Life is run, rest is waiting … la vita è una corsa, il resto è l'attesa

di Arwen_theevenstar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** indian motorcycle ***
Capitolo 2: *** CAP. 2 HURTS ***
Capitolo 3: *** profumo di cocco ***
Capitolo 4: *** Jason Home ***
Capitolo 5: *** Ruby Granma ***
Capitolo 6: *** Tea & Cookies ***
Capitolo 7: *** heart' rumble ***
Capitolo 8: *** love is a losing game ***
Capitolo 9: *** Tears are Falling ***
Capitolo 10: *** I REMEMBER YOU ***
Capitolo 11: *** Ready to fall ***
Capitolo 12: *** welcome Back to the jungle ***
Capitolo 13: *** Send Me An Angel ***
Capitolo 14: *** Forever ***
Capitolo 15: *** You're all i need ***
Capitolo 16: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** indian motorcycle ***


CAP 1 Era da tempo che volevo vivere quell’avventura con mio fratello. Soltanto io, lui e la sua moto. Da quando mi ero trasferita a Houston non avevamo avuto più modo di vederci, così , dopo tanto tempo, decidemmo di passare la pausa di primavera insieme. Bryan era la persona più importante della mia vita: un fratello maggiore con cui non litigavo mai neanche da piccola, anzi per me lui era l’esempio da seguire, e tutte le sue passioni le ha trasmessi a me, dallo skate alla musica, avevamo un bellissimo rapporto, e mi mancava. Bryan il mio bellissimo fratello moro con i lunghi capelli neri e profondi occhi castani, tanto da sembrare un nativo americano, tanto da far dubitare origini Navaho mi aveva trasmesso una delle mie passioni principali: le moto. I motori mi affascinavano sin da quando ero bambina, tanto da averne fatto la mia professione. Anche al liceo, quando le altre ragazze passavano i pomeriggi a provare le coreografie da cheer leader, io e Bryan restavamo in officina ad aiutare nostro padre, e con il passare degli anni e acquisita più pratica, la sua attività da meccanico passò a me mentre Bryan genio dell’informatica lavorava presso una famosa multinazionale, tuttavia non aveva mai abbandonato la passione per i motori, infatti nel suo garage custodiva gelosamente la sua Harley Davidson totalmente personalizzata da me. Ero sempre stata testarda e fiera, non avevo mai accettato aiuti o favori da altri e mio fratello con grande orgoglio aveva voluto che fossi io a lavorare sul suo gioiellino: avevo reso la sua Harley una moto “custom” esclusiva e unica. Ed eccoci li,a cavallo di quel bolide rumoroso durante una tipica e secca giornata texana. La strada scorreva lunga e deserta , ai bordi polverosi c’erano soltanto dei grandi campi recintati da delle staccionate che delimitavano i famosi ranch. Ci fermammo ad un rifornimento, uno di quei classici messi al bordo di una strada deserta e con un piccolo bar in legno dal quale proveniva un odore misto di frittura e di alcool. –“Vado a rinfrescarmi un attimo, ti prendo qualcosa da bere?” chiesi a Bryan mentre faceva benzina. “Si , grazie Lyz prendi una birra bella fredda!” Aprii la porta ed entrai. Non c’era molta gente, giusto un anziano baffuto che sgranocchiava un pollo, un motociclista accigliato che beveva una birra ed una signora riccia che addentava un hamburger talmente farcito che faceva fuoriuscire improponibili salsette colorate. Al bancone mi attendeva una signora in carne con la classica divisa bianca a righine rosa. Aveva le unghie laccate di rosso, ed un faccione non molto simpatico. “Vorrei due birre, grazie” cercai di usare il tono più gentile che avessi per addolcire suo sguardo minaccioso. “Facciamo 3, offro io” disse un uomo uscendo dalla toilette sistemandosi la tuta da motociclista e imbracciando il casco. “La ringrazio, ma non posso accettare” dissi pagando le mie birre ed uscendo velocemente. Lo scontrino del “Eagle Bar Dinner” mi dava il benvenuto in Louisiana. Probabilmente ero troppo sovrappensiero per notare il cartello “LOUISIANA” qualche chilometro prima. “Hey aspetta!” mi sentii tirare per un braccio. “Non lo sai che in Louisiana è maleducazione rifiutare una bevuta?”. Il tizio era abbastanza insistente d’altronde non era la prima volta che mi capitava, ero abituata a trattare con gli uomini e sapevo come comportarmi: “ E Tu non lo sai che in tutto il pianeta è maleducazione strattonare le persone in questa maniera? Comunque… Cheers!” Sbattei la mia birra sulla sua che iniziò a schiumare prepotentemente e con un occhiolino ed un sorriso beffardo mi avviai da mio fratello che controllava la sua Harley millimetro per millimetro.” Hey stronza!” Mi urlò dietro il tipo. Bryan mi venne incontro per accaparrarsi la sua desiderata birra che bevve velocemente e ripartimmo. Destinazione Bossier City dove ci attendeva Jason, un amico di Brian, con cui giocava a rugby ai tempi del liceo e di cui io da bambina ero letteralmente cotta. Riprendemmo la strada ridendo dell’accaduto. Bryan ormai non mi difendeva più, sapeva bene che ero diventata una donna autonoma e in grado di difendersi da sola. La strada era lunga e il tragitto iniziava a stancarmi quando distraendomi dai miei pensieri mio fratello mi disse “hey guarda dietro, c’è il tuo amico, a quanto pare non è stato molto contento del trattamento , speriamo non sia un pazzo e che non ci stia seguendo, comunque la prossima volta invece di mettere gli shorts, potresti metterti un normale paio di jeans” mi disse geloso. Mi voltai, una bellissima ducati monster bianca ci stava raggiungendo ad alta velocità. Feci a malapena in tempo a vedere il dito medio infagottato dai guanti neri prima che scomparve all’orizzonte. “L’hai fatto proprio incazzare,Lyz cosa gli hai detto?” sogghignò Brian. “Ma niente, è solo uno sbruffone” risposi. L’unica cosa che mi aveva infastidito era stato vedere la moto dei miei sogni nelle mani di un altro. Forse in questo io e Bryan eravamo diversi: lui era un patito delle moto custom, quelle belle grandi, da viaggio lungo la classica route 66, mentre io, ero sempre stata affascinata dalle moto da strada: leggere, scattanti e veloci e si devo ammetterlo, ero gelosa: la ducati era uno dei miei sogni nascosti, ma un giorno giurai a me stessa che l’avrei portata nel mio garage, si sarebbe stata parte del mio piccolo “tesoro” e sarei stata io a mostrare il dito medio a quello sbruffone.

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Capitolo 2
*** CAP. 2 HURTS ***


Passò circa un quarto d’ora, la strada era deserta. Bryan era solito viaggiare con andatura leggera e rilassante e io ero sommersa dai miei pensieri. Rivedere Jason mi metteva ansia, chissà se mi avrebbe fatto effetto, chissà se lui si era mai accorto del mio debole per lui, chissà com’era diventato. A ricordarlo bene era stupendo. Un caschetto biondo contornava due bellissimi occhi verdi e la sua carnagione dorata faceva risaltare il suo fisico atletico. Era il classico tipo che al liceo raccoglieva successo facilmente, il classico ragazzo fidanzato con la capo cheer leader per intenderci, che usualmente veniva eletta la coppia dell’anno al ballo finale, mentre io ero sempre stata la pecora nera, un maschiaccio, una specie di compagno di merende incapace di suscitare la minima attrazione sessuale. Sentii rallentare, Bryan stava frenando e accostandosi al ciglio della strada. Avevo il sole di fronte che nonostante i miei rayban scuri, non mi lasciava vedere bene la strada. Ci fermammo, mentre l’harley si spegneva il mio cuore mancò un colpo: L’uomo con la ducati era a terra e la moto era devastata dalla caduta. Bryan chiamò il 911, mentre io con il cuore in gola mi avvicinai al ragazzo. Tremavo, non mi ero mai trovata in una situazione simile ed avevo paura. Paura di trovare un uomo in pessime condizioni a cui non sarei riuscita a prestare soccorso sia per la mia scarsa preparazione in campo sia per la mia forte emotività. La mia unica forza era una corazza in difesa della mia grande sensibilità. L’uomo si muoveva male, voleva sedersi ma non ci riusciva, dalle reminiscenze del mio corso di pronto per l’officina capii che non aveva gravi traumi alla schiena altrimenti non si sarebbe mosso di mezzo millimetro. Lo aiutai a togliersi il casco e con la mia bandana bagnata gli rinfrescai il volto e gli pulii qualche graffio. “Ciao Stronza” mi disse piano aprendo gli occhi. Non lo avevo guardato di striscio al bar. Quei due grandi occhi castani mi guardavano dolcemente. Non risposi richiuse gli occhi e si disegnò sul viso un’espressione di dolore mentre gli buttavo un po’ di acqua ossigenata sul braccio sanguinante, fortuna che Bryan portava sempre un set in miniatura di “pronto soccorso”. Tirai un sospiro di sollievo, fortunatamente non avevo davanti ai miei occhi una scena tragica. Mentre facevo una prognosi del danno alla moto e aiutavo l’uomo a sedersi, arrivò l’ambulanza. “Voi siete suoi amici?” Mi disse una ragazza mentre lo caricavano, “Avremmo bisogno che uno di voi ci accompagni sia in ambulanza che all’ospedale”. -“Veramente no, non ci conosciamo, ma vengo lo stesso prendo il suo zaino e salgo” dissi senza pensarci due volte. Il mio senso di colpa mi attanagliava, magari era caduto a causa mia, magari aveva spinto troppo sull’acceleratore per via dell’arrabbiatura e per farci vedere “di che pasta era fatto”. “Bryan vai da Jason, l’ospedale qui vicino ha una stazione dei treni ben collegata con Bossier City vi raggiungerò non appena avrò modo te lo prometto” dissi a mio fratello mentre saltavo su quell’ambulanza. “ok, fai attenzione” mi disse mentre chiudevano gli sportelli. L’infermiere fece una flebo antidolorifica al ragazzo e poi mi chiese “Sei di Bossier City? Piacere mi chiamo Mike e tu?”. No, sono texana e.. “ L’uomo disteso ci interruppe. “hey amico, non ci provare! Questa ragazza non è disponibile ok? Non hai visto il tizio la fuori in moto?”. Sorrisi e gli feci un occhiolino. “ Comunque piacere, mi chiamo Elisabeth, per gli amici Lyz” feci in tempo a dire, ed eravamo già a destinazione. Come in tutti gli ospedali, il pronto soccorso era pieno, ma fortunatamente per gli incidenti c’era una specie di priorità e la barella scomparve dietro la grande porta a vetri. Uscii fuori a prendere una boccata d’aria, gli ospedali non mi erano mai piaciuti e l’incidente mi aveva messo talmente tanta ansia che mi mancava il respiro. “Lyz, posso chiamarti così? Comunque seguimi, hanno assegnato la stanza al tuo amico, non ha niente di grave ma dovrà restare in osservazione per un paio di giorni”. Era Mark. Lo seguii . Bussai prima di entrare, ma l’uomo stava dormendo. Mark se ne andò forzato dal suo cercapersone che continuava a suonare. “scusami Lyz un’altra emergenza!” Disse andandosene di fretta. La stanza era carina. Si certo era sempre un ospedale, ma c’era una finestra che dava su un bel cortile interno e metteva serenità. Mi accomodai nella poltroncina di velluto verde e iniziai a sfogliare distratta un giornale. L’uomo dormiva profondamente e ne approfittai per osservarlo bene. Era bello, aveva lunghe ciglia e una bocca perfetta. Una leggera barbetta incolta incorniciava il suo viso e le sue spalle erano muscolose. Non so perché forse per la paura dell’incidente ma ogni sguardo che posavo su di lui mi faceva mancare un colpo al cuore che si posizionava in gola e batteva tanto forte da impedirmi di respirare. Avevo sete, fortunatamente avevo visto un distributore di bibite lungo il corridoio così presi una bottiglietta d’acqua e rientrai. “Così ti chiami Lyz e sei texana oltre che stronza” Mi sconvolse una voce calda. Alzai lo sguardo, era sveglio e i suoi occhi nocciola mi stavano analizzando. “ Si, invece tu, sfrontato ducatista, chi sei?” gli risposi accigliata. “Io mi chiamo Shannon, piacere, ma bisogna sempre arrivare a questo punto con te per conoscerti?” Disse sorridendo. “Bhe finora non ho mai fatto del male a nessuno, e mai nessuno se ne è fatto a causa mia, mi dispiace che sia accaduto proprio a te e spero con tutto il cuore che non sia colpa mia, d'altronde se guidi come un pazzo cosa devo farci?” “hey tesoro, tu non hai mai guidato una ducati vero? Il tuo fidanzato ti porta a spasso con la 500 e io vado in giro con una ferrari…” “Mi spiace per te ma la tua ferrari è diventata un ferraccio…e prova a fare questa metafora ad un harleista e ti troverai a doverci passare tutta la vita su quel lettino mio caro” Ero troppo orgogliosa e abituata all’ambiente maschile per non rispondergli. Shannon chiuse gli occhi con una smorfia di dolore e preoccupata mi avvicinai. “Che succede?” chiesi tremolante “Niente di insopportabile se mi prometti di non andartene e di restare con me… e poi devo sdebitarmi con te e … Con il tuo uomo” terminò la frase con una specie di grugnito. Era convinto che Bryan fosse il mio compagno, non volevo svelargli la sua vera identità. Almeno non ora, ma non l’avrei lasciato lì, da solo, non sarei riuscita a dire di no a quello sguardo caldo e penetrante.

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Capitolo 3
*** profumo di cocco ***


Era rimasta li per tutto il tempo. Si era accovacciata sulla poltroncina e stanca si era addormentata. Era davvero bella e il destino la stava portando da me. Il mio problema era uno e insormontabile: il mio successo. Era la cosa a cui tenevo di più al mondo (oltre a mio fratello sia ben chiaro), non avrei mai rinunciato alla musica e alla vita vagabonda che mi portava a girare il mondo e conoscere tanta gente nuova, nuove culture, nuovi posti, nuove anime. L’infermiere mi cambiò la flebo di antidolorifico e silenziosamente se ne andò per non svegliare Lyz. I suoi capelli scuri ricadevano ondulati sulle sue spalle, indossava degli shorts scoloriti, una tshirt dei nirvana e ovviamente i biker boots da motociclista. Si era rannicchiata e dormiva coperta col suo giubbino di pelle ma era talmente piccolo che non riusciva a nascondere neanche metà delle sue belle gambe dorate. Aveva una fisionomia particolare, sembrava di origini indios e a pensarci bene anche il suo uomo. Me lo diceva sempre mia madre, che chi si assomiglia si attrae e questo era un classico esempio pensai mentre provavo ad alzarmi dal letto. Lyz si svegliò e me la ritrovai in un nanosecondo al fianco che mi prendeva per il braccio per aiutarmi. La sua vicinanza mi causò un brivido e istintivamente la abbracciai. Aveva un profumo dolce, ed esotico sicuramente era al cocco. “Hey, non dovresti alzarti da solo se non ti senti bene” mi disse delicata. Nonostante la sua carnagione dorata, un lieve rossore comparve sulle sue guance. Non si era accorta che il mio gesto non era dovuto a un malore, ma ad un’attrazione irresistibile. La guardai fissa senza risponderle, poi mi rimisi seduto sul letto. “Cos’hai li?” notai sul collo un tatuaggio. Era un triangolo ma non assomigliava affatto al nostro simbolo, la triade. “E’ un simbolo Reiki, si chiama Sonten e rappresenta le tre qualità fondamentali dell’essere umano: Amore, intelligenza ed energia. E’ una specie di simbolo di connessione tra l’umano e il divino” . “bello” dissi sfiorandolo. “è davvero un bel tatuaggio”. Tremò. La porta si spalancò all’improvviso “Hey bro ma che cacchio combini? Mi hai fatto prendere uno spavento e nonna è da 3 ore che ti sta chiamando, ho dovuto fare il giro degli ospedali di bossier prima di trovarti! Come stai?” Irruppe Jared nella stanza. Ritirai la mano. “Bene, stai tranquillo, sono soltanto scivolato, mi rimetterò presto, sei solo?” Jared diede uno sguardo veloce a Lyz che assisteva alla nostra conversazione senza battere ciglio. “Tomo è di sotto sta prendendo un caffè , ah eccolo qui!”. Tomo entrò nella stanza con un bicchierone di caffè bollente che faceva sudare solo a guardarlo. “ehm… vi lascio soli” disse Lyz timidamente, fece per uscire ma la bloccai. “No, resta. Ragazzi lei è Lyz, e mi ha soccorso insieme al suo ragazzo. Dobbiamo sdebitarci con lei ok? Anche se il suo uomo ha un’Harley…pffffffff”. Lyz mi pizzicò un fianco. “Ok ducatista, devo rivelarti che Bryan è mio fratello e poi… non devi sdebitarti avrei fatto lo stesso per chiunque altro si fosse trovato nella tua situazione”. Rimasi shockato. La somiglianza c’era e anche molta proprio perché erano fratelli! Il mio cuore iniziò a battere forte e rimasi imbambolato per tutto il resto del pomeriggio mentre Jared e Tomo raccontavano a Lyz della nostra vita e quotidianità. Lyz li ascoltava stupita, non era nostra fan, non ci conosceva, ma ci promise che un giorno sarebbe venuta ad un nostro live. “Oh mio dio, sono già le 7! Shan io e Tomo dobbiamo andare abbiamo l’intervista per il Kerrang Magazine, se hai bisogno di aiuto ti mando nostra madre, ma deve arrivare da L.A. e non sarà qui prima di domani mattina, mentre nonna…lo sai com’è fatta se ti mando nonna non ti lascerà in pace per un secondo per quant’è apprensiva” “No dai resto io. Mio fratello è da un amico a Bossier, io posso restare, ho con me il mio zaino con l’occorrente per la notte, tanto ormai è già tardi e non me la sento di tornare in treno di notte da sola, sempre se per Shannon è ok”. Jared e Tomo mi guardarono con un’aria interrogativa dato che dopo diversi secondi ancora non avevorisposto. “Ehm… si ok, ma poi mi sdebiterò, prometto!” … “si si Shannon, lo sappiamo noi come ti sdebiterai disse Tomo uscendo con un’occhiolino rivolto a me”. Jared gli diede uno spintone “Ma smettila! Vedrai che quando troverà la donna giusta si placherà e l’ape regina la smetterà di impollinare tutti i fiori e si dedicherà solo al suo alveare…giusto Bro?” ero in totale imbarazzo. “Andatevene tutti e due e non costringetemi a raccontare a Lyz cosa è successo durante lo show ad Amburgo l’anno scorso” dissi ridendo. I due smammarono in fretta mentre Lyz riprese in mano il giornale di gossip che stava sfogliando prima. “Se avessi saputo chi fossi, ti avrei spellato una bella ricompensa monetaria” disse ridendo dietro al giornale. “Brutta stronza texana che non sei altro,l’unica cosa che posso fare per te è comprare una moto decente a tuo fratello “ dissi sonnecchiando. “Sei così sicuro che quella sia l’unica cosa che tu possa fare per me?” mi rispose Lyz mentre alzandosi iniziava a spogliarsi. Mi guardava dritto negli occhi e il suo profumo invadeva le mie narici facendomi crescere l’eccitazione. Sembrava un felino che lentamente si avvicinava alla sua preda. Più si avvicinava e più il mio cuore tremava…. “hey tutto ok?” mi sentii scuotere. Aprii gli occhi, non avevo fatto in tempo ad addormentarmi che già la stavo sognando. “Stavi mugugnando… cavolo a tempo di record! Non mi è mai capitato di sentire qualcuno mugugnare mentre si addormenta, ahhaha” disse sorridendo. “si tutto ok, veramente ho un po’ fame” risposi per non pensare al mio sogno di poco prima. “Stanno passando la cena, un po’ di pazienza e ti aiuto a mangiare, ma … si può sapere cosa stavi sognando?” . “Stavo sognando te” . “ma dai che cretino!” … Sorrisi e mi guardò con un’aria interrogativa, non credeva che l’avevo sognata, e forse era meglio lasciare il dubbio. Gli inservienti passarono con la cena che lasciai quasi completamente nel piatto. Era proprio uno schifo e non vedevo l’ora di tornare a casa. In quel momento rientrò Lyz che era uscita a fare due passi. Mi passò un sacchetto di carta che emanava un odore gradevole, era un hot-dog. “Tieni è per te, immaginavo che stessi soffrendo come un cane a dover inghiottire quella minestrina insapore e inodore…io ho già mangiato”. Rimasi stupito, quella ragazza si stava prendendo cura di me e non era poi così stronza. Magari è solo un po’ malfidata del genere maschile. Mangiai il mio panino con avidità, avevo proprio fame, e Lyz andò in bagno per sistemarsi per la notte. Mi ero quasi addormentanto quando sentii chiudere la porta. Era lei, indossava una canotta a costine e un paio di pantaloncini da uomo. “Vai a giocare a calcio?” la provocai… “hey, ma sei sveglio? Pensavo dormissi, ti sentivo russare…” disse mentre si sistemava sulla poltroncina di velluto. “Lyz… perché non ti metti un po’ qui vicino a me? Giuro che non ci provo e poi…in queste condizioni sono innocuo… cosi potrai distenderti un attimo, tanto mi hanno detto gli infermieri che non passeranno prima di 2 ore, dai, ci tengo che ti riposi un po’” Si sentiva in imbarazzo,così avvicinò la poltroncina al letto e si appoggiò con la testa vicino alle mie mani. La accarezzai, il suo viso era caldo e profumato e poi si addormentò. Restai tutto il tempo a guardarla, e le scattai una foto di nascosto col mio iphone , non volevo dimenticarla, avevo come la sensazione che tutto questo sarebbe finito presto, infatti come previsto il mio sonno sballato mi fece svegliare ormai a mattinata inoltrata e di Lyz nessuna traccia, solo un bigliettino. “ Ho parlato con il dottore, oggi ti dimettono, potrai tornare a mangiare hot dogs e mi raccomando…chiama tua nonna! Con affetto Lyz la stronza”. Mi guardai attorno frastornato, era davvero andata via, il suo zainetto non c’era più e aveva già sistemato le mie cose pronto per l’uscita. Guardai fuori dalla finestra ma nel cortile c’erano solo anziani signori in carrozzina. “Hey Mark… hai visto per caso Lyz?” dissi all’infermiere che si mi rispose a denti stretti “Veramente no, l’ho cercata anch’io” mi disse con uno sguardo di sfida. Dal corridoio sentivo le voci di Jared e Tomo che erano venuti a prendermi. “Dai bro, alzati che torniamo a casa! Per ora ti appoggi da nonna a Bossier, poi quando starai meglio tornerai con noi a LA, ma dov’è quello splendore di ieri?” mi disse mentre prendeva il mio zaino e firmava i documenti di uscita. “Se ne è andata Bro… “ e con l’aiuto di Jared e Tomo uscii dall’ospedale. Durante il tragitto in macchina i due parlavano di lavoro e di progetti, mentre io ero ipnotizzato dalla foto di Lyz sul cellulare. Non riuscivo a non guardarla, non riuscivo a togliere il pensiero da quella donna, a quel profumo,solo una cosa riuscì a distrarmi. Chissà la mia moto dov’era e in quali condizioni.

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Capitolo 4
*** Jason Home ***


Il tragitto da Stonewall a Bossier City sarebbe durato 25 minuti. Una forte ansia mi stava tormentando lo stomaco, dopo anni e anni avrei dovuto combattere contro il fantasma del mio passato: Jason. Mi chiesi se forse il fatto di aver incontrato “imprevisti” sul mio percorso non fosse un segnale del fatto che non avrei dovuto rivederlo. Avevo paura dell’effetto che avrebbe avuto su di me, soprattutto avevo paura che ancora una volta sarei stata trattata con assoluta indifferenza e che il mio cuore avrebbe sofferto di nuovo. Ero fuori solo da un giorno, ma già mi mancava casa mia. Mi mancava la mia officina, l’odore di benzina e il mio pastore tedesco: Moon. L’avevo chiamato così perché era il mio satellite. Ogni passo che facevo Moon mi seguiva come un’ombra, ed era un bravo ed abile guardiano notturno della nostra dimora. Avevo chiesto a Charlie il mio vicino di prendersi cura di lui, ma mi mancava e avrei tanto voluto averlo tra i piedi il mio grande e peloso “satellite”. Il panorama scorreva veloce e appoggiai la guancia al vetro che subito si rinfrescò, mi accorsi di avere sete e aprii lo zaino. Accartocciato sul fondo c’era un sacchettino colorato, tempestato dal logo “Yum!” … avevo dimenticato di buttare il cartoccio dell’hotdog della sera precedente e ripensai a quel lungo e strano giorno. Quante fatalità in sole 24 ore? Quante? Troppe per i miei gusti e per la mia vita semplice e ordinaria pensai. Chissà se mai un giorno andrò ad un loro concerto, chissà se avrò occasione di rivederli e se mi riconosceranno. Ero arrivata, il cartello Bossier City era vicino e il treno iniziava a rallentare. Mi alzai buttai la carta nel cestino , zaino in spalla e coraggio in mano. Il mio cuore pesava ma fortuna che con me ci sarebbe stato Bryan, lui mi avrebbe sostenuto e poi era giunta l’ora di fare i conti con il passato. La stazione era abbastanza grande ma riconobbi mio fratello dall’altezza e dai suoi lunghi capelli neri e lo abbracciai “Tesoro come stai? E il motociclista? Tutto bene?” mi disse prendendomi lo zaino. “si , diciamo di si…si riprenderà presto, oggi lo dimettono, ma a proposito, lo sai che è una rockstar? Suona la batteria in un gruppo, dicono di essere famosi ma io non li ho mai sentiti… si chiamano 30 minuti…30 secondi….oddio boh non ricordo!” dissi ridendo. Mi stavo rilassando, pensare a Shannon mi faceva sorridere e gliene ero davvero grata in quel momento. Arrivammo a casa di Jason, era una di quelle villette a schiera ad un piano con un piccolo giardino quadrato e il box auto accanto. Una dimora senza infamia e senza lode. Sul patio ci attendeva lui : alto biondo e abbronzato. Non era cambiato di una virgola e io già mi sentivo sprofondare. “Ciao Lyz! E’ una vita che non ci vediamo! Come stai? Ho saputo che ti piacciono i motori eh? Sei proprio uguale a tuo fratello! Anzi ti dirò, sei cambiata, come dire… sei molto meglio di tuo fratello, sei davvero bellissima!” mi disse mentre provava ad abbracciarmi timidamente. Ero rimasta inerme e ferma come un baccalà di fronte a cotanta bellezza. Lui era l’uomo che ho sognato per anni e a questo punto iniziai a dubitare che fosse soltanto un fantasma. Pregai con tutte le mie forze di reggere il colpo e che il mio cuore stavolta fosse rimasto immune al suo fascino. La camera degli ospiti era piccolina ma graziosa. Mi faceva strano dopo tanto tempo dover condividere di nuovo il lettone con mio fratello, tuttavia ero davvero felice del nostro viaggio. Staccare dalla routine ci serviva e avrebbe fatto bene a me a darmi una bella scossa dal concentrarmi solo sul lavoro. Sistemai le mie cose e mi infilai rapidamente sotto la doccia , indossai un jeans e una camicetta e il mio profumo preferito al cocco. Mi guardai allo specchio, e tirai i capelli in una coda alta nella speranza di vedere qualcosa di più bello rispetto al solito, ma rimasi delusa. La camicetta lasciava intravedere il mio tatuaggio sul collo, lo toccai e ripensai all’accaduto in ospedale.… si era davvero un bel tatuaggio. Jason mi chiamò per cena, lo aiutai ad apparecchiare mentre lui riempiva i piatti e mio fratello i bicchieri. Parlammo del più e del meno, delle nostre vite attuali anche se io non avevo molto da dire. Jason era impiegato in banca ma aveva molti giorni liberi che di solito passava alle Hawaii per dar sfogo alla sua passione principale: il surf. Non c’era niente di più banale di un uomo bello, biondo, economicamente stabile e amante del surf. Niente di più banale di cui potessi innamorarmi. Era palese che un uomo come lui non sarebbe mai potuto stare con una come me, con una ragazza che passa il giorno tra i motori e torna a casa sporca di olio e grasso. Lui era rimasto il tipo da Cheer Leader. Arrabbiata mi scusai e uscii fuori a fumarmi una sigaretta, nonostante erano anni che non fumavo più, sentivo il bisogno in quel momento di staccare ed uscire. Tirai fuori l’accendino e un foglietto volò dalla tasca del mio giubbino di pelle. Lo scontrino dello “Yum!” Sorrisi ripensando alla voracità con cui Shannon divorò il suo hot dog e al suo gesto gentile di offrirmi il suo letto. Quell’uomo non voleva proprio lasciarmi andare, ogni volta che iniziavo a pensare a Jason finiva che tornavo sempre li, a quegli occhi nocciola e a quelle labbra disegnate a quel “ciao stronza” che mi faceva dimenticare ogni ansia e ogni paura.

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Capitolo 5
*** Ruby Granma ***


La casa di nonna Ruby era un piccolo appartamento di pochi metri arredato in maniera molto classica…anzi diciamo “vecchia”: aveva una carta da parati giallognola con dei motivetti vittoriani e un vecchio orologio a pendolo che scandiva noiosamente ogni secondo che passava. Nonna Ruby Aveva già preparato il letto nella piccola stanza che utilizzavo da piccolo con Jared quando venivamo qui, era rimasta tale e quale, e mi sentivo un po’ a disagio alla mia età a dormire in una cameretta piena di poster di superman, e supereroi ormai “superati”. Tuttavia ero a casa , e li avrei dovuto trascorrere ancora una lunga settimana. “Shannino caro, vuoi una limonata? Un thè caldo? Dei pasticcini?” gridò la nonna dalla cucina. “no nonna grazie” urlai. “vorrei soltanto un po’ di …cocco” continuai sottovoce stringendo tra le mani la bandana di Lyz. L’aveva usata per tamponarmi i graffi ed era l’unica cosa che mi restava di lei oltre alla foto rubata mentre dormiva accoccolata al mio braccio. Se solo avessi qualcosa in più…che ne so un cognome, un numero di telefono, un qualcosa! Ci saranno migliaia di Elisabeth in Texas, e di sicuro non avevo il tempo per cercarla…e poi anche se lo avessi fatto chi mi garantiva che lei avrebbe voluto lostesso? D'altronde poteva anche lasciarmi un modo per rintracciarla prima di scappare via, ma non lo aveva fatto. Chiamai Jared per avere news sulla moto, mi disse che era stata portata in un deposito a Logansport a un’oretta dal luogo dell’incidente, al confine col Texas. Avrei dovuto aspettare un mese per riportarla qui e poi aggiustarla dato che tutti i meccanici erano in ferie per la consueta pausa di primavera. L’unica cosa che mi consolava era che anche se l’avessi avuta qui, non sarei comunque potuto salire in sella e partire data la mia situazione fisica ancora instabile. Nonna Ruby aprì la porta rumorosamente e appoggiò il vassoio con Thè e pasticcini sulle mie gambe. “Amore di nonna, anche se mi hai detto di no, devi mangiare e metterti in forza, su coraggio” mi disse allontanandosi silenziosa. Era proprio buffa… Era sempre stata così : amorevole e testarda, l’unica cosa che aveva dimenticato è che io avevo 41 anni e che Jared ne aveva 40, ci trattava ancora come dei piccoli marmocchi da rimproverare per farli crescere bene. La mia nonnina era unica e io la adoravo ma a 41 anni era un altro tipo di amore quello di cui io avevo bisogno, chissà se l’avrei trovato prima o poi chissà se sarebbe compatibile con il mio stile di vita, a volte però l’unica cosa che desideravo era salire in sella alla mia ducati e correre lontano via, da tutto e da tutti, scappare e godermi la libertà e il profumo del vento sulla pelle. Squillò il telefono di casa ma nessuno rispondeva. Preoccupato mi alzai c’era un foglietto vicino al telefono “esco a fare la spesa, torno subito”. Risposi era Jared che apprensivo come al solito mi faceva mille domande sui medicinali che stavo prendendo, sulle mie condizioni e se stavo riposando o meno nonostante sapeva benissimo che in casa di nonna non c’era niente di niente da fare figuriamoci qualcosa di stancante.”Hey Bro, senti,pensando a quanto fossi triste ho mandato nonna a prenderti un hot dog da “Yum!” ma appena torni da noi ci penso io a farti recuperare un’alimentazione sana ok? Basta fast food.” E riagganciò. Mio fratello era un pazzo , era fissato con l’alimentazione vegana e robacce simili, non mi avrebbe mai incastrato pensai mentre me ne tornavo piano piano a letto. Nonna Ruby rientrò dopo 10 minuti con il solito sacchettino profumato. “guarda tu i giovani di oggi si riempiono di schifezze e poi perdono l’appetito” disse mentre mi porgeva l’involucro fumante. “Tieni ci ho messo Ketchup e mostarda….ma …quella ragazza che hai sul cellulare è una ragazza famosa?” mi disse con tono indagatorio. “Ma no, nonna! È una ragazza…carina che … aspetta ma hai guardato il mio telefono?” “ No è che ieri ti sei addormentato con il telefono in mano e … l’ho vista… comunque mi sembra di conoscerla… ho visto una tipa che le somigliava molto da Yum prima… è stata anche molto gentile mi ha aiutato a portare la spesa, mi sembra si chiami Louise ed è ospite di Jason il banchiere, il ragazzo che abita qui affianco “ disse chiudendo la porta e correndo in cucina. Louise… conoscendo mia nonna Louise potrebbe essere la Bridget Jones di Bossier City. Non c’è persona che nonna Ruby non trovi adorabile e in quanto a somiglianze…beh a volte scambia anche me con Jared. Dalla mia finestra riuscivo a vedere il patio illuminato dei Peterson , il tavolino era apparecchiato per 3. Jason viveva da solo da quando i suoi si trasferirono alle Hawaii e di solito non mangiava mai fuori. A quel punto la curiosità mi attanagliava, chissà chi erano gli ospiti dell’uomo più ambito di Bossier City, se era davvero una bella Louise e suo marito o se era una delle solite ragazze che Jason portava a letto cambiandole alla velocità della luce. Cavolo potevamo farci concorrenza, solo che se non fossi un batterista rock non ci sarebbe battaglia, lui è l’uomo perfetto che tutte le donne sognano di avere accanto. Un brusio di voci mi distolse dai miei pensieri ma la luce era troppo bassa per poter distinguere le figure così rinunciai a scoprire l’identità dei nuovi ospiti, guardai di nuovo la foto di Lyz e con la sua bandana sotto il cuscino finalmente mi addormentai.

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Capitolo 6
*** Tea & Cookies ***


“Buongiorno signora Ruby”dissi sbadigliando. La vecchietta era uscita ad annaffiare le sue piantine. Era davvero buffa. Adoravo fare colazione all’aperto, sentire l’odore di fresco mi rendeva più sveglia e di buonumore. “ Allora, è piaciuto l’hot dog al suo nipotino? Gliel’ho detto che da Yum! fanno i migliori hot dog in assoluto… quello con la senape poi è eccezionale!” La signorà mi guardò sorridendo “Si certo Louise… dovevi vedere come l’ha divorato! Grazie ancora per avermi aiutato con la spesa ieri”. Era davvero tenera “di nulla signora è stato un piacere” le dissi salutandola con la mano mentre rientrava in casa. “Buongiorno Lyz dormito bene? Scusami per ieri sera ma sono crollato, devo ancora riprendermi dal viaggio” mi disse mio fratello baciandomi sulla fronte. Non risposi. Quella notte non avevo affatto dormito bene. Quando uscii a fumare nell’indecisione dei miei sentimenti Jason mi raggiunse, mentre Bryan era già cotto sul divano. Jason mi parlava come se mi conoscesse da una vita, le solite frasi fatte ma in realtà non sapeva nulla di me, non c’era niente di interessante nelle parole che mi diceva, il vuoto più assoluto ma per me lui era come una calamita così quando di punto in bianco mi baciò non feci resistenza. Non feci resistenza nemmeno quando silenziosamente mi guidò fino in camera sua, nel suo letto e facemmo l’amore se così si può chiamare. Una vera cretina ecco cos’ero. Se avessi rovinato l’amicizia sincera che c’era tra Bryan e Jason non me lo sarei mai perdonata, soprattutto nei confronti di mio fratello. Il ricordo della sera precedente mi nauseava. Avevo sempre desiderato di vivere quei momenti, ma una volta li, nulla era come avevo sognato. Una grande eccitazione e desiderio, ma niente di più. Un atto meccanico e privo di senso, mosso soltanto da un istinto irrefrenabile di avere finalmente ciò che desideravo da tanti anni. Era questo l’amore? Se si, era una grande stronzata, avrei preferito vivere una vita senza amore piuttosto che in quelle condizioni . “Hey cos’hai?” disse Bryan preoccupato. Il cappuccino era ormai freddo, strinsi le spalle all’aria fresca che s’insinuava nel mio pigiama leggero. “Niente Bryan, sono solo ancora un po’ assonata, programmi per oggi? Magari tu e Jason potete passare la giornata insieme, io credo che me ne andrò a fare un giro in centro, ok?” Cercavo di passare meno tempo possibile con Jason. “mmm ok come vuoi Lyz” disse Bryan rientrando. Al suo posto uscì Jason con solo un pantaloncino blu e i suoi pettorali in bella vista. Era bello come il sole e io arrossii nonostante il fresco. Mi venne vicino e mi abbracciò, baciandomi delicatamente sulle labbra. Nonostante tutto aveva un sapore delizioso. Presi lo spunto del rumore di una tapparella che si abbassava improvvisamente per allontanarmi. “Ahhhh lascia stare! La signora Ruby qui vicino sistema la camera dei nipoti ogni giorno come se vivessero ancora con lei, ma di solito non è cosi rumorosa”. Disse provando ad abbracciarmi di nuovo. “vado a vestirmi, non vorrai mica che ci vedesse Bryan insieme? Gli verrebbe un’infarto!” dissi staccandomi e rientrando in casa. Che guaio. Che gran bel guaio in cui mi ero messa. Jason e Brayn passarono la giornata insieme come ai vecchi tempi, mentre io tranquilla approfittai del temporale primaverile per chiudermi in casa e leggere un libro. Pranzai velocemente poi finita la pioggia approfittai per una bella passeggiata. Il quartiere residenziale era davvero carino e ben sistemato, tuttavia non era il mio Texas. Non c’erano sconfinate praterie, tantomeno ranch e pascoli di mucche. Tornai a casa che era già buio, di Jason e Bryan nessuna traccia. Provai ad aprire la porta ma… Non avevo le chiavi. Sul cellulare un sms “prendi le chiavi sul tavolo se esci perché non rientreremo a cena. Bryan”. Il messaggio segnava le 15.15. Cazzo! Ero rimasta chiusa fuori, ero talmente fuori dal mondo che non avevo neanche controllato il telefono per tutto il giorno. Erano le 19.00 e non sarebbero rientrati prima delle 23.00. Fantastico, ben 4 ore da passare nei sobborghi di Bossier City e il mio stomaco brontolò. “Louise cosa fai li da sola?” era la signora Ruby che rientrava dalle commissioni. “Sono rimasta chiusa fuori signora Ruby!” le risposi alzando le spalle. “Vieni da me tesoro che ti offro un thè con i pasticcini… o una limonata se vuoi!”. Mi sentivo in imbarazzo tuttavia la signora era davvero carina e simpatica e la mia fame stava superando la mia timidezza. “Grazie signora, mi sdebiterò con lei per l’ospitalità”, dissi scavalcando la piccola staccionata. “Shanni tesoro sono tornata! Ti preparo un thè e arrivo!” Disse forte aprendo la porta. “Nonna no, non ho fame!” Tuonò una voce maschile dietro una porta. Rimasi di stucco, il suono mi sembrava familiare, ero sorpresa dato che pensavo che il nipotino della signora Ruby fosse pressochè adolescente. “Dai Shanni non farti riconoscere come il solito brontolone, abbiamo visite!” disse ridendo Ruby. “Di a Jared che non mangerò mai la sua zuppa di broccoli se lo può togliere dalla testa. E perché mai ancora non è piombato qui a salutarmi? Jay sei proprio un cretino! Vieni qui e raccontami dell’intervista al Kerrang!”. Shanni? Jared? Kerrang? O era tutto una grande coincidenza, o al di la della porta c’era lui. Il mio ducatista sfrontato. Il mio cuore iniziò a battere forte mi appoggiai un attimo al piccolo tavolo, mi sentii affannata come se avessi corso per dieci chilometri senza sosta. Appesa al muro una foto arrossata dal tempo di due bambini con le orecchie di topolino che sorridono felici dalla fisionomia familiare. La mia testa girava forse per la troppa fame e non capivo cosa mi stesse succedendo. “Louise cara, mi aiuti a portare il vassoio al mio Shanni? Nel frattempo preparo una bella tazza di thè caldo anche per te tesoro, sei così pallidina, ti senti bene?” Mi alzai in piedi, tremavo ma feci attenzione a non far cadere tutto. Aprii con calma la porta e seduto sull’ormai piccolo lettino c’era lui: Shannon. Aveva il suo solito sguardo magnetico, ma di sicuro non si aspettava di trovarmi li. “Elisabeth, cosa ci fai qui?” mi disse sorpreso. Appoggiai tutto sul comodino per evitare di fare disastri. Mi aveva chiamato Elisabeth… non lo aveva mai fatto prima. Solo 2 giorni prima ero per lui Lyz… o anche stronza, mi sarebbe andato bene. Avevo il cuore pesante, ma ero tremendamente felice di trovarmi li con lui. “ sono ospite di Jason, il vicino di tua nonna, sai è il migliore amico di Bryan e …siamo venuti a fargli visita”. Dissi impacciata ripensando all’accaduto della sera precedente. “Ah ho capito … sei la ragazza di turno di Peterson! Strano eppure mi sembravi una tipa intelligente e …” Non gli lasciai finire la frase. “hey io non sono la ragazza di nessuno punto primo e poi..” “ma come eppure mi sembravi proprio tu stamattina la ragazza che stava baciando appassionatamente in giardino… comunque affari tuoi. Puoi passarmi il pasticcino con la crema di nocciola?” Ero frastornata, disincantata,distrutta dalle sue parole. Sapevo benissimo di aver fatto una grande stronzata la sera prima, ma sentirmelo dire così mi stava distruggendo, il suo problema ora era avere un pasticcino alla crema di nocciola. Gli passai il biscotto e la tazza in silenzio, mentre lui aspettava una risposta da me. Eravamo sconosciuti eppure mi stava facendo una scenata di gelosia, e mi stava dicendo esattamente tutto ciò che pensavo io di me stessa. Mi alzai e guardai fuori la finestra. Mio fratello e Jason stavano già rientrando in casa con 2 belle ragazze al seguito. Cazzo! Ero stata proprio una stupida, ma cosa mi aspettavo? Che dopo quella serata lui si innamorasse di me? Che tutta la mia passione sarebbe stato amore eterno per tutta la vita? Non era così, non ero nemmeno gelosa di vederlo con un’altra, ma mi sentivo male per me stessa, per la mia stupidità e per il rischio che ho corso di intromettermi nell’amicizia di Bryan. Nonna Ruby irruppe nella stanza come un uragano. “Tieni Louise questo è per te, prendi tesoro hai una faccia sconvolta! E… ma Shannon non hai lasciato neanche un pasticcino a questa bella ragazza? Sei proprio un maleducato corro a prendertene altri tesoro” disse rivolgendosi a me. “Elisabeth, nonna, Elisabeth. E’ questo il suo nome” Disse Shannon mentre Ruby usciva velocemente dalla camera e tornava con una scatola di pasticcini al burro. “Ragazzi io vado a dormire, sapete alla mia età sono abituata ad andare a dormire molto presto, Shanni tratta bene Louise e guardala dalla finestra finchè non rientrerà in casa. Non mi fido delle strade di Bossier City di notte” disse baciando Shannon sulla guancia e chiudendo velocemente la porta. Non riuscivo ancora a parlare, mi sedetti sul letto in un minuscolo spazio. Guardavo Shannon che inzuppava invogliato i biscottini nel thè e scuoteva la testa per la troppa premura di Ruby. Per fortuna che non aveva fame! Con lui stavo bene, mi uscì un mezzo sorriso che Shannon catturò subito. Forse si era reso conto che la scenata di gelosia era inopportuna. “Perché ridi?” mi disse curioso. “Shannon posso dormire qui stanotte? Avevi detto che volevi sdebitarti con me e… io non ti avrei chiesto nulla, ma ti prego, fammi restare. Dormirò qui in un’angolino o su questa poltroncina” Mi guardò a lungo sorpreso. “ehm … certo si ma…aspetta vieni qui” mi disse facendomi spazio nel piccolo letto. Il primo vero contatto fisico voluto fu una vera e propria esplosione di emozioni. Mi sentivo al sicuro, tra quelle braccia forti non c’era più nulla che contava. Jason non esisteva più, c’era solo il calore che emana un bellissimo corpo umano maschile. Parlammo a lungo quella sera. Mi sentivo tranquilla con lui e gli raccontai della mia vita, la mia quotidianità del mio lavoro, dell’officina e della passione per i motori; di Moon e della mia magnifica campagna texana. Sentiva quanto mi mancasse tutto ciò e prima di addormentarmi mi promise che il giorno dopo mi avrebbe riportato da tutto quello che amavo.

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Capitolo 7
*** heart' rumble ***


Mi svegliai con una forte fitta al braccio. Dormire in due in un lettino da una piazza a malapena era davvero difficile specialmente nelle me condizioni. Feci una smorfia di dolore e Lyz si svegliò. I suoi occhi erano illuminati dalla luna piena che rischiaravano la stanza. I suoi occhi scuri mi scavavano. “oddio Shan scusami ti sto facendo male disse alzando la testa dalla mia spalla facendo per alzarsi”. Nonostante il dolore al braccio la bloccai e la strinsi forte a me. Potevo sentire il suo cuore battere sul mio petto. La baciai con passione e forza, una sensazione che non provavo da tempo. Mordevo voglioso le sue labbra arrossate e lei in silenzio mi lasciava libero di amarla. I nostri corpi erano perfetti l’uno per l’altra i pezzi mancanti di un puzzle che completano un capolavoro. Il dolore al braccio mi attanagliava, Lyz preoccupata si fermò. “Shannon ho paura di farti male” . Sul comodino c’era una pastiglia di L490 da prendere all’occorrenza. La inghiottii in fretta. “Shhhhhhhhhhhh” la zittii con un dito sulla sua bocca calda. Pochi secondi ed eravamo già nudi. La sua pelle morbida e profumata era bollente, non vedevo l’ora di sentire tutto il suo calore per me. Si scostò leggera per poi sedersi sopra di me. Si muoveva lenta e silenziosa ed era bellissima. Era come un vento caldo del sahara che scalda e fa vibrare tutto quello che accarezza. Fece presa agganciando le sue mani alle mie e le strinse forte quando il nostro piacere toccò il culmine. Scivolò piano al mio fianco e mi portò una mano sul suo petto. Il suo cuore stava esplodendo, proprio come il mio e feci lo stesso. “hey senti come va veloce… sembra una ducati” mi disse sottovoce. “il tuo invece fa tonfi talmente forti che sembra un’harley” risposi sorridendo. Restammo li per il resto della notte, avvinghiati a noi stessi con il ticchettio della pioggia che iniziava a cadere. “buongiorno” fui svegliato da un dolce bacio caldo. “hey chi si vede… come stai?” risposi con la voce ancora roca. “Bene ma…. Cosa diciamo a tua nonna? E’ già sveglia e sta preparando i pancake”. Mi alzai dolorante e mi vestii, anche Lyz si rivestì in silenzio. “shhhh tu rimani in silenzio parlo io” le dissi facendo l’occhiolino e aprendo la porta. Dopo pochi minuti nonna si fiondò in camera mia. “Povera Louise…stella mia ma come hai fatto a dormire tutta la notte in quella poltroncina? Sei un tesoro, grazie per aver accudito il mio Shanni, mi ha detto che ieri ha avuto dolori talmente forti da non riuscire a riposare, vieni che ti ho preparato la colazione” Povera nonna. Era così ingenua , ma io l’amavo anche per questo! “Nonna scusaci ma non faremo colazione qui oggi… ho promesso a Lyz di riportarla a Houston di fretta perché ha un’urgenza a lavoro” Ruby ci guardò entrambi e poi sorrise. “Lyz mi raccomando, se mai dovessi ripassare per Bossier City torna a trovarmi… sei davvero una persona squisita tesoro, abbi cura di te” le disse abbracciandola. Lyz era commossa da tanto affetto e ricambiò energicamente l’abbraccio. “Certamente signora Ruby e mi raccomando, si faccia aiutare da suo nipote con la spesa quando si rimetterà in sesto” le disse facendo l’occhiolino. Uscimmo di casa silenziosamente, io chiamai il mio autista che sarebbe arrivato da li a pochi minuti “Cos’hai in mente Shannon?” mi disse curiosa. “Ti riporto a Houston Lyz. Ho sentito quanto soffrissi la mancanza della tua vita…e poi hai un lavoro urgente da fare”. Si girò di scatto “Cioè?” accesi la mia sigaretta “aggiustare una ducati” le dissi con tono elementare. Gli occhi le brillavano per l’emozione, forse di tornare a casa o forse perché stava per mettere le mani su una ducati. “ma attenzione a non fare pastrocchi, io sarò li con te , ho deciso che passerò li la mia convalescenza, se non mi vuoi tra i piedi affitterò una stanza, ma non lascio la mia moto da sola” le dissi mentre aprivo il cancelletto dei Peterson. Mi strattonò e mi girai, mi stampò un bacio sulle labbra e poi corse in casa a preparare il suo zaino. Sentivo discutere Lyz con suo fratello palesemente amareggiato del ritorno anticipato della sorella, ma in pochi minuti era fuori. “Gli ho detto che avevo un lavoro urgente da finire che mi avrebbe fatto mangiare per 6 mesi e mi ha lasciato andare” disse sorridente. L’auto era arrivata , salimmo e partimmo per Houston. Giusto quattro ore e mezza era il tempo del tragitto e poi avrei visto la realtà di Lyz. Arrivammo nel primo pomeriggio. Lyz viveva nella campagna appena fuori Houston, aveva una piccola casetta in legno e l’officina a fianco. Era tutto minuziosamente sistemato, semplice, ma bello. Un cane drizzò le orecchie e si alzò dal suo sonnellino. Lyz spalancò la portiera e gli corse incontro, e così fece Moon che per quanto saltava era alto quanto lei, sembrava davvero si stessero abbracciando. Tornò da me, togliendomi di mano i due borsoni. “Hey faccio io…sei mio ospite e per di più sei infortunato, dai seguimi, ti presento Moon, ma non fare tante moine con lui presente… è geloso”. Il cane mi guardò e abbaiò. “Ciao Moon molto piacere… tranquillo, non farò niente di male alla tua Lyz ok?” Gli dissi camminando cauto. “dai su… mi sembravi più coraggioso… non ti farà nulla!” disse Lyz che già stava aprendo la porta di casa. La raggiunsi rapidamente, nell’accogliente cucina. Era tutto in legno ed era piena di soprammobili e tappeti colorati. Sembrava davvero una casa di una riserva sioux. Alle pareti vecchie foto in bianco e nero e alcune foto di lei e Bryan da piccoli. In pochi minuti avevo già curiosato per tutta casa e avevo raggiunto Lyz in camera da letto. Stava disfando le valige, e stava sistemando le mie cose in un cassetto vuoto. “Perché se vivi da sola hai un cassetto vuoto? “ Si girò come se avessi disturbato i suoi pensieri. “ L’avevo lasciato per te” mi disse mentre mi tirava a se e si buttava sul letto. Restammo li qualche minuto a ridere come cretini poi Moon tornò a fare il suo mestiere: il satellite, gironzolò attorno al letto fin quando Lyz esausta non si alzò per dargli da mangiare. “Diventerai grasso a forza di mangiare così tanto Moon…. Vorrai mica assomigliare a Pato, il maremmano dei vicini?” la sentivo serena e io stavo bene. L’indomani sarebbe arrivata la mia moto e non vedevo l’ora di mettere Lyz alla prova. Se fosse stata tanto brava da sistemarla giurai a me stesso che l’avrei sposata.

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Capitolo 8
*** love is a losing game ***


Non c’era bisogno di sveglie in casa Barton, bastava Moon che puntualmente alle otto di mattina piombava in camera con la grande ciotola in acciaio tra i denti facendo un fracasso assurdo. “Mmmmmm ma cos’è sto casino?” mi disse Shannon stringendomi di più di quanto stesse facendo già. “Sono 4 mesi che sei qui e ancora ogni mattina mi chiedi la stessa cosa. E’ Moon che come al solito reclama la colazione… Buongiorno amore” lo baciai delicatamente sul naso. Il tempo insieme era passato alla grande e davvero velocemente, la moto era quasi ultimata; mancavano solo alcuni pezzi di carrozzeria che dovevano arrivare dalla casa costruttrice in Italia, ma nel giro di 20 giorni sarebbe stata pronta per tornare in strada. L’estate era ormai agli sgoccioli, presi un golfino e mi alzai controvoglia dal letto. “Andiamo Moon… lasciamo stare questo scansafatiche, noi abbiamo un lavoro che ci attende… NOI…” ribadii sorridendo. Mi arrivò un cuscino in testa e una fragorosa risata risuonò nella stanza. Moon iniziò ad abbaiare al letto. “Mio Dio, siete peggio di due bambini, smettetela!” dissi tappandomi gli orecchi. La solita routine ormai era diventata un vero piacere da quando Shannon viveva con me. Ogni giorno cominciava in maniera diversa e io amavo quel mio piccolo cosmo più di ogni altra cosa, tanto da chiedermi come avevo fatto a vivere senza fino ad allora. Aprii l’officina, come una volta al mese, ad aspettarmi c’era il signor Lopez e il suo vecchio pick-up sgangherato con il solito rumorino al motore. Mi misi all’opera mentre Moon si appollaiò vicino alla serranda. Finito il lavoro al furgoncino arrivò Shannon. Era proprio bello pensai. Indossava un paio di calzoncini al ginocchio di jeans, una tshirt sdrucita dei Led-Zeppelin e delle assurde scarpe multicolor. Il signor Lopez ritirò il suo furgoncino contento e tornò a casa. Si era quasi fatta l’ora di pranzo e Shannon tirò giù la serranda e mentre ero con la testa a curiosare dentro a un cofano di una vecchia ma bellissima Mustang mi cinse i fianchi “lo sai che sei ancora più sexy quando sei in tenuta da lavoro?” lo guardai sbalordita. Una canotta bianca, sporca di grasso, capelli raccolti ma ormai tutti scompigliati e una tuta blu da meccanico non erano proprio ciò che io intendevo per seducente. “dai Shan smettila ti sporcherò tutto … “gli dissi mentre provavo a non toccarlo e mi pulivo le mani con uno straccio. Mi guardava come era solito fare quando voleva fare l’amore con me. “ shhhhh tranquilla… adesso i vestiti sporchi li togliamo…anzi togliamo anche quelli puliti” disse mentre mi spogliava. Moon si alzò e drizzò le orecchie, poi arreso si ributtò a terra. Shannon mi spinse contro il muro gelido. Mi accarezzava lentamente e ogni suo tocco mi provocava brividi di piacere lungo tutta la schiena. Nessun uomo mi aveva mai fatto sentire così, non mi diede neanche il tempo di pensare a quello che stavamo facendo, che già era dentro di me. Succedeva, sempre così, come una tempesta tropicale improvvisa e pura, quando facevamo l’amore ci completavamo. Io sentivo lui e lui sentiva me fino a dentro ogni minuscola cellulla del nostro corpo. Eravamo legati e lo saremmo stati per sempre. Eravamo un’unica cosa, e amavo alla follia i nostri respiri che si rincorrevano e i nostri gemiti d’amore che rimbombavano nella grande officina. Ci rivestimmo velocemente al suono di un clacson fuori dall’officina. Mi aggiustai i capelli mentre Shannon alzava la serranda. “Nooooooooooooooo, non ci credo! Ma cosa ci fai qui?” esclamò Shannon mentre abbracciava suo fratello. Scese anche Tomo “ ma guarda chi si vede!! Brutto asshole che non sei altro ma che diamine state combinando?” e abbracciò anche lui. Moon era rimasto seduto con le orecchie dritte. Era strano, non si era mai comportato così con persone che non conosceva. Come minimo avrebbe almeno abbaiato un po’. Corsi a lavarmi le mani e tornai tra loro. Devo ammettere che mi sentivo un po’ in imbarazzo. “Hey Lyz! Come stai? E’ un piacere rivederti… sarà passato, quanto, 5 mesi?” –“si più o meno… si può dire che non è stato un incontro felice il nostro, eravamo tutti preoccupati per la salute di Shannon, ma ora siamo più rilassati, prego accomodatevi facciamo pranzo insieme abbiamo così tante cose da raccontarci!” Tomo stava già giocherellando con Moon ed entrammo tutti in casa. Corsi a fare una doccia e pensai alla strana visita. Perché proprio ora? Avevo sempre avuto un sesto senso per queste cose, e la faccenda non mi piaceva affatto. Si, ero contenta di rivedere i ragazzi insieme, che si divertivano e tutto, ma dentro di me aleggiava un brutto presentimento. Cercai di non pensarci, tornai di là. Jared teneva in mano la cornice della mia foto preferita con Bryan da bambini e Tomo era ancora intento a giocare con Moon . Shannon aveva già preparato la tavola e messo il pranzo in forno a scaldare. Nell’attesa parlammo un po’ del più e del meno, Jared ci raccontò della sua esperienza ad Haiti, Shannon invece raccontò tutto sull’incidente, la riabilitazione alla spalla e su come stesse venendo bene la sua moto. Ci spostammo al tavolo per pranzare e Tomo ci raccontò della sua estate passata in Europa con la sua Vicky, che lavorando nel campo della musica doveva seguire in tournee una band , e Tomo avendo tempo libero passò l’estate con lei. Era davvero un brav’uomo. “Shan io e Tomo dobbiamo dirti una cosa… oh Dio… quanto mi mancava… tra tre giorni ricominciamo il tour! Mondiale anche stavolta… America, Asia, Europa… Shannon ci credi? Faremo di nuovo il giro del mondo e godremo dell’energia reciproca che solo con gli echelon riusciamo a scambiarci, quanto cazzo mi sentivo spento in questo periodo!!” Tomo ci guardava perplesso, io non riuscivo a credere a ciò che avevo appena udito. Il mio presentimento. Eccolo era arrivato. Il giorno in cui il mio microcosmo sarebbe stato distrutto da un meteorite gigante. Non potevo farci nulla. Il mio era davvero un mondo minuscolo rispetto a quello che la vita aveva riservato a loro e non volevo e non potevo fermare tutto questo. Shannon decisamente sorpreso si alzò. Aveva in volto un’espressione indecifrabile , forse neanche lui sapeva se essere felice o triste. “Perché non dici niente?” disse Jared preoccupato. “ ti fa male ancora il braccio? Dimmelo Shan per favore, annulleremo tutto se vuoi. Io mi sono fidato dei referti della fisioterapista, ma se tu non ti senti pronto, allora aspetteremo”. Shannon mi guardò e poi si rivolse a Jared. “Non c’è niente da aspettare. Questo momento sarebbe arrivato prima o poi e … partiremo”. Tomo si rilassò anche se aveva già capito la sensazione di combattimento che aveva Shannon dentro di se. Io abbasai lo sguardo, mi sentivo sconfitta, ma non lo ero. Dovevo accettarlo, quella era la sua vita, la sua scelta, il suo lavoro, la sua passione il suo tutto, d’altronde io lo amavo anche per questo. Non avrei mai voluto che lui rinunciasse a tutto ciò per me, solo che amarlo così intensamente mi aveva fatto dimenticare il fatto che un giorno avrei dovuto restituirlo alla sua vita.

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Capitolo 9
*** Tears are Falling ***


Solo poche ore e poi me ne sarei andato. Non potevo credere che quel giorno fosse arrivato. Lyz si alzò gelida e sparecchiò. Salutò i ragazzi e accompagnata da Moon tornò in officina. Sembrava più piccola e indifesa di quanto fosse già. Restai un po’ con i ragazzi che ripartirono per Atlanta dove si sarebbero fermati fino all’indomani per aspettare me e Tim per poi partire tutti insieme. Jared come al suo solito cercava di scavare nelle mie sensazioni e Tomo… semplicemente si limitò a non chiedermi nulla per evitarmi sofferenze. “Ti prego Jared, arriverò domani ma ora, lasciatemi il tempo di salutare Lyz” mi limitai a dirgli abbracciandolo. Mi guardò e capì. Saltarono sulla grande Berlina nera, che ripartì velocemente mentre Moon la seguì per un centinaio di metri e poi tornò indietro trotterellando e si infilò in officina. Non sapevo cosa dire a Lyz semplicemente perché non sapevo neanche io cosa pensare. Presi coraggio ed entrai. Era intenta a lavorare ad un motore, aveva rimesso il telo alla mia ducati. Mi avvicinai lentamente e Moon iniziò a ringhiarmi. Per la prima volta in 4 mesi Moon mi ringhiò contro. “Smettila Moon vai fuori!!!” urlò Lyz arrabbiata. Il cane fece un guaitò ed uscì lentamente. “Lyz io….” Il rumore metallico di una chiave inglese rimbombò nel garage. Non aveva la forza neanche di tenere in mano un oggetto, tanomeno di ascoltarmi. Le scese una lacrima poi si accasciò a terra, raccolse la chiave ed uscì frettolosamente. Maledizione! Non sapevo come comportarmi, eppure non volevo sprecare quelle ultime ore che avevo a disposizione con lei. Se solo avesse saputo quanto la amavo. Rimasi li un po’, poi presi coraggio ed uscii. Era seduta in accappatoio sugli scalini del porticato, aveva già fatto una doccia, e stava fumando una sigaretta, probabilmente avevo perso la cognizione del tempo. “Da quando fumi?” dissi arrabbiato con lei e con me stesso. “Da ora” Rispose secca. Le tolsi la sigaretta di mano e la buttai. Le bloccai il polso. “Non lo devi fare, capito? A cosa ti serve adesso? Non fare la bambina stupida Lyz, non lo sei. Sei una donna. Una meravigliosa donna intelligente e bellissima” Stava tremando, poi iniziò a singhiozzare. L’abbracciai fortissimo quasi a toglierle il respiro. “se sei arrabbiata con me….” Mi zittì con un bacio “shhhhhh zitto stupido… come potrei essere arrabbiata con te? Questo sei tu…sei Shannon Leto e dovrai continuare ad esserlo per il resto della tua vita, vai e fai ciò per cui sei nato. Ammaliare il mondo con i tuoi tamburi”. Si alzò e tornò in casa. Era ormai sera, e la luna piena si stava facendo spazio nel cielo oscurando migliaia di piccole stelle. Lyz era rannicchiata sul divano, non si era ancora vestita e stava sorseggiando una tazza di thé. In quel momento capii che non c’era bisogno di spiegazioni o di tante parole, così mi accoccolai vicino a lei, semplicemente senza fare nulla, ma assaporando ogni secondo passato insieme a quella bellissima creatura. Si alzò di scatto aveva cambiato colore e corse in bagno, poi tornò visibilmente distrutta. “Hey, tesoro tutto bene?” le dissi accarezzandole i capelli ancora umidi. “le tue sigarette fanno schifo, ho vomitato anche l’anima” le sorrisi e la abbracciai forte. Niente e nessuno avrebbe mai dovuto portarmi via da lei, come avrei fatto senza la mia donna? Un senso di disperazione mi bloccò lo stomaco. Quella sera non facemmo cena, passammo tutta la notte tormentandoci di baci, di carezze e di lacrime. Non riuscii a chiudere occhio, la tv passava la scena finale di “Modern times” quando Charlie Chaplin risponde ad una sconsolata Paulette Goddard “non abbatterti, mai dire mai, ce la faremo” … e le disegna con le mani un sorriso in viso mentre si incamminano per la strada. Diversi erano i problemi Chaplin aveva a che fare con il capitalismo, problemi sociali e politici, ma mi fece riflettere ugualmente. Adoravo i film in bianco e nero. “buck up – never say die. We’ll get along! ”. Lo spero Charlot lo spero con tutto il cuore. L’alba era alle porte, il mio volo per Atlanta sarebbe partito tra 3 ore. Mi alzai controvoglia, baciai Lyz delicatamente per non svegliarla. Dio santo quanto era bella! Mi preparai e infilai le mie cose nella valigia. Erano passati 4 mesi da quando vivevo con Lyz e le mie cose erano ormai dappertutto. Vuotai il cassetto che mi aveva preparato lei quel giorno. Era il mio cassetto, forse un giorno sarebbe stato di qualcun altro. Mi assalì una rabbia immane. La cosa peggiore è che non potevo fare nulla. Non potevo promettere a Lyz che sarei tornato presto, non sapevo ne quando ne se fossi riuscito a tornare da lei. Non potevo costringerla ad aspettarmi, non potevo lasciare che lei si precludesse le opportunità che la vita le avrebbe portato nella speranza di rivedermi un giorno. Dovevo lasciarla andare. Infilai in borsa le ultime cose e chiusi la zip. Lyz dormiva serenamente o almeno sembrava. “addio mio piccolo angelo” sussurrai. Prima di andarmene sistemai Moon per la colazione. Mi guardava con quegli occhioni marroni tristi. Avevo fatto male alla sua padrona, lui riusciva a percepirlo, ma sapeva anche quanto lei fosse legata a me. “Ciao Moon, prenditi cura di lei e proteggila, divora tutti gli uomini che provano a mettere piede in casa” dissi sorridendo e accarezzandolo per un’ultima volta. Il taxi era arrivato, mi voltai per guardare ancora quella piccola casa in legno che mi dava tanto calore. “dannazione! ti amo Lyz” pensai mentre chiudevo lo sportello. Mi voltai un’ultima volta e lei era li, sulla porta. Capelli scompigliati e la tshirt sdrucita degli Skid Row, scalza e senza calzoncini. Riuscivo a vedere i suoi occhi scuri che mi imploravano di non andarmene. Non mi corse incontro, non mi salutò. I suoi occhi mi pregavano di non abbandonarla, ma lei mi stava lasciando andare. Il tassista accese il motore e partì. “I gotta tell you what I'm feelin' inside, I could lie to myself, but it's true There's no denying when I look in your eyes, girl I'm out of my head over you I lived so long believin' all love is blind But everything about you is tellin' me this time It's forever, this time I know and there's no doubt in my mind Forever, until my life is thru, girl I'll be lovin' you forever” la voce di Paul Stanley dei Kiss suonava lenta alla radio. Girl I’ll be lovin’ you forever.

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Capitolo 10
*** I REMEMBER YOU ***


Era passato ormai un mese da quando Shannon se ne era andato. La mia vita era tornata la solita routine che ti stringe nella sua morsa, ogni tanto quando volevo farmi davvero male, accendevo il pc e guardavo qualche video dei recenti live su youtube. Shannon era sempre in ottima forma, era un vero e proprio tripudio di energia. Chissà dove la trovava. La sua musica era la cosa che amava di più al mondo, la sua musica era il suo vero e unico habitat. Forse era una mia sensazione, ma quest’anno l’autunno era davvero rigido. Nonostante fosse solo fine settembre, in officina si gelava, così, avendo anche meno lavoro ne approfittavo per lavorare sulla moto di Shannon. Mi faceva sentire più vicina a lui, ogni volta che la toccavo, sentivo la sua passione passarmi tra le mani, forse era solo suggestione, ma io lo amavo, non volevo ammetterlo a me stessa, ma lo avrei amato per sempre. Era pronta. Era ora che questo piccolo diavolo tornasse in strada. Dovevo trovare il coraggio di lasciarla andare, come Shannon, ma prima dovevo provarla. Mi lavai e poi mi infilai la tuta di pelle nera che avevo acquistato un anno prima poi infilai gli stivali , e il casco. Saltai su e il cuore mi tremò. Stavo per partire con una ducati, con LA ducati di Shannon. Come ogni volta prima di partire, da buon cristiana mi feci il segno della croce e poi girai le chiavette. Il rombo del bolide superava di gran lunga il tonfo assordante del mio cuore nel petto. Inserii la marcia. Prima: uscita dall’officina, Seconda: fino all’incrocio, Terza fino al fondo della strada del centro abitato, Quarta, Quinta…. E il vento gelido che scorreva veloce sul mio corpo. Davanti a me non c’era una strada lunga, ma soltanto lui Shannon. Davanti a me c’era l’amore immenso e smisurato che non mi lasciava via di scampo e che ogni minuto ogni istante mi tormentava l’anima. Percorsi diversi chilometri, ormai era buio e non mi resi conto di essermi allontanata troppo. Erano già passate 3 ore e mezza eppure nonostante il freddo, non riuscivo a staccarmi da quella moto. Quello che mi legava a lei era troppo grande. Uno strattonare mi riportò alla realtà, accostai, il motore si fermò. Dannazione, avevo finito il carburante! In preda al panico chiamai Bryan. “Hey sono io Lyz… ascolta Bryan…. Sono uscita a provare la moto di Shan, ma ora sono ferma in strada, sono a secco maledizione! Come faccio adesso?” lo implorai di darmi un valido consiglio. “Calmati Lyz…ci sono case intorno?” iniziai a piangere di paura “No, Bryan, sono in mezzo al nulla!” “aspetta fai una cosa, accendi il gps sul cellulare e dimmi dove sei.” Avevo anche poca batteria, ma miracolo funzionò: “Tenaha!” Bryan fece un sospiro “ma come diavolo ci sei finita li? Sei al confine con la Louisiana. Aspetta li, ti mando a prendere da Tracy la sorella di Jason che lavora all’ospedale di Stonetown”. “Ok, grazie Bryan” risposi rincuorata e chiusi la conversazione. Quaranta minuti. Quaranta fottutissimi minuti sul ciglio di una strada buia, il freddo mi stava facendo sentire male. “Hey tu sei Lyz vero? Piacere Tracy Salta su ti porto con me a Stonewall, finisco il turno tra 2 ore e poi ce ne torniamo a casa ok? “ La sorella di Jason gli assomigliava molto, aveva gli occhi castani ma dei capelli dorati che le incorniciavano il viso. Alla sua domanda annuii, tremavo e battevo i denti. Non volevo lasciare la moto li, fortuna Tracy aveva portato un paio di litri di carburante che mi fecero arrivare giusto giusto a casa di un meccanico a tre chilometri da li. Eravamo colleghi, lo implorai e riuscii a piazzarla nel suo garage per una notte poi saltai sull’auto di Tracy. Un’ondata di calore mi pervase il corpo e dopo una prima sensazione di benessere ebbi un mancamento. Mi sentivo stanchissima ed affaticata tanto da non riuscire a tenere gli occhi aperti. Ero molto debole, forse la paura mi aveva giocato un brutto scherzo. Tracy preoccupata si sbrigò ad arrivare in ospedale, sia per coprire il suo turno che per farmi fare degli accertamenti. Giusto il tempo di scendere dalla macchina che la testa iniziò a girarmi come in un vortice, la voce di Tracy era come un eco lontano. Mi appoggiai al cofano, occhi chiusi e portai la mano alla testa. Tracy diceva che scottavo e che sicuramente avevo la febbre, arrivarono gli infermieri che mi caricarono su una barella. Bell’idea Lyz, guarda come ti sei ridotta per un giro in moto. Sei ridicola. Adesso hai anche la febbre alta! Mi rendevo conto di blaterare qualcosa ma non riuscivo a far filare un intero discorso, decisi cosi di rimanere zitta e di abbandonarmi ad un sonnellino. Mi svegliai leggermente frastornata. C’era Tracy vicino a me che mi stava scuotendo delicatamente. “Lyz, come ti senti? La febbre si è abbassata lievemente… ti è bastato restare un po’ al calduccio, però prima di somministrati dei farmaci ho pensato di farti fare delle analisi e Lyz… ci sono dei valori un po’ sballati, sai…” Iniziava a salirmi la paura, quanto avrei voluto avere al mio fianco Shannon o Bryan. “Tracy..oh mio Dio… ti prego dimmi che sto bene, dimmelo!” la implorai. “Lyz TU stai bene…. Solo che hai i valori di… di una donna incinta!” .Tracy mi strinse la mano, come per farmi coraggio. Quelle poche parole rimbombarono nella mia testa facendo un fracasso assurdo. Non credevo a ciò che Tracy mi stava dicendo, era impossibile! Non riuscivo a riprendermi dallo shock. “ma… sei sicura? Cioè non è che magari è per via della febbre…o qualcos’altro…non so!” . “No, non c’è dubbio Lyz…non potrebbe essere altrimenti comunque sta per arrivare la ginecologa, ti farà una visita più accurata lei, per ora preferisco non darti farmarci per abbassare la febbre, se si possono evitare è meglio per il bambino, e poi tu sei una persona forte! Ma mi raccomando bevi tanta acqua te l’ho appoggiata sul comodino” mi disse facendomi un occhiolino e chiudendo la porta dietro di se. Il mio cuore batteva talmente forte che non riuscivo a sentire altro che il suo rumore. No, non poteva essere vero. E adesso? Cosa avrei fatto? Cosa sarebbe successo alla mia vita? Sentii bussare, era sicuramente la ginecologa. “Avanti” dissi con una voce flebile. Una ragazza mora alta entrò e mi sorrise. Si chiamava Jill e io la guardavo impaurita come se avessi visto un mostro. “Coraggio Lyz, facciamo questa visita, ah bene, c’è anche il macchinario per l’ecografia qui, possiamo farla subito, te la senti?” in realtà no. Non me la sentivo. Era tutto così improbabile per me che se avessi avuto la minima forza fisica sarei scesa dal letto e sarei scappata a gambe levate nella speranza di svegliarmi da un sogno shockante. Un gel freddo sulla pancia mi fece rabbrividire e poi stop. Credo che la mia vita si sia fermata per un istante. Sentire quel cuoricino battere velocissimo era la cosa più strana e bella che mi sia capitata in vita mia. Mi scese una lacrima. Allora era vero. Jill mi pulì la pancia e si tolse i guanti. “Lyz sei di due mesi e mezzo, come hai fatto a non accorgerti? Lo sai che oggi hai corso un bel rischio?” mi ammonì. Ecco già mi sentivo una pessima madre. “E’ che… gli ultimi 3 mesi sono stati un inferno per me e…. i giorni passavano e io… non facevo caso a niente e …” mi veniva da piangere. Jill mi fece una carezza “tranquilla Lyz, è tutto ok, non c’è nessun rischio, ora riposati e se la febbre scenderà domani potrai tornare a casa, ma mi raccomando… niente moto!” Bevvi un bicchiere d’acqua fresco che mi ritemprò dal mio insolito calore febbrile, chiusi gli occhi, e come ogni volta c’era lui, Shannon che mi tirava in testa il cuscino e rideva come un matto. In quel momento mi sarei dovuta sentire sola, invece c’era la sua risata godereccia li con me, c’era il suo profumo, il suo sguardo, il suo tocco. C’era il suo cuore che batteva veloce dentro al mio.

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Capitolo 11
*** Ready to fall ***


Non era mia abitudine origliare. Ero un tipo curioso, si, ma non fino a questo punto. Le infermiere dell’ospedale di Stonetown ogni volta che mi vedevano iniziavano ad “ocheggiare”. “scusate sapete dirmi dov’è la dottoressa Tracy Peterson?” dissi cercando di dissuaderne una che al mio sguardo arrossì. “si è in quella camera giù in fondo sta visitando una paziente ma se vuole la può aspettare qui” rispose la biondina pavoneggiandosi. Feci finta di nulla e già che andavo di fretta mi avviai per il corridoio. Io e Tracy ci conoscevamo da quando eravamo bambini, quando giocavamo nei giardinetti o veniva lei a casa di nonna Ruby. Le nostre vite si erano separate al liceo. Io e Shannon ci trasferimmo a Los Angeles per intraprendere la carriera artistica mentre lei era rimasta a Bossier City ed era diventata un medico primario dell’ospedale di Stonetown. Era sempre stata una mente brillante, ancora ricordo Shannon quando la sfotteva e la chiamava secchiona. La porta era socchiusa, tuttavia riuscii a scorgere Lyz sul lettino. Mi venne un tuffo al cuore, ero preoccupato ma non potevo entrare. Riuscii a malapena a sentire Tracy che parlava e udii una notizia devastante. Mi appoggiai al muro. Non potevo credere ai miei orecchi. Lyz era incinta. Di Shannon “ Mi nascosi nel bagno di fronte e aspettai che uscì Tracy. Non sapevo cosa fare e cosa pensare. Non riuscivo ad immaginare Shannon padre. Lui che tutta la sua vita era musica. Lui che tutto il suo amore era impresso in batteria o ducati. Non era quella la vita che avrebbe scelto, me l’aveva dimostrato un mese prima tornando con noi in tour. Per un attimo dimenticai il mio scopo principale cioè parlare con Tracy della spalla di Shannon e prendere un appuntamento per il prossimo controllo fisioterapico. Entrò un’altra donna nella stanza di Lyz , passarono dieci minuti ed uscì di nuovo scrivendo qualcosa nella sua cartella clinica. Non sapevo bene cosa dire,cosa fare ero confuso ma presi coraggio e bussai. Lyz aprì gli occhi e se li strofinò pensando di avere avuto un’allucinazione da febbre. “Ciao Lyz…. Sono Jay, mi riconosci?” dissi sorridendo. Lyz era davvero in imbarazzo “non vorrei disturbarti, ma ero venuto a trovare la mia amica Tracy e involontariamente ho ascoltato cosa ti ha detto….dunque … sei incinta?” . Lyz indifesa si stava tormentando una ciocca di capelli e con l’altra mano stropicciava il lenzuolo bianco. Ci mise un po’ prima di rispondermi “Si, Jared… è stata una sorpresa anche per me”. Le parole mi uscirono come un fiume. Le vomitai addosso tutte le mie paure: “Pensi che Shannon sia felice di questo? Quando solo un mese fa ha scelto di ricominciare la tournee. Ha dedicato tutta la sua vita alla musica, ha sacrificato ogni tipo di relazione umana che sia famiglia, amici o amore pur di seguire la sua passione. Pur di essere libero.LIBERO. Lui vuole esprimersi, tu lo sai, è un animale selvaggio, mentre la tua vita …. Lo ridurrebbe come uno di quei leoni in gabbia in uno zoo. La sua moto è la sua via di fuga, lui ama la libertà. Lo conosco bene mio fratello. E’ uno onesto ed è un brav’uomo. SI prenderebbe tutte le responsabilità , ma sai … non so quanto potrebbe esserne felice dato che non ha scelto di avere un figlio. Pensaci Lyz, anche la tua vita cambierebbe. Tu sei come lui, sei un’aquila libera! Hai la tua officina, i tuoi motori… come pensi di crescere un bambino da sola?” Mi fermai. Ero uno stupido e lei stava piangendo. L’avevo ferita lo so, ma a volte le mie paure sormontavano le mie certezze. “Hey, scusa…. Davvero ti chiedo scusa…fai finta di nulla, ricominciamo da capo ok?”. Mi guardò con quegli occhi scuri lucidi “no Jared hai ragione. Shannon non saprà mai niente e… la vita da madre non fa per me” disse chiudendoli piano. Stava soffrendo. Forse non era convinta di voler rinunciare davvero a quel bambino e di sicuro non ero io in diritto di chiederglielo. Mi sentivo in colpa. “Lyz, fai finta che non sono mai entrato in questa stanza ti prego, perdonami e … buona fortuna” volevo andarmene. “Aspetta!” mi fermò. “la moto di Shannon è a Tenaha, al km 110 c’è un’officina … manda qualcuno a prenderla e… starò fuori dalla vostra vita.Addio” mi disse coraggiosa. Era davvero una donna forte. Non sapevo se lei avrebbe rinunciato a suo figlio, ma mi stava dicendo che avrebbe rinunciato a Shannon. I suoi occhi parlavano chiaro. Era uno spirito libero, chi meglio di lei avrebbe potuto capire la vita di mio fratello, chi avrebbe potuto capire la sua necessità di libertà. Decisi di andarmene e di non infierire. Non avrei mai parlato a Shannon di quell’incontro e della gravidanza di Lyz. Non era mio compito, anche se ero riuscito ad intromettermi, e a compromettere quel momento di intimità di una madre al primo impatto con il suo bambino. Speravo che quella mia visita e che le mie parole non avrebbero avuto conseguenze devastanti nella vita di Lyz. D’altronde mio fratello era un grande uomo e avrebbe trovato una soluzione a tutto, ma in quel momento la paura di vedere frantumarsi la nostra carriera ebbe la migliore. Chiusi la porta mentre Lyz si accoccolò nel letto girandosi dall’altro lato. Non ero un uomo senza scrupoli. Già mi immaginavo il piccoletto o piccoletta… capelli color del cioccolato e occhi da cerbiatto con un sorriso disarmante e una risata fragorosa. Sarei stato felice un giorno di diventare zio … adoravo i bambini e sapere che sarebbero legati dal mio sangue… me li avrebbe fatti amare ancora di più. Un giorno ne sarei stato felice, se non fosse stato per il fatto che ero Jared Leto e che la mia vita era un vero e proprio casino. Uscii dall’ospedale e rientrai in macchina. “hey bro cos’hai? Hai una cera!! problemi con la mia cartella clinica?” Lo fissai. Gli stavo mentendo ma non potevo fare altro. “No, no è che… Tracy non è di turno stasera e… chissà poi quando potremmo tornare dal tour qui! Credo che sarebbe meglio telefonare la prossima volta” dissi con un peso sul cuore. “Si hai ragione Jay, tranquillo, la prossima volta telefoneremo, ma … sto bene , vedi? Il mio braccio va alla grande non preoccuparti!” mi disse facendo mosse improponibili da karate-kid nell’abitacolo dell’auto. Risi di gusto. Fratello mio, stai iniziando proprio ora a riprenderti dall’assenza di Lyz… non posso metterti di fronte a questa enorme difficoltà non posso. “Pizza?” disse Shannon mentre accendeva l’auto . “si ma solo se vegetariana”.

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Capitolo 12
*** welcome Back to the jungle ***


Ultima notte da nonna Ruby a Bossier City e poi saremmo tornati a Los Angeles per il weekend. Una settimana di stop e poi il tour sarebbe ricominciato con il suo ritmo sfiancante da capogiro che tanto amavo. Jared mi guardava silenzioso mentre io fissavo il soffitto della cameretta: l’ultima volta che ero stato li avevo fatto l’amore con Lyz per la prima volta. Ancora sentivo tutto il suo calore avvolgermi e il suo profumo di cocco tra le lenzuola. “hey bro, te lo ricordi questo poster di spiderman? Da quant’è che è appeso qui? Saranno ormai 25 anni! Eravamo bambini… ti ricordi tutto ciò che abbiamo vissuto qui da nonna? Le corse in bici e i giochi con Jason e Tracy!” Jared parlava ma io non lo ascoltavo. Il mio cervello era altrove. Non riuscivo a non pensare a lei, alla mia piccola e dolce Lyz…. La mia stronza, che mi ha lasciato andare via senza mai dirmi che mi amava. Non l’avevo mai fatto neanche io, forse per proteggermi da quello che sicuramente sarebbe arrivato amaramente cioè il nostro addio. Era passato quanto? Un mese? Due? Eppure continuavo a sognarla e vederla ovunque. Ogni mattina appena aprivo gli occhi mi sembrava di vedere Moon con quella sua ciotola che iniziava a ronzare intorno al letto. Ogni mattina mi svegliavo e il mio cuore si disilludeva. Sul comodino c’era ancora la scatola di L490, chissà… se avesse funzionato anche come antidolorifico per il mio cuore ferito. “hey Shan… qualcosa non va? Hai una faccia!” “no no… tutto bene, stavo solo pensando ai vecchi tempi…mi mancano!”. Jared mi fissò, scrutando ogni mia espressione facciale. “anche a me…buonanotte” disse spegnendo la luce e infagottandosi nel suo letto. Sembrava mi stesse nascondendo qualcosa, ma non ci feci tanto caso, probabilmente la stanchezza stava avendo la meglio anche su un iperattivo come lui. Il profumo di Lyz mi tormentò per tutta la notte. Strinsi il cuscino come per sentirla ancora mia. Dove sei amore mio? Perché non mi hai fermato? Perché non mi hai chiesto di portarti con me? L’avrei fatto, ma tu sei la mia aquila libera. Non posso incatenarti a me, non meriti di diventare un’ombra sulla mia vita. La tua vita è troppo preziosa per lasciare che ruoti attorno a quella di una rockstar capricciosa con la fissa delle ducati. Mi addormentai esausto e tormentato ma la sveglia suonò poco dopo. “ma che cazzo di suoneria hai Jared?” blaterai mentre il blackbarry di Jared sembrava indiavolato e sparava a tutto volume “eye of the tiger” dei survivor “perché? Dai non ti carica??” disse ridendo. Aprii un occhio. Era vestito e sveglio già da un po’ e mi aveva giocato uno dei suoi soliti scherzi. “Smettila Jared lasciami dormire!” blaterai. “eh no… dobbiamo andare… torniamo a Los Angeles!!! Coraggio dormiglione alzati e grida ADRIANAAAAAAAAAAA!” “AH AH … sei davvero simpatico di prima mattina Jared… ci pensi la notte prima di dire certe battute?” dissi alzandomi controvoglia. Non avevo intenzione di lasciare quel letto e i ricordi ad esso legati ma era ora di andare o avremmo perso l’aereo. “Ciao nonnetta … torneremo presto mi raccomando, non aprire agli sconosciuti!” disse Jared. Baciai Ruby sulla fronte e ce ne andammo. Tre ore di volo e sembrava di stare in un altro pianeta. Auto di grossa cilindrata, ristoranti, vips e la Sunset Boulevard che si snodava lungo tutta la città. Los Angeles era il tempio dell’arte cinematografica e musicale degli ultimi anni ed era sempre così caotica e vitale. La nostra villetta si trovava sopra una collina che dominava la città. Era lontana dal fracasso dei locali eppure dall’alto si poteva ammirare quel turbinio di luci e colori in tutta tranquillità. Quella era la dimora che avevamo scelto per passare le nostre pause, ma di sicuro non la sentivo la mia “casa” non aveva lo zerbino “home sweet home” e non c’erano vecchie foto e ricordi al suo interno, tantomeno un animale domestico che mi aspettava fedele. Neanche un pesce rosso, niente di niente. Era una villa completamente bianca, un ambiente “asettico” che mi donava serenità e pace. L’unica cosa di personale che c’era li era la sala incisioni, dove abbiamo registrato i nostri album. Quella si che era una stanza vissuta e piena di ricordi, ma per il resto niente mi legava a quel posto. Giusto il tempo di posare la valigia e di stendermi un attimo sul letto che il campanello suonò. “hey Brooooooooooooo è per te!” Urlò Jared dalla cucina. Scesi con noncuranza le scale e aprii. Un ragazzo dal volto simpatico mi porse una bolla palesemente emozionato di consegnare qualcosa a una star. “Ehm…signor Leto dovrebbe mettere una firma qui e poi… se mi vuole seguire forse è meglio che faccia lei” Non ero scocciato perché quel ragazzo era stato molto educato con me. Aprì il portellone di un grosso camion e dentro c’era lei: la mia ducati monster. Ebbi un tuffo al cuore. “Se fosse stata tanto brava da sistemarla giurai a me stesso che l’avrei sposata.” Ripensai alla mia riflessione di qualche mese prima. Oh Lyz… mi manchi baby… da impazzire. Saltai su e piano piano la portai a terra. Era un gioiello, era come nuova! Non mi accorsi neanche del camion che ripartì che io già avevo acceso il motore. Il suo rombo…era il suono di un’estasi. Jared uscì sgranocchiando una carota. Non era per niente sorpreso. “Hey Jay….la mia moto!! Dai su… prendi i caschi andiamo a fare un giro!” Tornò con il mio casco e la solita carota in mano. “no, vai tu, ora non mi va” disse rientrando in casa. Era strano, ma non avevo tempo per pensare, il mio piccolo diavolo era tornato, era ora di far tremare di nuovo LA …coraggio piccola andiamo a farci un giro e raccontami di lei. Ingranavo le marce e immaginavo Lyz china sulla moto con i capelli scompigliati e una chiave inglese in mano. Immaginavo la sua passione che prendeva vita nell’aggiustare i motori. Potevo sentire tutto il suo amore nel rombo della mai ducati. Sentivo il suo calore pervadere ancora il mio corpo. Un bellissimo tramonto stava infuocando LA e le ombre delle palme creavano le forme di alieni giganti sull’asfalto. L’ho giurato a me stesso Lyz, non so come e quando ma ti sposerò.

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Capitolo 13
*** Send Me An Angel ***


Dicembre il mese più magico dell’anno era appena iniziato. L’autunno era stato molto rigido e già da due settimane nevicava ininterrottamente. L’officina era chiusa anche perché non veniva nessuno con quel freddo. Bryan era corso da me prima che rimanessi isolata. Lo abbracciai fortissimo “Hey,ti vedo in forma sorellina!! Tutto bene?” mi disse guardandomi. “si diciamo di si… brrrr senti che freddo, dai entra!” Erano passati 2 mesi che non lo vedevo, ripensai al nostro ultimo incontro, quando mi riportò a casa dall’ospedale di Stonetown e mi passò un flashback davanti gli occhi. Firmai il foglio di uscita dall’ospedale e una volta entrata in auto gli raccontai tutto. Mi abbracciò fortissimo e mi disse “fai quello che ti senti. Non farti influenzare da nessuno piccola, sappi solo che io ci sono e ci sarò sempre per te, qualsiasi sia la tua scelta”. Quelle parole mi avevano rincuorata. Nonostante le parole di Jared non avevo avuto il coraggio e soprattutto l’intenzione di chiedere alla dottoressa Jill di abortire. Il destino mi aveva riservato quella strada e io non volevo e non potevo rifiutarmi. Durante il tragitto in auto verso casa, avevo avuto modo di pensarci su e decisi però, di tenere Shannon al di fuori di tutto ciò. La faccenda era troppo complicata e Jared almeno su questo aveva ragione: si sarebbe preso la responsabilità, ma non lo avrebbe fatto con volontà. Non c’è niente di più nauseante di fare qualcosa cui si è costretti, questo, spirito libero com’ero lo sapevo bene. Ed eccomi qui con un pancione di quasi 6 mesi. Ripresi conoscenza da quell’attimo di flashback e presi la borsa. Bryan intanto aveva caricato la valigia in macchina e mi aprì lo sportello. Salii. “ma sei proprio convinto di portarmi ancora da Jason? Guarda che ci vengo solo perché c’è Tracy stavolta… e devo darle il mio regalo di Natale!” borbottai. Non ero molto felice di tornare a Bossier City per quello che quella città mi ricordava:” Jason e la breve passione fisica dopo anni di innamoramento platonico, Ruby e il suo Thè…e Shannon …semplicemente Shannon”. Già…Shannon… stava trascorrendo le sue vacanze di natale in Messico con suo fratello. Il tour era in stop per un mese e mezzo e se ne erano andati al caldo a riposarsi dalle fatiche di rockstars. Bryan mi vide pensierosa e mise un po’ di musica per farmi rilassare. Un vecchio cd degli scorpions tirato fuori da chissà dove. “E questo? Da dove viene fuori?” … “niente mi era venuta nostalgia del mio 43giri… te lo ricordi? Quello con la copertina grigia con il buco della serratura!”… sorrisi. “e come potrei dimenticarlo? Mi hai fatto una testa tanta a forza di sentirlo!” Ridemmo di gusto. Mi mancava mio fratello… mi mancava tutto della mia infanzia. Crescendo avevo perso molto di quello che mi caratterizzava da piccola, ma fondamentalmente a parte pochi lati caratteriali ero rimasta sempre la stessa. Chissà come sarebbe stato quel piccoletto che avevo in grembo, da chi avrebbe preso, che gusti avrebbe avuto, insomma… il miracolo della vita mi stava facendo morire di curiosità. “Sai già il sesso?” mi disse Bryan rivolto alla mia pancia. “No… durante l’ultima ecografia questo birbantello o birbantella…era girato!” gli risposi. Bryan mi accarezzò. “Lyz… sei bellissima e … siccome non avremo molte occasioni durante questi giorni di stare da soli…devo dirti quanto ti apprezzo. Sei una donna coraggiosa, lo sei sempre stata, sarai una mamma perfetta” mi disse emozionato. “e tu sarai uno zio perfetto!” . Il tragitto fu un po’ difficoltoso per via della neve, ma fortunatamente la strada era stata pulita tutta la notte con gli spazzaneve ed arrivammo a casa Peterson in orario decente. Ad accoglierci sull’uscio Jason e Tracy completamente imbacuccati e illuminati dalle lucine colorate del grande abete. Entrammo in casa rapidamente mentre Bryan scaricava i borsoni e i regali che avevamo portato per loro. “Ohhhhh Lyz…come sei bella!! Devo dirti che il pancione ti sta proprio bene” mi disse Tracy. Jason sorrise. Lo ricambiai. Quello che c’era stato tra noi era stata una piccola parentesi nelle nostre vite. E questo ormai era appurato. Poggiai accuratamente i pacchi dono sotto l’albero di natale. Fin da bambina mi era sempre piaciuto farlo, ma soprattutto adoravo vedere le facce delle persone mentre li scartavano. Sceglievo sempre i regali pensando a chi li stavo facendo e difficilmente fallivo nei gusti, mi piaceva fare regali personali, anche se non molto costosi, ma qualcosa che ricordi me a quella persona. Amavo gli sguardi felici e affettuosi, amavo l’atmosfera magica del Natale. Dopo cena mentre sparecchiavo Tracy mi fermò in cucina. “Lyz scusa un attimo… siediti beviamoci una tisana e parliamo un pò”. Sapevo che Tracy era cresciuta con Jared e Shannon e sicuramente voleva affrontare l’ argomento. “Lyz…cosa hai provato quando ti ho detto che eri incinta?” mi chiese diretta. Cercai di ricordare le sensazioni e non mi fu affatto difficile… “spaesata, felice, sorpresa… mmmmh “ si … credo così. “perché non ne parli con Shannon?” Soltanto sentire il suo nome mi faceva balzare il cuore in gola.”perché…credo sia giusto così. Lui ama la musica e non avrebbe tempo per altro…lo dice ad ogni intervista, vecchia o recente…basta accedere su youtube e… constatare… che ha deciso di fare una cosa e di farla fatta bene”. Tracy sfidò il mio sguardo. “ma non credi che lui abbia il diritto di sapere e di scegliere, come hai fatto tu? Eppure neanche tu avevi scelto di avere un figlio, ma ora guardati…scommetto che non esiste altro nella tua vita, non è così?” mi sentivo affondare. “si è così, questo bambino.. ancora non lo conosco ed è già la mia ragione di vita, ma io prima non ne avevo una, mentre Shannon ce l’ha e …anche Jared l’ha detto che…” Tracy si alzò di scatto. “Cosa? Cosa ha detto Jared? Come fa lui a saperlo?” mi sentivo davvero in difficoltà. “ho visto Jared la sera che ho saputo della gravidanza. Era venuto in ospedale per parlare con te e per programmare le visite al braccio di Shannon in base al tour. Poi mi ha vista e ha sentito ciò che mi dicevi. E’ entrato e in dieci secondi ha fatto vacillare la mia esistenza. Non sapevo più neanche se questo bambino l’avrei tenuto o meno. Solo a pensarci mi maledirei per questo. Mi addormentai quella sera con l’intento di chiedere a Jill di abortire. Quella mattina fui dimessa, ma non abortii. Io quel bambino lo amavo già, anche se era stato una sopresa, dopo aver sentito il suo cuoricino battere all’impazzata non avrei mai e poi mai potuto abortire. Ed eccomi qui. E’ Natale e ti prego Tracy… a me va bene così, non è come immaginavo potesse finire una storia d’amore come la nostra, ma lo accetto.” Tracy era visibilmente arrabbiata, forse per il fatto che Jared non gli aveva mai rivelato di essere stato li quella sera, forse per il fatto che non era riuscita a persuadermi a raccontare a Shannon tutto quanto. Finì la sua tazza di Thè con calma e mi abbracciò. “sappi comunque che per qualsiasi cosa sono qui e io ti aiuterò, ma sono anche amica di Shannon e lui non se lo merita. Ha il diritto di scegliere, ti prego pensaci non tenerlo all’oscuro di tutto.” Silenziosamente tornai in salotto. Jason e Bryan stavano guardando una partita di baseball e non fecero caso al mio ritorno. Mi accoccolai sul divano e come mi succedeva spesso da quando ero incinta mi addormentai esausta.

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Capitolo 14
*** Forever ***


Mancavano solo due giorno a Natale, tutta Bossier City era ormai preparata al grande evento. Ogni famiglia aveva il suo albero, i suoi regali, il suo tacchino pronto da infornare. Quest’anno l’atmosfera era perfetta, quei trenta centimetri di neve creavano difficoltà nel camminare, ma rendevano quella città magica. Da qualche giorno il piccoletto iniziava a farsi sentire. Durante i primi mesi provavo come un leggero farfallio nella pancia, mentre nelle ultime settimane si stava sfogando. O era un ballerino che provava le pirouettes nella mia pancia o era davvero scalmanato. Quella mattina come al solito uscii di casa appena sveglia. Il mio maglioncino di lana beige mi copriva quello che il pigiama non riusciva a fare. “Hey scalmanato ti calmi??” dissi alla pancia mentre mi scaldavo con la tazza di latte bollente. “Buongiorno Lyz dormito bene?” Jason era intento a spalare la neve dal vialetto. “Buongiorno a te! Si ho dormito a meraviglia grazie! Adoro la neve… il suo profumo così fresco e il suo modo magico di ovattare i suoni e di rendere la vita come un film a rallentatore, non trovi?” gli dissi allegra. “Oh si…è davvero magica… e da buon surfista… vorrei prendere lo snowboard e scivolarci su…peccato che Bossier è tutta in pianura!” ridemmo di gusto. Jason , nonostante la sua fama di seduttore era un brav’uomo. Lavorava e si prendeva cura della sua casa. Per un istante mi chiesi come sarebbe stata la mia vita accanto a lui e ancora una volta mi sentii diversa come ai tempi del liceo. Una qualsiasi ragazza, avrebbe pregato Dio per avere uno come lui. Ma io non ero una Cheer Leader e questo lo sapevo bene. Rientrai in casa e trovai Tracy intenta a preparare cose da mangiare. “Buongiorno Tracy, vuoi una mano?” Le dissi tirandomi su le maniche. “Grazie Lyz, sto preparando un po’ di cibo da portare alla mensa dei poveri…anche loro hanno diritto ad un pranzo natalizio non trovi? Perché dopo non mi fai compagnia e vieni con me a distribuire i pasti?”. Mi sembrava un’ottima idea e accettai. Moon era venuto con noi e stava scorrazzando in giardino infilando il muso nella neve fresca e fiutandola sotto…come un cane da tartufo. “hey Moon…vieni qui!!” gridai… era entrato nel giardino di Ruby la nonna di Shannon. Moon drizzò le orecchie e tornò scodinzolando. “Senti Tracy… ma… come sta Ruby? In due giorni che sono qui non l’ho mai vista uscire di casa… quando c’era Shannon usciva due volte al giorno per la spesa”. Tracy divorò un sedano e mi rispose. “Beh in inverno non si vede molto in giro, sai com’è ha la sua età ed è sola… le basta uscire una volta a settimana per la spesa”. Mi fece tanta tenerezza e se quella fosse stata casa mia l’avrei invitata sicuramente al pranzo di Natale. “magari domani passo a trovarla…. Chissà se mi riconosce!” “Oh si sicuramente…. Ogni volta che vengo da Jason non fa che dirmi: salutami la vostra amica Louise è stata talmente gentile ad aiutarmi con la spesa!.... sicuramente le sei rimasta impressa” disse ridendo. La giornata trascorse veloce, dopo il pranzo aiutai Tracy a preparare il cibo e a metterlo negli scatoloni, poi ci recammo alla mensa dove in fila c’erano già diversi barboni ed emarginati. Provavo una gran pena e mi rendevo conto di quanto ero fortunata ad avere mio fratello e degli amici che mi avrebbero sostenuta in qualsiasi momento. Infilai il cappellino da babbo natale e il gembriule e mi misi alla distribuzione un po’ sovrappensiero. Chissà Shannon cosa stava facendo in Messico… con chi era…se aveva una nuova donna. Mi sentii morire al solo pensiero di lui con un’altra donna sdraiata al suo fianco a prendere il sole in bikini. Perché non mi aveva mai detto di amarmi? Che fosse stata solo una passione sfrenata? Eppure quelle sensazioni che abbiamo provato insieme… io ancora le sento bruciare in me. Tutti i commensali avevano il proprio pasto. Mi tolsi i guanti in lattice e il gembriule, poi infilai il cappotto ed uscii. “Hey hey signorina… dove va con quel cappellino? Vuole rubarmi il lavoro? Poi i bambini non vorranno più fare le foto con me” mi disse una grossa voce falsata. Un ciccione babbo natale dalla barba bianca e gli occhialini in metallo mi stava ammonendo con il dito. Avevo dimenticato di togliere il cappello! Ecco cosa succede ad essere sempre sovrappensiero. Lo riportai dentro e lasciai cadere i miei lunghi capelli color cioccolato che contrastavano col cappottino bianco che indossavo. Mi era anche piccolo, ormai la pancia forzava tutti i miei indumenti non “premaman”. “grazie ancora Santa Klaus!” Dissi all’uscita salutandolo con la mano, si girò mentre faceva scendere un bambino dalle ginocchia e due fari azzurri mi fecero tremare. Quegli occhi… io li avevo già visti. Diamine Lyz calmati! Il bambino rotolò di scatto e poi si fermò. Forse dovevo essere pazza, oppure… ero solamente tanto stanca. Tornai a casa con Tracy. Moon era di nuovo nel giardino della signora Ruby e dovetti chiamarlo 3 o 4 volte per farlo tornare da me. “Sei proprio un maleducato, forza entra!” dissi spalancando la porta di casa. “Hey Lyz, ti va se andiamo al cinema stasera?” mi disse Bryan addentando un pezzo di pizza. “Oh no grazie… voi andate tutti e tre… io sono esausta credo che rimarrò un po’ al calduccio con questo sacco di pulci, vero Moon?” Il cane iniziò ad abbaiare. Era davvero intelligente, e io lo adoravo per questo! Jason, Tracy e Bryan uscirono intorno alle 22, io guardai un po’ di tv sul divano e poi mi addormentai senza cenare. Mi svegliai intorno a mezzanotte, fuori nevicava lentamente, la bufera sembrava essere passata, lasciando spazio ad una lenta e magica pioggia di fiocchi candidi. All’improvviso mi venne voglia di Hot Dog. Oh no.. ma tu guarda se proprio a quest’ora mi doveva venire una fame così. “se non ti amassi alla follia a quest’ora eri già in forno” dissi a Moon mentre mettevo il cappotto. Infilai anche guanti,sciarpa e cappello di lana. Moon si alzò e mi seguì. Era davvero un ottimo cane, non aveva bisogno di guinzaglio, era perfettamente educato e autonomo. Il silenzio delle strade di Bossier City e il profumo della neve fresca mi fece ripensare al Babbo Natale davanti alla mensa. Chi diavolo era? Possibile che mi fosse così familiare? Solo una persona che conoscevo aveva quegli occhi: Jared Leto, ma non poteva essere lui, lui era in Messico con Shannon e Tomo. Seguii la scia di profumo di cucinato che mi portò dritta dritta davanti alla porta di “Yum”. Moon si appollaiò per terra in attesa del mio ritorno. Il fast food era pressoché vuoto, c’erano giusto due camerieri e qualche cliente seduto ai tavoli che sgranocchiava il proprio panino. Mi servì alla cassa una ragazzina riccia pressoché adolescente. “Un Hot-dog molto caldo grazie” le dissi con l’acquolina in bocca. Iniziò a prepararlo, poi si girò e mi chiese “ci vuole qualcosa?” . “Si, ci metta della senape grazie” rispose qualcuno al posto mio. Era dietro di me. Era la voce di Shannon, l’avrei riconosciuta tra diecimila voci, quella voce la sognavo ogni notte. Mi appoggiai al bancone incredula per un secondo non sapevo cosa fare poi mi girai ed era li. Indossava un giubbotto nero ed un’improbabile set di sciarpa chilometrica e cappellino con pon-pon a righe multicolor. I suoi occhi da cerbiatto mi stavano guardando di nuovo ed io capii che non sarei riuscita a fare a meno di lui nella mia vita. Lo abbracciai forte, tremando. Sentivo scalciare forte nella mia pancia, mi ero troppo agitata e questo il bambino lo sentiva. Shannon mi prese il panino e ci accomodammo ad un tavolo vicino alla finestra.”Lyz …. Mi sei mancata… da impazzire” mi disse mentre mi rendeva l’hot-dog e poggiava la sua porzione di patatine. Il mio cuore stava impazzendo. La mia vita senza di lui non aveva senso e io…avevo paura a dirglielo. “che c’è senti freddo? Perché non togli il cappotto?” Non mi aveva ancora vista. “hey allora? Lo togli o no questo cappotto? O devo portarti in camera mia da Ruby per toglierti tutto? Mi disse sottovoce facendomi l’occhiolino”. Era sempre il solito. Come si fa a non amare Shanimal? Presi il coraggio in mano e tolsi il pesante cappotto. Shannon mi guardò esterrefatto. Non riusciva a capire, non capiva perché gli avevo nascosto tutto, non capiva cosa stava succedendo alla sua vita. Abbassò gli occhi ferito. Mi sentivo in colpa, in colpa per averlo ingannato e per averlo messo di fronte a tutto ciò. Avevo incatenato un’aquila. “Shannon tu… non devi sentirti obbligato… oddio scusami, lo so sono una stronza non ti ho detto nulla e ho fatto tutto di testa mia, ma non volevo metterti di fronte a una scelta. A 41 anni la tua scelta l’avevi già fatta da un po’ e io … ecco, non dovevo… non dovevo venire a Bossier City a sconvolgerti, scusami” mi veniva da piangere e mi alzai per andarmene. Mi era anche passata la fame. Una mano calda fece presa sul mio polso e mi bloccò. Si alzò e mi trascinò fuori. La neve scendeva lenta e i lampioni facevano brillare i fiocchi come degli svaroski che danzano prima di toccare il suolo. Mi fissò mentre io ero già in lacrime. “ Tu non capisci…. Quanto ti amo” Mi disse abbracciandomi forte. Le sue braccia possenti mi stavano trasmettendo tutto il calore di cui avevo bisogno in quel momento. Sarei potuta restare ferma in quell’attimo per sempre. Tornammo a casa, seguiti da Moon che fedele e silenzioso si teneva a debita distanza da noi, come per lasciarci un po’ della nostra intimità che tanto ci mancava. Passammo davanti al grande albero di natale nella piazza centrale di Bossier City. L’indomani sarebbe stata gremita di persone che come da tradizione si scambiavano gli auguri. Shannon si fermò e iniziò a cantare: “It's forever, this time I know and there's no doubt in my mind Forever, until my life is thru, girl I'll be lovin' you forever” … - per sempre, stavolta so, e non ci sono dubbi nella mia mente… per sempre, finchè vita avrò, ragazza…io ti amerò per sempre”.

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Capitolo 15
*** You're all i need ***


Avevo fatto una promessa a Lyz….avevo promesso di sposarla ed avevo intenzione di mantenerla. In quel periodo il tour era finito e da Natale in poi rimasi con lei per ogni istante, quasi come per recuperare il tempo perduto. Era bellissima, ed era una sensazione unica vedere il suo pancione crescere così velocemente. A Houston era tornata la primavera e il 9 Marzo, giorno del mio compleanno Lyz mi svegliò con un urlo di dolore. Stava perdendo le acque ed erano iniziate le contrazioni. L’ospedale di Houston era ad una mezz’oretta da li. Saltai in piedi, Moon andava avanti e indietro fino al portone, fortunatamente la borsa era già in macchina, aiutai Lyz a salire e mi diressi di corsa al Medical centre. “Amore scusami….stavo preparando una colazione coi fiocchi in onore del tuo compleanno,ma.... Ahiiii” Mi disse stringendomi la mano. “Shhhh chiudi gli occhi e rilassati siamo quasi arrivati” riuscii a dire. In realtà ero molto nervoso e non sapevo ne cosa pensare ne cosa dire, mi sentivo come se fossi su un altro pianeta. Lyz prese il mio IPhone e mise il vivavoce. “Jay, sto andando a partorire, tuo fratello non è in condizioni mentali tali da elaborare frasi di senso compiuto. Vieni appena puoi” disse con estrema calma. Stava per diventare madre, stava per affrontare un lungo e doloroso travaglio eppure riusciva ad essere lucida e aveva una forza che io non avevo mai visto in nessuna donna. Era straordinaria. Arrivammo all’ospedale in men che non si dica e ad aspettarci c’erano Tracy e Jill. Non era l’ospedale in cui lavoravano, ma ad essere Shannon Leto aveva pure i suoi vantaggi: Erano nostre amiche e avevano seguito Lyz fin dall’inizio così Già da un paio di settimane prestavano servizio all’ospedale di Houston. Entrammo e dopo qualche minuto le persi di vista. Un’infermiera mi accompagnò a posare la valigia in stanza, poi mi fece strada fino alla sala d’aspetto. Mi misi seduto. “ok Shan…respira…con calma….ci siamo….stai per diventare padre” Chiusi gli occhi e mi sentii chiamare. Era Jared e Tomo che erano già arrivati. “Ohi ragazzi ma siete venuti in astronave? Come diamine avete fatto ad arrivare cosi subito?” Mi confessarono che erano a Huston da un paio di giorni e che volevano farmi una sorpresa per il mio compleanno. Dalla sala parto sentivo urlare. Era la sua voce. Il mio piccolo angelo stava soffrendo per dare alla luce nostro figlio o nostra figlia, eh già… perchè ad ogni ecografia puntualmente si girava e non riuscivamo mai a scoprire se era maschio o femmina. La mia Lyz era coraggiosa. In quei mesi avevo scoperto che i suoi genitori erano figli di due nativi Sioux. Avevamo fatto una piccola ricerca di “ritorno alle origini” e grazie a qualche vicino di casa e amici di vecchia data dei suoi genitori eravamo arrivati alla verità. I nonni di Lyz facevano parte della tribù dei Teton. Probabilmente era da li che arrivava tutta la sua forza e tutta la sua determinazione ed ecco spiegata anche la particolarità del suo viso e del suo bellissimo colorito ambrato. Jared camminava avanti e indietro per il corridoio ed io ero rimasto seduto immobile. Ero imbambolato. Riuscii ad alzarmi solo per uscire fuori a fumare una sigaretta. “Le tue sigarette fanno schifo” erano state le parole di Lyz qualche mese prima mentre si riprendeva da una crisi di nausea probabilmente già indotta dalla gravidanza. Sorrisi e buttai via la sigaretta fumata a metà. Quando rientrai l’infermiera mi stava cercando. Le gambe mi tremavano e la testa mi girava. Volevo vedere Lyz, volevo accertarmi che stesse bene, anzi che stessero bene lei e il bambino. Mi fece cenno di seguirla, diedi un’occhiata a Jared che annuendo mi incitava ad entrare. La stanza era fredda e asettica, ma la visione della mia donna mi riscaldò il cuore. Mi avvicinai. Era stremata, ma bellissima e stringeva tra le braccia un fagottino con un bel crestone di capelli neri. Iniziai a piangere come un cretino mentre Lyz mi strinse la mano. ”E’ una femmina…. Ed è bellissima come il suo papà” mi disse piangendo anche lei .Non pensavo che nella vita si potesse provare una felicità così immensa. Era tutto un grande mistero, ma ora la mia vita aveva un senso. Un vero senso. Ci guardammo pieni d’amore e dicemmo all’unisono “Winona”. Era questo il nome che avevamo scelto per lei se fosse nata femmina. Era un nome Sioux che significa “primogenita” le sarebbe piaciuto date le sue origini… e sicuramente si sarebbe trovata bene nella piccola casa in legno di Lyz. Non vedevo l’ora di prendere le mie due donne meravigliose e riportarle a casa. Amavo Lyz più di ogni altra cosa. Cavolo aveva dato alla luce mia figlia! Sarebbe stata eternamente la mia donna questa era una certezza. Me la porse e la presi in braccio. Non riuscivo a staccare gli occhi dalla piccola Winona. Era piccolina e aveva in testa un ciuffo di capelli neri sparati. Mi guardava con i suoi occhietti neri… il colore definitivo non si sarebbe visto per diversi mesi ma a guardarli erano sicuramente scuri. Aveva un colorito naturale, non sembrava fosse nata da poco…eppure era stupenda…sembrava una biancaneve rock in miniatura. In quel momento mi resi conto di essere davvero felice e mi resi conto che avevo tutto ciò di cui avevo bisogno “you’re all i need” suonavano i motley crue… il testo non era affatto rassicurante, ma quello era davvero ciò di cui avevo bisogno. Gli echelon avrebbero compreso che c’era un’altra famiglia a cui avrei dovuto far fronte e con il quale avrebbero dovuto dividermi. Jared irruppe nella stanza gesticolando con Tomo che lo seguiva lento. Tutta la sua spavalderia traballò di fronte al piccolo fagottino che avevo in braccio. Sembravo uno stupido, piangevo e ridevo nello stesso tempo, ma so che Jay mi avrebbe capito. “Heyyyyy ciao piccolo echelon” “PiccolA” lo corressi. Fratello…ti presento tua nipote Winona e gliela porsi. Lyz ci guardava divertita. La prese accantonando tutta la sua sicurezza, sembrava stesse abbracciando un vassoio pieno di uova che rotolavano. “Benvenuta Winona… io sono lo zio Jay, molto presto io e te dovremmo fare un discorsetto sui ragazzi, sul sesso e su molto altro. Iniziamo con le regole. Regola numero uno, nessun essere maschile oltre a tuo padre, tuo zio e tuo zio acquisito Tomo potrà sfiorarti con un dito. Regola numero due la tua cameretta avrà una grande scaffalatura per tutti i tuoi futuri dischi, regola numero tre….” “Regola numero tre papà ti sta facendo costruire un piccolo tamburo con delle piccole bacchette su misura per te amore mio” Risposi ridendo. Era li tutta la mia vita. La mia famiglia, la mia musica, il mio amore. E da oggi, il giorno del mio compleanno era arrivata anche lei, la mia futura musa ispiratrice: Winona.

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Capitolo 16
*** EPILOGO ***


New York, addobbata a festa era davvero sorprendente, non avevo mai visto una metropoli così grande e non avevo mai assaporato un clima così frizzante per il Natale che stava arrivando. Come un anno prima, la neve era caduta in quasi tutti gli Stati Uniti e ci stava regalando un’atmosfera natalizia perfetta. Era giunta l’ora di uscire, sistemai bene infagottando la piccola Winona che mi guardava pacioccona, con gli occhi di chi stava per crollare dal sonno, dovevo ammetterlo, era una bambina bellissima e buona, la classica “mangia e dormi” per eccellenza ma c’erano solo 2 cose che la facevano dimenare come una pazza: La musica del suo papà e il rombo della Ducati. La sistemai nel passeggino dandole un giochino e la coprii, Moon che aveva al collo un bellissimo fiocco bianco si alzò e si diresse verso la porta della stanza scodinzolando. L’hotel era vicino al rockfeller center e per fortuna avrei dovuto fare soltanto pochi passi per dirigermi alla St Peter Church dove mi stavano aspettando. Un concerto per poche persone, non so su quale base avessero deciso di fare questo “esperimento”: i biglietti non erano mai stati messi in vendita, ma già il solo fatto che i proventi sarebbero andati alla popolazione terremotata di Haiti mi spinse a passare il Natale con la band a New York e a partecipare a questo strano evento, e poi non potevo privare Winona del suo primo natale col babbo e viceversa. Scesi alla Hall dove ad aspettarmi c’era Vicki elegantissima. “Woooooow Wicki sei stupenda! Dev’essere proprio una serata speciale questa…. Ti vedo sempre in tshirt e anfibi!” Si affacciò nel passeggino per sbirciare Winona che già dormiva beata e mi rispose “E tu sei davvero bellissima Lyz … il colore avorio risalta la tua carnagione ambrata e i tuoi capelli scuri…sei perfetta”. La abbracciai un attimo e uscimmo insieme. “Ho chiamato un taxi, appena è iniziato a nevicare ho pensato che sarebbe stato un peccato rovinare acconciature e vestiti… eccolo qui” disse Vicki. Il tassista fece un po’ di storie per far entrare Moon in auto, ma Vicki si arrabbiò e disse che lo avrebbe denunciato alla protezione animali, cosi anche Moon prese posto e ci dirigemmo alla St Peter Church. La neve scendeva lenta e anche se il panorama era totalmente diverso da quello di Bossier City, la mia mente volò alla stessa sera dell’anno precedente. “Girl i’ll be lovin’ you forever” mi canticchiava Shannon davanti un grande albero di Natale mentre Winona ancora si dimenava nella mia pancia, mi girai e la guardai dormire beata con il suo colorito roseo e la bocca carnosa e rossa che formava una specie di cuoricino. Era passato molto tempo e di cose in un anno ne erano successe tante, la mia vita era cambiata, non ero più la Lyz spericolata e irriverente di una volta, si magari avevo ancora la mia tshirt sdrucita dei Nirvana e i biker boots che erano una sorta di “coperta di Linus”, ma ero diventata madre e compagna di un uomo meraviglioso che nonostante avesse una vita diversa dalla mia e nonostante le sue lunghe assenze non mi faceva mai mancare affetto e amore e mi sentivo davvero una donna realizzata. In pochi minuti eravamo arrivati. Avevo una strana sensazione, forse per i miei ricordi affiorati, o forse perché erano già dieci giorni circa che non vedevo Shannon e mi mancava il suo profumo, la sua risata, la sua fisicità, fatto sta che il mio cuore batteva forte come un tamburo della tanto amata Christine. Vicky mi aiutò a scendere, eravamo davvero impacciate nei nostri vestiti da sera, ma era per una buona causa. Avevo già in mente di fare una bella donazione per Haiti, da quando ero diventata mamma pensavo spesso a quei poveri bambini rimasti orfani, senza un tetto e senza cibo, ed ero decisa di proseguire nel mio intento. Ci aprirono un grande cancello che fu subito richiuso al nostro passaggio, le porte della chiesa invece erano aperte, mi affacciai curiosa e rimasi stupita di scoprire una chiesa piccola e intima, con dei vetri colorati e delle panchine in legno che la rendevano calda e accogliente. Vicky prese il passeggino e mi incoraggiò ad entrare da sola. Guardando meglio l’interno capii. Nelle panchine erano sistemati tutti i nostri familiari e amici, c’era mio fratello Brian, Nonna Ruby, Mamma Constance, Tracy e Jason, i miei vicini di Houston e pochi altri intimi. Jared e Tomo erano seduti davanti con loro c’era anche Tim, mentre nel coro c’erano tanti bambini vestiti con delle tonache di raso dorato e dietro di loro un vero e proprio coro gospel ed insieme iniziarono a cantare “FOREVER” dei Kiss accompagnati da un quartetto d’archi. Il cuore mi saltò in gola, e le gambe mi tremavano e camminavo lentamente verso l’altare. Shannon era li, elegante come non mai con un vestito nero ed una camicia bianca e mi stava aspettando con il suo solito sorriso beffardo e gli occhi nocciola che gli brillavano. Era riuscito a stupirmi di nuovo. Appena arrivata all’altare mi prese per mano e mi guardò intensamente. Ebbi un fremito e forse la paura di cadere per la troppa emozione. Forse stavo sognando, o forse davvero stavo sposando Shannon Leto. Stavo sposando un uomo che amava la musica più di ogni altra cosa, che amava le moto, la libertà e la vita da don giovanni che fino a poco tempo prima non si era risparmiato neanche per un solo secondo. Il sacerdote celebrò la messa ma la mia testa era talmente piena di emozioni che non capivo più neanche come mi chiamavo. Ogni tanto buttavo un’occhio al passeggino dove Winona dormiva beatamente, sorvegliata da Moon che educata se ne stava seduta e immobile. Al nostro “si” scattò un forte applauso e il prete ci fece cenno. Lo abbracciai con le lacrime agli occhi e il suo profumo mi invase le narici e un senso di estremo benessere si impossessò di me. Probabilmente se non fosse stato per le sue braccia forti sarei caduta per la troppa emozione. Finita la messa mi spiegarono che il concerto per Haiti c’era stato il giorno prima, e che il matrimonio era stato organizzato completamente da Shannon e mi meravigliai di quanta dolcezza e fantasia fosse dotato quell’uomo stupendo, cosi decisi di fare lostesso la mia donazione ad Haiti e poi dopo un breve buffet in hotel e un corto discorso di Jared sui valori della famiglia, dell’amore e sui sogni ritornammo nella nostra suite stanchi di quella lunga ed emozionante giornata. Feci una doccia veloce e indossai una delle mie solite tshirt e un paio di pantaloncini pronta per andare a dormire, Tornai in camera e trovai Shannon sul lettone che giocava con Winona, che la solleticava ovunque e la risata della piccola risuonava in tutta la stanza. Poi si avvicinò al suo piccolo orecchio e le sussurrò di “mamma ti amo” … La piccola Winona mi guardò e poi mugugnò “mamma amo” e fu così che realizzai di che materia era fatta la felicità: Un uomo, una donna e il frutto del loro amore. Winona si addormentò poco dopo e vedere Shannon che la stringeva tra le sue braccia forti mi faceva venire ogni volta un nodo in gola. Come sarebbe andata se non gli avessi mai detto di Winona? Avrebbe continuato con la sua vita piena di vizi e divertimenti? Guardai timorosa fuori dalla finestra mentre lui posava delicatamente la piccola nella culla. Ebbi un brivido, era Shannon che mi cinse le spalle e mi abbracciò da dietro. Riuscivo a sentire il suo respiro caldo sul collo, mi girai trovando quegli occhi nocciola che mi disarmavano ogni volta, come la prima volta. “Hey stronza” mi disse sorridendo. Iniziai a blaterare qualcosa per ribellarmi poi fece una sonora risata e mi azzittì con uno di quei baci da film, che ti tolgono il fiato, che ti strappano il cuore dal petto che batte talmente forte che neppure il rumore di due moto insieme potrebbero placarlo, così ti abitui e ti lasci andare e domare da un’emozione che sai durerà tutta la vita.

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