Our dreams are comin' true di Shatzy (/viewuser.php?uid=8433)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** parte 1 ***
Capitolo 2: *** parte 2 ***
Capitolo 3: *** parte 3 ***
Capitolo 1 *** parte 1 ***
Disclaimer:
i personaggi citati
non mi appartengono, ma sono dei legittimi proprietari; la storia non
è stata
scritta a scopo di lucro.
Note: la fic ha partecipato a
un’iniziativa che prevedeva una storia
ambientata in clima natalizio, avevo deciso quindi di scrivere qualcosa
di
molto semplice, senza drammi, sangue, lacrime o angst in generale, per
la festa
dell’anno in cui si è tutti più buoni
(compresi gli autori di fanfic, sì).
La storia è stata scritta più o meno tra la
puntata 3x03 e la 3x04 (proprio durante
quel simpatico hiatus), quindi niente spoiler.
In realtà questa è un'enorme oneshot
schifosamente lunga, che per il bene di
chi avrà il coraggio di leggere ho diviso in due o tre parti.
Credits: il titolo è ripreso da una frase
della canzone "Heaven"
di Bryan Adams, mentre la canzone a inizio e fine storia è
"Gift of the
Magi" di Squirrel Nut Zippers.
Oh
Mother, Mother what shall I do?
Though Christmas day is fast appear
I have no silver, I have no gold
To buy my love a gift this year
Our dreams
are comin’ true
Un dollaro e ottantasette centesimi. Ed era tutto quello che aveva.
Lo sapeva che avrebbe dovuto limitare le spese in quel periodo, ma non
aveva
potuto lasciare tutti quei capi di abbigliamento pazientemente scelti
in base a
colore, modello e prezzo, alla prima ragazzina viziata in preda a crisi
isteriche per i regali per il proprio padre, fratello, o cane. E il
fatto che i
saldi iniziassero solo a gennaio non era stato d’aiuto,
così come quella
svendita da Mac del mese scorso – in compenso, gli effetti
della sua nuova
crema per le mani non erano passati inosservati nemmeno da Finn.
Il problema, però, era un altro.
Un dollaro e ottantasette centesimi, e in un paio di settimane sarebbe
stato
Natale, il loro primo Natale come una coppia. E Kurt non aveva la
minima idea
di cosa comprare al suo ragazzo.
Strinse con più forza il volante, accelerando leggermente.
“Non ti piace la canzone?” chiese Blaine dal sedile
accanto al suo, cambiando
la stazione della radio. “Il segnale non è buono
in questa zona…”
“Niente è buono in questa
zona, anche perché non c’è
assolutamente niente.
A parte questa strada infinitamente lunga. Oh, e la neve”.
L’altro sospirò. “Se hai freddo alzo il
riscaldamento” commentò, girando una
manopola. “E arriveremo a Cleveland tra poco, da
lì sono appena una ventina di
chilometri per-”
“Lo so, ho stampato io la mappa da Google”.
Blaine sorrise, accarezzando la mano di Kurt poggiata sul cambio. Erano
mesi
che tentava di organizzare una giornata del genere, loro due da soli
nella casa
dei suoi genitori sul lago Erie, e finalmente era riuscito a convincere
sia il
suo ragazzo che Burt. Il clima di quel dicembre non era dei migliori,
ma gli
avrebbe dato solo l’ennesima scusa per qualche coccola in
più, magari davanti
al fuoco del camino e a una tazza di cioccolata calda con panna.
E per questo avrebbe sopportato anche le tre ore di viaggio da Lima al
confine,
con tanto di borbottio di una radio non sintonizzata in sottofondo.
“Oh, la riconosci questa?” si riprese dai suoi
pensieri, alzando il volume e
canticchiando le parole disturbate della canzone che passava in quel
momento. “I got so brave, drink in hand, lost my
discretion…”
Kurt alzò un sopracciglio, togliendo la mano dal cambio e
riportandola sul
volante. Non che il suo ragazzo diede segno di notare la perdita di
contatto
tra loro, intento com’era ad improvvisare una performance
nell’abitacolo
dell’auto.
“I kissed a girl just to try it, I hope my
boyfriend don’t mind it! It felt so-
Ehi, perché hai
cambiato stazione? La conoscevo!”
“Chi guida sceglie la musica” dichiarò
impassibile Kurt, sintonizzando
casualmente su un qualcosa che somigliava terribilmente allo stridio
della voce
di Rachel quando elogiava il suo talento.
Blaine sbuffò, incrociando le braccia al petto.
“La macchina è mia,
dovrei scegliere io”.
“Se abbiamo delle regole dobbiamo anche rispettarle,
Blaine” gli fece presente
l’altro. “E poi guido meglio di te”.
“E sentiamo, su che base affermeresti una cosa del
genere?” gli chiese
divertito.
“Innanzitutto, non mi distraggo così facilmente
come fai tu. E non ho mai
tamponato l’auto di tuo padre nel vialetto di casa
tua”.
“E’ successo solo una volta, Kurt! E stavo
guardando te mentre cantavo Heaven
di Bryan Adams, e Burt non parcheggia mai in quel
punto!”
“Poi, non ricordi mai le strade di Lima e non mi ascolti
quando ti faccio
gentilmente presente che conosco delle scorciatoie. Consumi troppa
benzina,
Blaine, il nostro pianeta sta piangendo per questo”.
“Scherzi, vero? Una volta ti ho aspettato tre ore a
Westerville perché ti eri
perso e ti ostinavi a non volermi dire dove fossi”.
Kurt tuttavia lasciò andare solo un sospiro, non perdendo la
calma. “Terzo,
tendi a guidare con marce troppo basse, e lo stridio del motore
è veramente
insopportabile per il mio orecchio musicale. E infine-”.
“Kurt!”
La sterzata improvvisa li fece finire sul ciglio della strada, dove
l’auto si
fermò con una brusca frenata.
“Perché hai urlato?” gridò
Kurt dopo un primo momento in cui entrambi erano
rimasti in silenzio, liberandosi poi dalla mano di Blaine che era
subito corsa
al suo avambraccio. “Mi hai spaventato!”
“L’hai visto? Oh mio Dio, era un cervo! Stavi per
investire un cervo!” si
allarmò l’altro, ispezionando la strada per
controllare se fosse effettivamente
libera.
“Non stavo per investire proprio niente, e quello era un
daino!”
“Oh mio Dio, cosa ci fa un cervo qui?”
continuò, osservando il fitto bosco ai
lati della strada.
“Non era un- Blaine, cos’è questo odore
di bruciato?”
Si guardarono per un secondo, confusi, prima che Blaine gli slacciasse
la
cintura di sicurezza. “Esci”.
“Ma-”
“Esci!” ripeté più convinto,
tirando la maniglia e spalancando la sua portiera.
Si ritrovarono davanti al cofano, fissando in modo perplesso il debole
fumo
grigiastro che usciva da sotto la lastra di metallo. Dopo pochi secondi
scomparve, mentre tutto attorno a loro tornava silenzioso e ovattato,
coperto
di neve.
“Che è successo?” chiese Blaine,
inclinando leggermente la testa di lato.
Kurt tuttavia tornò all’interno
dell’auto, spingendo la manopola che permetteva
l’apertura del cofano. “So io
cos’è successo” disse, tornando accanto
al
ragazzo e guardando l’interno del motore. “Non hai
cambiato l’olio!”
“Cosa? L’ho cambiato invece! Due giorni
fa!” precisò l’altro, sporgendosi un
po’ per vedere quell’insieme di tubi.
“Se l’avessi davvero fatto ora non saremmo bloccati
in mezzo al nulla con dei
circuiti chiaramente bruciati” gli fece sapere.
“Oh certo, adesso la colpa è mia.
Perché invece non può essersi bruciata la
frizione? La tieni spinta un po’ troppo, è il tuo
difetto, e questo è il
risultato” commentò, incrociando le braccia e
guardandolo con aria di sfida.
Kurt aprì la bocca per rispondere, seriamente piccato, ma la
richiuse subito.
“Mio padre è un meccanico, e uno dei migliori in
circolazione. Pensi che io non
sappia tutto di auto?” rispose oltraggiato, camminando con
passo stranamente
pesante fino al portabagagli. “Il problema è
l’olio. Non ce n’è a
sufficienza”.
Blaine sbuffò, alzando gli occhi al cielo grigio che li
sovrastava. “Kurt, non
ha senso. E non hai mai nemmeno messo una tuta da meccanico”.
“Solo perché mi ingrassa sui fianchi”
ribatté, tornando accanto a lui con una
bottiglia nera in mano.
“Cos’è quella?” chiese Blaine,
preoccupato.
“Olio per motori, era nel retro
dell’auto”.
“Kurt! Non so nemmeno da quanto tempo sia lì! Non
dovresti mescolare due oli
diversi o-”
“E che ne sai che non sia lo stesso?”
“Perché l’ho cambiato due
giorni fa!” ripeté, convinto.
“Non lo hai fatto” ribadì, scrutandolo
con un sopracciglio alzato. “E ora, se
permetti, vorrei risolvere questo problema e tornare al caldo. Sto
congelando
dato che mi hai spinto fuori dall’auto senza lasciarmi
prendere la giacca”.
“C’era del fumo! Non si rimane mai dentro una
macchina se esce del fumo” O
almeno è quello che dicono nei film, evitò
di aggiungere, arrossendo
lievemente.
Kurt si limitò a guardarlo con sufficienza.
“Per me è la frizione…”
provò di nuovo Blaine.
“Per me è l’olio”
confermò, svitando il tappo del contenitore
dell’olio
all’interno del cofano.
L’altro sbuffò, di nuovo. “Fai come ti
pare!” gli disse, prima di tornare in
auto e chiudere lo sportello rumorosamente.
Notò appena che Kurt versava tutto il contenuto della
bottiglia prima di
portare la sua attenzione al bosco accanto a loro, alla neve fresca e
all’insolito buio di quella mattinata.
Com’erano arrivati a quella situazione? Il suo ragazzo era
sempre stato un tipo
piuttosto orgoglioso e tendente al sarcasmo se qualcosa andava
minimamente
storta, ma di solito bastava la sola presenza di Blaine per farlo
calmare e
fargli nascere sul viso quel sorriso abbagliante e quello sguardo
innamorato.
Questa doveva essere la loro giornata, piena di coccole e parole
d’amore
scambiate su un tappeto morbido accanto al camino acceso, perfetta
proprio come era la loro vita insieme.
Perché invece era dentro la sua auto con le braccia strette
al petto per il
freddo, mentre guardava la distesa di neve fuori dal finestrino per
evitare di
pensare al sorriso compiaciuto di Kurt che accendeva il motore?
Già, proprio la sua vacanza ideale.
*
Blaine
lasciò cadere la borsa e lo zaino a terra, cominciando a
trafficare
con le chiavi per trovare quella che apriva il portone in legno scuro
davanti a
lui. L’abitazione era piuttosto piccola e semplice, disposta
su due piani e con
una piccola veranda sul retro, sicuramente utile durante
l’estate, ricoperta di
fiori e con un divano comodo su cui sdraiarsi, ma che al momento
riparava
appena da tutta quella neve che era scesa nella zona. Il lago Erie era
appena a
mezzo chilometro
di distanza, e magari più tardi avrebbero potuto fare una
romantica passeggiata lungo la sua riva…
“Quanto
ci vuole ancora? Sto congelando, Blaine!”
…
Fidanzato permettendo, ovviamente.
“Un
attimo! Sono almeno due anni che non entro in questa casa, e ho ancora
le
braccia indolenzite per la tua borsa che
ho portato fin qui”.
Kurt
roteò gli occhi, incrociando le braccia e stringendosi nel
suo cappotto
blu. “E’ la borsa con il nostro pranzo. E
poi ci siamo alternati”.
“Mi
stupisco che tu non ci abbia messo dentro anche un pianoforte, visto
quanto
pesa” commentò, aprendo finalmente la porta.
“E comunque l’hai portata per i
primi cinque minuti, io per i restanti venticinque. In
salita”.
“Non
è colpa mia se la tua macchina
si è fermata a due chilometri da
qui!” dichiarò, entrando per primo nella stanza.
Si
guardò subito attorno, notando come il piccolo salotto fosse
arredato in
modo semplice ma con gusto. La signora Anderson in fondo ci sapeva
fare, lo
aveva sempre saputo, più o meno da quando aveva notato
l’abbinamento tra il
tappeto della sala da pranzo e le cornici dei quadri la prima volta che
era
entrato nella casa del suo ragazzo.
“Le
luci dovrebbero essere qui…” disse Blaine
sovrappensiero, controllando il
quadrante accanto all’ingresso con i diversi pulsanti
all’interno.
L’altro
lo lasciò fare, continuando ad osservarsi attorno. Un grande
divano
bianco era disposto proprio davanti al camino e la cucina faceva angolo
sulla
destra, decorata con motivi floreali su legno scuro.
“Oh,
cavolo, la legna è quasi tutta umida” si
lamentò Blaine, mentre lasciava
cadere un ciocco nel camino e si asciugava le mani sui jeans, facendo
arricciare il naso di Kurt. “Ma ci sono un paio di stufe
elettriche” si
affrettò a dire, notando il suo sguardo preoccupato.
“Ehm, sì. Da qualche
parte…” concluse, guardandosi attorno.
Kurt
sbuffò, sfiorando con la mano il tavolo pregiato della
cucina. La suoneria
di "Pink Houses" del suo cellulare squillò leggera e
spensierata
dalla tasca dei pantaloni, e non ci mise più di due secondi
a capire chi fosse.
“Papà?” rispose senza esitazione.
Blaine
alzò la testo verso di lui, curioso, prima di prendere la
borsa con il
loro pranzo e cercare di stendere la tovaglia sul pavimento. Lo
ascoltò mentre
raccontava come avevano passato la mattinata –
“C’è stato un guasto improvviso,
non so come sia successo, no,
papà, non ho bruciato la frizione!”
– e
poi dirgli di come avevano camminato per mezz’ora al freddo
per raggiungere la
loro meta, dato che i negozi quel sabato erano chiusi e non avevano
quindi
potuto riparare l’auto –
“C’è troppa neve, papà, e il
paese più vicino è a
venti minuti da qui. Hai idea di quanto ho pagato questi stivali? Non
ho
intenzione di andare fin… Non ho intenzione nemmeno di
chiedere a Blaine!”
A
quel punto il diretto interessato si ritrovò ad aggrottare
le sopracciglia,
mentre l’altro abbassava il tono di voce. E ormai lo
conosceva fin troppo bene,
poteva quasi vederlo, il
rossore sulle guance di Kurt.
“Anche
se dovessimo rimanere qui tutta la notte non credo proprio che ci
saranno occasioni per cose del genere, papà. Fidati, non
è la giornata adatta”
sussurrò appena, con tono a metà tra il nervoso e
il deluso, prima di
riagganciare.
Blaine
finì proprio in quel momento di tirare fuori
l’ultima portata e
posizionarla sulla tovaglia (Kurt quando ci si metteva faceva le cose
in grande
stile, e quel pranzo ne era la conferma). “Hai fame? Sembra
tutto delizioso,
Kurt, non so da dove cominciare” gli disse con un sorriso.
L’altro
sospirò, rimettendo il cellulare nella tasca dei pantaloni.
Non era il
momento di pensare a cose negative come il trovarsi sperduti nel nulla
quasi
seppelliti dalla neve, con un’auto guasta, con un paese senza
negozi in grado
di aiutarli e con un camino spento e almeno cinque gradi sotto lo zero.
E con
la possibilità di rimanere tutta la notte in quel posto
d’inferno, considerando
il modo in cui aveva appena ripreso a nevicare.
Forse
invece era il caso di pensare solo a Blaine, che lo guardava in quel
modo
tutto speciale, tutto loro, seduto accanto alla tavola imbandita.
Sì,
non era il caso di pensare a nient’altro. Neanche al suo
dollaro e
ottantasette centesimi.
“Blaine,
i bicchieri vanno alla sinistra del piatto. Alla
sinistra! Non
puoi essere peggio di Finn, vero?”
*
Era così che sarebbe dovuta andare da subito. Nessun
problema al motore, nessuna
camminata di chilometri nella neve, nessuna lamentela per il freddo che
entrava
fin nelle ossa, e soprattutto nessuna discussione con Blaine.
Sarebbe dovuto essere così fin dall’inizio. Perfetto.
Oh, rimaneva il problema di quel dollaro e
ottantasette centesimi.
“Blaine…” provò a chiamarlo,
ma steso com’era sul tappeto morbido della sala da
pranzo, con il calore della stufa elettrica poco lontano, la coperta di
lana
attorcigliata alle sue gambe e il suo ragazzo che gli baciava il collo
non era
tanto sicuro che la sua voce avesse distinto quell’attuale
parola da un
semplice gemito.
Non che Blaine diede segno di lamentarsene, o di aver compreso
qualcosa, visto
il modo in cui era risalito fino al suo orecchio, leccandone la pelle
appena al
di sotto e strofinando il naso tra i suoi capelli.
Kurt si lasciò andare ad un sospiro, dimenticando perfino
che la sua camicia
bianca stava inesorabilmente strusciando contro un tappeto ricoperto da
chissà
quanta polvere, ma non poté fare a meno di aggrapparsi con
più forza alle
spalle di Blaine, passandogli una mano tra i capelli e costringendolo a
baciarlo di nuovo sulla bocca, dolcemente. Ed era assurdo quanto le
loro labbra
non sentissero più la stanchezza o la sensazione di gonfiore
appena si
sfioravano, o come i loro respiri fin troppo caldi sulla pelle del viso
non
fossero più un imbarazzante solletico.
Dopo tutti quei mesi, Kurt poteva ammettere senza vergogna che erano
campioni
di coccole. Il loro record personale era intorno alle due ore e tre
minuti,
come il primato della maratona, ma erano entrambi sicuri di poter
migliorare
notevolmente. Il problema era avere il tempo a disposizione,
considerando le
regole di Burt e il coprifuoco di Blaine.
“Aspetta…” ripeté ancora, ma
ottenne come risposta una sorta di grugnito e un
bacio più intenso. Blaine gli accarezzò poi una
guancia con la mano,
inclinandogli la testa in modo da poter approfondire meglio il
contatto. E Kurt
impazziva, letteralmente impazziva, quando
l’altro gli prendeva il
labbro inferiore e cominciava a leccarlo, continuando a muoversi contro
la sua
bocca. Dio, le labbra carnose di Blaine non le avrebbe dimenticate
nemmeno dopo
una lobotomia.
“Oh” gli sfuggì, appena udibile e
confondibile con un sospiro di piacere,
notando che la mano libera di Blaine, quella che non era stretta tra i
capelli
sulla nuca di Kurt, si era infilata sotto la sua camicia e aveva
cominciato ad
accarezzargli la pancia.
Il loro rapporto era diventato più fisico solo da poco
tempo, ma era
impressionante la loro capacità di ricordare ogni punto
preferito dell’altro, e
il modo in cui gli piaceva essere sfiorato e amato. Kurt avrebbe dato
qualsiasi
cosa per lui, anche la sua preziosa voce, proprio come Ariel (dovevano
smetterla di tenere i cartoni Disney come sottofondo alle loro sessioni
di
coccole, anche se Blaine continuava a dire che rendevano
l’atmosfera perfetta
per quel genere di attenzioni e allontanavano possibili guastafeste).
Avrebbe
dato qualsiasi cosa per continuare ad essere amato dal ragazzo migliore
del
mondo, e glielo avrebbe dimostrato presto.
Oh. Non con un dollaro e ottantasette centesimi.Merde.
“Blaine… Blaine! Fermati!” lo
bloccò all’improvviso, ribaltando le posizioni e
sdraiandosi su di lui – a quanto pareva era l’unico
modo per fermarlo
efficacemente.
Blaine gli sorrise, portando una mano sulla sua guancia, lasciando che
Kurt si
adagiasse contro il suo palmo, mentre l’altra gli accarezzava
la pelle della
schiena. “Va tutto bene?” gli chiese.
Perché doveva guardarlo sempre in quel modo? In un misto di
amore sconfinato e
senso di abbandono. Oltre a qualcosa di famelico.
“N-no, non è questo, è
che…” ti meriti molto di più
e non so attualmente
come ripagarti. Letteralmente. E questo farà di me il
peggior fidanzato della
storia, e tu me lo rinfaccerai giustamente per un tempo indefinito, e
io
lascerò il mio orgoglio prendere il sopravvento, e alla fine
ci lasceremo e
quando ci incontreremo per caso fuori a un teatro di Broadway
perché mi
chiederai un autografo per tuo marito io correrò via e mi
rinchiuderò in un
bagno e piangerò fino a che-
“Kurt. Mi stai spaventando”.
“Oh… No. Non è niente!” Ok,
doveva smetterla di lasciar vagare così tanto la
sua mente, forse ultimamente aveva passato troppo tempo in compagnia di
Rachel
Berry e dei suoi melodrammi. “Ti amo” disse
solamente, cercando di cambiare
discorso.
E ci riuscì, visto il sorriso enorme sul viso di Blaine, e
la velocità con cui
lo aveva baciato di nuovo. E poi come lo aveva riportato sotto di
sé. “Vuoi
andare in camera?” propose dopo pochi secondi, con le labbra
contro la pelle
del suo collo. Adorava l’odore di Kurt.
“C-come?” si ritrovò a chiedere,
stupito. Ma lo sguardo sicuro di Blaine, ora
fisso nei suoi occhi mentre le sue mani gli accarezzavano il viso, non
lasciava
spazio ai dubbi. “Sì”.
“Davvero?” domandò l’altro,
quasi incredulo.
“S-sì, perché non dovrei?”
disse sulla difensiva, arrossendo leggermente.
“Insomma, ormai…” ma non poté
finire la frase, perché Blaine lo aveva già
coinvolto nell’ennesimo bacio del pomeriggio.
E ormai non sentiva più nemmeno il freddo, che motivo aveva
avuto per
lamentarsene tanto prima?, e il camino acceso sarebbe stato un
terribile
cliché. E che senso aveva preoccuparsi della neve che cadeva
leggera, fuori, se
si stava facendo buio? Non l’avrebbe vista neanche alla luce
del sole, se continuava
a tenere gli occhi chiusi per Blaine. Senza contare che potevano fare
una
romantica passeggiata mano nella mano per tornare fino alla loro auto,
e nel
frattempo avrebbero persino perso qualche caloria, perché
quindi farla ora?
Ormai non sentiva più niente, solo Blaine, le sue labbra, le
sue mani, il suo
amore, il campanello insistente della porta.
No. Cosa?
“Cosa?” domandò, alzandosi a sedere di
scatto.
“Non è niente” tentò di
distrarlo Blaine, tentando di farlo sdraiare di nuovo.
“Niente”.
“Come niente? Qualcuno sta suonando il tuo campanello,
Blaine, non possiamo
lasciarlo là fuori con questo tempo!”
tentò di farlo ragionare, mettendo una
distanza di ben venti centimetri tra di loro. Ed era tanta.
“Va bene, se suona di nuovo vado ad aprire,
altrimenti…” e lasciò la frase in
sospeso, avvicinandosi alla bocca di Kurt. Non che a
quest’ultimo dispiacesse.
Ma quel trillo insistente li bloccò di nuovo.
“Magari è importante” provò
Kurt, mentre l’altro si alzava e si avviava
all’entrata, sistemandosi la maglietta nei jeans.
Lui intanto si sdraiò sul tappeto, tentando di recuperare il
fiato. Ok, cinque
minuti e Blaine si sarebbe occupato di qualsiasi scocciatore si fosse
trattato,
magari nel frattempo poteva fare un giro al piano di sopra e valutare
l’effettivo
stato di pulizia della camera da letto. E anche dove la signora
Anderson teneva
un ferro da stiro per eliminare le pieghe sulla sua camicia.
“Oh, finalmente! Cominciavo a preoccuparmi che le mie corde
vocali potessero
congelarsi, qua fuori. E i miei papà avrebbero dovuto farti
causa, Blaine, per
aver affondato il mio enorme talento come l’iceberg con il
Titanic”.
No. Era un incubo. Quella voce l’avrebbe riconosciuta tra
mille – e come darle
torto, il talento di cui andava vantandosi era realmente esistente
– ma Rachel
Berry non aveva appena interrotto una sessione così intensa
di pratica tra
lui e Blaine. No.
“Ehi amico, la tua auto è a due chilometri da qui,
lo sai? Totalmente ricoperta
da neve. Bella casa, comunque”.
No, questo era anche peggio di Rachel Berry.
Kurt si alzò immediatamente, incurante dello stato dei suoi
capelli e delle
pieghe sulla camicia e sui pantaloni, rosso in viso non solo per il
caldo della
stufa e con il fiato corto. Quasi inciampò nella coperta di
lana attorcigliata
alle sue caviglie, ma il suo sguardo non lasciava spazio a dubbi.
Quello era
terrore.
“Finn?!”
To be continued...
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Capitolo 2 *** parte 2 ***
parte2
“L’indizio
è… uhm… Ecco. Lo dici sempre delle mie
mani”.
“Che sono morbide” rispose subito Blaine, deciso.
“E che mi piace toccarle e accarezzarle e se fosse per me le
stringerei sempr-” ma si bloccò, notando
l’espressione perplessa di Kurt. “Forse
è un altro particolare… Sono fredde come il
ghiaccio? Oh, e aggiungo sempre che le mie sono calde e per questo
siamo perfetti insieme. Oh! Ci sono, Kurt! La
canzone è Hot ‘n Cold di
Katy Perry!” esultò, battendo le mani e
illuminando la stanza con il suo sorriso.
“No…”
“E… il tempo è appena
finito!” fece notare Finn, compiaciuto.
“Oh…” si rammaricò Blaine.
“Le mie mani sono fredde e tu le stringi sempre! I’ll
hold your hands they’re just like ice! Siamo in
mezzo alla neve bloccati in questo posto e a te non viene in mente Baby
it’s cold outside?” sbottò
Kurt.
“Ora in effetti ha senso” ammise l’altro.
“E poi perché deve sempre esserci una donna tra di
noi? E perché sempre Katy
Perry?”
“Kurt, non mi sembra il caso di prendersela così
con lui, visto che tu non hai indovinato Last
Friday Night. E io che pensavo perfino di non farvi valere
il punto perché era come imbrogliare…”
commentò Rachel.
“Tu e i tuoi giochi idioti... Non so nemmeno cosa ci fai
qui!” le disse, agitato. No, doveva rimanere calmo.
Non sapeva neanche come erano arrivati a quella situazione. Dopo che
Rachel e Finn erano entrati in casa due lunghissime ore prima, sgraditi
come i tre spiriti del Natale di Dickens, non ricordava molto: aveva
sentito dire dal suo fratellastro che Burt si era preoccupato per la
telefonata che aveva ricevuto e lo aveva mandato fino a Cleveland per
assicurarsi che il suo unico figlio naturale stesse bene – o
almeno, questa era la scusa ufficiale – e Rachel…
be’, appena aveva sentito della gita fuori programma si era
semplicemente fatta trovare davanti l’auto di Finn con la sua
scorta personale di CD e un sorriso smagliante. Amico, non
potevo dirle di no, gli aveva detto, e Kurt era convinto che
dovesse lavorare ancora molto per insegnargli che un –
minuscolo – paio di tette non valevano
un’emicrania. Soprattutto se era la sua.
Dopodiché non c’era voluto molto
affinché Finn iniziasse ad aprire tutti gli sportelli della
cucina per cercare del cibo mentre Rachel si sedeva sul tappeto di
fronte al camino dando sfoggio della sua fervida immaginazione.
Così fervida che le aveva permesso di indossare calze rosse
insieme a un vestito verde acido, anche se lui pensava fosse solamente
carenza di buongusto.
E visto che Blaine aveva accolto calorosamente l’idea,
accomodandosi accanto a lei e passando a Finn il resto della torta di
mele del pranzo, Kurt aveva solo potuto cedere.
E ora che ci pensava, la situazione non era così
terrificante come pensava all’inizio: dopo aver giocato a
“Mima il mio musical preferito”, “Disegna
la miglior performance che ho cantato” e “Indovina
la canzone in un indizio – e no, niente Broadway,
ve lo concedo, tarpo la mia conoscenza per mettermi al vostro livello”,
con la neve che continuava a cadere incessante e il vento che sbatteva
inquietantemente contro le finestre, e senza poter toccare Blaine di
fronte a lui – “Perché si gioca a
coppie, per valutare l’affiatamento!” –,
poteva ammettere che era ben peggio. Quel pomeriggio era un
vero inferno. C’era anche un timido fuoco nel
camino a creare la giusta atmosfera, dato che Finn era stato in grado
di utilizzare qualche tronco più asciutto per
l’occasione.
Rachel sorrise serafica, sistemandosi una ciocca dei lunghi capelli
castani dietro l’orecchio e stirando la piega della sua
gonna, bene attenta a non piegare i preziosi spartiti che si era
portata fin lì, e da cui non accennava a separarsi. Rispose
alla precedente domanda di Kurt senza scomporsi: “Avresti
lasciato tuo fratello da solo per queste strade pericolose ricoperte di
neve? I miei papà ci hanno dato un navigatore satellitare e
hanno stampato le mappe da Google, ma è stata la mia voce a
tenerlo sveglio e ad evitargli un colpo di sonno”
precisò, pacata. “Comunque il nuovo punteggio
è… trentadue a zero per noi!”
esultò, controllando il foglio davanti a lei e
scribacchiando qualcosa.
“Siete partiti alle due del pomeriggio!” la
ignorò.
“Però è vero, ha cantato per tre ore di
seguito” ammise Finn, contento di poter dare ragione alla sua
ragazza.
“Inoltre, potevo rinunciare a un’atmosfera del
genere, in una casa di montagna con la neve che cade
all’esterno?”
“Veramente siamo sulla riva di un lago…”
precisò Blaine, sottovoce.
“… Potevo rinunciare all’idea di passare
un pomeriggio con i miei migliori amici accanto al fuoco bevendo
cioccolata calda?”
“C’è della cioccolata calda?”
s’informò Finn.
“Non c’è nulla del genere,
Finn” sibilò Kurt, alzandosi in piedi.
“Grazie a questa bufera di neve siamo rinchiusi in questa
casa fino a non so quando, costretti a vivere un mash-up piuttosto
agghiacciante tra Shining e La
compagnia dell’anello visto come siamo malamente
assortiti” alzò la voce, muovendo le braccia per
dare più enfasi e indicando casualmente la sua sciarpa di
Burberry e le calze a pois rossi di Rachel. “E non posso
avere nemmeno il mio bicchiere di latte caldo prima di andare a dormire
dato che il frigo è vuoto”
finì con tono vagamente triste, incrociando le braccia sul
petto e voltandosi verso il camino.
“Kurt, ma non riesci mai a dormire se sei nervoso e non bevi
il latte” fece presente Finn.
“Lo so!”
Doveva calmarsi. Doveva. Calmarsi.
Blaine si alzò immediatamente e gli andò vicino.
“Kurt, mi dispiace per come sono andate le cose, forse non
era il week-end adatto per venire fino a Cleveland. Appena finisce
questa tempesta ti riporto a casa, fosse anche in piena notte... Lo so
quanto tieni ai tuoi rituali serali. Ma Finn e Rachel hanno portato con
loro la cena, ed è avanzato qualcosa del tuo meraviglioso
pranzo, vedrai che andrà bene” provò,
regalandogli un sorriso sincero e allungando la mano verso di lui.
“No che non andrà bene!” Non
finché non trovo uno stupido regalo perfetto per te, visto
che sei uno stupido ragazzo perfetto. E ho soltanto uno stupido dollaro
e ottantasette centesimi!
Blaine si ritrasse leggermente, sfiorandolo appena su una spalla per
poi fare un passo indietro. “Vado a prenderti
un’altra coperta. Nel caso avessi freddo più
tardi” disse, fingendo un sorriso e correndo verso le scale
che davano al piano superiore.
Kurt sembrò riscuotersi in quel momento, notando il tono
basso e vagamente… triste con cui
l’altro aveva parlato. Che gli era preso? Non doveva calmarsi
proprio per evitare problemi?
Erano mesi che assillava Blaine per farsi portare nella casa dei suoi
genitori sul lago Erie, e una volta realizzato il suo sogno di una
vacanza giornaliera insieme, loro due da soli senza il solito stress
della vita liceale del McKinley, dei drammi del Glee Club e
dell’impossibilità di dimostrarsi apertamente il
loro affetto come degli adolescenti normali, rovinava tutto?
Magari Blaine non era portato per indovinare le canzoni al primo
indizio, ma era sempre stato accanto a lui e non gli aveva mai chiesto
costosi regali in cambio. Lui voleva solo Kurt, con tutti i suoi
atteggiamenti da diva, con la sua mania di rubargli i vestiti solo per
poter respirare ancora un po’ il suo profumo, e con le sue
mani fredde.
“Ho la canzone adatta per questa situazione”
s’intromise Rachel, ma Finn la bloccò subito
dandole un leggero colpo sul braccio con il gomito. “Era per
risollevargli il morale!” ammise sottovoce rivolta al suo
ragazzo, intento invece a chiedersi se si sentiva più un
ramingo o un re umano.
Ma Kurt non era dell’umore adatto nemmeno per
l’ennesimo duetto di Wicked o chissà quale canzone
di Barbra, e nemmeno per dire a Finn che lo vedeva più come
uomo albero che altro.
Le sue mani erano stranamente più fredde del solito ora che
Blaine non le teneva più tra le sue.
*
La camera di Blaine era piuttosto semplice: pareti
ricoperte da una carta color castagna, mobili in legno scuro e un letto
singolo al centro, comodo e caldo. Kurt era seduto proprio su di esso
con una coperta attorno alle spalle, per proteggersi dal freddo
pungente che la mancanza del riscaldamento in quella casa rendeva
insopportabile, e sfogliava un vecchio album di famiglia che aveva
trovato sulla scrivania. Il suo ragazzo era particolarmente carino da
bambino, con quei grandi occhi sinceri e un sorriso contagioso, anche
se quei capelli ricci asciugati al sole gli si arruffavano e cadevano
sopra agli occhi. Era adorabile. Non che adesso non lo fosse
più, anzi, ma era anche molto altro ancora. Affidabile,
amorevole, qualche volta un po’ impulsivo, ma sempre,
irrimediabilmente sexy.
Sospirò, chiudendo con un colpo secco l’album di
foto; aveva perso il conto del tempo che aveva passato chiuso in quella
stanza, e dopo aver sbirciato ogni libro presente, aver letto ogni
foglio scritto a mano e controllato ogni fotografia, era giunto alla
conclusione che la sua auto-reclusione poteva definirsi finita, e che
fosse meglio scendere di nuovo al piano di sotto e sperare che Blaine
perdonasse ancora una volta il suo comportamento da primadonna. E
magari anche spiegare a Blaine cosa gli era preso.
Kurt era convinto che “Ehi, non ho nemmeno due dollari per
farti un regalo di Natale, e tutto grazie alla mia insaziabile voglia
di shopping” non fosse la migliore delle scuse, ma doveva
almeno provare. E chissà, forse poteva anche sperare di
passare il resto della serata tra le sue braccia, se riusciva a
ignorare la presenza rumorosa e ingombrante di Rachel e Finn.
Sospirò, di nuovo, alzandosi e stringendo meglio la coperta
attorno alle spalle, aprendo poi la porta della camera.
Lanciò un ultimo sguardo all’interno e decise che
era il momento di comportarsi da uomo, si assicurò quindi
che i capelli fossero in ordine e scese i gradini con rinnovata
sicurezza.
Il salotto era innaturalmente vuoto, con il tenue fuoco acceso nel
camino e i cuscini del divano finiti per terra, così si
lasciò guidare dalla dolce melodia cantata da Rachel verso
l’angolo dedicato alla cucina, dove Finn stava controllando
il contenuto degli scaffali mentre teneva tra le labbra una fetta di
pane imburrato, mentre la ragazza affettava un pomodoro su un tagliere,
con un grembiule azzurro a coprirle quell’orrendo vestito che
si era messa e i capelli raccolti in una coda bassa. Era stranamente
familiare vederli così, ma prima che Kurt potesse registrare
il suo pensiero notò che mancava all’appello
proprio l’unica persona di cui aveva bisogno.
“Dov’è Blaine?” chiese,
stringendosi con più forza nella coperta e non riuscendo a
impedirsi di lanciare un’occhiata critica alla cena preparata
dai due.
“Ehi Kurt! Pensavamo ti fossi addormentato!” lo
salutò Finn, avendo la decenza di sfilarsi la fetta di pane
dalla bocca.
“Ho preparato una cena vegetariana con quello che Finn ed io
abbiamo portato, unito ai resti del tuo pranzo” gli fece
sapere la ragazza, fiera del suo lavoro. “Lo sai che
è un’abitudine di Broadway mangiare leggeri la
sera per avere maggiori energie la mattina e migliorare
l’estensione vocale?”
“Dov’è Blaine?”
ripeté l’altro guardandosi attorno, ignorandola.
I due si fissarono per un attimo, e poi scrollarono le spalle.
“Ha detto che usciva…” ammise Finn,
guardando fuori dalla finestra.
“Cosa?” riuscì a dire Kurt, prestando al
fratellastro tutta la sua attenzione. “E dove andava? Sta
nevicando da ore! No aspetta, quanto tempo fa è
uscito?” provò, dirigendosi verso la porta e
sperando di trovare là fuori il suo ragazzo, magari ancora
vivo.
Rachel si portò il manico del coltello sul mento, con fare
pensieroso. “Mh. Un’ora fa più o
meno”.
“Un’ora fa?!”
chiese, raggiungendo un’altezza di voce mai sperimentata
prima.
“Tranquillo, amico” lo rassicurò Finn.
“Ha detto che se aveva problemi avrebbe chiamato. Ha il
cellulare!”
Kurt si risparmiò di battersi una mano sul viso –
o sul viso di Finn – solo perché la preoccupazione
aveva preso il sopravvento. Blaine era uscito con quella tormenta di
neve. Un’ora fa. E quell’idiota del suo
fratellastro e la sua degna compagna se ne stavano tranquillamente a
giocare all’allegra famiglia!
Ok, pensò, prima recupero il
mio fidanzato, poi mi occupo del resto. In fondo, non aveva
visto Shining con Blaine solo come scusa per
attaccarsi al suo braccio e lasciarsi fare qualche coccola. Gli era
effettivamente piaciuto. E anche se pensava che un’ascia era
fuori moda e gli avrebbe fatto venire i calli alle mani, era
sicuramente d’effetto per lo scopo prefissato.
Lasciò perdere questi pensieri solo per sporgersi dalla
finestra e notare che effettivamente quella tempesta sembrava tremenda,
era tutto così bianco che era come essere immersi nella
nebbia, e il vento era un sibilo fastidioso che gli ricordava quanto
fosse un fidanzato terribile.
“E a nessuno di voi due è venuto in mente di
chiamarlo? O di non farlo uscire per niente?”
strillò, muovendosi verso il salotto e abbandonando la
coperta sul pavimento. “Ok, ok, calma, devo
pensare” si disse, portandosi le mani tra i capelli. Se
Blaine fosse morto cosa avrebbe detto ai suoi genitori? Che non era
stato in grado nemmeno di proteggerlo dal freddo visto che non aveva
avuto i soldi neanche per comprargli una sciarpa di lana decente? E se
fosse stato divorato da qualche creatura dei boschi? Non che ci fosse
molto da mangiare con lui, ma c’erano volte in cui Kurt lo
aveva trovato molto più che commestibile. No, non era il
momento per ricordi del genere! Blaine, il suo bellissimo Blaine, era
là fuori nel bel mezzo di una tormenta. E se fosse tornato
congelato? Era convinto che nella sua vita avrebbe fatto qualcosa di
melodrammaticamente indimenticabile, ma non voleva finire come Jack e
Kate! Soprattutto ripensando a quanto fosse grassa lei in
Titanic…
“Il fuoco. Mi serve un fuoco più
intenso” commentò tra sé e
sé, cercando ciocchi di legno che non fossero troppo umidi
da gettare nel camino, e, trovandone solo un paio, si guardò
in giro in cerca di altro.
“Oh mio Dio, Kurt Hummel, in nome di quanto possa esserci di
più gaio a Oz posa quegli
spartiti immediatamente” strillò
Rachel, trovando un ottimo incentivo per smettere di tagliuzzare
verdure e concentrarsi sulla situazione.
“Mi serve un catalizzatore per il fuoco, Rachel!”
tentò di spiegare lui, tenendo tra le braccia il pacco di
preziosi fogli. “Se Blaine tornasse e avesse un inizio di
congelamento avrebbe bisogno di caldo!”
“Non brucerai gli spartiti originali che ho comprato nel
corso della mia vita, lo giuro sulla tua collezione di tiare”
lo minacciò, arrivandogli di corsa accanto e strappandogli
con forza dalle mani il suo tesoro.
“Kurt, Rachel tiene particolarmente a quegli spartiti, non mi
ci lascia nemmeno avvicinare se sto mangiando le patatine”
provò Finn, arrivato tra loro con un sorriso rassicurante
che però mandò soltanto il fratello su tutte le
furie.
“Allora pensa tu al fuoco prima che getti nel camino la tua
ragazza e tutto il suo talento!” disse, ottenendo un mormorio
oltraggiato da Rachel, che però si strinse contro la schiena
di Finn, nascondendosi fin troppo bene. Un hobbit dietro un uomo
albero, sì.
Ma Kurt non aveva tempo per cose del genere, la sua ansia ormai era
più alta dell’acuto di Julie Andrews in I
feel pretty. “Dov’è il
telefono? Magari se lo chiamo saprò se è ancora
vivo…” disse, controllando le innumerevoli tasche
dei suoi pantaloni. Riuscì a trovarlo piuttosto facilmente,
spingendo il tasto di chiamata rapida e trattenendo il respiro.
L’inconfondibile suoneria di I’m the
greatest star risuonò inquietante e ovattata nel
silenzio che si era formato. Rachel e Finn si erano stretti
l’una all’altro, con la scusa dell’ansia,
mentre Kurt era incerto se iniziare a canticchiare la sua canzone
semi-autobiografica o iniziare a correre isterico per la casa. Il
rumore della serratura del portone che si apriva lo salvò
dall’indecisione, e quando Blaine apparve sulla soglia,
bagnato e infreddolito come il più tenero e tonto dei
cuccioli, sentì chiaramente il suo cuore finirgli in gola.
“Ehi… mi stavate aspettando?” chiese
quello con un sorriso compiaciuto, finendo tuttavia con uno starnuto
ben poco attraente.
La cosa successiva che notò fu il corpo caldo di Kurt
stretto al suo, dopo che gli si era lanciato tra le braccia, e anche se
i suoi capelli gli facevano il solletico sul naso non se ne
lamentò affatto. Come non si lamentò nemmeno
delle affettuose parole dolci che gli rivolgeva tra un “sei
un idiota” e l’altro. C’era qualcosa che
gli sfuggiva, se lo sentiva, ma finché le labbra del suo
ragazzo erano così pericolosamente vicine al suo orecchio
non c’era motivo di preoccuparsene.
“Ehm… ragazzi? Ci siamo anche noi”
provò Finn, imbarazzato. Ma Rachel si limitò a
dargli una leggera gomitata e a stringersi maternamente al petto gli
spartiti.
“Dove sei stato? C’è una bufera di neve
là fuori! Perché devi sempre farmi preoccupare
così?” lo aggredì Kurt, asciugandosi
velocemente le lacrime che si erano accumulate tra le ciglia.
“Kurt, non sta nevicando più!
C’è solo vento. E fa freddo, sì, ma
è inverno” spiegò, scrollando le
spalle. “Ero in città, l’avevo detto a
Finn”.
“Oh” si ritrovò a dire il diretto
interessato, portandosi una mano al mento e alzando lo sguardo,
seguendo un vago ricordo.
Kurt evitò di aggredire fisicamente il fratellastro solo
perché si sentiva caritatevole, dato che aveva Blaine tra le
sue braccia. Ora che ci pensava, forse era il caso di lasciarlo andare.
“La città più vicina è a
venti minuti da qui! Che ci sei andato a fare?” lo
incalzò, con sguardo scettico.
“Mia madre conosce il proprietario della drogheria,
così sono andato da lui e l’ho praticamente
costretto ad aprire il negozio per me” spiegò,
mentre l’altro gli prendeva la mano e lo portava davanti al
fuoco, passandogli la coperta di lana che poco prima aveva buttato sul
pavimento. “E guarda un po’ qui! Sono riuscito a
comprare una bottiglia di latte per te!” esultò,
mostrando il contenuto della busta che teneva nell’altra
mano, fiero della sua conquista. Kurt sgranò gli occhi,
seguito da Rachel e Finn. “Mi hai detto che non riesci a
dormire se non bevi il tuo latte caldo, soprattutto quando sei
stressato. E so che questa non è stata la giornata ideale
che avevo progettato…” continuò,
guardando per terra. “E così-”
“Sta’ zitto” lo fermò,
abbracciandolo di nuovo stretto e cominciando a baciarlo su tutto il
viso. Fu quando raggiunse le sue labbra che Blaine reagì,
portando le braccia a cingergli la vita – anche se in una
mano teneva ancora goffamente la busta con il latte.
“Okay! Credo sia ora di preparare la cena” disse
Finn, quando notò come quel bacio stesse diventando sempre
meno casto, e vedere il fratello tirare i capelli del suo ragazzo tra i
suoi mugolii non era il modo ottimale per concludere la giornata.
Tornò nella piccola cucina, tirandosi dietro una Rachel
piuttosto interessata, invece, e pensando alla quantità di
quelle tristi verdure che avrebbe dovuto ingurgitare per saziare la sua
fame.
Nel salotto, intanto, Kurt poggiò la fronte contro quella di
Blaine, strofinando dolcemente il naso contro il suo.
“Davvero hai fatto tutto questo per me?”
sussurrò, sentendo il calore tornare sulla pelle
dell’altro.
“Certo. Solo per te” sorrise, sfiorandogli le
labbra. “E’ stato eccessivo?” chiese
subito dopo, con un velo di panico. “E’ stato
eccessivo. Lo sapevo!”
“N-no, non è stato eccessivo” lo
rassicurò. “Magari un po’ impulsivo. E
leggermente stupido considerando il tempo atmosferico. Ma non
eccessivo. Direi piuttosto romantico” confermò,
dandogli un bacio.
“Oh, davvero?” ma la risposta di Kurt si perse tra
le loro labbra, di nuovo unite con passione. E sarebbero andati avanti
ancora a lungo, contribuendo al riscaldamento globale, se Blaine non si
fosse ricordato di un particolare. “Kurt… Mh,
Kurt? Oh. No, aspetta” lo
fermò, portando le mani sui suoi fianchi e distanziandolo un
po’. “C’è una cosa che devo
dirti”.
“C’è un altro?” chiese
all’improvviso sgranando gli occhi, preoccupato.
“Eh? Chi? Chi mai dovrebbe… N-no, no!”
“No, infatti. Stavo scherzando”.
“Niente del genere, Kurt” lo rassicurò.
“E’ solo che… Tu eri chiuso nella mia
camera, chiaramente offeso per come ho organizzato questa giornata, e
io ero un po’… agitato, ecco”
provò. “Sono uscito piuttosto di corsa, e solo una
volta in città mi sono reso conto del
problema…”
Kurt aggrottò la fronte, perplesso, e lasciò la
presa attorno alle spalle dell’altro. “Blaine, che
è successo?”
“Ho dimenticato il portafogli in macchina” ammise
con un sospiro, sentendo già la mancanza del calore del
corpo del suo ragazzo. “Che è a due chilometri da
qui. E, be’, ricordi quando mi hai detto di prendere le tue
cose dal cruscotto mentre tu prendevi lo zaino dal sedile posteriore?
Ecco, il tuo portafogli era ancora nella tasca della mia giacca. Ed
è stato un bene!” si affrettò a dire.
“Mi ha permesso di comprare il latte. Solo che…
be’, ho usato i tuoi soldi per comprare
una cosa per te” concluse. E
sì, suonava meglio nella sua testa. “Lo so, sono
un disastro e non è affatto romantico, prometto che ti
ripagherò domani mattina come prima cosa, solo
che-”
Ma Kurt gli si lanciò di nuovo tra le braccia, inspirando
forte il suo odore.
“Non sei arrabbiato con me?” chiese dopo qualche
secondo Blaine, accarezzandogli la schiena con le dita.
“E tu sei arrabbiato con me?” chiese di rimando.
“Per che cosa?” domandò stupito
l’altro, ricevendo in risposta solo un tenero bacio sulle
labbra.
“Possiamo evitare di pensare a tutto questo e goderci la
nostra serata insieme?” Kurt gli sussurrò contro
l’orecchio, mentre arricciava uno dei suoi ricci bagnati su
un dito.
E di fronte a quegli occhi così azzurri e profondi, sotto
quelle carezze così dolci e delicate, e con quel calore
proprio contro di lui, Blaine non seppe trovare alcun motivo per
rifiutare.
To be
Continued...
Note: è
un po' che
non passo più su EFP, quest'anno mi voglio mantenere spoiler
free e
quindi sto evitando come la peste i siti di fanfic (da quando l'anno
scorso mi sono spoilerata grazie a un'introduzione una cosettina da
nulla come il bacio Klaine). Non mi aspettavo di trovare tutte queste
letture e tutta questa gente che ha inserito la fic nelle
seguite/preferite/ricordate. Wow... grazie <3 spero vi piaccia
anche questa seconda parte, anche se Kurt è isterico (ma
come dargli torto, si è ritrovato a dividere la sua giornata
romantica con il fratellastro e Rachel). Da qui in
poi è tutto fluff diabetico XD
L'ultima
parte della storia arriverà a breve.
|
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Capitolo 3 *** parte 3 ***
parte3
Tutto
sembrava avvolto da un silenzio quasi surreale, il vento si era placato
almeno due ore prima, la neve si era depositata a terra ed era come se
anche il freddo fosse diminuito. Il peggio era passato e la mattina
seguente sarebbero stati sicuramente in grado di ripartire per Lima.
L’unica cosa a cui Kurt doveva stare attento, ora, era che
quel silenzio e quel buio a cui non era abituato in città
non lo tradissero sugli ultimi gradini delle scale. Si
lasciò guidare dalla fioca luce che proveniva dal camino,
poggiando una mano contro il muro mentre l’altra teneva
stretta il maglione di cashmere che aveva sulle spalle, ma lo
scricchiolio del pavimento in legno, appena ci mise piede sopra,
riecheggiò sinistro in tutta la stanza.
“Kurt?” domandò stancamente Blaine,
emergendo dalla pila di coperte sul divano.
“Ehi” provò l’altro, mostrando
il suo miglior sorriso. “Ti ho svegliato?”
Il ragazzo si passò una mano sugli occhi, e poi tra i
capelli, tentando di sistemarli. “No. Non riesci a dormire?
Ti senti male?” chiese preoccupato, mettendosi a sedere.
Kurt gli si avvicinò, posizionandosi tra lui e il camino,
dove il fuoco si era ridotto a una brace scoppiettante.
“No… Anche se Rachel sa essere fastidiosa anche
mentre dorme” ammise con un abbozzo di sorriso.
“Immagino che canticchi canzoni melodiche nel sonno,
eh?”
“E tira anche parecchi calci” precisò,
iniziando poi a mordersi il labbro inferiore e a guardare per terra.
“Grazie per averci fatto dormire nella camera dei tuoi, anche
se lo trovo parecchio imbarazzante. E non c’era bisogno di
lasciare a Finn il tuo letto, poteva dormire lui sul divano”
disse pacato, guardandolo con i suoi grandi e sinceri occhi azzurri.
“Oh, figurati, non è un problema per me,
è comodo!” disse Blaine, sorridendo. “E
poi Finn non ci sarebbe entrato su questo divano, è
così alto” ammise in un sussurro leggermente
contrito.
Kurt strinse maggiormente il suo maglione, nascondendo un sorriso come
meglio poteva. “Blaine, non volevo-”
“Hai freddo? Non te l’ho chiesto. Continui a
tenerti quel puro cashmere addosso anche se sei davanti al fuoco, ti
muovi da un piede all’altro, come per scaldarti, e hai le
labbra arrossate” notò. Ed era particolarmente
adorabile nella sua ingenuità. E particolarmente sexy in
quella maglietta larga che gli cadeva su una spalla e con quei capelli
spettinati. “Vieni qui” gli disse, alzando le
coperte e facendo cenno a Kurt di sedersi accanto a lui sul divano.
Dio, amava questo suo lato intraprendente, anche se la maggior parte
delle volte non se ne accorgeva.
Comunque non se lo fece ripetere, sdraiandosi subito accanto a Blaine,
che gli passò un braccio sotto le spalle e l’altro
attorno alla vita, tenendolo stretto contro di sé.
Cominciò ad accarezzargli i capelli sulla nuca in quel modo
lento e meditato che faceva impazzire Kurt, e la casa avvolta nel
più completo silenzio senza genitori ingombranti, il fuoco
debole che illuminava fiocamente la stanza, il calore delle coperte, le
attenzioni di Blaine... sembrava tutto così tremendamente
perfetto da-
“C’è una cosa che devo dirti”.
Okay, era davvero tutto troppo perfetto per essere reale.
“Un’altra?” chiese Kurt, tentando di
nascondere il tono preoccupato sotto uno spesso strato di sarcasmo.
“C’è un’altra
cosa che devo dirti” si corresse. “Non ti
arrabbiare, prometto che risolverò tutto” si
affrettò ad aggiungere.
Kurt si sistemò meglio contro il fianco del ragazzo,
poggiando la testa contro la sua spalla e intrecciando una gamba tra le
sue. “Dimmi”.
Blaine prese un profondo respiro. “Ecco, quando ero in
città e dovevo comprare il latte… Ho aperto il
tuo portafogli” cominciò, mentre l’altro
tratteneva il respiro. “Kurt, c’erano dentro meno
di due dollari”.
“E allora?” disse, fiero. La miglior difesa
è l’attacco, in fondo.
“Allora credo di aver perso gli altri soldi che avevi. Magari
mi sono caduti quando l’ho aperto, o mentre camminavo nella
neve, e Kurt, ti prego non ti arrabbiare”
ripeté, “ho intenzione di ripagarti di tutto
appena possibile”.
“Oh”.
“Oh in senso negativo o
positivo?”
“Oh e basta. Oh,
questo dovevi dirmi”.
“Che altro avrei dovuto dirti?”
“Non lo so! Magari quanto i miei occhi siano belli se
illuminati dal fuoco, o come la mia pelle sembri più morbida
sotto la luce lunare!” disse, tentando di cambiare discorso.
Blaine si alzò leggermente su un fianco, scrutandolo
attentamente. “C’è
qualcos’altro che non mi stai dicendo”.
Kurt provò a nascondersi sotto le coperte, evitando il suo
sguardo. “Non so a cosa ti riferisci. Dovremmo
dormire”.
L’altro sorrise. “Kurt…” lo
chiamò, con tono lamentoso. “I tuoi occhi sono
bellissimi alla luce del fuoco, e la luna fa risaltare la morbidezza
della tua pelle. Ora mi dici che succede?” chiese, sollevando
gli strati di lana sotto cui si era coperto il ragazzo. “E
dai, se è qualcosa che ti riguarda voglio saperla”
aggiunse, con tono più serio.
E Kurt capitolò. “Quello era tutto ciò
che avevo, contento?” sbottò, uscendo allo
scoperto e guardandolo con sguardo di sfida.
“Cosa?”
“Quel dollaro e ottantasette centesimi! Non hai perso niente,
il portafogli era già vuoto” concluse, sbuffando
amaramente.
Blainerimase perplesso per qualche istante.
“Perché vai in giro senza soldi? Se ti capitasse
qualcosa come-?”
“Ho speso tutto ciò che avevo la scorsa settimana,
Blaine. Meno di due dollari era ciò che mi era rimasto per
comprarti un regalo di Natale. Cosa che ovviamente non avrei potuto
fare, e tu mi avresti dato un premio come peggior fidanzato della
storia, e stavo anche preparando il discorso per la vittoria, sai?
Tanto per evitare di pensare ai giorni strazianti che avrei vissuto
dopo che mi avresti lasciat-”
“Aspetta. Volevi comprarmi un regalo di Natale?”
domandò, mentre un sorriso enorme andava affacciandosi sul
suo viso.
“Blaine, non è questo il punto”.
“È
il nostro primo Natale insieme” accordò
l’altro, sdraiandosi di nuovo e riprendendo ad abbracciare
Kurt. “È
importante” disse, dandogli un bacio sulla guancia.
“Appunto” s’infervorò,
arrossendo appena. “E non ho soldi per il tuo
regalo!”
“Ma cosa mi importa del regalo?” disse seriamente
Blaine, aggrottando la fronte. “Io ti ho appena comprato
qualcosa con i tuoi soldi. Non ti lascerò tanto facilmente
il premio come peggior fidanzato, sai?” sorrise,
accarezzandogli di nuovo i capelli.
“Non è la stessa cosa”
mormorò, lasciandosi andare sotto quelle attenzioni.
“È un po’ come in quel racconto che
abbiamo studiato l’anno scorso al corso di letteratura,
ricordi? Il dono dei Magi. Alla fine è
inutile fare i regali di Natale”.
“Blaine, non credo che la morale di quella storia fosse
proprio questa…”
“I protagonisti hanno rinunciato a quello a cui tenevano di
più per il bene della persona che amavano, e alla fine cosa
ne hanno ricavato? I loro doni non avevano più
significato” spiegò.
“Avevano il loro amore” sussurrò Kurt.
“Esatto. E visto che noi già conosciamo la
conclusione della storia non possiamo saltare tutto il resto? O vuoi
venderti i capelli per potermi comprare qualcosa?”
scherzò, sentendo l’altro rabbrividire accanto a
sé.
“Questo mai!” precisò, passandosi una
mano tra le sue preziose ciocche. “E poi perché
solo io dovrei dare qualcosa di così importante per te? Tu
potresti vendere l’orologio da taschino che tanto ti piace,
proprio come nel racconto. Sarà divertente vedere tuo padre
diseredarti” propose con un sogghigno.
“Ehi, io ho già dato via il mio orgoglio comprando
quello di cui avevi bisogno con i tuoi soldi.
Credo sia più che sufficiente per
quest’anno” ammise.
Kurt ridacchiò contro la sua spalla, stringendo le mani
sulla stoffa della sua maglietta. “Era il miglior latte caldo
mai bevuto in vita mia, comunque” ci tenne a precisare.
“E la miglior cioccolata calda del mondo!”
“Quella dipende tutta dalle mie abilità
culinarie” ammise con orgoglio.
La brace nel camino andava ormai spegnendosi, ma nessuno dei due si
preoccupò del freddo. In fondo nessuno dei due pensava di
lasciare andare l’altro, per quella notte. Quando Kurt stava
ormai per addormentarsi, cullato lentamente dal calore di
quell’abbraccio, Blaine sembrò ripensare a
qualcosa.
“Comunque so esattamente come iniziare il mio discorso dopo
aver vinto il premio come peggior fidanzato”
annunciò, serio.
“Mh?” chiese un sonnolento Kurt.
“Con una canzone!” esultò.
“Che stai dicendo? Dormi” lo sgridò
bonariamente, muovendosi quel tanto che bastava per sdraiarsi sulla
schiena. “Che canzone?” non riuscì a non
domandare subito dopo, curioso. Lo sentì spostarsi contro di
lui, accarezzargli con una mano lo stomaco e poggiargli le labbra
contro la guancia, mentre i suoi capelli ricci gli facevano il
solletico contro l’orecchio. Gli piaceva da impazzire.
“Baby you’re all that I want when
you’re lyin’ here in my arms, I’m
findin’ hard to believe we’re in heaven”
cantò sottovoce.
“Oh mio Dio, Blaine. L’ultima volta che hai cantato
questa canzone hai preso in pieno l’auto di mio padre, e
quasi investito mio padre!” gli
ricordò, cominciando a ridere.
“Altrimenti che premio come peggior fidanzato dovrei vincere?
È la canzone perfetta! Oh once in
you’re life you find someone who will turn your world around,
bring you up when you’re feeling down…
E tu hai stravolto completamente la mia vita”.
“Hai saltato una strofa” gli fece sapere, preciso
come al solito, non impedendo però al rossore di diffondersi
sulle sue guance.
Blaine sorrise appena, dolcemente. “Nothing could
change what you mean to me, Oh there’s lots that I could say…
Ti amo, Kurt” sussurrò contro la sua pelle.
Kurt lo bloccò dal continuare a cantare, parlare, o fare
qualsiasi altra cosa che gli ricordasse quanto fosse innamorato di quel
ragazzo, o avrebbe rischiato l’auto-combustione.
Optò per prendergli la guancia con la mano e baciarlo. Ormai
era una sensazione familiare quella, labbra contro labbra, lentamente,
fino a quando non si allontanò appena per guardarlo negli
occhi, proprio mentre Blaine si riavvicinava e strofinava il naso
contro il suo, strappandogli una risata.
“Riesci sempre a stupirmi… Proprio mentre pensavo
che stavi per soffocarmi con un cuscino, mi baci” gli fece
sapere Blaine, lasciando che l’altro poggiasse la testa sulla
sua spalla.
“Non è detto che non lo faccia entro domani
mattina” ammise Kurt, intrecciando le gambe tra le sue e
passandogli subito le dita tra i capelli ricci.
“Dormirò con un occhio aperto” disse,
infilandogli la mano sotto la maglia e accarezzandogli il fianco con
pigrizia.
“Lo faresti solo per guardarmi dormire”.
“Touché” e con un ultimo tenero bacio
posò la fronte contro la sua.
Kurt sorrise, inspirando lentamente l’odore del suo ragazzo
– il miglior fidanzato del mondo – percependo
chiara la familiare sensazione di caldo, fino a quando non
sentì il suo respiro regolarizzarsi. “And
love is all that I need and I found it here in your heart”
cantò lentamente, stringendo la mano sopra il cuore di
Blaine. “It isn’t too hard to see...
we’re in heaven” concluse, mentre un
sorriso fioriva sulle loro labbra. Ed era bellissimo e da togliere il
fiato come sempre. “Oh, guarda, ha ricominciato a
nevicare!” disse, notando i leggeri fiocchi bianchi scivolare
leggeri fuori dalla finestra.
L’altro si distrasse quel tanto che bastò e si
stiracchiò appena, allungando il collo per guardare fuori
dalla finestra. “È un perfetto Natale
adesso!” esultò come un bambino.
“Blaine, mancano due settimane al Natale” lo
corresse ridendo, poggiando la testa nell’incavo del suo
collo e inspirando a fondo.
“Ma io ho il mio regalo” disse, stringendolo a
sé. “E mi sento in paradiso”.
Kurt gli diede una leggera gomitata contro il fianco, prima di
sistemarsi meglio contro il suo corpo, aderendo perfettamente ad esso,
e lasciarsi trasportare dalla stanchezza della giornata, da tutti quei
sentimenti che aveva provato, e dalla calma che sapeva infondergli
Blaine con un semplice sorriso, soprattutto se contornato da una tazza
di latte caldo e qualche coccola su un divano, al caldo sotto le
coperte di lana.
E Blaine sentì che non aveva proprio più niente
da desiderare per quel Natale, o per quell’anno, o per tutto
il resto della sua vita. Era sempre perfetto, anche quando le cose
andavano storte, e appena prima di sprofondare nel sonno lo
percepì, appena sussurrato ma cristallino nella voce da
controtenore di Kurt.
“Ti amo anche io”.
Ed eccolo lì, il suo paradiso.
*
“Quanto ci vuole ancora? Sto congelando,
Blaine!”
L’aria del mattino era pungente contro la pelle delle guance
e delle mani, quel pallido sole non tanto alto nel cielo non riusciva
ancora a scaldare e la neve era compatta e fresca sulla strada; eppure,
Kurt stava sorridendo. Era davvero una bellissima giornata.
Blaine riuscì a dare l’ultima mandata alla porta,
chiudendola definitivamente. Sistemò meglio sulla spalla lo
zaino, soddisfatto, per poi avvicinarsi al suo ragazzo, intento a
scaldarsi muovendosi da un piede all’altro, con le mani ben
infilate nella tasca del cappotto blu. “Scusa se ci ho messo
del tempo, ma sono due anni che non entro in questa casa e la porta
è un po’…” si
scusò.
“Non importa” gli disse con un sorriso, a cui
l’altro ricambiò subito.
“… Ma ora sono qui” chiarì
Blaine, sentendo la risata spensierata di Kurt. Alzò appena
il viso, guardando le sue labbra, e fece un passo per avvicinarsi a
lui. Non fece in tempo nemmeno a chiudere del tutto gli occhi che
Rachel li aveva già interrotti.
“Devo ammettere che la scorsa serata è stata
divertente per me e fruttuosa per la vostra normale conoscenza
musicale. Blaine, dobbiamo assolutamente tornare qui al più
presto” cinguettò allegra, avvinghiandosi al
braccio di Finn.
“Ma certo, Rachel…”
l’assecondò Blaine, incerto, allontanandosi di un
passo da Kurt.
“Certo che no! Questa era la nostra
vacanza” chiarì l’altro, stringendosi al
braccio del suo ragazzo e riportandolo vicino a sé.
“Senza di noi non avreste avuto né la cena
né un’auto con cui tornare indietro, non sareste
mai sopravvissuti tra queste montagne” ammise candidamente
lei. “Dovresti ringraziarmi pubblicamente, un giorno, anche
se forse tra tutti quegli applausi nelle mie orecchie non
riuscirò a sentirti, Kurt”.
“Grazie mille per aver rischiato la vita per noi, Rachel,
anche se perfino i lupi avrebbero rinunciato al loro antipasto con il
tuo corpo in formato hobbit dopo aver sentito l’irritante
voce che ti ritrov-”
“Kurt…”
“È
lei che mi provoca!”
“Ci sono lupi in questa zona?” chiese Finn,
guardandosi attorno.
Blaine sospirò. “No. Non siamo nemmeno in
montagna. C’è un lago a
mezzo chilometro da qui” spiegò per
l’ennesima volta.
Rachel si passò una ciocca di capelli dietro le spalle, per
darsi un tono, prima di rivolgersi al suo ragazzo.
“Andiamo?” propose.
Intanto Kurt si era passato una mano sulla fronte, stanco, mentre
Blaine lo aveva preso per un gomito e tirato a sé.
“Ehi. Non è andata poi tanto male, no?”
chiese speranzoso, accostandosi di nuovo al suo viso.
L’altro sorrise. “No, direi di no”
ammise, chiudendo gli occhi e trattenendo il respiro per un attimo.
Ma una vigorosa pacca sulla spalla lo riscosse. “Amico, ho
dimenticato questo!” disse Finn, tirando fuori dal suo zaino
una bottiglia bianca e passandola al fratellastro. “Me
l’ha data Burt prima di partire, è per
te”.
Kurt e Blaine fissarono l’oggetto incuriositi, poi lentamente
la comprensione comparve sui loro volti, facendoli arrossire.
“Oh” dissero all’unisono.
“L’antigelo”. Si guardarono negli occhi e
scoppiarono a ridere.
Come avevano potuto non pensarci considerando la stagione? Magari era
il caso di fare qualche ripetizione nell’officina Hummel per
qualche pomeriggio, e magari passare le pause a
baciarsi nascosti dietro un cofano tentando di evitare le macchie di
grasso sulla pelle e-
“Alla fine nessuno dei due aveva ragione, eh? Non era
né l’olio né la frizione
bruciata” ammise Blaine, facendo una smorfia al ricordo.
“No… Ma sarà meglio far controllare
l’auto da mio padre, una volta tornati” gli disse,
passando una mano tra i capelli e tentando di sistemarli. Stentava a
credere di essere sopravvissuto una notte intera senza i suoi rituali
di idratazione, ma era ancora più assurdo non aver avuto un
attacco di panico quando si era accorto che in quella casa non
c’era nemmeno un balsamo per capelli, quella mattina. Non era
riuscito a calmarsi nemmeno notando la condizione drammatica in cui
versavano i ricci di Blaine.
Il suo ragazzo, tuttavia, era intento ad osservarlo stupito.
“Kurt, non hai i guanti! Ho dimenticato i miei in auto, ma
posso vedere se ce ne è un paio in casa” disse,
guardandosi prima nelle tasche e poi fissando con astio le chiavi.
Poteva farcela a riaprire di nuovo la porta, sì.
Ma Kurt gli sorrise, prendendogli il gomito e facendo scivolare la mano
fin nella sua. “Va bene così” ammise,
stringendola.
L’altro intrecciò le loro dita – erano
sempre così fredde – e lo guardò con
tutto l’amore possibile.
“Ehm, se siamo pronti dovremmo andare. Burt ci aspetta per
pranzo e se tardiamo potrebbe, tipo, uccidermi” fece notare
Finn, pensieroso, facendo qualche passo e aprendo lo sportello della
sua auto, parcheggiata proprio là vicino. Rachel si
infilò immediatamente al suo interno, lato passeggero,
organizzando i suoi spartiti sul cruscotto.
Kurt lanciò un rapido sguardo a Blaine, che
annuì. “Voi due andate avanti lentamente, noi
recuperiamo la nostra auto e vi raggiungiamo”.
“Mh? E perché vorreste camminare per due
chilometri quando posso darvi un passaggio?”
“Finn!” lo chiamò Kurt, irritato.
“Non ti preoccupare di questo. Pensa ad accompagnare Rachel a
casa piuttosto, non credo che la tua ragazza fosse compresa
nell’operazione di salvataggio in cui mio padre ti ha
spedito, no? Non vuoi far preoccupare Carole di un’altra
sgradita gravidanza, vero?”
“Eravamo in stanze diverse, non è successo
niente!” chiarì subito, arrossendo.
“Io questo non posso saperlo” dichiarò
Kurt con un’alzata di spalle.
Finn aggrottò le sopracciglia. “Perché,
tu dov’eri? Non hai dormito con Rachel?”
“Se parti adesso hai anche il tempo di pomiciare con lei in
macchina prima di pranzo, Finn” sibilò Kurt,
arrossendo vistosamente. “Muoviti”.
“Ok, non ti scaldare…”
“Se abbiamo problemi lungo la strada vi chiameremo”
chiarì Blaine, decidendo che era il momento buono per
interrompere la lite tra fratelli.
Rachel annuì, scegliendo finalmente lo spartito che voleva
cantare. “Finn, andiamo, ho già scaldato la voce
questa mattina e non mi piace fare le cose per niente”.
Finn si sedette sconsolato al posto di guida, richiudendosi la portiera
e guardando il fratellastro che lo salutava allegro dal finestrino. Con
una non tanto goffa manovra, poi, l’auto uscì dal
vialetto e pigramente sparì dietro una delle innumerevoli
curve.
Una volta soli, Kurt e Blaine sospirarono di sollievo.
“Allora… vuoi fare una passeggiata fino al
lago?” propose Blaine, facendo oscillare le loro mani, ancora
strette insieme.
“No, voglio arrivare alla nostra auto il prima possibile, sto
congelando” ammise l’altro.
“Ah. Okay. Potevamo chiedere un passaggio a tuo fratello
se-”
“No. Voglio arrivare alla nostra auto il prima possibile, ma
con te” chiarì, riservandogli un sorriso.
“Questo si può fare” disse, iniziando
poi a camminare lungo la stradina innevata, stando ben attento a non
scivolare.
“E poi conosco Finn, al volante è prudente come
una novantenne. Abbiamo tutto il tempo di fare la nostra passeggiata,
cercare di far ripartire l’auto e tornare a Lima prima di
lui. E avanza anche del tempo per pomiciare in auto, almeno per
noi” dichiarò con un sorrisetto soddisfatto.
“L’ultimo è un incentivo
interessante” approvò l’altro,
aumentando il passo.
Kurt si aggrappò con più forza al suo braccio
usando entrambe le mani. “Blaine! Vai piano! È
pieno di neve e non ho intenzione di cadere e sporcare questi pantaloni
con il fango. O rompermi una gamba. Prima la passeggiata, poi il
resto” gli ricordò, posando la testa sulla sua
spalla.
Blaine gli sorrise, e sfruttando per una volta il fatto che fosse
più in alto si abbassò quel poco che bastava per
dargli un bacio leggero sulle labbra. “Tutto quello che
vuoi”.
Kurt sorrise di rimando, tornando a stringergli la mano.
“Magari stavolta puoi guidare tu” gli disse,
guardandolo in quel modo che lo faceva sciogliere ogni volta. Ed era
umanamente impossibile non cedere di fronte a quegli occhi azzurri.
“Tutto quello che vuoi” ripeté, mentre
si incontravano di nuovo per un bacio più lungo e profondo.
E quando ripresero a camminare, pochi istanti dopo, non poterono non
pensare che la giornata appena trascorsa era stata perfetta. Le parole
d’amore scambiate sul divano, il calore dei loro corpi, la
cioccolata e il latte caldo, il nuovo record personale per le coccole,
era stato tutto assolutamente perfetto. Il resto
neanche lo ricordavano più.
Si guardarono appena, avvicinandosi fino a lasciar sfiorare le spalle e
sorridendo in quel modo abbagliante e innamorato che si riservavano.
Forse era vero, forse il dono più bello che ci si poteva
scambiare era un amore da condividere, e solo in quel modo si era
davvero saggi. Forse per ora erano solo due ragazzini alla loro prima
esperienza, desiderosi più di un assolo che della saggezza,
ma di una cosa erano certi. Il loro era un amore vero.
“Ma, Blaine, la musica la scelgo sempre io”.
The wise men came on Christmas morning
Their gifts of love they came to bear
From that day on always remembered
Our true love forever share
(Gift of the Magi - Squirrel Nut Zippers)
---
Nota finale:
spero che la conclusione vi sia piaciuta di più
dello scorso capitolo. La fic è COMPLETA, quindi potete
toglierla dalle seguite (più di 25 persone l'hanno inserita
lì, più chi l'ha messa nei preferiti e nelle
ricordate... Vi ringrazio moltissimo, ma dite che un commento me lo
merito alla fine? Siamo pure vicini a Natale <3).
Credo che tornerò presto perché tutti questi
zuccheri che sto mangiando mi stanno ispirando fic diabetiche... Se il
risultato è più klaine del mondo passa in secondo
piano pure la mia linea XD Buone Feste!
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