A poisoned birthday

di Sherlock Holmes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In the night ***
Capitolo 2: *** Violin string ***
Capitolo 3: *** Scratch ***
Capitolo 4: *** Poison maker ***
Capitolo 5: *** Happy birthday!? ***



Capitolo 1
*** In the night ***


 L’uomo si voltò, controllando così di non essere seguito.
Il suono dei suoi passi rimbombò nei vicoli bui di Londra.
Una carrozza gli passò accanto, sferragliando.
L’uomo svoltò l’angolo.
Dopo pochi metri, si fermò improvvisamente davanti alla porta di una casa governativa.
Si risistemò colletto e cappello, prima di bussare.
La porta venne aperta, e l’uomo fu fatto accomodare in un salottino.
Davanti a lui, si stagliava una sagoma piuttosto massiccia, allungata in poltrona.
L’uomo, schiarendosi la voce, iniziò a parlare:- Sono venuto da lei perché intenzionato a farla pagare a Sherlock Holmes.
La sagoma nell’ombra si riscosse. Sobbalzò, come se stesse ridendo in silenzio.
- Ho pensato a lei… Perché è l’unico in grado di tenergli testa…- continuò l’uomo.
La massiccia silhouette si sporse verso l’uomo. Il volto di Mycroft Holmes, prima nascosto dalla semioscurità, venne illuminato dalla luce della lampada a olio.
- Lei è venuto dalla persona giusta. Glielo assicuro.-

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Capitolo 2
*** Violin string ***


  
POV HOLMES
- Perché viene sempre nello stesso fish&chips, Holmes?- mi chiese Watson, tuffando la mano nel conetto di carta ed estraendo un pescetto, che addentò.
- Perché usano una particolare birra scura nella pastella… Viene dal Nord.- mi giustificai.- Io, invece, non capisco proprio perché non ha voluto il tè, poco fa, Watson, quando eravamo ancora al calduccio di Baker Street…-
- Non ne avevo voglia, Holmes…-
Il violino sbatacchiava nella custodia che reggevo con la mano sinistra.
Watson lo notò.
- Come mai ha con sé il suo Stradivari?- mi domandò con noncuranza.
Mi arrestai di colpo, voltandomi verso di lui.
- Davvero non lo sa?- gli dissi con finto stupore.
Il mio coinquilino scosse la testa, continuando a mangiare.
- Il mio adorato violino ha una corda rotta.-
Il dottore mi guardò per un istante.
- Una corda tranciata.- conclusi, fissandolo con la bocca arricciata.
- Non vorrà insinuare… Io non ho tagliato la corda del suo Stradivari!-
Gli sorrisi.- Ha la coda di paglia, Watson?-
- Cosa? Non ho la coda di paglia…- ribatté indignato.
- Allora perché ha subito cercato di chiarire che non è stato lei a compiere il misfatto? Io non l’ho incolpata!-
Watson mi si rivolse:- Il suo sguardo era accusatore, Holmes… Non lo neghi!
- E lei non neghi di aver tagliato il sol del mio Stradivari!-
Watson si fece rosso in viso:- Lei si esercita col suo violino alle tre di notte, Holmes! Alle tre di notte! Si rende conto? Una persona sana di mente non suona alle tre di notte, Holmes…-
Inclinai la nuca:-  Vede? Avevo ragione. E’ stato lei a recidere la corda al violino…
Watson emise un grugnito cupo, diretto a me.
Ripresi a camminare:- Pensava così di fermare la mia vena musicale? Le corde si possono cambiare, Watson… Ma, purtroppo per lei, non si possono modificare le mie abitudini…- gli feci notare, spingendo la porta del negozio di musica ed entrandovi.

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Capitolo 3
*** Scratch ***


Uscimmo poco dopo dal negozietto di Greek Street, salutati dal tintinnare della campanella d’ingresso.
Avvolgendomi la sciarpa attorno al collo, mi rivolsi al mio coinquilino:- Mi deve 12 scellini, Watson.
- Come?- mi chiese indignato, incamminandosi dietro me.
- Lei mi ha tranciato il sol. Lei me lo ripaga.-
Con un sorriso sardonico, Watson disse semplicemente:- Se lo scorda.
Apprezzai il gioco di parole, ridacchiando.
- Ho salvato la comunità di Baker Street da un’altra notte insonne…- appurò Watson.
- Mh, sarà acclamato come un eroe, Watson…- gli dissi, sarcastico.
Un uomo dal passo veloce e sicuro urtò il dottore, appena al di sotto della spalla.
- Ehi, lei! Faccia attenzione!- esclamò il mio compagno d’avventure, rivoltò allo sbadato. Questi continuò per la sua strada, senza scusarsi.
Watson poggiò una mano sulla parte alta del braccio, dove l’uomo l’aveva colpito, massaggiandosela.
Tornai indietro, sorridendo:- Oh, Watson, non faccia il bambino… L’ha appena sfiorata!
- Ah…- mormorò, osservandosi il braccio – mi ha graffiato.-
- Suvvia, non ne morirà, Watson!- esclamai, riprendendo a camminare.
Notai che il dottore non mi stava seguendo.
- Non credo di sentirmi molto bene, Holmes…- mi rivelò, continuando a massaggiarsi la leggera ferita.
- Le ha fatto male la birra della pastella? Sapevo che non reggeva l’alcool, ma così esagera…- constatai.
- No… Non c’entra… Mi… mi gira la testa.-
Sospirai, alzando il braccio e fermando, così, una carrozza, che indirizzai a Baker Street.
 
Durante il tragitto, il viso di Watson si fece molto pallido e divenne madido di sudore.
Giunti davanti al nostro appartamento, lasciando al vetturino sette scellini a pagamento della corsa, scesi dalla carrozza, ponendo il braccio di Watson sulle mie spalle.
Lo trascinai sui gradini. Bussai col piede, dato che avevo una mano occupata a reggere il violino, l’altra a sollevare il corpo, ora tremante, di Watson.
Mrs. Hudson non venne ad aprire.
Capii che era uscita a far la spesa per la cena.
Feci sedere lentamente Watson a terra.
Respirava affannosamente.
La preoccupazione fece capolino nel mio animo.
Con la chiave di Watson, aprii la porta.
Entrando, pestai una lettera.
“Maledizione… Neanche la posta ha ritirato, la nanny…”
Lanciai lo Stradivari sulla poltrona ed adagiai Watson sulla chiase-longue.
Mi sentivo impotente…
Tremore, sudorazione fredda, respiro difficoltoso… Sembravano i segni di…
Cacciai immediatamente via quel pensiero, scuotendo la testa.
“Non sono un dottore, quindi non posso interpretare correttamente i sintomi.”mi convinsi.
Così, presi una decisione.
- Watson… Ora vado a chiamare un medico… D’accordo?- gli sussurrai, dirigendomi verso l’uscita.
Watson mi afferrò il polso:- Non è necessario, Holmes…- mormorò. – Lei ha… Ha capito perfettamente. Non è una malattia. Le… malattie non si manifestano improvvisamente… Sono… sono graduali… Invece…-
- …i veleni agiscono in fretta.- conclusi, per lui.
Il graffio…
Il veleno gli era stato iniettato con il graffio…
Mi diressi al mio bancone di lavoro.
I reagenti chimici ribollivano nelle beute.
- Non esiste un veleno che fa manifestare contemporaneamente tutti e tre i sintomi…- bisbigliai. Poi, abbattuto, mi dissi – Senza conoscere il veleno, non posso sintetizzare un antidoto…-
“No, no… non è possibile… Ci dev’essere un’altra spiegazione…” sperai“ Insomma, perché avvelenare Watson?”
Osservai il mio riflesso sul ranvier di vetro e vidi in esso la risposta.
Lo sguardo di Watson si posò sulla busta a terra.
In quell’istante, notai che non aveva indirizzo né mittente. Era bianca.
Molti pensieri mi si profilarono nella mente…
La afferrai e la aprii senza tante cerimonie.
 
Egregio Sherlock Holmes,
 
come avrà già intuito, la persona a lei più cara è stata messa in pericolo di vita dal sottoscritto.
Il veleno che scorre nelle vene del dottore ha un solo antidoto, e questa sostanza è in mio possesso.
Se scoprirà la mia identità prima della morte del suddetto medico, le consegnerò il rimedio.
Altrimenti, se John Watson sarà cadavere prima della conclusione della sua indagine, saprò che lei, signor Holmes, non è un avversario degno di misurarsi contro di me.
 
Con la speranza di vederla presto,
ossequi.
 
Sospirai, chiudendo gli occhi.
“Diabolico.” concretizzai.
La lettera era stata vergata su carta comune e inchiostro reperibile da un uomo colto e sicuro di sé. Il tono e la scrittura non davano adito a dubbi.
Non riuscii a dedurre altro.
Vidi Watson reclinare la testa sul cuscino.
Gli asciugai il sudore e gli portai dell’acqua.
Altro non potevo somministrargli.
Non conoscendo il veleno, non potevo rischiare di aggravare la sua situazione…
Mi si strinse il cuore a vederlo in quello stato. Per causa mia.
- Ora vado a cercare un dottore… Poi, devo trovare chi l’ha ridotta in questo stato…- gli annunciai.
- Non ci provi… Holmes… Non voglio nessun dottore…- mormorò, ansante.
- Le ho già detto che non deve fare il bambino…-
Sentii la porta di casa aprirsi.
Mi alzai dalla poltrona, facendola cigolare.
- Mr. Holmes, è lei? O è il dottor Watson?- chiese la nanny.
Lanciai uno sguardo al medico sofferente.
- Mi… mi accudirà Mrs. Hudson.- disse Watson.
- Io…-
- No, Holmes…- ribatté, con uno sforzo – Vada a spaccare il muso a quel… cane che mi ha conciato così…-
Mi chinai su di lui. – Lei guarirà…- affermai.
Watson si limitò ad annuire.

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Capitolo 4
*** Poison maker ***


Un veleno in piccole dosi poteva manifestarsi subito ma agire dopo alcune ore.
Appigliandomi a questa illusione, iniziai ad investigare.
Non avevo elementi concreti a cui appigliarmi per scoprire l’identità del mandante dell’avvelenamento di Watson.
Eppure, dovevo agire in fretta.
La persona che aveva urtato Watson, provocandogli la ferita al braccio, si era subito mescolata tra la folla ed io non avevo nemmeno avuto il tempo di scorgere il suo viso.
“Primo buco nell’acqua.”
L’uomo che aveva scritto la lettera dalla busta immacolata era istruito. Quindi, avrebbe potuto sintetizzare il veleno lui stesso.
Ma, se l’uomo in questione non fosse stato un chimico?
Allora, per non avere problemi, si sarebbe potuto rivolgere ad un esperto nel settore.
Con questo pensiero, tirai la maniglia dello studiolo dell’erborista Heigs.
Non appena feci il mio ingresso, l’anziano si schermò:- Mr. Holmes… Io… Ehm, è un piacere vederla…
- Mr. Heigs, non ho tempo, quindi arriverò subito al dunque: ha fabbricato per qualcuno una sostanza con un solo antidoto che dà come primi segni su chi viene somministrata tremore, sudorazione e pallore, uniti a difficoltà respiratorie?-
- Tutti questi sintomi? No…-
Battei un pugno sul bancone. Il rumore rimbombò nell’ambiente.
- Non menta.-
- Io le sto dicendo la verità, lo giuro!-
I suoi occhi non mi fecero dubitare.
- Ma esiste un veleno simile? Si può ottenere?- gli chiesi.
- Sì… Certamente. Vi sono anche piante non velenose che danno quelle manifestazioni sul corpo di chi le ha assunte…-
Sospirai, abbattuto.
Se Watson non mi avesse tagliato il sol dello Stradivari, non mi sarei mai recato a Greek Street… E il dottore non sarebbe venuto con me… Ed ora, sarebbe ancora in piena salute.
Oh, i casi funesti della vita!
- Lei sa bene, Mr. Holmes che non posso realizzare un contravveleno basandomi solo su dei sintomi…- riprese Heigs - Perdipiù, mi ha detto che il veleno, se è sicuro che sia tale, ha una sola possibilità di antidoto…-
Estrassi dalla tasca la lettera, inclinandola, e la rilessi alla luce artificiale.
La inclinai dalla parte opposta e uno strano fenomeno di texture si manifestò al di sotto della scrittura.
“La lettera è stata vergata su una superficie a trama rettangolare…”
Una superficie che ben conoscevo.
Una teoria si fece strada nella mia mente…
Senza aggiungere una parola, uscii dallo stabile, dirigendomi a Downing Street, stropicciandomi tra le mani la lettera.

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Capitolo 5
*** Happy birthday!? ***


 Se Watson non mi avesse tagliato il sol dello Stradivari, non mi sarei mai recato a Greek Street…
Vi sono anche piante non velenose che danno quelle manifestazioni sul corpo di chi le ha assunte…
La lettera è stata vergata su una superficie a trama rettangolare…
Scossi la testa, irato.
Il Big Ben fece risuonare i suoi nove rintocchi in tutta la città.
Decisi, così, di non andare a piedi.
Fermai un landau a Kengsinton Garden, ordinando al vetturino di dirigersi al numero 13 di Downing Street.
 
Bussai alla porta.
Attesi, nella gelida serata londinese.
Mio fratello, in tutta la sua mole, spalancò l’uscio.
Mi sorrise:- Vieni dentro, Sherlock… Ti stavo aspettando.-
- Non ne dubitavo.- dissi in un soffio, entrando nel salottino, dove Mycroft si adagiò pesantemente in poltrona.
Mi indicò la sedia di fronte a sé, ma rifiutai.
- Tu, Mycroft Holmes, sei il mandante dell’avvelenamento di Watson. Beh, se di avvelenamento si può parlare.-
Mio fratello maggiore inarcò le sopracciglia.
- Hai scritto la lettera di sfida proprio sopra la tua cartelletta dei documenti, che è in dotazione unica governativa… Quando hai premuto il pennino sulla carta, è rimasta su di essa la trama della superficie sottostante. Ma immagino che tu l’abbia fatto apposta.-
Le labbra di mio fratello si distesero in un sorriso.
- Non c’è stato alcun tentato omicidio ai danni di Watson, perché quel graffio che un tuo complice ha provocato sul braccio del mio coinquilino era perfettamente innocuo. Watson non ha alcun veleno nel suo sangue.-
- Come fai ad affermare questo, Sherlock?-
- Perché Watson mi ha tagliato apposta ieri sera la corda del violino, in modo che io, il giorno seguente, e cioè oggi, mi recassi a Greek Street, dal negozio di musica. Infatti, in quel punto, dovevate inscenare il tutto...-
Mycroft ridacchiò.
- Watson non ha bevuto il tè, alle cinque… Mi ha detto che non ne aveva voglia. Ma nessun inglese che si rispetti rifiuta una tazza di tè alle cinque. Doveva avere un motivo più valido.
Lui non è che non voleva. Lui non poteva.
Aveva, infatti, preso un decotto a base di innocue erbe che gli avrebbe provocato, di lì a poco, i sintomi dell’inesistente veleno.
Scommetto che glielo ha preparato, su esplicita richiesta di Watson, Mrs.Hudson. La nanny conosce bene le erbe ed i tempi d’effetto.
I sintomi dovevano manifestarsi alle sei in punto, all’ora concordata dell’aggressione.
Così, Watson ha bevuto l’intruglio in un istante preciso, affinché tutto quadrasse.-
- E secondo te, fratellino, perché avremmo dovuto fare tutto questo?-
Aprii la bocca, ma non emisi alcun suono.
- Allora?- mi incalzò Mycroft.
- Non ho ancora una precisa teoria su questo punto, ammetto…-
- Ti aiuto io, Sherlock. Watson è persino venuto a trovarmi qui, per chiedermi di inscenare il tutto…-
- Continuo a non capire…- mormorai.
- Oh, andiamo, fratellino! Non ti viene davvero in mente nulla?-
Scossi la testa, cupo.
Mycroft sospirò:- Ti volevamo attirare qui…-
- E perché mai?-
Mycroft battè le mani.
In quel mentre, le porte del salone si aprirono.
Un centinaio di persone, tutte lì radunate, gridò in coro:- Buon compleanno, Sherlock Holmes!
Come in preda a un tic, la mia bocca si storse leggermente.
Rimasi immobile.
Watson sbucò dalla mischia, con un sorriso raggiante.
Mi si avvicinò.
Con uno scatto fulmineo, gli menai un gancio destro al volto.
Tenendosi il naso dolorante, Watson iniziò a parlare con ardore:- Holmes, ma che…
- Buon compleanno!?- gli dissi, irato.
Watson annuì:- Volevo metterla un po’ in difficoltà… Ma il pugno era proprio necessario?-
- In difficoltà?- dissi in un soffio – Mi ha fatto preoccupare a morte, Watson…-
- Allora sono riuscito nell’intento. Beh, da solo lei mi avrebbe scoperto… Ma lo ammetta: potrei fare l’attore, vero?-
Con rabbia gli dissi:- La sua pessima recitazione è stata mascherata dalla mia apprensione per il suo stato di salute, Watson!-
Fu stappata una bottiglia di vin freche, e, in quel momento, la festa partì.
- Perché ha fatto… questo?- gli domandai, indicando gli invitati, tra cui scorsi Clarkie, Lestrade e numerosi miei clienti.
- Perché volevo fargliela pagare, visto che l’ultima volta che ho organizzato qualcosa con lei, proprio lei, Holmes, l’ha rovinata.- disse semplicemente.
- A quale si riferisce, in particolare?- gli chiesi.
- Alla cena al Royal, Holmes… Quella in cui lei ha fatto deduzioni inopportune sulla mia fidanzata Mary…-
Mi schiarii la voce:- Le ha già chiesto la mano?
- Non ancora…-
- Tecnicamente, quindi, non è la sua fidanzata…-
- Ci sposeremo, Holmes… E sarà invitato anche alla nostra festa.-
- Alle nozze? Beh, penso che lei e Mycroft dovrete organizzare qualcos’altro del genere per riuscire a trascinarmici…-

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