Just a Dream

di lookafteryou_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prolgue - Stupid Plane ***
Capitolo 2: *** Click! - We're going to go.. ***
Capitolo 3: *** Oh My Gosh - An Ordinary Day ***
Capitolo 4: *** Is it Possible? - Relax is over ***
Capitolo 5: *** The Rest of My Life - Ilenia ***
Capitolo 6: *** Just a Dream - NO! One Direction protested ***
Capitolo 7: *** Here We Go ***
Capitolo 8: *** Get Out of my Head ***
Capitolo 9: *** London and Scooters ***
Capitolo 10: *** I've Got a Plan ***
Capitolo 11: *** Maybe in a Pink Jacket... ***
Capitolo 12: *** And Now? ***



Capitolo 1
*** Prolgue - Stupid Plane ***


PROLUGUE

Basta. Basta lacrime, non ne vale la pena.
Stupida, dovevi aspettartelo no? Tutte le favole finiscono e anche la tua è giunta al termine.
Non ne posso più. Eccomi ancora qua, a piangermi addosso sul letto abbracciata al cuscino ormai inondato da quelle stupide lacrime e sporco di mascara.
Immagino di essere veramente patetica in questo momento ma per farvi capire devo portarvi un po’ indietro nel tempo per farvi conoscere la causa, o meglio il colpevole, di tutta questa tristezza. Basterà fare una piccola retromarcia andando all’inizio di quella che sarebbe stata la piccola decisione che avrebbe dato inizio alla mia nuova vita, quando un sogno irraggiungibile assurdamente diventava realtà…
 
Piacere! Mi chiamo Ilenia ma per tutti sono “la Nena”, Nena è il mio soprannome. E’ uno
strano modo di chiamarmi che mi accompagna dalle elementari e che mi ha identificata anche al liceo. Mi è sempre piaciuto come soprannome, è corto, allegro, amichevole. Quando qualcuno mi chiama Ilenia lo correggo automaticamente e gli impongo di usare “Nena” quindi…
Mi “chiamo” Nena, ho sedici anni e frequento la terza superiore. In realtà non  ho ancora effettivamente sedici anni ma manca poco al mio compleanno e poi odio i numeri dispari (fatta eccezione per il 13 per ovvi motivi. Sì, sono fan di Taylor Swift) quindi mi sento in qualche modo autorizzata ad aggiungere un anno alla mia età. Sì, sedici anni dicevo ma non assomiglio alle mie coetanee. Loro escono tutti i sabati sera, alcune anche tutti i giorni, hanno una loro compagnia, frequentano i tipici posti da adolescenti, sono spensierate e soprattutto hanno o hanno avuto tutte un ragazzo.
Io non sono così e me ne rendo conto, sono sempre stata molto amichevole e solare e ci metto veramente poco a fare amicizia ma questa è sempre un’amicizia superficiale. Ci impiego molto a fidarmi delle persone e ancora di più a dir loro quello che provo per loro, che sia amicizia, amore o odio. Ma non scendiamo in particolari troppo profondi…
Non ho mai avuto un ragazzo come si è capito prima, nemmeno uno straccio di possibile fidanzato, nemmeno un rospo che diventasse un principe. Nada de nada. E questo è solo colpa mia dato che i pretendenti ci sarebbero eccome ma tra questi non trovo mai qualcuno che mi interessi veramente. Esatto, ho detto veramente perché io voglio una storia seria, di quelle raccontate nei libri di favole, una storia da film, una di quelle che ti fanno letteralmente precipitare nell’amore (Fall in love – l’inglese semplifica tutto, l’ho sempre detto).
Riguardo al fatto che non mi piace mai nessuno ho varie teorie e la più convincente si può sintetizzare in due parole: ONE DIRECTION.
Sissignori, sono una directioner! Sono fissata con quei cinque ragazzi, li amo oserei dire. Loro mi hanno aiutata molto con la loro musica, mi sono stati vicini e mi hanno fatto sentire meglio anche in momenti in cui non avrei riso neppure sotto solletico.
Non ho mai avuto un preferito fra loro tanto che ogni notte il protagonista dei miei sogni cambia, per esempio ieri sera ero la ragazza di Niall, due sere fa la migliore amica di Zayn e la settimana scorsa stavo con Louis… Però ad essere sinceri per Harry ho un debole, è quello che mi ha colpita maggiormente nell’aspetto fisico e nella voce.
Loro cinque danno un senso alla mia giornata che ultimamente si divide in questo modo:
scuola – pc, studio, musica – Twitter e musica – cibo – musica e Twitter  -  nanna.
Giornata socialmente utile insomma…






STUPID PLANE

Stupido aereo! A quest’ora dovrei già essere in Italia. Ho già aspettato troppo. Un mese intero, un mese passato a pensarla e a rimproverarmi. Stupido. Scemo. Cretino. Deficiente. Ho aspettato un mese e ora il volo è pure in ritardo!                                                                                   
A quest’ora lei sarà già tornata da scuola, avrà acceso il pc (se ancora sopporta di vedere la mia faccia sui vari siti di gossip), avrà parlato con le sue amiche e magari queste le avranno anche strappato un sorriso. Scommetto che se è in camera avrà sul comodino la sua solita tazza di cioccolata calda che avrà sicuramente vita breve dato che la rovescerà prima di averla finita. E poi... I PASSEGGERI DEL VOLO 434 DESTINAZIONE MILANO-ITALIA DEVONO PRESENTARSI AL CHECK-IN NUMERO  8.                                                             
Cazzo è il mio quel volo! Non posso perderlo come ho fatto con lei. Mi metto a correre e a fare uno slalom improvvisato fra i vari passeggeri. E quelle? No oddio. Fans! No vi prego. Non oggi, non ora! Le ho ignorate. Ho fatto la figura dello snob e del Vip montato ma non mi interessa, lei è più importante della mia immagine e a quanto pare della band dato che ho piantato tutti in asso per correre qui.                                                                                                                          

Complimenti Styles. Manda tutto all’aria  per una ragazza che magari a quest’ora ti avrà già dimenticato …                                                                                                                                                            


Forse è così o forse no. Magari lei è ancora lì che mi aspetta, magari nel profondo prova ancora qualcosa e magari è disposta a perdonarmi…

troppi FORSE e troppi MAGARI Harry. Sei davvero sicuro di ciò che stai facendo?

Ma anche la vocina saggia deve mettercisi adesso? TACI ALMENO TU CAVOLO.                               
Ecco il Check-in numero 8, ci sono… Una strana tipa sta avvisando che l’aereo ha cinque ore di ritardo e che la compagnia chiede scusa per il disagio.
Fantastico. Mi toccherà dormire in aeroporto. Non mi lascerebbero mai il jet privato per una cosa simile…                                                                                                                                      
Ma io la rivoglio nella mia vita, ormai ne fa parte ed è diventata indispensabile. Stupido eh?                                                         
E pensare che tutto è cominciato quasi come uno scherzo, una specie di concorso per fans…

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Capitolo 2
*** Click! - We're going to go.. ***


QUALCHE MESE PRIMA...


CLICK

 
Goccia, goccia ,goccia... ma quante gocce entravano in quel pullman?
Al mio ennesimo sbuffo la vecchietta seduta al mio fianco mi lanciò un’occhiataccia da dietro i suoi occhiali spessi venti centimetri. Che ci potevo fare? Pioveva dentro la corriera, praticamente mi sarei bagnata meno scendendo le rapide in costume.
Goccia… “MA CHECCAVOLO!” scoppiai “Signorina  si contenga! Siamo su un mezzo pubblico e ha svegliato il mio cagnolino,  sarà soddisfatta ora..”

Ma senti questa… Ok, un respiro profondo e conta fino a dieci. Uno, due, tre, quat…Goccia.

“AAAAH NON È POSSIBILE!” . Mi alzai di scatto, scavalcai con poca grazia la vecchia e il suo amato cagnolino formato pochette e prenotai la fermata. Sarei tornata a casa a piedi da quella, tanto erano pochi minuti e bagnata c’ero già. Il mezzo frenò all’improvviso scaraventandomi in avanti di un metro buono, non sono mai stata un granché in fatto di equilibrio. Pensai positivo, almeno gli unici ad assistere alla mia performance erano stati i cinque passeggeri della corriera più il mini-cane dal sonno leggero.
Presi il borsone di danza e scesi in tutta fretta rossa in faccia per la vergogna di aver piantato il fondoschiena sul corridoio del pullman., le porte dovevano ancora spalancarsi completamente che ero già con entrambi i piedi sul marciapiede bagnato. Con me scese anche l’anziana signora con le borse della spesa che la facevano pendere da una parte e il cagnolino al guinzaglio rosa shocking. Urlò qualcosa a un passante in bicicletta che le era passato troppo vicino,  prese dalla tasca le chiavi e aprì la porta di una casa lì vicina e vi sparì dentro con le borse e il cane. Nome sul campanello: Caroline. Bah… non mi ispirava.
Caricai bene la borsa a tracolla sulle spalle, accesi l’iPod, tirai su il cappuccio e mi misi a camminare tra la gente sotto la pioggia, mai che portassi un ombrello con me ma faceva lo stesso, ho sempre adorato la pioggia a differenza di mia mamma che si ritrova ogni volta una sfilza di vestiti umidi che secondo lei puzzano “di freschino”.
Scelsi una canzone che mi facesse compagnia per il tragitto. “Our Song – Taylor Swift” la mia preferita di Taylor! Andava più che bene, misi in tasca l’iPod verde e con il sorriso stampato in faccia presi la via per casa cantando insieme a Taylor probabilmente pure un po’ troppo convinta dato che la gente mi fissava male, o forse era per la berretta a panda? Ehm... sì, forse era quella. La sfoggiavo da giorni, insomma, era o no la berretta uguale a quella di Harry Styles? Non potevo non indossarla.

Il tempo di far ricominciare la canzone quattro volte ed ero davanti al cancello di casa mia.
“Mamma, papà sono a casa, vado in doccia, non ho fame comunque quindi non ceno” annunciai tutto d’un fiato entrando dalla porta. Per essere ai primi di ottobre faceva veramente freddo, tolsi giubbotto, sciarpa e “panda” e le gettai sul divano.
Per me la frase “vado in doccia” significava “porto il computer in bagno, sto su internet finchè non si scarica completamente (di solito mezz’oretta dato che non lo carico mai del tutto) e POI vado in doccia”. E rispettando questa tradizione presi il computer e mi chiusi in bagno. Guardai il profilo di alcuni miei amici su Facebook, aprii Youtube e controllai la pagina di Twitter dei One Direction. Louis e Harry avevano “tweettato” tra di loro (Larry Stylinson Time), Liam aveva dato il buongiorno a tutti, Zayn aveva scritto in un truzzese misto aramaico indecifrabile e Niall aveva fatto tappa alla città del Milkshake facendo evidentemente venire a centinaia di ragazze un'improvvisa "voglia di milkshake"… tutto normale in fin dei conti. Leggendo quei centoquaranta caratteri mi sembrava di averli più vicini, dopotutto erano LORO che scrivevano perché NOI leggessimo. Sì, mi esalto con poco ok?

“ILENIAAAA LA CENA” a quanto pare a mia mamma le parole “non ceno” erano sconosciute… “Non mangio ho detto”, credo che se avesse potuto mi avrebbe mandata volentieri a quel paese. Intanto aprii un’altra finestra e digitai il link per il sito ufficiale dei One Direction, sfogliai le ultime notizie e a un certo punto mi fermai ad una di queste.


“Sai ‘graficare’, ti piace disegnare o semplicemente vuoi fare un tentativo per farti notare dai 1D? Allora crea una tua copertina per il nuovo album in uscita a metà novembre e inviacela all’indirizzo riportato sotto. Saranno scelte le cinque copertine più originali e inserite in un video di ringraziamento dei ragazzi per le fans”

La cosa era a dir poco geniale, non sono un granché nel modificare le immagini al PC ma in fatto di disegno e fantasia me la cavo. Non si vinceva niente è vero ma c’era la possibilità di venir citate dai One Direction in persona e ovviamente era un’occasione da non perdere e poi c'era tempo ancora un'ora.
Seduta sul water (chiuso si intende) ancora vestita completamente da danza e con gli scaldamuscoli ancora sopra i leggins mi misi a pensare a una possibile  copertina. Il CD si sarebbe chiamato “Up All Night”…  serviva qualcosa d’effetto, fresco, che invogliasse la gente ad acquistarlo, anche se a mio parere sarebbero bastate le loro facce senza trucco o ritocchi su un semplice sfondo bianco per farlo sparire in poco tempo dagli scaffali ma alcune persone hanno gusti complicati in fatto d’estetica…
Intanto il titolo metteva allegria e spensieratezza, servivano colori freschi, sgargianti e che attirassero l’attenzione, potevano essere l’azzurro e il verde chiaro.
Convinta uscii dal bagno guadagnandomi un bello sguardo di rimprovero dai miei genitori seduti a tavola, feci spallucce (molto maturo direi) e mi sedetti alla scrivania. Cominciai a fare un piccolo schizzo dell’idea che avevo in testa: loro cinque, in mezzo a un campo di girasoli… no, troppo mondo di Patty… meglio una qualche spiaggia con della vegetazione sul giallo-verde. Ce li vedevo bene abbracciati o almeno che si toccassero fra di loro dato che sono sempre appiccicati in ogni foto o video. La posa mi era venuta in mente pensando all’ “Up” del titolo,  un bel salto di gruppo. Loro cinque n posa come se fossero appena “atterrati” da un salto e vestiti con colori come il giallo, il verdino, l’azzurro e i marrone chiaro,  intorno uno spazio grande con colori che richiamassero il loro abbigliamento.
Bene, come schizzo bastava. L’idea c’era ora dovevo solo ripassare i contorni, mettere la scritta ‘ONE DIRECTION’ sotto.. anzi no, sopra e poi il logo’1D’  rosso in alto a sinistra.

“FINITO!” Ok, ero decisamente soddisfatta del risultato. Non sarebbe stato il migliore tra i milioni di capolavori che tante ragazze avrebbero mandato ma poteva competere bene… Ora il passo finale era inviare il tutto. Saltellai verso il portatile abbandonato sul mobile in bagno, lo attaccai allo scanner del fisso di mia mamma e lo accesi di nuovo.

‘Scanner in corso. 16% di batteria, 8 minuti rimanenti ‘
Eh no cavolo. Se si spegne rinuncio. La scadenza per l’invio è tra pochi minuti.  

Ero sicura che non sarebbe neanche stato notato in mezzo alla quantità esorbitante di copertine che gli organizzatori avrebbero ricevuto ma tentare non costava niente  no?
“ILENIA MUOVITI AD ARRIVARE A TAVOLA O LE PRENDI DATO CHE SEI ANCORA  AL COMPUTER!” Ehm, forse qualcosa costava a questo punto…

Muoviti ti prego.
‘Scanner completato. 6% di batteria, 3 minuti rimanenti’

“ILENIAAAAA. ULTIMO RICHIAMO, POI SCORDATI IL COMPUTER A VITA, E PURE LA DOCCIA” Sì certo. Ora dovevo inviare, aprii l’email e inserii l’indirizzo del destinatario, allegai l’oggetto, incrociai le dita e premei INVIO.

“Invio in corso…”
MA QUALE “INVIO IN CORSO”?? MUOVITI CAZZO. NON CI VUOLE TANTO.

Fissavo lo schermo in ansia, quella stupida icona di caricamento con i pallini che si inseguivano non voleva sparire.

‘2% di batteria, 1 minuto rimanente’
MUOVITI. TI PREGO, TI PREGO, TI PREGO, TI PREGO.
“Messaggio inviato con successo”

Un secondo dopo l’apparizione di quelle quattro parole il computer si spense con un sonoro CLICK lasciando spazio al mio riflesso sullo schermo nero.
“GRAZIE SIGNORE!” pensai e felice me ne andai finalmente in doccia ancora con le dita incrociate.





WE’RE GOING TO GO...

“SONO LOUIS WILLIAM TOMLINSON, SONO SUL TETTO DEL MONDO E HO UN ELICOTTERO PRIVATO!”
“IO INVECE SONO HARRY EDWARD STYLES E STO PER BUTTARE IL SIGNOR TOMLINSON DI SOTTO!”
“Andiamo Styles, non lo faresti neanche se fossi costretto. Primo: non hai abbastanza forza in quelle braccia flosce che ti ritrovi, secondo: ti butteri giù prima io”.

Eravamo sulla cima di un grattacielo che ospitava un piccolo eliporto dove era appena atterrato il NOSTRO elicottero, sembrava impossibile... Era passato un anno da Xfactor, un anno da quando erano stati formati i One Direction, un anno dall’inizio di un sogno.
Mi spiego meglio. Settembre 2010, Xfactor UK, audizioni. Cominciò tutto da lì, avevo provato a partecipare al programma canoro come concorrente, avevo passato la prima selezione ma non la seconda. Avrei dovuto tornarmene a casa, impacchettare le mie cose e  il mio sogno e lasciarlo nel fondo del cassetto tornando a lavorare nella solita e noiosa panetteria… o almeno questo era quello che sarebbe dovuto accadere. Dico sarebbe dovuto perché qualcosa successe, una cosa che avrebbe cambiato completamente la mia vita e quella di altri quattro ragazzi. Niall, Zayn, Liam, Louis, Harry. Cinque nomi, una sola band.
Esatto signori,  eravamo cinque ragazzi che pensavano di aver perso ogni speranza di partecipare al programma che li avrebbe lanciati nel loro sogno finché non erano stati messi insieme per formare una boy band, i One Direction. Avevo legato subito con tutti e quattro gli altri componenti, eravamo diventati tutti migliori amici, in poco tempo avevamo conquistato il pubblico e i giudici oltre ad aver accumulato una modesta quantità di fans, piacevamo. Il nostro rapporto era di una solida amicizia che si era formata tra le mura di una stanza condivisa, le nostre voci si mescolavano in un’armonia perfetta, la band funzionava a meraviglia, settimana dopo settimana arrivavamo sempre più avanti nel programma fino alla finale. Eravamo rimasti in tre concorrenti, saremmo potuti arrivare primi, avremmo potuto vedere le nostre vite cambiare radicalmente ma conquistammo “solo” il terzo posto. Simon (il nostro mentore) disse una frase allora: “Questo è solo l’inizio per questi ragazzi”.
Vedendo dove eravamo ora non avrei trovato frase più azzeccata. Un singolo arrivato al primo posto nelle classifiche, un video visto da milioni di persone, record di prevendite nella storia della casa discografica con cui avevamo firmato il contratto, tutto esaurito fin dai primi live, comparse in ogni tipo di programma televisivo e radiofonico e un album in uscita a novembre.

Direi che come inquadramento può bastare, tanto per farvi capire il perché dell’elicottero privato.
“Due settimane solo noi quattro. Niente fotografi né intervistatori. Non vi sembra strano?” Niall era il più felice all’idea di questa vacanza, seduto su un insolito muretto dondolava avanti e indietro le gambe come un bambino emozionato all'idea di partire e dimenticare per un po' la scuola. Cantavamo e facevamo quello che amavamo fare è vero, ma era pur sempre un lavoro e lo stress era tanto.
Avremmo passato due settimane intere nel bungalow del mio patrigno. Un piccolo rifugio in legno disperso in mezzo ai campi, nel bel mezzo del nulla. Solo ed esclusivamente noi.
“Più che strano! Ormai mi ero abituato a uscire di casa appena sveglio e venire fotografato col mio bellissimo aspetto da barbone mattiniero”. Louis aveva ragione, non avevamo un attimo di tregua. Aprivi per far uscire il cane di casa: FOTO. Andavi a fare la spesa: FOTO. Ti affacciavi alla finestra per vedere la neve: FOTO. Almeno avremmo avuto ogni secondo della nostra vita documentato, non è cosa da tutti no? 
In quell'istante il pilota ci chiamò per la partenza, ci guardammo fra di noi pensando contemporaneamente la stessa cosa: un urlo finale ci stava. Tutti e cinque sull'orlo del grattacielo gridammo qualcosa, era una cosa stupida ma non cogliere quell'occasione era impensabile.
“VAS HAPPENIN BOYS? STIAMO PER PARTIRE E VOI NO.” tipico di Zayn, non mi sarei aspettato altra frase da lui.
“DANIELLE, TI AMO” la smielatezza di Liam anche in certe situazioni era una cosa da non credere, ultimamente poi era proprio perso ma la cosa era accettabile, Danielle era una ragazza meravigliosa e tutti quanti l'avevamo accolta con gioia e le volevamo bene come a una sorella e lo stesso valeva per la ormai ufficiale ragazza di Louis. 
“Fatti da parte innamorato e ammira il fidanzato perfetto all’opera, ELEANOR RICORDATI DI DAR DA MANGIARE AL MIO PESCE ROSSO MENTRE SONO VIA!”
Niall ci pensò un po’ su e poi ribatté: “Louis, tu non hai un pesce rosso”
“Giusta osservazione… ELEANOR, COMPRAMI UN PESCE ROSSO E DAGLI DA MANGIARE MENTRE SONO VIA!”  Louis era Louis, non c’era un modo per definirlo. Completamente fuori di testa e con la battuta pronta ma estremamente serio e affidabile nel momento del bisogno, non per niente era quello con cui passavo più tempo, volevo bene a tutti e quattro ma lui era in assoluto il mio migliore amico.
“AHAHAHAHAHAHAHAHAH” Niall non urlò niente dato la sua incapacità di rimanere serio, l’unica cosa che fece fu piegarsi in due per le risate come al suo solito mentre tutti lo guardavamo scoppiando a ridere di conseguenza.
“MI PIACCIONO LE RAGAZZE”  era la prima cosa che mi era venuta in mente, e direi che era completamente e inconfutabilmente vero.
“Non sei originale Harry, ormai si sa. Come si chiamava quella di ieri sera? Alison? No aspetta… era quella di lunedì Alison. Quella di ieri sera era Nicole giusto? O era quella di giovedì?”  Ecco le frecciatine in stile Tomlinson.
“Fai come il tuo futuro pesce rosso Louis, mangia e taci. E poi si chiamava Sarah ed era estremamente carina” No, non mi stavo vantando. Stavo solo ammettendo la realtà dei fatti.
In quel momento qualcosa ci piombò addosso. Zayn aveva evidentemente bisogno di un abbraccio perché aveva allargato le braccia e ci aveva avvolti tutti e quattro come in un gigantesco groviglio umano.
“Urlo di gruppo finale ragazzi? Al mio tre… Uno… due.. tre!”
“ONE DIRECTION!”

C’erano degli amici migliori? Non serve una risposta, non esistono punto e basta.
Pochi minuti dopo eravamo sull’elicottero con in testa le cuffie e i microfoni per poter comunicare fra di noi senza venir sovrastati dal rumore delle pale dell'elicottero, gli sguardi felici e emozionati di cinque amici che partivano per la loro vacanza insieme. In poco tempo il grigio paesaggio urbano londinese lasciò spazio al verde della campagna e infine al campo che circondava il bungalow dove avremmo passato del tempo tra ragazzi, senza fans, senza scadenze, senza regole o preoccupazioni. Poi saremmo tornati alla nostra vita movimentata di sempre insieme.
 



Ok, finalmente ho postato il secondo capitolo, avevo iniziato questa FF ancora un mese fa
ma per sbaglio l'ho cancellata (cancellando pure tutte le recensioni çç ahahahah) e oggi l'ho ripostata .
Ho aggiunto dopo la parte di Harry per problemi di tempo, 
prima infatti c'era solo quella della ragazza.. comprendetemi ùù 
E Caroline, AHAHAHAH Scusate ma dovevo mettercela. Non la digerisco quella donna,
contenta che Harry sia felice con lei ma non chiedetemi di adorarla.
Ehm.. non so come finire quindi pace e amen.

(alcuni mi hanno chiesto, la protagonista non sono io! Ahahahah cioè, le ho prestato il mio nome  ma non ha il mio carattere, è un personaggio completamente inventato :3) 

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Capitolo 3
*** Oh My Gosh - An Ordinary Day ***


OH MY GOSH

 
{2x + kx -√2kx (x +k) ( ׀x –k׀ / √2) – 7/3x } - 4kx² =
 
Testa sul banco. Ma cos’era quella cosa?
Lunedì 10 ottobre. Giornata decisamente autunnale. Fredda, grigia e con un vento incredibile che trasportava le foglie al punto da portarle davanti alla finestra della nostra classe che si trovava al terzo piano. Persino il gatto della casa accanto alla mia scuola se ne stava nel giardino rannicchiato come se volesse tenersi attaccato al suolo.
Ultima ora di scuola, fame che aumentava a ogni secondo e lancette dell’orologio che sembrava volessero fermarsi da un momento all’altro da tanto erano lente.
Rialzai la testa e vidi un’altra sfilza di numeri che la prof stava scrivendo alla lavagna ricavati da chissà quali ragionamenti. Sapendo che scriverla sarebbe stato inutile quanto non scriverla lasciai perdere l’equazione e buttai la penna sul foglio praticamente bianco, a quel punto con la testa pesante mi guardai intorno riconoscendo in quasi tutti i miei compagni il mio stesso sguardo stanco e disperato.
“Ila, ma tu ci hai capito qualcosa?” Ilaria era la mia compagna di banco nonché una delle mie migliori  amiche. L’iniziale del nome non era l’unica cosa che condividevamo, infatti avevamo caratteri molto simili e gli stessi sogni. Passavamo insieme la maggior parte del tempo parlando di tutto e di niente. Partivamo da discorsi senza un perché ed arrivavamo sempre a parlare di quei cinque che anche lei adorava.
Capelli sul rossiccio, sorriso costante,  parlantina e cuffie perennemente nelle orecchie. La mia amica ideale.
Per tutta lei risposta alzò la testa e mi fissò per trenta secondi abbondanti senza dire una parola, poi mi mostrò il suo quaderno. Un testo di una canzone. Mi pareva ovvio, chiedere a lei di matematica era decisamente impensabile.
Ignorando la voce della professoressa che blaterava su come risolvere il valore assoluto mi misi a guardare fuori dalla finestra.
 
Con questo tempo la mia città  potrebbe anche essere Londra… Ahahahah sì certo credici Ilenia. Devo trovare un modo per andarci quest’estate con Ila e le altre. Chissà se ci sono dei gruppi che fanno lì quegli specie di campo scuola... devo informarmi.
I miei magari mi lasciano dato che l’anno scorso hanno detto di no all’ultimo. Una promessa è una promessa e loro hanno giurato. Chissà come sarà passare del tempo nell’ambiente londinese… Sarebbe un sogno. Mi ci troverei bene, sono sicura. Tanto con l’inglese me la cavo discretamente grazie a mio zio che ha deciso di sposarsi una madrelingua e da farle fare la mia baby-sitter fin dall’asilo. Il problema sono sempre i miei… Beh se mi dicono di no mi trasformo nella figlia modello pur di far cambiare loro idea. Dopotutto cosa mai potrebbe succedere a Londra di male? Se vado con un’organizzazione parrocchiale o statale la sicurezza è massima. Devo assolutamente cominciare a preparare il terreno e pure Ilaria…

 
“ALICE? CE NE VOGLIAMO USCIRE  DAL PAESE DELLE MERAVIGLIE?”
Scossi la testa mandando via il flusso improvviso di pensieri e misi a fuoco la stanza. Quello che vidi fu orripilante. La testa della mia professoressa di matematica a dieci centimetri dalla mia faccia con le sopracciglia piegate in un’espressione che non aveva niente di positivo.
“Ehm.. mi scusi prof, mi sono distratta un attimo”
Testa bassa, tieni la testa bassa.

“Io direi che se sei così preparata da concederti il lusso di distrarti posso anche interrogarti su queste cose la prossima volta… Che ne dici eh?”
Annuisci. Mostrati sicura. Fingiti sicura.

“Certo prof, quando vuole… la prossima volta esco volontaria, non c’è bisogno che mi chiami lei”
Ottima mossa. Prenderai tre ma ottima mossa.
“Bene Ilenia. Sarà un piacere averti alla lavagna. Ora segnatevi i compiti per venerdì, mercoledì non avremo lezione per l’assemblea di istituto quindi avrete più tempo per studiare” lo disse guardandomi. Bene, mi aspettava una delle sue interrogazioni senza pietà. Tanti saluti al sogno di Londra, con il debito in matematica non si parte per nessun posto.
DRIIIIIIIN! FINE.
Un rumore di sedie spostate, cartelle chiuse, sospiri di sollievo e giubbotti strisciati fra di loro riempì l’intera aula.
 
“Che stronza. Lei si distrae tutti i giorni a ammirare il prof di biologia che passa avanti e indietro dalla porta e tu non ti puoi perdere un attimo? Ma che si curi e si decida a farsi quel prof una volta per tutte.” La finezza era una cosa che Ilaria non conosceva dai tempi delle elementari. La adoravo anche per questo, io avevo pochi momenti in cui usavo il linguaggio da scaricatore di porto ed era solo quando ero completamente arrabbiata o felice.
“Ma figurati se quello si mette con lei. Quel prof attira pure me, immagina quante donne ha dietro. Quella di mate è troppo… troppo.. SBAGLIATA. Non trovo altro termine. Proprio non ce li vedo insieme quei due”. Mentre parlavamo ci avviavamo verso l’uscita mescolandoci alla massa di studenti che si spingevano e ridevano per le tre rampe di scale.
“Ma secondo me sarebbe una cosa fattibile. Non puoi scegliere di chi innamorarti, le differenze non contano se ami veramente.” La fissai con gli occhi spalancati.
“Chi sei tu? Che fine hai fatto fare all’Ilaria che conosco?”
Come al solito scoppiò a ridere per niente. “Cretina. Dico solo ciò che penso. So fare pure io pensieri profondi sai? A proposito, a che stavi pensando prima che la vecchiaccia ti chiamasse Alice?”
“A Londra. Al fatto che voglio andarci con te. Sai che intendo no? Quello che programmiamo da tre anni ma che non riusciamo mai a realizzare.” Era così, per una cosa o per un’altra i nostri piani saltavano.
“Perché ti chiedo certe cose? Ormai dovrei conoscerti… C’è mi madre in auto. Ci sentiamo oggi per confrontare chimica ok? E NON FARTI BECCARE IMPREPARATA VENERDÌ O LONDRA TE LA SOGNI PER ALTRI TRE ANNI.”
Urlando attraverso il cortile del liceo e con centinaia di studenti che la fissavano se ne salì in macchina. La salutai con la mano per non attirare ancora di più l’attenzione e poi mi aggregai a un gruppo della mia classe per andare alla stazione dei pullman. Finalmente.
Liceo scientifico. Ma chi me lo ha fatto fare?
 
Non appena arrivai a casa mi buttai sul divano sprofondando la testa tra i giubbotti dei miei buttati alla rinfusa sul divano verde mela.
“SEI A CASA?” mia mamma stava urlando dalla cucina come al solito.
“NO. Sono sull’aereo per l’Inghilterra”
 
Sì, magari…
 
“Dai, ti ci porteremo un giorno. Com’è andata a scuola?”
Ah già. Dopo che le avrei detto dei voti presi durante la mattinata mi ci avrebbero sicuramente portata. Un bel quattro in latino e un dal cinque al sei in chimica. No, era lunedì. Non volevo una ramanzina già a inizio settimana.
“BENE. Ho capito matematica e mi sono offerta volontaria per venerdì”
Bluff. Un enorme e  immenso bluff.
 
“Sono contenta. Tieniti libera per domenica pomeriggio che andiamo a trovare la nonna e dai dei segni di vita oltre a parlare che tra un po’ c’è pronto in tavola. Su, alzati e muoviti”
Con la grazia e la velocità di un bradipo mi alzai e mi ributtai tra i giubbotti ma stavolta nell’altro verso. Mi ero mossa come aveva detto lei no?
“FATTO”
Probabilmente mi aveva lasciata perdere, ero un caso perso di lunedì. Era già tanto non avessi perso la corriera per tornare a casa. Rimasi ancora un po’ tra i cuscini e le giacche fino a una frase che mi svegliò dal mio coma.
“Ah già! Oggi è arrivata una mail, una cosa che riguarda i One Direction e di cui non capisco una parola. È tutto oggi che il computer suona, quando imparerai a spegnerlo?”
Inutile dire che alla parola ‘One Direction’ ero già saltata su dal divano e mi ero precipitata davanti al portatile in camera mia. Senza neppur spostare la sedia per sedermi guardai subito le nuove mail e vidi quella di cui mia madre parlava. Era già stata aperta da lei probabilmente per far smettere il suono delle notifiche. Non mi piaceva guardasse le mie cose perché su internet ero un’altra persona, su Twitter e negli altri siti ero veramente me stessa. Tipo Hannah Montana. Vita a scuola e con gli amici, vita con Ilaria e su Twitter.
Ma questo non importava in quel momento. Tutto quello che contava era quell’e-mail che non veniva dal loro forum ma dall’indirizzo a cui avevo spedito l’immagine.
Era in inglese.
Se mi avevano scritto forse era perché la copertina era una di quelle scelte. FORSE.
Con il respiro affannoso, tenendomi le mani che non ne volevano sapere di stare ferme e con l’ansia che faceva quaranta mi misi a leggere traducendo mentalmente in italiano le varie parole:

“Gentile signorina Ilenia,
siamo stati molto colpiti  dalla sua idea per la cover del CD. È stata scelta tra le cinque che i ragazzi presenteranno nel loro video e inoltre…”

Lessi la frase seguente e  smisi di respirare.
OH MIO DIO.
 
 

 


AN ORDINARY DAY

Troppe fans, troppe urla, troppe aspettative, troppi autografi, troppi bodyguards.                  
Non ho spazio per muovermi, per respirare. Non ci sto. Un momento… Dove sono? Che sta succedendo?

Un palco… ho un microfono davanti a me che mi fissa aspettando la mia strofa. Già, la mia strofa… Ma quale strofa? Di quale canzone?
Vedo mia madre che gesticola ansiosamente con la signora Malik, sento su di me gli sguardi preoccupati e quasi delusi dei quattro ragazzi sul palco a fianco a me, vedo le fans meravigliate e in attesa della mia voce, il nostro manager scuotere la testa mentre il microfono continua a sostenere il mio sguardo…
La base continua ma senza la mia voce. Non ce l’ho fatta. Ho sbagliato di nuovo, ho deluso tutti.
I miei amici si allontanano da me bisbigliando tra di loro, il manager sta parlando con mia madre che sta trattenendo le lacrime  e scuotendo la testa, le ragazze nel pubblico cominciano a tirar fuori i loro telefoni e  comunicare a tutto al mondo ciò che sta avvenendo , i flash dei fotografi mi accecano. Fatemi uscire. Fatemi uscire ORA.
Poi tra quelle luci accecanti si fa largo una voce famigliare e rincuorante ma che non c’entrava assolutamente niente in tutto quel disastro…


“HARRY SVEGLIATI! DEVI FARE LE CREPES. IERI LO HAI PORMESSO A ME E AGLI ALTRI.. MA SOPRATTUTTO A ME!”
Aprii un occhio, solo uno, quel tanto che bastava per scorgere l’enorme faccione irlandese di Niall che si era appena catapultato sul mio letto cigolante. Ci misi un po’ a mettere a fuoco quel che vedevo e a ricordami dove mi trovavo. Quell’incubo mi aveva a dir poco scombussolato, tutta quell’ansia, quella paura, quelle critiche…
Meglio non pensarci. Solo relax per due settimane giusto?
“Giusto” pensai mentre mi stropicciavo gli occhi.
Con tutta la calma di questo mondo mi misi seduto sul letto e mi tolsi di dosso il piumone pesante ormai completamente sfilato dal materasso buttandolo senza pietà addosso a Niall che dopo essersene uscito da  sotto ridendo uscì dalla camera canticchiando una canzone di Justin Bieber e si avviò verso la cucina.
Appena mi alzai completamente ebbi un giramento di testa, mi sentivo come se mi fossi appena svegliato dopo una sbornia.
Quanto avevo dormito? Erano già tutti svegli a sentire i rumori che provenivano dalle altre stanza del bungalow. Solo io me l’ero presa con calma…
“HARRY! LE CREPES! DATTI UNA MOSSA, ALZA IL FAMOSO HARRY’S BUM E METTITI AI FORNELLI”
Ma che razza di mostro risiedeva nello stomaco di quel ragazzo? Fosse stato a bordo avrebbe potuto salvare il Titanic dalla collisione mangiandosi l’iceberg intero. Ma di fatto non era sul Titanic bensì nella MIA cucina che aspettava le mie crepes.
Misi le pantofole perché faceva abbastanza freddo e uscii dalla stanza facendo scricchiolare le assi del pavimento in legno scuro.
Non feci in tempo neppure a stiracchiarmi dopo la mia splendida apparizione nel corridoio che collegava tutte le stanze tra loro che mi ritrovai davanti Liam con i capelli arruffati, gli occhi fissi sul cellulare e il giornale in mano. Due secondi dopo quel giornale me lo ritrovai addosso.
“Ma che fai?” la mia voce mattutina suonò roca e profonda, sembravo un orso appena uscito dal letargo.
“TI COPRO. Siamo in vacanza, vacanza significa rilassarsi e ti assicuro che sorbirsi la visione di te nudo di prima mattina è tutt’altro che rilassante. Ti prego, almeno il primo giorno non comparirmi davanti come Anne ti ha fatto. Solo per oggi. TI chiedo solo un giorno di tregua”
Qualcuno si era alzato col piede sbagliato e il telefono in mano a quel che sembrava… Alzando le spalle mi girai e tornai sui miei passi rientrando in camera. Misi le mani a casaccio nelle valigie ancora in attesa di essere disfate e indossai le prime due cose che riuscì a tirar fuori. Pantaloni della tuta grigi e maglia in cotone  rossa. Avrebbe potuto decisamente andarmi peggio data l’enorme quantità di indumenti imbarazzanti che mia mamma mi aveva inutilmente messo nei bagagli… conosceva le mie abitudini eppure non si dava per vinta col provarci a farmi amare i vestiti.

Ripetendo lo stesso tragitto di pochi minuti prima ripercorsi il corridoio fermandomi davanti a Liam che girava ancora come un’anima in pena per non si sa quale motivo.
Lui mi squadrò da capo a piedi e sfoggiò un sorriso soddisfatto che ricambiai con uno sguardo sopportato e gli rimisi il giornale il mano.
“Solo perché ti voglio bene Payne, e SOLO per oggi sia chiaro” avevo parlato con tono abbastanza alto ma lui parve non sentirmi e ricominciò a vagare avanti e indietro per il corridoio fissando corrucciato lo schermo del cellulare che non dava segni di vita.
Vallo a capire a volte…
“ZAYN  JAWAAD MALIK! TI AVVERTO, SE NON ESCI SUBITO DA QUEL BAGNO VENGO IO STESSO A POTARTI QUEL CESPUGLIO CHE SFOGGI IN TESTA CON TANTO ORGOGLIO”.
Louis stava sbraitando rivolto alla porta chiusa dell’unico bagno che eravamo costretti a condividere. Questa cosa non ci pesava più di tanto, eravamo abituati dai tempi di Xfactor in cui eravamo in cinque in una minuscola camera e un bagno comune ma ora dovevamo fare i conti con una nuova presenza: Il ciuffo-cresta di Zayn.
“APRI HO DETTO! SE NON TI SBRIGHI VA A FINIRE CHE CREO UN SECONDO LAGO TITICACA”. Evidentemente Mr.Vanità aveva superato i quindici minuti di occupazione ingiustificata del bagno.
“Lago Titicaca? Esiste sul serio?” era meglio fargli cambiare discorso e non farlo pensare per un momento a ciò che stava trattenendo in attesa dell’uscita di Zayn. Inoltre ero davvero incuriosito da quel nome. Louis poteva sembrare stupido a volte ma in realtà conosceva più cose di quanto non desse a vedere.
“ohi ciao tu, come mai vestito? Comunque sì, esiste… si trova tra il Perù e la Bolivia e TRA UN PO’ SI TROVERA’ PURE QUA. ZAYN APR..” in quel momento finalmente la porta del bagno si spalancò e ne uscì una nuvola di lacca puzzolente e al suo interno Malik.
Louis non perse tempo, dopo aver arruffato per bene i capelli sui quali Zayn aveva passato più di venti minuti sparì nel bagno dicendo: “NON CI SONO PER NESSUNO, STO FACENDO UNA TORTA”. Era una pubblicità che a quanto pare lui aveva “adattato” e ritenuto necessaria per la situazione.
In tutta risposta Zayn portò le mani al ciuffo di capelli che ormai aveva perso la forma che voleva mantenesse e voltandosi verso il bagno si rivolse a Louis.
“QUANDO ESCI LE PRENDI, TU E LE TUE MAGLIE A RIGHE FARESTE MEGLIO A STARE ATTENTI E A VIAGGIARE CON UN CUSCINO A PROTEZIONE DEL DI DIETRO PER TUTTO IL GIORNO” poi voltandosi verso di me aggiunse “Oh buongiorno. Ci hai ritardato la colazione oggi con il tuo riposino eh?”

LA COLAZIONE! LE CREPES! NIALL! IL FRIGO!

Quelle parole insieme non portavano a nulla di buono. Mi precipitai in sala da pranzo senza neppure rispondere al buongiorno e ci trovai Niall seduto a tavola che fissava il coltello.
“AHAHAHAH Scusa Niall! Un po’ di ritardo… dai, perdonami. Guarda, ho pure maglia e pantaloni addosso” gli diedi una pacca amichevole sulla spalla e presi posto nella postazione del cuoco, una mansione che a quanto pareva spettava a me in quella casa.
Pochi minuti dopo erano pronte. Dieci crepes fumanti e cosparse di cioccolata, due a testa tanto per mantenere la linea.
Non c’era alcun bisogno di chiamare gli altri a tavola come avrebbe fatto una mamma, l’odore della colazione calda riempiva tutte le piccole stanze in legno e attirava tutti a tavola.
Come volevasi dimostrare…
Uno dopo l’altro arrivarono dalle varie camere del bungalow. Zayn e Louis che si spintonavano ridendo e prendendosi in giro, Niall  non c’era bisogno arrivasse dato che era seduto a tavola da quando mi ero svegliato se non da prima e infine arrivò anche Liam ancora intento a fissare con un’espressione indecifrabile il telefono.
Ci sedemmo tutti attorno al tavolo rettangolare ricoperto dalla solita tovaglia gialla e Louis fece spostare un alquanto contrariato Niall per sedersi a fianco a me.
“Allora Hazza… perché stamattina ci siamo addormentati?” Mi resi conto solo a quel punto di aver perso la cognizione del tempo e di non essermi nemmeno preoccupato di guardare l’orologio.
“Perché? Che ore sono?” Di fronte alla mia domanda tutti scoppiarono a ridere e Zayn sbottò con un bela commento.
“Sei proprio un caso perso, lasciatelo dire Styles. Sono le 11:30 am. Sei più sveglio quando passi la notte con una ragazza che quando dormi per dodici ore di fila… Riprenditi riccio, non ci siamo.”
Insomma… mi ero rilassato e me l’ero presa con calma. Per evitare che il discorso finisse sulle mie imprese notturne con le ragazze fin dalla prima mattina cambiai discorso.
“A proposito di gente che non c’è… Liam? Liam? LIAM!”
“Uh?” fu la risposta che diede.  Si guardava intorno con la sua tipica faccia spaesata che le fans trovavano “da cucciolotto” ma che io definivo “da babbuino”.
“One Direction chiamano Payne! Che succede amico?” gli domandò Louis con fare molto alla Bugs Bunny e spostandosi da una parte la berretta rossa che quella mattina aveva deciso di indossare sopra a una tuta blu. Colori che facevano a pugni tra di loro, molto stile Tomlinson.
“Eh che ieri sera ho mandato la buonanotte a Danielle e pure stamattina il buongiorno e lei ancora non mi ha risposto”
Tutti scoppiamo in una fragorosa risata e a Niall quasi non andò di traverso la crepe che aveva intelligentemente messo in bocca intera.
“AHAHAHAHAHAH TUTTO QUI? LA BUONANOTTE DI UNA RAGAZZA? MI HAI FATTO VESTIRE PERCHÉ ERI NERVOSO PER LA BUONANOTTE DI UNA RAGAZZA? AHHAHAHAHAHA”
“Non ridere tanto Styles. Vedremo quando toccherà a te fare i conti con una storia seria e non con la tua solita ‘botta e via’. Allora sarò pronto a rinfacciarti tutto”
Oh no, non ancora quel discorso sulle mie occupazioni con le ragazze, quando è troppo è troppo…
“Ma lui ce l’ha una ragazza fissa e sono io ok? Che nessuna o nessuno ci provi con la mia testa riccioluta” proclamò tutto orgoglioso Louis cercando di avvicinarsi per stamparmi uno dei suoi baci sulla guancia. Per tutta risposta gli mi si una mano sulla faccia e lo tenni lontano.
“LUNGI DA ME TOMLINSON! SCRIVI A ELEANOR CHE MI PARE TU NE ABBIA BISOGNO”
Di nuovo giù le risate. Zayn passò un bicchier d’acqua a Niall completamente rosso in viso per le risate e Liam fece un balzo all’illuminarsi del telefono che conteneva la buonanotte e il buongiorno di Danielle che si scusava per il ritardo dato che aveva lasciato il telefono dai suoi genitori il giorno prima.
La colazione continuò così, tra chiacchiere, risate e scherzi. L’inizio di un giorno qualunque.





Chiedo scusa, è leggermente lungo come capitolo ma mi piace troppo paralre di loro
e quando comincio non finisco più çç Ahahahahah. Ho fatto un sacco di tagli o veniva fuori un poema.
Se ci sono errori o se fa pena ditemi pure senza problemi ùù accetto qualunque critica.
Potete anche dirmi "Ma vattene a coltivare zucchine in Cambogia e lascia scrivere chi è capace"
Andrò in crisi esistenziale ma accetterò.
No, a parte gli scherzi ditemi sinceramente cosa ne pensate che mi fa piacere perchè ci tengo molto essendo
la prima storia che pubblico :3
Spero vi piaccia anche questo capitolo. Io ho adorato scriverlo e prometto il prossimo per il week-end ùù

Ilaria (@iamsuperman_ su Twitter)  questo è per te ùù
dopo il test di ieri te lo dovevo. Io fossi in te mi sentirei #likeaboss

 

 
 


 

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Capitolo 4
*** Is it Possible? - Relax is over ***


IS IT POSSIBLE?

 
“Gentile signorina Ilenia,
siamo stati molto colpiti  dalla sua idea per la cover del CD. È stata scelta tra le cinque che i ragazzi presenteranno nel loro video ma non solo infatti lei e la sua copertina ci avete talmente stupito che desidereremmo parlare di un possibile utilizzo dell’idea per l’album in uscita e di uno stage per il lavoro di grafica personale dei One Direction. Le invieremo a breve due biglietti aerei per Londra per lei e un genitore, speriamo di incontrarla venerdì 15 ottobre all’indirizzo sotto indicato per discutere di queste decisioni.

Cordiali saluti”

 
La stanza non voleva saperne di smetterla di girare. Le stanze non girano nella realtà, certe possibilità non accadono a me nella realtà, una persona non può sbiancare così velocemente. Era un sogno, DOVEVA essere un sogno. Un’illusione creata dalla mia mente. Troppo impossibile, troppo improbabile, troppo assurdo, troppo… TROPPO.

Avanti Nena, SVEGLIATI. Vuoi solo saltare l’interrogazione di venerdì. Ecco tutto. 
Pizzicotto.  Niente, ancora davanti a quella mail.
Pizzicotto. La stanza continua a cimentarsi in capriole e giravolte.
Pizzicotto. Le mani continuano a tremare e il respiro ad accelerare.
Pizzicotto. SONO SVEGLIA.

Ero sveglia davanti a quella mail, davant a quelle otto righe.
Otto righe. Otto righe mi stavano dando l’opportunità di veder cambiare la mia vita.
Erano pixels, solo parole scritte su uno schermo.
Deglutì e mi accorsi di avere la gola secca. A quel punto ricollegai il cervello ed esplosi finalmente.

“ODDIO, ODDIO, ODDIO! MAMMA CORRI! VIENI, MUOVITI. IO VADO A LONDRA. VADO A LONDRA A LAVORARE PER I ONE DIRECTION, O ALMENO A FARE UNO STAGE MA NON CONTA ADESSO.  ODDIO, ODDIO. MI SERVE ACQUA, E PURE ARIA. TANTA ARIA!”
Dire che stavo impazzendo è minimizzare un tantino la questione. Saltavo per la stanza, gridavo, cantavo. Di tutto e di più insomma. Andiamo, chi non avrebbe reagito così? Ripensandoci ora penso di essermi addirittura contenuta fin troppo. Il sogno che avevo da sempre si stava avverando, stavo per ottenere più di quanto io avessi mai chiesto. Cosa avevo fatto per meritarmi una simile fortuna? Chissà quante ragazze lo meritavano e ne avevano più bisogno di me… Ma quella mail era per me, c’era scritto il mio nome e era nella casella di “Posta in arrivo” della mia mail. Non c’erano errori. Non era uno sbaglio o una casualità. Toccava a me, per una volta era il mio turno. Ed era arrivato nel modo migliore possibile.
Era possibile? Meglio non ragionarci troppo sopra, solo vivere il momento e agire d’istinto e così mi misi a parlare a raffica dicendo parole sconnesse e gesticolando come non mai mentre andavo avanti e indietro per i pochi metri di pavimento nella mia stanza non sotterrati dai vestiti.

“DEVO CHIAMARE A SCUOLA, I BAGAGLI, ILARIA, I MIEI AMICI, DEVO SALUTARE TUTTI. IL GATTO POI, DEVO PORTARLO CON ME OVVIAMENTE. E DEVO FARE IL CAMBIO MONETARIO. POI OVVIAMENTE DEVO ANCHE RICARICARE IL TELFONO, AVVISARE DANZA CHE SMETTO, SELEZIONARE LE COSE DA PORTARE, PRENOTARE UN HOTEL…”
“Ma chi ti ha detto che ci andrai?” le parole di mia madre entrarono nella mia testa trafiggendo ogni programma e ogni emozione positiva. E da questa “crepa” che avevano creato risalì una nuova sensazione, potente e incontenibile:  ODIO.
Mi girai verso di lei. Appoggiata alla cornice della porta spalancata ancora con il mestolo in mano mi fissava con sguardo serio e con un’espressione che, se ci ripenso tuttora mi fa salire il nervoso.
“C-cosa?” a fatica pronunciai quella domanda e a fatica la guardai negli occhi.
“Chi ti ha detto che ci andrai?  È un cambiamento troppo grande, sei troppo giovane per  una cosa del genere, è più grande di te. Non mi interessa se quei cinque a quindici anni sono già famosi e girano il mondo. Tu non ci vai, non sei pronta. Se ricapiterà l’occasione ne riparleremo.”
 
Odio. Odio per le sue parole e per le sue convinzioni e paure.
“PRIMA DI TUTTO SONO TUTTI MAGGIORENNI TRANNE UNO, IN SECONDO LUOGO LO SAPRÒ IO SE SONO PRONTA O NO, GIUSTO? BENE. QUESTO È IL MIO SOGNO E VOGLIO VIVERLO. NON RICAPITERÀ MAI PIÙ UN’OCCASIONE DEL GENERE! TI RENDI CONTO DI QUELLO CHE DICE QUELLA MAIL? PROPRIO TU POCHI MINUTI MI HAI DETTO FA CHE MI CI AVRESTI PORTATA UN GIORNO. PUOI VENIRE TU STESSA A CONTROLLARE A LONDRA. SE LA CONSIDERERAI UNA COSA CAMPATA PER ARIA ALLORA E SOLO ALLORA RINUNCERÒ. MA ADESSO, ADESSO NON PUOI DIRMI COSÌ. CON IL TUO CONSENSO O SENZA I MIEI PIEDI CAMMINERANNO SULLA VIA PER ARRIVARE A QUELL’INDIRIZZO QUESTO VENERDÌ.”
Chiamatemi immatura ma rifarei quel discorso altre mille volte, non importa quanto avventato fosse. Avevo una possibilità e volevo sfruttarla ad ogni costo.
Mia mamma per tutta risposta rimase a fissarmi a braccia conserte senza fiatare. Mi aspettavo una sfuriata, una strigliata o una punizione, invece tutto quello che fece fu girarsi, raggiungere il tavolino in salotto, prendere in mano il telefono e digitare un numero.

Ecco, ora chiama un convento e mi ci incastra dentro a vita.

Era l’unica cosa che riuscivo ad aspettarmi, mi  mamma non è mai stata quel che si dice “una donna di mondo”. Sempre tra le mura domestiche, niente viaggi all’estero o piccole pazzie. Cominciai a domandarmi come avevo potuto anche solo pensare che acconsentisse.
Il suono d’attesa del telefono anche se era molto flebile riempiva l’aria. Passarono trenta secondi abbondanti e poi qualcuno dall’altra parte rispose.
“Pronto? Sono la mamma di Ilenia Lari, volevo parlare con il preside per un’interruzione dell’attività scolastica di mia figlia….”

NON È POSSIBILE. SÌ SÌ SÌ SÌ SÌ!

Sarei andata a Londra, sarei andata a “lavorare” per i One Direction, IO.
Improvvisai un balletto, mi misi a volteggiare per la casa cantando tutti i possibili generi musicali che mi venivano in mente. Mi sedevo su un divano e il secondo dopo mi rialzavo e passavo a una sedia che abbandonavo dopo due minuti per fare una scivolata lungo il corridoio con i calzini. Cadevo, ridevo, mi sollevavo, andavo ad abbracciare mia madre mentre parlava al telefono col preside. Correvo al computer ma non scrivevo niente. Saltavo intorno al gatto, lo sollevavo e ci ballavo insieme mentre mi fissava con gli occhi sbarrati. Sorridevo, sorridevo e ancora sorridevo.
“La ringrazio, quindi vale come credito scolastico? Sì sì certo, recupererà l’anno. Certo. Se è d’accordo di ripetere la terza? Un secondo..”
Mia madre staccò la testa dal telefono e girò appena la testa per guardarmi. Quello che vide? La ragazza più felice del mondo che ballava con un gatto e cantava “Pocketful  of Sunshine”.
“Credo non le dispiacerà…  Allora vengo mercoledì a firmare le carte. D’accordo, a risentirla”
La travolsi. La abbracciai come mai prima d’allora. Mi stava spianando la strada verso quello che volevo. Stava facendo una cosa totalmente assurda per me.
Con quell’abbraccio le feci capire quanto contava quello che stava facendo per me. Dopo cinque minuti mi staccai, le stampai un bacio sulla guancia e la guardai negli occhi.
“Col papà ci parlo io, ti prometto che ti ci porto. Se serve questo per vederti felice va bene ma io sarò lì con te. Prepara le valige che appena arrivano i biglietti partiamo. Solo, non crescere troppo in fretta…”
Stava per piangere. Che fossero lacrime di tristezza, orgoglio o gioia non mi importava. Semplicemente non volevo vederla piangere.
La abbracciai di nuovo, ancora più forte della volta precedente.
“Per quante cose possano accadere sarò sempre la tua bambina, lo sai.”
Non sono fatta per i discorsi profondi e sdolcinati, preferisco dimostrare quel che sento ricorrendo a abbracci e azioni. Ma questo mia mamma lo sa e così apprezzò ancora di più quelle poche parole.
“Ora vai a fare una delle solite liste che scrivi prima delle partenze. Scegli cosa portare e cosa no e dimmi cosa devi comprare… Vai su”

Aveva ragione, ci sarebbe stato tempo per parlarne per bene. Ora era tempo di preparare tutto. Mancavano cinque giorni all’inizio del resto della mia vita. Prima però dovevo fare un’altra cosa fondamentale, presi in mano il cellulare e digitai il numero che sapevo a memoria.
“Ila? Non ci crederai mai…”



RELAX IS OVER

 
“TELEFONOOOO”. Dalla porta piombò nel soggiorno Niall che sventolava l’iPhone  e che per poco non ci cadde sopra.
Eravamo tutti spaparanzati sul pavimento del soggiorno immersi nell’ozio più totale. Io e Louis coricati a pancia all’aria e avvolti in una calda coperta gigante discutevamo su quale gusto di gelato fosse migliore nel cono e quale nella coppetta mentre Zayn e Liam si occupavano di cose più serie sfidandosi a scacchi sul tappeto tinta crema. Niall era uscito dalla stanza pochi secondi prima allo squillo del cellulare che aveva lasciato sepolto tra le coperte del letto.
“Niall, il telefono è il tuo. Rispondi e non interrompere discussioni di vitale importanza. Allora Harry, dicevamo... Secondo me il “Puffo” rende di più in coppetta, soprattutto se questa è fucsia. Fa un bel contrasto... Certo pensandoci, se il cucchiaino fosse verde sarebbe il massimo.”
Stavo per obbiettare quando mi ritrovai il display del cellulare di Niall davanti al naso.
“TELEFONO HO DETTO. È il nostro manager. Sai che mi spaventa… Dai Harry, parlaci tu…”
Come si fa a dire di no a un irlandese? È una delle cose più impossibili al mondo, provare per credere.
Di malavoglia tirai fuori il braccio da sotto la coperta che mi avvolgeva come un baco da seta e presi in mano il telefono che da un minuto riproduceva il ritornello di “Never Say Never”, la suoneria di Niall. Tranquillamente risposi.
“Niall?” la voce possente del nostro nuovo manager sull’altra linea in effetti metteva non poca paura.
“No signore, sono Harry. Niall è… impegnato a provare le canzoni con i ragazzi. Non può rispondere e mollare la chitarra.”
Guardai Niall che mi fece il segno del pollice in su sfoderando un sorriso soddisfatto.
“Sono felice vi esercitiate anche durante la vacanza. Allora dico a te anche se mi fido più di Payne o Horan per certe cose… Dunque, per venerdì vi aspettiamo di ritorno. C’è stato un cambio di programma. Le copertine per il video sono state scelte ma ce n’è una di una ragazza che a quanto pare ha riscosso successo. Le è stato offerto uno stage come vostra addetta alla grafica e vogliono farla lavorare a contatto con voi per il fatto dell’età, pensano si possa trovare più a suo agio in mezzo a suoi quasi coetanei. Quando tornerete vi daremo tutti i dettagli. Intesi? Niente scherzi. Venerdì mi aspetto di vedervi scendere dall’elicottero. Passo e chiudo.”
Passo e chiudo? Qualcuno spieghi a quell’uomo che non è una spia.
“Aspetta John! Quanti anni ha?”
“Va per i sedici entro fine anno. Lasciami riattaccare ragazzo.”
Sentii il suono tipico di quando uno sbatte troppo forte il telefono e rimisi l’iPhone nero in mano a Niall.
“Ragazzi, il relax è finito. Si torna a casa venerdì.”
La notizia non fu accolta con molta gioia. Liam e Zayn abbandonarono la loro partita a scacchi persa in partenza da Zayn e si sedettero vicino a noi, Louis rotolò su un fianco per avvicinarsi e Niall rimase a fissare il vuoto.
Erano passati solo tre giorni, molti meno di quanti avevamo programmato. Ancora cinque giorni e la vacanza sarebbe finita.
Niall con la delusione che gli si leggeva negli occhi fu il primo a chiedere il motivo dell’accorciarsi della vacanza.
“Come? Ma perché? Avevamo deciso due settimane. Erano tutti d’accordo...”
Allora mi misi seduto e li aggiornai sulla situazione.
“A quel che ho capito il progetto delle copertine del video è andato a buon fine, forse fin troppo a buon fine dato che hanno trovato una ragazza che potrebbe diventare la nostra addetta alla grafica, che in teoria dovrebbe essere quella che segue le copertine dei CDs e di quelle altre cose che ci girano intorno no? Ecco, praticamente ha quasi sedici anni e farà questa specie di stage appoggiata da noi perché siamo quelli più vicini alla sua età… Venerdì avrà il colloquio con i responsabili e noi la incontreremo. Tutto qui.”
Tutti quanti si guardarono stupiti. Era un fatto strano in effetti… Una ragazza che colpiva talmente tanto dei professionisti da venir contattata per un periodo da stagista?  Mai sentito di una cosa del genere. Magari sarebbe stato divertente, poi sicuramente in quel momento l’interessata stava esplodendo di gioia quindi la cosa non aveva controindicazioni…
“Come si chiama?” erano tutti curiosi e io pure, non ci aspettavamo quella notizia, era una novità interessante.
“John non ha detto nulla sul suo conto. Dicono che verremo informati sul tutto al nostro ritorno… So solo che entro l’anno compirà sedici anni.” Tutti quanti si avvicinarono ancora di più e quasi non mi ritrovai il naso di Zayn nell’orecchio.
“Datemi aria ragazzi. So che siamo curiosi ma non dovete soffocarmi. Non è che se vi appiccicate magicamente vengo a conoscenza i altre cose su di lei.” E con le mani feci segno a tutti e quattro di allontanarsi senza ottenere grandi risultati da parte di Louis che mi rimase attaccato.
“Speriamo sia simpatica” Niall era sempre pronto a fare nuove conoscenze e a ridere. Soprattutto a ridere.
“Se è carina è mia”. Le cose dovevano essere chiare fin da subito. Territorio di Harry, non oltrepassare.
“Ricorda che saremo sul lavoro rubacuori. Dedicati ad altre… per esempio quella modella che avevano ingaggiato per il nostro ultimo photoshoot, te la stavi mangiando con gli occhi. Perché non hai agito?”. Forse Louis aveva ragione, carina o no avrebbe fatto parte del nostro piano professionale, l’avremmo vista negli ambienti lavorativi, nulla di privato. E poi chissà di che nazionalità era. Non sapevamo nemmeno quello, avrebbe parlato a malapena l’inglese magari…
“Louis, per chi mi hai preso? Io HO AGITO. Infatti qui ho il suo numero”, dicendo questo estrassi dalla tasca dei pantaloni che avevo indossato per colpa del freddo insistente un piccolo foglietto con sopra scritto un numero di cellulare.
“E bravo Harry, mai dubitare del fascino dei ricci. L’hai già chiamata?”  fu la prima domanda di Zayn dopo avermi dato una pacca di congratulazioni sulla spalla.
“Non ancora. Zayn? Devo insegnarti tutto? Devo aspettare, lasciarla un po’ sulle spine, farle pensare che non mi interessa più di tanto e che ho altri mille foglietti con  numeri di ragazze come questo…” spiegai questo indossando la miglior faccia da “esperto flirter” che riuscii a fare.
“Ma tu hai altri mille foglietti come quello”. Liam trovava sempre da obiettare quando si trattava de me e le ragazze.
“Quindi la cosa è più veritiera no? Però avete ragione, quella modella era eccezionale. Penso la rivedrete presto girare per casa…”
Una montagna di cuscini mi colpì e mi fece sprofondare. Ne uscii da sotto ridendo e per tutta risposta cominciai a rispondere alle cuscinate lanciandoli a destra e manca.
“Comunque se io fossi una ragazza ti manderei a fanculo dopo due giorni nonostante quel bel faccino che ti ritrovi.” Mi voltai verso Zayn e gli tirai una solenne cuscinata in testa.
“GUERRA DI CUSCINI” Louis sembrò riprendere vita. Uscì da sotto la coperta e colpì Liam che rispose al colpo tirando un cuscino rosso in faccia a Niall. Rompemmo un paio di soprammobili e la scacchiera volò per aria facendo piovere re, regine, cavalli e torri ovunque.
Sicuramente la quasi sedicenne si sarebbe trovata bene con noi, eravamo più grandi è vero ma solo fisicamente e per le date di nascita riportate sulle carte, la testa invece…
“HARRY! SI FA UN “LARRY CONTRO TUTTI”. MUOVITI SOLDATO.”
Ecco, come volevasi dimostrare…
Presi un cuscino e corsi in mezzo alla battaglia.
“ARRIVO LOUIS, TI COPRO LE SPALLE. TU SALVA LE COPERTE!”



Buona Vigilia a tutti prima di ogni altra cosa *---*
Poi oggi compie pure gli anni Louis e la veglia di ieri notte fino all'una su Twitter è stata una cosa meravigliosa,
quanto amo la 1Dfamily <3
Ok, torniamo alla storia... dunque, non è un granchè questa parte ma questo è un capitolo di passaggio,
è necessario per portare avanti la vicenda anche se non succede molto in sostanza.
Prometto di più nel prossimo che probabilmente sarà ancora più lungo di questi...
Se mi lasciate una recensione con le vostre impressioni e magari dei consigli mi fate unpiacere enorme
Quindi... niente, spero che fin qui la soria vi piaccia, sappiate che non avrà una continuazione
liscia mcome l'olio, della serie: "si incontrarono, si innamorarono, si fidanzarono".
No no, questa non è una di quelle storie...
Allora auguro già Buon Natale a chiunque stia leggendo queste parole viola e volevo anche ringraziare tutti dei meravigliosi commenti e delle 23 recensioni. VENTITRE! Io a malapena pensavo di arrivare a quattro.
Poi grazie anche a tutti quelli che hanno inserito la storia nelle preferite o nelle seguite, è una cosa bellissima, GRAZIE :3
BUON NATALE <3  



 

Ok, dovrei riscrivere tutta la prima parte perchè ora so come ci si sente e i assicuro che quello che ho scritto non rende l'idea. Proprio due ore fa ho scoperto di aver vinto un video saluto dei One Direction per il concorso del Download Day. Dire che ho rischiato il collasso è dire poco. AHAHAHAHAHAHAH piangevo, mi cedevano le gambe, cantavo e non respiravo. Per tre minuti ho fatto un respiro ogni morte di Papa. 
Mi sento esattamente come la protagonista. È una cosa che accade nei film questa, è troppo meraviglioso, troppo assurdo. ODDIO çç
Io non ci credo, diranno il mio nome. Diranno "ILENIA". Mio Dio, io crollo. Faccio un crack.
Dovevo scriverlo per calmarmi un po' perchè sono in uno stato di ansia esagerata. Potrei esplodere da un momento all'altro, voglio solo dire a tutti quanto  tutto sia meraviglioso *---* AHAHAHAHAHAHAH Sì va beh, sembro un confetto. Sto dicendo a chiunque che gli voglio bene.
Il miglior regalo di Natale di sempre. <3
GRAZIE ONE DIRECTION. Non so perchè lo sto scrivendo qua.
BUON NATALE <3

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Capitolo 5
*** The Rest of My Life - Ilenia ***


THE REST OF MY LIFE

 
“Sei pronta?”
“Lo sono dalla lezione sull’Inghilterra della maestra Luciana in prima elementare”
“Allora vai e fai vedere chi sei a questi inglesi”
 
Abbracciate di fronte al vetro da cui si assisteva all’arrivo e alla partenza dei primi aerei della giornata e circondate dal via vai dei passeggeri ci stavamo salutando per la millesima volta di quel giorno. Chissà quando l’avrei rivista… Mi pareva strano partire senza Ilaria, andare incontro a quello che era il nostro sogno senza lei al mio fianco. Ne avevamo parlato non so quante volte programmando tutto nei minimi dettagli ma in quel momento l’unica ad aver fatto le valigie ero io.
 
Eravamo congelate in quell’abbraccio da più di dieci minuti, per parlare bastava sussurrare data la vicinanza, sussurravamo e ridevamo nascondendo gli occhi lucidi l’una nei capelli dell’altra.
Non è un addio –pensai- solo un arrivederci
Ma entrambe sapevamo che quello avrebbe potuto essere un distacco di lunga durata.
Se il colloquio fosse andato a buon fine e mia madre ne fosse stata convinta sarei rimasta nella cittadina inglese accanto ai One Direction per tutto il tempo dello stage, non sapevo quanto sarebbe durato né cosa aspettarmi da questo ma ero a un livello di felicità indescrivibile e anche fosse stato di una sola settimana l’avrei vissuta appieno stampando nella mia mente ogni singolo secondo  che avrei passato.
 
“Chiamami appena arrivi e mandami l’autografo dei tuoi cinque datori di lavoro appena puoi, intesi? Esigo che tu mi tenga costantemente aggiornata su tutto, non tralasciare nemmeno un tuo o un loro minuscolo starnuto. La scuola sarà un’agonia senza di te, ora chi sputtanerò in giro per le classi?”
Non l’avevo mai vista così, non volevo vederla così e non volevo lasciarla ma non riuscivo neppure a pensare di abbandonare l’occasione di una vita.
Sprofondai ancora di più nell’incavo del suo collo e le dissi solo poche ma sincere parole.
“Mi mancherai”
“Tu di più anche se finalmente il mio naso avrà un po' di tregua dalla tua puzza” cercava come al solito di ironizzare.
Risi, risi e piansi. In quell'istante provavo milioni di emozioni inspiegabili e contrastanti: gioia, tristezza, emozione, paura, speranza, ansia…
“È ora tesoro, c’è il nostro volo” mi avvisò mia madre che mi aspettava in piedi davanti alla porta di imbarco circondata da cinque valigie di cui solo una apparteneva a lei, il resto era mio.
Mi staccai da Ilaria ma non feci in tempo a dirle nulla che mi trovai qualcosa in mano, un iPod viola, il SUO iPod viola.
“E questo?”, era la cosa a cui teneva di più forse, aveva combattuto con i suoi per ottenerlo. Perché me lo stava dando?
“Voglio lo abbia tu. Così sarai costretta a pensarmi dato che passerai ogni giorno ad ascoltare musica. Io userò il mio vecchio lettore mp3 tranquilla. Tienilo, non accetto un rifiuto”
La guardai e ringraziai mentalmente perché fosse mia amica.
“Grazie” sussurrai, stavo per riabbracciarla quando mi bloccò.
“Non dirlo neanche, ora vai Nena, vai e non pensare ad altro. Conquista Londra e non tornare perché è là che devi stare.”

Detto questo si mise letteralmente a spingermi verso l’imbarco prendendosi pure la briga di assicurarsi che passassi il check-in  e portando uno dei miei trolley.
La salutai sfoggiando il mio sorriso migliore e con un piccolo gesto della mano che teneva stretto il suo iPod, lei rispose con il mio stesso sorriso sincero ma malinconico. Le rivolsi un ultimo sguardo, poi salii sull’aereo e presi posto.
Prima classe, tanto spazio, spuntini da ogni lato, poltrona comodissima, televisione con lettore DVD incorporato e finestrino personale. Non badavano a spese gli organizzatori eh?
Dopo nenache un quarto d'ora l'aereo decollò senza ritardi, nel momento in cui le ruote si staccarono dal suolo ebbi la certezza che non c'era praticamente  nulla che mi legasse all'Italia se non le mie amiche e la famiglia, il mio futuro non sarebbe stato lì perchè il mio sogno non poteva realizzarsi in quel paese.
Guardando fuori dal finestrino mandai un'ultimo saluto al panorama milanese ma sperando di non fare ritorno troppo presto.
Una volta raggiunta quota decisi di rilassarmi e trovare un modo per passare il tempo.Ignorando la Tv presi le cuffie e cercai fra le varie canzoni della mia migliore amica una adatta al volo. Tremilacinquecento  canzoni, troppe fra cui scegliere. Andati fra le varie playlists ma ne trovai solo una:
PER NENA -Vai ragazza!
Era decisamente per me. Senza pensarci due volte la selezionai e fece partire il primo brano che Ilaria aveva scelto, il migliore per quell’occasione, aveva programmato tutto. Dagli auricolari uscì la canzone che da quel momento avrei identificato come quella che segnò una svolta essenziale, ‘The Rest of My Life – Ashley Tisdale’.
 
"The rest of my life
Is starting tonight
Feels like I'm finally on my way
It starts with a dream
Of who I could be
Wherever it takes me I can’t wait
So I'm gonna hold on tight
And right is right
The rest of my life"

 
Ed era vero, il resto della mia vita iniziava in quel momento da un sogno. Era la notte tra il 14 e il 15 ottobre ed ero sull’aereo che mi avrebbe portata là, a Londra.
 
 
Coda, no troppo professionale. Meglio sciolti… No, neppure, troppo sciatta. Treccia? Evitiamo, sembro pronta per un rodeo. Presi da una parte! No oddio, neppure parlarne.
Sì, ero a dir poco in ansia.
Ferma davanti allo specchio della mia camera d’albergo era ormai mezz’ora che provavo e riprovavo diverse acconciature non giungendo ad alcuna conclusione.
Ero già vestita da un pezzo, avevo scelto gli abiti dopo aver provato una quantità industriale di vestiti e aver svuotato l’intero contenuto dei miei bagagli sul letto di cui ormai avevo dimenticato la posizione perchè sommerso completamente. Ero quasi pronta ma mancavano ancora i capelli che quella mattina avevano deciso di prendere una forma indefinita tra il solito boccolo e il liscio. Era mai possibile? Il giorno prima che lo avevo passato chiusa in casa a calmarmi e fare gli ultimi controlli avevo sfoggiato per tutto il giorno dei capelli con una piega perfetta che 
evidentemente aveva deciso di abbandonarli al miorisveglio.
“ILENIA, SONO LE 14:00, MANCA UN QUARTO D’ORA ALL’INCONTRO, DATTI UNA MOSSA”
In Italia o in Inghilterra gli urli di mia madre non potevano mancare, dopotutto sentire la sua voce esasperata per uno dei miei abituali ritardi mi faceva sentire a casa.
Facile per lei dire di muoversi, lei non doveva incontrare le persone che più le erano state vicine in qualsiasi momento della sua vita e che con una loro canzone per una volta l’avevano fatta sentire bella e per una volta non fuori posto.
 
Volevo apparire al meglio anche se l'unidità non avrebbe aiutato.
Sciolti, deciso. Sarebbe bastato scompigliarli un po’ a testa in giù per dare un po’ di volume e magari invogliarli a prendere una forma propria.
Corsi allo specchio inciampando sui miei stessi piedi due o tre volte e misi appena un po’ di matita nera sulla palpebra e un filo di mascara. Era sufficiente, troppo trucco avrebbe stonato in quel contesto.
Presi l’unica borsa che sopportavo di indossare, una piccola tracolla color cammello e prima di andare mi concessi un’ultima occhiata allo specchio.
Non guardai molto il viso dato che mi sarei spaventata per le occhiaie che sicuramente si erano formate sotto i miei occhi visto che avevo dormito a malapena due ore quella notte per l’emozione e così controllai solo l’abbigliamento.
Stivali tinta cammello accompagnati al foulard e alla borsa, jeans blu scuro a sigaretta, maglia a maniche corte bianca con sopra una camicia a quadri verde aperta. Soddisfatta misi la giacca color crema che mi copriva fino a metà coscia e raggiunsi mia madre che aspettava fuori dalla camera chiudendomi la porta alle spalle.
Ero pronta.
Durante la breve camminata per arrivare all'indirizzo prestabilito non prestai al paesaggio londinese  l’attenzione che  meriava, l’unica cosa che contava in quel momento era quella sala riunioni al tredicesimo piano dell’edificio geometrico bianco ghiaccio che si ergeva di fronte al nostro albergo.
Affiancata dalla presenza familiare e incoraggiante di mia mamma salii i dieci gradini che conducevano alla porta d'entrata e varcai la soglia compiendo il primo passo che avrebbe segnato un prima e un dopo nella mia cvita.
Piano 13, sala C, porte in vetro opaco, aria fredda artificiale che usciva dal climatizzatore, quindici persone in giacca e cravatta sedute a un tavolo rettangolare, utilizzavano termini specifici, si occupavano di buste paga, parlavano di soldi e grandi imprese,
 discutevano fra loro di business, target, profitti, spese, grafici e percentuali...
Cosa ci facevo io lì? Avevo solo fatto un semplice disegno, non  avevo considerato tutte quelle variabili, non conoscevo la metà dei termini che stavano utilizzando in italiano, figuriamoci in inglese...
Ero fuori posto, non c’entravo nulla con quelle persone e con quel lavoro. Volevo andarmene, ero entrata da cinque secondi e già volevo prendere mia madre e fuggire prima che qualcuno si accorgesse del nostro arrivo.
“Oh eccolo il nostro prodigio italiano”
Troppo tardi.
L’uomo perfettamente composto e impettito che era venuto ad accoglierci strinse la mano di mia mamma e la fece accomodare invitando me a fare lo stesso e prendere posto in uno dei sei posti rimasti vuoti ma le mie gambe non volevano saperne di muoversi e questo perché io volevo portarle nel verso opposto, verso l’uscita di quel luogo troppo geometrico e freddo.
 Cosa ci facevo io lì?

Delle risate, dei passi, un riflesso indefinito si proiettò sul vetro opacizzato dell'immensa porta, tutte le teste dei presenti si voltarono in quella direzione compresa la mia. L'anta destra della porta venne aperta da qualcuno che si trovava dall'altra parte, quel qualcuno che stava per fare la sua entrata nella sala e stava per occupare le rimaste cinque sedie vuote, la ragione per cui mi trovavo lì.



ILENIA

“Ragazzi che noia…”, lo sbuffo di Zayn ruppe il silenzio.
Sistemati a modo nostro nell’ufficio di John aspettavamo che qualcuno si ricordasse di noi da almeno venti minuti.
Liam era impegnato a rispondere ai messaggi estraniandosi dal resto del mondo, Zayn tamburellava con le dita sul tavolo, Niall sbuffava disteso completamente sul minuscolo divano mentre io ero impegnato a rilanciare la pallina rossa che Louis faceva rimbalzare verso di me dalla sedia dietro la scrivania.
Erano le due del pomeriggio, la ragazza avrebbe avuto a breve il colloquio a cui noi avevamo fatto domanda di partecipare ma ancora non sapevamo nulla di lei.
 
“Cinque minuti e mi metto a ballare in boxer per il piano così almeno la sicurezza si ricorderà di noi.” E lo avrei anche fatto se non fosse stato per l’interruzione di John.
“Contieniti Styles.  Stavo cercando dei moduli, lasciatemi i miei tempi. Questo posto è talmente grande e inospitale che se fossi Ilenia sarei già tornato a gambe levate indietro”
Louis pensò bene di levarsi dalla sedia girevole e lasciar sedere il nostro possente manager dietro la scrivania mentre noi prendemmo posto nelle sedie dal lato opposto.

“Quindi si chiama così? Non è inglese allora…”
La curiosità cresceva a dismisura. Il manager non in vena di dare spiegazioni ci consegnò un plico di fogli con i dati personali della ragazza e tutti avvicinammo la faccia per vedere meglio.
“È italiana, sedici anni al dieci novembre, si chiama Ilenia Lari e studia matematica e scienze in quello che da loro si chiama liceo… Interessante…”
Stavamo facendo le nostre constatazioni sulle informazioni che quei fogli ci stavano dando quando Liam sollevò un dubbio.
“Ragazzi ma come si pronuncia Ilenia?” disse il nome facendone lo spelling per non dare un accento sbagliato.
“Ailenia” propose Niall senza pensarci troppo.
“Ailinia vorrai dire” stavolta a tentare fu Zayn.
“Per me sarà la ragazza della grafica, giusto Louis? Nessun flirt e nessuna confidenza.”
Forse chiamarla ‘la ragazza della grafica’ era esagerato ma secondo Lou dovevo tenere le distanze ma questo solo nel caso mi avesse attratto anche se la cosa non sarebbe stata difficile, era una ragazza e questo a volte bastava.
“Esatto Harry, niente comportamenti da cascamorto sul lavoro. Poi neanche parlerà bene la nostra lingua…” Louis in certe occasioni sembrava mia madre, si preoccupava di me, di quello che facevo e della mia carriera.
“Resta il problema della pronuncia, io sono giustificato perché già il mio accento è strano ma voi dovete trovare un modo per chiamarla senza fare brutte figure” Zayn ci fece tornare a quel piccolo ‘problema’.
“Facciamo che appena lei lo dice memorizziamo la pronuncia e la ripetiamo papale papale ok?” La proposta filava, il piano era evitare di metterla in imbarazzo o fare una brutta impressione.
Ne avevamo discusso e avevamo concordato sul fatto che era sempre e comunque una fan e da come avevamo visto più volte per alcune era davvero difficile contenersi. L’avremmo messa a suo agio presentandoci tranquillamente come avrebbero fatto dei compagni di classe, dopotutto non eravamo molto diversi.
“Sono le 14:15 il colloquio inizierà a momenti, fareste meglio ad andare e… Liam? Lascia qui il cellulare, non vogliamo che la stagista si senta ancora più fuori luogo guardando te che ignori tutto e tutti per un display.”
John aveva ragione, prima di tutto metterla a suo agio. Liam scrisse in velocità un ultimo messaggio e poi posò il telefono sulla scrivani dello studio.
Chissà come sarebbe stata, non avevo mai conosciuto una ragazza italiana.
E se avesse iniziato a gridare o fosse svenuta appena fossimo entrati nella sala?
Certo che aveva proprio deciso di lanciarsi, venire a Londra solo  per uno stage che forse non l’avrebbe portata a nulla portandole via inutilmente settimane di scuola…

Stavamo attraversando il largo corridoio che conduceva alla sala assemblee scambiandoci battute e parlando di questioni quotidiane fino a che non venne sollevata una questione incredibilmente vera.
“E se poi non le piacciamo?” La domanda di Niall era l’ultima che mi sarei aspettato di sentire eppure era la più sensata e preoccupante.
Se non fossimo stati come ci aveva immaginati? Se fosse rimasta delusa? Era possibile, più che possibile…
“Andiamo, come possiamo non piacerle? Siamo carini, simpatici, divertenti, modesti e abbiamo dalla nostra parte le fossette attira-ragazze di Hazza, è impossibile non adorarci” dichiarando ciò Louis mi prese le guance e le strizzò facendomi fare la tipica bocca effetto pesce lesso.
“AHIA! Sì ma non distruggerle che mi servono per la modella” dissi massaggiandomi le guance rosse.
Tutti si misero a ridere e Liam spinse l’anta destra della porta della sala riunioni C e tutti insieme entrammo ridendo.
“Ragazzi, le prossime vacanze le passiamo in Italia se sono tutte così...” fu il primo e unico commento di Zayn che riuscì a distinguere, ero troppo preso da altro per capire ciò che mi accadeva intorno.
L’unica cosa che vedevo era quella ragazza ancora in piedi che si era voltata di scatto verso di noi alla ricerca di una certezza con gli occhi più persi e belli che avessi mai visto.




Questo capitolo mi serviva per presentare la situazione, pensavo di riuscire a farle già incontrare i ragazzi
ma non ci sono riuscita, pare impossibile ma è come se la storia non dipendesse da me .___. 
ahahahahahah è difficile da spiegare ma è così
Ho aspettato a fare una descrizione di Ilenia perchè voglio lasciare questo onore a Styles.
Prometto prestissimo il sesto capitolo perchè anche io voglio sapere come va avanti solo che se
lo avessi fatto qua sarebbe saltato fuori un testo chilometrico...
Va bene, sperando che vi piaccia nonostante non sia molto lungo vado che devo uscire alle otto e mi servono ore per 

prepararmi anche se a voi non interessa questo.
Quindi volevo ancora ringraziare per le recensioni e i complimenti su Twitter,
al prossimo capitolo :3 *fa ciao con la manina*

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Capitolo 6
*** Just a Dream - NO! One Direction protested ***


JUST A DREAM

Avete presente il paradiso? No aspettate, forse è troppo complicato da immaginare in questo modo…
Facciamo così, prendete un ricordo, il più bello che avete, ricordate le emozioni che provavate in quell’istante, moltiplicatele per mille e poi ancora per cento, aggiungete uno stormo di farfalle iperattive trasferitosi nel vostro stomaco, un pizzico di vertigini e dei fuochi d’artificio.
Ecco, ora avete ottenuto un’idea di un terzo delle sensazioni che provavo in quell’istante, nell’istante in cui LORO avevano fatto ingresso nella stanza. Nell’esatto momento in cui le loro risate avevano sovrastato qualunque altro tipo di rumore eccetto quello del mio cuore che batteva ad una velocità difficilmente cronometrabile e che pareva voler uscire dal mio petto da un momento all’altro, nell’esatto momento in cui avevo smesso di respirare incrociando i loro sguardi, nell’esatto momento in cui il mio sogno si era materializzato davanti ai miei occhi.
Incontrarli era sempre stato un sogno, solo un lontanissimo e irrealizzabile sogno ma non quel giorno, quel giorno era realtà.
Li guardavo muoversi, parlare e ridere e l’unica cosa che riuscivo a pensare era che quei ragazzi, quei cinque ragazzi che erano entrati in quella sala per me erano gli stessi che mi avevano sostenuta, fatta ridere e piangere nello stesso momento, fatta saltare, impazzire, cantare, ballare e che mi avevano sempre tenuto compagnia in qualunque momento da uno schermo di un computer o da una radio. Erano loro, semplicemente e meravigliosamente loro.
Entrarono uno di dietro all’altro il che per me si traduceva in un infarto dietro l’altro.

Il primo a mettere piede nella stanza fu Liam. Indossava una camicia bianca a quadri sul grigio e dei normalissimi jeans ma su di lui anche quel semplice abbigliamento risultava incredibilmente perfetto. Aveva i capelli più corti di quanto li portasse nel video di “What Makes You Beautiful” e leggermente più scuri, per il resto era perfetto. Identico a ogni tipo di immagine avessi salvata sul mio computer, un dio greco. Quando entrò era girato verso il resto dei ragazzi con cui stava ridendo ma dopo qualche secondo si voltò verso di me e mi rivolse uno dei sorrisi più caldi, dolci e rassicuranti che avessi mai visto.

Non feci in tempo a riprendermi dalla perfezione di ciò che avevo appena visto che fece la sua entrata Niall, la reincarnazione del tipico fascino irlandese. Portava anche lui degli abiti semplicissimi, una polo blu e bianca e dei pantaloni scuri. Il tutto faceva risaltare i suoi capelli biondissimi e i suoi occhi azzurro mozzafiato. Vedendo quegli occhi pensai di aver visto la cosa più bella esistente ma questo fino a quando non mi sorrise. Era entrato ridendo come faceva in molti video e una volta giratosi verso di me aveva sfoderato un sorriso assassino da tanto era magnifico, tutt’ora penso di aver visto ben pochi sorrisi come quello e forse solo uno è in grado di eguagliarlo…

Poi toccò a Zayn procurarmi un altro colpo. Il ragazzo pakistano dagli occhi nocciola. Era forse quello che quel giorno aveva curato di più l’aspetto fisico, giacca stile collegiale dello stesso verde degli orecchini, maglia bianca sotto che lasciava intravedere il rilievo dei muscoli e pantaloni beige. Per non parlare dei capelli fissati in un enorme ciuffo scuro che si ergeva fiero sul suo viso perfetto. Dopo avermi fissata per qualche secondo aveva bisbigliato qualcosa agli altri con un tono talmente basso e confabulatorio che non mi permise di distinguere alcuna parola eccetto “Italy”…

Quarto ragazzo, quarto colpo allo stomaco. Una maglietta a righe blu che contrastava con i pantaloni rosso acceso aveva varcato la porta indossata da uno dei ragazzi più belli esistenti.
Louis Tomlinson e i suoi occhi azzurro cielo si posarono su di me e anche lui come i precedenti tre mi sorrise amichevolmente e in un modo completamente ingenuo, sicuramente non immaginava che con quel sorriso mi stava per far avvicinare a un collasso.
Fuori quattro, ne manca solo uno. Non svenire ora e respira, sei sopravvissuta fin qua, resisti.
Già, ne mancava solo uno ma il problema era CHI era quell’ “uno”.
Infine eccolo. Indescrivibile come ciò che provai.

La porta si chiuse dietro di lui togliendo anche quel poco di controluce che si era venuto a creare e presentandomelo così in tutta la sua perfezione.
Harry Styles, il ragazzo che con la sua voce mi faceva percorrere l’intera schiena da brividi incontrollabili. Cosa indossava? Non so rispondere. Non riuscii a staccarmi dal suo viso per prestare attenzione a come era vestito, già era stata una faticaccia con gli altri, con lui era un’impresa improponibile.
I ricci erano disposti in modo disordinato ma armonioso e incorniciavano un viso dai lineamenti leggermente infantili e soffici. Gli occhi di un verde intenso erano fissi sui miei che non volevano saperne di scollarsi nonostante la mia mente pregasse per una tregua da tante emozioni. Non sorrise, mi fissò e basta causandomi un’ansia esagerata che mi portai avanti per tutta la durata del colloquio.
Perché non mi aveva sorriso come gli altri? Avevo sbagliato qualcosa?
Avevo di sicuro sfoggiato una delle mie espressioni peggiori, ero in catalessi estrema e i muscoli della faccia avevano preso vita propria decidendo di non concedermi la grazia di apparire tranquilla. Forse si aspettava qualcosa di diverso.. Ero troppo piccola per quella responsabilità? Troppo agitata per stargli simpatica? Oppure ero semplicemente uno scempio vivente?
Adesso calmati, è da due giorni che ti prepari a questo momento. Lo hai immaginato mille  volte, avvicinati a loro e presentati. Dopo potrai farti tutti i complessi di questo mondo ma prima ti serve quell’ingaggio.
Cavolo però, hanno davvero dei testoni enormi nella realtà. Il doppio che nelle foto.

Tutta quella scena eterna era durata in realtà sì e no venti secondi ma nella mia testa l’avevo vissuta a rallentatore memorizzando ogni secondo e ammirando ogni particolare.
 
Presi fiato, controllai di avere ancora le gambe di cui avevo perso la sensibilità e sperai con tutto il cuore che le ginocchia non cedessero. Feci un passo verso di loro, poi un altro e infine un altro mezzo. Mi ritrovai a meno di un metro dai loro visi, riuscivo a malapena a controllare i movimenti quando li vedevo in un video, avevo una paura immensa di perdere il controllo e scoppiare a piangere o cedere alla tentazione di darmi al “fangirling” più totale così arrendendomi chiusi gli occhi, era una cosa senza senso ma sapevo che se li avessi guardati ancora sarei esplosa in lacrime di gioia.
Quando li riaprii mi ritrovai abbracciata a Liam senza capire come avevo fatto a finire con la faccia appiccicata al suo petto.
Ecco, ho perso il controllo.
Imbarazzatissima mi staccai e lo guardai con uno sguardo che speravo fosse di scuse. Lui di tutta risposta sorrise come un fratello maggiore facendomi intendere che in un certo senso aveva capito e mi porse la mano presentandosi.
“Piacere Liam!”
Ma cosa avevo fatto? Mi ero fiondata ad abbracciarli senza rendermene conto davanti alle persone che avrebbero dovuto decidere se ero abbastanza matura per l’ingaggio. Splendido.
 
“Ehm p-piacere Ilenia, scusa per poco fa…”
Quattordici anni di lezioni di inglese giornaliere da mia zia e non ricordavo assolutamente nulla. Per formulare una frase di base ci impiegavo una vita. Non ero mentalmente lucida in quel momento ma sarebbe passato giusto? Ci avrei fatto l’abitudine no? Guardai Harry e mi arrivò la risposta, non avrei mai potuto abituarmici.
Strinsi la mano a tutti e cinque, la prima volta che li toccai, il momento che aspettavo da mesi, parecchi mesi.
Sorridevano in continuazione e guardando quei sorrisi la sensazione di disagio e terrore che avevo provato fino a poco prima si dissolse. Ero felice, volevo essere lì, dovevo essere lì ed ero finalmente al mio posto.
Ci fecero sedere intorno al tavolo gli uni opposti agli altri. Io e mia mamma da un lato, il mio sogno dall’altro, in mezzo un tavolo e una decisione che ci separavano.
Il colloquio ebbe inizio ma non prestai molta attenzione alle parole degli uomini incravattati fino alle tempie ma mi concentrai unicamente su di loro. Se dopo la scena di qualche minuto prima mi avessero etichettata come “fan pericolo pubblico” lo stage potevo anche mettermelo via. Così non volevo perdere un solo istante dei momenti in cui mi trovavo così vicina a loro, erano perfetti.
Harry era l’unico di cui non riuscivo a reggere lo sguardo, dal momento in cui era entrato nella stanza non aveva cambiato espressione. Sembrava completamente perso nei pensieri…
 
“Ma non è rischioso dare un ingaggio così importante a una ragazzina che tra l’altro è una fan con tutti gli istinti annessi e connessi?”
Okay, dopo quello odiavo l’uomo con la cravatta rossa.
“Phil ha ragione, abbiamo visto prima. Non è pronta, si potrebbe usare l’idea della copertina dandole una parte del guadagno ma l’ingaggio di grafica neanche parlarne. Non supererebbe nemmeno lo stage”
E anche il vecchio con la giacca il triplo di lui si era guadagnato un posto sulla mia lista nera affianco al tipo della cravatta.
Ero sul punto di un crollo. Non avevo mai dato per scontato di ottenere un “sì” collettivo ma forse mi ero illusa troppo, ero così vicina a realizzare il mio desiderio che non avevo calcolato bene le distanze che mi separavano dal riuscirci.
Da sotto il tavolo mia madre mi prese la mano e la strinse per farmi coraggio. Capiva ben poco di inglese ma aveva capito tutta la situazione fin lì solo che non poteva controbattere non sapendo che parole usare. Perché diamine non avevano portato qualcuno che traducesse? Se io fossi stata un’analfabeta in quella lingua come avrei fatto? Era tutto uno scherzo alla fine, non erano convinti della proposta che mi avevano fatto fin dall’inizio evidentemente. Non me ne volevo andare, ero troppo vicina.
 
“Avete ragione, è rischioso – a parlare era una voce diversa stavolta, vellutata e profonda – ma secondo me una fan potrebbe vedere le cose in un’altra prospettiva e metterci l’entusiasmo che un adulto non metterebbe. Lei sa cosa può piacere o no al nostro pubblico perché ne fa parte, è perfetta. Inoltre vi assicuro che non ha fatto nulla di sbagliato prima, di solito accade di peggio. Molto peggio.”
Harry Styles stava prendendo le mie difese e aveva messo una buona parola per me perché ottenessi il posto. Non mi odiava completamente forse.
Tutti gli altri componenti annuirono convinti.
“Pensi signore, una volta una fan strappò i capelli ad Harry e li sventolò in aria urlando e piangendo per poi concludere lo spettacolo glorioso svenendoci davanti. Ilenia invece a quanto pare può perfettamente gestire la situazione. Quindi datele un chance.”
Non era possibile, avevo anche Louis dalla mia parte. Disse il mio nome con una strana cadenza inglese che adorai fin da quella prima volta, aveva nonostante tutto mantenuto l’accento sulla sillaba corretta, avevo deciso che se lo avessero sbagliato o pronunciato male sarei andata anche a cambiarlo in comune.
“Oh e andiamo, non la vede? Ha idea di quanto la odierà se la rimanda a  casa ora?”
Questo lo disse Zayn indicandomi e facendo gli occhi dolci rivolti verso i dirigenti che non si aspettavano una tale difesa nei miei confronti.
“E poi se le dicesse di sì sono certo che la abbraccerebbe e le assicuro che ne vale la pena”
Ora potevo anche sciogliermi. Liam si era girato e mi aveva fatto l’occhiolino. Lo sentivo come una figura protettiva senza motivo anche se lo conoscevo veramente da meno di un’ora.
“Per favoreeee. È italiana poi, in Italia sa cosa c’è? Glielo dico io, LA PIZZA. E lei sa sicuramente fare la pizza e se la rimanda indietro io la seguo e tanti saluti al contratto. Ok?”
Oddio, Niall era la cosa più adorabile dell’intero pianeta. In effetti sapevo fare la pizza e non mi veniva poi neanche tanto male.
Sfoderai un sorriso di gratitudine verso di loro, non mi sarei mai aspettata che potessero essere addirittura meglio di come me li ero immaginati.
Quello era il mio posto ed era dove volevo stare. Come potevano un branco di smoking dalla mentalità chiusa mettere in discussione questa cosa? Non potevano punto e basta.
“DUE MESI. Le diamo fino alla fine dell’anno per dimostrarci che vale quanto voi cinque volete farci credere. Uno stage di due mesi e poi si deciderà la cosa in definitivo. Lei ci sta signora Lari?”
Stavo per tradurre a mia mamma l’intera frase quando qualcun altro lo fece per me, era arrivato il traduttore. Mia mamma confermò di concordare con ciò che era stato detto e finalmente tutto si stava sistemando.
“Andiamo a discutere delle faccende burocratiche nell’altra stanza che ho dei fogli da farle firmare, lasciamo da soli i ragazzi in modo che si conoscano meglio prima di cominciare il lavoro. Mi segua”
Le parole del direttore prontamente tradotte fecero svuotare l’intera sala, mia mamma mi indirizzò un sorriso orgoglioso, soddisfatto e commosso seguendo poi tutti gli altri e uscendo dalla camera.
Mi girai e guardai davanti a me. I cinque ragazzi si stavano dando il cinque soddisfatti.
Ero dentro.





NO! ONE DIRECTION PROTESTED                                
 

“Ragazzi, le prossime vacanze le passiamo in Italia se sono tutte così...”
Sentii Zayn sussurrare questo a Louis dopo aver messo piede nella stanza e non capì quello che intendeva finchè non me la trovai davanti.
Pensavo ormai di non poter più rimanere a bocca aperta davanti a una ragazza comune dopo tutte le modelle che avevo conosciuto ma mi sbagliavo evidentemente.
Si era girata di scatto, probabilmente si sentiva persa in quell’ambiente così distante dal suo mondo, non l’avesse mai fatto. Mi persi completamente appena i suoi occhi furono visibili e vi affogai dentro. Dall’espressione si capiva che era stata spaventata e ansiosa fino al momento in cui non ci aveva visti entrare, allora quegli occhi che oscillavano fra il verde e l’azzurro si erano trasformati e avevano cominciato a brillare e parlare.
Ci guardava come fossimo una visione divina non capendo che lei lo era per noi, o almeno per me.
Nel movimento del girarsi fece involontariamente scuotere i capelli color cioccolata al latte con dei riflessi ramati che le ricaddero dolcemente e senza peso sulle spalle, li portava lunghi fino a metà schiena. Non erano né eccessivamente lisci né eccessivamente ricci. Formavano delle soffici onde naturali che le facevano da contorno a un viso perfetto. Aveva dei lineamenti delicati, una pelle molto chiara che faceva risaltare la bocca perfettamente delineata. Un’unica “imperfezione” era data da un piccolo neo sulla fronte che cercava di nascondere con il ciuffo che portava più corto a destra non rendendosi conto di quanto fosse bello e particolare.
Mi accorsi di non averle sorriso. Dovevo sorriderle. Lo avevamo deciso, volevo metterla a suo agio e farle capire che eravamo tutti con lei ma non ci riuscivo. Ero bloccato.
 
Rallenta Styles, è solo una temporanea presenza nella tua vita. Lavorerà come grafica punto e fine. Poi non riuscireste neanche a parlare più di tanto dato che è italiana.
Sinceramente in quel momento parlare era l’ultima cosa segnata sulla lista delle cose che desideravo fare con quella ragazza.
CONCENTRATI.

Mi ripresi anche se di poco e la guardai cercando di vederla stavolta sotto il piano professionale. Sarebbe stata in grado di essere all’altezza di quella responsabilità? Doveva esserlo. Ce la vedevo bene a andare avanti indietro davanti a una lavagna mentre spiegava le sue idee ai dirigenti.  No ok, ce la vedevo bene soprattutto perché avrebbe fatto una specie di passerella.
Mi chiesi perché non facesse la modella e la risposta venne nel momento in cui ad occhi chiusi si gettò sul Liam per abbracciarlo istintivamente. A parte il fatto di chiudere gli occhi che era totalmente assurdo un’altra cosa che mi colpì fu la sua statura.
Quella ragazza era l’opposto dell’altezza, chissà se arrivava al metro e sessanta...
Non ne capii neppure io il motivo ma vedere che aveva scelto di abbracciare il mio amico e non me mi diede non poco fastidio. Forse ero troppo abituato a trovarmi tutte le ragazze ai miei piedi e a essere il più gettonato. Poi Liam era felicemente fidanzato quindi anche se lei lo avesse puntato sicuramente avrebbe mollato la presa dopo un po’ e si sarebbe arresa e allora avrebbe trovato il sottoscritto pronto a consolarla in ogni modo proponibile.
HARRY NO. LAVORO. TU. LEI. DUE COSE DIVERSE E DIVISE.
Giusto, niente giochetti. Lei era off-limits, campo minato per me. Ma perché poi? Che c’era di male se fosse successo qualcosa?
Le rovineresti la carriera una volta fosse tutto finito stupido.
Ma se le cose funzionassero invece? Se la storia andasse avanti?
Parli sul serio? TU in una storia che va avanti? Stai scherzando spero…
C’è sempre una prima volta.
 
Era peggio che discutere con mia madre. Mi davo ragione e il momento dopo mi contraddicevo, così non sarei andato da nessuna parte.
Che poi cosa volevo fare? No sul serio, la conoscevo da cinque minuti. Era solo una ragazza.
Magari era pure una di quelle smorfiose viziate che non fanno altro che domandare, domandare e domandare, oppure poteva essere una lagna sempre lì pronta a lamentarsi, oppure avrebbe potuto essere..
“Piacere Ilenia”
Ilenia. Pronuncia memorizzata. Ritornai nel mondo reale e me la ritrovai davanti, non mi guardava negli occhi e tendeva la mano in attesa che la stringessi come avevano fatto gli altri.
Okay, stringerle la mano. Sì, si può fare.
Si poteva fare ma non ci riuscivo. Non mi ero mai fatto problemi sul contatto fisico con le ragazze. Ripensai alle ultime serate a Londra, NO, assolutamente nessun problema.
Allora perché avevo paura solo di stringerle la mano? Non avevo paura di toccarla, avevo paura di esagerare e trovarmi in meno di cinque minuti a flirtare con lei senza rendermene conto. Presi un respiro profondo e allungai la mano tenendo l’altra in tasca con fare distaccato e mi presentai nonostante non ce ne fosse bisogno.
“Harry, Harry Styles”
La sua mano in confronto alla mia era minuscola. Da una parte ero io che avevo delle mani immense, me l’ero sempre sentito dire ma veramente messe in confronto le sue erano quelle di una bambina.
 
“Psss! Harry si stanno sedendo tutti. Vuoi tornare tra noi? Muoviti che blocchi il traffico”
Louis mi risvegliò dato che ero nuovamente tornato a perdermi in quei pensieri che in un certo senso mi erano nuovi. Prendemmo posto e il colloquio iniziò.
Tutti presero a dare ipotesi lunghe, noiose, complicate e a mio parere inutili. Quella ragazza sarebbe entrata nel nostro team, giuria d’accordo o no.
Continuando a ignorare le parole dei tizi-pinguino e cercando di non ricominciare a fissarla mi rivolsi ai ragazzi bisbigliando in modo che nessun’altro sentisse.
“Allora? La teniamo?”
“Se la teniamo? Amico noi la adottiamo questa!”
Zayn ne pareva entusiasta, fin troppo entusiasta.
“A me piace! – dichiarò con un enorme sorriso Niall- Poi non ha urlato o fatto scenate. Sì sì, a me convince”
“Secondo me se li ha colpiti fino a farla venire qui con quella copertina quel posto lo merita eccome. Per me va più che bene.”
Liam era forse l’unico a vederla sul piano professionale, noi avevamo solo pensato alla simpatia o nel mio caso all’aspetto fisico. Almeno avevamo le due versioni…
“DOBBIAMO tenerla. Sono l’unico che ha notato come il signorino Styles qui si sia perso a farsi filmini mentali su di lei? Se la mandiamo indietro sarà l’unico nome sulla sua lista di “ragazze che non mi sono passato” e noi non vogliamo questo vero Harry?”.
Qualcuno mi spieghi come cavolo faceva Louis a capire tutto. Era stressante la cosa, non potevo avere segreti con quel ragazzo.
 
“Phil ha ragione, abbiamo visto prima. Non è pronta, si potrebbe usare l’idea della copertina dandole una parte del guadagno ma l’ingaggio di grafica neanche parlarne. Non supererebbe nemmeno lo stage”
La voce di uno dei tanti tizi incravattati suonò abbastanza alta da attirare la nostra attenzione. No, quelle parole erano le ultime che in quel momento quella ragazza doveva sentirsi dire. La guardai e vidi la delusione e l’ansia che andavano a infettare quegli occhi profondi e magnetici.
No, no, no, NO. Fan o non fan lei resta qui.
 
“Louis non ora. Ragazzi qui le cose si mettono male. Se non facciamo qualcosa ce la rispediscono a casa, copertina compresa. Siamo noi o no i diretti interessati? Quell’album e la sua copertina sono nostri. La nostra parola conta più di quella di chiunque altro in questa stanza.”
Mi guardarono facendomi intendere che il messaggio era arrivato, LEI NON ANDAVA VIA.
“Facciamo tornare a protestare Jimmy ragazzi. Su, Harry a te l’onore di cominciare” Louis era forse il più convinto di tutti. Sospettai lo facesse per me più che per lei.
“Avete ragione, è rischioso  ma secondo me una fan potrebbe vedere le cose in un’altra prospettiva e metterci l’entusiasmo che un adulto non metterebbe. Lei sa cosa può piacere o no al nostro pubblico perché ne fa parte, è perfetta. Inoltre vi assicuro che non ha fatto nulla di sbagliato prima, di solito accade di peggio. Molto peggio.”
Mi complimentai con me stesso per il discorso che ero riuscito a tirar fuori, era oggettivo e non faceva una piega come ragionamento. Ora toccava agli altri agire.
“Pensi signore, una volta una fan strappò i capelli ad Harry e li sventolò in aria urlando e piangendo per poi concludere lo spettacolo glorioso svenendoci davanti. Ilenia invece a quanto pare può perfettamente gestire la situazione. Quindi datele un chance.”
Vai Louis, vai Louis, vai Louis.

“Oh e andiamo, non la vede? Ha idea di quanto la odierà se la rimanda a  casa ora?”
Okay, Zayn le dava decisamente troppe attenzioni ma stava cercando di corrompere il dirigente e in questo era un asso.

 “E poi se le dicesse di sì sono certo che la abbraccerebbe e le assicuro che ne vale la pena”
Certo, giriamo il coltello nella piaga. Deciderò io se ne vale la pena o no.
No, momento... Le aveva fatto pure l’occhiolino? Concentrato. Lo diceva solo per farla restare, lui aveva Danielle.

“Per favoreeee. È italiana poi, in Italia sa cosa c’è? Glielo dico io, LA PIZZA. E lei sa sicuramente fare la pizza e se la rimanda indietro io la seguo e tanti saluti al contratto. Ok?”
Quanto potevo adorare Nialler?  Sembrava un bambino che batteva i piedi e ricattava i genitori per avere un giocattolo tanto desiderato, nel suo caso il cibo.
Poteva funzionare, eravamo stati convincenti…

“DUE MESI. Le diamo fino alla fine dell’anno per dimostrarci che vale quanto voi cinque volete farci credere. Uno stage di due mesi e poi si deciderà la cosa in definitivo. Lei ci sta signora Lari?”
E ANDIAMO! Fantastico!
Scambio di batti cinque con i ragazzi. Era fatta.
Subito dopo l’intera stanza si svuotò e rimase solo lei dal lato opposto della tavolata. La sua emozione si avvertiva solo guardandola.
Era dentro.



Visto? Avevo detto ci avrei messo poco ùù
Ero troppo curiosa per questo capitolo e l'ho scritto metà tipo ieri notte alle quattro perchè non riuscivo a dormire.
Allora, è un papiro lo so... scusate ma ci tenevo davvero troppo a questo momemto.
Per la parte di Harry non ho idea di come l'abbia fatta perchè nenache l'ho riletta,
è difficile immaginare come ragionerebbe quel ragazzo ._. no ok, è difficile capire come ragionerebbe un ragazzo e basta.
A metà ho avuto un blocco ma poi è partita "Your Biggest Fan" da JONAS LA e sono ripartita, quindi grazie Nick Jonas anche se non sono fan ùù
Per l'aspetto fisico di Ilenia, allora... le ho dato varie caratteristiche di persone a cui voglio bene anche se questo loro non lo sanno
però le ho affibbiato il mio nome perchè, primo: questo è un mio filmino mentale
(ebbene sì me ne faccio tanti e complicati, del complicati capirete presto il perchè), secondo: mi immedesimo di più così :3
Spero vi piaccia anche questo capitolo e ancora grazie per le recensioni e per i commenti su Twitter
(@spoonskiller_ sì, mi riferisco soprattutto a te che ogni giorno ti prendi la briga di scrivermi ùù AHAHAHAH grazie) 
Ok, chiudo e posto che ho fame, il prossimo capitolo lo posterò l'anno prossimo perchè ora mi aspetta lo shopping pre-festa di Capodanno *--*
Saluti, Ilenia

P.S: Se ci sono errori di ortografia o sintassi potete dirmelo che correggo? çç Non ho attualmente molta voglia di rileggere... Grazie!

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Capitolo 7
*** Here We Go ***


 

HERE WE GO

Ti prego inglese, non abbandonarmi ora… Si parte.
Ansia? Sì tanta grazie.
Feci un respiro profondo, facendo entrare nei polmoni più aria che riuscii.
Mi alzai dalla sedia su cui ero rimasta seduta per tutta la durata del colloquio facendola strisciare sul pavimento. Avevo le gambe informicolate, la testa che girava e un sorriso da perfetta ebete in faccia. Dovevo essere parecchio attraente in quel momento insomma…
Mi avvicinai a loro cercando di mantenere il respiro regolare e augurandomi di non avere la gola talmente secca da non riuscire a tirar fuori voce. L’ultima cosa che volevo era iniziare la conversazione con la voce da rana a cui è andato di traverso un moscerino.
Ero in piedi davanti a loro che si aspettavano dicessi qualcosa.
Ma cosa? Come inizi un discorso con un sogno?
Poche domande e parla.
Oh mamma quanto sono belli.
Parla, ORA.

 
“Volevo ringraziarvi per le cose che avete detto prima, probabilmente mi avrebbero rispedita indietro se non fosse stato per voi”
Sì, erano le parole giuste da usare. Ancora non sapevo quanta confidenza mi avrebbero dato, ero pur sempre un membro dello staff e diciamo che loro erano un gradino, anzi mille gradini più in alto di me nella “gerarchia”.
“Non c’è di che! E poi dovevamo farlo, non potevamo di certo perdere Niall”
Niall annuì alle parole di Liam, mi piaceva il fatto non avesse dato una risposta completamente seria, era come parlare con dei normalissimi ragazzi che incontri il primo giorno in una scuola nuova.
“Sì sì, se ti avessero mandata a casa ti avrei seguita. Ho sempre sognato una vera pizza italiana cucinata da un’italiana possibilmente con un contorno italiano e magari in una piazza italiana… ho detto troppe volte ‘italiana’?”
Tutti risero e non c’era da stupirsene, Niall era una cosa completamente adorabile. Ad ogni parola che pronunciava piovevano giù risate.
“No, io direi la parola ‘italiana’ altre mille volte”,
Zayn si girò verso di me ammiccando in un modo a dir poco magnetico.
“A me non piace molto l’Italia, preferisco qua da voi. C’è un’ambiente diverso, non so come spiegarlo, qui siete più, più… WOW” 
Sì, brava. Bell’aggettivo hai usato.
Ridacchiarono tutti e cinque forse per la troppa enfasi che avevo messo nel “wow” finale.
“Hai reso l’idea direi. L’hai già visitata?” 
Gli occhi verde smeraldo di Harry si voltarono interessati verso di me impedendomi di rispondere alla sua domanda se non dopo una manciata di secondi.
“Ancora no, sono arrivata ieri notte e sono subito andata all’hotel a riposare. Se proprio devo essere sincera non ho chiuso occhio per l’emozione ma ora che ci penso devo fare proprio un bel giro turistico”.
Probabilmente parlando della notte insonne volevo giustificare le occhiaie che si erano prese il disturbo di trasferirsi sotto i miei occhi, mentre parlavo lo guardavo non riuscendo a credere di star rispondendo proprio a lui.
Pensai per un momento a dov’ero. Ero a Londra. Ci rendiamo conto? La città che sognavo da una vita. Da quando ero salita sull’aereo il mio pensiero fisso era stato quello stage e quei cinque ragazzi e avevo lasciato Londra nell’angolino in attesa di venire scoperta.
Decisi che avrei dovuto prendermi una giornata o due per visitarla, tanto ormai per due mesi sarei rimasta lì quindi i One Direction potevo vederli tutti i giorni, se una di queste giornate l’avessi dedicata al luogo li avrei ritrovati lì la mattina successiva.
Oddio. Posso vederli tutti i giorni. Qualcuno mi fermi, voglio saltare.
Cercando di contenere l’entusiasmo tornai a quella prima “conversazione rompi ghiaccio”.
“Beh perché dopodomani non vieni con noi all’intervista radiofonica? Potremmo cogliere l’occasione per farti da guide e mostrarti tutti i posti più belli”
La proposta di Louis era l’ennesima meravigliosa notizia della giornata. Se avrei accettato? Eccome. Londra più One Direction  uguale me felice.
“Perché no? Ci vengo volentieri, solo per il trasporto non saprei come fare…”
Invitatemi in auto con voi, invitatemi in auto con voi, invitatemi in auto con voi.
“Che problema c’è? Abbiamo un posto in più in auto!”
DEVO. SALTARE.
Era tutto assurdamente perfetto e irreale. Stavo parlando con LORO di andare INSIEME a un’intervista radiofonica e poi a visitare LONDRA. No, non stavo esplodendo di gioia, semplicemente la mia testa si rifiutava di tornare sulla Terra e continuava a fluttuare fra nuvole di zucchero filato e arcobaleni. Rendo l’idea?
“E se alla radio ci andassimo in auto e poi per Londra girassimo in motorino? Lo preferirei, potremmo prendere strade più nascoste con meno traffico e meno fans.”
“Zayn è impensabile, e lei dove la lasciamo?”
Saggio Liam, non ci pensavo nemmeno a correre dietro loro a piedi, non avevo mai preso il patentino perché avevo paura e odiavo i motorini con tutti quei loro tubi e marmitte.
“La porto dietro io, ho sempre un casco di scorta e sapete che come guido il motorino io non lo guida nessuno”
Questo mi vuole morta, morta e decomposta.
“No, troppo rischioso. Hai idea di quanti problemi ci farebbero se ci fermassero e di quanti se ne farebbero le fans? No. Nemmeno pensabile la cosa”
Momento… il più maturo era HARRY? Stava seriamente dicendo di no per il pericolo di essere fermati e per le fans? Lui che girava nudo?
“Se vuoi farti ore bloccato in mezzo al traffico londinese  in auto con Niall in astinenza da cibo fai pure…”
con il tono che usò nel dire quella frase pareva che Zayn non fosse molto contento della critica di Styles, lo guardava come se volesse comunicargli qualcosa che a quanto pare io non riuscivo a cogliere.
“Ehi tenetemi fuori dalle vostre dispute. A me l’idea del motorino va bene ma io la farei trasportare da Louis che ha il sellino più grande e più equilibrio”
Fosse fatto santo quell’irlandese. Rivolse un adorabile sguardo di scuse a Zayn e poi si voltò verso Louis in cerca di una conferma che ottenne.
Quindi il programma era presto fatto. Eravamo arrivati a decidere che due giorni dopo ci saremmo svegliati presto e trovati davanti allo stesso edificio di quel giorno, loro sarebbero arrivati in macchina che avrei riconosciuto dai finestrini scuri, saremmo andati tutti insieme alla radio dove avrei assistito al loro botta e risposta e infine avremmo cambiato mezzo di trasporto ripiegando sulle vespe e visitato l’intera città.
Stentavo a crederci, avevo appena fatto la scaletta di una giornata passata con i One Direction. Sentivo che appena mi fossi ritrovata da sola tutte le emozioni che stavo cercando di frenare sarebbero uscite da ogni poro del mio corpo facendomi finalmente liberare.
Parlammo per un’altra mezz’ora. Mi chiesero di me, della mia vita, dell’Italia, della copertina e di tanti altri piccoli dettagli e sembravano veramente interessati. Avevamo deciso che quella sarebbe stata la giornata “askilenia” e che durante il giro a Londra sarebbe toccato a loro rispondere alle mie domande che potevano risultare pericolose dato che sarebbero state domande da fan.
Speravo di essere apparsa solare e simpatica. Sicuramente la situazione non era tra le più normali, dopo i dieci minuti di conversazione iniziale ci eravamo spostati sui divanetti accostati alle enormi vetrate sul lato destro della stanza. Louis, Harry e Liam accavallati l’uno sull’altro su quello più grande, io su una mia poltrona verde oliva a parte e Niall seduto comodamente sul bracciolo di quella di Zayn. Sembravamo dei vecchi amici dopotutto, ero a mio completo agio fra di loro e non pareva si sforzassero dal comportarsi diversamente da come erano abituati, persino Harry aveva perso la sua espressione pensierosa di poco prima e era tornato a scherzare e parlare con me e gli altri.
Non erano solo belli, erano proprio BELLI. Non mi sto ripetendo, sono due concetti diversi di bello. Il primo è quello che attribuisci a un ragazzo che vedi di sfuggita per strada, il figo possiamo definirlo. Quando dici che “quello è un bel ragazzo” ti riferisci sempre all’aspetto fisico ma in quel caso non era così. Quei cinque ragazzi erano proprio belli nei modi di fare, nel parlare, nello prendersi in giro, nel scherzare, nel muoversi… ero semplicemente incantata davanti a loro.

“E così sei qui con tua madre… rimarrà qua per tutta la durata dello stage?”
Come faceva Liam a porsi domande sulla situazione che neppure io mi ero sognata di pensare? Neanche ero certa di arrivare a quello stage, non avevo pensato a cosa avrei fatto se ce l’avessi fatta. Chiamatela scaramanzia o come vi pare ma non mi ero mai sentita di parlarne prima che il tutto avvenisse.
“Non lo so, non ne abbiamo ancora parlato… penso stasera sarà il nostro argomento di conversazione a tavola”
“A proposito di tavola, chi cucina stasera?”
La domanda buttata lì di Louis mi colpì, era così normale e quotidiana... Me lo ero ripetuta più volte che erano ragazzi comuni in fondo, non molto diversi dai miei coetanei, ma una volta averli visti in televisione, averli sentiti in radio e aver trovato ogni tipo di gadget con la loro faccia sopra “normale” era un aggettivo difficile da accostare a loro.
“HARRY! Harry fino alla morte. Non voglio più finire col trovarmi nel piatto spinaci andati a male e per di più carbonizzati”
Dicendo questo Niall si voltò e rimase a fissare con aria superiore Zayn che tirò fuori la lingua per dedicare una sentita linguaccia all’amico.
“E così è Harry che cucina? Circolavano voci su questa storia…”
Sembravo una stalker. In quei mesi avevo assorbito una tale quantità di informazioni vere, false e inventate su di loro che non c’era da sorprendersi se i miei voti a scuola stavano calando in picchiata, troppe informazioni occupavano già la mia mente.
“Sì, Harry è tipo la casalinga di turno. Devi vedertelo quando gira per casa solo con grembiule di sua mamma alla ricerca degli ingredienti per cucinare sparsi in giro nelle varie stanze. Oppure quando…” Louis si ritrovò un’enorme mano a tappargli la bocca prima che facesse uscire altri imbarazzanti fatti su Harry.
“Può bastare direi Louis. Stasera la torta te la sogni” 
Mi rendevo sempre più conto di quanto Louis e Stlyles fossero adorabili insieme, sembravano me e Ilaria e l’unica cosa che riuscivo a pensare guardandoli era “larry Stylinson is real”.
Durante il resto della chiacchierata risi talmente tanto che dovetti più volte tenermi la pancia e piegarmi in due cosa che rese molto felice Niall che dichiarò di sentirsi finalmente in compagnia. Mi accorsi di quanto fosse tardi quando staccai per un secondo gli occhi dal gruppo e gettai uno sguardo oltre le vetrate dove vidi un oceano di fari e lampioni che illuminavano con la loro luce le strade buie di Londra. Era sera e pure tarda. Fortunatamente per me il fuso orario era praticamente assente e perciò il mio stomaco evitò di giocarmi brutti scherzi evitando brontolii per la fame.
 
Tornata in hotel ancora con il cuore in gola e l’equilibrio instabile salutai mia madre che alloggiava nella camera di fronte alla mia e entrai finalmente in camera chiudendo la porta dietro di me e appoggiandomici con la schiena. Rimasi in quella posizione a fissare il vuoto per un tempo eccessivamente elevato pensando e ripensando a quello che mi era successo e a ciò che mi stava per succedere.
Incredibile…
Poi semplicemente liberai tutte le emozioni che avevo trattenuto per tutta quell’interminabile giornata.
“YOU’RE INSECURE. DON’T KNOW WHAT FOR! YOU’RE TURNING HEADS WHEN YOU WALK THROUGH THE DO-O-OOOR!”
Buttai all’aria le scarpe e mi misi a cantare e ballare in giro per la stanza improvvisando un concerto privato per il mio letto e gli altri mobili della camera d’albergo che fortunatamente per loro non erano stati forniti di orecchie e udito.
“YOU DON’T KNOW OOH OOOH, YOU DON’T KNOW YOU’RE BEAUTIFUL!”
Sopra al letto in calzini e con una spazzola magicamente trasformatasi in microfono centavo indicando un attaccapanni che avevo sotterrato con giacche e giubbotti.
Improvvisai un balletto di gioia  a dir poco imbarazzante e cominciai a saltare sul letto che sembrava fatto apposta perché rimbalzava in un modo mai visto.
Ero felice. Volevo gridarlo al mondo intero, volevo che tutti sapessero quanto era perfetta la mia vita in quel momento e quanto mi sentissi bene.
“EVERYONE ELSE IN THE ROOM CAN SEE IT, EVERYONE ELSE BUT YOOOOU…”
Qualcuno in quel momento bussò alla porta bloccando il mio momento di gloria e costringendomi a mettere via la mia chitarra immaginaria. Scesi dal letto con un salto e andai ad aprire. Davanti mi ritrovai un ragazzo in accappatoio che senza neppure guardarmi in faccia esplose con un tono per niente amichevole.
“Potrebbe abbassare la voce? Sa, qua c’è gente che torna da una giornata stressante e che ha bisogno di rilassarsi.”
Oh cazzo.
“Ehm… sì, mi scusi. Ho perso un po’ il controllo. Scusi ma sono al settimo cielo. Non crederebbe a ciò che sto vivendo. Sul serio, è meravigliosa la vita.”
Ero partita. L’avevo detto no che avrei voluto gridare al mondo quanto fossi felice?
Il ragazzo rimase a fissarmi con la testa leggermente reclinata da un lato e poi esplose in una fragorosa risata.
“Sei strana ragazzina. Comunque piacere, Peter Collins.”
Ma sì, presentiamoci al tipo in accappatoio che ci crede delle psicopatiche.
“E così il ragazzo in accappatoio rosa mi diede della strana. Ilenia, Ilenia Lari”.
Gli strinsi la mano e constatai quanto fosse estremamente carino. Capelli con taglio alla Zac Efron color miele e occhi di un blu profondo. Perché gli inglesi dovevano essere bellissimi oltre ad avere fascino?
“Non sei di queste parti giusto?”
Acuto il ragazzo. Avevo un cognome straniero, parlavo con un accento italiano e oltretutto alloggiavo in un albergo. Ovvio che ero straniera.
Quant’è carino cavoli…
“No, sono italiana. Anche tu però non sei di qui se stai in un hotel.”
Si mise a ridere in un modo adorabile e tranquillamente rispose spostando lo sguardo verso il soffitto.
“Io abito qui. La mia famiglia possiede l’intera catena di hotel. Hai cannato Ilenia”
Bello, simpatico, inglese e ricco… WOW.
“Oddio. Scusa allora per la mia performance canora. Prometto di contenermi. Comunque chiamami Nena”
Mi ricordai di aver dimenticato di specificare come chiamarmi ai One Direction ma avrei rimediato nella giornata di visita a Londra. Stavo per rimettermi a cantare solo al pensiero ma cercai di controllarmi.
“Allora Nena… che ne dici di farci un giretto nei prossimi giorni?”
Mi aveva chiesto di uscire? Un ragazzo mi aveva chiesto di uscire? A me? Gli inglesi sono ciechi. Ciechi e disperati.
“Si potrebbe fare. Ora è meglio che vada, la cena è tra poco e io a differenza di qualcun altro non sono ancora entrata in doccia,”
GLI HO APPENA DETTO INDIRETTAMENTE CHE IN QUESTO MOMENTO PUZZO?
“Sì hai ragione, sarà meglio io mi renda presentabile. Allora ci vediamo Nena… ci conto eh?”
Detto questo si girò e si incamminò per il corridoio rivestito di moquette rossa verso la sua camera che doveva essere la più bella di tutto l’hotel.
Rimasi un po’ appoggiata alla cornice della porta a pensare mordendomi le labbra. Ero lì da meno di una giornata e avevo già vissuto tante di quelle cose da non starci dietro col pensiero e ora arrivava pure questo Peter.
Londra mi piace sempre di più.
 
 
“Io torno a casa”.
Eravamo sedute a un tavolo circolare in mezzo alla sala da pranzo e stavamo decidendo cosa ordinare per la nostra prima cena in Inghilterra.
Inutile dire che me lo aspettavo, l’avevo vista troppo a disagio durante tutta la giornata e doveva ancora rilassarsi da quando eravamo arrivate, non potevo obbligarla a restare.
“E quando parti?”
Glielo chiesi col cuore in gola fissando il menù per nascondere il mio sguardo preoccupato.Avevo una paura tremenda mi proponesse di seguirla. Sapeva quanto avessi sperato e quanto fossi felice per aver ottenuto lo stage e mai sarebbe riuscita a separarmi da quella conquista ma era pur sempre mia madre.
“Domani sera, il tempo di sistemare le carte con l’hotel per farti alloggiare qui da sola e poi prendo il primo aereo per Milano. Ti prego perdonami ma non riesco a stare lontana dai bambini e dal papà, io non sono fatta per questo posto mentre tu sembri sguazzarci dentro come un pesciolino. Non ti chiedo di tornare con me ma non considerarmi una mamma sconsiderata per questo”
Una mamma sconsiderata? Se quella non era la madre migliore del mondo io non avevo stretto la mano ai One Direction. Mi sarebbe mancata, immensamente, ma la capivo e capivo anche me stessa ormai. Io sarei rimasta lì in ogni caso ma la mia casa sarebbe sempre stata dove si trovava la mia famiglia. Era probabilmente una delle decisioni più difficili che avessi mai preso ma era solo per due mesi, poi ne avremmo discusso a seconda di come sarebbero andate le cose. Ancora una volta senza dire niente andai ad abbracciarla sulla sedia e durante l’intera cena le raccontai di ogni singolo istante e emozione vissuta in quel giorno mentre lei mi ascoltava sicuramente meravigliandosi di tanta felicità da parte mia.
 
Il giorno dopo non vidi i ragazzi, lo passai con lei a fare compere e a chiacchierare e ridere. Mi fece mille raccomandazioni su tutto durante la giornata, setacciammo l’intera via dell’albergo individuando i migliori negozi e ristoranti se ne avessi avuto bisogno e passammo dalla banca dove sistemò dei documenti (con l’aiuto di un cassiere esperto di lingue) e dove aprì un conto corrente per me, stava mettendo le fondamenta della mia nuova vita da sola a Londra.
La sera arrivò troppo velocemente, il suo trolley non aveva neppure avuto il tempo di essere svuotato che già si ritrovava a venir trascinato per le corsie dell’aeroporto che avevamo raggiunto a piedi godendoci ogni minuto rimanente insieme.
Il saluto fu veloce, non volevo pensasse di aver sbagliato nulla così le sorrisi e mi mostrai felice tutto il tempo. Amavo il nostro rapporto, così diverso da quello delle mie amiche. Avevamo anche noi le nostre discussioni ma parlavamo di tutto senza problemi e ci fidavamo l’una dell’altra qualunque cosa accadesse.
Con un abbraccio e un bacio sulla fronte mi salutò sparendo nell’entrata dello stesso aereo di linea con cui eravamo atterrate due notti prima. La guardai decollare e poi mi voltai dando le spalle alla pista d’atterraggio.
Ci siamo.



Buon anno *-* Siamo nel 2012, pare impossibile.
Allora, come avrete notato c'è solo la parte di Ilenia. Ecco, d'ora in poi sarà quasi sempre così.
Ora che le vite di Ilenia e di Harry sono finalmente intrecciate alternerò un capitolo dal punto di vista di lei a uno dal punto di vista di lui.
Peter Collins... Memorizzate il nome ok? 
Io mi ci sto immedesimando troppo. A volte immagino di uscire dalla stanza e trovarmi quei cinque davanti. SALVATEMI çç
AHAHAHAHAH ok, smetto di parlare inutilmente e passo alle cose serie.
Grazie mille ancora una volta. 55 recensioni in sei capitoli??  Ma avete dei seri problemi sapete <3 ahahaha sono troppe!
Comunque la storia sarà sempre più complicata preparatevi, sta prendendo forma.
Grazie mille di nuovo e buon anno a tutti quanti :3  spero sia per tutti un anno indimenticabile e facciamo il culo ai Maya pessimisti ok? OK! 
Bene, vado in doccia ma prima rompo col link su Twitter ùù
Adios. 

 

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Capitolo 8
*** Get Out of my Head ***


GET OUT OF MY HEAD

La prima cosa che avevo pensato durante la conversazione con la stagista? “Cazzo, parla perfettamente inglese.”
Avevo sempre contato sulla probabile mancanza di comprensibilità di ciò che avrebbe detto per non piombarle addosso come al mio solito ma quella parlava un inglese addirittura più corretto del mio. Non andava bene, non andava per niente bene.
In quel modo diventava una conquista troppo facile e a portata di mano, sarebbe stato perfetto se non per il fatto che era un bersaglio a cui non mi era concesso di mirare.
Era bella, simpatica, gentile, intelligente e da quel che avevo capito dai suoi racconti single.
Non è giusto.
Per una volta non potevo avere una ragazza che avevo puntato, assurdo.
Poi quando Zayn le aveva proposto di salire sul suo motorino durante la visita di Londra che avevamo programmato… ma chi si credeva di essere quel ragazzo? Se non potevo averla io non poteva di certo pensare di ottenerla lui. Non era immune dalle regole prefissate, Ilenia era off-limits per tutti noi, niente eccezioni. Il lavoro restava lavoro e non si mescolava alla vita privata. Fortuna che in certe occasioni Niall sapeva portare pace e equilibrio, l’avrebbe portata Louis durante la gita in motorino  il che mi rendeva molto più felice, lui era sistemato da tempo con Eleanor ed era troppo grande per Ilenia. E poi lui infondo amava me. Potevo stare tranquillo.
Ma poi per cosa dovevo stare tranquillo? Mica era la mia ragazza. Era carina vero, ma potevo averne altre mille come lei e magari molto più disponibili all’andare oltre il bacio no?
No.
Cercai di ignorare quello che la mia mente cercava di dirmi, quella ragazzina non aveva nulla in più delle altre e dovevo ficcarmelo bene in testa. Ero solo in astinenza dopo la settimana passata nel bungalow con i ragazzi dove l’unico essere vivente fornito di caratteristiche femminili erano le mucche del ranch che purtroppo per loro non potevano rientrare nella mia categoria di gradimento.
Ripensai ancora alla conversazione avuta con lei poche ore prima, sembrava piena di volontà e sul punto di scoppiare da un momento all’altro, ci guardava incantata e rideva per ogni piccola scemenza.
Ha la risata più bella e cristallina che io abbia mai sentito…
NO, SMETTILA.Esci dalla mia testa ragazza.

Poi non ci aveva mai fatto richieste assurde o aveva dato per scontate certe informazioni su di noi, ci aveva chiesto poche cose e sempre su dei comportamenti quotidiani, non aveva mai approfondito sul nostro lato da “superstar”. Forse era quello che la rendeva diversa dalle altre ragazze che avevo incontrato, a lei noi piacevamo per la nostra fama ma per quello che cantavamo e per come eravamo, non voleva trarre vantaggi dallo stare vicino a noi, ci stava perché era felice e dove voleva (e a mio parere doveva) essere.
Ma che discorsi…? No, non è diversa, ci sono altre milioni di fans come lei al mondo.
 
Bene, dato che stavo per ricominciare a litigare con me stesso decisi che avevo bisogno d’aria fresca per schiarirmi le idee. Mi alzai dal divano da cui stavo torturando da televisione dandomi allo zapping morboso fra i canali e aprii la porta per fare una visitina al giardino. Io e i ragazzi abitavamo in diversi appartamenti, io e Louis in realtà ne condividevamo uno in due dato che ancora non  ero maggiorenne, ma avevamo un giardino sul retro comune a tutti e cinque con una piscina illuminata in notturna nella quale passavamo il tempo libero nelle giornate estive e una lunga distesa di sdrai e poltroncine in vimini. Su una di queste si trovava Zayn in tuta intento a guardare il cielo e a concedersi una sigaretta.
Mi avvicinai a lui con l’aria assonnata e distante barcollando date le due ore di completa immobilità passate sul divano.
“Zayn, lo sai che ti fa male…”
Odiavo vederlo fumare, la cosa accadeva raramente e aveva deciso di smettere ma era una cosa che anche se comprendevo non mi piaceva.
“Eddai Harry, una ogni  morte di Papa non uccide nessuno… E poi stasera ne ho proprio bisogno.”
Dicendo questo liberò una nuvola di fumo che si distinse chiaramente nel cielo notturno e che prese una forma ancora più visibile dato il contrasto del suo calore con la gelida aria di ottobre.
“Non ucciderà forse ma fa male, ai tuoi polmoni, alla tua voce, alle fans e a me che respiro la tua stessa aria”.
Mi sedetti su una sedia accanto alla sua sotto la veranda dell’ appartamento di Niall da dove provenivano suoni di videogames, evidentemente era il “piazza e console time” per l’irlandese.
“Vuoi fare un tiro?”
Mi offrì la sigaretta buttandomi tutto il fumo addosso e io mi girai di scatto guardandolo dall’alto in basso, mi ero promesso di non fumare mai in vita mia e lo sapeva.
“Scherzo dai. Lo sai, a volte cedo ma capita raramente…”
“Lo so, solo contieniti ok amico? Alle ragazze non piace un alito che puzza da fumo solitamente”
Mi piacevano quelle chiacchierate sotto il cielo stellato ma quella sera non volevo parlare di cose random o insensate, avevo un obiettivo e sicuramente anche Zayn lo aveva intuito.
“Ti riferisci alla stagista?”
BINGO. Obiettivo centrato in pieno, ora bastava fargli intendere la situazione: lui, lei, niente da fare.
“Anche. Carina non trovi?”
Volevo spingerlo a parlare del suo modo di fare di quel pomeriggio. Essendo un esperto riconoscevo una ragazzo in fase di “corteggiamento” fin dal primo istante e Zayn quel giorno ci aveva dato dentro come non mai con le mosse da conquista.
“Carina?!  Più che carina. L’hai vista no? Dal modo in cui la guardavi mi sa che oltre ad averla vista l’hai pure scannerizzata…”
Ma lo avevano notato tutti? Era così evidente? Un attimo… lo aveva notato anche lei allora?
Meglio tornare alla conversazione…
“Sì, lo ammetto. Quella ragazza mi ha colpito come poche. Avevo intenzione di provare a farci qualcosa ma a quanto pare non è “legale” secondo le regole del rapporto lavoro-vita privata”
Lo capisci da solo o devo specificare che la cosa vale anche per te?
Prima di rispondere lanciò nell’aria un’altra nuvola grigio pallido che per un istante oscurò la Luna mentre io facevo finta di non prestare molta attenzione alle sue parole nonostante stessi scalpitando per sentire che aveva da dire.
“Beh, abbiamo parlato solo di te… Sei tu il ‘latin-lover’ del gruppo, non riesci a resistere in una relazione stabile con una ragazza per più di una settimana, figuriamoci due mesi interi. Io invece potrei riuscirci perfettamente, poi anche se questi mesi dovessi passarli con una come quella non sarebbe di certo una tortura, PER ME.”
Ora gli ficco quella sua bella sigaretta là dove non batte il sole, vediamo se è ancora così sbruffone una volta trasformatosi in un fumante tubo di scappamento.
Dovevo fermare quella situazione prima che mi sfuggisse di mano, prima che la ragazza cadesse nel suo giochetto.
“Zayn, no. Non te lo permetto, se ci provi tu ho il diritto di darmi da fare pure io e sai che in questo capo sono il migliore. Non te lo consiglio, verresti solo sconfitto”.
Sì, mi dava sui nervi. Non poteva arrivare così da un momento all’altro e proporsi come nuovo playboy. Avevo già detto che se fosse stata carina sarebbe toccata a me, non aveva il diritto di fare certi piani che solitamente sarebbero toccati al sottoscritto.
“Mamma mia Styles, tiratela di meno. Sì vedrà okay? Non garantisco nulla ma prometto che ci rifletterò un po’, intanto vediamo come va il giretto in motorino in città, poi si vedrà…”
Stavo per urlargli contro ma poi mi fermai a riflettere. Stavo litigando con uno dei miei migliori amici per una ragazza conosciuta il giorno stesso. Io, Harry Styles, che litigavo per una ragazza? Questa era nuova. Mi alzai dalla sedia per evitare di piantare grane inutili e mi avviai con le mani in tasca verso casa scalciando sassolini.
“Si vedrà allora, ma se decidi di passare all’azione sappi che sarà guerra aperta. Ovviamente nulla di personale… - dicendolo sorrisi in modo beffardo- ‘Notte Zayn, vedi che quella sia l’ultima di stasera”.
Spegnendo la sigaretta ormai ultimata e chiudendo il pacchetto il ragazzo mi augurò la buonanotte e se ne tornò anche lui nel suo appartamento aprendo silenziosamente la porta-finestra scorrevole.
Pensieroso ancora più di poco prima mi trascinai fino al letto con passo pesante non preoccupandomi del fatto di svegliare Louis e mi buttai sopra le coperte rimanendo a fissare il soffitto che impassibile reggeva il mio sguardo. Che mi stava succedendo? Dovevo riprendermi ma soprattutto dovevo dormire. La sveglia su quello che un volta poteva essere definito un comodino e non un deposito di lattine indicava le quattro e mezza del mattino.
Una pecora, due pecore, tre pecore…
 

Novecento novantotto pecore, novecento novantanove pecore, mille pecore. Ho finito le pecore.
Orario: sei e mezza.
Bello, avevo fatto un dritto. Quel giorno tanto non ci sarebbero stati servizi fotografici o altri impegni in cui la mia faccia avrebbe dovuto comparire, potevo tranquillamente sembrare un mostro. Emettendo strani versi assonnati mi alzai dal letto che non avevo neppure disfatto e mi stiracchiai stendendo le braccia e facendo scrocchiare la schiena indolenzita.
La stavo ancora pensando…
Qualcuno mi dica il perché, cazzo.
Rantolando arrivai al telefono buttato sopra una sedia che non era mai stata in camera mia prima d’allora e chissà per quale motivo ora c’era e premetti un tasto a caso per illuminare il display, due messaggi.
Uno era di mia sorella che chiedeva un piccolo prestito per delle scarpe che ovviamente le avrei concesso per tutte le volte che aveva coperto le mie uscite notturne con mamma e l’altro era della Sarah della scorsa settimana.
Si chiamava Sarah vero?
 

[Harriuccio, non hai chiamato! Tutto bene? Kiss xxx]
 M i o  D i o.

HARRIUCCIO? Ma stavamo scherzando? Bah, almeno era carina… Non le risposi perché se lo avessi fatto le avrei detto che era stata solo una delle tante e non volevo farle cominciare la giornata così. Buttai il telefono sul letto ma in quel momento squillò per indicare un nuovo messaggio. Sbuffando mi ripiegai a riprenderlo maledicendo il fatto di averlo buttato così lontano da me. Era un messaggio della modella di cui parlavano i ragazzi, quella dell’ultimo photoshoot di cui non avevo memorizzato il nome ma solo l’aspetto… quella che mi sarei volentieri portato a letto per capirci.
Diceva di aver perso un braccialetto durante il servizio fotografico e di essere certa che non si trovasse sul set e così pensava potessi avercelo io magari nella tasca del giaccone che portavo quel giorno.
Il trucco più vecchio del mondo.
Avrei scommesso qualunque cosa che lo avrei trovato proprio in quella tasca dove probabilmente lo aveva infilato senza che io me ne accorgessi così avrei potuto incontrarla per restituirglielo. Ecco un’altra che mi voleva. Unico problema: io non volevo lei in quel momento.
 
Aspetta… ho appena dichiarato mentalmente di non volere quella? QUELLA? Che mi succede? Sono forse gay?
No, gay no di sicuro nonostante Louis... LOUIS! Ecco cosa mi serviva in quel momento, parlare con lui.

Stavolta non buttai il telefono sul materasso ma lo tenni ben stretto catapultandomi in camera di Louis. Aprii la porta senza tanti complimenti e entrai calpestando le innumerevoli scarpe sparse sul pavimento. Mi fiondai sul letto dove il mio amico stava pacificamente dormendo e sbavando e senza alcuna grazie lo scossi più di una volta.
“LOUIS. LOUIS SVEGLIATI CHE MI SERVI! LOUIS, DAI!”
Doveva svegliarsi. Non mi importava cosa stesse sognando o a che ora fosse tornato dall’uscita con la sua ragazza, ora avevo bisogno di lui e era obbligato a darmi un segno di vita.
“Se non la smetti di gridare ti faccio fare la fine che ha fatto il pesce che mi ha regalato Eleanor”
Finalmente. Aveva una voce assolutamente assonnata e a malapena si capiva quello che stava cercando di dire ma almeno dava segni di vita, volevo parlare in fretta del messaggio, di Ilenia e di Zayn.
Lui piantò le mani sul letto e tirò su il busto rimanendo a fissare dritto davanti a sé la testiera del letto con gli occhi per metà chiusi e i capelli arruffati che gli ricadevano sul viso.
“Perché? Lo hai già ucciso? Non ci credo. Eleanor che si è presa pure il disturbo di comprartelo… mi ci ero affezionato, era un asso al gioco del silenzio”
“Sì ma io ero ironico quando gliel’ho detto, non pensavo mi ascoltasse. Certo finché Niall le scrive che ho appena urlato di volere un pesce rosso è ovvio che lei me lo corre a comprare... comunque che hai per avermi fatto svegliare a quest’ora?”
In pochi secondi era passato da ghiro a grillo. Si era drizzato sul letto e mi guardava con un punto interrogativo al posto della faccia.
“Mi serve un consiglio…”
“E una mentina”.
“Sì ok. Mi serve un consiglio riguardo a una ragazza, no anzi sono due le ragazze… ecco, ammettiamo ci sia questa tipa di cui tu sai ben poco ma quel poco che sai ti piace e pure lei non è male ma sai che non potrebbe accadere molto fra di voi…”
Mi interruppe ancora con tono da saputello.
“Ilenia”
“Mi lasci parlare? Possiamo chiamarla come vuoi, ora continuiamo. Poi c’è quest’altra bellissima e disponibilissima ragazza che ti muore dietro e dopo di lei  un’altra fila infinita di possibili ragazze con cui divertirsi… tu che sceglieresti?”
Louis tirò un sospiro profondo il che mi preoccupava perché lui non sospirava mai se non per le cose che riteneva serie.
“Dipende da quanto ti piace l’altra ipotetica ragazza – e dicendo questo fece le virgolette con le dita - di cui sai poco…”
Per rispondergli gli misi in mano il telefono con il messaggio ricevuto poco prima aperto in modo che lo leggesse.
“Ho pensato di fare finta di non trovare il braccialetto per non doverla incontrare per ridarglielo. CAPISCI? NON VOLGIO INCONTRARLA. IO! ”
Continuavo a domandarmi se veramente nel giro di una notte non fossi diventato gay. Quello non ero io.
“Allora la cosa è grave caro il mio don Giovanni. Sai una cosa? Io sceglierei di fare un tentativo con Ilenia ma di nuovo ti devo dirti che lei fa parte del lavoro. Andiamo Harry, la vuoi solo perché sai che non sarebbe giusto e contro le regole, non perché sia speciale o cose varie… secondo me faresti meglio a dedicarti alle altre ragazze, poi vedi tu…”
Quanto poteva essere saggio quel ragazzo? Era la persona più fuori di testa e immatura che avessi mai conosciuto ma aveva i suoi momenti.
Ripresi in mio possesso il cellulare e guardai quel messaggio sotto un’altra prospettiva: modella, io, letto.
Styles approves.
Aveva ragione Louis, l’unico motivo per cui volevo stare con Ilenia era perché non potevo. Zayn invece si era capito fin dal primo commento che aveva fatto che l’aveva colpito. Certo sarebbe stato difficile guardare quegli occhi e sapere che non potevano guardare me e vedermi come “il suo ragazzo” ma mi sarei consolato e in poco tempo l’avrei dimenticata.
“Vado a cercare un braccialetto allora, tienimi casa libera nei prossimi giorni. Probabilmente CI servirà”
“Questo è l’Harry da una botta e via che conosco. Vai ragazzo”
Mi alzai di scatto convinto dal letto di Louis che soddisfatto della sua impresa si ributtò a dormire sprofondando il viso nel guanciale. Mi diressi verso l’attaccapanni in corridoio sul quale erano sistemati i cappotti e cercai quello che avevo indossato per il photoshoot trovando nella tasca sinistra il braccialetto, cosa che non mi sorprese affatto.
Prima di comunicarlo alla ragazza dovevo aspettare un po’, prima regola per conquistare: non farla sentire desiderata. Così per fare tutte le cose per bene uscii nel giardino al freddo battendo i denti e lanciai un sassolino alla finestra della camera di Zayn per svegliarlo. Pochi minuti dopo avermi lasciato il tempo di congelare per bene da quella finestra usci il ciuffo spettinato e la faccia stanca di Malik che mugugnò qualcosa di inudibile.
“AMICO! ILENIA? TUTTA TUA.”
Lui annuì con gli occhi chiusi e ritirò la testa nella stanza mentre io tornai in casa per non trasformarmi in un pupazzo di neve e finalmente degnai la tipa di una risposta.
 
[Tra due giorni alla caffetteria all’angolo della Queen’s Garden alle 8 a.m., offro la colazione e ti riporto il braccialetto]
Guardai orgoglioso le parole che avevo appena digitato e sicuro come al solito premetti invio.
Bentornato Harry Styles, mi sei mancato.



Et  voilà ! Anche la parte di Styles è fatta.
il prossimo capitolo non so quando lo posterò perchè devo praticamente  ancora iniziare i compiti.
Allora, devo ringraziare un po' di persone quindi mettetevi comodi perchè sono tante, tutte in ordine sparso.
Charlie (@charliebelieves), che è una ragazza fanatastica. Grazie per ieri, grazie mille <3 stasera ti ritovi la recensione che ti avevo promesso
(Sì perchè ha una FF STUPENDA che voi dovreste leggere, eccola:  
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=841786&i=1 )
Ilaria (@iamsuperman_) che oltre ad avermii dato il permesso di usarla nella FF ne ha sfornata una di sua che è bellissima anche se è agli inizi
(pubblicità time: 
http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=909821 )
E avanti un'altra, Nicole (@tomlinsonswhore) che ieri si è messa in testa di leggere la storia nonostante non ne avesse mai letta una e a quanto pare le piace
Sì, ho usato iol suo nome nel capitolo due per una delle tante troie di Styles, AHAHAHAHAH 
Poi, poi, poi, poi abbiamo Noemi (@mileysavedme) a cui io mi inchino per la sua FF nella quale usato il mio nome e mi ha messo come ragazza di Niall *balla la conga*
(eccola qui, è peggio di Beautiful vi assicuro *---* Ahahahah però è stupenda 
http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=849967  )
Poi anche Annachiara (@xshelovestommo) che io adoro che per qualche arcano motivo sta riscrivendo la sua FF che è molto figa ùù
(ecco il link  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=913391  )
Non dimentichiamoci di Ilaria (@xletmerawr_) che è tipo la mia gemella separata alla nascita e ovviament pure lei ha una FF troppo bella *---*
(altro giro, altro link: http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=891295 )
No, non ho finito. C'è pure  France
sca (@__breatheagain) di cui io adoro le recensioni, l'icon su Twitter e la FF
(eccola qui ùù 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=898176&i=1 )
Poi c'è pure un'altra Ilaria (Ahahahah ma quante siete?) che è @spoonskiller_ che è la richieditrice ufficilae di capitoli ùù Ahahahah grazie!
Ok, avrò sicuramente dimenticato qualcuno perchè seguo un sacco di FF e parlo con 322865 persone fantastiche su Twitter quindi semmai ringrazierò nei prossimi capitoli. Se non avete letto questa cosa azzura (come direbbero i One Direction) puzzate perchè dovete conoscere le persone che devono essere ringraziate.
Ok, ho scritto più qua che nel capitolo tra un po' .___. Ahahahah
Bene, spero vi piaccia e non ci siano troppi errori, grazie mille a tutti quelli che seguono la storia di Harry e Ilenia, sarà lunga vi avviso.
Ora vado a cambiare canale a mio fratello che stanno cantando la canzoncina di "Shake it Up" , (Watch Me, ormai cantano tutti) che non sopporto.
A presto <3 
Ilenia

 

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Capitolo 9
*** London and Scooters ***


LONDON AND SCOOTERS

 
“Allora, ultimo controllo e poi ti lascio andare… Borsa?”
“Ce l’ho.”
“Soldi?”
“Presenti!”
“Fazzoletti?”
“Sì sì”
“Ricordati anche di mettere dentro il telefono eh”
“ASPETTA… DOV’È? L’HO PERSO! NO NO NO NO. MI SERVE!”
“NENA, calmati. Stai parlando con me al cellulare genia.”
Al telefono con Ilaria, il giorno della visita di Londra con i ragazzi, testa altrove.
Stupita mi misi a fissare il cellulare che tenevo all’orecchio da un’ora abbondante senza rendermene conto evidentemente.
Mi misi a ridere di me stessa e di tutta quella situazione, stavo perdendo la testa e insieme a quella il controllo della mia risata, non riuscivo più a fermarla e continuando a ridere per non si sa cosa mi buttai sul letto riattaccando il telefono alle orecchie.
“Io in queste condizioni non posso farti andare in motorino con Tomlinson. Già mi fiderei poco se fossi mentalmente stabile, così proprio no eh”
Controllati.
“No, tranquilla Ila.. ci sono, CREDO. Non riesco neanche a capire come ho fatto a sopravvivere l’altro giorno. Ti rendi conto? Ho il terrore di andare a dormire e di svegliarmi di nuovo in Italia e dovere essere interrogata in matematica… mi serve la certezza, sta accadendo sul serio vero?”
Era ufficialmente in arrivo una crisi e anche una di quelle gravi. Fino a quel momento non ero rimasta molto a pensare a quello che stava accadendo, per due giorni ero semplicemente rimasta in balia degli avvenimenti. Ora per la prima volta ci riflettevo, era una realtà assurda e troppo grande per me ma fino a prova contraria era la realtà.
“Sì Nena, sta accadendo a e sta accadendo a te. Quindi adesso metti giù questo telefono e vai. Dai che non voglio ti etichettino subito come ritardataria. Un bel respiro e poi parti!”
“No, no, no, NO. Restiamo al telefono ti prego. Io svengo, non posso andare là come se fosse una cosa normale. No, io mi fingo malata. Che poi c’è poco da fingere, ho la testa che gira e stomaco sottosopra.”
Eccola la crisi. L’avevo repressa per troppo tempo no?
“ILENIA NON DIRE PIÙ SCEMENZE E VAI SUBITO DA LORO.”
“Ma…”
“HO DETTO SUBITO. NON CONTRADDIRMI, VAI CRETINA. METTI UNA BUONA PAROLA PER ME, ADDIO.” 
“Ilaria non ti azzardare a…”
Troppo tardi, mi aveva abbandonata in stato di crisi.
Abbandonata? Ma che stavo dicendo? Mi stava facendo andare avanti. Altro che abbandonata, aveva ragione da vendere.
Quindi ora si va?
Ultima controllata al solito specchio, quella ormai era diventato una specie di rito.
Avevo avuto aspetti migliori ma anche peggiori quindi dopotutto poteva andare.
Guardando il mio riflesso agitato mi venne da ridere di nuovo pensando a quanto fossi stupida. Quei cinque meravigliosi ragazzi sarebbero passati a prendermi davanti all’edificio dove li avevo conosciuto e ora non volevo presentarmi. Sì, meritavo il premio di Miss. Cretina 2011.
Finalmente sorrisi e mi rilassai, potevo andare.
Aprii la porta per uscire proprio nel momento esatto in cui qualcun altro stava per bussare bloccando quest'ultimo con il pugno a mezz’aria.
“Peter! Ehm, scusa ma sono abbastanza di fretta…”
Okay, accappatoio o no sei carino comunque.
No, sono io allora a doverti chiedere scusa, ero venuto per sapere se ti andava di fare un giro ma vedo che sei già impegnata”.
Sorrideva ma sembrava… deluso. Possibile? Voleva uscissi con lui? Potevo?
Allora, ragioniamo… ero a Londra, senza genitori, autosufficiente economicamente, lavoravo per i One Direction. Tutto perfetto ma nonostante tutto chiedere che uno della band diventasse più di un amico era aspettarsi troppo, se poi si mirava a uno in particolare… quindi in un certo senso un’uscita con quel ragazzo sulla porta non avrebbe potuto far altro che completare il quadro. Certo, ovviamente mi ero illusa che potesse accadere qualcosa tra me e uno dei One Direction fin dal momento in cui avevo letto la mail e ovviamente mi ero fatta filmini mentali da Oscar come qualunque fan ma era impensabile una cosa del genere…
 
“Scusa, hai ragione, richiesta azzardata..”
Era imbarazzatissimo e stava abbassando lo sguardo mentre stava per tornarsene sui suoi passi. Mi ero persa nei pensieri per qualche secondo e gli avevo dato l’impressione di aver sbagliato mossa e così stava tornando in camera sua. Dovevo rimediare e pure in fretta, ero già in ritardo per l’incontro. Mi misi a correre verso l’ascensore e nel frattempo urlai rivolta a Peter una cosa che lo fece girare e sorridere come mai nessun ragazzo mi aveva sorriso.
“DOMANI MATTINA, COLAZIONE INSIEME. ALLA CAFFETTERIA ALL’ANGOLO DI UNA VIA CHE MI PARE SI CHIAMI QUEEN’S GARDEN.”
Chi era quella e che fine aveva fatto la ragazza timida con i ragazzi che ero sempre stata? E come avevo fatto a rimediare una possibilità con uno come Peter?
 

“Forza, forza, forza Ilenia. Sali!”
Presi la mano che Niall mi stava tendendo e saltai nell’enorme macchina dai finestrini scuri scappando da una folla urlante e impazzita che nel giro di pochi secondi si era radunata attorno all’auto.
“Mio Dio. A volte facciamo paura noi fans.”
“Sì ma siete anche così adorabili… patatina?”
Zayn seduto al mio fianco mi offrì un enorme pacchetto di patatine che stava divorando. Ringraziai e rifiutai, trovarmeli ancora una volta così vicini era già abbastanza per il mio stomaco.
“Allora, l’intervista durerà un’oretta, il tempo di un paio di saluti e poi.. Londra!  Vedrai, non ti annoierai mentre saremo alla radio…”
Londra. Mi aspettava finalmente. Un’ora  che loro avrebbero risposto alle solite domande e poi…
Momento… COSA?!
“Ma io voglio venire con voi!”
Subito mi tappai la bocca. Troppo invadente. Volevo ovviamente andare con loro ma era già tanto si scomodassero a improvvisarsi guide turistiche per me. In quel momento intervenne Liam.
“Vedi Louis? Lo avevo detto che non avrebbe avuto problemi a venire. Secondo te chi se ne starebbe in auto ad aspettare mentre i suoi amici se ne stanno a fare un’intervista alla radio?”
AMICI?! D’ora in poi “amici”  sarà la parola più bella del mondo, dovrei farmi un braccialetto con sopra quella scritta.
“Aspettate, quindi posso? Sul serio?”
Probabilmente mentre chiedevo stavo saltellando sul sedile in pelle marroncino e avevo gli occhi a forma di cuore.
“CERTO”
Risposero tutti contemporaneamente, il che era una cosa fra l’adorabile e l’inquietante.
Il viaggio durò mezz’ora scarsa, tempo in cui non feci altro che ridere e osservali in completa adorazione come il primo giorno. Erano così perfettamente… PERFETTI.
 
“Real Radio” in una parola? WOW.
Era enorme, con un via vai di persone incredibile. Tutti correvano e avevano da fare, DJ, persone famose, cantanti, tecnici… in quell’ammasso di gente io seguivo a ruota i ragazzi che stavano attraversando il corridoio aprendo ogni singola porta alla ricerca dello Studio 3 dove si sarebbe svolto il programma con loro come ospiti.
“Qui! Ah no, è uno sgabuzzino questo.”
“Bravo Louis, ora trovami la cucina grazie”
Evidentemente non erano fatti inventati o ingigantiti dalle fans quelli riguardanti Niall e il suo appetito, quel ragazzo era un buco senza fondo.
“Ragazzi dai, dobbiamo muoverci. Che non vada a finire come all’ultima livechat in cui abbiamo ritardato di quaranta minuti”.
Mi venne da ridere ancora una volta, avevo guardato quella live ed ero rimasta a fissare un divano verde per tutto quel tempo aspettando la loro comparsa. Era strano sentirlo ricordare dai diretti interessati, mi ricordava che stavo camminando a fianco delle stesse persone che guardavo da uno schermo di un portatile.
 
“I ONE DIRECTION OSPITI AL MIO PROGRAMMA”
Un uomo che dalla voce non avrebbe potuto far altro che condurre una trasmissione radio ci venne incontro spalancando le braccia.
“È un piacere conoscervi ragazzi, mia figlia vi adoro e stranamente pure mio figlio. Piacere, Steve. Seguitemi nello studio 3 che siamo già in ritardo sulla rotta di marcia, facciamo un’intervista veloce che poi tocca a Lady Gaga”
Bene, One Direction, Lady Gaga, Steve… IO. C’entravo molto nel complesso.
Seguimmo il conduttore fino alla sala dell’intervista dove i ragazzi si piazzarono davanti ai cinque microfoni mentre io presi posto dall’altra parte del vetro-specchio insieme a un tecnico che curava l’audio. Per iniziare il programma fecero partire “What Makes You Beautiful” e improvvisai un balletto e un miniconcerto per il tipo dell’audio che mi guardava sconcertato. Capiamoci, quando si sente una loro canzone in radio ballare e cantare è d’obbligo. Poi il vetro dall’altra parte era uno specchio quindi non avrei fatto figuracce con i ragazzi. Era meglio che i miei balletti imbarazzanti restassero un segreto per loro.
 
“Allora, la nostra intervista è quasi giunta al termine. Abbiamo già parlato della vostra carriera, famiglia e amicizia. Cosa manca? Esatto, è in arrivo un argomento bollente… le ragazze! Da chi di voi cominciamo?”
Dopo mezz’ora dall’inizio dell’intervista avevo cominciato a perdermi via con la sedia girevole aspettando la fine delle domande che non erano diverse da altre mille interviste che già sapevo a memoria. In quel momento però smisi di fare la trottola e mi fermai ad ascoltare, mi interessava ogni volta quell’argomento.
“CHIEDA AD HARRY”
Erano fantastici. Si erano girati tutti insieme a indicarlo dicendo tutti le stesse esatte parole come se si fossero messi d’accordo, perfettamente coordinati.
“Sono preparato. LE RAGAZZE: nome comune di persona, plurale, femminile preceduto da articolo determinativo concordante in caso e numero”
Mi serve aria e una cura urgente per quel ragazzo.
Persino il conduttore scrollò la testa ridendo.
“Bravo signor Styles, una A più. Ora mi aspetto una risposta seria da tutti voi però… Liam?”
Il ragazzo smise di borbottare con Niall per rispondere orgogliosamente.
“Fidanzato e innamorato. Si chiama Danielle ma ormai la cosa è risaputa”
Ammiravo Danielle e la adoravo, avrei voluto tanto conoscerla e non chiedevo ragazza migliore a cui affidare una parte del mio mondo.
“A-DO-RA-BI-LE. Bene, Louis?”
Il ragazzo si schiarì la voce e prese a parlare con la sua voce particolare e stupenda al microfono giallo.
“Beh Steve, non posso fare altro che dirti che sto ufficialmente con Eleanor da tempo o poi me la fa pagare.”
Eleanor… sì, anche se sapevo poco di lei ce la vedevo bene con Tomlinson. Dopotutto doveva essere una ragazza di carattere se riusciva a tenere testa a Louis.
“Felicemente single e irlandese”
L’ho già detto quanto Niall fosse adorabile vero?
“Single, per poco si spera”
Dopo aver detto queste parole Zayn ricevette una spintarella da Harry e un occhiolino che diceva tutto e niente, come se parlassero di una cosa nota solo a loro. Chissà chi era la fortunata a cui alludeva Zayn…
“Sentito directioners? Malik è a caccia. Ora passiamo all’ultimo, Harry?”
Styles si grattò la testa e fece un paio di colpi di tosse prima di rispondere mentre si dondolava da un piede all’altro.
Single. TU sei single. O almeno fidanzati o esci con qualcuna quando me ne sarò andata, non ora.
Scacciai quei pensieri insulsi e insensati e ascoltai la risposta.
“Diciamo che ho un piano attualmente, per ora single”.
Tuffo al cuore. La cosa era stupida ma mi succedeva sempre, a ogni singola foto di lui con una ragazza o davanti a uno dei tanti articoli che parlavano delle sue conquiste. Era una sensazione senza motivo, lui poteva e doveva fare la sua vita ma non potevo non starci male nemmeno un po’. Però non era gelosia no? No no, io ero felice se lui e gli altri erano felici. Se una la pensa così non è gelosa, quella morsa allo stomaco non era data dalla gelosia. Era escluso.
“Occhio a non spezzare troppi cuori ragazzo. E quella graziosa signorina che avete portato con voi oggi? È forse lei il tuo piano Harry?”
Impiccati Steve. Sì, MAGARI… no okay, imbarazzo a mille direi.
Fortuna che c’era il vetro-specchio fra di noi perché sentivo le guance bruciare, ero diventata rossa, poco ma sicuro.
“No Steve, non il MIO piano…”
E quello che cosa significava? L’unico che mi avesse notata lì a Londra era stato Peter ma non pensavo loro lo conoscessero… Forse Styles aveva detto quella cosa solo per far aumentare gli ascolti, con una frase in sospeso attiri più interesse in fin dei conti.
“È la nostra curatrice della grafica da due giorni, sta facendo uno stage e viene dall’Italia. Ideerà lei la copertina del nuovo album… Si chiama Ilenia ma a mio parere è più che graziosa”.
UN CUSCINO PER TERRA PRIMA CHE SVENGA, ORA!
A parte il fatto che stavano parlando di me in diretta radio, Zayn mi aveva appena definita “più che graziosa”! Da quel momento a chiunque mi avesse chiesto chi fossi avrei risposto: “Più che graziosa, piacere”. Sì, ecco.
Come si risponde a un complimento di un ragazzo? Si sorride? Sperai fosse così perché fu proprio quello che feci, non mi era mai successo prima di allora…
“Qui gatta ci cova amici. Bene, il nostro tempo è scaduto, mi aspetto di ritrovarvi fra qualche mese e chissà, magari ci saranno importanti sviluppi nel frattempo… A tra poco con Lady Gaga qui su Real Radio!”
Steve si tolse le cuffie e strinse di nuovo la mano a tutti i ragazzi complimentandosi con loro salutandoli finalmente.
E ora… LONDRA!
 
“Usciamo dalla porta sul retro, è ben nascosta e non dovrebbero esserci folle. Abbiamo fatto portare lì i motorini.”
“Vi seguo a ruota”
Passo saltellante e sorriso che andava da un lato all’altro della faccia. La sera mi sarei sicuramente ritrovata con le guance distrutte per tutto quel sorridere ossessivo.
Come aveva detto Liam all’uscita secondaria ci aspettavano cinque motorini di colore diverso e sei caschi, uno dei quali mio. Mi venne da ballare ma forse non era opportuno dato che cercavamo di non dare nell’occhio, infatti si sentivano le urla delle fans che li aspettavano alla porta principale e alle altre uscite, tutte meno quella in cui eravamo noi.
“Signorina più che graziosa, è pronta per partire?”
Louis che sfotteva Zayn era una cosa epica. Certo che poteva tirare in ballo un altro argomento, perché proprio quello dove c’entravo io? Cercando di contenere il rossore sorrisi e restai zitta.
“Parlerò solo in presenza del mio avvocato”
Discorso imbarazzante evitato grazie a una battuta, bene.
Presi il casco dalle mani di Louis che era già in posizione sulla moto per partire e lo indossai controvoglia, sapeva di nuovo e subito mi dette fastidio. Se non avessi avuto così paura dei motorini e dei mezzi a due ruote in generale non lo avrei indossato per nulla al mondo.
“Ti avviso Tomlinson, prova a farmi cadere  e nella copertina del CD ti metto a fare la spaccata”
“Non ci tengo, se poi mi fanno mettere pure i pantaloni stretti rinuncio pure a qualunque altro movimento guarda. Allora tieniti forte e occhio alle curve”
Con sguardo minaccioso cavalcai sul sedile dello scooter azzurro pastello e con le mani tremati allargai le braccia per stringermi a Louis. Quella situazione poteva perfettamente essere un sogno ma era tutto troppo reale anche per uno dei miei che di solito si mescolavano alla realtà.
Anche gli altri salirono sui loro veicoli e diedero gas avviandosi verso il cancello per partire. Mi strinsi ancora più forte a Louis appena sentii il motore tremare sotto di me e chiusi gli occhi, non ero mai stata su un motorino quindi era normale ne fossi un po’ spaventata ma dopo pochi secondi li riaprii perché non mi ero mai sentita più al sicuro e felice in vita mia. Per tutto il percorso verso il centro di Londra  l’unica cosa che sentii fu il rombo dei motori degli scooters e i frequenti “TUTTO BENE TU LÌ DIETRO?” di Louis. 
Ogni tanto i ragazzi scherzavano improvvisando gare che finivano sempre con Zayn in prima posizione sulla sua vespa verde smeraldo.
Quando arrivammo davanti all’ Hyde Park, uno dei parchi più grandi di Londra che si trovava proprio al centro della città, parcheggiammo e scendemmo. La prima cosa che feci fu togliermi il casco che mi faceva sentire soffocare e diedi un po’ di volume ai capelli rimasti schiacciati da quel fastidioso oggetto muovendoli con le mani.
“Tutto bene Ilenia?”
Liam mi venne incontro con un enorme sorriso e mi prese il casco dalle mani posandolo sulla sua moto.
“Grazie. Comunque sì, Louis è un guidatore migliore di quanto pensassi.”
Dicendo questo mi rivolsi verso il mio autista sfoderando un sorrisone di ringraziamento.
“Mai dubitare di me ragazza, anche se ci conosciamo da poco devi mettertelo bene in testa. Harry stai fermo che ti devo vaporizzare i ricci!”
Il riccio per tutta risposta cercò di opporsi alle prese di Louis ma inevitabilmente si trovò con le mani dell’amico fra i capelli. A quella scena scoppiai nella solita risata spensierata.
“Siete proprio strani, uguali a come apparite al pubblico”
Traduzione: siete meravigliosi.
“Disse la ragazza che si era messa a ballare in modo assurdo alla radio”
FERMI TUTTI. Non era uno specchio-vetro?! 
Diventai tutta rossa e abbassai lo sguardo, volevo ridere ripensando alla coreografia per nulla attraente che avevo improvvisato un’ora prima credendo di non essere visibile.
“Vogliamo il bis! Anzi, vogliamo un ballo vero stavolta. Fra due mesi ci sarà la festa di compleanno di Louis in un locale tipo discoteca, nonostante l’età possiamo farti entrare grazie ad alcune conoscenza. Che ne dici di venire?”
Il posto proposto da Zayn non era nel mio stile ma con loro sarei andata ovunque ad occhi chiusi.
“È andata. Mi servirà un accompagnatore? Perché io non ce l’ho…”
Proclamiamoci allegramente ‘forever alone’ dai.
Zayn era sul punto di dire qualcosa ma Harry lo precedette.
“Vedrai che uno lo trovi, sicuramente c’è pieno di ragazzi che uscirebbero con te. Devi solo guardarti intorno”
Oddio, smettila di starmi così vicino mentre parli o mi cedono le gambe e pianto il sedere anche sul suolo londinese.
Cambiai oggetto dei miei pensieri chiedendomi se potevo proporlo a Peter una volta conosciuti meglio… Non ci sarebbe stato nulla di affrettato o di strano, gli avrei solo chiesto di accompagnarmi a una festa di un amico, non era un appuntamento.
“Sì, tanto c’è tempo ancora…”
Meglio cambiare discorso.
“Allora, me la fate vedere questa Londra o no?”
“Madame…”
Ennesima risata. Niall con fare altezzoso mi venne incontro porgendomi il braccio invitandomi ad andare in giro a braccetto. Feci un piccolo e stupido inchino e con la sua stessa espressione da francese con la puzza sotto il naso accettai il braccio.
“Le faccio presente che sono italiana, non francese”
“Dal nome non si direbbe però sai?”
“Sì, infatti ha origini spagnole anche se io non c’entro niente con la Spagna. Però io preferisco essere chiamata Nena”.
Ecco, mettiamolo bene in chiaro.
“NENA?!”
Per poco non caddi a terra dalle risate, lo avevano pronunciato in un modo ridicolo cercando di imitare il modo in cui io lo avevo detto ma chiaramente non ci erano riusciti.
“Nena, con l’accento sulla E”
Scandii bene le lettere, potevano storpiare il mio nome ma non il mio soprannome.
“NEEEEEEEENA”
Stavolta davvero rischiai di fare un capitombolo. Sembravano dei pappagalli dislessici, continuavano a ripeterlo trascinando le lettere e provando differenti pronunce e varianti.
Solo a fine giornata riuscirono a pronunciarlo correttamente senza fare strafalcioni.
Li adoravo, mi fecero fare tutto il tour della città in tempo record. Visitammo il parco, salimmo sul London Eye, mi mostrarono il famoso ponte di Londra, mi fecero percorrere strade che avevo visto solo in cartoline di amici, assistemmo al cambio della guardia davanti a Buckingham Palace  attirando l’attenzione più noi che la cerimonia in sé, da una parte per Harry e Louis che si misero a ballare davanti alle guardie cantando canzoni senza senso e dall’altro perché loro erano i One Direction quindi finimmo col ritrovandoci travolti dalle fans che resero difficile persino alle guardie mantenere la calma e rimanere immobili. I ragazzi erano dolcissimi con ogni ragazza, non perdevano mai la pazienza, erano sempre lì per loro.
Girammo per due ore a piedi alla ricerca del perfetto ristorante dato che Niall pensava che provenendo dall’Italia fossi esigente in fatto di cibo quando un panino mi sarebbe bastato. Zayn mi offrì il gelato più buono che avessi mai assaggiato e Liam colse ogni occasione per fare foto. Più volte mentre Harry mi parlava rischiai di schiantarmi contro un palo o un lampione da quanto mi perdevo ad ascoltarlo e guardarlo.
Nemmeno per un secondo di quella giornata abbandonai l’espressione beata che si era impossessata del mio viso.
Domandai loro di tutto e di più, a ogni risposta mi accorgevo di quanto fossero uguali ai miei amici e questo mi fece sentire ancora più a mio agio di quanto non fossi.
Tornammo a casa a tarda sera quando il cielo era già buio e le luci di Londra illuminavano le vie ancora affollate, mi accompagnarono davanti all’hotel dove mi salutarono dandomi appuntamento il pomeriggio dopo all’ufficio della casa discografica, dovevo pur cominciare a lavorare su quello per cui ero lì.
Li salutai sventolando il braccio e entrai nell’albergo solo dopo che i cinque fanali posteriori svoltarono l’angolo, presi le chiavi della mia camera ed esausta per il troppo camminare prenotai l’ascensore. Appena le porte si aprirono mi ci infilai dentro e notando che ero da sola mi misi a saltare facendo traballare tutto. Arrivata al mio piano assunsi un atteggiamento da persona normale e svoltai nel corridoio a destra rivestito dalla moquette rossa. Arrivata alla porta della mia stanza trovai attaccata a questa un bigliettino scritto in bella calligrafia:

“Domani mi trovi qua davanti a dieci minuti alle otto, colazione insieme accettata.

Peter”                                                                                                                                          

 
Ennesimo sorriso sognante della giornata, staccai il foglietto e rimasi a fissarlo per qualche secondo, poi infilai le chiavi nella serratura ed entrai in camera.




No, non sono morta ùù AHAHAHAHAH
Scusate per l'enorme ritardo ma ho passato due settimane a recuperare i voti pessimi e a prenderne altri altrettanto pessimi
Poi come se non bastasse il qui presente EFP si è divertito a non farmi accedere da sabato e ora finalmente mi ha degnata della grazia di farmi postare.
Dunque, in questo capitolo non accadono svolte fondamentali ma si sta preparando il terreno, non so se ricordate ma chi altro va alla stessa caffetteria, lo stesso giorno e la stessa ora di Peter e Ilenia? Eh, adesso si vedrà come procederanno gli eventi...
Penso riuscirò a postare ogni fine settimana adesso perchè per un  po' ho finito con verifiche e interrogazioni. 
Sperando non sia un flop questo come capitolo vi lascio e vado a risondere a Ilaria su Twitter che ho il telefono che sta raggiungendo il paradiso dei cellulari *amen*
Grazie ancora a tutti e scusate per la lentezza.
Ilenia :3 

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Capitolo 10
*** I've Got a Plan ***


 

I’VE GOT A PLAN

“ORA MI SPIEGHI COSA CAVOLO TI È PRESO IERI?”
Senza voltarmi e tendendo lo sguardo fisso sui vestiti disposti sul letto risposi con ben poco interesse alla domanda che Zayn aveva quasi urlato dall’entrata della porta di camera mia.
“Che vuoi adesso? A cosa ti riferisci?”
In realtà sapevo già la risposta perché sapevo di avergli fatto un torto il giorno prima ma lasciarlo parlare lo avrebbe fatto sfogare un po’.
“Sai benissimo di cosa sto parlando. Stavo per chiederle di venire alla festa di Louis con me. Mi avevi dato campo libero Styles, ricordi? Non ti sto chiedendo molto, solo di non aggiungere il nome ‘Ilenia’ alla tua infinita lista di ragazze prese in giro. Non so se te ne sei accorto ma oltre a piacermi fisicamente dopo ieri mi sono reso conto che mi fa stare bene parlarle e passare del tempo con lei”.
Anche a me fa star bene starle accanto cosa credi? Ma a quanto pare mi è vietato avere una storia seria secondo il punto di vista di tutti. Sapevo di aver mancato nella coerenza, gli avevo detto che non avrei ostacolato i suoi piani e invece intuendo ciò che stava per proporre a quella ragazza avevo cercato di mettergli i pali tra le ruote. Il solo pensiero di loro due abbracciati ad una festa sotto gli occhi di tutti compresi i miei mi aveva fatto dimenticare tutti i buoni propositi nonostante volessi bene a Zayn e sapessi che era un bravo ragazzo.
“Hey  ragazzi, che succede?”
Louis arrivava sempre nel momento peggiore, stavo per mettere su una storia fondata su scuse e bluff che avrebbe convinto chiunque. Chiunque tranne ovviamente il mio migliore amico che in quel momento se ne stava sulla porta accanto a Zayn con lo sguardo che passava da quest’ultimo a me. Sempre senza girarmi in modo che non potesse guardarmi negli occhi diedi il via alla mia storiella.
“Ma niente, voleva chiedere a Nena di andare con lui alla tua festa e in quel momento come sai l’ho bloccato ma non ha capito che in realtà gli ho salvato la vita e la possibile relazione”
Che cazzo sto dicendo?
Zayn mi guardò con una faccia a metà fra l’arrabbiato e l’allibito, non capiva cosa intendessi. L’unico problema era che neppure io sapevo dove volevo arrivare.
“Cosa stai dicendo?”
Non lo so.
“Lasciami finire. Ti ricordo che alla festa di Louis mancano due mesi, non giorni. Mi pareva solo esagerato chiederle una cosa del genere con così tanto preavviso. Poi a quanto pare non ha un accompagnatore e quindi puoi chiederglielo quando vuoi. Dammi retta, me ne intendo di ragazze.”
Ammirevole Harry. Almeno è un discorso di senso compiuto.
Appena finii di montare quella scusa assurda mi voltai finalmente per degnare di uno sguardo i due ragazzi ancora fermi sulla porta che si guardavano. Poco dopo Zayn si illuminò e si mise a sorridere in modo esagerato.
“Hai ragione amico, grazie cavoli! Non ci avevo pensato, sei un grande. Ora vado a lavarmi e pensare a come chiederle di quella cosa. Ci vediamo dopo per l’incontro con i boss”.
Detto questo girò i tacchi e con lo stesso sorriso fin troppo convinto si avviò verso il suo appartamento dove avrebbe sicuramente passato le successive cinque ore fra gel, spazzole e vestiti dato che a quanto pareva voleva passare ai fatti e provarci veramente con Ilenia.
Ti prego, fa che la porta del bagno si blocchi e che non esca se non dopo l’incontro.
Cercai di mettere da una parte quei pensieri scomodi e tornai a concentrarmi sui vestiti. Mancava mezz’ora alle otto e l’appuntamento con la modella per la colazione era fissato per quell’orario. Nonostante non me ne importasse molto di capi e cappotti avevo imparato che con certe ragazze hai una chance solo se le colpisci con l’abbigliamento giusto e fino a prova contraria la maggior parte delle modelle rientrava in quella categoria.
“Harry, sono ancora qui. La storia che hai montato per Zayn non me la bevo. Sii sincero adesso, cosa vuoi?”
Fate tornare Louis a parlare di gelati.
Era una domanda a cui nemmeno io sapevo rispondere. O meglio, sapevo cosa volevo rispondere ma allo stesso tempo quello che volevo rispondere non era quello che avrei risposto se fossi stato veramente sincero. Ragionamento complicato?
Non volevo parlarne con nessuno ma Louis era Louis e che io lo volessi o meno era il mio migliore amico e se non glielo avessi detto io lo avrebbe scoperto comunque in qualche modo. Feci un respiro, cosa che facevo solo prima dell’inizio di un discorso sensato e serio, e attaccai a cercare di spiegare quello che nemmeno io riuscivo a capire.
“In pratica vorrei risponderti come avrei risposto una settimana fa dicendoti che voglio solo una bella ragazza con cui passare qualche notte, niente esigenze particolare su nome o carattere. Ma questo lo avrei detto appunto la scorsa settimana, in questo momento infatti la risposta più sincera che riesco a trovare è che vorrei conoscere meglio Ilenia e starle vicino non solo per una notte e su un letto ma vorrei starle vicino sempre e ovunque.”
Troppo profondo come discorso per i miei standard.
Mi aspettavo una battuta alla Tomlinson  o una cosa del tipo “segui il tuo cuore” e invece quello che ottenni da Louis fu quasi una ramanzina in stile ‘madre single isterica’.
“Harry, NO. Mi ascolti? NO. Non intendo vedere te e Zayn litigare per una ragazza a cui credi di tenere dopo tre giorni che la conosci quando entrambi sappiamo come sei fatto e tantomeno non voglio vedere quella ragazza in un mare di lacrime dopo che l’avrai lasciata. E ricorda che se lei è triste pure la copertina del nostro CD sarò deprimente e da “Up All Night” si trasformerà in “Tears All Night” quindi levatela dalla testa. Non so come farai ma devi farlo. Passati tutta la popolazione femminile di Londra e dintorni, fatti prete, parti per un viaggio purificante, fai quel cavolo che ti pare ma non creare casini.”
Rimasi a bocca aperta. Non avevo mai considerato tutti quegli aspetti negativi, dopotutto se neanche in tre giorni era entrata nei miei pensieri chi mi assicurava che non se ne sarebbe andata altrettanto velocemente? Una ragazza è una ragazza ma non puoi perdere amici e lavoro per lei, almeno a diciassette anni non puoi. Però… Però c’era una cosa che mi dava fastidio, VERAMENTE fastidio: per gli altri io ero il puttaniere, quello che non avrebbe mai potuto avere una ragazza seria prima dei vent’anni a detta di tutti.
Quella cosa doveva cambiare, nonostante tutti gli avvertimenti ricevuti negli ultimi giorni e nei precedenti minuti non avevo intenzione di accantonare la “questione Ilenia” in un angolo. Non ero capace di avere una relazione che durasse per più di un mese? Avrebbero dovuto ricredersi, tutti quanti. Avevo un piano e stavolta nemmeno Louis ne sarebbe stato al corrente.
“Grazie Lou, hai ragione. Penso seguirò il piano A: passarsi tutta Londra. Comincerò proprio da quella modella che in questo momento mi aspetta alla caffetteria quindi lasciami preparare e tirami fuori le chiavi della Vespa che devo arrivare prima di lei come ogni bravo ragazzo. Renditi utile in altro modo e non solo a parole Tomlinson.”
L’altro di tutta risposta se ne andò sculettando per il corridoio alla ricerca delle chiavi abbandonate chissà dove dopo la gita della giornata precedente. Scelsi un abbigliamento con i toni sul beige e sul marrone di uno stile molto inglese, poi saltai su in motorino e mi diressi verso la caffetteria in via “Queen’s Garden”.
Il piano poteva ufficialmente avere inizio.
 
“Oh mio Dio, Harry! Lo hai trovato! Sai, questo braccialetto ha un significato molto profondo per me, me lo ha regalato il mio ex ragazzo che mi ha lasciata proprio il mese scorso.”
Traduzione dal “femminese”: Sono libera, provaci con me in questo momento.
Mi aveva accolto così la ragazza con cui avevo appuntamento, era scesa da una stravagante limousine cercando di attirare più attenzione possibile e indossando un vestito che arrivava a malapena a coprirle un quarto di coscia in pieno autunno e si era subito diretta verso il tavolo al quale la stavo aspettando sventolando il braccialetto d’oro che ero venuto “a riportarle”.
Com’era? Bella, bellissima, stupenda, perfetta, finta. Capelli lisci di un castano scurissimo, addirittura nero e ricchi di riflessi leggermente più chiari, occhi color nocciola bellissimi e profondi, sorriso sgargiante e perfetto avvolto da delle labbra rosse per il rossertto. Carnagione ambrata che ricordava una brasiliana. Corpo…basta dire che non faceva la modella per niente.
Non appena entrò nel locale fece voltare gli occhi a tutti, un po’ per il modo in cui si mise a urlare e correre verso di me dall’altezza del suo tacco dodici e un po’ perché nessun ragazzo non l’avrebbe guardata. Dire che sapeva farsi notare era dire poco.
La tipica ragazza con cui avrei volentieri passato del tempo a “bruciare calorie” ma che stranamente non mi faceva più lo stesso effetto della prima volta. Bella era fin troppo bella ma non la sentivo vicina come sentivo LEI.
“Ehi ciao, sono contento tu sia venuta. Certo, scommetto che ci sei affezionata.”
Cercai di essere il più carino possibile, le spostai la sedia dove credevo si sarebbe seduta quando invece ci scaricò sopra l’immensa borsa mentre lei occupò la terza sedia presente al tavolo. Le restituì il braccialetto e in quel momento arrivò la cameriera.
“Ordinate?”
In quell’esatto istante il mio stomaco brontolò e capii che non mi sarebbe bastata una tazza di latte per farlo tacere.
“Allora, ci porta due latti macchiati, due brioches e magari anche dei pasticcini. Tu che ne dici?”
Pensavo di aver fatto un bel gesto ordinando anche per la ragazza ma quando spostai l’attenzione dalla cameriera che pareva caduta in coma verso di lei incrociai uno sguardo disgustato.
“Scherzi? Faccio la modella non la fotografa. Un tè non zuccherato e uno yogurt magro per favore”
Bleah. Ma questa campa di aria?
Ennesimo brontolio del mio stomaco.
“Allora ci porti questo e solo un latte macchiato con due brioches, sono entrambe per me.”
La cameriera prese l’ordinazione in  tutta fretta e con un’agitazione mai vista per poi andarsene dietro il bancone dove la sentii pronunciare il mio nome, se ci teneva dopo avrei potuto firmarle un autografo…
“Allora, mi ricordi il tuo nome? Non penso di averlo memorizzato il giorno che ci siamo visti per la prima volta”
Sembrò quasi offesa dopo questa richiesta ma sapevo perfettamente che quella tecnica avrebbe funzionato. Per una volta non si sarebbe sentita al centro del mondo come sicuramente era abituata e in un certo senso si sarebbe sentita ancora più interessata nei miei confronti nel tentativo di farsi ricordare.
“Caroline Nicole Mills White, White è il cognome. È lungo come nome ma tu puoi chiamarmi Caroline o Mills, come preferisci”
Dicendo quella frase si mise a sbattere le ciglia in modo ossessivo  mettendo addirittura una certa inquietudine. O stava cercando di fare colpo o aveva qualche strano tic.
“Mills mi piace. Penso che per gli inizi ti chiamerò così poi si vedrà…”
Esatto, per gli inizi. Non sai quello che ti aspetta ragazza, ho un piano e questo comprende te.
Ciò che avevamo ordinato arrivò nel giro di pochi minuti e mentre io mi riempivo la pancia con una vera colazione Mills se ne restava praticamente digiuna bevendo a piccolissimi sorsi il tè e facendo lo stesso con lo yogurt, come se mangiare troppo velocemente la facesse apparire più in carne. Non era il mio esatto tipo di ragazza ma non sarebbe stato difficile passare del tempo assieme a lei e al suo fondoschiena.
Seguendo le tecniche del manuale per le conquiste la lasciai parlare di lei e della sua vita e posso dire onestamente che non esiste ragazza al mondo tanto egocentrica e piena di sé come quella con cui stavo dividendo quel tavolo. Mi raccontò della sua carriera, dei nuovi contratti, dei suoi infiniti ex fidanzati tra cui ritrovai molti nomi di persone che dominavano le copertine dei giornali. Non mi sorpresi neppure di una frase di quelle che pronunciò, era il classico tipo di ragazza con cui avevo a che fare ogni giorno, niente di più, niente di meno. Sicuramente presto sarebbe passata a parlarmi della sua enorme bravura nel recitare nei video musicali accennando volontariamente a una possibile comparsa in un video della band.
“E non sai quanti mi hanno chiesto di recitare in un music video, non immagini Harry guarda… Ma no eh, sono una modella, non un’attrice. Certo, se me lo chiedessi tu potrei farci un pensierino e accontentare il mio pubblico ma tempo al tempo.”
Come volevasi dimostrare.
“Mmmh mmh” fu la mia alquanto interessata risposta. Era prevedibile più della reazione di Niall davanti al cibo.
Dopo neanche due secondi riprese con la tiritera sui suoi innumerevoli talenti e doti non aspettandosi da me alcuna risposta o cenno. Per lei ero solo un altro nome da aggiungere al racconto che avrebbe fatto al prossimo ragazzo come per me lei era solo uno strumento dopotutto. Forse però, diversamente a quanto avevo pensato fino a quel momento, non sarei riuscito a stare con lei per più di un mese.
Esatto, era quello il mio piano. Volevo dimostrare di essere migliorato nelle relazioni e di poterne mantenere  una in  piedi per più di tre giorni, allora magari mi avrebbero tolto il divieto su Ilenia.
Ilenia… era sempre nella mia testa, sempre. Vedevo la ragazza davanti a me gesticolare e muovere la bocca senza che ne uscisse alcun suono, quando invece parlavo con Ilenia non c’era niente di quel che dicesse che non fosse degno di attenzione. Era vero che le avevo parlato solamente due giorni ma forse a volte bastavano quarantotto ore per far cambiare la prospettiva di un persona. La sentivo e la vedevo ovunque, anche in quell’istante mi pareva di vederla avvicinarsi al tavolo esterno sotto la veranda della caffetteria nel tavolo alle spalle di Mills…
Un momento. Quella è veramente lei! E l’altro chi cazzo è?
Accanto a lei si era seduto un tipo che pareva appena uscito da un negozio di abbigliamento dove aveva interpretato il manichino. Cosa ci faceva lì con lei? Era arrivata tre giorni prima e a quanto mi aveva raccontato non conosceva nessuno e non aveva altri parenti lì. Pareva più grande di lei.
Forse è il fratello venuto a farle una sorpresa..
Cercai di vederla su quel piano, il manichino non era nessuno. E se anche fosse stato qualcuno sarebbe stato appunto il fratello o qualche altro lontano parente.
Un fratello non ti sorride in quel modo e… E NON TI ABBRACCIA COSÌ.
Sentii la brioche che avevo appena ingoiato bruciare nello stomaco e non saprei cosa avrei dato in quel momento per uscire fuori e mandare via quel tipo che si credeva chissà chi. Strinsi istintivamente i pugni e mi scostai leggermente per tenerli d’occhio. Lui le spostò la sedia dopo averla abbracciata e la fece sedere ordinando subito per entrambi.
Lei sorrideva e parlava, rispondeva alle sue domande e gliene poneva altre di conseguenza. Gli sorrideva in continuazione mentre inzuppava un krapfen al cioccolato in una tazza dove probabilmente doveva esserci del latte caldo senza smettere di guardarlo. Era bellissima anche sotto tutta quella stoffa. Indossava un cappotto abbastanza lungo tinta panna, una sciarpa beige, una berretta dello stesso colore della giacca e i guanti che aveva momentaneamente tolto e lasciato sul tavolo dello stesso colore della sciarpa. Era perfetta.
 
“HARRY! Mi stai cagando? Sono qui, non fuori dalla vetrina. O almeno per ora… Sai, mi hanno offerto un lavoro come indossatrice per la marca migliore della città…”
Che agonia.
Le seguenti parole che Mills si mise quasi a vomitare l’una dietro l’altra si trasformarono presto in semplici Bla Bla Bla.
Appena la ragazza riprese a concentrarsi su sé stessa ignorando me come aveva fatto fino a pochi minuti prima ritornai a controllare quei due fuori dalla caffetteria e ancora una volta sentii quasi un fuoco dentro, non sapevo se fosse gelosia o altro. Non ero mai stato nella posizione di essere geloso di una ragazza né invidioso di un ragazzo ma in quel momento provavo entrambe le cose, avrei dato qualunque cosa per essere al posto di quel tizio tirato a lucido, per ricevere quelle attenzioni, per essere la ragione di quel sorriso.
Ripensai ai battibecchi tra me e Zayn. Avevamo sempre dato per scontato che lei essendo una fan sarebbe praticamente caduta ai nostri piedi ma anche se l’essere fan è comunque amore è un diverso tipo di amore, forse potente allo stesso modo ma sicuramente lei vedeva più reale quel ragazzo di quanto non vedesse noi.
E ora dove stanno andando?
I due avevano pagato la stessa cameriera che poco prima aveva servito me e Mills e stavano levando le tende. Perderli di vista era impensabile. Portai lo sguardo alla ragazza seduta al tavolo con me che era ancora a metà colazione mentre il locale si stava velocemente  svuotando. Faceva mille parole e un boccone, poi altre mille parole e un altro boccone. Di quel passo avremmo festeggiato il Natale a quel tavolo.
Senza tanti complimenti la incitai a muoversi inventandomi che ero in ritardo per il colloquio di lavoro e lei piuttosto che velocizzare il suo rituale lasciò lì il tutto a metà. Chiamai la cameriera e chiesi oltre al conto se sapeva dove erano diretti i due ragazzi che avevano mangiato al tavolo in veranda in cambio di un autografo. Evidentemente questa conosceva sia me che Mills e infatti chiese quello di entrambi, cosa che fece gonfiare ancora più di orgoglio quest’ultima.
Erano diretti al London Bridge,  abbastanza lontano da lì. Probabilmente il ragazzo aveva la patente a differenza del sottoscritto.
“Mills, puoi chiamare il tuo autista e dirgli di darci uno strappo al ponte?”
Almeno a qualcosa sarebbe servita la carriera di cui tanto mi aveva parlato Mills.
“Certo, Harry! Oh il London Bridge. Amo quel posto, è così romantico. Ho fatto i miei migliori scatti lì sopra”.
In poco tempo giungemmo sul ponte attirando sguardi su sguardi grazie alla limousine nonostante io volessi rimanere il più nascosto possibile.
Tanto per farla felice presi la mano di Mills e mi misi a passeggiare con lei per la lunghezza del ponte alla ricerca di quei due con sottofondo il rumore dell’acqua e le sue solite chiacchere inutili. Odiavo il fatto che non mi lasciasse mai parlare, era anche interessante quello che diceva ma io ero solo lì per farle pubblicità. In un certo senso era un bene perché a me importava di lei tanto quanto a lei importava di me e cioè veramente poco.
Facemmo avanti e indietro per un paio di volte mentre io cercavo di distinguere il cappotto tinta panna che avevo visto poco prima tra l’ammasso di gente che si era concentrato in poco tempo. Poi finalmente li vidi e sentii di nuovo il nervoso salire e bloccarmi.
Appoggiati alla ringhiera lei gli stava indicando qualcosa di lontano e lui fin troppo vicino le parlava di chissà cosa mentre entrambi ridevano. Non avevo mai provato tanto odio per una persona come in quel momento.
Sperai con tutto il cuore che a lei lui non piacesse, che nel giro di pochi secondi si girasse e se ne andasse con espressione disgustata, che per allontanare un suo abbraccio lo spingesse giù dal ponte.
No, questo è forse esagerato…
RETTIFICO. NON È ESAGERATO. QUALCUNO LO BUTTI GIÙ IN QUESTO ESATTO MOMENTO.
Lui la guardava troppo interessato, avevano smesso di ridere per un motivo, i loro visi erano troppo vicini, vicini al punto che distavano pochi millimetri l’uno dall’altro. Dovevo inventarmi qualcosa.
“Tieni, vai a comprarti qualcosa da indossare la prossima volta che ci vediamo. Ci sentiamo per messaggio per decidere la data. Ricordi l’impegno di lavoro? Ecco, devo correre ora o va tutto a rotoli. Ciao bellissima.”
Diedi una banconota a Mills essendo sicuro che nonostante la superficialità del gesto avrebbe gradito non poco e corsi verso Ilenia e il tizio-piovra spintonando e scansando chiunque mi trovassi davanti.
Un secondo prima che anche i millimetri che li dividevano svanissero, un secondo prima che il manichino le si appiccasse alla faccia, appena un secondo prima che si baciassero la portai via da lui tirandola per il polso e facendola allontanare di un metro da questo che rimase a fissarmi con la faccia da pesce lesso.
“Scusami? Potresti PER FAVORE tornartene per la tua strada e non venire a disturbare la gente che non conosci? Sei proprio maleducato e invadente. Lasciala!”
Era vomitevolmente calmo e gentile, sembrava uno dei due principi perfettamente impettito e composto mentre sfilava fra i sudditi muovendo la mano come se dovesse avvitare una lampadina imitando quello che doveva essere un saluto regale.
“Non conosco te fortunatamente ma conosco lei che in questo momento dovrebbe lavorare sul progetto che le è stato affidato e prepararsi per presentarlo tra un’ora davanti a dei dirigenti e non stare qui a perdere tempo sul ponte che ha oltretutto già visitato ieri con me e i miei amici”.
Non riuscivo a riconoscermi, la stavo incolpando per coprirmi. Ero stato sgarbato e impulsivo ma se si fossero baciati forse avrei reagito ancora peggio tirando un pugno nel pieno centro faccia al tipo.
Mi girai allora verso Ilenia e quello che vidi non prometteva niente di buono.
Non c’è niente di peggio di una ragazza incazzata, NIENTE. E se una cosa era certa era proprio che quella ragazza era punto di scoppiare ancora una volta ma stavolta non di gioia. Mi fissava senza dire una parola e senza muovere un solo muscolo prendendo respiri lenti e profondi. Nonostante tutto in fondo al suo sguardo riuscivo ancora a riconoscere la stessa luce che l’aveva illuminata nei giorni precedenti quando parlava con me e gli altri.
“Andiamo Ilenia, è tardi e abbiamo della strada da fare. Niente proteste perché basta un piccolo ritardo per far arrabbiare i grandi capi e farti perdere questo stage”.
Troppo cattivo ma è necessario per allontanarli ora.
“Questo è uno della band di cui mi hai parlato? Bella gente insomma… Allora meglio ti lasci con lui dato che pare tu debba precipitarti al lavoro. Ci sentiamo stasera e se ti serve qualunque cosa, anche qualcuno che dia un pugno a certe persone, non esitare a chiamarmi. Ciao Nena, mi sono divertito.”
Guardandomi con enorme disprezzo si rivolse a Ilenia e la salutò, mise le mani in tasca e si avviò verso una Cabrio rossa parcheggiata lì vicino sparendo all’interno di questa.
“Scegliti meglio gli amici Nena, questo ti abbandona qua tranquillamente senza nemmeno sapere se fosse vero che ti conosco. Pessimo. Dai, ci faccio venire a prendere e andiamo agli studi. Nena? Nena!”
Fu allora che mi resi conto che forse non avevo fatto la cosa migliore per lei ma la cosa migliore per me, da come era rimasta ferma a guardarmi e fissarmi senza dire una parola almeno fino a quel momento. Le sventolai una mano davanti al viso rosso di rabbia e allora scoppiò.
“Punto primo: MOLLAMI. Punto secondo: ho già pronta la copertina e pure qualcosa in più. Punto terzo: non ho bisogno di una balia, sarei arrivata perfettamente in orario anche senza la tua interruzione. Ultimo punto: prendo un taxi grazie comunque eh, di tutto.”
Dimenandosi e sciogliendosi dalla mia presa sul suo braccio e con il tono di voce meno amichevole che le avevo sentito utilizzare in quei giorni si girò con passo deciso dandomi le spalle e mettendosi a cercare di fermare qualche taxi con scarsi risultati.
“PUOI STARE QUI FINO A DOMANI MATTINA. È L’ORARIO DI PUNTA, NESSUNO SI FERMERÀ. SONO TUTTI OCCUPATI.”
Fece finta di non sentirmi nonostante avessi urlato per bene e mi rivolse solo uno sguardo arrabbiato e non intenzionato ad abbassarsi. Negli scorsi giorni l’avevo vista felice, imbarazzata, agitata e spaventata ma mai così, mi piaceva come il suo carattere cambiasse tanto nelle varie situazioni.
“SÌ BRAVA. NO, MA CONVINTA EH. DI SICURO VEDENDO UNA CHE A MALAPENA DIMOSTRA LA SUA ETÀ SI FERMANO TUTTI GUARDA.”
Ennesimo sguardo fulminante di sfida. La stavo praticamente prendendo in giro ma non riuscivo a togliermi il sorriso soddisfatto di dosso, almeno non era corsa dietro al ragazzo. Continuavo a guardarla mentre faceva segno di accostare ad ogni taxi che passava venendo ogni volta ignorata. Capendo che non avrebbe mai accettato un passaggio da me o dal nostro autista mi sedetti sulla panchina lì vicino aspettando che qualcuno si fermasse a prenderla. Era testarda tanto quanto me.
Dopo dieci minuti di continui tentativi e fallimenti ancora non si dava per vinta ma al contrario di lei io ero al limite della pazienza. Feci un paio di telefonate. Trovai un taxi per lei e un autista per me, non glielo avrei detto altrimenti non sarebbe mai salita sapendo che glielo avevo procurato io. Pochi minuti dopo infatti entrò in un taxi bianco che le si era fermato difronte  per andare al colloquio che si sarebbe svolto mezz’ora d’ora dopo nel solito posto. Avevo concordato con il tassista che le avrebbe fatto fare il giro più lungo in modo da permettermi di arrivare per primo alla sala della riunione dove mi aspettavano i ragazzi.
 
Appena arrivato davanti all’edificio infatti mi precipitai dentro fortunatamente senza essere travolto da fans e corsi fino alla stanza dove si erano riuniti gli altri prima del colloquio cercando di precederla per spiegare la situazione ai ragazzi.
Piombai all’interno di questa spalancando la porta e provocando un rumore incredibile facendo fare un salto a tutti e quattro i presenti.
“Ragazzi ho combinato un casino! Devo spiegarvi in fretta”.
“Harry, che hai fatto? C’entra la modella? Non l’avrai messa incinta?”
Liam subito si alzò preoccupato tempestandomi di domande, una più sbagliata dell’altra.
“No Liam, non c’entra la modella ma…”
In quel momento dal corridoio giunse squillante una voce inconfondibile e furiosa.
“HARRY EDWARD STYLES! TU QUESTA ME LA PAGHI.”
Troppo tardi.



Questo capitolo è tipo immenso, chiedo scusa D:
Non mi convince più di tanto perchè oltre ad averlo scritto alle quattro di mattina sono venute fuori vicende  che non avevo considerato,
 praticamente mi hanno deviato un po' l'idea generale della storia...
Comunque spero che nonostante la lunghezza vi piaccia.
Una cosa, la modella è ispirata fisicamene a Nicole ovvero @tomlinsonswhore <3 Solo di  aspetto fisco però eh, perchè caratterialmente lei è una delle persone più meravigliose che io conosca. E non esagero quando  dico che è bellissima , le hanno veramente proposto  di fare la modella ùù
Bene, dopo questa  precisazione pubblico sperando non faccia tanto schifo quanto lo fa a me, proprio non mi convince questo capitolo per come è scritto.
Se avete consigli o critiche ditemi pure :3 e grazie ancora per tutti quelli che seguono la storia o che recensiscono, grazie davvero.
Ilenia

 

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Capitolo 11
*** Maybe in a Pink Jacket... ***


MAYBE IN A PINK JACKET…

Ma chi si credeva di essere? Non aveva nessun diritto per comportarsi come aveva fatto, nessuno. Solo perché lui era “Harry Styles” non poteva prendersi certe libertà. Che poi cosa ci aveva guadagnato? Poteva tranquillamente venire lì e ricordarmi dell’incontro di lavoro senza tirarmi per il braccio e interrompere quello che stava accadendo.
Ma no, ovviamente non poteva perché sarebbe stato troppo normale. Scherziamo? Harry Styles che fa una cosa normale? Non sia mai. Era lui dopotutto quello che si vantava di girare nudo ventiquattro ore su ventiquattro, quello che andava in giro a sventolare la sua bravura a letto, quello che doveva distinguersi, quello che era maledettamente bello, quello che aveva una delle voci più eccezionali esistenti, quello che sfoggiava il sorriso più incantevole mai visto, quello che… No, sto perdendo il filo.
Restava il fatto che per quanto fosse perfetto a prima vista dopo l’ultima ora aveva perso almeno mille punti.
Quasi sedici anni. Quasi sedici anni e non avevo ancora avuto nemmeno l’ombra di un ragazzo, non avevo mai ricevuto quel primo bacio di cui tutti andavano parlando, non ero mai stata nei pensieri di qualcuno che fosse anche nei miei. E adesso che stavano finalmente per accadermi tutte quelle cose e che stavo per sapere come ci si sentisse arrivava una chioma riccia a rovinare tutto.
Avevo passato la mattinata con Peter, ero stata bene. Mi piaceva stare con lui e parlargli di qualunque cosa mi passasse per la testa. Era simpatico, ogni sua battuta mi faceva sorridere e anche lui reagiva allo stesso alle mie anche se erano pessime per la maggior parte.
Mi aveva fatta sentire importante. Quella mattina si era presentato davanti alla porta della ia camera per passare del tempo con ME, non con me e altri amici, SOLO con me.
Se mi piaceva? Probabilmente sì. Anche se lo conoscevo da pochissimi giorni era stato il primo a farmi sentire quasi come mi facevano sentire i One Direction e questa era una cosa che non mi era mai successa. Avevamo passeggiato sul ponte di Londra e ad un certo punto mi aveva presa per mano facendomi avvampare, poi lo avevo trascinato sulla ringhiera da cui eravamo rimasti a fissare il fiume e parlare mentre piano si avvicinava e mi avvolgeva sempre di più fra le sue braccia.
Nonostante mi sentissi felice in quel momento non provavo esattamente le emozioni che avevo sempre immaginato, mancava qualcosa ma non capivo cosa. Probabilmente era perché tutto era nuovo per me e dovevo ancora lasciarmi completamente andare e rilassarmi.
Quando mi ero girata per guardarlo anche lui aveva fatto lo stesso e mi ero ritrovata col suo viso più vicino di quanto avessi calcolato. Senza che me ne rendessi conto cominciò ad avanzare e bruciare la distanza che c’era tra noi intenzionato a baciarmi. Allora avevo cominciato veramente ad agitarmi.
E se avessi sbagliato qualcosa? Dove dovevo mettere le mani? E dopo cosa avrei dovuto fare? Quando me lo trovai a pochi millimetri decisi di seguire l’istinto e prenderla come sarebbe venuta, forse era troppo presto per un bacio ma eravamo sul London Bridge, era una giornata meravigliosa e non troppo fredda, lui era fantastico e io felice. Quello era sicuramente il momento e il posto migliore. E invece… E invece in un attimo mi ero ritrovata a un metro buono da Peter e dal mio primo bacio per colpa di uno strattone ricevuto da un Harry comparso all’improvviso.
Ma gliel’avrei fatta pagare, gli avrei fatto capire che non pendevo dalle sue labbra e da quelle degli altri. Li adoravo, ma erano fondamentalmente ragazzi come me e io avevo gli stessi loro diritti di fare la mia vita e vivere le mie esperienze.
 
“HARRY EDWARD STYLES! TU QUESTA ME LA PAGHI.”
Appena intravidi la porta della sala spalancata non riuscii a contenermi e mi misi ad urlare per il corridoio. Avevo il fiato corto per la corsa e per il nervoso e le gambe che protestavano per le quattro rampe di scale che si erano fatte in sessanta secondi scarsi.
Senza degnare di uno sguardo il cartello “in questi uffici è richiesto silenzio” feci la mia entrata nella stanza dove si trovavano i cinque ragazzi, compreso quello che in quel momento avrei voluto vedere attaccato al palo davanti all’edificio, al posto della Union Jack. Invece se ne stava lì, in piedi in mezzo agli altri. Appena mi aveva sentita urlare si era voltato verso di me facendo uno di quei suoi sorrisi sbruffoni e sicuri mandandomi in confusione le idee e gli ormoni.
Resta concentrata. Ricorda cosa ha fatto poco fa.
“Ehilà, era veloce il taxi eh?”
EHILÀ?! 
Dopo la sceneggiata di prima “ehilà” era il suo saluto migliore? Voleva la guerra? Gli avrei dato la guerra, nonostante facessi una fatica immensa a non perdere di vista il motivo per cui ero arrabbiata a causa del suo sguardo e di quello degli altri su di me.
“Perché? Se mi avesse trattenuta di più mi avresti tirata giù anche da quello tirandomi per un braccio?”
Gli altri ci guardavano con la faccia a punto interrogativo, probabilmente non gli avevo dato il tempo di aggiornali sulla sua magnifica impresa. Tanto meglio, se la sarebbe dovuta cavare da solo e senza scuse o storie inventate.
“Certo, ci tengo al nostro primo album. Se ti cacciassero per un ritardo perderemmo la copertina e questo non deve accadere. Tutto qui. Poi non so quanto tu ci abbia lavorato visto che stamattina non hai fatto altro che passeggiare con quel tipo e ieri sei stata tutto il tempo con noi… ero solo preoccupato per il nostro lavoro”.
Senza scomporsi di una virgola continuò a sorridere dandomi il nervoso ma contemporaneamente facendomi sperare che non smettesse. Sembrava calmissimo, come se pensasse di aver ragione e di non aver fatto nulla di male. Bene, SI SBAGLIAVA.
“Oh ma come sei altruista e magnanimo. Beh allora scusa tante, sono una ragazza sconsiderata. Veramente, come mi è venuto in mente di uscire con un ragazzo?  Potevo starmene in hotel a ricontrollare per la millesima volta i progetti che ho pronti dal giorno prima di partire per Londra e magari potevo pure non lavarmi per guadagnare tempo. La prossima volta lo farò, sicuramente i dirigenti ameranno le mie idee e la mia scarsa igiene.”
Troppo drastica e permalosa? Forse. 
Parlai a raffica, facendo il suo gioco. Rimasi sorridente per  tutto il tempo senza mai abbassare lo sguardo.
“Oddio come sei esagerata. Vivi per carità, ma almeno non passare una mattina così importante con la testa fra le nuvole e la faccia appiccicata a quella di uno che conosci da massimo due giorni”
Ora amorevolmente lo uso come pignatta e mi armo di mazza da baseball.
“Intanto sono tre giorni che lo conosco. Ma come faccio a conoscerlo veramente se prima non ci esco insieme una volta? Poi scusa, cosa vai a predicare tu che eri lì con una ragazza che sembrava appena evasa da una scatola di Barbie del negozio di giocattoli?”.
Lo presi in contropiede, non si aspettava lo avessi riconosciuto prima della sua entrata ad effetto. Avevo notato la ragazza, eccome se l’avevo notata. Era impossibile non vederla, per strada sembrava gridare al mondo che stava passando. Erano mano nella mano come me e Peter ma andavano nel verso opposto al nostro percorrendo il London Bridge.
Non appena lo avevo intravisto fra la gente avevo avuto l’impulso di correre da lui, chiedergli cosa ci facesse lì, domandargli come avevano dormito i ragazzi, dargli anticipazioni sulle mie idee per l’album e magari anche presentargli Peter... ma poi avevo visto quella ragazza senza difetti estetici al suo fianco e avevo sentito allo stomaco una morsa indescrivibile mentre le gambe avevano cominciato ad accelerare il passo senza che lo avessi programmato per far uscire i due dal mio campo visivo. Così avevo tirato la mano di Peter verso il panorama autunnale del Tamigi che si scorgeva ai margini del ponte per dare loro le spalle, per non pensare più alle loro mani intrecciate e a quanto quella ragazza fosse perfetta in ogni particolare.
 
“È diverso, io il mio lavoro lo sto facendo e ce l’ho fisso. Tu puoi perderlo.”
Si stava ufficialmente arrampicando sugli specchi e la cosa mi dava una soddisfazione immensa. Sapevo esattamente come continuare e come portarlo a chiedermi scusa, mi bastava quello. Un semplice “scusa ho sbagliato” e tutto sarebbe tornato alla normalità, anche se di normale tutta la vicenda aveva ben poco.
“Ed è qui che ti sbagli, ormai ho due mesi fissati grazie alla firma di mia madre e sei tu qui ad aver bisogno della mia copertina per continuare il lavoro.”
EPIC WIN.
“Ma ti avrebbero rispedita a casa il primo giorno senza l’intervento del sottoscritto”.
Cavolo, ha ragione.
“Sì ma di certo il mio didietro non è capitato a Londra grazie a te. Ho mandato io la copertina agli organizzatori”.
Era un botta e risposta senza fine. Nessuno dei due voleva dare ragione all’altro, nessuno dei due spostava lo sguardo dall’altro, nessuno dei due voleva smettere di parlare.
Gli altri quattro ragazzi erano rimasti tutto il tempo a fissarci senza fiatare o commentare spostando la testa per guardare prima me e poi lui a seconda di chi stava parlando, come se stessero seguendo la pallina ad un incontro di ping-pong.
“E sentiamo, se non fossero esistiti i One Direction avresti mai partecipato al concorso? Esatto, no! Perché non ci sarebbe neppure stato...”.
Si credeva furbo? Evidentemente da come mi guardava con aria superiore da sotto quell’ammasso di ricci sì. Aveva pure incrociato le braccia sul petto.
“No certo, come sei acuto Styles. Ma sai grazie a chi siete dove siete? Grazie a noi fans. E adesso come la mettiamo?”
Gli imitai la posa incrociando le braccia e cercando di guardarlo dall’alto in basso nonostante fossi nettamente in svantaggio per la mia altezza non pervenuta.
“Ma…”
Non sai come controbattere eh? Ora chiedi scusa.
“Ma?”
Lo guardai ancora sorridendo con la convinzione di aver vinto la discussione. Non sarebbe riuscito ad avere l’ultima parola.
“Ma niente, non ti devo né scuse né spiegazioni. E fossi in te mi muoverei dato che fra cinque minuti questa stanza si riempirà di giacche e cravatte che non vedono l’ora di vedere i tuoi progetti”.
Mi sventolò davanti al  viso l’orologio d’argento che portava sull’enorme polso mandandomi in panico. Mancavano veramente cinque minuti e la presentazione dell’idea era ancora nella mia camera d’albergo dato che avevo contato di riuscire a passare a prenderla.
Cominciai ad agitarmi, non avrei mai fatto in tempo a correre fino all’hotel, farmi dare le chiavi dalla vecchia portinaia mezza orba, salire le scale fino al mio piano, prendere i cartelloni e tornare indietro.
“Sei in panico vero?”
SBRUFFONE. Taci e sotterra la testa come gli struzzi.
Sempre con quella sua aria soddisfatta mi fissava impassibile, senza fare nulla. Non so cosa avrei dato per fargli ammirare l’auto e la patente di Peter per farlo sentire almeno una volta inferiore e… PETER! Ecco la risposta. Sicuramente poteva passare a prendermi il lavoro in camera.
“Ci sentiamo stasera e se ti serve qualunque cosa, anche qualcuno che dia un pugno a certe persone, non esitare a chiamarmi” aveva detto meno di un’ora prima. Non mi serviva un pugile per il momento ma un aiuto di sicuro sì.
Presi il telefono dalla tasca posteriore dei jeans e composi il numero che mi aveva aggiunto lui stesso nella rubrica quella mattina.
Mentre la linea suonava libera cercai aiuto anche nei ragazzi che dovevano ancora aprire bocca ma che avevano seguito tutta la vicenda.
“Vi prego, intrattenete i dirigenti per qualche minuto. Io torno subito”.
Non aspettai nemmeno una loro risposta sperando si inventassero qualcosa e corsi giù per le scale mentre Peter rispondeva alla chiamata. In poco tempo venne a portarmi tutto il materiale e un sorriso, lo ringraziai e tornai di corsa di sopra tenendo d’occhio l’orologio che correva più di me, erano già passati dieci minuti. Cinque in più del previsto.
Per l’ennesima volta capitai nella stessa sala tutta trafelata e col fiatone come mezz’ora prima. Quello che vidi mi fece utilizzare anche il poco fiato che avevo mantenuto per scoppiare in una risata. Quando avevo chiesto ai ragazzi di intrattenere i dirigenti non intendevo IN QUEL MODO.
Al posto delle diapositive delle idee per la copertina stavano proiettando sul muro le loro foto fatte nel bungalow  una settimana prima. Alcuni scatti erano veramente esilaranti ed altri era meglio non finissero sotto gli occhi del pubblico, con i commenti di Louis ad ogni diapositiva poi era impossibile restare seri.
“Grazie Louis ma ora che è arrivato il vero progetto preferiremmo vedere l’album al posto di gente mezza nuda”.
Guardando con aria d’intesa Styles un uomo stretto in una camicia di due taglie in meno e che, come minimo, sarebbe dovuto pesare sui cento chili si voltò verso di me congedando Louis e la sua parlantina.
Nonostante il ritardo ero convinta di aver realizzato delle buone idee e di poter fare una bella impressione.
Con sicurezza presentai l’idea che già avevano esaminato per la copertina, la stessa che avevo spedito per il concorso e inoltre azzardai quello che avevo ideato quella stessa notte, delle idee per un photoshoot. Non rientrava proprio nei miei campi ma avevo pensato di inserire all’interno del libretto del CD una foto di uno dei ragazzi per pagina e per finire nel quarto di copertina una di tutti loro insieme mentre correvano verso l’obiettivo. Avevo dato un’occhiata al progetto che avevano deciso di utilizzare i dirigenti e non era molto convincente, volevo provare di meritare quel posto e magari portando quell’iniziativa ce l’avrei fatta. Oppure mi sarei fatta cacciare a calci.
Mostrai le varie diapositive raffiguranti gli schizzi che avevo realizzato per spiegare come avevo pensato di fare le varie pagine e di come strutturarle. Per tutto il tempo tenni una mano dietro la schiena con le dita incrociate sperando che ancora una volta quel gesto mi aiutasse.
Illustrai per ogni componente come avevo immaginato le pose, i posti e l’abbigliamento ma quando arrivai alla pagina di Harry non mostrai la diapositiva perché la mia idea era cambiata.
“Ecco, per Harry ho avuto un’illuminazione leggendo molti post su internet di ragazze che lo vedrebbero estremamente bene in una giacca rosa salmone e una polo rossa sotto. Dicono che è la moda del momento, io la sperimenterei”.
Vendetta.
La faccia di Styles finalmente cambiò espressione assumendone una contrariata.
“PIANO, io una cosa del genere non la metto neanche morto. Primo: già il fatto di avere qualcosa addosso mi da fastidio. Secondo: ROSA SALMONE? Ma scherziamo? Mi rifiuto. Poi non penso che davvero potrei piacere a qualcuno conciato in quel modo”.
Sei fottuto.
Si era addirittura alzato dal divano da cui tutti e cinque i ragazzi stavano seguendo la mia presentazione per controbattere. Avessi potuto filmare quel momento lo avrei fatto volentieri per farglielo rivedere infinite volte. Non era lui quello che voleva lavorassi alla copertina? Avevo pensato molto più in grande e ora doveva lasciarmi fare.
“Sì Harry, lo hai detto tu il primo giorno che essendo una fan potrei essere più vicina al pubblico. Ecco, il pubblico a quanto pare la pensa così e se ci aiuterà a vendere vale la pena di soffrire un po’.”
Per poco non mi trattenni dal ridere. Non avevo mai letto in alcun post di quella cosa della giacca rosa, in effetti era un’idea che avevo avuto su due piedi in quel momento per fargliela pagare, una piccola e ingenua vendetta. Si sa che i ragazzi non amano più di tanto il rosa.
E poi a dire la verità sarebbe anche servito a me, dovevo ammettere che era difficile concentrarsi sulle idee e sulle cose serie con lui intorno. Magari in abbigliamento rosa avrebbe fatto meno effetto e sarebbe rimasto fuori dai miei pensieri per qualche ora, magari…
 
“Approvato! Ragazza, siamo onorati di averti con noi. Ci convincono molto le tue idee e apprezziamo l’entusiasmo. Mi sa dovrai cominciare a cercarti una casa fissa a Londra, credo la permanenza sarà più lunga dei due mesi decisi.
Abbiamo coperta e photoshoot signori, mi aspetto che tu, Ilenia, supervisionerai a tutti i servizi fotografici. Detto questo, ottimo lavoro.”
Grazie tizio con la cravatta più oscena di questo mondo.
In poco tempo l’aula si svuotò, rimasta sola con l’iPod regalatomi da Ilaria raccolsi tutti i miei cartelloni e le diapositive con un sorriso realizzato e completo. Le cose col lavoro stavano andando meglio del previsto e ormai avevo preso confidenza con i ragazzi, cosa che pareva impossibile dal modo in cui avevo reagito il primo giorno. Non chiedevo altro.
We’re like Na Na Na, then we’re like Yeah Yeah Yeah”
La riproduzione casuale mi conosceva veramente bene a quel che pareva.
Senza rendermene conto cantavo insieme a loro con le cuffie ad un volume talmente alto da non poter sentire nemmeno la mia voce.
Quella canzone non aveva senso ma la amavo e in quel momento mi sentivo davvero “Na Na Na”.
Pensandoci forse aveva un senso in effetti, quella che provavo era una sensazione fin troppo bella per essere descritta, non trovando nessuna parola che potesse rendere l’idea tre sillabe come “Na Na Na” erano il modo migliore per esprimerla.
 
“Bella canzone, di chi è?” Sentii domandarmi mentre qualcuno mi toglieva una cuffia dalle orecchie bloccano la mia esibizione canora per metterla al proprio orecchio.
“One Direction, li conosci? Dicono siano molto bravi…”
“Ne ho sentito parlare ma non mi convincono, troppo montati non trovi?”
“No non direi, li conosco e sono veramente fantastici. Chi dice il contrario ha urgente bisogno di cure”
Liam si mise a ridere appoggiandosi all’enorme tavolo bianco della sala riunioni. Spensi l’iPod per non sembrare maleducata e anche perché quando ascolto la musica non riesco a parlare.. o ascolto il testo o penso a cosa dire.
“Quindi  siamo come ci avevi immaginati? Niall se lo chiede spesso.”
Era ancora così assurdo parlare con loro ma ci avevo preso confidenza e le parole uscivano  molto più facilmente.
“Perfettamente uguali a come vi avevo immaginati, nessuno escluso.”
Finii di sistemare gli ultimi materiali nella cartella a tracolla e la chiusi appoggiandola sulla sedia e poi andai a sedermi sul tavolo affianco a Liam.
“Anche Harry? Insomma, dopo la scenata di prima sembrava ti stesse antipatico”
ANTIPATICO?! No no, di solito la notte non si sogna chi ti sta antipatico.
“No, non antipatico. È fantastico come tutti voi solo che oggi mi ha dato fastidio, tutto qui. Ce l’ho un po’ con lui ma passerà. Più che altro ho paura di stargli io antipatica…”
Vidi Liam  accennare a una risata soffocata, non mi sembrava di aver detto nulla di divertente…
“No tranquilla, è solo preso dal lavoro. Tutto qui. Ti adorano tutti a proposito, noi e i dirigenti. Direi che hai fatto colpo in soli tre giorni eh?”
Loro mi adoravano? Cioè, non mi consideravano una fan sclerata? Oddio.
“Scherzi? Sul serio non ho fatto una brutta impressione? Niente di niente?”
Cominciai a dondolare le gambe dal tavolo per la felicità, e io che credevo che tutti mi vedessero come la ragazzina che si crede chissà chi che appena arrivata vuole cambiare tutto…
“Niente, per ora convinci tutti. Lo stesso pare per i ragazzi a quanto pare eh? Chi era il ragazzo di cui parlavi oggi con Styles?”
Posso parlargliene? VOGLIO parlargliene.
“Si chiama Peter, è il figlio del proprietario dell’hotel in cui alloggio e… sì, penso mi piaccia.”
Le gambe cominciarono a dondolare più forte per l’imbarazzo, non ero abituata a parlare di ragazzi con ragazzi, a malapena ne parlavo con le mie amiche.
“Prima conoscilo meglio tu e assicurati che sia un bravo ragazzo, però dopo ce lo devi presentare. Che ne dici se qualche sera organizziamo una cena tutti insieme? Invitiamo anche appunto Peter, Danielle e Eleanor così le conosci e state un po’ tra ragazze.”
Conoscere quelle due ragazze era uno dei miei obbiettivi, erano tra le ragazze più fortunate di questo mondo e di sicuro erano fantastiche.
“Ci sto capo- esclamai facendo un salto per scendere dal tavolo -Ci mettiamo d’accordo domani allora. Grazie mille, mi hai tranquillizzata per molte cose. Ora vado in hotel che ho una fame indescrivibile. A domani!”
Presi su la tracolla e infilai il giubbotto dirigendomi all’hotel per riempire il buco che si era venuto a creare nel mio stomaco. Anche se lì a Londra non avevo parenti sentivo Liam come una figura fraterna con cui mi potevo i confidare e di cui potevo fidarmi, non ne capivo il motivo ma mi dava quell’impressione.
Come la sera precedente trovai un biglietto attaccato con un pezzetto di nastro adesivo alla porta della mia stanza d’albergo scritto nella stessa calligrafia pulita e senza cancellature.
 
“Passeggiata nel parco dell’hotel alle tre e mezza? Sarò quello con le rose e due gelati.
                                                                                                                                           Peter”


Orologio: 14.10
Un’ora e venti per prepararmi?! Tanti saluti al pranzo, preferisco il “gelato”.



SONO IN RITARDO çç
volevo postare prima ma qua c'è veramente brutto tempo per colpa della neve e per una settimana non mi è andata la connessione.
Poi oltrettutto diciamo che non ero proprio dell'umore ma dettagli .
Adesso Ilenia ha più confidenza con i ragazzi e infatti si vede da come parla con loro, e boh.. questo capitolo come l'altro non mi convince ma è sempre così quindi amen.
Per chiunque abbia partecipato alla cosa del M&G con i ragazzi.. buona fortuna a tutte 
<3 (oddio che figo il cuore così ahahahahah)
 spero che le venti che vinceranno siano vere fans e non le solite che sbavano solo dietro a uno di loro.
Sto divgando... bene chiudo, spero vi piccia il capitolo e ovviamente accetto consigli e critiche :3
Se riuscite e avete voglia di lasciare una recensione liberissime eh ùù 
Ah già, so di aver stravolto i tempi. Infatti quel photoshoot lo hanno fatto prima che uscisse "What Makes You Beautifult" ma qui l'ho fatto fare dopo perchè mi serviva #js 
Ora vado sul serio. A presto, Ilenia.

 

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Capitolo 12
*** And Now? ***


12. AND NOW?

  17 Dicembre, 2011

 
“FORZA RAGAZZI! FORZA, FORZA, FORZA!  Allora avete preso tutto? Ricordatevi che fino a Natale indietro non si torna. State attenti mi raccomando, non fate colpi di testa, non fatevi travolgere dalle fans, non combinate guai, niente foto scomode, evitate scandali e luoghi pericolosi.”
“Stia attenta signora Styles, ha dimenticato: “non mettete incinta le fans” all’elenco”
“Louis, pensavo non fosse necessario sottolinearlo…” rispose mia madre, guardando il mio amico con sguardo di rimprovero, ma allo stesso tempo evidentemente divertito.
“Con suo figlio non si sa mai, io starei attento persino a mia nonna se lui fosse nei dintorni”
Decisi di evitare che Louis desse altra aria alla bocca,  tirai giù la berretta rossa che indossava fino ad arrivare a coprirgli tutto il viso e gli saltai praticamente sulle spalle.
“Direi che basta, Lou. Perché non carichi le valigie sul bus? Ovviamente quando dico “valigie”  intendo le mie.”
Dicendo questo gli misi in mano i miei bagagli, senza dargli nemmeno il tempo di scoprirsi gli occhi ancora nascosti dalla berretta. Mi sarei risparmiato un giro in più dal vialetto di casa all’enorme bus parcheggiato  nella strada difronte.
“Certo, ma tu allora porterai le mie. Scambio equo, più o meno…”
Che voleva dire con quel “più o meno”? Lo capii appena mi girai. Louis aveva il doppio delle mie valige, neanche fossimo in partenza per gli Stati Uniti… mi aveva incastrato insomma.
“SPARATI TOMLINSON, SPARATI”
“QUANDO LO FARÒ, TI PENSERÒ. SARAI IL MIO ULTIMO DOLCE PENSIERO, STYLES”
Mi rispose urlando da dietro il tour bus, mentre caricava le mie valigie.
“SSSSSH – si mise a bisbigliare Niall, mentre usciva dalla porta con il suo trolley –nessuno sa che stiamo partendo stanotte. Se urlate va a finire che ci troviamo travolti. Arrivederci Anne, e grazie per l’ospitalità!”
“Sì, ho capito il non farci scoprire, ma tu esageri! Sei un bradipo, Niall! Datti una mossa con quel trolley, ho solo voglia di sperimentare la comodità dei letti dell’autobus. Grazie di tutto Anne, buonanotte.”
Quello era Zayn mentre trascinava la sua valigia a peso morto, ancora perso nel dormiveglia. Dopotutto c’era da capirlo, erano le 3 di notte... 
“A proposito di letti, io sopra non ci dormo. Se c’è il letto a castello mi prenoto il sotto, non sopporto stare in alto. Ciao Anne, ci si vede a Natale allora!”
E anche Liam con relativi bagagli erano andati. Ovviamente non fece in tempo a passare nemmeno un secondo da quando quest’ultimo era salito, che subito si mise a gridare.
“LOUIS! NON POSSONO GIÀ ESSERCI I TUOI CALZINI OVUNQUE! SEI SU DA CINQUE MINUTI”
“CHE NE SAI CHE SONO MIEI? NON SONO L’UNICO SU QUESTO AUTOBUS.”
“STATE ZITTI CHE VOGLIO DORMIRE!”
Liam che rimproverava Louis, Louis che cercava di scagionarsi e Zayn che chiedeva un attimo di pace. L’autobus stava già prendendo un’atmosfera più familiare.
Scuotendo la testa mi girai verso mia madre e la vidi che salutava tutti con le lacrime agli occhi, mentre cercava di non lasciarle scivolare lungo il viso.
“Mamma, non piangere, non andiamo lontano dopotutto… Inghilterra, Irlanda, Scozia e Galles. Saremo sempre qua, bene o male. Ti scriverò tutti i giorni, e poi ci saranno notizie ogni giorno su Internet. Non ti accorgerai nemmeno della nostra mancanza”.
Si mise ad annuire poco convinta, senza nemmeno distogliere lo sguardo dal nostro mezzo di trasporto. La abbracciai più forte che potei, dopotutto sarebbero stati pochi giorni, poi saremo rientrati per Natale, e infine ripartiti fino a fine gennaio.
Proprio così, il giorno dopo sarebbe stato il grande giorno, quello per cui ci stavamo preparando da settimane, quello che tutti quanti avevamo cerchiato sul calendario con un enorme segno rosso: l’inizio dell’ “Up All Night Tour”.
Pareva impossibile, un tour tutto nostro. La gente sarebbe venuta per vedere NOI, per ascoltare le NOSTRE canzoni, per gridare i NOSTRI nomi.
Avevamo rilasciato il nostro CD di debutto il 21 dicembre in Inghilterra, ed avevamo avuto un successo incredibile vendendo copie oltre ogni previsione. Eravamo veramente famosi e sulla cima del mondo in quell’istante.
 
“Mi mancherai” dissi a mia madre mentre piangeva nell’abbraccio.
“Anche tu- si asciugò le lacrime e si staccò da me, sforzandosi di sorridere –ma non manca qualcuno?”
La guardai capendo subito chi intendeva con quel “qualcuno” e così scoppiai a ridere.
“E chi vuoi che manchi? Ilenia! Solo lei può essere in ritardo anche per il tour”.
Era vero, non si sarebbe mai privata dell’onore di arrivare ultima, neanche avesse cominciato a prepararsi ore e ore prima. Non che ci mettesse molto a prepararsi, anzi. Solo che perdeva tempo a fare cose inutili, oppure cominciava a parlare con chiunque le capitasse sottomano e la smetteva solo quando il tempo giungeva al limite.
“Vuoi che vada a chiamarla io?”
“No mamma, vado io. Sai che ho le mie tecniche…”
Sorpassai mia madre e rientrai in casa per cercare e trascinare fuori la ritardataria, ma non riuscii a trovarla in nessuna stanza del piano giorno.
Dove poteva essere quella ragazza? Le sue valige erano nell’atrio, ma di lei nessuna traccia.
“NENA? NENA, CI SEI?”
… nessuna risposta.
“ILENIA!”
Ancora niente.
Guardai l’orologio: le tre e mezza. Dovevamo partire immediatamente o non saremo mai arrivati a Watford in tempo.
“ILENIA! DAI CAZZO, PARTIAMO SENZA DI TE SE NON TI MUOVI!”
Sentii qualcuno armeggiare con una maniglia di una porta al piano superiore dove si trovavano le camere da letto e così salii le scale con un proposito prenderla di peso e caricarla sul pullman.
Appena misi piede sull’ultimo gradino dovetti però rinunciare al mio piano e quasi buttarmi per terra, tenendomi la pancia dalle risate.
“Moooolto maturo, Harry. Che c’è? Hai mai visto una ragazza rimasta incastrata in una maglia? No, perché io non ci trovo niente da ridere.”
Era assurda. Quale persona fisicamente sana si sarebbe aggrovigliata in quel modo con una felpa? Nessuna, solo quella che in quel momento si stava dimenando davanti a me.
“Sei una sagoma”
Riuscii a dire fra una risata e l’altra. Lei probabilmente mise le mani sui fianchi, non si capiva bene che posa avesse assunto essendo completamente impacchettata nella felpa.
Sapevo che non era veramente offesa, ormai scherzavamo e parlavamo sempre. Eravamo buoni amici, nonostante quel primo battibecco per colpa di Peter, il ragazzo perfettino che poi era diventato il suo fidanzato…
Ma per quella sfuriata mi aveva già perdonato, si era vendicata facendomi indossare una giacca rosa con la quale il mondo mi aveva visto su poster, CDs e qualunque altro oggetto contente nostre foto, però mi aveva perdonato. Inoltre quel photoshoot era stato un successone,  tanto che Ilenia si era guadagnata la possibilità di intervenire nei servizi fotografici seguenti, oltre che il posto fisso come grafica.
 
“Ma grazie, è bello ricevere complimenti di prima mattina. Ora vuoi aiutarmi o no?”
Cercando di trattenere le successive risate, mi alzai e andai ad aiutarla. In effetti si era incastrata per bene, sembrava quasi che la maglia fosse al…
“Oddio- esclamai tornando a ridere il doppio di prima – ma è al contrario, deficiente!”
“Oh cavolo, sono così impedita?”
A questo punto pure lei si mise a ridere di sé stessa. Adoravo quando lo faceva.
“Se mi dai il permesso ti aiuto a uscirne, altrimenti vieni via così. Sei più carina del solito, sai?”
“E ci credo! Ho la faccia nascosta dalla felpa!”
“Appunto!”
Saresti bellissima comunque.
“Cretino. Dai, aiutami a tirarmi fuori da questa trappola mortale, sto soffocando. Tanto sotto ho la maglietta a maniche corte, puoi anche stare tranquillo”.
Peccato… NO. HARRY, NO.
Senza troppa fatica, data la sua altezza, mi misi a tirare i lembi della felpa per liberarla dalla sua “prigione di stoffa” e per rimettergliela addosso dritta.
Quando finalmente la sua faccia arrossata sbucò fuori dal buco del collo, rimasi a guardarla per poi tornare a ridere con lei. Amavo quando rideva con me, faceva sembrare tutto più spensierato e naturale.
“Beh, andiamo? Non voglio beccarmi il letto in parte a Niall, di notte quel ragazzo emana odori letali.”
Non feci in tempo ad accorgermi che fosse tornata in camera, che mi piombarono in mano un paio di All Star color jeans che, senza tanti complimenti, mi aveva messo tra le mani.
“Quelle le metto domani, ma non ci stanno in valigia. Ora esco in pantofole e pigiama, puoi portarmele tu, per favore?”
No, rispondile no. Hai già le valigie di Louis a cui pensare.
“Mi pare ovvio. Vado a portare queste sul bus e a vedere se hanno già caricato il restp... Ti aspetto su”.
Possibile che non riuscissi a dirle di no? Una sola volta, potevo riuscirci una sola volta?
No.
“Grazie Styles, chiamo Peter per un saluto veloce e poi vi raggiungo. Dammi un minuto”
Ben ti sta.
Non le risposi e girai i tacchi e intanto mi maledivo mentalmente per non averla trascinata giù subito, ancora intrappolata nella felpa.
Mentre scendevo la rampa di scale in legno chiaro, potevo sentirla salutare il suo Peter.
“Sì, stiamo per partire, non sai come sono emozionata. Anche tu mi mancherai un sacco, lo sai. Non chiamarmi così, sai che odio le cose sdolcinate”
Ma cosa aveva quel ragazzo di così speciale? Non lo sopportavo, non sopportavo il fatto che rimanesse sempre composto, che non facesse mai una mossa sbagliata, che “abitasse” a pochi passi di distanza dalla sua camera d’albergo, che potesse chiamarla “la mia ragazza”. Non lo sopportavo perché… perché non era giusto per lei, ecco. Non c’erano altri motivi. Ero sicuro che prima o poi l’avrebbe ferita, lei era troppo infatuata per riuscire a capirlo, ma non era il ragazzo per lei.
Ti piace.
E invece no.
Avrei preferito vederla con Zayn, con qualche collegiale inglese, persino con un gatto. Tutti ma non Mister Sono-la-perfezione-fatta-persona.
Non ero geloso. Ecco, magari all’inizio sì, ma ora lei era diventata quasi la mia migliore amica e ovviamente non volevo vederla insieme a qualcuno che non la meritasse.
E poi la mia vita di coppia andava alla grande secondo i giornali. Uscivo stabilmente con Mills da un mese e mezzo. Non era una grande scelta se si voleva parlare, ma quando chiudeva la bocca e si buttava su un letto era il sogno di ogni ragazzo. Entravo in casa sua alle nove di sera e ne uscivo alle dieci della mattina successiva, con i capelli arruffati e un sorriso soddisfatto per i fotografi.
I giornalisti non aspettavano altro che dichiarassimo di stare insieme, ma era una speranza vana. Né io, né Mills avevamo intenzione di impegnarci, lei perché non intendeva avere delle responsabilità e preferiva essere “libera”, io perché non la sopportavo fuori dalle coperte.
E perché ti piace Ilenia.
COME AMICA.
No.
Sì.
Aspetta di starci insieme ventiquattro ore su ventiquattro per un mese...
Che ne sai tu? Lasciamo perdere.
Vedrai.
 
“Oddio! Ma è stupendo questo autobus! È enorme, e luminoso, e bellissimo, e… disordinatissimo! Mi sento a casa.”
E così dicendo anche Ilenia fece la sua rumorosa entrata nel tour bus, gettando per terra le pantofole e la borsa per contribuire alla collezione di oggetti che si trovava sul pavimento.
“Certo Nena, che anche tu non sei proprio una perla in fatto di ordine eh?”
Lei e Louis combattevano una guerra ad armi pari per il titolo di “più disordinato del gruppo”, presto avremmo perso ogni ricordo del colore del pavimento dell’autobus.
“Eh beh, vivrò con cinque ragazzi per un mese, devo adeguarmi.”
E così dicendo si andò a sedere sul divanetto arancione affianco a Liam che stava giocando a con il mio telefono e, probabilmente, stava anche perdendo.
“La band e il resto della crew sono già partiti”
ci avvisò l’autista da dietro il  vetro scuro che divideva la postazione di guida dalla nostra parte.
“E allora… SI PARTE!”
Niall si alzò in piedi entusiasta ed andò ad affacciarsi ai finestrini per guardare la strada che cominciava a passarci veloce in parte.
“Quindi siete ufficialmente in tour, da adesso?”
Anche Ilenia si alzò in piedi cominciando a muovere a scatto le gambe. Era più emozionata di noi, se era possibile.
“Non proprio, NOI SIAMO ufficialmente in tour. Anche tu sei qua con noi, no? Non canterai sul palco, ma sei indispensabile”.
Si mise a sorridere come l’avevo vista sorridere poche volte e ci guardò uno ad uno, raggiante.
“Mi concedete un abbraccio di gruppo?”
Sapeva che ogni volta che ne chiedeva uno lo otteneva, non si poteva rifiutarlo. Era peggio di Niall.
Tutti quanti abbandonammo la nostra postazione per andare a formare un groviglio di braccia nel centro del bus, tutti tranne Zayn che dormiva già beatamente nel letto più vicino alla porta da cui eravamo entrati. Stava dormendo fin troppo beatamente per pretendere di non essere svegliato. E infatti dopo pochi secondi Louis fece la proposta che tutti stavamo aspettando.
“Ma manca Zayn! Pronti? Al mio tre ci gettiamo su di lui”
Come un gruppo di pinguini, ci spostammo a piccoli passi verso il letto di Zayn senza sciogliere l’abbraccio e ci gettammo su di lui, quasi stritolandolo con le braccia.
“MA ANDATE A…”
“Avanti Zayn, non senti l’amore che circola nell’aria?”
Il moro si mise a ridere e ci abbracciò anche lui. Pensandoci, visti da fuori dovevamo proprio risultare adorabili. Un gruppo di migliori amici che vivevano il loro sogno.
“Vi voglio bene ragazzi”
Esclamò ad un certo punto Nena, dal centro dell’abbraccio.
 “Oh, dolce lei! Non dirlo a Peter o si ingelosisce.”
No Liam, lascia che glielo dica.
“Ma dai! Lo sa quello che siete per me, e poi non è tipo da ingelosirsi"
Questa era bella! Allora il suo "fidanzatino non geloso" non le aveva detto nulla sulla “per niente gelosa” telefonata che mi aveva fatto la sera precedente.
"Non provare a toccarla, stalle a minimo un metro di distanza. Non parlarle, non fare assolutamente NULLA. Conosco la tua reputazione, accontentati delle altre ragazzine urlanti."
 

Simpatico insomma, sicuramente in quel momento non stava dando un party per questo tour.
Me lo immaginavo ad andare avanti e indietro nervoso nella sua enorme suite, mentre io me ne stavo appiccicato alla sua ragazza, e senza neanche aver preso l'iniziativa.
Forse in quel mese sarebbero cambiate un po' di cose…
Quindi ammetti che ti piace?
Non ho mai detto questo.
Ma lo pensi...

Cacciai via le voci nella mia testa, deciso a non ascoltarle. L'abbraccio si sciolse e lasciammo Zayn al suo sonno.
"Sarebbe ora anche per noi di andare a dormire, altrimenti domani sera "l'up all night" ce lo scordiamo, letteralmente"
"Sí okay Louis, dammi cinque minuti e una fetta di torta e poi vado a dormire"
Niall si diresse verso la fine del bus dove si trovava una cucina in miniatura.
Liam lo guardò come si guarda un alieno e si diresse verso il materasso piú basso del letto a castello.
Sistemati lungo i lati lunghi dell'enorme autobus c'erano due di quei letti a castello, un divano-letto a una piazza e mezzo e infine, sopra la postazione del guidatore, un letto a due piazze.
Liam, Zayn, Louis e Niall si erano già sistemati. Liam e Zayn nei letti sotto, Louis e Niall in quelli sopra. I  letti a castello erano praticamente al completo.
"Tu hai preferenze, Harry?"
Mi chiese Ilenia in quell'istante. Se ne stava in piedi indecisa, voltando lo sguardo dal divano, all'altro letto e  infine a me.
"Mah, a me va bene tutto, tanto sono grandi come letti..." le dissi.
Avrei dormito anche sul divano-letto, anche se appariva il più scomodo. In quel momento non mi importava molto del letto dove avrei dormito.
"Allora io mi prendo il divano-letto! Ho brutte esperienze con i letti in alto, in camper finivo sempre col sbattere la testa contro il tetto"
Mi misi a ridere. Voleva il divano-letto, il più scomodo tra tutti. Faceva sempre la scelta che non mi aspettavo.
"Sicura? Dai, avrai avuto tre anni quando accadeva questa cosa."
"È successo l'anno scorso…"
La guardai e ancora una volta mi misi a ridere di lei, con lei. Era fantastica perché sapeva ridere di sé stessa, non si offendeva o si vergognava, rideva.
"Allora ti lascio il divano, non voglio che ti venga un'emicrania"
"Oh ma come sei premuroso"
Ci voleva una battuta.
"Ovvio, non voglio che la tua testa si metta a sfornare idee oscene per i photoshoots, cose tipo giacche rosa salmone… hai presente?"
Si mise a ridere e incrociò le braccia, ogni volta che tiravo fuori quella storia si metteva a ridere e a fare l'offesa.
"Se tu sei deficiente non è colpa mia. E poi hai idea di quanto sia aumentato il commercio di giacche rosa da quando avete fatto quelle foto?"
"No, quanto?"
Le domandai, mentre salivo sul mio letto e cominciavo a sistemare le coperte.
"Non lo so- rispose lei, presa alla sprovvista -ma di sicuro sarà aumentato. Le fans sicuramente saranno diventate matte per trovare delle giacche come la tua, la stessa cosa che è successa con quelle stile collegiale di Zayn"
A quel punto si fece una coda alta lasciandola cadere morbida sulle spalle. L'azzurro del pigiama le donava in una maniera impressionante, nonostante questo fosse semplicissimo: una camicia e dei pantaloni larghi a tinta unita. Era perfetta anche quando avrebbe dovuto apparire un po' trascurata.
Si raggomitolò nelle coperte e mi augurò la buonanotte già con gli occhi chiusi.
"Buonanotte Nena, a domani".
Non riuscivo a prendere sonno, continuavo a girarmi e rigirarmi nel letto, senza riuscire a trovare una posizione ideale. Avevo mille pensieri che correvano disordinatamente per la testa: il tour, mia madre, Mills e la ragazza che aveva appena preferito dormire su un divano-letto. Continuai a girarmi e rigirarmi per una buona mezz'ora, fino a quando una voce non spezzò il silenzio.
"Anche tu non riesci a dormire?"
Era ancora sveglia, era rimasta immobile a palpebre abbassate per tutto il tempo, ma non riusciva a prendere sonno neppure lei.
"No, mi sto rigirando nel letto da ore perché voglio bruciare calorie"
"Ah ah, molto simpatico. Allora continua pure, io non ti chiedo certo di fermarti per me."
Si sollevò dal letto con le braccia e prese in mano il telefono, lesse un messaggio e infine lo buttò su una sedia vicina sbuffando, senza rispondere. Poi guardandosi intorno si mise seduta e sorrise.
"Peter?"
Aveva sbuffato leggendo il messaggio, se fosse stato lui il destinatario dello sbuffo avrei fatto i salti di gioia.
"No, solo la sua dodicesima buonanotte, da notare che sonole quattro di mattina. Ma tu non stavi bruciando calorie?"
Era lui. Aveva sbuffato per colpa del suo ragazzo. Aveva sbuffato! 
Cercai di mantenere un po' di contegno e evitai l'argomento-Peter.
"No dai, sono solo nervoso per domani sera. É la prima performance del tour, abbiamo solo domani per provare sul palco. Ho il terrore di non andare a tempo con la base, di dimenticare le parole, di non riuscire a respirare, di cadere e chi più ne ha più ne metta. Tu invece? Perché non entri in coma come Zayn?"
Si girò a guardare Zayn che dormiva a bocca aperta, completamente inconsce sul materasso e con le coperte finite in fondo ai piedi.
"Perché non ho passato ieri notte in discoteca come lui, e perché sto pensando a tutto quello che mi è successo in questi due mesi. L'impossibile é successo e ora... Beh, ora sono qui, no?"
"E io qua, a vivere il mio sogno. Proprio come te. Siamo fortunati, sai? Non capita a tutti”
Quella che stavo vivendo  era una situazione per la quale ringraziavo ogni singolo giorno, era tutto perfetto. Più o meno…
“Tu hai talento, per questo sei qua. Io invece devo tutto alla fortuna”
Ma era stupida o cosa? Si meritava di essere lì, nel nostro stesso autobus, a lavorare fianco a fianco con noi. Lei DOVEVA stare lì, era il suo posto.
“Ma taci, sei qua perché hai colpito tutti con il tuo lavoro. Chiunque ti conosca ti adora. Non ci sono state estrazioni o colpi di fortuna.”
“Ho colpito tutti? Anche te?”
“Beh, ovvio. Sei molto dotata per il lavoro grafico e hai grandi idee, inoltre…”
Mi interruppe guardandomi dal basso del suo letto, con gli occhi spalancati e curiosi.
O erano occhi speranzosi?
“Intendevo… Cosa hai pensato di me quando ci siamo conosciuti? Perché tu non hai idea di cosa ho provato io, tu eri... boh, tutto! Mi sa che se non ci fosse stato Peter mi sarei presa una bella cotta per te.”
Sorrise imbarazzata, come se non avesse voluto dire quello che aveva detto.
Io cominciai a sudare freddo e gesticolare. Che mi stava succedendo? Era solo una ragazza.
E “cosa hai pensato di me quando ci siamo conosciuti?” che razza domanda era?! Da dove le era venuta fuori? E perché non sapevo che risponderle?
“Beh… ecco…”
Imbarazzo, imbarazzo che faceva novanta. Cominciai a tossire leggermente, come mi succedeva sempre quando ero a disagio. La risposta si stava facendo attendere da troppo, eppure nella mia testa c’era, forte e chiara:
Non mi hai solo colpito, mi sei praticamente piombata nella testa e non riesco a farti uscire.
E in quel momento realizzai una cosa totalmente vera e sbagliata: LEI MI PIACEVA, tanto, troppo.
 
ORA-SONO-FOTTUTO.
 
“Dai, rispondile emerito idiota!”
La voce di Louis?
“SSSSSH, LOUIS! Non dovevamo farci sentire!”
Niall?! Pure Niall era sveglio?
“Complimenti ragazzi, proprio ora che la cosa si faceva interessante!”
Zayn?! Da quanto ascoltava?
“Siete uno più coglione dell’altro. Non potevate stare in silenzio ancora qualche secondo?”
C’era anche Liam?!
 
 “MA VOI NON STAVATE DORMENDO?”
Chiesi a metà fra l’innervosito e il sollevato, fulminandoli tutti e quattro con lo sguardo.
"Certo, ma se voi continuate a chiacchierare amorevolmente, come facciamo noi a chiudere occhio? E poi voi due siete più interessanti del dormire”
Adesso Louis le prendeva, e dopo di lui anche tutti gli altri.
“Appunto, la signorina “mi sarei presa una bella cotta per Styles” ha una voce più squillante di una sirena dell’ambulanza. È complicato dormire con lei che blatera a non finire”
Dopo quel commento, a Zayn arrivò addosso un cuscino del letto di Ilenia, lanciatogli ben poco gentilmente da quest’ultima.
“E se tipo andassimo tutti a dormire ora? Mettiamo in pausa e quando ci svegliamo, se volete, ripartiamo da questo momento. Dai ragazzi, domattina, cioè… stamattina, abbiamo le prove e stasera il concerto. Diamoci una regolata”.
Liam come al solito aveva ragione, dovevamo dormire e starcene zitti, io soprattutto.
In men che non si dica partirono “le buonanotti”. Cominciò Ilenia per prima:
“Notte ragazzi!”
Rispondemmo in coro, come al solito.
“Notte Nena!”
Niall si girò su un fianco e augurò la buonanotte a uno a caso del gruppo, come spesso faceva:
“Notte Liam!”
“Buona notte anche a te Niall! Sogni d’oro anche a voi Louis e Harry”
“NOTTE!”
Rispondemmo noi due contemporaneamente.
“Buonanotte adorabile Styles”
Cercai di non ridere per non rovinare l’atmosfera tranquilla.
“Buonanotte mio dolce Louis e buona notte di nuovo a Zayn. E anche a te Niall”
Niall rispose già mezzo addormentato:
“Buonanotte anche a voi”
“BASTA! DORMITE ACCIDENTI! BUONA NOTTE A TUTTI E PACE”
Dopo una risata di gruppo finale a causa della buonanotte esaspera di Zayn, lentamente, uno ad uno chiudemmo gli occhi e finalmente ci addormentammo.
Fino a un secondo prima di prendere sonno continuò a girarmi per la testa il pensiero di poco prima: “Mi piace sul serio. E ORA?”.



Ehm... ciao.
Okay, sono in ritardo di due mesi e questo capitolo fa pena, ma tu che stai leggendo: perdomami çç
Volevo postare prima ma non ci sono riuscita, è due mesi che mi prendo le parole da Ilaria (@xniallsfridge) ma non ci potevo fare molto.
Visto? Ora ti ho accontentata ed è uscita una schifezza immonda *autostima: OFF*
Quindi mi scuso per il ritardo e per l'oscenità che sto per pubblicare, sicuramente tanti non seguiranno più questa FF data la mia "velocità" ad aggiornare.
Abbiate pietà.
Se continuate a seguirla, invece, vi devo un favore e tante scuse <3 Grazie mille per le recensioni dei capitoli precedenti
Se avete consigli, critiche o altro dite tutto. Accetto anche cose del tipo: "Mangia questo scempio di FF, la penna e poi estinguiti"
non vi ascolterò e continuerò ad aggiornare la FF perchè mi piace scrivere questa storia, però siete liberi di dirmelo.
A questo punto vi saluto perchè è tardi, grazie ancora se continuate a seguire la storia di Nena e Harry
BUONA PASQUA A TUTTE <3

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