From The Decks Of The World: 24 Days 'till Xmas ♥

di AngelSword
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ♥ Canzoni Natalizie ***
Capitolo 2: *** ♥ Cibo ***
Capitolo 3: *** ♥ Giocattoli ***
Capitolo 4: *** ♥ Recite di Natale ***
Capitolo 5: *** ♥ Regali ***
Capitolo 6: *** ♥ Babbo Natale ***
Capitolo 7: *** ♥ Pupazzo di Neve ***
Capitolo 8: *** ♥ Renne ***



Capitolo 1
*** ♥ Canzoni Natalizie ***


Titolo: And A Dreadly Christmas To You
Autore: AngelSword
Fandom: One Piece
Genere: Generale
Rating: Verde
Avvertimenti: Nessuno in particolare
Prompt: #1 - Immagine
Giorno: 1 - 12 - 11
Disclaimer: I personaggi di One Piece non sono miei ma di Eichiiro Oda; "Jingle Bells" non è mia ma di chiunque l'abbia scritta x)

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And A Dreadly Christmas To You

 

“KUUUUUUUMAAAAAAAAACYYYYYYYYY!!”

Lo Shichibukai aprì controvoglia un occhio. Uscendo dal dolce oblio del sonno - solitamente popolato da divertenti incubi e graziose scene di morte - si guardò intorno, mettendo lentamente a fuoco le grigie mura della sua camera. Fuori dalla finestra, a malapena visibili nella fitta nebbia violacea, i fiocchi di neve cadevano con una lentezza esasperante. Si avvolse nel mantello quando un brivido gli percorse la schiena. Dannazione, erano tre giorni che non smetteva di nevicare.

“KUUUUUUUMAAAAAAAACYYYYYY!!”

“Perona! Smettila di urlare come una gallina!!” tuonò Gekko Moria, già irritato dal fatto di essere stato svegliato così presto. Difatti erano solo le tre del pomeriggio, come constatava il Surprise Zombie a forma d’orologio appeso al muro.

La grande porta di legno della stanza si aprì con un sinistro cigolio, permettendo così ad una ragazzina dai lunghi capelli rosa pallida, avvolta in un morbido cappotto bordeaux, di entrare saltellando. “Mi perdoni Moria-sama,” si scusò immediatamente chiudendo lo strano - ed anche piuttosto inutile - ombrello borgogna. “Stavo solo cercando quell’incompetente di Kumacy.”

Sbadigliando sonoramente si voltò per andare a sedersi sul suo trono. “Rigida come al solito con Kumacy,” constatò in tono annoiato. “Cos’hai in mente stavolta?” chiese notando il sorriso stampato sul giovane volto della sottoposta e l’allegra canzoncina che canticchiava a labbra chiuse.

Lei scoppiò a ridere. “Non vedo l’ora che arrivi quel giorno!!” esclamò eccitata.

Il gigante alzò un sopracciglio perplesso. “Che giorno?”

Perona smise di canticchiare per guardarlo scioccata, la bocca spalancata come gli occhi. “Non mi dica che non ne è al corrente.”

Gekko si mise comodo sulla sedia, incuriosito da quella faccenda.

“È quasi Natale, Moria-sama!!” spiegò la ragazzina allargando le braccia e sorridendo come non mai.

Il silenzio - dire “di tomba” sembrerebbe quasi ironico - calò nella stanza. “Eh?” se ne uscì dopo un po lo Shichibukai.

La rosetta tornò a guardarlo a bocca aperta per lo stupore. “Lei non conosce il Natale...!!” disse facendola suonare come un’accusa, cosa che infastidì non poco il superiore. “Allora,” cominciò ricomponendosi. “Il giorno di Natale è il 25 Dicembre. In questo giorno si sta con la propria famiglia, si fanno regali, si mangia il tacchino, la cioccolata calda coi marshmellows, dolci di ogni tipo... e si cantano le canzoni natalizie--“

“Come ad esempio?” domandò lui interrompendola.

“Come Jingle Dead,” rispose prontamente Perona. L’altro rimase in silenzio in attesa che lei ne cantasse un estratto. “Allora, è tipo...” La ragazzina prese un lungo respiro prima d’intonare “Jingle dead, Jingle dead, Death on all the way! Oh what fun is it to die in a one-thousand vo-olt chair...

Moria annuì, sinceramente colpito. Si preannunciava davvero una bella carneficina.

“Ma la cosa più eccitante di tutte...” riattaccò Perona attirando nuovamente l’attenzione dello Shichibukai. “È che un uomo tutto vestito di rosso si cala giù dai camini per entrare nelle case altrui!” concluse in un sussurro, quasi stessero parlando di affari governativi.

“Jack lo Squartatore?” domandò di riflesso Moria senza nemmeno pensarci.

Lei scosse la testa. “No, non credo... Magari è il cugino.”

Il gigante annuì. Sì, in effetti aveva senso.

“Si fa chiamare ‘Babbo Natale’. Non l’ha mai visto nessuno, ma è molto ricercato.”

L’altro fissò le fiamme del focolare davanti a lui mentre considerava l’idea di festeggiare quella nuova e a dir poco insolita festività. “Che Natale sia allora!” concluse battendo il pugno sul bracciolo del suo trono su misura. Perona esultò di gioia, saltellando sul posto. “Dimmi che istruzioni devo dare agli Zombie,” disse tendendo le labbra in un inquietante sorriso. “Kishshshshshshshshshsh!!”

***

 

      Un cadavere in putrefazione, malamente coperto da alcuni stracci e bende, si affrettò a raggiungere la sua signora caricandosi in spalla un sacco pieno di parti anatomiche che erano state riconosciute idonee dal Dottor. Hogback. “Perona-samaaa...” la chiamò con voce roca una volta che fu abbastanza vicino. Lei voltò lievemente il capo verso di lui, segno che lo stava ascoltando. “Cosa devo fare con questeeee....?” Accennò al ruvido carico dandogli una piccola scossa.

“Vai a chiedere ai tuoi colleghi là sotto. In caso non ne avessero bisogno per le decorazioni, portalo nel salone,” replicò freddamente. Lo zombie annuì e ubbidì immediatamente agli ordini. Perona tornò a supervisionare il lavoro che i suoi sottoposti stavano svolgendo nel giardino. Gran parte del castello era già stato addobbato con felci velenose, piante carnivore, teste mozzate, vari altri Surprise Zombie e qualche schizzo di sangue qua e là per donare allegria al tutto. Gli Animal Zombie stavano appendendo agli alberi del giardino varie lucine viola, arancioni e blu notte, insieme ad alcune decorazioni fatte di ossa, dita e quant’altro. Altri invece disseminavano lugubri candele un po ovunque, tanto per illuminare ulteriormente l’ambiente.
 

Sorrise soddisfatta tra sé e sé: quello sarebbe stato sicuramente un allegro e caldo natale che Moria-sama avrebbe apprezzato.
 

 ***

 

“No ragazzi, così non va bene...” sospirò il re dell’oltretomba massaggiandosi le tempie. “Ripassiamolo un’altra volta.” Si accucciò sulla lapide per guardare meglio il gruppetto di zombie che si erano riuniti ai suoi piedi. “Allora, quando parte la musica i primi ad emergere sono quelli della squadra A, posizionati lì a destra. Dopodiché emergono quelli della B, a sinistra. Infine arriva in mezzo il carro trainato dalle renne - sempre se tali potevano essere chiamate in quanto non hanno nulla che ricordi una renna fatta eccezione per le corna - su cui siederà Babbo Natale-sama...”

I suoi sottoposti annuirono avendo finalmente capito le istruzioni dopo l’ottava spiegazione. “Ma perché stiamo facendo questo, Absalom-sama?” domandò uno della squadra B.

“È uno spettacolo per il Natale!” esclamò lui con fierezza.

Sempre se tale potesse chiamarsi ‘spettacolo natalizio’: vedere degli zombie, vestiti con stracci rossi che mal celavano le loro cervella esposte e che solo vagamente ricordavano l’uniforme di Babbo Natale, strisciare fuori dal terreno emettendo spaventosi lamenti avrebbe fatto scappare a gambe levate anche il più grande fan di film horror.

“Sì ma....” esordì uno della squadra A. Aveva la fronte corrugata mentre pensava, gli occhi fissi sul terriccio del cimitero. “Io il Natale me lo ricordavo giusto un pelo diverso...” Era un novellino, da poco tramutato in zombie, l’ombra doveva ancora avere qualche ricordo della sua vita precedente.

“Bello mio...” Uno zombie più anziano gli poggiò un braccio semiputrefatto sulle spalle. “Devi capire che anche se il nostro capo dice ‘per il Natale’...” si avvicinò un altro po all’amico. “In verità intende ‘per le donne’!!”

Absalom scattò in piedi arrossendo e puntandogli un dito accusatore contro. “Non è vero!!” si affrettò a smentire.

“Se se, come no,” ridacchiò una delle ‘renne’.

“Giuro, stavolta lo sto facendo davvero per il Natale!!”

“Pensa che è andato a sbirciare una ragazza nel bagno mentre si faceva la doccia...!!”

“Ma no--“

“Pervsalom, Pervsalom, Pervsalom,” cominciarono ad inneggiare gli zombie alzando le braccia cosparse di cuciture al cielo.

Nella cupa cantilena udì uno zombie bisbigliare al compagno “Magari poteva farla lui, la renna: quella piratessa, sì, quella che stava per sposare, gli ha messo le corna col pirata biondo!!”

A quello perse la pazienza e, tramortendo il tipo con un colpo dal suo bazooka, ruggì minacciosamente “ADESSO METTETEVI TUTTI A FARE LE PROVE, ALTRIMENTI GIURO CHE VI TRAMUTO IN DECORAZIONI PER L’ALBERO!!! E FATE IL TUTTO IN SILENZIO!!!”

    

 ***

Sbuffò per l’ennesima volta, cominciando a spazientirsi. Alzò più in alto il braccio in attesa che lo zombie a terra gli desse l’ok.
 

“No, Moria-sama, deve andare più in alto!!” gli urlò quello.
 

Si alzò sulle punte dei piedi, conficcando il puntale in cima all’albero natalizio - o quel che rimaneva dell’albero dato che consisteva principalmente in legno marcio e foglie nere dall’origine ignota. “Ed ora non mi venire a dire che va più in alto!” sbottò sbattendo tra di loro i palmi delle mani mentre si allontanava.
 

“Va perfetto così, Moria-sama,” rispose lo zombie. “Mi chiedo perché non lo abbia fatto quando gli ho chiesto di metterlo sulla punta...”
 

“Hai detto qualcosa?” disse Moria scoccandogli un’occhiata minacciosa.
 

Il poveretto sobbalzò e si affrettò a scuotere vigorosamente il capo, rischiando di farlo staccare dal resto del corpo, prima di affrettarsi altrove.
 

Lo Shichibukai lo seguì con gli occhi, sbuffando stizzito di nuovo: insomma, da quando i sottoposti davano ordini al proprio capo?!
 

Oh beh, almeno adesso poteva ritornarsene nella sua camera a schiacciare un bel pisolino--
 

“Moria-sama...”
 

Si bloccò e guardò in basso. Ai suoi piedi uno zombie gli stava porgendo una grossa scatola di legno che aveva l’aria di essere molto pesante.
 

“Ci sarebbe da mettere la ghirlanda e noi non ci arriviamo fin lassù...”
 

“Moria-samaaaa!!!”
 

Altri due cadaveri corsero verso il loro boss. “Ci sono anche le palline da appendere!!”
 

Prese fiato per rispondere, ma fu interrotto da un concerto di voci roche proveniente dallo stormo di zombie che si stava mano a mano accalcando al suo cospetto.
 

“Moria-sama, serve aiuto in cucina per il tacchino!”
 

“Moria-sama, stiamo avendo dei problemi con i fuochi d’artificio!”
 

“Moria-sama, qualcuno deve aver preso per sbaglio il mio braccio per farci una ghirlanda!”
 

“Moria-sama, Cindry sta distruggendo il set di piatti di porcellana in cucina!”
 

“Moria-sama, devo andare in bagno!”
 

“Moria-samaMoria-samaMoria-samaMoriaMoriaMoriaMoria---“
 

“BASTA COSÌ!!!” tuonò infuriato lo Shichibukai mentre una vena ballerina cominciava a farsi vedere sulla sua fronte. Girò i tacchi dirigendosi verso la propria stanza. “Non ne posso più, che vada a farsi benedire questo fottutissimo Natale!!”
 

Sbattè la porta alle spalle facendo vibrare e tintinnare tutte le varie decorazioni appese ai muri.
 

Perona, arrivata poco prima ed avendo assistito a tutta la scenata, abbassò lo sguardo sull’enorme giacca rossa contornata in bianco cucita su misura per il capo - con tanto di cappellino intonato - e guaì, annichilita dalla furia di Moria, “Ed ora chi lo fa Babbo Natale....?” 

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Buonsalve-salvino a tutti! Cosa sto facendo? Beh, sto creando un calendario dell'avvento in stile One Piece u.u
Ogni capitolo è ispirato ad un prompt e vedrà come protagonisti personaggi diversi =3 Ovviamente, prima o poi, compariranno anche i membri dell'Ancient Saga x)
Ah, il titolo della raccolta l'ho preso dalle "ministorielle" all'inizio di ogni capitolo del manga di One Piece (non so se avete notato questo mini particolare xD)

Commenti e critiche ben accetti, sempre se mi fate capire dove ho sbagliato ♥
Alla prossima gente!

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Capitolo 2
*** ♥ Cibo ***


 

Titolo: 
Un Ottimista E' Una Persona Che Inizia Una Dieta Nel Giorno Di Natale
 
 Autore: AngelSword
Fandom: One Piece
Personaggi: Rufy
Genere: Comico (?)
Rating: Verde
Prompt Natale: #2 - "Un ottimista è una persona che inizia una dieta il giorno di Natale." [Anonimo]
Prompt Vitii Et Virtutis: Carità > Cibo

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   Un Ottimista È Una Persona Che Inizia Una Dieta Nel Giorno di Natale
 

Ok, stavolta lo avrebbe fatto. Avrebbe dimostrato a tutti che anche lui era cambiato in quei due anni.

Insomma, tutti avevano qualcosa di diverso, qualcosa che li faceva apparire più... maturi. E lui sinceramente non ci teneva ad essere sempre classificato come “ragazzino ingenuo e rompiscatole”.

Oh, ma proprio no.

Poi era stufo delle continue litigate con Sanji, dei dolorosi rimproveri di Nami, di dover sgattaiolare quatto quatto in cucina col favore del buio, nemmeno fosse un ladro.

Quindi Rufy decise di cominciare una dieta.

Esattamente una settimana prima di Natale.

E si sa, a Natale le credenze sono piene di dolci, qua e là spuntano allegre dalle teglie di biscotti le decorazioni di zenzero pronte per essere appese, vinbrulè a fiotti, i frigoriferi ospitano il tacchino in attesa di essere riempito di ogni ben di Dio e poi cotto.... Il Paradiso in terra per i golosi.

Ma lui, seguendo l’esempio di Chopper che stava seriamente facendo del suo meglio per non divorare le figurine di pan di spagna sull’albero, avrebbe resistito a tutto ciò. Avrebbe mostrato agli altri che anche lui era cresciuto.

E la ciurma non potè fare a meno di lanciargli un’occhiata a dir poco inquietata quando lo videro succhiare l’imitazione in vetro di una stecca al caramello con le lacrime agli occhi e le spalle curve.

Grazie a Dio che Rufy è un tipo ottimista, perchè solo un cretino del genere sarebbe capace di cominciare una dieta il giorno di Natale.
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Taaaaah-daaaaaah! Eccomi di ritorno! =p
Tutti sanno cos'è una stecca di caramello, vero? x) Povero capitano, a dieta il giorno di Natale!!

Commenti e critiche ben accetti ♥
A presto!!

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Capitolo 3
*** ♥ Giocattoli ***



 
Titolo:
Just A Little Thing To Make Me Happy
Autore: AngelSword
Fandom: One Piece
Personaggi: Bibi
Genere: Introspettivo, Romantico (dipende molto dal vostro punto di vista)
Tipologia: Flash Fiction
Rating: Verde
Prompt Challange di Natale: #3 - Immagine
Prompt Vitii et Virtutis: Accidia > Malinconia

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Just A Little Thing To Make Me Happy

Si ricordava ancora quando da bambina vagava senza meta per l’ingresso del palazzo, circondata da pacchetti di ogni forma e colore.

L’atrio del palazzo reale di Alubarna era enorme, ma la notte della vigilia di Natale si riempiva di mille fiocchi colorati e carta da regalo splendente, l’abete decorato in blu ed argento troneggiava sulla stanza in tutta la sua maestosa altezza.

Quando tutti dormivano, Bibi sgattaiolava silenziosamente fuori dal suo letto per perdersi in quel labirinto, incantata dalla silenziosa magia che quei regali creavano, quasi fossero una seconda città all’interno di Alubarna, anch’essa assopita in attesa del Natale. Stringendo al petto il suo orsacchiotto di peluche, si guardava intorno con un sorriso stampato sul volto da bambina, cercando ogni tanto d’indovinare dalla forma del pacchetto cosa la carta luccicante nascondesse. Ed ogni volta era una magia sospesa in perfetto equilibrio tra realtà ed immaginazione.

Le venne da sorridere quando, a diciotto anni compiuti, ancora ripeteva lo stesso rituale. Attenta a non svegliare Karoo, scivolò fuori da sotto le coperte e scalza, in punta di piedi, raggiunse l’ingresso. Lo spettacolo si presentava identico all’anno scorso, come quello ancora prima e prima ancora. Sebbene le luci fossero spente e la stanza fosse immersa in una fitta penombra, le decorazioni sull’albero, i fiocchi e la carta dei regali risplendevano come mille piccole stelle, debolmente colpiti dalla pallida luce della luna. E così si avventurò in quella piccola cittadina fatata.

Le piaceva passare quei momenti dominati dal silenzio da sola immersa nell’amore di tutte quelle persone che le lasciavano un pensiero in quel giorno speciale. Poi c’era a chi piaceva strafare, come il falegname, che ogni anno le faceva trovare un’enorme casa di bambole completamente in legno con tanto di mobili all’interno, e c’era chi invece preferiva tenersi sul semplice come le guardie, che si limitavano a regalarle peluches, bracciali e qualsiasi altra cosa che potesse interessare ad un’adolescente. Bibi sentiva l’amore di quella gente trasudare da ogni fiocco, da ogni stella cometa disegnata sulla carta da regalo.

Ma stranamente stavolta non si sentì in pace come accadeva ogni volta. Sentiva che le mancava qualcosa nonostante avesse tutto ciò che una persona potesse desiderare.
Sentiva il bisogno di avere quei nove pirati là con lei, a festeggiare il Natale tutti insieme. Senza quella sgangherata ciurma, una parte di lei era vuota.

Forse per caso, forse chiamata da qualche muto sussurro, alzò lo sguardo da terra. Le venne da sorridere mentre sentiva le lacrime di felicità accalcarsi agli angoli degl’occhi.

Un semplice cappello di paglia, molto simile a quello del suo capitano, riposava su un cumolo di pacchetti coperto da un inconfondibile Jolly Roger in attesa di essere indossato, un gonfio fiocco rosso sopra di esso.

Chi l’avrebbe mai detto che un regalo così semplice avrebbe reso una principessa così felice? 

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Capitolo 4
*** ♥ Recite di Natale ***



 
Titolo:
Why I Started Eating
Autore: AngelSword
Fandom: One Piece
Personaggi: Bonney; uno sconosciuto che racconta la storia x)
Genere: Comico (?)
Tipologia: Flash Fiction (373 parole)
Prompt Challenge di Natale: #4 - Citazione: E poi le recite di Natale, dove puntualmente tu eri costretta a fare Maria e il tuo Giuseppe era il bambino che più odiavi della classe. Come se non bastasse, quel coglione di tuo cugino ogni mattina della rappresentazione si metteva a canticchiare "Oh mia bela Madunina" con aria ispirata.
E tu fissavi la punta acuminata e brillante dell'albero di Natale sapendo già che fine avresti voluto farle fare... [Lely1441]
Prompt Vitii Et Virtutis: Ira > Rabbia
Disclaimer e Crediti: I personaggi di One Piece non sono miei ma di Eichiiro Oda il loro creatore; La citazione non è di mia invenzione.


Enjoy ♥
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Why I Started Eating


Beh, si sapeva che, in fin dei conti, eri sempre stata la pecora nera della famiglia. Ma mai avrei potuto immaginare che sarebbe stata una cosa così banale a risvegliare la ribelle sopita dentro di te.

Una volta portavi dei graziosi vestitini di pizzo e tulle, eri sempre gentile con tutti, mettevi bene in mostra le tue buone maniere, proprio come la mamma ti aveva sempre detto di fare. Andavi bene a scuola ed avevi buoni voti. Insomma, davvero una brava bimba.

Ma come ogni adolescente bastava davvero poco per farti scattare. Specialmente sotto Natale. Chissà per quale ragione avevi sempre i nervi a fior di pelle. Rispondevi male alla gente, ti arrabbiavi anche per la più schifosissima sciocchezza, strillavi per poi chiuderti in camera tua sbattendo la porta alle spalle.

Sarà stato perché non ti sono mai piaciuti i dolci - no, sei sempre stata una tipa da pizza e patatine nonostante i bei vestiti da signorina - o forse perché tutte quelle luci ad intermittenza e le stupide canzoncine natalizie ti davano letteralmente alla testa.

E poi le recite di Natale, dove puntualmente tu eri costretta a fare Maria e il tuo Giuseppe era il ragazzo che più odiavi della classe. Come se non bastasse, quel coglione di tuo cugino ogni mattina della rappresentazione si metteva a canticchiare "Oh mia bela Madunina" con aria ispirata.

E tu fissavi la punta acuminata e brillante dell'albero di Natale sapendo già che fine avresti voluto farle fare.

Ecco perché, la mattina della recita, poco prima dello spettacolo ti trovammo in cucina circondata da cartoni di pizza e sacchetti di patatine aperti, la tonaca bluette sporca di ketchup ed olio.

Ti fissammo ad occhi sgranati nel più totale shock mentre tu, Bonney, t’ingozzavi selvaggiamente come se non mangiassi da giorni, seduta scomposta a gambe larghe sulla sedia e curva sul tavolo.

Ad un certo punto alzasti la testa - avevi i capelli arruffati e la faccia sporca di sugo - ci fulminasti con lo sguardo e con la bocca ancora piena di pizza ci urlasti infuriata “Mi sono rotta! Io ho chiuso co’ la fottutissima ragazzina per bene! D’ora in poi magnerò a sbafo! E non me ne frega un cazzo di quello che pensate!” 

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Capitolo 5
*** ♥ Regali ***


 

Titolo:
Walking Alone, On A Sunset Road
Autore: AngelSword
Fandom: One Piece
Personaggi: Dracule Mihawk

Genere: Introspettivo, Triste
Tipologia: One-Shot
Prompt Challenge di Natale: #5 - Immagine
Prompt Vitii Et Virtutis: Invidia > Cinismo

Note dell'Autrice: Qua vedremo comparire una certa maestra di cui parlo in una mia storia precedente (Ancient Saga: Volume I - Quando la Luna diventa il Tuo Sole). Tranquilli, non c'è bisogno che andiate a leggere l'altra storia: questa fic si capisce lo stesso =3
Disclaimer e Crediti: I personaggi di One Piece non sono miei ma di Eichiiro Oda; L'immagine non è mia

Enjoy ♥
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Walking Alone, On A Sunset Road


Lui l’aveva sempre odiato, il Natale.

Trovava inutili tutte quelle lucine colorate, gli alberi natalizi, le ghirlande rosse e verdi. Trovava estremamente disturbanti gli schiamazzi della gente attorno a lui, eccitata per cosa? Solo un paio d’ore passate sotto un rametto di vischio e a cantare canzoni dalla melodia noiosa e ripetitiva mentre i ragazzini correvano in giro per tutta casa con i giocattoli appena scartati.

Irritato da tutta quella confusione, lo Shichibukai si limitò ad affondare con rabbia le mani nelle tasche del cappotto nero corrugando la fronte, stando bene attento a tenere gli occhi fissi a terra. Ci mancava solo che qualcuno si spaventasse creando ancora più caos.

Si meravigliò di fronte a tutto il tempo che la gente sprecava davanti alle vetrine esageratamente illuminata. E pensare che lui era sempre pieno di cose da fare, troppo occupato anche solo per rispondere al lumacofono. Aveva da allenarsi, viaggiare, dormire, mangiare, assistere agli incontri della Marina e poi di nuovo allenarsi. Perché in fondo la sua vita era sempre stata così, un continuo allenamento, magari anche senza senso. Era convinto che, forse, una volta trovata quella persona un maledettissimo senso a tutto questo glielo avrebbe dato.

Lei gli aveva sempre insegnato a pensare a se stessi in battaglia, e più di una volta gli aveva dato prova che la vita stessa era una guerra senza fine contro il prossimo, un feroce scambio di colpi da cui solo il più forte sarebbe sopravissuto. Ecco perchè odiava il Natale: detestava l’ipocrisia di quella gente. Si scambiavano regali con sorrisi smaglianti stampati sul volto, solo per affilare gli artigli il giorno seguente. O magari, chissà, il sorriso stesso era un modo poco esplicito per mostrare le zanne.

Lei, la sua maestra, gli aveva involontariamente dimostrato quanto gli esseri umani fossero feroci ogni qualvolta tornasse coperta di sangue, ferite e lividi dopo una semplice uscita. Mentre la aiutava a disinfettare i tagli, spesso si chiedeva il perché le facessero questo. Sapeva che lei era una ricercata, sapeva che aveva anche de problemi a trattenere la sua.... sete di sangue, ma, sotto sotto, era davvero una persona magnifica. Lo aveva preso sotto la sua ala quando non sapeva dove andare, gli aveva insegnato a combattere, a leggere e a scrivere come un adulto, lo aveva fatto crescere. Però poi, quell’unica volta in cui lui avesse provato a fare qualcosa per lei, finì tutto a rotoli. Lei sparì giurando di odiarlo per sempre. Ed anche in quel momento lei fece qualcosa per lui: non lo uccise.

Si pentiva di aver provato a trattare con la Marina per convincerli a lasciare la sua maestra in pace. Si pentiva perché aveva dimostrato sia alla sua maestra che a se stesso che fare qualcosa per qualcun altro era senza valore. Diciotto anni passati a proteggerlo, solo per essere ricompensata con un Buster Call. Davvero fantastico.

Da quel momento, sette anni fa, l’aveva sempre odiato, il Natale. Stupida, ipocrita festa del cazzo. Inutile, inutile, inutile, fare qualcosa per qualcun altro. Dannazione, gli faceva rabbia il solo pensarci.

Bloccò di colpo la sua avanzata per alzare il capo e fissarlo sul sole che lentamente affondava nel mare. Pensò che anche quel giorno l’acqua era rossa e arancione - sia per il sangue che per il tramonto - che anche allora era più o meno sotto Natale.

Prima che venisse aggredito dal peso dei ricordi, calò le barriere di ghiaccio della sua mente e riprese a camminare a passo spedito, ignorando la confusione attorno a lui.

“Mi scusi... Signore?”

Una voce femminile, chiara e squillante, lo fece fermare un’altra volta e voltare. Lì per lì non vide nessuno, ma una volta abbassato lo sguardo, vide una bambina dai corti capelli color argento vestita con un grazioso vestito nero che reggeva con entrambe le mani un pacco regalo.

Alzò un sopracciglio, perplesso. “Mi dispiace, ma devo andare,” replicò freddamente, cominciando a ritornare sui propri passi, quando la bambina lo trattenne afferrando un lembo del suo mantello nero.

“Per favore, mi aiuti!” lo implorò. Lui la scrutò a lungo con gli occhi topazio, valutando la situazione.

Beh, a dir la verità non aveva niente da fare... “Seguimi,” disse riprendendo a camminare. La piccola si affrettò, facendo del suo meglio per tenere il passo con l’uomo.

“Dove devi andare?” le chiese con tono piatto.

La bambina si spaventò un po dalla freddezza dell’uomo, ma si riprese dopo poco “A-Alla foresta, signore.”

Lui non rispose e svoltò a destra, visualizzando già la strada da seguire.

“Lei come si chiama?” esordì ad un certo punto la ragazzina.

“Mihawk.”

“Io sono Maria.” Non ricevette nessun risposta, ma non si lasciò scoraggiare. “È qui per lavoro, Mihawk-san?”

“Più o meno.”

“Lei è triste, Mihawk-san?”

Stranamente la domanda lo colpì come un pugno allo stomaco. Si bloccò di nuovo ed osservò di sottecchi la bambina da sotto il cappello. “Perché me lo chiedi?”

Lei lo guardò con curiosità. “Perché stava guardando il tramonto con gli occhi lucidi.”

Ma stiamo scherzando? “Sì, come no...” sbuffò divertito. Lui, il pezzo di ghiaccio per eccellenza, sull’orlo delle lacrime?

“E poi..... non si sente mai solo?”

Cazzo, eccome se si sentiva solo. Solo che era troppo orgoglioso per ammetterlo.

“Non ha mai compagnia, Mihawk-san?”

“Non è sempre stato così,” ringhiò riprendendo a camminare.

Il silenzio regnò per tutta la durata della camminata finchè non arrivarono in periferia. Aveva cominciato a nevicare, i fiocchi di neve si coloravano di rosso ed arancione mentre cadevano silenziosamente a terra. Lo spadaccino si fermò di fronte all’entrata della foresta. Maria lo superò saltellando, parandosi di fronte a lui con un enorme sorriso stampato sul volto. “Ecco a lei,” gli disse porgendogli il pacchetto.

“Ecco, tieni.... è Natale, ma non pensare che ti ho fatto quel regalo perché m’importi!!”
 

Mihawk, sorpreso, lì per lì non seppe come reagire. “Che ci devo fare?” replicò forse più acidamente di quanto avesse voluto.
 

La bambina si alzò sulle punte, mettendogli il regalo proprio sotto al naso. “È per lei Mihawk-san,” ripetè tentando di non perdere l’equilibrio. “Lo deve prendere ed aprire a Natale.”
 

“Avanti, ora che te l’ho dato non puoi lasciarlo lì!! Mi fai sembrare una stupida poi!!”

 

Lui, controvoglia, lo prese per il nastro con due dita come se fosse qualcosa di disgustoso. Poi guardò la bambina che gli stava ancora sorridendo, ignara della frustrazione che mano a mano stava montando nello spadaccino.

Prima che potesse dire niente, lei si voltò e prese a saltellare vero la foresta lasciando una serie di piccole impronte nella neve. “Chissà, magari potrà aiutarla a trovare la persona che cerca,” disse infine congedandosi con un piccolo cenno della mano. Un battito di ciglia e scomparve.
 

Strizzò gli occhi un paio di volte, incredulo. Si guardò intorno, ma della bambina non vi era traccia. Solo una scia di solchi nella coltre bianca che s’interrompeva d’improvviso poco più avanti. Sospirò creando una nuvoletta di vapore davanti alla propria bocca. Posò gli occhi sul pacchetto e stette immobile, ponderando sul da farsi, mentre la neve, piano piano, si accumulava sulle sue spalle e sul suo cappello. Infine poggiò il regalo su una mano e prese a scartarlo. Sì, la ragazzina aveva detto di aprirlo a Natale, ma a lui non era mai piaciuto aspettare.
 

Una volta scoperto il contenuto, spalancò gli occhi, stupefatto, lasciando cadere a terra la carta lucente. Era un ciondolo, una piccola croce bianca, semplice, come il legaccio di caucciù. Inconfondibile nella sua unicità. La rigirò in fretta, ansioso di vedere quelle tre lettere incise da qualche parte. Quando le trovò il respiro gli si bloccò.

J.A.L.

Le tre iniziali della sua maestra. No, non della sua maestra.... di sua madre. Poco più sotto vi era inciso D.M. nella stessa calligrafia. Le sue iniziali. Prese il braccio della croce collegato al legaccio e lo tirò, scoprendo la lama di un piccolo coltellino. Sì, ne aveva la certezza: quello era il ciondolo che la sua maestra portava sempre al collo. E dopo anni passati ad aspettare quel momento, una singola lacrima strisciò giù per la sua guancia mentre i ricordi tornavano a galla.

 

***
 

Ripercorrendo il lungomare alzò gli occhi al cielo, sentendo la croce di legno battere contro il suo petto ad ogni passo. Forse perchè non era proprio solo, forse perché “Natale” significa qualcosa di più.
 

Pensò a quanto bizzarro fosse sembrato vedere un uomo minaccioso come lui - incapace di ammettere la propria solitudine - camminare di fianco ad una ragazzina con un pacco regalo in mano, immersi nell’arancione del tramonto.
 

Eppure lui l’aveva sempre odiato, il Natale. 
 

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Capitolo 6
*** ♥ Babbo Natale ***


 

Titolo:
A Natale Si Può Fare Di Più.... Ma Anche No
Autore: AngelSword
Fandom: One Piece
Genere: Comico (?)
Tipologia: Flash-Fiction
Promp Challenge di Natalet: #6 - Citazione "Eravamo così poveri che a Natale il mio vecchio usciva di casa, sparava un colpo di pistola in aria, poi rientrava in casa e diceva: spiacente ma Babbo Natale si è suicidato." [J. La Motta]
Prompt Vitii Et Virtutis: Prudenza > Bugia
Note dell'Autrice: Un piccolo del passato di Nami =3
Disclaimers e Crediti: One Piece non è di mia proprietà; la citazione non è di mia invenzione.

Enjoy
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A Natale Si Può Fare Di Più.... Ma Anche No

Oh. Mio. Dio.

Cavolo, finalmente!! Era arrivato dopo 365 giorni d’attesa: il Natale!

La piccola Nami, seduta al tavolo della cucina, fantasticava sul regalo che Babbo Natale le avrebbe portato mentre scalciava allegramente l’aria canticchiando una canzoncina natalizia che le avevano da poco insegnato a scuola.

Aveva sentito molto parlare di questo grasso vecchietto vestito di rosso: si diceva che il giorno di Natale portasse un dono ad ogni bambino sulla faccia della terra e che guidasse una slitta trainata da delle renne volanti. Nami, essendo la bambina realista che era, all’inizio fu molto scettica - insomma, da quando le renne volano? - ma la luce che si accendeva negli occhi dei bambini e degli adulti quando le raccontavano di Babbo Natale piano piano la convinse.

E così quest’anno avrebbe provato a sperare che il gentile Santa Claus - era così famoso che aveva più di un nome - portasse un regalo anche a lei. Voleva disperatamente uno di quei nuovi libri di navigazione che aveva visto in libreria giusto il giorno prima, ma sapeva che la sua modesta famiglia era povera e che Belle-mère a malapena riusciva a sfamare tutt’e tre - sebbene quest’ultima tentasse sempre di nascondere la loro situazione economica. Quindi si era impegnata a fare la brava bambina nelle ultime due settimane: non aveva rubato niente da nessuno, non aveva fatto a botte con il ragazzino più odioso della classe, non aveva litigato con Nojiko e aveva fatto tutti i compiti. Se ora non le arrivava un regalo avrebbe fatto causa a tutto il Polo Nord.

Proprio in quel momento, la madre adottiva si sedette di fronte a lei con un sospiro, la solita sigaretta in bocca, poggiando vari fogli stampati sul tavolo. La bimba la osservò in silenzio per un po mentre leggeva i bilanci dell’ultimo mese del suo conto in banca che, come al solito, erano quasi in rosso.

“Mamma,” esordì ad un certo punto la bambina. “Secondo te...” esitò un momento prima di condividere con l’ex-marine le sue ultime riflessioni. “Cosa mi porterà Babbo Natale?”

La donna s’immobilizzò d’improvviso. Sapeva benissimo che quel “Babbo Natale” in verità era solo lei che si alzava nel cuore della notte per sistemare i pacchetti sotto l’albero. Sapeva anche che cosa voleva la figliola e sapeva anche che, per come erano messi ora, quei libri erano troppo costosi.

Belle-mère si alzò senza dire una parola ed uscì dalla loro modesta casupola, seguita dagli occhi perplessi della bambina. Pochi secondi che la porta si chiuse alle spalle della madre, uno sparo riempì di colpo il silenzio serale facendo sobbalzare sia Nami che la sorella.

L’ex-marine rientrò, il fucile con la canna ancora fumante poggiato sulla spalla, ed annunciò lapidaria “Spiacente, ma Babbo Natale si è suicidato.” 

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Capitolo 7
*** ♥ Pupazzo di Neve ***


 

Titolo:
Can't I Have A Friend?
Autore: AngelSword
Fandom: One Piece
Personaggi: Wapol
Genere: Un po' triste
Tipologia: One-Shot
Prompt Challenge di Natale: #7 - Poesia
Prompt Vitii et Virtutis: Avarizia > Solitudine
Disclaimers e Crediti: i personaggi di One Piece non sono miei ma di Eichiiro Oda; la poesia è non e mia ma di Rodari.

Enjoy ♥
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Can’t I Have A Friend?

L'omino di neve,
guardate che caso,
non ha più naso
e ha solo un orecchio:
in un giorno di sole
è diventato vecchio!
Chi gli ha rubato un piede?
è stato il gatto,
bestia senza tatto.
Per un chicco di grano
una gallina
gli becca una mano.
Infine, per far festa,
i bambini
gli tagliano la testa.
(G. Rodari)

 

Sì, oggi ci sarebbe riuscito. Oggi anche lui avrebbe creato il suo pupazzo di neve come ogni altro bambino. Avrebbe approfittato della visita in paese del padre per sgattaiolare sulla strada e farne uno. Un piano semplicissimo. Bene.

“Wapol, tu stai qui,” gli disse severamente il padre mentre scendeva dalla slitta. Lui annuì, mettendo su la sua maschera da bravo bimbo, quando invece stava già contando i secondi mancanti al momento in cui sarebbe fuggito. Una volta che il re fu fuori dal suo campo visivo, saltò giù e corse via, ignorando i richiami dei servitori che lo pregavano di tornare indietro.
 

Attento a non inciampare nel cappotto, continuò a correre nella neve finchè non raggiunse la piazza, piena di persone sorridenti, di bambini che giocavano sotto la neve, di venditori che richiamavano l’attenzione dei passanti sui loro prodotti. Piena di vita. Sfoderò un sorriso a trentadue denti, eccitato. Il castello era così isolato che nessuno veniva mai a giocare e le emicranie del padre avevano obbligato tutti gli abitanti della reggia a vivere nel più assoluto silenzio. Oh, ma la città era tutt’un’altra cosa.
 

Si mise da una parte per non intralciare il viavai di persone e cominciò ad ammonticchiare la neve per il suo pupazzo, mentre pensava allegramente all’idea che presto avrebbe potuto avere degli amici anche lui. Al palazzo reale, come già detto, non c’era mai nessuno. Di sicuro tutti i ragazzini del paese avrebbero adorato così tanto il suo pupazzo di neve che avrebbe dovuto metterli in fila con il numeretto per chiedergli di diventare loro amico.
 

Continuando a riflettere allegramente a dove avrebbe messo la sua stanza dei giochi al castello, diede l’ultimo tocco al suo pupazzo aggiungendogli una carota come naso. Si allontanò di un passo e gli diede una bella occhiata: sì, il suo era il pupazzo perfetto del secolo. Decise di andare a chiamare suo padre per farglielo vedere - sicuramente gli avrebbe fatto una miriade di complimenti per aver creato qualcosa di così perfetto!! - e quindi corse via verso la bottega del sarto.
 

Purtroppo l’angolino dove Wapol aveva creato il suo amico di neve era allo scoppio del sole, perciò dopo pochi minuti il ghiaccio cominciò a sciogliersi, lasciando che il naso cadesse e rotolasse a terra, deformando la forma rotonda della testa. Un gatto bianco e peloso annusò le vecchie pantofole che il principino aveva trovato poco prima e, riconoscendole come proprie, strinse i denti attorno alla stoffa di una delle due per portarla via con uno sbuffo spazientito. Poco dopo, una gallina fece la sua buffa entrata voltando la testa a destra e a sinistra in cerca di cibo, avanzando cautamente verso il pupazzo di neve. Dato che, il giorno prima, su quell’angoletto un mercante di grano aveva allestito la propria bancarella, il corpo di neve era cosparso di chicchi caduti da un sacco. Ed ovviamente, la gallina, non essendo un animale particolarmente delicato od intelligente, prese a beccare tutto ciò che potesse considerare commestibile, distruggendo lentamente il povero pupazzo. Poi udì le urla di giubilo di alcuni bambini e, spaventata come non mai, scappò via di lì a tutta velocità.
 

“Ehi, ma che è cos’è quest’affare...?” chiese uno dei bambini, un ragazzino moro, fermandosi di fronte al pupazzo semi-sciolto, senza naso, senza un piede e mezzo beccato.
 

“Boh, che t’importa,” rispose l’amica avvolta da uno spesso cappotto viola scrollando le spalle.
 

Il terzo del gruppo, un bambino alto e sottile il cui volto era cosparso di lentiggini, tese le labbra in un largo sorriso e propose, eccitato “Perche non facciamo a palle di neve?”
 

Gli altri due ricambiarono il sorriso e si adoperarono per staccare la testa al pupazzo per riutilizzare la neve. Proprio quando stavano per creare i primi proiettili furono richiamati dalle loro madri per pranzo. Brontolando, lasciarono cadere la testa del pupazzo a terra e corsero a casa.
 

Passò qualche altro minuto, il pupazzo - o meglio, quel che ne rimaneva - fissava la piazza vuota di fronte a sé. Tutti erano andati a mangiare, tutti erano a casa propria, al calduccio. Era solo, completamente solo. E potè godersi i primi momenti di tranquillità in tutta la giornata.
 

Di lì a poco ricomparve trafelato il principe, tirando per la mano il padre. “Ecco papà,” diceva col fiatone mentre avanzava, “questo è il pupazzo di neve che.... ho...” Le parole gli morirono in bocca quando si ritrovò di fronte all’ammasso di neve informe, per nulla somigliante al pupazzo di neve che aveva creato prima. Si guardò intorno, magari si era sbagliato, magari era un altro posto, ma no, era proprio lì e quello era proprio il suo pupazzo....
 

“Wapol, fila a casa ORA!” tuonò il re spazientito. Il bambino a testa bassa eseguì gli ordini e cominciò a camminare verso dove attendeva la carrozza, strusciando i piedi a terra, venendo immediatamente affiancato da due servitori, mentre il padre borbottava qualche cosa in tono decisamente arrabbiato.
 

Perché non posso avere un amico...? Uno solo, non chiedo tanto.... Pensò il piccolo Wapol mentre sentiva le lacrime accalcarsi agli angoli degl’occhi.
 

Posso avere un amico, papà? 
 

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Capitolo 8
*** ♥ Renne ***


 


Titolo
: Ring 'a Deer
Autore: AngelSword
Fandom: One Piece
Personaggi: Sanji
Genere: Dolshe <3
Tipologia: One Shot
Prompt Challenge di Natale: #9 - Citazione: A Natale siamo tutti più buoni, un cazzo! Ho trascorso le ultime sei ore a correre avanti e indietro per il ristorante, con delle stupide corna da renna in testa, mentre la gente si strafogava di tacchino arrosto e puré di patate, e pensi che qualcuno mi abbia lasciato anche solo una misera mancia? Certo che no! Quindi, ora, dimmi che diavolo vuoi e poi vattene al diavolo fuori di qui!”  [>Lefty<]
Prompt Vitii Et Virtutis: Carità > Dignità

Enjoy ♥

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Ring ‘a Deer

Decise che quella era stata la giornata peggiore di tutta la sua intera vita. Non era una di quelle decisione prese in un momento di rabbia, così, tanto per evidenziare ancora di più la propria frustrazione. No, l’aveva deciso in seguito alla serie di avvenimenti che l’avevano coinvolto, dopo una serie di riflessioni, considerando sia i pro - se ce n’erano - e i contro della situazione.

“A Natale siamo tutti più buoni, un cazzo! Ho trascorso le ultime sei ore a correre avanti e indietro per il ristorante, con delle stupide corna da renna in testa, mentre la gente si strafogava di tacchino arrosto e puré di patate, e pensi che qualcuno mi abbia lasciato anche solo una misera mancia? Certo che no! Quindi, ora, dimmi che diavolo vuoi e poi vattene al diavolo fuori di qui!” urlò il biondo sulla soglia di camera sua al proprietario del Baratie.

Era arrabbiato, anzi no, era infuriato. Il vecchiaccio gli aveva promesso la giornata libera ed invece no, aveva dovuto lavorare lo stesso perché l’ennesimo cameriere aveva abbandonato la nave. Ah, ma non si era limitato a quello. No, per carità, siamo sotto Natale, facciamoci travolgere dallo spirito natalizio e travestiamoci da renna, certo. Tanto che gli frega a quel cretino della dignità altrui?! L’importante è fare soldi, no?!


“Sanji, ascoltami...” sospirò Zeff massaggiandosi le tempie. Era stanco, l’ex-pirata, davvero. Non aveva più l’età per stare a discutere con un adolescente infuriato.
“Ma vaffanculo,” lo anticipò Sanji, alzando le braccia al cielo quasi si fosse rassegnato di fronte all’inettitudine del vecchiaccio. Voltandosi, sbattè la porta in faccia al suo superiore, che rimase là, immobile, a fissare le venature del legno. “Ed io quel coso domani non me lo metto!!” esclamò da dentro la voce attutita del biondo.

Sospirò di nuovo, tristemente, mentre cominciava ad avviarsi verso la sua camera, la gamba di legno batteva ritmicamente sulle assi del ponte ad ogni passo.

E cominciò a nevicare.


 

***
 


“Ecco a voi; un tacchino ripieno, carote lesse, purè di patate, piselli...” elencò Sanji con tono piatto mentre posava le stoviglie sul tavolo. Cazzo, ma è normale che un sedicenne sia obbligato a travestirsi da renna per due volte di fila?! No, no, aveva bisogno di una sigaretta, subito. Fece per congedarsi quando notò gli occhi lucidi per l’eccitazione di un bambino guardarlo. Alzò lo sguardo e vide che tutto il tavolo era occupato da bambini più o meno della stessa età che lo guardavano emozionati.

“Non si preoccupi,” lo rassicurò una delle due suore che li accompagnavano. “È solo che non hanno mai visto una renna in vita loro.”

Sanji annuì, un po sorpreso, e se ne andò. Ma la sua destinazione fu la cucina e non il retro.

 


***
 


Stava per tornare in camera sua, ringraziando Dio in anticipo per il momento in cui ci sarebbe liberato da quel maledetto costume, quando fu bloccato da una vocina.

“Ehm...”

Il biondo si voltò, e vide una bambina seminascosta dietro la ringhiera delle scale che aveva appena salito. Aveva i capelli castani raccolti in due codini laterali ed in mano stringeva un foglio di carta. Lo stava studiando con un misto d’imbarazzo e curiosità, indecisa se farsi avanti oppure no. Lui le sorrise, incoraggiandola ad avvicinarsi.

La bambina salì gli ultimi due gradini e raggiunse il cuoco-renna lasciando tante piccole impronte nella sottile patina di neve che stava cominciando a ricoprire il passaggio. Dopo un momento di esitazione, gli allungò il foglio arrossendo. Mentre Sanji studiava la sua versione disegnata malamente a matita servire con un enorme sorriso la cena a quei bambini, lei cominciò a parlare a bassa voce, quasi non volesse disturbare i fiocchi di neve che dolcemente cadevano sul legno. “Ho sempre vissuto in un orfanotrofio con i miei amici, Sister Nora e Sister Mary. Non ero mai stata ad un ristorante ed avevo un po paura, ma sono stata davvero felice di vedere una renna servirci la cena.” Il cuoco alzò lo sguardo su di lei, sorpreso. “Grazie mille per la bellissima serata e buon Natale,” gli disse regalandogli un dolce e sinceramente felice sorriso. Poi si voltò al richiamo di una delle suore e, stando attenta a non inciampare nel lungo cappotto marrone scese di corsa le scale.

Lui la seguì con gli occhi spalancati. Sì, era sorpreso, ma si sentiva strano. In un certo senso, si sentiva grato di aver indossato quel ridicolo costume e di aver reso qualcuno felice.

 

Scosse la testa. Cazzo, aveva davvero bisogno di una sigaretta prima che il gelo gli desse alla testa. 
 


*** 


“Oh!” esclamò sorpreso Zeff vedendo la porta della camera di Sanji aprirsi per lasciar passare il cuoco già travestito da renna. “Cos’è questo cambiamento?” ridacchiò. Fino al giorno prima aveva dovuto prenderlo a calci per farglielo mettere.

Il biondino esalò una nuvoletta di fumo e gli disse, imbronciato, mentre lo superava mettendosi le mani in tasca “Sta zitto, vecchio.”
 

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