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Migliaia di fiori gialli che si voltavano a guardare il
sole. Migliaia di esseri senza mente che amavano essere baciati dalla luce di
quella sfera incandescente. Erano gialli, come il sole. Erano grandi, erano
alti, erano belli. La facevano sentire piccola, la proteggevano.Una ragazza dai capelli castani stava
distesa, immobile, riparata da quegli steli verdi alti quasi quanto lei. I
raggi del sole non riuscivano a penetrare oltre quei fiori, non riuscivano a sfiorare
la sua pelle. Lei era lì, al fresco, nonostante il caldo terrificante. Sì,
faceva caldo, ma lei non lo sentiva.
Era tutto diverso in quel campo di girasoli. Si sentiva come
in trance, come se la sua anima si fosse liberata dal peso inutile del corpo e
da quello ben più gravoso della stanchezza. Era libera da tutto. Nessuno
avrebbe mai potuto trovarla. Se non ci riusciva nemmeno il sole da lassù, come
avrebbe potuto il resto del mondo scovare il suo nascondiglio? Aprì gli occhi
azzurri, come a voler confermare di essere ancora viva. Si sentiva troppo
leggera per essere davvero ancora viva.Ma attorno a lei tutto era reale. Respirò l’aria a pieni polmoni. Anche
quella era reale: era ancora viva.
Ma chi era, lei? Non ricordava il suo nome. Non sapeva cosa
ci facesse lì, né da dove venisse. Chi era lei? Si sentiva una bambina ancora
troppo piccola per capire appieno il mondo là fuori, ma già troppo grande da avere
qualcosa da ricordare. Che strana sensazione. Alzò leggermente il capo, per
guardarsi attorno. Per guardare il suo corpo, per vedere chi era. Le mani erano
troppo forti per essere quelle di una bambina, il seno troppo sviluppato, le
gambe troppo lunghe. Quel camice bianco che portava era troppo grande per poter
contenere il corpo di una bambina. No, lei era una ragazza. Era se stessa, in
un mondo in cui nessuno avrebbe potuto nuocerle. Stava sdraiata sul terreno
morbido di un campo di girasoli, dove non esistevano né dolore né sofferenza.
Avrebbe potuto vivere, finalmente, vivere come se stessa.
Una gioia che qualcuno le aveva negato, un dolore che lei si era imposta da
sola. Ma non ricordava nulla del suo passato. Sapeva solo una cosa: non aveva
intenzione di ricordarsi nulla. Andava bene così. Chiuse di nuovo gli occhi,
per riperdersi nel mare incantato di pensieri senza alcun senso. Il cielo era
sereno, non si sentiva nulla…
Poi, all’improvviso, un frastuono. Un botto forte, sordo. Un
rumore capace di fracassare i timpani.
Ai Haibara si svegliò di colpo,
alzandosi a sedere, e il contraccolpo le fece quasi perdere l’equilibrio.
Riuscì a stento a non cadere dalla sgabello su cui era seduta. Si stropicciò
gli occhi, cercando di tornare alla realtà. Aveva solo sognato. Che stupida,
aveva creduto di poter dimenticare tutto.
Di poter dimenticare di chiamarsi ShihoMiyano. Di poter dimenticare che le sue capacità
intellettive al di sopra della media in ambito scientifico l’avevano portata a
lavorare per l’Organizzazione, a continuare il progetto intrapreso dai suoi
genitori. Di poter dimenticare il suo nome in codice, Sherry. Di poter
dimenticare la morte di sua sorella. Di poter dimenticare quella paura che si
era impossessata di lei quando aveva capito di essere davanti a morte certa. Di
poter dimenticare di aver ingerito l’APTX4869, nel tentativo di salvarsi. Di
poter dimenticare di avercela fatta. Di poter dimenticare di essere una bambina
dal nome di Ai Haibara. Infine, di poter dimenticare
che i suoi veleni avevano ucciso chissà quante persone. E stavano per uccidere
anche quello che ora era il suo migliore amico.
Ma in fondo, anche credendo di potercela fare, non avrebbe
potuto dimenticare un bel niente. Nel suo sogno indossava un camice bianco,
proprio come allora. Era stato così bello, almeno per qualche momento, non
avere pensieri in testa. Sentirsi libera e sicura.Accidenti! Era come credere di essere Jekyll e risvegliarsi Hyde. Che
terribile sensazione: la portava ad odiare se stessa con tutte le sue forze.
Lasciò che i pensierisfilassero via dalla sua mente. Saltò giù dallo sgabello, troppo alto
per una bambina della sua età. Il computer continuava a borbottare con quel suo
strano rumore meccanico, lamentandosi per essere acceso da troppo tempo.Ma Ai non poteva ancora spegnerlo: doveva
controllare gli ultimi dati, avere le ultime conferme. Poi, forse, sarebbe
tutto finito.
Salì le scale del laboratorio e arrivò in casa del dottor Agasa. Era ancora notte, le lancette segnavano le tre e
mezza. Ricordava di essere ancora sveglia alle due e mezza. Aveva dormito poco
meno di un’ora, me le sembrava di essersi trovata in quel campo di girasoli per
più di un giorno.
Il rumore che l’aveva svegliata era stato il boato di un
tuono. Fuori, per la strada, pioveva a dirotto su una Tokyo non del tutto
addormentata. Aveva mal di testa, un fortissimo mal di testa. Avrebbe voluto
dormire, ma sapeva che quello non era il momento adatto. Le mancava un passo,
un solo piccolo passettino, per raggiungere il suo scopo: completare l’antidoto
dell’APTX4869. Il nuovo farmaco era stato creato, doveva solo controllare
alcuni dati. Quella doveva essere la volta buona, ma non ne avrebbe avuto la
sicurezza finché la pillola non fosse stata provata. Qualcuno doveva correre il
rischio, doveva ingerire quella capsula per controllarne l’effetto.
Farmaco. Farmakòn, la parola
greca. Due significati: medicina, veleno.
Il confine che separava questi due concetti era talmente
sottile che Ai, o meglio Shiho, l’aveva oltrepassato
diverse volte. E aveva imparato a temerlo. Non avrebbe permesso che qualcun
altro rischiasse di nuovo la vita per le sue invenzioni. Avrebbe dovuto provarlo
lei, quella volta.
Scese di nuovo nel laboratorio. Controllò gli ultimi dati:
tutto sembrava combaciare. Poi, finalmente, spense il computer, caldo per il
troppo sforzo. Si fermò per qualche attimo, mentre guardava la capsula che
stringeva fra le mani.
Cosa avrebbe dovuto fare? Provarla, forse? Le possibilità
erano due: morire o tornare ad essere Shiho, questa
volta, forse, per sempre. Ma era quello che voleva? Non era forse meglio
continuare a vivere così, come una bambina, sforzandosi di dimenticare il
passato, provare a rifarsi una vita? Avrebbe potuto crescere di nuovo ,questa
volta come una ragazza normale. Diventare amica di Ayumi,
andare a fare compre con lei, studiare insieme nei pomeriggi freddi d’inverno,
parlare dei rispettivi fidanzati. Avrebbe potuto chiudere a chiave quel
laboratorio e crescere come una ragazza normale.
Ma c’era un problema. Non era da sola. C’era Conan, o meglio
Shinichi, che lei
aveva fatto diventare Conan. Era sicura che, appena fosse venuto a conoscenza
di quella nuova pillola, di quell’antidoto forse definito, Conan non avrebbe
sentito ragioni: avrebbe desidera rato provarla a tuttii costi. E poteva fargli correre il rischio
di morire, per la seconda volta?
No, non poteva. Doveva provarlo lei, doveva sacrificare i
suoi sogni. In fondo, era abituata a farlo. Guardò di nuovo l’ora. Doveva
andare a dormire, il giorno seguente doveva andare a scuola con Conan e gli
altri.
-A questa maledetta pillola penserò più avanti, domani, a
mente fresca.-
Aveva un’unica certezza. Finché non avesse preso una
decisione, Conan non avrebbe dovuto sapere nulla di quella storia. In fondo, Shinichi aveva aspettato per tanto tempo: avrebbe potuto
attendere anche qualche altro giorno.
Ripose la capsula in una scatoletta di plastica, vi scrisse
sopra “Anti-APTX n 127, definitivo, da provare”.
127. Erano stati tutti i suoi tentavi per riuscire a creare
quella concentrazione di pura follia. Aveva oltrepassato le colonne d’Ercole,
si era spinta dove non avrebbe mai dovuto spingersi. Era riuscita a modificare
il corso di una vita.
Ripose in un cassetto la scatoletta, spense la luce e salì
le scale. Buttò in tasca la chiave del
laboratorio, dopo essersi assicurata che fosse ben chiuso, e si avviò a
dormire. Nessuno doveva entrare lì finché non si fosse decisa a ingerire l’anti-APTX n. 127.
Ciao a
tutti!!
Prima di
tutto, vi ringrazio per aver letto il primo capitolo della mia storia! Spero
continuiate a seguirmi =)
Poi,
qualche piccola direttiva: la storia è ambientata quando Akai
è ancora vivo, ma l’FBI è già a conoscenza del fatto che Kir
è in realtà una spia della CIA. Nel corso della fan fiction compariranno
praticamente tutti i personaggi principali, quindi non temete, ce n’è per
tutti!!=)
La fanfic è stata scritta a settembre, quindi è già pronta sul
mio pc.. aggiornerò il prima possibile, non appena lo
studio mi lascerà un po’ di tempo per ricontrollare singolarmente i vari
capitoli! Tra le fic che ho scritto questa è in assoluto
la mia preferita.. quindi, che dire.. spero abbiate la pazienza di seguirmi e
di leggere fino alla fine!!
Grazie a
tutti! Se avete ancora qualche minuto, mi piacerebbe leggere molto un vostro
commento, per sapere il vostro parere sull’inizio!!
Non riuscì a chiudere occhio. La sua piccola manina sudata
stringeva forte la chiave del laboratorio. Cosa doveva fare? Era la domanda che
si era posta almeno dieci volte da due ore a quella parte. Quando capì che
restare ancora a letto le risultava impossibile, si alzò. Teneva cha chiave
come ciondolo di una collanina. La voleva sempre con sé.
Scese in cucina e aprì il frigo. Avrebbe voluto bere
qualcosa di forte, per potersi nuovamente estraniare dal mondo che le girava
vorticosamente intorno:quel mondo che
correva forte e non si preoccupava minimente di lasciarla indietro. Sì, avrebbe
voluto bere qualcosa di forte. Ma ogni nome di un alcolico le ricordava gli
uomini dell’Organizzazione.
Avrebbe potuto bere Gin? No, sarebbe stato come iniettarsi
il veleno in corpo. Vodka? No, era troppo grosso per essere digerito.
Sorrise nella penombra della stanza. Cosa andava a pensare?
Forse avrebbe dovuto bere un po’ di Sherry per tornare in sé.
Che battuta pessima. La mancanza di sonno le aveva tolto
ogni capacità di ragionamento. Vide, in fondo al frigo, una bottiglietta di
birra. Non c’era nessun membro dell’Organizzazione che si chiamava “Birra”.
Quella avrebbe potuto berla. La prese in mano, per poi riporla subito dopo al
suo posto. Cosa stava facendo? Una bambina come lei rischiava di ubriacarsi in
due minuti per un solo bicchiere. E di certo, non avrebbe potuto recarsi a
scuola ubriaca fradicia.
Erano solo le sei. Aveva ancora un’ora per rimanere in pace
con se stessa.
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Conan scese le scale di corsa, seguito da Ran. Quel giorno aveva fatto davvero tardi. Tutta colpa di Goro che aveva impedito loro di dormire, trasformandosi
come al solito in un trombone mentre dormiva. Non ce la faceva più a sentire Goro russare ogni santa notte: nemmeno le porte chiuse
riuscivano a fermare quel rumore infernale. Quanto rimpiangeva la sua vecchia
vita.
-Ai, ti prego, sbrigati a trovare quel maledetto antidoto..-
Anche se, in realtà, c’era un problema che aveva iniziato a
porsi solo in quell’ultimo periodo. Che ne sarebbe stato di Conan, se lui fosse
tornato Shinichi? Quale scusa avrebbe dovuto
raccontare a Ran? O forse, sarebbe stato meglio
smetterla con tutte quelle bugie, e parlare sinceramente con la sua amica di
infanzia? Ci avrebbe pensato, ma solo una volta tornato grande. Per adesso, era
inutile porsi problemi che non sussistevano.
Per strada, trovarono Sonoko che
li aspettava. Continuava a camminare avanti e indietro, come innervosita. Poi,
appena li vide, sbottò: “Si può sapere che fine avevate fatto? Stavo per
andarmene!”
“Scusaci Sonoko, ma ci siamo
svegliati tardi, è stata una nottataccia.” Si affrettò a spiegare Ran.
Conan si guardò intorno. Dov’era Ai? Di solito passava
sempre a prenderlo, e si incamminavano insieme a scuola. Forse non stava tanto
bene. Guardò il cellulare, ma non c’era nessun messaggio. Che fosse successo
qualcosa?, si chiese improvvisamente.
Ma no, cosa andava a pensare. Di certo si era stufata di
aspettare ed era andata avanti da sola.
La trovò davanti a scuola, insieme ad Ayumi
e agli altri.
“Conan, sei in ritardo! Muoviti!” lo chiamò Genta, mentre oltrepassavano il cancello. Conan corse loro
incontro, salutandoli. Poi, il suo sguardo si spostò su Ai. La bambina sembrava
stanca, profonde occhiaie scure le solcavano il viso. Aveva lo sguardo velato
da un leggero senso di malinconia e camminava a testa bassa. Era di poche
parole, ma di quello non c’era da stupirsi.
“Dormito male anche tu, eh?” le disse Conan, mentre
entravano in classe e si sedevano vicini.
Ai non rispose. Si limitò a prendere il libro dalla cartella
e a aprirlo. Poi, appoggiando il gomito sul banco e il mento sulla mano, si
lasciò andare in un sospiro.
-Impassibile come al solito.- pensò Conan, sorridendo. Ai
era senza dubbio la ragazza più strana che avesse mai conosciuto. Anche se, in
realtà, l’aveva conosciuta solo come bambina. Non l’aveva mai vista come Shiho, tranne una volta. Ne aveva solo sentito la voce
quella volta all’hotel, mentre era impegnato in una lotta contro il tempo per fermare
Gin e Vodka. Lei, invece, aveva avuto l’occasione di vederlo come era davvero,
come Shinichi, quella volta alla recita. Aveva avuto
l’occasione di parlargli in tutta tranquillità. Chissà com’era la vera Ai.. ma
cosa andava a pensare? Doveva finire di completare l’esercizio per casa, che
lui non aveva fatto. Prese il libro di matematica e cercò la pagina.
Vide il libro di Ai scivolare sul suo banco.
“Copialo pure, se vuoi.” Gli disse lei, con voce fredda,
senza guardarlo.
“Grazie, ma sarebbe preoccupante se non riuscissi a farlo da
solo.” Disse ridendo, e iniziando a scrivere.
Non ottenne risposta. In attesa che entrasse la maestra, Ai
aveva appoggiato la testa sul banco e chiuso gli occhi. Sembrava davvero molto
stanca. Conan pensò di porle quella domanda che gli gironzolava in testa da
molto tempo.
“Ai..”
“Che c’è?” chiese lei, senza muoversi di un millimetro.
“Come procedono le ricerche sull’antidoto?”
Colpita al cuore. Ai spalancò gli occhi all’improvviso,
mettendosi a sedere. Non si aspettava quella domanda così diretta proprio in
quel momento. Che Conan avesse fiutato qualcosa?
“Come al solito.” Mentì.
“Stai bene, Ai? Mi sembri strana. Oggi non mi hai nemmeno
aspettato. Non sarà successo qualcosa, vero?”
Conan divenne sospettoso. Aveva capito che qualcosa
preoccupava la mente della bambina. E, nella sua spropositata curiosità di
detective, curiosità che spesso rischiava di tramutarsi in indiscrezione, era
deciso a scoprirlo.
“Cosa vuoi che sia successo? Eri in ritardo, e sono andata
avanti. Pensavo non venissi a scuola, oggi.”
Si sforzò di sorridere, per smorzare i sospetti dell’amico.
Non doveva venire a conoscenza di nulla, non ancora. Era ancora troppo presto,
lei era ancora troppo confusa. Si riprese il suo libro, mentre la maestra
entrava in classe e i bambini si alzavano in piedi per salutarla.
Ai si girò un attimo e incrociò lo sguardo di Conan. No, non
era lo sguardo di un bambino, non era lo sguardo di Conan. Era lo sguardo di Shinichi, che la fissava con due occhi imperscrutabili.
Ritornò a concentrarsi sul libro. In cuor suo, sapeva di non
averlo convito.
Salve a
tutti =) per prima cosa, mi scuso per il ritardo! Ma è stata una settimana
orribile, piena di compiti e interrogazioni!! Comunque sia, per prima cosa
voglio ringraziare RanMouri, izumi_curtis e Kishra per le
loro recensioni =) siete state davvero gentili!! Grazie anche a floravik e Lilla95 che hanno la storia tra le
ricordate.. e sempre Lilla95 e izumi_ curtis e Sweet96 e infernapenergy per avere la storia tra le seguite!
In una
delle recensioni mi è stato fatto notare che spesso lascio spazi tra le varie
frasi, anche dove non dovrebbero esserci.. il problema è che Word me li dà
automaticamente =( spero non vi dia troppo fastidio.. in caso contrario,
ditemelo e vedrò di rimediare!!
Dal
prossimo capitolo la storia entrerà più nel vivo! Aggiornerò il prima possibile=)
Uscirono da scuola e si incamminarono verso casa. Quel
giorno Genta, Mitsuhiko e Ayumi non li avrebbero accompagnati, volevano assolutamente
fare un salto al nuovo supermercato lì vicino, che vendeva caramelle
buonissime. Dal momento che Ai aveva deciso di non andare e tornare invece a
casa, Conan l’aveva seguita.
Accidenti, e lei che sperava di evitare un confronto diretto
a due. Non era facile mentire a un detective intelligente come Shinichi: per quanto ancora ci sarebbe riuscita? Cercava di
evitare il suo sguardo e, soprattutto, l’argomento APTX.
“Come mai non sei voluta rimanere con gli altri?”
“Non ne avevo voglia. Non mi piacciono le caramelle. Tu
perché non sei rimasto?” rispose sinceramente.
“Le caramelle non piacciono neanche a me.” Disse lui,
ridacchiando.
Che stupido. Credeva forse che lei ci sarebbe cascata? Non
era una bambina e sapeva capire quando le persone mentivano. Aveva imparato a
capirlo, avendo vissuto per tanti anni con gente che non sapeva dire altro che
bugie. Rimasero in silenzio per qualche minuto.
“Per mercoledì dobbiamo fare una ricerca su un animale a
nostra scelta. Ti va se la facciamo insieme, domani pomeriggio?” chiese Conan,
con tono del tutto innocente.
-Quando esagera con il tono da bambino, vuol dire che c’è
sotto qualcosa.- pensò Ai, prima di rispondere.
“Va bene. Vengo da te e la facciamo insieme.”
Conan si fermò: “No, vengo io dal dottor Agasa,
come al solito..”
Ai non lo degnò di uno sguardo: “Come vuoi.”
Furono interrotti da una voce che li chiamava. Si voltarono,
e videro Ran che arrivava di corsa.
“Ciao! Tutto bene?” chiese. Era raggiante quel giorno. Conan
la guardò: quant’era carina la sua Ran..
I due bambini annuirono, e continuarono a camminare. Poi,
Conan guardò l’ora.
“Oh accidenti! Non credevo fosse già così tardi! Heiji mi ha raccomandato di vedere un programma in
televisione che inizia tra poco.. vi precedo, devo scappare!”
esclamò,inventando la prima scusa che gli venne in mente.Salutò le due e partì di corsa come un fulmine.La destinazione era la casa del dottor Agasa. Se Ai continuava a camminare con quel passo lento,
sarebbe arrivata almeno mezz’ora dopo di lui. La domanda che aveva fatto prima
ad Ai non era stata casuale. Se la bambina voleva tenerlo lontano da quella
casa, voleva dire che in quella casa era nascosto qualcosa che lui non doveva
vedere. E c’era un unico posto dove Ai poteva nascondere qualcosa di suo: il
laboratorio. Il dottor Agasa aveva di sicuro la
chiave: presto i suoi dubbi sarebbero stati chiariti.
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Ai aveva intuito che c’era qualcosa di strano nel
comportamento di Conan. E sapeva anche che, con tutta probabilità, era diretto
alla casa del dottor Agasa. Ma questa volta lei aveva
giocato d’anticipo. Mise la mano in tasca, e tastò la seconda chiave del
laboratorio, quella che aveva di nascosto sottratto ad Agasa.
Non era un furto, il suo. Solo, non le piaceva che qualcuno ficcasse il naso
fra le sue cose. Continuava a camminare lentamente. Non aveva alcun senso cercare
di precedere Conan: lo avrebbe trovato seduto sul divano ad aspettarla, come se
niente fosse.
Ran camminava accanto a lei,
guardandola di tanto in tanto. Com’era strana quella bambina. A dir la verità,
non sembrava nemmeno una bambina, un po’ come Conan. Entrambi sembravano più
grandi della loro età, spesso parlavano come due adulti. Non a caso erano così
amici. Un po’, le ricordavano lei e Shinichi, da
piccoli. Sorrise guardando quella ragazzina dai capelli castano chiaro.
“Che c’è?” chiese Ai, accorgendosi della strana espressione
di Ran. Cercò di far suonare la sua voce come dolce.
Voleva bene a quella ragazza: le doveva la vita.
“Mi è venuto in mente uno strano pensiero.”
Ai inarcò le sopracciglia. Uno strano pensiero? Che Ran nutrisse dei sospetti sulla vera identità di Conan?
“Di che si tratta?”
“Beh..” iniziò Ran, “tu e Conan mi
ricordate molto me e Shinichi da piccoli. Siete
sempre insieme, lo passi a prendere ogni giorno..”
Ai sorrise. In altre circostanze, forse, avrebbe riso
davanti a quell’affermazione così buffa. Ma in quel momento non aveva voglia di
ridere.
“E’ strano, sai.” Le sfuggì.
“Perché dici così?” chiese Ran,
stupita da quella risposta enigmatica.
“No, niente. Ti manca tanto Shinichi?”
le chiese, guardandola dritta negli occhi.
Ran rimase un attimo interdetta.
Quella bambina sembrava così matura, non rideva quasi mai e parlava come se
fosse una sua coetanea. Che senso aveva mentire? Tanto valeva confidarsi.
“Sì, mi manca. Mi manca tantissimo. Ogni sera prima di
addormentarmi penso a lui, spero di rivederlo la mattina successiva. Di
svegliarmi, di dire che è stato solo un brutto sogno. E ogni mattina, quando
esco di casa e vedo Sonoko salutarmi, capisco che non
è un sogno. Capisco che è la mia vita, che Shinichi
non c’è. Dove sarà finito? Quando torna resta con me per così breve tempo, e
poi sparisce di nuovo. Spero non gli accada niente di brutto.. e così curioso
che rischia sempre di ficcarsi nei guai.”
Si asciugò una lacrima: finiva sempre per piangere. Anche
lei, ogni tanto, aveva bisogno di sfogarsi. E non importava chi avesse davanti.
Doveva sfogarsi e basta.
Ai la stava guardando con un due occhi impregnati di
tenerezza, che si facevano sempre più lucidi. Non proferì parola.Si fermarono tutte e due, erano arrivate
davanti alla casa di Ran. La ragazza si chinò e diede
un bacio sulla fronte alla bambina.
“Perdonami se ti ho fatto rattristare.” Le disse piano,porgendole un fazzoletto.
Ai non era triste. Non era tristezza quella che provava in
fondo al suo cuore. Era compassione, mista a pietà. Per Ran
e per se stessa. Uno schiacciante senso di colpa si impossessò di lei. Lei
aveva tolto Shinichi a Ran.
Lei la stava facendo soffrire da un anno a questa parte. Lei, solo lei era la
responsabile di tutto.
“Lo ami tanto, vero?”
“Sì.” Disse Ran, abbassando lo
sguardo.
Ai la abbracciò forte. Poteva rimediare a tutto questo.
Poteva ridare il sorriso a Ran. Poteva compiere
un’azione buona, almeno una volta nella vita essere utile agli altri. Ran aveva messo in pericolo la sua vita per salvarla. Ora
toccava a lei: avrebbe provato quel farmaco su se stessa. Avrebbe messo al
rischio la sua vita, ne valeva la pena.
“Shinichi tornerà presto, vedrai.
Ti voglio bene, Ran. Per me sei come una sorella.”
Già, come sua sorella Akemi.
Quanto le mancava.
Ran, stupita, la abbracciò a sua
volta. Ai sembrava impassibile, ma in realtà era così fragile. Mentre la
stringeva a sè, le sembrava di poterla spezzare con
un dito. Che strana, quella bambina. Eppure, nonostante la sua corazza
esteriore di freddezza, Ran la vedeva in tutta la sua
bontà. Era una bambina piccola e dolce, desiderosa solo di affetto.
“Lo spero tanto, Ai. Ti voglio bene anche io.”
Si salutarono e Ai si allontanò a passo svelto, diretta
verso casa. Aveva preso la sua decisione. Avrebbe provato su di lei l’antidoto.
Lo doveva a quella ragazza bruna e dagli occhi azzurri che, davanti all’agenzia
investigativa Mouri, la stava salutando agitando la
mano in aria.
Si girò a salutarla un’ultima volta e poi, iniziò a correre.
Arrivò dopo qualche minuto alla casa del dottor Agasa.
Entrò, certa di incontrare Conan. Ma lui non c’era, non era sul divano. Sentiva
il getto di una doccia provenire dal bagno: ecco dov’era finito Agasa. Lasciò lo zaino per terra e si incamminò verso il
laboratorio. Scese le scale,e per poco
non cadde dall’ultimo gradino quando vide che la porta era aperta. Chi c’era? E
come aveva fatto ad entrare? Mosse esitante qualche passo e oltrepassò la porta
spalancata.
Sul tavolo c’era la scatola che aveva risposto nel cassetto
quella notte. Vi si leggeva a chiare lettere: “Anti-APTX4869, definitivo, da
provare”.Dentro, c’era ancora la
capsula. Poi, il suo sguardo si spostò dal tavolo alla figura che sedeva sullo
sgabello. Un bambino la stava fissando con due occhi infuocati.
No, non era lo sguardo di Conan quello che la stava
fulminando in quel momento. Era lo sguardo di Shinichi.
Di nuovo, per la seconda volta in quella giornata. E quella volta, il detective
sembrava infuriato mentre, con il dito indice della mano destra, indicava la
scatoletta poggiata accanto al computer.
Ciao cari
lettori/lettrici!!
Come
procedono i vostri preparativi per il Natale?? Io come al solito sono indietro
con i regali.. beh, non penso che la cosa vi interessi, quindi passiamo oltre!
Che ve ne
pare del capitolo? Questa è la vera Ai secondo me: fredda e impassibile, tenera
e dolce, capace di commuoversi e provare pietà.. spero di aver colto nel
segno!! =)
Passiamo
poi ai ringraziamenti!! Per aver recensito, ringrazio shinichi e ran amore, izumi_curtis,
infernapenergy, floravik,
anger, Kishra. Grazie graziegrazie e ancora grazie! Le vostre recensioni mi hanno
fatto davvero molto piacere!! Ancora grazie a shinichi e ran amore che ha la storia tra le
preferite!!
Tutto quello che Conan Edogawa si
aspettava era una semplice spiegazione. Cosa ci faceva lì l’antidoto definito
contro l’APTX? E perché lui non ne era a conoscenza?
Ai lo guardava con due occhi spaventati. Occhi che vedevano le
mani del piccolo detective stringersi a pugno, tremanti di rabbia e ansia.
Certo, lui voleva sapere. E allora avrebbe saputo. Quando aprì bocca per
parlare, sentì un vuoto enorme dentro di sé. Stava scrivendo la sua condanna:
stava per perderlo.
Una chiave era ancora incastrata nella serratura della
porta. Ai sorrise malinconica. Avrebbe dovuto immaginare che il dottor Agasa avesse una chiave di riserva.
“Lasciami spiegare.” Disse alla fine, con un filo di voce.
“Spiegare? E’ il minimo che tu possa fare! Si può sapere
perché non mi hai detto nulla? Mi hai mentito oggi, quando ti ho chiesto se..”
“Lasciami spiegare, ho detto!” urlò Ai, alzando lo sguardo e
fissandolo faccia a faccia.
Conan si calmò, stupito dalla reazione della bambina. Era
arrabbiata, forse?
“Parla, allora.” Le disse, sedendosi sullo sgabello.
Ai sospirò, prima di iniziare a parlare:
“Questa notte ho completato quello che dovrebbe essere
l’antidoto definitivo contro l’APTX. Come sai, però, quando si tratta di questi
farmaci bisogna andarci cauti. Questa capsula potrebbe rivelarsi una medicina o
un veleno, proprio come l’APTX. Non posso permettere che tu la ingerisca per
primo, rischiando la vita. Dato che il veleno non ci ha uccisi, ma ha avuto su
entrambi lo stesso effetto, anche l’antidoto dovrebbe funzionare allo stesso
modo. Per cui, lo ingerirò prima io. Se tornerò grande, allora potrai prenderlo
anche tu. Altrimenti..” le si spezzò la voce in gola.
Altrimenti niente. Altrimenti non ci sarebbe stato più
nulla. Ma cos’era che la spaventava di più? La morte o tornare ad essere Shiho? Sentì le lacrime salirle agli occhi. No, non voleva
piangere, non davanti a lui. Accidenti, non ora..
Abbassò lo sguardo e lasciò che i capelli le scivolassero
sugli occhi, per celare la piccola lacrima che le stava scorrendo sulla
guancia. Cos’era quella solitudine che la opprimeva da dentro?
Sentì due braccia che la stringevano. E in un attimo, non fu
più sola.
“Lo sai.” Le disse Conan.
“Cosa?”
“Che non ti lascerei mai fare una cosa del genere. Noi due siamo
amici.”
Ai si staccò dall’abbraccio del bambino. Alzò lo sguardo,
incurante del fatto che ormai le lacrime le scendevano senza più controllo.
“E’ per questo che non volevo dirtelo. Avevo intenzione di
preparare un’altra capsula questa notte, per te, e poi di ingerirne una. Se
anche io non avessi resistito, volevo lasciarti la scelta di tentare la sorte.
Solo che..”
“Solo che?”
“Non so se mi sento pronta. Non so se è tornare grande
quello che voglio. Ma oggi, parlando con Ran, ho
capito che è la soluzione migliore. Lei aspetta da così tanto tempo il tuo
ritorno, Shinichi.. mi sento un’egoista ad aspettare
oltre.Devo provare quella capsula.”
Si asciugò le lacrime con il dorso della mano, e sorrise,
cercando di apparire tranquilla.
Conan si sedette sullo sgabello, sorridendo a sua volta:
“Ora sei troppo stanca per prendere decisioni. Facciamo così: ti aiuto io a
preparare la seconda capsula, lo faremo insieme. Lasciami solo un minuto per
avvertire Ran.Poi, stasera, io mi porterò entrambe le pillole a casa, per evitare che
tu faccia sciocchezze. Domani, poi, decideremo con calma. Che ne dici?”
Ai annuì. Cos’era quella strana sensazione che sentiva in
fondo al suo cuore? Un misto di dolcezza e benessere, uno strano calore che
l’avvolgeva. Voleva bene a Conan. Sarebbe stato bello crescere insieme.. basta,
quello era solo un sogno, e lei non poteva permettersi di averne uno.
Si sedettero uno accanto all’altra, su due sgabelli,e
accesero il computer.
“Come hai fatto ad avere i dati che ti servivano?” le chiese
lui, stupito.
“Ho provato ad entrare nel database dove ero riuscita ad
accedere quella volta all’hotel, quando Pisco mi aveva rinchiusa in cantina. Ma
non esisteva più,mi risultava impossibile riuscire ad accedervi.. così, mi sono
rimboccata le maniche e ho lavorato da me, secondo quello che mi ricordavo e
basandomi sui precedenti antidoti.”
-Accipicchia- pensò Conan, leggermente stupito dalla
tranquillità con cui la sua amica stava raccontando –oltre
che una scienziata, è anche un hacker. Questa sì che è bella!-
“Che c’è, perché mi guardi in quel modo?” chiese lei,
notando che Conan la stava fissando, assorto.
“Niente, niente.” Si affrettò a rispondere con un sorriso
sulle labbra, “è solo che non ti avevo mai vista all’opera.”
Ai non lo degnò di uno sguardo. Era tornata quella di
sempre. Almeno all’apparenza, il suo momento di instabilità era terminato. Nel
frattempo, il dottor Agasa era venuto a far loro
visita.
“Questi sono i nuovi dati che hai elaborato, Ai?”chiese lo
scienziato, guardando lo schermo del computer pieno zeppo di parole e codici.
La bambina annuì.
“Ora seguite le mie istruzioni, e non fate niente che io non
vi dica di fare.”
Ai parlava come se fosse il capo. In effetti, in quel
momento lo era. Ma restava comunque buffa da guardare, così, in un corpo da
bambina. Lavorarono per il resto del pomeriggio, finché alla fine ottennero
un’altra capsula uguale alla precedente. Conan non aveva voluto lasciare da
sola la sua amica nemmeno per un attimo. Sapeva bene che dietro quella
imperturbabilità si nascondeva l’imprevedibilità più assoluta. Ai amava fare di
testa sua: era meglio controllarla.
Guardarono l’orologio: erano quasi le otto. Sul divano, il
dottor Agasa russava come solo pochi sapevano fare.
Conan e Ai si guardarono: accidenti, che lavoraccio! Erano sfiniti, avevano
lavorato tutto il pomeriggio. Una volta imparato come procedere, non era
difficile ricreare quel farmaco: la guida sicura di Ai aveva fatto il resto.
“Bene, dobbiamo solo controllare gli ultimi dati e poi
abbiamo finito..” disse sorridendo la bambina, avvicinandosi al computer.
Fece appena in tempo a sfiorare il mouse, che lo schermo
dell’apparecchio diventò nero. La luce non era saltata, né tanto meno il
computer si era spento. Che cosa era successo? Forse si era rotto lo schermo?
Ma no, l’aveva cambiato giusto l’altro giorno..
Poi, dal nulla iniziarono a sbucare delle lettere bianche,
una dopo l’altra. Il sorriso le si spense sulle labbra.I suoi occhi scorsero sulle lettere, mentre
la sua mente afferrava il significato delle parole. Ma la sua bocca era secca,
e la lingua incapace di muoversi.
Da quanto tempo, mia dolce Sherry
Conan lesse a sua volta quelle sei parole. Sentì il sangue
gelarsi nelle vene e, dopo solo un secondo, fluirgli bollente come non mai fino
al cervello. Era la strana sensazione che provava quando c’erano di mezzo loro.
Ai, accanto a lui, non riusciva a muoversi. Era paralizzata.
Nemmeno l’involontario sbattere delle palpebre le riusciva naturale. Era una
statua di pietra.
Mi sei mancata, Sherry
Erano comparse altre parole, che avevano sostituito le
precedenti. Ai si spostò istintivamente all’indietro, cadendo dallo sgabello.
Il tonfo sordo del suo corpo fece svegliare il dottor Agasa.
“Si può sapere cosa significa?!” sbottò Conan, rivolto al
computer, come se quello potesse rispondergli. Lo schermo restò muto.
Non nasconderti,so che sei lì.
Non ti vedo, ma lo sento. Lo sai che ho sempre avuto buon fiuto per quanto
riguarda te.
“Chi sta scrivendo?” chiese il dottor Agasa,
allibito. Non si aspettava di certo un computer impazzito al suo risveglio.
“E come facciamo a saperlo?” chiese di rimando Conan.
“Io…io lo so.”
Era stata Ai a parlare. Ancora accovacciata sul pavimento,
gli occhi fissi sullo schermo del computer.
“E’ lui, ne sono certa. Solo lui mi parlava così. Gin.”
Cercò di pronunciare quel nome con freddezza, ma la voce tremante la tradì.
Non preoccuparti, non ho
intenzione di farti del male. Rispondi, Sherry. In fondo, sei sempre stata
coraggiosa.
“Accidenti, devono avere a disposizione degli hacker
migliori di te a quanto pare, Ai. Hanno rintracciato il tuo computer e ne hanno
preso il controllo. E questo vuol dire …” iniziò Conan, ma Ai si prese
l’ingrato compito di finire la frase.
“Che sanno chi sono, che conoscono i miei amici, che mi
controllano. E sanno che ho progettato un nuovo farmaco. E soprattutto, sanno
un’altra cosa probabilmente.. e cioè, che ne ho creati due. Tenendo sotto
controllo il mio computer non deve essere stato difficile capire i miei
movimenti.”
Non credi, Sherry, che sia giunto
il momento di fare due chiacchiere? Su, non essere timida.
“Ma c’è una cosa che mi spaventa più di tutto. Ho paura che
sappiano di te, Shinichi. Per quanto mi riguarda, di
sicuro sanno che sono rimpicciolita. Ma tu, eri riuscito a tenere nascosta la
tua identità e..”
“Calmati, Ai.” Le disse l’amico, cercando di mantenersi
lucido, “non è detto che lo sappiano. Forse, non l’hanno ancora scoperto..”
Ho voglia di parlare con te. Sai
che ottengo sempre ciò che voglio.
“Che faccio? Che devo fare?” diceva Ai, guardando Conan in
preda al panico.
“Aspettare. Vediamo che scrive.”
Conan stava sudando freddo. Aveva un brutto presentimento.
Sentiva l’adrenalina della sfida scorrergli nel corpo, ma allo stesso tempo
sentiva i brividi percorrergli la schiena.
Rispondimi, Sherry.
Dopo queste ultime due parole, non accadde più niente per
una manciata di minuti, minuti che ad Ai sembraronoun’eternità.
Indugi così tanto, Sherry? Cerchi
le parole appropriate, forse?
Ai si morse il labbro inferiore. Gin si stava divertendo a
stuzzicarla, a farla sentire in trappola. Se lo immaginava, seduto nella sua
Porsche356 A, nera come la pece, con un
sorriso tranquillo sulle labbra. Il gomito appoggiato sul finestrino e il fumo
di una sigaretta che rendeva densa e grigia l’aria intorno.
Ti do del tempo per pensare, mia
cara. Ci risentiamo a mezzanotte in punto. E per allora, ti conviene dare segni
di vita.
Buona notte Sherry. Lo sai che
sarai sempre la mia preferita.
In un batter d’occhio, sullo schermo del computer
ritornarono i dati su cui Ai e Conan stavano lavorando. Erano le otto e un
quarto. Mancavano tre ore e quarantacinque alla mezzanotte.
“Cosa vuole da me?” disse Ai, spaventata come non mai.
“Secondo me, non ha intenzione di farti del male, almeno per
ora. Ha detto chiaramente che vuole parlarti, e farlo da un computer gli
assicura una posizione tranquilla, lontano da occhi e proiettili indiscreti. Ma
mi chiedo..” ragionò Conan, appoggiandosi alla scrivania.
“Se sia qui vicino? Se in questo momento ci stia
controllando?” chiese Agasa.
“Già, potrebbe essere. La soluzione migliore è accertarsene.
Ora io uscirò, e tornerò a casa per cena. Da lì, telefonerò a Jodie, gli agenti
dell’FBI potrebbero darci una mano. Poi, tornerò qui prima della mezzanotte.
Ai, tu non muoverti dal laboratorio per nulla al mondo.”
Detto questo, si voltò e fece per uscire, ma Ai lo fermò,
tenendolo per la mano:“Non andare,
potrebbe essere pericoloso. Magari sono qui fuori e..”
“Fidati di me, Ai. Sarò di ritorno per l’orario stabilito.
Ti ho mai delusa, prima d’ora?” le chiese, con un sorriso che ebbe l’effetto di
un calmante.
Ai annuì, più tranquilla, e lasciò la presa.Sì, si fidava di lui. Come non si era mai
fidata di nessuno al mondo.
Ciao a
tutti! Avete passato un bel Natale? =)
Finalmente
con questo capitolo la storia è entrata nel vivo!! Aaaahh
quanto mi piace Giiinnn! Ok, lo so, sono pazza.. ma
cosa volete farci, è il fascino del cattivo!! Mi sono divertita da morire a
scrivere tutti i vari capitoli con lui! =)Va beh, meglio non fare affermazioni spoilerose…
Passiamo ai
ringraziamenti!! Per aver recensito, ringrazio shinichi e ran amore, floravik,
Lilla95, Kishra, infernapenergy
e izumi_curtis! Grazie davvero!!
Che
altro dire? Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto!! Come regalino di
Natale, mi lascereste un commentino per farmi sapere il vostro parere?
Conan arrivò a casa per le otto e mezza e trovò i due occhi
infuriati di Ran pronti ad accoglierlo.
“Si può sapere cosa hai fatto fino a quest’ora? Fuori è già
buio. I bambini come te non dovrebbero andarsene in giro da soli per la città:
mi hai fatto preoccupare.”
Conan abbassò lo sguardo e non rispose. Ran
sgranò gli occhi, stupita: di solito Conan non reagiva in quella maniera. Di
solito rideva, faceva qualche battuta, inventava una scusa e la costringeva a
metterci una pietra sopra.
“Ehi Conan.. è successo qualcosa?”
Il bambino non rispose subito. Aveva pensato a quel momento
durante tutto il tragitto, da quando era sgattaiolato via furtivamente dalla
casa del dottor Agasa sfruttando un passaggio segreto
che solo lui e il dottore conoscevano, a quando aveva messo piede nello studio
del padre di Ran. Aveva elaborato il suo piano, e ora
veniva la parte più difficile: dire l’ennesima bugia alla ragazza che amava.
“Ecco, vedi, Ran..” iniziò, un po’
esitante, “mentre ero a casa del dottor Agasa, mi
hanno telefonato i miei genitori.”
“I tuoi genitori?” chiese Ran,
allibita. Si erano fatti vivi solo pochissime volte da quando Conan abitava da
loro.
“Sì, questa sera passano a Tokyo, ma poi devono recarsi in
America per questioni di lavoro e.. beh, mi vogliono portare con loro. Passano
a prendermi dopo cena a casa del dottor Agasa.”
Si sforzò di sorridere. Quella poteva essere l’ultima volta
che vedeva Ran in veste di Conan. Non osò immaginare
che quella poteva anche l’essere l’ultima volta che la vedeva come Shinichi.
Un velo di malinconia coprì gli occhi della ragazza. Si era
affezionata a Conan. Avendo accanto lui, le sembrava di avere accanto Shinichi, non sapeva perché.
“Quanto starai via?”
“Non lo so, penso una settimana, forse due. Ti telefonerò,
promesso.”
Ran annuì: “E con la scuola come
farai?”
“Il dottor Agasa telefonerà domani
mattina per avvertire, è tutto risolto.”
Ran lo abbracciò forte. Le scappò
una lacrima. Anche Conan stava andando via, proprio come aveva fatto lui. Perché finiva sempre per restare
sola? Guardò il bambini dritto negli occhi.
“Promettimelo. Promettimi che non sparirai come ha fatto Shinichi.”
Conan resse il suo sguardo. Come poteva dirle una bugia?
Forse, tra qualche ora, Conan Edogawa non sarebbe mai
esistito. Ma non poteva permettere che Ran si
insospettisse. Doveva andare incontro al suo destino: lui si era cacciato nei
guai quel giorno al Luna Park. Doveva uscirne da solo.
“Sì, Ran. Tornerò.”
-E quando lo farò, ti dirò tutta la verità. Dall’inizio alla
fine.- pensò, ricambiando l’abbraccio della ragazza.
Cenarono in un silenzio surreale. Tutti erano assorti nei
loro pensieri. Ran non poteva evitare di sentire quel
vuoto dentro di sé. Conan non poteva evitare di pensare a ciò che lo aspettava:
sentiva che questa era la volta decisiva: sarebbe tornato Shinichi,
e li avrebbe presi, una volta per tutte. Gin, Vodka, Vermouth. Era laloro fine.
Dopo cena Ran aiutò Conan a
preparare la valigia.
-Non credo che questi vestiti mi serviranno molto.-pensava
il bambino, mentre li riponeva ad uno ad uno.
Poi, disse di dover fare alcune chiamate e si chiuse in
bagno.
Istintivamente, gli venne da comporre il numero di Heiji. No, ma cosa stava facendo? Non poteva mettere nei
guai anche lui. Se il detective di Osaka avesse scoperto qualcosa
sull’Organizzazione, gli Uomini in Nero non avrebbero esitato a farlo fuori.
Alla fine, compose il numero di Jodie.
“Pronto?” rispose la donna dall’altro capo del telefono.
“Jodie, sono io, Conan. Ho bisogno di parlarti.”
Parlava a bassa voce, non voleva che Ran
lo sentisse. Aveva fatto bene a non chiamare da casa di Ai: il rischio di
essere intercettati era troppo alto. Era già un miracolo se non lo avevano
visto sgattaiolare dal retro del giardino.
“Conan?” chiese lei, stupita ma non troppo dal tono serio
del ragazzino, “è successo qualcosa?”
Ran, nel frattempo, aveva iniziato
a bussare.
“Conan! C’è il dottor Agasa! Vieni
fuori, così possiamo salutarci!”
-Accidenti, così presto.- pensò il bambino.
“Jodie ora non posso parlare. Tieniti pronta, intorno
all’una ti scriverò un messaggio. Quello, almeno, non potrà essere
intercettato.. a dopo, mi raccomando.”
Chiuse la conversazione, lasciando la giovane agente leggermente
interdetta.
Il dottor Agasa lo aspettava sulla
porta, con una grossa valigetta in mano. Perfetto, tutto andava secondo i
piani.
Salutò Goro e abbracciò forte Ran.
“Ci vediamo presto, piccolo Conan.”
“A presto, Ran.” Sentì un nodo in
gola mentre pronunciava quelle parole, ma non poteva fare altro.
“Ti voglio bene, Ran.”
“Ti voglio bene anche io, tesoro.”
Gli diede un bacio sulla fronte e lo lasciò andare, con un
senso di tristezza nel cuore. Provava la stessa sensazione di quando Shinichi si era allontanato, quella volta al Luna Park. Una
sensazione strana e inspiegabile, che le opprimeva il cuore.
Non appena la porta si fu richiusa, Conan chiese al dottor Agasa di avvicinarsi, come se volesse bisbigliargli
qualcosa all’orecchio. Invece, gli rifilò un forte pizzicotto sulla guancia.
“Ehi, ma sei impazzito?!”
“Mi spiace, dottore. Sa che abbiamo a che fare con dei maghi
del travestimento.” Disse Conan sbuffando, per poi aggiungere: “Credo che
questa volta mi farebbe molto comodo avere ladro Kid
dalla mia parte.”
Il dottor Agasa non rispose,
continuando a massaggiarsi la guancia arrossata.
“Nessuno l’ha seguita, professore?”
“No, non credo proprio. Nessuna macchina o moto mi ha
tallonato.”
“Perfetto. Allora procediamo.”
Conan, riacquistata la sua sicurezza, si infilò nella grossa
valigetta portata dal dottor Agasa. Un po’ stretto,
ma ci stava.
“Mi raccomando dottore, la mia valigia deve rimanere in
macchina. Di sicuro l’hanno vista uscire e si insospettirebbero a vederla
tornare con quella. Siamo già stati abbastanza fortunati, dato che non l’hanno
seguita.”
“Agli ordini, detective.” disse Agasa,
chiudendo un poco la cerniera sul davanti, per coprire il viso di Conan.
Salirono in macchina, e il dottore, ingranando la prima,
partì lentamente. Si fermò poco più avanti davanti ad un mini market ancora
aperto. Comprò qualcosa a caso e salì nuovamente in macchina. Non si rivolsero
la parola per tutto il tragitto. Sarebbe stato troppo pericoloso, così come
tornare a casa a mani vuote. Il sacchetto della spesa, che ora si trovava sul
sedile posteriore, poteva essere un’ottima copertura.
--------------
Seduto comodamente, un uomo dai lunghi capelli biondo
platino si accese l’ennesima sigaretta. Teneva spentoil computer portatile appoggiato sulle
ginocchia. Fuori doveva essere buio ormai. Avrebbe voluto sgranchirsi un po’ le
gambe, ma la volontà di non perdere di vista quel monitor, che doveva essere
acceso al primo segnale, era più forte.Era leggermente nervoso, e la sigaretta era un ottimo antidoto.
Qualcuno aprì lo sportello della sua macchina e si sedette
accanto a lui.
“Allora, capo, ci sono novità?” chiese l’uomo appena salito
che, nonostante il garage fosse male illuminato, continuava a tenere gli
occhiali da sole.
“Tutto tranquillo. Hai svolto il tuo compito?”
“Sì, capo. Attirarlo in trappola ed eliminarlo è stato un
gioco da ragazzi. Niente di più facile.”
L’uomo dai lunghi capelli biondi sorrise non troppo convito.
Aveva altro per la testa in quel momento.
“Vodka, ti sei assicurato di non essere stato visto da
nessuno?”
“Certo, Gin. Ho risolto tutto nel migliore dei modi. Ma
dimmi, sei riuscito a contattare Sherry?”
Gin strinse i denti e morse la sigaretta. Sherry. Quel nome
lo innervosiva e gli piaceva allo stesso tempo.Era contento di essere tornato a darle la caccia.
“Per ora è muta come un pesce. La risentiremo a mezzanotte
in punto. E’ una ragazza saggia, nonostante il più delle volte si comporti in
modo stupido.”
“E se il computer non fosse il suo?” chiese Vodka di
rimando. Gin lo fulminò con i suoi occhi verdastri, e l’altro capì che era il
momento di tacere.
“Vermouth l’ha rintracciata, l’ho vista. E’ lei, la
riconoscerei tra mille. Anche se è una bambina, non è cambiata per niente.”
Vodka sghignazzò: “Perfetto, capo. Piuttosto, non sarà che
anche quell’altro ragazzo..”
“Di chi stai parlando?”
Vodka era molto loquace quella sera. E a Gin questo dava
fastidio, e non poco. Lui non aveva una gran voglia di parlare.
“ShinichiKudo,
il ragazzo che mi stava spiando quella volta al LunaPark.
Gli abbiamo dato lo stesso veleno che sospettiamo abbia ingerito Sherry. E se
fosse tornato un bambino anche lui?”
“Lo sai che dimentico i volti di chi uccido. Non ho voglia
di riempire la testa con inutili pensieri.”
Con questa frase, aveva dato un taglio netto alla
conversazione. L’uomo con gli occhiali capì che era il momento di tacere. Ci
furono attimi di interminabile silenzio. Poi, qualcuno parlò dall’altro capo
della ricetrasmittente appoggiata sul cruscotto della macchina. Gin strinse più
forte l’auricolare al suo orecchio, mentre Vodka lo guardava in attesa di
notizie.
“Capo, sono io.” Disse una voce femminile.
“Dimmi Chianti.”
“Il vecchietto grasso sta rientrando a casa.”
Gin accese velocemente il piccolo computer portatile che
teneva sulle ginocchia. Digitò una password e diedi ordini al suo miglior
cecchino, che era di guardia sul tetto dell’abitazione accanto a quella del
dottore. Ora che ci pensava, era proprio la casa di quel liceale che Vodka
aveva nominato un attimo prima. Sherry ne aveva confermato il decesso. Quanto
poteva fidarsi di lei?
“Mandami immediatamente le immagini che stai riprendendo.”
Chianti obbedì e, in meno di un minuto, le riprese
comparvero sul piccolo monitor dei due uomini.
“Deve essere andato a fare la spesa. Sembra tranquillo. A
quanto pare la nostra amica non gli ha detto nulla.” Commentò Chianti
ridacchiando.
Gin guardò attentamente le immagini.
“Cosa ha in quella valigetta?”
“Non lo so, da qui non riesco a capirlo. E’ chiusa.” Rispose
la donna dall’altra parte.
Zoomò l’immagine. Era effettivamente chiusa.
“L’aveva anche quando è uscito.”
“Perfetto Chianti. Tienimi informato.”
“Agli ordini.”
La conversazione si chiuse, il monitor si spense proprio
quando il dottor Agasa richiuse la porta dietro di
sé.
Gin sorrise e aprì lo sportello, riponendo in tasca la
ricetrasmittente. Buttò la sigaretta per terra e, schiacciandola con il
tallone, sgranchì le gambe. Poi, con un sorriso, si rivolse all’altro uomo.
“Andiamo, Vodka, abbiamo un po’ di tempo da passare
indisturbati. Direi che è il caso di brindare con un bicchierino di sherry.”
Una vena d’eccitazione balenò nei suoi occhi imperturbabili.
------------------
“Conan!” esclamò Ai sollevata, appena lo vide rientrare.
Il dottor Agasa aveva appoggiato
la valigetta sul divano del laboratorio e Conan ne stava uscendo.
“Uff..” sbuffò, “finalmente si
respira.”
“Vi hanno visti? C’è qualcuno là fuori?” chiese la bambina,
in preda all’agitazione.
“Tranquilla, qualcuno c’è di sicuro ma non dovrebbero averci
visti.Dottor Agasa,
vada in salotto, accenda la tv e si sieda in bella vista accanto alla finestra.
Devono pensare che Ai sia sola.”
L’uomo fece ciò che Conan gli aveva detto, mentre Ai,
accanto a lui, continuava ad essere pessimista.
“Forse è tutto inutile. Magari ti hanno visto arrivare di
pomeriggio, dopo la scuola.”
“No, lo escluderei.” Rispose sicuro il detective, “Non ho
visto macchine sospette e, alla luce del giorno, avrei notato un cecchino
appostato su un tetto. E’ tutto apposto, Ai. Non ci resta che aspettare la
mezzanotte.”
“Avresti dovuto rimanere a casa, lontano da tutto questo.”
“Non avrei mai potuto farlo, lo sai. Ho chiamato Jodie, le
ho detto di tenersi pronta e che, probabilmente, dopo la mezzanotte riceverà un
mio messaggio.”
Ai sgranò gli occhi: “Non era il caso di coinvolgere anche
l’FBI in questa storia! Di sicuro capiranno qualcosa, vedendoli arrivare qui.”
“Non ho detto che arriveranno qui, infatti.”
“Non so quale sia il tuo piano, detective. Ma il mio è di
sicuro migliore.”
Conan sospirò: quanto era testarda!
“E va bene, sentiamo.”
“Tu ora torni a casa. Io ingerisco quella pillola e
controlliamo l’effetto che ha su di me. Devo farlo, prima di non esserne più in
grado. Potrebbero farmi fuori da un momento all’altro..”
Il bambino la guardò scettico: “E’ un piano che fa acqua da
tutte le parti. Mi vedrebbero se tornassi a casa ora. E provare la pillola non
ti aiuterà certo a migliorare la situazione.”
“Ma devo farlo! Se loro mi prendono, non ne avrò più
l’occasione. Se dovessero distruggere queste due,” disse, indicando le
pastiglie, “allora rischieresti di rimanere Conan tutta la vita! Lo capisci, Shinichi?”
Doveva ammettere che su questo punto Ai aveva ragione. E va
bene, come voleva lei.
“Ti fidi di me?” le chiese.
“Sì, ma..” rispose lei, stupita da quella domanda. Gliela
aveva posta solo due ore prima.
“Allora fai come ti dico. Evitando di passare dalle
finestre, sali in camera del dottor Agasa. Prendi due
vestaglie o due paia di pantaloni e due magliette, come preferisci. Portali
qui, mi raccomando, senza passare vicino alle finestre. Poi, vai in cucina a
prendere una bottiglia d’acqua. Questa volta cerca di farti vedere, passa
tranquillamente vicino alla finestra, in modo da essere vista.”
“Ma cosa hai intenzione di fare?” chiese lei, iniziando a
intuire.
“Non fare domande, fai come ti ho detto.”
Ai annuì e fece tutto ciò che Shinichi
le aveva chiesto. Senza passare vicino alle finestre, portò in laboratorio due
paia di pantaloni e due magliette. Poi fu la volta dell’acqua. Tornò da Conan
con tutto il necessario.
“Allora, si può sapere cosa vuoi fare? Mi sembra di essere
in un romanzo di Sherlock Holmes.” Gli disse, guardandolo con fare non troppo
convinto.
“Niente domande e mettiti questi vestiti.” Le rispose il
bambino, iniziando a infilarsi la maglietta.
Quando si furono vestiti, Conan impartì un nuovo ordine:
“Prendi due provette e versaci dentro dell’acqua.”
Ai obbedì, nonostante con quei vestiti facesse fatica a
muoversi. Poi, vide Conanprendere le
due pillole in mano.
“Dammi una provetta e prendi questa.” Le disse, porgendole
una delle due capsule.
“Bene, ora facciamo le cose in grande stile.” Disse ancora,
con un sorriso sicuro.
Ai non parlava. Aveva capito, ma non parlava.
Conan le prese a braccetto, e portò poi la capsula alle
labbra. Non si accorse del leggero rossore che aveva invaso le guance della
bambina. Ai portò a sua volta la capsula alle labbra: sembrava che stessero
facendo il brindisi più importante della loro vita. Sbatterono le due provette
una sull’altra.
“E’ una pazzia.” Commentò Ai, “ non possiamo rischiare di
finire male tutti e due.”
“Non ti lascerei mai rischiare la vita per me. Facciamolo
insieme questo giro, Ai.”
Mise la capsula in bocca e portò il bicchiere alle labbra.
Ai fece lo stesso.
“Alla salute.”
Ecco qui il
quinto capitolo =)
E’
leggermente più lungo e penso sia uno di quei capitoli che si definiscono di
“transizione”.. spero vi sia piaciuto comunque!!
Passo
subito a ringraziare kahlan90, shinichi e ran amore, Kishra, Kuroshiro, _Neutron star collision_ , RanMouri , floravik,
infernapenergy e Yume98 … grazie mille per le
vostremagnifiche recensioni!! Merita un
quadruplo grazie Yume98 che ha
recensito tutti e quattro i capitoli uno di seguito all’altro=)
Poi, grazie
a shinichi e ran amore, floravik e _Neutron star collision_ che hanno la storia tra le preferite, e Lilla95 che l’ha inserita tra le
ricordate!! Grazie poi a chi ha la storia tra le seguite, cioè infernapenergyizumi_curtisKuroshiroLeak_kaeLLilla95Sweet96ciachanYume98!!
Infine,
grazie anche solo a chi legge!!
Ci
risentiamo l’anno prossimo!!
Buon anno a
tutti, lettori/lettrici e autori/autrici di EFP!
Bevvero tutto d’un sorso l’acqua della provetta e ingoiarono
la capsula. Era andata, non si poteva più tornare indietro. Si guardarono
entrambi negli occhi, prima di sentire un dolore lancinante al petto. La testa
girava a più non posso, sembrava di stare sulle montagne russe. Ai fu la prima
a cadere riversa indietro sul pavimento, gli occhi sbarrati, qualche urlo
soffocato. Conan tentò di avvicinarsi, di chiamarla, ma non sentiva più nulla. Gli mancava il respiro, non
riusciva a capire dove fosse. Tutto il corpo gli faceva male, come se le ossa
si stessero rompendo ad una ad una. Non riusciva più a parlare, tratteneva a
stento le urla. Tentò di gattonare fino alla bambina distesa sul pavimento, in
preda alle convulsioni. Ma le gambe non si muovevano.
Cadde a terra. Poi,
il buio.
Quando riaprì gli occhi, si sentiva decisamente meglio. Le
gambe e le braccia erano ancora leggermente indolenzite, ma almeno poteva
respirare. Si mise a sedere, la testa girava ancora a tratti. Guardò le sue
mani: non erano quelle di un bambino. Con uno sforzo immane, si alzò e camminò
a piccoli passi fino allo specchio. L’immagine che questo gli restituì lo fece
quasi saltare dalla gioia: era tornato ShinichiKudo. Ai ce l’aveva fatta! Era stata grandiosa.. ma,
piuttosto, come stava lei?
Si girò. Sul pavimento della stanza, accanto a una provetta
rotta e ad una bottiglia d’acqua rovesciata, era distesa una ragazza. Shinichi le si avvicinò.
“Ai..” bisbigliò, notando il pallore della sua amica. No,
non poteva essere. Anche lei doveva farcela. Controllò il polso: il cuore
batteva. Appoggiò poi una mano sul ventre di lei, per controllare che
respirasse. Il movimento lento e regolare lo tranquillizzò. Era tutto apposto,
per fortuna.
“Ai!” la chiamò, scuotendola, “Ai, ce l’abbiamo fatta!
Svegliati! Ehi, Ai!”
La ragazza sembrava non sentirlo. Shinichi,
non ottenendo risposta, appoggiò il capo sul petto di lei. Il cuore batteva, lo
sentiva.
“Si può sapere cosa stai facendo?” gli chiese una voce che
non riconobbe subito. Era la voce di ShihoMiyano.
Shinichi si rizzò a sedere. La
ragazza aveva appena aperto gli occhi, e lo guardava un po’ stranita. Il
ragazzo arrossì, affrettandosi a spiegare che stava solo controllando che il
cuore di lei battesse. La giovane sorrise, e tentò di alzarsi.
“Ehi, Ai, ce la fai?” le chiese lui, cercando di aiutarla.
La ragazza, ormai in piedi, gli rivolse uno sguardo velato
dalla malinconia: “Ai non esiste più. Io sono Shiho.”
“Non è vero. Per me tu sarai sempre Ai. E’ così che
continuerò a chiamarti.”
“Fa’ come vuoi.”
Shinichi la guardò allontanarsi
verso lo specchio. Non era cambiata per niente, era sempre la solita persona
fredda e impassibile.Ora, Ai, o meglio Shiho, si stava osservando incredula. Passava una mano
sulla sua guancia, per controllare che tutto fosse vero, che non fosse soltanto
un sogno.
-Altro che sogno- pensò, -sembra piuttosto un incubo.-
Dallo specchio poteva vedere che Shinichi
la stava osservando. Non si erano mai trovati così, faccia a faccia, entrambi
nei loro veri corpi. Erano sempre loro, ma erano diversi. A conti fatti, erano
due perfetti estranei.
“Che c’è?” gli chiese, voltandosi.
Shinichi non rispose subito. La
sua amica aveva diciotto anni, uno in più di lui, ma sembrava una donna in
tutto e per tutto: nel modo di atteggiarsi, nel modo di parlare. La sua voce
non era quella di una ragazza ingenua delle superiori: era la voce di chi,
nella propria vita, ne aveva già passate tante e non aveva più la forza di
credere realmente in niente. Guardandola così, con quei capelli castani
tendenti al biondo che le ricadevano sul viso in ciocche disordinate, e con dei
vestiti troppo grandi per lei, Shinichi dovette
ammettere a se stesso che era una gran bella ragazza.
“Niente.” Rispose alla fine, girandosi.
Shiho si sedette sullo sgabello,
quello che fino ad un’ora prima era troppo alto e che ora era terribilmente
basso.
“Allora, qual è il tuo piano a questo punto? Appena gli
uomini dell’Organizzazione ti vedranno, stai pur certo che non ti lasceranno
andare finché non sarai sottoterra.”
L’espressione di Shinichi diventò
sconsolata: con l’aumentare dell’età, era aumentato anche il pessimismo cronico
della sua amica.
“Almeno ora sappiamo che il tuo antidoto funziona. Cercherò
di non farmi vedere e terrò questi.” Rispose, aggiustandosi gli occhiali sul
naso. Niente da fare, erano troppo stretti. Li riappoggiò sul tavolino,
abbandonando quell’ultimo accessorio che lo legava alla sua identità di bambino
delle elementari.
“E il tuo piano?” insistette la ragazza.
Shinichi si lasciò sprofondare sul
divano. Diede un’occhiata ai vestiti sparpagliati per terra, i vestiti di
Conan. Gli tornò in mente la promessa fatta a Ran:
Conan non sarebbe mai più tornato, probabilmente. Ma Shinichi
sì, lui avrebbe vinto quella guerra. Il come era per ora un dettaglio non analizzato.
Sorrise alla sua amica.
“Devo ammettere che, questa volta, non ho la più pallida
idea di come agire.”
Shiho lo guardò torva, per poi
cacciare un sospiro di frustrazione: “Insomma! Ma ti rendi conto che non stiamo
giocando? Di sicuro hai già pensato a qualcosa. Avanti, sputa il rospo.”
“Ti ho detto la verità. Non ho ancora abbastanza
elementia disposizione per capire come
dobbiamo agire. Ma tra una mezz’oretta saprò dirti qualcosa di più.” Disse,
notando che erano le undici e mezza.
“E se in questo momento ci stessero ascoltando?” chiese lei,
spaventata. Aveva iniziato a tremare.
Shinichi le si avvicinò e,
poggiandole le mani sulle spalle, la costrinse a guardarlo.
“Sono intelligenti, ma non sono dei maghi. Nessuno è entrato
nel laboratorio a parte me, te e il dottor Agasa. Non
possono aver piazzato alcun microfono, sta tranquilla. Per assicurarmi che il
dottore fosse davvero Agasa, prima gli ho anche
rifilato un bel pizzicotto.” Disse ridendo.
Shiho sorrise. Il suo amico
sembrava così tranquillo mentre lei.. sì, lei aveva paura. Sapeva che questa
volta avrebbe dovuto rincontrarli, faccia a faccia.
Cercò di restare calma e accese il computer. La mezzanotte
era vicina. Dal piano di sopra potevano sentire la tv a tutto volume che il
dottor Agasa stava fingendo di guardare. Doveva
essere un documentario sulla vita degli animali, a giudicare da quanto potevano
capire. Povero dottor Agasa! Lo immaginavano seduto
sul divano, curioso come non mai di sapere cosa loro due stessero combinando in
laboratorio. Ma, per ora , non dovevano destare sospetti: il dottor Agasa doveva restare in bella vista vicino alla finestra.
“Shinichi.”
“Dimmi.”
“Dovrò rispondere, quando Gin mi scriverà?”
“Credo che sia importante sapere cosa vogliono.”
“Potrebbe essere una trappola. Vogliono semplicemente farmi
fuori.”
“Io credo ci sia dell’altro. Non avrebbero avuto bisogno di
tutta questa sceneggiata per eliminare una bambina.” Disse lui, pensieroso.
Aveva usato il termine eliminare. Non
voleva usare la parola uccidere, per
niente al mondo.
“Vorrà dire che dovrò fidarmi del tuo intuito.”
Mezzanotte meno dieci. Ci fu qualche minuto di silenzio,
poi, Shiho riprese a parlare.
“E’ strano, sai.”
“Cosa?”
“Se quella volta al Luna Park tu fossi stato solo un po’
meno curioso, ora avresti una vita normale. E non saresti qui. E io
probabilmente non ci sarei più.”
“Se mi togli la curiosità, non sono più io. Non credo che le
cose sarebbero potute andare diversamente.”
Mezzanotte meno cinque.
“Mi dispiace per tutto, Shinichi.
Ci tenevo a dirtelo.”
Non lo guardava negli occhi, non ne aveva la forza.
“Non è il momento di pensarci, ora.”
Mezzanotte meno quattro.
“Mi è venuta in mente Ayumi. Era
affezionata a me. E Ai se n’è andata, senza nemmeno salutarla.”
“Ai sarai sempre tu. Anche se qualcuno non lo saprà.”
Mezzanotte meno due.
“Dovresti telefonare a Ran quando
qui avremo finito.”
Shinichi annuì: sapeva perché Shiho gli stava dicendo quello. C’era la possibilità di non
tornare più indietro, quella volta.
Mezzanotte.
Lo schermo del computer tornò ad annerirsi. Comparvero le
prime parole.
Ci risentiamo, Sherry. Spero che
tu abbia avuto modo di prendere la giusta decisione.
La ragazza lanciò uno sguardo veloce a Shinichi,
che annuì. Era il momento.
E così, alla fine mi hai trovata.
L’uomo dall’altra parte non rispose subito. Ai lo immaginava.
Immaginava il volto di Gin preda della soddisfazione. Le venne da vomitare.
Non avevo dubbi a riguardo.
-Cos’è, si sta divertendo a
giocare?- pensò Shiho, tendendo gli occhi fissi sullo
schermo. Aveva quasi dimenticato la presenza di Shinichi
accanto a lei. Sentiva la rabbia crescerle dentro, mentre l’assassino di sua
sorella se la spassava a braccarla.
Cosa vuoi da me?
Premeva con rabbia i tasti. Avrebbe voluto ucciderlo. Era
sempre così. Ne era terrorizzata, ma poi, quando lo scontro diretto iniziava,
al posto della paura aveva dentro una gran rabbia. Già, proprio come quella
volta, sul tetto dell’hotel, quando avevano tentato di ucciderla.
Ho bisogno di parlarti. Ma prima,
devo assicurarmi che chi sta scrivendo sia davvero la mia Sherry.
La sua Sherry? Lo detestava, quando le parlava così. E lui
lo sapeva bene. Si divertiva a farla arrabbiare. Non ebbe il tempo di scrivere
nulla, che sullo schermo apparvero delle parole.
Rispondi alla mia domanda. In
fretta.
-E va bene, stiamo al suo gioco.- pensò la ragazza, mentre
aspettava la fatidica domanda. Il ragazzo accanto a lei non fiatava. Era
assorto come non mai, mentre fissava a sua volta lo schermo.
Dimmi. Quando ci siamo incontrati
per la prima volta?
Shiho sgranò gli occhi. Che razza
di domanda era? Poteva aver raccontato a qualcuno del loro primo incontro. Gin
le avrebbe chiesto di sicuro dell’altro. Comunque, rispose velocemente.
Dopo la morte dei miei genitori.
Sei venuto a prendermi a casa. Eri da solo.
Era andata davvero così. Poteva sentire su di sé gli occhi
di Shinichi. Ora, il suo amico la stava guardando con
non poca curiosità. Già, lei non aveva mai raccontato a nessuno, nemmeno a lui,
del suo primo incontro con gli uomini dell’Organizzazione.
Risposta esatta. Ho un vuoto di
memoria, cara Sherry. Aiutami a ricordare. Cosa ti dissi in quell’occasione?
La stava prendendo in giro. Accidenti, che rabbia. Avrebbe
voluto prendere a pugni lo schermo del computer. Ma ormai, era in ballo e
doveva ballare.
Mi dicesti che avrei dovuto
completare da sola le ricerche su l’APTX4869. E che, se mi fossi rifiutata,
avreste ucciso mia sorella.
Era la verità. Era andata proprio così. Quei ricordi erano
nitidi come non mai nella sua mente.
Sei sempre la stessa, Sherry.
Ricordi i momenti più freddi, e basta. Raccontami cosa ti dissi poi.
Shiho si sentì gelare il sangue
nelle vene. Odiava ricordare il contatto di quella mano sulla sua pelle. Ma
doveva rispondere, e in fretta, se non voleva che Gin si insospettisse.
Mi hai accarezzato i capelli,
dicendomi che non avevi mai visto un colore così particolare. E poi mi dicesti
che ero più bella di mia sorella, e sarebbe stato un peccato non avermi fra
voi.
Ora poteva vedere Shinichi
strabuzzare gli occhi. Sorrise. Già, il suo amico di sicuro non si sarebbe mai
immaginato una scena simile.
Mi hai quasi convinto. Cosa ti
diedi, poi?
Shiho continuava a scrivere, senza
dire una sola parola.
Una rosa rossa.
“Devo dire che il vostro primo incontro me lo immaginavo
diverso.” Le disse Shinichi, senza staccare gli occhi
dallo schermo.
“Anche io non vorrei avere un simile ricordo.”
Sullo schermo comparvero nuove parole.
E cosa facemmo, per suggellare il
nostro patto?
Il primo pensiero di Shinichi fu
che Gin avesse baciato Shiho. Non sapeva perché, ma
aveva quell’immagine fissa in testa. Che assurdità, pensava, mentre non
riusciva più a scacciarla dai suoi pensieri. Strinse i denti, una simile scena
gli faceva venire il voltastomaco.No,
non poteva essere andata così. Doveva di sicuro essere successo dell’altro.
Come aveva fatto a pensare una cosa simile? Intanto, Ai aveva iniziato a
scrivere la sua risposta.
Ecco qui il
sesto capitolo, con il primo scontro diretto Shiho/Gin!
Che dire? Spero vi sia piaciuto =)
Passo
subito a ringraziare coloro che hanno commentato il quinto capitolo, cioè izumi_curtis
(anche per la recensione al quarto capitolo!) , Kishra, Alesaphi24 (grazie per aver recensito tutti i capitoli in un solo
colpo!), shinichi e ran amore, floravik, RanMouri,
Yume98 e _Neutron star collision_!
Grazie davvero, mi date sempre un grandissimo sostegno!
Grazie a shinichi e ran amore, floravik e _Neutron star collision_ che hanno la storia tra le preferite, e Lilla95 che l’ha inserita tra le
ricordate!! Grazie poi a chi ha la storia tra le seguite, cioè infernapenergyizumi_curtisKuroshiroLeak_kaeLLilla95Sweet96ciachanYume98
e YukariKudo2000 !!
Piccolo post per Alesaphi24: spero che la storia ti piaccia lo
stesso anche se ora Conan e Ai sono tornati ad essere Shiho
e Shinichi! =)
Nella sua macchina, Gin era da solo. Fumava l’ennesima
sigaretta, i capelli gli coprivano gli occhi. Nessuno avrebbe saputo decifrare
il suo sguardo.
Vodka non c’era più. Aveva detto che, dopo un lavoro come quello
appena svolto, aveva voglia di svagarsi un po’. E Gin sapeva bene in che senso.
Brindammo con un bicchiere di
sherry.
Risposta esatta. A quanto pareva, quella dell’altra parte
dello schermo era proprio ShihoMiyano.
Gin la conosceva. Era riservata, e certe cose non le avrebbe raccontate a
nessuno. Certe cose come il loro primo incontro, ad esempio. Non poteva sapere
se fosse sola o meno. Chianti gli aveva detto che il vecchietto era
tranquillamente seduto a guardare la tv e che in casa non era entrato nessun
altro. O davvero il caro dottore non sapeva niente di ciò che stava accadendo,
oppure era tutta una messa in scena. Meglio essere prudenti. Certe parole non
andavano gettate al vento.
Perfetto, Sherry. Vedo che hai
conservato con cura certi ricordi.
Si divertiva a prenderla in giro. Si concesse quell’ultima
battuta.
Sei patetico.
Gli venne quasi da ridere. Sherry non aveva paura di dirgli
quello che pensava di lui. Era per questo che gli piaceva tanto giocare con
lei.
Come siamo suscettibili. Mi piacerebbe
parlare ancoracon te, ma certe cose
vanno dette a voce. E da soli.
Con quell’ultima frase, credeva di averla messa in
agitazione. Invece, la risposta che ottenne lo sorprese.
Che c’è, certe cose Vodka non le
può sentire?
Sherry aveva sempre la risposta pronta. Le aveva fatto
quella battuta per controllare se qualcuno fosse con lei e la ragazza,
tranquillamente, gliela aveva restituita, sottintendendo di essere sa sola.
Ci vediamo domani notte, dove sai
tu. Ti aspetto a mezzanotte. Vedi di presentarti, e da sola. Altrimenti i tuoi
amichetti avranno qualche brutta sorpresa.
Era finito il tempo di giocare. Era arrivato quello di fare
sul serio.
Lasciali stare, loro non sanno
nulla di me e di voi. Non mancherò.
La solita sentimentale, pensò.
Perfetto. Buona notte, Sherry.
Sogni d’oro.
Staccò il collegamento e spense il computer. Guardò
l’orologio. Mezzanotte e mezza. Sorrise, con lo spettro della malvagità dipinto
sul volto.
Era stata la mezz’ora
più divertente della sua vita.
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Quando Shiho spense il computer, Shinichi si sentì un ebete. Come aveva fatto a pensare che
Gin avesse potuto baciare la sua amica? Un simile gesto non sarebbe stato di
certo ricollegabile all’uomo freddo e malvagio che aveva incontrato più di una
volta. Ma c’era qualcosa che non lo convinceva. Gin sembrava ossessionato da
quella che lui chiamava la sua Sherry.
Sembrava che si divertisse a braccarla, a farla sentire in trappola, a
prenderla in giro con un sadismo sottile e raffinato. Doveva però ammettere che
Ai se l’era cavata davvero alla grande e ora, seduta lì accanto a lui, sembrava
del tutto tranquilla.
“Credo che le nostre strade si separino qui. Trova un modo
per uscire da questa casa e facciamola finita.”
Shinichi la guardò allibito: “Ma
si può sapere cosa ti salta in mente?”
“Non lo capisci? Domani lo devo incontrare. Non vorrà certo
chiedermi come sto. Probabilmente servo loro per un lavoro. E poi..”
Non ebbe il coraggio di terminare la frase.
“Sta tranquilla, in qualche modo ce la caveremo. Ho già
qualche idea in testa.” Le rispose il detective, mentre iniziava a passeggiare
su e giù per la stanza, le mani in tasca e l’espressione assorta.
“E cioè? Cosa possiamo fare noi due da soli?”
“Da soli niente forse, ma con l’aiuto di qualcuno.. scriverò
un messaggio a Jodie. ”
Prese in mano il cellulare di Conan e digitò velocemente
qualcosa. Poi, lo ripose nuovamente sul tavolo.
“Cosa le hai scritto?”
“Di venire qui domani sera.”
“E’ una pazzia.” Commentò Shiho,
continuando a far girare il sedile dello sgabello. Era nervosa, ora.
“Tranquilla, sanno come arrivare senza destare sospetti.”
Sorrise, sicuro.
“E va bene.” Si arrese lei, sbuffando, “vorrà dire che dovrò
fidarmi.”
“Senti, Ai..”
“Che c’è?”
“Qual è il luogo dove tu e Gin dovete incontrarvi domani
sera?”
Shiho rispose con voce incolore:
“E’ un vecchio magazzino in disuso, in periferia. Era il luogo dove ci
incontravamo quando non ero in laboratorio e avevano bisogno di parlarmi.”
Shinichi non rispose, era assorto
nei suoi pensieri. Ai doveva presentarsi a quell’appuntamento, se non voleva
destare sospetti. Ma a quel punto, che ne sarebbe stato di lei? Avrebbero
potuto tendere un’imboscata, ma sarebbe stata un’azione troppo prevedibile. Inoltre,
il tempo a disposizione per prepararla era troppo breve. Cosa voleva Gin dalla
sua amica? Di sicuro aveva bisogno di qualche lavoro. Che non fossero riusciti
a trovare qualcuno in grado di rimpiazzarla? Comunque, erano passati già dei
mesi da quando Shiho era diventata Ai e loro avevano
tentato più volte di ucciderla. Ma quella volta volevano dell’altro, ne era
certo. Bisognava trovare un modo per mettere al sicuro Ai e cercare di avere
più informazioni possibili sull’Organizzazione allo stesso tempo. Certo,
avevano un alleato segreto, cioè Reina, o meglio Hidemi, ma quanto avrebbe potuto aiutarli? Non avevano modo
di avvertirla, avrebbero potuto essere scoperti. Guardò il cellulare.
Accidenti, Jodie, sbrigati a rispondere.
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Jodie Starling si trovava nel suo
appartamento, ancora sveglia nonostante fosse quasi l’una. Aveva cenato con i
suoi colleghi, e ora stavano sorseggiando in tutta tranquillità un bicchierino
di liquore.
“In onore dei nostri più acerrimi nemici.” Aveva scherzato
James Black.
La donna continuava a guardare nervosamente il cellulare.
Conan le aveva detto che le avrebbe scritto intorno alla mezzanotte. Che strana
chiamata, quella che aveva ricevuto quel pomeriggio da parte del bambino
prodigio. Fissava lo schermo, in attesa che si illuminasse.
La conversazione, per la prima volta da qualche giorno a
quella parte, non era scivolata sull’argomento “lavoro”. Volevano passare una
serata in tranquillità, lontana dalle preoccupazioni di tutti i giorni.
L’agente Andre Camel, con il suo solito poco tatto,
aveva proposto un argomento innovativo: l’amore. Ciascuno avrebbe dovuto
raccontare qualcosa e lui sarebbe stato il primo. Parlava come una macchinetta,
ma Jodie non lo ascoltava. Seduta sul divano, poteva osservare tutti e tre i
suoi colleghi senza muovere la testa di un millimetro. Camel, infervorato come
non mai, passeggiava da una parte all’altra della stanza. Black
sedeva tranquillamente a tavola. Akai sembrava poco
interessato all’argomento e se ne stava in piedi, appoggiato al muro.
Subito dopo la proposta di Camel, Jodie aveva lanciato ad Akai uno sguardo furtivo. Ma lui non si era nemmeno
voltato. Uff, altro che serata lontana dalle
preoccupazioni.
Poi, finalmente, intorno all’una, il cellulare vibrò. Era un
messaggio di Conan.
Il messaggio comprendeva un indirizzo e la raccomandazione
di venire lì domani sera. Poi, in maiuscolo, c’era scritto: NON DOVETE FARVI
RICONOSCERE PER NULLA AL MONDO.
Conan specificava poi che per ora non poteva dire altro,
sarebbe stato impossibile scrivere tutto nel messaggio. Non poteva inoltre
parlare al telefono, perché probabilmente la casa in cui si trovava era sotto
controllo. Solo una cosa era importante: l’Organizzazione aveva trovato Ai.
Jodie sbiancò di colpo. Quella serata procedeva di male in
peggio. Era talmente assorta da non accorgersi che Akai
si era seduto accanto a lei.
“Allora, chi ti scrive all’una di notte?”
La sua voce la sorprese. Jodie trasalì, e si voltò a
guardarlo. Camel continuava il suo monologo,James continuava ad ascoltarlo. Solo Akai si
era accorto che lei, quella sera, era totalmente fuori dal mondo.
Doveva ammettere che quella domanda le aveva fatto piacere.
In un'altra occasione, gli avrebbe forse risposto qualcosa come “il mio nuovo
ammiratore!”. Ma quella volta non aveva voglia di scherzare.
“E’ Conan.”
Gli porse il cellulare. L’uomo accanto a lei lesse senza
battere ciglio. Corrucciò la fronte quando notòil nome di Ai.
“Cosa ne pensi?” chiese lei.
“Questo ragazzino mi sorprende sempre di più.” Disse lui per
tutta risposta, passandole il cellulare.
Era tranquillo come sempre. Jodie si chiedeva come facesse.
“Non sei preoccupato?”
“No, sono contento. Finalmente si sono rifatti vivi.”
Strinse leggermente gli occhi e sorrise.
“Cosa credi che sia successo?”
“Non lo sapremo finché Conan non ce lo spiegherà. Fino a
domani sera, quindi.”
Jodie capì che non sarebbe riuscita a cavargli una parola di
bocca. Ma sapeva anche che, di sicuro, Akai si era
già fatto un’idea su tutto quello.
“Se hanno trovato la bambina, vorranno di sicuro
eliminarla.” Disse lei.
“Credo ci sia sotto qualcosa, altrimenti il ragazzino
sveglio non ci avrebbe lasciato un tale margine di tempo. Sono proprio curioso
di sapere il resto della storia.”
Jodie continuava a leggere e rileggere il messaggio, come
aspettandosi qualche dettaglio in più. Ma lo schermo rimaneva muto. Rispose
velocemente a Conan, dicendo che avrebbero fatto come diceva e chiedendo se
avesse bisogno di qualcosa.
“Cosa possiamo fare?”
Continuava a fare domande, quasi senza accorgersene. E Akai le rispondeva sempre allo stesso modo.
“Per ora niente. Possiamo solo aspettare e cercare un buon
piano per recarci lì senza essere visti.”
Dopo nemmeno un minuto arrivò un nuovo messaggio. Lo lesse e
divenne tutta rossa. Ma che razza di richiesta le stava facendo quel bambino?!
“Cosa dice?” le chiese Akai,
prendendo il mano il telefono. Lesse il messaggio e scoppiò a ridere.
“Quel Conan è incredibile. Beh, se proprio lo vuole, portaglielo.
Avrà qualcosa in mente.”
Poi, si alzò e parlò agli altri, interrompendo l’agente
Camel in quello che ormai era diventato un soliloquio.
“Bene, signori. Il nostro piccolo brindisi è terminato!”
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Shinichi era sdraiato sul letto,
accanto a Shiho. Avevano deciso che la soluzione
migliore fosse quella di abbandonare per un po’ l’aria soffocante del
laboratorio e cercare di fare un pisolino. Purtroppo però l’unica stanza
raggiungibile senza passare vicino ad alcuna finestra era la camera degli
ospiti: e così, pur di non essere visti, avevano dovuto condividerla. Erano
sdraiati uno accanto all’altra: per fortuna, il letto era matrimoniale. Si
davano le spalle, per cercare di nascondere il loro imbarazzo. Ed entrambi
fingevano di dormire.
Ai pensava a ciò che avrebbe dovuto fare la sera
successiva.Non voleva addormentarsi,
perché sapeva che avrebbe avuto i peggiori incubi della sua vita.
Shinichi cercava di elaborare un
piano. Jodie gli aveva detto che avrebbe portato tutto ciò che lui le aveva
chiesto, e che si sarebbero avvicinati senza destare sospetti.Aveva già qualche idea che gli frullava per
la testa. Ma in quel momento si sentiva stanco e spossato, avrebbe voluto solo
dormire. Dovevano essere i postumi del farmaco. Poi, fra il mare di parole che
aveva in mente, una in particolare attirò la sua attenzione. Era un nome. Ran.
Chissà se Ran dormiva. Avrebbe
voluto sentire la sua voce, in quel momento. Forse anche lei era sveglia e
magari pensava proprio a lui. O a Conan. Entrambi l’avevano lasciata sola. Shinichi si morse il labbro: era stato come commettere due
volte lo stesso errore. Non lo avrebbe commesso anche una terza. Sarebbe
tornato indietro, sarebbe tornato da lei.
Ma visto che c’era quella piccola possibilità di non tornare
indietro, possibilità a cui lui si rifiutava di pensare, doveva almeno
salutarla. Chiamarla era troppo pericoloso. Le avrebbe scritto un messaggio.
Prese in mano il cellulare poggiato sul comodino, e iniziò a digitare le prime
parole.
Dall’altra parte del letto, Shiho
sentiva il ticchettio dei tasti. E provò quella terribile malinconia che solo una
certezza sa dare.
Eccomi qui
con il settimo capitolo =) Come avete visto, non c’è stato nessun bacio tra Shiho e Gin.. per una volta Shinichi
ha preso un granchio!
Passo
subito a ringraziare i miei fedeli recensori, cioè Kishra, shinichi e ran
amore, RanMouri, izumi_curtis, infernapenergy, _Neutron star collision_, Yume 98 e floravik! Mi date
un sostegno immenso, davvero =) non so come farei senza di voi!!!!
E ancora,
un grande ringraziamento a floravik, shinichi e ran amore, _Neutron star collision e Kuroshiro per avere la storia tra le preferite! Grazie
a Aya_Brea e Lilla95 che l’hanno fra le
ricordate, e a infernapenergyizumi_curtisKuroshiroLeak_kaeLLilla95Sweet96ciachanYume98
e YukariKudo2000
che l’hanno tra le seguite=)
Non mi
stancherò mai di ringraziarvi, perché è solo grazie a voi che la leggete se
questa storia ha un senso =)
Quello fu il giorno più lungo della loro vita. Le ore
sembravanonon passare mai, si perdevano
nella consapevolezza di non poter muovere un solo dito. Shinichi
non poteva uscire, non poteva farsi vedere. Shiho
avrebbe potuto farlo, ma sapeva che sarebbe stata pedinata. Che senso aveva,
dunque, muoversi di casa? Il dottor Agasa aveva
telefonato a scuola da un cabina telefonica per avvertire della loro prolungata
assenza. Causa: problemi di famiglia. In un certo senso la scusa era in parte
vera: i problemi c’erano davvero, anche se erano leggermente più complicati di
quelli di famiglia.
Nessuno dei due aveva dormito quella notte. O meglio, Shiho aveva finto di farlo. Shinichi
non si era nemmeno sforzato. Aveva continuato a guardare il soffitto e ad
aspettare che lo schermo del cellulare si illuminasse. E poi, finalmente, dopo
ore di attesa, quel maledetto schermo si era acceso. Ran
gli aveva mandato un’e-mail. L’aveva letta tutta d’un fiato. Poi, aveva
richiuso il cellulare. Ma non aveva potuto smettere di pensare a lei.
Passarono la mattina intera senza scambiarsi una sola
parola. Conan e Ai, seduti uno di fronte all’altro, avrebbero avuto molte cose
da dirsi. Shinichi e Shiho,
invece, erano in grado di fissarsi e basta, senza dire una sola parola.
Shinichi e Shiho.
I loro nomi erano molto simili. Era impossibile pronunciarli uno di seguito
all’altro. Ognuno di loro aveva i propri pensieri per la testa. Lui pensava a
un piano, lei pensava a come sarebbe stato ritrovarsi davanti Gin, faccia a
faccia, come ai vecchi tempi.
Mangiarono qualcosa di malavoglia, nessuno dei due aveva
fame.
“Chissà cosa stanno facendo ora gli altri.”
Ore dodici e mezza. Shiho aveva
pronunciato la prima parola della giornata.
“Che giorno è oggi?” le chiese Shinichi.
“Martedì.”
“Allora stanno facendo matematica.” Le disse sorridendo.
Ci fu un altro attimo di silenzio. Poi, Shiho
riprese a parlare.
“Chissà cosa penseranno di noi.”
“Il dottor Agasa ha detto che
abbiamo avuto dei problemi in famiglia.”
“Noi non siamo più Ai e Conan.” Disse Shiho,
torturando un chicco di riso con le sua bacchette. Sembrava non ascoltare le
risposte di Shihichi. Diceva frasi sconnesse, come se
la bocca buttasse fuori tutti i suoi pensieri, uno dopo l’altro, e lei non
potesse controllarla.
“Non abbiamo mai voluto esserlo.”
Shiho sorrise malinconica e questa
volta tacque. Rimasero in silenzio finché il riso non scomparve dalla loro
scodelle. Poi, fu sempre lei a prendere la parola:
“Mi spiace molto per Ayumi. Avrei
voluto salutarla.”
“Potrai farlo come Shiho.”
La ragazza si limitò a fissarlo con uno sguardo scettico.
Lasciarono le scodelle nel lavandino e scesero in laboratorio. Il silenzio
stava diventando imbarazzante. Cos’era quell’improvvisa barriera che si era
creata tra di loro? Sembravano due persone diverse.
Fu Shinichi il primo a tradurre
questi pensieri in parole:
“Ehi, Ai, non ti sembra un po’ assurda questa situazione?
Sembriamo due estranei e ci conosciamo da mesi!”
“Hai ragione. Ma mi sembra così strano.. insomma, essere qui
con Shinichi. Ti ho conosciuto come un bambino e tu
mi hai conosciuta come una bambina. Ora è diverso.. mi sento.. come dire..”
“In imbarazzo?” completò lui. Aveva azzeccato in pieno. Shiho arrossì e annuì.
“Anche per me è lo stesso.” Continuò Shinichi,
“però, alla fin fine siamo sempre noi. Non è cambiato nulla.”
“Questa affermazione è un po’ azzardata!” esclamò Shiho ridendo.
Shinichi si fermò a guardarla. Era
prima volta che Ai rideva così. Normalmente, senza sorrisi enigmatici o sicuri,
rideva e basta. Rideva come quando ti vuoi sfogare da un peso che hai dentro,
come quando capisci di aver preso un colossale granchio, rideva come una
normalissima ragazza della sua età che parla con un suo amico.
“Amici come prima, direi.”
“Amici come prima.” Assicurò lei.
Era bastato parlarne perché l’imbarazzo sparisse. Ora,
conversavano tranquillamente, senza più occhi rivolti a terra o frasi dette a
metà.
Erano seduti uno vicino all’altra, sul divano.
“Senti, posso chiederti una cosa?” iniziò Shinichi, un po’ titubante. Quella domanda gli frullava in
testa da un bel po’ di tempo.
“Dimmi.”
“Hai mai avuto un fidanzato?”
Lo disse tutto d’un fiato, maledicendosi un secondo dopo.
Era imbranato per quanto riguardava certi argomenti. Ma non c’era niente di
male, in fondo. Lui era un suo amico e voleva saperlo.
Shiho lo guardò sorridendo: “No,
nessuno.”
“Ma ci sarà stato qualcuno che ti piaceva.”
“I miei compagni di adolescenza sono stati Gin e Vodka.”
Pronunciò quei nomi tranquillamente, con il sorriso sulle
labbra. Incredibile, riusciva anche a scherzarci su. Quante cose erano cambiate
da ieri sera! Shinichi la faceva sentire al sicuro.
“Beh, io con Vodka ci avrei fatto un pensierino..” la prese
in giro il ragazzo.
“Scemo!”
Shiho non si riconosceva più.
Stava scherzando e ridendo, come non aveva mai fatto in vita sua.
“Comunque guarda che Mitsuhiko era
interessato a te.”
“Se è per questo, anche tu piacevi ad Ayumi.”
Scoppiarono a ridere, rendendosi conto che la loro
situazione era davvero assurda. Nessuno avrebbe mai potuto credere alla loro
storia!
“E tu, invece? Con Ran come sei
messo?”
“Andava tutto liscio finché qualcuno non mi ha
rimpicciolito..” le disse, tirandole una gomitata.
“E va bene, scusami per la centesima volta.”
“Non è colpa tua.”
Shiho non rispose. Lasciò andare
la testa indietro, e si ritrovò a guardare il soffitto. Lo stesso fece Shinichi. Erano talmente vicini che i loro capelli si
sfioravano. Ma loro non potevano sentirlo.
“C’è un'altra cosa che vorrei chiederti.”
Questa volta il tono del ragazzo era serio.
“Dimmi.”
“Ho avuto un’impressione ieri, mentre Gin ti scriveva. E’
come se.. se quell’uomo fosse ossessionato da te.”
Si era voltato a guardarla, mentre Shiho
rimaneva immobile a fissare il soffitto. Sorrise piano, un sorriso appena
percettibile.
“L’ho sempre avuta anche io, quest’impressione. Me lo diceva
sempre anche mia sorella. Mi raccomandava di stare attenta, ma anche di non
preoccuparmi, perché tutto sarebbe presto finito. Ma poi, lui l’ha uccisa, ed è
tutto finito davvero.”
Sentì gli occhi diventare lucidi. Shinichi
non rispondeva, si limitava a guardarla. Forse, non trovava le parole adatte.
“Sai, è come se mia sorella fosse morta due volte. Prima
l’ha uccisa l’uomo che amava. Poi, Gin le ha dato il colpo di grazia.”
Shinichi si mise a sedere di
botto. Sentì come un pugno allo stomaco. Che guaio. Aveva dimenticato un
piccolo particolare, preso com’era dall’elaborazione di un piano. Aveva
dimenticato che Ai conosceva probabilmente il volto di Akai.
E che, cosa ancora più probabile, non serbava certo un buon ricordo di lui. Per
lei Akai era l’uomo che aveva corteggiato sua sorella
solo per poter ottenere più informazioni possibili sull’Organizzazione. Era
l’agente dell’FBI senza scrupoli. Era Rye, l’uomo
che, a tutti gli effetti, aveva condotto AkemiMiyano al patibolo.
------------------------
“Allora io aspetto in fondo alla strada, capo. Korn è in posizione. Lo stesso vale per Chianti.”
Gin scese dalla macchina, guardandosi intorno. Erano le
sette di sera, ma il cielo era già diventato scuro. La via era poco illuminata.
Non c’era anima viva, a parte qualche gatto randagio in cerca di cibo.
“Dove si è cacciata Vermouth?” chiese, senza nemmeno poi
tanto interesse.
“Ha preso il posto di Chianti e controlla la casa di
Sherry.”
L’uomo dai capelli biondi restò fermo. A quanto pareva, la
risposta non lo aveva convinto.
“E come mai la nostra attrice protagonista si è abbassata ad
un ruolo da comparsa?”
Vodka non rispose subito, non cogliendo il senso della
domanda. Non che fosse una novità: non capiva molte delle cose che Gin gli
chiedeva o che Gin gli ordinava. Ma, siccome ogni domanda del suo capo si
rivelava sempre azzeccata eogni ordine
portava sempre ad un successo, non se ne curò poi molto.
“Sembrava contenta del ruolo.”
“Ma davvero?”
Qualcosa non gli quadrava. Vermouth aveva sempre odiato
agire dietro le quinte. Così come aveva sempre odiato Sherry. Doveva esserci
dell’altro. Quella donna faceva sempre di testa sua: meglio accertarsi che non
commettesse qualche sciocchezza.
“Fammi parlare con lei.”
Non era un richiesta, era un ordine. Vodka attivò la
ricetrasmittente. La voce dell’altra parte era senza dubbio quella di Vermouth.
“Mi disturbate già così presto?” chiese lei, un po’
scocciata.
Gin strinse i pugni. Il tono di quella donna gli dava sui
nervi. Se non fosse stata una delle preferite del capo, le avrebbe piantato una
pallottola in testa già da tempo.
“Non sei nella condizione di lamentarti.”Dal tono traspariva il suo nervosismo.
“Come al solito, con voi non si può scherzare. Tranquillo
Gin, il tuo gattino è ancora rintanato nella sua tana.”
“Non si è fatto vivo nessuno?” chiese Vodka.
“No, fino ad ora.. toh, che tempismo, mio caro Vodka.”
“Cos’è successo?” chiese Gin, impaziente.
“E’ arrivata una macchina.” Rispose lei, distrattamente.
Gin avrebbe voluto ucciderla. Lo stava facendo apposta, per
farlo innervosire. Rispondeva con quel dono distratto e maledettamente odioso.
La poteva immaginare mentre si massaggiava i capelli, con il suo sorrisetto diabolico
stampato in faccia.
“Che macchina è?”
“E’ molto vecchia e scassata, a dir la verità.”
“Chi la guida?”
Vermouth tentennò un attimo.
“Sembrano due signori anziani. Sono un uomo e una donna. Lui
guida, lei gli è seduta accanto. Ecco, è uscito il nostro dottore.”
“Cosa fa?”
“Quante domande, Gin. Fammi prendere fiato.”
“Cosa fa?” chiese di nuovo lui, ignorandola.
“Il vecchietto sta aprendo il garage. Ora li saluta. Hanno
posteggiato la macchina in garage e sono scesi. Il dottorino ha appena richiuso
la serranda.”
“Dov’è parcheggiata la macchina del vecchio?”
“Non la vedo. Credo sia nell’altro garage.”
“Che aspetto hanno i due signori?”
“L’uomo sembra conoscere bene il dottore.Lo sta abbracciando e salutando. Ha i baffi.
E’ gobbo, cammina con il bastone. Avrà una settantina d’anni.”
“Porta gli occhiali?”
“No.”
Gin strinse gli occhi fino a farli diventare due fessure.
“Mandami le immagini con la telecamera.”
“Come vuoi.”
Nel giro di pochi secondi, sul monitor del computer
portatile apparvero delle immagini. Ora né Vermouth né Gin parlavano più.
L’uomo era concentrato, teneva lo sguardo fisso sullo schermo.
I due visitatori sembravano una normalissima coppia. Si
tenevano a braccetto, la donna aiutava l’uomo a camminare. Entrambi erano
anziani. Il dottore, dopo averli salutati calorosamente, li fece entrare e
richiuse la porta dietro di sé.
Ormai era buio, le tapparelle delle camere erano tutte
abbassate. Filtrava un po’ di luce da quella della sala da pranzo ma, nel
complesso, era impossibile capire cosa succedesse all’interno.
Gin spense il computer.
“Tienimi informato, qualsiasi cosa succeda. Dimmi quando
Sherry esce. E dopo, fai quello che devi fare.”
“Come vuoi, Gin. Una sola domanda.” Rispose la donna.
“Che c’è?”
“Dov’è Kir?”
“Perché me lo chiedi? Kir non
c’entra con questa operazione.”
“Semplice curiosità. Sai che non mi fido di lei. Beh, buon
divertimento, Gin.”
E chiuse la conversazione.
Era vero, Vermouth odiava il ruolo da comparsa: preferiva di
gran lunga essere al centro della scena. Ma quella volta era diverso, perché
agire dietro le quinte le permetteva forse di intravedere qualcuno a cui lei
era molto interessata.
La mattina, celandosi sotto i panni di una vigilessa, aveva
aiutato tre bambini ad attraversare la strada. Tre ragazzini che erano
solitamente accompagnati da una bambina castana e seria e da un bambino con gli
occhiali. Ai Haibara e Conan Edogawa
non erano andati a scuola quella mattina. O meglio, ShihoMiyano e ShinichiKudo. Ciò voleva dire solo una cosa: Shinichi
era con Sherry, forse proprio in quella casa. Si sarebbe divertita a vedere il
seguito di quella storia: altro che comparsa, avrebbe fatto da spettatrice. E
poi, al momento giusto, si sarebbe ripresa il suo ruolo da protagonista.
Strinse gli occhi cercando di intravedere qualcosa nel buio.
Ma la penombra era troppa anche per le lenti del suo binocolo.
Capitolo
otto rivisto e pubblicato!! Spero vi sia piaciuto e vi abbia aiutato a staccare
per un attimo il cervello dalla quotidianità! =)
Passo
subito a ringraziare chi, con le sue magnifiche recensioni, mi sostiene ogni
capitolo di più, e cioè Yume98floravikshinichi e ran amore RanMouriKishraizumi__Neutron star collision_ Aya_Brea! Un gradissimo
ringraziamento ancora ad Aya_Brea che ha letto la storia tutta d’un fiato, ha
recensito tre capitoli e della cui fantastica fan fiction “Mia cara Sherry” io mi sono totalmente innamorata! Laconsiglio a tutti coloro a cui piace il
personaggio di Ai =)
Passo poi a
ringraziare di nuovo Aya_Brea e Lilla95 che hanno la storia tra le
ricordate, floravik(spero
sia andato tutto bene con il tema! Considerato che scrivi benissimo ,non credo
che ci siano stati problemi XD!)Kuroshirosinichi e ran amore _Neutron star collision_ che
hanno la storia tra le preferite e infine coloro che l’hanno tra le seguite,
cioè Aya_BreaciachaninfernapenergykurapKuroshiroLeak_kaeLLilla95
Sweet96 YukariKudo2000 izumi_ Alexia_chan e Yume98!
Grazie
anche solo a chi legge e, con la sua visita, mi rende felice!!
Ultima
cosa! Per chiarire ogni dubbio, la storia è ambientata in un universo un po’ a sé,
in cui Akai è ancora vivo, ma in cui l’FBI sa già di Kyr.. non mi ricordo più se l’ho già specificato o meno,
quindi lo dico per sicurezza =)
Non appena la porta si fu richiusa, Andre
Camel posò il suo bastone,si drizzò stiracchiandosi e si strappò di dosso
quegli odiosi baffi finti che gli prudevano come non mai. Non credeva che travestirsi
da vecchio potesse essere così poco gratificante. Altro che scene da film e
sparatorie, erano entrati in tutta tranquillità in casa senza che nessuno li
fermasse.
Accanto a lui, la signora anziana aveva cominciato a
camminare velocemente verso la porta del laboratorio, dove Conan la aspettava.
Si era tolta la parrucca e aveva rimesso gli occhiali, facendo attenzione a non
rovinare il suo trucco che la faceva sembrare molto più vecchia di quel che
era. Già, Jodie Starling non aveva nemmeno trent’anni:
eppure ora, grazie alla parrucca, al trucco e ad una buona dose di
interpretazione, ne dimostrava molti di più.
Scese in fretta le scale, credendo di ritrovarsi davanti due
bambini delle elementari. E invece, trovò un ragazzo seduto sul divano.
“Agente Jodie! Allora, ha visto qualcuno lì fuori?”
Il ragazzo si era improvvisamente alzato e le aveva posto
quella domanda. Sembrava ansioso di avere una risposta, ma Jodie non ci capiva
più nulla: sapeva solo di aver trovato ShinichiKudo, sparitoda
tempo, dove si sarebbe aspettata di trovare Conan Edogawa.
“Ma tu…?” disse, senza riuscire a
trovare le parole adatte.
“Sì, agente, sono io, sono Conan. Ma ora non c’è tempo di
spiegare, le dirò tutto più avanti. Ha visto qualcuno lì fuori?”
Jodie sorrise. L’aveva sospettato, sì, per un certo periodo
di tempo aveva creduto che Conan fosse in realtà Shinichi.
La somiglianza, la mente geniale di quel bambino.. tutto combaciava. Si riprese
dalla sorpresa iniziale e capì che non c’era molto tempo: le spiegazioni dovevano
essere rimandate.
“Sì, credo di aver intravisto qualcuno sul tetto della casa
di Shi.. volevo dire, di casa tua. Io e Camel ci
siamo travestiti da anziani e siamo entrati fingendo di essere amici del dottor
Agasa. Qui,” disse, prendendo la sua borsa, “Ci sono
tutte le cose che mi hai chiesto. Akai ha i vestiti
per te.”
Shinichi sperò che la loro
copertura non avesse insospettito quelli dell’Organizzazione. Ma ormai era
andata, e bisognava procedere.
“Perfetto. Salga le scale, la camera di Ai e la prima a
destra. Anche lei è tornata quella di prima, le porti questi vestiti.” disse,
indicando la borsa della donna.
“Va bene. Ma dopo voglio che tu mi spieghi tutto,
dall’inizio alla fine. Un’ultima cosa.. potrei continuare a chiamarti Conan?
Ormai ci sono abituata.”
“Certo agente. E Akai dov’è?”
“Si era nascosto nel bagagliaio della macchina, per evitare
che lo vedessero. Dovrebbe essere già entrato dall’accesso interno della casa
al garage.”
“Benissimo.”
Si separarono. Jodie corse verso la camera di Ai e Shinichi raggiunse gli altri. Quando piombò in soggiorno,
trovò l’agente Camel invecchiato di almeno trent’anni, il dottor Agasa che aspettava le sue istruzioni, e Akai, il quale era appena entrato.
“E tu chi sei?” chiese Camel, guardandolo attentamente: non
l’aveva mai incontrato.
“Sono io, Conan.” Rispose il ragazzo.
Si rese subito conto che la sua risposta poteva suonare del
tutto assurda. Conan era un bambino di sette anni, e lui, ora, era un ragazzo
quasi maggiorenne.
Nessuno parlò per qualche secondo. Poi, Akai
sorrise.
“Devo ammettere di non essere poi così stupito. Eri troppo
sveglio per la tua età. E troppo interessato all’Organizzazione. E così, ti è
toccata la stessa sorte di Sherry?”
“Si chiama Ai.” Rispose Shinichi,
non sorprendendosi che Akai avesse capito tutto in
meno di un minuto. Era davvero sveglio e dotato di un intuito infallibile: Shinichi doveva ammettere che loro due avevano molte cose
in comune.
“In realtà, si chiama Shiho. E
credo che appena mi vedrà, ci sarà un agente dell’FBI in meno sulla faccia
della terra.” Disse Akai. La sua voce era ironica, il
suo sguardo era tranquillo come sempre.
Shinichi sorrise. Anche in questo,
si trovava d’accordo con il suo amico.
“Ti ho portato alcuni dei miei vestiti, come mi hai
chiesto.”
“Grazie, Akai, ma ora non c’è tempo.”
L’uomo non sembrò preoccupato.
“Capisco. Beh, allora raccontaci la storia dall’inizio e
vediamo un po’ cosa hai in mente.”
Shinichi si sedette accanto al
dottor Agasa e iniziò a parlare. Iniziò da quella sera
al Luna Park, quando, spinto dalla curiosità, aveva visto qualcosa che non
doveva vedere. Raccontò di come l’APTX, invece di ucciderlo, l’avesse fatto
rimpicciolire. Poi narrò dell’incontro con Ai, di quando all’hotel di Haido l’Organizzazione non era riuscita a farla fuori,
raccontò tutto quello che c’era da raccontare, senza che nessuno lo
interrompesse, tutto, fino alla sera precedente. Tralasciò solo una cosa: e
cioè, l’incontro con AkemiMiyano
in punto di morte. Quello no, non era il caso di raccontarlo. Per lo meno, non
di fronte ad Akai.
Quando finì di parlare, calò il silenzio sulla sala. Il
dottor Agasa non aveva particolari idee da proporre,
l’agente Camel non sembrava aver compreso tutto nei minimi dettagli. Solo Akai lo fissava, con un velo di ammirazione negli occhi.
“Mi stupisci sempre
di più, ragazzino. Immagino che tu abbia già pensato a qualcosa.”
Shinichi sorrise: “ Ho pensato a
qualcosa, sì, ma non ne sono ancora del tutto convinto. Di sicuro non possiamo
accompagnare Ai né spiare direttamente il colloquio che avrà con Gin.”
“Una cosa è sicura.” Lo interruppe Akai,
“ Non appena Sherry uscirà di qui, questa casa salterà in aria.”
“Ma noi usciremo prima di lei.”
“E come vorresti fare? Se uscissimo tutti e cinque in
macchina, noterebbero uno di noi due. ”
“Tu ti nasconderai nel bagagliaio, come hai fatto prima. Io,
cercherò riparo sotto i sedili posteriori. Non dovrebbero vederci. Jodie ha
detto che qualcuno ci sta controllando dal tetto di casa mia. Uscendo dal
garage, diamo le spalle alla mia abitazione. Vederci è praticamente
impossibile.”
“Come vuoi. E a questo punto? Credo che ci faranno
pedinare.”
“Io non penso, il loro obiettivo è Ai. Lei resterà vicino ad
una finestra, in bella vista. Penseranno che ha abbia detto al dottor Agasa e ai suoi amici di allontanarsi, per proteggerli.”
“Comunque sia, il
signore qui di fronte ha le ora contate. Non aspetteranno molto ad eliminarlo.”
Disse, rivolgendo lo sguardo al dottor Agasa, il
quale si sentì gelare il sangue nelle vene.
“Io invece penso che esiteranno, eccome.” Disse Shinichi, sicuro di sé. “Credo che abbiano bisogno di Ai
per un qualche lavoro. La conoscono meglio di me, e sanno che si rifiuterà di
collaborare se non avrà la certezza che il dottore e i suoi amici siano vivi.
Poi, una volta terminato il lavoro, allora.. beh, allora tutti noi avremo le
ore contate. Ma abbiamo abbastanza tempo per elaborare un piano. Se Ai riesce a
guadagnare qualche giorno, potremmo riuscire a tender loro una trappola.”
“Sarà impossibile mettersi in contatto con lei. La
controlleranno.”
“Sì, ma abbiamo Kir dalla nostra
parte. Di lei si fidano.”
Ormai solo Akai e Shinichi parlavano. Gli altri tacevano, osservando i due
che ribattevano colpo su colpo le loro reciproche affermazioni. L’uomo era
tranquillo, come suo solito, ma si poteva leggere una certe dose di fermezza
nei suoi occhi. La fronte corrucciata confermava che non era immune alla
tensione del momento. Il ragazzo era assorto. Continuava ad alzarsi e poi a
risedersi. Ad un certo punto, aveva preso un foglio di carta, l’aveva
appallottolato e aveva iniziato a palleggiarci come se fosse un pallone da
calcio. Gesto del tutto inusuale, per chi non lo conosceva.
I quattro uomini restarono così, in silenzio, in attesa
dell’arrivo di Shiho e Jodie. Solo allora avrebbero
dato inizio alle danze.
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Al piano di sopra, nel frattempo, Jodie stava aiutando Shiho a cambiarsi. Le aveva portato i vestiti, come Conan
le aveva chiesto, e, soprattutto, le aveva portato quello strano reggiseno su
cui il ragazzo aveva tanto insistito.
Ed era proprio quello che adesso Jodie le stava allacciando.
“E così, Shinichi ti ha proposto
di inserire un microfono e un GPS nei gancetti del reggiseno. Che razza di
idea!” aveva esclamato Shiho, non appena Jodie gliene
aveva parlato.
“E’ un’idea geniale. Non credo proprio che qui potrà vederlo
qualcuno.” Disse Jodie, allacciandolo e assicurandosi che tutto fosse a posto.
L’agente dell’FBI, seduta sul letto, osservava la ragazza
cambiarsi. Le idee di Shinichi erano certo geniali,
ma il vero genio, l’unica mente davvero al di fuori dal normale, era quella
della diciottenne che le stava di fronte. Già, ShihoMiyano aveva solo diciotto anni. Era una ragazza
giovanissima, non ancora in età da università, e aveva già creato un farmaco
capace di rimpicciolire le persone. O di ucciderle. Senza contare che, solo con
le sue forze, era riuscita a trovare un antidoto. Davvero incredibile. Jodie
pensò quanto potesse servire al mondo un cervello come il suo.
“Cosa ti piacerebbe fare da grande, Ai?” le chiese, quasi
senza accorgersene. I suoi pensieri avevano parlato per lei.
Shiho si girò a guardarla, un po’
stranita, mentre si infilava i jeans.
“Non so se per me ci sia un futuro, Jodie. Può essere che
non veda l’alba di domani: non ti sembra un po’ eccessivo chiedermi cosa voglio
fare da grande?”
“Scusami.” Rispose lei, mortificata. Capì che non avrebbe
mai dovuto porle una domanda simile. Osservò la ragazza mentre si pettinava i
capelli. Era lei la sorella di AkemiMiyano, la ragazza con cui Akai
era stato fidanzato. E di cui, probabilmente, Akai
era ancora innamorato. Jodie sentì un dolore al cuore. Era la seconda volta, in
due giorni, in cui si rendeva conto di quanto Akai le
piacesse. Ma doveva smetterla di pensare a quelle sciocchezze! Ora bisognava
solo pensare alla vita di quella ragazza bruna.
“Medicina.”
Jodie si riscosse di colpo dai suoi pensieri. Shiho la stava guardando con due grandi occhi azzurri e
malinconici.
“Medicina.” Ripeté, posando la spazzola sul comodino. “Mi
piacerebbe studiare medicina e diventare una ricercatrice.”
Jodie sorrise. Poteva percepire tutta la tristezza del mondo
nel viso della ragazza.
“Hai la stoffa giusta per diventare una grande ricercatrice.
Sarai un futuro premio Nobel!”
“Vorrei solo riuscire a salvare più persone di quelle che ho
ucciso.”
Shiho si era avviata verso la
porta, e teneva la mano ferma sulla maniglia. Jodie poteva vedere le sua dita
tremare leggermente.
“Vedrai, realizzerai il tuo sogno. Andrà tutto bene, Shiho.”
“Lo spero.”
Jodie le si avvicinò, passandole un braccio intorno alle
spalle.
“Hai paura?”
“No. Sto facendo la cosa giusta. Ora,non ho paura di trovarmi davanti loro. Ho
paura di tornare a fare qualcosa che non voglio fare. Preferirei morire,
piuttosto che ritornare a creare veleni per quella gente.”
“Non accadrà. Vedrai, non accadrà. Cattureremo quei
bastardi.”
Le dita di Shiho continuavano a
tramare. Si voltò a guardare Jodie, e le sorrise. Aveva gli occhi lucidi.
“Grazie, agente. Farò del mio meglio, questa sera. Ma ci
tengo a ringraziarla per tutto quello che ha fatto per me.”
Le sue parole suonavano come addio. Jodie non voleva
crederci, non poteva davvero finire così. La abbracciò forte:
“Certe cose non devi nemmeno pensarle. Ora scendiamo, gli
altri ci stanno aspettando.”
Scesero le scale velocemente. Shiho
non poteva fare a mano di pensare a cosa stava andando incontro. Continuava a
ripetersi mentalmente che doveva mantenersi calma. Se non voleva che i suoi
amici rischiassero la vita, avrebbe dovuto fare tutto ciò che Gin le avrebbe
chiesto. Respirò a fondo, cercando di fermare il tremolio che si era
impossessato delle sue dita. Accidenti, era accaduto tutto così in fretta. Fino
all’altro ieri non aveva ancora completato l’antidoto, viveva come una tranquilla
bambina e.. La sua mente andò in black out quando
arrivò in soggiorno, dove gli altri la stavano aspettando. Sul divano, accanto
ad un uomo che doveva essere il complice di travestimento di Jodie, sedeva una
persona. Capelli corti, berretto che arrivava quasi fino agli occhi. Sguardo
tranquillo, spalle appoggiate sullo schienale. Gambe accavallate, braccia
incrociate. Non aveva alcun dubbio. Era
lui.
Shinichi le stava parlando, ma lei
non lo sentiva. Aveva gli occhi fissi su di lui, occhi increduli e sbarrati.
Jodie la stava scuotendo, ma il suo corpo non reagiva.
Doveva essere impallidita. Sudava freddo.
Era come essere in una bolla di sapone. Non capiva nulla di
ciò che le accadeva intorno, non vedeva nulla tranne una cosa: lui.
Sentiva la rabbia crescerle dentro. Una rabbia enorme,
incontrollabile. Strinse i pugni tremanti. Quando lui si girò a guardarla, la bolla di sapone esplose. Non riuscì a
controllare la rabbia. Mosse qualche passo fermo e incerto allo stesso tempo,
le gambe traballanti e strette nei jeans a sigaretta a cui non era più
abituata. Si fermò davanti a lui.
“Tu…” iniziò, indicandolo. L’uomo
si era alzato. La fissava con i suoi due occhi a mandorla, uno sguardo strano e
indecifrabile. Stava scrutando il suo viso, i suoi lineamenti, forse nella
speranza di rivedere quelli di qualcun altro. Ma Akemi
e Shiho non si somigliavano. Erano sempre state
diverse.
“Tu..” ripeté sibilando. Poi, la sua voce esplose: “E’ tutta
colpa tua! Tutta colpa tua se lei è morta! L’hai uccisa tu, hai ucciso tu mi
sorella, bastardo! Come hai potuto scappare senza di lei??! Lei ti amava.. mi
fai schifo!”
Aveva iniziato a piangere. I suoi pugni tremanti e privi di
forza colpivano Akai in pieno petto.
“Ai! Ai, calmati ti prego!” esclamò Shinichi,
mentre cercava di allontanarla. L’aveva abbracciata da dietro, nel tentativo di
separarla da Akai.
“Lasciami stare Shinichi! Io lo
odio, lo uccido! E’ tutta colpa sua se Akemi è
morta!”
L’aveva fatto. Aveva pronunciato il nome della sorella. Akai sentì una fitta al cuore, ma il suo sguardo rimase
imperturbabile.
“Tu lo sapevi!” continuava imperterrita Ai, cercando di
divincolarsi dall’abbraccio di Shinichi e continuando
a indicare l’uomo che le stava di fronte, “Tu lo sapevi che l’avrebbero uccisa!
E te ne sei fregato.. l’hai usata solo per i tuoi scopi e, non appena non ti è
più servita, l’hai buttata via come un sacco della spazzatura! Sei uno
stronzo!”
Shiho parlava senza più controllo.
Urlava, inveiva, e nessuno riusciva a fermarla. Shinichi
e Camel, a viva forza, riuscirono ad allontanarla dal suo bersaglio. Jodie non
potevamuovere un solo dito, o forse non
voleva: capiva perfettamente la rabbia di quella ragazza. Fissava Akai come una statua di pietra. Il dottor Agasa cercava di raccapezzarsi, ma faceva fatica a
comprendere la conversazione.
“Lasciatela stare.”
Akai aveva pronunciato quella
frase con tono freddo e imperioso. Non ammetteva repliche. Camel si allontanò
da Shiho, mentre Shinichi
continuava a tenerla stretta a sé.
“Non vedi che è sconvolta? Come posso lasciarla stare?” gli
chiese il ragazzo.
“Lasciala stare, ho detto.”
Akai si era avvicinato. Era di
fronte a Shiho, faccia a faccia. La guardò negli
occhi, e nello sguardo furioso e appannato dalle lacrime della ragazza rivide
per un attimo Akemi. Scostò Shinichi
con un braccio e si rivolse ad Ai, che ora non urlava più, ma lo guardava con
due occhi infuocati.
“E va bene, Shiho. Fai come vuoi,
allora.”
Estrasse la pistola dai pantaloni e la porse alla ragazza:
“Uccidimi, se credi sia questo che Akemi voglia.”
Nessuno si muoveva. Shiho era
immobile, sentiva il peso della pistola fra le mani. Avrebbe potuto premere il
grilletto, fare giustizia almeno in parte. Ma a cosa sarebbe servito? Sentiva
su di sé lo sguardo ansioso di Shinichi.
Lei non voleva più fare del male a nessuno. E di sicuro, non
era quello che Akemi avrebbe voluto.
Gettò la pistola per terra.
“Non nominare Akemi in mia
presenza.” Disse decisa, “E io non voglio il tuo aiuto.”
Si sedette sul divano, asciugandosi le lacrime con il dorso
della mano. Shinichi le si era avvicinato e le aveva
stretto la mano, facendole poggiare la testa sulla sua spalla e accarezzandole
i capelli.
Guardandoli, Akai non poté fare a
meno di pensare ad Akemi. Akemi
che piangeva, mentre gli rivelava di aver capito da tempo il suo piano, ma di
aver continuato a frequentarlo lo stesso. Akemi che
gli diceva che lo amava e lo avrebbe amato, qualsiasi cosa fosse successa.
Guardandoli, giurò a se stesso che avrebbe protetto Shiho, a costo della vita: era quello ciò che Akemi avrebbe voluto. Non si accorse che Jodie aveva
raccolto la sua pistola e gliela stava porgendo. Non si accorse che Jodie
avrebbe voluto prenderlo per mano, ed appoggiare il capo sulla sua spalla,
proprio come Ai aveva fatto con Shihichi. Non si
accorse che c’era un donna, accanto a lui, che lo amava come non aveva mai
amato nessuno in tutta la sua vita.
Chiedo
perdono per il ritardo, ma tra una cosa e l’altra sono riuscita a postare solo
oggi! Chiedo inoltre perdono a tutti coloro che volevano in questo capitolo il
confronto Shiho-Gin ! Mi spiace, dovrete attendere il
prossimo.. ho voluto dedicare un intero capitolo a Shiho
e a Shiho-Akai.. mi sembrava giusto così =) Spero vi
sia piaciuto!
Prima di
dimenticarmene, preciso subito una cosa: non amo inserire parolacce nelle mie
storie (c0me avrete capito, almeno penso), ma in questo caso l’aderenza al vero
ha prevalso! Mi spiego meglio: quando scrivo, mi immedesimo totalmente nel
personaggio che sto facendo agire e parlare. Ora, io, al posto di Ai, quello “stronzo”
penso che l’avrei detto.. Solitamente non dico parolacce, però quando siamo
arrabbiati scappano a tutti no? In ogni caso, mi scuso se ho infastidito
qualcuno!
Passo
subito ai ringraziamenti! Per avermi allietato questi odiosi pomeriggi pieni di
compiti con le loro recensioni, ringrazio Aya_BreaAlexia_ChanKishrainfernapenergy Yume98 shinichi e ran amore izumi_ _Neutron star collision_ e floravik! =) Grazie graziegrazie!
Ringrazio
tutti coloro che hanno la storia tra le preferite, cioè floravikinfernapenergy I_Am_She Kuroshiroshinichi e ran amore ShinkyRozenMaiden
Yume98 e _Neutron star collision
=)
Poi, grazie
Aya_Brea e Lilla95 che hanno la storia tra le
ricordate e a tutti coloro che la seguono, cioè Aya_BreaciachaninfernapenergykurapKuroshiroLeak_kaeLLilla95 Sweet96 YukariKudo2000 izumi_Alexia_chan Crystal Mizuki …
Quasi
dimenticavo! Ringrazio Yume98 che mi ha inserito tra gli autori preferiti! Sei
troppo buona!
Ma la
verità è che siete TUTTI davvero fantastici! Mi date un sostegno immenso!!! Non
credo di aver dimenticato nessuno nei ringraziamenti.. in caso contrario, siete
autorizzati a protestare =)
Ok, la
smetto di parlare….
Spero di
leggere qualche vostra opinione su questo capitolo! Grazie comunque anche solo
a chi legge =)
La voce di Vermouth raggiunse l’orecchio di Gin in meno di
un secondo, e, altrettanto velocemente, si diffuse nella macchina dove Vodka
stava fumando una sigaretta.
“Che è successo?” aveva risposto l’uomo dai capelli biondi.
Stava appoggiato al muro del magazzino da più di un’ora. Erano le dieci,
mancava ancora tempo. Ma qualcosa gli diceva che Sherry sarebbe arrivata in
anticipo. Si guardò intorno. Chianti era davvero ben nascosta, da quella
posizione lui non poteva vederla. Korn, invece,
controllava l’ingresso della via. Non era arrivato nessuno: Sherry, forse,
aveva davvero tenuto la bocca chiusa.
“La macchina degli amici del vecchietto sta uscendo dal
garage. Vediamo un po’.. ci sono i soliti due, mentre seduto dietro abbiamo il
nostro amabile dottore. Non c’è nessun altro. Ma mi danno le spalle, non riesco
ad esserne sicura. Stanno uscendo. Oh, guarda un po’..”
“Cosa hai visto?” a parlare, questa volta, era stato Vodka.
“La nostra Sherry è affacciata alla finestra. Sta guardando
il suo amichetto andare via. Seguo la macchina?”
Gin rifletté qualche secondo: “No, lascia stare. Li possiamo
rintracciare in ogni momento, non è un problema. Piuttosto, appicca il fuoco
non appena Sherry esce. Elimina ogni possibile prova.”
“Come vuoi, Gin.” Rispose lei, la voce un po’ delusa,
“Speravo in qualcosa di meglio.”
La conversazione si chiuse.
---------------------
Dalla finestra della camera del dottor Agasa,
Shiho poteva vedere i suoi amici allontanarsi. Si
sentiva osservata: qualcuno la stava probabilmente spiando. Evitò di guardarsi
intorno e richiuse la finestra. Erano da poco passate le dieci. Mancava ancora
tempo, ma era meglio affrettarsi. Aveva intenzionedi raggiungere le vicinanze del luogo
dell’appuntamento in autobus, per poi muoversi a piedi. Era sicura che Gin
fosse già lì ad aspettarla. Calzò un cappello con la visiera, un paio di
occhiali da sole e si avviò verso la porta. Non voleva che nessuno potesse
riconoscerla: gli uomini dell’Organizzazione non avrebbero esitato a uccidere
chiunque fosse entrato in contatto con lei. Quando richiuse la porta dietro di
sé, sentì un macigno che le premeva sullo stomaco. Sapeva che non avrebbe mai
più rivisto quella casa. Nessuno l’avrebbe mai rivista. Povero dottor Agasa, la sua casa sarebbe andata distrutta, e tutto per
colpa sua! Shiho non poteva perdonarselo. Shinichi aveva portato con sé i dischi contenenti i dati
sull’antidoto e sulle altre ricerche di Ai e del dottore, ma questo non bastava
a darle pace. Provò a non pensarci, e ripose le chiavi in tasca.
Si incamminò. Sentiva ancora due occhi ben fissi su di lei,
e quello sguardo invisibile le faceva attorcigliare lo stomaco. Chi la stava
seguendo? Vodka? O forse Chianti, appostata sul tetto di un palazzo? O ancora
Vermouth? Già, forse era proprio lei a fissarla con quei due occhi azzurri
freddi come il ghiaccio. Quando svoltò, quella brutta sensazione svanì. Camminò
ancora per un po’. Gli occhiali da sole le impedivano di muoversi agilmente:
non vedeva quasi nulla, e doveva tenersi accostata ai lampioni per non sbattere
da qualche parte. Chi passava vicino a lei, si girava a osservarla con
curiosità. Jeans stretti, scarpe da tennis, t-shirt, viso nascosto da due
occhiali da sole e da un capello con visiera ben calzato: che strana ragazza! Shiho poteva immaginare i loro pensieri. Passò accanto ad
una fermata dell’autobus e fece per fermarsi. No, pensò poi, aspetterò alla
successiva. C’era un posto che voleva rivedere. Camminando con passo lento ma
deciso, passò davanti all’agenzia investigativa Mouri.
Ecco, era arrivata. Alzò lo sguardo. Le luci era ancora accese. Una ragazza era
affacciata alla finestra, lo sguardo malinconico perso nel vuoto. Era Ran. Istintivamente, Shiho fece
per alzare la mano in segno di saluto. Che stupida, pensò subito dopo. Ran non la conosceva. Si sarebbe spaventata vedendo una
ragazza sconosciuta con il volto completamente coperto che la salutava. Diede
un’ultima occhiata alla porta davanti alla quale aveva aspettato Conan ogni
mattina per mesi e mesi, e poi andò a sedersi alla fermata dell’autobus.
La sua linea non tardò ad arrivare. Salì, timbrò il
biglietto. Il mezzo non era molto pieno. Andò a sedersi in fondo, si rannicchiò
nell’ultimo posto accanto al finestrino. Davanti a lei c’era una donna bruna
che continuava a digitare messaggi, ma Shiho non
sentiva il ticchettio dei tasti. Un anziano seduto dall’altra parte cadde
cercando di avvicinarsi alle porte, ma Shiho non
accorse ad aiutarlo. Un uomo le chiese se il posto accanto a lei era libero, ma
Shiho non gli rispose. Una bambina continuava a dare
ditate sul vetro, urlando che una casa nelle vicinanze veniva divorata dalle
fiamme , ma Shiho non alzò lo sguardo per vedere la
colonna di fumo che andava ad annerire il cielo.
Scese al capolinea. Era l’unico passeggero rimasto fino alla
fine del tragitto. Il conducente la guardò stranito mentre lei usciva, ma non
ci fece caso. Erano le undici e un quarto. In meno di un quarto d’ora sarebbe
arrivata al luogo dell’appuntamento. Chissà cosa stavano facendo Shinichi e gli altri: probabilmente, erano
nell’appartamento di Jodie, in silenzio, le orecchie tese a captare ogni minimo
rumore proveniente dalla ricetrasmittente che avevano collegato al computer
della donna.
“Sono quasi arrivata.” Mormorò Shiho,
nella speranza che potessero sentirla.
Un gatto randagio le schizzò davanti. Fece un balzo
indietro, spaventata. Non c’era anima viva, a parte quei felini neri che
scorazzavano da un capannone all’altro. Era tutto abbandonato. Ricominciò a
camminare, il calpestio delle suole sul cemento che le teneva compagnia. Quante
volte aveva percorso quella strada con il cuore in gola. Era il suo luogo di
ritrovo. Ognuno ne aveva uno all’interno dell’Organizzazione, e solo Gin
conosceva quello di tutti i suoi sottoposti.Si sentiva nuovamente osservata. Di sicuro, qualcuno stava controllando
l’ingresso della via. Non si curò di accertarsene. Camminò fino all’ingresso del
suo capannone. Tolse gli occhiali da sole e intravide la porsche
nera di Gin parcheggiata in fondo al viale. Le sue possibilità di fuga in caso
di bisogno erano pari a zero. Si fece coraggio ed entrò. La prima cosa che la
colpì fu un forte odore di fumo. Sorrise. Lui era già lì.
“Avanti Gin, vieni fuori. So che sei qui. Facciamola finita
con i giochetti.”
Sentì una risata provenire dal buio. Si girò, ma non riuscì
a vedere nulla. Poi, ci fu qualche passo. Ancora nulla.
“Sveglia come al solito, Sherry.”
Le stava parlando dall’angolo opposto del capannone. La sua
voce rimbalzava fra i scatoloni sparsi ovunque, fino a colpire le orecchie di
lei.
“Solo tu fumi delle sigarette capaci di infettare l’aria di
un magazzino intero.” Rispose acida.
Gin fece qualche passo avanti, stagliandosi nella flebile
luce che proveniva dalle finestre sfasciate. Shiho lo
fissò senza scomporsi: alto, capelli lunghi, mani in tasca, sigaretta in bocca.
Non era cambiato per niente.
“Ti trovo in forma, Sherry.” Le disse, squadrandola da capo
a piedi.
“Saltiamo i convenevoli. Che cosa vuoi?”
Gin scoppiò a ridere. La sigaretta gli cadde per terra, ma
non ci fece caso. Continuava ad ardere vicino ai suoi piedi. Poi, lui le si avvicinò.
“Ci tenevo a salutarti e a congratularmi con te. Sai,
l’ultima volta che ti ho vista eri una bambina delle elementari che passeggiava
tranquillamente in compagnia dei suoi amichetti.”
“Non nominarli.”
“Come sei scontrosa. Volevo solo farti i complimenti per
aver trovato un antidoto all’APTX.”
Shiho era ferma, non si era mossa
di un solo millimetro. L’uomo, invece, le camminava intorno con passi lenti. Ad
un certo punto, si fermò dietro di lei. Con un dito,tastò il colletto della sua
t-shirt. Shiho sorrise.
“Non ho alcun microfono addosso. Non sono così stupida da
coinvolgere altra gente in questa storia.”
Sentiva il dito di lui sfiorarle la schiena lentamente. Si
mordeva il labbro per trattenersi: avrebbe voluto strappargli di dosso la sua
pistola e scaricargliela contro. Quando poi il dito di lui si fermò sul
gancetto del reggiseno, sentì un vuoto allo stomaco. Raggruppò tutte le sue
forze per rimanere calma. Non doveva insospettirlo. Alla fine, quell’odioso
contatto cessò.
“Proverò a fidarmi. Ma sai bene cosa succederà se mi
racconterai qualcosa di sbagliato. Il primo della lista è il dottore,i bambini
avranno qualche giorno di vita in più..” disse distrattamente, come se stesse
parlando di una partita di bowling e del suo strike vincente.
“Non dire altro!” esclamò Shiho,
“Farò quello che volete.”
“Così mi piaci.” Affermò, facendo tornare gelida la sua
voce.
“Cosa vuoi da me?”
“Ho una proposta da farti. Ti rivogliamo con noi, Sherry.”
La ragazza non riuscì a credere alle sue orecchie. No, non
poteva essere vero. Di sicuro era una trappola. L’Organizzazione non perdonava
i traditori.
“Perché dovrei crederti?”
Gin si appoggiò al muro, vicino all’entrata. La sigaretta
continuava a bruciare, dimenticata, per terra.
“Vedi, quando sei riuscita a scappare abbiamo cercato
qualcuno che potesse sostituirti. Era un’eredità difficile, la tua. Alla fine
riuscimmo a trovare uno scienziato che credevamo degno di assumere il ruolo che
era stato tuo. Dopo poco tempo,scoprii la maniera in cui eri riuscita a
fuggire: ingerendo l’APTX e rimpicciolendo il tuo corpo. Incominciai a capire
che la tua mente è geniale, Sherry, e che nessuno avrebbe potuto sostituirti.
Comunque sia, gli ordini erano di farti fuori, e io dovevo eseguirli. Ho
continuato a darti la caccia. Nel frattempo, il dottorino con cui ti avevamo
sostituita ci ha tirato un brutto scherzo. E proprio ieri sera.. beh, come
dire, Vodka gli ha dato un biglietto di sola andata per l’inferno.”
“Siete dei mostri.” Commentò Shiho.
Gin la ignorò: “Tenevamo sotto controllo il tuo computer, e
così scoprimmo che stavi lavorando all’antidoto per l’APTX. Ho aspettato che lo
completassi per contattarti. Voglio che tu ritorni a lavorare per noi. Nessuna
mente può essere paragonata alla tua. Mi spiace dirlo, ma sei insostituibile.”
Gin fissava Shiho con occhi
gelidi, in attesa di una risposta.
-Come se potessi scegliere.- pensò la ragazza.
Restò ancora qualche minuto in silenzio. La sigaretta si era
consumata quasi del tutto.
Tornare a lavorare per l’Organizzazione? Era l’ultima cosa
che avrebbe voluto. Ma doveva mettere al primo posto la sicurezza dei suoi
amici. Per lei, ora, erano la cosa più importante.
“E va bene, ci sto. Ma ad una condizione.”
“Sentiamo.”
“Lasciate starei
miei amici.”
Gin sorrise sprezzante: “Ci chiedi troppo Sherry. Non credo
che tu sia nella condizione di trattare.”
“Invece sì. Se saprò che avete torto anche un solo capello
alle persone che sono venute in contatto con me, allora mi rifiuterò di
collaborare. Userò ogni mezzo. Anche togliermi la vita, se necessario.”
La voce e lo sguardo erano determinati. Parlava sul serio.
“Per il momento, li lasceremo stare. Ma fai un passo falso,
e sono tutti morti.”
Shiho sentì un brivido correrle
lungo la schiena. Annuì.
“Datemi un appartamento e un laboratorio e farò quello che
volete.”
Gin le si avvicinò.
“Vedo che ci intendiamo, Sherry.”
Si fece ancora più vicino. La sigaretta per terra era ormai
ridotta all’osso.
Shiho non gli staccava gli occhi
di dosso, osservava ogni suo più piccolo movimento. Le si avvicinò talmente che
poteva sentire il suo respiro. L’odore sprezzante della nicotina le perforò le
narici. Gli occhi gelidi di lui la immobilizzavano. Improvvisamente, sentì
qualcosa di freddo che le premeva sul collo. Gin sorrideva.
“E ora, sogni d’oro, mia dolce Sherry.”
Ebbe l’impressione che una spina le si conficcasse nel
collo. Qualcosa la stava pungendo. Poi, gambe e braccia si fecero molli,
incapaci di reggerla. Cadde a terra. Le palpebre erano pesanti, per quanto si
sforzasse non riusciva a tenerle aperte.
L’ultima cosa che vide fu la sigaretta ormai del tutto
spenta.
E siamo
arrivati al decimo capitolo! =) La storia in totale è composta di 17 capitoli,
per cui abbiamo ormai superato la metà!
Finalmente,
ecco l’incontro Shiho-Gin.. spero vi sia piaciuto, ho
provato a renderlo nel miglior modo possibile.. Mi farebbe molto piacere sapere
cosa ne pensate! =)
Passo
subito a ringraziarvi! Per le loro bellissime recensioni, ringrazio izumi_ Aya_Brea
Alesaphi24 floravik Yume98 shinichi
e ran amore Alexia_ChanKishra_Neutron star collision_ … dire che le vostre recensioni mi rendono
felice non basta per descrivere ciò che provo ogni volta che leggo un commento!
Grazie graziegrazie e
ancora grazie!
Un
ringraziamento poi a chi ha la storia tra le seguite, cioè Alesaphi24Aya_BreaciachaninfernapenergykurapKuroshiroLeak_kaeLLilla95
Sweet96 YukariKudo2000 izumi_Alexia_chan Crystal
Mizuki_kid_ !
Ringrazio
inoltre tutti coloro che hanno la storia
tra le preferite, cioè floravikinfernapenergy
I_Am_She Kuroshiroshinichi
e ran amore ShinkyRozenMaiden Yume98 e _Neutron star collision =)
Poi, grazie
Aya_Brea e Lilla95 che hanno la storia tra le
ricordate =) e grazie a shinichi e ran amore per avermi aggiunta tra gli autori preferiti
<3
Aggiornerò
il prima possibile, devo solo ricontrollare un paio di cose del prossimo
capitolo!
Shinichi era seduto davanti al
computer. Avevano ascoltato l’intera conversazione, e le parole di Gin non
avevano fatto che confermare le sue ipotesi. Aveva sospettato che
l’Organizzazione avesse contattato Ai per qualche lavoro, ma non avrebbe mai
immaginato che Gin le chiedesse di tornare definitivamente tra loro. Si voltò
per capire se Akai fosse stupito quanto lui, ma
l’uomo si manteneva impassibile. Anzi, aveva stampato in faccia quel suo strano
sorrisetto che sfoderava ogni volta che le cose prendevano una strana piega. Il
volto di Jodie era, invece, molto più angosciato: sentiva addosso tutta
l’importanzadella missione e si rendeva
conto che, quella volta, avrebbero potuto centrare il bersaglio. Bisognava
agire con cautela, predisporre tutto e poi sparare un solo colpo, dritto al
cuore dell’Organizzazione.
“Silenzio.” Intervenne James Black,
“credo siano saliti in macchina.”
Black aveva ragione. Dopo qualche
secondo, sentirono nuovamente una voce. Shinichi la
riconobbe subito: era la voce di Vodka.
“Tutto a posto, capo?”
“Richiama Chianti e gli altri. Andiamo via da qui.”
“Agli ordini, capo. Vermouth ha già lasciato la sua
postazione.”
Gin non rispose a quest’ultima affermazione. Cadde di nuovo
il silenzio sulle casse del computer di Jodie.
“Se la portassero nell’appartamento a lei destinato, sarebbe
un gioco da ragazzi tender loro un agguato. Con il GPS risaliremo al luogo.”
Disse Camel, sicuro di sé.
Akai scosse la testa: “Non sono
così stupidi. La porteranno da qualche parte, la faranno cambiare da capo a
piedi e poi la trasferiranno. Io, al loro posto, agirei così.”
“Bisogna mettersi nei loro panni per capire ciò che faranno.
Akai ha ragione, non credo che sarà tutto così
semplice.” Intervenne Jodie.
“Tu cosa ne pensi, Shinichi?” chiese
Akai.
Il ragazzo non rispose subito. Fissava lo schermo del
computer, non staccava gli occhi da quella pallina colorata che si muoveva per
le vie della città. La Porsche 356 A di Gin si stava dirigendo verso il
quartiere di Ota-ku, procedendo a velocità regolare
nelle strade ormai semideserte della città. Era l’una e mezza di notte. Ormai
anche la metropoli più vasta del Giappone si stava pian piano addormentando.
“Seguite il loro tragitto.” Si limitò a rispondere Shinichi.
“Vanno ad Ota-ku..” disse Camel,
non trovando il nesso logico tra il loro problema principale e il quartiere di Ota-ku.
Ci pensò l’agente Jodie a chiarire le idee: “Ma certo! Ota-ku! E’ il quartiere dove abita Rena!”
“Esattamente.” Confermò Shinichi,
sorridendo, “il che vuol dire che, molto probabilmente, la stanno portando da
lei. Si fidano di Rena. Lei potrebbe essere il nostro asso nella manica.”
Il puntino rosso nello schermo del computer si fermò.
-Ci siamo- pensò Shinichi,
leggendo il nome della via. Era proprio il luogo dove abitava Rena. Che fortuna
sfacciata! C’era solo una cosa che lo preoccupava. Qualcosa gli diceva che Gin
non avrebbe facilmente tolto gli occhi di dosso alla sua amica. Povera Ai! Se
la immaginò lì, addormentata, riversa sui sedili posteriori di quella maledetta
Porsche nera.
No, non doveva pensarci. Doveva mantenersi lucido.
L’emotività era la prima nemica di un detective. Non sarebbe servito a nulla
farsi trascinare dai sentimenti.
“Aspettami qui, non ci metterò molto.”
La voce di Gin aveva nuovamente fatto capolino nella sala.
Tutti rimasero in ascolto.
Si sentì il rumore di uno sportello che si apriva, poi il
rumore di uno sportello che si chiudeva, poi un altro sportello aperto, un
fruscio, uno sportello chiuso, il tintinnare di un mazzo di chiavi, il rumore
di una porta sbattuta. Passi pesanti, di nuovo tintinnare di chiavi, il rumore
di una serratura che scatta.
Shinichi chiuse gli occhi e lasciò
che quei rumori guidassero la sua immaginazione. Poteva vedere tutto. Gin che
apriva lo sportello e lo richiudeva dietro di sé. Gin che apriva lo sportello
posteriore, prendeva in braccio Shiho, richiudeva lo
sportello. Gin che estraeva un mazzo di chiavi, spalancava il cancello del
dell’abitazione, Gin che camminava con passi pesanti, Shiho
ben stretta in braccio, Gin che apriva la porta della casa.
Ecco ci siamo.. ora qualcuno avrebbe parlato..
I sospetti di Shinichi furono
confermati. Si sentì una voce femminile.
“Sei in anticipo.”
Gin non calcolò l’osservazione della donna: “Occupati di lei
per questa notte. Domani sera passerò a prenderla. Assicurati che non abbia
alcun microfono addosso e se ce l’ha, eliminalo. Non fare passi falsi, Kir.”
La donna rispose prontamente: “Non preoccuparti, lascia fare
a me.”
La porta sbatté di nuovo. Poi, non si udì più alcun rumore.
--------------------
Gin salì in macchina. Per quella notte, il lavoro era
concluso. Si accese una sigaretta, la sua immancabile compagna di viaggio. Non
aveva più voglia di pensare a nulla. Per una volta nella sua vita, si sentiva
stanco anche lui.
“E così, l’hai portata da Kir.
Avevi detto che non c’entrava nulla con questa operazione.”
L’uomo dai capelli biondi trasalì. Una voce proveniva dai
sedili posteriori della macchina. Non si girò per controllare chi fosse. La
conosceva fin troppo bene quell’odiosa voce femminile.
“Che ci fai qui, Vermouth?”
La donna fece spallucce, e si lasciò andare sullo schienale
del sedile: “Sai com’è, qualcosa mi diceva che avresti portato qui Sherry. Sai
che non mi sono mai fidata di te, Gin.”
Poi, appoggiò i gomiti sullo schienale del sedile anteriore
e bisbigliò all’orecchio dell’uomo: “Sai, è inutile raccontare bugie alle
donne. Loro sanno sempre quando un uomo mente.”
Quella voce che sarebbe suonata sensuale alle orecchie di
qualsiasi uomo, faceva invece perdere la pazienza a Gin. Inutile, non la
sopportava. Ma doveva trattenersi, dato che era la preferita del capo. Non
rispose alla provocazione della donna e giurò a se stesso che, al suo primo
passo falso, le avrebbe piantato una pallottola in testa.
“Perché non l’hai affidata a me, Gin? Sai che l’avrei
trattata con i guanti.” Disse con una punta di sarcasmo nella voce.
“Capo, in realtà anche io penso che Kir
non sia la persona più adatta per..” iniziò Vodka, un po’ titubante.
“Fate silenzio.”
La voce di Gin era perentoria. Vodka si zittì
immediatamente. Ma la donna bionda no, non aveva paura di nessuno e soprattutto
dell’uomo che le sedeva davanti.
“Avanti, perché non ci racconti cosa hai in mente.”
Gin la prese in controtempo: “Perché non ci racconti cosa
hai in mente tu, Vermouth? Qualcosa non mi convince nel tuo comportamento.
Potrai ingannare gli altri, ma sai che io non mi faccio facilmente prendere in
giro.”
La macchina intanto aveva cominciato a muoversi, procedevano
velocemente per le vie della città, allontanandosi dal quartiere di Ota-ku.
“Uff, parlare con te è sempre così
poco eccitante. Accosta, Vodka. Ho parcheggiato la mia moto qui vicino. La
notte è ancora giovane, e non ho certo intenzione di passarla con due come
voi.” Disse, con tono sprezzante.
“Falla scendere, prima che perda la pazienza.”aggiunse Gin.
Vodka non poté far altro che accostare. Vermouth scese con
fare seccato, senza nemmeno salutare.
Prima di chiudere dietro di sé lo sportello, si limitò a dire:
“Ho intenzione di combattere la mia battaglia, Gin.”
Si avviò con la sua
camminata lenta e provocante dalla parte opposta rispetto a quelle in cui
stavano procedendo. Si muoveva agilmente sui suoi tacchi alti, i capelli che
fluttuavano ad ogni passo. Gin la guardò dallo specchietto retrovisore finché
non divenne solo un puntino nel buio. La sua battaglia, eh? Cosa aveva
intenzione di fare?
“Capo, qual è il piano?” chiese Vodka, ora che l’assenza di
Vermouth aveva nuovamente rilassato l’atmosfera.
“Voglio vedere come se la cava Kir.
Vermouth ha dei sospetti su di lei. Per quanto odiosa, quella donna ha buon
fiuto. Vale la pena di controllare.”
“Capisco. Per quanto riguarda Sherry?”
“Le ho già trovato un luogo sicuro, lontano da orecchie ed
occhi indiscreti.”
Vodka sorrise: “Hai sempre tutto pronto, capo.”
La macchina iniziò a sfrecciare a forte velocità per le vie
della metropoli. Un puntino nero che schizzava da una parte all’altra, una nave
impazzita in un mare di cemento. Nessuno avrebbe potuto vederli: le palpebre
della città erano chiuse ormai da un pezzo.
--------- -----------
Una flebile luce entrava dalle tende appena scostate. Un
dolce raggio di sole colpiva i suoi occhi ancora assonnati, e faceva pian piano
riprendere conoscenza alla sua mente. Si voltò dall’altra parte e affondò la testa
nel cuscino: no, non poteva già essere ora di alzarsi. Non aveva voglia di
andare a scuola, quel giorno. Era troppo assonnata. Pensò che sarebbe rimasta a
letto, sì, avrebbe finto di essere malata. Tanto tutte le cose che insegnavano
nella sua scuola lei le conosceva già.
Si stropicciò le palpebre con il dorso della mano, ed aprì
piano gli occhi. Una stanza che non conosceva le si presentò davanti.
Spaventata, si alzò a sedere. Guardò le sue mani: erano
grandi.
Ricordò tutto di colpo. Che stupida, aveva creduto di essere
ancora Ai. Di trovarsi ancora nella sua gabbia d’oro che era il suo corpo da
bambina. Si guardò intorno, spaesata. Gin doveva averla addormentata. E ora,
chissà dove si trovava.
Indossava un pigiama bianco non suo. Non aveva più il suo
reggiseno. Improvvisamente un paura incontrollabile si impossessò di lei: cosa
le era successo? Gin l’aveva forse scoperta? Dov’era il microfono? Dov’era Shinichi? Ora lui non poteva più sentirla. Si sentì persa.
“Ti sei svegliata.”
Shiho alzò lo sguardo. Una donna
la stava ascoltando, appoggiata allo stipite della porta. Doveva essere una di
loro. Che strano, eppure non sentiva alcuna particolare sensazione. Di fronte a
lei non tremava, non le si mozzava il fiato, non sudava freddo. Ma era meglio
mantenersi sulla difensiva.
“Chi sei?”
“Io mio nome è Kyr. Piacere di
conoscerti, Sherry.”
La donna le stava sorridendo, mentre si raccoglieva i
capelli in una coda di cavallo.
Kyr. Dove l’aveva sentito quel
nome? Shinichi gliene aveva parlato.. ma certo, era
l’agente della CIA infiltrato nell’Organizzazione. Shiho
provò un leggero conforto, ma decise di non concedere subito la sua fiducia a
quella sconosciuta. Sapeva bene che, per quanto combattessero per la giustizia,
gli agenti della CIA o dell’FBI non giocavano sempre pulito: la fine di sua
sorella Akemi ne era una prova.
Fece la finta tonta, e decise di continuare a mantenersi
scostante.
“Io non ti conosco. Come sono arrivata qui?”
La donna ora si era seduta accanto a lei.
“Tranquilla, puoi fidarti
di me. Sono certa che tu sappia chi sono.”
Shiho annuì, continuando a
fissarla.
“Ho trovato il microfono e il GPS nel gancetto del tuo
reggiseno. Sei in contatto con l’FBI?”
Shiho non sapeva cosa rispondere.
Poteva davvero fidarsi di quella donna? Si rese conto di non avere scelta. Se
voleva riuscire ad uscire da lì, doveva dirle la verità e provare a credere
alle sue parole.
“Non proprio.”
“Ho dovuto eliminare il microfono. Non potevo rischiare che
fosse stato installato da Gin. Se sentisse quello che ci stiamo dicendo, entro
stasera saremmo morte tutte e due.”
La voce di Kyr era decisa,
risoluta.
“Non riesco a crederti. Mia sorella si è fidata di un agente
dell’FBI, ed è stata uccisa.”
La donna le prese le mani tra le sue e la guardò dritta
negli occhi. Due occhi azzurri che non ammettevano repliche.
“So cosa provi. Io ho perso mio padre in questa missione.
Non potrei mai tradirti. Ma se tu non mi racconti tutto, io non posso
aiutarti.”
Sembrava sincera.
“Va bene, mi fiderò di te. Ma promettimi che farai di tutto
per lasciare i miei amici fuori da questa storia.”
“Te lo prometto.” La confortò Rena, annuendo.
Shiho iniziò a raccontarle tutto
fin dall’inizio. In fondo, Kyr era un’agente della
CIA: di sicuro poteva trovare una scappatoia più che convincente per riuscire a
contattare Shinichi e gli altri. Non aveva scelta.
Doveva fidarsi di lei.
Ecco l’undicesimo
capitolo! Scusate per il ritardo, non ho avuto più tempo per rileggerlo e
scrivere i ringraziamenti! =)In questo
capitolo ci sono un po’ tutti: Shinichi, i Mib, Shiho, l’FBI.. ho cercato di dare un po’ il quadro generale
delle situazione! Spero di essere riuscita a rendere in maniera decente la prima
parte, in cui ho descritto le azioni dei MIB tramite i microfoni dell’FBI.. =)
Comunque sia,
non mi perdo in chiacchiere! Cosa che faccio sempre lo so..
Passo ai
ringraziamenti! Rispondendo alla recensioni di Yume98, mi è venuta un’idea per
rendere un po’ più originale questo spazio! Sarete più che stufi di sentirvi
dire grazie.. per cui, ho deciso di utilizzare lingue diverse! Vediamo quanto
siete poliglotti (io baro fin da principio, perché uso Google traduttore, lo
ammetto), se volete potete provare a indovinare la lingua in cui vi ho
ringraziati!
Partiamo da
chi a recensito! Un grande salamata chi ha recensito, cioè RanMouri_Neutron star collision_ shinichi e ran amore Yume98 CrystalMizuki
Alesaphi24 izumi_ KishrafloravikAlexia_chanAya_Brea…
siete stati in 11 a recensire.. non so davvero che dire, sono commossa *.*
Poi, un grandissimo tacka chi ha la storia tra le preferite, cioè floravikinfernapenergy
I_Am_She Kuroshiroshinichi
e ran amore ShinkyRozenMaiden Yume98 e _Neutron star collision_ kurapchyo !
Faleminderita Aya_Brea e Lilla95
che hanno la storia tre le ricordate e a chi ha la storia tra le seguite, cioè Alesaphi24Aya_BreaciachaninfernapenergykurapKuroshiroLeak_kaeLLilla95 Sweet96 YukariKudo2000 izumi_Alexia_chan Crystal Mizuki_kid_ Black_Feath !
Io vi adoro,
davvero! EskerA tutti!!!!!
Devo dire
che alcuni di questi modi di dire grazie sono un po’ strani, per cui spero
vivamente che il traduttore non abbia presto cantonate.. con questa speranza,
visaluto!
La ruota del tempo sembrava aver smesso di girare. Erano
trascorsi due giorni da quella fatidica notte, e tutto taceva. Il microfono e
il GPS non davano alcun segnale di vita. Né Ai né Rena li avevano contattati.
Che cosa stava succedendo?
Shinichi non poteva smettere di
interrogarsi. Non era nel suo carattere starsene con la mani in mano. Non aveva
previsto quei giorni di inesorabile attesa e lui non era abituato a non
prevedere qualcosa. Questo inaspettata calma faceva smaniare ogni parte del suo
corpo. L’inattività era la sua più acerrima nemica. Aveva il bisogno quasi
fisico di concentrarsi su qualcosa, di risolvere un enigma, di far funzionare
il suo cervello.
Si trovava nell’appartamento dell’agente Jodie, era da solo
in casa. La donna era andata a fare un sopralluogo nel quartiere di Ota-ku, per controllare che tutto fosse normale. James Black e Andre Camel erano
semplicemente andati a fare la spesa. ShuichiAkai si era invece volatilizzato quella mattina. Al loro
risveglio, non l’avevano trovato in casa. Ma nessuno sembrava stupito più di
tanto. Quando Shinichi aveva chiesto spiegazioni, Black gli aveva risposto che ogni giovedì mattina Akai spariva nel nulla. Non aveva mai voluto rivelare a
nessuno di loro cosa facesse e, da parte loro, gli agenti non glielo avevano
mai chiesto. Shinichi aveva notato come Jodie,
ascoltando la sua domanda, avesse abbassato lo sguardo. Poi, si ricordò di
colpo: giovedì era il giorno in cui AkemiMiyano era stata assassinata. Shinichi
sapeva dove era andato Akai.
I suoi pensieri si spostarono poi su Ran.
Non la sentiva da due giorni, da quel messaggio inviato in piena notte.
Ciao, Ran. Come stai? Ho voglia di sentire la tua voce, ma non
posso chiamarti, ora. Sono implicato in un caso estremamente complicato e ti
prometto che, non appena tutto sarà finito, tornerò da te. E allora sarà tutto
come prima. Andremo a scuola insieme ogni mattina, e ti prometto che mi farò
perdonare per tutte le volte che ti ho lasciata sola. Ora devo salutarti, ci
risentiremo quando sarà tutto concluso.
Ranio…non posso mentirti. Non posso non dirti che, questa
volta, c’è la possibilità che io non torni più indietro. In questo caso, ti
prego di non dimenticarmi mai, Ran. Ti voglio bene.
Per sempre tuo, Shinichi.
Prese in mano il suo cellulare, rilesse l’ultimo messaggio
ricevuto. Il messaggio che quella notte Ran gli aveva
inviato.
Shinichi, non dirlo nemmeno per scherzo. Io ho
fiducia in te, sei il migliore di tutti, sei l’unico che sosterrei sempre e
comunque. Tu tornerai indietro, ne sono certa. E allora, ti prego, non andare
più via. Non sopporto più di stare lontana da te. Risolvi il tuo mistero e
torna presto Shinichi. Lo sai che non potrei mai
dimenticarti. Ti voglio bene. Per sempre tua, Ran.
Quanto tempo ancora sarebbe passato prima di poterla
risentire? Quanto tempo ancora avrebbe dovuto aspettare notizie da Rena o da Shiho? No, doveva agire, bisognava fare qualcosa. Doveva
risolvere il suo mistero e tornare da Ran, come lei
le aveva chiesto. E doveva aiutare Ai: glielo aveva promesso.
Decisamente, il suo cervello non sopportava più
quell’inattività che lo stava intorpidendo da capo a piedi. Dannazione, non
poteva accadere qualcosa?
Come se il cielo avesse accolto le sue preghiere, sentì che
qualcuno stava aprendo la porta. Per fortuna, doveva esserci qualche novità in
arrivo. Nella sala fece capolino Jodie. Erano passate tre ore da quando aveva
lasciato l’appartamento: di sicuro, doveva aver ispezionato tutto il quartiere
di Ota-ku.
“Agente Jodie! Ci sono novità?” chiese subito Shinichi, ansioso.
La donna si sedette accanto a lui, e iniziò a parlare:
“Tutto normale. Rena doveva essere a casa, le finestre erano aperte e le
imposte alzate. Ma non ho potuto avvicinarmi più di tanto, c’è il rischio che
la casa sia controllata. Gli altri non sono ancora tornati?”
“No, ma tra poco dovrebbero essere di ritorno. Sono usciti
subito dopo di lei.. mi scusi agente, ma cosa ha fatto alla gamba?”
Shinichi aveva notato il ginocchio
leggermente scorticato della donna. Ricordava bene di non aver visto quel segno
la mattina.
Jodie sorrise, con aria indifferente: “Niente, ho per
sbaglio urtato lo sportello uscendo dalla macchina. E’ tutto a posto, sta
tranquillo Shinichi.”
Il ragazzo, che si stava dirigendo verso la cucina per
prendere un bicchiere d’acqua, si girò di scatto, fissando la donna dritta
negli occhi.
“Che c’è?” gli chiese lei, notando la sua aria assorta.
“Niente, mi scusi. Mi sembrava che qualcuno stesse aprendo
la porta. Devo aver sentito male!!” esclamò ridacchiando, ed entrando in
cucina.
Shinichi non si sbagliava, c’era
qualcosa che non quadrava. Sorrise. Finalmente, la sua mente aveva qualcosa su
cui concentrarsi.
---------------------
Le sue dita ormai digitavano solo per forza di inerzia. Aveva
lavorato tutto il giorno, si sentiva un macigno pesarle sulla testa. E non
erano passati neanche quattro giorni. Guardò l’orologio digitale che teneva
sulla scrivania. Erano le undici.
Avrebbe fatto meglio a spegnere il computer e provare a
dormire, ma c’era ancora qualcosa che doveva scoprire. Indubbiamente, lavorare
per l’Organizzazione non le era mai piaciuto. Anzi, detestava creare strani
farmaci e veleni per quei mostri. Ma la voglia di sapere che si impossessava di
lei quando era ad un passo dal fare una nuova scoperta, era una sensazione
indescrivibile ed insuperabile.
Si alzò per controllare la provetta che aveva lasciato
dall’altra parte del laboratorio. Il liquido aveva reagito, cambiando colore.
Era sulla strada giusta.
Continuando a fissare quel liquido dal colore verdastro,
ripensò a quegli ultimi giorni. Aveva raccontato tutta la verità a Rena, la
quale aveva promesso di aiutarla. Ma doveva avere pazienza, entrare subito in
azione e mettersi in contatto con l’FBI poteva rivelarsi un passo falso.
Bisognava agire con cautela.
Certo, con cautela. Ma quanto tempo le avrebbe rubato questa
“cautela”? Quanti altri farmaci pericolosi avrebbe dovuto creare nel frattempo?
Lei non voleva uccidere nessuno. Avrebbe voluto che le sue pillole fossero usate
per il bene, non per il male. Ma alla fine, che differenza c’era? Tutti
credevano di avere ragione in quella battaglia: non esistevano bene e male, ma
solo modi diversi di pensare.
Ecco, allora poteva dire che lei avrebbe voluto usare i suoi
farmaci secondo il suo modo di
pensare. Agire individualmente, senza dover sottostare agli altri. Ecco cosa
voleva: indipendenza.
Libertà. Sì, voleva la libertà. Che cos’è un essere umano
senza libertà? Senza di essa, l’umana dignità non degenera forse nell’insensato
istinto di una bestia? Via, voleva uscire da quella prigione. La sua mente
aveva bisogno di essere libera, di sciogliere quei lacci che la tenevano
fermamente legata all’Organizzazione. Era imprigionata all’interno del volere
altrui. Che senso aveva vivere così?
Riappoggiò la provetta sul tavolo. Che stupida, non era
quello il momento di fantasticare. Solo allora si accorse che nel laboratorio
sotterraneo faceva un gran caldo. Aprì la porta, nel tentativo di far circolare
l’aria. Poi, iniziò a camminare nuovamente verso il computer. La testa le
girava vorticosamente. Oh no, la troppa stanchezza cominciava a tirarle qualche
brutto scherzo. Cercò di avanzare fino alla sedia, ma le veniva da vomitare, le
gambe non la reggevano più, i suoi occhi ormai percepivano solo macchie di
colore. Stava per svenire.Cadde sulle
ginocchia. L’ultima cosa che sentì prima di perdere conoscenza, fu la presa
ferrea di una mano sul suo braccio.
Quando si risvegliò, si trovava sdraiata sul divano del suo
nuovo appartamento. Gin l’aveva portata lì tre giorni prima, dopo essere
passato a prenderla a casa di Rena. Non sapeva minimamente dove fosse situato.
Le aveva legato una benda sugli occhi per tutto il tragitto in macchina, e le
finestre della sua abitazione davano su un piccola via a lei sconosciuta.
Sapeva che, sparpagliati per tutta la casa, dovevano esserci almeno una ventina
di microfoni. L’Organizzazione controllava ogni singolo secondo della sua vita.
Cercò di alzarsi a sedere, ma si sentiva ancora debole. Come
aveva fatto ad arrivare fino al divano, al piano superiore rispetto al
laboratorio? Cercò intorno a sé la risposta. Ma nella stanza non c’era nessuno.
Annusò l’aria. Forte odore di fumo.
Con tutte le sue forze, si mise a sedere. Cercò di alzarsi,
ma una voce la fermò:
“Non so quanto ti convenga camminare, Sherry. Non vorrei che
tu svenissi di nuovo e non ho intenzione di salvarti una seconda volta. Sai
com’è, non sono abituato a fare l’eroe.”
I suoi sospetti furono confermati. Gin. Doveva dargli le
spalle, perché non riusciva a vederlo. Poco importava, si rimise sdraiata
supina.
“Non ti aspetterai certo che io ti ringrazi.” Rispose
sprezzante.
Sentì qualche passo. Quando riaprì gli occhi, vide Gin, in
piedi dietro di lei. I gomiti appoggiati allo schienale del divano, la sua
immancabile sigaretta in bocca.
“Cosa sei venuto a fare qui?”
“Ti controllo.” Rispose lui, prendendo la sua sigaretta fra
le mani e buttando fuori il fumo. Non era solo per quello che era venuto.
Poteva controllare ogni suo movimento grazie ai microfoni, ai sensori e alle
telecamere che aveva installato. E questo Sherry lo sapeva bene. Ma aveva
voglia di vederla, di parlare un po’ con lei. Sherry era il suo calmante dopo
una giornata passata a dare ed eseguire ordini e, soprattutto, a controllare
che quel bestione di Vodka non facesse passi falsi. Lei riusciva a rilassarlo
più della sua sigaretta. Con quel suo modo di fare sprezzante e arrogante che
nascondeva un carattere debole quanto quello della sorella, Sherry lo faceva
divertire da matti. Doveva ammetterlo, gli sarebbe dispiaciuto e non poco se il
capo gli avesse ordinato di ucciderla.
“Come procede il tuo lavoro?”
“Come se non lo sapessi. Ci saranno microfoni e telecamere
in tutta la casa.” Rispose lei. Continuava a restare sdraiata. Non aveva ancora
abbastanza forza per alzarsi.
Gin non rispose, continuava a fumare tranquillamente.
“Puoi smetterla di affumicare l’aria con la tua sigaretta?
Sto soffocando.”
Il tono di voce della ragazza era alterato e deciso. Non
sembrava affatto spaventata dalla sua presenza. Gin sapeva di incutere timore
in tutti coloro che incontrava. C’erano solo due persone che, di fronte a lui,
mantenevano un’aria sicura e altezzosa: Vermouth e Sherry. La prima era la
donna più odiosa e pateticache avesse
mai conosciuto. La seconda, era davvero una ragazza particolare. Gin sapeva
che, in fondo al suo cuore, Shiho tremava di paura al
suo solo pensiero. Eppure mascherava bene i suoi sentimenti, richiudendoli in
una corazza di sicurezza. Ed era quello che gli piaceva di lei.
Spense la sua sigaretta nel posacenere appoggiato sul
tavolo, e rimase in piedi vicino al divano. Ora, Shiho
si era messa a sedere.
“Senti un po’, Sherry. Ti dice niente il nome ShinichiKudo?”
Vide la ragazza sbiancare. Bene, a quanto pareva aveva ottenuto
due piccioni con una fava. Aveva levato via di dosso a Sherry la sua armatura
di sicurezza, e aveva confermato i sospetti che Vodka gli aveva messo in mente.
“Non è quel ragazzo che hai ucciso quasi un anno fa?”
Sherry credeva forse di ingannarlo con quella voce titubante
e insicura? Non ci sarebbe mai riuscita. Ma in fondo, perché non stare al suo
gioco?
“Sì, mi riferisco proprio a lui. Tu hai confermato il suo
decesso, ma ci sono alcuni punti oscuri in questa storia.”
“A cosa ti riferisci?”
“Perché non me lo spieghi tu, Sherry?”
“La mia opinione te l’ho già data. E’ morto.”
Gin camminò verso la finestra.
“Cosa mi dice che posso fidarmi di te?”
“Cosa mi dice che non mi ucciderai da un momento all’altro?”
chiese di rimando la ragazza.
L’uomo si avviò verso la porta: “Hai le idee un po’ confuse,
mia cara. Meglio se riposi un po’. Ci rivediamo presto, Sherry.”
Richiuse la porta dietro di sé e scese a passi lenti le
scale. Quando salì sulla sua Porsche nera, si accese un’altra sigaretta. Sorrise,
sicuro di sé. Tutto stava andando per il meglio. Sherry sembrava già a buon
punto con le prime analisi, e Vodka per una volta nella sua vita gli aveva
fatto venire l’intuizione giusta. Già, ShinichiKudo poteva essere ancora vivo, poteva essere un bambino.
Ricordava quando aveva visto Sherry, quella volta, davanti alla scuola
elementare. Era in compagnia di quattro bambini. E, guarda caso, il bambino con
gli occhiali somigliava molto a quel detective ficcanaso. E, sempre guarda
caso, il giorno dopo il suo incontro con Sherry, nemmeno quel bambino si era
presentato a scuola. Aveva mandato Chianti in giro per controllare se quel
moccioso si aggirasse per le vie del quartiere di Beika,
ma sembrava scomparso nel nulla. Gin non credeva nelle coincidenze. Ma credeva
nella fortuna, sì, e quella volta lui ne aveva avuta. Qualcun altro, senza
saperlo, stava svolgendo il lavoro per lui. Aveva seguito Vermouth quella
mattina. E aveva capito cosa aveva in mente quella donna. Aveva capito quale
fosse “la sua personale battaglia”. E quella battaglia lo avrebbe portato
dritto da ShinichiKudo
senza un briciolo di fatica.
E siamo
arrivati al capitolo dodici! Sì, dico proprio ARRIVATI, perché da sola, senza
di voi, io non sarei proprio arrivata da nessuna parte! Voi mi sostenete con le
vostre visite, i vostri commenti, mettendo la storia tra le preferite, le
seguite, le ricordate. Non so davvero come ringraziarvi, siete fin troppo buoni=)
Passando al
capitolo, devo confessare che personalmente la seconda parte Gin-Shiho mi ha abbastanza soddisfatta.. mi sembra venuta
bene, ma a voi il verdetto finale! Mi piacerebbe molto conoscere il vostro
parere! La storia d’ora in poi si complicherà un pochino, perciò non
preoccupatevi se non capite tutto subito.. alla fine ogni cosa verrà svelata!=)
Passo
subito a ringraziarvi!
Hvalaa
chi ha la storia tra le preferite, cioè: Aya_Breacardcaptorvincychyofloravikinfernapenergy
I_Am_She kurapKuroshiroshinichi e ran amore ShinkuRozenMaiden
Yume98 _Neutron star collision_!
Vi voglio bene=)
Ovviamente,
感謝(con
questo vi metto in crisi, eh?)a Aya_Brea e Lilla95
che hanno la storia tra le ricordate e a Alesaphi24
Alexia_ChanAya_BreaBlackFeathciachanCrystalMizuki Helen Blackinfernapenergyizumi_ kaze90 kurapKuroshiroLeak_kaeL Lilla95 Scorpyon Sweet96 YukariKudo200 _kid_
che hanno la storia tra le seguite!
E ačiūa chi ha recensito, cioè cardcaptorvincyizumi_ Alexia_Chanfloravikshinichi e ran amore _Neutron star collision_ Aya_Brea Alesaphi24
Yume98 e TammyTam (bel nick!)
Infine dziękianche solo
a chi legge=)
Un ultima
cosa! Nello scorso capitolo ho scritto Kir con la y..
chiedo perdono per l’errore, ho fatto un po’ di confusione con tutte le
versioni dei nomi di Hidemi! Grazie a Yume98, finalmente ho capito che
i nomi giusti sono Kir e Rena! =)
Che altro
dire, se non che vi adoro? Avete lasciato 100 recensioni a questa storia.. non
sapete quanto questo mi renda felice! Siete i migliori lettori che avrei mai
potuto desiderare=)
Akai ritornò all’appartamento di Jodie solo nel pomeriggio.
Trovò in casa Shinichi, Jodie e Camel. James Black era andato ad esporre la situazione agli altri agenti
dell’FBI sotto copertura che si trovavano a Tokyo ai suoi ordini.
ShuichiAkai
non era un ragazzino alle prime armi.
Nonostante la sua giovane età, riusciva a cavarsela anche nelle situazioni più
estreme. Il suo spiccato senso d’osservazione non lo abbandonava mai, così come
il suo intuito, che difficilmente faceva cilecca.
Non appena entrò in casa, il suo intuito gli disse che c’era
qualcosa che non andava. Poi, il suo senso d’osservazione gli fece notare che
il ragazzino sveglio era assorto come non mai. Si guardò intorno. Jodie stava
conversando tranquillamente con Andre Camel. Quando
lo vide, si girò a salutarlo.
“Tutto bene?” gli chiese.
“Ci sono novità?” chiese lui di rimando, ignorando la
domanda della donna.
Jodie gli ripeté le stesse parole che aveva detto qualche
ora prima a Shinichi.
“Quindi non si è ancora fatto sentire nessuno?”
“Esattamente.”
“La cosa non mi stupisce. L’Organizzazione starà
controllando Shiho notte e giorno. Bisogna avere
pazienza.”
“Ma non sappiamo nemmeno dove sia!” esclamò Camel,
contrariato, “E non vedo come riuscire a scovare il luogo in cui è nascosta.
Insomma, per quanto ne sappiamo, la ragazza potrebbe già essere morta.”
“Non dirlo nemmeno per scherzo.”
Shinichi si era alzato in piedi e
fulminava Camel con uno sguardo di fuoco.
“Perdonami, era solo un’ipotesi.” Cercò di arrangiarsi lui,
visibilmente mortificato.
“Non ti scaldare, ragazzino. Camel ha ragione. Per quanto ne
sappiamo, tutte le ipotesi sono probabili.” Intervenne Akai,
tranquillo come sempre. Poi, l’uomo strinse leggermente gli occhi e fissò
Jodie: “Tu che ne pensi?”
“La penso come te, Akai. Sarà
meglio aspettare di ricevere notizie, e poi potremo agire. Ma non voglio
nemmeno pensare che l’abbiano uccisa…” rispose la
donna, abbassando lo sguardo.
“Cosa hai fatto al ginocchio?”
“Niente, ho sbattuto sullo sportello uscendo dalla macchina,
e si è leggermente sbucciato.”
Akai non rispose. Qualcosa in
Jodie non lo convinceva. Il suo sesto senso gli diceva che c’era qualcosa di
strano.. si girò per incrociare lo sguardo di Shinichi.
Di solito, le loro sensazioni camminavano a braccetto. Spesso si rendevano
conto di pensare contemporaneamente le medesime cose, e di essere capaci di
intendersi solo con un’occhiata.
Ma Shinichi non sembrava
considerarlo. Trafficava con uno dei suoi due cellulari, tranquillamente seduto
sul divano.
Pochi minuti dopo, la suoneria di un telefonino si diffuse
per tutta la stanza. Nessuno si mosse.
Akai sorrise. Certo, anche Shinichi aveva avuto il suo stesso presentimento.
“Che fai Jodie, non rispondi? E’ il tuo cellulare.” Le
disse, guardandola dritto negli occhi.
“Oh, ma certo, che stupida!” esclamò la donna, estraendo in
fretta il cellulare dalla tasca. Guardò lo schermo, per controllare chi fosse.
“Ma cosa..” iniziò, girandosi verso Shinichi.
“Oh, accidenti!” esclamò il ragazzo, “ho selezionato il
contatto sbagliato! Volevo chiamare una mia amica e ho chiamato lei, agente..”
“Tranquillo.” Disse Jodie, sorridendo, “Ma stai attento a
non coinvolgere altre persone in questa storia, mi raccomando. Non so quanto
possa essere prudente telefonare ad una tua amica.”
Shinichi sembrò un attimo
sovrappensiero. Poi, rispose sorridendo: “Ha ragione, agente Jodie. Deve essere
la tensione di questi giorni che mi fa andare in panne il cervello. Sarà meglio
che vada a schiacciare un pisolino. Chiamatemi immediatamente se ci sono novità!”
Detto questo,sbadigliò e si diresse verso la camera degli ospiti, dove aveva dormito
quella notte. Pochi minuti dopo, Akai fece lo stesso.
“Penso che il ragazzino abbia ragione, sarà meglio
riposarsi. Credo che presto arriveranno delle novità interessanti.” Affermò,
con quel suo sorriso distaccato e sicuro.
Uscì dalla stanza senza aggiungere una parola, ma non senza
notare lo sguardo indagatore che Jodie gli aveva riservato.
Già, il suo intuito difficilmente falliva. Si avviò a passi
lenti e cadenzati fino alla camera ospiti. Entrò e richiuse la porta dietro di
sé.
“Ti stavo aspettando.” Gli disse Shinichi.
Il giovane detective era immobile accanto alla finestra, i suoi occhi
scrutavano la strada.
“E allora, Sherlock Holmes, quale sarebbe il tuo piano?” gli
chiese Akai, avvicinandosi e dando un’occhiata oltre
il vetro della finestra. La strada era affollata, il marciapiede era un
andirivieni di persone che camminavano velocemente all’inseguimento della loro
vita quotidiana. E loro erano lì, come ogni detective che si rispetti, fermi ad
osservare il mondo che li circondava.
Shinichi sorrise, sicuro di sé.
“Un’idea effettivamente ce l’avrei. La giochiamo insieme,
questa partita?”
Akai si girò a guardarlo: “Noi due
siamo destinati a giocare insieme, piccolo detective.”
E allora, Shinichi cominciò a
parlare.
--------------------------
La mattina seguente tutto si manteneva stabile. Non c’era
ancora nessuna novità, tutto taceva. L’FBI aspettava notizie per poter
elaborare un piano, per capire quale fosse il momento giusto per entrare in
azione. Akai e Shinichi no.
Loro avevano già capito come e quando colpire. Il loro piano era stato
studiato, e,se tutto fosse andato come
pensavano, sarebbero presto riusciti a scoprire dove era nascosta Ai.
Intorno alle sei del pomeriggio, qualcuno bussò alla porta.
Jodie si affrettò a controllare chi fosse e , una volta riconosciuto il volto
di James Black oltre lo spioncino, aprì. Insieme
all’uomo c’erano altri agenti dell’FBI, i migliori che Black
aveva portato in Giappone.
Jodie era sorpresa. Cosa ci facevano lì tutti gli agenti
dell’FBI? Lei non ne sapeva nulla! Questa poteva essere opera solo di..
“Akai!” esclamò, dirigendosi verso
il soggiorno, “Cos’è successo? Come mai ci sono qui tutti gli agenti?”
Distaccato come al solito, l’uomo si prese il suo tempo
prima di rispondere.
“Tranquilla, Jodie. Ora spiegherò a tutti il perché di
questa inaspettata riunione.” Disse alla fine, alzandosi in piedi.
“Prego, sedetevi e mettetevi comodi. Ci sono delle novità.
Vi esporrò il piano d’azione per questa sera.”
ShuichiAkai aveva parlato
con voce ferma e sicura. In piedi in mezzo agli agenti, le mani in tasca, il
berretto che copriva la fronte. ShinichiKudo aveva sorriso. Seduto accanto a Jodie, il volto preda
dell’eccitazione. Il sipario era calato: si dava inizio alle danze.
“Akai ,si può sapere cos’è questa
storia?” chiedeva intanto Black, sedendosi accanto
agli altri agenti dell’ FBI. Ormai, l’unico in piedi era Shuichi.
“Tranquillo, ora spiegherò tutto.”
Lanciò un’ultima occhiata a Shinichi,
prese fiato e iniziò a parlare: “Questo pomeriggio mi ha contattato la nostra
informatrice.”
La frase provocò un mormorio di sorpresa. Ogni agente
scambiava qualche battuta con il proprio vicino, e ben presto un brusio
impressionante si diffuse per tutta la sala.
“Fate silenzio!” intimò Black,
“Continua, Akai.”
“Il messaggio da lei mandato è stato telegrafico. Sostiene
di non aver la possibilità di parlare al telefono perché sospetta di essere
spiata, ma che questa notte potrebbe incontrarci senza il pericolo di essere
seguita. Ci ha dato ora e luogo dell’appuntamento.”
“Potrei leggere questo messaggio?”
A parlare era stata Jodie. Era tranquillamente seduta sul
divano, gamba e braccia incrociate.
“Ma certo, Jodie.” Le rispose Akai,
porgendole il cellulare.
La donna lesse velocemente le poche righe scritte da un
numero registrato come “Spy”. Effettivamente, ciò che diceva Akai era vero. L’orario di ricezione del messaggio era
trascorso da circa tre ore.
“Prima di informarvi di tutto, ho preferito elaborare un
piano. Signor Black, posso chiedervi per una volta di
avere i suoi uomini e lei ai miei ordini?”
Black annuì, reputando la domanda
di Akai del tutto inutile. Tanto, quel giovanotto
faceva sempre di testa sua, qualunque fossero i suoi ordini.
“Bene. Non sappiamo se questa sia una trappola, quindi è
meglio essere cauti. Il luogo dell’incontro è una fabbrica abbandonata vicino
al porto. Fra di voi ci sono alcunicecchini. William, Nick, voi sarete posizionati a destra, mentreJack e Adam saranno
a sinistra. Beth e Denny coprirannole spalle di chi incontrerà
l’informatrice.Black
e gli altri agenti penseranno a circondare la zona con auto e uomini in
borghese. Mi raccomando, evitate comportamenti sospetti. Qualcuno di voi si
finga ubriaco, qualcun altro faccia credere di schiacciare un pisolino nella
propria macchina. Per quanto riguarda chi dovrà incontrare la nostra spia..
beh, ci ho pensato a lungo. E alla fine, ritengo che i più adatti siano il
ragazzino sveglio e Jodie. Ve la sentite?”
“Ma è una pazzia!” intervenne Black,
“Vuoi coinvolgere quel ragazzo nell’operazione?!”
“E’ già coinvolto fino al collo. E’ intelligente, saprà
trovare una via di scampo. Ma ha bisogno di un compagno addestrato, per questo
ho scelto Jodie.”
Black tacque. Il comportamento di Akai gli sembrava del tutto assurdo. Lui aveva sempre
preferito agire da sé, non coinvolgere nessuno, e soprattutto, lasciare da
parte Jodie. Era sempre stato molto protettivo nei confronti della donna.
Perché quella volta stava esponendo il suo piano così, liberamente e in tutta
tranquillità? E perché stava trascinando un ragazzino e Jodie nell’occhio del
ciclone? Akai li aveva abituati a sorprenderli a
giochi fatti. Cosa aveva in mente?
“Allora, ve la sentite?” chiedeva intanto l’uomo, rivolto a Shinichi e Jodie.
Entrambi annuirono.
“E tu che farai, Akai?” si informò
la donna, lo sguardo preoccupato.
“Io? Io me la caverò.” Rispose lui, enigmatico come sempre.
“L’incontro è alle undici in punto, davanti alla vecchia
fabbrica. A parte i cecchini, che osserveranno da lontano per ovvi motivi, voi
tutti vi terrete a distanza. Nessuno deve trovarsi troppo vicino al luogo
dell’incontro. In caso di bisogno, ci penseranno Jodie e Shinichi
a contattarvi. E’ tutto chiaro?”
Gli agenti annuirono.
“Perfetto. La riunione è sciolta. Andate a prepararvi, tra
due ore prederete posizione.”
Quando tutti si alzarono, Black
tentò di avvicinare Akai, per chiedere ulteriori
spiegazioni. C’era qualcosa che non lo convinceva in tutto questo. Era sicuro
che, come al solito, Akai avesse in mente un piano B
di cui non erano stati messi a conoscenza. Vide però che Shuichi
aveva avvicinato Jodie, e i due erano
entrati da soli nella stanza accanto.
Il primo pensiero di Black fu: “Ma cosa diavolo fa Akai
in un momento simile?”
La sua seconda riflessione, decisamente più verosimile, fu:
“No, ma cosa vado a pensare. Di sicuro vorrà istruire Jodie.”
Notò poi come, oltre a lui, anche Shinichi
avesse osservato la scena. Aveva uno strano sorrisetto stampato in faccia. Black, che ci capiva sempre meno, preferì non chiedere
ulteriori spiegazioni. Akai non l’aveva mai deluso.
Così, prendendo la decisione più appropriata, decise di fare semplicemente ciò
che il suo migliore agente gli aveva chiesto: eseguire i suoi ordini.
Nel frattempo, nella camera accanto, Jodie Starling stava osservando il suo collega con due occhi
pieni di curiosità. Come mai lui le aveva chiesto di parlarle in privato? Forse
voleva darle qualche consiglio per l’operazione di quella sera?
Akai richiuse la porta dietro di
sé e si avvicinò alla donna.
-Ci siamo.- pensò, -Manca solo questa piccola conferma, e il
piano B può cominciare.-
Immaginò Shinichi in sala da
pranzo, curioso come non mai, l’auricolare che gli permetteva di ascoltare la
loro conversazione ben premuto sull’orecchio. Akai
controllò che il microfono che aveva addosso fosse ben posizionato, fingendo di
aggiustarsi la giacca. Bene, poteva cominciare.
“Senti, Jodie…”
“C’è forse qualcosa che non va? Mi sembri preoccupato.”
Chiese la donna, allarmata.
Akai abbassò lo sguardo, mise le
mani in tasca e si appoggiò al muro. Poi, sospirò.
“Jodie.. quello che abbiamo fatto è sbagliato..”
La voce era tranquilla, ma incrinata da un leggera nota di
tristezza. Sembrava quasi che quella frase pesasse come non mai a chi l’aveva
pronunciata.
Jodie, da parte sua era immobile, gli occhi sgranati.
Balbettò appena: “In.. in che senso..?”
Akai sospirò di nuovo: “Noi siamo
colleghi. Non possiamo mischiare il lavoro con l’amore. Per cui, il bacio
dell’altro giorno è stato un errore. Dimenticalo.”
L’uomo la scrutava attentamente, captava ogni singolo
movimento, ogni singola piega della sua bocca. Jodie era immobile. Sembrava
stupita. Poi, i suoi occhi si fecero lucidi.
“Perché dici così?” chiese, la voce spezzata.
“E’ giusto così, per tutti e due.”
“Ma Akai, io..”
“Non ho intenzione di parlarne mai più.”
Il tono di voce era tornato freddo e distaccato. La donna
abbassò lo sguardo: “E va bene. Come vuoi tu, Akai.”
Una lacrima le rigava il volto. Si asciugò gli occhi lucidi con il dorso della
mano, e rimase in silenzio.
“Perdonami, Jodie. Ma non possiamo fare altrimenti.”
Akai uscì e richiuse la porta
dietro di sé. Incrociò lo sguardo di Shinichi. Il
ragazzo gli stava sorridendo: la conferma era arrivata, il piano B poteva
iniziare. Akai si incamminò verso la sua camera. Non
credeva di essere talmente portato per il ruolo di attore. In futuro, se avesse
lasciato l’FBI, avrebbe sempre potuto ripiegare sul palcoscenico di un teatro.
Aaahh questo capitolo non mi convince
affatto =( Secondo me c’è qualcosa che non va.. Ma sono già in ritardassimo e
mi spiace non aggiornare per più di una settimana! Ovviamente, qualsiasi
critica è ben accetta! =)
Passo
subito ai ringraziamenti!
Un
grandissimo bedankt :
-a chi ha
recensito: shinichi e ran amore
Sherry Myanocardcaptorvincy_Neutron star collision_ Alexia_Chanfloravikizumi_ jennelyn12 Aya_BreaTammyTam Yume98! E a
Dony_chan
che sta recensendo dall’inizio capitolo per capitolo!
- a chi ha
la storia tra le seguite: Alesaphi24 Alexia_ChanAya_BreaBlackFeathciachanCrystalMizuki Helen Blackinfernapenergyizumi_ kaze90 kurapKuroshiroLeak_kaeL Lilla95 Scorpyon Sweet96 YukariKudo200 _kid_
jennelyn12 e ismile!
- a chi ha
la storia tra le ricordate: Aya_Brea e Lilla95
-a chi ha
la storia tra le preferite: Aya_Breacardcaptorvincychyofloravikinfernapenergy I_Am_She kurapKuroshiroshinichi e ran amore ShinkuRozenMaiden
Yume98 Alexia_ChanDony_chan Sherry Myano!
Un grandissimo
ringraziamento va infine a chi mi ha inserita tra gli autori preferiti (siete
troppogentili!) cioè Dony_chan Sherry Myanochicc e Aya_Brea!
Un
grandissimo ringraziamento va a Alexia_Chan
che ha segnalato la storia per le scelte. Non credo davvero di meritare tanto,
Alexia! Sei stata infinitamente buona=)
Per
concludere, posso dirvi che so che la parte finale del capitolo (quella del
bacio) è incomprensibile XD Si capirà meglio il tutto nei prossimi capitoli!
Vi saluto,
nella speranza di non aver dimenticato nessuno e di aver postato un capitolo
decente!
Il rumore inconfondibile del motore della sua vecchia
Porsche lo aveva accompagnato per anni. Quella macchina, la sua 356 A nera, era
il suo gioiellino. Gin la stava guidando con disinvoltura, la mano sinistra
appoggiata sul volante, la destra intenta a schiacciare la sigaretta nel
posacenere ormai pieno.
Quel giorno aveva fumato più del solito. Ma che ci poteva
fare, diventava ansioso quando si trattava di missioni importanti. E quella era
una missione decisamente importante.
Era sicuro che, presto, avrebbe annientato per sempre le due persone che
avevano osato prenderlo in giro: Vermouth in primo luogo e, poi, quel liceale
di nome ShinichiKudo, che
sarebbe dovuto morire un anno prima. Già, Gin era ormai sicuro che quel ragazzo
fosse ancora vivo e che si nascondesse dietro il ragazzino con gli occhiali che
aveva visto una volta in compagnia di Shiho bambina,
quando la osservava da lontano per assicurarsi che fosse lei. E Vermouth, che
pensava di avere in pugno sia Shinichi che Gin, era
invece rimasta inconsapevolmente impigliata nella tela del ragno.
Quella volta, aveva capito tutto. E non avrebbe fallito.
Sherry lo aveva contatto quel pomeriggio per avvertire del fatto che il farmaco
richiesto era stato completato. In soli tre giorni!, aveva pensato l’uomo dai
capelli biondi, non appena aveva sentito la notizia. Sherry era davvero
insostituibile. Ed era per quello che avrebbe chiuso un occhio sulla sua bugia
riguardo alla presunta morte di ShinichiKudo.
ShinichiKudo.
Quel ragazzino si credeva tanto furbo? L’avrebbe schiacciato come un insetto.
Gli avrebbe fatto capire come giravano le cose al mondo: i più forti comandano,
i deboli si sottomettono, e i presuntuosi che non voglio sottoporsi vengono
eliminati. Sì, era decisamente questa la filosofia di vita di Gin. Filosofia
che gli aveva concesso un posto elevato all’interno dell’Organizzazione e che
gli permetteva di comandare a suo piacimenti sicari, cecchini e uomini di poco
cervello come Vodka.
A riscuoterlo dai suoi pensieri di vendetta fu la voce di
Chianti.
“Ehi, Gin.”
Proveniva dalla ricetrasmittente. Aveva dato ordine alla
donna di sorvegliare per tutto il tempo i movimenti di Vermouth: sapeva che
Chianti non gli avrebbe disobbedito. Odiava Vermouth quanto se non più di lui,
e non si sarebbe lasciata sfuggire occasione per riuscire ad incastrarla.
“Che c’è, Chianti?”
Guardò velocemente l’orologio. Erano le nove.
“Sono usciti degli uomini, prima, tra cui il vecchio. Ora
stanno uscendo i nostri due obiettivi.”
“E il terzo dov’è?”
“Del terzo non c’è traccia. I due sono saliti in macchina. Che
faccio?”
“Seguili, dimmi dove vanno e poi
appostati dove preferisci, basta che lei sia nel tuo mirino. Avverti anche Korn e Vodka. Di’ a Korn di
posizionarsi dalla parte opposta alla tua e a Vodka di aspettare con una
macchina nelle vicinanze. Non fatevi vedere, confido in voi. E’ tutto chiaro?”
“Cristallino.” Rispose la donna, con un ghigno.
La comunicazione si interruppe. Pochi minuti dopo, la
macchina frenò di colpo in una piccola stradina. Ecco, era arrivato. Scese
dalla sua Porsche, aprì il portone del palazzo e arrivò ben presto all’uscio
che gli interessava. Cercò la chiave giusta nell’enorme mazzo che teneva in
tasca, ma non ci fu bisogno di concludere la ricerca. Qualcuno aveva già fatto
scattare la serratura dall’interno.
“Ti stavo aspettando.” Gli disse Shiho,
facendolo entrare.
“Pronta come al solito, Sherry. Devo farti i miei
complimenti. Non credevo riuscissi ad ultimare il farmaco in soli tre giorni.”
“Sai com’è, non ho molto da fare rinchiusa qui dentro.”
Rispose la ragazza, avvicinandosi ad un tavolino dov’era poggiata una piccola
capsula bianca. La porse a Gin, che, da parte sua, la esaminò attentamente.
“E’ come ti avevo chiesto?”
“Uccide in meno di un minuto, non lascia traccia alcuna.
Dovrebbe essere così, ma finché non si prova, non si può avere la conferma.
Bisognerebbe testarla, prima.”
Shiho cercava di guadagnare tempo.
Si era sbrigata a completare quel farmaco perché aveva paura che Gin,
spazientendosi, potesse far del male ai suoi amici. Ora, però, era spaventata
da ciò che aveva fatto: probabilmente, quella capsula avrebbe tolto la vita ad
un’altra persona. Qualcun altro sarebbe morto per colpa sua.
“Non ce n’è bisogno.” Rispose secco Gin.
“Invece io penso di sì. Insomma..”
“Ho detto che non ce n’è bisogno. Ho già la mia cavia
pronta. Stanotte testerò il farmaco.”
Un sorrisetto malvagio gli piegò le labbra. Ai lo guardò
spaventata.
“Voglio venire con te.”
Aveva pensato ad alta voce. Aveva pronunciato quelle parole
senza rendersene conto. Non voleva più fuggire, uccidere convincendosi di non
farlo. Voleva vedere in faccia chi moriva per causa sua. Voleva avere la
certezza di ciò che i suoi farmaci provocavano.
Avrebbe potuto farla finita, un attimo e lei non sarebbe più
esistita. Ma il pensiero di ciò che Gin avrebbe potuto fare ai suoi amici la
tratteneva. Finché era in vita, poteva almeno cercare di contrattare o
guadagnare tempo.
“Non se ne parla nemmeno.”
La risposta di quello che ora era il suo capo era
categorica. Con voce tagliente non le aveva concesso di seguirlo.
“Voglio vedere in faccia le persone che uccido.” Ribatté
lei, cercando di mantenersi calma.
Gin non le rispose subito. La guardò di sottecchi, poi mise
la capsula in tasca, si aggiustò il cappello e sorrise. Uno strano sorriso.
Malvagio, sadico, divertito.
“E va bene, Sherry. Se ci tieni così tanto..”
La ragazza non rispose, lo seguì in silenzio. Salirono in
macchina. L’aria densa, i sedili impregnati di quell’odore terribile di fumo.
C’era sempre la stessa atmosfera nella macchina di Gin.
“Dove andiamo?” chiese, appoggiando il capo al vetro del
finestrino.
“Andiamo a trovare la nostra cavia.” Rispose Gin. Non aveva
ancora messo in moto la macchina.
“Chi è?”
“Non voglio toglierti la sorpresa, Sherry. Presto lo vedrai,
abbi solo un po’ di pazienza.”
Calò il silenzio, nessuno dei due aveva più nulla da dire. A
distrarli arrivò il ticchettio di qualche goccia d’acqua, che sbatteva
inesorabilmente appannando il vetro della macchina. Aveva cominciato a piovere,
ogni tanto un lampo illuminava il buio di una notte nascente.
“Piove.” Constatò Shiho. Non c’era
alcun bisogno di dirlo, ma aveva pronunciato lo stesso quella parola. Sperava
che Gin sospendesse la missione. Con la pioggia non poteva contare sui suoi
inseparabili cecchini.
Gin non rispose. A fare capolino in macchina fu, invece,
un’altra voce.
“Capo.”
Sherry la riconobbe. Era Chianti.
“Siete arrivati sul posto?”
“Sì, ma ha cominciato a piovere. Ci sono cecchini posizionati dappertutto, io e Korn non possiamo rischiare di farci vedere. Cosa
facciamo?”
“Restate nelle vicinanze, vi chiamerò in caso di bisogno.
Vodka aspetterà in macchina. Dimmi il luogo.”
“La vecchia fabbrica abbandonata vicino al porto.”
“Ci vediamo lì, arriverò in meno di dieci minuti.”
Gin ingranò la marcia e partì a tutta velocità. Il motore
borbottava, mentre una pioggerellina leggera ma fitta bagnava Tokyo. Anche se
Chianti e Korn non avrebbero potuto coprirlo, non gli
importava. Ma cosa ci facevano lì altri cecchini? Forse quella era una
trappola? Probabilmente l’FBI aspettava qualcuno.. ma chi? Decise che era
meglio osservare con cautela prima di agire. Una volta sul luogo, avrebbe
analizzando tutte le possibilità che aveva a disposizione, e avrebbe scelto la
più rapida e sicura. In tasca aveva ancora il veleno, pronto per la sua cavia.
Pronto per ShinichiKudo.
Quel ragazzino era riuscito a sfuggire all’APTX4869. La fortuna non l’avrebbe
aiutato due volte.Shiho,
di sicuro, aveva creato ciò che lui le aveva chiesto: non era nella condizione
di giocargli brutti scherzi.
Arrivarono nella zona del porto in breve tempo. Gin
parcheggiò la macchina, deciso a dirigersi a piedi verso la vecchia fabbrica.
Rischiava di essere notato, certo, ma i cecchini, a causa di quella
pioggerellina leggera ma fitta, non avrebbero potuto colpirlo. Notò un uomo
barcollante: sembrava ubriaco fradicio. Ricordò di averne visto un altro nelle
sue stesse condizioni che camminava sul marciapiede della strada adiacente.
Che coincidenza. Già, che coincidenza. Lui non credeva alle
coincidenze. Di sicuro, se quelli erano agenti in borghese dell’FBI, lo
avrebbero notato. Aveva bisogno di una copertura o, comunque, di qualcuno meno
sospettabile di lui.
Guardò la donna sedutagli accanto. Sherry. Sì, Sherry poteva
essergli utile.
“Vieni.” Le disse, “Andremo insieme, proprio come volevi
tu.”
Prima di scendere, estrasse una pistola dalla tasca.
“Cosa vuoi fare?” chiese lei, spaventata.
“Tranquilla, voglio solo addormentare questi due
impiccioni.”
Abbassò il finestrino e prese la mira. Un ago anestetizzante
colpì i due agenti in borghese dell’FBI, che caddero a terra, vittime di un
indesiderato abbraccio da parte di Morfeo.
Gin scese dalla macchina, seguito da Shiho.
Si incamminarono in silenzio e lentamente, l’uomo faceva strada e lei si
limitava a seguire. Arrivato nelle vicinanze della fabbrica, notò i cecchini.
Si appostò nell’ombra, in un luogo da cui poteva sentire ciò chesi dicevano le due figure davanti al
capannone. La visuale non era il massimo, ma l’importante era poter udire le
parole delle due sagome. Inoltre, in quel posto era al sicuro da eventuali
spari. La pioggia lo infastidiva, ma si sforzava di non farci caso. Sentiva il
respiro di Sherry, affannoso per l’agitazione.
Da parte sua, Shiho non capiva più
nulla. L’unica cosa di cui era certa era che Gin aveva intenzione di fare fuori
qualcuno, quella sera. Ma allora, cosa ci facevano tutti quei cecchini
appostati? Già, anche lei li aveva notati. E poi, chi erano i due che Gin aveva
addormentato? Li aveva definiti “impiccioni”. Che c’entrasse l’FBI in tutta
quella storia? Se era così allora.. allora doveva esserci anche Shinichi.
Qualcuno aveva cominciato a parlare. Cercò di trattenere il
respiro, voleva sentire ciò che quelle due sagome si dicevano. Non riusciva a
distinguerne i lineamenti, l’acqua sulle ciglia le appannava la vista. Anche
Gin cercava di ascoltare, l’espressione assorta, le orecchie tese a captare
ogni parola.
I due parlavano a bassa voce, ma, ad un certo punto, una
voce maschile si impennò, pronunciando con tono lento e sicuro:
“Non c’è stato alcun messaggio.”
Shiho sentì un brivido lungo la
schiena. Conosceva quella voce. Era la voce di ShinichiKudo. E in un attimo, capì chi era l’inconsapevole
cavia destinata ad ingerire il veleno.
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Shinichi e Jodie erano arrivati al
posto convenuto per l’appuntamento con due ore di anticipo. Erano lì ormai da
mezz’ora, mezz’ora in cui il giovane detective non aveva fatto altro che
guardarsi intorno. I cecchini erano al loro posto, non gli sembrava di vedere
nessuno di estraneo. Probabilmente, erano davvero soli. Chissà da dove li stava
osservando Akai. Era sicuro che fosse molto vicino,
ben nascosto da qualche parte. Ascoltava tutto ciò che si dicevano tramite il
microfono che Shinichi aveva posizionato dietro
l’orecchio.
“Oh.. inizia a piovere.” Aveva constatato Jodie, notando le
prime gocce.
“Già.” Disse Shinichi.
“Perché non aspettiamo dentro?” propose la donna.
“No. Mi piace la pioggia. E poi, è così leggera. Non dà
alcun fastidio.”
“Come vuoi, Shinichi.”
Il ragazzo sorrise e si girò a guardarla con due occhi che
erano ormai due fessure.
“L’hai fatto di nuovo.”
“Cosa?” chiese lei, leggermente sorpresa.
“Mi hai chiamato Shinichi.”
Jodie sembrava non capire: “Ma il tuo nome è Shinichi..”
Il ragazzo lasciò cadere la constatazione di lei. Invece,
disse con tono sicuro e beffardo: “Non c’è stato alcun messaggio.”
Jodie sgranò gli occhi: “Che cosa intendi dire?”
“Non ci ha contattati nessuno.” Continuò Shinichi,
imperterrito.
“E allora mi spieghi cosa ci facciamo qui?!” sbottò la
donna. Il tono del ragazzo sembrava infastidirla.
“Perché non provi a immaginarlo? In fondo, sei così furba..
dico bene, Jodie? O forse dovrei chiamarti.. Vermouth?”
Un lampo squarciò il cielo. Un tuono fece tremare
l’edificio. E la pioggia continuava a cadere.
Capitolo 14
ultimato! E ne mancano solo tre alla fine.. =( Mettere il punto di fine a
questa storia mi costerà davvero tanto.. è da più di due mesi che mi tenete
compagnia con le vostre visite e i vostri commenti!
Comunque
sia, direi che questo capitolo è dedicato a floravik
e Yume98 che erano riuscite a intuire l’identità di Jodie =) e anche a izumi_ che ha detto di aver capito qualcosa, ma che ha
preferito non esporsi!
Il finale
della storia è suddiviso nei prossimi tre capitoli.. e ho davvero il terrore
che vi deluda! Aiuto! =(
Passo a
ringraziarvi!
Quindi…ευχαριστίες :
-a chi ha
recensito: Hakaichanshinichi e ran amore
Sherry MyanoAlexia_Chanfloravikizumi_ Aya_BreaTammyTam Yume98! E a
Dony_chan
che sta recensendo tutti i capitoli man mano che legge!
-a chi ha
la storia tra le seguite: Alesaphi24 Alexia_ChanAya_BreaBlackFeathciachanCrystalMizuki Helen Blackinfernapenergyizumi_ kaze90 kurapKuroshiroLeak_kaeL Lilla95 Scorpyon Sweet96 YukariKudo200 _kid_
jennelyn12 ismilegiadi !
- a chi ha
la storia tra le ricordate: Lilla95 Aya_Brea
- a chi ha
la storia tra le preferite: Aya_Breacardcaptorvincychyofloravikinfernapenergy I_Am_She kurapKuroshiroshinichi e ran amore Yume98 Alexia_ChanDony_chan Sherry Myano YukariKudo200!
E
ovviamente, un ringraziamento va anche a chi si limita a leggere! =)
Che altro
dire? Spero di leggere i vostri commenti!
“Ti ho chiamata con uno dei tuoi tanti nomi. Potrei citarne
altri, se vuoi.” Rispose tranquillamente Shinichi.
Jodie non rispose. Si limitava a osservare il ragazzo con
espressione divertita.Scoppiò a ridere.
Poi corrucciò la fronte, come se fosse indecisa sul da farsi. La pioggia
iniziava a diventare insistente: i cecchini erano ormai totalmente fuori
combattimento.
Sorrise.
“Che assurdità! E cosa ti fa pensare che io non sia Jodie?
Sentiamo un po’.”
“Se proprio ci tieni, ti racconterò tutto. Mi sono
insospettito quando mi hai chiamato Shinichi. Quando
Jodie mi ha visto per la prima volta in veste di ragazzo delle superiori, mi ha
chiesto se poteva continuare a chiamarmi Conan, nonostante quel bambino sveglio
ormai non esistesse più. E così ha fatto. Mi chiamava sempre Conan, finché,
ieri, tu non mi hai chiamato Shinichi. Così ho
cominciato a sospettare che non tu non fossi la vera Jodie. Poi, ho fatto
squillare il tuo cellulare, e tu non ne hai riconosciuto subito la suoneria.
Una cosa strana, direi: come si fa a non riconoscere la suoneria del proprio
telefono? Ormai, ero quasi sicuro che tu non fossi Jodie. Ci sono solo due
persone che conosco in grado di travestirsi così bene: quel ladro bianco da
strapazzo e tu, Vermouth. Probabilmente ti sei sostituita a Jodie la scorsa
mattina, quando è andata a ispezionare il quartiere di Ota-ku.
Dubito che quella scorticatura al ginocchio te la sia provocata sbattendo sullo
sportello della macchina: immagino invece che la vera Jodie abbia tentato di
difendersi.”
La donna continuava a mantenere il suo sorriso divertito. Le
affermazioni di Shinichi sembravano non preoccuparla
per niente.
“Dai, continua, vediamo cos’altro hai da raccontare.”
“Vedi, è stata proprio la tua bravura ad immedesimarti nelle
persone che ti ha tradita. Ho parlato dei miei sospetti su di te ad Akai, e questo pomeriggio abbiamo avuto la nostra conferma
definitiva. Sai com’è, oltre ad essere un bravo agente dell’FBI, Akai è anche un bravo attore. E voi dell’Organizzazione lo
sapete bene. Quella del presunto bacio tra di voi è stata tutta una messa in
scena: e tu ci sei cascata. Non c’è stato niente tra di voi: e tu, assecondando
la sua scenetta, hai dimostrato di non essere Jodie.Mi dispiace, Vermouth, ma ti conviene
arrenderti. Sei circondata. Un passo falso e avrai l’FBI addosso.”
Jodie alzò il sopracciglio destro, con un’espressione tra lo
stranito e il sorpreso: “Hai solo diciassette anni, ShinichiKudo. Devo farti i miei complimenti, sei davvero
intelligente.”
La sua voce era cambiata. Non era più la voce dell’agente
Jodie. Era la voce fredda e beffarda di Vermouth. Si accarezzò con un dito la
guancia.
“Che peccato.” Disse, “questa pioggia mi sta rovinando il
trucco.”
Era circondata da cecchini e agenti del suo più potente
nemico, e quella donna pensava al trucco?! Shinichi
non poteva davvero comprenderla. Era un avversario duro: era difficile farle perdere
il controllo. Aveva una padronanza assoluta di sé.
“Cosa hai fatto a Jodie?” le chiese, infilando la mano
destra in tasca e tastando la pistola.
“Lascia stare la pistola, sono oggetti pericolosi per un
ragazzino come te. Tranquillo, la tua amica sta bene. Non l’ho ancora uccisa.
Può sempre tornare utile: qualche informazione sui progetti dell’FBI non fa mai
male. E poi, bisogna sempre avere qualcosa che possa permettere di
contrattare.”
Shinichi strinse i denti per la
rabbia. Vermouth era davvero un mostro! Chissà cosa aveva intenzione di fare a
Jodie. Senza volerlo, si morse la lingue talmente forte da sentire in bocca il
sapore del sangue.
“Dov’è?”
“Ci tieni tanto a saperlo?”
Shinichi estrasse la pistola e
gliela puntò contro.
“Parla.”
“Non mi uccideresti, non ne sei capace. E poi, da morta non
potrei rivelarti dove si trova la donna.. mi spiace, detective, ma sono in una
posizione migliore della tua. I cecchini sono fuori combattimento e gli altri
agenti sono lontani dall’ingresso della fabbrica.”
“Chi ti manda? Gin, forse?”
La donna rise di gusto. Continuava a tenere le braccia
incrociate, incurante della pioggia e dell’arma che Shinichi
le stava puntando contro.
“Gin? Io non prendo certo ordini da lui. Io non prendo
ordini da nessuno.”
“E allora, si può sapere cosa ci fai qui?”
“Combatto la mia battaglia.”
Ora, aveva sciolto le braccia e cominciato a camminare. I
finti occhiali non le servivano più, anzi, le appannavano la vista per via della
pioggia. Li buttò a terra, mentre girava a passi lenti intorno al ragazzo.
“Smettila di parlare per enigmi. Sputa il rospo.”
Shinichi non le staccava gli occhi
di dosso. Stava sudando freddo, le goccioline che gli cadevano dalla fronte si
mischiavano alla pioggia. Sentiva addosso tutta la tensione del momento. Era
bagnato fradicio, i vestiti gli pesavano, il martellante scrosciare della
pioggia fattasi più intensa lo stava frastornando. Ma era concentrato al
massimo su Vermouth: niente avrebbe potuto distrarlo.
La donna si fermò accanto a lui: “Voglio fare un patto con
te.”
“Un patto? Non scenderò mai a patti con una strega come te!”
“Ma davvero?”
Gli si era avvicinata, aveva appoggiato la mano sul suo
braccio. Lo fissava negli occhi, uno sguardo suadente e provocante, mentre la
sua mano scendeva, fino ad accarezzare il polso di lui.. e fu allora che, con
uno scatto fulmineo, aumentò la presa e fece ruotare il polso, costringendo Shinichi a puntare la pistola su se stesso.
“Ora forse avrai più voglia di parlare. Sono pronta a
premere il grilletto.”
Accidenti, pensò Shinichi. La
pioggia era diventata talmente fitta che i cecchini, distanti com’erano, non
potevano nemmeno distinguere le loro sagome. Dov’era finito Akai?
Perché non interveniva?
Non aveva scelta. Doveva ascoltarla. Forse, in quel modo,
avrebbe potuto salvare la veraJodie.
“Cosa vuoi da me?”
“Bene, vedo che sei diventato più disponibile.” Ghignò lei,
soddisfatta.
“Promettimi che non farai nulla di male a Jodie.”
“E va bene, come vuoi tu.”
Gli aveva strappato la pistola di mano e continuava a
tenerla puntata contro di lui.
“Ho bisogno del tuo aiuto per fare fuori una persona. Una
persona che anche tu desideri ardentemente trovare..” iniziò lei.
Shinichi non capiva più nulla.
Voleva forse usarlo come sicario?! Chi era quella persona che Vermouth voleva
uccidere, ma che non poteva arrischiarsi di eliminare con le proprie mani?
“E chi sarebbe questa famosa persona?” chiese con tono
sprezzante.
“Io un’idea ce l’avrei.”
A parlare non era stata Vermotuh.
Era stata una voce maschile, fredda, glaciale, ironica, arrogante. Una voce che
entrambi conoscevano bene. Si girarono contemporaneamente. Nello spiazzo
davanti alla fabbrica abbandonata era appena comparso un uomo vestito di nero.
Alto, capelli lunghi biondo platino, occhi seminascosti da un cappello.
L’uomo fece qualche passo avanti, fermandosi a qualche metro
da loro. Poi, estrasse una Beretta M1934 e la puntò dritta contro Vermouth.
“Gin..” mormorò la donna. I suoi occhi erano preda della
sorpresa: che ci faceva lì lui? L’aveva seguita?
Shinichi, da parte sua, non faceva
altro che chiedersi dove diavolo fosse finito ShuichiAkai. Stava forse aspettando il momento adatto per
intervenire? Ma se non era quello il momento adatto, qual’era allora?!
“Risposta esatta, Vermotuh. Era me
che volevi fare fuori. O sbaglio?”
“Tu.” Rispose la donna, mordendosi il labbro, continuando a
tenere la pistola puntata contro Shinichi, “Che fai
qui? Mi hai seguita?”
“Chianti è stata molto felice di pedinarti e spiare ogni tua
mossa. Ho capito che avevi in mente qualcosa e quando ho saputo che avevi preso
il posto di quell’agente dell’FBI, ho fatto due più due e ho intuito che
volessi farmi fuori. E’ da un po’ che so che vuoi liberarti di noi, cara
Vermouth. Ma per tua sfortuna, io ti ho preceduta.”
Si fissavano con occhi carichi di odio. Shinichi
non sapeva cosa fare. Era la prima volta, in tutta la sua vita, in cui non
sapeva cosa fare. Non aveva un piano pronto a disposizione. Non aveva dubbi:
Gin avrebbe ucciso prima Vermouth e poi lui. Infine, avrebbe trovato un modo
per svignarsela sotto il naso dell’FBI.
Dove era finito Akai?! Aveva
bisogno di aiuto!
“Beh, direi di non perdersi in chiacchiere inutili. Ora
spedirò te all’inferno. Poi testerò il nuovo veleno su questo ragazzo. Vedremo
se la sorte ti aiuterà due volte, ShinichiKudo.”
Si era voltato, lanciando un’occhiata di fuoco a Shinichi. Il ragazzo sentì un brivido lungo la schiena. Lo
stava fissando negli occhi, come quella volta al Luna Park. Erano di nuovo faccia
a faccia, punto e da capo. Ed erano uno a zero per Gin: Shinichi
aveva intenzione di pareggiare i conti.
“NO!” urlò una voce.
Una quarta persona era comparsa nello spiazzo davanti
all’ingresso della fabbrica. Indossava un paio di jeans e una felpa azzurra,
che la pioggia aveva fatto diventare grigia. Stringeva i pugni, fissando Gin
con due occhi che sembravano un mare in burrasca.
“Non ti permetterò di farlo.”
Shiho aveva fatto capolino in
mezzo a quella che era una vera e propria esecuzione. Davanti a lei c’era Shinichi. A separarli c’erano Gin e Vermouth, le pistole
puntate l’uno contro l’altra.
“Che ci fai qui? Ti avevo detto di restartene buona.” La
rimproverò Gin, non staccando gli occhi dalla donna che aveva di fronte.
“Non ti permetterò ti usare il mio veleno per uccidere Shinichi, a costo di ingerirlo io stessa.”
La voce era rotta. Forse, aveva cominciato a piangere. Shinichi, che la fissava con un misto di ammirazione e
apprensione, non riusciva a capirlo:la pioggia che le martoriava le guance si
mischiava alle lacrime, i capelli incollati alla fronte le coprivano quasi gli
occhi.
“Lasciatelo stare, o non lavorerò più per voi.”
“Shiho..” riuscì solo a
pronunciare Shinichi. L’aveva chiamata con il suo
nome: in quel momento, lei non era più la bambina di nome Ai. Era la ragazza
più coraggiosa che avesse mai conosciuto,una piccola grande donna di nome Shiho.
“Cosa c’è, Sherry? La sua vita vale forse più di quella di
qualcun altro?”
Gin sembrava calmo, ma la sua voce suonava leggermente
alterata a causa della situazione inaspettata.
Shiho restò immobile. Tremava di
paura, di indignazione, di freddo.E di
felicità per aver appena rivisto il suo migliore amico. La vita di Shinichi valeva forse più di quella di qualcun altro? Per
lei sì. Per la prima volta in vita sua, era decisa più che mai a comportarsi in
maniera egoista. Avrebbe destinato quel veleno a qualsiasi altra persona nel
mondo, non le importava: ma Shinichi non doveva
correre alcun pericolo.
Cos’era quella strana sensazione che provava? Non sapeva
descriverla. Forse, stava facendo la cosa peggiore, ma sentiva di aver preso la
scelta migliore.
“Usa quel veleno su di lui, e io prima ti uccido e poi vi
sputtano al mondo intero.”
Il suo tono era categorico. Un tono che non aveva mai usato
in vita sua. Aveva una forza dentro, una forza che la spingeva a dire quelle
parole. La volontà di voler salvare lui.
Gin sgranò gli occhi. Sherry era sempre stata difficile da
governare, era stata l’unica che era riuscita a scappare e a salvarsi. Sherry
era sempre stata la sua preferita. In una situazione normale, se qualcuno gli
avesse rivolto tali parole, probabilmente gli avrebbe scaricato la pistola
addosso.
Ma ora era diverso. Davanti a lui, Vermouth era scoppiata a
ridere. Accanto a lui, il detective del liceo aveva mormorato qualcosa.
“Che fai, Gin? Non la uccidi?”
Vermouth lo stava provocando. E lui non aveva intenzione di
rivelarsi un sentimentale. Puntò la pistola dritta contro Sherry. La fissò
negli occhi. Poteva sparare. Perché non lo faceva?
“Ha tradito la nostra Organizzazione. Uccidila, o il
traditore sarai tu.”
Era vero. Vermouth, per una volta, aveva ragione. Gin
strinse la pistola. L’indice sinistro, appoggiato sul grilletto, tremò. Perché
esitava? Perché non riusciva a sparare a quella ragazza?
Sì, Sherry era sempre stata la sua preferita. Lui, freddo e
crudele, non aveva problemi ad uccidere. Anzi, lo faceva con tanta
superficialità da dimenticare subito i nomi di chi eliminava. Perché gli occhi
di quella ragazza gli stavano paralizzando l’indice sinistro? Perché non
riusciva a sparare?
Due colpi di pistola si fecero largo tra la pioggia
scrosciante. Gin vide Sherry sbarrare gli occhi, tendere una mano in avanti e
poi cadere a terra. Si girò. La pistola di Vermouth fumava ancora. E provò una sensazione
mai provata prima. Un senso di vendetta molto diverso dalla sottile crudeltà
con cui perseguitava le sue vittime. Un senso di vendetta personale. Vermouth
aveva ucciso Sherry. La sua Sherry.
Era il suo unico pensiero. Senza accorgersene, prese a
sparare all’impazzata. Colpì Vermouth più volte, ferendola ad una spalla e ad
una gamba. Il giubbotto antiproiettile la protesse, mentre cercava di
difendersi sparando a sua volta. Gin aveva perso la sua lucidità.
Da parte sua, Shinichi aveva
osservato la scena, senza riuscire a muovere un dito. E quando vide Shiho cadere sotto i colpi di Vermouth, si lanciò verso di
lei. Prese a correre senza pensare più a nulla: voleva solo raggiungerla. Shiho era lì, stesa per terra. Muoveva un braccio nel
tentativo di rialzarsi. E lui correva, come per dirle “sto arrivando, resisti.”
Passò attraverso la raffica di proiettili di Gin. Provò un bruciore al braccio
destro, probabilmente era stato colpito. Qualcosa di caldo incominciò a
scorrere, fino ad arrivare alla sua mano. Ma lui non sentiva dolore. Non
sentiva più nulla. Ora era accanto alla sua amica.
“Shiho.. sono qui, resisti.. ce la
caveremo, ti salverò.. non preoccuparti, va tutto bene…”
Parlava senza nemmeno capire ciò che stava dicendo.Quell’ansia, quella paura che lo tormentava
da dentro gli impediva di ragionare.
La pioggia continuava a infrangersi sulla città.
Con cura, Shinichi aveva fatto sì
che Shiho appoggiasse il capo sulle sue gambe. Continuava
a mormorare parole rassicuranti, ma la ragazza non poteva sentirlo. Non
riusciva più a sentirlo. La pioggia la frastornava. Si limitava a guardarlo.
Ogni respiro le doleva. Nonostante questo, era felice.
Che strana sensazione. Si sentiva libera, leggera. Come se
niente potesse più scalfirla. Aveva salvato Shinichi,
e questo le bastava. Si era liberata dell’Organizzazione, e questa era la sua
più grande conquista. Non le importava nient’altro.
Prese la mano del ragazzo tra le sue. Sorrise. Poi, con un
immenso sforzo, cercò di parlare: “Shinichi..
promettimi che vivrai, che tornerai da Ran.. lei ti
ha aspettato così tanto..”
“Insieme..” diceva lui, “torneremo insieme..”
“Vivi anche per me..”
“Ma cosa stai dicendo, Ai?! Noi due ne usciremo insieme..
così come abbiamo cominciato..”
“Shihichi io ti..”
Shiho si fermò. Non riusciva più a
pronunciare parola alcuna. Il dolore aumentava.
Shinichi la fissava, le lacrime
miste alla pioggia si posavano sul corpo di lei. No, non poteva andarsene così.
Improvvisamente, sentì qualcosa di freddo posarsi sulla sua
fronte. Alzò il viso. Gin gli stava puntando contro la sua pistola. Aveva lo
sguardo sbarrato.
“Facciamola finita anche con te, ragazzino.”
Shinichi non riusciva a muoversi.
Era paralizzato. Stringeva a sé la sua amica, come per proteggerla. Gin stava
per premere il grilletto. Shinichi strinse ancora più
forte Ai. Era così che doveva finire?
Sentì un colpo di pistola. Tutto quello che riuscì a vedere
prima cadere all’indietro, fu una figura accanto all’uomo vestito di nero. Non
avrebbe saputo dire chi fosse.
Poi, il buio.
La pioggia continuava a scrosciare, a sbattere sui loro
corpi. Accanto a loro, il terreno bagnato era impregnato di rosso. Tante,
piccole, macchioline rosse.
Come se dal cielo fossero piovute gocce di sherry.
Mi sono
impegnata tantissimo a scrivere questo capitolo, e spero davvero che vi sia
piaciuto! A dir la verità, è il mio preferito.. non a caso è quello che dà il
titolo alla storia! Prima di perdermi in chiacchiere o, peggio ancora, di
essere fucilata da voi per la piega che la situazione ha preso, passo a
ringraziarvi!
Un
grandissimoobrigado:
-a chi ha
la storia tra le seguite: Alesaphi24 Alexia_ChanAya_BreaBlackFeathciachanCrystalMizuki Helen Blackinfernapenergyizumi_ kaze90 kurapKuroshiroLeak_kaeL Lilla95 Scorpyon Sweet96 YukariKudo200 _kid_
jennelyn12ismilegiadi!
-a chi ha
la storia tra le preferite: Aya_Breacardcaptorvincychyofloravikinfernapenergy I_Am_She kurapKuroshiroshinichi e ran amore Yume98 Alexia_ChanDony_chan Sherry Myano
YukariKudo200 KonanKohai !
- a chi ha
la storia tra le ricordate: Lilla95 Aya_Brea
-a chi ha
recensito: shinichi e ran amore
Sherry MyanoAlexia_ChanfloravikAya_BreaTammyTam Yume98 Dony_chan !
Davvero,
grazie di cuore a tutti per il vostro sostegno! Vi voglio bene cari lettori e
non mi stancherò mai di citarvi capitolo per capitolo!
Un vortice nero lo stava risucchiando. Non sapeva dove si trovava,
non sapeva cosa stava facendo.. provava solo una sensazione di tranquillità. La
sua mente era vuota, beata, rilassata.
Poggiava la testa su qualcosa di morbido. Aprì a fatica gli
occhi. Dov’era? Si era addormentato? Ci mise qualche secondo per ricordare.
Shiho tra le sue braccia. La
pistola di Gin che premeva sulla sua fronte.
Spalancò gli occhi. Le sue pupille erano puntate su qualcosa
di bianco. Dove si trovava? Forse era morto. Già, Gin doveva avergli sparato.
Era finito tutto così, in meno di un secondo la vita era volata via. E Ran.. Ran non avrebbe mai saputo
la verità dalla sue labbra. Qualcuno gliel’avrebbe raccontata per lui.
“Shinichi!”
Una voce aveva pronunciato il suo nome. Mosse a fatica la
testa, guardandosi intorno. Quel “qualcosa di bianco” non era altro che il
soffitto di una camera. La sala di un ospedale.
“Shinichi! Sono qui! Mi senti?”
Quella voce.. quella voce la conosceva. Sì, gli sembrava la
voce di Ran. Si voltò verso destra, e mise a fuoco
una figura femminile seduta accanto al letto dov’era sdraiato. Lunghi capelli
castani, occhi azzurri. Profumo inconfondibile. Era lei.
“Ran..” disse a fatica. Aveva la
lingua secca, parlava con difficoltà.
“Shinichi! Finalmente! Oh.. sono
così felice!”
La ragazza si coprì il volto con le mani. Singhiozzava dalla
felicità.
Era ancora vivo, dunque? Forse Gin non era riuscito a
sparargli..
“Ran.. io..”
Ran gli prese le mani tra le sue,
le guance rigate dalle lacrime. Aveva gli occhi rossi: doveva aver pianto per
molto tempo.
“Non sforzarti, non devi parlare se non ci riesci. Ora
chiamo subito il medico..”
“No, Ran.. io..”
Chissà quanto tempo era passato. Un giorno, una settimana,
un mese? Non riusciva a capirlo. E Ai? Dov’era Ai? Cosa le era successo?
“Shinichi!!”
Una voce maschile. Un forte accento di Osaka. Un ragazzo
scuro che lo guardava dall’ingresso della camera, e che, con uno scatto
fulmineo, fu al suo capezzale. Due grandi occhi azzurri che lo fissavano
sollevati. HeijiHattori.
“Shinichi! Per fortuna.. come ti
senti? Stai bene? Ma dico io, come ti è venuto in mente di cacciarti in simili
guai! Dovevi chiamarmi.. avrei potuto aiutarti. Io te l’avevo detto di stare
attento.. Per fortuna ti sei ripreso. Ma come stai? Su, di’ qualcosa! Dai, Shinichi!!”
Quelle parole gli strapparono un sorriso. Heiji era sempre il solito impulsivo. Avrebbe voluto
tranquillizzarlo, ma in quel momento non ne aveva le forze.
“Heiji, ma ti sembra il caso? Non
lo vedi che è distrutto?”
A rimproverarlo era stata Kazuha.
Era arrivata anche lei, abbracciava Ran che, da parte
sua, non poteva smettere di piangere. La tensione accumulata si riversava tutta
in quelle lacrime.
“Shinichi!!”
Qualcun altro lo stava chiamando. Si voltò e vide il dottor Agasa, che era appena entrato, il suo solito sorriso a
trentadue denti stampato in faccia.
“Hi, Cool
Boy!”
Un forte accento americano, capelli biondi, grandi occhiali
da vista. Quella era .. Jodie Starling? Sì, era
proprio lei. Per fortuna, stava bene. Vermouth non le aveva davvero fatto del
male. Accanto alla donna c’era ShuichiAkai. Akai.. che fosse stato lui
a salvarlo? Shinichi non trovava altra soluzione.
Era tutti accanto a lui. Tutti accanto al suo letto. Tutti
desiderosi di sentirlo parlare. Ma la sua mente era affollata da troppi
pensieri e Shinichi non sapeva da quale partire..
poi, provò una fitta al cuore. Passò in rassegna con lo sguardo tutti i
presenti. Ran, Kazuha, Heiji. Jodie, Akai, il dottor Agasa. Mancava qualcuno all’appello. Dov’era Shiho? Doveva essersi salvata anche lei. Già, non c’era altra
soluzione che Shinichi potesse considerare.
“Ai…?” chiese debolmente.
Non ci fu bisogno di spiegazioni. Lesse nello sguardo dei
suoi amici la risposta.
Un risposta semplice, breve, immaginabile. Una risposta che
bruciava da morire.
Un dolore mai provato, qualcosa di più tagliente di una
spada.
Shiho non c’era più.
-------------------------------
Aveva dormito per due giorni interi, eppure si sentiva a
pezzi. E la certezza della morte di Shiho lo faceva
sentire ancora peggio. Era tutta colpa sua: Ai si era esposta per proteggerlo.
Se solo.. se solo lui avesse saputo cavarsela da solo. Se solo fosse riuscito a
proteggerla. Se solo non fosse rimasto lì, immobile, paralizzato come il più
stupido degli stupidi.
Nel momento in cui era venuto a sapere della morte della sua
amica, aveva chiesto di rimanere solo con Akai e
Jodie. Voleva che gli spiegassero cosa fosse successo. E così, una volta fatti
uscire gli altri, i due avevano iniziato a parlare.
Akai gli aveva raccontato di come
si fosse nascosto nei pressi della fabbrica: ma nemmeno lui si aspettava
l’arrivo di Gin e dei suoi seguaci. Chianti l’aveva colto di sorpresa e ferito di striscio a una gamba : per riuscire
a sbarazzarsi di lei aveva dovuto impiegare un bel po’ di tempo. Così ferito,
si era poi trascinato fino allo spiazzo.
“C’era sangue dappertutto ..” aveva detto, “Per terra, vidi
un corpo mutilato da colpi di arma da fuoco. Era Vermouth. Gin le avrà sparato
almeno una decina di volte. Era già morta quando la vidi. Poi, mi accorsi di te
e di Gin. Vidi che tenevi Shiho sanguinante tra le
tue braccia. Capii quello che era successo e sentii un macigno sullo stomaco:
non ero riuscito a proteggerla. L’avevo lasciata al suo destino, così come era
successo con Akemi.”
Akai si era lasciato andare. Lui, che era sempre così freddo e
calmo, aveva parlato con la voce rotta dell’emozione. Jodie gli aveva preso le
mani tra le sue, come a dire: “Coraggio, Shu. Non è
colpa tua.”
“Presi in fretta la mira e sparai. Colpii Gin al braccio. Si
girò a guardarmi. Aveva gli occhi sbarrati, sembrava fuori di sé. Non l’avevo
mai visto così.”
“E’ stata Shiho.” aveva mormorato Shinichi.
“A cosa ti riferisci?”
“Shiho si era schierata contro di
loro. Gin le ha puntato contro la pistola, ma sembrava non essere in grado di
sparare. Ma poi, Vermouth.. e così, Gin ha iniziato a sparare contro di lei..”
Shinichi non aveva trovato il
coraggio si proseguire. Si era limitato a dire: “Alla fine anche Gin è riuscito
a provare un sentimento umano. Non so cosa l’abbia fatto esitare. Non so cosa
provasse per Shiho. Ma sono certo che per lei
sentisse qualcosa di particolare..”
Akai aveva abbassato gli occhi.
“Tu eri per terra, steso accanto a Shiho.
Sul momento pensai di essere arrivato tardi, credevo che avesse ucciso anche
te. Approfittai della sua totale mancanza di lucidità: ho preso la mira e gli
ho piantato una pallottola in testa. Credevo che, una volta messa in atto la
mia vendetta, avrei provato una sensazione di soddisfazione, come se avessi
raggiunto l’obiettivo di una vita. Invece, vedendolo stramazzare al suolo, non
provai nulla. Solo una fitta di dolore alla gamba ferita.”
Già. Cos’era la vendetta? Niente che potesse davvero
procurare piacere.
“E gli altri? Cosa ne è stato? E tu, Jodie?” aveva chiesto Shinichi.
Era stata la donna, a questo punto, a prendere la parola.
“Siamo riusciti a prendere Chianti, ma gli altri ci sono
sfuggiti. Siamo sulla strada giusta, comunque. Presto riusciremo a
sbaragliarli..”
“Chianti parlerà.” Aveva detto Akai,
con un sibilo.
“I tuoi metodi poco ortodossi non saranno di aiuto. Dubito
che sappia qualcosa, non era un membro molto importante. Comunque, bisogna
approfittare della confusione che si è creata: abbiamo privato l’Organizzazione
di due dei suoi migliori agenti.”
“E tu, Jodie? Dove ti trovavi?” aveva chiesto nuovamente Shinichi.
“Vermouth mi aveva rinchiusa in uno scantinato nel quartiere
di Ota-ku, sotto il controllo di due uomini. Ma l’FBI
mi ha addestrato bene, e sono riuscita a fuggire. Diciamo che per distrarli ho
dovuto usare certi metodi particolari …”
disse maliziosamente.
Shinichi arrossì, capendo a cosa
si riferiva la donna.
E così, il treno sembrava arrivato al capolinea. Lui era
tornato grande, l’Organizzazione aveva subito gravi perdite, l’FBI stava per
trionfare. Ma a quale prezzo era stato ottenuto tutto questo? Quante persone
erano morte, quante avevano sofferto in quell’ assurda guerra senza capo né
coda?
Sherry non c’era più. Shiho non
c’era più. Ai non c’era più.
Tre persone in una, morte una dopo l’altra. Shiho aveva cessato di esistere quando era entrata
nell’Organizzazione. Sherry era morta dopo averla lasciata. E Ai aveva detto
addio a questo mondo ingoiando una pillola.
Poi, Shiho era morta di nuovo. E
quella volta, per davvero.
Già, la sua amica aveva avuto una vita particolare. Era nata
e morta per quattro volte.
Ma questa volta Shinichi sapeva
che non sarebbe più tornata. Non sarebbe rinata una quinta volta. E niente,
neanche il più astruso tra i farmaci, avrebbe potuto salvarla.
Ora, Akai e Jodie avevano lasciato
la sua stanza, dopo aver raccontato una storia che Shinichi
aveva ascoltato per metà. Non gli interessava più niente. Ora che quella guerra
lo aveva colpito così da vicino, gli sembrava che nulla avesse più senso.
Capiva perfettamente cosa avesse provato Akai
alla morte di Akemi. Certo, per lui Ai era solo
un’amica ma.. era la sua migliore amica. Quella con cui aveva condiviso
quell’anno, l’unica che sapeva davvero tutto di lui e della sua lotta con se
stesso e con l’Organizzazione. Che senso aveva continuare, ora che lei non
c’era più? Che senso aveva cercare una vendetta che non l’avrebbe mai ripagato
appieno?
Già, la vita ti colpisce, ti fa a pezzi, ti cambia. E tu o
muori o ne esci fortificato. Così dicono, almeno. E allora, perché, anche se
era sopravvissuto, sentiva comunque l’anima scivolargli via?
Il dolore che provava era indescrivibile. Lo stesso dolore
che aveva fatto richiudere Akai in se stesso e che
l’aveva quasi fatto piangere un attimo prima. Quell’uomo tanto freddo si era
sciolto come neve al sole.
Sì, quel dolore era un sole incandescente che lo scioglieva
e lo privava delle forze. Come avrebbe fatto ad andare avanti? Cosa sarebbe
successo ora?
Sentì un leggero cigolio. Qualcuno stava aprendo la porta, e
una testolina castana si sporse per vedere all’interno della stanza.
“Posso entrare?”
Era Ran.
Lui sorrise. Certo che poteva entrare.
“Come ti senti? Vuoi dormire un po’? Il medico ha detto che
hai bisogno di riposo…”
Shinichi scosse piano la testa.
No, stava bene così. Non riusciva a dormire.
“Posso restarti accanto?”
Come avrebbe potuto dirle di no? Lo stava guardando con due
occhi dolci e pieni di amore. Ran gli era sempre
stata vicina, e lui l’aveva ripagata con una bugia dopo l’altra.
“Ran io.. devo parlarti..”
Era giunto il momento di dire la verità. Questo, forse,
avrebbe potuto rinfrancarlo, almeno in parte, da ciò che provava.
“Non c’è bisogno che ti sforzi. Tu non andrai più via. Hai
tutta la vita per parlarmi di ciò che vuoi, non sforzarti ora. Sei ancora
debole.”
Cos’era quello sguardo? Perché aveva la sensazione che Ran sapesse già tutto?
Forse Ran aveva sempre saputo. Ran. Le ultime parole di Ai erano state per lei. E poi,
c’era stato quel “Shinichi io ti..” che la ragazza
non aveva avuto la forza di completare. Cosa voleva dirgli?
Solo una cosa era certa. Shiho non
si era sacrificata solo per lui. Aveva dato la vita per lui e per Ran. Per due persone che erano destinate ad essere una sola
cosa.
Grazie, Shiho. Fu questo il suo unico pensiero. Aveva gli occhi
lucidi, lo sentiva. Eppure si sforzava di non piangere.
Annuì. Aveva tempo per raccontare.
Ora, sentiva il dolore bruciare di meno. Ran
gli stava dando forza, la forza che gli serviva per andare avanti.
Chiuse gli occhi. Che strano. Aveva sempre considerato Ran come la luce della sua vita. In quel momento, invece, Ran era il freddo che gli stava impedendo di sciogliersi
sotto i colpi del sole del dolore.
E così,
manca un solo capitolo.. Ora che la morte di Shiho è diventata
certezza, forse devo spendere qualche parola su questa decisione. Insomma,
sulla scelta di concludere così la storia.
Forse
qualcuno mi crederà pazza, dato che ho fatto morire il mio personaggio
preferito. A dir la verità, non so nemmeno io cosa mi sia preso scrivendo
questi capitoli finali. So solo che le dita hanno iniziato a digitare e sono
andate avanti da sole, senza più controllo. E hanno prodotto questo. Alla fine,
rileggendo tutta la storia (compreso il prossimo capitolo, che sarà più che altro
un epilogo) ho sentito che questo era il finale giusto da darle. Spero che
possiate condividere la mia decisione o, almeno, apprezzare ugualmente la
storia.
Passo
subito a ringraziarvi, come al solito siete stati gentilissimi con i vostri commenti=)
Un
grandissimo cảm ơn :
-a chi ha
recensito: shinichi e ran amore
Sherry MyanoAlexia_ChanfloravikAya_Brea Yume98 Dony_chanizumi_ Alesaphi24 RanMouri e trunks94_cs!
- a chi ha la storia tra le seguite: Alesaphi24 Alexia_ChanAya_BreaBlackFeathciachanCrystalMizuki Helen Blackinfernapenergyizumi_ kaze90 kurapKuroshiroLeak_kaeL Lilla95 Scorpyon Sweet96 YukariKudo200 _kid_
jennelyn12ismilegiadi!
- a chi ha
la storia tra le ricordate: Lilla95 Aya_Brea
-a chi ha
la storia tra le preferite: Aya_Breacardcaptorvincychyofloravikinfernapenergy I_Am_She kurapKuroshiroshinichi e ran amore Yume98 Alexia_ChanDony_chan Sherry Myano
YukariKudo200 KonanKohaiDolores1992!
Grazie
davvero a tutti, senza di voi questa storia non avrebbe alcun senso! Al
prossimo (e ultimo.. non immaginate nemmeno che tristezza) capitolo!
Morire come qualcun altro per rinascere se stessi non è una
cosa che capita a tutti. Shinichi sapeva come ci si
sentiva. Lui aveva abbandonato la vita da Conan, per rigettarsi a tutto gas
nella sua esistenza da detective adolescente.
Erano passate due settimane ormai, e lui era appena stato
dimesso. Due settimane. Da quindici giorni Shiho non
c’era più.
In quelle ore solitarie su un letto d’ospedale su cui il
sonno faticava a poggiarsi, aveva ripensato molto a ciò che Shiho
gli aveva detto nei suoi ultimi giorni di vita. In particolare, si era
ricordato di quando la ragazza gli aveva parlato di Ayumi,
confessandogli di sentirsi in colpa per non averla nemmeno salutata.
Ai aveva espresso molti desideri in quei giorni. Desideri
che aveva tenuto nascosti per tanto tempo, e che aveva lasciato venir fuori in
sole settantadue ore. Forse, sentiva che la fine era vicina. Forse, lei sapeva
già tutto.
Forse, anche Shinichi sapeva che
sarebbe finita così. Solo che, a differenza di Shiho,
lui non aveva avuto abbastanza forza per ammetterlo. Già, Ai era sempre stata
più forte di lui.
Uno dei suoi desideri l’aveva già realizzato. Era tornato da
Ran, come lei gli aveva chiesto. E, finalmente, le
aveva raccontato tutta la verità.
MaRan sapeva. Ran aveva sempre
saputo. Nonostante avesse fatto finta di niente, Shinichi
non aveva letto stupore negli occhi di lei.
Ora, si apprestava a realizzare un altro dei desideri di Ai.
Guardò l’ora. Era quasi il momento. Presto la strada sarebbe
stata invasa da bambini alti più o meno come la sua gamba. Proprio come Conan,
proprio come lui fino a meno di un mese prima.
Suonò la campanella. Ci siamo, pensò.
Era appoggiato al cancello della scuola elementare di Beika, senza pensare a nulla in particolare, quando li
vide. Una bambina con i capelli a caschetto, un bambino con le lentiggini e un
altro un po’ troppo cicciottello. Erano loro.
“Ehi, scusate!” li chiamò, seguendoli.
I tre si girarono stupiti.
“E quel tipo cosa vuole?” chiese Genta,
non preoccupandosi che Shinichi potesse sentirlo.
“Somiglia a Conan.” Replicò Ayumi,
“Magari è un suo parente.”
“Mi chiamo ShinichiKudo, sono un amico di Conan e Ai.”
Quei tre ragazzini gli facevano una gran tenerezza. Era
piccoli e innocenti, nonostante si credessero dei grandi detective. E lui stava
per raccontare loro un’ultima bugia. Una fiaba a cui loro dovevano credere.
Perché a sette anni non ti chiedi se Hansel e Gretel siano esistiti o meno. Ci
credi e basta. Così, loro avrebbero creduto per sempre all’esistenza di Conan Edogawa e Ai Haibara, i due
protagonisti della fiaba che Shinichi si apprestava a
raccontare.
“Sai quando torneranno?” chiedeva intanto con impazienza Ayumi.
Shinichi sorrise.
“Ecco, vedete.. si sono trasferiti entrambi molto lontano.
Non torneranno più. Mi hanno chiesto di salutarvi di persona. Soprattutto tu, Ayumi.. Ai mi ha chiesto di dirti che non ti dimenticherà
mai. E ti vuole anche ringraziare per tutto ciò che hai fatto per lei.”
“Se ne sono andati.. per sempre?” chiese di nuovo lei, gli
occhi lucidi, i pugni stretti al petto.
“Sì, non torneranno più in Giappone. Ma chissà, magari prima
o poi le vostre strade si incontreranno di nuovo.”
Non stava mentendo. Stava semplicemente raccontando una
fiaba. E quelle, non importa che siano vere o false.
“Non ci credo! Loro ce l’avrebbero detto!” protestò Mitsuihiko.
“Purtroppo è successo tutto molto in fretta, e hanno saputo
all’ultimo della partenza. Non hanno avuto modo di salutarvi di persona.”
“Di’ a Conan.. che non lo dimenticherò mai. E di’ ad Ai che
sarà la mia migliore amica, per sempre, qualunque cosa succeda.”
“Non c’è bisogno che glielo dica. Ai lo sa già. E Conan..
nemmeno lui dimenticherà mai l’anno passato con voi. Ve lo posso assicurare. Ci
si rivede, ragazzi. Chissà, magari ci ritroveremo ad investigare insieme su
qualche caso!” Fece per andarsene, ma una voce lo fermò.
“No.” Aveva risposto secco Genta.
Shinichi sgranò gli occhi. Cosa
intendeva dire?
“Ora che Conan e Ai non ci sono più, i Detective Boys non hanno più motivo di esistere. O tutti o nessuno.”
“Ragazzi..”, iniziò Shinichi, “voi
siete dei Detectives. E i Detectives
non si arrendono di fronte a niente. L’investigatore ha due anime: quella umana
e quella del detective. La parte umana è uguale a quella di tutti gli altri:
racchiude i sentimenti, le idee, ciò che caratterizza ogni uomo. La parte del
detective, invece, è lontana da tutto ciò: lei osserva imperturbabile i fatti,
non si lascia condizionare da niente. Vedete, spesso la seconda tende a prevalere
sulla prima. E’ per questo che noi detectives
tendiamo a sentirci invincibili e tanto sicuri di noi stessi: perché vediamo le
cose in maniere distaccata, lasciamo che l’acqua ci bagni e che il vento ci
asciughi come se niente fosse. Quando però la parte umana prevale sulla
seconda, allora è tutto più difficile. Perché ci si sente sconfitti e delusi da
se stessi, ci si sente come se andare avanti fosse impossibile. Ci si sente
senza via d’uscita, senza due opzioni tra cui scegliere. Ma c’è sempre una
scelta nella vita: e il detective deve trovare un equilibrio tra le due parti
della sua anima. Ma mai, per niente al mondo, deve lasciar stare la sua
professione: sarebbe come annientare una parte di se stessi. Mi capite?”
I tre ragazzini annuirono. Pendevano letteralmente dalle
labbra del giovane.
“Come ho detto, voi siete dei Detectives.
Non lasciate che la vostra anima umana prevalga. Trovate un equilibro,
continuate a essere quello che siete. Fatelo anche per Conan e Ai. Loro
vorrebbero questo.”
Detto questo, si incamminò, lasciando i tre bambini sul
ciglio della strada, interdetti come non mai.
Ora, c’era un ultimo posto in cui voleva andare. C’era
un’amica che voleva salutare.
Arrivò dopo una decina di minuti al cimitero del quartiere
di Beika. Tra le lapidi, incastonate una dietro
l’altra come fiori di un giardino di pietra, regnava un silenzio assoluto.
Cominciò a camminare lentamente. Aveva intravisto una figura seduta in fondo al
sentiero.
Era giovedì. Sapeva di trovarlo.
“Anche tu qui?” gli chiese, sedendo vicino all’amico.
ShuichiAkai
annuì. Teneva gli occhi fissi sul cellulare. Davanti a loro c’erano due piccole
lapidi gemelle, su cui erano incisi i nomi di Akemi e
ShihoMiyano.
“Rileggi sempre l’ultima mail che ti ha mandato?”
Akai chiuse il telefono.
“Non l’ho protetta. E’ solo colpa mia se Akemi
è morta.”
“Akemi ti ha amato fino all’ultimo
istante. E’ morta con la consapevolezzache tu eri al sicuro. Sapeva di andare incontro a morte certa, ma non si
è fermata. Ha voluto così.”
Gli occhi delle due sorelle Miyano
li stavano fissando attraverso la carta di due foto sgualcite. Erano più
piccole, ma erano sempre loro. Loro che, nonostante non esistessero più,
avrebbero continuato a vivere nel ricordo di chi le aveva amate.
“E Shiho? Non sono riuscito a
proteggere nemmeno lei.”
“Non puoi fartene una colpa.” Rispose Shinichi,
“Io non ho fatto altro che tormentarmi fino a ieri. Poi, ho capito che non
aveva senso continuare così. Shiho si è esposta,
quella notte al porto, perché voleva sentirsi libera. Sorrideva l’ultima volta
che l’ho vista. Credo che l’ultimo attimo della sua vita sia stato l’unico
momento in cui si è sentita davvero se stessa.”
Akai abbassò lo sguardo.
“Io non riesco a smettere di pensarci.”
“Prima di morire, Shiho mi ha
chiesto di tornare da Ran. Di vivere anche per lei.
Sono sicuro che Akemi avrebbe voluto la stessa cosa
per te. Avrebbe voluto chiederti di vivere anche per lei.”
Shinichi aveva la voce rotta
dall’emozione. Era passato ancora troppo poco tempo per riuscire a trattenere
le lacrime. Forse, di tempo non se sarebbe passato mai abbastanza.
“Mi manca. Mi manca da morire. Ma voglio andare avanti anche
per lei. Voglio continuare a vivere con la ragazza che amo, godere al massimo
ogni secondo della vita, per riuscire a viverlo anche per lei.”
“Io non ho altri da amare.” Rispose secco l’uomo.
“Ne sei sicuro? Non serve cercare lontano. Credo che la
risposta sia vicino a te.”
Akai sorrise. Aveva capito
l’allusione dell’amico.
Si sentirono dei passi sul sentiero. Una ragazza dai lunghi
capelli castani si stava dirigendo verso di loro. Portava in mano un mazzo di
rose rosse.
“E’ Ran. Mi ha detto che mi
avrebbe raggiunto qui, con i fiori preferiti di Ai..”
Akai vide la ragazza avvicinarsi a
salutarlo. Gli ricordava moltissimo Akemi. Quel
sorriso dolce e gentile, quei modi garbati, quella forza d’animo esteriore
destinata a rompersi come un vaso di cristallo.
La osservò poggiare dei fiori accanto alle due lapidi, e
poi, la vide rivolgere qualche parola silenziosa ad Ai. Quando poi lei e Shinichi si alzarono e si incamminarono, Akai restò di nuovo solo.
Ma forse non lo era. Akemi era lì,
dentro il suo cuore. E, sempre accanto a lui, c’era un’altra donna che lo
amava.
Sì, forse il ragazzino sveglio aveva ragione. Era tempo di
voltare pagina, di lasciarsi dietro un finale vecchio e tormentato, per
iniziare a scrivere una nuova fiaba.
Prese in mano il cellulare e compose il numero di Jodie.
La giornata era serena, non c’erano nuvole in cielo. Il
telefono dall’altra parte squillava, mentre lui si alzava e si incamminava
verso una nuova vita. Era tempo di vivere anche per Akemi.
Era tempo di vivere a pieno la vita.
Era tempo di lasciarsi cullare dal dolce sentimento
dell’amore, di lasciarsi annegare in un mare di delicatezza lontano dalle fredde
montagne dell’insensibilità.
Un mare leggero, dolce. Vellutato come un bicchiere di
sherry.
-fine-
Mettere il
punto finale a questa fan fiction non è stato affatto facile. Per tre mesi mi
avete tenuto compagnia con le vostre visite, i vostri commenti, i vostri
consigli.. pensare che questo è davvero l’ultimo capitolo è un qualcosa che mi
fa stringere il cuore! Prima di tutto, ci tengo molto a ringraziarvi, perché è
solo per voi che ho trovato man mano la voglia di aggiornare, di rivedere ogni
singolo capitolo, di provare a dare sempre il meglio. Mi avete stimolata e
incoraggiata, e credo che davvero siate i migliori lettori che avrei mai potuto
desiderare. Avete recensito con costanza, non stufandovi mai di dirmi cosa ne
pensavate di ogni singolo capitolo. Penso che sapere i pareri di chi legge sia
la cosa più importante, perché aiuta a capire quanto si è davvero riusciti a
comunicare e, quindi, quanto si può ancora migliorare. E’ per questo che,
giunti alla fine, vorrei chiedervi il piccolo favore di lasciare un commento..
mi piacerebbe sapere davvero come avete trovato la storia in sé, magari
precisando cosa secondo voi non andava bene o cosa viceversa condividete!
Ovviamente questa è solo una richiesta, capisco che non tutti amano recensire
=) Quindi, in ogni caso, grazie lo stesso a tutti!
Vorrei
spendere qualche parola sulla storia in sé. Spero che, ora che avete finito di
leggerla, vi sia rimasto qualcosa. Mi spiego meglio! Ho provato a scrivere
qualcosa di più di una semplice fan fiction su Detective Conan. Attraverso i
vari personaggi, ho cercato di rendere tutte le varie sfumature e sfaccettature
degli esseri umani.
Prendiamo Shiho, per esempio. Lei rappresenta un po’ il desiderio di
libertà di tutti noi, quello che abbiamo dentro, anche se forse spesso non ce
ne accorgiamo. E lei rappresenta anche la forza di lottare per la libertà VERA,
che le è stata sempre negata. Il tema della libertà è uno dei principali,
attorno a cui ruota tutta la fan fiction: mi sono resa conto di quanto spesso
io mi lamenti per motivi del tutto futili, quando invece ho la cosa più
importante che un essere umano deve avere, e cioè la libertà.
C’è una
domanda che vorrei farvi.. qual è secondo voi il personaggio meglio riuscito?
Insomma, quello che vi ha comunicato un qualcosa in più degli altri. Mi
piacerebbe davvero saperlo.. =)
Scusate se
mi sono lasciata andare con le parole, ma dato che è la fine mi sono concessa
un po’ più di spazio=)
Ringrazio
intanto:
-chi ha
recensito: Alexia_ChanfloravikAya_Brea Yume98 Dony_chanizumi_Alesaphi24Crystal Mizuki Dolores1992 shinichi
e ran amore e trunks94_cs!
-chi ha la
storia tra le preferite: Aya_Breacardcaptorvincychyofloravikinfernapenergy I_Am_She kurapKuroshiroshinichi e ran amore Yume98 Alexia_ChanDony_chan Sherry Myano
YukariKudo200 KonanKohaiDolores1992!
-chi ha la
storia tra le ricordate: Lilla95 Aya_Breashaula
- chi ha la
storia tra le seguite: Alesaphi24 Alexia_ChanAya_BreaBlackFeathciachanCrystalMizuki Helen Blackinfernapenergyizumi_ kaze90 kurapKuroshiroLeak_kaeL Lilla95 Scorpyon Sweet96 YukariKudo200 _kid_
jennelyn12ismilegiadi!
Spero
davvero di non aver dimenticato nessuno!
Per
rispondere ad una domanda che qualcuno di voi mi ha fatto, non so quando
pubblicherò un’altra fan fiction. Le idee non mancano, ma purtroppo tra scuola
e impegni vari, manca il tempo per mettere tutto nero su bianco! Inoltre, ho
l’abitudine di scrivere completamente una fic prima
di pubblicarla.. conoscendomi, so già che altrimenti rischierei di aggiornare
una volta ogni tre settimane!
Infine, mi
scuso per il ritardo con cui ho postato questo capitolo! Ho avuto una settimana
davvero difficile!
Ok, penso
di aver davvero finito.. scusate per queste lunghissime note finali!