Our dreams are comin' true

di Shatzy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** parte 1 ***
Capitolo 2: *** parte 2 ***
Capitolo 3: *** parte 3 ***



Capitolo 1
*** parte 1 ***


Disclaimer: i personaggi citati non mi appartengono, ma sono dei legittimi proprietari; la storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Note: la fic ha partecipato a un’iniziativa che prevedeva una storia ambientata in clima natalizio, avevo deciso quindi di scrivere qualcosa di molto semplice, senza drammi, sangue, lacrime o angst in generale, per la festa dell’anno in cui si è tutti più buoni (compresi gli autori di fanfic, sì).
La storia è stata scritta più o meno tra la puntata 3x03 e la 3x04 (proprio durante quel simpatico hiatus), quindi niente spoiler.
In realtà questa è un'enorme oneshot schifosamente lunga, che per il bene di chi avrà il coraggio di leggere ho diviso in due o tre parti.
Credits: il titolo è ripreso da una frase della canzone "Heaven" di Bryan Adams, mentre la canzone a inizio e fine storia è "Gift of the Magi" di Squirrel Nut Zippers.

 
 



Oh Mother, Mother what shall I do?
Though Christmas day is fast appear
I have no silver, I have no gold
To buy my love a gift this year



Our dreams are comin’ true


Un dollaro e ottantasette centesimi. Ed era tutto quello che aveva.
Lo sapeva che avrebbe dovuto limitare le spese in quel periodo, ma non aveva potuto lasciare tutti quei capi di abbigliamento pazientemente scelti in base a colore, modello e prezzo, alla prima ragazzina viziata in preda a crisi isteriche per i regali per il proprio padre, fratello, o cane. E il fatto che i saldi iniziassero solo a gennaio non era stato d’aiuto, così come quella svendita da Mac del mese scorso – in compenso, gli effetti della sua nuova crema per le mani non erano passati inosservati nemmeno da Finn.
Il problema, però, era un altro.
Un dollaro e ottantasette centesimi, e in un paio di settimane sarebbe stato Natale, il loro primo Natale come una coppia. E Kurt non aveva la minima idea di cosa comprare al suo ragazzo.
Strinse con più forza il volante, accelerando leggermente.
“Non ti piace la canzone?” chiese Blaine dal sedile accanto al suo, cambiando la stazione della radio. “Il segnale non è buono in questa zona…”
Niente è buono in questa zona, anche perché non c’è assolutamente niente. A parte questa strada infinitamente lunga. Oh, e la neve”.
L’altro sospirò. “Se hai freddo alzo il riscaldamento” commentò, girando una manopola. “E arriveremo a Cleveland tra poco, da lì sono appena una ventina di chilometri per-”
“Lo so, ho stampato io la mappa da Google”.
Blaine sorrise, accarezzando la mano di Kurt poggiata sul cambio. Erano mesi che tentava di organizzare una giornata del genere, loro due da soli nella casa dei suoi genitori sul lago Erie, e finalmente era riuscito a convincere sia il suo ragazzo che Burt. Il clima di quel dicembre non era dei migliori, ma gli avrebbe dato solo l’ennesima scusa per qualche coccola in più, magari davanti al fuoco del camino e a una tazza di cioccolata calda con panna.
E per questo avrebbe sopportato anche le tre ore di viaggio da Lima al confine, con tanto di borbottio di una radio non sintonizzata in sottofondo.
“Oh, la riconosci questa?” si riprese dai suoi pensieri, alzando il volume e canticchiando le parole disturbate della canzone che passava in quel momento. “I got so brave, drink in hand, lost my discretion…”
Kurt alzò un sopracciglio, togliendo la mano dal cambio e riportandola sul volante. Non che il suo ragazzo diede segno di notare la perdita di contatto tra loro, intento com’era ad improvvisare una performance nell’abitacolo dell’auto.
I kissed a girl just to try it, I hope my boyfriend don’t mind it!
It felt so- Ehi, perché hai cambiato stazione? La conoscevo!”
“Chi guida sceglie la musica” dichiarò impassibile Kurt, sintonizzando casualmente su un qualcosa che somigliava terribilmente allo stridio della voce di Rachel quando elogiava il suo talento.
Blaine sbuffò, incrociando le braccia al petto. “La macchina è mia, dovrei scegliere io”.
“Se abbiamo delle regole dobbiamo anche rispettarle, Blaine” gli fece presente l’altro. “E poi guido meglio di te”.
“E sentiamo, su che base affermeresti una cosa del genere?” gli chiese divertito.
“Innanzitutto, non mi distraggo così facilmente come fai tu. E non ho mai tamponato l’auto di tuo padre nel vialetto di casa tua”.
“E’ successo solo una volta, Kurt! E stavo guardando te mentre cantavo Heaven di Bryan Adams, e Burt non parcheggia mai in quel punto!”
“Poi, non ricordi mai le strade di Lima e non mi ascolti quando ti faccio gentilmente presente che conosco delle scorciatoie. Consumi troppa benzina, Blaine, il nostro pianeta sta piangendo per questo”.
“Scherzi, vero? Una volta ti ho aspettato tre ore a Westerville perché ti eri perso e ti ostinavi a non volermi dire dove fossi”.
Kurt tuttavia lasciò andare solo un sospiro, non perdendo la calma. “Terzo, tendi a guidare con marce troppo basse, e lo stridio del motore è veramente insopportabile per il mio orecchio musicale. E infine-”.
“Kurt!”
La sterzata improvvisa li fece finire sul ciglio della strada, dove l’auto si fermò con una brusca frenata.
“Perché hai urlato?” gridò Kurt dopo un primo momento in cui entrambi erano rimasti in silenzio, liberandosi poi dalla mano di Blaine che era subito corsa al suo avambraccio. “Mi hai spaventato!”
“L’hai visto? Oh mio Dio, era un cervo! Stavi per investire un cervo!” si allarmò l’altro, ispezionando la strada per controllare se fosse effettivamente libera.
“Non stavo per investire proprio niente, e quello era un daino!”
“Oh mio Dio, cosa ci fa un cervo qui?” continuò, osservando il fitto bosco ai lati della strada.
“Non era un- Blaine, cos’è questo odore di bruciato?”
Si guardarono per un secondo, confusi, prima che Blaine gli slacciasse la cintura di sicurezza. “Esci”.
“Ma-”
“Esci!” ripeté più convinto, tirando la maniglia e spalancando la sua portiera.
Si ritrovarono davanti al cofano, fissando in modo perplesso il debole fumo grigiastro che usciva da sotto la lastra di metallo. Dopo pochi secondi scomparve, mentre tutto attorno a loro tornava silenzioso e ovattato, coperto di neve.
“Che è successo?” chiese Blaine, inclinando leggermente la testa di lato.
Kurt tuttavia tornò all’interno dell’auto, spingendo la manopola che permetteva l’apertura del cofano. “So io cos’è successo” disse, tornando accanto al ragazzo e guardando l’interno del motore. “Non hai cambiato l’olio!”
“Cosa? L’ho cambiato invece! Due giorni fa!” precisò l’altro, sporgendosi un po’ per vedere quell’insieme di tubi.
“Se l’avessi davvero fatto ora non saremmo bloccati in mezzo al nulla con dei circuiti chiaramente bruciati” gli fece sapere.
“Oh certo, adesso la colpa è mia. Perché invece non può essersi bruciata la frizione? La tieni spinta un po’ troppo, è il tuo difetto, e questo è il risultato” commentò, incrociando le braccia e guardandolo con aria di sfida.
Kurt aprì la bocca per rispondere, seriamente piccato, ma la richiuse subito. “Mio padre è un meccanico, e uno dei migliori in circolazione. Pensi che io non sappia tutto di auto?” rispose oltraggiato, camminando con passo stranamente pesante fino al portabagagli. “Il problema è l’olio. Non ce n’è a sufficienza”.
Blaine sbuffò, alzando gli occhi al cielo grigio che li sovrastava. “Kurt, non ha senso. E non hai mai nemmeno messo una tuta da meccanico”.
“Solo perché mi ingrassa sui fianchi” ribatté, tornando accanto a lui con una bottiglia nera in mano.
“Cos’è quella?” chiese Blaine, preoccupato.
“Olio per motori, era nel retro dell’auto”.
“Kurt! Non so nemmeno da quanto tempo sia lì! Non dovresti mescolare due oli diversi o-”
“E che ne sai che non sia lo stesso?”
“Perché l’ho cambiato due giorni fa!” ripeté, convinto.
“Non lo hai fatto” ribadì, scrutandolo con un sopracciglio alzato. “E ora, se permetti, vorrei risolvere questo problema e tornare al caldo. Sto congelando dato che mi hai spinto fuori dall’auto senza lasciarmi prendere la giacca”.
“C’era del fumo! Non si rimane mai dentro una macchina se esce del fumo” O almeno è quello che dicono nei film, evitò di aggiungere, arrossendo lievemente.
Kurt si limitò a guardarlo con sufficienza.
“Per me è la frizione…” provò di nuovo Blaine.
“Per me è l’olio” confermò, svitando il tappo del contenitore dell’olio all’interno del cofano.
L’altro sbuffò, di nuovo. “Fai come ti pare!” gli disse, prima di tornare in auto e chiudere lo sportello rumorosamente.
Notò appena che Kurt versava tutto il contenuto della bottiglia prima di portare la sua attenzione al bosco accanto a loro, alla neve fresca e all’insolito buio di quella mattinata.
Com’erano arrivati a quella situazione? Il suo ragazzo era sempre stato un tipo piuttosto orgoglioso e tendente al sarcasmo se qualcosa andava minimamente storta, ma di solito bastava la sola presenza di Blaine per farlo calmare e fargli nascere sul viso quel sorriso abbagliante e quello sguardo innamorato.
Questa doveva essere la loro giornata, piena di coccole e parole d’amore scambiate su un tappeto morbido accanto al camino acceso, perfetta proprio come era la loro vita insieme.
Perché invece era dentro la sua auto con le braccia strette al petto per il freddo, mentre guardava la distesa di neve fuori dal finestrino per evitare di pensare al sorriso compiaciuto di Kurt che accendeva il motore?
Già, proprio la sua vacanza ideale.


*

Blaine lasciò cadere la borsa e lo zaino a terra, cominciando a trafficare con le chiavi per trovare quella che apriva il portone in legno scuro davanti a lui. L’abitazione era piuttosto piccola e semplice, disposta su due piani e con una piccola veranda sul retro, sicuramente utile durante l’estate, ricoperta di fiori e con un divano comodo su cui sdraiarsi, ma che al momento riparava appena da tutta quella neve che era scesa nella zona. Il lago Erie era appena a mezzo chilometro di distanza, e magari più tardi avrebbero potuto fare una romantica passeggiata lungo la sua riva…
“Quanto ci vuole ancora? Sto congelando, Blaine!”
… Fidanzato permettendo, ovviamente.
“Un attimo! Sono almeno due anni che non entro in questa casa, e ho ancora le braccia indolenzite per la tua borsa che ho portato fin qui”.
Kurt roteò gli occhi, incrociando le braccia e stringendosi nel suo cappotto blu. “E’ la borsa con il nostro pranzo. E poi ci siamo alternati”.
“Mi stupisco che tu non ci abbia messo dentro anche un pianoforte, visto quanto pesa” commentò, aprendo finalmente la porta. “E comunque l’hai portata per i primi cinque minuti, io per i restanti venticinque. In salita”.
“Non è colpa mia se la tua macchina si è fermata a due chilometri da qui!” dichiarò, entrando per primo nella stanza.
Si guardò subito attorno, notando come il piccolo salotto fosse arredato in modo semplice ma con gusto. La signora Anderson in fondo ci sapeva fare, lo aveva sempre saputo, più o meno da quando aveva notato l’abbinamento tra il tappeto della sala da pranzo e le cornici dei quadri la prima volta che era entrato nella casa del suo ragazzo.
“Le luci dovrebbero essere qui…” disse Blaine sovrappensiero, controllando il quadrante accanto all’ingresso con i diversi pulsanti all’interno.
L’altro lo lasciò fare, continuando ad osservarsi attorno. Un grande divano bianco era disposto proprio davanti al camino e la cucina faceva angolo sulla destra, decorata con motivi floreali su legno scuro.
“Oh, cavolo, la legna è quasi tutta umida” si lamentò Blaine, mentre lasciava cadere un ciocco nel camino e si asciugava le mani sui jeans, facendo arricciare il naso di Kurt. “Ma ci sono un paio di stufe elettriche” si affrettò a dire, notando il suo sguardo preoccupato. “Ehm, sì. Da qualche parte…” concluse, guardandosi attorno.
Kurt sbuffò, sfiorando con la mano il tavolo pregiato della cucina. La suoneria di "Pink Houses" del suo cellulare squillò leggera e spensierata dalla tasca dei pantaloni, e non ci mise più di due secondi a capire chi fosse. “Papà?” rispose senza esitazione.
Blaine alzò la testo verso di lui, curioso, prima di prendere la borsa con il loro pranzo e cercare di stendere la tovaglia sul pavimento. Lo ascoltò mentre raccontava come avevano passato la mattinata – “C’è stato un guasto improvviso, non so come sia successo, no, papà, non ho bruciato la frizione!” – e poi dirgli di come avevano camminato per mezz’ora al freddo per raggiungere la loro meta, dato che i negozi quel sabato erano chiusi e non avevano quindi potuto riparare l’auto – “C’è troppa neve, papà, e il paese più vicino è a venti minuti da qui. Hai idea di quanto ho pagato questi stivali? Non ho intenzione di andare fin… Non ho intenzione nemmeno di chiedere a Blaine!”
A quel punto il diretto interessato si ritrovò ad aggrottare le sopracciglia, mentre l’altro abbassava il tono di voce. E ormai lo conosceva fin troppo bene, poteva quasi vederlo, il rossore sulle guance di Kurt.
“Anche se dovessimo rimanere qui tutta la notte non credo proprio che ci saranno occasioni per cose del genere, papà. Fidati, non è la giornata adatta” sussurrò appena, con tono a metà tra il nervoso e il deluso, prima di riagganciare.
Blaine finì proprio in quel momento di tirare fuori l’ultima portata e posizionarla sulla tovaglia (Kurt quando ci si metteva faceva le cose in grande stile, e quel pranzo ne era la conferma). “Hai fame? Sembra tutto delizioso, Kurt, non so da dove cominciare” gli disse con un sorriso.
L’altro sospirò, rimettendo il cellulare nella tasca dei pantaloni. Non era il momento di pensare a cose negative come il trovarsi sperduti nel nulla quasi seppelliti dalla neve, con un’auto guasta, con un paese senza negozi in grado di aiutarli e con un camino spento e almeno cinque gradi sotto lo zero. E con la possibilità di rimanere tutta la notte in quel posto d’inferno, considerando il modo in cui aveva appena ripreso a nevicare.
Forse invece era il caso di pensare solo a Blaine, che lo guardava in quel modo tutto speciale, tutto loro, seduto accanto alla tavola imbandita.
Sì, non era il caso di pensare a nient’altro. Neanche al suo dollaro e ottantasette centesimi.
“Blaine, i bicchieri vanno alla sinistra del piatto. Alla sinistra! Non puoi essere peggio di Finn, vero?”


*

Era così che sarebbe dovuta andare da subito. Nessun problema al motore, nessuna camminata di chilometri nella neve, nessuna lamentela per il freddo che entrava fin nelle ossa, e soprattutto nessuna discussione con Blaine.
Sarebbe dovuto essere così fin dall’inizio. Perfetto.
Oh, rimaneva il problema di quel dollaro e ottantasette centesimi.
“Blaine…” provò a chiamarlo, ma steso com’era sul tappeto morbido della sala da pranzo, con il calore della stufa elettrica poco lontano, la coperta di lana attorcigliata alle sue gambe e il suo ragazzo che gli baciava il collo non era tanto sicuro che la sua voce avesse distinto quell’attuale parola da un semplice gemito.
Non che Blaine diede segno di lamentarsene, o di aver compreso qualcosa, visto il modo in cui era risalito fino al suo orecchio, leccandone la pelle appena al di sotto e strofinando il naso tra i suoi capelli.
Kurt si lasciò andare ad un sospiro, dimenticando perfino che la sua camicia bianca stava inesorabilmente strusciando contro un tappeto ricoperto da chissà quanta polvere, ma non poté fare a meno di aggrapparsi con più forza alle spalle di Blaine, passandogli una mano tra i capelli e costringendolo a baciarlo di nuovo sulla bocca, dolcemente. Ed era assurdo quanto le loro labbra non sentissero più la stanchezza o la sensazione di gonfiore appena si sfioravano, o come i loro respiri fin troppo caldi sulla pelle del viso non fossero più un imbarazzante solletico.
Dopo tutti quei mesi, Kurt poteva ammettere senza vergogna che erano campioni di coccole. Il loro record personale era intorno alle due ore e tre minuti, come il primato della maratona, ma erano entrambi sicuri di poter migliorare notevolmente. Il problema era avere il tempo a disposizione, considerando le regole di Burt e il coprifuoco di Blaine.
“Aspetta…” ripeté ancora, ma ottenne come risposta una sorta di grugnito e un bacio più intenso. Blaine gli accarezzò poi una guancia con la mano, inclinandogli la testa in modo da poter approfondire meglio il contatto. E Kurt impazziva, letteralmente impazziva, quando l’altro gli prendeva il labbro inferiore e cominciava a leccarlo, continuando a muoversi contro la sua bocca. Dio, le labbra carnose di Blaine non le avrebbe dimenticate nemmeno dopo una lobotomia.
“Oh” gli sfuggì, appena udibile e confondibile con un sospiro di piacere, notando che la mano libera di Blaine, quella che non era stretta tra i capelli sulla nuca di Kurt, si era infilata sotto la sua camicia e aveva cominciato ad accarezzargli la pancia.
Il loro rapporto era diventato più fisico solo da poco tempo, ma era impressionante la loro capacità di ricordare ogni punto preferito dell’altro, e il modo in cui gli piaceva essere sfiorato e amato. Kurt avrebbe dato qualsiasi cosa per lui, anche la sua preziosa voce, proprio come Ariel (dovevano smetterla di tenere i cartoni Disney come sottofondo alle loro sessioni di coccole, anche se Blaine continuava a dire che rendevano l’atmosfera perfetta per quel genere di attenzioni e allontanavano possibili guastafeste). Avrebbe dato qualsiasi cosa per continuare ad essere amato dal ragazzo migliore del mondo, e glielo avrebbe dimostrato presto.
Oh. Non con un dollaro e ottantasette centesimi.Merde.
“Blaine… Blaine! Fermati!” lo bloccò all’improvviso, ribaltando le posizioni e sdraiandosi su di lui – a quanto pareva era l’unico modo per fermarlo efficacemente.
Blaine gli sorrise, portando una mano sulla sua guancia, lasciando che Kurt si adagiasse contro il suo palmo, mentre l’altra gli accarezzava la pelle della schiena. “Va tutto bene?” gli chiese.
Perché doveva guardarlo sempre in quel modo? In un misto di amore sconfinato e senso di abbandono. Oltre a qualcosa di famelico.
“N-no, non è questo, è che…” ti meriti molto di più e non so attualmente come ripagarti. Letteralmente. E questo farà di me il peggior fidanzato della storia, e tu me lo rinfaccerai giustamente per un tempo indefinito, e io lascerò il mio orgoglio prendere il sopravvento, e alla fine ci lasceremo e quando ci incontreremo per caso fuori a un teatro di Broadway perché mi chiederai un autografo per tuo marito io correrò via e mi rinchiuderò in un bagno e piangerò fino a che-
“Kurt. Mi stai spaventando”.
“Oh… No. Non è niente!” Ok, doveva smetterla di lasciar vagare così tanto la sua mente, forse ultimamente aveva passato troppo tempo in compagnia di Rachel Berry e dei suoi melodrammi. “Ti amo” disse solamente, cercando di cambiare discorso.
E ci riuscì, visto il sorriso enorme sul viso di Blaine, e la velocità con cui lo aveva baciato di nuovo. E poi come lo aveva riportato sotto di sé. “Vuoi andare in camera?” propose dopo pochi secondi, con le labbra contro la pelle del suo collo. Adorava l’odore di Kurt.
“C-come?” si ritrovò a chiedere, stupito. Ma lo sguardo sicuro di Blaine, ora fisso nei suoi occhi mentre le sue mani gli accarezzavano il viso, non lasciava spazio ai dubbi. “Sì”.
“Davvero?” domandò l’altro, quasi incredulo.
“S-sì, perché non dovrei?” disse sulla difensiva, arrossendo leggermente. “Insomma, ormai…” ma non poté finire la frase, perché Blaine lo aveva già coinvolto nell’ennesimo bacio del pomeriggio.
E ormai non sentiva più nemmeno il freddo, che motivo aveva avuto per lamentarsene tanto prima?, e il camino acceso sarebbe stato un terribile cliché. E che senso aveva preoccuparsi della neve che cadeva leggera, fuori, se si stava facendo buio? Non l’avrebbe vista neanche alla luce del sole, se continuava a tenere gli occhi chiusi per Blaine. Senza contare che potevano fare una romantica passeggiata mano nella mano per tornare fino alla loro auto, e nel frattempo avrebbero persino perso qualche caloria, perché quindi farla ora? Ormai non sentiva più niente, solo Blaine, le sue labbra, le sue mani, il suo amore, il campanello insistente della porta.
No. Cosa?
“Cosa?” domandò, alzandosi a sedere di scatto.
“Non è niente” tentò di distrarlo Blaine, tentando di farlo sdraiare di nuovo. “Niente”.
“Come niente? Qualcuno sta suonando il tuo campanello, Blaine, non possiamo lasciarlo là fuori con questo tempo!” tentò di farlo ragionare, mettendo una distanza di ben venti centimetri tra di loro. Ed era tanta.
“Va bene, se suona di nuovo vado ad aprire, altrimenti…” e lasciò la frase in sospeso, avvicinandosi alla bocca di Kurt. Non che a quest’ultimo dispiacesse.
Ma quel trillo insistente li bloccò di nuovo.
“Magari è importante” provò Kurt, mentre l’altro si alzava e si avviava all’entrata, sistemandosi la maglietta nei jeans.
Lui intanto si sdraiò sul tappeto, tentando di recuperare il fiato. Ok, cinque minuti e Blaine si sarebbe occupato di qualsiasi scocciatore si fosse trattato, magari nel frattempo poteva fare un giro al piano di sopra e valutare l’effettivo stato di pulizia della camera da letto. E anche dove la signora Anderson teneva un ferro da stiro per eliminare le pieghe sulla sua camicia.
“Oh, finalmente! Cominciavo a preoccuparmi che le mie corde vocali potessero congelarsi, qua fuori. E i miei papà avrebbero dovuto farti causa, Blaine, per aver affondato il mio enorme talento come l’iceberg con il Titanic”.
No. Era un incubo. Quella voce l’avrebbe riconosciuta tra mille – e come darle torto, il talento di cui andava vantandosi era realmente esistente – ma Rachel Berry non aveva appena interrotto una sessione così intensa di pratica tra lui e Blaine. No.
“Ehi amico, la tua auto è a due chilometri da qui, lo sai? Totalmente ricoperta da neve. Bella casa, comunque”.
No, questo era anche peggio di Rachel Berry.
Kurt si alzò immediatamente, incurante dello stato dei suoi capelli e delle pieghe sulla camicia e sui pantaloni, rosso in viso non solo per il caldo della stufa e con il fiato corto. Quasi inciampò nella coperta di lana attorcigliata alle sue caviglie, ma il suo sguardo non lasciava spazio a dubbi. Quello era terrore.
“Finn?!”






To be continued...

 

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Capitolo 2
*** parte 2 ***


parte2

“L’indizio è… uhm… Ecco. Lo dici sempre delle mie mani”.
“Che sono morbide” rispose subito Blaine, deciso. “E che mi piace toccarle e accarezzarle e se fosse per me le stringerei sempr-” ma si bloccò, notando l’espressione perplessa di Kurt. “Forse è un altro particolare… Sono fredde come il ghiaccio? Oh, e aggiungo sempre che le mie sono calde e per questo siamo perfetti insieme. Oh! Ci sono, Kurt! La canzone è Hot ‘n Cold di Katy Perry!” esultò, battendo le mani e illuminando la stanza con il suo sorriso.
“No…”
“E… il tempo è appena finito!” fece notare Finn, compiaciuto.
“Oh…” si rammaricò Blaine.
“Le mie mani sono fredde e tu le stringi sempre! I’ll hold your hands they’re just like ice! Siamo in mezzo alla neve bloccati in questo posto e a te non viene in mente Baby it’s cold outside?” sbottò Kurt.
“Ora in effetti ha senso” ammise l’altro.
“E poi perché deve sempre esserci una donna tra di noi? E perché sempre Katy Perry?”
“Kurt, non mi sembra il caso di prendersela così con lui, visto che tu non hai indovinato Last Friday Night. E io che pensavo perfino di non farvi valere il punto perché era come imbrogliare…” commentò Rachel.
“Tu e i tuoi giochi idioti... Non so nemmeno cosa ci fai qui!” le disse, agitato. No, doveva rimanere calmo.
Non sapeva neanche come erano arrivati a quella situazione. Dopo che Rachel e Finn erano entrati in casa due lunghissime ore prima, sgraditi come i tre spiriti del Natale di Dickens, non ricordava molto: aveva sentito dire dal suo fratellastro che Burt si era preoccupato per la telefonata che aveva ricevuto e lo aveva mandato fino a Cleveland per assicurarsi che il suo unico figlio naturale stesse bene – o almeno, questa era la scusa ufficiale – e Rachel… be’, appena aveva sentito della gita fuori programma si era semplicemente fatta trovare davanti l’auto di Finn con la sua scorta personale di CD e un sorriso smagliante. Amico, non potevo dirle di no, gli aveva detto, e Kurt era convinto che dovesse lavorare ancora molto per insegnargli che un – minuscolo – paio di tette non valevano un’emicrania. Soprattutto se era la sua.
Dopodiché non c’era voluto molto affinché Finn iniziasse ad aprire tutti gli sportelli della cucina per cercare del cibo mentre Rachel si sedeva sul tappeto di fronte al camino dando sfoggio della sua fervida immaginazione. Così fervida che le aveva permesso di indossare calze rosse insieme a un vestito verde acido, anche se lui pensava fosse solamente carenza di buongusto.
E visto che Blaine aveva accolto calorosamente l’idea, accomodandosi accanto a lei e passando a Finn il resto della torta di mele del pranzo, Kurt aveva solo potuto cedere.
E ora che ci pensava, la situazione non era così terrificante come pensava all’inizio: dopo aver giocato a “Mima il mio musical preferito”, “Disegna la miglior performance che ho cantato” e “Indovina la canzone in un indizio – e no, niente Broadway, ve lo concedo, tarpo la mia conoscenza per mettermi al vostro livello”, con la neve che continuava a cadere incessante e il vento che sbatteva inquietantemente contro le finestre, e senza poter toccare Blaine di fronte a lui – “Perché si gioca a coppie, per valutare l’affiatamento!” –, poteva ammettere che era ben peggio. Quel pomeriggio era un vero inferno. C’era anche un timido fuoco nel camino a creare la giusta atmosfera, dato che Finn era stato in grado di utilizzare qualche tronco più asciutto per l’occasione.
Rachel sorrise serafica, sistemandosi una ciocca dei lunghi capelli castani dietro l’orecchio e stirando la piega della sua gonna, bene attenta a non piegare i preziosi spartiti che si era portata fin lì, e da cui non accennava a separarsi. Rispose alla precedente domanda di Kurt senza scomporsi: “Avresti lasciato tuo fratello da solo per queste strade pericolose ricoperte di neve? I miei papà ci hanno dato un navigatore satellitare e hanno stampato le mappe da Google, ma è stata la mia voce a tenerlo sveglio e ad evitargli un colpo di sonno” precisò, pacata. “Comunque il nuovo punteggio è… trentadue a zero per noi!” esultò, controllando il foglio davanti a lei e scribacchiando qualcosa.
“Siete partiti alle due del pomeriggio!” la ignorò.
“Però è vero, ha cantato per tre ore di seguito” ammise Finn, contento di poter dare ragione alla sua ragazza.
“Inoltre, potevo rinunciare a un’atmosfera del genere, in una casa di montagna con la neve che cade all’esterno?”
“Veramente siamo sulla riva di un lago…” precisò Blaine, sottovoce.
“… Potevo rinunciare all’idea di passare un pomeriggio con i miei migliori amici accanto al fuoco bevendo cioccolata calda?”
“C’è della cioccolata calda?” s’informò Finn.
“Non c’è nulla del genere, Finn” sibilò Kurt, alzandosi in piedi. “Grazie a questa bufera di neve siamo rinchiusi in questa casa fino a non so quando, costretti a vivere un mash-up piuttosto agghiacciante tra Shining e La compagnia dell’anello visto come siamo malamente assortiti” alzò la voce, muovendo le braccia per dare più enfasi e indicando casualmente la sua sciarpa di Burberry e le calze a pois rossi di Rachel. “E non posso avere nemmeno il mio bicchiere di latte caldo prima di andare a dormire dato che il frigo è vuoto” finì con tono vagamente triste, incrociando le braccia sul petto e voltandosi verso il camino.
“Kurt, ma non riesci mai a dormire se sei nervoso e non bevi il latte” fece presente Finn.
“Lo so!”
Doveva calmarsi. Doveva. Calmarsi.
Blaine si alzò immediatamente e gli andò vicino. “Kurt, mi dispiace per come sono andate le cose, forse non era il week-end adatto per venire fino a Cleveland. Appena finisce questa tempesta ti riporto a casa, fosse anche in piena notte... Lo so quanto tieni ai tuoi rituali serali. Ma Finn e Rachel hanno portato con loro la cena, ed è avanzato qualcosa del tuo meraviglioso pranzo, vedrai che andrà bene” provò, regalandogli un sorriso sincero e allungando la mano verso di lui.
“No che non andrà bene!” Non finché non trovo uno stupido regalo perfetto per te, visto che sei uno stupido ragazzo perfetto. E ho soltanto uno stupido dollaro e ottantasette centesimi!
Blaine si ritrasse leggermente, sfiorandolo appena su una spalla per poi fare un passo indietro. “Vado a prenderti un’altra coperta. Nel caso avessi freddo più tardi” disse, fingendo un sorriso e correndo verso le scale che davano al piano superiore.
Kurt sembrò riscuotersi in quel momento, notando il tono basso e vagamente… triste con cui l’altro aveva parlato. Che gli era preso? Non doveva calmarsi proprio per evitare problemi?
Erano mesi che assillava Blaine per farsi portare nella casa dei suoi genitori sul lago Erie, e una volta realizzato il suo sogno di una vacanza giornaliera insieme, loro due da soli senza il solito stress della vita liceale del McKinley, dei drammi del Glee Club e dell’impossibilità di dimostrarsi apertamente il loro affetto come degli adolescenti normali, rovinava tutto?
Magari Blaine non era portato per indovinare le canzoni al primo indizio, ma era sempre stato accanto a lui e non gli aveva mai chiesto costosi regali in cambio. Lui voleva solo Kurt, con tutti i suoi atteggiamenti da diva, con la sua mania di rubargli i vestiti solo per poter respirare ancora un po’ il suo profumo, e con le sue mani fredde.
“Ho la canzone adatta per questa situazione” s’intromise Rachel, ma Finn la bloccò subito dandole un leggero colpo sul braccio con il gomito. “Era per risollevargli il morale!” ammise sottovoce rivolta al suo ragazzo, intento invece a chiedersi se si sentiva più un ramingo o un re umano.
Ma Kurt non era dell’umore adatto nemmeno per l’ennesimo duetto di Wicked o chissà quale canzone di Barbra, e nemmeno per dire a Finn che lo vedeva più come uomo albero che altro.
Le sue mani erano stranamente più fredde del solito ora che Blaine non le teneva più tra le sue.


*


La camera di Blaine era piuttosto semplice: pareti ricoperte da una carta color castagna, mobili in legno scuro e un letto singolo al centro, comodo e caldo. Kurt era seduto proprio su di esso con una coperta attorno alle spalle, per proteggersi dal freddo pungente che la mancanza del riscaldamento in quella casa rendeva insopportabile, e sfogliava un vecchio album di famiglia che aveva trovato sulla scrivania. Il suo ragazzo era particolarmente carino da bambino, con quei grandi occhi sinceri e un sorriso contagioso, anche se quei capelli ricci asciugati al sole gli si arruffavano e cadevano sopra agli occhi. Era adorabile. Non che adesso non lo fosse più, anzi, ma era anche molto altro ancora. Affidabile, amorevole, qualche volta un po’ impulsivo, ma sempre, irrimediabilmente sexy.
Sospirò, chiudendo con un colpo secco l’album di foto; aveva perso il conto del tempo che aveva passato chiuso in quella stanza, e dopo aver sbirciato ogni libro presente, aver letto ogni foglio scritto a mano e controllato ogni fotografia, era giunto alla conclusione che la sua auto-reclusione poteva definirsi finita, e che fosse meglio scendere di nuovo al piano di sotto e sperare che Blaine perdonasse ancora una volta il suo comportamento da primadonna. E magari anche spiegare a Blaine cosa gli era preso.
Kurt era convinto che “Ehi, non ho nemmeno due dollari per farti un regalo di Natale, e tutto grazie alla mia insaziabile voglia di shopping” non fosse la migliore delle scuse, ma doveva almeno provare. E chissà, forse poteva anche sperare di passare il resto della serata tra le sue braccia, se riusciva a ignorare la presenza rumorosa e ingombrante di Rachel e Finn.
Sospirò, di nuovo, alzandosi e stringendo meglio la coperta attorno alle spalle, aprendo poi la porta della camera. Lanciò un ultimo sguardo all’interno e decise che era il momento di comportarsi da uomo, si assicurò quindi che i capelli fossero in ordine e scese i gradini con rinnovata sicurezza.
Il salotto era innaturalmente vuoto, con il tenue fuoco acceso nel camino e i cuscini del divano finiti per terra, così si lasciò guidare dalla dolce melodia cantata da Rachel verso l’angolo dedicato alla cucina, dove Finn stava controllando il contenuto degli scaffali mentre teneva tra le labbra una fetta di pane imburrato, mentre la ragazza affettava un pomodoro su un tagliere, con un grembiule azzurro a coprirle quell’orrendo vestito che si era messa e i capelli raccolti in una coda bassa. Era stranamente familiare vederli così, ma prima che Kurt potesse registrare il suo pensiero notò che mancava all’appello proprio l’unica persona di cui aveva bisogno.
“Dov’è Blaine?” chiese, stringendosi con più forza nella coperta e non riuscendo a impedirsi di lanciare un’occhiata critica alla cena preparata dai due.
“Ehi Kurt! Pensavamo ti fossi addormentato!” lo salutò Finn, avendo la decenza di sfilarsi la fetta di pane dalla bocca.
“Ho preparato una cena vegetariana con quello che Finn ed io abbiamo portato, unito ai resti del tuo pranzo” gli fece sapere la ragazza, fiera del suo lavoro. “Lo sai che è un’abitudine di Broadway mangiare leggeri la sera per avere maggiori energie la mattina e migliorare l’estensione vocale?”
“Dov’è Blaine?” ripeté l’altro guardandosi attorno, ignorandola.
I due si fissarono per un attimo, e poi scrollarono le spalle.
“Ha detto che usciva…” ammise Finn, guardando fuori dalla finestra.
“Cosa?” riuscì a dire Kurt, prestando al fratellastro tutta la sua attenzione. “E dove andava? Sta nevicando da ore! No aspetta, quanto tempo fa è uscito?” provò, dirigendosi verso la porta e sperando di trovare là fuori il suo ragazzo, magari ancora vivo.
Rachel si portò il manico del coltello sul mento, con fare pensieroso. “Mh. Un’ora fa più o meno”.
Un’ora fa?!” chiese, raggiungendo un’altezza di voce mai sperimentata prima.
“Tranquillo, amico” lo rassicurò Finn. “Ha detto che se aveva problemi avrebbe chiamato. Ha il cellulare!”
Kurt si risparmiò di battersi una mano sul viso – o sul viso di Finn – solo perché la preoccupazione aveva preso il sopravvento. Blaine era uscito con quella tormenta di neve. Un’ora fa. E quell’idiota del suo fratellastro e la sua degna compagna se ne stavano tranquillamente a giocare all’allegra famiglia!
Ok, pensò, prima recupero il mio fidanzato, poi mi occupo del resto. In fondo, non aveva visto Shining con Blaine solo come scusa per attaccarsi al suo braccio e lasciarsi fare qualche coccola. Gli era effettivamente piaciuto. E anche se pensava che un’ascia era fuori moda e gli avrebbe fatto venire i calli alle mani, era sicuramente d’effetto per lo scopo prefissato.
Lasciò perdere questi pensieri solo per sporgersi dalla finestra e notare che effettivamente quella tempesta sembrava tremenda, era tutto così bianco che era come essere immersi nella nebbia, e il vento era un sibilo fastidioso che gli ricordava quanto fosse un fidanzato terribile.
“E a nessuno di voi due è venuto in mente di chiamarlo? O di non farlo uscire per niente?” strillò, muovendosi verso il salotto e abbandonando la coperta sul pavimento. “Ok, ok, calma, devo pensare” si disse, portandosi le mani tra i capelli. Se Blaine fosse morto cosa avrebbe detto ai suoi genitori? Che non era stato in grado nemmeno di proteggerlo dal freddo visto che non aveva avuto i soldi neanche per comprargli una sciarpa di lana decente? E se fosse stato divorato da qualche creatura dei boschi? Non che ci fosse molto da mangiare con lui, ma c’erano volte in cui Kurt lo aveva trovato molto più che commestibile. No, non era il momento per ricordi del genere! Blaine, il suo bellissimo Blaine, era là fuori nel bel mezzo di una tormenta. E se fosse tornato congelato? Era convinto che nella sua vita avrebbe fatto qualcosa di melodrammaticamente indimenticabile, ma non voleva finire come Jack e Kate! Soprattutto ripensando a quanto fosse grassa lei in Titanic…
“Il fuoco. Mi serve un fuoco più intenso” commentò tra sé e sé, cercando ciocchi di legno che non fossero troppo umidi da gettare nel camino, e, trovandone solo un paio, si guardò in giro in cerca di altro.
“Oh mio Dio, Kurt Hummel, in nome di quanto possa esserci di più gaio a Oz posa quegli spartiti immediatamente” strillò Rachel, trovando un ottimo incentivo per smettere di tagliuzzare verdure e concentrarsi sulla situazione.
“Mi serve un catalizzatore per il fuoco, Rachel!” tentò di spiegare lui, tenendo tra le braccia il pacco di preziosi fogli. “Se Blaine tornasse e avesse un inizio di congelamento avrebbe bisogno di caldo!”
“Non brucerai gli spartiti originali che ho comprato nel corso della mia vita, lo giuro sulla tua collezione di tiare” lo minacciò, arrivandogli di corsa accanto e strappandogli con forza dalle mani il suo tesoro.
“Kurt, Rachel tiene particolarmente a quegli spartiti, non mi ci lascia nemmeno avvicinare se sto mangiando le patatine” provò Finn, arrivato tra loro con un sorriso rassicurante che però mandò soltanto il fratello su tutte le furie.
“Allora pensa tu al fuoco prima che getti nel camino la tua ragazza e tutto il suo talento!” disse, ottenendo un mormorio oltraggiato da Rachel, che però si strinse contro la schiena di Finn, nascondendosi fin troppo bene. Un hobbit dietro un uomo albero, sì.
Ma Kurt non aveva tempo per cose del genere, la sua ansia ormai era più alta dell’acuto di Julie Andrews in I feel pretty. “Dov’è il telefono? Magari se lo chiamo saprò se è ancora vivo…” disse, controllando le innumerevoli tasche dei suoi pantaloni. Riuscì a trovarlo piuttosto facilmente, spingendo il tasto di chiamata rapida e trattenendo il respiro.
L’inconfondibile suoneria di I’m the greatest star risuonò inquietante e ovattata nel silenzio che si era formato. Rachel e Finn si erano stretti l’una all’altro, con la scusa dell’ansia, mentre Kurt era incerto se iniziare a canticchiare la sua canzone semi-autobiografica o iniziare a correre isterico per la casa. Il rumore della serratura del portone che si apriva lo salvò dall’indecisione, e quando Blaine apparve sulla soglia, bagnato e infreddolito come il più tenero e tonto dei cuccioli, sentì chiaramente il suo cuore finirgli in gola.
“Ehi… mi stavate aspettando?” chiese quello con un sorriso compiaciuto, finendo tuttavia con uno starnuto ben poco attraente.
La cosa successiva che notò fu il corpo caldo di Kurt stretto al suo, dopo che gli si era lanciato tra le braccia, e anche se i suoi capelli gli facevano il solletico sul naso non se ne lamentò affatto. Come non si lamentò nemmeno delle affettuose parole dolci che gli rivolgeva tra un “sei un idiota” e l’altro. C’era qualcosa che gli sfuggiva, se lo sentiva, ma finché le labbra del suo ragazzo erano così pericolosamente vicine al suo orecchio non c’era motivo di preoccuparsene.
“Ehm… ragazzi? Ci siamo anche noi” provò Finn, imbarazzato. Ma Rachel si limitò a dargli una leggera gomitata e a stringersi maternamente al petto gli spartiti.
“Dove sei stato? C’è una bufera di neve là fuori! Perché devi sempre farmi preoccupare così?” lo aggredì Kurt, asciugandosi velocemente le lacrime che si erano accumulate tra le ciglia.
“Kurt, non sta nevicando più! C’è solo vento. E fa freddo, sì, ma è inverno” spiegò, scrollando le spalle. “Ero in città, l’avevo detto a Finn”.
“Oh” si ritrovò a dire il diretto interessato, portandosi una mano al mento e alzando lo sguardo, seguendo un vago ricordo.
Kurt evitò di aggredire fisicamente il fratellastro solo perché si sentiva caritatevole, dato che aveva Blaine tra le sue braccia. Ora che ci pensava, forse era il caso di lasciarlo andare. “La città più vicina è a venti minuti da qui! Che ci sei andato a fare?” lo incalzò, con sguardo scettico.
“Mia madre conosce il proprietario della drogheria, così sono andato da lui e l’ho praticamente costretto ad aprire il negozio per me” spiegò, mentre l’altro gli prendeva la mano e lo portava davanti al fuoco, passandogli la coperta di lana che poco prima aveva buttato sul pavimento. “E guarda un po’ qui! Sono riuscito a comprare una bottiglia di latte per te!” esultò, mostrando il contenuto della busta che teneva nell’altra mano, fiero della sua conquista. Kurt sgranò gli occhi, seguito da Rachel e Finn. “Mi hai detto che non riesci a dormire se non bevi il tuo latte caldo, soprattutto quando sei stressato. E so che questa non è stata la giornata ideale che avevo progettato…” continuò, guardando per terra. “E così-”
“Sta’ zitto” lo fermò, abbracciandolo di nuovo stretto e cominciando a baciarlo su tutto il viso. Fu quando raggiunse le sue labbra che Blaine reagì, portando le braccia a cingergli la vita – anche se in una mano teneva ancora goffamente la busta con il latte.
“Okay! Credo sia ora di preparare la cena” disse Finn, quando notò come quel bacio stesse diventando sempre meno casto, e vedere il fratello tirare i capelli del suo ragazzo tra i suoi mugolii non era il modo ottimale per concludere la giornata. Tornò nella piccola cucina, tirandosi dietro una Rachel piuttosto interessata, invece, e pensando alla quantità di quelle tristi verdure che avrebbe dovuto ingurgitare per saziare la sua fame.
Nel salotto, intanto, Kurt poggiò la fronte contro quella di Blaine, strofinando dolcemente il naso contro il suo. “Davvero hai fatto tutto questo per me?” sussurrò, sentendo il calore tornare sulla pelle dell’altro.
“Certo. Solo per te” sorrise, sfiorandogli le labbra. “E’ stato eccessivo?” chiese subito dopo, con un velo di panico. “E’ stato eccessivo. Lo sapevo!”
“N-no, non è stato eccessivo” lo rassicurò. “Magari un po’ impulsivo. E leggermente stupido considerando il tempo atmosferico. Ma non eccessivo. Direi piuttosto romantico” confermò, dandogli un bacio.
“Oh, davvero?” ma la risposta di Kurt si perse tra le loro labbra, di nuovo unite con passione. E sarebbero andati avanti ancora a lungo, contribuendo al riscaldamento globale, se Blaine non si fosse ricordato di un particolare. “Kurt… Mh, Kurt? Oh. No, aspetta” lo fermò, portando le mani sui suoi fianchi e distanziandolo un po’. “C’è una cosa che devo dirti”.
“C’è un altro?” chiese all’improvviso sgranando gli occhi, preoccupato.
“Eh? Chi? Chi mai dovrebbe… N-no, no!”
“No, infatti. Stavo scherzando”.
“Niente del genere, Kurt” lo rassicurò. “E’ solo che… Tu eri chiuso nella mia camera, chiaramente offeso per come ho organizzato questa giornata, e io ero un po’… agitato, ecco” provò. “Sono uscito piuttosto di corsa, e solo una volta in città mi sono reso conto del problema…”
Kurt aggrottò la fronte, perplesso, e lasciò la presa attorno alle spalle dell’altro. “Blaine, che è successo?”
“Ho dimenticato il portafogli in macchina” ammise con un sospiro, sentendo già la mancanza del calore del corpo del suo ragazzo. “Che è a due chilometri da qui. E, be’, ricordi quando mi hai detto di prendere le tue cose dal cruscotto mentre tu prendevi lo zaino dal sedile posteriore? Ecco, il tuo portafogli era ancora nella tasca della mia giacca. Ed è stato un bene!” si affrettò a dire. “Mi ha permesso di comprare il latte. Solo che… be’, ho usato i tuoi soldi per comprare una cosa per te” concluse. E sì, suonava meglio nella sua testa. “Lo so, sono un disastro e non è affatto romantico, prometto che ti ripagherò domani mattina come prima cosa, solo che-”
Ma Kurt gli si lanciò di nuovo tra le braccia, inspirando forte il suo odore.
“Non sei arrabbiato con me?” chiese dopo qualche secondo Blaine, accarezzandogli la schiena con le dita.
“E tu sei arrabbiato con me?” chiese di rimando.
“Per che cosa?” domandò stupito l’altro, ricevendo in risposta solo un tenero bacio sulle labbra.
“Possiamo evitare di pensare a tutto questo e goderci la nostra serata insieme?” Kurt gli sussurrò contro l’orecchio, mentre arricciava uno dei suoi ricci bagnati su un dito.
E di fronte a quegli occhi così azzurri e profondi, sotto quelle carezze così dolci e delicate, e con quel calore proprio contro di lui, Blaine non seppe trovare alcun motivo per rifiutare.


To be Continued...







Note: è un po' che non passo più su EFP, quest'anno mi voglio mantenere spoiler free e quindi sto evitando come la peste i siti di fanfic (da quando l'anno scorso mi sono spoilerata grazie a un'introduzione una cosettina da nulla come il bacio Klaine). Non mi aspettavo di trovare tutte queste letture e tutta questa gente che ha inserito la fic nelle seguite/preferite/ricordate. Wow... grazie <3 spero vi piaccia anche questa seconda parte, anche se Kurt è isterico (ma come dargli torto, si è ritrovato a dividere la sua giornata romantica con il fratellastro e Rachel). Da qui in poi è tutto fluff diabetico XD 

L'ultima parte della storia arriverà a breve.

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Capitolo 3
*** parte 3 ***


parte3

Tutto sembrava avvolto da un silenzio quasi surreale, il vento si era placato almeno due ore prima, la neve si era depositata a terra ed era come se anche il freddo fosse diminuito. Il peggio era passato e la mattina seguente sarebbero stati sicuramente in grado di ripartire per Lima. L’unica cosa a cui Kurt doveva stare attento, ora, era che quel silenzio e quel buio a cui non era abituato in città non lo tradissero sugli ultimi gradini delle scale. Si lasciò guidare dalla fioca luce che proveniva dal camino, poggiando una mano contro il muro mentre l’altra teneva stretta il maglione di cashmere che aveva sulle spalle, ma lo scricchiolio del pavimento in legno, appena ci mise piede sopra, riecheggiò sinistro in tutta la stanza.
“Kurt?” domandò stancamente Blaine, emergendo dalla pila di coperte sul divano.
“Ehi” provò l’altro, mostrando il suo miglior sorriso. “Ti ho svegliato?”
Il ragazzo si passò una mano sugli occhi, e poi tra i capelli, tentando di sistemarli. “No. Non riesci a dormire? Ti senti male?” chiese preoccupato, mettendosi a sedere.
Kurt gli si avvicinò, posizionandosi tra lui e il camino, dove il fuoco si era ridotto a una brace scoppiettante. “No… Anche se Rachel sa essere fastidiosa anche mentre dorme” ammise con un abbozzo di sorriso.
“Immagino che canticchi canzoni melodiche nel sonno, eh?”
“E tira anche parecchi calci” precisò, iniziando poi a mordersi il labbro inferiore e a guardare per terra. “Grazie per averci fatto dormire nella camera dei tuoi, anche se lo trovo parecchio imbarazzante. E non c’era bisogno di lasciare a Finn il tuo letto, poteva dormire lui sul divano” disse pacato, guardandolo con i suoi grandi e sinceri occhi azzurri.
“Oh, figurati, non è un problema per me, è comodo!” disse Blaine, sorridendo. “E poi Finn non ci sarebbe entrato su questo divano, è così alto” ammise in un sussurro leggermente contrito.
Kurt strinse maggiormente il suo maglione, nascondendo un sorriso come meglio poteva. “Blaine, non volevo-”
“Hai freddo? Non te l’ho chiesto. Continui a tenerti quel puro cashmere addosso anche se sei davanti al fuoco, ti muovi da un piede all’altro, come per scaldarti, e hai le labbra arrossate” notò. Ed era particolarmente adorabile nella sua ingenuità. E particolarmente sexy in quella maglietta larga che gli cadeva su una spalla e con quei capelli spettinati. “Vieni qui” gli disse, alzando le coperte e facendo cenno a Kurt di sedersi accanto a lui sul divano. Dio, amava questo suo lato intraprendente, anche se la maggior parte delle volte non se ne accorgeva.
Comunque non se lo fece ripetere, sdraiandosi subito accanto a Blaine, che gli passò un braccio sotto le spalle e l’altro attorno alla vita, tenendolo stretto contro di sé. Cominciò ad accarezzargli i capelli sulla nuca in quel modo lento e meditato che faceva impazzire Kurt, e la casa avvolta nel più completo silenzio senza genitori ingombranti, il fuoco debole che illuminava fiocamente la stanza, il calore delle coperte, le attenzioni di Blaine... sembrava tutto così tremendamente perfetto da-
“C’è una cosa che devo dirti”.
Okay, era davvero tutto troppo perfetto per essere reale.
“Un’altra?” chiese Kurt, tentando di nascondere il tono preoccupato sotto uno spesso strato di sarcasmo.
“C’è un’altra cosa che devo dirti” si corresse. “Non ti arrabbiare, prometto che risolverò tutto” si affrettò ad aggiungere.
Kurt si sistemò meglio contro il fianco del ragazzo, poggiando la testa contro la sua spalla e intrecciando una gamba tra le sue. “Dimmi”.
Blaine prese un profondo respiro. “Ecco, quando ero in città e dovevo comprare il latte… Ho aperto il tuo portafogli” cominciò, mentre l’altro tratteneva il respiro. “Kurt, c’erano dentro meno di due dollari”.
“E allora?” disse, fiero. La miglior difesa è l’attacco, in fondo.
“Allora credo di aver perso gli altri soldi che avevi. Magari mi sono caduti quando l’ho aperto, o mentre camminavo nella neve, e Kurt, ti prego non ti arrabbiare” ripeté, “ho intenzione di ripagarti di tutto appena possibile”.
“Oh”.
Oh in senso negativo o positivo?”
Oh e basta. Oh, questo dovevi dirmi”.
“Che altro avrei dovuto dirti?”
“Non lo so! Magari quanto i miei occhi siano belli se illuminati dal fuoco, o come la mia pelle sembri più morbida sotto la luce lunare!” disse, tentando di cambiare discorso.
Blaine si alzò leggermente su un fianco, scrutandolo attentamente. “C’è qualcos’altro che non mi stai dicendo”.
Kurt provò a nascondersi sotto le coperte, evitando il suo sguardo. “Non so a cosa ti riferisci. Dovremmo dormire”.
L’altro sorrise. “Kurt…” lo chiamò, con tono lamentoso. “I tuoi occhi sono bellissimi alla luce del fuoco, e la luna fa risaltare la morbidezza della tua pelle. Ora mi dici che succede?” chiese, sollevando gli strati di lana sotto cui si era coperto il ragazzo. “E dai, se è qualcosa che ti riguarda voglio saperla” aggiunse, con tono più serio.
E Kurt capitolò. “Quello era tutto ciò che avevo, contento?” sbottò, uscendo allo scoperto e guardandolo con sguardo di sfida.
“Cosa?”
“Quel dollaro e ottantasette centesimi! Non hai perso niente, il portafogli era già vuoto” concluse, sbuffando amaramente.
Blainerimase perplesso per qualche istante. “Perché vai in giro senza soldi? Se ti capitasse qualcosa come-?”
“Ho speso tutto ciò che avevo la scorsa settimana, Blaine. Meno di due dollari era ciò che mi era rimasto per comprarti un regalo di Natale. Cosa che ovviamente non avrei potuto fare, e tu mi avresti dato un premio come peggior fidanzato della storia, e stavo anche preparando il discorso per la vittoria, sai? Tanto per evitare di pensare ai giorni strazianti che avrei vissuto dopo che mi avresti lasciat-”
“Aspetta. Volevi comprarmi un regalo di Natale?” domandò, mentre un sorriso enorme andava affacciandosi sul suo viso.
“Blaine, non è questo il punto”.
È il nostro primo Natale insieme” accordò l’altro, sdraiandosi di nuovo e riprendendo ad abbracciare Kurt. “È importante” disse, dandogli un bacio sulla guancia.
“Appunto” s’infervorò, arrossendo appena. “E non ho soldi per il tuo regalo!” 
“Ma cosa mi importa del regalo?” disse seriamente Blaine, aggrottando la fronte. “Io ti ho appena comprato qualcosa con i tuoi soldi. Non ti lascerò tanto facilmente il premio come peggior fidanzato, sai?” sorrise, accarezzandogli di nuovo i capelli.
“Non è la stessa cosa” mormorò, lasciandosi andare sotto quelle attenzioni.
“È un po’ come in quel racconto che abbiamo studiato l’anno scorso al corso di letteratura, ricordi? Il dono dei Magi. Alla fine è inutile fare i regali di Natale”.
“Blaine, non credo che la morale di quella storia fosse proprio questa…”
“I protagonisti hanno rinunciato a quello a cui tenevano di più per il bene della persona che amavano, e alla fine cosa ne hanno ricavato? I loro doni non avevano più significato” spiegò.
“Avevano il loro amore” sussurrò Kurt.
“Esatto. E visto che noi già conosciamo la conclusione della storia non possiamo saltare tutto il resto? O vuoi venderti i capelli per potermi comprare qualcosa?” scherzò, sentendo l’altro rabbrividire accanto a sé.
“Questo mai!” precisò, passandosi una mano tra le sue preziose ciocche. “E poi perché solo io dovrei dare qualcosa di così importante per te? Tu potresti vendere l’orologio da taschino che tanto ti piace, proprio come nel racconto. Sarà divertente vedere tuo padre diseredarti” propose con un sogghigno.
“Ehi, io ho già dato via il mio orgoglio comprando quello di cui avevi bisogno con i tuoi soldi. Credo sia più che sufficiente per quest’anno” ammise.
Kurt ridacchiò contro la sua spalla, stringendo le mani sulla stoffa della sua maglietta. “Era il miglior latte caldo mai bevuto in vita mia, comunque” ci tenne a precisare.
“E la miglior cioccolata calda del mondo!”
“Quella dipende tutta dalle mie abilità culinarie” ammise con orgoglio.
La brace nel camino andava ormai spegnendosi, ma nessuno dei due si preoccupò del freddo. In fondo nessuno dei due pensava di lasciare andare l’altro, per quella notte. Quando Kurt stava ormai per addormentarsi, cullato lentamente dal calore di quell’abbraccio, Blaine sembrò ripensare a qualcosa.
“Comunque so esattamente come iniziare il mio discorso dopo aver vinto il premio come peggior fidanzato” annunciò, serio.
“Mh?” chiese un sonnolento Kurt.
“Con una canzone!” esultò.
“Che stai dicendo? Dormi” lo sgridò bonariamente, muovendosi quel tanto che bastava per sdraiarsi sulla schiena. “Che canzone?” non riuscì a non domandare subito dopo, curioso. Lo sentì spostarsi contro di lui, accarezzargli con una mano lo stomaco e poggiargli le labbra contro la guancia, mentre i suoi capelli ricci gli facevano il solletico contro l’orecchio. Gli piaceva da impazzire.
Baby you’re all that I want when you’re lyin’ here in my arms, I’m findin’ hard to believe we’re in heaven” cantò sottovoce.
“Oh mio Dio, Blaine. L’ultima volta che hai cantato questa canzone hai preso in pieno l’auto di mio padre, e quasi investito mio padre!” gli ricordò, cominciando a ridere.
“Altrimenti che premio come peggior fidanzato dovrei vincere? È la canzone perfetta! Oh once in you’re life you find someone who will turn your world around, bring you up when you’re feeling down… E tu hai stravolto completamente la mia vita”.
“Hai saltato una strofa” gli fece sapere, preciso come al solito, non impedendo però al rossore di diffondersi sulle sue guance.
Blaine sorrise appena, dolcemente. “Nothing could change what you mean to me, Oh there’s lots that I could say… Ti amo, Kurt” sussurrò contro la sua pelle.
Kurt lo bloccò dal continuare a cantare, parlare, o fare qualsiasi altra cosa che gli ricordasse quanto fosse innamorato di quel ragazzo, o avrebbe rischiato l’auto-combustione. Optò per prendergli la guancia con la mano e baciarlo. Ormai era una sensazione familiare quella, labbra contro labbra, lentamente, fino a quando non si allontanò appena per guardarlo negli occhi, proprio mentre Blaine si riavvicinava e strofinava il naso contro il suo, strappandogli una risata.
“Riesci sempre a stupirmi… Proprio mentre pensavo che stavi per soffocarmi con un cuscino, mi baci” gli fece sapere Blaine, lasciando che l’altro poggiasse la testa sulla sua spalla.
“Non è detto che non lo faccia entro domani mattina” ammise Kurt, intrecciando le gambe tra le sue e passandogli subito le dita tra i capelli ricci.
“Dormirò con un occhio aperto” disse, infilandogli la mano sotto la maglia e accarezzandogli il fianco con pigrizia.
“Lo faresti solo per guardarmi dormire”.
“Touché” e con un ultimo tenero bacio posò la fronte contro la sua.
Kurt sorrise, inspirando lentamente l’odore del suo ragazzo – il miglior fidanzato del mondo – percependo chiara la familiare sensazione di caldo, fino a quando non sentì il suo respiro regolarizzarsi. “And love is all that I need and I found it here in your heart” cantò lentamente, stringendo la mano sopra il cuore di Blaine. “It isn’t too hard to see... we’re in heaven” concluse, mentre un sorriso fioriva sulle loro labbra. Ed era bellissimo e da togliere il fiato come sempre. “Oh, guarda, ha ricominciato a nevicare!” disse, notando i leggeri fiocchi bianchi scivolare leggeri fuori dalla finestra.
L’altro si distrasse quel tanto che bastò e si stiracchiò appena, allungando il collo per guardare fuori dalla finestra. “È un perfetto Natale adesso!” esultò come un bambino.
“Blaine, mancano due settimane al Natale” lo corresse ridendo, poggiando la testa nell’incavo del suo collo e inspirando a fondo.
“Ma io ho il mio regalo” disse, stringendolo a sé. “E mi sento in paradiso”.
Kurt gli diede una leggera gomitata contro il fianco, prima di sistemarsi meglio contro il suo corpo, aderendo perfettamente ad esso, e lasciarsi trasportare dalla stanchezza della giornata, da tutti quei sentimenti che aveva provato, e dalla calma che sapeva infondergli Blaine con un semplice sorriso, soprattutto se contornato da una tazza di latte caldo e qualche coccola su un divano, al caldo sotto le coperte di lana.
E Blaine sentì che non aveva proprio più niente da desiderare per quel Natale, o per quell’anno, o per tutto il resto della sua vita. Era sempre perfetto, anche quando le cose andavano storte, e appena prima di sprofondare nel sonno lo percepì, appena sussurrato ma cristallino nella voce da controtenore di Kurt.
“Ti amo anche io”.
Ed eccolo lì, il suo paradiso.


*


“Quanto ci vuole ancora? Sto congelando, Blaine!”
L’aria del mattino era pungente contro la pelle delle guance e delle mani, quel pallido sole non tanto alto nel cielo non riusciva ancora a scaldare e la neve era compatta e fresca sulla strada; eppure, Kurt stava sorridendo. Era davvero una bellissima giornata.
Blaine riuscì a dare l’ultima mandata alla porta, chiudendola definitivamente. Sistemò meglio sulla spalla lo zaino, soddisfatto, per poi avvicinarsi al suo ragazzo, intento a scaldarsi muovendosi da un piede all’altro, con le mani ben infilate nella tasca del cappotto blu. “Scusa se ci ho messo del tempo, ma sono due anni che non entro in questa casa e la porta è un po’…” si scusò.
“Non importa” gli disse con un sorriso, a cui l’altro ricambiò subito.
“… Ma ora sono qui” chiarì Blaine, sentendo la risata spensierata di Kurt. Alzò appena il viso, guardando le sue labbra, e fece un passo per avvicinarsi a lui. Non fece in tempo nemmeno a chiudere del tutto gli occhi che Rachel li aveva già interrotti.
“Devo ammettere che la scorsa serata è stata divertente per me e fruttuosa per la vostra normale conoscenza musicale. Blaine, dobbiamo assolutamente tornare qui al più presto” cinguettò allegra, avvinghiandosi al braccio di Finn.
“Ma certo, Rachel…” l’assecondò Blaine, incerto, allontanandosi di un passo da Kurt.
“Certo che no! Questa era la nostra vacanza” chiarì l’altro, stringendosi al braccio del suo ragazzo e riportandolo vicino a sé.
“Senza di noi non avreste avuto né la cena né un’auto con cui tornare indietro, non sareste mai sopravvissuti tra queste montagne” ammise candidamente lei. “Dovresti ringraziarmi pubblicamente, un giorno, anche se forse tra tutti quegli applausi nelle mie orecchie non riuscirò a sentirti, Kurt”.
“Grazie mille per aver rischiato la vita per noi, Rachel, anche se perfino i lupi avrebbero rinunciato al loro antipasto con il tuo corpo in formato hobbit dopo aver sentito l’irritante voce che ti ritrov-”
“Kurt…”
È lei che mi provoca!”
“Ci sono lupi in questa zona?” chiese Finn, guardandosi attorno.
Blaine sospirò. “No. Non siamo nemmeno in montagna. C’è un lago a mezzo chilometro da qui” spiegò per l’ennesima volta.
Rachel si passò una ciocca di capelli dietro le spalle, per darsi un tono, prima di rivolgersi al suo ragazzo. “Andiamo?” propose.
Intanto Kurt si era passato una mano sulla fronte, stanco, mentre Blaine lo aveva preso per un gomito e tirato a sé. “Ehi. Non è andata poi tanto male, no?” chiese speranzoso, accostandosi di nuovo al suo viso.
L’altro sorrise. “No, direi di no” ammise, chiudendo gli occhi e trattenendo il respiro per un attimo.
Ma una vigorosa pacca sulla spalla lo riscosse. “Amico, ho dimenticato questo!” disse Finn, tirando fuori dal suo zaino una bottiglia bianca e passandola al fratellastro. “Me l’ha data Burt prima di partire, è per te”.
Kurt e Blaine fissarono l’oggetto incuriositi, poi lentamente la comprensione comparve sui loro volti, facendoli arrossire. “Oh” dissero all’unisono. “L’antigelo”. Si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere.
Come avevano potuto non pensarci considerando la stagione? Magari era il caso di fare qualche ripetizione nell’officina Hummel per qualche pomeriggio, e magari passare le pause a baciarsi nascosti dietro un cofano tentando di evitare le macchie di grasso sulla pelle e-
“Alla fine nessuno dei due aveva ragione, eh? Non era né l’olio né la frizione bruciata” ammise Blaine, facendo una smorfia al ricordo.
“No… Ma sarà meglio far controllare l’auto da mio padre, una volta tornati” gli disse, passando una mano tra i capelli e tentando di sistemarli. Stentava a credere di essere sopravvissuto una notte intera senza i suoi rituali di idratazione, ma era ancora più assurdo non aver avuto un attacco di panico quando si era accorto che in quella casa non c’era nemmeno un balsamo per capelli, quella mattina. Non era riuscito a calmarsi nemmeno notando la condizione drammatica in cui versavano i ricci di Blaine.
Il suo ragazzo, tuttavia, era intento ad osservarlo stupito. “Kurt, non hai i guanti! Ho dimenticato i miei in auto, ma posso vedere se ce ne è un paio in casa” disse, guardandosi prima nelle tasche e poi fissando con astio le chiavi. Poteva farcela a riaprire di nuovo la porta, sì.
Ma Kurt gli sorrise, prendendogli il gomito e facendo scivolare la mano fin nella sua. “Va bene così” ammise, stringendola.
L’altro intrecciò le loro dita – erano sempre così fredde – e lo guardò con tutto l’amore possibile.
“Ehm, se siamo pronti dovremmo andare. Burt ci aspetta per pranzo e se tardiamo potrebbe, tipo, uccidermi” fece notare Finn, pensieroso, facendo qualche passo e aprendo lo sportello della sua auto, parcheggiata proprio là vicino. Rachel si infilò immediatamente al suo interno, lato passeggero, organizzando i suoi spartiti sul cruscotto.
Kurt lanciò un rapido sguardo a Blaine, che annuì. “Voi due andate avanti lentamente, noi recuperiamo la nostra auto e vi raggiungiamo”.
“Mh? E perché vorreste camminare per due chilometri quando posso darvi un passaggio?”
“Finn!” lo chiamò Kurt, irritato. “Non ti preoccupare di questo. Pensa ad accompagnare Rachel a casa piuttosto, non credo che la tua ragazza fosse compresa nell’operazione di salvataggio in cui mio padre ti ha spedito, no? Non vuoi far preoccupare Carole di un’altra sgradita gravidanza, vero?”
“Eravamo in stanze diverse, non è successo niente!” chiarì subito, arrossendo.
“Io questo non posso saperlo” dichiarò Kurt con un’alzata di spalle.
Finn aggrottò le sopracciglia. “Perché, tu dov’eri? Non hai dormito con Rachel?”
“Se parti adesso hai anche il tempo di pomiciare con lei in macchina prima di pranzo, Finn” sibilò Kurt, arrossendo vistosamente. “Muoviti”.
“Ok, non ti scaldare…”
“Se abbiamo problemi lungo la strada vi chiameremo” chiarì Blaine, decidendo che era il momento buono per interrompere la lite tra fratelli.
Rachel annuì, scegliendo finalmente lo spartito che voleva cantare. “Finn, andiamo, ho già scaldato la voce questa mattina e non mi piace fare le cose per niente”.
Finn si sedette sconsolato al posto di guida, richiudendosi la portiera e guardando il fratellastro che lo salutava allegro dal finestrino. Con una non tanto goffa manovra, poi, l’auto uscì dal vialetto e pigramente sparì dietro una delle innumerevoli curve.
Una volta soli, Kurt e Blaine sospirarono di sollievo.
“Allora… vuoi fare una passeggiata fino al lago?” propose Blaine, facendo oscillare le loro mani, ancora strette insieme.
“No, voglio arrivare alla nostra auto il prima possibile, sto congelando” ammise l’altro.
“Ah. Okay. Potevamo chiedere un passaggio a tuo fratello se-”
“No. Voglio arrivare alla nostra auto il prima possibile, ma con te” chiarì, riservandogli un sorriso.
“Questo si può fare” disse, iniziando poi a camminare lungo la stradina innevata, stando ben attento a non scivolare.
“E poi conosco Finn, al volante è prudente come una novantenne. Abbiamo tutto il tempo di fare la nostra passeggiata, cercare di far ripartire l’auto e tornare a Lima prima di lui. E avanza anche del tempo per pomiciare in auto, almeno per noi” dichiarò con un sorrisetto soddisfatto.
“L’ultimo è un incentivo interessante” approvò l’altro, aumentando il passo.
Kurt si aggrappò con più forza al suo braccio usando entrambe le mani. “Blaine! Vai piano! È pieno di neve e non ho intenzione di cadere e sporcare questi pantaloni con il fango. O rompermi una gamba. Prima la passeggiata, poi il resto” gli ricordò, posando la testa sulla sua spalla.
Blaine gli sorrise, e sfruttando per una volta il fatto che fosse più in alto si abbassò quel poco che bastava per dargli un bacio leggero sulle labbra. “Tutto quello che vuoi”.
Kurt sorrise di rimando, tornando a stringergli la mano. “Magari stavolta puoi guidare tu” gli disse, guardandolo in quel modo che lo faceva sciogliere ogni volta. Ed era umanamente impossibile non cedere di fronte a quegli occhi azzurri.
“Tutto quello che vuoi” ripeté, mentre si incontravano di nuovo per un bacio più lungo e profondo.
E quando ripresero a camminare, pochi istanti dopo, non poterono non pensare che la giornata appena trascorsa era stata perfetta. Le parole d’amore scambiate sul divano, il calore dei loro corpi, la cioccolata e il latte caldo, il nuovo record personale per le coccole, era stato tutto assolutamente perfetto. Il resto neanche lo ricordavano più.
Si guardarono appena, avvicinandosi fino a lasciar sfiorare le spalle e sorridendo in quel modo abbagliante e innamorato che si riservavano. Forse era vero, forse il dono più bello che ci si poteva scambiare era un amore da condividere, e solo in quel modo si era davvero saggi. Forse per ora erano solo due ragazzini alla loro prima esperienza, desiderosi più di un assolo che della saggezza, ma di una cosa erano certi. Il loro era un amore vero.
“Ma, Blaine, la musica la scelgo sempre io”.





The wise men came on Christmas morning
Their gifts of love they came to bear
From that day on always remembered
Our true love forever share
(Gift of the Magi - Squirrel Nut Zippers)









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Nota finale: spero che la conclusione vi sia piaciuta di più dello scorso capitolo. La fic è COMPLETA, quindi potete toglierla dalle seguite (più di 25 persone l'hanno inserita lì, più chi l'ha messa nei preferiti e nelle ricordate... Vi ringrazio moltissimo, ma dite che un commento me lo merito alla fine? Siamo pure vicini a Natale <3).
Credo che tornerò presto perché tutti questi zuccheri che sto mangiando mi stanno ispirando fic diabetiche... Se il risultato è più klaine del mondo passa in secondo piano pure la mia linea XD Buone Feste!


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