Appetite for Destruction

di Snafu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome to the Jungle ***
Capitolo 2: *** It's so easy ***
Capitolo 3: *** Nightrain. ***
Capitolo 4: *** Out ta get me ***
Capitolo 5: *** Mr.Brownstone ***
Capitolo 6: *** Paradise City. ***
Capitolo 7: *** My Michelle. ***
Capitolo 8: *** Think about you. ***
Capitolo 9: *** Sweet Child o' Mine. ***
Capitolo 10: *** You're crazy. ***
Capitolo 11: *** Anything goes. ***
Capitolo 12: *** Rocket Queen (Part I). ***
Capitolo 13: *** Rocket Queen (Part II). ***



Capitolo 1
*** Welcome to the Jungle ***



Appetite for Destruction

Capitolo I – Welcome to the Jungle



Le vie di Los Angeles erano sempre affollate, ma la vigilia di Natale la situazione precipitava quasi nel caos. Le due figure alte, slanciate, forse troppo magre, dai profili simili e anonimi, camminavano in mezzo alla massa con qualche borsa per le mani. Una di loro, la più bassa, accese una sigaretta e iniziò a fumarla con il suo bocchino. Nonostante l’eleganza e il lusso ostentati, le due non sembravano affatto un paio di ricche rampolle di qualche famiglia nel settore dei tavoli verdi.
Sembravano piuttosto due prostitute viziate.


We are the people that can find
whatever you may need.
If you got the money, honey,
we got your disease...
in the jungle.


Kensy, la donna dai capelli lisci e corvini, tanto scuri da sembrare pece nella parte superiore, che sfumavano in un leggero blu elettrico verso le punte, tamburellò le unghie lunghe e colorate contro una vetrina di abiti da sera.
«Insomma, non mi hai ancora detto che cosa hai deciso...»
Lo sguardo trasudava aspettativa da tutti i pori, e anche un certo terrore, come se da quella risposta fosse dipeso l’esito di chissà quale importante trattativa.
«È ok, amica mia» blaterò l’altra, emettendo una fumata bianca dalle labbra aride, il cui rossetto era oramai tutto sul bocchino «Verrò con te per capodanno. Quel tipo ha insistito così tanto...»
«Quel tipo si chiama Izzy» sbuffò seccata la mora.
«Fa lo stesso...»
«La droga si sta bruciando tutti i tuoi neuroni, te ne rendi conto?»
«E la tua apprensione si sta bruciando tutta la mia pazienza...»
Audrey, la bionda, le espirò il fumo in faccia. Sapeva che l’amica odiava quel gesto tanto quanto lei odiava il fatto che si preoccupasse per la sua salute. Kensy sorvolò, sapendo bene che aveva bisogno della sua presenza durante la serata di capodanno. Ci sarebbero stati, sì, proprio i Guns n’ Roses, che le due avevano conosciuto durante un altro evento e che non avevano mancato di accalappiare. La mora rabbrividì pensando a Duff che le ammiccava.
Audrey, dal canto suo, non si curava molto di quello che le capitava sotto tiro, in qualsiasi ambito: non importava se l'uomo con cui andava a letto era biondo o moro, cosa le iniettassero, se era all’altezza del polso, sul collo, a destra, a sinistra, cosa fumasse o sniffasse. Aveva perso il gusto e semplicemente si accontentava di andare avanti a tentativi.
Toccò le punte sfibrate dei capelli ormai bianchi, tanto erano stati tinti e ritinti e ancora ossigenati, e si accorse delle braccia esteticamente inguardabili per la sequenza di buchi lungo la linea della vena.
«Amica, temo che avrò bisogno di un abito a maniche lunghe.»


You can taste the bright lights,
but you won't get them for free
in the jungle.


Appena entrate alla festa la situazione era già quasi degenerata. Da notare che era iniziata da appena trenta minuti. Si guardarono intorno e Duff McKagan le adocchiò immediatamente. Dopo pochi secondi era di fronte a loro, avendo evidentemente abbandonato le sue attività ricreative avviate con l’amico Slash.
«Ehi ragazze. Non vi avevo viste, altrimenti sarei venuto prima!» si scusò.
«Non ti saresti comunque dovuto scomodare, fidati!» rispose acidamente Audrey. Adorava la coca, di quei posti, e odiava tutto il resto. Cercò di sforzarsi di essere cordiale perché era lì per l’amica e indossò il suo peggior sorriso.
«Beh, per te forse no…» alluse il bassista, e si girò a guardare la mora.
La bionda si eclissò, lasciando Kensy da sola. Fine della solidarietà.
L’altra era lusingata del fatto che un tipo come Duff si interessasse a lei quando c’erano tutte quelle ragazze più o meno belle e coscienti che gli ronzavano intorno, però sapeva benissimo che quelle situazioni erano pericolose e potevano degenerare molto più rapidamente di quanto si potesse immaginare, così, mentre il bassista era impegnato a respingere una “allegra” ragazza rossa, la mora riuscì ad allontanarsi.
Kensy si guardò intorno, cercando di sfuggire sguardi di persone potenzialmente pericolose (vale a dire di chiunque) fino a che non riuscì a identificare la persona più innocua presente alla festa. E chi l’avrebbe mai detto, quella persona era proprio Steven Adler, batterista dei Guns n’ Roses, biondo tinto poco meno della sua cara amica che a quanto pare era scomparsa, e aveva pensato bene di non farlo da sola.
«Steve!» strillò, fingendosi estremamente entusiasta di vederlo. Quasi tutti lo chiamavano Popcorn, ma a Kensy non piaceva. Lui aveva un nome e lei l’avrebbe usato.
«Ciao!» rispose lui.
«Portami da qualche altra parte che non sia questo salone» ordinò.
«Il peccato sembra volersi tenere lontano da te, ragazza... e a quanto pare anche da me, neanche avessi la sifilide, stasera non mi si fila nessuno, andiamo, l’uscita è di là...»

Watch it bring you to your knees.



Dopo aver tirato una dose inverosimile di qualsiasi cosa fosse loro capitato sotto naso e dopo aver provato la terribile esperienza di aver sniffato arachidi sbriciolate dagli stivali di Slash senza riuscire a lamentarsi, Izzy e Audrey avevano lasciato che l’ingrediente segreto del chitarrista riccioluto mandasse loro in visibilio (come se tutto il resto fosse stato del tutto inutile) e avevano iniziano a sbattersi a vicenda tra una parete e l’altra del corridoio per tenersi in piedi, fino a giungere in un ripostiglio per le scope, diventato il loro, per così dire nido d’amore.


Welcome to the jungle!
Feel my... my... my... my serpentine. Oh.
I... I wanna hear you scream!


«Dov’è la tua amica psicopatica?» chiese Steven ridendo. La cosa risultò divertente visto il pulpito da cui veniva la predica. La pazzia sapeva essere una cosa affascinante.
«Non ne ho la più pallida idea. All’entrata mi ha intercettata Duff e lei è praticamente evaporata... potrebbe essere dappertutto, qui può trovare tutto quello che rientra nei suoi interessi principali, dopotutto...» sospirò sconsolata lei.
«Che sarebbero?»
«Uomini e droga» spiegò puntualissima.
«Aaaah. Beh, girovaghiamo e magari la troviamo...»
Continuarono a chiacchierare mentre passeggiavano, evitando le persone che ogni tanto bloccavano la loro traiettoria. A un certo punto si fermarono perché da uno sgabuzzino provenivano dei rumori sospetti, cioè, non proprio sospetti, si capiva benissimo che cosa stesse succedendo al suo interno, solo che i due si chiesero, non senza giusta motivazione, chi potesse essere così spostato da consumare così spudoratamente e, diciamocelo, rumorosamente, nel corridoio di un albergo. Steven, da uomo forte e maturo, si fece coraggio e, con un colpetto del piede, lasciò che la porta si aprisse.
«Quella non...?» tentò, aguzzando la vista. Aveva chiaramente riconosciuto il suo collega, inconfondibile nello stile di corteggiamento, ma il volto della donna era nascosto e capì di chi si trattasse solo guardando Kensy.
I due amanti erano praticamente ancora completamente vestiti (evidentemente per non perdere tempo o per non prendere freddo) e se ne stavano abbarbicati contro uno scaffale da cui erano caduti diversi fustini di detersivo. Non si curarono molto dell’intrusione nella loro ‘privacy’ o forse proprio non se ne accorsero.
«Ma porca merda, andate in un posto in cui nessuno possa vedervi o sentirvi perlomeno!» gridò il batterista, ancora fermo sulla porta, cercando di assumere il controllo della situazione per levare tutti dall’imbarazzo. Il chitarrista si voltò appena:
«Popcorn? Credevo che la vista di certe cose più che shockarti, ti eccitasse...»
«Vaffanculo Izzy.»
Kensy non disse niente, non aveva la forza per ribattere, era troppo... non sconvolta, ma disgustata dall’accaduto.
«Però... devi ammettere che stasera Izzy e Audrey formano una bella coppia, eh!» esclamò Steven. La moretta non riusciva mai a distinguere quando fosse ubriaco o sobrio, alle volte faceva dei discorsi che proprio non stavano né in cielo né in terra e, seppur ammettendo che non sapeva della cotta che Kensy aveva per Izzy, avrebbe potuto stare zitto e portare avanti quella lunga fase di silenzio imbarazzante dovuta al fatto di aver appena visto due dei propri più cari amici imbastire il set di un film porno nello sgabuzzino delle donne delle pulizie, vale a dire, vederli copulare mentre i due amici stavano tranquillamente passeggiando per sfuggire al caos del festino senza nessuna intenzione di appartarsi. Nessuno di loro pensò a giustificarsi con gli altri due per il fatto che si trovassero da soli a camminare e parlare come una coppietta, prima cosa perché essenzialmente coloro che stavano facendo la cosa più sconvolgente erano Izzy e Audrey, secondo perché probabilmente agli altri due non interessava affatto.
«Senti, vuoi che ti mandi a ‘fanculo ora o quando avrai detto la cazzata?» replicò Kensy, piuttosto nervosa.
«Ma dai, sono strafatti, che ti aspettavi? Era inevitabile che sarebbe successo... e poi nel magazzino delle scope... si scopa...»
-Beh allora la mia migliore amica avrebbe potuto farsi qualunque altro essere vivente in questo albergo, ma evitare di fare un torto a me- pensò la mora, poi parlò ad alta voce:
«Mi aspettavo che tu dicessi che è perché entrambi i loro nomi finiscono per ipsilon!»
«Ah, anche, hai ragione!»
«Vaffanculo, Steve.»
«Credo che andrò a farmi. Dicono che Slash stia dispensando roba di prima qualità perché gli è passata la voglia di sniffare...»
«Bene, allora ci vediamo poi... se sopravvivi.» Perché la sua migliore amica avrebbe dovuto andare a letto con il tipo che si presumeva le interessasse? Ok, era plausibile che Audrey non fosse da tempo più intellettualmente capace di distinguere gli ‘oggetti’ che venivano inseriti nel suo corpo e soprattutto da chi fossero inseriti, e magari non aveva neanche notato la particolare sfumatura che prendeva la voce di Kensy quando pronunciava il nome Izzy. Però... però...



Welcome to the jungle:
it gets worse here everyday.
You learn to live like an animal
in the jungle where we play.
If you got a hunger for what you see,
you'll take it eventually.
You can have anything you want,

but you better not take it from me.

I'm gonna watch you bleed.






Questa storia è © la Cath feat. B.
Desclaimers: i Guns n’ Roses non ci appartengono. Le loro canzoni neanche. Audrey e Kensy sono nostri personaggi. Tutto questo non è mai accaduto.
Speriamo che la lettura sia stata e sarà di vostro gradimento e ogni commento, suggerimento, correzione, parere da parte vostra sarà sempre ben accetto, non abbiamo mai mangiato nessuno, Cath è anche vegetariana, sicché state traquilli/e. (:
B.&C.

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Capitolo 2
*** It's so easy ***



Appetite for Destruction

Capitolo II – It’s so easy



«Buongiorno e buon capodanno!»
In realtà erano le sette di sera oramai, ma a giudicare dal tono di voce che Kensy aveva colto dall’altro capo della cornetta, Audrey non aveva visto la luce del primo giorno dell’anno.
«Buongiorno sorella» rispose la bionda dall’altro capo. Per fortuna il telefono aveva squillato o non si sarebbe svegliata in tempo per prepararsi: aspettava visite.
«Ti ho svegliata?» domandò la mora.
«No, tranquilla!»
«Allora, com’è andata ieri sera?» tentò, decidendo di seppellire l’ascia di guerra, conscia che, qualsiasi cosa fosse passata per la testa dell’amica la sera prima non fosse stata intenzionale.
«Mah, non lo so, io... non mi ricordo molto...» Audrey fece la vaga mentre si passava una salvietta struccante per dare una pulita al viso senza dare dell’occhio, anzi, dell’orecchio all’amica, poi iniziò a truccarsi.
«Mi fa piacere!» sghignazzò.
«C’era quel tipo afro con la tuba, Fresh, Flash? Com’è che si chiama?» domandò, mentre passava l’eye liner sulla palpebra, rendendosi conto di aver sbaffato.
-Merda!-
«Slash, Audrey, si chiama Slash...»
«Ah, sì giusto, Splash... grazie, alle volte proprio non riesco a ricordare...»
Kensy si massaggiò le tempie con disperazione.
«Mi domando perché...»
«Sì insomma, quell’amico di Izzy ci ha fatto sniffare della roba tremenda, mi frizza ancora tutto il naso... e tu?»
«Duff mi è stato incollato come un francobollo per buona parte della sera, poi sono andata a fare due passi con Steven. In pratica meno male che l’anno è finito, spero che ricominci nel migliore dei modi...»
«E brava la mia Kensy, due in una sera, stai diventando una brava groupie, sono fiera di te!» si complimentò la bionda finta, spruzzando profumo dappertutto e cercando di rifare il letto in tempo record.
«Ma se non ho concluso niente!» si lamentò l’altra, poi propose «Mangiamo un sandwich fuori per cena?»
«Mi piacerebbe davvero, ma sono a dieta stretta, non so se hai notato che ho messo su un chilo durante le feste»
La mora pensò che nella testa della bionda qualcosa davvero non andasse: sul fatto che fosse tossica non ci pioveva, ma era un metro e settanta per cinquanta chili! In quell’esatto momento il campanello suonò e Kensy lo sentì.
-Merda, merda, merda!!- Audrey rovesciò gli abiti della sera prima dal suo corpo al cesto dei panni sporchi e si cambiò, sforzandosi di trovare gli indumenti intimi più arrapanti e il vestito più carino che avesse nell’armadio.
«Insalata?» tentò l’amica, mentre lei si precipitava alla porta con una scarpa sì e una no, sempre che il tacco dodici fosse di qualche utilità per stare in casa.
«Scusa un attimo Kensy, arrivo subito» la biondina appoggiò il cordless alla scrivania che, per la verità, nel suo appartamento non aveva ragione di esistere, e salutò con caldo affetto il suo ospite.
«Finalmente!» esclamò la voce maschile che la mora riuscì solo a riconoscere parzialmente. Scongiurando di essersi sbagliata. «Credevo che tu avessi iniziato senza di me» rise con quel suono cristallino, inequivocabile.
Kensy credette di essere a un passo da rimettere al telefono: era tentata di attaccare, ma sarebbe passata forse solo da stupida. Udì distintamente il rumore di labbra e lingue, risolini soffocati, poi la voce dell’amica farsi più forte e scusarsi momentaneamente, invitando l’altro ad accomodarsi.
«Scusami, dicevamo?» Audrey tentò, per come era possibile, e nel limite delle sue scarse capacità, di riprendere il controllo della situazione.
«Dicevamo di andare a cena fuori, ma credo tu abbia ospiti» tagliò l’altra.
«Domani è ok, però, eh mi, devo vedermi, insomma, c’è... Izzy! Piantala subito! Ti ho detto di darmi un momento che sono al telefono!» si lamentò. La mano di Kensy tremò sulla cornetta. «Scusa, questi uomini pare proprio che non riescano a tenerlo nei pantaloni per più di dieci minuti... sai che intendo... domani devi raccontarmi delle tue conquiste... per pranzo sono tua, promesso!»
Come ogni essere umano debole, che cerca di non mostrare la sua fragilità purtroppo palese, la ragazza rimase un attimo in silenzio e in quell’unico istante nella testa iniziò a frullarle un’infinità di pensieri, alcuni a sproposito, altri con Izzy e Audrey all’altare, altri ancora più drammatici che la vedevano rilegata a Steven per il resto della sua vita. Ma poi perché proprio quello stupido di Steven Adler?
«Da quando ti ricordi il suo nome?» domandò, un po’ acida, mascherando il suo tono benissimo, visto che l’altra era in una fase di transizione tra la botta della mattina e quella della sera che stava per arrivare.
«Beh, stiamo insieme, perché non dovrei?»
Se qualcosa nella testa di Audrey non andava, adesso aveva trovato il modo di essere in buona compagnia: aveva appena pestato a sangue il cuore di Kensy.
«Ah.»
«Wow, grazie per le vive congratulazioni amica!»
«Beh, come facevo a fartele se non me lo avevi detto? Sono io che dovrei ringraziarti con quel tono sarcastico!» improvvisò.
«Adesso te l’ho detto!»
«Sei incinta?» domandò Kensy a bruciapelo, da un lato augurandosi che l’interesse di Izzy fosse perlomeno dovuto a qualcosa di concreto, dall’altro sperando che non fosse così altrimenti avrebbe dovuto trovare qualcun altro di cui innamorarsi a tutti i costi.
«No, cioè, non credo, perché?»
«No, così...»
«Non mi hai ancora fatto le congratulazioni...» sbuffò Audrey.
«Fottiti.» e detto questo attaccò la cornetta all’apparecchio.


You think you’re so cool,
why don’t you just...
fuck off?


Respirò tre secondi, il tempo di valutare se la macchinazione che aveva fatto era corretta o no, leale o no, poi si ricordò che nessuno aveva usato i guanti di velluto con lei, fino a quel momento, e allora lo fece. Compose rapidamente il numero sull’apparecchio. La voce che rispose era squillante ed energica, infatti non era colui con cui voleva parlare:
«Buongiorno. Risponde la segreteria telefonica di Duff. Al momento sto navigando nel vomito quindi vi prego di richiamare più tardi.»
«Steve passami Duff» tagliò lei.
«Buongiorno Kensy!» esclamò lui.
«Sei già fatto il primo giorno dell’anno per essere così allegro? Su, passamelo!»
«Vorrei, davvero, ma è meglio di no, ha ancora i postumi della sbornia e stiamo navigando nel suo vomito nel tentativo di ripulire casa...»
«Passamelo, a costo di farlo venire in canotto, sono stata chiara?»
«Sì, padrona. Duuuuuuffffff?»
«Non urlare razza di idiota mi scoppia la testa!» si sentì strillare nel sottofondo tutto d’un fiato.
«Pronto?» disse la voce cupa e sperduta, un po’ scoglionata.
«Senti, ci ho ripensato, che fai oggi pomeriggio?»


I see your ‘sister’ in her Sunday dress:
she’s out to please,
she pouts her best,
she’s out to take
no need to try,
she’s ready to make...


«Chi ha un appuntamento con una modella strafiga da paura?» Duff si girò piuttosto soddisfatto verso il compare batterista, con tutto l’intento di vantarsi, e una gran fitta alla testa lo fece quasi cadere.
«Ehi, amico, non capirai mai, mentre ero al telefono ho avuto un’allucinazione» rispose Popcorn, che già pareva sapere come il tutto sarebbe andato a finire.
«Devi smetterla di guardare telefilm di quarta categoria...»
«Ho visto Kensy e la sua amica psicopatica che ballavano il tango nude e sai che cantavano? Cantavano ‘It’s so Izzy, Izzy, when everybody’s trying to please me, baby.’. Non credo che sia normale...»
«Certo che non lo è...»


It’s so easy, easy,
when everybody’s trying to please me, baby.
It’s so easy, easy,
when everybody’s trying to please me.

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Capitolo 3
*** Nightrain. ***



Appetite for Destruction

Capitolo III – Nightrain.



I smoke my cigarette with style.
And I can tell you, honey,
You can make my money tonight.
(One more time tonight.)


Sentiva il ricordo delle sue labbra bruciare dappertutto, il tocco delle sue mani accarezzare ancora ogni parte del suo corpo con dolcezza e decisione, le sue parole confuse confondersi con la confusione che aveva in testa. Il sonno era irrequieto, il ricordo vivido tanto quanto reale, il piacere ancora vicino, il trasporto emotivo invece troppo lontano. Ogni volta Audrey si ritrovava a ricordare il sesso che faceva come un’allucinazione.
Era una cosa terribile.


I’m on the nightrain
and I’m looking for some...
I’m on the nightrain
So I can leave this slum
I’m on the nightrain
and I’m ready to crash and burn.


Kensy era pronta per uscire, stava solo aspettando Duff che aveva deciso di fare il gentiluomo e di andarla a prendere. Ovviamente era in ritardo. Di dieci minuti… per il momento.
Con circa mezz’ora di ritardo il suo cavaliere suonò alla porta:
«Scusami dolcezza. Suonavamo.» E per non perdere tempo le diede un bacio.
Il bassista la portò in una specie di ristorante. In realtà sembrava più una tavola calda.
«Come mai hai cambiato idea? Sembrava non ti interessassi...»
«Le cose cambiano… Ti ho guardato meglio» disse Kensy con un sorriso, sapendo benissimo che non c’era bisogno di guardare Duff due volte per capire come fosse.
«Sei sparita alla festa…»
«Sì, ho fatto due passi con Steven, poi ho assistito a uno spettacolo agghiacciante e me ne sono tornata a casa. Te cos’hai fatto di bello? Te la sei spassata con quelle due ragazze che non sapevano distinguere un bicchiere da un piatto?» Kensy stava facendo di tutto per infastidirlo, senza riuscirci.
«No. Ovvio. Ti ho cercata. Ma eri sparita. Così io e Slash abbiamo occupato il tempo giocando al piccolo chimico. Con ottimi risultati direi.»
«Sei ancora vivo, quindi direi che almeno un obiettivo lo hai raggiunto.»


I’ll be loaded like a freight train,
flying like an aeroplane,
feeling like a space brain...


Duff riaccompagnò Kensy a casa. Lei lo fece entrare per bere qualcosa. L’alcol in quella casa non mancava quasi mai. Preparò due bicchieri di Jack e si girò per darne uno al suo accompagnatore che era sparito.
«Duff? Dove sei?»
«In camera tua!»
La mora si avviò alla sua camera.
«Perché?»
«Così. Te eri impegnata, io ho fatto un giro...»
«Il salotto come tutte le persone normali ti faceva schifo?»
«Possibile... e poi se fossi una persona normale usciresti con me?»
Detto questo si avvicinò, prese i due bicchieri, li posò e la baciò spingendola pian piano verso il muro. Era impossibile resistere a Duff McKagan, così Kensy si lasciò andare.


Wake up late, honey, put on your clothes,
take your credit card to the liquor store:
that’s one for you and two for me by tonight.


Kensy si svegliò abbracciata a Duff con uno strano mal di testa. In genere lei non beveva molto, ma la sera prima aveva un po’ esagerato. Cercò di ricordarsi precisamente cosa fosse successo, anche se era facilmente immaginabile, visto che sotto le coperte era nuda.
Alla memoria le tornarono immagini e sensazioni: Duff che la baciava dolcemente e con desiderio, lei che lo tirava a sé, lui che la sollevava per poi sdraiarla sul letto…
Il bassista sembrò accorgersi che Kensy era sveglia, così la strinse ancora di più a sé. Poi la mora si ricordò che giorno fosse e si alzò di scatto:
«Che ore sono!»
«Non è una domanda. Comunque sono le dieci e mezzo, perché?»
«Merda! Le dieci e mezzo!!! Dovevo essere a lavoro mezz’ora fa! Perché non mi hai svegliata?»
«Avrei dovuto?»
«Lascia perdere! Alzati!»
«Devi andare a lavoro te, mica io!»
«Non per essere scortese, ma questa fino a prova contraria è casa mia. E poi scusa, ma secondo te come ci arrivo a lavoro?» intanto Kensy si stava rendendo presentabile nel minor tempo possibile.
«Non hai una macchina?»
«Ce l’avevo. Ma a una festa due tizi con il cervello in orbita me l’hanno bruciata. Ti alzi o do fuoco anche a te, così poi ho una macchina a disposizione?»

Audrey aprì gli occhi chiari, rendendosi conto delle pessime condizioni in cui si era ridotta ancora una volta. Li avrebbe richiusi nell’arco di un nanosecondo se le pupille non avessero incrociato il quadrante della sveglia di Izzy. La sua mente si sorprese solo successivamente del fatto che il chitarrista ne possedesse una e si domandò se l’orario fosse quello corretto.
-Merda!- sembrava la parola adatta al testo della colonna sonora della sua vita, ultimamente.
«Izzy» chiamò il suo, per così dire, fidanzato, scuotendolo leggermente, poi si alzò per recuperare i suoi indumenti e oggetti sparsi per la stanza. Avevano passato la sera a festeggiare il loro primo mese di fidanzamento, anche se il programma non era stato molto diverso dal solito. Il moro sembrava non dare l’idea di svegliarsi così la ragazza si chinò al suo fianco e le diede un bacio sulla fronte «Honey, io devo andare, è tardissimo, ho le prove per un servizio di domani, il fotografo mi ammazzerà e a questo giro non credo che avrò Kensy a difendermi, quindi...»
Audrey ripensò all’amica che non rispondeva al telefono da qualche tempo e si grattò la testa.
«Ma perché... che ore sono?» mugugnò il moretto con una voce talmente cavernosa che sembrava fosse uscito direttamente dall’inferno.
«Sono le otto passate.»
«Ma è stra presto...»
«Le otto di sera.»
«Cazzo, le otto di sera passate?» gridò il chitarrista, quasi spettinando la ragazza. «Dio, Axl mi ucciderà stavolta...»
«Ma Axl non è quello coi capelli rossi che sta con la sorella di non ricordo quale bassista famoso e che ha l’abitudine di presentarsi con tre ore di ritardo?» Audrey si fermò al centro della stanza con la borsa in mano per guardarlo.
«Sì, lui.»
«E allora ha poco da incazzarsi...»
Izzy intanto era rotolato giù dal letto e stava prendendo i suoi fogli e tutte le sue cose. Si mise il cappello e gli occhialini.
«Faresti meglio a vestirti...» suggerì la fidanzata, mentre infilava rapidamente le scarpe senza curarsi dei collant «Non possiamo andare avanti così, prima dobbiamo farlo e poi dobbiamo farci, altrimenti non ne usciamo, da questa situazione...»
«Niente di più vero, honey.»


I’m on the nightrain,
ready to crash and burn...
I never learn.
I’m on the nightrain!

I love that stuff!
I’m on the nightrain!
I can never get enough!
I’m on the nightrain.
Never to return – no!


Audrey inchiodò di fronte allo studio di registrazione, dove gli altri quattro membri della band stavano aspettando con fare piuttosto scoglionato.
«Beh?» domandò Izzy dal finestrino.
«Che cazzo ne so» blaterò Axl «ci sarà uno sciopero di quelli che aprono lo studio proprio oggi» terminò la frase con una bestemmia.
«Io devo andare» gli mise fretta la ragazza.
«No, no, no, no!» strillò Duff, precipitandosi al finestrino. «Senti, hai un bel po’ di ricrescita non credi?» domandò alla quasi-bionda, che lo guardò con gli occhi del demonio.
Steven allora si fece strada, tirando una fiancata al bassista e parlò per lui:
«Quello che il mio collega vuole dire è se domani mattina ti andrebbe di andare a farti la tinta con lui visto che siete tutti e due ossigenati» tradusse. Izzy aprì la portiera violentemente, quasi smusando il bassista e spostando il batterista.
«Pezzo di merda di un bassista, lei è la MIA donna, hai capito? Porca, devo vergarti a sangue? Tagliartelo? Non lo so. Sembra sempre che tu non riesca a...» Il chitarrista, che normalmente era una persona fin troppo tranquilla, perdeva la testa quando aveva un grammo in circolazione in più.
Steven intervenne di nuovo.
«No, quello che il mio stolto e ossigenato amico voleva dire... ti sto salvando il culo per la terza volta in una settimana, ricordatelo» disse per inciso, lanciando un’occhiata all’amico «è se durante l’ossigenazione puoi dargli qualche consiglio perché la sua dama è piuttosto strana negli ultimi giorni e si chiedeva se tu non sapessi qualcosa...»
«Axl, cazzo, mi vieti di farmi prima delle sessioni di studio e invece Popcorn può? Perché? Non sono forse biondo abbastanza?» si lamentò Slash e il rosso gli lanciò uno sguardo disperato.
La conversazione stava prendendo una piega inaspettata e Audrey si ritrovò piuttosto confusa.
«Sentite, domani potrebbe non esistere un’Audrey con cui andare a ossigenarsi i capelli tutti insieme allegramente se faccio altri cinque minuti di ritardo a lavoro, capite? Quindi domattina verso le nove troviamoci tutti da Taylor’s e che siano le nove perché dopo ho un servizio» detto questo diede gas e fece una decina di metri in avanti, poi ancora a retromarcia inchiodò di fronte allo studio.
«Tu non stare neanche a venire» disse, indicando Slash «il biondo ti starebbe davvero malissimo. Ah, e... Izzy, chiamami dopo le 5» e detto questo sparì.

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Capitolo 4
*** Out ta get me ***



Appetite for Destruction

Capitolo IV – Out ta get me.



«Sì, mamma, è un bravo ragazzo» … «come sarebbe a dire che hai trovato una sua foto in una rivista dove sono apparsa anch’io e ha un’aria da vero debosciato? Che rivista è?» … Audrey mise a soqquadro la libreria per trovare il numero di cui parlava la donna «Ah, ma... mamma, qui non si lavava i capelli da almeno due settimane, non fa testo questa foto! Mami! … Mami! … Mami, devo andare sono in ritardo per il lavoro! Ciao, sì anch’io ti voglio bene, ci sentiamo presto, ciao, ciao!!» la biondina scaraventò il cordless sul letto e si gettò giù per le scale. Aveva raccomandato di essere puntuali e poi ovviamente era lei a essere in ritardo, già di cinque minuti.

La scena era piuttosto divertente in sé: una delle figure stava scompostamente seduta a gambe aperte con la testa sotto il lavandino, mentre le altre due tenevano le gambe elegantemente accavallate. Sempre con lo stesso stile, si erano traslate davanti agli specchi, infine (perché no!) ai caschi della permanente.
«Mai pensato di decolorarti anche le sopracciglia Steven? No, perché sei lievemente antiestetico con quelle due striscioline che non si capisce bene...» suggerì l’altra ossigenata.
«Perché mai dovrei decolorarle? Le mie sono già belle bionde!» replicò offeso il batterista.
«Non tu, dico lui!» la ragazza indicò il ragazzo alla sua destra, snobbando quello alla sinistra.
«Io sono Duff...» si lamentò il bassista.
«Ah. Beh... tu non hai la faccia da Duff, hai piuttosto la faccia da Steven, è per questo che vi ho confusi, e poi siete identici... siete parenti?»
«Direi di no!» esclamò il primo.
«Grazie a Dio!» rincarò il secondo.
«Senti, io non ti vorrei deludere visto che ultimamente sto deludendo un po’ tutti, ma ti devo confessare che non sento Kensy da perlomeno un paio di settimane visto che quando sente me al telefono non risponde e dopo un po’ ho direttamente rinunciato a provarci visto che la bolletta la pago io. Infatti non sapevo che voi due insomma, non lo so, cos’è, state insieme?»
«Ma che ne so io! Non si capisce... sembra che stia con me solo per il mio corpo!» esclamò Duff.
Steven e Audrey si girarono contemporaneamente verso di lui.
«Ho bisogno di una canna se voglio affrontare questa conversazione...»


I lose my head,
I close my eyes...
They won’t touch me.
‘Cause I got something...
I’ve been building up inside
for so fucking long.


Kensy si presentò in sala prove dai ragazzi dopo il lavoro… a dire la verità dopo qualsiasi attività che una persona potesse mai fare escluso dormire, visto che era quasi l’una. Duff le aveva chiesto di passare rassicurandola sull’assenza di Audrey e raccomandandosi di non arrivare prima di mezzanotte perché non ci sarebbero stati.
«Ehi, groupie!!» urlò Steven dal fondo della stanza.
«Steve, chiamami un’altra volta così e ti spezzo le tibie con il tacco!» rispose a tono Kensy.
«E io ti faccio sparire altri pezzi di batteria, se non la smetti!!» rincarò la dose Duff.
A quel punto il batterista si zittì e iniziò a bere direttamente dalla bottiglia di vodka.
Fu in quel momento, quando il silenzio fu sceso, che tutti sentirono uno strano rumore.
Guardarono alle spalle della morettina, oltre la porta a vetri. Audrey stava camminando sconnessamente verso di lei, senza neanche averla notata. Ubriaca come era sbatté in pieno contro la porta trasparente e cadde a terra.
«Oh, merda» disse Izzy, correndole incontro.
«Certo fra tutti siete messi bene a fidanzate, eh.» commentò Axl pungente «Te con questa schizzata che si arrabbia per qualunque cosa, quell’altro con la cocainomane ubriacona...»
«Lascia in pace...» esordirono Duff e Izzy contemporaneamente, rinunciando a finire la frase.
Kensy ignorò quella parte della conversazione: era troppo presa a vedere Audrey in condizioni pietose che si alzava con l’aiuto del suo fidanzato. Ci fu uno scambio occhiate, la bionda si ritrasse, quasi nascondendosi dietro il chitarrista. C’era paura nei suoi occhi, ma anche dispiacere, incomprensione. E Kensy la odiò per quella presa di posizione così da vittima, che alla fin fine non le si addiceva per niente.
«Beh... io...» esordì sussurrando nell’orecchio del fidanzato «sono passata a salutarti...»
«Ah, quindi vai via?» domandò Izzy.
«Ehm, sì... devo... fare il bucato...» nessuno si stupì all’udire una risposta del genere «sono solo passata a salutarti» ripeté nervosamente, avvicinandosi sempre di più alla rampa di scale.
«Ti accompagno, aspetta...» disse il chitarrista.
«Da quanto avete iniziato?» domandò Kensy, sforzandosi di distrarsi dal pensiero ingombrante dei due.
«Da quando Slash è rinvenuto... quindi saranno venti minuti... circa... facciamo dieci...» rispose Axl.
«Venti o dieci?»
«Axl vuole dire venti minuti che siamo qui, ma dieci effettivi perché stiamo bevendo e fumando a intervalli alterni» intervenne Izzy, appena rientrato.
«L’hai mandata a casa in auto?» domandò Popcorn allibito. Kensy fu contenta che fosse stato Steven a parlare, perché infondo infondo era un po’ preoccupata anche lei.
«No, le ho chiamato un taxi ovviamente» rispose il moro.
«Bene… Quando smettete?» continuò lei, cercando di non far capire che il fatto che Izzy le avesse parlato l’avesse turbata… anche se non sapeva dire con precisione se era perché stava con la sua ex migliore amica o se perché le aveva semplicemente rivolto la parola, cosa che faceva raramente.
«Quando abbiamo finito» e con questo Axl chiuse la discussione, scortesemente, come sempre.


And everytime you think you know just what you’re doing...
that’s when your troubles exceed.


Kensy si accomodò sul divano più pulito della stanza e guardò i ragazzi provare. Il suo sguardo passava da Duff, alto, sexy e dolce, a Izzy, che non aveva forse nessuna delle qualità estetiche del suo collega bassista, ma che lei trovava quasi più affascinante e sicuramente più misterioso del biondo. A questo punto diventava addirittura difficile scegliere.
Al sorgere del sole tutti più o meno ubriachi o fatti smisero di provare e Duff tornò a casa con la ragazza.
«Dolcezza… mi ha fatto piacere che sei venuta stasera...»
«Ha fatto piacere anche a me… ma Axl è sempre così? Perché finisce che due pedate nelle tibie le do anche a lui oltre che a Steve!»
«No, niente pedate ad Axl che poi te le rende! Provo a parlarci io, ok?» Kensy acconsentì, poi il bassista continuò «Io e te stiamo insieme quindi!»
«Devo rispondere?» chiese la morettina.
«Certo, era una domanda!» esclamò l’altro.
Kensy scoppiò a ridere:
«Duff, capisco che tu sia un attimino ubriaco… ma non ti sembra che una domanda abbia bisogno di un punto interrogativo?» la ragazza si fermò per ridere ancora, poi continuò «Comunque, sì, stiamo insieme.»
Detto questo si avviò in camera da letto per andare finalmente a dormire.
Duff la seguì:
«Quindi posso venire a vivere qui?»
«No, però stasera puoi rimanere se vuoi. E prima di venire a dormire togliti gli stivali e la maglietta che puzzi di ubriaco...»
«Se vuoi mi tolgo anche i pantaloni…»
«Magari quando ci svegliamo che ora sei troppo sbronzo e magari ti addormenti durante l’atto!»


Sometimes it’s easy to forget where you’re going,


L’appartamento era immerso in una cappa di incenso alla Cannabis e di fumo di canna vera e propria. Audrey inalava, stesa sul letto, fissando il soffitto. C’era qualcosa di affascinante in quel susseguirsi di vernice bianca, qualcosa di estremamente psichedelico, soprattutto se hai appena tirato due strisce... e Audrey le due strisce le aveva tirate.
Figuriamoci se se le faceva mancare.
La sua mente iniziò a rammaricarsi del fatto che Kensy la odiasse così tanto, e soprattutto del fatto che lei ne ignorasse completamente il motivo. Probabilmente la tipa dai capelli blu aveva ragione: stava perdendo il controllo su tutto. Era troppo fatta per riuscire a gestire rapporti di coppia, di amicizia, per gestire il sesso, la droga, il lavoro. Forse era troppo fatta anche per sopravvivere un altro mese.
Qualcuno suonò alla porta e lei si trascinò come uno zombie fino all’ingresso con una torcia in mano, per la sola pigrizia di non accendere la luce, o perché era troppo sbroccata, per attivare quell’interruttore che nella sua testa avrebbe anche potuto causare una serie di esplosioni a catena.
«Izzy?» domandò, dopo aver aperto la porta e visto chi si celava alle sue spalle.
«Beh, aspettavi qualcun altro?» rise lui, togliendosi gli occhiali da sole in stile John Lennon. Le diede un bacio. Entrò nell’appartamento, nonostante la sua fidanzata stesse praticamente impalata di fronte alla porta e iniziò a tossire. «Hai dato fuoco a qualcosa? Ommioddio c’è una cappa assurda qua dentro...» detto questo la prese per mano e la trascinò fino al salotto. «Ti ho portato una sorpresa...» esordì.
«Senti, puoi ripassare un’altra volta?» domandò lei a bruciapelo.
«Che hai detto?» chiese lui con ironia.
«Sono un attimo scoppiata adesso e non mi va che tu mi veda così... quindi se torni un’altra volta è meglio.»
«Aspetta un attimo, sei talmente sbroccata che non ti ricordi che di solito ci sfasciamo insieme? E che quando ci siamo conosciuti eravamo entrambi in condizioni peggiori di quelle in cui ti trovi tu adesso?»
«Beh, non è divertente, per niente. Dovremmo fondare la nostra relazione su qualcosa di stabile, non sul fatto che siamo entrambi due spostati...»
«Credevo che ti andasse bene...»
«No, non mi va bene, non mi va bene un cazzo! E ora vattene!»
Izzy capì che la sua biondina stava avendo un attacco isterico quando la modella iniziò a staccare tutti i quadri e le foto dalle pareti per gettarli in terra con inaudita violenza.
«Mi stai cacciando?» domandò il chitarrista.
«No, non ti sto cacciando, ti sto lasciando! Non farti più vedere!»


Sometimes it's harder to leave.

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Capitolo 5
*** Mr.Brownstone ***



Appetite for Destruction

Capitolo V – Mr. Brownstone.



Izzy camminava nervosamente avanti e indietro l’ingresso della grande villa bianca. Era stato a casa di Audrey poco prima, ma non l’aveva trovata. Allora il portiere, un ometto anziano, sulla settantina, gli aveva gentilmente spiegato che si era fatta ricoverare in una casa di riabilitazione.
Faceva sul serio, allora.
Il chitarrista, però, non aveva il coraggio di entrare... chissà da quanto stava passeggiando là fuori. In un impeto di baldanza entrò e chiese di lei.
Lo fecero camminare per una serie di corridoi bianchi, con porte bianche con scritti numeri in bianco, in rilievo. Lì per lì credette di essere in un’allucinazione. Poi quando lo introdussero nella stanza e vide Audrey fare dei disegnini su un foglio, si dovette ricredere.
Era piuttosto bella, nonostante fosse senza trucco e non indossasse niente di particolarmente provocante.


I used to do a little but a little wouldn’t do,
so the little got more and more...
I just keep trying to get a little better
said a little better than before.


«I-Izzy!» esclamò lei, sorpresa, saltandogli al collo.
«Ti ho portato... dei fiori...» esordì lui, porgendole un piccolo mazzolino composto da fiori casuali scelti piuttosto in base al colore.
I due si scambiarono uno sguardo sorpreso e lei lo ringraziò con un bacio sulle labbra.
«Grazie, un pensiero davvero carino!» rispose Audrey. Poi gettò fuori dalla finestra il mazzolino che di solito è di corredo in ogni stanza di una clinica e mise nel piccolo vaso quelli che le aveva portato il chitarrista.
-Sarebbero stati meglio dei libri, qui la noia mi ammazza, ma che facevo di solito nella vita tutto il giorno?- pensò, terrorizzata all’idea della risposta a quella domanda -Magari... magari ha qualcosa di interessante con sé...-
«Senti, mi dispiace per quello che ti ho detto l’altra volta... ero un po’... lo sai... e... non voglio che sia così tra me e te, cioè... non voglio essere io così e non voglio che tu mi veda così... magari, se riusciamo...» la biondina si scusò e si sedette sul letto cercando di riorganizzare le idee. Non si ricordava più che cosa gli volesse dire.
«Honey, ma io posso aiutarti... possiamo farcela insieme...» la incoraggiò il chitarrista, dopo essersi seduto accanto a lei. Audrey apprezzò.
Si scambiarono un altro bacio, la cosa era sospettosamente pulita. C’era qualcosa negli occhi di Izzy, smaniosi di desiderio e traboccanti di passione, a cui lei non avrebbe mai potuto dire di no. O, dopotutto, voluto direi di no. Quell’energia che si scatenò dalla loro unione, presto divenne una forza incontrollabile, come al solito. Sospiri soffocati di piacere si diffondevano in spirali per la stanza... ed erano solo all’inizio.
«L-la porta è chiusa?» domandò Izzy, lasciando che la ragazza si distendesse sotto di lui. Non che gli importasse davvero. L’avevano fatto in luoghi al di fuori dell’indecenza, però una parvenza di interesse non guastava mai.
«Direi di sì...»

Duff entrò a casa di Kensy sbatacchiando la porta. La ragazza si affacciò dalla cucina dove stava provando a preparare la cena, visto che era una cuoca pessima.
«McKagan! La porta è mia! Se la vuoi rompere spero tu abbia un buon motivo!» strillò.
«Oggi Axl non si è presentato alle prove, l’abbiamo chiamato e ovviamente non ha risposto. Abbiamo provato un po’, dopodiché io e Slash abbiamo iniziato a bere per ammazzare il tempo...» spiegò il bassista.
«Anche un po’ per ammazzare il fegato…» commentò lei, inarcando un sopracciglio.
«Vuoi fare la pignola?! Ah, e sembra che Izzy e Audrey abbiano rotto. Si dice che sia stata lei...» disse Duff apparentemente disinteressato dalla notizia.
La notizia turbò Kensy molto più di quanto lei si aspettasse. Si stava affezionando a Duff, ma Izzy era sempre nei suoi pensieri. Ora lui si era lasciato, quindi potenzialmente libero e lei avrebbe potuto lasciare il bassista in previsione di qualcosa con il chitarrista. Cosa ne pensasse Audrey, non le importava.
«A cosa pensi, tesoro?» domandò il ragazzo ossigenato.
«Niente. Mangia e poi esci.» rispose lei.
«Ma... come?! Non ho niente da fare fuori! Perché?»


I get up around seven
Get outta bed around nine...


«Senti, oggi sono di festa a lavoro e non ho voglia di fare niente, proprio nel vero senso della parola… voglio sembrare un orso in letargo o un bradipo sull’orlo della morte!» spiegò Kensy.
«In pratica qualcosa di molto sexy...» disse il bassista sarcastico.
«Non ti ho chiesto di partecipare alla mia giornata di relax, ti ho chiesto di andare via!»
A quel punto Duff non poté fare altro che obbedire. Mangiò velocemente e uscì.
-Beh perlomeno ho trovato un modo per ammazzare il tempo, se mi viene a trovare tutti i giorni...- pensò Audrey, mentre lei e Izzy si stavano rivestendo.
«Sono felice di vederti... così...» disse il chitarrista.
«Mi fa piacere,» sorrise lei «non voglio che tu ti ricordi più della vecchia Aud, quella schizzata, fumata, drogata e quasi sempre ubriaca...»
«Non era male, però!» gli fece l’occhiolino lui.
«La nuova che arriverà presto sarà ancora meglio, te lo prometto. Voglio che tu trovi qualcosa da amare in me, proprio come io amo te... lo so che è il momento sbagliato per dirtelo, però... meglio tardi che mai» la biondina faceva un po’ di fatica a fare frasi lunghe e complesse. Non era abituata all’uso della parola connesso al pensiero. Ma ce la stava mettendo tutta.
Nell’arco di un secondo, Izzy vide Audrey tirarsi uno schiaffo da sola.
-Porca merdaccia, sono qua dentro per smettere.- pensò lei.
«Stai bene?» domandò lui, avvicinandosi.
«Sì, cioè, no, sai, questo è già il secondo giorno senza e... cazzo, non hai niente da fumare?» chiese lei, con fare quasi supplicante.
«Beh, no, cioè, sì, ho le sigarette... credevo che prima di entrare qui mi avrebbero perquisito, quindi...» tentò di spiegare il chitarrista.
«Merda...» borbottò lei.
«Cazzo, stai per avere una crisi di astinenza!» gridò Izzy, in preda al panico.
«Non è vero! Tu non hai fiducia, in me, vaffanculo!» obiettò lei, sbattendo una mano sul tavolo.
«C-certo che ce l’ho!» replicò lui.
«Vaffanculo! Vaffanculo tu non credi a una singola parola di quello che ti ho detto! Tu pensi che io non ce la farò mai!» strillò Audrey, scaraventandosi sul piede il vaso di fiori per cercare di concentrarsi su qualcos’altro.
A quel punto arrivarono i medici, e fecero allontanare Izzy.
«È una crisi di astinenza, non si preoccupi, le passerà... però forse adesso è meglio se se ne va.»
E mentre usciva dal viale principale, il chitarrista, vide l’(ex) fidanzata, affacciata pericolosamente alla finestra con un paio di infermieri al seguito, che gli gridava contro:
«Vaffanculo, Izzy, sei solo uno stronzo del cazzo!»

Kensy stava bevendo un po’ di tè verde per rilassarsi, quando alla porta suonò Steven.
«Cosa diavolo ci fai qui? Ora?» gli domandò.
«Duff mi ha chiamato perché dice che sei strana. L’hai cacciato di casa.» raccontò lui.
«E allora? Non è mica questa la sua casa!» replicò lei.
«Fammi entrare!» gridò il batterista.
«Assolutamente no!» si oppose la modella.
«Duff mi ha detto che non ti avrei trovata sexy come al solito, ma mi sono fatto prima di uscire, probabilmente non mi ricorderò nemmeno di questo episodio...» il biondo si mise a ridere di sé stesso… Kensy non era sicura che fosse una cosa molto normale, nemmeno per Steve.
«Tanto non ti faccio entrare. Se vuoi parlarmi va bene così: dalla porta chiusa!» esclamò come ultima sponda.
«Fossi in te comunque mi sistemerei perché ho chiamato Izzy a tenerti compagnia. Dopotutto anche lui è un’anima in pena...»
«Lui non è di compagnia!»
«Sai quella spostata di testa della tua amica, o ex-amica, o quello che ti viene, insomma, dopo averlo lasciato si è chiusa in casa di clausura. Vuole smettere di farsi» rise meschinamente. La mora d’un tratto si sentì in pena per lei. «La cosa ovviamente è impossibile, come per ognuno di noi, ma ci sono quelle specie di casi disperati che credono di poter smettere, quindi insomma si è chiusa in questa specie di convento. Oggi Izzy era andato a casa sua per parlarle e il portiere gli ha detto che era andata lì, quindi il temerario si è presentato alla casa di cura. Ovviamente gli ci è voluta un’ora e mezzo prima di entrare, si stava cacando sotto. Poi quando ha parlato con Audrey, sinceramente non mi ha detto che gli ha detto. E anche per farmi dire queste poche cose ci ho messo una mezz’oretta abbondante. Comunque, hai l’occasione di restituire il torto alla tua amica. Dopotutto a te Izzy piace, l’hanno capito tutti. Forse Izzy no, ma quello è un altro discorso. L’ha capito anche Duff! Ora me ne vado in macchina… Non posso addormentarmi sul tuo pianerottolo e te non mi fai entrare. Ciao.» e detto questo se ne andò, senza aspettare la risposta della padrona di casa.

Kensy non era sicura di potersi fidare di Steven quando era fatto, ma di sicuro era meglio essere pronti a tutto, così si sistemò cercando di apparire naturale, come se non aspettasse visite.
Il campanello suonò e Kensy, non aspettandoselo, si infilò quasi la matita nell’occhio.
«Aprimi! Ho bisogno di un drink!»
La ragazza aprì. Fu felice di vedere che Izzy era leggermente più cosciente del solito e quindi anche pulito, ma forse non sarebbe durato così a lungo visto che iniziò a bere direttamente dalla bottiglia del rum.
«Mi hanno detto che ti sei lasciato con Audrey…»
«Mi ha lasciato lei. Praticamente due volte di seguito con una trombata e una dichiarazione d’amore nel mezzo. Ah, vaffanculo, cazzo, ha fatto anche un po’ la stronza visto che c’era...»
Kensy annuì. Sapeva perfettamente quanto potesse essere stronza Audrey… forse lei meglio di chiunque altro.
«Ti è dispiaciuto?»
Izzy si meravigliò del fatto che le fosse venuta in mente una domanda così stupida:
«Sì, ovvio! Popcorn però mi ha detto di distrarmi…»
«Da quando fra tutti seguite i consigli di Steve?»
«Da mai. Però questa sembra una buona idea, quindi vedrò di distrarmi» le sorrise.
«Gli altri cos’hanno detto?»
«Axl mi ha detto che se mi avvicino a Erin mi rompe tutto. Non c’era bisogno che me lo dicesse, lo sapevo di mio. Slash non ha detto niente, ovviamente! Duff non ho capito se è dispiaciuto per me o per altro, ma c’è qualcosa di strano in lui. Popcorn lo sai.»
Parlarono del più e del meno per un’altra mezz’ora, bevendo il rum direttamente dalla bottiglia. Non si ubriacarono, rimasero stranamente lucidi, probabilmente perché il chitarrista ormai era abituato a bere e perché la ragazza non aveva bevuto poi così tanto.
Izzy la guardò dritta negli occhi:
«Non ti avevo mai guardata. Sei una bella ragazza, sai?! Ora ho capito perché Duff sta con te!»
«Cosa… Come… non mi avevi mai guardata? Scherzi? Sono spesso alle prove!» obiettò lei, leggermente offesa.
«Sì, ma alle prove sono impegnato in altre attività… Ora non ho impegni…»
«Allora grazie, cosa devo dirti.» replicò Kensy.
«Prego. Secondo te, se ti bacio, Duff come potrebbe reagire?» ipotizzò il chitarrista.
«Secondo me ti picchierebbe a sangue.»
«Allora è meglio non dirglielo, mi sa…»
Detto ciò Izzy si avvicinò a Kensy e la baciò.
La ragazza non sapeva bene come comportarsi. Stava con Duff e il tradimento in genere non era una cosa che la caratterizzava. Però non le sembrava nemmeno giusto mettersi a pensare troppo, in fondo erano tutti membri dei Guns, loro sì che non si caratterizzavano per fedeltà. Se fosse stata una cosa di poco conto, Duff avrebbe capito. Se fosse diventata una cosa seria, lei lo avrebbe lasciato.


And I don’t worry about nothing, no,
because worrying is a waste of my... time.


Risolto il problema, Kensy decise di lasciarsi andare tra le braccia di Izzy.
Probabilmente però entrambi si sentivano in colpa, così si fermarono al bacio, anche se rimasero abbracciati.
A un certo punto il chitarrista la baciò sulla fronte.
«Bisogna che vada. Non voglio che Duff mi trovi qui che abbraccio la sua ragazza...»
«Mi sembra giusto. Anche se una bella lotta all’ultimo sangue sarebbe divertente!»
«Sì, e poi lo spieghi te agli altri che ci siamo rotti le ossa e non possiamo suonare?»
Kensy si mise a ridere insieme a Izzy che le chiese:
«Ci rivediamo vero, fidanzata di Duff?»

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Capitolo 6
*** Paradise City. ***



Appetite for Destruction

Capitolo VI – Paradise City.



Alle sei squillò il telefono a casa di Kensy, che ovviamente stava dormendo. Si svegliò, guardò al suo fianco e Duff non c’era. Quando alzò la cornetta, la voce del suo ragazzo era allegra e squillante, cosa che la irritò visto che i suoni non erano il suo forte appena sveglia.
«Buongiorno dolcezza! Dormivi?»
«Alle sei? Ma no, figurati, Duff, piantavo i chiodi alle pareti per diletto!» rispose sarcastica.
«Dai, allora visto che eri sveglia preparati che ti passiamo a prendere tra mezz’ora!»
«McKagan, non ero sveglia!»
«Ora lo sei, quindi è inutile che torni a letto! Tra mezz’ora da te! Baci...» e riattaccò, senza aspettare la risposta.


Why I’m here I can’t quite remember.
The surgeon general says it’s hazardous to breathe,
I’d have another cigarette but I can't see.


Il sistema di lenzuoli accuratamente legati tra di loro per scendere dal primo piano si era rivelato sorprendentemente efficace, sebbene lei l’avesse appreso da qualche film in tv.* Non poteva restare in quel posto un giorno di più. Certo, era l’ultima arrivata quindi era normale che sembrasse la più schizzata, eppure, sebbene si trovasse in un covo di più o meno ex-tossicodipendenti, si sentiva completamente fuori luogo.


You treat it like a capital crime.


Dopo un’ora dalla telefonata il campanello suonò e Kensy sentì arrivare dalla porta un coro di voci (in realtà ognuno andava per conto proprio):
«Siamo noi!»
-E chi altro poteva essere alle sette?- pensò Kensy, poi domandò:
«Mezz’ora?»
Rispose Steven. Era evidentemente abbastanza andato. La mora pensò di ignorare le parole del batterista, come se non le avesse mai pronunciate, ma fu costretta a sentirle ugualmente:
«Dipende! Era calcolata mezz’ora, poi abbiamo trovato delle belle ragazze e ci siamo fermati a scambiare due parole. Si sa, siamo a Los Angeles, le ragazze piovono dal cielo!»


Take me down
to the paradise city,
where the grass is green
and the girls are pretty.


«Duff… quanto avete dormito?» domandò la donna.
«Non abbiamo dormito» rispose lui.
«E questa felicità?» continuò lei.
«Sbornia!!!»
Duff era euforico e sembrava anche un po’ folle. Steven frugava in giro per casa e Slash se ne stava tranquillo in un angolo, così Kensy pensò bene di andare fuori.
«Qual’era il vostro piano? Dove andiamo?» indagò.
«A fare un giro! Che domande che fai stamani tesoro!» commentò Duff.
Kensy preferì lasciar perdere e appena usciti dal palazzo si diresse verso il bar più vicino.
Avevano tutti disperatamente bisogno di un caffè, compresa lei.
«Slash, tutto bene?»
«Sì, tutto bene! Merda, ti sembro fuori forma?» rispose il chitarrista allarmato.
«Assolutamente no! Gli altri due?»
Ovviamente si intromise Steven:
«Chi? Izzy e Axl? Loro non sanno divertirsi! Mica come noi che siamo uomini vissuti e in cerca di nuove avventure!»
«Sì, pirata… Ora la risposta seria, quindi Duff? Slash?»
Kensy non poté fare a meno di notare che quando era a giro con i Guns il livello di educazione si abbassava notevolmente, anche nel suo ragazzo.
«So una sega e m’importa un cazzo! Axl via via sparisce con Erin, forse è con lei. Izzy è Izzy sarà i giro per i cazzi suoi.»


Now he's a court jester with a broken heart


«Possiamo correggere il caffè!» propose Steven tutto eccitato dall’idea.
La ragazza scosse la testa sconsolata:
«Che correzioni vuoi fare! Siete fuori come dei terrazzi! Solo caffè! Non voglio mica impazzire, io!»
Arrivarono al bar e Kensy ordinò bidonate di caffè per tutti. All’arrivo del caffè Adler cercò di abbordare la cameriera con scarsi risultati visto che aveva una faccia da tossico talmente evidente che probabilmente anche un cieco se ne sarebbe accorto. All’uscita però era sconsolato:
«Perché non mi ha voluto? Io sono bello! E a letto sono fantastico.» asserì.
«Ti crediamo!» dissero accondiscendenti tutti.
«No, voi non mi credete! Kensy vuoi provare?»
Prima che la ragazza riuscisse a rispondere intervenne Duff:
«E te invece vuoi che ti spacchi i denti? È la mia donna, mettitelo in testa, cazzo! Anzi, testa di cazzo.»
«Come sei permaloso! Una volta le ragazze ce le dividevamo!»
«Quelle erano le groupie, non ti confondere!» commentò Slash, forse temendo una scazzottata poco piacevole di mattinata.
«Da quando siamo così fiscali? Le ragazze sono ragazze! Due gambe, due braccia, due tette e visino ben truccato e...»
«Steve, tesoro… ammazzati!» lo interruppe Kensy, riuscendo a riassumere in poche parole un pensiero molto complesso che il batterista difficilmente avrebbe capito. Era impossibile fargli cogliere la differenza tra una ragazza normale o quasi normale e una groupie, soprattutto in quelle condizioni. Il caffè stava facendo effetto, ma di certo non poteva fare miracoli.

Durante la crisi di astinenza si era anche spaccata il vaso di fiori su un piede e tutti le facevano sentire la sua irrefrenabile necessità come un peccato terribile. Il fatto che fosse sola non l’aveva aiutata. Izzy era passato a trovarla, per vedere come stesse, per cercare di parlarle, e il risultato era stato un’altra crisi di nervi e disperazione, così anche le altre volte che il ragazzo si era presentato, era stato invitato ad andarsene, o se proprio fosse voluto rimanere, a internarsi.
Di Kensy non si sentiva neanche un lontano mormorio. Era sparita, scomparsa, inghiottita dal baratro che la droga aveva portato con sé, senza farne parte, ovviamente. Se non avesse visto come aveva guardato lei e Izzy, quella sera, in studio... Audrey era abbastanza sobria da rendersi conto del risentimento per una pugnalata alle spalle. Lei e Izzy? Dio, ma chi l’avrebbe mai detto che avrebbe perso Kensy per Izzy? Se l’avesse saputo... Izzy era un passatempo come un altro. Se l’era scelto proprio bene per fare del male a chi teneva. Brava Audrey. Ma non riusciva neanche a pentirsi di aver scelto Izzy, perché dopo si era innamorata di lui, nonostante tutto, nonostante non stessero più insieme. E la depressione per una storia finita, ugualmente, non aiuta se si deve uscire da una dipendenza colossale. Voleva Izzy? Cazzo, che se lo prendesse! L’aveva lasciato, poteva prenderlo, era suo se tanto lo desiderava! Se quel chitarrista che amava, vestito come uno zingaro, con i capelli simili al pelo di una pantegana tanto erano unti, valeva la sua amicizia, l’avrebbe lasciato andare, seppur con notevole sforzo. Anzi, l’aveva già lasciato andare. Ma Kensy avrebbe mai creduto che Audrey non sapeva? Avrebbe mai immaginato che era troppo fatta per capire? L’avrebbe mai perdonata?


Tell me who you gonna believe.


La discussione tra i tre ragazzi e la ragazza continuò per un’altra oretta buona. Venne interrotta da una strana immagine in un bar. Kensy si fermò per guardare bene la figura di donna, con un camice addosso, dentro il locale.
«Tesoro, cosa fai?» domandò Duff.
«Guardate là dentro. È... Audrey?»
I ragazzi guardarono notando che Kensy non si stava immaginando le cose, anche perché in genere erano loro ad avere le allucinazioni.
«Ma…. non era a disintossicarsi?» chiese Slash disinteressato.
«Cosa ci è andata a fare dico io! Si sta tanto bene così!»
«Steve, ogni tanto non sparare stronzate, per favore! Fai uno sforzo!»
Era in questi momenti che la ragazza si chiedeva perché continuasse a frequentare un gruppo di simili debosciati tossicodipendenti e alcolizzati. Poi il pensiero passava: tutto sommato erano divertenti.
Rimasero a guardare un altro minuto, ma visto che la ragazza non si era mossa di un centimetro, passarono oltre.


So far away.


Quindi era scappata.


Rags to riches or so they say, you gotta keep pushing for the fortune and fame.


Steven e Slash stavano tornando a casa. Duff era stato così premuroso da chiedere loro se volevano restare a cena con lui e Kensy, al che il chitarrista aveva prontamente risposto con un educato:
«Direi di no. Grazie.»
Dopo aver lasciato la coppia alle sue faccende da piccioncini, i due si erano avviati ognuno verso la propria auto, borbottando tra loro.
«Sì, ho capito, bella trovata amico, e adesso che facciamo?» si lamentò Steven.
«Quello che facciamo tutte le sere, ci sbronziamo, andiamo in un locale di strip e ci portiamo a casa qualcuna... non necessariamente in quest’ordine» rispose prontamente Slash, grattando con ovvietà la matassa di riccioli sulla sua testa.
Mentre parlavano, i due ripassarono davanti al caffè dove avevano visto Audrey nel pomeriggio, e si accorsero che lei era ancora lì, nella medesima posizione.
«Forse dovremmo perlomeno sentire se è sveglia...» tentò il batterista, portandosi una mano al mento.
«Dici? Che c’importa? Se fosse morta quelli del locale se ne sarebbero accorti!» commentò il chitarrista «Ah, ho capito. È già passata una settimana e vuoi farti la tipa?»
«Eh? Boh, non lo so, non l’ho mica mai guardata per bene. Però non è una cattiva idea... magari ha bisogno di consolazione. Non mi fa voglia di andare nello strip, lì devo scegliere...» rispose Steven.
«Va bene allora sai cosa facciamo? Io ne scelgo una per me e una per te e poi me le faccio tutte e due, te fai quello che ti pare e ci si vede se si supera la notte...»
Così i due amici di vecchia data si separarono.


Just an urchin living under the street.
I’m a hard case thats tough to beat:
I’m your charity case.


Il biondo entrò nel locale guardandosi intorno con circospezione e si avvicinò alla ragazza collassata sul tavolo. La chiamò più volte, infine le diede una botta alla nuca.
«Mh?» Audrey si sollevò, stupita del fatto che qualcuno sapesse il suo nome e si degnasse di pronunciarlo.
«Stai bene?» domandò Popcorn.
«Ti importa davvero?» domandò lei a bruciapelo «Ops. Scusa, non volevo essere scortese... ultimamente pare che non riesca proprio a dare una forma alla mia cortesia. Tu sei un amico di Izzy, non è vero?»
«Sì, direi di sì. Sono quello che è venuto a farsi i capelli con te e Duff una volta...» raccontò lui.
«Giusto, mi sembrava di averti già visto da qualche parte» constatò lei.
«Posso chiederti che ci fai conciata così in un bar da stamattina?» l’uomo indicò il camice largo e bianco e le scarpe basse, i capelli ancora raccolti, il viso acqua e sapone, le unghie corte e senza smalto.
«Ehm... domanda di riserva?» tentò la modella.
Steven fu piuttosto brillante in questo. Pose la sua domanda di riserva facendo tintinnare le chiavi della sua auto come un giocattolo per bambini.
«Serve uno strappo a casa?»


I’ll pay you at another time...





*IMPORTANTE: vorremmo sconsigliare a chiunque di imitare Audrey. Dopotutto lei è una tossicomane, nonché una persona caratterialmente di merda e anche se muore cadendo dal primo piano non sarebbe una grande perdita, ma voi altri meritate di vivere quindi ripetiamo: NON imitate le azioni sconsiderate di Audrey. (ndIzzy: questa nota non vale per la Cath ovviamente, anzi se hai bisogno di aiuto diccelo che ti si da una spintina volentieri tra tutti. NdC: Grazie. NdB: e quella quando mai si ammazza, ha troppo amor proprio... o_o)
Scusate il tardissimo aggiornamento. Siamo state parecchio impegnate tra esami, Gilby Clarke, esami e ancora esami. Ora la strada dovrebbe essere tutta in discesa (per noi, per voi è in salita ahah). Grazie a tutti quelli che ci seguono (?), un saluto e buon San Valentino xD

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Capitolo 7
*** My Michelle. ***



Appetite for Destruction

Capitolo VII – My Michelle.



Steven e Audrey erano arrivati a casa di lei, un appartamento di medie dimensioni in un grattacielo altissimo. La modella, per cortesia, lo aveva invitato a salire. Il batterista era riuscito a estorcerle qualche informazione sulla fuga da raccontare a Izzy quando fosse stato il momento.
«E quindi sei scappata...» concluse.
«Già. Non potevo restare un secondo di più» confermò lei.
«Lo so, sono scappato anch’io, un paio di volte... e ho sentito di altra gente che è scappata. Quei posti sono il mio incubo personale, amica, la peggior cosa che possa sognare la notte...» Popcorn fece una piccola pausa «ovviamente tu potresti allietare i miei sogni» si voltò e Audrey non c’era già più. -Ma merda, questa frase era stupenda, perfetta per rimorchiare. Dove è andata?- pensò.
«Se non mi cambiavo, morivo» sentenziò la modella, uscendo dalla sua camera da letto con un microvestitino che non lasciava molto all’immaginazione.
Steven deglutì rumorosamente, ma non cercò di nascondere la sua approvazione per il cambio abito:
«Sì, così stai decisamente molto meglio... giusto così, per sapere, in modo del tutto disinteressato, fai anche la modella di intimo?»
«Certo, non friggo mica con l’acqua» brontolò lei.
«Stavo pensando che magari potresti farmi una sfilata improvvisata, va bene anche così su due piedi, imbastita qui nella sala, io mi metto sul divano e ti guardo e così ti sdebiti per il passaggio...» il batterista si accomodò sul sofà, ma Aud era sparita di nuovo «cazzo, dove è andata ora? Sto bruciando tutte le mie carte migliori...» bofonchiò.
«Vuoi giocare a carte?!» domandò lei, gridando dalla cucina, visto che non aveva sentito bene.
«No, niente, stavo solo farn... anzi, sì! Strip poker?» propose il biondastro.
«Eh, ma non ce l’ho le carte...»
«Che sfiga, oggi proprio non riesco a combinare niente... senti me ne vado, ci vediamo in giro.»
«D’accordo...»
«Notte!»

Audrey guardò la fila di confezioni sul tavolincino. Erano sette. Verticalmente a ogni tubetto c’era un numero crescente di pillole. Da uno a sette per un totale di ventotto pasticchine ordinate meticolosamente su quella lastra di legno. Il tutto coronato da una bottiglia di Martini.
«Ah.»
Quello fu il primo respiro di sollievo nell’arco di una vita.
Audrey si alzò in piedi e guardò la stanza intorno. Beh, era un bel posto per morire, dopotutto. Se l’era scelto lei. C’era una cappa di incenso profumato e aveva fatto sparire tutte le confezioni di stupefacenti, non voleva passare per una tossica, anche se a dirla tutta lo era.
Si mise le scarpe alte, le più belle che avesse e si preparò all’ultimo spettacolo, l’ultima camminata in passerella, senza scivolate stavolta, senza sbavature sul trucco. Quella sarebbe stata la serata migliore della sua vita.
Si accomodò: voleva essere seduta in modo decente, insomma, se la trovavano morta non doveva essere uno spettacolo raccapricciante, doveva essere una specie di Giulietta. Bellissima. Doveva sembrare scopabile anche da morta. A quello proprio non poteva rinunciarci. -Merda ma non mi verrà a cercare nessuno neanche se schiatto. Quando mi troveranno sarò già bella e decomposta...-
Cercò di non pensarci e provò un paio di posizioni da defunta, poi il campanello suonò.
«Porca troia!» gridò Audrey, drizzandosi in piedi. Andò alla porta. «Chi cazzo è?»
«Scusa, non ti volevo disturbare mentre stavi per...» Steven, senza badare a lei, entrò in casa, cercando qualcosa. Vide la serie di pasticche ordinate per numero e forma sul tavolino e completò la frase «...suicidarti. Solo che devo aver lasciato qui le chiavi di casa e quindi sono chiuso fuori. Se me le restituisci io posso tornare a casa mia e tu puoi ammazzarti così io posso dare l’allarme tipo quando arrivo a casa e non ti trovano decomposta, ok?»
«Ottima idea, che bello che tu esisti, sai? A pensarci bene sei l’ultima persona che mi vedrà viva quindi, senti sono carina così?» domandò con schiettezza la modella mettendosi un po’ in posa.
«Sì, direi di sì, sei piuttosto trombabile, vuoi che io sia l’ultimo? Ci vuole un attimo eh!» propose Steven, che era sempre meno lucido.
«No, l’ultimo è stato Izzy e così deve essere, non mi rompere i coglioni...»


Everyone needs love:
you know that it’s true.
Someday you’ll find someone
that’ll fall in love with you.
But, oh, the time it takes,
when you’re all alone...


«Ma dove le hai lasciate le chiavi si può sapere? Non è che hai fatto il tour della casa, sei stato sempre qui in sala...» si lamentò la biondina.
«Che ne so» rispose Adler.
«Vuoi qualcosa da bere?»
«Perché no...»
Si sedettero e bevvero qualcosa, poi iniziarono a parlare del più e del meno. Un’altra volta. Come se non avessero chiacchierato fino a meno di mezz’ora prima.
«Non vorrei essere, eh, però... se non trovo le chiavi avrò bisogno di una delle tue pasticchine e soprattutto del tuo divano. Non ti dispiace se distruggo la composizione in ordine da pallottoliere?» dichiarò Popcorn.
«Fai pure, non credo che una pasticca in meno cambierà le cose» rise stranamente, coprendosi la mano con la bocca. In realtà non c’era niente da ridere, e lo sapevano entrambi.
«Devo dire qualcosa a qualcuno di questa tua iniziativa... a Kensy? A Izzy?» domandò Steven, sorseggiando un po’ di alcol.
«Non credo che importi a nessuno dei due, quindi puoi tenertelo per te. Sarà il nostro segreto» rise di nuovo con l’entusiasmo di un bambino.
«Non dire così, sono sicuro del contrario. Se ti può far piacere saperlo, Izzy ci era rimasto un po’ sotto quando vi siete lasciati. Credo che fosse davvero innamorato. Kensy invece è piuttosto felice, sta con Duff, non ho capito quali programmi ha per il futuro, ma credo che starà bene...» raccontò l’uomo.
«Sì, senza di me staranno bene entrambi» decretò Aud.
«Non essere così severa, anch’io sono un fattone, ma non credo che i ragazzi sopravviverebbero senza di me....»
«Ma, è che, tu suoni uno strumento, e tutto sommato sei un tipo simpatico, io, fondamentalmente, nella vita, ho fatto solo stronzate. E tu, sempre fondamentalmente, sei il mio unico amico, sai? Guarda, questa è l’ultima sera che ho in programma e la sto passando con te. Mi sa che non solo sei il mio unico amico, sei il mio migliore amico...»


Someday you’ll find someone
that you can call your own,
but till then you better...


«Forse hai solo bevuto un po’, sai? La tua migliore amica è Kensy, e credo ti voglia forse ancora bene e non credo che dovresti suicidarti se vogliamo dirla tutta» bofonchiò Steven, continuando a bere.
«Insomma. Sai, io e lei eravamo qualcosa di speciale per davvero. Quando ascoltavamo un gruppo, beh, prima di solito guardavamo le foto, no? Dopotutto siamo ragazze. E al 90% a me piaceva il batterista e a lei il chitarrista, così, a colpo d’occhio, senza sapere che erano loro! Infatti... preciso! Izzy è un chitarrista! Che cazzo me ne faccio io del chitarrista? Popcorn tu che strumento suoni?»
«La batteria.»
«Appunto, vedi? Io dovevo innamorarmi di te, non di Izzy. Non lo so che mi è successo, deve esserci qualcosa di sbagliato in me. Sai con Kensy, ci conosciamo da quando eravamo piccole, sì, insomma, più o meno. Praticamente mio padre è stato il testimone di nozze di suo padre... o viceversa, non me lo ricordo. Comunque poi mi stavo cagando addosso a venire qui da sola, quindi ci siamo venute insieme. E poi abbiamo iniziato a fare le modelle no? Beh, per farlo. Lascia perdere, tanto lo sai. Popcorn?»
-Merda, si è addormentato. Per forza, era ubriaco cencio. E io? Che cazzo faccio ora, se mi ammazzo e lo trovano qui con me penseranno che c’entri qualcosa. Quindi devo rimandare. Maledizione...-


So com’on and stop your crying
‘cause we both know money burns.
Honey don’t stop trying
and you’ll get what you deserve.


Kensy era tornata a casa presto quel sabato sera, lasciando il proprio ragazzo allo strip club in compagnia di Slash e Steven. Non era proprio l’idea migliore lasciare Duff ubriaco con i suoi colleghi, ma quella volta la ragazza proprio non voleva stare in mezzo alle persone, soprattutto se si trattava di persone di dubbia lucidità. Con ogni probabilità il bassista quella notte non sarebbe tornato.
Verso le due si era presentato alla porta Izzy, lievemente fatto, abbastanza ubriaco e molto sporco.
«Cosa ci fai qui Stradlin! Se torna Duff come gliela spieghi la cosa?»
«Duff è con Slash e Steven allo strip?» domandò e la mora annuì, così il chitarrista continuò «Allora stanotte non torna. Non tornano mai quando la serata parte in quel modo. Ora mi dai da bere?»
«No! Ora al massimo vai a fare la doccia!»


Now you’re clean and so discreet.


Dopo la doccia Izzy si era messo dei vestiti di Duff. Lo spettacolo che offriva era veramente divertente, visto che erano oggettivamente troppo grandi per lui.
«Ora mi dai da bere?»
«Caffè!»
«Dimmi che non mi hai preparato veramente quella botte di caffè!»
«In realtà ho pronta un’altra botte di caffè, se quella non ti basta!»
«Al diavolo il caffè!» Izzy prese per mano Kensy e la tirò a sé baciandola. Passarono la serata sul divano a chiacchierare. Izzy aveva provato ad andare oltre il bacio, ma la mora lo aveva fermato tutte le volte: non voleva tradire completamente Duff, con lei era sempre stato gentile e premuroso, anche se probabilmente non sempre fedele.
A un certo punto Kensy decise di affrontare il discorso. Quel tasto dolente per entrambi:
«Ho visto Audrey ieri, mentre ero con i ragazzi.»
«Sì, mi ha raccontato tutto Steven.» Fece una pausa troppo lunga per far pensare a qualcosa di positivo, poi continuò «A lei voglio bene, ovvio. Siamo stati insieme. Però non siamo fatti per stare insieme, lo sa anche lei. È scappata dalla clinica, beh... te pensavi che ci sarebbe rimasta? Io no, ma non mi va di rivederla, ha fatto la stronza e non ho intenzione di uscire di nuovo con lei. Mi ha detto che mi amava...» Izzy di solito era una persona piuttosto riservata, tenebrosa se vogliamo, ma quella sera era particolarmente alticcio, quindi lasciò che le sue tristezze e i suoi sentimenti scivolassero fino a Kensy «...e neanche qualche giorno dopo ha passato la notte con Adler, non ho voluto indagare, ma conoscendolo, anzi, conoscendoli... quindi direi che con lei e anche per lei, è chiusa.» Altra pausa. «Tu quando chiudi con Duff?»
La domanda lasciò Kensy di sasso. Non si aspettava una cosa del genere non sapeva come rispondere, così improvvisò:
«Perché dovrei lasciarlo? Per te? Certo!! Prima ti metti con la mia amica, poi lei fa la stronza e vieni da me. Direi che non è il caso che io faccia il ripiego, no?!»
«Io allora faccio il ripiego di Duff?» strillò lui.
Non era proprio esatto, ma forse non era ancora il caso di dire la verità:
«Possibile! Non lo so ancora, voglio vedere cosa combini. Vieni qui, fai la doccia e si parla.»
«Sei te che vuoi che io faccia la doccia! Io ti dico sempre che non ce n’è bisogno!»
«Ma te lo dici perché non ti annusi!!!!!!»
Il silenzio interruppe la loro discussione. Poi Izzy proseguì:
«Forse è il caso che io me ne vada.»
Detto questo si alzò, si mise di nuovo i suoi vestiti, baciò la ragazza e uscì, senza aggiungere una parola.
Kensy rimase da sola un’altra volta insieme ai suoi pensieri e al suo dilemma più grande: Duff McKagan oppure Izzy Stradlin?

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Capitolo 8
*** Think about you. ***



Appetite for Destruction

Capitolo VIII - Think about you.



Il campanello suonò.
Audrey, che stava guardando un talk show, senza riuscire a capirne molto(forse perché era in compagnia di una bottiglia di Martini), rifletté sul fatto che la maggior parte dei suoi guai erano iniziati aprendo una porta.
-Beh, sì, anche in senso figurato...-
Il fastidioso trillo si fece sentire di nuovo, più impertinente e insistente, prolungato.
La biondina ponderò prima di valutare se aprire o no. Non voleva altre rogne ed era piuttosto ubriaca, quindi non in grado di fronteggiare un qualsiasi aggressore. E se anche fosse stato qualcuno con buone intenzioni... Audrey non aveva voglia di parlare. Era appena uscita da un’insensata storia d’amore, la sua amica del cuore non le parlava, aveva fallito nel cercare di porre una fine alla sua dipendenza dalle droghe (dall’alcol neanche ci aveva provato, dal sesso benché meno) e, come macigno finale, aveva tentato di capire qualcosa del talk show, fallendo ancora una volta.
Ripensandoci, avrebbe dovuto comprare una bella bacheca dove esporre i suoi fallimenti.
La parola ‘fallimento’ e tutto il suo campo semantico sembravano così ridondanti nella sua testa.
Chiunque fosse stato dall’altra parte della porta bussò, impartendo due o tre colpi ben assestati alla gracile struttura di legno.
«Audrey, lo so che sei dentro, lo sento benissimo che stai guardando la televisione!» gridò una voce dall’esterno.
-Ma che ci fa lui qui?- si domandò la modella, convincendosi che sarebbe dovuta andare ad aprire.
Nell’alzarsi dal divano barcollò clamorosamente fino a cadere in avanti.
«Tutto bene?» domandò l’uomo dall’altra parte.
«Arrivo!»

«Kensy, svegliati, ora!!!» disse Duff tirando la sua ragazza per un braccio.
«Duff, spero per te che ci sia un buon motivo per svegliarmi alle…» guardò la sveglia «alle quattro di notte?! Ma sei scemo?!!!! Io domani devo lavorare!!»
«Ti devo parlare, alzati! E comunque è inutile che rompi, non è un orario sbagliato per parlare!»
«Duff, senti.. anzi, no, ho sonno, sarò breve… fottiti» e la mora cercò di riaddormentarsi.
Il silenzio regnò sovrano in quella stanza per un paio di minuti, tanto che Kensy pensava che il bassista si fosse arreso all’idea di non parlare in piena notte… o meglio... mattina presto. Poi però venne interrotto.
«So di te e Izzy». Detto ciò uscì dalla camera.

Steven era davanti alla porta con un’aria strana, semi-allucinata, e a Audrey quell’aria piacque.
Per la prima volta in venti fottuti anni di esistenza sentì di non essere sola.
Il batterista si fece largo nell’abitazione, mentre l’altra gli faceva strada. La guardò un po’ inorridito.


I say baby you’ve been looking real good.


«Si può sapere che hai da guardare?» si lamentò lei.
«Più che altro... si può sapere che hai in testa?» domandò lui.
«Ho deciso di tornare al mio vecchio colore, nero pece» asserì, piuttosto convinta, grattando con uno stecchino la pappetta che aveva sui capelli. «Se non riesco a suicidarmi perlomeno voglio un cambiamento...»
«Mi piacciono le more!» commentò lui.
«Ma vah, per te potrebbero essere anche pelate... beh se non mi do una regolata tra un paio d’anni potrei essere pelata per davvero, i miei capelli sono più stressati di me, e credo di aver detto tutto...»

A quel punto Kensy non poté fare altro che alzarsi per andare a parlare. L’argomento era delicato, ma non lo poteva rimandare vista l’apprensione che aveva suscitato.
Entrò in sala e il suo ragazzo stava tracannando vodka dalla bottiglia.
«Quanto sei ubriaco?»
«Che te ne frega?»
«Se dobbiamo parlare, vorrei che domani, anzi oggi vista l’ora, ti ricordassi cosa abbiamo detto… Altrimenti posso anche tornare a dormire.»
Altro momento di silenzio.
«Caffè?»
«Pronto, freddo, in cucina.»
Duff andò a versarsi mezzo litro di caffè in una mega tazza e lo bevve quasi tutto d’un fiato.
«Ora possiamo iniziare o hai altre richieste oltre la sobrietà? Perché io invece vorrei capire perché te, la mia ragazza, e Izzy, il mio chitarrista, vi vedete di nascosto come due amanti quindicenni, cazzo!» il bassista era visibilmente arrabbiato, così Kensy pensò bene di tenere un basso profilo, per cercare di non farlo innervosire ulteriormente.
«Ti potrei dire tante cose, anche un sacco di bugie, ma credo che a questo punto sia meglio la verità.»
«No, dai Kensy, tutto insieme la verità magari ti fa male!» disse sarcastico il “biondo”.
«Se mi fai parlare ti dico le cose, altrimenti levati dai coglioni, perché così mi fai incazzare e basta!» La pazienza della modella era evidentemente già esaurita, così il bassista annuì e lei poté continuare.
«È vero, io e Izzy ci siamo visti. È vero, io e Izzy ci siamo baciati, ma se ti hanno detto che ci sono andata a letto è una cazzata di proporzioni cosmiche!»
«Mi hai tradito, quindi!»
«Non ti ho tradito e lo sai bene. Non ti farei mai questo. E poi non mi sembra proprio il caso che tu mi giudichi, visto che te non sei proprio l’esempio migliore del fidanzato fedele, quindi risparmiami la paternale ipocrita!»
Duff sapeva perfettamente che la sua ragazza aveva ragione. Con lei era sempre stato gentile, affettuoso e di certo avevano fatto del sesso fantastico, ma la fedeltà non era ancora il suo forte. Così chiese solo:
«Perché?»
«Quando ho conosciuto voi tutti del gruppo dei Guns, vi ho guardati. Vi ho guardati bene tutti e cinque. Avete tutti il vostro fascino, siete sexy e divertenti… Ma quando vi ho visti, io ho notato Izzy, non te. Mi è sempre piaciuto Izzy, tu sei venuto dopo di lui. Non sai quanto mi dispiace dirti queste cose.»


You know that I remember when we met.


«Beh, che ci fai qui?» chiese Audrey con un filo di voce.


I think about you,
you know that I do.
I think about you,
all alone,
only of you.
I think about you,
Ooh it’s true.
I think about you:
yes I do.


«Boh, stavo pensando a te e mi sono detto di venire a vedere come stavi dopo l’evasione e il tentato suicidio, sventato, modestie a parte, da me... che donna di classe, ti sbronzi col Martini?» domandò, prendendo agilmente posto sul sofà «Di certo più elegante della Vodka, e meno virile del Jack.»
«Che stai farneticando Steven Sommelier Adler?» chiese Audrey.
«Quanto ti senti fottuta da uno a dieci in questo momento?» il batterista proseguì con l’interrogatorio.
«Ah, che importa. Passerò un’altra serata del cazzo a guardare un insensato talk show, con te. A questo punto avrei anche potuto non lasciare Izzy, visto come stanno andando le cose. Ma ora come ora abbiamo già abbastanza casini tutti e due, meglio non complicarci la vita più di quanto non lo sia. Che vita di merda, amico...» commentò lei.


There wasn’t much in this heart of mine:
there was a little left and, babe, you found it.
It’s funny how I never felt so high,
it’s a feeling that I know...
I know I’ll never forget.


«Senti... non dovresti sentirti così giù. Voglio dire, non so davvero come tu e Izzy poteste stare insieme, lui ha un gusto dell’orrido, e sembra che sia svenuto nell’armadio ogni volta che mette piede fuori di casa. E per la verità anche quando sta in casa. Per non parlare dei suoi capelli unti modello pantegana uscita da un tombino. E obiettivamente con quegli orecchini e le camice alle volte sembra uno zingaro. Dovresti essere felice di essertene liberata...» Steven tentò con la sua versione dei fatti, che però sembrò non dare alcun sollievo alla ragazza, che rispose:
«Tanto non mi ricordo nulla...»
«In che senso?»
«Non ho molti ricordi dell’essere stata con lui. Il sesso, beh, sì, e poco altro. Ho detto persino a mia madre che lo amavo. In realtà l’ho detto anche a lui. Sono una stupida...»
«Solo un po’, dopotutto abbiamo tutti fatto delle cazzate per amore in questa stanza» affermò il biondino con un’aria da filosofo greco.
«Ma siamo solo io e te...» commentò la sua amica.
«Appunto!»
«E cosa avresti fatto?»
«Beh, una volta mi feci la ceretta per una tipa, un’esperienza dolorosissima che non ti dico, con il brillante risultato che adesso i miei peli sono ancora più incasinati...»
«Sei un idiota, Steven Pop-ceretta Adler. E sei il miglior consolatore e amico che ho.»


Something changed in this heart of mine:
you know that I’m so glad that you showed me.
Funny, now you’re my best friend
and I wanna... stay together to the very end.


«Quindi io per te non sono stato niente. Solo un tappabuchi quando l’altro era impegnato con la tua cazzo di amica tossicomane!»
«Non sei stato un tappabuchi, Duff! Tu sei meraviglioso. Mi hai sempre trattata bene, quando avevo bisogno di te ci sei sempre stato, sei dolce, comprensivo e ovviamente sexy e fantastico in camera da letto.»
«Allora perché lui e non io?»
«Non lo so. Non ti so dire perché lui, ma è così.» Silenzio. «Sei arrabbiato con me?» tentò titubante Kensy.
«No… me l’avevano detto. Popcorn me l’aveva detto che ti interessava Izzy e che non parlavi più con Audrey perché te l’aveva rubato. Non l’ho voluto ascoltare.»
«Perché?»
«Perché volevo credere di non essere un ripiego… e poi perché l’aveva detto Steven, che non è proprio la persona più affidabile... dice certe stronzate!!» rispose sorridendo.
Kensy prese il viso del bassista tra le mani e lo fissò negli occhi.
«Tu non sei stato un ripiego. Tu sei stato importante per me. Sei importante per me. Non sei mai stato un ripiego. Te lo giuro.»
Duff le sorrise:
«Ovviamente, tesoro, tra noi è finita… Beh, se proprio non sai con chi farlo io sono sempre a tua disposizione.» le disse facendole l’occhiolino, poi continuò «Ora però prenditi ciò che vuoi. Izzy è libero e anche il suo cuore ora è libero. Se lo vuoi prenditelo.»
Detto ciò, si avvicinò alla sua ex ragazza, le dette un ultimo bacio e poi se ne andò senza aggiungere una parola.
Quella notte Kensy pianse, cosa che pensava non sarebbe mai successa per Duff, perché non pensava di essersi affezionata così tanto da provare dolore per la loro separazione.


Ci terrei a precisare che vista la presente situazione tra me e la coscrittrice B. (al momento non ci parliamo xD) questa storia potrebbe conoscere un continuo nella storia di Kensy. C.

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Capitolo 9
*** Sweet Child o' Mine. ***


Appetite for Destruction

Capitolo IX - Sweet Child o' Mine.


È imbarazzante come quasi tutto quello che succede in questa storia inizi con il suono di qualcosa. Beh, non volevo essere da meno neanche in questo capitolo. Quindi anche il campanello suonò.
Steven era ridotto a uno straccio: era andato a dormire meno di un’ora prima e non era neanche solo. Quel trillo sembrava continuare la sua litania all’infinito. La ragazza accanto a lui gli tirò un colpo e gli intimò di andare a mandare a ‘fanculo l’imbecille che si era presentato a quell’ora di notte. Popcorn si alzò e indossò i boxer per una parvenza di decenza, poi aprì la porta.
In piedi c’era Aud, con un sorriso a trentasei denti: sembrava aspettare solo lui.
«Ciao!» esordì la mora, sorniona.
«Si può sapere che ci fai qui?» replicò lui.
«Ho fatto un sogno figo e voglio provare a riviverlo!» esclamò entusiasta.
«Cioè del tipo San Francesco quando ricreò il presepe umano?» chiese chiarimenti Adler, con le giuste motivazioni. La ragazza indossò un’espressione di puro panico. Non aveva la più pallida idea di che cosa lui stesse parlando.
«Devo andare in un bosco!» annunciò, in tutta risposta.
«Ma tu sei una pazza psicopatica!» strillò lui «Vattene da casa mia!»
«Vabeh, ci andrò da sola, ciao!»

Now and then when I see her face
she takes me away to that special place.

Il biondino sbatté la testa contro la porta per la disperazione. Sarebbe andata a schiantarsi da qualche parte, oppure si sarebbe direttamente suicidata. La cosa ovviamente non lo riguardava, però...
-
Cavolo...-
Audrey ci era rimasta un po’ male per la reazione di Steven, ma oramai si era abituata. Non poteva aspettare, così andò da sola. Avrebbe trovato qualche altro modo interessante di passare il tempo.
Saltellò allegra, senza averne motivo, verso l’auto. Il sole, anche lui avrebbe aspettato ancora un po’ prima di destarsi.

-
Non rimandare a oggi quello che puoi fare domani... o come era, insomma...-

and if I stared too long
I’d probably break down and cry.


«Aud! Aud!» gridò il batterista, raggiungendola per strada.
La ragazza stava appunto salendo in auto. Si appoggiò al tettuccio basso della sua macchina e lo guardò divertita.
«Ok, mi hai convinto, vengo con te,» l’altra rispose con una sonora risata, rimanendo un po’ a fissarlo sempre dalla stessa posizione «però guido io!»
«Come no!» rise ancora di più lei.
«Dai, dammi le chiavi» insistette Popcorn.
«Scordatelo!» esclamò Audrey, mettendosi al posto di guida.

She’s got a smile that it seems to me...
reminds me of childhood memories
where everything
was as fresh as the bright blue sky.

«Aud, mi dispiace per averti detto che sei una pazza psicopatica...»
«Lo so.»
«Però... devi ammettere che è la verità!»
«Lo so.»

Where do we go?
Where do we go now?
Where do we go?
(mmm, oooh)

Steven aprì gli occhi. Stava scomodissimo e gli faceva male la testa... e anche lo stomaco. Si guardò intorno: Audrey stava guidando con una mano sul volante e l’altra impegnata con un bidone di caffè.
Stavano sfrecciando sulle ferraglie del Golden Gate Bridge.

«
Welcome to San Francisco, Steven.»

Where do we go?
(Where do we go? Where do we go now? Where do we go?)
Oh, where do we go now?

La coppia di amici girava con i finestrini abbassati e le mani fuori. Alla radio passavano Breakthru, dei Queen e Steven si sentiva stranamente di buon umore, nonostante la nottataccia del cavolo. Additò un cartello che indicava un chilometro di distanza dal molo per le partenze per la visita guidata al carcere di massima sicurezza di Alcatraz.
«Nooooo!» esclamò, entusiasta come un bambino.
Audrey inchiodò e per poco non causò un tamponamento a catena, con l’ulteriore rischio di farlo volare fuori dalla vettura.
«Che c’è?» domandò allarmata.
«Andiamo ad Alcatraz?»
«Sì, e giuro che ti ci lascio!» lo minacciò.
«Dai, dai, dai, accosta qui!» disse Popcorn, prendendo in mano il volante e facendola infilare in un parcheggio.
«Oh, guarda che c’è scritto» disse lei, indicando un cartello di avvertenze «Serve il giacchetto a causa delle brezze...»
«L’avevo sentita dire questa cosa, me l’aveva detto Axl. Disse che nonostante il suo fisico da macho si era dovuto comprare un piumino una volta arrivato su...»
«Beh, tanto meglio, così potrò rinnovare la mia pelliccia, è da un paio di stagioni che la tengo chiusa nel bagagliaio... più o meno da quando me l’hanno regalata a quella sfilata...»
«Hai un orso nel bagagliaio?» domandò il batterista.
«No, quello ce l’hai tu sul petto...» replicò divertita la modella.

Where do we go?

Dopo una piccola sosta al bagno si erano ritrovati tutti nel punto di partenza. Le visite erano obbligatoriamente guidate e prendevano un sacco di tempo.
Steven tremò: faceva davvero molto freddo, c’era un vento che portava via, e come se non bastasse aveva capelli dappertutto.
«Prendi la mia pelliccia, io penso di poter sopravvivere anche senza...» propose Audrey, porgendogliela.
«Ma è da donna! E poi tu come fai?» obiettò lui.
«Hai idea della temperatura siderale estremamente inadatta alla sopravvivenza umana che c’è su una passerella per una sfilata di intimo? I riflettori fanno solo un magro tepore...» raccontò la modella.
Steven non discusse e infilò la pelliccia, che tuttavia gli stava un po’ corta di maniche e, ovviamente, piccola di spalle.

«Ahah, sai cosa? Mi ricordi Roger Taylor in una foto che ho visto su una rivista una vita fa.» sogghignò lei «Voi batteristi siete tutti uguali. Credo che ti immortalerò, mettiti lì con le spalle all’orizzonte!»
«Ma da dove l’hai tirata fuori quella macchinetta fotografica usa e getta?» domandò preoccupato il batterista.
«Dalla borsa, ovviamente» rise lei.
«Voglio dire, l’avevi con te già da quando siamo partiti?» insistette.
«No, l’ho comprata allo shop mentre tu eri in bagno!» raccontò.

-
Ah, sì, quando mi sono allontanato per una sniffatina...-

(Sweet child...)

«Me la fai una foto qui di fronte alla cella di Al Capone? I ragazzi mi invidieranno un sacco!» esclamò sempre più entusiasta Adler.
«Perché dovrei? Tu non mi hai fatto la foto con la guida afroamericana con i bicipiti da urlo...» replicò Aud offesa.
«Se tu me l’avessi chiesto!»
«Te l’ho chiesto e non mi hai risposto...»
«Beh, non ti ho sentita, allora.»
«E io che credevo che tu fossi geloso ahah» scherzò la morettina «Dai, Steven Al Capone Adler, facciamocela insieme questa foto...»
Ci fu uno scambio di sguardi.

-Sarebbe figo baciarsi di fronte alla cella di Al Capone...-
Si guardarono ancora una volta, poi Audrey disse:
«Popcorn, non ti incantare, devi guardare l’obiettivo!»

-
Sarebbe stato figo...-

Mmm, where do we go now?

«Cioè, hai sborsato tutti quei soldi solo per venire qui a prendere il tè?»
Steven era sconvolto. Avevano fatto tardissimo con la visita guidata del carcere e, una volta usciti, erano andati al Golden Gate Park, che poi era l’unico motivo per cui Aud era arrivata fino a San Francisco in auto. Fatto sta che il parco stava praticamente chiudendo, quindi la ragazza si era appartata in un angolino con i custodi e aveva staccato un assegno con una cifra impronunciabile solo per poterlo tenere aperto ancora un’oretta, suscitando l’apprezzamento di tutti i turisti, ovviamente.
«Ovviamente no, però visto che ci siamo...» rispose Audrey, dopo aver fatto spallucce. L’atmosfera del Giardino Giapponese la rilassava, anche se il rumore dei ruscelli le faceva scappare la pipì.
«Sai, non credevo che voi modelle aveste un reddito così alto...» commentò Adler.
«Neanch’io. Poi con tutto quello che mi brucio in stronzate come questa non c’è da stupirsi se ancora vivo in una casa in affitto e non me ne sono comprata una mia...» rise di gusto la ragazza, guardando distrattamente il menù.

«So che Kensy ha messo in vendita la sua, che l’agenzia la trasferirà da qualche altre parte» poi pensò -
Ok, sono un idiota, perché ho tirato fuori Kensy?-
«Kensy non si fa di brutto come me e quando compra una bottiglia di alcol da offrire agli amici le dura un anno e non un quarto d’ora...» delucidò la mora.
«Quando hai iniziato?» domandò a bruciapelo il batterista.
«A farmi, dici?» Steven annuì con un cenno del capo, lei proseguì «Quando ho iniziato a sfilare. La maggior parte della polvere che gira nel backstage di una sfilata non è trucco...» raccontò.
«E tu ci sei rimasta sotto, amica.»
«Tanto quanto te.»
«Ma da quanto tempo sei nel giro?» continuò il biondo.
«Tre anni, più o meno...» fece i conti lei.
«Ma quanti anni hai?» chiese ridente il batterista.
«Venti, vado per i ventuno se ci arrivo...» ironizzò la ragazza.
«Hai iniziato presto. Io alla tua età ero ancora nulla...»

«Basta bussare alle porte giuste, e soprattutto
aprire quelle giuste, sai che intendo.» Audrey fece una piccola pausa «Non guardarmi in quel modo, ho fatto molte cose di cui non vado fiera, ma serve tutto a crescere, no?»
«Non ti sto guardando in nessun modo!» rispose lui, ridendo «Sì, è questo che ti dicono... e c’è qualcosa di particolare di cui ti sei pentita?»
«Se vuoi sapere se provo senso di colpa per essermi fatta il tipo per cui aveva una cotta la mia migliore amica, beh, non ho una risposta a questa domanda. Se avessi saputo che il percorso mi avrebbe portata a scegliere tra Izzy e Kensy, ovviamente avrei scelto Kensy: lui era solo un divertimento, piacevole, non fraintendermi. Adesso, sapendo che mi sarei innamorata di lui, non sono sicura. Se solo avessi avuto tutto chiaro sin dall’inizio, perlomeno sarei stata più furba e non li avrei fatti scappare entrambi. Se invece vuoi chiedermi se mi sono pentita di aver guidato tutta la notte per farmi una gita a San Francisco con te, la risposta è no!» Audrey terminò il suo lungo monologo scattandogli una foto. «Oh, su, non guardarmi così...»
«Non ti sto guardando in nessun modo e non hai idea dei mille altri modi peggiori di questo in cui potrei guardarti...» obiettò lui.
«Battaglia di sguardi?» propose lei.
«Sia!»
Passò un minuto, forse due, forse cinque, forse un’ora, e i due non smisero di guardare uno nelle iridi dell’altro. Erano vicinissimi: Steven quasi si convinse che era arrivato il momento per cedere ai suoi occhi e avventarsi sulle sue labbra. Contò fino a tre, e quando finalmente l’ultimo numero fu scandito e i suoi occhi puntarono la sua bocca, lei si voltò.
C’era qualcun altro, oltre a loro due.
«Sì?» domandò cordialmente la voce della modella.
«Prendete qualcosa?»
Era un inserviente, un adolescente giapponese sulla quindicina con in mano un blocchetto.
«Dipende. Avete solo tè?» chiese lei.
«Beh...»
«Neanche una goccia di alcol?» insistette Popcorn.
«Sakè?»

«
That’s better
Il ragazzetto giapponese se ne andò, lasciandoli alla loro resa dei conti.
«Hai perso signorina, sei stata la prima a cedere. Credo di meritarmi un premio!»
«Certo, batterista!» rispose entusiasta lei.
«E di che si tratta?»
«Non essere così impaziente, te lo mostrerò tra poco...»

Ahi, ahi, ahi, ahi, ahi, ahi, ahi, ahi,
(Where do we go? Where do we go?)
Mmm, where do we go... a-a-a-a-ah!

Steven e Audrey camminarono un po’ nel parco, poi a un certo punto la ragazza gli chiese di chiudere gli occhi.
«È il momento del tuo premio, ragazzone!» esclamò.
Lui non se lo fece ripetere due volte e chiuse gli occhi. Aud lo prese per mano e gli fece fare qualche altro passo. Il batterista rifletté sul fatto che nessuna donna prima di allora lo avesse mai preso per mano, beh, al massimo... non che lui fosse un santo o volesse esserlo o avesse mai professato di esserlo.
«Eccoci!» esultò la biondina, mollando la presa. Gli mise qualcosa in mano, forse un bastone. «Adesso apri gli occhi!» ordinò.
Il batterista obbedì: aveva un remo in mano. Audrey era intanto salita a bordo di una piccola barchetta, con l’altro remo, e lo stava aspettando.
«Potrai remare con me per questo fantastico laghetto!» gli sorrise lei, follemente, mentre appoggiava due strisce di coca sulle piccole assi di legno centrali.
Steven sentì la testa girare, il cuore pompare più velocemente il sangue attraverso le vene, i muscoli tendersi nervosamente in una stretta di possesso nel pugno attorno al remo. In un nanosecondo aveva preso il suo posto sulla barca, cercando di creare la minor oscillazione possibile.
I due si chinarono simultaneamente e si guardarono: erano uno di fronte all’altro, pronti a dimostrare ancora una volta che erano lì per sfasciarsi. I loro occhi si scambiarono una tenera sbirciata. Audrey iniziò a ridere, dapprima ad alta voce, poi in modo sempre più sguainato e incontrollato. Il batterista soffiò le due strisce di polvere sul viso della ragazza ed esclamò:
«Vaffanculo, non abbiamo bisogno di questa merda per sballarci!»
Remarono per un po’, poi si fermarono al centro del lago, perché erano stanchi. La modella prese in giro il suo amico:
«Dai, ora puoi ammetterlo, qui non ti sente nessuno: ti ho portato in un bel posto!»
«Avevi detto che volevi andare in un bosco e ci siamo ritrovati a San Francisco...» commentò lui.
«Il bosco c’è, è lì» rispose Audrey, indicando l’altra sponda del lago «San Francisco mi è venuta in mente quando hai parlato del presepe umano di San Francesco.»
«È inquietante che ti sia venuto in mente mentre ti parlavo di San Francesco...»
«Che vuoi farci, il mio cervello vaga...»
«No, senza offesa, ma il tuo cervello è anche un po’ partito. È come una bussola che punta il nord sempre come se fosse est...»
«Grazie, sei sempre così...» la ragazzina interruppe la frase e si immobilizzò.
«Che c’è?» domandò lui, preoccupato.
«Non muoverti, hai un uccello in testa, Steven Nidodicicogna Adler. Beh in effetti assomigli un po’ a un nido di cicogna, devi ammetterlo...»
«Direi di no!»

Where do we go?
Aaaah!
Where do we go now?
Where do we go?
Where do we go now?

Gli alberi del cuore del parco erano molto fitti: sembravano una vera e propria foresta. Steven e Audrey camminavano da soli nel buio che oramai scendeva tra i rami e le foglie.
«Ecco, ci siamo, credo che qui vada bene...»
Il batterista era un passo indietro a lei, e la modella ruotò leggermente il collo per trovarselo accanto. Non ci fu un vero e proprio impeto: i mezzi termini erano una parte di loro e le labbra si presero il loro tempo, il fuoco si infiammò con la sua riserva, bruciando lentamente, poi esplodendo. E si meravigliarono che non divampò davvero un incendio.
«Non male per essere solo un batterista, Adler...»

«Bacio meglio di quello sfigato di Stradlin, eh?» -
Ma che dico? Non è mica una competizione?-
«Non saprei...» esordì lei «non mi ricordo il mio primo bacio con Izzy. Voci attendibili mi riferiscono che ho passato tutta la sera con lui e non mi ricordo nulla se non... beh...»
«Sì, posso garantire: vi stavate esibendo in una performance strabiliante, sebbene il set fosse un po’ stretto...»
«C-che?» balbettò lei.
«Lascia perdere, te lo racconto un’altra volta... non voglio rovinare l’atmosfera.»
«A proposito, è stato un bel bacio, davvero. Come sapevi che era quello che avevo sognato?»

-
Ho solo fatto quello che avevo già provato a fare svariate volte, oggi...- pensò il batterista. Poi rettificò la sua risposta:
«Ho solo fatto quello che mi veniva naturale...»
Audrey lo sorpassò, avvicinandosi alla riva a corsa.
«Oh merda!» esclamò «La barca! Non l’abbiamo ancorata da nessuna parte!»
«E ora?» domandò Steven, paonazzo.
«È un bel casino, questo è un isolotto: dobbiamo aspettare che ci vengano a prendere...»

Where do we go?
Uaaaah!
Where do we go now?
No, no, no, no, no, no, no!
Sweet child...
Sweet child... of mine.



Salve a tutti :)
Sebbene nessuno legga ormai più questa fan fiction, l’avevo già finita quindi andrò avanti a postarla (siate pazienti, non manca molto alla fine della tracklist). Visto che detesto particolarmente dover modificare cose iniziate con l’intento di essere finite in un certo modo, non modificherò i copyright o cose simili. Vedremo come andrà a finire. Intanto prometto che dal prossimo capitolo avrete di nuovo notizie su Kensy. :)
Concludo con un saluto. Tanta pace e amore. E più Steven per tutti <3.
C.

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Capitolo 10
*** You're crazy. ***



Appetite for Destruction

Capitolo X - You’re crazy.


Kensy dormiva e in questi casi, come abbiamo appreso dai capitoli precedenti, di solito o squilla il telefono o suonano al campanello. Questa volta picchiavano al vetro della finestra, cosa che la preoccupò molto visto che era sola in casa e i ladri erano l’unica cosa che non si era ancora vista apparire in casa sua o nella sua vita o peggio ancora in questa storia.

Si alzò e andò a vedere, non era un bel modo di iniziare la giornata, anche se erano le 10 passate.

Rimase stupita di vedere Duff che tirava tappi di bottiglia di birra e sassolini verso la finestra.

«McKagan! Da quando non ti ricordi che ho un campanello?» si lamentò lei.

«Te l’avevo detto io che era meglio andare a suonare!» rispose il ragazzo, rivolto al giardino.

«Con chi parli?» domandò lei un po’ preoccupata. Duff aveva già abbastanza problemi, gli ci mancava solo l’amico immaginario.

«Popcorn, esci dal cespuglio, altrimenti sembro un idiota che parla da solo!» replicò il bassista.

Il batterista uscì da una specie di cespuglio, inciampò, si rialzò e salutò.

«Io gli avevo detto di non suonare perché magari Izzy era con te e non voleva vedere anche Duff a casa tua.» precisò Adler, per una volta con un’idea quasi normale.

«Da quando tutti questi pensieri Steve?» lo schernì McKagan.

«Volete entrare in casa o devo parlarvi dalla finestra tipo Giulietta?» chiese la ragazza che stava cercando di seguire il filo del discorso senza perdersi troppo.

«Duff… chi è Giulietta?» chiese sottovoce Popcorn, ma non abbastanza, visto che Kensy lo sentì.

«Steven! Non fare più domande per oggi, che come apri bocca dici stronzate! Entrate o andatevene!»

Entrarono dalla porta e si accomodarono sul divano.

«Quindi… Izzy non c’è?» chiese Duff

«Evidentemente no. Non lo voglio ancora a passare la notte qui.»

Silenzio rotto solo dall’accendino di Steven che non potendo parlare cercava di tenersi impegnato fumando. Per interrompere quel momento imbarazzante parlò la modella.

«Gli altri dove sono?»

«Axl è chissà dove a fare chissà cosa. Izzy non lo so davvero, visto che pensavo fosse qui. E Slash…» momento di pausa durante la quale i due musicisti si guardarono, poi scoppiarono a ridere e Steven concluse la frase.

«Slash mi sa che ce lo siamo dimenticati nel tuo giardino… Si era addormentato dietro il cespuglio dove ero io, ci sono anche inciampato sopra!»

La situazione era troppo esilarante per stare seri, così risero tutti e tre, poi il batterista andò a prenderlo. Gli altri erano rimasti da soli.

«Perché sei venuto?» domandò lei.

«Perché volevo parlarti. Sei felice?»

«Potrei essere più felice, in effetti, ma va bene così. Te come stai?»

«Io… potrei stare meglio, ma va bene così. Pensavo che ti saresti subito messa con Izzy.»

«Non sono mica così facile. Mi è così dispiaciuto che sia finita. Non sai nemmeno quanto.»

Irruppe in casa Steven con Slash che camminava a malapena:

«Io torno alla base. Ci si vede! Kensy portalo a casa te, io ho da fare con l’altra pupattola tossica!» e se ne andò senza nemmeno aspettare una risposta. Kensy cercò di capire perché avesse detto l’altra visto che lei poteva ben essere una pupattola, ma non tossica. Duff tornò immediatamente ai loro affari.

«È dispiaciuto anche a me. Però lo sapevo che non eri quella giusta.»

«Sono stata bene con te. Mi piaceva la tua compagnia. Mi piace ancora però lo sai… non è possibile...»

«Non sono qui per tornare insieme. So che non è una cosa fattibile. Sono qui per dirti che anche se non sei la persona giusta per me, sei stata fantastica e anche io sono stato davvero bene.»

«Perché ti sei portato il supporto per venirmi a dire queste cose?»

«Il piano era di Popcorn...» disse scuotendo la testa

«Io non capisco perché date sempre così retta a lui!»

«Perché anche a non fare quello che ci chiede, non cambia nulla!! Poi combina guai! Sono venuti per trascinare via Izzy e lasciarci da soli. Izzy non c’è e così Steven si è vaporizzato. Comunque, senti bellezza… se ancora non sei la ragazza di Izzy, che ne dici di salutarci in maniera costruttiva con un po’ di sano sesso?»

Kensy lo guardò malissimo:

«Scherzi?!»

«Assolutamente no! Non scherzo mai su queste cose, dovresti saperlo! Non abbiamo fatto il sesso di addio… mi pare un peccato!!!»

La ragazza ci pensò su un po’ poi decise di accettare la proposta. In quel momento lei era ufficialmente single.


You don’t want my love
You want satisfaction, oh yeah.


«Popcorn... Popcorn!» la voce sembrava provenire dal paradiso invece usciva direttamente dall’inferno. Era ora di cena, ormai.

«Eh... che c’è? Perché mi hai svegliato?»

«Perché ho uno shoot stasera e tu dormi qui da una settimana e mezzo ormai: non pensi che sarebbe l’ora di procurarti qualche vestito di ricambio? Voglio dire... non sono Kensy, ma il mio olfatto funziona ancora piuttosto bene, sebbene io sniffi spesso.»

«Non hai qualche vestito da prestarmi?»

«Aspetta che ci penso eh... sì, credo che la mia minigonna a fiori ti andrebbe bene! Ma sei scemo? Certo che non ho vestiti da prestarti!» strillò Audrey, cercando disperatamente un qualsiasi paio di scarpe.

«Ma scusa, in ogni storia che si rispetti la ragazza ha in casa qualche vestito dell’ex fidanzato da far indossare per ogni eventualità a colui che si propone come nuovo fidanzato. Che razza di storia è questa?»

«Tu sei pazzo...»

«Non dirmi che Izzy non ha lasciato altro che quella confezione di preservativi, qui!» -Preservativi, beninteso, che non ho ancora avuto l’occasione di rinnovare...- pensò Adler.

«Ecco, bravo, allora quando lo vedi riportaglieli.» commentò sarcastica lei.

«Ok, ok, mi alzo.» si rassegnò Popcorn «Ci sono un po’ di cose che devo portare... per esempio... la mia batteria... dove possiamo mettere la mia batteria?»

«Dove ti pare...»

«Ma non c’è spazio! Perché non buttiamo... per esempio! Perché non buttiamo questo mobile in cui tieni le tue riviste?»

«Perché mi serve!» rispose con ovvietà l’altra.

«Non mi pare che tu l’abbia usato nell’ultima settimana e mezzo...» obiettò lui.

«Beh, perché c’eri tu! E poi non è che sfoglio tutti i giorni le riviste con le mie foto! Non sono vanitosa come te!»

«Quindi siamo al punto di partenza. Comunque direi che casa tua è troppo piccola e non posso portarci la batteria. E poi sei in affitto. Quindi dovresti venire te da me. C’è più spazio, più alcol, più giro e poi ci sono io.»

«Ma scusami un attimo eh...»

«Sì.»

«Perché dovrei venire da te?»

«Boh io e te...»

«Cosa siamo?»
«Direi...»

«Tu non sei il mio migliore amico? Beh sì, credo che mi piacerebbe venire a vivere con te...»

«Io credevo che... vabeh, lascia perdere. Sono un po’ confuso... fendinebbia?»

«Fendinebbia? Questa era proprio brutta Steve. Te lo dico con tutta la sincerità che ho in cuore...»

«Ehm, ascolta. Vado a prendere un paio di cose e ci rivediamo qui, prima o poi ripasso.»

«D’accordo...»


I’ve been looking for a trace,
looking for a heart,
looking for a lover

in a world that’s much too dark.


Si erano addormentati, quando Kensy si svegliò guardò Duff accanto a lei ed ebbe un momento di confusione. Mise in ordine i suoi pensieri mentre si vestiva e svegliò il bassista con una cuscinata.

«Cosa succede?»

«Devi andartene. Non puoi stare qui, non stiamo insieme, quindi non puoi stare qui.»

«Sono sempre stato qui, ora non ci posso più stare?» domandò il bassista perplesso.

«No! Da quando abbiamo rotto hai perso la possibilità di stare nello stesso letto con me!» la ragazza gli tirò i vestiti «Renditi presentabile. Io sono in cucina con il tuo caffè.»

Duff si presentò pochi minuti dopo, dai capelli sembrava avesse preso la scossa.

«Spiegami perché sei fuggita da me poco fa.»

Kensy gli versò una tazza di caffè, che ovviamente il bassista corresse subito con un po’ di rum.

«Perché io e te non stiamo più insieme, ma io a te ci tengo ancora e non posso dormire tra le tue braccia e svegliarmi con accanto te. Non è giusto per entrambi.»

«Ho capito. Forse hai ragione. Se questa è la giornata dell’addio, volevo dirti che è stata una bella giornata.» le sorrise, posò la tazza e si avviò verso la porta. «Kensy, una domanda… hai pianto per me?»

«Perché lo vuoi sapere?»

«Perché certe volte sembri senza emozioni.»

«Sì, Duff, ho pianto per te. Solo che ero a casa da sola, per questo sembro senza emozioni.»

Il bassista sembrò soddisfatto, così la baciò e si chiuse la porta alle spalle.

Kensy lo guardò allontanarsi, scongiurando che facesse in fretta: Izzy sarebbe arrivato a momenti.



Kensy era ancora a casa, Steven fu fortunato. La ragazza ormai era diventata il suo confessionale. Aprì la porta e quando lo vide la sua espressione non fu delle più gioiose.

Adler non fece troppo mistero del perché si trovasse lì:

«Senti, devi tornare a essere la migliore amica di Audrey...» esordì.

«Stai scherzando spero! Sei venuto fin qui per dirmi questo? Almeno ti ha pagato bene? Te l’ha data bene?»

«Certo che no! Lei ha bisogno di te... e io ho bisogno di farmela, cosa che non succederà se lei continua a vedermi come il suo migliore amico convivente!»

«Ma che pensiero carino da parte tua, mi ricorderò di dirglielo che sei stato così generoso! Ah! Ahah dimenticavo che io e lei non ci rivolgiamo la parola, che peccato! Ahah. Aspetta un attimo... ma voi due... vivete insieme?!» domandò, un po’ perplessa.

«Non è esattamente così perché io ho ancora una casa! Solo che la maggior parte delle volte dormo da lei... e ora lei forse verrebbe a vivere con me e... aspetta un attimo, ma ho già manifestato il mio interesse sessuale nei confronti della tua ex migliore amica?»

«Sì, ora se non ti spiace devo vedermi con il tuo amico Izzy. Non vorrai che faccia tardi...»

«Nonono aspetta! Non ti ho detto la parte peggiore...»

«Qual’è la parte peggiore?»

«L’altro giorno siamo andati a fare la spesa insieme: eravamo leggermente fatti così io sono andato a comprare gli assorbenti e lei i preservativi. È stato un dramma perché ci siamo ritrovati a parlare di assorbenti e preservativi davanti agli scaffali te ne rendi conto? Io non voglio parlare di assorbenti o di ragazzi con lei! È una cosa che mi terrorizza! Tu devi tornare a essere la sua migliore amica!»

«Steven anch’io ho una cosa molto importante da dirti: TU.SEI.PAZZO. E ora se non ti spiace devo andare. Ciao. Ah, e salutami Audrey... però non dirle che le mando i miei peggiori saluti, mi raccomando, conto su di te! Buona giornata!»


Cause you're crazy.
You’re fucking crazy.
You know you’re crazy.
I said you’re crazy.


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Capitolo 11
*** Anything goes. ***


Appetite for Destruction

Capitolo XI - Anything goes.


Era pomeriggio inoltrato quando Kensy aveva finito di lavorare e si era dedicata allo shopping.
Aveva pensato di occupare il tempo acquistando vestiti che in realtà non le servivano, ma che le piacevano. A un certo punto decise di fare tappa in un bar dove in genere passavano rocker o sfatti di vario genere. Come previsto trovò qualcuno di conosciuto, cioè Slash e Duff che sembravano già un po’ brilli, anzi, visto come andò la conversazione, forse erano proprio ubriachi.
Li salutò e chiese degli altri. Rispose Slash.
«Noi non sappiamo niente. Come sempre direi.» continuarono a bere tranquillamente. Poi parlò Duff.
«Senti… ma… te e Izzy state insieme insieme o insieme così per dire?»
«Semplicemente non stiamo insieme… o almeno non ancora. Perché?»
«Quindi se avessi voglia di portarti a una festa, te verresti con me o rischio la vendetta subdola del mio chitarrista?»
«Non ero io il tuo chitarrista?» disse Slash ridendo. Si mise a ridere anche il bassista.
«Tu sei il mio chitarrista preferito!!!» E continuarono a ridere. Kensy era un po’ perplessa. Quella scena era molto gay.
«Ragazzi… state bene? Avete solo bevuto?»
«Più o meno. Comunque ci vieni ad una festa con me?»
«Che tipo di festa?»
«Una di quelle belle!! Dove c’è tanta musica, alcol e forse anche rockstar come noi» e ricominciarono a ridere. La modella chiese quando era questa festa e scoprì che era quella sera.
Accettò l’invito, anche se aveva deciso di sentire prima Izzy. Nel caso lui avesse avuto qualcosa da ridire, lei avrebbe dato buca a Duff all’ultimo minuto… sempre che il bassista si fosse ricordato di lei visto le condizioni in cui era.
«Come faccio a rintracciare Izzy?»
I ragazzi, tra una risata e l’altra, fecero un elenco di luoghi dove forse avrebbe potuto trovarlo. Annotò tutto mentalmente, chiese conferma a Duff dell’orario dell’arrivo di lui con la limo e se ne andò lasciando i ragazzi al loro Jack.

Trovò Izzy quasi subito, era al negozio di dischi a cercare qualcosa, cioè niente di particolare. Baciò la sua quasi ragazza con un po’ troppa passione del necessario visto dove si trovavano, ma Kensy non vi badò molto.
«Ho incontrato Slash e Duff a un bar. Duff mi ha invitata a una festa per stasera. Pensavo di andare se per te andava bene.»
«L’idea non mi fa impazzire a dire la verità. Ma io mi fido di te, quindi se vuoi andare… vai! Io ti aspetto a casa tua, quindi vedi di tornare!»
Kensy lo ringraziò con sempre troppa passione rispetto a quella richiesta. Forse non sarebbero più potuti entrare in quel negozio di musica.

Kensy si stupì che Izzy non fosse ancora arrivato a casa sua, anche perché in questo modo lei non capiva come avrebbe fatto ad aspettarla lì. Duff invece arrivò quasi puntuale, cioè con un’ora di ritardo, cosa calcolata dalla ragazza che aveva finito di prepararsi solo cinque minuti prima. Aveva optato per un vestitino comprato quel giorno, che lasciava poco all’immaginazione.
«Kensy!! Se poi quando sono ubriaco ti salto addosso, non ti lamentare eh!!!» Era un complimento in modalità Duff-ubriaco, così ringraziò e lasciò perdere la finezza del commento.
Arrivarono alla festa e c’erano già tantissime persone, alcol ovunque e “neve” in un angolo. Il bassista prese la prima bottiglia di vodka che vide e si inoltrarono nella festa. Molti ci provarono, ma visto chi era l’accompagnatore lasciarono perdere, nessuno voleva avere contro il bassista dei Guns, non era una buona pubblicità.
Tornarono a casa verso le quattro, Duff aveva insistito ad accompagnarla fino al portone, probabilmente per ricevere un ringraziamento un po’ particolare, visto che in tutta la sera non aveva potuto fare proprio tutto quello che voleva con le ragazze che continuamente ci provavano spudoratamente con lui. Arrivati alla porta trovarono Izzy per terra che dormiva. Duff lo svegliò con un urlo e un calcio.
«Sei un deficiente sai McKagan?!»
«Anche te sai Stradlin?!» e si misero a ridere entrambi «Ma cosa dormi fuori dalla porta! Sfonda la finestra e entra no?!»
«Tranquilli, tanto la finestra è di casa mia, quindi chi se ne frega se mi sfondate il vetro!» ovviamente l’affermazione di Kensy era sarcastica.
Il bassista la guardò, poi aggiunse rivolto a Izzy:
«Visto che a lei non piacciono le finestre rotte, poi dovrai pagare per aggiustarlo, ma non mi pare un grosso problema.»
Risero ancora, anche se sembravano quasi non completamente andati di cervello.
«Senti Izzy, vorrei salutare la tua quasi-ragazza a modo mio. Non è che te ne puoi andare per tipo una mezz’oretta che facciamo una cosa svelta?»
«Al massimo se vuoi vedo di romperti una gamba...» La modella guardava l’uno e l’altro cercando di capire se e quando intervenire.
«Ok… Allora posso salutarla solo con un bacio o anche con quello cerci di azzopparmi?»
«La puoi baciare, ma vedi di tenere le mani in vista.»
«Altrimenti?» chiese il bassista curioso
«Altrimenti ti stacco qualche dito e poi glielo spieghi te al nostro cantante equilibrato perché non puoi più suonare il basso!»
Duff così salutò con un bacio quasi casto la sua ex ragazza tenendo le mani sollevate sopra la testa come se gli stessero puntando una pistola addosso e dopo se ne andò.
Il chitarrista e la ragazza entrarono in casa.
«Com’è andata la festa?»
«Erano tutti partiti di cervello, ma bene. Te cos’hai fatto?»
«Niente di che. Il solito. Però sono qui da almeno due ore. Avrei bisogno di alcol, hai qualcosa?»
La ragazza gli dette l’ultima bottiglia di liquore che le era rimasta, doveva andare a comprarli.
«Cosa ci fa a casa tua una bottiglia di Cherry?»
«Quello che ci facevano gli altri alcolici. Sono qui per essere bevuti.»
«Facciamo così… Ci scoliamo un bicchiere a testa, così anche te bevi le schifezze che compri e dopo ci avviamo in camera da letto.»
«Prima facciamo una doccia.»
«Insieme??» chiese speranzoso.
«No, però io la faccio prima e mi porto via la bottiglia, così non te la scoli tutta. Al massimo potrai bere un po’ di caffè freddo.»
«Io quello schifo non me lo bevo tutto, scherzi!? Ancora non capisco come tu abbia fatto a comprare una stronzata simile, dovevi essere ubriaca.»
Kensy decise di non rispondere e andò a fare la doccia. Quando uscì la casa sembrava avvolta dalla nebbia. Izzy si era annoiato e aveva ammazzato il tempo fumando. Probabilmente a breve sarebbe partito l’allarme antincendio.
«Stradlin! Apri le finestre! Altrimenti tra poco arrivano i pompieri!!»
«Bello, dai!! Così ti trovano dentro la doccia!»
«Sì, bello, così poi ti caccio di casa in seduta stante! Vai a farti la doccia.»
Il chitarrista obbedì senza proteste. Ormai era un’abitudine, sembrava che facesse la doccia solo a casa di Kensy, che aveva deciso di comprare un paio di cambi di vestiti per lui. Mentre lei era in bagno in compagnia della bottiglia, Izzy si era arreso a bere caffè.
Quando uscì la trovò seduta sul divano in vestaglia con il bicchiere con lo cherry in mano. Il chitarrista le si avvicinò, le tolse il bicchiere di mano e la baciò. La accarezzò gentilmente tenendola stretta a sé. Le difese della ragazza sparirono e si abbandonò tra le braccia di Izzy. Quella sera non la trascorsero da soli.

My way: your way
Anything goes tonight!
My way: your way
Anything goes...



Audrey si sentiva uno schifo.
Cinque minuti prima aveva tirato una striscia in equilibrio sul tappo del wc. Non aveva mai riflettuto veramente su quanto riuscisse a soddisfare la sua necessità anche nei luoghi più assurdi. Le veniva da vomitare (tanto per cambiare), aveva tentato di chinarsi sul lavandino ma dopo due secondi i conati l’avevano scossa, senza produrre nessun tipo di risultato. Doveva assolutamente lavarsi i capelli prima di andare a lavoro. Sembrava che non li lavasse da mesi. Sembrava quasi... Izzy.
Convinta a dover dare una svolta a quella situazione, si chinò sul lavandino e iniziò a lavarli.
Steven era collassato sul divano con una bottiglia di Jack quasi finita in mano. Audrey non parlava da più di un quarto d’ora e la cosa lo insospettì. Con la pigrizia di un orso si alzò e si trascinò fino al bagno. La modella era china sul lavandino e stava sciacquando la sua folta chioma corvina.
Guardarle il sedere fu inevitabile, beh, a dire la verità rimase più di qualche istante, dopo aver realizzato che lo stava fissando. L’istinto ben annacquato di alcol gli comandava di agire come avrebbe fatto di solito, ma riuscì a trattenersi (a stento). Per distrarsi iniziò a tirare calci alla porta, e ovviamente si fece del male.

I’ve been thinking about ...thinking about sex, always hungry for something that I haven't had yet.



«Popcorn, va tutto bene?» domandò lei, sollevandosi dalla provocante posizione. Strizzò i capelli un’ultima volta e li avvolse nell’asciugamano.
«Sì, sì, è tutto ok. Ho solo sbattuto un piede mentre entravo in bagno» mentì il batterista.
«Quanto sei maldestro Steve...»
«Che vuoi farci...»
Audrey si voltò e aprì lo sportellino segreto (per modo di dire) nascosto dietro lo specchio. Scelse a caso, tra le tante confezioni, quella di pillole che la ispirava di più. Solitamente sceglieva in base al colore, ma in quel caso qualsiasi cosa sarebbe andata bene.
«Che giorno è oggi?» domandò.
«Tre marzo.»
«Grazie.» contò tre pillole e le ingurgitò in un colpo solo.
«Fortunatamente non siamo a fine mese, eh?» si lamentò lui. Si avvicinò e le strappò la confezione di mano, per poi gettarla nel cestino sotto il lavandino.
«Grazie.» ripeté lei.
Steven le diede un bacio sulle labbra, poi iniziò a vuotare la piccola farmacia dentro il secchio.
«Dopo ricordami di gettare via tutti i tuoi liquori e soprattutto le riviste porno...»
«Non ho riviste porno!» esclamò lui.
«Me l’ha detto Duff che ce l’hai» rivelò la modella.
-Stupido bassista. Farebbe meglio a chiudere quella fottuta boccaccia o perlomeno a tenerla impegnata in modo da non sparare stronzate. Steve. Steve. Steve! Smettila di pensare a bocche impegnate.-
«Non hai un bella cera, Audrey... non ti senti bene?» tentò il batterista, per distrarsi e distrarre lei.
«Ho freddo» rispose.
Popcorn non aspettava altro che una frase del genere: la baciò di nuovo, stavolta con più passione e la sollevò fino a farla sedere sul lavandino. Infine disse:
«Ti scaldo io, vieni...»

Tied up, tied down, up against the wall: be my rubber-made baby... and we can do it all!



Se c’era qualcosa per cui Steven era famoso, non era solo la leggenda del suo soprannome. I preliminari erano una delle sue arti, oltre a suonare la batteria, s’intende, e Audrey se ne accorse subito. Quando però arrivò al momento fatidico, la ragazza lo interruppe.
«No, Steve, ti prego, no...»
Quelle parole suonarono come una tremenda ghigliottina, una sentenza che non avrebbe mai dovuto essere emessa. Adler entrò in crisi e domandò:
«Che c’è, non ti piace?»
«No, anzi, cioè...» dopotutto la realtà dei fatti era contro di lei «Non... no, non così.»
-Pensa Steven, pensa, pensa, pensa. Cosa hai sbagliato stavolta? No, non può essere di nuovo per i peli, ha detto che erano intriganti... o intrigati, non ricordo... beh, comunque sembrava le piacessero... e poi? Oddio...- già se l’era dimenticato. Improvvisamente si sentì scomodo. Teneva una mano saldamente aggrappata al marmo del lavandino e l’altra intorno alla vita di Audrey -Momentaneamente...- e alla fine ci arrivò. -Beh, si magari non è molto comodo qui, abbiamo un letto, una vasca da bagno, un divano e chi più ne ha più ne metta...-
«Hai ragione, andiamo di là...» sussurrò al suo orecchio. La sollevò di peso, ma lei si scostò un attimo.
«Steve, dico... fatta. Non voglio farlo con te fatta a questa materia. Non voglio che sia uguale a come è stato con Izzy. Diverso... deve essere diverso.»

Maybe baby you’ve got something to lose, well I’ve got something, I’ve got something for you.


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Capitolo 12
*** Rocket Queen (Part I). ***


Appetite for Destruction

Capitolo XII - Rocket Queen. (Part I)


Audrey arrivò di corsa nel backstage. Dopo aver finito il lavoro aveva preso il primo aereo per correre da Steven. Era leggermente fatta, quindi per cercare di trovare il pass nella sua borsa aveva anche preso in pieno un palo della luce. Raggiunse dolorante i camerini, salutando il suo fidanzato con un bacio a fior di labbra. Era riuscita a non incontrare nessuno per la strada... e quello era un bene. Non aveva avuto ancora il piacere/dispiacere di incontrare Kensy o Izzy.

«Com’è andata la sfilata?» domandò il biondo con voce cavernosa alla morettina che si era seduta su un divano e aveva bevuto da un bicchiere a caso, scoprendo poi che si trattava di vodka.

«Benone, e tu, pronto per lo show?»

Il batterista non rispose, semplicemente si chinò con aria felina per darle un bacio. Se non si era fatto, perlomeno aveva bevuto, e non poco. Il suo alito sapeva di quel sommelier con cui era stata durante le vacanze estive della quarta superiore. La baciò con sempre più trasporto, fino a trovarsi a strusciarsi prepotentemente contro di lei.

«Stai bene?» domandò di nuovo lei.

«Sì, benissimo, e ho una voglia stratosferica di fare l’amore con te» confessò lui -come sempre-.

«Ti sei fatto?»

«Sì, in vena, con il contributo di Slash, e, per concludere in bellezza, ho anche bevuto. Un po’. Nel caso non te ne fossi accorta. Tu?»

Audrey non l’aveva mai visto così concio.

«Ho sniffato prima di salire in passerella...»

«E allora... dai!»

«Steve!»

Il biondo si alzò, snervato, e andò in bagno.

«Steve...» Audrey lo chiamò dolcemente «hai bisogno aiuto?»

Il batterista stava cercando di fare pipì (tra le altre cose), ma non si reggeva in piedi.

«No, non ho bisogno di nessun aiuto!» ripeté, seccato, ma proprio in quel momento cadde in avanti, evitando di spaccarsi il naso sulla tazza del water per miracolo.

«Vieni qui...» la modella fece un notevole sforzo per aiutarlo ad alzarsi, vista poi la mole di Adler, ma lui la spinse via.

«Vattene ho detto, non c’è niente da vedere e non ho bisogno di te, non ho bisogno di nessuno, vattene.»


If I say I don’t need anyone
I can say these things to you...


«Dici così perché stai male» fu la replica di lei alla frase indisponente del ragazzo.

«Dico così perché lo penso. Beh, sei ancora qui?» replicò pungente Popcorn.

«C’è dell’altro che devo sapere?» chiese.

«Sì, sono stanco di aspettare te che vuoi fare finta di disintossicarti. Stufo, capito? Non vuoi capirlo, no, che non c’è un’uscita? E che se c’è non molti la vedono? Non vuoi capirlo che io e te stiamo così bene insieme perché siamo due casi disperati e ci aiutiamo a vicenda a reggerci in piedi? Se non fossimo così spostati probabilmente non saremmo neanche fidanzati, lo sai? Lo sai questo?»

«È sempre la stessa storia: mi stai sparando addosso una quantità indefinita di merdate solo perché non ho fatto sesso con te...» sbuffò lei.

«Senti, io... io non ce la faccio, non posso andare avanti così: ho una voglia che non mi reggo in piedi, potrei andare con qualunque donna mi incontri per la strada, ma mi ostino ad aspettare te, non è una cosa normale!»


cause I can turn on anyone...
just like I’ve turned on you.

[...]

I’ve seen everything imaginable
pass before these eyes,
I’ve had everything that's tangible...
honey, you’d be surprised.
I'm a sexual innuendo
in this burned out paradise
If you turn me on to anything...
you’d better turn me on tonight.

«E poi almeno tu fossi una persona normale, te ne vai sempre in giro con quei microvestitini: si voltano tutti quando passi. La cosa ovviamente mi fa piacere, ma ho uno strano sentore di come andrà a finire questa storia e tu lo sai meglio di me.» sbottò Adler.

«Senti, non litighiamo, ok? Se il mio sentimento per te non fosse sincero non farei i salti mortali per seguirti. Me ne vado e ti lascio tranquillo, non voglio che ti agiti prima di salire sul palco. Ne parliamo stasera quando torniamo in albergo...»

«Io non ti voglio più vedere! Sono stufo di te, veramente, non ne posso più! Non ci devi neanche venire in albergo con me!»


Here I am
and you're a Rocket Queen.
I might be a little young,
but, honey, I ain't naïve.
Here I am
and you're a Rocket Queen, oh yeah.
I might be too much...
but honey you're a bit obscene.

Izzy saltò dentro il camerino con un’aria spiritata e si chiuse la porta alle spalle, rimanendo premuto contro di essa. Kensy, seduta su un vecchio divano scassato, lo guardò preoccupato.

«Tutto bene?»

«C’è una mia ex-fidanzata. Mi sta inseguendo, credo. Mi vuole uccidere.»

«Tesoro, puoi descrivermela?» domandò la mora, passandosi i capelli da un lato all’altro della divisa.

«È bionda ossigenata, modello Duff, più bassa però, fuma la sigaretta con uno strano prolungamento. E mi sta inseguendo.»

«Sì, magari avete fatto sesso sulla tazza del water mentre sniffavate qualcosa.»

«Questo non volevo dirtelo. Come lo sai? Non sai quanto mi dispiace!» il chitarrista pareva allarmato.

«Izzy, Audrey potrebbe effettivamente essere qui in giro, ma ora ha i capelli scuri, il prolugamento è il bocchino e dubito che ci andresti a letto insieme visto che una delle ultime volte ti ha scaraventato dietro un vaso. La verità è che tu devi aver assunto qualcosa di allucinogeno, non è forse così?»

Izzy si grattò il mento e guardò intorno a sé con aria vaga. A salvarlo, le nocche di qualcuno bussarono alla porta.

«Su, dobbiamo andare!» strillò Axl.

«Chitarra. Ho bisogno della mia chitarra.» asserì il moro, iniziando a svuotare i cassetti.

«Izzy, andiamo... esci di qui per piacere. E io e te non possiamo stare insieme se tu vai in giro in queste condizioni» la modella trascinò il chitarrista ritmico fuori dal camerino e lo consegnò al cantante. «Ne riparliamo dopo. Contaci.»

Audrey stava guardando Steven avviarsi sul palco insieme agli altri ragazzi. C’era un sacco di gente nei corridoi, ma la sua attenzione, per quanto non molto lucida, si focalizzò su un’unica persona che discorreva con Izzy. Le sue parole suonarono quasi minacciose alle sue orecchie, giusto un pelo in meno di quelle di Steven.

La tossica pensò che fosse inutile continuare a evitarsi: il tour era lungo e non sarebbe stato piacevole per entrambe. Avrebbero potuto accordarsi per un patto di convivenza pacifica per una parvenza di decenza perlomeno in presenza degli altri e poi continuare a odiarsi per tutto il resto della vita privata.

Quando Kensy si accorse che Audrey si stava avvicinando aumentò il passo per seminarla. L’idea era di mescolarsi con le prime file, così almeno avrebbe avuto la scusa del caos per dirle che non ci sentiva. Le due uscirono nella folla proprio mentre il concerto iniziava. Axl stordì il pubblico con uno strillo dei suoi e partirono i fuochi d’artificio. Audrey vide un pezzo di impalcatura tremare con l’impatto e una trave di ferro, che evidentemente non era stata fermata bene, cadde in direzione di Kensy.

«Kensy, attenta!» gridò, ma l’altra ovviamente non la sentì.

Corse abbastanza forte da riuscire a spostarla, ma in quel momento partì un’altra scarica di fuochi e la trave cadde.

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Capitolo 13
*** Rocket Queen (Part II). ***


Appetite for Destruction

Capitolo XIII - Rocket Queen. (Part II)

I see you standing...
standing on your own.
It’s such a lonely place for you...
for you to be.

Pioveva ancora. Da tre giorni non stava facendo altro che piovere. Un lampo nella stanza fece sussultare la ragazza sul lettino. Aprì gli occhi velocemente, cercando di abituarsi alla luce.
«Che cazzo avete tutti quanti da guardare?» furono le prime parole pronunciate da Audrey al suo risveglio. Non ci si poteva aspettare niente di più promettente.
«Il dottore gli aveva detto di non stressarti, ma spiegaglielo...» gridò Axl, dal fondo della stanza.
«Il dottore aveva anche detto che non potevamo entrare, ma tu hai insistito tanto perché volevi la poltrona in pelle e non le poltroncine del corridoio» precisò Kensy.
Il rossino la fulminò.
«Come ti senti?» tentò Adler.
«Come una che ha preso una trave in testa e poi ha fatto qualche piano di scale rotolando...»
«Beh, è quasi giusto.» confermò lui.
«È stato divertente:» affermò Slash «eravate dal lato del palco opposto al mio, così mi sono goduto la scena. Praticamente Izzy, Duff e di conseguenza anche Steven sono schizzati via dal palco e io e Axl siamo rimasti a guardare la scena, costretti a interrompere il concerto...»
«Sai, il tuo fidanzato ha dimostrato tutto l’amore che prova per te in queste ore» esordì Duff.
«Sì?» domandò Audrey incredula.
«Sì. Voleva farsi operare al posto tuo!»
«Amore... ma quanto sei dolce...» Audrey allungò un braccio per accarezzarlo in viso, nonostante i fili e le flebo la tenessero incollata al letto.
«Veramente aveva espresso quel desiderio solo per sentire com’era la morfina» considerò Kensy.
«Merda, mi hanno iniettato della morfina e me la sono persa? Che sfiga» si lamentò la ragazza «Mi piacerebbe entrare in dipendenza anche da quella!» esclamò.
«Beh, i dottori si sono un po’ lamentati dei tuoi esami tossicologici. Te ne parleranno, amica» la avvisò Slash «E prova a spiegarglielo che sei un’
eroina solo perché hai salvato la vita a Kensy... l’hai capito il gioco di parole?» sghignazzò tra sé. Nella stanza scese il silenzio e la temperatura si abbassò. Il chitarrista cercò di riprendere quota: «Comunque hai perso conoscenza per un po’... Steven ha provato a farti la respirazione bocca a bocca ma si è dimostrato un fallimento, quindi per sicurezza abbiamo fatto tutti un tentativo...»
«Davvero?» domandò Audrey ancora più dispiaciuta «Che sfiga del cavolo...»
«Aud!» gridò Adler.
«Ovviamente non è vero neanche questo. Hai davvero intenzione di berti tutte le stronzate che ti racconteranno per le prossime ore?» domandò Kensy.
«Non dovremmo essere noi a parlare» bofonchiò il bassista «direi che dovremmo lasciarvi sole...» Slash lo seguì mentre si avviava alla porta. «Popcorn? Izzy?» domandò il bassista «Capisco l’attaccamento, però, quando dico da sole, è da sole...»

If you need a shoulder,
or if you need a friend,
I’ll be here standing
until the bitter end.

Ci fu un iniziale momento di silenzio nella stanza. Le due non si guardarono, cercando di decidere chi dovesse parlare per prima solo affidando la cosa al caso.
«Senti io...» esordì Kensy.
«No, fai parlare me.» la pregò Audrey «Mi dispiace. Per tutto. Per la droga, per le sbronze, per la necessità di avere te come babysitter, per quella volta che ho dato fuoco alla pianta grassa di cui eri innamorata, per averti rotto la boccetta di smalto indaco, perché sì, te l’avevo rotta io, per aver rovesciato la mia tinta fai da te sul tuo vestito nero, per essermi fatta il tipo di cui eri invaghita. Giuro, mi dispiace. Il punto è che le mie scuse non bastano...»
«Quello che hai fatto basta, Aud...»
«Ferma. Io so che non basta. Non basterà mai. Perché non cambia quello che sono. Sono una persona che continuerà a drogarsi e a sbronzarsi, che continuerà a essere una squilibrata.»
«Tu sei colei che mi ha salvato la vita!»
«Ma non cambierò, lo capisci? Tra un mese potrei finire di nuovo a letto con il tuo fidanzato, chiunque esso sia e...»
«Non credo. Mi sembri presa da Steve, lo dico sul serio. Voi due state bene insieme, siete... matti.»
«No, Steve... mi ha lasciata. Credo che ora si comporti così perchè sono qui... poi sparirà. E tornare da Izzy è un attimo...»
«Ma poi
sta minchia, litigarsi per Izzy. Neanche fosse sto gran figo, o che trombasse da Dio, o che...» commentò Axl, ancora seduto comodamente in un angolo. Fu interrotto immediatamente da Kensy.
«A-Axl? Che ci fai qui?»
«L’hai detto anche tu che l’unica ragione della mia presenza in questo ospedale è questa poltroncina di pelle...»
«Fuori di qui!» strillò la ragazza dalle meches azzurre.
«...E poi che ne sai te di come tromba Izzy?» domandò Audrey preoccupata.

No one needs the sorrow!
No one needs the pain!
I hate to see you
walking out there...
out in the rain.

Quando Kensy uscì dalla stanza non trovò nessuno nel corridoio e lei stessa fu cacciata quasi brutalmente, visto che l’ora del passo era finita da un pezzo.
Izzy la stava aspettando fuori dalla struttura, sotto il portico, fumando una sigaretta.
«Com’è andata? Ho avuto una specie di visione in cui tu e lei vi abbracciavate in uno special di Carramba che Sorpresa condotto da Joe Elliott che sembrava una via di mezzo tra Renato Zero biondo e Raffaella Carrà.»
«Tu... tu stai male. Joe Elliott è bellissimo... e chi diavolo sono Renato Zero e Raffaella Carrà?» Izzy rispose facendo spallucce. «Devi disintossicarti, seriamente.»
«Parli bene tu. Devo registrare con i ragazzi. E tu te ne andrai a breve a Chicago. Mi spieghi come pensi che io riesca a disintossicarmi?» il chitarrista si sedette per terra, incurante dell’umidità e della pioggia, e soffiò via una grande quantità di fumo.
«Se pensi che ti abbandonerò solo perché me ne vado a Chicago ti sbagli di grosso. Io ci sarò sempre per te, anzi, ti dico una cosa. Devi venire con me, ma non per me, per te stesso, per il tuo bene.»

So don’t chastise me,
or think I, I mean you harm.

O
f those that take you 
Leave you strung out...
m
uch too far, baby, yeah!

Era notte all’ospedale. I ragazzi se n’erano andati, Kensy aveva promesso che sarebbe ritornata il giorno dopo. Audrey si sentiva sollevata: se fosse morta, forse qualcuno sarebbe andato al suo funerale o comunque l’avrebbero trovata prima che si decomponesse. Era un po’ preoccupata per la disintossicazione, vivere con Steven non avrebbe aiutato, ma forse questa eventualità non si sarebbe neanche presentata.
La spalla le faceva sempre meno male, quindi forse gli antidolorifici iniziavano a fare effetto. Spense la lucina sopra la sua testa e si sforzò di dormire. Passarono pochi minuti quando qualcuno si intrufolò nella stanza di soppiatto: la modella sgranò gli occhi terrorizza e per poco non cacciò un urlo.
«Shhhhh!» intimò Adler una volta che la ragazza ebbe acceso la luce e impugnato un vaso di fiori da lanciare contro di lui. Ormai quella disciplina era una delle cose che gli riuscivano meglio. Il batterista indossava un camice bianco per dissimulare.
«S-steven... mi hai quasi fatto venire un infarto, si può sapere che ti è saltato in mente?»
«Cerca di non farci scoprire, ho scavalcato tutta la sicurezza per intrufolarmi qui!»
«Ma sei matto?»
«No, e non sono neanche fatto, o ubriaco, sto bene e sono venuto qui, per te, quindi manifesta almeno un briciolo di felicità!»
«Sono felice, solo che sono anche sorpresa...»
«Oggi hai parlato con tutti tranne che con me, poi ci hanno cacciati e non sono stato buono a niente.»
«Beh, sai, passare da essere un’ombra ad avere sei persone al proprio capezzale, anzi... diciamo cinque visto che Axl si era dissociato... È un bel salto di qualità.» spiegò lei.
«Che emozione!» la prese in giro lui, sedendosi al suo fianco. «Non vedo l’ora di riportarti a casa, mi fai uno strano effetto su questo lettino...» confessò il ragazzo.
«Anche a me fa uno strano effetto, certo... è più comodo che addormentarsi con te ripiegato sulla mia schiena come succede di solito, ma dicono che al momento il problema principale sia la mia spalla e non la schiena. Sei poi mi strippa fuori un’ernia me lo ridicono... già che per questa mia ennesima cazzata chissà per quanto mi terrà ferma...»
Lui le fece l’occhiolino.
«Ci inventeremo qualcosa per ammazzare il tempo.»

Don't ever leave me,
say you'll always be there.
All I ever wanted
was for you
to know that I care.

«Senti, Steve, devo dirti una cosa importante...»
«Anch’io, ma parla prima tu.»
«Hai ragione, avevi ragione su tutto. Nutro sempre le speranze sbagliate. Probabilmente morirò giovane, di overdose o giù di lì, e non riuscirò ad uscire da questa cosa, ma, ci tenevo a dirtelo, vorrei che a quel punto ci fossi tu accanto a me. Ho capito che non m’importa niente del resto...»
Negli occhi di Adler, e forse nel suo cuore, si mosse qualcosa.
«Ho capito, signorina,» sorrise «adesso però basta chiacchiere, credo che sia arrivato il momento di un controllino!»


Izzy guardò Kensy dal basso verso l’alto. Gli trasmetteva una certa fiducia, aveva l’idea che lei si sarebbe realmente presa cura di lui. La mora si piegò sulle ginocchia, stando ben attenta alla lunghezza del vestito. Gli sorrise e mise la mano sulla sua.
«Pensaci, Izzy, pensaci bene. E se anche poi cambiassi idea io sarò sempre lì, hai capito?»
«Vorrei che fosse semplice prendere questa decisione, perché il mio cuore e la mia testa ora dicono sì a gran voce, ma so che presto cambierà tutto, che basterà un’altra dose a farmi dimenticare tutto. Non voglio farti promesse che non posso mantenere, cerca di capire.»
«Devi solo promettermi che ci proverai.»
«Ci proverò, insieme a te. Ma devi darmi tempo per dirlo ai ragazzi, per organizzarmi.»
Si guardarono. Si erano scambiati un promessa di fronte ad un ospedale in una giornata di pioggia inarrestabile. Kensy si drizzò in piedi e gli tese la mano.
«Abbiamo davanti tutta la vita.»


Steven si sollevò dalle coperte. Avrebbe voluto sdraiarsi: era stanco morto dopo quella performance memorabile, ma non c’era abbastanza spazio e rimanere sopra di lei non era una buona idea.
Si guardò intorno alla ricerca della famigerata poltrona che Axl tanto aveva amato, rendendosi conto che era proprio accanto a lui. Allora cercò di orientarsi all’interno della stanza, e si accorse che, probabilmente per le spinte, il letto si era progressivamente allontanato dalla sua posizione originale.
«Ma... noi come ci siamo arrivati quaggiù?»



> ndAutore:

Ebbene siamo giunti al termine di questa disavventura. Devo confessare che non credevo avrei trovato un escamotage per porre una fine questa strage, eppure ci sono riuscita :D visto che ci sono vorrei ringraziare la collega Baby che ha collaborato a questa delirante stesura, DM wife, Ormhaxan, Dazed e _Ramble_ per le loro recensioni e Jingle Bell Rock che ha inserito la storia tra le preferite :) Un ringraziamento va anche a tutti coloro che hanno inserito questa storia tra le seguite (nonostante lo scarso successo di commenti, devo dire che nel mio profilo questa è la fan fiction più seguita in assoluto!!). Son soddisfazioni.
Visto che nessuno leggerà questo capitolo ci terrei a fare un po’ di inutile pubblicità alla nuova collaborazione con Baby. Nel caso qui ci fosse qualcuno che ha un debole per MrDJAshba consiglio vivamente la lettura di quella che è indubbiamente la commedia d’amore più divertente che io abbia mai scritto (e soprattutto letto), in cui un certo chitarrista dei GNR è scritto da niente popò di meno che dalla collega _Havoc_. Ora essendo lei mia sorella per cognome e sangue, ci terrei a precisare che NON sfaterà il mito ‘CHITARRISTI + SGABUZZINI = TROUBLE.’ (vedi Cap. 1 – Welcome to the Jungle) :)
Ancora un saluto a tutti quanti, se avete bisogno di me, un mp al volo :D

C.




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