Quattro Piccole Morti

di Marimo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quattro Piccole Morti ***
Capitolo 2: *** Polpetta di Riso ***
Capitolo 3: *** Il gioco del Calcio - Kya Morte Rossa. ***
Capitolo 4: *** La stella cadente ***



Capitolo 1
*** Quattro Piccole Morti ***





Quattro Piccole Morti.
 
Di soprannomi incredibili, panchine azzurre e casette terrificanti.
 

 
 
Una tetra figura incappucciata sostava su una panchina verniciata di un azzurro cielo, un colore che non aveva mai sopportato.
Del resto, come le avevano sempre detto, a lei piaceva solo il nero. Uno dei pochissimi colori al mondo che la rispecchiassero in tutto e per tutto.
Altre quattro presenze si avvicinarono a lei, con un andamento rispettoso. Non per niente, si inchinarono un po’goffamente al suo cospetto.
“Salve, Somma Signora. Noi siamo le nuove apprendiste.” Esordì la prima, che aveva il corpo coperto da un vestito blu notte, che veniva attraversato di tanto in tanto da fasci di luce violetta o candida.
Per la diretta interessata avevano tutta l’aria di quattro povere sceme, che non avevano niente di meglio da fare se non dedicarsi al mestiere più noto del mondo.
Avevano persino i simboli divini sulla cappa… Delle principianti, insomma. E le avevano mandato delle principianti? A LEI?!? Imperdonabile.
Le squadrò tutte, una ad una.
Già, quattro povere piccole sceme. Sceme destinate ad imparare. Imparare cosa?
Beh… imparare ad uccidere.
“Le nuove apprendiste? Mmh... a quale settore siete state affidate, apprendiste?”
“Giappone > Tokyo > Inazuma-cho.”
Bene, fortunatamente non era stata assegnata loro una zona troppo importante. L’oscura signora era fermamente convinta che se avessero dovuto controllare un settore come Spagna > Madrid, che è decisamente più impegnativo, sarebbe scoppiata una rivoluzione.
Nel suo lavoro, infatti, era veramente fondamentale essere esperti e precisi.
Un solo individuo risparmiato o una morte di troppo, ed è la fine.
Quelle bimbette non sembravano proprio tipe esperte, né tanto meno precise, ma fortunatamente il Settore di Distribuzione aveva provveduto in modo eccellente, anche se il settore di Giappone > Tokyo > Inazuma-cho era stato leggermente più attivo, di recente.
Come non detto, sicuramente le sarebbe toccato seguirle ed istruirle personalmente.
“Capisco… Voltatevi.” Le quattro si girarono contemporaneamente, facendo un gran baccano.
Benissimo, un elefante avrebbe fatto più silenzio di loro.
“A cosa vi serve che ci voltiamo?”
“Fai silenzio. Voglio esaminare le cappe, e non si discutono gli ordini.”
Aveva usato un tono sottile, terribilmente freddo, che le gelò sul posto, permettendole così di scrutare ogni mantello.
La prima, la famosa sfrontata che aveva parlato senza permesso, era decorata con il simbolo dei fulmini.
Quindi una ragazza irascibile, che si arrabbiava senza sosta, che aveva difficoltà a controllarsi.
La seguente sembrava più un anatroccolo, tutta candida e bianca.
Perfino i simboli, dei candidi fiocchi di neve, rappresentavano la sua indecisione nelle scelte.
Poi c’era una cappa rossa, rossa come solo sangue poteva essere, quel sangue tanto familiare alla Somma Signora. Nessun disegno, nessun simbolo. Doveva essere una sorta di capo-gruppo, in quella allegra combriccola di ragazzine.
Anche la sua aura rassicurò la scheletrica in nero, poiché era maggiormente sicura.
L’ultima aveva un mantello viola chiaro, ornato da linee sinuose e figure circolari variopinte.
Un vero casino, in pratica… figure curvilinee, che rappresentavano la decisione e la sincerità, accoppiate a linee rette, l’orgoglio e la testardaggine.
“Somma Signora, posso sapere a cosa vi serve esaminare la nostra cappa?” chiese esitante il cappuccetto bianco, come lo aveva soprannominato l’altra.
“Vedete, su di esse vi sono impressi dei simboli. Sul tuo, per esempio, fiocchi nevosi. Il simbolo dell’indecisione e dell’imbarazzo.” Rispose lei paziente, spiegando ad ognuna il significato delle varie decorazioni.
“Non dovremmo andare?” chiese ansiosa di cominciare a lavorare il mantello rosso sangue.
Sembrava che fosse interessata solo ad uccidere, e non a tutto quello che questo comporta.
Stupendo, davvero promettente.
Ora alla prima figura restavano tre piccoli compiti da svolgere.
Il primo, senz’altro faticoso, era alzarsi da quella panchina, che nonostante il colore sgradevole si era dimostrata accogliente.
Il secondo, poco impegnativo, era condurre le quattro matricole in un bar, o un pub, dove avrebbero potuto discutere per bene.
Il terzo la divertiva profondamente ogni volta. Consisteva infatti nel trovare un soprannome rapido e veloce per ogni piccola Morte.
Già, si trattava di piccole Morti.
Lei, la Morte per eccellenza, che faceva da balia a giovani entità affini a lei ed alla sua natura, non era certo la prima volta.
Aveva ammaestrato creature perfette, che nemmeno si distinguevano, essendo così miracolosamente equilibrate nella distribuzione dei morti e dei vivi, ma aveva anche dato vita a tremende e spietate stragi, soggetti inadatti al ruolo di Morte.
Beh, senza dubbio lei da sola non sarebbe mai riuscita a svolgere il suo mestiere in tutto il mondo.
Per questa ragione, le giovani presenze spirituali venivano addestrate da lei, poi in seguito dalle sue allieve più esperte, a diventare migliori.
Quella che poteva diventare una fantastica speranza, diventava una Morte, un’omicida, una spietata assassina.
Spesso, anche troppo spesso per lei, le giovani portavano i segni della loro natura passata in tratti del carattere, o in metodi particolari.
Una cosa era certa, l’unica Morte originale tra il nuovo gruppetto era quella che sembrava avere più tendenze sanguinarie.
“Tu.” Esclamò, indicando con il dito ossuto ed affusolato la figura incappucciata in rosso. “Tu, Da oggi sarai l’Insanguinata.”
Qualcosa dentro al cappuccio brillò per un attimo, permettendo di intravedere due sgargianti occhi rubino.
“Sia così. Insanguinata agli ordini, Signora.” Obbediente e catastrofica… “Mi piaci, ragazza. La tua origine?”
“Morte originale, Signora.”
“Come sospettavo. Benvenuta, Insanguinata.”
“Grazie, Signora.”
Giunsero in un caffé poco conosciuto, e si accomodarono ad un tavolino che passava inosservato, come loro stesse del resto.
“Bene, ragazze. A quanto pare dovrò starvi dietro per un bel po’, quindi familiarizziamo” tentò di apparire cordiale, sorseggiando un frappé al cioccolato.
Le quattro sorrisero dietro all’ombra del cappuccio, che impediva a chiunque di poter scorgere il loro volto.
“Dovrà dare dei nomi più veloci anche a noi altre?” chiese la Morte blu. “Certo, Notturna. Benvenuta anche tu. La tua origine, invece?”
“Oh, io sono una piccola gioia, un attimo felice.”
“Capisco… E tu, piccola pallida bimba?”
“I-io sono un momento imbarazzante, un periodo difficile.” Rispose lei tremante, riordinando le idee.
“Benvenuta, Candida.”
“G-grazie, Signora.”
“Io sono la follia di un essere umano sconsolato e solo. Tempo perso.” Anche la Somma Signora si ritrovò a sorridere sotto i baffi.
“Questo spiega il caos più totale rappresentato sulla tua cappa… Tu sarai Caotica. Benvenuta”
“Grazie, Signora.”
“Bene. Sapete tutte cosa vi ho appena chiesto?” Chiese la donna in nero, conoscendo già la risposta e avendone conferma nel silenzio delle tre.
“Ci sono numerose forze nel mondo. La tristezza, la freddezza, l’amicizia, l’amore-“ disse deglutendo, provando disgusto al solo pronunciare quella parola. “La gioia, i desideri, le stelle cadenti, e molte altre. Alcune di esse vengono prese in prestito, e addestrate a diventare Morti. I miei fallimenti più totali dipendono perlopiù da questo tipo di assassine.”
Guardandole meglio, osservando lo scintillio dei loro occhi, era sempre più evidente che si trattasse di quattro promettenti killer.
Insanguinata amava uccidere per natura, era la sua indole che glielo imponeva.
Candida provava puro divertimento, togliere la vita la divertiva in maniera inquietante.
Caotica, tanto per cambiare, caos. Emozioni continuamente contrastanti imperversavano in lei, confondendola sempre di più. Far morire la gente la distraeva, almeno.
Notturna era tranquilla, molte cose a cui pensare, tanto da vagare con la mente brillante, dilaniare e squartare per lei erra pressoché irrilevante.
Che razza di tipe le avevano portato, al settore?
“Beh, dello smistamento di queste piccole entità provvede lo stesso nucleo relativo alle Morti originali, il Settore di Distribuzione.”
“Perfetto. Possiamo permetterci di chiedervi un paio di giorni di pausa?” domandò alzandosi Insanguinata, con la voce cavernosa e terrificante.
“Per te, mia cara..” sorrise dietro il cappuccio nero “qualunque cosa. Ma permettetemi di accompagnarvi in un luogo in cui potrete sostare, in caso di necessità.”
Tutte e quattro accettarono, e l’Oscura Signora le condusse in una casetta dall’aria trasandata, che praticamente cadeva a pezzi.
All’interno non vi erano letti, divani o altri mobili, solo un paio di materassi che un tempo dovevano essere azzurri, con un buco ogni palmo di mano e con gli angoli rosicchiati da topi. Nemmeno un raggio di sole penetrava nella più totale assenza di colori, il buio regnava sovrano.
Parti di muro minacciavano di staccarsi. La carta da parati, di un rosa confetto decisamente sgradevole, sbiadiva sul pavimento grigiastro tutta arrotolata, e sulle prime poteva sembrare una mappa del tesoro risalente al diciottesimo secolo.
Il fatto deludente era che al suo interno vi fosse solo un modesto disegno di una ballerina con abiti semplici, rosa anche quelli.
“Credo di aver ucciso una neonata qui, qualche anno fa.. I genitori hanno lasciato la casa così com’era, potete usarla quando volete.”
“In questo caso, cominceremo subito, Signora. Ci vediamo tra qualche giorno, ci faremo vive.”
“Benissimo. Aspetterò.”
Quell’ambiente diventava ogni momento più spaventoso, gli animaletti che prima lo abitavano erano fuggiti terrorizzati, già a conoscenza dell’imminente arrivo di quattro piccole morti.
Un mortorio, in sintesi.
Un lampo di luce bianca sfolgorante comparve nell’ombra di tutti e cinque i cappucci.
“È un ambiente perfetto, Signora. Non avremmo potuto trovare di meglio, grazie mille.” Ringraziò la Candida, per poi entrare nella casetta, rischiarando un po’l’ambiente con il suo mantello bianchissimo.
Afferrò i lembi della cappa, e si vergognò un po’. La sua dannata cappa faceva una luce tremenda, rovinava tutta la splendida oscurità che si formava in quel luogo paradisiaco.
“Non ti preoccupare Asuka. Va bene così.” La rassicurò Notturna, poggiandole una mano sulla spalla.
“Akuma… Il mio mantello mi metterà nei guai.”
“È la tua natura che ti metterà nei guai, e tu lo sai. E anche LEI lo sa.” Assicurava Insanguinata mentre chiudeva la porta, salutando rispettosamente la Somma Signora.
“Lo so, non mi vede di buon occhio.. Ma come vedere di buon occhio una squadra come noi, del resto?”
“Già, siamo proprio perfette, e non puoi negarlo Kya.” Disse Caotica, rivolta alla rossa.
“Oh, ma io non lo nego per niente. Ma almeno io so cosa fare.”
“Io invece sono nel caos più totale..”
“A me non importa che fare, accadrà quel che deve accadere.”
“Io non so scegliere cosa fare… E probabilmente non lo saprò mai.”
“Già, e ci hanno affidato alla Morte Suprema. Ottima mossa, Settore di Distribuzione. Davvero un’ottima mossa…” concluse ridacchiando la Notturna, afferrando il cappuccio blu scuro e facendolo scivolare via dal capo.














*Angolo MeCheèpiùfigadituttisìstocazzo8D*

Ecco Niki, vedi a voler dare un nome all’angolo? .__.
Meglio “Angolo Autrice” a sto' punto ><

Beh, la mia nuova Long-fic, mentre non riesco ad aggiornarne una regolarmente..
Geniochesono *^*
Beh, spero vi sia piaciuta :D

Se vi è piaciuta, DITEMELO CARI ^-^ 
Se non vi è piaciuta, DITEMELO LO STESSO ^-^
Ora scappo, e faccio fare a Miam l’editor, così non si lamenta quella stronzetta .__.’’
*sale su una navicella spaziale e fa Nanu-nanu a tutti da Venere*

Angy <3

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Capitolo 2
*** Polpetta di Riso ***


Polpetta di Riso.

Di forme sgradevoli, di cibi sgradevoli e di paesini immortali.




“Mph, questa forma mi infastidisce molto.”
“Ti devo fare notare che stai giocando con il cadavere di un uccellino, Kya?” sbottò Akuma disgustata.
“… l’ho ucciso ieri sera venendo al rifugio. Era troppo debole.”
“E oggi ti sembra il caso di giocherellarci?! Oh, sorella, contieniti.”
“Questa forma da fastidio anche a me..” fece Caotica, spolverandosi i pantaloncini.
“A dirla tutta,” continuò, “sembriamo quattro cretine. Siamo vestite uguali ma di diversi colori..”
Le quattro ragazze, in forma umana e perfettamente visibile a chiunque, si presentavano come, appunto, un gruppo di cretine.
Vestite con un paio di pantaloncini a sbuffo, una magliettina a maniche corte ed un berretto sul capo.
“Mi sento così stupida.. Non posso nemmeno uccidere niente!”
“Solo a te può mancare una cosa del genere, Sempai.”
“Akuma, sei fastidiosa quanto i miei capelli.”
“Perché sono biondi? Non ti piacciono perché hanno il colore dell’ORO?!” le urlò nelle orecchie con lo scopo di irritarla, girandosi sulla testa il cappellino blu.
“Già.. Bionda con gli occhi azzurri, nemmeno fossi una modella… Oh, questo corpo lo detesto..”
“Almeno tu non sei albina” fece notare contraddittoria, prendendo in mano una ciocca bianca, simile ad un nastro di seta.
“Tsk.. i tuoi occhi però sono stupendi.. sembrano fatti della stessa oscurità sul nostro volto quando indossiamo le Cappe Mortifere.”
“Lo prendo come un complimento, occhi blu. Anche Kanna ha il suo stile, no?”
La diretta interessata si stava strofinando vigorosamente il fianco, dove il tessuto violaceo ornato di disegni astratti e multicolori si era macchiato.
“Come ho fatto a macchiare una maglietta in cinque minuti massimo?!” si chiese, tirando una ciocca nera come la pece dietro l’orecchio.
Fu inutile, perché la stessa le ricadde davanti allo sguardo poco dopo, costringendola ad infilarla direttamente nel copricapo.
“Che fastidio. Sì, come dicevo infastidisce molto anche me la forma umana..” indirizzò lo sguardo verde come lo smeraldo ad Insanguinata.
“Lo vedi che è una cattiva idea, Akuma?” 
“Cosa volete fare, passare le vostre vacanze con un mantello oscuro senza essere viste? Io voglio vivere finché potrò. Quindi mi adatto a questa tizia con i capelli bianchi e gli occhi neri, punto.”
“Dobbiamo attenerci alla maggioranza, e a meno che quell’Ameba di Asuka non voti a tuo favore, sei costretta a ritornare alla forma originale.” Mentre spiegava tutto ciò, Kya si dirigeva con passo felpato ed una luce folle nelle pupille verso la piccola sagoma luminescente dell’ultima Morte.
Candida era rimasta seduta su una panchina, questa volta colore del corallo, a fissare intensamente il cielo, quando una ragazza dai vestiti identici ai suoi, ma di una tonalità rosso rubino la riportò alla realtà.
“Asuka, tu vuoi restare umana o tornare come prima per il periodo vacanziero?” 
Tono raggelante e sguardo omicida, le uniche doti di questo corpo che appagavano le sofferenza della bionda.
“Per ora preferirei passare un po’di tempo così.” Rispose lei arrossendo, sentendo il peso della sua decisione sull’intero gruppo.
“Ah, ho vinto io. Dunque, buona giornata Kya-sempai. Sarà il caso di trovarti un nuovo nome.”
“Provvederò. Buona giornata.” E scomparve in un vicolo, lasciando intravedere qualche raggio di sole emesso dai lunghi capelli e di riflessi scarlatti.
“Se n’è andata davvero.. Dannata, quanto la detesto..” 
Akuma non era il tipo di ragazza che rimaneva affascinata dai migliori, quanto più quella che li identifica come sfide da superare.
Kya era migliore. Kya era da superare.
“E ti ha anche chiamata Ameba, lo sai?” si rivolse alla Candida, che aveva riposto lo sguardo su una nuvola che le ricordava terribilmente un cono gelato.
“Uh? Chi?”
“Oh, lascia stare Asuka.. Sei passiva, sorella. Tu, invece, che le dai anche ragione!!” puntò il dito contro Kanna, che di nuovo tentava di pulire la sua maglia.
“Ma è vero! Una macchia dopo l’altra, è assurdo!! Non posso essere così imbranata… maledizione!”
“Solo per le macchie hai deciso di favorire la forma di Morte?” domandò Notturna incredula.
“Ti pare poco, due macchie in otto minuti è da record!”
“Beh, almeno non è come il record di Kya di più di 100 morti in un’ora..” cercò di sdrammatizzare la ragazza vestita di bianco, mentre tratteneva l’amica blu per impedirle di saltare addosso all’altra nell’intento di strozzarla.
Soffocò la rabbia mormorando “nemmeno questa è una buona scusante, Kanna-chan”, e tirando qualche colpo di tosse.
“Allora, cosa vi va di fare mentre Insanguinata se la spassa con i cadaveri?” domandò Asuka, dispiaciuta per la nuvoletta-gelato che si era nascosta dietro ad un albero.
“Giriamo per i quartieri di questa cittadina, una visitina agli ospedali ed ai vicoli, una passata al cimitero e saremo perfettamente ambientate!”
“Ma sei scema, oltre che Caotica? È una vacanza, queste cose le faremo i primi giorni di adattamento al mestiere!” esclamò di nuovo l’albina, ormai convinta della più totale stupidità dell’amica.
“E allora ditemi voi, era una pacifica proposta…”
“Per me l’idea di fare un giro è perfetta, no?” sorrise la candida bimba, alzando le spalle.
A quell’espressione le due cedettero, e si incamminarono per la strada principale del paesino giapponese.
Tutto aveva un’aria immobile, tranquilla, antica e nel contempo frizzante ed innovativa.
Sembrava uno di quei luoghi che la sapeva lunga e che ne aveva viste tante, davvero tante, e che non aspettava che vederne ancora.
Anche i fili d’erba verde aspettavano che nuova rugiada li imperlasse, facendoli apparire più eleganti, anche le strade aspettavano di essere attraversate da nuove persone con nuove mete, anche le insegne aspettavano di sbiadire in pace con il mondo, pubblicizzando fino ala fine i vari prodotti.
Anche tutto questo aspettava di modificarsi nel suo piccolo, cambiando inconsapevolmente.
Un luogo piuttosto strano, a dirla tutta, ma cosa era veramente strano per Quattro Piccole Morti, in fondo?

 
 

**

 
 
 
“Ehi, voi laggiù! Volete una polpetta di riso?”
Ok, questo era strano.
Insomma, un tizio con capelli castani ed occhi marroni, un’acconciatura a dir poco assurda che offriva a tutto volume polpette di riso, sputacchiandone qualche chicco che stava ancora masticando, mentre una tipa dai capelli ed occhi verdi tentava di calmarlo.
“Endou-kun, non si grida agli sconosciuti a bocca piena!!” Lo rimproverò
Lui deglutì velocemente, per poi ricominciare ad urlare come un cretino alle tre viaggiatrici sconvolte.
Già, davvero strano.
“D-dice a noi?” urlò di rimando Akuma, mentre Asuka si nascondeva dietro di lei e Kanna iniziava a domandarsi cosa diamine fossero queste Polpette di Riso.
“Sì, voi! Venite qui, offriamo polpettine alle ragazze!”
“Ma dice a noi, Onee? E poi cosa sono le polpette di riso, dannazione!?” sbottò Kanna, iniziando a rotolare giù per la collinetta, arrivando miracolosamente in piedi davanti al capitano Mamoru, che si aprì in un grande sorriso.
“Salve, io sono Endou Mamoru, il capitano della squadra che vedete allenarsi lì in fondo. Volete assaggiare?”
Accostò il piatto alle tre, ormai tutte nel campo da calcio.
Era colmo di piccole colline friabili, composte da ossicini candide ed unite magicamente, fino a formare una forma compatta, avvolte in un lato da una sorta di copertina verdastra.
“E voi vi nutrite di queste cose?” sussurrò Caotica, prendendo una di quelle strane forme ed annusandola.
“Certo, è semplice riso avvolto da un’alga.. Se non vi piace tranquille, potete anche lasciarlo al sottoscritto!” esclamò massaggiandosi la pancia, mentre dagli angoli della bocca iniziava a calare un po’di bava.
“T-tieni pure la mia..” si fece da parte la mora, per andare a sedersi ed iniziare ad osservare (ed a capire cosa volesse significare) una squadra di calcio umana.
Asuka, per non rischiare di offendere, tentò di assaggiare quella roba che avevano appena spacciato per cibo, non immaginando che le Morti erano abituate ad ingurgitare anime, mentre Akuma seguì Kanna sulla panchina, rimettendo l’alimento nel vassoio dello strano tipo con la fascia arancione.
La prima fu colta dall’istinto di vomitare.
Era come una valanga di sensazioni, tutta in un solo chicco di riso.
La prima volta che assaggi il cibo umano non si scorda mai.
“Non sembrano gradire gli Onigiri di Aki-chan..” pensò mentre iniziava ad infilarseli in bocca.
Le tre erano rimaste sedute ad osservare i movimenti di quei ragazzi.
Veloci, agili, potenti. 
Non erano più umani di Kya..
Un secondo.. Kya. 
“ONEE, MA QUELLA IN MEZZO CHE STA PER LANCIARE QUELLA COSA ROTONDA NON È KYA?!?” urlò Asuka in preda al panico, vedendo che la sorella stava interagendo con gli umani da vicino.
“Pare di sì..” rispose Caotica, senza pensare. 
Stava ragionando. 
Ricordava che nel gioco degli scacchi si usasse confrontarsi in due, e su una superficie piana.
Che poi la scacchiera fosse rotonda e lucida lo aveva completamente rimosso.. Così era solo un sinonimo di scacchi, in sostanza?
Si accorse in ritardo che le altre erano andate a verificare che quella fosse proprio la Morte Rossa, e dovette raggiungerle di corsa, sotto lo sguardo divertito di Endou.
“Sempai, che diavolo stai facendo?!” ansimò Akuma con fare minaccioso, con il fiatone per la corsa.
“Gioco a calcio, non si vede?”

 
 
 
 
 
 



*Angolo della fine memorabilmente inutile*
Sì, questo nome è azzeccato ù.ù
Bene, l’editor lo farà Miam .__.
Mi piace come lo fa (la critico di continuo :3) ù_ù
Ed ora buona lettura, se riuscite a sopravvivere siete gentilmente pregati di lasciare una recensione alla sottoscritta, 
che gradirà il pensiero e vi sarà grata a vita,

Angy <3
P.S. Miam, se non fai il cuore vicino ad vicino ad Angy rosso ti giuro che ti ammazzo *^*

E ovviamente, lo ha messo acquamarina :DDD La bastarda :DDD

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Capitolo 3
*** Il gioco del Calcio - Kya Morte Rossa. ***


Il gioco del Calcio - Kya Morte Rossa.

 
-Oh, certo, gioca a calcio. Ovvio, no?! LEI GIOCA A CALCIO!!!- iniziò a sbraitare Akuma in preda ad una crisi di nervi.
Ne aveva più o meno 5 al giorno, per colpa di Insanguinata.
E quando una Morte ha una crisi di nervi, non è mai una bella cosa. Mai.
-Beh, non ti piace il calcio, Kuma-chan?-
Asuka Morte Blu detestava solo una cosa. Una sola, insieme a Kya, ovviamente.
Essere chiamata Kuma-chan.
Nel suo universo mentale tutto aveva senso, all’infuori di quel soprannome.  Era dissonante, asimmetrico, per nulla ritmico e decisamente orrendo. Mai la si doveva chiamare così, ed ora la biondina lo avrebbe finalmente capito.
Sguardi tremendi intercorsero tra le due, mentre la squadra vincitrice del FFI arretrava intimidita.
Gli occhi azzurri ed apparentemente dolci dell’essere mortifero in possesso della palla lanciavano fulmini.

Lei era Kya, Kya Morte Rossa.

Non aveva ricordi, nemmeno una flebile luce di speranza di una vita passata.
Lei nacque morte, venne al mondo per uccidere, solo per questo.
Così, fin dai primi giorni d’esistenza, decise che se quella era l’unica cosa che era destinata a fare, l’avrebbe fatta nel migliore dei modi.
Non era mai stata disposta a farsi sottomettere da qualcuno, soprattutto se quel qualcuno aveva un potenziale abbastanza alto da poterla superare, un giorno.
Se voleva fare qualcosa, doveva iniziare a temere Notturna da subito, e il miglior attacco è sempre la miglior difesa.
Lei lo sapeva bene.  Era sempre la prima ad attaccare, in accademia era sempre stata in prima linea.
Spesso aveva l’incarico di guidare le pedine insignificanti, i cosiddetti ‘pesci piccoli’, nelle battaglie che tanto amava.
Le era capitato di guidare anche il lavoro di Akuma, una volta. Un addestramento semplice, niente di difficile.
Avevano radunato una mandria di qualche strano animale, con il compito di far sterminare ogni esemplare in maniera differenti.
Lei, Insanguinata, era a capo della missione.
Arebbe dovuto quindi controllare tutti i metodi usati, ogni singola mossa delle matricole.
La Notturna aveva fatto un lavoro davvero ottimo.
Da quel giorno aveva continuato ad odiarla, perché lei aveva tutto quello che a lei era stato rinnegato.
Amici, lotte vive, talento naturale, carattere.
Per questo era diventata la sua rivale, perché Notturna era sul suo stesso piano, pur essendo meno nobile e pura di lei.
Notturna era la notte, il cielo stellato rischiarato dai fulmini.
Per quanto sangue possa essere versato, non potrà mai eguagliare l’infinità dell’universo.

Era rinata in quel corpo formoso, apparentemente innocente, dagli occhi limpidi come il mare ed i capelli dorati.
La sua prima battagli contro Akuma stava per iniziare.
Più o meno.
-Voi due siete davvero molto divertenti, ragazze! Sembravate proprio due antiche divinità in lizza tra loro, non trovate anche voi?-
Kanna invitò i giocatori terrestri ad intervenire nella conversazione appositamente creata per sdrammatizzare il clima di tensione che le due ragazze avevano provocato.
Il capitano Endou sostenne mentalmente la sua teoria del “se non hanno mangiato le polpette di Aki-chan, è ovvio che non siano persone normali”, mentre la verdina sorrideva assistendo alla scena.
-Kanna, non ti impicciare. Non vedi che stiamo chiarendo la cosa tra noi?-
La gomitata che affondò nel tessuto blu scuro fece capire ad Akuma che sì, l’amica aveva capito fin troppo bene.
Kya osservò la scena con sguardo schifato, e con un’elegante mossa dell’anca, come si usa dire, ‘girò i tacchi’ ed andò a sedersi su una panchina.
-Giocate pure, io vi starò a guardare, giovani.-

Così, mentre la Morte Blu, la Morte Viola e la Morte Bianca iniziavano ad esplorare il campo, apprendendo le regole basilari del gioco del calcio, lei rifletteva.
Aveva osservato a lungo due ragazzini giocare, una volta. Per questo le regole per lei non erano una novità.
All’Accademia delle Belle Morti (nome di cattivo gusto, ma si sa, le morti non sono affatto originali), quella volta, aveva dovuto attendere parecchio prima di poter terminare il suo lavoro.
Aveva ricevuto il compito di uccidere un bambino, con una causa già predestinata dal Settore Centrale.
Sarebbe dovuto cadere a terra, ed il suo microscopico ed insignificante cranio non avrebbe retto l’impatto con una grossa roccia appostata lì accanto.
Il piano procedeva, se non per il fatto che il secondo giocatore fosse piuttosto abile, e riuscisse ad evitare di lanciare il pallone verso quei pericolosi massi.
Così la Piccola Morte rimase a guardare i due amici lanciarsi quel disco ripetutamente, traendone divertimento in chissà quale modo.
Dopo circa due ore e mezza, la negligenza del ‘portiere’ pose finalmente fine a quel supplizio, e Kya poté tranquillamente mietere l’anima del bambino sparso sulla roccia e sul prato, avendo anche appreso il gioco del Calcio.
Beh, una conoscenza in più non poteva certo nuocerle.
Tuttavia, osservando con gli occhi chiari lo svolgimento della partita, era evidente che qualcosa le era sfuggito quel giorno. Le azioni di questi umani erano decisamente più distruttive ed esagerate, e c’erano fantastici effetti pirotecnici e tridimensionali.
Il calcio di quei due mocciosi era decisamente più modesto rispetto al loro, così la Morte decise di dedicare i suoi pensieri ad altro.
Mentre Akuma dribblava un tipo con i capelli rossi, che di umano aveva ben poco, la sua mente volò nuovamente alla loro rivalità.
In fondo, non era una cosa tanto malsana.
Si esortavano a migliorare a vicenda, ovviamente stuzzicandosi e punzecchiandosi, e la loro vicinanza nei risultati faceva sì che ognuna delle due non facesse mai in tempo a rilassarsi e ad abbassare la guardia.
Una morte che sprona l’altra. Che catastrofe.
Nonostante questo leggerissimo aspetto positivo del loro legame, Kya Morte Rossa era troppo orgogliosa per ammettere di approvare la loro amicizia.  Era troppo legata alle sue origini pure, pure come il sangue che colorò la sua cappa mortifera fin dalla sua nascita.
Fin da allora, ha sempre rimpianto in un remoto angolo del suo cuore, il suo lato di Morte Originale.
Tutto ciò che lei era, era Morte. E non poteva negarlo.
Era nata per uccidere.
Non sarebbe stata sottratta ad un altro destino, no, lei avrebbe semplicemente percorso i suoi stessi passi fino al limite, i suoi passi sporchi di sangue, guadagnati uccidendo.
Perché Lei era una Morte Originale, una Morte come poche. Ed un’amicizia con tre piccole trapiantate non era affatto decorosa.

Socchiuse gli occhi.
Non erano quelli i pensieri su cui si sarebbe concentrata volentieri, in effetti.
-Ehi, posso rientrare in campo? Vorrei capire come fate a far nascere del fuoco in aria, a far ghiacciare l’aria in questa stagione e a far apparire mani o corpi giganteschi e luminosi davanti a voi, se non chiedo troppo.- fece elencando le richieste sulle dita la ragazza bionda, alzandosi e stiracchiandosi dalla panchina di bordo-campo.
-Sono le nostre Hissatsu. Le usiamo in casi di necessità, quando la partita si fa dura!!- esclamò raggiante il portiere di una delle due squadre, il capitano che dagli altri era stato chiamato ‘Endou’.
-Capisco.-
-Sono come una falciata, no Kuma-chan?-
-KYAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!-


Quando l’anima non vuole uscire dal proprio corpo, è allora che la Morte interviene.
Loro tagliano i legami con il mondo terrestre come se fossero fili tesi e sottili, come vittime predestinate ed impotenti.
Loro non lasciano scampo, nei loro cuori non c’è spazio per la compassione e per la pietà.
Vengono addestrate ad uccidere, senza obbiezioni, senza paura e senza timore. Che siano nate Morti o meno.

È quando l’anima non vuole uscire dal proprio corpo che la Morte interviene
.


 
 
*Angolo Faigo*
Salve gente ^O^ *le lanciano contro la qualunque*
^O^’’’’ eccomi!!  *le rilanciano contro la qualunque*
Com’è andata oggi? ^OO^  *again*

Ok, non aggiorno da OLTRE UN MESE *posa importante* e chiedo scusa ç.ç’’’
Non credo di essere mancata a nessuno, ma TU, mio invisibile e sconosciuto fan che sta leggendo adesso, SAI CHE TI SONO MANCATA.
Perciò fammi contenta a recensisci, ora uwu
Aaadesso volo via, e vi lascio alla simpatica Editrice di questa storia: Miriam MazzaDaBaseball/Mozzarella :°D  (se legge mi uccide :°D)
Mi raccomando, il cuoricino alla fine, deve essere ROSSO come il sedere se ti faccio se è di un altro colore, entiendes? :3
BACIONIS A TODOS, MONDO *3*
NON AGGIORNERÒ PER MOLTO TEMPO (ma non dirmi -.-‘) QUINDI NON ASPETTATEMI ^3^
CI VEDIAMO AL PROSSIMO CAPITOLO, CHE PARLERÀ DI KANNA MORTE VIOLA!! ^OOO^


Angy <3

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Capitolo 4
*** La stella cadente ***


Kanna Morte Viola – La stella cadente.

 

Bisogna avere ancora un caos dentro di sé per partorire una stella danzante.
-F. N
.


-Kanna, dove vai?-
-Mi faccio un giro nei paraggi.- risposte piano, sistemandosi i capelli dentro al cappello per, probabilmente, la settantaduesima volta nel giro di tre minuti.
Quando camminava, le piaceva ricordare. Ma nonostante tutto, il suo desiderio, non se lo ricordava mai.
‘Da ora, Kanna, sarai una Morte. Il tuo compito non è stato svolto efficacemente, e ti abbiamo preso con noi.’
Questo è tutto ciò che ricordava del suo passato. Una lugubre voce che la informava di quanto sarebbe dovuta cambiare, solo perché non era riuscita ad avverarsi.
Kanna non sapeva quale desiderio fosse originariamente.
Ma sapeva perfettamente di essere un qualcosa di totalmente fallimentare.
Non era riuscita in nulla di ciò che si era programmata, ed anche se non lo avrebbe mai confessato a nessuno, non aveva ancora preso nessuna vita. Si era sempre distratta un attimo prima di catturare il filo sottile che legava una persona al cielo ed alla terra, e qualcun altro era intervenuto in suo favore.
Aveva sempre rivolto lo sguardo verso il cielo, verso le stelle, con le guance arrossate e gli occhi gelosi di chi guarda chi è riuscito in ciò che non si potrà mai compiere.
Era arrabbiata con quelle stelle.
‘Kanna ha il sonno pesante’ la prendevano in giro, ma in realtà lei non voleva svegliarsi né di giorno, né tantomeno di notte.
Non voleva vederle, eppure non faceva che rivolgersi a loro.
Le sue sorelle negate la guardavano tristi, ma lei voltava le spalle a quelli che le parevano ghigni di scherno, e non riusciva ad uccidere niente e nessuno.
Allungò la scarpa violetta in avanti, colpendo un sasso.
Lo vide rotolare a destra.
Lo colpì di nuovo, e rotolò a sinistra.
Iniziò a colpirlo con furia, come a volersi sfogare, desiderando lanciarlo in alto dove lei non era arrivata, con l’unico risultato di colpire in testa un passante che, alquanto arrabbiato, si sorprese nel non vedere nessuno.
Col fiatone, uscì dal nascondiglio che aveva improvvisato dietro ad un bidone, e si riposò su una panchina.
Pensò con un sorriso alla squadra ed a Kya.
Quella ragazza, si diceva spesso, aveva un assoluto bisogno di qualcuno con cui sfogarsi.
Qualcuno che non fosse sulla sua lista nera, s’intende.
In quel piccolo campo da calcio, tante persone combattevano come lei era sempre stata abituata a fare, senza mettere in palio nulla se non qualche risata e qualche abbraccio.
Era sicura che per lei come per Kya si stesse aprendo un nuovo universo, un mondo dove la competizione non è circoscritta all’ambito ‘morte’, quella parola a cui sarebbero per sempre state legate, ma è qualcosa di più profondo che non vedeva l’ora di scoprire.
Era interessante, a dir suo.
Armi contro armi, intrecci di fili improbabili tagliati in massa, questa era la competizione a cui erano abituate le Morti.
Il calcio era effettivamente qualcosa di novo.
-Fallirò anche in questo?- chiese a sé stessa la ragazza, portando una mano al cappello senza che questo si fosse spostato, in una sorta di tic nervoso automatico.
Scosse la testa, sospirando.
-Quel che sarà, sarà. –
Inspirò l’aria nei polmoni fino a riempirsene, soddisfatta di sé e del suo essere un desiderio mancato.
Pochi vantavano quell’origine, al mondo. Lei era speciale, sentiva di esserlo.
Per qualche ragione, si autocompiacque in una mattina da umana, seduta su una panchina su cui era scritto per qualche ragione ‘vernice fresca’.
Quando sentì piccole gocce vischiose toccare il suolo, sporcandole le gambe, se ne fece un’idea, imprecando.
Quello che i ragazzi videro tornare non era un essere umano, quanto più un caotico ammasso di verde e viola che, imprecando senza sosta, dava origine a vulcani e trombe d’aria tutt’intorno.
-Kanna, non ti sarai mica seduta su qualche panchina?- infierì subito Akuma, ridacchiando. Candida non fece in tempo a prenderle delicatamente il braccio, per fermarla, che Kya rincarò la dose con una risata aspra e cattiva.
-Ragazze..!- la voce della bambina bianca era appena udibile, sotto le risate delle due a cui si erano –tanto per cambiare- unite quelle della squadra di ragazzi.
-La volete piantare? Vi ammazzo tutti!- tentò di replicare la vittima della situazione, ancora impastata di vernice, con le guance arrossate da un imbarazzo che la lasciò con un sorriso.
Si mise a ridere anche lei, improvvisamente, colta da un’emozione che il suo animo non seppe identificare.
Gioia.
Pensò che chi ride insieme è un amico vero, e allora rise, rotolandosi tra l’erba assieme ai suoi nuovi amici.

Per essere un fallimento, Kanna Morte Viola non si smentiva mai.

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