ridacchia,
intenerito.
“Poverina,
è timida davvero!”
“Percy,
piantala…” lo ammonisce John.
“No,
sul serio, guardala!” insiste l’altro “Sembra un pulcino spaventato! Scusami,
lo so che non è da galantuomini, ma… quanti anni hai?”
Dato il
tono vagamente divertito di quel biondino strambo e fin troppo sorridente,
Talia gonfia impercettibilmente il petto e risponde guardando altrove: “Dodici.
E mezzo.”
James
tossisce, a disagio.
John
storce la bocca in un’espressione sospettosa.
Robert trattiene
a stento una risata.
“Buon
Dio, Pagey, spiegami cosa ci fa una bimba così piccola e sperduta tra le tue
grinfie, e vedi di essere convincente, perché-“
“Robert,
piantala!” tuona John una seconda volta, costringendolo ad alzarsi con una
pedata nel sedere.
Talia,
indignata, si gira verso James, che prontamente ordina: “Jonesy, portati via
questo sacco di ormoni, lascialo da Bonzo, insomma, basta che non stia qui a
terrorizzare Talia!”
“Veramente
io stavo andando a telefonare a Mo…”
“John,
ti supplico, una tregua!”
“Ok,
ok, lo porto da Bonzo…”
“Non
parlate come se non fossi qui!”
“Zitto
e cammina, tu. Prima andiamo e prima arriviamo!”
Talia si
morde il labbro inferiore nel tentativo di non ridere: quei due tipi sono
spassosi, poco importa se Robert sembra un ubriacone e John un generale
fascista.
“Vieni,
Talia, lasciali perdere…” è l’invito di James, che l’aspetta nella stanza; lei
fa per entrare, quando le arriva la voce di Jonesy, che la avverte mentre si
allontana con l’altro capellone…
“Comunque
fai dare un’occhiata al livido, piccola, non è per niente bello a vedersi!”
Dopodiché
la saluta con la mano e lei, in automatico, ricambia, intontita.
È come
se un uragano fosse passato nel corridoio, prendendola in pieno per poi
lasciarsela alle spalle, scaraventata a terra.
È una
sensazione strana.
Ma ne
ha conosciute di peggiori.
“Ecco,
questa è la mia stanza, accomodati!”
La invita
carinamente a sedersi su una grossa e morbida poltrona in mezzo alla stanza,
vicino alla TV.
Talia sbircia
intorno a sé, trattenendo a stento la meraviglia: la suite è grandissima e
molto lussuosa, bella nonostante il letto sfatto e la poca luce che la illumina
a zone. Si aspettava più scompiglio, e invece James sembra un tipo piuttosto
ordinato, certamente più di lei!
Di colpo
un rumore molesto risuona altissimo nel locale silenzioso, e la cosa la butta
nell’imbarazzo più nero: il suo stomaco ha brontolato, spazientito.
Avrebbe
già dovuto essere a cena da almeno un’ora, ma Roland ha fatto tardi a lavoro…
Mentre lei
tenta invano di fare la gnorri, coprendo la pancia con il diario, James si
china davanti alla poltrona, sorridente e premuroso.
“Facciamo
così: prima di telefonare, dai un’occhiata al frigobar, vedi se c’è qualcosa
che ti piace e la prendi. Altrimenti ci facciamo portare la cena in camera. Va bene?”
Stare con
James è diventato rassicurante: lui è sempre pronto ad aiutarla e a risolvere i
suoi problemi senza difficoltà, non fa neanche una domanda scomoda o noiosa,
anche se è un adulto, anche se forse potrebbe
essere suo padre.
Con un
sorriso pieno di gratitudine, velata dalla vergogna, Talia annuisce e si alza
dalla poltrona, lasciandosi indicare il frigobar poco lontano.
Alcolici,
alcolici, un pacchetto di biscotti, alcolici, una bottiglietta d’acqua,
alcolici, altri alcolici ed infine… l’insperabile: almeno quattro grosse
barrette di cioccolato.
Senza esitare
ne prende una, e quando la estrae dal ripiano vede qualcosa di piccolo cadere
ai suoi piedi, sulla moquette rossa, senza il minimo rumore.
Chiude il
frigo e si china a raccogliere quello che sembra un inutile pezzetto di
plastica triangolare; non ha idea di cosa sia, né a che cosa serva, forse
qualcosa che si è staccato dal ripiano…
“Hai
trovato qual… Oh, ma guarda dov’era…! Me li dimentico un po’ ovunque…”
La voce
di James, per quanto tranquilla, la fa sentire come una discola beccata con le
mani nel barattolo della marmellata. Subito si discolpa allungandogli l’aggeggio
minuscolo. “E’ caduto dal frigo…”
E l’altro
lo prende con una risatina, replicando: “Non so di preciso come ci sia finito,
solitamente un plettro lo uso per suonare!”
“…
Suoni?”
“Sì,
sono un chitarrista. Cos’altro hai trovato nel frigo?”
La ragazzina
indica il proprio bottino accennando un sorriso.
“Cioccolata!
Una stecca intera!”
“Ottimo!
In salotto ho anche della Coca Cola, vieni, il telefono è lì…”
Il numero
lo conosce a memoria, ovviamente.
Lo digita
piano, perché non sa bene cosa dirà a sua madre, ha paura di spaventarla o,
peggio ancora, di essere sgridata.
James le
ha lasciato un po’ di privacy ed è andato a strimpellare la chitarra dall’altra
parte della stanza; lo vede, è a meno di dieci passi da lei, ma sa bene che in
quel momento è da sola, deve essere
da sola.
Prende un
gran respiro e cerca di farsi forza mentre il telefono squilla.
È libero.
…
“Pronto?”
“…
Mamma?...”
La musica
a basso volume di James sullo sfondo, come una colonna sonora, s’interrompe. Talia
non si volta a guardarlo.
“Talia,
amore, sei tu?”
La voce
della mamma le arriva subito bella e preoccupata, le fa venire voglia di
piangere un’altra volta.
“Mamma,
ciao…” la saluta con un groppo in gola.
“Amore
mio, come mai mi chiami? È tutto a posto, Roland è con te?”
No,
Roland non è con lei, ma per dirlo ci vuole coraggio.
E per
pensare alla reazione di Roland davanti alla sua assenza- scappatella ce ne
vuole ancora di più.
Certo,
mai quanto gliene occorre per spiegare alla mamma che Roland è un uomo violento,
e che lei non lo sopporta più.
“Sono
in albergo…” esordisce timidamente “Non so dov’è Roland…”
“Talia,
cos’è successo?”
La domanda
giunge diretta e molto ansiosa.
Non la
aiuta per niente.
Oh, ma deve riuscirci…
Sente alcuni
passi sulla moquette, forse James se n’è andato dal salotto…
“Mamma,
sto usando il telefono da un’altra stanza…”
E una
cosa la dice.
Mamma,
com’è logico, trasale ed esclama: “Talia! Dove sei?!”
“Sono
nella camera… di un ragazzo che mi ha aiutata…”
Non avrebbe
voluto dirlo così, le è scappato, non ci ha riflettuto abbastanza sopra.
Sua madre,
come si aspettava, esplode all’istante.
“Ma
cosa stai dicendo?! Talia, di cosa stai parlando, passami subito Roland, non so
dove sei, ma torna subito in camera, immediatamente!!!”
La sua
voce passa attraverso la cornetta, squillante e prepotente, così tanto da
riuscire a farsi sentire anche nel vasto silenzio della stanza.
Talia alza
gli occhi al cielo, angosciata, e il panico le impedisce di replicare come si
deve per tentare di tranquillizzarla.
È allora
che sente una mano sulla spalla destra.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
talia
Salve a voi ^^
Nell'augurarvi
Buone Feste (appena in tempo!), vi annuncio che questa storia
durerà ancora per poco: altri due capitoli! Siamo oltre la
metà!
Grazie per le vostre letture, per le vostre recensioni, che mi fanno
capire che gradite questo mio "excursus letterario" sui Led Zep, oc he
se non altro non sta passando inosservato!
Ho anch'io qualche recensione, nonché molte letture, da
effettuare... perciò vi lascio alla lettura e ci vediamo al
quinto capitolo, presto presto!
Ancora Buone Feste!
Ciry
Capitolo 4
Si
volta e alza lo sguardo. C’è James accanto a lei. Le fa un gesto elegante e
leggero con la mano, vuole farsi passare il telefono.
Inerme,
Talia esegue, come se la cornetta scottasse, mentre sua madre ci sta ancora
strillando dentro.
“Come
si chiama mamma?” le chiede sottovoce mentre con l’altra mano le porge un
tovagliolo fresco ed umido contenente dei cubetti di ghiaccio.
Talia
sussurra di rimando: “Kate…” prendendo il fagotto, al che il chitarrista
conclude, gentile ma serio: “Va bene, ci parlo io, stai tranquilla. Metti
questo sulla guancia e mangia, non preoccuparti.”
“Signora
Kate? Mi sente?”
“Pronto?
Chi è?”
“Mi
chiamo James Page, signora, sono-“
“Dov’è
mia figlia? Mi passi subito Talia, chiunque lei sia!”
Talia
fissa James, preoccupata.
Morde la
stecca, ed il cacao fondente le si scioglie in bocca, finendo vischiosamente
lungo l’esofago.
Imperturbabile,
il ragazzo riprende: “Talia è qui accanto a me, signora, sta mangiando ed è
tranquilla…”
“Voglio
sapere cosa ci fa lei con mia figlia!!!”
Il tono
di Kate è molto alterato, ma ora trapela un grosso ed improvviso ammontare di
ansia tipicamente materna, un’ansia di chi vuole sapere la verità, non importa
da chi.
“Mi
faccia finire, Kate, si calmi” le intima James in tono educato ma fermo.
La ragazzina,
vicino a lui, smette di masticare e trattiene il fiato.
Alla
fine, mamma si ammansisce e sospira gravemente: “… Ok, parli.”
James
si volta per pochi istanti e le passa una mano affusolata sopra i capelli,
sorridendole.
Talia
osa mordicchiare un altro quadratino al cioccolato, tesa.
Lo
sente dire: “Mi sono ritrovato sua figlia davanti in ascensore, Kate. Era in
lacrime, stava scappando. Mi ha detto che il suo patrigno l’ha picchiata,
perciò ha preso l’ascensore nel tentativo di sfuggirgli.
Ha un livido
sulla guancia destra, ma si è calmata quasi subito, e dato che non volevo
spaventarla, né creare un’inutile confusione chiamando la polizia, le ho
permesso di usare il telefono della mia stanza per chiamare lei. Vorrebbe che
la venisse a prendere.”
Kate lo
ha ascoltato senza fiatare per tutta la durata del discorso.
A
fatica riesce a sentirla mentre replica esitante: “… Mi sta… dicendo delle cose
piuttosto gravi, signor… mi scusi, signor…?”
“James…”
“James,
sì, scusi. Lei mi sta dicendo delle cose molto pesanti. Però non mi sono nuove,
sfortunatamente. Ho… capito tutto, grazie del… resoconto. Adesso può passarmi
Talia, per favore?”
“Certo,
attenda in linea…”
James
le allunga la cornetta e le annuncia sereno: “Non è arrabbiata, vuole solo
accertarsi che tu stia bene…”
Talia
si morde nervosamente un labbro e riprende la conversazione con sua madre.
“…
Pronto? Mamma?” domanda con la voce impastata dal cioccolato e dal groppo in
gola.
In un
sospiro triste Kate replica, cercando di trattenere le lacrime: “Tesoro, scusami
se ho alzato la voce. Mi sono spaventata… E’ vero quello che mi ha detto il
signore?”
“Sì, è
tutto vero!” risponde l’altra, più energica “Roland… mi ha dato uno schiaffo.
Ma adesso il livido non mi fa quasi più male, perché James mi ci ha fatto mettere
del ghiaccio sopra…”
“D’accordo,
amore, ha fatto benissimo… Tu quindi stai bene?”
“Sì, ma
tu non devi preoccuparti… James starà con me finché non vieni a prendermi…”
dice Talia per poi arrossire come un peperone, dato che il ragazzo le pizzica
piano il naso dopo che ha finito di parlare, intenerito.
“Parto
immediatamente, amore mio!” la rassicura Kate, tirando su con il naso “Tra non
molto sarò lì, conosco il posto, ti troverò, e già che ci sono farò anche una
denuncia alla polizia!”
“Vuoi
chiamare la polizia?” chiede la figlia, allarmata.
“Per
Roland, tesoro. Non ti toccherà più” si sente ribadire dalla mamma, con voce
tremula ma determinata “Lascia fare a me. Resta dove sei, io sto per prendere
la macchina, aspettami, faccio presto, te lo prometto, va bene?”
Lei,
confusa e timidamente felice, risponde di sì, e Kate la saluta con un
avvertimento perentorio: “Non tornare in camera da Roland per nessun motivo,
penseremo dopo alle cose da prendere. E aspettami. Ciao, tesoro mio… Passami
James, così saluto anche lui…”
Talia,
stordita ma consapevole del fatto che tutto si risolverà presto, passa la
cornetta al ragazzo e torna a sedersi sulla poltrona nella stanza da letto, con
il cuore così leggero che le sembra di volare.
“James?
Mi sente?”
“Mi
dica, Kate.”
“Vengo
a riprendermi Talia. Ci metterò circa un paio d’ore, sono già stata
nell’albergo in cui vi trovate. In questo lasso di tempo devo fidarmi di lei.
Ha mia figlia sotto la sua custodia. Non voglio che le accada niente, per mano
di nessuno, nel modo più assoluto. Mi capisce?”
“Sono
un genitore anch’io, signora. La capisco perfettamente e le posso giurare su
quanto ho di più caro al mondo che non succederà niente a Talia. Piuttosto,
farò in modo di distrarla, la vedo molto tesa… Potrebbe dormire un po’, oppure
guardare la TV…”
Kate
esita prima di rispondere cautamente: “… E sia, basta che non si agiti
ulteriormente. Si ricordi che mi fido di lei.”
“Ha la
mia parola.”
“Molto
bene. Grazie, per il momento. Ci vediamo tra due ore. Che stanza devo far chiamare?”
“Ehm…
Scendiamo io e Talia. Se dovessi venirmi a cercare… forse suo marito potrebbe
vederla, seguirla e trovarci tutti…”
“Roland
è il mio compagno” lo corregge subito lei, glaciale “E comunque ha ragione.: è
meglio che scendiate voi. Non fatevi vedere, se potete. Vediamoci nella hall.”
“Ci
saremo. A più tardi…”
“Sì, a
dopo. Buonasera.”
E Kate
riaggancia senza trattenersi oltre.
Una
donna forte e concreta, questo è quello che pensa James, che non ha ritenuto
necessario informarla sulla propria identità: Jimmy Page, chitarrista dei Led
Zeppelin.
Sarebbe
stata una mossa forse controproducente.
Magari
neanche conosce il gruppo…
Così
come non lo conosce Talia.
La
ritrova in poltrona, le scarpe sul pavimento, rannicchiata sul suo diario e
sulla cioccolata; non ha mollato per un attimo neanche il fazzoletto rosso, né
tantomeno ha tolto la salvietta con il ghiaccio dalla gota maltrattata da
Roland.
Ha
pianto di nuovo, ma si è già asciugata le lacrime: gli occhi sono arrossati, ma
più sereni.
Chino
di fronte a lei, le toglie delicatamente quella “borsa del ghiaccio”
improvvisata dal volto e domanda: “Va un po’ meglio?”
La
ragazzina annuisce e si sistema una ciocca ribelle dietro l’orecchio dopo aver
masticato lentamente un pezzo di cioccolato; a sua volta gli chiede: “Anche tu
hai dei figli? Stavi dicendo questo a mia madre?”
James
sorride, ed è un sorriso caldo e dolce.
“Sì”
conferma, una mano aperta sotto il viso per sorreggerlo “Ho una figlia.”
Il
volto di Talia si fa sempre più curioso, il che gli fa piacere.
“Come
si chiama?”
“Si
chiama Scarlet… ed è bionda, come te!”
Di
nuovo le accarezza paterno i capelli, e lei arrossisce sorridendo.
“E… ti
manca?”
“Molto,
sì! Però la sento tutti i giorni al telefono…”
“Perché…
perché non è con te? Sei… divorziato?”
Quella parola
complicata e sgradevole in bocca ad una bambina genuinamente curiosa lo porta a
ridacchiare, stupito e compiaciuto.
“No,
non lo sono” le spiega paziente “E’ solo che io e la mia band siamo spesso in
giro per il mondo a suonare, e Scarlet con sua madre non possono seguirmi,
sarebbe troppo scomodo e stressante per tutte e due, e poi lei è ancora troppo
piccola…”
“Piccola?
Quanti anni ha?”
“Circa
un anno e tre mesi!”
“… Oh!”
Una bimba
davvero piccola.
Talia pensava
ad una ragazzina della sua età, o giù di lì, e invece ha probabilmente imparato da poco a camminare e parlare!
Chissà se
gli somiglia, anche se è bionda, quindi di certo non come il papà…
“Pensavi
che fosse più grande?”
“Bè,
sì, ma… forse perché…” la ragazzina
rivolge lo sguardo altrove, balbettando “Perché…
io… ecco, non so quanti anni hai tu, e quindi…”
“Ne ho
ventotto!”
“Oh! Ventotto!”
“Pensavi
che fossi più grande anch’io?”
Il suo
tono divertito ed incalzante la fa ridere spensierata, scacciando un po’ d’imbarazzo;
James è contento di averla fatta rilassare, e Talia è al settimo cielo.
Anche se
lui non è più né il serpente minaccioso, né il galante cavaliere che poco prima
aveva dipinto sulla tela della sua fervida immaginazione.
È un
papà, forse perfino un marito – non vuole essere troppo indiscreta, preferisce mantenere
un po’ di mistero al riguardo – e di certo una persona buona.
Un adulto
speciale.
“Quello
cos’è? Un libro?” s’informa il ragazzo indicando il suo diario.
L’altra
scuote la testa e risponde, stringendo a sé il volumetto: “E’… un diario
segreto. Quando mi sento sola e ho voglia di parlare con qualcuno, ci scrivo
dentro e sto meglio…”
“Ti
piace scrivere, brava, è una cosa molto bella!”
“… Mi
piace anche leggere!”
“Leggere
cosa?”
“Tante
cose… Fiabe, perlopiù…”
“E la
musica? Ti piace ascoltarla?”
“Sì, ma
a casa ascoltiamo solo Elvis Presley. Roland odia i vinili, dice che sono uno
spreco di soldi… e a mamma piace solo Elvis…”
James capisce
finalmente un paio di cosette. Ma non si scompone davanti a Talia e, anzi, le
propone disinvolto: “Ti piacerebbe sentire qualche canzone del gruppo in cui
suono?”
Lei risponde
di sì, entusiasta. E il ragazzo le chiede di aspettare, dopodiché cambia stanza
per telefonare.
***
Alcune informazioni, di rito!
- Scarlet
Lilith Eleida Page è nata il 24 marzo 1971; è la prima
figlia di Jimmy Page, nonché colei che per prima lo ha reso
nonno, di Martha Alice :)
Questa è lei oggi: http://img.thesun.co.uk/multimedia/archive/00561/SNN2229DN_400_561406a.jpg
Ed eccola da
bambina (si vede male, ma è lei), tra babbo Jimmy e "zio" Bonzo
:) : http://s11.allstarpics.net/images/orig/4/2/42t0y2fudxr7240x.jpg
- La mamma di
Scarlet è Charlotte Martin, modella francese e moglie di Jimmy
dal 1970 al 1982:
http://2.bp.blogspot.com/-h5ok8Lne82A/TfOr8MejtVI/AAAAAAAAED4/21KNUDrz85w/s1600/67a.jpg
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
talia
Buon ritorno dalle Feste a tutti!!!
Il ritardo è dovuto proprio a quell XD Scusatemi, mi sto lentamente riprendendo dopo il tipico devasto natalizio!
Prima
di tutto, un' ERRATA CORRIGE: avevo scritto nell'introduzione al
capitolo precedente che questo sarebbe stato il penultimo capitolo....
Ebbene, non è così. ADESSO mancano due capitoli alla fine
della storia, che di conseguenza sarà composta da 7 capitoli in
totale. Pardon!
Per il resto, niente da segnalare. Vi auguro una buona lettura, fatemi sapere cosa ne pensate!
Ciry
Capitolo 5
“Pronto?”
“Jonesy,
sono io…”
“E’
successo qualcosa? Quella ragazzina?”
“No,
tranquillo, è qui e sta bene, tra non molto verrà a prenderla sua madre…”
“Ma si
può sapere cosa le è successo?”
“Ascolta
me! Tu hai da fare adesso?”
“Perché?”
“ Ho
avuto un’idea per farla stare meglio. Ma mi occorrete tutti e tre.”
“Cosa
vuoi fare, un concertino privato?”
“Esattamente.”
John
reprime una risata dall’altra parte del filo.
“Certo
che ne hai di tempo da perdere… ma se il favore è per lei…”
“Dove
sono Bonzo e Robert?”
“Li ho
lasciati entrambi in camera di John, due coglioni a strillare davanti alla TV,
c’era una partita…”
“Li hai
lasciati con l’alcol?”
“Io no,
ma magari se lo sono procurato…”
“Andresti
a recuperarli? Una parte di me vuole credere che siano ancora sobri…”
“Se ci
tieni, ok… Aspettaci, ma non pretendere che arrivino in condizioni
irreprensibili!”
“Ti
ringrazio, a tra poco!”
Neanche
mezz’ora e bussano alla porta.
Un
record, devono essere sobri per forza!
James
interrompe il suo medley personalizzato di Elvis per Talia, che si stava pure
divertendo ad ascoltarlo, ed apre.
Entrano
tutti insieme, un po’ rumorosi ma in grado di non ricoprirsi di ridicolo, e
Robert si è perfino infilato una camicia.
Di
Bonzo.
“Ciao,
scricciolo! Ti sei ripresa!” la saluta quasi subito il biondo dalla chioma
folta; Talia sorride timida e agita una mano nella sua direzione, ricevendo in
risposta il tintinnio di un cembalo tenuto in mano da quell’estroverso
spilungone.
John è
il primo che le si avvicina per domandarle educatamente come stia.
“Bene,
grazie… Il livido si è sgonfiato…” lo informa lei, indicandosi la guancia.
Il
bassista sorride e commenta: “Meglio così!”
“Lascia
che ti presenti John” continua poi, tirando piano per un braccio il batterista,
lì vicino “Anche lui è amico di Jimmy, suoniamo tutti nella stessa band. Puoi
chiamarlo Bonzo, è praticamente il suo secondo nome!”
“…
Bonzo?” gli fa eco Talia, perplessa.
“Bonzo,
come quel cartone animato, sì… il cane!” le spiega Jonesy.
E John,
serissimo, se ne esce con un Bau monotono
e grave rivolto all’amico e collega.
La
ragazzina non può fare a meno di ridere, al che il batterista si rallegra e,
dopo averla guardata ben bene in viso, borbotta: “Chiunque ti abbia fatto
quella cosa… è una testa di cazzo. E lo posso dire, tanto sei abbastanza grande
per le parolacce!”
Lei
incrocia lo sguardo del bassista, notando che non ha neanche provato a fermare
Bonzo.
Si
sorridono con una certa intesa, dopodiché afferma: “Lo penso anch’io…”.
Proprio
come una principessa, anzi, forse più come un califfo, se ne sta a gambe
incrociate sul grande letto sfatto, e ai suoi piedi, sulla moquette, se ne
stanno tutti gli altri; tutti tranne Robert, che ha insistito per farle una
treccia, i suoi capelli sembrano piacergli davvero tanto…
Così,
da dietro la sua schiena, attento a non farle male mentre intreccia le sue
ciocche tra le dita, il vocalist annuncia: “Talia, vogliamo cantarti qualcosa
di speciale che faccia passare più velocemente il tempo. Jonesy e Jimmy ci
hanno più o meno spiegato la tua situazione… Cosa ti piacerebbe ascoltare?”
L’altra
scrolla le spalle, disorientata, senza sapere cosa rispondere.
James
interviene: “Dovete sapere che Talia non conosce la nostra musica, perché in
casa ha potuto ascoltare sempre e solo Elvis…”
“Chissà
che palle dopo qualche anno!” sbotta Bonzo in tono sorpreso; anche Robert
esclama: “Non esiste! Con tutto il rispetto, ma non esiste! Adesso dovremo
aprirti altre strade!”
“Ehm…”
Talia
quasi si sente in colpa: non sa chi siano i Led Zeppelin! È lì con loro e non
ha la minima idea di quanto siano famosi, vede solo quattro adulti fuori dal normale!
Ancora
una volta James cerca di toglierla d’impaccio e le propone: “Scegli una lettera
dell’alfabeto…”
“Una
lettera… una lettera, dunque, una lettera…”
Meditabonda
e concentrata, alla fine opta per la R,
come Roland, ma anche come Rabbia, come Ribellione, come Robert…
Robert,
che davanti a quella scelta esclama contento: “Ramble on!”
“Lo
sapevo…” sospira Jonesy con un sorrisetto ironico.
Bonzo
agita il cembalo con entusiasmo.
James
chiarisce: “Deve essere una canzone che le piace però!”
“Ma le
piacerà!” si affretta a dire il cantante, rivolgendosi poi a Talia: “Ti spiego,
scricciolo: questa canzone parla di un’avventura. Un viaggiatore… un mondo da
scoprire… un essere malvagio sempre pronto ad attaccare… una donna amata da
trovare e riconquistare…”
“Sembra
bello!” afferma l’altra con un sorriso deliziato “Come in un libro di fiabe…”
Il ragazzo
finisce di acconciarle i capelli e replica: “Non proprio come… nelle fiabe…
piuttosto, come nella vita! Tu forse sei ancora giovane per capirlo, ma…
tienilo a mente: sei una viaggiatrice, hai un percorso da completare, e
qualsiasi cosa succeda… è inutile fermarsi o tornare indietro. Devi continuare,
andare avanti, sempre! Ti torna?”
Ipnotizzata
dalle sue parole e dai suoi gesti ampi, Talia annuisce anche se in realtà non ha
capito proprio tutto. Forse perché è ancora giovane, come dice lui.
Decide che
appena tornerà a casa si sforzerà di ricordare quel discorso e lo trascriverà
sul proprio diario, come un motto, un promemoria perenne.
Robert canta.
La sua voce è fine, calda, ma riesce anche a graffiare e travolgere tutto ciò
che ha intorno. È incredibile, non
riesce ad ascoltarlo senza avere il batticuore.
Bonzo è
come in trance con il suo cembalo, addirittura dà il ritmo agli altri battendo
mani e dita sul comò a lui vicino. È così concentrato
da farle quasi paura, ma la sua testolina si muove da sola a tempo, rapita.
John è
quasi l’uomo invisibile del gruppo:
serio, posato e preciso sul mandolino, è raro che sollevi il capo dalle sue
corde.
Ma quando
lo fa, sorride. E sorride a lei, e poi agli altri, quasi come un papà contento
dei primi progressi del suo bambino.
James suona
la sua bella chitarra purpurea a doppio manico, che ruggisce giocosamente dalla
piccola cassa amplificatrice, e Talia vede i suoi capelli ondeggiare a tempo di
musica, ballonzolare e ricadere sul suo viso affusolato e serioso. Pare quasi
che ci parli, che stia sussurrando chissà quanti e quali segreti a quello
strumento.
Ogni tanto
alza gli occhi e la scruta per lunghi secondi, protettivo e bonario. Talia gli sorride di rimando, schiva ma
compiaciuta, e si sente riscaldata, al sicuro.
Vanno avanti
così per più di un’ora, tra una chiacchiera e un accordo, trovando qualche
minuto anche per passarsi una sigaretta – Talia no, non fuma e non vuole
iniziare, una scelta saggia anche secondo Robert – e finiscono per parlare,
parlare tanto, e di una cosa in particolare: bambini.
Tutti e
quattro sono genitori e adorano i propri figli.
James e
Robert parlano delle loro Scarlet e Carmen, che tra le due è la più grande…
Robert è
raggiante perché ha da poco avuto un altro bambino, un maschietto di nome Karac…
Bonzo ne
è contento, dice, perché così giocherà a pallone con il suo Jason, “un
torellino che mi assomiglia”, ma che “è bello come Pat”…
Jonesy non
si sbottona granché sull’argomento, ma perfino lui non può fare a meno di
ridere davanti agli aneddoti più divertenti su tutti quei bimbi, così capita
che ne racconti qualcuno anche lui sulle sue tre bambine, tutte vestite uguali
e tutte e tre con i capelli rossi…
Talia ascolta,
incantata.
Sembrano
estasiati, proprio come bambinetti davanti ad un negozio di dolciumi, quando
nominano le loro creature.
Per un
attimo pensa che le somiglino, quei ragazzi fatti e finiti, quegli adulti tanto
particolari.
Anche se,
in realtà, sono tutti molto diversi tra di loro, e specialmente da lei.
Ma in
quel momento non importa.
Sono seduti
comodamente sul letto, sul divano e in poltrona, a parlare di cose belle e
divertenti.
Tutto ciò
che è fuori dalla stanza cosa può essere, in confronto?
***
Nomino l'intera (quasi!!!) figliolanza dei Led Zeppelin, ma sappiate che NEANCHE QUELLA MI APPARTIENE U_U
"Ramble on"
è una canzone scritta da Robert Plant e Jimmy Page, contenuta in
"Led Zeppelin II" (1969). Non ha teoricamente bisogno di presentazioni,
dato che è uno dei loro pezzi più famosi, ma se non siete
sicuri di conoscerla, cercatevi il testo o consultate Wikipedia :) :
http://en.wikipedia.org/wiki/Ramble_On
Nessuno scopo di lucro!
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
talia
Buonasera popolo!
Pubblico
velocemente e con un pò di ritardo - scusate! - senza troppi
preamboli: ormai siamo vicinissimi alla fine, ammutolisco
volontariamente :)
Vi lascio fino alla prossima settimana o giù di lì
perché ho in cantiere una sorpresina, ghghghgh >:) Vi posso
dire solo che è un sequel! Ma per il resto: SH!
E adesso, ancora una volta... BUONA LETTURA!
Ciry
Capitolo 6
Ad un
certo punto, James guarda che ora è sul proprio orologio e subito dopo incrocia
lo sguardo di Talia, che ha già capito.
È ora.
Finalmente.
Anzi,
peccato.
Ma è
meglio così.
Si alza
dal letto, anche se un po’ malvolentieri, e raccoglie il suo diario, lasciato
sul comodino.
“Salutate
Talia, bambini, da bravi, sua madre arriverà a momenti, a meno che non sia già
qui…” scherza il chitarrista.
Robert
tira un’ultima boccata alla sua quinta o sesta sigaretta e sbotta:”Così
presto!”
“Percy,
sono le tre del mattino… e lei non ha vent’anni…” gli ricorda Jonesy, che poi ammicca
alla ragazza, piacevolmente satura di tutte quelle attenzioni a lei rivolte.
“Lo so,
ma è ugualmente un’ingiustizia…” sentenzia ironico il cantante per poi
spalancare le braccia verso di lei.
“Fatti
salutare, scricciolo…” la invita con quel suo sorriso sbilenco e… strano, come
lui.
Talia
si volta verso James, che le sorride come per dirle di stare tranquilla, ché
nessuno la morderà; dopodiché gli affida il proprio diario e va incontro a
Robert per lasciarsi abbracciare.
Non può
stringerlo forte come vorrebbe, è troppo alto per lei.
Ma lui
quasi le fa male da quanto è… affettuoso.
La
tiene fra le braccia in silenzio per un po’, dopodiché le accarezza i capelli
e, fronteggiandola, le dice sottovoce: “Ricordati la canzone. D’accordo?”
Talia
risponde di sì, se la ricorderà senz’altro, non potrà mai dimenticarla. Capisce
che può lasciarlo quando lo vede indietreggiare, non senza un’ultima carezza,
stavolta sul viso.
John e
Bonzo non si risparmiano in pizzicotti scherzosi sulle guance e raccomandazioni
che le ricordano un po’ sua madre…
“Comportati
bene…”
“Mi
raccomando!”
“Abbi
cura di te”
Li
saluta entrambi, commossa, e loro la stringono, forse un po’ impacciati, ma con
sincerità.
“Pronta
per scendere?” le chiede infine James prendendola delicatamente per mano.
La
ragazzina inspira profondamente ed annuisce con un sorriso nervoso.
Agita
la mano libera un’ultima volta verso i tre componenti dei Led Zeppelin che non
la accompagnano nella hall, e la porta si chiude lentamente sugli ultimi
sorrisi che si scambiano.
“Meglio
usare le scale d’emergenza” osserva James mentre s’incamminano.
“Sì”
concorda lei, seria e con l’ansia che ritorna piano piano a impadronirsi di lei
“Facciamo presto.”
Mamma
sa di vento, borotalco e cosmetici.
A lungo
annega nel suo profumo e nei suoi vestiti leggeri ed immensi per lei, che è
davvero mingherlina davanti a quel donnone alto e in carne.
L’ha
riconosciuta subito, da lontano, e trattenendo il respiro ha stretto forte la
mano di James, che a sua volta ha individuato Kate grazie al dito della bimba
che la stava indicando.
Le ha
detto: “Corri, vai da lei” ed è rimasto indietro per discrezione.
“Amore
mio, adesso ti porto via di qui, non aver paura, ho già chiamato la polizia…”
“Mamma,
non piangere…”
Kate riesce
a sorridere tra le lacrime amareggiate, il suo sfogo dopo le ore più lunghe
della sua vita passate in auto.
“Ok,
scusami, hai ragione… è che ho avuto paura per te…”
“Mamma…”
Gli occhi
sereni e brillanti di sua figlia la fanno ammutolire, ammirata.
“Mamma
vieni, alzati. Voglio presentarti James.”
“Mamma,
lui è James. James, questa è la mia mamma, Kate”
Orgogliosa
di entrambi, Talia li vede stringersi la mano e fa un gran sorriso, pieno di
approvazione e gratitudine.
Kate ammette
tra sé e sé che la voce con cui ha parlato al telefono non somiglia al ragazzo
giovane e smilzo che le sta sorridendo: lo credeva un uomo più maturo, forse un
po’ più robusto… e con i capelli corti.
“Io… ti
devo un grande favore…” gli dice guardandolo negli occhi, quasi solenne, anche
se gli da del tu, visto che potrebbe quasi sembrare suo figlio.
James,
rilassato, si scambia un’occhiata complice con Talia e replica: “E’ stato un
piacere, signora. Talia è stata impeccabile per tutto il tempo, e anche molto
coraggiosa per una bambina della sua età…”
La ragazzina
ignora l’appellativo, di solito poco gradito, ed arrossisce contenta.
Sua madre
la stringe su un fianco morbido, è fiera di lei. “Sì, è speciale. E io ho fatto
molto male ad affidarla… al mio ex compagno…”
Sentendo
parlare di Roland, Talia chiede in tono apprensivo: “La polizia, mamma?”
“Sono
arrivati due agenti in borghese, li ho lasciati alla reception per informarsi
meglio. Pagherà, tesoro mio, vedrai che pagherà…”
Pochi istanti
più tardi uno dei due agenti si avvicina: deve fare alcune domande, ma non sarà
una cosa lunga.
Seppur reticente,
Talia si presta alla prassi e risponde più chiaramente che può, seduta su uno
dei divani più appartati della hall, in mezzo a sua madre e James. Entrambi la
tengono per mano.
Un po’ si
vergogna a raccontare tutto a quello sconosciuto davanti a mamma, che infatti
sospira ad occhi chiusi per reprimere la rabbia verso Roland, non certo verso
di lei; ma il poliziotto è paziente, gentile e la tranquillizza, non vuole
spaventarla, dunque l’interrogatorio per lei dura meno del previsto ed è, tutto
sommato, indolore.
Si sente
già meno forte e sicura quando alle domande, più o meno le stesse, deve
rispondere Kate.
“E’
vero quanto riferisce sua figlia? Non era la prima volta che il suo compagno
alzava le mani?”
“E’
successo altre due o tre volte. Davanti a me. Erano schiaffi o scappellotti, ma
lui si giustificava sempre dicendo che a volte i bambini vanno… indirizzati. E io, per quanto non fossi
d’accordo, gli credevo…”
“I
motivi delle violenze avevano tutte la stessa origine di cui ha parlato Talia?”
“Sì…
mai un capriccio o un danno. Non erano una punizione. Per lui erano uno sfizio
da togliersi…”
“E lei?
Ha mai subito questo tipo di violenze dal suo compagno?”
“… Sì. Non
regolarmente, ma sì. Da cinque anni.”
James ascolta
indignato; vedere il volto segnato di una brava donna come Kate, peraltro
ancora piacente, gli fa prudere le mani.
Per darle
forza, avvolge le spalle di Talia con un braccio e la avvicina al suo petto;
vorrebbe proteggerla da quella valanga di parole, una più terribile dell’altra,
e spera di riuscire nel suo intento perché è solo una bambina, e soffrire come
un’adulta non è ciò che si merita adesso.
Talia sente
ancora una volta che sta per piangere.
Odia con
tutte le sue forze ciò che sta sentendo con le sue stesse orecchie e senza
filtri per la prima volta, ma nonostante questo non vuole andarsene e scaccia
le lacrime in fondo a un angolo del suo cervello.
Non ha
più paura, non ne ha motivo. Si sente carica di astio e risentimento, ma tenta
di non lasciarsi sopraffare, di fare sopravvivere quel che resta di buono.
È forte,
come sua madre, che non la lascerà mai più, ne è certa.
Ed è
felice perché in tutto questo James l’ha aiutata molto.
James. I
suoi amici.
I Led
Zeppelin.
Non può
fare a meno di trattenere un mezzo sorriso all’idea.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
talia
Bella gente, buon sabato pomeriggio e bentornati!
Ho
scelto un sabato soleggiato e tranquillo per pubblicare l'ultimissimo
capitolo della mia storia, che spero vi sia piaciuta fino ad ora! Vi
ringrazio tanto per le numerose letture, siete stati un pò
taciturni ma costanti :) Io ho scritto questo racconto un pò per
me stessa, per mettermi in gioco, e un pò per cercare di entrare
"nelle grazie" di questo fandom, che ha delle bellissime storie che ho
puntualmente recensito! Spero che voi facciate altrettanto con la mia,
mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, e ringrazio molto chi già
lo fa e mi fa sentire una scrittrice in erba migliore <3
Detto questo... buona lettura! presto ci rivedremo con "una delle mie"! :D
Ciry
Capitolo 7
Non
vedono Roland scortato dai due agenti su una volante: lo hanno fatto uscire da
un ingresso laterale.
Forse
Kate lo ha incrociato salendo le scale per andare in camera e prendere i
bagagli.
Non lo
sa, non le importa granché.
Aspetta
sua madre, James è al suo fianco sulla soglia della porta, a pochi passi dalla
sua auto.
Anche lui
ha dovuto rispondere ad alcune domande, ma lo ha fatto senza problemi, anzi, si
è reso più che disponibile.
Sono entrambi
silenziosi.
Talia è
un po’ triste, James cerca le parole adatte per quando dovrà salutarla
definitivamente.
“James?”
È lei
la prima a parlare.
“Sì?”
La vede
estrarre il suo fazzoletto rosso dalla tasca laterale dei jeans.
“E’ un po’
stropicciato, ma…” esordisce con il faccino un po’ colpevole.
Il ragazzo
ride intenerito e scuote la testa dicendole: “Puoi tenerlo! È tuo! Sarà un
ricordo di questa serata… particolare!”
“…
Grazie!”
È felicissima,
si sente perfino un po’ stupida perché il fazzoletto regalato le fa venire in
mente certi pegni d’amore che i nobili si scambiavano nel Medioevo…
Lei, la
principessa, lui, il principe.
Ma lei
è solo una ragazzina, e lui ha una figlia.
Pazienza…
Per un
attimo il suo cuore è stato più veloce del cervello.
“James?”
“Dimmi”
Prende il
coraggio a quattro mani. Ora o mai più.
“Grazie…
davvero. Per tutto.”
Jonesy avrebbe
senz’altro una ramanzina da fargli, se solo lo sentisse pensare.
Ma non
può farci niente. È più forte di lui, in quel momento.
Somiglia
ad una di quelle creaturine fatate che abitano i boschi, così minuta, dolce,
con la treccia lunga e ordinata fatta da Percy.
La trova
adorabile. E intelligente, e forte.
La abbraccia
in silenzio, dapprima con discrezione, lentamente, e una volta che le ha
circondato del tutto la vita sottile e priva di curve, la solleva, e si
avvinghiano stretti stretti l’uno all’altra.
Talia ride,
i piedi che penzolano ad una ventina di centimetri da terra, e inconsciamente
si imprime nella memoria il suo odore di fumo ed incenso, di cui i capelli
folti sono impregnati.
Poi lui
si stacca dall’abbraccio e la fronteggia, naso contro naso.
Il cuore
di quella bella ragazzina batte fortissimo, sembra quello di un uccellino,
riesce a sentirlo attraverso la maglietta, la giacca, a contatto con il suo
torace…
La bacia
sulla fronte, piano, quasi senza premere le labbra sulla sua pelle… poi la posa
di nuovo a terra, sorridente e senza una parola.
Per un
misero istante avrebbe voluto sfiorarle le labbra con le proprie, ma… no.
Non sarebbe
stato giusto nei confronti di nessuno dei due, ne ha la conferma quando si
scambiano un ultimo sguardo: Talia è rossa fino alla punta dei capelli, si
mordicchia le labbra, ma lo fissa con quegli occhi grandi e contenti.
Dal canto
suo, James ricambia con un’occhiata prolungata, anche se discreta, ed è quasi
lusingato dalla gioia che la bimba sprizza da tutti i pori.
Non la
vuole alterare, né rovinare; non vuole tantomeno spaventarla o turbarla e non
vede l’ora che ritorni a casa, dalla sua mamma, spensierata e con un ricordo piacevole
– così spera.
Quando Kate
ricompare con le valige, sono mano nella mano, tranquilli e pronti a lasciarsi.
“… Che
Dio ti benedica, James. Sei stato prezioso, sia per Talia che per me…”
La donna
lo riempie di complimenti e benedizioni; lui si schernisce, ringrazia, le
lascia credere di avere il suo stesso Dio, le augura buona fortuna e la saluta
con una calda stretta di mano.
Talia non
la tocca nemmeno.
Si è già
trattenuto una volta e ora è decisamente scosso, non sa se potrà riuscirci di
nuovo.
“Ciao
James… Grazie ancora…”
La sua
voce si è fatta piccola piccola.
“Ciao,
Talia. Fai buon viaggio e abbi cura di te…”
La congeda
con affetto in un gesto della mano, e lei lo ricambia allo stesso modo dopo che
è salita in macchina… dopo che l’auto è partita… e poco prima che sparisca
dalla sua vista, dopo la prima curva.
Jimmy Page
sospira, pensieroso, felice, confuso.
Ha tante
cose, dentro.
Di confidarle
a chicchessia non se ne parla nemmeno!
Ma di
tramutarle in qualcos’ altro…
In realtà
sa già che cosa ne farà, di tutte quelle cose, mentre rientra nell’edificio…
§§§
“Mamma,
non ho sonno. Posso scrivere?”
“Va
bene, accendi la luce, là dietro… ma non starci troppo, ok, bambolina? Altrimenti
poi ti diventano gli occhi rossi…”
“Sì…”
Finalmente
una biro, recuperata dalla borsa di mamma.
Adesso può
trascrivere tutto, confidarsi con l’unico che saprà e capirà tutto, senza mai
fiatare!
Ma prima…
una cosa importante.
Ha cantato
quel ritornello a ripetizione in camera con i ragazzi, perciò ha fatto presto a
memorizzarlo, e poi le parole non sono difficili.
Proprio
quelle parole la aiutano a ricordare quelle che le ha detto Robert, quelle che –
aveva promesso – non avrebbe mai dimenticato.
Le butta
tutte giù, in fretta, non sia mai che decidano di scappare dalla sua testa!
E dopo
quelle righe introduttive, quel monito così grande e ancora in parte misterioso
per lei, può iniziare a confidare il resto…
§§§
“E
comunque era davvero… incantevole. Ti giuro che la guardavo e mi chiedevo perché
cazzo ho già ventiquattro anni!”
“Sei un
maniaco, Robert…”
“Ma io
sto parlando di bellezza, non ho nominato le sue tette o il suo culo!”
“No, ma
ci avrai sicuramente pensato, perciò evita le balle…”
“Adesso
mi verrete a dire che a voi non ha fatto né caldo, né freddo!”
“Ho tre
figlie femmine che diventeranno come lei! Di certo non ho immaginato niente di
scabroso!”
“Sinceramente,
io preferisco le donne… quelle vere, quelle fatte!”
“Anch’io,
ma questo non significa che-“
“Sentite,
io mi dissocio. Se Pagey entra e sente questi discorsi, di sicuro passiamo un
brutto quarto d’ora!”
“Tanto
quel pazzoide l’avrebbe sposata…”
“Già,
già, hai ragione, Bonzo…”
“Dovreste
smetterla anche voi!”
“Jonesy
cagacazzo!”
“Jonesy
prete a tempo perso!”
“Quanto
siete divertenti… Insieme poi…!”
THE END
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