Gocce di Sherry

di Flami Destrangis
(/viewuser.php?uid=65256)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incertezze ***
Capitolo 2: *** Confusione ***
Capitolo 3: *** Decisione ***
Capitolo 4: *** Fiducia ***
Capitolo 5: *** Insieme ***
Capitolo 6: *** Diversi ***
Capitolo 7: *** Brindisi ***
Capitolo 8: *** Imbarazzo ***
Capitolo 9: *** Odio ***
Capitolo 10: *** Proposta ***
Capitolo 11: *** Risveglio ***
Capitolo 12: *** Imprigionata ***
Capitolo 13: *** Piano B ***
Capitolo 14: *** Cavia ***
Capitolo 15: *** Sherry ***
Capitolo 16: *** Dolore ***
Capitolo 17: *** Fiaba ***



Capitolo 1
*** Incertezze ***


Gocce di Sherry

 

INCERTEZZE

Migliaia di fiori gialli che si voltavano a guardare il sole. Migliaia di esseri senza mente che amavano essere baciati dalla luce di quella sfera incandescente. Erano gialli, come il sole. Erano grandi, erano alti, erano belli. La facevano sentire piccola, la proteggevano.  Una ragazza dai capelli castani stava distesa, immobile, riparata da quegli steli verdi alti quasi quanto lei. I raggi del sole non riuscivano a penetrare oltre quei fiori, non riuscivano a sfiorare la sua pelle. Lei era lì, al fresco, nonostante il caldo terrificante. Sì, faceva caldo, ma lei non lo sentiva.

Era tutto diverso in quel campo di girasoli. Si sentiva come in trance, come se la sua anima si fosse liberata dal peso inutile del corpo e da quello ben più gravoso della stanchezza. Era libera da tutto. Nessuno avrebbe mai potuto trovarla. Se non ci riusciva nemmeno il sole da lassù, come avrebbe potuto il resto del mondo scovare il suo nascondiglio? Aprì gli occhi azzurri, come a voler confermare di essere ancora viva. Si sentiva troppo leggera per essere davvero ancora viva.  Ma attorno a lei tutto era reale. Respirò l’aria a pieni polmoni. Anche quella era reale: era ancora viva.

Ma chi era, lei? Non ricordava il suo nome. Non sapeva cosa ci facesse lì, né da dove venisse. Chi era lei? Si sentiva una bambina ancora troppo piccola per capire appieno il mondo là fuori, ma già troppo grande da avere qualcosa da ricordare. Che strana sensazione. Alzò leggermente il capo, per guardarsi attorno. Per guardare il suo corpo, per vedere chi era. Le mani erano troppo forti per essere quelle di una bambina, il seno troppo sviluppato, le gambe troppo lunghe. Quel camice bianco che portava era troppo grande per poter contenere il corpo di una bambina. No, lei era una ragazza. Era se stessa, in un mondo in cui nessuno avrebbe potuto nuocerle. Stava sdraiata sul terreno morbido di un campo di girasoli, dove non esistevano né dolore né sofferenza.

Avrebbe potuto vivere, finalmente, vivere come se stessa. Una gioia che qualcuno le aveva negato, un dolore che lei si era imposta da sola. Ma non ricordava nulla del suo passato. Sapeva solo una cosa: non aveva intenzione di ricordarsi nulla. Andava bene così. Chiuse di nuovo gli occhi, per riperdersi nel mare incantato di pensieri senza alcun senso. Il cielo era sereno, non si sentiva nulla…

Poi, all’improvviso, un frastuono. Un botto forte, sordo. Un rumore capace di fracassare i timpani.

 

Ai Haibara si svegliò di colpo, alzandosi a sedere, e il contraccolpo le fece quasi perdere l’equilibrio. Riuscì a stento a non cadere dalla sgabello su cui era seduta. Si stropicciò gli occhi, cercando di tornare alla realtà. Aveva solo sognato. Che stupida, aveva creduto di poter dimenticare tutto.

Di poter dimenticare di chiamarsi Shiho Miyano. Di poter dimenticare che le sue capacità intellettive al di sopra della media in ambito scientifico l’avevano portata a lavorare per l’Organizzazione, a continuare il progetto intrapreso dai suoi genitori. Di poter dimenticare il suo nome in codice, Sherry. Di poter dimenticare la morte di sua sorella. Di poter dimenticare quella paura che si era impossessata di lei quando aveva capito di essere davanti a morte certa. Di poter dimenticare di aver ingerito l’APTX4869, nel tentativo di salvarsi. Di poter dimenticare di avercela fatta. Di poter dimenticare di essere una bambina dal nome di Ai Haibara. Infine, di poter dimenticare che i suoi veleni avevano ucciso chissà quante persone. E stavano per uccidere anche quello che ora era il suo migliore amico.

Ma in fondo, anche credendo di potercela fare, non avrebbe potuto dimenticare un bel niente. Nel suo sogno indossava un camice bianco, proprio come allora. Era stato così bello, almeno per qualche momento, non avere pensieri in testa. Sentirsi libera e sicura.  Accidenti! Era come credere di essere Jekyll e risvegliarsi Hyde. Che terribile sensazione: la portava ad odiare se stessa con tutte le sue forze.

Lasciò che i pensieri  sfilassero via dalla sua mente. Saltò giù dallo sgabello, troppo alto per una bambina della sua età. Il computer continuava a borbottare con quel suo strano rumore meccanico, lamentandosi per essere acceso da troppo tempo.  Ma Ai non poteva ancora spegnerlo: doveva controllare gli ultimi dati, avere le ultime conferme. Poi, forse, sarebbe tutto finito.

Salì le scale del laboratorio e arrivò in casa del dottor Agasa. Era ancora notte, le lancette segnavano le tre e mezza. Ricordava di essere ancora sveglia alle due e mezza. Aveva dormito poco meno di un’ora, me le sembrava di essersi trovata in quel campo di girasoli per più di un giorno.

Il rumore che l’aveva svegliata era stato il boato di un tuono. Fuori, per la strada, pioveva a dirotto su una Tokyo non del tutto addormentata. Aveva mal di testa, un fortissimo mal di testa. Avrebbe voluto dormire, ma sapeva che quello non era il momento adatto. Le mancava un passo, un solo piccolo passettino, per raggiungere il suo scopo: completare l’antidoto dell’APTX4869. Il nuovo farmaco era stato creato, doveva solo controllare alcuni dati. Quella doveva essere la volta buona, ma non ne avrebbe avuto la sicurezza finché la pillola non fosse stata provata. Qualcuno doveva correre il rischio, doveva ingerire quella capsula per controllarne l’effetto.

Farmaco. Farmakòn, la parola greca. Due significati: medicina, veleno.

Il confine che separava questi due concetti era talmente sottile che Ai, o meglio Shiho, l’aveva oltrepassato diverse volte. E aveva imparato a temerlo. Non avrebbe permesso che qualcun altro rischiasse di nuovo la vita per le sue invenzioni. Avrebbe dovuto provarlo lei, quella volta.

Scese di nuovo nel laboratorio. Controllò gli ultimi dati: tutto sembrava combaciare. Poi, finalmente, spense il computer, caldo per il troppo sforzo. Si fermò per qualche attimo, mentre guardava la capsula che stringeva fra le mani.

Cosa avrebbe dovuto fare? Provarla, forse? Le possibilità erano due: morire o tornare ad essere Shiho, questa volta, forse, per sempre. Ma era quello che voleva? Non era forse meglio continuare a vivere così, come una bambina, sforzandosi di dimenticare il passato, provare a rifarsi una vita? Avrebbe potuto crescere di nuovo ,questa volta come una ragazza normale. Diventare amica di Ayumi, andare a fare compre con lei, studiare insieme nei pomeriggi freddi d’inverno, parlare dei rispettivi fidanzati. Avrebbe potuto chiudere a chiave quel laboratorio e crescere come una ragazza normale.

Ma c’era un problema. Non era da sola. C’era Conan, o meglio Shinichi, che lei aveva fatto diventare Conan. Era sicura che, appena fosse venuto a conoscenza di quella nuova pillola, di quell’antidoto forse definito, Conan non avrebbe sentito ragioni: avrebbe desidera rato provarla a tutti  i costi. E poteva fargli correre il rischio di morire, per la seconda volta?

No, non poteva. Doveva provarlo lei, doveva sacrificare i suoi sogni. In fondo, era abituata a farlo. Guardò di nuovo l’ora. Doveva andare a dormire, il giorno seguente doveva andare a scuola con Conan e gli altri.

-A questa maledetta pillola penserò più avanti, domani, a mente fresca.-

Aveva un’unica certezza. Finché non avesse preso una decisione, Conan non avrebbe dovuto sapere nulla di quella storia. In fondo, Shinichi aveva aspettato per tanto tempo: avrebbe potuto attendere anche qualche altro giorno.

Ripose la capsula in una scatoletta di plastica, vi scrisse sopra “Anti-APTX n 127, definitivo, da provare”.

127. Erano stati tutti i suoi tentavi per riuscire a creare quella concentrazione di pura follia. Aveva oltrepassato le colonne d’Ercole, si era spinta dove non avrebbe mai dovuto spingersi. Era riuscita a modificare il corso di una vita.

Ripose in un cassetto la scatoletta, spense la luce e salì le scale. Buttò  in tasca la chiave del laboratorio, dopo essersi assicurata che fosse ben chiuso, e si avviò a dormire. Nessuno doveva entrare lì finché non si fosse decisa a ingerire l’anti-APTX n. 127.

 

 

Ciao a tutti!!

Prima di tutto, vi ringrazio per aver letto il primo capitolo della mia storia! Spero continuiate a seguirmi =)

Poi, qualche piccola direttiva: la storia è ambientata quando Akai è ancora vivo, ma l’FBI è già a conoscenza del fatto che Kir è in realtà una spia della CIA. Nel corso della fan fiction compariranno praticamente tutti i personaggi principali, quindi non temete, ce n’è per tutti!!=)

La fanfic è stata scritta a settembre, quindi è già pronta sul mio pc.. aggiornerò il prima possibile, non appena lo studio mi lascerà un po’ di tempo per ricontrollare singolarmente i vari capitoli! Tra le fic che ho scritto questa è in assoluto la mia preferita.. quindi, che dire.. spero abbiate la pazienza di seguirmi e di leggere fino alla fine!!

Grazie a tutti! Se avete ancora qualche minuto, mi piacerebbe leggere molto un vostro commento, per sapere il vostro parere sull’inizio!!

A presto, _Flami_

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Confusione ***


Gocce di Sherry

 

CONFUSIONE

Non riuscì a chiudere occhio. La sua piccola manina sudata stringeva forte la chiave del laboratorio. Cosa doveva fare? Era la domanda che si era posta almeno dieci volte da due ore a quella parte. Quando capì che restare ancora a letto le risultava impossibile, si alzò. Teneva cha chiave come ciondolo di una collanina. La voleva sempre con sé.

Scese in cucina e aprì il frigo. Avrebbe voluto bere qualcosa di forte, per potersi nuovamente estraniare dal mondo che le girava vorticosamente intorno:  quel mondo che correva forte e non si preoccupava minimente di lasciarla indietro. Sì, avrebbe voluto bere qualcosa di forte. Ma ogni nome di un alcolico le ricordava gli uomini dell’Organizzazione.

Avrebbe potuto bere Gin? No, sarebbe stato come iniettarsi il veleno in corpo. Vodka? No, era troppo grosso per essere digerito.

Sorrise nella penombra della stanza. Cosa andava a pensare? Forse avrebbe dovuto bere un po’ di Sherry per tornare in sé.

Che battuta pessima. La mancanza di sonno le aveva tolto ogni capacità di ragionamento. Vide, in fondo al frigo, una bottiglietta di birra. Non c’era nessun membro dell’Organizzazione che si chiamava “Birra”. Quella avrebbe potuto berla. La prese in mano, per poi riporla subito dopo al suo posto. Cosa stava facendo? Una bambina come lei rischiava di ubriacarsi in due minuti per un solo bicchiere. E di certo, non avrebbe potuto recarsi a scuola ubriaca fradicia.

Erano solo le sei. Aveva ancora un’ora per rimanere in pace con se stessa.

 

----         ----        ----          -----

 

Conan scese le scale di corsa, seguito da Ran. Quel giorno aveva fatto davvero tardi. Tutta colpa di Goro che aveva impedito loro di dormire, trasformandosi come al solito in un trombone mentre dormiva. Non ce la faceva più a sentire Goro russare ogni santa notte: nemmeno le porte chiuse riuscivano a fermare quel rumore infernale. Quanto rimpiangeva la sua vecchia vita.

-Ai, ti prego, sbrigati a trovare quel maledetto antidoto..-

Anche se, in realtà, c’era un problema che aveva iniziato a porsi solo in quell’ultimo periodo. Che ne sarebbe stato di Conan, se lui fosse tornato Shinichi? Quale scusa avrebbe dovuto raccontare a Ran? O forse, sarebbe stato meglio smetterla con tutte quelle bugie, e parlare sinceramente con la sua amica di infanzia? Ci avrebbe pensato, ma solo una volta tornato grande. Per adesso, era inutile porsi problemi che non sussistevano.

Per strada, trovarono Sonoko che li aspettava. Continuava a camminare avanti e indietro, come innervosita. Poi, appena li vide, sbottò: “Si può sapere che fine avevate fatto? Stavo per andarmene!”

“Scusaci Sonoko, ma ci siamo svegliati tardi, è stata una nottataccia.” Si affrettò a spiegare Ran.

Conan si guardò intorno. Dov’era Ai? Di solito passava sempre a prenderlo, e si incamminavano insieme a scuola. Forse non stava tanto bene. Guardò il cellulare, ma non c’era nessun messaggio. Che fosse successo qualcosa?, si chiese improvvisamente.

Ma no, cosa andava a pensare. Di certo si era stufata di aspettare ed era andata avanti da sola.

La trovò davanti a scuola, insieme ad Ayumi e agli altri.

“Conan, sei in ritardo! Muoviti!” lo chiamò Genta, mentre oltrepassavano il cancello. Conan corse loro incontro, salutandoli. Poi, il suo sguardo si spostò su Ai. La bambina sembrava stanca, profonde occhiaie scure le solcavano il viso. Aveva lo sguardo velato da un leggero senso di malinconia e camminava a testa bassa. Era di poche parole, ma di quello non c’era da stupirsi.

“Dormito male anche tu, eh?” le disse Conan, mentre entravano in classe e si sedevano vicini.

Ai non rispose. Si limitò a prendere il libro dalla cartella e a aprirlo. Poi, appoggiando il gomito sul banco e il mento sulla mano, si lasciò andare in un sospiro.

-Impassibile come al solito.- pensò Conan, sorridendo. Ai era senza dubbio la ragazza più strana che avesse mai conosciuto. Anche se, in realtà, l’aveva conosciuta solo come bambina. Non l’aveva mai vista come Shiho, tranne una volta. Ne aveva solo sentito la voce quella volta all’hotel, mentre era impegnato in una lotta contro il tempo per fermare Gin e Vodka. Lei, invece, aveva avuto l’occasione di vederlo come era davvero, come Shinichi, quella volta alla recita. Aveva avuto l’occasione di parlargli in tutta tranquillità. Chissà com’era la vera Ai.. ma cosa andava a pensare? Doveva finire di completare l’esercizio per casa, che lui non aveva fatto. Prese il libro di matematica e cercò la pagina.

Vide il libro di Ai scivolare sul suo banco.

“Copialo pure, se vuoi.” Gli disse lei, con voce fredda, senza guardarlo.

“Grazie, ma sarebbe preoccupante se non riuscissi a farlo da solo.” Disse ridendo, e iniziando a scrivere.

Non ottenne risposta. In attesa che entrasse la maestra, Ai aveva appoggiato la testa sul banco e chiuso gli occhi. Sembrava davvero molto stanca. Conan pensò di porle quella domanda che gli gironzolava in testa da molto tempo.

“Ai..”

“Che c’è?” chiese lei, senza muoversi di un millimetro.

“Come procedono le ricerche sull’antidoto?”

Colpita al cuore. Ai spalancò gli occhi all’improvviso, mettendosi a sedere. Non si aspettava quella domanda così diretta proprio in quel momento. Che Conan avesse fiutato qualcosa?

“Come al solito.” Mentì.

“Stai bene, Ai? Mi sembri strana. Oggi non mi hai nemmeno aspettato. Non sarà successo qualcosa, vero?”

Conan divenne sospettoso. Aveva capito che qualcosa preoccupava la mente della bambina. E, nella sua spropositata curiosità di detective, curiosità che spesso rischiava di tramutarsi in indiscrezione, era deciso a scoprirlo.

“Cosa vuoi che sia successo? Eri in ritardo, e sono andata avanti. Pensavo non venissi a scuola, oggi.”

Si sforzò di sorridere, per smorzare i sospetti dell’amico. Non doveva venire a conoscenza di nulla, non ancora. Era ancora troppo presto, lei era ancora troppo confusa. Si riprese il suo libro, mentre la maestra entrava in classe e i bambini si alzavano in piedi per salutarla.

Ai si girò un attimo e incrociò lo sguardo di Conan. No, non era lo sguardo di un bambino, non era lo sguardo di Conan. Era lo sguardo di Shinichi, che la fissava con due occhi imperscrutabili.

Ritornò a concentrarsi sul libro. In cuor suo, sapeva di non averlo convito. 

 

 

Salve a tutti =) per prima cosa, mi scuso per il ritardo! Ma è stata una settimana orribile, piena di compiti e interrogazioni!! Comunque sia, per prima cosa voglio ringraziare Ran Mouri, izumi_curtis e Kishra per le loro recensioni =) siete state davvero gentili!! Grazie anche a floravik e Lilla95 che hanno la storia tra le ricordate.. e sempre Lilla95 e izumi_ curtis e Sweet96 e infernapenergy per avere la storia tra le seguite!

In una delle recensioni mi è stato fatto notare che spesso lascio spazi tra le varie frasi, anche dove non dovrebbero esserci.. il problema è che Word me li dà automaticamente =( spero non vi dia troppo fastidio.. in caso contrario, ditemelo e vedrò di rimediare!!

Dal prossimo capitolo la storia entrerà più nel vivo! Aggiornerò il prima possibile=)

Un bacione, _Flami_

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Decisione ***


Gocce di Sherry

 

DECISIONE

Uscirono da scuola e si incamminarono verso casa. Quel giorno Genta, Mitsuhiko e Ayumi non li avrebbero accompagnati, volevano assolutamente fare un salto al nuovo supermercato lì vicino, che vendeva caramelle buonissime. Dal momento che Ai aveva deciso di non andare e tornare invece a casa, Conan l’aveva seguita.

Accidenti, e lei che sperava di evitare un confronto diretto a due. Non era facile mentire a un detective intelligente come Shinichi: per quanto ancora ci sarebbe riuscita? Cercava di evitare il suo sguardo e, soprattutto, l’argomento APTX.

“Come mai non sei voluta rimanere con gli altri?”

“Non ne avevo voglia. Non mi piacciono le caramelle. Tu perché non sei rimasto?” rispose sinceramente.

“Le caramelle non piacciono neanche a me.” Disse lui, ridacchiando.

Che stupido. Credeva forse che lei ci sarebbe cascata? Non era una bambina e sapeva capire quando le persone mentivano. Aveva imparato a capirlo, avendo vissuto per tanti anni con gente che non sapeva dire altro che bugie. Rimasero in silenzio per qualche minuto.

“Per mercoledì dobbiamo fare una ricerca su un animale a nostra scelta. Ti va se la facciamo insieme, domani pomeriggio?” chiese Conan, con tono del tutto innocente.

-Quando esagera con il tono da bambino, vuol dire che c’è sotto qualcosa.- pensò Ai, prima di rispondere.

“Va bene. Vengo da te e la facciamo insieme.”

Conan si fermò: “No, vengo io dal dottor Agasa, come al solito..”

Ai non lo degnò di uno sguardo: “Come vuoi.”

Furono interrotti da una voce che li chiamava. Si voltarono, e videro Ran che arrivava di corsa.

“Ciao! Tutto bene?” chiese. Era raggiante quel giorno. Conan la guardò: quant’era carina la sua Ran..

I due bambini annuirono, e continuarono a camminare. Poi, Conan guardò l’ora.

“Oh accidenti! Non credevo fosse già così tardi! Heiji mi ha raccomandato di vedere un programma in televisione che inizia tra poco.. vi precedo, devo scappare!” esclamò,inventando la prima scusa che gli venne in mente.  Salutò le due e partì di corsa come un fulmine.  La destinazione era la casa del dottor Agasa. Se Ai continuava a camminare con quel passo lento, sarebbe arrivata almeno mezz’ora dopo di lui. La domanda che aveva fatto prima ad Ai non era stata casuale. Se la bambina voleva tenerlo lontano da quella casa, voleva dire che in quella casa era nascosto qualcosa che lui non doveva vedere. E c’era un unico posto dove Ai poteva nascondere qualcosa di suo: il laboratorio. Il dottor Agasa aveva di sicuro la chiave: presto i suoi dubbi sarebbero stati chiariti.

 

----     ----     ----    ----

 

Ai aveva intuito che c’era qualcosa di strano nel comportamento di Conan. E sapeva anche che, con tutta probabilità, era diretto alla casa del dottor Agasa. Ma questa volta lei aveva giocato d’anticipo. Mise la mano in tasca, e tastò la seconda chiave del laboratorio, quella che aveva di nascosto sottratto ad Agasa. Non era un furto, il suo. Solo, non le piaceva che qualcuno ficcasse il naso fra le sue cose. Continuava a camminare lentamente. Non aveva alcun senso cercare di precedere Conan: lo avrebbe trovato seduto sul divano ad aspettarla, come se niente fosse.

Ran camminava accanto a lei, guardandola di tanto in tanto. Com’era strana quella bambina. A dir la verità, non sembrava nemmeno una bambina, un po’ come Conan. Entrambi sembravano più grandi della loro età, spesso parlavano come due adulti. Non a caso erano così amici. Un po’, le ricordavano lei e Shinichi, da piccoli. Sorrise guardando quella ragazzina dai capelli castano chiaro.

“Che c’è?” chiese Ai, accorgendosi della strana espressione di Ran. Cercò di far suonare la sua voce come dolce. Voleva bene a quella ragazza: le doveva la vita.

“Mi è venuto in mente uno strano pensiero.”

Ai inarcò le sopracciglia. Uno strano pensiero? Che Ran nutrisse dei sospetti sulla vera identità di Conan?

“Di che si tratta?”

“Beh..” iniziò Ran, “tu e Conan mi ricordate molto me e Shinichi da piccoli. Siete sempre insieme, lo passi a prendere ogni giorno..”

Ai sorrise. In altre circostanze, forse, avrebbe riso davanti a quell’affermazione così buffa. Ma in quel momento non aveva voglia di ridere.

“E’ strano, sai.” Le sfuggì.

“Perché dici così?” chiese Ran, stupita da quella risposta enigmatica.

“No, niente. Ti manca tanto Shinichi?” le chiese, guardandola dritta negli occhi.

Ran rimase un attimo interdetta. Quella bambina sembrava così matura, non rideva quasi mai e parlava come se fosse una sua coetanea. Che senso aveva mentire? Tanto valeva confidarsi.

“Sì, mi manca. Mi manca tantissimo. Ogni sera prima di addormentarmi penso a lui, spero di rivederlo la mattina successiva. Di svegliarmi, di dire che è stato solo un brutto sogno. E ogni mattina, quando esco di casa e vedo Sonoko salutarmi, capisco che non è un sogno. Capisco che è la mia vita, che Shinichi non c’è. Dove sarà finito? Quando torna resta con me per così breve tempo, e poi sparisce di nuovo. Spero non gli accada niente di brutto.. e così curioso che rischia sempre di ficcarsi nei guai.”

Si asciugò una lacrima: finiva sempre per piangere. Anche lei, ogni tanto, aveva bisogno di sfogarsi. E non importava chi avesse davanti. Doveva sfogarsi e basta.

Ai la stava guardando con un due occhi impregnati di tenerezza, che si facevano sempre più lucidi. Non proferì parola.  Si fermarono tutte e due, erano arrivate davanti alla casa di Ran. La ragazza si chinò e diede un bacio sulla fronte alla bambina.

“Perdonami se ti ho fatto rattristare.” Le disse piano,  porgendole un fazzoletto.

Ai non era triste. Non era tristezza quella che provava in fondo al suo cuore. Era compassione, mista a pietà. Per Ran e per se stessa. Uno schiacciante senso di colpa si impossessò di lei. Lei aveva tolto Shinichi a Ran. Lei la stava facendo soffrire da un anno a questa parte. Lei, solo lei era la responsabile di tutto.

“Lo ami tanto, vero?”

“Sì.” Disse Ran, abbassando lo sguardo.

Ai la abbracciò forte. Poteva rimediare a tutto questo. Poteva ridare il sorriso a Ran. Poteva compiere un’azione buona, almeno una volta nella vita essere utile agli altri. Ran aveva messo in pericolo la sua vita per salvarla. Ora toccava a lei: avrebbe provato quel farmaco su se stessa. Avrebbe messo al rischio la sua vita, ne valeva la pena.

Shinichi tornerà presto, vedrai. Ti voglio bene, Ran. Per me sei come una sorella.”

Già, come sua sorella Akemi. Quanto le mancava.

Ran, stupita, la abbracciò a sua volta. Ai sembrava impassibile, ma in realtà era così fragile. Mentre la stringeva a , le sembrava di poterla spezzare con un dito. Che strana, quella bambina. Eppure, nonostante la sua corazza esteriore di freddezza, Ran la vedeva in tutta la sua bontà. Era una bambina piccola e dolce, desiderosa solo di affetto.

“Lo spero tanto, Ai. Ti voglio bene anche io.”

Si salutarono e Ai si allontanò a passo svelto, diretta verso casa. Aveva preso la sua decisione. Avrebbe provato su di lei l’antidoto. Lo doveva a quella ragazza bruna e dagli occhi azzurri che, davanti all’agenzia investigativa Mouri, la stava salutando agitando la mano in aria.

Si girò a salutarla un’ultima volta e poi, iniziò a correre. Arrivò dopo qualche minuto alla casa del dottor Agasa. Entrò, certa di incontrare Conan. Ma lui non c’era, non era sul divano. Sentiva il getto di una doccia provenire dal bagno: ecco dov’era finito Agasa. Lasciò lo zaino per terra e si incamminò verso il laboratorio. Scese le scale,  e per poco non cadde dall’ultimo gradino quando vide che la porta era aperta. Chi c’era? E come aveva fatto ad entrare? Mosse esitante qualche passo e oltrepassò la porta spalancata.

Sul tavolo c’era la scatola che aveva risposto nel cassetto quella notte. Vi si leggeva a chiare lettere: “Anti-APTX4869, definitivo, da provare”.  Dentro, c’era ancora la capsula. Poi, il suo sguardo si spostò dal tavolo alla figura che sedeva sullo sgabello. Un bambino la stava fissando con due occhi infuocati.

No, non era lo sguardo di Conan quello che la stava fulminando in quel momento. Era lo sguardo di Shinichi. Di nuovo, per la seconda volta in quella giornata. E quella volta, il detective sembrava infuriato mentre, con il dito indice della mano destra, indicava la scatoletta poggiata accanto al computer.

 

 

 

Ciao cari lettori/lettrici!!

Come procedono i vostri preparativi per il Natale?? Io come al solito sono indietro con i regali.. beh, non penso che la cosa vi interessi, quindi passiamo oltre!

Che ve ne pare del capitolo? Questa è la vera Ai secondo me: fredda e impassibile, tenera e dolce, capace di commuoversi e provare pietà.. spero di aver colto nel segno!! =)

Passiamo poi ai ringraziamenti!! Per aver recensito, ringrazio shinichi e ran amore, izumi_curtis, infernapenergy, floravik, anger, Kishra. Grazie grazie grazie e ancora grazie! Le vostre recensioni mi hanno fatto davvero molto piacere!! Ancora grazie a shinichi e ran amore che ha la storia tra le preferite!!

E poi grazie a floravik  infernapenergy  izumi_curtis  Kuroshiro  Leak_kaeL  Lilla95  Sweet96 ciachan che hanno la storia tra le seguite!!!

Ci tengo a nominarvi tutti, perché siete davvero il mio sostegno! In particolare chi non si stanca mai di recensire! =)

Con questo, vi saluto!

Al prossimo capitolo!! Vi voglio bene cari lettorii =)

Buon Natale a tutti!!!

Un bacione, _Flami_

PS: non sono l’unica che passerà le vacanze a casa, vero?? Ditemi di no.. =(

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Fiducia ***


Gocce di Sherry

 

FIDUCIA

Tutto quello che Conan Edogawa si aspettava era una semplice spiegazione. Cosa ci faceva lì l’antidoto definito contro l’APTX? E perché lui non ne era a conoscenza?

Ai lo guardava con due occhi spaventati. Occhi che vedevano le mani del piccolo detective stringersi a pugno, tremanti di rabbia e ansia. Certo, lui voleva sapere. E allora avrebbe saputo. Quando aprì bocca per parlare, sentì un vuoto enorme dentro di sé. Stava scrivendo la sua condanna: stava per perderlo.

Una chiave era ancora incastrata nella serratura della porta. Ai sorrise malinconica. Avrebbe dovuto immaginare che il dottor Agasa avesse una chiave di riserva.

“Lasciami spiegare.” Disse alla fine, con un filo di voce.

“Spiegare? E’ il minimo che tu possa fare! Si può sapere perché non mi hai detto nulla? Mi hai mentito oggi, quando ti ho chiesto se..”

“Lasciami spiegare, ho detto!” urlò Ai, alzando lo sguardo e fissandolo faccia a faccia.

Conan si calmò, stupito dalla reazione della bambina. Era arrabbiata, forse?

“Parla, allora.” Le disse, sedendosi sullo sgabello.

Ai sospirò, prima di iniziare a parlare:

“Questa notte ho completato quello che dovrebbe essere l’antidoto definitivo contro l’APTX. Come sai, però, quando si tratta di questi farmaci bisogna andarci cauti. Questa capsula potrebbe rivelarsi una medicina o un veleno, proprio come l’APTX. Non posso permettere che tu la ingerisca per primo, rischiando la vita. Dato che il veleno non ci ha uccisi, ma ha avuto su entrambi lo stesso effetto, anche l’antidoto dovrebbe funzionare allo stesso modo. Per cui, lo ingerirò prima io. Se tornerò grande, allora potrai prenderlo anche tu. Altrimenti..” le si spezzò la voce in gola.

Altrimenti niente. Altrimenti non ci sarebbe stato più nulla. Ma cos’era che la spaventava di più? La morte o tornare ad essere Shiho? Sentì le lacrime salirle agli occhi. No, non voleva piangere, non davanti a lui. Accidenti, non ora..

Abbassò lo sguardo e lasciò che i capelli le scivolassero sugli occhi, per celare la piccola lacrima che le stava scorrendo sulla guancia. Cos’era quella solitudine che la opprimeva da dentro?

Sentì due braccia che la stringevano. E in un attimo, non fu più sola.

“Lo sai.” Le disse Conan.

“Cosa?”

“Che non ti lascerei mai fare una cosa del genere. Noi due siamo amici.”

Ai si staccò dall’abbraccio del bambino. Alzò lo sguardo, incurante del fatto che ormai le lacrime le scendevano senza più controllo.

“E’ per questo che non volevo dirtelo. Avevo intenzione di preparare un’altra capsula questa notte, per te, e poi di ingerirne una. Se anche io non avessi resistito, volevo lasciarti la scelta di tentare la sorte. Solo che..”

“Solo che?”

“Non so se mi sento pronta. Non so se è tornare grande quello che voglio. Ma oggi, parlando con Ran, ho capito che è la soluzione migliore. Lei aspetta da così tanto tempo il tuo ritorno, Shinichi.. mi sento un’egoista ad aspettare oltre.  Devo provare quella capsula.”

Si asciugò le lacrime con il dorso della mano, e sorrise, cercando di apparire tranquilla.

Conan si sedette sullo sgabello, sorridendo a sua volta: “Ora sei troppo stanca per prendere decisioni. Facciamo così: ti aiuto io a preparare la seconda capsula, lo faremo insieme. Lasciami solo un minuto per avvertire Ran.  Poi, stasera, io mi porterò entrambe le pillole a casa, per evitare che tu faccia sciocchezze. Domani, poi, decideremo con calma. Che ne dici?”

Ai annuì. Cos’era quella strana sensazione che sentiva in fondo al suo cuore? Un misto di dolcezza e benessere, uno strano calore che l’avvolgeva. Voleva bene a Conan. Sarebbe stato bello crescere insieme.. basta, quello era solo un sogno, e lei non poteva permettersi di averne uno.

Si sedettero uno accanto all’altra, su due sgabelli,e accesero il computer.

“Come hai fatto ad avere i dati che ti servivano?” le chiese lui, stupito.

“Ho provato ad entrare nel database dove ero riuscita ad accedere quella volta all’hotel, quando Pisco mi aveva rinchiusa in cantina. Ma non esisteva più,mi risultava impossibile riuscire ad accedervi.. così, mi sono rimboccata le maniche e ho lavorato da me, secondo quello che mi ricordavo e basandomi sui precedenti antidoti.”

-Accipicchia- pensò Conan, leggermente stupito dalla tranquillità con cui la sua amica stava raccontando –oltre che una scienziata, è anche un hacker. Questa sì che è bella!-

“Che c’è, perché mi guardi in quel modo?” chiese lei, notando che Conan la stava fissando, assorto.

“Niente, niente.” Si affrettò a rispondere con un sorriso sulle labbra, “è solo che non ti avevo mai vista all’opera.”

Ai non lo degnò di uno sguardo. Era tornata quella di sempre. Almeno all’apparenza, il suo momento di instabilità era terminato. Nel frattempo, il dottor Agasa era venuto a far loro visita.

“Questi sono i nuovi dati che hai elaborato, Ai?”chiese lo scienziato, guardando lo schermo del computer pieno zeppo di parole e codici. La bambina annuì.

“Ora seguite le mie istruzioni, e non fate niente che io non vi dica di fare.”

Ai parlava come se fosse il capo. In effetti, in quel momento lo era. Ma restava comunque buffa da guardare, così, in un corpo da bambina. Lavorarono per il resto del pomeriggio, finché alla fine ottennero un’altra capsula uguale alla precedente. Conan non aveva voluto lasciare da sola la sua amica nemmeno per un attimo. Sapeva bene che dietro quella imperturbabilità si nascondeva l’imprevedibilità più assoluta. Ai amava fare di testa sua: era meglio controllarla.

Guardarono l’orologio: erano quasi le otto. Sul divano, il dottor Agasa russava come solo pochi sapevano fare. Conan e Ai si guardarono: accidenti, che lavoraccio! Erano sfiniti, avevano lavorato tutto il pomeriggio. Una volta imparato come procedere, non era difficile ricreare quel farmaco: la guida sicura di Ai aveva fatto il resto.

“Bene, dobbiamo solo controllare gli ultimi dati e poi abbiamo finito..” disse sorridendo la bambina, avvicinandosi al computer.

Fece appena in tempo a sfiorare il mouse, che lo schermo dell’apparecchio diventò nero. La luce non era saltata, né tanto meno il computer si era spento. Che cosa era successo? Forse si era rotto lo schermo? Ma no, l’aveva cambiato giusto l’altro giorno..

Poi, dal nulla iniziarono a sbucare delle lettere bianche, una dopo l’altra. Il sorriso le si spense sulle labbra.  I suoi occhi scorsero sulle lettere, mentre la sua mente afferrava il significato delle parole. Ma la sua bocca era secca, e la lingua incapace di muoversi.

Da quanto tempo, mia dolce Sherry

Conan lesse a sua volta quelle sei parole. Sentì il sangue gelarsi nelle vene e, dopo solo un secondo, fluirgli bollente come non mai fino al cervello. Era la strana sensazione che provava quando c’erano di mezzo loro.

Ai, accanto a lui, non riusciva a muoversi. Era paralizzata. Nemmeno l’involontario sbattere delle palpebre le riusciva naturale. Era una statua di pietra.

Mi sei mancata, Sherry

Erano comparse altre parole, che avevano sostituito le precedenti. Ai si spostò istintivamente all’indietro, cadendo dallo sgabello. Il tonfo sordo del suo corpo fece svegliare il dottor Agasa.

“Si può sapere cosa significa?!” sbottò Conan, rivolto al computer, come se quello potesse rispondergli. Lo schermo restò muto.

Non nasconderti,so che sei lì. Non ti vedo, ma lo sento. Lo sai che ho sempre avuto buon fiuto per quanto riguarda te.

“Chi sta scrivendo?” chiese il dottor Agasa, allibito. Non si aspettava di certo un computer impazzito al suo risveglio.

“E come facciamo a saperlo?” chiese di rimando Conan.

Io…io lo so.”

Era stata Ai a parlare. Ancora accovacciata sul pavimento, gli occhi fissi sullo schermo del computer.

“E’ lui, ne sono certa. Solo lui mi parlava così. Gin.” Cercò di pronunciare quel nome con freddezza, ma la voce tremante la tradì.

Non preoccuparti, non ho intenzione di farti del male. Rispondi, Sherry. In fondo, sei sempre stata coraggiosa.

“Accidenti, devono avere a disposizione degli hacker migliori di te a quanto pare, Ai. Hanno rintracciato il tuo computer e ne hanno preso il controllo. E questo vuol dire …” iniziò Conan, ma Ai si prese l’ingrato compito di finire la frase.

“Che sanno chi sono, che conoscono i miei amici, che mi controllano. E sanno che ho progettato un nuovo farmaco. E soprattutto, sanno un’altra cosa probabilmente.. e cioè, che ne ho creati due. Tenendo sotto controllo il mio computer non deve essere stato difficile capire i miei movimenti.”

Non credi, Sherry, che sia giunto il momento di fare due chiacchiere? Su, non essere timida.

“Ma c’è una cosa che mi spaventa più di tutto. Ho paura che sappiano di te, Shinichi. Per quanto mi riguarda, di sicuro sanno che sono rimpicciolita. Ma tu, eri riuscito a tenere nascosta la tua identità e..”

“Calmati, Ai.” Le disse l’amico, cercando di mantenersi lucido, “non è detto che lo sappiano. Forse, non l’hanno ancora scoperto..”

Ho voglia di parlare con te. Sai che ottengo sempre ciò che voglio.

“Che faccio? Che devo fare?” diceva Ai, guardando Conan in preda al panico.

“Aspettare. Vediamo che scrive.”

Conan stava sudando freddo. Aveva un brutto presentimento. Sentiva l’adrenalina della sfida scorrergli nel corpo, ma allo stesso tempo sentiva i brividi percorrergli la schiena.

Rispondimi, Sherry.

Dopo queste ultime due parole, non accadde più niente per una manciata di minuti, minuti che ad Ai sembrarono  un’eternità.

Indugi così tanto, Sherry? Cerchi le parole appropriate, forse?

Ai si morse il labbro inferiore. Gin si stava divertendo a stuzzicarla, a farla sentire in trappola. Se lo immaginava, seduto nella sua Porsche  356 A, nera come la pece, con un sorriso tranquillo sulle labbra. Il gomito appoggiato sul finestrino e il fumo di una sigaretta che rendeva densa e grigia l’aria intorno.

Ti do del tempo per pensare, mia cara. Ci risentiamo a mezzanotte in punto. E per allora, ti conviene dare segni di vita.

Buona notte Sherry. Lo sai che sarai sempre la mia preferita.

In un batter d’occhio, sullo schermo del computer ritornarono i dati su cui Ai e Conan stavano lavorando. Erano le otto e un quarto. Mancavano tre ore e quarantacinque alla mezzanotte.

“Cosa vuole da me?” disse Ai, spaventata come non mai.

“Secondo me, non ha intenzione di farti del male, almeno per ora. Ha detto chiaramente che vuole parlarti, e farlo da un computer gli assicura una posizione tranquilla, lontano da occhi e proiettili indiscreti. Ma mi chiedo..” ragionò Conan, appoggiandosi alla scrivania.

“Se sia qui vicino? Se in questo momento ci stia controllando?” chiese Agasa.

“Già, potrebbe essere. La soluzione migliore è accertarsene. Ora io uscirò, e tornerò a casa per cena. Da lì, telefonerò a Jodie, gli agenti dell’FBI potrebbero darci una mano. Poi, tornerò qui prima della mezzanotte. Ai, tu non muoverti dal laboratorio per nulla al mondo.”

Detto questo, si voltò e fece per uscire, ma Ai lo fermò, tenendolo per la mano:  “Non andare, potrebbe essere pericoloso. Magari sono qui fuori e..”

“Fidati di me, Ai. Sarò di ritorno per l’orario stabilito. Ti ho mai delusa, prima d’ora?” le chiese, con un sorriso che ebbe l’effetto di un calmante.

Ai annuì, più tranquilla, e lasciò la presa.  Sì, si fidava di lui. Come non si era mai fidata di nessuno al mondo.

 

 

 

Ciao a tutti! Avete passato un bel Natale? =) 

Finalmente con questo capitolo la storia è entrata nel vivo!! Aaaahh quanto mi piace Giiinnn! Ok, lo so, sono pazza.. ma cosa volete farci, è il fascino del cattivo!! Mi sono divertita da morire a scrivere tutti i vari capitoli con lui! =)  Va beh, meglio non fare affermazioni spoilerose…

Passiamo ai ringraziamenti!! Per aver recensito, ringrazio shinichi e ran amore, floravik, Lilla95, Kishra, infernapenergy e izumi_curtis! Grazie davvero!!

Poi, un ringraziamento a floravik  infernapenergy  izumi_curtis  Kuroshiro  Leak_kaeL  Lilla95  Sweet96 ciachan che hanno la storia tra le seguite!!! E a shinichi e ran amore per avere la storia tra le preferite!

Che altro dire? Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto!! Come regalino di Natale, mi lascereste un commentino per farmi sapere il vostro parere?

Ancora grazie di cuore anche solo a chi legge!

Un bacione,

_Flami_

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Insieme ***


Gocce di Sherry

 

INSIEME

Conan arrivò a casa per le otto e mezza e trovò i due occhi infuriati di Ran pronti ad accoglierlo.

“Si può sapere cosa hai fatto fino a quest’ora? Fuori è già buio. I bambini come te non dovrebbero andarsene in giro da soli per la città: mi hai fatto preoccupare.”

Conan abbassò lo sguardo e non rispose. Ran sgranò gli occhi, stupita: di solito Conan non reagiva in quella maniera. Di solito rideva, faceva qualche battuta, inventava una scusa e la costringeva a metterci una pietra sopra.

“Ehi Conan.. è successo qualcosa?”

Il bambino non rispose subito. Aveva pensato a quel momento durante tutto il tragitto, da quando era sgattaiolato via furtivamente dalla casa del dottor Agasa sfruttando un passaggio segreto che solo lui e il dottore conoscevano, a quando aveva messo piede nello studio del padre di Ran. Aveva elaborato il suo piano, e ora veniva la parte più difficile: dire l’ennesima bugia alla ragazza che amava.

“Ecco, vedi, Ran..” iniziò, un po’ esitante, “mentre ero a casa del dottor Agasa, mi hanno telefonato i miei genitori.”

“I tuoi genitori?” chiese Ran, allibita. Si erano fatti vivi solo pochissime volte da quando Conan abitava da loro.

“Sì, questa sera passano a Tokyo, ma poi devono recarsi in America per questioni di lavoro e.. beh, mi vogliono portare con loro. Passano a prendermi dopo cena a casa del dottor Agasa.”

Si sforzò di sorridere. Quella poteva essere l’ultima volta che vedeva Ran in veste di Conan. Non osò immaginare che quella poteva anche l’essere l’ultima volta che la vedeva come Shinichi.

Un velo di malinconia coprì gli occhi della ragazza. Si era affezionata a Conan. Avendo accanto lui, le sembrava di avere accanto Shinichi, non sapeva perché.

“Quanto starai via?”

“Non lo so, penso una settimana, forse due. Ti telefonerò, promesso.”

Ran annuì: “E con la scuola come farai?”

“Il dottor Agasa telefonerà domani mattina per avvertire, è tutto risolto.”

Ran lo abbracciò forte. Le scappò una lacrima. Anche Conan stava andando via, proprio come aveva fatto lui. Perché finiva sempre per restare sola? Guardò il bambini dritto negli occhi.

“Promettimelo. Promettimi che non sparirai come ha fatto Shinichi.”

Conan resse il suo sguardo. Come poteva dirle una bugia? Forse, tra qualche ora, Conan Edogawa non sarebbe mai esistito. Ma non poteva permettere che Ran si insospettisse. Doveva andare incontro al suo destino: lui si era cacciato nei guai quel giorno al Luna Park. Doveva uscirne da solo.

“Sì, Ran. Tornerò.”

-E quando lo farò, ti dirò tutta la verità. Dall’inizio alla fine.- pensò, ricambiando l’abbraccio della ragazza.

Cenarono in un silenzio surreale. Tutti erano assorti nei loro pensieri. Ran non poteva evitare di sentire quel vuoto dentro di sé. Conan non poteva evitare di pensare a ciò che lo aspettava: sentiva che questa era la volta decisiva: sarebbe tornato Shinichi, e li avrebbe presi, una volta per tutte. Gin, Vodka, Vermouth. Era la  loro fine.

Dopo cena Ran aiutò Conan a preparare la valigia.

-Non credo che questi vestiti mi serviranno molto.-pensava il bambino, mentre li riponeva ad uno ad uno.

Poi, disse di dover fare alcune chiamate e si chiuse in bagno.

Istintivamente, gli venne da comporre il numero di Heiji. No, ma cosa stava facendo? Non poteva mettere nei guai anche lui. Se il detective di Osaka avesse scoperto qualcosa sull’Organizzazione, gli Uomini in Nero non avrebbero esitato a farlo fuori. Alla fine, compose il numero di Jodie.

“Pronto?” rispose la donna dall’altro capo del telefono.

“Jodie, sono io, Conan. Ho bisogno di parlarti.”

Parlava a bassa voce, non voleva che Ran lo sentisse. Aveva fatto bene a non chiamare da casa di Ai: il rischio di essere intercettati era troppo alto. Era già un miracolo se non lo avevano visto sgattaiolare dal retro del giardino.

“Conan?” chiese lei, stupita ma non troppo dal tono serio del ragazzino, “è successo qualcosa?”

Ran, nel frattempo, aveva iniziato a bussare.

“Conan! C’è il dottor Agasa! Vieni fuori, così possiamo salutarci!”

-Accidenti, così presto.- pensò il bambino.

“Jodie ora non posso parlare. Tieniti pronta, intorno all’una ti scriverò un messaggio. Quello, almeno, non potrà essere intercettato.. a dopo, mi raccomando.”

Chiuse la conversazione, lasciando la giovane agente leggermente interdetta.

Il dottor Agasa lo aspettava sulla porta, con una grossa valigetta in mano. Perfetto, tutto andava secondo i piani.

Salutò Goro e abbracciò forte Ran.

“Ci vediamo presto, piccolo Conan.”

“A presto, Ran.” Sentì un nodo in gola mentre pronunciava quelle parole, ma non poteva fare altro.

“Ti voglio bene, Ran.”

“Ti voglio bene anche io, tesoro.”

Gli diede un bacio sulla fronte e lo lasciò andare, con un senso di tristezza nel cuore. Provava la stessa sensazione di quando Shinichi si era allontanato, quella volta al Luna Park. Una sensazione strana e inspiegabile, che le opprimeva il cuore.

 

Non appena la porta si fu richiusa, Conan chiese al dottor Agasa di avvicinarsi, come se volesse bisbigliargli qualcosa all’orecchio. Invece, gli rifilò un forte pizzicotto sulla guancia.

“Ehi, ma sei impazzito?!”

“Mi spiace, dottore. Sa che abbiamo a che fare con dei maghi del travestimento.” Disse Conan sbuffando, per poi aggiungere: “Credo che questa volta mi farebbe molto comodo avere ladro Kid dalla mia parte.”

Il dottor Agasa non rispose, continuando a massaggiarsi la guancia arrossata.

“Nessuno l’ha seguita, professore?”

“No, non credo proprio. Nessuna macchina o moto mi ha tallonato.”

“Perfetto. Allora procediamo.”

Conan, riacquistata la sua sicurezza, si infilò nella grossa valigetta portata dal dottor Agasa. Un po’ stretto, ma ci stava.

“Mi raccomando dottore, la mia valigia deve rimanere in macchina. Di sicuro l’hanno vista uscire e si insospettirebbero a vederla tornare con quella. Siamo già stati abbastanza fortunati, dato che non l’hanno seguita.”

“Agli ordini, detective.” disse Agasa, chiudendo un poco la cerniera sul davanti, per coprire il viso di Conan.

Salirono in macchina, e il dottore, ingranando la prima, partì lentamente. Si fermò poco più avanti davanti ad un mini market ancora aperto. Comprò qualcosa a caso e salì nuovamente in macchina. Non si rivolsero la parola per tutto il tragitto. Sarebbe stato troppo pericoloso, così come tornare a casa a mani vuote. Il sacchetto della spesa, che ora si trovava sul sedile posteriore, poteva essere un’ottima copertura.

 

---           ----      ----        ---

Seduto comodamente, un uomo dai lunghi capelli biondo platino si accese l’ennesima sigaretta. Teneva spento  il computer portatile appoggiato sulle ginocchia. Fuori doveva essere buio ormai. Avrebbe voluto sgranchirsi un po’ le gambe, ma la volontà di non perdere di vista quel monitor, che doveva essere acceso al primo segnale, era più forte.  Era leggermente nervoso, e la sigaretta era un ottimo antidoto.

Qualcuno aprì lo sportello della sua macchina e si sedette accanto a lui.

“Allora, capo, ci sono novità?” chiese l’uomo appena salito che, nonostante il garage fosse male illuminato, continuava a tenere gli occhiali da sole.

“Tutto tranquillo. Hai svolto il tuo compito?”

“Sì, capo. Attirarlo in trappola ed eliminarlo è stato un gioco da ragazzi. Niente di più facile.”

L’uomo dai lunghi capelli biondi sorrise non troppo convito. Aveva altro per la testa in quel momento.

“Vodka, ti sei assicurato di non essere stato visto da nessuno?”

“Certo, Gin. Ho risolto tutto nel migliore dei modi. Ma dimmi, sei riuscito a contattare Sherry?”

Gin strinse i denti e morse la sigaretta. Sherry. Quel nome lo innervosiva e gli piaceva allo stesso tempo.  Era contento di essere tornato a darle la caccia.

“Per ora è muta come un pesce. La risentiremo a mezzanotte in punto. E’ una ragazza saggia, nonostante il più delle volte si comporti in modo stupido.”

“E se il computer non fosse il suo?” chiese Vodka di rimando. Gin lo fulminò con i suoi occhi verdastri, e l’altro capì che era il momento di tacere.

“Vermouth l’ha rintracciata, l’ho vista. E’ lei, la riconoscerei tra mille. Anche se è una bambina, non è cambiata per niente.”

Vodka sghignazzò: “Perfetto, capo. Piuttosto, non sarà che anche quell’altro ragazzo..”

“Di chi stai parlando?”

Vodka era molto loquace quella sera. E a Gin questo dava fastidio, e non poco. Lui non aveva una gran voglia di parlare.

Shinichi Kudo, il ragazzo che mi stava spiando quella volta al LunaPark. Gli abbiamo dato lo stesso veleno che sospettiamo abbia ingerito Sherry. E se fosse tornato un bambino anche lui?”

“Lo sai che dimentico i volti di chi uccido. Non ho voglia di riempire la testa con inutili pensieri.”

Con questa frase, aveva dato un taglio netto alla conversazione. L’uomo con gli occhiali capì che era il momento di tacere. Ci furono attimi di interminabile silenzio. Poi, qualcuno parlò dall’altro capo della ricetrasmittente appoggiata sul cruscotto della macchina. Gin strinse più forte l’auricolare al suo orecchio, mentre Vodka lo guardava in attesa di notizie.

“Capo, sono io.” Disse una voce femminile.

“Dimmi Chianti.”

“Il vecchietto grasso sta rientrando a casa.”

Gin accese velocemente il piccolo computer portatile che teneva sulle ginocchia. Digitò una password e diedi ordini al suo miglior cecchino, che era di guardia sul tetto dell’abitazione accanto a quella del dottore. Ora che ci pensava, era proprio la casa di quel liceale che Vodka aveva nominato un attimo prima. Sherry ne aveva confermato il decesso. Quanto poteva fidarsi di lei?

“Mandami immediatamente le immagini che stai riprendendo.”

Chianti obbedì e, in meno di un minuto, le riprese comparvero sul piccolo monitor dei due uomini.

“Deve essere andato a fare la spesa. Sembra tranquillo. A quanto pare la nostra amica non gli ha detto nulla.” Commentò Chianti ridacchiando.

Gin guardò attentamente le immagini.

“Cosa ha in quella valigetta?”

“Non lo so, da qui non riesco a capirlo. E’ chiusa.” Rispose la donna dall’altra parte.

Zoomò l’immagine. Era effettivamente chiusa.

“L’aveva anche quando è uscito.”

“Perfetto Chianti. Tienimi informato.”

“Agli ordini.”

La conversazione si chiuse, il monitor si spense proprio quando il dottor Agasa richiuse la porta dietro di sé.

Gin sorrise e aprì lo sportello, riponendo in tasca la ricetrasmittente. Buttò la sigaretta per terra e, schiacciandola con il tallone, sgranchì le gambe. Poi, con un sorriso, si rivolse all’altro uomo.

“Andiamo, Vodka, abbiamo un po’ di tempo da passare indisturbati. Direi che è il caso di brindare con un bicchierino di sherry.”

Una vena d’eccitazione balenò nei suoi occhi imperturbabili.

 

----             -----    ----         -----

 

“Conan!” esclamò Ai sollevata, appena lo vide rientrare.

Il dottor Agasa aveva appoggiato la valigetta sul divano del laboratorio e Conan ne stava uscendo.

Uff..” sbuffò, “finalmente si respira.”

“Vi hanno visti? C’è qualcuno là fuori?” chiese la bambina, in preda all’agitazione.

“Tranquilla, qualcuno c’è di sicuro ma non dovrebbero averci visti.  Dottor Agasa, vada in salotto, accenda la tv e si sieda in bella vista accanto alla finestra. Devono pensare che Ai sia sola.”

L’uomo fece ciò che Conan gli aveva detto, mentre Ai, accanto a lui, continuava ad essere pessimista.

“Forse è tutto inutile. Magari ti hanno visto arrivare di pomeriggio, dopo la scuola.”

“No, lo escluderei.” Rispose sicuro il detective, “Non ho visto macchine sospette e, alla luce del giorno, avrei notato un cecchino appostato su un tetto. E’ tutto apposto, Ai. Non ci resta che aspettare la mezzanotte.”

“Avresti dovuto rimanere a casa, lontano da tutto questo.”

“Non avrei mai potuto farlo, lo sai. Ho chiamato Jodie, le ho detto di tenersi pronta e che, probabilmente, dopo la mezzanotte riceverà un mio messaggio.”

Ai sgranò gli occhi: “Non era il caso di coinvolgere anche l’FBI in questa storia! Di sicuro capiranno qualcosa, vedendoli arrivare qui.”

“Non ho detto che arriveranno qui, infatti.”

“Non so quale sia il tuo piano, detective. Ma il mio è di sicuro migliore.”

Conan sospirò: quanto era testarda!

“E va bene, sentiamo.”

“Tu ora torni a casa. Io ingerisco quella pillola e controlliamo l’effetto che ha su di me. Devo farlo, prima di non esserne più in grado. Potrebbero farmi fuori da un momento all’altro..”

Il bambino la guardò scettico: “E’ un piano che fa acqua da tutte le parti. Mi vedrebbero se tornassi a casa ora. E provare la pillola non ti aiuterà certo a migliorare la situazione.”

“Ma devo farlo! Se loro mi prendono, non ne avrò più l’occasione. Se dovessero distruggere queste due,” disse, indicando le pastiglie, “allora rischieresti di rimanere Conan tutta la vita! Lo capisci, Shinichi?”

Doveva ammettere che su questo punto Ai aveva ragione. E va bene, come voleva lei.

“Ti fidi di me?” le chiese.

“Sì, ma..” rispose lei, stupita da quella domanda. Gliela aveva posta solo due ore prima.

“Allora fai come ti dico. Evitando di passare dalle finestre, sali in camera del dottor Agasa. Prendi due vestaglie o due paia di pantaloni e due magliette, come preferisci. Portali qui, mi raccomando, senza passare vicino alle finestre. Poi, vai in cucina a prendere una bottiglia d’acqua. Questa volta cerca di farti vedere, passa tranquillamente vicino alla finestra, in modo da essere vista.”

“Ma cosa hai intenzione di fare?” chiese lei, iniziando a intuire.

“Non fare domande, fai come ti ho detto.”

Ai annuì e fece tutto ciò che Shinichi le aveva chiesto. Senza passare vicino alle finestre, portò in laboratorio due paia di pantaloni e due magliette. Poi fu la volta dell’acqua. Tornò da Conan con tutto il necessario.

“Allora, si può sapere cosa vuoi fare? Mi sembra di essere in un romanzo di Sherlock Holmes.” Gli disse, guardandolo con fare non troppo convinto.

“Niente domande e mettiti questi vestiti.” Le rispose il bambino, iniziando a infilarsi la maglietta.

Quando si furono vestiti, Conan impartì un nuovo ordine: “Prendi due provette e versaci dentro dell’acqua.”

Ai obbedì, nonostante con quei vestiti facesse fatica a muoversi. Poi, vide Conan  prendere le due pillole in mano.

“Dammi una provetta e prendi questa.” Le disse, porgendole una delle due capsule.

“Bene, ora facciamo le cose in grande stile.” Disse ancora, con un sorriso sicuro.

Ai non parlava. Aveva capito, ma non parlava.

Conan le prese a braccetto, e portò poi la capsula alle labbra. Non si accorse del leggero rossore che aveva invaso le guance della bambina. Ai portò a sua volta la capsula alle labbra: sembrava che stessero facendo il brindisi più importante della loro vita. Sbatterono le due provette una sull’altra.

“E’ una pazzia.” Commentò Ai, “ non possiamo rischiare di finire male tutti e due.”

“Non ti lascerei mai rischiare la vita per me. Facciamolo insieme questo giro, Ai.”

Mise la capsula in bocca e portò il bicchiere alle labbra. Ai fece lo stesso.

“Alla salute.”

 

 

Ecco qui il quinto capitolo =)

E’ leggermente più lungo e penso sia uno di quei capitoli che si definiscono di “transizione”.. spero vi sia piaciuto comunque!!

Passo subito a ringraziare kahlan90, shinichi e ran amore, Kishra, Kuroshiro, _Neutron star collision_ , Ran Mouri , floravik, infernapenergy e Yume98 … grazie mille per le vostre  magnifiche recensioni!! Merita un quadruplo grazie Yume98 che ha recensito tutti e quattro i capitoli uno di seguito all’altro=)

Poi, grazie a shinichi e ran amore, floravik e _Neutron star collision_ che hanno la storia tra le preferite, e Lilla95 che l’ha inserita tra le ricordate!! Grazie poi a chi ha la storia tra le seguite, cioè infernapenergy  izumi_curtis  Kuroshiro  Leak_kaeL  Lilla95  Sweet96 ciachan  Yume98!!

Infine, grazie anche solo a chi legge!!

Ci risentiamo l’anno prossimo!!

Buon anno a tutti, lettori/lettrici e autori/autrici di EFP!

_Flami_

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Diversi ***


Gocce di Sherry

 

DIVERSI

Bevvero tutto d’un sorso l’acqua della provetta e ingoiarono la capsula. Era andata, non si poteva più tornare indietro. Si guardarono entrambi negli occhi, prima di sentire un dolore lancinante al petto. La testa girava a più non posso, sembrava di stare sulle montagne russe. Ai fu la prima a cadere riversa indietro sul pavimento, gli occhi sbarrati, qualche urlo soffocato. Conan tentò di avvicinarsi, di chiamarla, ma non sentiva  più nulla. Gli mancava il respiro, non riusciva a capire dove fosse. Tutto il corpo gli faceva male, come se le ossa si stessero rompendo ad una ad una. Non riusciva più a parlare, tratteneva a stento le urla. Tentò di gattonare fino alla bambina distesa sul pavimento, in preda alle convulsioni. Ma le gambe non si muovevano.

 Cadde a terra. Poi, il buio.

 

Quando riaprì gli occhi, si sentiva decisamente meglio. Le gambe e le braccia erano ancora leggermente indolenzite, ma almeno poteva respirare. Si mise a sedere, la testa girava ancora a tratti. Guardò le sue mani: non erano quelle di un bambino. Con uno sforzo immane, si alzò e camminò a piccoli passi fino allo specchio. L’immagine che questo gli restituì lo fece quasi saltare dalla gioia: era tornato Shinichi Kudo. Ai ce l’aveva fatta! Era stata grandiosa.. ma, piuttosto, come stava lei?

Si girò. Sul pavimento della stanza, accanto a una provetta rotta e ad una bottiglia d’acqua rovesciata, era distesa una ragazza. Shinichi le si avvicinò.

“Ai..” bisbigliò, notando il pallore della sua amica. No, non poteva essere. Anche lei doveva farcela. Controllò il polso: il cuore batteva. Appoggiò poi una mano sul ventre di lei, per controllare che respirasse. Il movimento lento e regolare lo tranquillizzò. Era tutto apposto, per fortuna.

“Ai!” la chiamò, scuotendola, “Ai, ce l’abbiamo fatta! Svegliati! Ehi, Ai!”

La ragazza sembrava non sentirlo. Shinichi, non ottenendo risposta, appoggiò il capo sul petto di lei. Il cuore batteva, lo sentiva.

“Si può sapere cosa stai facendo?” gli chiese una voce che non riconobbe subito. Era la voce di Shiho Miyano.

Shinichi si rizzò a sedere. La ragazza aveva appena aperto gli occhi, e lo guardava un po’ stranita. Il ragazzo arrossì, affrettandosi a spiegare che stava solo controllando che il cuore di lei battesse. La giovane sorrise, e tentò di alzarsi.

“Ehi, Ai, ce la fai?” le chiese lui, cercando di aiutarla.

La ragazza, ormai in piedi, gli rivolse uno sguardo velato dalla malinconia: “Ai non esiste più. Io sono Shiho.”

“Non è vero. Per me tu sarai sempre Ai. E’ così che continuerò a chiamarti.”

“Fa’ come vuoi.”

Shinichi la guardò allontanarsi verso lo specchio. Non era cambiata per niente, era sempre la solita persona fredda e impassibile.  Ora, Ai, o meglio Shiho, si stava osservando incredula. Passava una mano sulla sua guancia, per controllare che tutto fosse vero, che non fosse soltanto un sogno.

-Altro che sogno- pensò, -sembra piuttosto un incubo.-

Dallo specchio poteva vedere che Shinichi la stava osservando. Non si erano mai trovati così, faccia a faccia, entrambi nei loro veri corpi. Erano sempre loro, ma erano diversi. A conti fatti, erano due perfetti estranei.

“Che c’è?” gli chiese, voltandosi.

Shinichi non rispose subito. La sua amica aveva diciotto anni, uno in più di lui, ma sembrava una donna in tutto e per tutto: nel modo di atteggiarsi, nel modo di parlare. La sua voce non era quella di una ragazza ingenua delle superiori: era la voce di chi, nella propria vita, ne aveva già passate tante e non aveva più la forza di credere realmente in niente. Guardandola così, con quei capelli castani tendenti al biondo che le ricadevano sul viso in ciocche disordinate, e con dei vestiti troppo grandi per lei, Shinichi dovette ammettere a se stesso che era una gran bella ragazza.

“Niente.” Rispose alla fine, girandosi.

Shiho si sedette sullo sgabello, quello che fino ad un’ora prima era troppo alto e che ora era terribilmente basso.

“Allora, qual è il tuo piano a questo punto? Appena gli uomini dell’Organizzazione ti vedranno, stai pur certo che non ti lasceranno andare finché non sarai sottoterra.”

L’espressione di Shinichi diventò sconsolata: con l’aumentare dell’età, era aumentato anche il pessimismo cronico della sua amica.

“Almeno ora sappiamo che il tuo antidoto funziona. Cercherò di non farmi vedere e terrò questi.” Rispose, aggiustandosi gli occhiali sul naso. Niente da fare, erano troppo stretti. Li riappoggiò sul tavolino, abbandonando quell’ultimo accessorio che lo legava alla sua identità di bambino delle elementari.

“E il tuo piano?” insistette la ragazza.

Shinichi si lasciò sprofondare sul divano. Diede un’occhiata ai vestiti sparpagliati per terra, i vestiti di Conan. Gli tornò in mente la promessa fatta a Ran: Conan non sarebbe mai più tornato, probabilmente. Ma Shinichi sì, lui avrebbe vinto quella guerra. Il come era per ora un dettaglio non analizzato.

Sorrise alla sua amica.

“Devo ammettere che, questa volta, non ho la più pallida idea di come agire.”

Shiho lo guardò torva, per poi cacciare un sospiro di frustrazione: “Insomma! Ma ti rendi conto che non stiamo giocando? Di sicuro hai già pensato a qualcosa. Avanti, sputa il rospo.”

“Ti ho detto la verità. Non ho ancora abbastanza elementi  a disposizione per capire come dobbiamo agire. Ma tra una mezz’oretta saprò dirti qualcosa di più.” Disse, notando che erano le undici e mezza.

“E se in questo momento ci stessero ascoltando?” chiese lei, spaventata. Aveva iniziato a tremare.

Shinichi le si avvicinò e, poggiandole le mani sulle spalle, la costrinse a guardarlo.

“Sono intelligenti, ma non sono dei maghi. Nessuno è entrato nel laboratorio a parte me, te e il dottor Agasa. Non possono aver piazzato alcun microfono, sta tranquilla. Per assicurarmi che il dottore fosse davvero Agasa, prima gli ho anche rifilato un bel pizzicotto.” Disse ridendo.

Shiho sorrise. Il suo amico sembrava così tranquillo mentre lei.. sì, lei aveva paura. Sapeva che questa volta avrebbe dovuto rincontrarli, faccia a faccia.

Cercò di restare calma e accese il computer. La mezzanotte era vicina. Dal piano di sopra potevano sentire la tv a tutto volume che il dottor Agasa stava fingendo di guardare. Doveva essere un documentario sulla vita degli animali, a giudicare da quanto potevano capire. Povero dottor Agasa! Lo immaginavano seduto sul divano, curioso come non mai di sapere cosa loro due stessero combinando in laboratorio. Ma, per ora , non dovevano destare sospetti: il dottor Agasa doveva restare in bella vista vicino alla finestra.

Shinichi.”

“Dimmi.”

“Dovrò rispondere, quando Gin mi scriverà?”

“Credo che sia importante sapere cosa vogliono.”

“Potrebbe essere una trappola. Vogliono semplicemente farmi fuori.”

“Io credo ci sia dell’altro. Non avrebbero avuto bisogno di tutta questa sceneggiata per eliminare una bambina.” Disse lui, pensieroso. Aveva usato il termine eliminare. Non voleva usare la parola uccidere, per niente al mondo.

“Vorrà dire che dovrò fidarmi del tuo intuito.”

Mezzanotte meno dieci. Ci fu qualche minuto di silenzio, poi, Shiho riprese a parlare.

“E’ strano, sai.”

“Cosa?”

“Se quella volta al Luna Park tu fossi stato solo un po’ meno curioso, ora avresti una vita normale. E non saresti qui. E io probabilmente non ci sarei più.”

“Se mi togli la curiosità, non sono più io. Non credo che le cose sarebbero potute andare diversamente.”

Mezzanotte meno cinque.

“Mi dispiace per tutto, Shinichi. Ci tenevo a dirtelo.”

Non lo guardava negli occhi, non ne aveva la forza.

“Non è il momento di pensarci, ora.”

Mezzanotte meno quattro.

“Mi è venuta in mente Ayumi. Era affezionata a me. E Ai se n’è andata, senza nemmeno salutarla.”

“Ai sarai sempre tu. Anche se qualcuno non lo saprà.”

Mezzanotte meno due.

“Dovresti telefonare a Ran quando qui avremo finito.”

Shinichi annuì: sapeva perché Shiho gli stava dicendo quello. C’era la possibilità di non tornare più indietro, quella volta.

Mezzanotte.                                                                                                                                                                                   

Lo schermo del computer tornò ad annerirsi. Comparvero le prime parole.

Ci risentiamo, Sherry. Spero che tu abbia avuto modo di prendere la giusta decisione.

La ragazza lanciò uno sguardo veloce a Shinichi, che annuì. Era il momento.

E così, alla fine mi hai trovata.

L’uomo dall’altra parte non rispose subito. Ai lo immaginava. Immaginava il volto di Gin preda della soddisfazione. Le venne da vomitare.

Non avevo dubbi a riguardo.

-Cos’è, si sta divertendo a giocare?- pensò Shiho, tendendo gli occhi fissi sullo schermo. Aveva quasi dimenticato la presenza di Shinichi accanto a lei. Sentiva la rabbia crescerle dentro, mentre l’assassino di sua sorella se la spassava a braccarla.

Cosa vuoi da me?

Premeva con rabbia i tasti. Avrebbe voluto ucciderlo. Era sempre così. Ne era terrorizzata, ma poi, quando lo scontro diretto iniziava, al posto della paura aveva dentro una gran rabbia. Già, proprio come quella volta, sul tetto dell’hotel, quando avevano tentato di ucciderla.

Ho bisogno di parlarti. Ma prima, devo assicurarmi che chi sta scrivendo sia davvero la mia Sherry.

La sua Sherry? Lo detestava, quando le parlava così. E lui lo sapeva bene. Si divertiva a farla arrabbiare. Non ebbe il tempo di scrivere nulla, che sullo schermo apparvero delle parole.

Rispondi alla mia domanda. In fretta.

-E va bene, stiamo al suo gioco.- pensò la ragazza, mentre aspettava la fatidica domanda. Il ragazzo accanto a lei non fiatava. Era assorto come non mai, mentre fissava a sua volta lo schermo.

Dimmi. Quando ci siamo incontrati per la prima volta?

Shiho sgranò gli occhi. Che razza di domanda era? Poteva aver raccontato a qualcuno del loro primo incontro. Gin le avrebbe chiesto di sicuro dell’altro. Comunque, rispose velocemente.

Dopo la morte dei miei genitori. Sei venuto a prendermi a casa. Eri da solo.

Era andata davvero così. Poteva sentire su di sé gli occhi di Shinichi. Ora, il suo amico la stava guardando con non poca curiosità. Già, lei non aveva mai raccontato a nessuno, nemmeno a lui, del suo primo incontro con gli uomini dell’Organizzazione.

Risposta esatta. Ho un vuoto di memoria, cara Sherry. Aiutami a ricordare. Cosa ti dissi in quell’occasione?

La stava prendendo in giro. Accidenti, che rabbia. Avrebbe voluto prendere a pugni lo schermo del computer. Ma ormai, era in ballo e doveva ballare.

Mi dicesti che avrei dovuto completare da sola le ricerche su l’APTX4869. E che, se mi fossi rifiutata, avreste ucciso mia sorella.

Era la verità. Era andata proprio così. Quei ricordi erano nitidi come non mai nella sua mente.

Sei sempre la stessa, Sherry. Ricordi i momenti più freddi, e basta. Raccontami cosa ti dissi poi.

Shiho si sentì gelare il sangue nelle vene. Odiava ricordare il contatto di quella mano sulla sua pelle. Ma doveva rispondere, e in fretta, se non voleva che Gin si insospettisse.

Mi hai accarezzato i capelli, dicendomi che non avevi mai visto un colore così particolare. E poi mi dicesti che ero più bella di mia sorella, e sarebbe stato un peccato non avermi fra voi.

Ora poteva vedere Shinichi strabuzzare gli occhi. Sorrise. Già, il suo amico di sicuro non si sarebbe mai immaginato una scena simile.

Mi hai quasi convinto. Cosa ti diedi, poi?

Shiho continuava a scrivere, senza dire una sola parola.

Una rosa rossa.

“Devo dire che il vostro primo incontro me lo immaginavo diverso.” Le disse Shinichi, senza staccare gli occhi dallo schermo.

“Anche io non vorrei avere un simile ricordo.”

Sullo schermo comparvero nuove parole.

E cosa facemmo, per suggellare il nostro patto?

Il primo pensiero di Shinichi fu che Gin avesse baciato Shiho. Non sapeva perché, ma aveva quell’immagine fissa in testa. Che assurdità, pensava, mentre non riusciva più a scacciarla dai suoi pensieri. Strinse i denti, una simile scena gli faceva venire il voltastomaco.  No, non poteva essere andata così. Doveva di sicuro essere successo dell’altro. Come aveva fatto a pensare una cosa simile? Intanto, Ai aveva iniziato a scrivere la sua risposta.

 

 

 

 

Ecco qui il sesto capitolo, con il primo scontro diretto Shiho/Gin! Che dire? Spero vi sia piaciuto =)

Passo subito a ringraziare coloro che hanno commentato il quinto capitolo, cioè izumi_curtis (anche per la recensione al quarto capitolo!) , Kishra, Alesaphi24 (grazie per aver recensito tutti i capitoli in un solo colpo!), shinichi e ran amore, floravik, Ran Mouri, Yume98 e _Neutron star collision_! Grazie davvero, mi date sempre un grandissimo sostegno!

Grazie a shinichi e ran amore, floravik e _Neutron star collision_ che hanno la storia tra le preferite, e Lilla95 che l’ha inserita tra le ricordate!! Grazie poi a chi ha la storia tra le seguite, cioè infernapenergy  izumi_curtis  Kuroshiro  Leak_kaeL  Lilla95  Sweet96 ciachan  Yume98 e YukariKudo2000 !!

Piccolo post per Alesaphi24: spero che la storia ti piaccia lo stesso anche se ora Conan e Ai sono tornati ad essere Shiho e Shinichi! =)

Infine, grazie anche solo a chi legge!

A presto con il settimo capitolo!

_Flami_

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Brindisi ***


Gocce di Sherry

 

BRINDISI

Nella sua macchina, Gin era da solo. Fumava l’ennesima sigaretta, i capelli gli coprivano gli occhi. Nessuno avrebbe saputo decifrare il suo sguardo.

Vodka non c’era più. Aveva detto che, dopo un lavoro come quello appena svolto, aveva voglia di svagarsi un po’. E Gin sapeva bene in che senso.

Brindammo con un bicchiere di sherry.

Risposta esatta. A quanto pareva, quella dell’altra parte dello schermo era proprio Shiho Miyano. Gin la conosceva. Era riservata, e certe cose non le avrebbe raccontate a nessuno. Certe cose come il loro primo incontro, ad esempio. Non poteva sapere se fosse sola o meno. Chianti gli aveva detto che il vecchietto era tranquillamente seduto a guardare la tv e che in casa non era entrato nessun altro. O davvero il caro dottore non sapeva niente di ciò che stava accadendo, oppure era tutta una messa in scena. Meglio essere prudenti. Certe parole non andavano gettate al vento.

Perfetto, Sherry. Vedo che hai conservato con cura certi ricordi.

Si divertiva a prenderla in giro. Si concesse quell’ultima battuta.

Sei patetico.

Gli venne quasi da ridere. Sherry non aveva paura di dirgli quello che pensava di lui. Era per questo che gli piaceva tanto giocare con lei.

Come siamo suscettibili. Mi piacerebbe parlare ancora  con te, ma certe cose vanno dette a voce. E da soli.

Con quell’ultima frase, credeva di averla messa in agitazione. Invece, la risposta che ottenne lo sorprese.

Che c’è, certe cose Vodka non le può sentire?

Sherry aveva sempre la risposta pronta. Le aveva fatto quella battuta per controllare se qualcuno fosse con lei e la ragazza, tranquillamente, gliela aveva restituita, sottintendendo di essere sa sola.

Ci vediamo domani notte, dove sai tu. Ti aspetto a mezzanotte. Vedi di presentarti, e da sola. Altrimenti i tuoi amichetti avranno qualche brutta sorpresa.

Era finito il tempo di giocare. Era arrivato quello di fare sul serio.

Lasciali stare, loro non sanno nulla di me e di voi. Non mancherò.

La solita sentimentale, pensò.

Perfetto. Buona notte, Sherry. Sogni d’oro.

Staccò il collegamento e spense il computer. Guardò l’orologio. Mezzanotte e mezza. Sorrise, con lo spettro della malvagità dipinto sul volto.

 Era stata la mezz’ora più divertente della sua vita.

----       -----         -----       ----      -----   

Quando Shiho spense il computer, Shinichi si sentì un ebete. Come aveva fatto a pensare che Gin avesse potuto baciare la sua amica? Un simile gesto non sarebbe stato di certo ricollegabile all’uomo freddo e malvagio che aveva incontrato più di una volta. Ma c’era qualcosa che non lo convinceva. Gin sembrava ossessionato da quella che lui chiamava la sua Sherry. Sembrava che si divertisse a braccarla, a farla sentire in trappola, a prenderla in giro con un sadismo sottile e raffinato. Doveva però ammettere che Ai se l’era cavata davvero alla grande e ora, seduta lì accanto a lui, sembrava del tutto tranquilla.

“Credo che le nostre strade si separino qui. Trova un modo per uscire da questa casa e facciamola finita.”

Shinichi la guardò allibito: “Ma si può sapere cosa ti salta in mente?”

“Non lo capisci? Domani lo devo incontrare. Non vorrà certo chiedermi come sto. Probabilmente servo loro per un lavoro. E poi..”

Non ebbe il coraggio di terminare la frase.

“Sta tranquilla, in qualche modo ce la caveremo. Ho già qualche idea in testa.” Le rispose il detective, mentre iniziava a passeggiare su e giù per la stanza, le mani in tasca e l’espressione assorta.

“E cioè? Cosa possiamo fare noi due da soli?”

“Da soli niente forse, ma con l’aiuto di qualcuno.. scriverò un messaggio a Jodie. ”

Prese in mano il cellulare di Conan e digitò velocemente qualcosa. Poi, lo ripose nuovamente sul tavolo.

“Cosa le hai scritto?”

“Di venire qui domani sera.”

“E’ una pazzia.” Commentò Shiho, continuando a far girare il sedile dello sgabello. Era nervosa, ora.

“Tranquilla, sanno come arrivare senza destare sospetti.”

Sorrise, sicuro.

“E va bene.” Si arrese lei, sbuffando, “vorrà dire che dovrò fidarmi.”

“Senti, Ai..”

“Che c’è?”

“Qual è il luogo dove tu e Gin dovete incontrarvi domani sera?”

Shiho rispose con voce incolore: “E’ un vecchio magazzino in disuso, in periferia. Era il luogo dove ci incontravamo quando non ero in laboratorio e avevano bisogno di parlarmi.”

Shinichi non rispose, era assorto nei suoi pensieri. Ai doveva presentarsi a quell’appuntamento, se non voleva destare sospetti. Ma a quel punto, che ne sarebbe stato di lei? Avrebbero potuto tendere un’imboscata, ma sarebbe stata un’azione troppo prevedibile. Inoltre, il tempo a disposizione per prepararla era troppo breve. Cosa voleva Gin dalla sua amica? Di sicuro aveva bisogno di qualche lavoro. Che non fossero riusciti a trovare qualcuno in grado di rimpiazzarla? Comunque, erano passati già dei mesi da quando Shiho era diventata Ai e loro avevano tentato più volte di ucciderla. Ma quella volta volevano dell’altro, ne era certo. Bisognava trovare un modo per mettere al sicuro Ai e cercare di avere più informazioni possibili sull’Organizzazione allo stesso tempo. Certo, avevano un alleato segreto, cioè Reina, o meglio Hidemi, ma quanto avrebbe potuto aiutarli? Non avevano modo di avvertirla, avrebbero potuto essere scoperti. Guardò il cellulare. Accidenti, Jodie, sbrigati a rispondere.

----    ----    ----    ----

 

Jodie Starling si trovava nel suo appartamento, ancora sveglia nonostante fosse quasi l’una. Aveva cenato con i suoi colleghi, e ora stavano sorseggiando in tutta tranquillità un bicchierino di liquore.

“In onore dei nostri più acerrimi nemici.” Aveva scherzato James Black.

La donna continuava a guardare nervosamente il cellulare. Conan le aveva detto che le avrebbe scritto intorno alla mezzanotte. Che strana chiamata, quella che aveva ricevuto quel pomeriggio da parte del bambino prodigio. Fissava lo schermo, in attesa che si illuminasse.

La conversazione, per la prima volta da qualche giorno a quella parte, non era scivolata sull’argomento “lavoro”. Volevano passare una serata in tranquillità, lontana dalle preoccupazioni di tutti i giorni. L’agente Andre Camel, con il suo solito poco tatto, aveva proposto un argomento innovativo: l’amore. Ciascuno avrebbe dovuto raccontare qualcosa e lui sarebbe stato il primo. Parlava come una macchinetta, ma Jodie non lo ascoltava. Seduta sul divano, poteva osservare tutti e tre i suoi colleghi senza muovere la testa di un millimetro. Camel, infervorato come non mai, passeggiava da una parte all’altra della stanza. Black sedeva tranquillamente a tavola. Akai sembrava poco interessato all’argomento e se ne stava in piedi, appoggiato al muro.

Subito dopo la proposta di Camel, Jodie aveva lanciato ad Akai uno sguardo furtivo. Ma lui non si era nemmeno voltato. Uff, altro che serata lontana dalle preoccupazioni.

Poi, finalmente, intorno all’una, il cellulare vibrò. Era un messaggio di Conan.

Il messaggio comprendeva un indirizzo e la raccomandazione di venire lì domani sera. Poi, in maiuscolo, c’era scritto: NON DOVETE FARVI RICONOSCERE PER NULLA AL MONDO.

Conan specificava poi che per ora non poteva dire altro, sarebbe stato impossibile scrivere tutto nel messaggio. Non poteva inoltre parlare al telefono, perché probabilmente la casa in cui si trovava era sotto controllo. Solo una cosa era importante: l’Organizzazione aveva trovato Ai.

Jodie sbiancò di colpo. Quella serata procedeva di male in peggio. Era talmente assorta da non accorgersi che Akai si era seduto accanto a lei.

“Allora, chi ti scrive all’una di notte?”

La sua voce la sorprese. Jodie trasalì, e si voltò a guardarlo. Camel continuava il suo monologo,  James continuava ad ascoltarlo. Solo Akai si era accorto che lei, quella sera, era totalmente fuori dal mondo.

Doveva ammettere che quella domanda le aveva fatto piacere. In un'altra occasione, gli avrebbe forse risposto qualcosa come “il mio nuovo ammiratore!”. Ma quella volta non aveva voglia di scherzare.

“E’ Conan.”

Gli porse il cellulare. L’uomo accanto a lei lesse senza battere ciglio. Corrucciò la fronte quando notò  il nome di Ai.

“Cosa ne pensi?” chiese lei.

“Questo ragazzino mi sorprende sempre di più.” Disse lui per tutta risposta, passandole il cellulare.

Era tranquillo come sempre. Jodie si chiedeva come facesse.

“Non sei preoccupato?”

“No, sono contento. Finalmente si sono rifatti vivi.”

Strinse leggermente gli occhi e sorrise.

“Cosa credi che sia successo?”

“Non lo sapremo finché Conan non ce lo spiegherà. Fino a domani sera, quindi.”

Jodie capì che non sarebbe riuscita a cavargli una parola di bocca. Ma sapeva anche che, di sicuro, Akai si era già fatto un’idea su tutto quello.

“Se hanno trovato la bambina, vorranno di sicuro eliminarla.” Disse lei.

“Credo ci sia sotto qualcosa, altrimenti il ragazzino sveglio non ci avrebbe lasciato un tale margine di tempo. Sono proprio curioso di sapere il resto della storia.”

Jodie continuava a leggere e rileggere il messaggio, come aspettandosi qualche dettaglio in più. Ma lo schermo rimaneva muto. Rispose velocemente a Conan, dicendo che avrebbero fatto come diceva e chiedendo se avesse bisogno di qualcosa.

“Cosa possiamo fare?”

Continuava a fare domande, quasi senza accorgersene. E Akai le rispondeva sempre allo stesso modo.

“Per ora niente. Possiamo solo aspettare e cercare un buon piano per recarci lì senza essere visti.”

Dopo nemmeno un minuto arrivò un nuovo messaggio. Lo lesse e divenne tutta rossa. Ma che razza di richiesta le stava facendo quel bambino?!

“Cosa dice?” le chiese Akai, prendendo il mano il telefono. Lesse il messaggio e scoppiò a ridere.

“Quel Conan è incredibile. Beh, se proprio lo vuole, portaglielo. Avrà qualcosa in mente.”

Poi, si alzò e parlò agli altri, interrompendo l’agente Camel in quello che ormai era diventato un soliloquio.

“Bene, signori. Il nostro piccolo brindisi è terminato!”

 

----    ----   ----    -----       ----         ----         -----

Shinichi era sdraiato sul letto, accanto a Shiho. Avevano deciso che la soluzione migliore fosse quella di abbandonare per un po’ l’aria soffocante del laboratorio e cercare di fare un pisolino. Purtroppo però l’unica stanza raggiungibile senza passare vicino ad alcuna finestra era la camera degli ospiti: e così, pur di non essere visti, avevano dovuto condividerla. Erano sdraiati uno accanto all’altra: per fortuna, il letto era matrimoniale. Si davano le spalle, per cercare di nascondere il loro imbarazzo. Ed entrambi fingevano di dormire.

Ai pensava a ciò che avrebbe dovuto fare la sera successiva.  Non voleva addormentarsi, perché sapeva che avrebbe avuto i peggiori incubi della sua vita.                                                                                                                  

Shinichi cercava di elaborare un piano. Jodie gli aveva detto che avrebbe portato tutto ciò che lui le aveva chiesto, e che si sarebbero avvicinati senza destare sospetti.  Aveva già qualche idea che gli frullava per la testa. Ma in quel momento si sentiva stanco e spossato, avrebbe voluto solo dormire. Dovevano essere i postumi del farmaco. Poi, fra il mare di parole che aveva in mente, una in particolare attirò la sua attenzione. Era un nome. Ran.

Chissà se Ran dormiva. Avrebbe voluto sentire la sua voce, in quel momento. Forse anche lei era sveglia e magari pensava proprio a lui. O a Conan. Entrambi l’avevano lasciata sola. Shinichi si morse il labbro: era stato come commettere due volte lo stesso errore. Non lo avrebbe commesso anche una terza. Sarebbe tornato indietro, sarebbe tornato da lei.

Ma visto che c’era quella piccola possibilità di non tornare indietro, possibilità a cui lui si rifiutava di pensare, doveva almeno salutarla. Chiamarla era troppo pericoloso. Le avrebbe scritto un messaggio. Prese in mano il cellulare poggiato sul comodino, e iniziò a digitare le prime parole.

Dall’altra parte del letto, Shiho sentiva il ticchettio dei tasti. E provò quella terribile malinconia che solo una certezza sa dare.

 

 

Eccomi qui con il settimo capitolo =) Come avete visto, non c’è stato nessun bacio tra Shiho e Gin.. per una volta Shinichi ha preso un granchio!

Passo subito a ringraziare i miei fedeli recensori, cioè Kishra, shinichi e ran amore, Ran Mouri, izumi_curtis, infernapenergy, _Neutron star collision_, Yume 98 e floravik! Mi date un sostegno immenso, davvero =) non so come farei senza di voi!!!!

E ancora, un grande ringraziamento a floravik, shinichi e ran amore, _Neutron star collision e Kuroshiro per avere la storia tra le preferite! Grazie a Aya_Brea e Lilla95 che l’hanno fra le ricordate, e a infernapenergy  izumi_curtis  Kuroshiro  Leak_kaeL  Lilla95  Sweet96 ciachan  Yume98 e YukariKudo2000 che l’hanno tra le seguite=)

Non mi stancherò mai di ringraziarvi, perché è solo grazie a voi che la leggete se questa storia ha un senso =)

Buon rientro dalle feste a tutti!

A presto!

_Flami_

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Imbarazzo ***


Gocce di Sherry

 

IMBARAZZO

Quello fu il giorno più lungo della loro vita. Le ore sembravano  non passare mai, si perdevano nella consapevolezza di non poter muovere un solo dito. Shinichi non poteva uscire, non poteva farsi vedere. Shiho avrebbe potuto farlo, ma sapeva che sarebbe stata pedinata. Che senso aveva, dunque, muoversi di casa? Il dottor Agasa aveva telefonato a scuola da un cabina telefonica per avvertire della loro prolungata assenza. Causa: problemi di famiglia. In un certo senso la scusa era in parte vera: i problemi c’erano davvero, anche se erano leggermente più complicati di quelli di famiglia.

Nessuno dei due aveva dormito quella notte. O meglio, Shiho aveva finto di farlo. Shinichi non si era nemmeno sforzato. Aveva continuato a guardare il soffitto e ad aspettare che lo schermo del cellulare si illuminasse. E poi, finalmente, dopo ore di attesa, quel maledetto schermo si era acceso. Ran gli aveva mandato un’e-mail. L’aveva letta tutta d’un fiato. Poi, aveva richiuso il cellulare. Ma non aveva potuto smettere di pensare a lei.

Passarono la mattina intera senza scambiarsi una sola parola. Conan e Ai, seduti uno di fronte all’altro, avrebbero avuto molte cose da dirsi. Shinichi e Shiho, invece, erano in grado di fissarsi e basta, senza dire una sola parola.

Shinichi e Shiho. I loro nomi erano molto simili. Era impossibile pronunciarli uno di seguito all’altro. Ognuno di loro aveva i propri pensieri per la testa. Lui pensava a un piano, lei pensava a come sarebbe stato ritrovarsi davanti Gin, faccia a faccia, come ai vecchi tempi.

Mangiarono qualcosa di malavoglia, nessuno dei due aveva fame.

“Chissà cosa stanno facendo ora gli altri.”

Ore dodici e mezza. Shiho aveva pronunciato la prima parola della giornata.

“Che giorno è oggi?” le chiese Shinichi.

“Martedì.”

“Allora stanno facendo matematica.” Le disse sorridendo.

Ci fu un altro attimo di silenzio. Poi, Shiho riprese a parlare.

“Chissà cosa penseranno di noi.”

“Il dottor Agasa ha detto che abbiamo avuto dei problemi in famiglia.”

“Noi non siamo più Ai e Conan.” Disse Shiho, torturando un chicco di riso con le sua bacchette. Sembrava non ascoltare le risposte di Shihichi. Diceva frasi sconnesse, come se la bocca buttasse fuori tutti i suoi pensieri, uno dopo l’altro, e lei non potesse controllarla.

“Non abbiamo mai voluto esserlo.”

Shiho sorrise malinconica e questa volta tacque. Rimasero in silenzio finché il riso non scomparve dalla loro scodelle. Poi, fu sempre lei a prendere la parola:

“Mi spiace molto per Ayumi. Avrei voluto salutarla.”

“Potrai farlo come Shiho.”

La ragazza si limitò a fissarlo con uno sguardo scettico. Lasciarono le scodelle nel lavandino e scesero in laboratorio. Il silenzio stava diventando imbarazzante. Cos’era quell’improvvisa barriera che si era creata tra di loro? Sembravano due persone diverse.

Fu Shinichi il primo a tradurre questi pensieri in parole:

“Ehi, Ai, non ti sembra un po’ assurda questa situazione? Sembriamo due estranei e ci conosciamo da mesi!”

“Hai ragione. Ma mi sembra così strano.. insomma, essere qui con Shinichi. Ti ho conosciuto come un bambino e tu mi hai conosciuta come una bambina. Ora è diverso.. mi sento.. come dire..”

“In imbarazzo?” completò lui. Aveva azzeccato in pieno. Shiho arrossì e annuì.

“Anche per me è lo stesso.” Continuò Shinichi, “però, alla fin fine siamo sempre noi. Non è cambiato nulla.”

“Questa affermazione è un po’ azzardata!” esclamò Shiho ridendo.

Shinichi si fermò a guardarla. Era prima volta che Ai rideva così. Normalmente, senza sorrisi enigmatici o sicuri, rideva e basta. Rideva come quando ti vuoi sfogare da un peso che hai dentro, come quando capisci di aver preso un colossale granchio, rideva come una normalissima ragazza della sua età che parla con un suo amico.

“Amici come prima, direi.”

“Amici come prima.” Assicurò lei.

Era bastato parlarne perché l’imbarazzo sparisse. Ora, conversavano tranquillamente, senza più occhi rivolti a terra o frasi dette a metà.

Erano seduti uno vicino all’altra, sul divano.

“Senti, posso chiederti una cosa?” iniziò Shinichi, un po’ titubante. Quella domanda gli frullava in testa da un bel po’ di tempo.

“Dimmi.”

“Hai mai avuto un fidanzato?”

Lo disse tutto d’un fiato, maledicendosi un secondo dopo. Era imbranato per quanto riguardava certi argomenti. Ma non c’era niente di male, in fondo. Lui era un suo amico e voleva saperlo.

Shiho lo guardò sorridendo: “No, nessuno.”

“Ma ci sarà stato qualcuno che ti piaceva.”

“I miei compagni di adolescenza sono stati Gin e Vodka.”

Pronunciò quei nomi tranquillamente, con il sorriso sulle labbra. Incredibile, riusciva anche a scherzarci su. Quante cose erano cambiate da ieri sera! Shinichi la faceva sentire al sicuro.

“Beh, io con Vodka ci avrei fatto un pensierino..” la prese in giro il ragazzo.

“Scemo!”

Shiho non si riconosceva più. Stava scherzando e ridendo, come non aveva mai fatto in vita sua.

“Comunque guarda che Mitsuhiko era interessato a te.”

“Se è per questo, anche tu piacevi ad Ayumi.”

Scoppiarono a ridere, rendendosi conto che la loro situazione era davvero assurda. Nessuno avrebbe mai potuto credere alla loro storia!

“E tu, invece? Con Ran come sei messo?”

“Andava tutto liscio finché qualcuno non mi ha rimpicciolito..” le disse, tirandole una gomitata.

“E va bene, scusami per la centesima volta.”

“Non è colpa tua.”

Shiho non rispose. Lasciò andare la testa indietro, e si ritrovò a guardare il soffitto. Lo stesso fece Shinichi. Erano talmente vicini che i loro capelli si sfioravano. Ma loro non potevano sentirlo.

“C’è un'altra cosa che vorrei chiederti.”

Questa volta il tono del ragazzo era serio.

“Dimmi.”

“Ho avuto un’impressione ieri, mentre Gin ti scriveva. E’ come se.. se quell’uomo fosse ossessionato da te.”

Si era voltato a guardarla, mentre Shiho rimaneva immobile a fissare il soffitto. Sorrise piano, un sorriso appena percettibile.

“L’ho sempre avuta anche io, quest’impressione. Me lo diceva sempre anche mia sorella. Mi raccomandava di stare attenta, ma anche di non preoccuparmi, perché tutto sarebbe presto finito. Ma poi, lui l’ha uccisa, ed è tutto finito davvero.”

Sentì gli occhi diventare lucidi. Shinichi non rispondeva, si limitava a guardarla. Forse, non trovava le parole adatte.

“Sai, è come se mia sorella fosse morta due volte. Prima l’ha uccisa l’uomo che amava. Poi, Gin le ha dato il colpo di grazia.”

Shinichi si mise a sedere di botto. Sentì come un pugno allo stomaco. Che guaio. Aveva dimenticato un piccolo particolare, preso com’era dall’elaborazione di un piano. Aveva dimenticato che Ai conosceva probabilmente il volto di Akai. E che, cosa ancora più probabile, non serbava certo un buon ricordo di lui. Per lei Akai era l’uomo che aveva corteggiato sua sorella solo per poter ottenere più informazioni possibili sull’Organizzazione. Era l’agente dell’FBI senza scrupoli. Era Rye, l’uomo che, a tutti gli effetti, aveva condotto Akemi Miyano al patibolo.

 

----   ----    ----   ----   ----  ----

“Allora io aspetto in fondo alla strada, capo. Korn è in posizione. Lo stesso vale per Chianti.”

Gin scese dalla macchina, guardandosi intorno. Erano le sette di sera, ma il cielo era già diventato scuro. La via era poco illuminata. Non c’era anima viva, a parte qualche gatto randagio in cerca di cibo.

“Dove si è cacciata Vermouth?” chiese, senza nemmeno poi tanto interesse.

“Ha preso il posto di Chianti e controlla la casa di Sherry.”

L’uomo dai capelli biondi restò fermo. A quanto pareva, la risposta non lo aveva convinto.

“E come mai la nostra attrice protagonista si è abbassata ad un ruolo da comparsa?”

Vodka non rispose subito, non cogliendo il senso della domanda. Non che fosse una novità: non capiva molte delle cose che Gin gli chiedeva o che Gin gli ordinava. Ma, siccome ogni domanda del suo capo si rivelava sempre azzeccata e  ogni ordine portava sempre ad un successo, non se ne curò poi molto.

“Sembrava contenta del ruolo.”

“Ma davvero?”

Qualcosa non gli quadrava. Vermouth aveva sempre odiato agire dietro le quinte. Così come aveva sempre odiato Sherry. Doveva esserci dell’altro. Quella donna faceva sempre di testa sua: meglio accertarsi che non commettesse qualche sciocchezza.

“Fammi parlare con lei.”

Non era un richiesta, era un ordine. Vodka attivò la ricetrasmittente. La voce dell’altra parte era senza dubbio quella di Vermouth.

“Mi disturbate già così presto?” chiese lei, un po’ scocciata.

Gin strinse i pugni. Il tono di quella donna gli dava sui nervi. Se non fosse stata una delle preferite del capo, le avrebbe piantato una pallottola in testa già da tempo.

“Non sei nella condizione di lamentarti.”  Dal tono traspariva il suo nervosismo.

“Come al solito, con voi non si può scherzare. Tranquillo Gin, il tuo gattino è ancora rintanato nella sua tana.”

“Non si è fatto vivo nessuno?” chiese Vodka.

“No, fino ad ora.. toh, che tempismo, mio caro Vodka.”

“Cos’è successo?” chiese Gin, impaziente.

“E’ arrivata una macchina.” Rispose lei, distrattamente.

Gin avrebbe voluto ucciderla. Lo stava facendo apposta, per farlo innervosire. Rispondeva con quel dono distratto e maledettamente odioso. La poteva immaginare mentre si massaggiava i capelli, con il suo sorrisetto diabolico stampato in faccia.

“Che macchina è?”

“E’ molto vecchia e scassata, a dir la verità.”

“Chi la guida?”

Vermouth tentennò un attimo.

“Sembrano due signori anziani. Sono un uomo e una donna. Lui guida, lei gli è seduta accanto. Ecco, è uscito il nostro dottore.”

“Cosa fa?”

“Quante domande, Gin. Fammi prendere fiato.”

“Cosa fa?” chiese di nuovo lui, ignorandola.

“Il vecchietto sta aprendo il garage. Ora li saluta. Hanno posteggiato la macchina in garage e sono scesi. Il dottorino ha appena richiuso la serranda.”

“Dov’è parcheggiata la macchina del vecchio?”

“Non la vedo. Credo sia nell’altro garage.”

“Che aspetto hanno i due signori?”

“L’uomo sembra conoscere bene il dottore.  Lo sta abbracciando e salutando. Ha i baffi. E’ gobbo, cammina con il bastone. Avrà una settantina d’anni.”

“Porta gli occhiali?”

“No.”

Gin strinse gli occhi fino a farli diventare due fessure.

“Mandami le immagini con la telecamera.”

“Come vuoi.”

Nel giro di pochi secondi, sul monitor del computer portatile apparvero delle immagini. Ora né Vermouth né Gin parlavano più. L’uomo era concentrato, teneva lo sguardo fisso sullo schermo.

I due visitatori sembravano una normalissima coppia. Si tenevano a braccetto, la donna aiutava l’uomo a camminare. Entrambi erano anziani. Il dottore, dopo averli salutati calorosamente, li fece entrare e richiuse la porta dietro di sé.

Ormai era buio, le tapparelle delle camere erano tutte abbassate. Filtrava un po’ di luce da quella della sala da pranzo ma, nel complesso, era impossibile capire cosa succedesse all’interno.

Gin spense il computer.

“Tienimi informato, qualsiasi cosa succeda. Dimmi quando Sherry esce. E dopo, fai quello che devi fare.”

“Come vuoi, Gin. Una sola domanda.” Rispose la donna.

“Che c’è?”

“Dov’è Kir?”

“Perché me lo chiedi? Kir non c’entra con questa operazione.”

“Semplice curiosità. Sai che non mi fido di lei. Beh, buon divertimento, Gin.”

E chiuse la conversazione.

Era vero, Vermouth odiava il ruolo da comparsa: preferiva di gran lunga essere al centro della scena. Ma quella volta era diverso, perché agire dietro le quinte le permetteva forse di intravedere qualcuno a cui lei era molto interessata.

La mattina, celandosi sotto i panni di una vigilessa, aveva aiutato tre bambini ad attraversare la strada. Tre ragazzini che erano solitamente accompagnati da una bambina castana e seria e da un bambino con gli occhiali. Ai Haibara e Conan Edogawa non erano andati a scuola quella mattina. O meglio, Shiho Miyano e Shinichi Kudo. Ciò voleva dire solo una cosa: Shinichi era con Sherry, forse proprio in quella casa. Si sarebbe divertita a vedere il seguito di quella storia: altro che comparsa, avrebbe fatto da spettatrice. E poi, al momento giusto, si sarebbe ripresa il suo ruolo da protagonista.

Strinse gli occhi cercando di intravedere qualcosa nel buio. Ma la penombra era troppa anche per le lenti del suo binocolo.

 

 

 

Capitolo otto rivisto e pubblicato!! Spero vi sia piaciuto e vi abbia aiutato a staccare per un attimo il cervello dalla quotidianità! =)

Passo subito a ringraziare chi, con le sue magnifiche recensioni, mi sostiene ogni capitolo di più, e cioè Yume98  floravik  shinichi e ran amore Ran Mouri Kishra izumi_  _Neutron star collision_ Aya_Brea! Un gradissimo ringraziamento ancora ad Aya_Brea che ha letto la storia tutta d’un fiato, ha recensito tre capitoli e della cui fantastica fan fiction “Mia cara Sherry” io mi sono totalmente innamorata! La  consiglio a tutti coloro a cui piace il personaggio di Ai =)

Passo poi a ringraziare di nuovo Aya_Brea e Lilla95 che hanno la storia tra le ricordate, floravik (spero sia andato tutto bene con il tema! Considerato che scrivi benissimo ,non credo che ci siano stati problemi XD!)  Kuroshiro sinichi e ran amore _Neutron star collision_ che hanno la storia tra le preferite e infine coloro che l’hanno tra le seguite, cioè Aya_Brea  ciachan  infernapenergy  kurap  Kuroshiro  Leak_kaeL  Lilla95 Sweet96 YukariKudo2000 izumi_  Alexia_chan e Yume98!

Grazie anche solo a chi legge e, con la sua visita, mi rende felice!!

Ultima cosa! Per chiarire ogni dubbio, la storia è ambientata in un universo un po’ a sé, in cui Akai è ancora vivo, ma in cui l’FBI sa già di Kyr.. non mi ricordo più se l’ho già specificato o meno, quindi lo dico per sicurezza =)

Ok, dovrei aver detto tutto!!! Alla prossima!

Un bacione,

_Flami_

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Odio ***


Gocce di Sherry

 

ODIO

Non appena la porta si fu richiusa, Andre Camel posò il suo bastone,si drizzò stiracchiandosi e si strappò di dosso quegli odiosi baffi finti che gli prudevano come non mai. Non credeva che travestirsi da vecchio potesse essere così poco gratificante. Altro che scene da film e sparatorie, erano entrati in tutta tranquillità in casa senza che nessuno li fermasse.

Accanto a lui, la signora anziana aveva cominciato a camminare velocemente verso la porta del laboratorio, dove Conan la aspettava. Si era tolta la parrucca e aveva rimesso gli occhiali, facendo attenzione a non rovinare il suo trucco che la faceva sembrare molto più vecchia di quel che era. Già, Jodie Starling non aveva nemmeno trent’anni: eppure ora, grazie alla parrucca, al trucco e ad una buona dose di interpretazione, ne dimostrava molti di più.

Scese in fretta le scale, credendo di ritrovarsi davanti due bambini delle elementari. E invece, trovò un ragazzo seduto sul divano.

“Agente Jodie! Allora, ha visto qualcuno lì fuori?”

Il ragazzo si era improvvisamente alzato e le aveva posto quella domanda. Sembrava ansioso di avere una risposta, ma Jodie non ci capiva più nulla: sapeva solo di aver trovato Shinichi Kudo, sparito  da tempo, dove si sarebbe aspettata di trovare Conan Edogawa.

“Ma tu…?” disse, senza riuscire a trovare le parole adatte.

“Sì, agente, sono io, sono Conan. Ma ora non c’è tempo di spiegare, le dirò tutto più avanti. Ha visto qualcuno lì fuori?”

Jodie sorrise. L’aveva sospettato, sì, per un certo periodo di tempo aveva creduto che Conan fosse in realtà Shinichi. La somiglianza, la mente geniale di quel bambino.. tutto combaciava. Si riprese dalla sorpresa iniziale e capì che non c’era molto tempo: le spiegazioni dovevano essere rimandate.

“Sì, credo di aver intravisto qualcuno sul tetto della casa di Shi.. volevo dire, di casa tua. Io e Camel ci siamo travestiti da anziani e siamo entrati fingendo di essere amici del dottor Agasa. Qui,” disse, prendendo la sua borsa, “Ci sono tutte le cose che mi hai chiesto. Akai ha i vestiti per te.”

Shinichi sperò che la loro copertura non avesse insospettito quelli dell’Organizzazione. Ma ormai era andata, e bisognava procedere.

“Perfetto. Salga le scale, la camera di Ai e la prima a destra. Anche lei è tornata quella di prima, le porti questi vestiti.” disse, indicando la borsa della donna.

“Va bene. Ma dopo voglio che tu mi spieghi tutto, dall’inizio alla fine. Un’ultima cosa.. potrei continuare a chiamarti Conan? Ormai ci sono abituata.”

“Certo agente. E Akai dov’è?”

“Si era nascosto nel bagagliaio della macchina, per evitare che lo vedessero. Dovrebbe essere già entrato dall’accesso interno della casa al garage.”

“Benissimo.”

Si separarono. Jodie corse verso la camera di Ai e Shinichi raggiunse gli altri. Quando piombò in soggiorno, trovò l’agente Camel invecchiato di almeno trent’anni, il dottor Agasa che aspettava le sue istruzioni, e Akai, il quale era appena entrato.

“E tu chi sei?” chiese Camel, guardandolo attentamente: non l’aveva mai incontrato.

“Sono io, Conan.” Rispose il ragazzo.

Si rese subito conto che la sua risposta poteva suonare del tutto assurda. Conan era un bambino di sette anni, e lui, ora, era un ragazzo quasi maggiorenne.

Nessuno parlò per qualche secondo. Poi, Akai sorrise.

“Devo ammettere di non essere poi così stupito. Eri troppo sveglio per la tua età. E troppo interessato all’Organizzazione. E così, ti è toccata la stessa sorte di Sherry?”

“Si chiama Ai.” Rispose Shinichi, non sorprendendosi che Akai avesse capito tutto in meno di un minuto. Era davvero sveglio e dotato di un intuito infallibile: Shinichi doveva ammettere che loro due avevano molte cose in comune.

“In realtà, si chiama Shiho. E credo che appena mi vedrà, ci sarà un agente dell’FBI in meno sulla faccia della terra.” Disse Akai. La sua voce era ironica, il suo sguardo era tranquillo come sempre.

Shinichi sorrise. Anche in questo, si trovava d’accordo con il suo amico.

“Ti ho portato alcuni dei miei vestiti, come mi hai chiesto.”

 “Grazie, Akai, ma ora non c’è tempo.”

L’uomo non sembrò preoccupato.

“Capisco. Beh, allora raccontaci la storia dall’inizio e vediamo un po’ cosa hai in mente.”

Shinichi si sedette accanto al dottor Agasa e iniziò a parlare. Iniziò da quella sera al Luna Park, quando, spinto dalla curiosità, aveva visto qualcosa che non doveva vedere. Raccontò di come l’APTX, invece di ucciderlo, l’avesse fatto rimpicciolire. Poi narrò dell’incontro con Ai, di quando all’hotel di Haido l’Organizzazione non era riuscita a farla fuori, raccontò tutto quello che c’era da raccontare, senza che nessuno lo interrompesse, tutto, fino alla sera precedente. Tralasciò solo una cosa: e cioè, l’incontro con Akemi Miyano in punto di morte. Quello no, non era il caso di raccontarlo. Per lo meno, non di fronte ad Akai.

Quando finì di parlare, calò il silenzio sulla sala. Il dottor Agasa non aveva particolari idee da proporre, l’agente Camel non sembrava aver compreso tutto nei minimi dettagli. Solo Akai lo fissava, con un velo di ammirazione negli occhi.

 “Mi stupisci sempre di più, ragazzino. Immagino che tu abbia già pensato a qualcosa.”

Shinichi sorrise: “ Ho pensato a qualcosa, sì, ma non ne sono ancora del tutto convinto. Di sicuro non possiamo accompagnare Ai né spiare direttamente il colloquio che avrà con Gin.”

“Una cosa è sicura.” Lo interruppe Akai, “ Non appena Sherry uscirà di qui, questa casa salterà in aria.”

“Ma noi usciremo prima di lei.”

“E come vorresti fare? Se uscissimo tutti e cinque in macchina, noterebbero uno di noi due. ”

“Tu ti nasconderai nel bagagliaio, come hai fatto prima. Io, cercherò riparo sotto i sedili posteriori. Non dovrebbero vederci. Jodie ha detto che qualcuno ci sta controllando dal tetto di casa mia. Uscendo dal garage, diamo le spalle alla mia abitazione. Vederci è praticamente impossibile.”

“Come vuoi. E a questo punto? Credo che ci faranno pedinare.”

“Io non penso, il loro obiettivo è Ai. Lei resterà vicino ad una finestra, in bella vista. Penseranno che ha abbia detto al dottor Agasa e ai suoi amici di allontanarsi, per proteggerli.”

 “Comunque sia, il signore qui di fronte ha le ora contate. Non aspetteranno molto ad eliminarlo.” Disse, rivolgendo lo sguardo al dottor Agasa, il quale si sentì gelare il sangue nelle vene.

“Io invece penso che esiteranno, eccome.” Disse Shinichi, sicuro di sé. “Credo che abbiano bisogno di Ai per un qualche lavoro. La conoscono meglio di me, e sanno che si rifiuterà di collaborare se non avrà la certezza che il dottore e i suoi amici siano vivi. Poi, una volta terminato il lavoro, allora.. beh, allora tutti noi avremo le ore contate. Ma abbiamo abbastanza tempo per elaborare un piano. Se Ai riesce a guadagnare qualche giorno, potremmo riuscire a tender loro una trappola.”

“Sarà impossibile mettersi in contatto con lei. La controlleranno.”

“Sì, ma abbiamo Kir dalla nostra parte. Di lei si fidano.”

Ormai solo Akai e Shinichi parlavano. Gli altri tacevano, osservando i due che ribattevano colpo su colpo le loro reciproche affermazioni. L’uomo era tranquillo, come suo solito, ma si poteva leggere una certe dose di fermezza nei suoi occhi. La fronte corrucciata confermava che non era immune alla tensione del momento. Il ragazzo era assorto. Continuava ad alzarsi e poi a risedersi. Ad un certo punto, aveva preso un foglio di carta, l’aveva appallottolato e aveva iniziato a palleggiarci come se fosse un pallone da calcio. Gesto del tutto inusuale, per chi non lo conosceva.

I quattro uomini restarono così, in silenzio, in attesa dell’arrivo di Shiho e Jodie. Solo allora avrebbero dato inizio alle danze.

 

---  ----   ----   ----  ----

 

Al piano di sopra, nel frattempo, Jodie stava aiutando Shiho a cambiarsi. Le aveva portato i vestiti, come Conan le aveva chiesto, e, soprattutto, le aveva portato quello strano reggiseno su cui il ragazzo aveva tanto insistito.

Ed era proprio quello che adesso Jodie le stava allacciando.

“E così, Shinichi ti ha proposto di inserire un microfono e un GPS nei gancetti del reggiseno. Che razza di idea!” aveva esclamato Shiho, non appena Jodie gliene aveva parlato.

“E’ un’idea geniale. Non credo proprio che qui potrà vederlo qualcuno.” Disse Jodie, allacciandolo e assicurandosi che tutto fosse a posto.

L’agente dell’FBI, seduta sul letto, osservava la ragazza cambiarsi. Le idee di Shinichi erano certo geniali, ma il vero genio, l’unica mente davvero al di fuori dal normale, era quella della diciottenne che le stava di fronte. Già, Shiho Miyano aveva solo diciotto anni. Era una ragazza giovanissima, non ancora in età da università, e aveva già creato un farmaco capace di rimpicciolire le persone. O di ucciderle. Senza contare che, solo con le sue forze, era riuscita a trovare un antidoto. Davvero incredibile. Jodie pensò quanto potesse servire al mondo un cervello come il suo.

“Cosa ti piacerebbe fare da grande, Ai?” le chiese, quasi senza accorgersene. I suoi pensieri avevano parlato per lei.

Shiho si girò a guardarla, un po’ stranita, mentre si infilava i jeans.

“Non so se per me ci sia un futuro, Jodie. Può essere che non veda l’alba di domani: non ti sembra un po’ eccessivo chiedermi cosa voglio fare da grande?”

“Scusami.” Rispose lei, mortificata. Capì che non avrebbe mai dovuto porle una domanda simile. Osservò la ragazza mentre si pettinava i capelli. Era lei la sorella di Akemi Miyano, la ragazza con cui Akai era stato fidanzato. E di cui, probabilmente, Akai era ancora innamorato. Jodie sentì un dolore al cuore. Era la seconda volta, in due giorni, in cui si rendeva conto di quanto Akai le piacesse. Ma doveva smetterla di pensare a quelle sciocchezze! Ora bisognava solo pensare alla vita di quella ragazza bruna.

“Medicina.”

Jodie si riscosse di colpo dai suoi pensieri. Shiho la stava guardando con due grandi occhi azzurri e malinconici.

“Medicina.” Ripeté, posando la spazzola sul comodino. “Mi piacerebbe studiare medicina e diventare una ricercatrice.”

Jodie sorrise. Poteva percepire tutta la tristezza del mondo nel viso della ragazza.

“Hai la stoffa giusta per diventare una grande ricercatrice. Sarai un futuro premio Nobel!”

“Vorrei solo riuscire a salvare più persone di quelle che ho ucciso.”

Shiho si era avviata verso la porta, e teneva la mano ferma sulla maniglia. Jodie poteva vedere le sua dita tremare leggermente.

“Vedrai, realizzerai il tuo sogno. Andrà tutto bene, Shiho.”

“Lo spero.”

Jodie le si avvicinò, passandole un braccio intorno alle spalle.

“Hai paura?”

“No. Sto facendo la cosa giusta. Ora,  non ho paura di trovarmi davanti loro. Ho paura di tornare a fare qualcosa che non voglio fare. Preferirei morire, piuttosto che ritornare a creare veleni per quella gente.”

“Non accadrà. Vedrai, non accadrà. Cattureremo quei bastardi.”

Le dita di Shiho continuavano a tramare. Si voltò a guardare Jodie, e le sorrise. Aveva gli occhi lucidi.

“Grazie, agente. Farò del mio meglio, questa sera. Ma ci tengo a ringraziarla per tutto quello che ha fatto per me.”

Le sue parole suonavano come addio. Jodie non voleva crederci, non poteva davvero finire così. La abbracciò forte:

“Certe cose non devi nemmeno pensarle. Ora scendiamo, gli altri ci stanno aspettando.”

Scesero le scale velocemente. Shiho non poteva fare a mano di pensare a cosa stava andando incontro. Continuava a ripetersi mentalmente che doveva mantenersi calma. Se non voleva che i suoi amici rischiassero la vita, avrebbe dovuto fare tutto ciò che Gin le avrebbe chiesto. Respirò a fondo, cercando di fermare il tremolio che si era impossessato delle sue dita. Accidenti, era accaduto tutto così in fretta. Fino all’altro ieri non aveva ancora completato l’antidoto, viveva come una tranquilla bambina e.. La sua mente andò in black out quando arrivò in soggiorno, dove gli altri la stavano aspettando. Sul divano, accanto ad un uomo che doveva essere il complice di travestimento di Jodie, sedeva una persona. Capelli corti, berretto che arrivava quasi fino agli occhi. Sguardo tranquillo, spalle appoggiate sullo schienale. Gambe accavallate, braccia incrociate. Non aveva alcun dubbio. Era lui.

Shinichi le stava parlando, ma lei non lo sentiva. Aveva gli occhi fissi su di lui, occhi increduli e sbarrati.

Jodie la stava scuotendo, ma il suo corpo non reagiva. Doveva essere impallidita. Sudava freddo.

Era come essere in una bolla di sapone. Non capiva nulla di ciò che le accadeva intorno, non vedeva nulla tranne una cosa: lui.

Sentiva la rabbia crescerle dentro. Una rabbia enorme, incontrollabile. Strinse i pugni tremanti. Quando lui si girò a guardarla, la bolla di sapone esplose. Non riuscì a controllare la rabbia. Mosse qualche passo fermo e incerto allo stesso tempo, le gambe traballanti e strette nei jeans a sigaretta a cui non era più abituata. Si fermò davanti a lui.

Tu…” iniziò, indicandolo. L’uomo si era alzato. La fissava con i suoi due occhi a mandorla, uno sguardo strano e indecifrabile. Stava scrutando il suo viso, i suoi lineamenti, forse nella speranza di rivedere quelli di qualcun altro. Ma Akemi e Shiho non si somigliavano. Erano sempre state diverse.

“Tu..” ripeté sibilando. Poi, la sua voce esplose: “E’ tutta colpa tua! Tutta colpa tua se lei è morta! L’hai uccisa tu, hai ucciso tu mi sorella, bastardo! Come hai potuto scappare senza di lei??! Lei ti amava.. mi fai schifo!”

Aveva iniziato a piangere. I suoi pugni tremanti e privi di forza colpivano Akai in pieno petto.

“Ai! Ai, calmati ti prego!” esclamò Shinichi, mentre cercava di allontanarla. L’aveva abbracciata da dietro, nel tentativo di separarla da Akai.

“Lasciami stare Shinichi! Io lo odio, lo uccido! E’ tutta colpa sua se Akemi è morta!”

L’aveva fatto. Aveva pronunciato il nome della sorella. Akai sentì una fitta al cuore, ma il suo sguardo rimase imperturbabile.

“Tu lo sapevi!” continuava imperterrita Ai, cercando di divincolarsi dall’abbraccio di Shinichi e continuando a indicare l’uomo che le stava di fronte, “Tu lo sapevi che l’avrebbero uccisa! E te ne sei fregato.. l’hai usata solo per i tuoi scopi e, non appena non ti è più servita, l’hai buttata via come un sacco della spazzatura! Sei uno stronzo!”

Shiho parlava senza più controllo. Urlava, inveiva, e nessuno riusciva a fermarla. Shinichi e Camel, a viva forza, riuscirono ad allontanarla dal suo bersaglio. Jodie non poteva  muovere un solo dito, o forse non voleva: capiva perfettamente la rabbia di quella ragazza. Fissava Akai come una statua di pietra. Il dottor Agasa cercava di raccapezzarsi, ma faceva fatica a comprendere la conversazione.

“Lasciatela stare.”

Akai aveva pronunciato quella frase con tono freddo e imperioso. Non ammetteva repliche. Camel si allontanò da Shiho, mentre Shinichi continuava a tenerla stretta a sé.

“Non vedi che è sconvolta? Come posso lasciarla stare?” gli chiese il ragazzo.

“Lasciala stare, ho detto.”

Akai si era avvicinato. Era di fronte a Shiho, faccia a faccia. La guardò negli occhi, e nello sguardo furioso e appannato dalle lacrime della ragazza rivide per un attimo Akemi. Scostò Shinichi con un braccio e si rivolse ad Ai, che ora non urlava più, ma lo guardava con due occhi infuocati.

“E va bene, Shiho. Fai come vuoi, allora.”

Estrasse la pistola dai pantaloni e la porse alla ragazza: “Uccidimi, se credi sia questo che Akemi voglia.”

Nessuno si muoveva. Shiho era immobile, sentiva il peso della pistola fra le mani. Avrebbe potuto premere il grilletto, fare giustizia almeno in parte. Ma a cosa sarebbe servito? Sentiva su di sé lo sguardo ansioso di Shinichi.

Lei non voleva più fare del male a nessuno. E di sicuro, non era quello che Akemi avrebbe voluto.

Gettò la pistola per terra.

“Non nominare Akemi in mia presenza.” Disse decisa, “E io non voglio il tuo aiuto.”

Si sedette sul divano, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. Shinichi le si era avvicinato e le aveva stretto la mano, facendole poggiare la testa sulla sua spalla e accarezzandole i capelli.

Guardandoli, Akai non poté fare a meno di pensare ad Akemi. Akemi che piangeva, mentre gli rivelava di aver capito da tempo il suo piano, ma di aver continuato a frequentarlo lo stesso. Akemi che gli diceva che lo amava e lo avrebbe amato, qualsiasi cosa fosse successa.

Guardandoli, giurò a se stesso che avrebbe protetto Shiho, a costo della vita: era quello ciò che Akemi avrebbe voluto. Non si accorse che Jodie aveva raccolto la sua pistola e gliela stava porgendo. Non si accorse che Jodie avrebbe voluto prenderlo per mano, ed appoggiare il capo sulla sua spalla, proprio come Ai aveva fatto con Shihichi. Non si accorse che c’era un donna, accanto a lui, che lo amava come non aveva mai amato nessuno in tutta la sua vita.

 

 

Chiedo perdono per il ritardo, ma tra una cosa e l’altra sono riuscita a postare solo oggi! Chiedo inoltre perdono a tutti coloro che volevano in questo capitolo il confronto Shiho-Gin ! Mi spiace, dovrete attendere il prossimo.. ho voluto dedicare un intero capitolo a Shiho e a Shiho-Akai.. mi sembrava giusto così =) Spero vi sia piaciuto!

Prima di dimenticarmene, preciso subito una cosa: non amo inserire parolacce nelle mie storie (c0me avrete capito, almeno penso), ma in questo caso l’aderenza al vero ha prevalso! Mi spiego meglio: quando scrivo, mi immedesimo totalmente nel personaggio che sto facendo agire e parlare. Ora, io, al posto di Ai, quello “stronzo” penso che l’avrei detto.. Solitamente non dico parolacce, però quando siamo arrabbiati scappano a tutti no? In ogni caso, mi scuso se ho infastidito qualcuno!

Passo subito ai ringraziamenti! Per avermi allietato questi odiosi pomeriggi pieni di compiti con le loro recensioni, ringrazio Aya_Brea  Alexia_Chan  Kishra infernapenergy Yume98 shinichi e ran amore izumi_ _Neutron star collision_ e floravik! =) Grazie grazie grazie!

Ringrazio tutti coloro che hanno la storia tra le preferite, cioè floravik infernapenergy I_Am_She Kuroshiro shinichi e ran amore Shinky Rozen Maiden Yume98 e _Neutron star collision =)

Poi, grazie Aya_Brea e Lilla95 che hanno la storia tra le ricordate e a tutti coloro che la seguono, cioè Aya_Brea  ciachan  infernapenergy  kurap  Kuroshiro  Leak_kaeL  Lilla95 Sweet96 YukariKudo2000 izumi_  Alexia_chan Crystal Mizuki

Quasi dimenticavo! Ringrazio Yume98 che mi ha inserito tra gli autori preferiti! Sei troppo buona!

Ma la verità è che siete TUTTI davvero fantastici! Mi date un sostegno immenso!!! Non credo di aver dimenticato nessuno nei ringraziamenti.. in caso contrario, siete autorizzati a protestare =)

Ok, la smetto di parlare….

Spero di leggere qualche vostra opinione su questo capitolo! Grazie comunque anche solo a chi legge =)

Un bacione,

_Flami_

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Proposta ***


Gocce di Sherry

 

PROPOSTA

“Oh,oh,oh, It’s time to move!”

La voce di Vermouth raggiunse l’orecchio di Gin in meno di un secondo, e, altrettanto velocemente, si diffuse nella macchina dove Vodka stava fumando una sigaretta.

“Che è successo?” aveva risposto l’uomo dai capelli biondi. Stava appoggiato al muro del magazzino da più di un’ora. Erano le dieci, mancava ancora tempo. Ma qualcosa gli diceva che Sherry sarebbe arrivata in anticipo. Si guardò intorno. Chianti era davvero ben nascosta, da quella posizione lui non poteva vederla. Korn, invece, controllava l’ingresso della via. Non era arrivato nessuno: Sherry, forse, aveva davvero tenuto la bocca chiusa.

“La macchina degli amici del vecchietto sta uscendo dal garage. Vediamo un po’.. ci sono i soliti due, mentre seduto dietro abbiamo il nostro amabile dottore. Non c’è nessun altro. Ma mi danno le spalle, non riesco ad esserne sicura. Stanno uscendo. Oh, guarda un po’..”

“Cosa hai visto?” a parlare, questa volta, era stato Vodka.

“La nostra Sherry è affacciata alla finestra. Sta guardando il suo amichetto andare via. Seguo la macchina?”

Gin rifletté qualche secondo: “No, lascia stare. Li possiamo rintracciare in ogni momento, non è un problema. Piuttosto, appicca il fuoco non appena Sherry esce. Elimina ogni possibile prova.”

“Come vuoi, Gin.” Rispose lei, la voce un po’ delusa, “Speravo in qualcosa di meglio.”

La conversazione si chiuse.

 

----    ----    -----    ----   ----

 

Dalla finestra della camera del dottor Agasa, Shiho poteva vedere i suoi amici allontanarsi. Si sentiva osservata: qualcuno la stava probabilmente spiando. Evitò di guardarsi intorno e richiuse la finestra. Erano da poco passate le dieci. Mancava ancora tempo, ma era meglio affrettarsi. Aveva intenzione  di raggiungere le vicinanze del luogo dell’appuntamento in autobus, per poi muoversi a piedi. Era sicura che Gin fosse già lì ad aspettarla. Calzò un cappello con la visiera, un paio di occhiali da sole e si avviò verso la porta. Non voleva che nessuno potesse riconoscerla: gli uomini dell’Organizzazione non avrebbero esitato a uccidere chiunque fosse entrato in contatto con lei. Quando richiuse la porta dietro di sé, sentì un macigno che le premeva sullo stomaco. Sapeva che non avrebbe mai più rivisto quella casa. Nessuno l’avrebbe mai rivista. Povero dottor Agasa, la sua casa sarebbe andata distrutta, e tutto per colpa sua! Shiho non poteva perdonarselo. Shinichi aveva portato con sé i dischi contenenti i dati sull’antidoto e sulle altre ricerche di Ai e del dottore, ma questo non bastava a darle pace. Provò a non pensarci, e ripose le chiavi in tasca.

Si incamminò. Sentiva ancora due occhi ben fissi su di lei, e quello sguardo invisibile le faceva attorcigliare lo stomaco. Chi la stava seguendo? Vodka? O forse Chianti, appostata sul tetto di un palazzo? O ancora Vermouth? Già, forse era proprio lei a fissarla con quei due occhi azzurri freddi come il ghiaccio. Quando svoltò, quella brutta sensazione svanì. Camminò ancora per un po’. Gli occhiali da sole le impedivano di muoversi agilmente: non vedeva quasi nulla, e doveva tenersi accostata ai lampioni per non sbattere da qualche parte. Chi passava vicino a lei, si girava a osservarla con curiosità. Jeans stretti, scarpe da tennis, t-shirt, viso nascosto da due occhiali da sole e da un capello con visiera ben calzato: che strana ragazza! Shiho poteva immaginare i loro pensieri. Passò accanto ad una fermata dell’autobus e fece per fermarsi. No, pensò poi, aspetterò alla successiva. C’era un posto che voleva rivedere. Camminando con passo lento ma deciso, passò davanti all’agenzia investigativa Mouri. Ecco, era arrivata. Alzò lo sguardo. Le luci era ancora accese. Una ragazza era affacciata alla finestra, lo sguardo malinconico perso nel vuoto. Era Ran. Istintivamente, Shiho fece per alzare la mano in segno di saluto. Che stupida, pensò subito dopo. Ran non la conosceva. Si sarebbe spaventata vedendo una ragazza sconosciuta con il volto completamente coperto che la salutava. Diede un’ultima occhiata alla porta davanti alla quale aveva aspettato Conan ogni mattina per mesi e mesi, e poi andò a sedersi alla fermata dell’autobus.  

La sua linea non tardò ad arrivare. Salì, timbrò il biglietto. Il mezzo non era molto pieno. Andò a sedersi in fondo, si rannicchiò nell’ultimo posto accanto al finestrino. Davanti a lei c’era una donna bruna che continuava a digitare messaggi, ma Shiho non sentiva il ticchettio dei tasti. Un anziano seduto dall’altra parte cadde cercando di avvicinarsi alle porte, ma Shiho non accorse ad aiutarlo. Un uomo le chiese se il posto accanto a lei era libero, ma Shiho non gli rispose. Una bambina continuava a dare ditate sul vetro, urlando che una casa nelle vicinanze veniva divorata dalle fiamme , ma Shiho non alzò lo sguardo per vedere la colonna di fumo che andava ad annerire il cielo.

 

 

Scese al capolinea. Era l’unico passeggero rimasto fino alla fine del tragitto. Il conducente la guardò stranito mentre lei usciva, ma non ci fece caso. Erano le undici e un quarto. In meno di un quarto d’ora sarebbe arrivata al luogo dell’appuntamento. Chissà cosa stavano facendo Shinichi e gli altri: probabilmente, erano nell’appartamento di Jodie, in silenzio, le orecchie tese a captare ogni minimo rumore proveniente dalla ricetrasmittente che avevano collegato al computer della donna.

“Sono quasi arrivata.” Mormorò Shiho, nella speranza che potessero sentirla.

Un gatto randagio le schizzò davanti. Fece un balzo indietro, spaventata. Non c’era anima viva, a parte quei felini neri che scorazzavano da un capannone all’altro. Era tutto abbandonato. Ricominciò a camminare, il calpestio delle suole sul cemento che le teneva compagnia. Quante volte aveva percorso quella strada con il cuore in gola. Era il suo luogo di ritrovo. Ognuno ne aveva uno all’interno dell’Organizzazione, e solo Gin conosceva quello di tutti i suoi sottoposti.  Si sentiva nuovamente osservata. Di sicuro, qualcuno stava controllando l’ingresso della via. Non si curò di accertarsene. Camminò fino all’ingresso del suo capannone. Tolse gli occhiali da sole e intravide la porsche nera di Gin parcheggiata in fondo al viale. Le sue possibilità di fuga in caso di bisogno erano pari a zero. Si fece coraggio ed entrò. La prima cosa che la colpì fu un forte odore di fumo. Sorrise. Lui era già lì.

“Avanti Gin, vieni fuori. So che sei qui. Facciamola finita con i giochetti.”

Sentì una risata provenire dal buio. Si girò, ma non riuscì a vedere nulla. Poi, ci fu qualche passo. Ancora nulla.

“Sveglia come al solito, Sherry.”

Le stava parlando dall’angolo opposto del capannone. La sua voce rimbalzava fra i scatoloni sparsi ovunque, fino a colpire le orecchie di lei.

“Solo tu fumi delle sigarette capaci di infettare l’aria di un magazzino intero.” Rispose acida.

Gin fece qualche passo avanti, stagliandosi nella flebile luce che proveniva dalle finestre sfasciate. Shiho lo fissò senza scomporsi: alto, capelli lunghi, mani in tasca, sigaretta in bocca. Non era cambiato per niente.

“Ti trovo in forma, Sherry.” Le disse, squadrandola da capo a piedi.

“Saltiamo i convenevoli. Che cosa vuoi?”

Gin scoppiò a ridere. La sigaretta gli cadde per terra, ma non ci fece caso. Continuava ad ardere vicino ai suoi piedi. Poi,  lui le si avvicinò.

“Ci tenevo a salutarti e a congratularmi con te. Sai, l’ultima volta che ti ho vista eri una bambina delle elementari che passeggiava tranquillamente in compagnia dei suoi amichetti.”

“Non nominarli.”

“Come sei scontrosa. Volevo solo farti i complimenti per aver trovato un antidoto all’APTX.”

Shiho era ferma, non si era mossa di un solo millimetro. L’uomo, invece, le camminava intorno con passi lenti. Ad un certo punto, si fermò dietro di lei. Con un dito,tastò il colletto della sua t-shirt. Shiho sorrise.

“Non ho alcun microfono addosso. Non sono così stupida da coinvolgere altra gente in questa storia.”

Sentiva il dito di lui sfiorarle la schiena lentamente. Si mordeva il labbro per trattenersi: avrebbe voluto strappargli di dosso la sua pistola e scaricargliela contro. Quando poi il dito di lui si fermò sul gancetto del reggiseno, sentì un vuoto allo stomaco. Raggruppò tutte le sue forze per rimanere calma. Non doveva insospettirlo. Alla fine, quell’odioso contatto cessò.

“Proverò a fidarmi. Ma sai bene cosa succederà se mi racconterai qualcosa di sbagliato. Il primo della lista è il dottore,i bambini avranno qualche giorno di vita in più..” disse distrattamente, come se stesse parlando di una partita di bowling e del suo strike vincente.

“Non dire altro!” esclamò Shiho, “Farò quello che volete.”

“Così mi piaci.” Affermò, facendo tornare gelida la sua voce.

“Cosa vuoi da me?”

“Ho una proposta da farti. Ti rivogliamo con noi, Sherry.”

La ragazza non riuscì a credere alle sue orecchie. No, non poteva essere vero. Di sicuro era una trappola. L’Organizzazione non perdonava i traditori.

“Perché dovrei crederti?”

Gin si appoggiò al muro, vicino all’entrata. La sigaretta continuava a bruciare, dimenticata, per terra.

“Vedi, quando sei riuscita a scappare abbiamo cercato qualcuno che potesse sostituirti. Era un’eredità difficile, la tua. Alla fine riuscimmo a trovare uno scienziato che credevamo degno di assumere il ruolo che era stato tuo. Dopo poco tempo,scoprii la maniera in cui eri riuscita a fuggire: ingerendo l’APTX e rimpicciolendo il tuo corpo. Incominciai a capire che la tua mente è geniale, Sherry, e che nessuno avrebbe potuto sostituirti. Comunque sia, gli ordini erano di farti fuori, e io dovevo eseguirli. Ho continuato a darti la caccia. Nel frattempo, il dottorino con cui ti avevamo sostituita ci ha tirato un brutto scherzo. E proprio ieri sera.. beh, come dire, Vodka gli ha dato un biglietto di sola andata per l’inferno.”

“Siete dei mostri.” Commentò Shiho.

Gin la ignorò: “Tenevamo sotto controllo il tuo computer, e così scoprimmo che stavi lavorando all’antidoto per l’APTX. Ho aspettato che lo completassi per contattarti. Voglio che tu ritorni a lavorare per noi. Nessuna mente può essere paragonata alla tua. Mi spiace dirlo, ma sei insostituibile.”

Gin fissava Shiho con occhi gelidi, in attesa di una risposta.

-Come se potessi scegliere.- pensò la ragazza.

Restò ancora qualche minuto in silenzio. La sigaretta si era consumata quasi del tutto.

Tornare a lavorare per l’Organizzazione? Era l’ultima cosa che avrebbe voluto. Ma doveva mettere al primo posto la sicurezza dei suoi amici. Per lei, ora, erano la cosa più importante.

“E va bene, ci sto. Ma ad una condizione.”

“Sentiamo.”

“Lasciate stare  i miei amici.”

Gin sorrise sprezzante: “Ci chiedi troppo Sherry. Non credo che tu sia nella condizione di trattare.”

“Invece sì. Se saprò che avete torto anche un solo capello alle persone che sono venute in contatto con me, allora mi rifiuterò di collaborare. Userò ogni mezzo. Anche togliermi la vita, se necessario.”

La voce e lo sguardo erano determinati. Parlava sul serio.

“Per il momento, li lasceremo stare. Ma fai un passo falso, e sono tutti morti.”

Shiho sentì un brivido correrle lungo la schiena. Annuì.

“Datemi un appartamento e un laboratorio e farò quello che volete.”

Gin le si avvicinò.

“Vedo che ci intendiamo, Sherry.”

Si fece ancora più vicino. La sigaretta per terra era ormai ridotta all’osso.

Shiho non gli staccava gli occhi di dosso, osservava ogni suo più piccolo movimento. Le si avvicinò talmente che poteva sentire il suo respiro. L’odore sprezzante della nicotina le perforò le narici. Gli occhi gelidi di lui la immobilizzavano. Improvvisamente, sentì qualcosa di freddo che le premeva sul collo. Gin sorrideva.

“E ora, sogni d’oro, mia dolce Sherry.”

Ebbe l’impressione che una spina le si conficcasse nel collo. Qualcosa la stava pungendo. Poi, gambe e braccia si fecero molli, incapaci di reggerla. Cadde a terra. Le palpebre erano pesanti, per quanto si sforzasse non riusciva a tenerle aperte.

L’ultima cosa che vide fu la sigaretta ormai del tutto spenta.

 

 

E siamo arrivati al decimo capitolo! =) La storia in totale è composta di 17 capitoli, per cui abbiamo ormai superato la metà!

Finalmente, ecco l’incontro Shiho-Gin.. spero vi sia piaciuto, ho provato a renderlo nel miglior modo possibile.. Mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate! =)

Passo subito a ringraziarvi! Per le loro bellissime recensioni, ringrazio izumi_ Aya_Brea Alesaphi24 floravik Yume98 shinichi e ran amore Alexia_Chan Kishra _Neutron star collision_ … dire che le vostre recensioni mi rendono felice non basta per descrivere ciò che provo ogni volta che leggo un commento! Grazie grazie grazie e ancora grazie!

Un ringraziamento poi a chi ha la storia tra le seguite, cioè Alesaphi24 Aya_Brea  ciachan  infernapenergy  kurap  Kuroshiro  Leak_kaeL  Lilla95 Sweet96 YukariKudo2000 izumi_  Alexia_chan Crystal Mizuki _kid_ !

Ringrazio inoltre  tutti coloro che hanno la storia tra le preferite, cioè floravik infernapenergy I_Am_She Kuroshiro shinichi e ran amore Shinky Rozen Maiden Yume98 e _Neutron star collision =)

Poi, grazie Aya_Brea e Lilla95 che hanno la storia tra le ricordate =) e grazie a shinichi e ran amore per avermi aggiunta tra gli autori preferiti <3

Aggiornerò il prima possibile, devo solo ricontrollare un paio di cose del prossimo capitolo!

Un bacione,

_Flami_

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Risveglio ***


Gocce di Sherry

 

RISVEGLIO

“Deve averla addormentata.”

Shinichi era seduto davanti al computer. Avevano ascoltato l’intera conversazione, e le parole di Gin non avevano fatto che confermare le sue ipotesi. Aveva sospettato che l’Organizzazione avesse contattato Ai per qualche lavoro, ma non avrebbe mai immaginato che Gin le chiedesse di tornare definitivamente tra loro. Si voltò per capire se Akai fosse stupito quanto lui, ma l’uomo si manteneva impassibile. Anzi, aveva stampato in faccia quel suo strano sorrisetto che sfoderava ogni volta che le cose prendevano una strana piega. Il volto di Jodie era, invece, molto più angosciato: sentiva addosso tutta l’importanza  della missione e si rendeva conto che, quella volta, avrebbero potuto centrare il bersaglio. Bisognava agire con cautela, predisporre tutto e poi sparare un solo colpo, dritto al cuore dell’Organizzazione.

“Silenzio.” Intervenne James Black, “credo siano saliti in macchina.”

Black aveva ragione. Dopo qualche secondo, sentirono nuovamente una voce. Shinichi la riconobbe subito: era la voce di Vodka.

“Tutto a posto, capo?”

“Richiama Chianti e gli altri. Andiamo via da qui.”

“Agli ordini, capo. Vermouth ha già lasciato la sua postazione.”

Gin non rispose a quest’ultima affermazione. Cadde di nuovo il silenzio sulle casse del computer di Jodie.

“Se la portassero nell’appartamento a lei destinato, sarebbe un gioco da ragazzi tender loro un agguato. Con il GPS risaliremo al luogo.” Disse Camel, sicuro di sé.

Akai scosse la testa: “Non sono così stupidi. La porteranno da qualche parte, la faranno cambiare da capo a piedi e poi la trasferiranno. Io, al loro posto, agirei così.”

“Bisogna mettersi nei loro panni per capire ciò che faranno. Akai ha ragione, non credo che sarà tutto così semplice.” Intervenne Jodie.

“Tu cosa ne pensi, Shinichi?” chiese Akai.

Il ragazzo non rispose subito. Fissava lo schermo del computer, non staccava gli occhi da quella pallina colorata che si muoveva per le vie della città. La Porsche 356 A di Gin si stava dirigendo verso il quartiere di Ota-ku, procedendo a velocità regolare nelle strade ormai semideserte della città. Era l’una e mezza di notte. Ormai anche la metropoli più vasta del Giappone si stava pian piano addormentando.  

“Seguite il loro tragitto.” Si limitò a rispondere Shinichi.

“Vanno ad Ota-ku..” disse Camel, non trovando il nesso logico tra il loro problema principale e il quartiere di Ota-ku.

Ci pensò l’agente Jodie a chiarire le idee: “Ma certo! Ota-ku! E’ il quartiere dove abita Rena!”

“Esattamente.” Confermò Shinichi, sorridendo, “il che vuol dire che, molto probabilmente, la stanno portando da lei. Si fidano di Rena. Lei potrebbe essere il nostro asso nella manica.”

Il puntino rosso nello schermo del computer si fermò.

-Ci siamo- pensò Shinichi, leggendo il nome della via. Era proprio il luogo dove abitava Rena. Che fortuna sfacciata! C’era solo una cosa che lo preoccupava. Qualcosa gli diceva che Gin non avrebbe facilmente tolto gli occhi di dosso alla sua amica. Povera Ai! Se la immaginò lì, addormentata, riversa sui sedili posteriori di quella maledetta Porsche nera.

No, non doveva pensarci. Doveva mantenersi lucido. L’emotività era la prima nemica di un detective. Non sarebbe servito a nulla farsi trascinare dai sentimenti.

“Aspettami qui, non ci metterò molto.”

La voce di Gin aveva nuovamente fatto capolino nella sala. Tutti rimasero in ascolto.

Si sentì il rumore di uno sportello che si apriva, poi il rumore di uno sportello che si chiudeva, poi un altro sportello aperto, un fruscio, uno sportello chiuso, il tintinnare di un mazzo di chiavi, il rumore di una porta sbattuta. Passi pesanti, di nuovo tintinnare di chiavi, il rumore di una serratura che scatta.

Shinichi chiuse gli occhi e lasciò che quei rumori guidassero la sua immaginazione. Poteva vedere tutto. Gin che apriva lo sportello e lo richiudeva dietro di sé. Gin che apriva lo sportello posteriore, prendeva in braccio Shiho, richiudeva lo sportello. Gin che estraeva un mazzo di chiavi, spalancava il cancello del dell’abitazione, Gin che camminava con passi pesanti, Shiho ben stretta in braccio, Gin che apriva la porta della casa.

Ecco ci siamo.. ora qualcuno avrebbe parlato..

I sospetti di Shinichi furono confermati. Si sentì una voce femminile.

“Sei in anticipo.”

Gin non calcolò l’osservazione della donna: “Occupati di lei per questa notte. Domani sera passerò a prenderla. Assicurati che non abbia alcun microfono addosso e se ce l’ha, eliminalo. Non fare passi falsi, Kir.”

La donna rispose prontamente: “Non preoccuparti, lascia fare a me.”

La porta sbatté di nuovo. Poi, non si udì più alcun rumore.

 

----    ----   ----   ----   ----

 

Gin salì in macchina. Per quella notte, il lavoro era concluso. Si accese una sigaretta, la sua immancabile compagna di viaggio. Non aveva più voglia di pensare a nulla. Per una volta nella sua vita, si sentiva stanco anche lui.

“E così, l’hai portata da Kir. Avevi detto che non c’entrava nulla con questa operazione.”

L’uomo dai capelli biondi trasalì. Una voce proveniva dai sedili posteriori della macchina. Non si girò per controllare chi fosse. La conosceva fin troppo bene quell’odiosa voce femminile.

“Che ci fai qui, Vermouth?”

La donna fece spallucce, e si lasciò andare sullo schienale del sedile: “Sai com’è, qualcosa mi diceva che avresti portato qui Sherry. Sai che non mi sono mai fidata di te, Gin.”

Poi, appoggiò i gomiti sullo schienale del sedile anteriore e bisbigliò all’orecchio dell’uomo: “Sai, è inutile raccontare bugie alle donne. Loro sanno sempre quando un uomo mente.”

Quella voce che sarebbe suonata sensuale alle orecchie di qualsiasi uomo, faceva invece perdere la pazienza a Gin. Inutile, non la sopportava. Ma doveva trattenersi, dato che era la preferita del capo. Non rispose alla provocazione della donna e giurò a se stesso che, al suo primo passo falso, le avrebbe piantato una pallottola in testa.

“Perché non l’hai affidata a me, Gin? Sai che l’avrei trattata con i guanti.” Disse con una punta di sarcasmo nella voce.

“Capo, in realtà anche io penso che Kir non sia la persona più adatta per..” iniziò Vodka, un po’ titubante.

“Fate silenzio.”

La voce di Gin era perentoria. Vodka si zittì immediatamente. Ma la donna bionda no, non aveva paura di nessuno e soprattutto dell’uomo che le sedeva davanti.

“Avanti, perché non ci racconti cosa hai in mente.”

Gin la prese in controtempo: “Perché non ci racconti cosa hai in mente tu, Vermouth? Qualcosa non mi convince nel tuo comportamento. Potrai ingannare gli altri, ma sai che io non mi faccio facilmente prendere in giro.”

La macchina intanto aveva cominciato a muoversi, procedevano velocemente per le vie della città, allontanandosi dal quartiere di Ota-ku.

Uff, parlare con te è sempre così poco eccitante. Accosta, Vodka. Ho parcheggiato la mia moto qui vicino. La notte è ancora giovane, e non ho certo intenzione di passarla con due come voi.” Disse, con tono sprezzante.

“Falla scendere, prima che perda la pazienza.”aggiunse Gin.

Vodka non poté far altro che accostare. Vermouth scese con fare seccato, senza nemmeno salutare.

Prima di chiudere dietro di sé lo sportello, si limitò a dire: “Ho intenzione di combattere la mia battaglia, Gin.”

 Si avviò con la sua camminata lenta e provocante dalla parte opposta rispetto a quelle in cui stavano procedendo. Si muoveva agilmente sui suoi tacchi alti, i capelli che fluttuavano ad ogni passo. Gin la guardò dallo specchietto retrovisore finché non divenne solo un puntino nel buio. La sua battaglia, eh? Cosa aveva intenzione di fare?

“Capo, qual è il piano?” chiese Vodka, ora che l’assenza di Vermouth aveva nuovamente rilassato l’atmosfera.

“Voglio vedere come se la cava Kir. Vermouth ha dei sospetti su di lei. Per quanto odiosa, quella donna ha buon fiuto. Vale la pena di controllare.”

“Capisco. Per quanto riguarda Sherry?”

“Le ho già trovato un luogo sicuro, lontano da orecchie ed occhi indiscreti.”

Vodka sorrise: “Hai sempre tutto pronto, capo.”

La macchina iniziò a sfrecciare a forte velocità per le vie della metropoli. Un puntino nero che schizzava da una parte all’altra, una nave impazzita in un mare di cemento. Nessuno avrebbe potuto vederli: le palpebre della città erano chiuse ormai da un pezzo.

 

----   ----   - ---    ----   ----

 

Una flebile luce entrava dalle tende appena scostate. Un dolce raggio di sole colpiva i suoi occhi ancora assonnati, e faceva pian piano riprendere conoscenza alla sua mente. Si voltò dall’altra parte e affondò la testa nel cuscino: no, non poteva già essere ora di alzarsi. Non aveva voglia di andare a scuola, quel giorno. Era troppo assonnata. Pensò che sarebbe rimasta a letto, sì, avrebbe finto di essere malata. Tanto tutte le cose che insegnavano nella sua scuola lei le conosceva già.

Si stropicciò le palpebre con il dorso della mano, ed aprì piano gli occhi. Una stanza che non conosceva le si presentò davanti.

Spaventata, si alzò a sedere. Guardò le sue mani: erano grandi.

Ricordò tutto di colpo. Che stupida, aveva creduto di essere ancora Ai. Di trovarsi ancora nella sua gabbia d’oro che era il suo corpo da bambina. Si guardò intorno, spaesata. Gin doveva averla addormentata. E ora, chissà dove si trovava.

Indossava un pigiama bianco non suo. Non aveva più il suo reggiseno. Improvvisamente un paura incontrollabile si impossessò di lei: cosa le era successo? Gin l’aveva forse scoperta? Dov’era il microfono? Dov’era Shinichi? Ora lui non poteva più sentirla. Si sentì persa.

“Ti sei svegliata.”

Shiho alzò lo sguardo. Una donna la stava ascoltando, appoggiata allo stipite della porta. Doveva essere una di loro. Che strano, eppure non sentiva alcuna particolare sensazione. Di fronte a lei non tremava, non le si mozzava il fiato, non sudava freddo. Ma era meglio mantenersi sulla difensiva.

“Chi sei?”

“Io mio nome è Kyr. Piacere di conoscerti, Sherry.”

La donna le stava sorridendo, mentre si raccoglieva i capelli in una coda di cavallo.

Kyr. Dove l’aveva sentito quel nome? Shinichi gliene aveva parlato.. ma certo, era l’agente della CIA infiltrato nell’Organizzazione. Shiho provò un leggero conforto, ma decise di non concedere subito la sua fiducia a quella sconosciuta. Sapeva bene che, per quanto combattessero per la giustizia, gli agenti della CIA o dell’FBI non giocavano sempre pulito: la fine di sua sorella Akemi ne era una prova.

Fece la finta tonta, e decise di continuare a mantenersi scostante.

“Io non ti conosco. Come sono arrivata qui?”

La donna ora si era seduta accanto a lei.

 “Tranquilla, puoi fidarti di me. Sono certa che tu sappia chi sono.”

Shiho annuì, continuando a fissarla.

“Ho trovato il microfono e il GPS nel gancetto del tuo reggiseno. Sei in contatto con l’FBI?”

Shiho non sapeva cosa rispondere. Poteva davvero fidarsi di quella donna? Si rese conto di non avere scelta. Se voleva riuscire ad uscire da lì, doveva dirle la verità e provare a credere alle sue parole.

“Non proprio.”

“Ho dovuto eliminare il microfono. Non potevo rischiare che fosse stato installato da Gin. Se sentisse quello che ci stiamo dicendo, entro stasera saremmo morte tutte e due.”

La voce di Kyr era decisa, risoluta.

“Non riesco a crederti. Mia sorella si è fidata di un agente dell’FBI, ed è stata uccisa.”

La donna le prese le mani tra le sue e la guardò dritta negli occhi. Due occhi azzurri che non ammettevano repliche.

“So cosa provi. Io ho perso mio padre in questa missione. Non potrei mai tradirti. Ma se tu non mi racconti tutto, io non posso aiutarti.”

Sembrava sincera.

“Va bene, mi fiderò di te. Ma promettimi che farai di tutto per lasciare i miei amici fuori da questa storia.”

“Te lo prometto.” La confortò Rena, annuendo.

Shiho iniziò a raccontarle tutto fin dall’inizio. In fondo, Kyr era un’agente della CIA: di sicuro poteva trovare una scappatoia più che convincente per riuscire a contattare Shinichi e gli altri. Non aveva scelta. Doveva fidarsi di lei.

 

 

 

Ecco l’undicesimo capitolo! Scusate per il ritardo, non ho avuto più tempo per rileggerlo e scrivere i ringraziamenti! =)  In questo capitolo ci sono un po’ tutti: Shinichi, i Mib, Shiho, l’FBI.. ho cercato di dare un po’ il quadro generale delle situazione! Spero di essere riuscita a rendere in maniera decente la prima parte, in cui ho descritto le azioni dei MIB tramite i microfoni dell’FBI.. =)

Comunque sia, non mi perdo in chiacchiere! Cosa che faccio sempre lo so..

Passo ai ringraziamenti! Rispondendo alla recensioni di Yume98, mi è venuta un’idea per rendere un po’ più originale questo spazio! Sarete più che stufi di sentirvi dire grazie.. per cui, ho deciso di utilizzare lingue diverse! Vediamo quanto siete poliglotti (io baro fin da principio, perché uso Google traduttore, lo ammetto), se volete potete provare a indovinare la lingua in cui vi ho ringraziati!

Partiamo da chi a recensito! Un grande salamat a chi ha recensito, cioè Ran Mouri _Neutron star collision_ shinichi e ran amore Yume98 CrystalMizuki Alesaphi24 izumi_ Kishra floravik Alexia_chan  Aya_Brea … siete stati in 11 a recensire.. non so davvero che dire, sono commossa *.*

Poi, un grandissimo tack a chi ha la storia tra le preferite, cioè floravik infernapenergy I_Am_She Kuroshiro shinichi e ran amore Shinky Rozen Maiden Yume98 e _Neutron star collision_  kurap  chyo !

Faleminderit  a Aya_Brea e Lilla95 che hanno la storia tre le ricordate e a chi ha la storia tra le seguite, cioè Alesaphi24 Aya_Brea  ciachan  infernapenergy  kurap  Kuroshiro  Leak_kaeL  Lilla95 Sweet96 YukariKudo2000 izumi_  Alexia_chan Crystal Mizuki _kid_ Black_Feath !

Io vi adoro, davvero! Esker A tutti!!!!!

Devo dire che alcuni di questi modi di dire grazie sono un po’ strani, per cui spero vivamente che il traduttore non abbia presto cantonate.. con questa speranza, vi  saluto!

Un bacione,

_Flami_

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Imprigionata ***


Gocce di Sherry

IMPRIGIONATA

La ruota del tempo sembrava aver smesso di girare. Erano trascorsi due giorni da quella fatidica notte, e tutto taceva. Il microfono e il GPS non davano alcun segnale di vita. Né Ai né Rena li avevano contattati. Che cosa stava succedendo?

Shinichi non poteva smettere di interrogarsi. Non era nel suo carattere starsene con la mani in mano. Non aveva previsto quei giorni di inesorabile attesa e lui non era abituato a non prevedere qualcosa. Questo inaspettata calma faceva smaniare ogni parte del suo corpo. L’inattività era la sua più acerrima nemica. Aveva il bisogno quasi fisico di concentrarsi su qualcosa, di risolvere un enigma, di far funzionare il suo cervello.

Si trovava nell’appartamento dell’agente Jodie, era da solo in casa. La donna era andata a fare un sopralluogo nel quartiere di Ota-ku, per controllare che tutto fosse normale. James Black e Andre Camel erano semplicemente andati a fare la spesa. Shuichi Akai si era invece volatilizzato quella mattina. Al loro risveglio, non l’avevano trovato in casa. Ma nessuno sembrava stupito più di tanto. Quando Shinichi aveva chiesto spiegazioni, Black gli aveva risposto che ogni giovedì mattina Akai spariva nel nulla. Non aveva mai voluto rivelare a nessuno di loro cosa facesse e, da parte loro, gli agenti non glielo avevano mai chiesto. Shinichi aveva notato come Jodie, ascoltando la sua domanda, avesse abbassato lo sguardo. Poi, si ricordò di colpo: giovedì era il giorno in cui Akemi Miyano era stata assassinata. Shinichi sapeva dove era andato Akai.

I suoi pensieri si spostarono poi su Ran. Non la sentiva da due giorni, da quel messaggio inviato in piena notte.

Ciao, Ran. Come stai? Ho voglia di sentire la tua voce, ma non posso chiamarti, ora. Sono implicato in un caso estremamente complicato e ti prometto che, non appena tutto sarà finito, tornerò da te. E allora sarà tutto come prima. Andremo a scuola insieme ogni mattina, e ti prometto che mi farò perdonare per tutte le volte che ti ho lasciata sola. Ora devo salutarti, ci risentiremo quando sarà tutto concluso.

 Ran io…non posso mentirti. Non posso non dirti che, questa volta, c’è la possibilità che io non torni più indietro. In questo caso, ti prego di non dimenticarmi mai, Ran. Ti voglio bene. Per sempre tuo, Shinichi.

Prese in mano il suo cellulare, rilesse l’ultimo messaggio ricevuto. Il messaggio che quella notte Ran gli aveva inviato.

Shinichi, non dirlo nemmeno per scherzo. Io ho fiducia in te, sei il migliore di tutti, sei l’unico che sosterrei sempre e comunque. Tu tornerai indietro, ne sono certa. E allora, ti prego, non andare più via. Non sopporto più di stare lontana da te. Risolvi il tuo mistero e torna presto Shinichi. Lo sai che non potrei mai dimenticarti. Ti voglio bene. Per sempre tua, Ran.

Quanto tempo ancora sarebbe passato prima di poterla risentire? Quanto tempo ancora avrebbe dovuto aspettare notizie da Rena o da Shiho? No, doveva agire, bisognava fare qualcosa. Doveva risolvere il suo mistero e tornare da Ran, come lei le aveva chiesto. E doveva aiutare Ai: glielo aveva promesso.

Decisamente, il suo cervello non sopportava più quell’inattività che lo stava intorpidendo da capo a piedi. Dannazione, non poteva accadere qualcosa?

Come se il cielo avesse accolto le sue preghiere, sentì che qualcuno stava aprendo la porta. Per fortuna, doveva esserci qualche novità in arrivo. Nella sala fece capolino Jodie. Erano passate tre ore da quando aveva lasciato l’appartamento: di sicuro, doveva aver ispezionato tutto il quartiere di Ota-ku.

“Agente Jodie! Ci sono novità?” chiese subito Shinichi, ansioso.

La donna si sedette accanto a lui, e iniziò a parlare: “Tutto normale. Rena doveva essere a casa, le finestre erano aperte e le imposte alzate. Ma non ho potuto avvicinarmi più di tanto, c’è il rischio che la casa sia controllata. Gli altri non sono ancora tornati?”

“No, ma tra poco dovrebbero essere di ritorno. Sono usciti subito dopo di lei.. mi scusi agente, ma cosa ha fatto alla gamba?”

Shinichi aveva notato il ginocchio leggermente scorticato della donna. Ricordava bene di non aver visto quel segno la mattina.

Jodie sorrise, con aria indifferente: “Niente, ho per sbaglio urtato lo sportello uscendo dalla macchina. E’ tutto a posto, sta tranquillo Shinichi.”

Il ragazzo, che si stava dirigendo verso la cucina per prendere un bicchiere d’acqua, si girò di scatto, fissando la donna dritta negli occhi.

“Che c’è?” gli chiese lei, notando la sua aria assorta.

“Niente, mi scusi. Mi sembrava che qualcuno stesse aprendo la porta. Devo aver sentito male!!” esclamò ridacchiando, ed entrando in cucina.

Shinichi non si sbagliava, c’era qualcosa che non quadrava. Sorrise. Finalmente, la sua mente aveva qualcosa su cui concentrarsi.

 

----   -----   ----   ----   ----

 

Le sue dita ormai digitavano solo per forza di inerzia. Aveva lavorato tutto il giorno, si sentiva un macigno pesarle sulla testa. E non erano passati neanche quattro giorni. Guardò l’orologio digitale che teneva sulla scrivania. Erano le undici.

Avrebbe fatto meglio a spegnere il computer e provare a dormire, ma c’era ancora qualcosa che doveva scoprire. Indubbiamente, lavorare per l’Organizzazione non le era mai piaciuto. Anzi, detestava creare strani farmaci e veleni per quei mostri. Ma la voglia di sapere che si impossessava di lei quando era ad un passo dal fare una nuova scoperta, era una sensazione indescrivibile ed insuperabile.

Si alzò per controllare la provetta che aveva lasciato dall’altra parte del laboratorio. Il liquido aveva reagito, cambiando colore. Era sulla strada giusta.

Continuando a fissare quel liquido dal colore verdastro, ripensò a quegli ultimi giorni. Aveva raccontato tutta la verità a Rena, la quale aveva promesso di aiutarla. Ma doveva avere pazienza, entrare subito in azione e mettersi in contatto con l’FBI poteva rivelarsi un passo falso. Bisognava agire con cautela.

Certo, con cautela. Ma quanto tempo le avrebbe rubato questa “cautela”? Quanti altri farmaci pericolosi avrebbe dovuto creare nel frattempo? Lei non voleva uccidere nessuno. Avrebbe voluto che le sue pillole fossero usate per il bene, non per il male. Ma alla fine, che differenza c’era? Tutti credevano di avere ragione in quella battaglia: non esistevano bene e male, ma solo modi diversi di pensare.

Ecco, allora poteva dire che lei avrebbe voluto usare i suoi farmaci secondo il suo modo di pensare. Agire individualmente, senza dover sottostare agli altri. Ecco cosa voleva: indipendenza.

Libertà. Sì, voleva la libertà. Che cos’è un essere umano senza libertà? Senza di essa, l’umana dignità non degenera forse nell’insensato istinto di una bestia? Via, voleva uscire da quella prigione. La sua mente aveva bisogno di essere libera, di sciogliere quei lacci che la tenevano fermamente legata all’Organizzazione. Era imprigionata all’interno del volere altrui. Che senso aveva vivere così?

Riappoggiò la provetta sul tavolo. Che stupida, non era quello il momento di fantasticare. Solo allora si accorse che nel laboratorio sotterraneo faceva un gran caldo. Aprì la porta, nel tentativo di far circolare l’aria. Poi, iniziò a camminare nuovamente verso il computer. La testa le girava vorticosamente. Oh no, la troppa stanchezza cominciava a tirarle qualche brutto scherzo. Cercò di avanzare fino alla sedia, ma le veniva da vomitare, le gambe non la reggevano più, i suoi occhi ormai percepivano solo macchie di colore. Stava per svenire.  Cadde sulle ginocchia. L’ultima cosa che sentì prima di perdere conoscenza, fu la presa ferrea di una mano sul suo braccio.

 

Quando si risvegliò, si trovava sdraiata sul divano del suo nuovo appartamento. Gin l’aveva portata lì tre giorni prima, dopo essere passato a prenderla a casa di Rena. Non sapeva minimamente dove fosse situato. Le aveva legato una benda sugli occhi per tutto il tragitto in macchina, e le finestre della sua abitazione davano su un piccola via a lei sconosciuta. Sapeva che, sparpagliati per tutta la casa, dovevano esserci almeno una ventina di microfoni. L’Organizzazione controllava ogni singolo secondo della sua vita.

Cercò di alzarsi a sedere, ma si sentiva ancora debole. Come aveva fatto ad arrivare fino al divano, al piano superiore rispetto al laboratorio? Cercò intorno a sé la risposta. Ma nella stanza non c’era nessuno. Annusò l’aria. Forte odore di fumo.

Con tutte le sue forze, si mise a sedere. Cercò di alzarsi, ma una voce la fermò:

“Non so quanto ti convenga camminare, Sherry. Non vorrei che tu svenissi di nuovo e non ho intenzione di salvarti una seconda volta. Sai com’è, non sono abituato a fare l’eroe.”

I suoi sospetti furono confermati. Gin. Doveva dargli le spalle, perché non riusciva a vederlo. Poco importava, si rimise sdraiata supina.

“Non ti aspetterai certo che io ti ringrazi.” Rispose sprezzante.

Sentì qualche passo. Quando riaprì gli occhi, vide Gin, in piedi dietro di lei. I gomiti appoggiati allo schienale del divano, la sua immancabile sigaretta in bocca.

“Cosa sei venuto a fare qui?”

“Ti controllo.” Rispose lui, prendendo la sua sigaretta fra le mani e buttando fuori il fumo. Non era solo per quello che era venuto. Poteva controllare ogni suo movimento grazie ai microfoni, ai sensori e alle telecamere che aveva installato. E questo Sherry lo sapeva bene. Ma aveva voglia di vederla, di parlare un po’ con lei. Sherry era il suo calmante dopo una giornata passata a dare ed eseguire ordini e, soprattutto, a controllare che quel bestione di Vodka non facesse passi falsi. Lei riusciva a rilassarlo più della sua sigaretta. Con quel suo modo di fare sprezzante e arrogante che nascondeva un carattere debole quanto quello della sorella, Sherry lo faceva divertire da matti. Doveva ammetterlo, gli sarebbe dispiaciuto e non poco se il capo gli avesse ordinato di ucciderla.

“Come procede il tuo lavoro?”

“Come se non lo sapessi. Ci saranno microfoni e telecamere in tutta la casa.” Rispose lei. Continuava a restare sdraiata. Non aveva ancora abbastanza forza per alzarsi.

Gin non rispose, continuava a fumare tranquillamente.

“Puoi smetterla di affumicare l’aria con la tua sigaretta? Sto soffocando.”

Il tono di voce della ragazza era alterato e deciso. Non sembrava affatto spaventata dalla sua presenza. Gin sapeva di incutere timore in tutti coloro che incontrava. C’erano solo due persone che, di fronte a lui, mantenevano un’aria sicura e altezzosa: Vermouth e Sherry. La prima era la donna più odiosa e patetica  che avesse mai conosciuto. La seconda, era davvero una ragazza particolare. Gin sapeva che, in fondo al suo cuore, Shiho tremava di paura al suo solo pensiero. Eppure mascherava bene i suoi sentimenti, richiudendoli in una corazza di sicurezza. Ed era quello che gli piaceva di lei.

Spense la sua sigaretta nel posacenere appoggiato sul tavolo, e rimase in piedi vicino al divano. Ora, Shiho si era messa a sedere.

“Senti un po’, Sherry. Ti dice niente il nome Shinichi Kudo?”

Vide la ragazza sbiancare. Bene, a quanto pareva aveva ottenuto due piccioni con una fava. Aveva levato via di dosso a Sherry la sua armatura di sicurezza, e aveva confermato i sospetti che Vodka gli aveva messo in mente.

“Non è quel ragazzo che hai ucciso quasi un anno fa?”

Sherry credeva forse di ingannarlo con quella voce titubante e insicura? Non ci sarebbe mai riuscita. Ma in fondo, perché non stare al suo gioco?

“Sì, mi riferisco proprio a lui. Tu hai confermato il suo decesso, ma ci sono alcuni punti oscuri in questa storia.”

“A cosa ti riferisci?”

“Perché non me lo spieghi tu, Sherry?”

“La mia opinione te l’ho già data. E’ morto.”

Gin camminò verso la finestra.

“Cosa mi dice che posso fidarmi di te?”

“Cosa mi dice che non mi ucciderai da un momento all’altro?” chiese di rimando la ragazza.

L’uomo si avviò verso la porta: “Hai le idee un po’ confuse, mia cara. Meglio se riposi un po’. Ci rivediamo presto, Sherry.”

Richiuse la porta dietro di sé e scese a passi lenti le scale. Quando salì sulla sua Porsche nera, si accese un’altra sigaretta. Sorrise, sicuro di sé. Tutto stava andando per il meglio. Sherry sembrava già a buon punto con le prime analisi, e Vodka per una volta nella sua vita gli aveva fatto venire l’intuizione giusta. Già, Shinichi Kudo poteva essere ancora vivo, poteva essere un bambino. Ricordava quando aveva visto Sherry, quella volta, davanti alla scuola elementare. Era in compagnia di quattro bambini. E, guarda caso, il bambino con gli occhiali somigliava molto a quel detective ficcanaso. E, sempre guarda caso, il giorno dopo il suo incontro con Sherry, nemmeno quel bambino si era presentato a scuola. Aveva mandato Chianti in giro per controllare se quel moccioso si aggirasse per le vie del quartiere di Beika, ma sembrava scomparso nel nulla. Gin non credeva nelle coincidenze. Ma credeva nella fortuna, sì, e quella volta lui ne aveva avuta. Qualcun altro, senza saperlo, stava svolgendo il lavoro per lui. Aveva seguito Vermouth quella mattina. E aveva capito cosa aveva in mente quella donna. Aveva capito quale fosse “la sua personale battaglia”. E quella battaglia lo avrebbe portato dritto da Shinichi Kudo senza un briciolo di fatica.

 

 

 

E siamo arrivati al capitolo dodici! Sì, dico proprio ARRIVATI, perché da sola, senza di voi, io non sarei proprio arrivata da nessuna parte! Voi mi sostenete con le vostre visite, i vostri commenti, mettendo la storia tra le preferite, le seguite, le ricordate. Non so davvero come ringraziarvi, siete fin troppo buoni=)

Passando al capitolo, devo confessare che personalmente la seconda parte Gin-Shiho mi ha abbastanza soddisfatta.. mi sembra venuta bene, ma a voi il verdetto finale! Mi piacerebbe molto conoscere il vostro parere! La storia d’ora in poi si complicherà un pochino, perciò non preoccupatevi se non capite tutto subito.. alla fine ogni cosa verrà svelata!=)

Passo subito a ringraziarvi!

Hvala a chi ha la storia tra le preferite, cioè: Aya_Brea cardcaptorvincy chyo floravik infernapenergy I_Am_She kurap Kuroshiro shinichi e ran amore Shinku Rozen Maiden Yume98 _Neutron star collision_! Vi voglio bene=)

Ovviamente, 感謝 (con questo vi metto in crisi, eh?) a Aya_Brea e Lilla95 che hanno la storia tra le ricordate e a Alesaphi24 Alexia_Chan Aya_Brea  BlackFeath ciachan CrystalMizuki Helen Black infernapenergy izumi_ kaze90 kurap Kuroshiro Leak_kaeL Lilla95 Scorpyon Sweet96 YukariKudo200 _kid_ che hanno la storia tra le seguite!

E ačiū a chi ha recensito, cioè cardcaptorvincy izumi_ Alexia_Chan floravik shinichi e ran amore _Neutron star collision_ Aya_Brea Alesaphi24 Yume98 e TammyTam (bel nick!)

Infine dzięki anche solo a chi legge=)

Un ultima cosa! Nello scorso capitolo ho scritto Kir con la y.. chiedo perdono per l’errore, ho fatto un po’ di confusione con tutte le versioni dei nomi di Hidemi! Grazie a Yume98, finalmente ho capito che i nomi giusti sono Kir e Rena! =)

Che altro dire, se non che vi adoro? Avete lasciato 100 recensioni a questa storia.. non sapete quanto questo mi renda felice! Siete i migliori lettori che avrei mai potuto desiderare=)

Non vi rubo altro tempo! Alla prossima!

_Flami_

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Piano B ***


Gocce di Sherry

PIANO B

Akai ritornò all’appartamento di Jodie solo nel pomeriggio. Trovò in casa Shinichi, Jodie e Camel. James Black era andato ad esporre la situazione agli altri agenti dell’FBI sotto copertura che si trovavano a Tokyo ai suoi ordini.

Shuichi Akai non era un  ragazzino alle prime armi. Nonostante la sua giovane età, riusciva a cavarsela anche nelle situazioni più estreme. Il suo spiccato senso d’osservazione non lo abbandonava mai, così come il suo intuito, che difficilmente faceva cilecca.

Non appena entrò in casa, il suo intuito gli disse che c’era qualcosa che non andava. Poi, il suo senso d’osservazione gli fece notare che il ragazzino sveglio era assorto come non mai. Si guardò intorno. Jodie stava conversando tranquillamente con Andre Camel. Quando lo vide, si girò a salutarlo.

“Tutto bene?” gli chiese.

“Ci sono novità?” chiese lui di rimando, ignorando la domanda della donna.

Jodie gli ripeté le stesse parole che aveva detto qualche ora prima a Shinichi.

“Quindi non si è ancora fatto sentire nessuno?”

“Esattamente.”

“La cosa non mi stupisce. L’Organizzazione starà controllando Shiho notte e giorno. Bisogna avere pazienza.”

“Ma non sappiamo nemmeno dove sia!” esclamò Camel, contrariato, “E non vedo come riuscire a scovare il luogo in cui è nascosta. Insomma, per quanto ne sappiamo, la ragazza potrebbe già essere morta.”

“Non dirlo nemmeno per scherzo.”

Shinichi si era alzato in piedi e fulminava Camel con uno sguardo di fuoco.

“Perdonami, era solo un’ipotesi.” Cercò di arrangiarsi lui, visibilmente mortificato.

“Non ti scaldare, ragazzino. Camel ha ragione. Per quanto ne sappiamo, tutte le ipotesi sono probabili.” Intervenne Akai, tranquillo come sempre. Poi, l’uomo strinse leggermente gli occhi e fissò Jodie: “Tu che ne pensi?”

“La penso come te, Akai. Sarà meglio aspettare di ricevere notizie, e poi potremo agire. Ma non voglio nemmeno pensare che l’abbiano uccisa…” rispose la donna, abbassando lo sguardo.

“Cosa hai fatto al ginocchio?”

“Niente, ho sbattuto sullo sportello uscendo dalla macchina, e si è leggermente sbucciato.”

Akai non rispose. Qualcosa in Jodie non lo convinceva. Il suo sesto senso gli diceva che c’era qualcosa di strano.. si girò per incrociare lo sguardo di Shinichi. Di solito, le loro sensazioni camminavano a braccetto. Spesso si rendevano conto di pensare contemporaneamente le medesime cose, e di essere capaci di intendersi solo con un’occhiata.

Ma Shinichi non sembrava considerarlo. Trafficava con uno dei suoi due cellulari, tranquillamente seduto sul divano.

Pochi minuti dopo, la suoneria di un telefonino si diffuse per tutta la stanza. Nessuno si mosse.

Akai sorrise. Certo, anche Shinichi aveva avuto il suo stesso presentimento.

“Che fai Jodie, non rispondi? E’ il tuo cellulare.” Le disse, guardandola dritto negli occhi.

“Oh, ma certo, che stupida!” esclamò la donna, estraendo in fretta il cellulare dalla tasca. Guardò lo schermo, per controllare chi fosse. “Ma cosa..” iniziò, girandosi verso Shinichi.

“Oh, accidenti!” esclamò il ragazzo, “ho selezionato il contatto sbagliato! Volevo chiamare una mia amica e ho chiamato lei, agente..”

“Tranquillo.” Disse Jodie, sorridendo, “Ma stai attento a non coinvolgere altre persone in questa storia, mi raccomando. Non so quanto possa essere prudente telefonare ad una tua amica.”

Shinichi sembrò un attimo sovrappensiero. Poi, rispose sorridendo: “Ha ragione, agente Jodie. Deve essere la tensione di questi giorni che mi fa andare in panne il cervello. Sarà meglio che vada a schiacciare un pisolino. Chiamatemi immediatamente se ci sono novità!”

Detto questo,  sbadigliò e si diresse verso la camera degli ospiti, dove aveva dormito quella notte. Pochi minuti dopo, Akai fece lo stesso.

“Penso che il ragazzino abbia ragione, sarà meglio riposarsi. Credo che presto arriveranno delle novità interessanti.” Affermò, con quel suo sorriso distaccato e sicuro.

Uscì dalla stanza senza aggiungere una parola, ma non senza notare lo sguardo indagatore che Jodie gli aveva riservato.

Già, il suo intuito difficilmente falliva. Si avviò a passi lenti e cadenzati fino alla camera ospiti. Entrò e richiuse la porta dietro di sé.

“Ti stavo aspettando.” Gli disse Shinichi. Il giovane detective era immobile accanto alla finestra, i suoi occhi scrutavano la strada.

“E allora, Sherlock Holmes, quale sarebbe il tuo piano?” gli chiese Akai, avvicinandosi e dando un’occhiata oltre il vetro della finestra. La strada era affollata, il marciapiede era un andirivieni di persone che camminavano velocemente all’inseguimento della loro vita quotidiana. E loro erano lì, come ogni detective che si rispetti, fermi ad osservare il mondo che li circondava.

Shinichi sorrise, sicuro di sé.

“Un’idea effettivamente ce l’avrei. La giochiamo insieme, questa partita?”

Akai si girò a guardarlo: “Noi due siamo destinati a giocare insieme, piccolo detective.”

E allora, Shinichi cominciò a parlare.

 

------    -----    -----   -----   -----

La mattina seguente tutto si manteneva stabile. Non c’era ancora nessuna novità, tutto taceva. L’FBI aspettava notizie per poter elaborare un piano, per capire quale fosse il momento giusto per entrare in azione. Akai e Shinichi no. Loro avevano già capito come e quando colpire. Il loro piano era stato studiato, e,  se tutto fosse andato come pensavano, sarebbero presto riusciti a scoprire dove era nascosta Ai.

Intorno alle sei del pomeriggio, qualcuno bussò alla porta. Jodie si affrettò a controllare chi fosse e , una volta riconosciuto il volto di James Black oltre lo spioncino, aprì. Insieme all’uomo c’erano altri agenti dell’FBI, i migliori che Black aveva portato in Giappone.

Jodie era sorpresa. Cosa ci facevano lì tutti gli agenti dell’FBI? Lei non ne sapeva nulla! Questa poteva essere opera solo di..

Akai!” esclamò, dirigendosi verso il soggiorno, “Cos’è successo? Come mai ci sono qui tutti gli agenti?”

Distaccato come al solito, l’uomo si prese il suo tempo prima di rispondere.

“Tranquilla, Jodie. Ora spiegherò a tutti il perché di questa inaspettata riunione.” Disse alla fine, alzandosi in piedi.

“Prego, sedetevi e mettetevi comodi. Ci sono delle novità. Vi esporrò il piano d’azione per questa sera.”

Shuichi  Akai aveva parlato con voce ferma e sicura. In piedi in mezzo agli agenti, le mani in tasca, il berretto che copriva la fronte. Shinichi Kudo aveva sorriso. Seduto accanto a Jodie, il volto preda dell’eccitazione. Il sipario era calato: si dava inizio alle danze.

Akai ,si può sapere cos’è questa storia?” chiedeva intanto Black, sedendosi accanto agli altri agenti dell’ FBI. Ormai, l’unico in piedi era Shuichi.

“Tranquillo, ora spiegherò tutto.”

Lanciò un’ultima occhiata a Shinichi, prese fiato e iniziò a parlare: “Questo pomeriggio mi ha contattato la nostra informatrice.”

La frase provocò un mormorio di sorpresa. Ogni agente scambiava qualche battuta con il proprio vicino, e ben presto un brusio impressionante si diffuse per tutta la sala.

“Fate silenzio!” intimò Black, “Continua, Akai.”

“Il messaggio da lei mandato è stato telegrafico. Sostiene di non aver la possibilità di parlare al telefono perché sospetta di essere spiata, ma che questa notte potrebbe incontrarci senza il pericolo di essere seguita. Ci ha dato ora e luogo dell’appuntamento.”

“Potrei leggere questo messaggio?”

A parlare era stata Jodie. Era tranquillamente seduta sul divano, gamba e braccia incrociate.

“Ma certo, Jodie.” Le rispose Akai, porgendole il cellulare.

La donna lesse velocemente le poche righe scritte da un numero registrato come “Spy”. Effettivamente, ciò che diceva Akai era vero. L’orario di ricezione del messaggio era trascorso da circa tre ore.

“Prima di informarvi di tutto, ho preferito elaborare un piano. Signor Black, posso chiedervi per una volta di avere i suoi uomini e lei ai miei ordini?”

Black annuì, reputando la domanda di Akai del tutto inutile. Tanto, quel giovanotto faceva sempre di testa sua, qualunque fossero i suoi ordini.

“Bene. Non sappiamo se questa sia una trappola, quindi è meglio essere cauti. Il luogo dell’incontro è una fabbrica abbandonata vicino al porto. Fra di voi ci sono alcuni  cecchini. William, Nick, voi sarete posizionati a destra, mentre  Jack e Adam saranno a sinistra. Beth e Denny copriranno  le spalle di chi incontrerà l’informatrice.  Black e gli altri agenti penseranno a circondare la zona con auto e uomini in borghese. Mi raccomando, evitate comportamenti sospetti. Qualcuno di voi si finga ubriaco, qualcun altro faccia credere di schiacciare un pisolino nella propria macchina. Per quanto riguarda chi dovrà incontrare la nostra spia.. beh, ci ho pensato a lungo. E alla fine, ritengo che i più adatti siano il ragazzino sveglio e Jodie. Ve la sentite?”

“Ma è una pazzia!” intervenne Black, “Vuoi coinvolgere quel ragazzo nell’operazione?!”

“E’ già coinvolto fino al collo. E’ intelligente, saprà trovare una via di scampo. Ma ha bisogno di un compagno addestrato, per questo ho scelto Jodie.”

Black tacque. Il comportamento di Akai gli sembrava del tutto assurdo. Lui aveva sempre preferito agire da sé, non coinvolgere nessuno, e soprattutto, lasciare da parte Jodie. Era sempre stato molto protettivo nei confronti della donna. Perché quella volta stava esponendo il suo piano così, liberamente e in tutta tranquillità? E perché stava trascinando un ragazzino e Jodie nell’occhio del ciclone? Akai li aveva abituati a sorprenderli a giochi fatti. Cosa aveva in mente?

“Allora, ve la sentite?” chiedeva intanto l’uomo, rivolto a Shinichi e Jodie.

Entrambi annuirono.

“E tu che farai, Akai?” si informò la donna, lo sguardo preoccupato.

“Io? Io me la caverò.” Rispose lui, enigmatico come sempre.

“L’incontro è alle undici in punto, davanti alla vecchia fabbrica. A parte i cecchini, che osserveranno da lontano per ovvi motivi, voi tutti vi terrete a distanza. Nessuno deve trovarsi troppo vicino al luogo dell’incontro. In caso di bisogno, ci penseranno Jodie e Shinichi a contattarvi. E’ tutto chiaro?”

Gli agenti annuirono.

“Perfetto. La riunione è sciolta. Andate a prepararvi, tra due ore prederete posizione.”

Quando tutti si alzarono, Black tentò di avvicinare Akai, per chiedere ulteriori spiegazioni. C’era qualcosa che non lo convinceva in tutto questo. Era sicuro che, come al solito, Akai avesse in mente un piano B di cui non erano stati messi a conoscenza. Vide però che Shuichi aveva avvicinato Jodie, e i due  erano entrati da soli nella stanza accanto.

 Il primo pensiero di Black fu: “Ma cosa diavolo fa Akai in un momento simile?”

La sua seconda riflessione, decisamente più verosimile, fu: “No, ma cosa vado a pensare. Di sicuro vorrà istruire Jodie.”

Notò poi come, oltre a lui, anche Shinichi avesse osservato la scena. Aveva uno strano sorrisetto stampato in faccia. Black, che ci capiva sempre meno, preferì non chiedere ulteriori spiegazioni. Akai non l’aveva mai deluso. Così, prendendo la decisione più appropriata, decise di fare semplicemente ciò che il suo migliore agente gli aveva chiesto: eseguire i suoi ordini.

Nel frattempo, nella camera accanto, Jodie Starling stava osservando il suo collega con due occhi pieni di curiosità. Come mai lui le aveva chiesto di parlarle in privato? Forse voleva darle qualche consiglio per l’operazione di quella sera?

Akai richiuse la porta dietro di sé e si avvicinò alla donna.

-Ci siamo.- pensò, -Manca solo questa piccola conferma, e il piano B può cominciare.-

Immaginò Shinichi in sala da pranzo, curioso come non mai, l’auricolare che gli permetteva di ascoltare la loro conversazione ben premuto sull’orecchio. Akai controllò che il microfono che aveva addosso fosse ben posizionato, fingendo di aggiustarsi la giacca. Bene, poteva cominciare.

“Senti, Jodie…

“C’è forse qualcosa che non va? Mi sembri preoccupato.” Chiese la donna, allarmata.

Akai abbassò lo sguardo, mise le mani in tasca e si appoggiò al muro. Poi, sospirò.

“Jodie.. quello che abbiamo fatto è sbagliato..”

La voce era tranquilla, ma incrinata da un leggera nota di tristezza. Sembrava quasi che quella frase pesasse come non mai a chi l’aveva pronunciata.

Jodie, da parte sua era immobile, gli occhi sgranati. Balbettò appena: “In.. in che senso..?”

Akai sospirò di nuovo: “Noi siamo colleghi. Non possiamo mischiare il lavoro con l’amore. Per cui, il bacio dell’altro giorno è stato un errore. Dimenticalo.”

L’uomo la scrutava attentamente, captava ogni singolo movimento, ogni singola piega della sua bocca. Jodie era immobile. Sembrava stupita. Poi, i suoi occhi si fecero lucidi.

“Perché dici così?” chiese, la voce spezzata.

“E’ giusto così, per tutti e due.”

“Ma Akai, io..”

“Non ho intenzione di parlarne mai più.”

Il tono di voce era tornato freddo e distaccato. La donna abbassò lo sguardo: “E va bene. Come vuoi tu, Akai.” Una lacrima le rigava il volto. Si asciugò gli occhi lucidi con il dorso della mano, e rimase in silenzio.

“Perdonami, Jodie. Ma non possiamo fare altrimenti.”

Akai uscì e richiuse la porta dietro di sé. Incrociò lo sguardo di Shinichi. Il ragazzo gli stava sorridendo: la conferma era arrivata, il piano B poteva iniziare. Akai si incamminò verso la sua camera. Non credeva di essere talmente portato per il ruolo di attore. In futuro, se avesse lasciato l’FBI, avrebbe sempre potuto ripiegare sul palcoscenico di un teatro.

 

 

Aaahh questo capitolo non mi convince affatto =( Secondo me c’è qualcosa che non va.. Ma sono già in ritardassimo e mi spiace non aggiornare per più di una settimana! Ovviamente, qualsiasi critica è ben accetta! =)

Passo subito ai ringraziamenti!

Un grandissimo bedankt :

-a chi ha recensito: shinichi e ran amore Sherry Myano cardcaptorvincy _Neutron star collision_ Alexia_Chan floravik izumi_  jennelyn12 Aya_Brea TammyTam Yume98! E a Dony_chan che sta recensendo dall’inizio capitolo per capitolo!

- a chi ha la storia tra le seguite: Alesaphi24 Alexia_Chan Aya_Brea  BlackFeath ciachan CrystalMizuki Helen Black infernapenergy izumi_ kaze90 kurap Kuroshiro Leak_kaeL Lilla95 Scorpyon Sweet96 YukariKudo200 _kid_ jennelyn12 e ismile!

- a chi ha la storia tra le ricordate: Aya_Brea e Lilla95

-a chi ha la storia tra le preferite: Aya_Brea cardcaptorvincy chyo floravik infernapenergy I_Am_She kurap Kuroshiro shinichi e ran amore Shinku Rozen Maiden Yume98 Alexia_Chan  Dony_chan Sherry Myano!

Un grandissimo ringraziamento va infine a chi mi ha inserita tra gli autori preferiti (siete troppo  gentili!) cioè Dony_chan Sherry Myano chicc e Aya_Brea!

Un grandissimo ringraziamento va a Alexia_Chan che ha segnalato la storia per le scelte. Non credo davvero di meritare tanto, Alexia! Sei stata infinitamente buona=)

Per concludere, posso dirvi che so che la parte finale del capitolo (quella del bacio) è incomprensibile XD Si capirà meglio il tutto nei prossimi capitoli!

Vi saluto, nella speranza di non aver dimenticato nessuno e di aver postato un capitolo decente!

Un bacione,

_Flami_

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Cavia ***


Gocce di Sherry

CAVIA

Il rumore inconfondibile del motore della sua vecchia Porsche lo aveva accompagnato per anni. Quella macchina, la sua 356 A nera, era il suo gioiellino. Gin la stava guidando con disinvoltura, la mano sinistra appoggiata sul volante, la destra intenta a schiacciare la sigaretta nel posacenere ormai pieno.

Quel giorno aveva fumato più del solito. Ma che ci poteva fare, diventava ansioso quando si trattava di missioni importanti. E quella era una missione decisamente importante. Era sicuro che, presto, avrebbe annientato per sempre le due persone che avevano osato prenderlo in giro: Vermouth in primo luogo e, poi, quel liceale di nome Shinichi Kudo, che sarebbe dovuto morire un anno prima. Già, Gin era ormai sicuro che quel ragazzo fosse ancora vivo e che si nascondesse dietro il ragazzino con gli occhiali che aveva visto una volta in compagnia di Shiho bambina, quando la osservava da lontano per assicurarsi che fosse lei. E Vermouth, che pensava di avere in pugno sia Shinichi che Gin, era invece rimasta inconsapevolmente impigliata nella tela del ragno.

Quella volta, aveva capito tutto. E non avrebbe fallito. Sherry lo aveva contatto quel pomeriggio per avvertire del fatto che il farmaco richiesto era stato completato. In soli tre giorni!, aveva pensato l’uomo dai capelli biondi, non appena aveva sentito la notizia. Sherry era davvero insostituibile. Ed era per quello che avrebbe chiuso un occhio sulla sua bugia riguardo alla presunta morte di Shinichi Kudo.

Shinichi Kudo. Quel ragazzino si credeva tanto furbo? L’avrebbe schiacciato come un insetto. Gli avrebbe fatto capire come giravano le cose al mondo: i più forti comandano, i deboli si sottomettono, e i presuntuosi che non voglio sottoporsi vengono eliminati. Sì, era decisamente questa la filosofia di vita di Gin. Filosofia che gli aveva concesso un posto elevato all’interno dell’Organizzazione e che gli permetteva di comandare a suo piacimenti sicari, cecchini e uomini di poco cervello come Vodka.

A riscuoterlo dai suoi pensieri di vendetta fu la voce di Chianti.

“Ehi, Gin.”

Proveniva dalla ricetrasmittente. Aveva dato ordine alla donna di sorvegliare per tutto il tempo i movimenti di Vermouth: sapeva che Chianti non gli avrebbe disobbedito. Odiava Vermouth quanto se non più di lui, e non si sarebbe lasciata sfuggire occasione per riuscire ad incastrarla.

“Che c’è, Chianti?”

Guardò velocemente l’orologio. Erano le nove.

“Sono usciti degli uomini, prima, tra cui il vecchio. Ora stanno uscendo i nostri due obiettivi.”

“E il terzo dov’è?”

“Del terzo non c’è traccia. I due sono saliti in macchina. Che faccio?”

Seguili, dimmi dove vanno e poi appostati dove preferisci, basta che lei sia nel tuo mirino. Avverti anche Korn e Vodka. Di’ a Korn di posizionarsi dalla parte opposta alla tua e a Vodka di aspettare con una macchina nelle vicinanze. Non fatevi vedere, confido in voi. E’ tutto chiaro?”

“Cristallino.” Rispose la donna, con un ghigno.

La comunicazione si interruppe. Pochi minuti dopo, la macchina frenò di colpo in una piccola stradina. Ecco, era arrivato. Scese dalla sua Porsche, aprì il portone del palazzo e arrivò ben presto all’uscio che gli interessava. Cercò la chiave giusta nell’enorme mazzo che teneva in tasca, ma non ci fu bisogno di concludere la ricerca. Qualcuno aveva già fatto scattare la serratura dall’interno.

“Ti stavo aspettando.” Gli disse Shiho, facendolo entrare.

“Pronta come al solito, Sherry. Devo farti i miei complimenti. Non credevo riuscissi ad ultimare il farmaco in soli tre giorni.”

“Sai com’è, non ho molto da fare rinchiusa qui dentro.” Rispose la ragazza, avvicinandosi ad un tavolino dov’era poggiata una piccola capsula bianca. La porse a Gin, che, da parte sua, la esaminò attentamente.

“E’ come ti avevo chiesto?”

“Uccide in meno di un minuto, non lascia traccia alcuna. Dovrebbe essere così, ma finché non si prova, non si può avere la conferma. Bisognerebbe testarla, prima.”

Shiho cercava di guadagnare tempo. Si era sbrigata a completare quel farmaco perché aveva paura che Gin, spazientendosi, potesse far del male ai suoi amici. Ora, però, era spaventata da ciò che aveva fatto: probabilmente, quella capsula avrebbe tolto la vita ad un’altra persona. Qualcun altro sarebbe morto per colpa sua.

“Non ce n’è bisogno.” Rispose secco Gin.

“Invece io penso di sì. Insomma..”

“Ho detto che non ce n’è bisogno. Ho già la mia cavia pronta. Stanotte testerò il farmaco.”

Un sorrisetto malvagio gli piegò le labbra. Ai lo guardò spaventata.

“Voglio venire con te.”

Aveva pensato ad alta voce. Aveva pronunciato quelle parole senza rendersene conto. Non voleva più fuggire, uccidere convincendosi di non farlo. Voleva vedere in faccia chi moriva per causa sua. Voleva avere la certezza di ciò che i suoi farmaci provocavano.

Avrebbe potuto farla finita, un attimo e lei non sarebbe più esistita. Ma il pensiero di ciò che Gin avrebbe potuto fare ai suoi amici la tratteneva. Finché era in vita, poteva almeno cercare di contrattare o guadagnare tempo.

“Non se ne parla nemmeno.”

La risposta di quello che ora era il suo capo era categorica. Con voce tagliente non le aveva concesso di seguirlo.

“Voglio vedere in faccia le persone che uccido.” Ribatté lei, cercando di mantenersi calma.

Gin non le rispose subito. La guardò di sottecchi, poi mise la capsula in tasca, si aggiustò il cappello e sorrise. Uno strano sorriso. Malvagio, sadico, divertito.

“E va bene, Sherry. Se ci tieni così tanto..”

La ragazza non rispose, lo seguì in silenzio. Salirono in macchina. L’aria densa, i sedili impregnati di quell’odore terribile di fumo. C’era sempre la stessa atmosfera nella macchina di Gin.

“Dove andiamo?” chiese, appoggiando il capo al vetro del finestrino.

“Andiamo a trovare la nostra cavia.” Rispose Gin. Non aveva ancora messo in moto la macchina.

“Chi è?”

“Non voglio toglierti la sorpresa, Sherry. Presto lo vedrai, abbi solo un po’ di pazienza.”

Calò il silenzio, nessuno dei due aveva più nulla da dire. A distrarli arrivò il ticchettio di qualche goccia d’acqua, che sbatteva inesorabilmente appannando il vetro della macchina. Aveva cominciato a piovere, ogni tanto un lampo illuminava il buio di una notte nascente.

“Piove.” Constatò Shiho. Non c’era alcun bisogno di dirlo, ma aveva pronunciato lo stesso quella parola. Sperava che Gin sospendesse la missione. Con la pioggia non poteva contare sui suoi inseparabili cecchini.

Gin non rispose. A fare capolino in macchina fu, invece, un’altra voce.

“Capo.”

Sherry la riconobbe. Era Chianti.

“Siete arrivati sul posto?”

“Sì, ma ha cominciato a piovere. Ci sono cecchini  posizionati dappertutto, io e Korn non possiamo rischiare di farci vedere. Cosa facciamo?”

“Restate nelle vicinanze, vi chiamerò in caso di bisogno. Vodka aspetterà in macchina. Dimmi il luogo.”

“La vecchia fabbrica abbandonata vicino al porto.”

“Ci vediamo lì, arriverò in meno di dieci minuti.”

Gin ingranò la marcia e partì a tutta velocità. Il motore borbottava, mentre una pioggerellina leggera ma fitta bagnava Tokyo. Anche se Chianti e Korn non avrebbero potuto coprirlo, non gli importava. Ma cosa ci facevano lì altri cecchini? Forse quella era una trappola? Probabilmente l’FBI aspettava qualcuno.. ma chi? Decise che era meglio osservare con cautela prima di agire. Una volta sul luogo, avrebbe analizzando tutte le possibilità che aveva a disposizione, e avrebbe scelto la più rapida e sicura. In tasca aveva ancora il veleno, pronto per la sua cavia. Pronto per Shinichi Kudo. Quel ragazzino era riuscito a sfuggire all’APTX4869. La fortuna non l’avrebbe aiutato due volte.  Shiho, di sicuro, aveva creato ciò che lui le aveva chiesto: non era nella condizione di giocargli brutti scherzi.

Arrivarono nella zona del porto in breve tempo. Gin parcheggiò la macchina, deciso a dirigersi a piedi verso la vecchia fabbrica. Rischiava di essere notato, certo, ma i cecchini, a causa di quella pioggerellina leggera ma fitta, non avrebbero potuto colpirlo. Notò un uomo barcollante: sembrava ubriaco fradicio. Ricordò di averne visto un altro nelle sue stesse condizioni che camminava sul marciapiede della strada adiacente.

Che coincidenza. Già, che coincidenza. Lui non credeva alle coincidenze. Di sicuro, se quelli erano agenti in borghese dell’FBI, lo avrebbero notato. Aveva bisogno di una copertura o, comunque, di qualcuno meno sospettabile di lui.

Guardò la donna sedutagli accanto. Sherry. Sì, Sherry poteva essergli utile.

“Vieni.” Le disse, “Andremo insieme, proprio come volevi tu.”

Prima di scendere, estrasse una pistola dalla tasca.

“Cosa vuoi fare?” chiese lei, spaventata.

“Tranquilla, voglio solo addormentare questi due impiccioni.”

Abbassò il finestrino e prese la mira. Un ago anestetizzante colpì i due agenti in borghese dell’FBI, che caddero a terra, vittime di un indesiderato abbraccio da parte di Morfeo.

Gin scese dalla macchina, seguito da Shiho. Si incamminarono in silenzio e lentamente, l’uomo faceva strada e lei si limitava a seguire. Arrivato nelle vicinanze della fabbrica, notò i cecchini. Si appostò nell’ombra, in un luogo da cui poteva sentire ciò che  si dicevano le due figure davanti al capannone. La visuale non era il massimo, ma l’importante era poter udire le parole delle due sagome. Inoltre, in quel posto era al sicuro da eventuali spari. La pioggia lo infastidiva, ma si sforzava di non farci caso. Sentiva il respiro di Sherry, affannoso per l’agitazione. 

Da parte sua, Shiho non capiva più nulla. L’unica cosa di cui era certa era che Gin aveva intenzione di fare fuori qualcuno, quella sera. Ma allora, cosa ci facevano tutti quei cecchini appostati? Già, anche lei li aveva notati. E poi, chi erano i due che Gin aveva addormentato? Li aveva definiti “impiccioni”. Che c’entrasse l’FBI in tutta quella storia? Se era così allora.. allora doveva esserci anche Shinichi.

Qualcuno aveva cominciato a parlare. Cercò di trattenere il respiro, voleva sentire ciò che quelle due sagome si dicevano. Non riusciva a distinguerne i lineamenti, l’acqua sulle ciglia le appannava la vista. Anche Gin cercava di ascoltare, l’espressione assorta, le orecchie tese a captare ogni parola.

I due parlavano a bassa voce, ma, ad un certo punto, una voce maschile si impennò, pronunciando con tono lento e sicuro:

“Non c’è stato alcun messaggio.”

Shiho sentì un brivido lungo la schiena. Conosceva quella voce. Era la voce di Shinichi Kudo. E in un attimo, capì chi era l’inconsapevole cavia destinata ad ingerire il veleno.

 

---  ----   ----   ----   ----  ----

Shinichi e Jodie erano arrivati al posto convenuto per l’appuntamento con due ore di anticipo. Erano lì ormai da mezz’ora, mezz’ora in cui il giovane detective non aveva fatto altro che guardarsi intorno. I cecchini erano al loro posto, non gli sembrava di vedere nessuno di estraneo. Probabilmente, erano davvero soli. Chissà da dove li stava osservando Akai. Era sicuro che fosse molto vicino, ben nascosto da qualche parte. Ascoltava tutto ciò che si dicevano tramite il microfono che Shinichi aveva posizionato dietro l’orecchio.

“Oh.. inizia a piovere.” Aveva constatato Jodie, notando le prime gocce.

“Già.” Disse Shinichi.

“Perché non aspettiamo dentro?” propose la donna.

“No. Mi piace la pioggia. E poi, è così leggera. Non dà alcun fastidio.”

“Come vuoi, Shinichi.”

Il ragazzo sorrise e si girò a guardarla con due occhi che erano ormai due fessure.

“L’hai fatto di nuovo.”

“Cosa?” chiese lei, leggermente sorpresa.

“Mi hai chiamato Shinichi.”

Jodie sembrava non capire: “Ma il tuo nome è Shinichi..”

Il ragazzo lasciò cadere la constatazione di lei. Invece, disse con tono sicuro e beffardo: “Non c’è stato alcun messaggio.”

Jodie sgranò gli occhi: “Che cosa intendi dire?”

“Non ci ha contattati nessuno.” Continuò Shinichi, imperterrito.

“E allora mi spieghi cosa ci facciamo qui?!” sbottò la donna. Il tono del ragazzo sembrava infastidirla.

“Perché non provi a immaginarlo? In fondo, sei così furba.. dico bene, Jodie? O forse dovrei chiamarti.. Vermouth?”

Un lampo squarciò il cielo. Un tuono fece tremare l’edificio. E la pioggia continuava a cadere.

 

 

Capitolo 14 ultimato! E ne mancano solo tre alla fine.. =( Mettere il punto di fine a questa storia mi costerà davvero tanto.. è da più di due mesi che mi tenete compagnia con le vostre visite e i vostri commenti!

Comunque sia, direi che questo capitolo è dedicato a floravik e Yume98 che erano riuscite a intuire l’identità di Jodie =) e anche a izumi_ che ha detto di aver capito qualcosa, ma che ha preferito non esporsi!

Il finale della storia è suddiviso nei prossimi tre capitoli.. e ho davvero il terrore che vi deluda! Aiuto! =(

Passo a ringraziarvi!

Quindi… ευχαριστίες :

-a chi ha recensito: Hakai chan shinichi e ran amore Sherry Myano Alexia_Chan floravik izumi_ Aya_Brea TammyTam Yume98! E a Dony_chan che sta recensendo tutti i capitoli man mano che legge!

-a chi ha la storia tra le seguite: Alesaphi24 Alexia_Chan Aya_Brea  BlackFeath ciachan CrystalMizuki Helen Black infernapenergy izumi_ kaze90 kurap Kuroshiro Leak_kaeL Lilla95 Scorpyon Sweet96 YukariKudo200 _kid_ jennelyn12  ismile  giadi !

- a chi ha la storia tra le ricordate: Lilla95 Aya_Brea

- a chi ha la storia tra le preferite: Aya_Brea cardcaptorvincy chyo floravik infernapenergy I_Am_She kurap Kuroshiro shinichi e ran amore Yume98 Alexia_Chan  Dony_chan Sherry Myano YukariKudo200!

E ovviamente, un ringraziamento va anche a chi si limita a leggere! =)

Che altro dire? Spero di leggere i vostri commenti!

Un bacione e a presto!

_Flami_

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Sherry ***


Gocce di Sherry

SHERRY

La donna si voltò per guardarlo negli occhi.

“Che cosa hai detto?”

“Ti ho chiamata con uno dei tuoi tanti nomi. Potrei citarne altri, se vuoi.” Rispose tranquillamente Shinichi.

Jodie non rispose. Si limitava a osservare il ragazzo con espressione divertita.  Scoppiò a ridere. Poi corrucciò la fronte, come se fosse indecisa sul da farsi. La pioggia iniziava a diventare insistente: i cecchini erano ormai totalmente fuori combattimento.

Sorrise.

“Che assurdità! E cosa ti fa pensare che io non sia Jodie? Sentiamo un po’.”

“Se proprio ci tieni, ti racconterò tutto. Mi sono insospettito quando mi hai chiamato Shinichi. Quando Jodie mi ha visto per la prima volta in veste di ragazzo delle superiori, mi ha chiesto se poteva continuare a chiamarmi Conan, nonostante quel bambino sveglio ormai non esistesse più. E così ha fatto. Mi chiamava sempre Conan, finché, ieri, tu non mi hai chiamato Shinichi. Così ho cominciato a sospettare che non tu non fossi la vera Jodie. Poi, ho fatto squillare il tuo cellulare, e tu non ne hai riconosciuto subito la suoneria. Una cosa strana, direi: come si fa a non riconoscere la suoneria del proprio telefono? Ormai, ero quasi sicuro che tu non fossi Jodie. Ci sono solo due persone che conosco in grado di travestirsi così bene: quel ladro bianco da strapazzo e tu, Vermouth. Probabilmente ti sei sostituita a Jodie la scorsa mattina, quando è andata a ispezionare il quartiere di Ota-ku. Dubito che quella scorticatura al ginocchio te la sia provocata sbattendo sullo sportello della macchina: immagino invece che la vera Jodie abbia tentato di difendersi.”

La donna continuava a mantenere il suo sorriso divertito. Le affermazioni di Shinichi sembravano non preoccuparla per niente.

“Dai, continua, vediamo cos’altro hai da raccontare.”

“Vedi, è stata proprio la tua bravura ad immedesimarti nelle persone che ti ha tradita. Ho parlato dei miei sospetti su di te ad Akai, e questo pomeriggio abbiamo avuto la nostra conferma definitiva. Sai com’è, oltre ad essere un bravo agente dell’FBI, Akai è anche un bravo attore. E voi dell’Organizzazione lo sapete bene. Quella del presunto bacio tra di voi è stata tutta una messa in scena: e tu ci sei cascata. Non c’è stato niente tra di voi: e tu, assecondando la sua scenetta, hai dimostrato di non essere Jodie.  Mi dispiace, Vermouth, ma ti conviene arrenderti. Sei circondata. Un passo falso e avrai l’FBI addosso.”

Jodie alzò il sopracciglio destro, con un’espressione tra lo stranito e il sorpreso: “Hai solo diciassette anni, Shinichi Kudo. Devo farti i miei complimenti, sei davvero intelligente.”

La sua voce era cambiata. Non era più la voce dell’agente Jodie. Era la voce fredda e beffarda di Vermouth. Si accarezzò con un dito la guancia.

“Che peccato.” Disse, “questa pioggia mi sta rovinando il trucco.”

Era circondata da cecchini e agenti del suo più potente nemico, e quella donna pensava al trucco?! Shinichi non poteva davvero comprenderla. Era un avversario duro: era difficile farle perdere il controllo. Aveva una padronanza assoluta di sé.

“Cosa hai fatto a Jodie?” le chiese, infilando la mano destra in tasca e tastando la pistola.

“Lascia stare la pistola, sono oggetti pericolosi per un ragazzino come te. Tranquillo, la tua amica sta bene. Non l’ho ancora uccisa. Può sempre tornare utile: qualche informazione sui progetti dell’FBI non fa mai male. E poi, bisogna sempre avere qualcosa che possa permettere di contrattare.”

Shinichi strinse i denti per la rabbia. Vermouth era davvero un mostro! Chissà cosa aveva intenzione di fare a Jodie. Senza volerlo, si morse la lingue talmente forte da sentire in bocca il sapore del sangue.

“Dov’è?”

“Ci tieni tanto a saperlo?”

Shinichi estrasse la pistola e gliela puntò contro.

“Parla.”

“Non mi uccideresti, non ne sei capace. E poi, da morta non potrei rivelarti dove si trova la donna.. mi spiace, detective, ma sono in una posizione migliore della tua. I cecchini sono fuori combattimento e gli altri agenti sono lontani dall’ingresso della fabbrica.”

“Chi ti manda? Gin, forse?”

La donna rise di gusto. Continuava a tenere le braccia incrociate, incurante della pioggia e dell’arma che Shinichi le stava puntando contro.

“Gin? Io non prendo certo ordini da lui. Io non prendo ordini da nessuno.”

“E allora, si può sapere cosa ci fai qui?”

“Combatto la mia battaglia.”

Ora, aveva sciolto le braccia e cominciato a camminare. I finti occhiali non le servivano più, anzi, le appannavano la vista per via della pioggia. Li buttò a terra, mentre girava a passi lenti intorno al ragazzo.

“Smettila di parlare per enigmi. Sputa il rospo.”

Shinichi non le staccava gli occhi di dosso. Stava sudando freddo, le goccioline che gli cadevano dalla fronte si mischiavano alla pioggia. Sentiva addosso tutta la tensione del momento. Era bagnato fradicio, i vestiti gli pesavano, il martellante scrosciare della pioggia fattasi più intensa lo stava frastornando. Ma era concentrato al massimo su Vermouth: niente avrebbe potuto distrarlo.

La donna si fermò accanto a lui: “Voglio fare un patto con te.”

“Un patto? Non scenderò mai a patti con una strega come te!”

“Ma davvero?”

Gli si era avvicinata, aveva appoggiato la mano sul suo braccio. Lo fissava negli occhi, uno sguardo suadente e provocante, mentre la sua mano scendeva, fino ad accarezzare il polso di lui.. e fu allora che, con uno scatto fulmineo, aumentò la presa e fece ruotare il polso, costringendo Shinichi a puntare la pistola su se stesso.

“Ora forse avrai più voglia di parlare. Sono pronta a premere il grilletto.”

Accidenti, pensò Shinichi. La pioggia era diventata talmente fitta che i cecchini, distanti com’erano, non potevano nemmeno distinguere le loro sagome. Dov’era finito Akai? Perché non interveniva?

Non aveva scelta. Doveva ascoltarla. Forse, in quel modo, avrebbe potuto salvare la vera  Jodie.

“Cosa vuoi da me?”

“Bene, vedo che sei diventato più disponibile.” Ghignò lei, soddisfatta.

“Promettimi che non farai nulla di male a Jodie.”

“E va bene, come vuoi tu.”

Gli aveva strappato la pistola di mano e continuava a tenerla puntata contro di lui.

“Ho bisogno del tuo aiuto per fare fuori una persona. Una persona che anche tu desideri ardentemente trovare..” iniziò lei.

Shinichi non capiva più nulla. Voleva forse usarlo come sicario?! Chi era quella persona che Vermouth voleva uccidere, ma che non poteva arrischiarsi di eliminare con le proprie mani?

“E chi sarebbe questa famosa persona?” chiese con tono sprezzante.

“Io un’idea ce l’avrei.”

A parlare non era stata Vermotuh. Era stata una voce maschile, fredda, glaciale, ironica, arrogante. Una voce che entrambi conoscevano bene. Si girarono contemporaneamente. Nello spiazzo davanti alla fabbrica abbandonata era appena comparso un uomo vestito di nero. Alto, capelli lunghi biondo platino, occhi seminascosti da un cappello.

L’uomo fece qualche passo avanti, fermandosi a qualche metro da loro. Poi, estrasse una Beretta M1934 e la puntò dritta contro Vermouth.

“Gin..” mormorò la donna. I suoi occhi erano preda della sorpresa: che ci faceva lì lui? L’aveva seguita?

Shinichi, da parte sua, non faceva altro che chiedersi dove diavolo fosse finito Shuichi Akai. Stava forse aspettando il momento adatto per intervenire? Ma se non era quello il momento adatto, qual’era allora?!

“Risposta esatta, Vermotuh. Era me che volevi fare fuori. O sbaglio?”

“Tu.” Rispose la donna, mordendosi il labbro, continuando a tenere la pistola puntata contro Shinichi, “Che fai qui? Mi hai seguita?”

“Chianti è stata molto felice di pedinarti e spiare ogni tua mossa. Ho capito che avevi in mente qualcosa e quando ho saputo che avevi preso il posto di quell’agente dell’FBI, ho fatto due più due e ho intuito che volessi farmi fuori. E’ da un po’ che so che vuoi liberarti di noi, cara Vermouth. Ma per tua sfortuna, io ti ho preceduta.”

Si fissavano con occhi carichi di odio. Shinichi non sapeva cosa fare. Era la prima volta, in tutta la sua vita, in cui non sapeva cosa fare. Non aveva un piano pronto a disposizione. Non aveva dubbi: Gin avrebbe ucciso prima Vermouth e poi lui. Infine, avrebbe trovato un modo per svignarsela sotto il naso dell’FBI.

Dove era finito Akai?! Aveva bisogno di aiuto!

“Beh, direi di non perdersi in chiacchiere inutili. Ora spedirò te all’inferno. Poi testerò il nuovo veleno su questo ragazzo. Vedremo se la sorte ti aiuterà due volte, Shinichi Kudo.”

Si era voltato, lanciando un’occhiata di fuoco a Shinichi. Il ragazzo sentì un brivido lungo la schiena. Lo stava fissando negli occhi, come quella volta al Luna Park. Erano di nuovo faccia a faccia, punto e da capo. Ed erano uno a zero per Gin: Shinichi aveva intenzione di pareggiare i conti.

“NO!” urlò una voce.

Una quarta persona era comparsa nello spiazzo davanti all’ingresso della fabbrica. Indossava un paio di jeans e una felpa azzurra, che la pioggia aveva fatto diventare grigia. Stringeva i pugni, fissando Gin con due occhi che sembravano un mare in burrasca.

“Non ti permetterò di farlo.”

Shiho aveva fatto capolino in mezzo a quella che era una vera e propria esecuzione. Davanti a lei c’era Shinichi. A separarli c’erano Gin e Vermouth, le pistole puntate l’uno contro l’altra.

“Che ci fai qui? Ti avevo detto di restartene buona.” La rimproverò Gin, non staccando gli occhi dalla donna che aveva di fronte.

“Non ti permetterò ti usare il mio veleno per uccidere Shinichi, a costo di ingerirlo io stessa.”

La voce era rotta. Forse, aveva cominciato a piangere. Shinichi, che la fissava con un misto di ammirazione e apprensione, non riusciva a capirlo:la pioggia che le martoriava le guance si mischiava alle lacrime, i capelli incollati alla fronte le coprivano quasi gli occhi.

“Lasciatelo stare, o non lavorerò più per voi.”

Shiho..” riuscì solo a pronunciare Shinichi. L’aveva chiamata con il suo nome: in quel momento, lei non era più la bambina di nome Ai. Era la ragazza più coraggiosa che avesse mai conosciuto,  una piccola grande donna di nome Shiho.

“Cosa c’è, Sherry? La sua vita vale forse più di quella di qualcun altro?”

Gin sembrava calmo, ma la sua voce suonava leggermente alterata a causa della situazione inaspettata.

Shiho restò immobile. Tremava di paura, di indignazione, di freddo.  E di felicità per aver appena rivisto il suo migliore amico. La vita di Shinichi valeva forse più di quella di qualcun altro? Per lei sì. Per la prima volta in vita sua, era decisa più che mai a comportarsi in maniera egoista. Avrebbe destinato quel veleno a qualsiasi altra persona nel mondo, non le importava: ma Shinichi non doveva correre alcun pericolo.

Cos’era quella strana sensazione che provava? Non sapeva descriverla. Forse, stava facendo la cosa peggiore, ma sentiva di aver preso la scelta migliore.

“Usa quel veleno su di lui, e io prima ti uccido e poi vi sputtano al mondo intero.”

Il suo tono era categorico. Un tono che non aveva mai usato in vita sua. Aveva una forza dentro, una forza che la spingeva a dire quelle parole. La volontà di voler salvare lui.

Gin sgranò gli occhi. Sherry era sempre stata difficile da governare, era stata l’unica che era riuscita a scappare e a salvarsi. Sherry era sempre stata la sua preferita. In una situazione normale, se qualcuno gli avesse rivolto tali parole, probabilmente gli avrebbe scaricato la pistola addosso.

Ma ora era diverso. Davanti a lui, Vermouth era scoppiata a ridere. Accanto a lui, il detective del liceo aveva mormorato qualcosa.

“Che fai, Gin? Non la uccidi?”

Vermouth lo stava provocando. E lui non aveva intenzione di rivelarsi un sentimentale. Puntò la pistola dritta contro Sherry. La fissò negli occhi. Poteva sparare. Perché non lo faceva?

“Ha tradito la nostra Organizzazione. Uccidila, o il traditore sarai tu.”

Era vero. Vermouth, per una volta, aveva ragione. Gin strinse la pistola. L’indice sinistro, appoggiato sul grilletto, tremò. Perché esitava? Perché non riusciva a sparare a quella ragazza?

Sì, Sherry era sempre stata la sua preferita. Lui, freddo e crudele, non aveva problemi ad uccidere. Anzi, lo faceva con tanta superficialità da dimenticare subito i nomi di chi eliminava. Perché gli occhi di quella ragazza gli stavano paralizzando l’indice sinistro? Perché non riusciva a sparare?

Due colpi di pistola si fecero largo tra la pioggia scrosciante. Gin vide Sherry sbarrare gli occhi, tendere una mano in avanti e poi cadere a terra. Si girò. La pistola di Vermouth fumava ancora. E provò una sensazione mai provata prima. Un senso di vendetta molto diverso dalla sottile crudeltà con cui perseguitava le sue vittime. Un senso di vendetta personale. Vermouth aveva ucciso Sherry. La sua Sherry.

Era il suo unico pensiero. Senza accorgersene, prese a sparare all’impazzata. Colpì Vermouth più volte, ferendola ad una spalla e ad una gamba. Il giubbotto antiproiettile la protesse, mentre cercava di difendersi sparando a sua volta. Gin aveva perso la sua lucidità.

Da parte sua, Shinichi aveva osservato la scena, senza riuscire a muovere un dito. E quando vide Shiho cadere sotto i colpi di Vermouth, si lanciò verso di lei. Prese a correre senza pensare più a nulla: voleva solo raggiungerla. Shiho era lì, stesa per terra. Muoveva un braccio nel tentativo di rialzarsi. E lui correva, come per dirle “sto arrivando, resisti.” Passò attraverso la raffica di proiettili di Gin. Provò un bruciore al braccio destro, probabilmente era stato colpito. Qualcosa di caldo incominciò a scorrere, fino ad arrivare alla sua mano. Ma lui non sentiva dolore. Non sentiva più nulla. Ora era accanto alla sua amica.

Shiho.. sono qui, resisti.. ce la caveremo, ti salverò.. non preoccuparti, va tutto bene…

Parlava senza nemmeno capire ciò che stava dicendo.  Quell’ansia, quella paura che lo tormentava da dentro gli impediva di ragionare.

La pioggia continuava a infrangersi sulla città.

Con cura, Shinichi aveva fatto sì che Shiho appoggiasse il capo sulle sue gambe. Continuava a mormorare parole rassicuranti, ma la ragazza non poteva sentirlo. Non riusciva più a sentirlo. La pioggia la frastornava. Si limitava a guardarlo. Ogni respiro le doleva. Nonostante questo, era felice.

Che strana sensazione. Si sentiva libera, leggera. Come se niente potesse più scalfirla. Aveva salvato Shinichi, e questo le bastava. Si era liberata dell’Organizzazione, e questa era la sua più grande conquista. Non le importava nient’altro.

Prese la mano del ragazzo tra le sue. Sorrise. Poi, con un immenso sforzo, cercò di parlare: “Shinichi.. promettimi che vivrai, che tornerai da Ran.. lei ti ha aspettato così tanto..”

“Insieme..” diceva lui, “torneremo insieme..”

“Vivi anche per me..”

“Ma cosa stai dicendo, Ai?! Noi due ne usciremo insieme.. così come abbiamo cominciato..”

Shihichi io ti..”

Shiho si fermò. Non riusciva più a pronunciare parola alcuna. Il dolore aumentava.

Shinichi la fissava, le lacrime miste alla pioggia si posavano sul corpo di lei. No, non poteva andarsene così.

Improvvisamente, sentì qualcosa di freddo posarsi sulla sua fronte. Alzò il viso. Gin gli stava puntando contro la sua pistola. Aveva lo sguardo sbarrato.

“Facciamola finita anche con te, ragazzino.”

Shinichi non riusciva a muoversi. Era paralizzato. Stringeva a sé la sua amica, come per proteggerla. Gin stava per premere il grilletto. Shinichi strinse ancora più forte Ai. Era così che doveva finire?

Sentì un colpo di pistola. Tutto quello che riuscì a vedere prima cadere all’indietro, fu una figura accanto all’uomo vestito di nero. Non avrebbe saputo dire chi fosse.

Poi, il buio.

La pioggia continuava a scrosciare, a sbattere sui loro corpi. Accanto a loro, il terreno bagnato era impregnato di rosso. Tante, piccole, macchioline rosse.

Come se dal cielo fossero piovute gocce di sherry.

 

 

Mi sono impegnata tantissimo a scrivere questo capitolo, e spero davvero che vi sia piaciuto! A dir la verità, è il mio preferito.. non a caso è quello che dà il titolo alla storia! Prima di perdermi in chiacchiere o, peggio ancora, di essere fucilata da voi per la piega che la situazione ha preso, passo a ringraziarvi!

Un grandissimo obrigado :

-a chi ha la storia tra le seguite: Alesaphi24 Alexia_Chan Aya_Brea  BlackFeath ciachan CrystalMizuki Helen Black infernapenergy izumi_ kaze90 kurap Kuroshiro Leak_kaeL Lilla95 Scorpyon Sweet96 YukariKudo200 _kid_ jennelyn12  ismile  giadi!

-a chi ha la storia tra le preferite: Aya_Brea cardcaptorvincy chyo floravik infernapenergy I_Am_She kurap Kuroshiro shinichi e ran amore Yume98 Alexia_Chan  Dony_chan Sherry Myano YukariKudo200 KonanKohai !

- a chi ha la storia tra le ricordate: Lilla95 Aya_Brea

-a chi ha recensito: shinichi e ran amore Sherry Myano Alexia_Chan floravik Aya_Brea TammyTam Yume98 Dony_chan !

Davvero, grazie di cuore a tutti per il vostro sostegno! Vi voglio bene cari lettori e non mi stancherò mai di citarvi capitolo per capitolo!

Grazie anche solo a chi legge!

Un bacione grande grande,

_Flami_

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Dolore ***


Gocce di Sherry

DOLORE

Un vortice nero lo stava risucchiando. Non sapeva dove si trovava, non sapeva cosa stava facendo.. provava solo una sensazione di tranquillità. La sua mente era vuota, beata, rilassata.

Poggiava la testa su qualcosa di morbido. Aprì a fatica gli occhi. Dov’era? Si era addormentato? Ci mise qualche secondo per ricordare.

Shiho tra le sue braccia. La pistola di Gin che premeva sulla sua fronte.

Spalancò gli occhi. Le sue pupille erano puntate su qualcosa di bianco. Dove si trovava? Forse era morto. Già, Gin doveva avergli sparato. Era finito tutto così, in meno di un secondo la vita era volata via. E Ran.. Ran non avrebbe mai saputo la verità dalla sue labbra. Qualcuno gliel’avrebbe raccontata per lui.

Shinichi!”

Una voce aveva pronunciato il suo nome. Mosse a fatica la testa, guardandosi intorno. Quel “qualcosa di bianco” non era altro che il soffitto di una camera. La sala di un ospedale.

Shinichi! Sono qui! Mi senti?”

Quella voce.. quella voce la conosceva. Sì, gli sembrava la voce di Ran. Si voltò verso destra, e mise a fuoco una figura femminile seduta accanto al letto dov’era sdraiato. Lunghi capelli castani, occhi azzurri. Profumo inconfondibile. Era lei.

Ran..” disse a fatica. Aveva la lingua secca, parlava con difficoltà.

Shinichi! Finalmente! Oh.. sono così felice!”

La ragazza si coprì il volto con le mani. Singhiozzava dalla felicità.

Era ancora vivo, dunque? Forse Gin non era riuscito a sparargli..

Ran.. io..”

Ran gli prese le mani tra le sue, le guance rigate dalle lacrime. Aveva gli occhi rossi: doveva aver pianto per molto tempo.

“Non sforzarti, non devi parlare se non ci riesci. Ora chiamo subito il medico..”

“No, Ran.. io..”

Chissà quanto tempo era passato. Un giorno, una settimana, un mese? Non riusciva a capirlo. E Ai? Dov’era Ai? Cosa le era successo?

Shinichi!!”

Una voce maschile. Un forte accento di Osaka. Un ragazzo scuro che lo guardava dall’ingresso della camera, e che, con uno scatto fulmineo, fu al suo capezzale. Due grandi occhi azzurri che lo fissavano sollevati. Heiji Hattori.

Shinichi! Per fortuna.. come ti senti? Stai bene? Ma dico io, come ti è venuto in mente di cacciarti in simili guai! Dovevi chiamarmi.. avrei potuto aiutarti. Io te l’avevo detto di stare attento.. Per fortuna ti sei ripreso. Ma come stai? Su, di’ qualcosa! Dai, Shinichi!!”

Quelle parole gli strapparono un sorriso. Heiji era sempre il solito impulsivo. Avrebbe voluto tranquillizzarlo, ma in quel momento non ne aveva le forze.

Heiji, ma ti sembra il caso? Non lo vedi che è distrutto?”

A rimproverarlo era stata Kazuha. Era arrivata anche lei, abbracciava Ran che, da parte sua, non poteva smettere di piangere. La tensione accumulata si riversava tutta in quelle lacrime.

Shinichi!!”

Qualcun altro lo stava chiamando. Si voltò e vide il dottor Agasa, che era appena entrato, il suo solito sorriso a trentadue denti stampato in faccia.

Hi, Cool Boy!”

Un forte accento americano, capelli biondi, grandi occhiali da vista. Quella era .. Jodie Starling? Sì, era proprio lei. Per fortuna, stava bene. Vermouth non le aveva davvero fatto del male. Accanto alla donna c’era Shuichi Akai. Akai.. che fosse stato lui a salvarlo? Shinichi non trovava altra soluzione.

Era tutti accanto a lui. Tutti accanto al suo letto. Tutti desiderosi di sentirlo parlare. Ma la sua mente era affollata da troppi pensieri e Shinichi non sapeva da quale partire.. poi, provò una fitta al cuore. Passò in rassegna con lo sguardo tutti i presenti. Ran, Kazuha, Heiji. Jodie, Akai, il dottor Agasa. Mancava qualcuno all’appello. Dov’era Shiho? Doveva essersi salvata anche lei. Già, non c’era altra soluzione che Shinichi potesse considerare.

Ai…?” chiese debolmente.

Non ci fu bisogno di spiegazioni. Lesse nello sguardo dei suoi amici la risposta.

Un risposta semplice, breve, immaginabile. Una risposta che bruciava da morire.

Un dolore mai provato, qualcosa di più tagliente di una spada.

Shiho non c’era più.

 

----   ----   ----   ----   ----   -----   ------

 

Aveva dormito per due giorni interi, eppure si sentiva a pezzi. E la certezza della morte di Shiho lo faceva sentire ancora peggio. Era tutta colpa sua: Ai si era esposta per proteggerlo. Se solo.. se solo lui avesse saputo cavarsela da solo. Se solo fosse riuscito a proteggerla. Se solo non fosse rimasto lì, immobile, paralizzato come il più stupido degli stupidi.

Nel momento in cui era venuto a sapere della morte della sua amica, aveva chiesto di rimanere solo con Akai e Jodie. Voleva che gli spiegassero cosa fosse successo. E così, una volta fatti uscire gli altri, i due avevano iniziato a parlare.

Akai gli aveva raccontato di come si fosse nascosto nei pressi della fabbrica: ma nemmeno lui si aspettava l’arrivo di Gin e dei suoi seguaci. Chianti l’aveva colto di sorpresa e  ferito di striscio a una gamba : per riuscire a sbarazzarsi di lei aveva dovuto impiegare un bel po’ di tempo. Così ferito, si era poi trascinato fino allo spiazzo.

“C’era sangue dappertutto ..” aveva detto, “Per terra, vidi un corpo mutilato da colpi di arma da fuoco. Era Vermouth. Gin le avrà sparato almeno una decina di volte. Era già morta quando la vidi. Poi, mi accorsi di te e di Gin. Vidi che tenevi Shiho sanguinante tra le tue braccia. Capii quello che era successo e sentii un macigno sullo stomaco: non ero riuscito a proteggerla. L’avevo lasciata al suo destino, così come era successo con Akemi.”

Akai si era lasciato  andare. Lui, che era sempre così freddo e calmo, aveva parlato con la voce rotta dell’emozione. Jodie gli aveva preso le mani tra le sue, come a dire: “Coraggio, Shu. Non è colpa tua.”

“Presi in fretta la mira e sparai. Colpii Gin al braccio. Si girò a guardarmi. Aveva gli occhi sbarrati, sembrava fuori di sé. Non l’avevo mai visto così.”

“E’ stata Shiho.” aveva mormorato Shinichi.

“A cosa ti riferisci?”

Shiho si era schierata contro di loro. Gin le ha puntato contro la pistola, ma sembrava non essere in grado di sparare. Ma poi, Vermouth.. e così, Gin ha iniziato a sparare contro di lei..”

Shinichi non aveva trovato il coraggio si proseguire. Si era limitato a dire: “Alla fine anche Gin è riuscito a provare un sentimento umano. Non so cosa l’abbia fatto esitare. Non so cosa provasse per Shiho. Ma sono certo che per lei sentisse qualcosa di particolare..”

Akai aveva abbassato gli occhi.

“Tu eri per terra, steso accanto a Shiho. Sul momento pensai di essere arrivato tardi, credevo che avesse ucciso anche te. Approfittai della sua totale mancanza di lucidità: ho preso la mira e gli ho piantato una pallottola in testa. Credevo che, una volta messa in atto la mia vendetta, avrei provato una sensazione di soddisfazione, come se avessi raggiunto l’obiettivo di una vita. Invece, vedendolo stramazzare al suolo, non provai nulla. Solo una fitta di dolore alla gamba ferita.”

Già. Cos’era la vendetta? Niente che potesse davvero procurare piacere.

“E gli altri? Cosa ne è stato? E tu, Jodie?” aveva chiesto Shinichi.

Era stata la donna, a questo punto, a prendere la parola.

“Siamo riusciti a prendere Chianti, ma gli altri ci sono sfuggiti. Siamo sulla strada giusta, comunque. Presto riusciremo a sbaragliarli..”

“Chianti parlerà.” Aveva detto Akai, con un sibilo.

“I tuoi metodi poco ortodossi non saranno di aiuto. Dubito che sappia qualcosa, non era un membro molto importante. Comunque, bisogna approfittare della confusione che si è creata: abbiamo privato l’Organizzazione di due dei suoi migliori agenti.”

“E tu, Jodie? Dove ti trovavi?” aveva chiesto nuovamente Shinichi.

“Vermouth mi aveva rinchiusa in uno scantinato nel quartiere di Ota-ku, sotto il controllo di due uomini. Ma l’FBI mi ha addestrato bene, e sono riuscita a fuggire. Diciamo che per distrarli ho dovuto usare certi metodi particolari  …” disse maliziosamente.

Shinichi arrossì, capendo a cosa si riferiva la donna.

E così, il treno sembrava arrivato al capolinea. Lui era tornato grande, l’Organizzazione aveva subito gravi perdite, l’FBI stava per trionfare. Ma a quale prezzo era stato ottenuto tutto questo? Quante persone erano morte, quante avevano sofferto in quell’ assurda guerra senza capo né coda?

Sherry non c’era più. Shiho non c’era più. Ai non c’era più.

Tre persone in una, morte una dopo l’altra. Shiho aveva cessato di esistere quando era entrata nell’Organizzazione. Sherry era morta dopo averla lasciata. E Ai aveva detto addio a questo mondo ingoiando una pillola.

Poi, Shiho era morta di nuovo. E quella volta, per davvero.

Già, la sua amica aveva avuto una vita particolare. Era nata e morta per quattro volte.

Ma questa volta Shinichi sapeva che non sarebbe più tornata. Non sarebbe rinata una quinta volta. E niente, neanche il più astruso tra i farmaci, avrebbe potuto salvarla.

Ora, Akai e Jodie avevano lasciato la sua stanza, dopo aver raccontato una storia che Shinichi aveva ascoltato per metà. Non gli interessava più niente. Ora che quella guerra lo aveva colpito così da vicino, gli sembrava che nulla avesse più senso.

Capiva perfettamente cosa avesse provato Akai alla morte di Akemi. Certo, per lui Ai era solo un’amica ma.. era la sua migliore amica. Quella con cui aveva condiviso quell’anno, l’unica che sapeva davvero tutto di lui e della sua lotta con se stesso e con l’Organizzazione. Che senso aveva continuare, ora che lei non c’era più? Che senso aveva cercare una vendetta che non l’avrebbe mai ripagato appieno?

Già, la vita ti colpisce, ti fa a pezzi, ti cambia. E tu o muori o ne esci fortificato. Così dicono, almeno. E allora, perché, anche se era sopravvissuto, sentiva comunque l’anima scivolargli via?

Il dolore che provava era indescrivibile. Lo stesso dolore che aveva fatto richiudere Akai in se stesso e che l’aveva quasi fatto piangere un attimo prima. Quell’uomo tanto freddo si era sciolto come neve al sole.

Sì, quel dolore era un sole incandescente che lo scioglieva e lo privava delle forze. Come avrebbe fatto ad andare avanti? Cosa sarebbe successo ora?

Sentì un leggero cigolio. Qualcuno stava aprendo la porta, e una testolina castana si sporse per vedere all’interno della stanza.

“Posso entrare?”

Era Ran.

Lui sorrise. Certo che poteva entrare.

“Come ti senti? Vuoi dormire un po’? Il medico ha detto che hai bisogno di riposo…

Shinichi scosse piano la testa. No, stava bene così. Non riusciva a dormire.

“Posso restarti accanto?”

Come avrebbe potuto dirle di no? Lo stava guardando con due occhi dolci e pieni di amore. Ran gli era sempre stata vicina, e lui l’aveva ripagata con una bugia dopo l’altra.

Ran io.. devo parlarti..”

Era giunto il momento di dire la verità. Questo, forse, avrebbe potuto rinfrancarlo, almeno in parte, da ciò che provava.

“Non c’è bisogno che ti sforzi. Tu non andrai più via. Hai tutta la vita per parlarmi di ciò che vuoi, non sforzarti ora. Sei ancora debole.”

Cos’era quello sguardo? Perché aveva la sensazione che Ran sapesse già tutto?

Forse Ran aveva sempre saputo. Ran. Le ultime parole di Ai erano state per lei. E poi, c’era stato quel “Shinichi io ti..” che la ragazza non aveva avuto la forza di completare. Cosa voleva dirgli?

Solo una cosa era certa. Shiho non si era sacrificata solo per lui. Aveva dato la vita per lui e per Ran. Per due persone che erano destinate ad essere una sola cosa.

Grazie, Shiho. Fu questo il suo unico pensiero. Aveva gli occhi lucidi, lo sentiva. Eppure si sforzava di non piangere.

Annuì. Aveva tempo per raccontare.

Ora, sentiva il dolore bruciare di meno. Ran gli stava dando forza, la forza che gli serviva per andare avanti.

Chiuse gli occhi. Che strano. Aveva sempre considerato Ran come la luce della sua vita. In quel momento, invece, Ran era il freddo che gli stava impedendo di sciogliersi sotto i colpi del sole del dolore.

 

 

 

E così, manca un solo capitolo.. Ora che la morte di Shiho è diventata certezza, forse devo spendere qualche parola su questa decisione. Insomma, sulla scelta di concludere così la storia.

Forse qualcuno mi crederà pazza, dato che ho fatto morire il mio personaggio preferito. A dir la verità, non so nemmeno io cosa mi sia preso scrivendo questi capitoli finali. So solo che le dita hanno iniziato a digitare e sono andate avanti da sole, senza più controllo. E hanno prodotto questo. Alla fine, rileggendo tutta la storia (compreso il prossimo capitolo, che sarà più che altro un epilogo) ho sentito che questo era il finale giusto da darle. Spero che possiate condividere la mia decisione o, almeno, apprezzare ugualmente la storia.

Passo subito a ringraziarvi, come al solito siete stati gentilissimi con i vostri commenti=)

Un grandissimo cảm ơn :

-a chi ha recensito: shinichi e ran amore Sherry Myano Alexia_Chan floravik Aya_Brea Yume98 Dony_chan  izumi_  Alesaphi24 Ran Mouri e trunks94_cs!

- a chi ha la storia tra le seguite: Alesaphi24 Alexia_Chan Aya_Brea  BlackFeath ciachan CrystalMizuki Helen Black infernapenergy izumi_ kaze90 kurap Kuroshiro Leak_kaeL Lilla95 Scorpyon Sweet96 YukariKudo200 _kid_ jennelyn12  ismile  giadi!

- a chi ha la storia tra le ricordate: Lilla95 Aya_Brea

-a chi ha la storia tra le preferite: Aya_Brea cardcaptorvincy chyo floravik infernapenergy I_Am_She kurap Kuroshiro shinichi e ran amore Yume98 Alexia_Chan  Dony_chan Sherry Myano YukariKudo200 KonanKohai  Dolores1992!

Grazie davvero a tutti, senza di voi questa storia non avrebbe alcun senso! Al prossimo (e ultimo.. non immaginate nemmeno che tristezza) capitolo!

Un bacione,

_Flami_

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Fiaba ***


Gocce di Sherry

FIABA

Morire come qualcun altro per rinascere se stessi non è una cosa che capita a tutti. Shinichi sapeva come ci si sentiva. Lui aveva abbandonato la vita da Conan, per rigettarsi a tutto gas nella sua esistenza da detective adolescente.

Erano passate due settimane ormai, e lui era appena stato dimesso. Due settimane. Da quindici giorni Shiho non c’era più.

In quelle ore solitarie su un letto d’ospedale su cui il sonno faticava a poggiarsi, aveva ripensato molto a ciò che Shiho gli aveva detto nei suoi ultimi giorni di vita. In particolare, si era ricordato di quando la ragazza gli aveva parlato di Ayumi, confessandogli di sentirsi in colpa per non averla nemmeno salutata.

Ai aveva espresso molti desideri in quei giorni. Desideri che aveva tenuto nascosti per tanto tempo, e che aveva lasciato venir fuori in sole settantadue ore. Forse, sentiva che la fine era vicina. Forse, lei sapeva già tutto.

Forse, anche Shinichi sapeva che sarebbe finita così. Solo che, a differenza di Shiho, lui non aveva avuto abbastanza forza per ammetterlo. Già, Ai era sempre stata più forte di lui.

Uno dei suoi desideri l’aveva già realizzato. Era tornato da Ran, come lei gli aveva chiesto. E, finalmente, le aveva raccontato tutta la verità.

Ma  Ran sapeva. Ran aveva sempre saputo. Nonostante avesse fatto finta di niente, Shinichi non aveva letto stupore negli occhi di lei.

Ora, si apprestava a realizzare un altro dei desideri di Ai.

Guardò l’ora. Era quasi il momento. Presto la strada sarebbe stata invasa da bambini alti più o meno come la sua gamba. Proprio come Conan, proprio come lui fino a meno di un mese prima.

Suonò la campanella. Ci siamo, pensò.

Era appoggiato al cancello della scuola elementare di Beika, senza pensare a nulla in particolare, quando li vide. Una bambina con i capelli a caschetto, un bambino con le lentiggini e un altro un po’ troppo cicciottello. Erano loro.

“Ehi, scusate!” li chiamò, seguendoli.

I tre si girarono stupiti.

“E quel tipo cosa vuole?” chiese Genta, non preoccupandosi che Shinichi potesse sentirlo.

“Somiglia a Conan.” Replicò Ayumi, “Magari è un suo parente.”

“Mi chiamo Shinichi Kudo, sono un amico di Conan e Ai.”

Quei tre ragazzini gli facevano una gran tenerezza. Era piccoli e innocenti, nonostante si credessero dei grandi detective. E lui stava per raccontare loro un’ultima bugia. Una fiaba a cui loro dovevano credere. Perché a sette anni non ti chiedi se Hansel e Gretel siano esistiti o meno. Ci credi e basta. Così, loro avrebbero creduto per sempre all’esistenza di Conan Edogawa e Ai Haibara, i due protagonisti della fiaba che Shinichi si apprestava a raccontare.

“Sai quando torneranno?” chiedeva intanto con impazienza Ayumi.

Shinichi sorrise.

“Ecco, vedete.. si sono trasferiti entrambi molto lontano. Non torneranno più. Mi hanno chiesto di salutarvi di persona. Soprattutto tu, Ayumi.. Ai mi ha chiesto di dirti che non ti dimenticherà mai. E ti vuole anche ringraziare per tutto ciò che hai fatto per lei.”

“Se ne sono andati.. per sempre?” chiese di nuovo lei, gli occhi lucidi, i pugni stretti al petto.

“Sì, non torneranno più in Giappone. Ma chissà, magari prima o poi le vostre strade si incontreranno di nuovo.”

Non stava mentendo. Stava semplicemente raccontando una fiaba. E quelle, non importa che siano vere o false.

“Non ci credo! Loro ce l’avrebbero detto!” protestò Mitsuihiko.

“Purtroppo è successo tutto molto in fretta, e hanno saputo all’ultimo della partenza. Non hanno avuto modo di salutarvi di persona.”

“Di’ a Conan.. che non lo dimenticherò mai. E di’ ad Ai che sarà la mia migliore amica, per sempre, qualunque cosa succeda.”

“Non c’è bisogno che glielo dica. Ai lo sa già. E Conan.. nemmeno lui dimenticherà mai l’anno passato con voi. Ve lo posso assicurare. Ci si rivede, ragazzi. Chissà, magari ci ritroveremo ad investigare insieme su qualche caso!” Fece per andarsene, ma una voce lo fermò.

“No.” Aveva risposto secco Genta.

Shinichi sgranò gli occhi. Cosa intendeva dire?

“Ora che Conan e Ai non ci sono più, i Detective Boys non hanno più motivo di esistere. O tutti o nessuno.”

“Ragazzi..”, iniziò Shinichi, “voi siete dei Detectives. E i Detectives non si arrendono di fronte a niente. L’investigatore ha due anime: quella umana e quella del detective. La parte umana è uguale a quella di tutti gli altri: racchiude i sentimenti, le idee, ciò che caratterizza ogni uomo. La parte del detective, invece, è lontana da tutto ciò: lei osserva imperturbabile i fatti, non si lascia condizionare da niente. Vedete, spesso la seconda tende a prevalere sulla prima. E’ per questo che noi detectives tendiamo a sentirci invincibili e tanto sicuri di noi stessi: perché vediamo le cose in maniere distaccata, lasciamo che l’acqua ci bagni e che il vento ci asciughi come se niente fosse. Quando però la parte umana prevale sulla seconda, allora è tutto più difficile. Perché ci si sente sconfitti e delusi da se stessi, ci si sente come se andare avanti fosse impossibile. Ci si sente senza via d’uscita, senza due opzioni tra cui scegliere. Ma c’è sempre una scelta nella vita: e il detective deve trovare un equilibrio tra le due parti della sua anima. Ma mai, per niente al mondo, deve lasciar stare la sua professione: sarebbe come annientare una parte di se stessi. Mi capite?”

I tre ragazzini annuirono. Pendevano letteralmente dalle labbra del giovane.

“Come ho detto, voi siete dei Detectives. Non lasciate che la vostra anima umana prevalga. Trovate un equilibro, continuate a essere quello che siete. Fatelo anche per Conan e Ai. Loro vorrebbero questo.”

Detto questo, si incamminò, lasciando i tre bambini sul ciglio della strada, interdetti come non mai.

Ora, c’era un ultimo posto in cui voleva andare. C’era un’amica che voleva salutare.

Arrivò dopo una decina di minuti al cimitero del quartiere di Beika. Tra le lapidi, incastonate una dietro l’altra come fiori di un giardino di pietra, regnava un silenzio assoluto. Cominciò a camminare lentamente. Aveva intravisto una figura seduta in fondo al sentiero.

Era giovedì. Sapeva di trovarlo.

“Anche tu qui?” gli chiese, sedendo vicino all’amico.

Shuichi Akai annuì. Teneva gli occhi fissi sul cellulare. Davanti a loro c’erano due piccole lapidi gemelle, su cui erano incisi i nomi di Akemi e Shiho Miyano.

“Rileggi sempre l’ultima mail che ti ha mandato?”

Akai chiuse il telefono.

“Non l’ho protetta. E’ solo colpa mia se Akemi è morta.”

Akemi ti ha amato fino all’ultimo istante. E’ morta con la consapevolezza  che tu eri al sicuro. Sapeva di andare incontro a morte certa, ma non si è fermata. Ha voluto così.”

Gli occhi delle due sorelle Miyano li stavano fissando attraverso la carta di due foto sgualcite. Erano più piccole, ma erano sempre loro. Loro che, nonostante non esistessero più, avrebbero continuato a vivere nel ricordo di chi le aveva amate.

“E Shiho? Non sono riuscito a proteggere nemmeno lei.”

“Non puoi fartene una colpa.” Rispose Shinichi, “Io non ho fatto altro che tormentarmi fino a ieri. Poi, ho capito che non aveva senso continuare così. Shiho si è esposta, quella notte al porto, perché voleva sentirsi libera. Sorrideva l’ultima volta che l’ho vista. Credo che l’ultimo attimo della sua vita sia stato l’unico momento in cui si è sentita davvero se stessa.”

Akai abbassò lo sguardo.

“Io non riesco a smettere di pensarci.”

“Prima di morire, Shiho mi ha chiesto di tornare da Ran. Di vivere anche per lei. Sono sicuro che Akemi avrebbe voluto la stessa cosa per te. Avrebbe voluto chiederti di vivere anche per lei.”

Shinichi aveva la voce rotta dall’emozione. Era passato ancora troppo poco tempo per riuscire a trattenere le lacrime. Forse, di tempo non se sarebbe passato mai abbastanza.

“Mi manca. Mi manca da morire. Ma voglio andare avanti anche per lei. Voglio continuare a vivere con la ragazza che amo, godere al massimo ogni secondo della vita, per riuscire a viverlo anche per lei.”

“Io non ho altri da amare.” Rispose secco l’uomo.

“Ne sei sicuro? Non serve cercare lontano. Credo che la risposta sia vicino a te.”

Akai sorrise. Aveva capito l’allusione dell’amico.

Si sentirono dei passi sul sentiero. Una ragazza dai lunghi capelli castani si stava dirigendo verso di loro. Portava in mano un mazzo di rose rosse.

“E’ Ran. Mi ha detto che mi avrebbe raggiunto qui, con i fiori preferiti di Ai..”

Akai vide la ragazza avvicinarsi a salutarlo. Gli ricordava moltissimo Akemi. Quel sorriso dolce e gentile, quei modi garbati, quella forza d’animo esteriore destinata a rompersi come un vaso di cristallo.

La osservò poggiare dei fiori accanto alle due lapidi, e poi, la vide rivolgere qualche parola silenziosa ad Ai. Quando poi lei e Shinichi si alzarono e si incamminarono, Akai restò di nuovo solo.

Ma forse non lo era. Akemi era lì, dentro il suo cuore. E, sempre accanto a lui, c’era un’altra donna che lo amava.

Sì, forse il ragazzino sveglio aveva ragione. Era tempo di voltare pagina, di lasciarsi dietro un finale vecchio e tormentato, per iniziare a scrivere una nuova fiaba.

Prese in mano il cellulare e compose il numero di Jodie.

La giornata era serena, non c’erano nuvole in cielo. Il telefono dall’altra parte squillava, mentre lui si alzava e si incamminava verso una nuova vita. Era tempo di vivere anche per Akemi. Era tempo di vivere a pieno la vita.

Era tempo di lasciarsi cullare dal dolce sentimento dell’amore, di lasciarsi annegare in un mare di delicatezza lontano dalle fredde montagne dell’insensibilità.

Un mare leggero, dolce. Vellutato come un bicchiere di sherry.

 

-fine-

 

 

Mettere il punto finale a questa fan fiction non è stato affatto facile. Per tre mesi mi avete tenuto compagnia con le vostre visite, i vostri commenti, i vostri consigli.. pensare che questo è davvero l’ultimo capitolo è un qualcosa che mi fa stringere il cuore! Prima di tutto, ci tengo molto a ringraziarvi, perché è solo per voi che ho trovato man mano la voglia di aggiornare, di rivedere ogni singolo capitolo, di provare a dare sempre il meglio. Mi avete stimolata e incoraggiata, e credo che davvero siate i migliori lettori che avrei mai potuto desiderare. Avete recensito con costanza, non stufandovi mai di dirmi cosa ne pensavate di ogni singolo capitolo. Penso che sapere i pareri di chi legge sia la cosa più importante, perché aiuta a capire quanto si è davvero riusciti a comunicare e, quindi, quanto si può ancora migliorare. E’ per questo che, giunti alla fine, vorrei chiedervi il piccolo favore di lasciare un commento.. mi piacerebbe sapere davvero come avete trovato la storia in sé, magari precisando cosa secondo voi non andava bene o cosa viceversa condividete! Ovviamente questa è solo una richiesta, capisco che non tutti amano recensire =) Quindi, in ogni caso, grazie lo stesso a tutti!

Vorrei spendere qualche parola sulla storia in sé. Spero che, ora che avete finito di leggerla, vi sia rimasto qualcosa. Mi spiego meglio! Ho provato a scrivere qualcosa di più di una semplice fan fiction su Detective Conan. Attraverso i vari personaggi, ho cercato di rendere tutte le varie sfumature e sfaccettature degli esseri umani.

Prendiamo Shiho, per esempio. Lei rappresenta un po’ il desiderio di libertà di tutti noi, quello che abbiamo dentro, anche se forse spesso non ce ne accorgiamo. E lei rappresenta anche la forza di lottare per la libertà VERA, che le è stata sempre negata. Il tema della libertà è uno dei principali, attorno a cui ruota tutta la fan fiction: mi sono resa conto di quanto spesso io mi lamenti per motivi del tutto futili, quando invece ho la cosa più importante che un essere umano deve avere, e cioè la libertà.

C’è una domanda che vorrei farvi.. qual è secondo voi il personaggio meglio riuscito? Insomma, quello che vi ha comunicato un qualcosa in più degli altri. Mi piacerebbe davvero saperlo.. =)

Scusate se mi sono lasciata andare con le parole, ma dato che è la fine mi sono concessa un po’ più di spazio=)

Ringrazio intanto:

-chi ha recensito: Alexia_Chan floravik Aya_Brea Yume98 Dony_chan  izumi_  Alesaphi24  Crystal Mizuki Dolores1992 shinichi e ran amore e trunks94_cs!

-chi ha la storia tra le preferite: Aya_Brea cardcaptorvincy chyo floravik infernapenergy I_Am_She kurap Kuroshiro shinichi e ran amore Yume98 Alexia_Chan  Dony_chan Sherry Myano YukariKudo200 KonanKohai  Dolores1992!

-chi ha la storia tra le ricordate: Lilla95 Aya_Brea shaula

- chi ha la storia tra le seguite: Alesaphi24 Alexia_Chan Aya_Brea  BlackFeath ciachan CrystalMizuki Helen Black infernapenergy izumi_ kaze90 kurap Kuroshiro Leak_kaeL Lilla95 Scorpyon Sweet96 YukariKudo200 _kid_ jennelyn12  ismile  giadi!

Spero davvero di non aver dimenticato nessuno!

Per rispondere ad una domanda che qualcuno di voi mi ha fatto, non so quando pubblicherò un’altra fan fiction. Le idee non mancano, ma purtroppo tra scuola e impegni vari, manca il tempo per mettere tutto nero su bianco! Inoltre, ho l’abitudine di scrivere completamente una fic prima di pubblicarla.. conoscendomi, so già che altrimenti rischierei di aggiornare una volta ogni tre settimane!

Infine, mi scuso per il ritardo con cui ho postato questo capitolo! Ho avuto una settimana davvero difficile!

Ok, penso di aver davvero finito.. scusate per queste lunghissime note finali!

Grazie ancora a tutti! =)

Un bacione e ci si risente presto su EFP!

_Flami_

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=889215