Deus Ex Machina [god in the machine]

di lifeawakening
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - parte 1 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - parte 2 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


NdT: Ciao a tutti. Questa ff non è stata scritta da me bensì da un'autrice americana, Amanda Kline alias lifeawakening. Ho chiesto ed ottenuto la sua autorizzazione a tradurla e così eccomi qui!
Devo essere sincera.. Ho fatto una scelta che qualcuno giudicherà strana: ho deciso di leggerla mano a mano che pubblicherò i capitoli su EFP. Quindi nemmeno io so come andrà a finire! La leggerò insieme a voi, se vi farà piacere continuare a seguirla con me. 

Da cosa ho capito che mi sarebbe piaciuta? Dal trailer! Ebbene si! L'autrice originale, essendo una persona molto creativa, ha dato vita non solo a questa splendida ff (me ne sono già innamorata) ma anche ad un video (che vi consiglio di vedere perchè è veramente struggente), ad una compilation di canzoni (che pubblicherò più in là) e a delle copertine. 
Vi lascio alla lettura e, se potete, lasciate una recensione.. Sia che vi sia piaciuta sia che no. Al prossimo capitolo.. Claude :)


Deus Ex Machina [god in the machine]

scritta da lifeawakening

tradotta da ClaudeAndSheila

link storia originale


Capitolo 1

Sapevate che, quando qualcuno digita su Google ‘Lima, Ohio’, una delle prime cose che appaiono sono i necrologi? Rachel Berry era seduta davanti al suo laptop, pensando alla canzone perfetta che avrebbe voluto scrivere. Insensibile e conturbante, certo, ma è proprio per questo che sarebbe stata una canzone country new-age. Guardò il documento di assegnazione d’incarico che aveva messo sulla sua scrivania due ore prima. "Mi stai prendendo in giro", disse, fissando il pezzo di carta. "Una ricerca sull’emozionante storia di Lima, Ohio… Non è mai accaduto nulla di interessante qui" Rachel borbottò, scorrendo i necrologi di Google sullo schermo.
 
Fece una pausa, spostandosi la frangia da davanti agli occhi. Rimase immobile cinque secondi prima di decidersi, mordendosi il labbro, a cliccare sul link dei necrologi. Scorse brevemente quelli più recenti, aggrottando le sopracciglia in segno di solidarietà, ma, per il resto, non provò nulla. Non conosceva quelle persone, nessuna di loro; nemmeno la ragazza che avrebbe incontrato a breve. Selezionò la casella ‘CERCA’ e le sue dita iniziarono a muoversi sulla tastiera come piccole ali. Si afflosciò sulla sedia e lesse la data sul sito: 'Anno 2000'. Pensò alle 2000 volte in cui era rimasta seduta nella stessa identica posizione, al suo dito sospeso sopra il tasto INVIO, cercando di convincere se stessa a premerlo. Ma proprio come tutte le altre volte, Rachel socchiuse gli occhi, contrasse le palpebre e premette il pulsante INDIETRO, tornando a Google. Scosse la testa alla visione di quei ricordi confusi appena si ricordò che aveva cose più importati da fare.

 
Un’ora e due pagine dopo, Rachel si prese un minuto per stiracchiare le braccia sopra la testa. Le tenne così fin quando non assaporò al meglio la piacevole sensazione dei muscoli che si rilassavano mano a mano. Ed era ancora in quella posa quando la corrente se ne andò. Lei sbatté le palpebre una volta. Poi due volte, giusto per assicurarsi di aver valutato bene ciò che era appena accaduto. Lei allungò il braccio e aprì il suo cellulare, illuminò la data di consegna scritta sul documento d’assegnazione. I suoi occhi spalancati si spostarono dal foglio allo schermo, per poi tornare al foglio. “Da consegnare domani”, dichiarò rompendo il silenzio, “e ho dimenticato di salvarlo.” E fu così che Rachel iniziò il suo terzo anno di liceo.

 


 
Rachel Berry uscì dalla stanza del coro con la forza di un tornado. Il rumore dei suoi tacchi a passo di marcia rimbombò per i corridoi semideserti del McKinley. Rachel aveva gli occhi pieni di lacrime ma si era rifiutata di lasciarle cadere. Almeno non prima di essere al sicuro nel bagno della ragazze.
 
Appena Rachel sentì la porcellana fredda del lavandino sotto le sue dita, le sue riflessioni divennero sfocate non appena le lacrime iniziarono ad appannarle la vista.
Era la prima settimana di scuola e la terza prova al Glee quella settimana. Era andato tutto bene fino a quell’assolo, fino a quando il club, i suoi ‘amici’, l’avevano messa in un angolo, ancora una volta. Il primo assolo dell’anno, lo voleva lei. Ma non appena aveva aperto la bocca per parlare, l'avevano riempita di insulti.
 
Rachel fissò i suoi occhi allo specchio, maledicendosi mentalmente per essere così debole, stupida, e per aver pensato che sarebbe cambiato qualcosa dopo le Regionali. Il Glee club era sempre stato unito, una sola entità, a meno che si trattasse di lei. Non importava quanto si sforzasse, Rachel Berry veniva sempre lasciata in un angolo. Nessuno degli altri undici membri era venuto in suo aiuto questa volta, nemmeno Finn Hudson.
 
Si asciugò il viso con il dorso della mano appena le lacrime cominciarono a diminuire. Diede uno sguardo allo specchio e soffocò un singhiozzo – era un disastro – quando contemporaneamente sentì un rumore alle sue spalle. Si girò di scatto, Rachel strinse il lavandino dietro la schiena, cercando di schiarirsi la vista abbastanza da vedere attraverso le lacrime. “C’è qualcuno la dietro?” chiamò, con la voce rotta dal  pianto.
 
Silenzio. Silenzio. I suoi occhi viaggiarono veloci lungo le porte dei singoli bagni mentre aspettava un qualsiasi segno di movimento. Non udendo nulla, Rachel si voltò verso lo specchio e lentamente inspirò. "Rachel Berry, così non va", si ripeté un paio di volte, come un mantra. Lei agitò una mano sotto il rubinetto e le mise entrambe a coppa appena l'acqua fresca uscì. Chiuse gli occhi e si rinfrescò il viso più e più volte nel vano tentativo di fermare le lacrime.
 
Incontrò nuovamente i suoi occhi allo specchio e si sforzò di sorridere. “Quando sorridi, ogni volta che sorridi, tutto il mondo sorride con te” cantò piano piano, afferrando un fazzolettino per asciugarsi il viso. La carta si attaccò appena la appoggiò sugli occhi umidi.
 
Sentì la forza del vento proveniente dalla porta che si richiuse sbattendo violentemente prima ancora di udirne il rumore. I suoi sospetti furono confermati: infatti non era sola. “Te ho già chiesto una volta prima e ora mi aspetto la verità, chiunque tu sia. So che c’è qualcun altro qui dentro, chi sei?” Si voltò di scatto e adocchiò subito la porta chiusa alla fine della fila. Lei si avvicinò lentamente con la mano tesa, il viso ancora gocciolante d’acqua.
 
“Se siete qui per lanciarmi una granita in faccia allora per favore fatelo e basta. Ho bisogno di tornare al Glee e se devo lavarmi di nuovo il viso..." abbassò lo sguardo cercando di intravedere i piedi dell’intruso da sotto la porta. Non vide nulla. Il respiro rimase bloccato in gola appena la paura ebbe la meglio su di lei.
 
Attese ancora un paio di secondi per una risposta prima di decidere di intervenire infastidita. "Sei appena uscito, già!" esclamò con impazienza, pestando i piedi a terra. Come ad esaudire il suo desiderio, la porta si aprì improvvisamente, sbattendo con violenza sulla sua faccia e scaraventandola con la schiena contro il muro. Colpì il terreno e rimase senza fiato.
 
Rachel sollevò il viso appena le lacrime iniziarono a scendere, aspettandosi di guardare negli occhi una delle Cheerios. Invece, non vide assolutamente nulla.  La porta si era aperta a causa di una folata di vento e, se Rachel non fosse stata già così psicologicamente provata, avrebbe creduto in tale teoria. Tuttavia, credeva di saperne di più.
 
“Non sei la mia prima, e non sarai nemmeno la mia ultima esperienza paranormale, ci tengo a precisarlo", disse con il viso bruciante. “non sono sicura di sapere il motivo per cui tu, spirito, sia arrabbiato con me, ma mi dispiace, qualunque cosa sia.” Rimase a terra, con i suoi occhi che seguivano le oscillazioni della porta del box, fino a che, improvvisamente, si fermò.
 
Il respiro di Rachel le rimane nuovamente bloccato in gola. “Tu puoi sentirmi! Non è vero, spirito? È questo che non va? Sei arrabbiato? Con chi sei arrabbiato?” chiese piano Rachel. Attese una risposta, la sua paura si trasformò in attesa, e subito dopo in eccitazione. Nel corso della sua vita, Rachel si era creata un rifugio sicuro e segreto nell’ambito del paranormale (con l'esclusione degli alieni, perché neanche Rachel Berry era così pazza). Avrebbe potuto anche individuare il momento esatto in cui era rimasta affascinata dai fantasmi: Ottobre 2000. La sua mente, a quel ricordo, cominciò nuovamente a vagare e dovette scuotere la testa per tornare alla realtà. Il suo fantasma se n’era andato tranquillamente.
 
“Forse sto iniziando a immaginare cose che non esistono” iniziò Rachel pacatamente, portandosi una mano sul viso livido e gonfio, “e forse è stato solo un colpo di vento”.
 
Un attimo di silenzio seguito dal rumore degli sciacquoni dei bagni. Di tutti i bagni. Tutti in una volta. La testa di Rachel scatto verso l’alto all’udire quel suono mentre un sorriso iniziò ad invaderle il volto. “Avevo ragione. Quindi tu esisti. Non sapevo che il McKinley fosse infestato prima d’ora. Soprattutto da un poltergeist”. Il rumore cessò e Rachel aggrottò la fronte. “Non sei un poltergeist? Scusa se l’ho pensato. Allora sei solo un essere pensante? Guardo Ghost Hunters ogni Mercoledì sera con i miei padri, quindi so molte cose sugli esseri pensanti”. A questo punto, Rachel si sedette sul linoleum del bagno, proprio di fronte alla porta aperta del bagno che le aveva urtato il volto poco prima.
 
“Non te ne sei andato, vero?” chiese Rachel dal pavimento mentre cercava qualsiasi segno di movimento intorno a se. Dopo pochi minuti, sospirò e si mise in piedi. “Mi dispiace se ti ho offeso in qualche modo, spirito”. Si voltò e si ritrovò di fronte allo specchio, trasalì a quella visione. Il suo viso era rosso e gonfio, ma non pensò che fosse contuso. Si spuzzò un po’ d’acqua fredda sul viso, nuovamente, nel caso in cui avesse perso la testa e avesse bisogno di essere riportata alla realtà. Con un ultimo sguardo allo specchio, si girò e aprì la porta del bagno.

 
Gettando i capelli castani al di sopra della spalla mentre guardava indietro verso la porta, gridò: “Il mio nome è Rachel Berry, comunque. E' stato bello conoscerti, spirito, e spero davvero che questo non sia il nostro ultimo incontro”. La porta si chiuse dietro di lei appena iniziò ad avviarsi verso la sala del coro. Ogni passo le portava la mente tanto più lontano dall’incontro quanto più vicino al prossimo assolo da rubare a Kurt. Dopo tutto, Rachel Berry era piuttosto avvezza all’esperienze paranormali. O almeno così credeva.

 



Una settimana dopo, Quinn stava fluttuando attraverso le sale della McKinley High, un'ora dopo la fine delle lezioni. Era il momento della giornata che preferiva, poiché a scuola tutto pareva più calmo. Le sua dita si libravano sopra il vetro del terzo trofeo delle Cheerios ogni volta che le capitava di passarci davanti. Era il suo trofeo preferito, il trofeo che aveva inciso in suo nome, il trofeo che portava la sua eredità. Andava a vederlo almeno una volta al giorno e, preferibilmente, quando nessun altro era in giro ad interrompere i suoi pensieri.
 
Il suo sguardo seguì le decine di piccoli trofei che avevano aperto la strada a quello più grande, il suo trofeo delle Nazionali. Sorrise malinconicamente tra se al ricordo di quando aveva portato, quasi da sola, l’intera squadra alla vittoria, il suo secondo anno, e di quando la coach, in privato, l’aveva lodata dandole tutto il merito.
 
Quinn cercò il suo riflesso nel vetro della bacheca e aggrottò la fronte a ciò che vide, o non vide. Sbuffò con un lungo sospiro, girò sui tacchi e si diresse lungo il corridoio verso il bagno delle ragazze. Non aveva torturato nessuno in una settimana a causa di quella maledetta Rachel Berry. Attraversò la porta e sorrise quando vide una ragazzina del primo anno che si stava truccando china sul lavandino. Quinn andò furtivamente dietro di lei appena la ragazza chiuse gli occhi per mettersi il mascara.
 
Tre minuti più tardi, la ragazza finì di truccarsi  e sorrise a se stessa nel riflesso. Quinn aprì con forza il rubinetto e la inondò d’acqua rovinandole tutto il lavoro. La ragazza si mise ad urlare, si coprì il viso e si allontanò dal lavandino. “Che cavolo di problemi hai?” inveì contro il nulla e corse fuori dal bagno. Quinn si appoggiò al lavandino, quanto rideva! Quasi si dimenticò di chiudere l'acqua. Lanciò uno sguardo veloce alla gigantesca pozzanghera sul pavimento dovuta allo scherzo e sorrise, magari qualcun altro sarebbe scivolato e caduto.
 
Si voltò di scatto a sinistra appena sentì la porta aprirsi e sbattere contro la parete. Quinn gemette in silenzio appena Rachel Berry fece irruzione nel bagno col fuoco negli occhi. Quinn alzò un sopracciglio mentre osservò la ragazza puntare i pugni sui fianchi ed esaminare con gli occhi ogni angolo della stanza. I suoi occhi castani si fermarono proprio su Quinn, guardandola attraverso. Gli occhi di Rachel  rimasero su Quinn molto più a lungo di quanto avrebbero dovuto, e Quinn effettivamente tirò un sospiro di sollievo quando Rachel distolse lo sguardo e sospirò.
 
“Sei qui?” chiese la bruna mentre si avvicinava il lavandino a cui Quinn era appoggiata. Quinn ebbe a malapena il tempo di allontanarsi dal lavandino prima che Rachel vi si appoggiasse  contro, scrutandosi allo specchio. “Appena ho visto la ragazza fradicia qui fuori, ho capito che eri stato tu.” Accusò girandosi verso la porta del bagno che l’aveva colpita una settimana prima.
 
Quinn lentamente si mosse verso Rachel per valutare l’entità dei danni. Aggrottò la fronte e si passò una mano tra i capelli biondi, “Dannazione, non ha un livido”.
 
Rachel lanciò un urlo, fece un balzo all’indietro, scivolò nella pozzanghera e ci cadde dentro. “Chi ha parlato?”.
 
Quinn si congelò. Questa ragazza l’aveva veramente sentita? Com’era stato possibile? Una parte di Quinn avrebbe voluto scappare dal bagno il più velocemente possibile e nascondersi, ma un'altra parte di lei – la parte che soffriva la solitudine – voleva sapere se qualcuno l’aveva veramente sentita. “Puoi sentirmi?” sussurrò Quinn.
 
La testa di Rachel scattò verso l’alto e Quinn la vide cercare le parole adatte ma, soprattutto, la voce per parlare. “Si” disse Rachel incredula “posso sentirti”. Rachel, con il braccio piegato dietro la schiena, cercò a tentoni il lavandino, per avere un appoggio stabile prima di tirarsi in piedi tremante.
 
Quinn poteva solo guardarla sotto shock. Non aveva avuto alcun contatto umano per dieci anni e, per la prima volta, qualcuno l'aveva sentita. Gli occhi di Rachel vagavano sul suo corpo, probabilmente cercando di capire dove fosse esattamente Quinn. "Sei ancora qui?" chiese Rachel, speranzosa. Lanciò un sorriso spaurito nella direzione di Quinn e Quinn sapeva che aveva paura. Se non fosse stata così terrorizzata a sua volta, ne avrebbe approfittato.
 
 Si morse il labbro e mentalmente si interrogò sulla necessità o meno di parlare di nuovo. Più tempo trascorreva a discutere con se stessa e più velocemente il sorriso di Rachel se ne andava. Quinn indietreggiò sino ad appoggiarsi alla porta del bagno appena la invase il bisogno di presentarsi a Rachel. Dieci anni senza alcun contatto umano li aveva vissuti come un'eternità di solitudine, ed eccola qui, spaventata a morte dal fatto di sostenere una conversazione con qualcuno, appena gliene era stata data la possibilità. Aprì la bocca e la richiuse, in un soffio.
 
I suoi occhi scattarono verso Rachel appena sentì che il respiro della mora diventava sempre più affannoso. La guardò con curiosità mentre lei si guardava allo specchio e si lanciava sul viso flutti d’acqua. “Ho sentito qualcuno,” sentì Rachel borbottare tra sé e sé; “L’ho sentito due volte. LEI, l’ho sentitA due volte. Sapevo che non stavo soltanto impazzendo”. Rachel sorrise a se stessa con leggerezza prima di voltarsi nuovamente verso il bagno. "Sai, spirito, dopo che non ti ho più sentito per una settimana, stavo cominciando a pensare di aver semplicemente perso la testa. Il che non sarebbe stato di buon auspicio per il mio obiettivo di diventare una grande star, così ho sperato di poter avere un altro incontro con te, oggi, un incontro un po’ meno ostile, tutto qui…” terminò Rachel, pacatamente, accarezzandosi la guancia con le punte delle dita.
 
Quinn continuava a fissare Rachel con occhi spalancati, completamente impreparata a gestire la situazione creatasi. Non era sicura se Rachel sapesse, o se avesse anche solo intuito, che doveva andare, ma la ragazza si rianimò e cominciò a camminare verso la porta. “So che forse te ne sei già andata, o forse sei troppo scossa per parlare con me. Va bene così. Vorrei solo dire un paio di cose prima di andare”.
 
Quinn tranquillamente sospirò, in qualche modo sapeva che le avrebbe fatto la predica. Chiuse la bocca di scatto appena si accorse che gli occhi di Rachel si erano girati automaticamente nella direzione del suo sospiro. “Come prima cosa volevo dirti che apprezzo che il tuo primo contatto sia stato con me oggi. Mi hai aiutato a capire che non sto perdendo la testa. Seconda cosa: se tu avessi bisogno di aiuto, se tu fossi bloccata nel regno degli spiriti o qualcosa di simile, io farei del mio meglio per aiutarti a passare oltre. Se è questo ciò che vuoi.” Aggiunse Rachel, scrollando le spalle. “Ultima cosa: sono molto delusa per quello che hai fatto a quella ragazza del primo anno. Per qualcuno che dice di non essere un poltergeist, di sicuro agisci come tale.”. Detto questo, Rachel si voltò e uscì dal bagno, sorridendo.

 
Quinn fissò a bocca aperta, ancora sconvolta, il posto in cui pochi secondi prima c’era Rachel, ora vuoto. Vedete, Quinn era già morta da dieci anni – per un fantasma il tempo è tutto – e in quel tempo non era mai riuscita a parlare con nessuno (e non per la mancanza di tentativi). Ed ora questa ragazza arrivata dal nulla (che sembrava piuttosto fastidiosa e prolissa, secondo Quinn) si era fatta avanti e aspettava solo di essere in grado di parlare con Quinn, come se un discorso tra di loro fosse una cosa perfettamente normale.
 
Quinn appoggiò la testa sulla porta del bagno e fissò il soffitto. Lei in qualche modo sapeva che nulla di questa ragazza di nome Rachel era normale e che probabilmente non aveva visto i suoi trascorsi. Quinn sospirò appena si rese conto di avere un problema abbastanza grosso tra le mani. E pensò che fosse ironico dato che quella ragazza era minuscola.

 


 
Rachel sedette sulla sua sedia girevole, le punte delle sue ballerine rosa sfioravano leggermente il terreno. Il suo viso era contratto  dai pensieri che le affollavano la mente mentre rimuginava sugli avvenimenti del giorno. Il suo primo incontro con l’appena scoperto ‘spirito’ del McKinley, non aveva avuto un impatto tanto grande, su di lei, quanto il secondo incontro. Aveva sentito una voce. Lei non se l’era immaginata, non si era confusa con qualcun altro nel bagno, aveva sentito la voce dello spirito, e suddetto spirito era una ragazza.
 
Ovviamente, l’interesse di Rachel aveva raggiunto il culmine appena aveva scoperto di aver l'opportunità di comunicare con uno spirito intelligente. E’ raro che la gente abbia un legittimo incontro con qualcosa di paranormale nella loro vita, ed è ancora più raro avere due incontri con lo stesso essere.
 
Comunque, ciò bastò a tenere la sua mente occupata fino a dopo la lezione di danza classica, quando realizzò il collegamento che non era riuscita a fare prima. L'epifania la colpì durante il viaggio di ritorno verso casa, quella notte. Passò davanti ad un familiare incrocio sulla via principale di Lima proprio mentre stava pensando a dei modi per far si che lo spirito entrasse in contatto con lei, e fu in quel momento che realizzò.
 
La sua mente tornò indietro negli anni, a quando aveva solo 6 anni e stava tornando a casa dalla lezione di danza. Pensava a quella notte, almeno una volta al mese, prima credeva che fosse solo l'effetto di vivere un’esperienza traumatica in giovane età, ma ora dubitava che fosse per quello. Forse voleva dire di più. Forse voleva dire…
 
“Rachel” suo padre urlava dal fondo delle scale. La bruna ritornò sulla Terra dai suoi pensieri e guardò verso giù dal piano di sopra. Aveva dimenticato di cambiarsi i vestiti da ballo appena tornata a casa 30 minuti prima e aveva preferito, invece, perdersi nei suoi pensieri. Aggrottò la fronte, “Cosa c'è, papà?”.
 
“Finn è qui per vederti, tesoro.”
 
Rachel si fermò e guardò l'orologio sul comodino. Lei si ritrasse appena si rese conto di aver dimenticato il suo appuntamento con Finn. Sospirò. Quella non era la sera giusta per una cena scadente da Bread Stix e le imbarazzanti conversazioni che includevano l'inesistente confine tra Broadway, il football e il loro potenziale. Comunque, questo riassumeva la relazione tra Finn e Rachel, e lei era grata per tutto. Finn poteva non essere il miglior fidanzato, ma era stato il suo primo vero amico e quando sei così solo come Rachel, dai molto più di ciò che ricevi perché è tutto quello che sai fare.
 
“Digli che scendo subito, papà. Abbiamo alcuni dei suoi biscotti preferiti in dispensa se ​​è interessato,” urlò Rachel attraverso la porta, iniziando a togliersi le ballerine.
 
Si accucciò su bordo del letto per sfilarsi i collant. Sospirò, si mise in piedi e tirò via anche il tutù. Finalmente si liberò anche dell’aderentissima canottiera nera e si lasciò cadere all’indietro sul letto, con le ciocche castane sparse sul cuscino.
 
“Cosa mi metto per l’appuntamento di stasera?” si chiede mentre andava a piedi nudi dal letto all’armadio. Chiuse gli occhi stretti stretti e allungò la mano per scegliere un vestito alla cieca. Guardò il frutto della ‘pesca’ tra le sue dita. “Verde? Sul serio? Non sono sicura.. Forse dovrei indossare qualcosa di marrone da abbinare agli occhi…” rifletté, scansionando uno ad uno tutti gli abiti del suo immenso guardaroba.
 
Rabbrividì quando sentì una fresca brezza arrivare sulle spalle nude e  togliere due dei suoi abiti dalle loro grucce. Si congelò sul posto. “Spirito? Sei tu?” Rachel guardò i due abiti gialli sul pavimento. "Giallo? Ho indossato una di questi per uno dei miei spettacoli preferiti del Glee, sai spirito?".
 
Rachel si chinò e prese i due abiti prima di girarsi verso il resto della stanza e notare la finestra aperta. La sua bocca formò un 'oh', appena si rese conto che il vento era venuto da fuori, non dal suo spirito. Sospirò mentre lasciò cadere gli abiti sul letto. “Sto perdendo la testa. Devo smetterla".
 

Rachel scelse l’abito giallo più luminoso e lo infilò dalla testa. Diede gli ultimi ritocchi al trucco e sorrise al suo riflesso. “Questo sarà un bell’appuntamento. Tu ami F…" fece una pausa. "Beh, diciamo che ti piace Finn, almeno questo si. Quindi indossa il tuo migliore sorriso e goditi il Venerdì sera” disse al suo riflesso. Sentì un’altra ventata d’aria.. “Devo proprio chiudere quella maledetta finestra”.

 



Quinn vide Rachel farsi strada dal letto verso la finestra della propria cameretta. La bruna guardò i cardini e brontolò. "Io non capisco perché mi è stata data la stanza con la finestra ad apertura verticale. Non riesco a raggiungerla."
 
Quinn piegò la testa di lato mentre guardava Rachel respirare profondamente prima di saltare fino a raggiungere la fascia e chiudere la finestra con violenza. La bruna annuì in segno di approvazione mentre si girò verso il comodino, afferrò la borsa e corse fuori dalla sua stanza per incontrare il ragazzo, Finn.
 
“Hmm” Quinn rifletté mentre si alzava dal letto. Aveva seguito Rachel dalla scuola al corso di danza, e dal corso di danza a casa, quel giorno. Non perché lei fosse inquietante, aveva precisato a se stessa mentre si sedeva accanto alla bruna sul sedile posteriore della macchina dei suoi genitori dopo la scuola, ma solo perché voleva sapere che cosa questa ragazza sapesse di tutto ciò. Cosa la rendeva così diversa da tutti gli altri, aveva dei poteri spirituali? Era una figura religiosa sotto mentite spoglie, inviata per esorcizzare Quinn? Queste importanti domande chiaramente non poteva trovare risposta se non curiosando nella vita personale di Rachel.
 
“Qualcosa di personale”, borbottò Quinn mentre faceva fluttuare il palmo della mano sulle locandine di Broadway che adornavano le pareti color limone. Wicked, Chicago, West Side Story, i classici, pensò Quinn con un leggero sorriso sulle labbra. Si fermò dopo aver fatto il giro completo. American Idiot. Rock of Ages. Il Re Leone. Mary Poppins. Stomp. Il Fantasma dell'Opera. Quinn si voltò verso lo specchio e mormorò: "Meglio che mi spieghi la maschera laggiù. Dio, non ha una vita? E’  veramente andata a tutti questi spettacoli?”
 
La sua domanda rimase sospesa nell’aria appena si voltò verso il comò, fermandosi prima di passare attraverso il letto. Lo aggirò e guardò le foto sopra il comodino.
 
Erano tutti in cornici simili: nero o oro, finiture semplici, nulla di appariscente e nulla di troppo grande. Riconobbe i padri di Rachel in una foto dopo averli visti quello stesso pomeriggio. Ce n'erano molte di Rachel, da sola e con i suoi papà. Quinn si fermò e librò sopra una di quelle di Rachel sorridente verso un ragazzo dall'aspetto goffo che sembrava essere 30 cm più alto della bruna, o forse più. Aveva un sorriso torvo e una giacca firmata ‘McKinley’, e Quinn indovinò che doveva essere  l'idea di Rachele del principe azzurro. Doveva essere, ma era troppo cliché e banale: il più importante della scuola infatuato della ragazza del Glee Club? Lei scosse la testa e li schernì mentre si mosse verso la cornice successiva. Questioni di cuore? Amore? Non esisteva nulla di simile, e Quinn lo sapeva come certezza.
 
Infilò le mani nelle tasche dei suoi jeans e si fermò di fronte all'ultima immagine. La fronte di Quinn aggrottata mentre fissava l'immagine di una donna mozzafiato. Era vecchia, e stava posando in un campo, sotto un grande albero, con le braccia attorno al collo di un cane. I suoi capelli erano lunghi e castani, abbinati ai suoi occhi.
 
Quinn si chiese ad alta voce. "Sarà la sua mamma?" Fece una pausa, appena un piccolo dettaglio attirò la sua attenzione. Guardò più vicino e lesse "Shineman di Frames" in caratteri d'oro, appena visibili sopra il bordo inferiore della cornice, sopra l'immagine.
 
Quinn non sapeva se ridere o sentirsi solidale: questa ragazza in realtà aveva conservato l'immagine che c'era nel telaio quando l'aveva comprata. Non solo l'aveva tenuta, ma l'aveva nella sua stanza, come se questa donna fosse qualcuno che conosceva, qualcuno che amava abbastanza da mantenere la sua immagine in bella mostra. La bionda scelse di essere comprensiva e si domandò cosa spingesse qualcuno a far ciò. Gli occhi Quinn tornarono alle decine di locandine e si rese conto di aver già avuto la sua risposta.
 
Il fantasma pensava che stava cominciando a farsi un'idea su chi Rachel fosse veramente, e non era un'immagine felice. Frugò nei cassetti e trovò un totale di dodici diari, tre depliant della Julliard, un opuscolo sulla bulimia, e un mucchio di foto scolastiche, e, da quel che sapeva, intuì che fossero dell’anno precedente.
Lasciò il cassetto velocemente appena si rese conto di quanto grande fosse quel mucchio, e quanto piccolo avrebbe dovuto essere se la ragazza avesse avuto amici.
 
Passò un'ora e Quinn si sedette sulla sedia di Rachel. I suoi piedi toccavano il pavimento con le ginocchia piegate, e lei rise, appena si ricordò che le dita dei piedi di Rachel toccavano appena il pavimento. La ragazza era davvero piccola.
 
“Non c'è niente qui che la faccia sembrare una minaccia...” dichiarò Quinn, riposando con le mani dietro la nuca. Si stava alzando per andare via quando vide un quaderno rosa spuntare fuori da un angolo del cuscino di Rachel. Un biondo sopracciglio si incurvò per la curiosità che ebbe la meglio su di lei. Quinn ebbe un colpo di fortuna quando vide che il notebook era già aperto sotto il cuscino, lasciandole una facile apertura dopo la fatica di spostare il cuscino. Lei svolazzò attraverso le pagine abbastanza da cogliere determinate parole.
 
I suoi occhi verdi diventarono di ghiaccio mentre leggeva le parole scarabocchiate in corsivo. Fantasma 101. Intelligente! Rimedi? Malattie fantasma? Possibilità di esorcismo per liberare le anime? Voci senza corpo... la rabbia di Quinn ribolliva dentro di lei quando chiuse con violenza il notebook e lo scagliò dall'altra parte della stanza.
 
Quinn sentì un urlo da dietro e si girò di scatto. Rachel stava in piedi sulla soglia tenendo la borsa davanti al viso. Quinn strinse i pugni, appena appena si rese conto di aver quasi colpito Rachel con il notebook. Ma non era ancora tutto.
 
“Che diavolo sono quelle cose?” urlò Quinn, dando per scontato che Rachel potesse sentirla. E suppose bene.
 
Rachel rimase congelata nel vano della porta quando la borsa le cadde dalle mani e, con un tonfo, atterrò sul pavimento. Il suo sguardo tremolò verso il basso in direzione del notebook per poi tornare verso un lato del letto. “Io ... è il mio notebook. Tutta la mia ricerca ...”
 
“Ricerca?” le fece eco Quinn: “Chi diavolo sei? Tu sei qui per esorcizzarmi non è vero? Sei venuta a liberarti di me!”
 
Rachel spalancò gli occhi, quasi fuori delle orbite, “Aspetta, sei il mio spirito? Come hai fatto a sapere dove abito?”
 
La rabbia di Quinn ribollì fino al punto di non ritorno mentre l'aria nella stanza cominciò a scintillare e crepitare. La peluria sul collo e le braccia di Rachel si rizzarono come se l'elettricità le avesse attraversato il corpo dalla punta delle dita. Lei combatté i tremiti che invasero il suo corpo. “No, per favore ... se puoi semplicemente ascoltarmi.. posso spiegare tutto, ti basta ascoltare..”
 
Quinn scosse la testa, quasi dimenticando che Rachel non poteva vederla. “Non ho bisogno di ascoltarti. Sapevo che c'era una ragione se potevi sentirmi quando nessun altro aveva potuto mai prima d'ora. Tu sei diversa perché sei qui per prendermi, per sbarazzarti di me. Beh, io non sono pronta, e non ho intenzione di andarmene. Non puoi ingannarmi, Rachel Berry. Stai maledettamente lontana da me!”
 
Rachel rimase scioccata in silenzio mentre l'elettricità statica lasciò l'aria come se la stanza fosse stata appena liberata dal potere. Gli occhi color cioccolato si abbassarono sul notebook aperto sul pavimento e di nuovo il suo corpo si riempì di brividi e tremiti. “Stavo solo cercando di aiutarti...” sussurrò Rachel.

 
Ma Quinn era ormai lontana.

 


 
Rachel stava camminando per i corridoi del McKinley High durante la pausa pranzo il Lunedi. Era stata una giornata piovosa e il suo stato d'animo dal Venerdì sera era abbinato all'oscurità del cielo.
 
“Rachel!” Lei si voltò di scatto, tentennando come d'abitudine. “Ehi, dove stai andando?”
 
Guardò il suo ragazzo e sorrise dolcemente. “Stavo andando in biblioteca per fare qualche altra ricerca per il mio progetto di scienze”, disse assumendo un'aria seriosa.
 
Finn fece il broncio e Rachel sorrise. Era sempre divertente vedere uno alto più di 1 metro e 90 mettere il broncio come un bambino di tre anni. “Ancora? Ci sei andata durante il pranzo ogni giorno da una settimana. E che cosa sarebbe questa ricerca di scienze comunque? Perché ho parlato con Santana e mi ha detto che la signora Orvelle non ha effettivamente assegnato nulla di simile”.
 
“Finn”, cominciò lei dopo averlo zittito “sai mantenere un segreto?”
 
Il ragazzo si passò una mano gigante tra i capelli arruffati nel mentre che si guardava intorno verso i corridoi deserti . “Si, certo che so mantenere un segreto, Rachel. Che succede?”
 
Rachel fece un respiro profondo e tenne stretto il notebook rosa al petto. Non aveva detto a Finn la verità sul suo ‘progetto di ricerca’ di scienze. Non aveva avuto un progetto scientifico a tutti gli effetti, a dire il vero, aveva trascorso ore china sui libri sui fantasmi disponibili nella libreria del McKinley (che, sorprendentemente, erano molti più di quanto avesse sperato) e a raccogliere dati. “Non ho lavorato su una ricerca di scienze”.
 
L'espressione di Finn si oscurò e Rachel in fretta aggiunse: “Ma sono stata nella biblioteca a fare ricerche”.
 
“Su cosa?” chiese Finn, ora visibilmente confuso.
 
“Fantasmi”.
 
Ci fu un silenzio che si protrasse abbastanza a lungo perché Rachel realizzasse che stava perdendo preziosi minuti dell'ora di pranzo. “Tipo, gente morta?”
 
“Tipo spiriti, Finn”, disse Rachel e, esasperata, afferrò la mano del ragazzo e cominciò a tirarlo verso la biblioteca. “Ho fatto ricerche sul paranormale. Ti ricordi di quando ti dicevo che ho poteri psichici?”
 
“Uh huh”.
 
“Beh, due settimane fa ho incontrato un fantasma in bagno. E poi una settimana dopo, l'ho incontrata di nuovo!”
 
“Incontrata? Una lei?”
 
“Si, una lei, stai al passo, Finn. E poi...” la voce di Rachel si affievolì mentre passava un ragazzino del primo anno. Lei gli scoccò un'occhiata fino a quando non fu più a portata d'orecchio prima di continuare a parlare in un sussurro. “E poi, ti ricordi quando sono uscita con voi Venerdì sera? Beh, sono tornata a casa e lo spirito era nella mia stanza! Ha lanciato il mio notebook e mi è sembrata incredibilmente arrabbiata per quello che vi avevo scritto.”
 
Si fermò sulla soglia della biblioteca quando Finn la superò e con uno strattone aprì la porta al suo posto. “Va bene... e come fai ad essere sicura che lei è veramente una LEI?”
 
Rachel si fece strada verso il suo solito tavolo sul retro mentre sussurrava: “Lei mi ha parlato! Sembrava molto sorpresa da quel poco che ho potuto udire.”
 
Si sedettero e Rachel guardò rigidamente negli occhi di Finn. “Va tutto bene se non mi credi, Finn. Ecco perché non l'ho detto a nessuno. Non sono sicura di credermi io stessa, ad essere onesta.”
 
Finn scrutò la sua ragazza per qualche minuto prima di avvicinarsi a lei e posarle una mano sulla spalla. “Ti credo. Cavolo, tu credi in me, quindi perché non dovrei crederti io?”
 
Rachel si aprì in un sorriso e strinse la mano del ragazzo sulla sua spalla. “Grazie, Finn. Ed ora che sai... potresti aiutarmi!”
 
“Aiutarti in cosa?” chiese, lanciando uno sguardo sul quaderno aperto di Rachel e leggendo al volo una parola qui e là. “Non so come eseguire un esorcismo... ho il film se ti piace, guardalo...”
 
Rachel scosse la testa freneticamente, “No, no.. Vedi, questo è il problema! Lei non vuole essere esorcizzata. Ecco perché era così arrabbiata con me Venerdì notte! Ha controllato nel mio notebook e mi ha accusata di essere una qualche misteriosa figura religiosa con un piano segreto. Crede che sia qui per sbarazzarmi di lei, in qualche modo. Lei sembrava davvero terrorizzata da questa prospettiva.”
 
Finn alzò gli occhi pochi minuti dopo, le sopracciglia aggrottate, abbassò la voce, “Rachel, io non sono così sicuro che questa sia una buona idea. Non dovresti fare confusione con questo genere di cose, lo sai. Cosa succederebbe se facessi danni alla sua anima o qualcosa del genere? Forse non si dovrebbe interferire...”
 
Rachel si appoggiò allo schienale e incrociò le braccia al petto. “A giudicare dal modo in cui parlava quando lei ed io stavamo discutendo, lei non riesce a comunicare con le anime viventi così spesso. Sai che cosa significa?”
 
Finn si strinse nelle spalle con le sopracciglia sollevate, chiaramente non capendo nulla di quello Rachel stava dicendo.
 
“Significa che c'è una ragione per cui io ero in bagno quel giorno, e c'è una ragione se solo io posso sentirla!”
 
Finn distrattamente sfogliò il quaderno. “Come fai a sapere che sei l'unica?”
 
“Ha detto che ero l'unica che l'avesse mai sentita. Inoltre, tu l'hai mai sentita?”
 
Finn rifletté un momento prima di scrollare le spalle, “No, mai. Ottimo punto.”
 
Rachel si morse il labbro per trattenere un sorriso mentre stava per afferrare la sua pila di libri dalla sezione saggistica. Era fin troppo facile vincere in uno scontro d'ingegno contro Finn, visto che era sempre a dir poco impreparato. Ritornò con almeno sette libri, lasciandoli cadere sul tavolo di fronte a Finn, svegliando il ragazzo dal suo sogno ad occhi aperti.
 
“Gesù, Rachel. Hai già preso tutti questi?”
 
Rachel arricciò il naso. “No, Finn. Questi sono solo una parte. Potresti aiutarmi a prendere appunti su qualsiasi cosa che tratti di intelligenza, scuole superiori, poltergeist, e voci senza corpo?”

 
Finn annuì in silenzio mentre prese una matita e aprì un libro dal titolo Ah! Credo che la mia casa sia infestata! Rachel lo guardò per un attimo prima che decidesse silenziosamente di prendere in considerazione quel libro solo in un secondo momento.

 



Il tempo passò più velocemente di quanto Rachel si aspettasse. Mentre i due erano stati riversi sui libri, la pioggia era scesa a fiumi all'esterno, e un'ora dopo la scuola fu temporaneamente dichiarata inaccessibile, perché il parcheggio era allagato e le strade dissestate erano state chiuse.
 
Rachel sospirò e si sdraiò sul pavimento della biblioteca. Aveva la giacca da capitano di Finn appallottolata sotto la testa e il libro di Nancy Drew in grembo, quando le luci tremolarono.
 
“Questo è assurdo” mormorò Finn, guardando le porte chiuse. “Non possono tenerci qui, vero? Non possiamo andare tutti in palestra e basta?”
 
“La palestra è allagata, Finn, ricordi? Hai sentito Santana?”
Finn annuì. Dopo che era stato fatto l'annuncio che nessuno riusciva a trovare le Cheerios, Rachel aveva insistito affinché Finn messaggiasse a Santana per assicurarsi che lei e Brittany stessero bene.
 
Sì, mi ha risposto. Ha detto che la coach Sylvester le aveva fatte andare fuori fino a quando non sono arrivati i vigili del fuoco e le hanno fatte tornare dentro. Sono tutti in mensa adesso”.
 
Rachel scoppiò a ridere spensierata, poi scosse la testa. “Sono certa che la pioggia cesserà presto e avremo le strade libere. Ho cercato di contattare il Sig. Schue per pianificare una lezione al Glee ma per qualche motivo non risponde alle mie chiamate.”

 
“Chissà perché?” borbottò Finn, sarcastico, lanciando uno sguardo a Rachel e roteando gli occhi.

 



Quinn era all'esterno - guardando una ragazza del secondo anno andare a caccia del suo zaino, dopo averlo accidentalmente lasciato cadere in mezzo alla strada (che ora era piena d’acqua come un fiume) - quando sentì l'annuncio all’altoparlante. Alzò gli occhi, poi si fece strada attraverso la scarica di pioggia e fu nuovamente dentro l'edificio a ridere dei ragazzi che erano ormai chiusi dentro. Fece una pausa, quando vide le Cheerios fare jogging all'esterno con nulla addosso, a parte le loro uniformi. Quinn si fermò e scosse la testa in stato di shock, si ricordò che la sua coach non era così pazza quando lei era ancora nella squadra. Pensò quanto fosse dura per quelle ragazze quando silenziosamente le corsero davanti.
 
Gli insegnanti tenevano tutti gli studenti bloccati nelle aule in cui stavano quando il blocco era stato messo in atto, così molte persone erano ancora in mensa.
 
La bionda passò mezz'ora vagando per la mensa e ascoltando le conversazioni delle persone quando cominciò a desiderare di nuovo il silenzio. Quinn si fece strada al pensiero che in biblioteca non ci sarebbero state molte persone perché, seriamente? Chi frequenta la biblioteca durante il pranzo?
 
“Pensi che il signor Schue sarebbe disponibile per una performance di Singin' in the Rain? Mi rendo conto che io non sono Gene Kelly, ma mi sento come se...” la voce di Rachel si accese nel profondo della mente Quinn, e la ragazza tornò ad ascoltare da lontano.
 
“Ma certo”, espirò mentre camminava per vedere Rachel sdraiata sul pavimento con la giacca del suo ragazzo sotto la testa e parlare al fidanzato sdraiato accanto a lei. “Avrei dovuto saperlo”.
 
La sua frustrazione momentaneamente si placò quando vide la grande pila di libri tra loro, e uno in particolare molto familiare giallo in mano di Rachel. Il sopracciglio di Quinn si incurvò e scoppiò a ridere. “Nancy Drew? Seriamente?”
 
La sua bocca si chiuse di botto appena vide rianimarsi Rachel, guardando oltre il suo libro come se avesse sentito un rumore. Quinn rimase in silenzio e si fece strada verso la coppia felice nell'angolo. Si sedette a gambe incrociate accanto a Rachel e iniziò a leggere uno ad uno i titoli dei libri. Le sue dita scivolavano sui libri in cuoio e gli opuscoli più sottili , ogni titolo fece aumentare il suo disappunto, infatti si rese conto Rachel non aveva rinunciato a questa cosa del fantasma. Fece una pistola col la mano, la puntò contro la testa di Rachel, e mimò la parola ‘BANG’. Quinn rimase con le gambe incrociate, aveva deciso di rimanere e ascoltare la loro conversazione, pensando che avrebbe potuto capire chi fosse Rachel osservandola con qualcuno di sua fiducia. Quinn piegò la testa di lato appena notò gli occhi di Rachel, ricordò il Venerdì sera e di come le era sembrata indecisa su Finn.
Lasciò cadere lo sguardo di nuovo verso la pila di libri e capì che si era fidata di lui abbastanza da dirgli le sue teorie stravaganti sui fantasmi.
 
Parlando di Finn... Quinn distolse il suo sguardo da Rachel e lo portò sul ragazzo. Lo osservò attentamente per qualche minuto. Finn: disordinati capelli castani, giacca della scuola, sorriso dolce. La bionda lo vide leggere una frase in uno degli stupidi libri sugli spiriti che aveva adesso, e poi lanciare con la coda dell'occhio, uno sguardo esitante verso Rachel. Quinn rise quando si rese conto che Finn probabilmente pensava che Rachel fosse pazza con tutte queste stronzate del fantasma. Alla fine, Quinn rivolse la sua attenzione di nuovo alla pila di libri che Rachel aveva tolto fuori e scansionò i titoli di nuovo. Strano. Lei non ne aveva nessuno sull' esorcismo , Quinn realizzò con un sorriso, ma voleva ancora sapere cosa diavolo volesse fare Rachel e perché aveva tanto interesse per Quinn.
 
Il fantasma guardò una Rachel inconsapevole leggere Nancy Drew come se lo avesse fatto un centinaio di volte prima. Un sorriso dolce si formò sul volto della bruna quando voltò pagina. Quinn aggrottò le sopracciglia insieme, appena si accorse che il maglione rosa unicorno di Rachel era abbinato al fermaglio rosa nei capelli. Questa ragazza era seriamente una minaccia per lei? Lei non sembrava che potesse far male a una mosca, tanto meno che potesse essere una legittima minaccia all'esistenza di Quinn.
 
“Rachel?”
 
“Hmm?” chiese la bruna, senza distogliere gli occhi dal libro.
 
“E se chiamassimo qualche professionista per esorcizzarla? Sai, potrebbe aiutare il suo spirito ad andare avanti. Forse il suo alzarsi in cielo o... ovunque”.
 
Quinn si alzò in piedi talmente bruscamente che il libro in cima alla pila cadde giù. Un sopracciglio di Rachel si arcuò sul libro caduto ma rimase perfettamente calma. “Non vuole essere esorcizzata, te l'ho già detto questo. Io non ho intenzione di costringerla a passare, non è una scelta che posso fare io.”
 
Quinn fissò Rachel e capì che era sincera. La bruna alzò gli occhi dal libro sul pavimento, fino al punto in cui Quinn era in piedi, e sorrise. Gli occhi di Quinn scattarono verso il proprio corpo. Rachel poteva vederla? Sapeva che Quinn era in piedi proprio li?
 
“Tina, Mike! Vi siete intrufolati qui dentro?”
 
Quinn trattenne il respiro mentre due persone camminarono attraverso di lei, mano nella mano, e si fermarono di fronte a Rachel.
Si sintonizzò oltre qualsiasi conversazione dopo che la sua vista fu offuscata dal il bruciore delle lacrime. Dannazione. Lei odiava quando qualcuno camminava attraverso di lei. Girò sui tacchi e si precipitò fuori della biblioteca. Aveva creduto che Rachel l'avesse vista, e scoprire che non era affatto così, che non l’aveva affatto vista, le aveva fatto ancora più male. Perché voleva essere vista, quindi? L'obiettivo era, ed era sempre stato, quello di rimanere il più nascosta possibile. Quinn improvvisamente decise che il picchiettio costante della pioggia l'avrebbe calmarla meglio di qualsiasi silenzio e fluttuò attraverso le porte davanti alla scuola, e fu di nuovo nella tempesta.



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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


NdT: Aggiornerò un capitolo più o meno ogni 10 giorni.. I periodi in cui avrò pochi impegni e sarò più libera, aggiornerò anche prima... Come avrete notato i capitoli sono enormi e ho bisogno di tempo, anche perchè vorrei evitare di farvi leggere un testo sgrammaticato o senza senso, dato che la maggior parte dei modi di dire inglesi non si possono tradurre letteralmente bensì vanno interpretati!
Detto questo..Spero che la storia stia continuando a piacervi tanto quanto sta piacendo a me! Buona letttura :) 
Claude

 

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Capitolo 2

Un mese di scuola, e le tempeste a Lima si erano fermate. Rachel si sistemò le pieghe sul davanti del vestito a pois blu e si appoggiò all'auto di Finn, dopo la scuola. Il giocatore di football arrancò fino a lei cinque minuti più tardi, trascinando la sua sacca con l'attrezzatura da football in una mano e il casco con l'altra.
 
“Ehi, Rachel. Scusa, ci è voluto un po’ più di tempo del previsto perché la Beiste' non ha bevuto la mia storia temeraria”, sottolineò mentre apriva l'auto e buttava la sua roba dentro. Rachel sorrise dolcemente e controllò il suo cellulare. “Va bene, Finn. Abbiamo ancora un paio d'ore prima che faccia buio, comunque. Hai ancora la mia borsa speciale in macchina?”
 
Finn annuì chino sul sedile posteriore. Estrasse un borsone a fiori rosa dalla plancia della sua auto e controllò il parcheggio prima di consegnarlo a Rachel. “Che cosa c'è lì dentro comunque?”
 
“Vedrai, Finn non voglio aprirlo qui in bella vista. Conosco abbastanza i nostri coetanei per sapere che non capirebbero la genialità del nostro piano. Quindi, se lo scoprissero potrebbero minare la sua stessa riuscita!” Rachel strinse la borsa a fiori al petto, e fece un sorriso luminoso verso Finn. Il ragazzo più alto annuì lentamente afferrò l'altro suo borsone, e chiuse a chiave la portiera.
 
“Okay, allora...” iniziò, cacciando le mani in tasca, “mi dici di nuovo il piano?”
 
Rachel alzò gli occhi al cielo mentre la coppia iniziò ad attraversare il parcheggio vuoto. “E' estremamente importante che si faccia attenzione questa volta, Finn. Il piano F, F sta per fantasma naturalmente, inizia proprio stasera alle 7:47 del pomeriggio. Al tramonto ci organizzeremo con l'attrezzatura”, disse Rachel, mimando le forme nell'aria mentre accarezzava la sua sacca da viaggio. “Allora, cominceremo la nostra ricerca.”
 
Finn si fermò in cima alla scalinata del McKinley, posando la mano sul braccio di Rachel per fermarla. “Siamo sicuri di volerlo fare? Ho cercato online ed è tipo ... è illegale campeggiare in un liceo dopo che è stato chiuso. Potremmo metterci in un sacco di guai”.
 
Rachel si morse il labbro e fissò Finn. “Ho usato Google anche io e, quindi sono consapevole delle possibili conseguenze delle nostre azioni. Se hai paura di essere scoperto, allora non c'è bisogno di restare. Sei tu quello che ha insistito per venire con me, così non sarei stata da sola nella scuola di notte .”
Finn fece un lungo respiro, fissando Rachel con uno sguardo costante. “Penso che tutto ciò sia assolutamente folle, ma tu sei la mia ragazza, quindi vengo con te. Ma sarà meglio non farsi beccare o mia madre mi ucciderà.”
 
Rachel piegò la testa di lato e sorrise. “Non ci prenderanno! Il mio piano è infallibile.” Rachel fece una pausa, guardando verso il suo fidanzato e rimuginando sulle sue parole. “No, è decisamente infallibile. Ora, andiamo. Dobbiamo raggiungere la stanza del coro”.
 


Rachel strisciò lungo la fila di armadietti, tenendosi saldamente al metallo freddo più che poteva. Questa era la terza volta che esaminava la scuola, e la quarta volta che si aggiustava la cuffietta nera dato che continuava a caderle sulla fronte. Organizzando il suo piano, aveva fatto in modo di dire a Finn di portare una serie di abiti neri per cambiarsi lì, e così avevano fatto. Rachel tirò su il maglione nero appena sentì vibrare il suo telefonino nella tasca della gonna.
 
Rispose frettolosamente. “Finn? Ci sono tutte le telecamere?” Rachel allontanò il telefono dall'orecchio e lo fissò in modo dubbioso prima di parlare di nuovo. “Finn? Sei tu??”
 
Udì solo un respiro pesante dall'altra parte prima che Finn finalmente rispondesse. “Si, mi dispiace, Rachel. Ho chiamato per dirti che ho preso le telecamere, ma poi ho visto la luce della torcia di qualcuno così mi son fatto prendere dal panico e sono scappato”.
 
Rachel abbassò lo sguardo verso la torcia nella sua mano prima di chiudere gli occhi esasperata. “Finn.. In che corridoio eri quando hai visto la torcia?”
 
Rachel puntò la luce della torcia elettrica sul cartello ‘CORRIDOIO 300’ mentre ascoltò Finn confermare i suoi pensieri. “Corridoio 300, perché?”
“Niente, Finn. Sai, la paranoia potrebbe rovinare l'intera indagine. Siamo qui per cercare di scoprire se il mio spirito risiede al McKinley, ricordi? Non vogliamo rovinare tutto, consentendo alla paura di oscurare il nostro giudizio .”
 
Finn brontolò qualcosa al cellulare e Rachel sorrise e lei scosse la testa. “Non c'è nessuno qui, a parte noi, non ti preoccupare. ho attraversato tutta la scuola per tre volte per verificarlo. Quante telecamere hai impostato?”
 
“Quattro, come hai detto tu. Vedi? Avevi bisogno di me perché non avresti potuto raggiungere certi punti totalmente da sola come pensi”.
 
Rachel lo schernì attraverso il suo cellulare e lo chiuse interrompendo la chiamata. Sentì un fruscio alle sue spalle e puntò la torcia in quella direzione, non vedendo nulla. Fece un paio di respiri per tranquillizzarsi prima di incamminarsi verso il rumore. La bruna appoggiò la schiena contro un armadietto, appena si rese conto che il sole era del tutto tramontato. Era quasi il momento di iniziare.
 
“Spirito... se sei qui,” iniziò Rachel, socchiudendo gli occhi nell'oscurità, in cerca di qualsiasi cosa: “Voglio che tu sappia cosa sto facendo”.
 
Rachel fece una pausa, in attesa di qualsiasi indicazione che era stata ascoltata. Continuò ciò nonostante. “So che ci siamo lasciate un po’ male nella mia stanza l'altra volta che abbiamo parlato... Ma io sono ancora qui. Mi rendo conto che mi hai detto di lasciarti in pace. Ma non ho intenzione di farlo a prescindere. Ho un elenco di ragioni per non farlo, ma non voglio annoiarti con quello, per adesso…”
 
Rachel sentì il telefono vibrare di nuovo e vide il bagliore dalla tasca. Lo ignorò per il momento, però, dentro di sé imprecò contro l' impazienza di Finn. “Ti dirò però, che ci sono due ragioni principali.
 
La prima è che, per qualche ragione, a me sconosciuta, tu pensi che io sia in missione religiosa per esorcizzarti. E questo non è vero affatto. La seconda ragione per cui io non ti lascerò sola, spirito, è che mi affascini. Vedi... sin da quando avevo sei anni, io...”
 
Rachel urlò appena sentì una mano afferrarla di lato. Quella stessa mano le tappò la bocca e la trascinò. “Maledizione, zitta! Qualcuno potrebbe sentirti!”
 
Rachel si liberò con uno strattone dalla stretta di Finn e si portò una mano sul cuore, recuperando il fiato. “Finn”, sibilò, “tu mi ha fatto quasi venire un attacco di cuore! A cosa stavi pensando?”
 
Finn alzò le mani e fece spallucce. “Oh, io non lo so. Forse pensavo che qualcosa ti fosse successa dal momento che non rispondevi al telefono!”
 
Rachel sospirò e chinò la testa. “Mi dispiace... Stavo...”
 
“Parlavi con lei?” Finn aggiunse tranquillamente facendo un piccolo sorriso. “Va bene, sai. Io non sono un grande sostenitore dei fantasmi, ma ... Se mi parlassero come tu stavi parlando a lei…  Risponderei… Lei è qui?”
 
Rachel lo superò e afferrò la mano Finn con due mani. “Io non credo, no. Volevo capire quello che stavamo facendo qui. Ma, oh bene. Torniamo alla base…”
 
“Vuoi dire che la sala del coro?”
 
“…e prendiamo i nostri palmari.”
 
“Vuoi dire i registratori?”
 
Finn strinse entrambe le torce elettriche in una mano e Rachel in nell'altra facendosi strada attraverso i corridoi bui. “Finn, non hai guardato Ghost Hunters, come ti avevo detto di fare, vero?”
 
Finn balbettante, “Eh dai! L'hanno dato nel momento in cui Skins comincia a dare dei bei film”.
 



“Rachel e Finn nei corridoi del McKinley. Ci sono suoni provenienti dal dispositivo di riscaldamento, sembrano calci, e le tubature di tanto in tanto tintinnano, ma sembra essere tutto qui. Sono le 9:04 di sera.” Rachel disse semplicemente nel registratore audio.
 
Finn aveva smesso di fare domande molto tempo fa, scegliendo solo di seguire Rachel e farle fare la sua ricerca spettrale.
 
“Ciò che spero di ottenere con questo, Finn, è catturare la voce del fantasma su questo registratore”, spiegò Rachel.
 
Finn si morse il labbro. “Fin qui ci ero arrivato da solo, ma... Perché hai bisogno di farlo, se il fantasma è diciamo, disponibile a parlare direttamente con te?”
 
Rachel si fermò a metà strada, le spalle si abbassarono mentre guardava la periferica in mano. “Questo è un punto incredibilmente valido.”
 



Finn tenne il suo volto rivolto verso la telecamera termica in mano a Rachel, con un largo sorriso. “E’ così impressionante! Come hai fatto a ottenere una di queste?”
 
Rachel si illuminò e ridacchiò mentre guardava la faccia multicolore di Finn nello schermo della videocamera. “Mio padre supporta totalmente i miei tentativi di caccia ai fantasmi da quando ero una bambina e mi ha regalato una di queste. Rileva il calore e l'assenza di calore, il che rende l'oggetto fantasma perfettamente visibile.”
 
Finn prese la fotocamera da Rachel e la puntò verso di lei, lo zoom sulla sua faccia. “Sei tutta rossa! Significa che sei calda”, aggiunse, facendole l'occhiolino attraverso la fotocamera. Rachel non poté fare a meno di ridere mentre usò le mani per guidare la videocamera lungo il corridoio.
 
“Continuiamo professionalmente ora. Ho bisogno che tu mi dica se si vede qualcosa fuori dal comune sullo schermo, ok? Una macchia di blu quando il resto dello schermo è di colore rosso o una macchia di rosso se lo schermo è blu.”
 
Finn annuì mentre si mise a camminare lungo il corridoio. Avrebbe trasportato la telecamera per le sale e, nel frattempo, Rachel avrebbe sproloquiato una serie di domande, nel tentativo di convincere il suo spirito a reagire ad esse e mostrarsi alla telecamera.
 
“Qual è il tuo nome, lo spirito? Sei ancora arrabbiato con me? Vivi qui? E’ casa tua? Sei morta qui?”
 
Una volta che la coppia si fece strada attraverso tutti i corridoi e uscì fuori, Rachel chiese una pausa.
 
“Beh, non sembra stia accadendo nulla proprio ora. Possiamo tornare alla base e farci uno spuntino,” dichiarò Rachel, fissando la direzione i cui la telecamera termica era stata impostata su un treppiede. “Stai bene finora?”
 
Finn annuì insonnolito mentre guardò il suo cellulare. “Si, sto bene, ho mangiato qualche barretta extra proteica oggi per mantenermi in forze. Sono solo le 02:34 comunque, sono abituato a giocare a ‘Halo’ fino a quest'ora, quindi va tutto bene.”
 
Rachel rise. “Buono a sapersi”. Premette il viso contro l'obiettivo della fotocamera per l'ultima volta e gli soffiò un bacio prima di girarsi e incamminarsi con Finn verso la loro base.
 



Quinn stava passeggiando attraverso le porte del McKinley High intorno 03:00. Non che normalmente facesse così tardi, ma quella notte aveva avuto qualche difficoltà a ‘dormire’, così era andata lì.
 
Sospirò mentre si faceva strada lungo il corridoio principale in pigiama di flanella e una felpa rossa McKinley. “Non si usa più accendere il riscaldamento qui?" Quinn si chiese appena notò un debole un anello di nebbia attorno al suo corpo.
 
Era così occupata a guardare se stessa che non si accorse di essere passata attraverso un oggetto che non era assolutamente normale che fosse in mezzo al corridoio. Quinn si fermò quando le mancò l’aria e mormorò: “Ma che diavolo?”
 
Fece marcia indietro e alzò le sopracciglia quando si trovò faccia a faccia con una videocamera. Si mosse verso la parte posteriore di questa e aggrottò le sopracciglia mentre guardò nello schermo. “Che razza di macchina fotografica è questa?” si domandò, guardando tutti i colori sullo schermo. Esitante, Quinn si sporse e agitò una mano davanti all’obiettivo. Lo schermo balenò di blu per un secondo e Quinn ansimò.
 
“Che cos'è questa cosa?” Tenne la mano davanti alla telecamera e fissò il leggero contorno bluastro della sua mano sullo schermo. Quinn fissò pericolosamente la fotocamera con la bocca aperta. “Una telecamera che rileva le variazioni di temperatura, da quando si fanno queste cose? Dannazione”.
 
Interruppe l'ispezione della macchina fotografica quando udì delle voci venire dal fondo al corridoio, verso di lei. Fece un passo indietro nell'ombra prima di darsi una pacca in fronte con la mano perché, ma dai? Lei era un fantasma, non aveva bisogno di nascondersi nell'ombra.
 
“Finn!” Quinn batté un pugno sugli armadietti dietro di lei. Ovvio che fosse Rachel.
 
“Dove diavolo è stata sino ad ora?” Quinn sussurrò a se stessa mentre i suoi occhi esaminavano i corridoi, cercando la fonte della voce che aveva sentito.
 
“Non posso credere che tu non abbia avviato la fotocamera per registrare!” Quinn ridacchiò appena Rachel e il suo fidanzato furono dietro l'angolo, vestiti completamente di nero.
 
“Pensavo che l’avessi fatto tu quando la stavi toccando!”
 
Quinn udì gemere Rachel quando la bruna si fermò davanti alla telecamera, girando intorno al treppiede in modo da poter controllare la parte posteriore. Passarono pochi secondi in silenzio mentre sia Finn che Quinn osservavano Rachel dimenarsi con la fotocamera, prima che iniziasse agitare le mani per aria. “Non stava registrando. Non abbiamo nulla di documentato dell'ultima ora.”
 
Finn cautamente mise una mano sulla spalla di Rachel parlandole dolcemente. “Va tutto bene, davvero, tutto bene! Hai detto tu stessa che se fosse stata qui, ti avrebbe già parlata.”
 
“Finn, abbiamo indagato per quasi sette ore...” dichiarò Rachel, completamente scoraggiata appoggiò la mano sulla telecamera e fissò l'obiettivo, “pensi... Pensi che io sia pazza, Finn?”
 
Quinn alzò la testa nell'ombra e aggrottò le sopracciglia al suono della voce di Rachel. Guardò Finn stringere le spalle della ragazza prima di mordersi il labbro e guardarla completamente piena di rimorsi. “Io... Non lo so, Rachel. Forse ti sei solo lasciata un po’... trasportare. Non sarebbe esattamente...” Finn lasciò la frase in sospeso appena il corpo sotto la sua mano cominciò a tremare dalle lacrime. “Oh, no, Rachel, non piangere...”
 
Quinn si avvicinò alla coppia e socchiuse gli occhi nel buio. La luce proveniente dalla torcia di Finn faceva brillare il volto di Rachel per le lacrime che le scorrevano sulle guance. Quinn la guardava rapita come se il suo cuore appartenesse a quella ragazza che, in realtà, lei avrebbe dovuto chiamare ‘il nemico’. La bionda aprì la bocca per dire qualcosa, quando Finn la anticipò.
 
“Rachel... Ascoltami. Nessuna persona sana di mente avrebbe potuto immaginare tutto quello che hai detto che ti è successo. Forse questo ha solo dimostrando la tua teoria, no? Che lei non vive qui, o qualsiasi altra cosa i fantasmi facciano...”
 
Rachel si voltò verso Finn e accarezzò il suo petto rassicurante. “Va tutto bene, davvero.” Si asciugò il viso e indossò un finto sorriso. “Abbiamo ancora tre ore di indagine dalla nostra parte! Sono sicura che troveremo qualcosa. Ora sto bene, davvero. E’ probabile che abbia solo fame”.
 
Il volto Di Finn si illuminò e annuì, eccitato. “Già! Probabilmente si. Andiamo a farci uno spuntino poi andiamo a cercare ancora quelle voci fluttuanti”.
 
Quinn osservò Rachel seguire Finn lungo il corridoio, scuotendo la testa a bocca aperta verso il giocatore di football. “Non posso credere che sia riuscita a...” Quinn mormorò a se stessa volgendo il suo sguardo verso la videocamera di Rachel. Quinn le si mise dietro di nuovo e annuì lentamente, quando vide la scritta “Registrazione in corso!” lampeggiare sullo schermo. Si morse le labbra e il suo sguardo si volse verso Rachel e Finn poi verso la fotocamera, e nuovamente verso i ragazzi.
 



Rachel si spostò all'indietro e Finn si schiantò contro di lei, andando a sbattere contro gli armadietti. “Questo non è il modo di svolgere un'indagine, Finn!”
 
Finn si aggrappò a Rachel e la usò come scudo mentre emise dei suoni soffocati “Che diavolo è stato?”
 
La bruna sorrise e si girò verso la fila di armadietti che si stavano aprendo e chiudendo alternativamente, apparentemente per conto proprio. “Questo, Finn, è il mio spirito”. Teneva la videocamera in direzione degli armadi mentre sibilava contro la sua spalla “Finn, controlla l'ora!”
 
Il ragazzo distolse gli occhi sbarrati dagli armadietti abbastanza a lungo da dire a Rachel che erano le 04:01, il ghigno soddisfatto di Rachel le attraversava il volto da parte a parte, quando gridò sovrastando il rumore, “Spirito! Grazie per averci mostrato la tua presenza. Anche se non so se sei ancora arrabbiato con me o no, ho solo una domanda per te”.
 
Tutti gli armadietti contemporaneamente si chiusero e Rachel sentì la pelle d'oca sulle braccia. Rabbrividì e espirò fuori, vedendo il suo respiro vorticare di fronte a lei. Finn si mosse in avanti e avvolse un braccio intorno a Rachel. “È calato il freddo come se fossimo in una tomba”, le sussurrò in un orecchio. Lei annuì e fece un passo indietro nel suo abbraccio.
 
“La renderò ancora più semplice. Hai la residenza permanente in questa scuola, spirito? E' la tua casa?”
 
Rachel, dentro di sé, prese come un buon segno quando l'aria continuò a vorticare anche dopo che lei aveva posto la domanda. Il suo fantasma era ancora nella stanza. “Se non vuoi parlare con me, allora va bene... Però... Basta… Basta anche sbattere un armadietto per il si, e due per il no”.
 
Rachel sentì respiro affannoso di Finn dietro di lei mentre attendevano in silenzio. Dopo che il silenzio si protrasse per un paio di minuti, Finn emise un gemito. “Penso che se ne sia andata.”
 
Rachel guardava avanti con lo stesso sguardo determinato che aveva quando aveva fatto la domanda. “Non se n'è andata.”
 
“Ma, Rachel, è stato...”
 
“Non se n' è andata!” Rachel ripeté con forza, guardando il suo fiato uscire in un turbine davanti alla sua bocca. “Non riesci a sentirla, ancora adesso?”
 
Finn si strinse nelle spalle dietro di lei. “Non so... Cosa dovrei sentire oltre al freddo?”
 
Lo sguardo di Rachel scese sulle braccia dove aveva ancora i brividi e la pelle d’oca. Le sue dita si contrassero lungo i fianchi appena sentì l'elettricità dall'aria attraversarle tutto il corpo. Corrugò la fronte e si domandò come Finn non potesse sentire tutta la stanza carica della presenza dello spirito.
 
Pochi minuti dopo Finn cominciò a camminare avanti e indietro dall’impazienza. Rachel sospirò. “Va bene... Credo che lei non abbia intenzione di...”
 
Si ritrasse e due armadi si aprirono contemporaneamente e poi si richiusero. Rachel ignorò le imprecazioni di Finn dietro di lei e vivacemente chiuse l'obiettivo della sua videocamera, spegnendola.
 
“Così, la scuola non è casa tua... Annotato. Grazie, spirito. Credo che ora sia giusto che sia tu a porre a me una domanda in cambio della tua risposta alla mia”.
 
Finn aprì la bocca e boccheggiò, fissando con gli occhi spalancati il punto in cui si chiuse con un botto un armadietto. “Rachel, non credo che sia una buona idea.”
 
La bruna lo liquidò con un gesto della mano. “Va bene, davvero. Voglio che sappia che lei può fidarsi di me, e la fiducia può essere data solo imparando e acquisendo informazioni. Pertanto, se hai una domanda, ti risponderò. E' giusto”.
 
Rachel consegnò la videocamera a Finn prima di spianare le pieghe della gonna nera. “Quando sei pronto, spirito.”
 



Quinn si sedette con la schiena premuta contro una fila di armadietti, le ginocchia tirate sul petto e il mento quasi appoggiato sulla sua spalla sinistra. Le uniche luci nel corridoio provenivano dalla torcia che Finn aveva appoggiato sulle sue ginocchia e dalla spia rossa dalla videocamera sul pavimento accanto al ragazzo. Si era addormentato dopo un'ora di silenzio, seduto contro gli armadietti con le gambe distese davanti a lui. Rachel imitò la posizione di Quinn per terra con la schiena contro la stessa fila di armadietti del fantasma.
 
Non era come se Quinn non avesse voluto parlare con Rachel, quando le aveva detto di fare domande. Non era come se Quinn non avesse voluto già parlarle , avrebbe persino voluto gridarle contro, una volta. Ma più Quinn seguiva Rachel in giro per la scuola con lo strascicato pretesto di un'indagine paranormale quella notte, più Rachel parlava con Quinn. La bruna aveva vagato per i corridoi del McKinley High con un registratore audio da dieci dollari in entrambe le mani e un sorriso sul volto come se le avesse semplicemente parlato.
 
Quinn aveva camminato accanto alla la bruna mentre questa le aveva chiesto il suo colore preferito, quello che era stato il suo cibo preferito, se avesse tirato scherzi alla gente perché si annoiava, se avesse mai cantato, e quanti anni avesse. Quinn non aveva risposto a nessuna delle domande Rachel perché aveva davvero paura che Rachel sentisse effettivamente di nuovo la sua voce.
 
Quando Quinn avvolse le braccia attorno alle ginocchia, continuò a osservare ogni movimento di Rachel. Si strofinò distrattamente la guancia contro la spalla mentre l'altra con aria assente fissava gli armadietti di fronte a loro.
 
Il cielo all'esterno cominciò a illuminarsi mentre il Sabato mattina iniziò a farsi strada. Quinn chiuse gli occhi ermeticamente e appoggiò la fronte sulle braccia. Lei non riusciva a parlare con Rachel di nuovo, non con questa impostazione, non in un ambiente informale. Quinn era lei stessa diventata pazza per un intero mese nel tentativo di capire perché diamine Rachel volesse conoscerla. A parte la curiosità istintiva che chiunque avrebbe avuto se si fosse trovata nella posizione di Rachel, Quinn non poteva fare a meno di sentirsi come se ci fosse un motivo più profondo. Qualcosa di più forte che le aveva impedito di parlare con Rachel di nuovo.
 
Come se lei potesse effettivamente conoscere qualcuno, Quinn rise dentro di sé al solo pensiero, come se qualcuno potesse trattarla come se fosse umana. Come se avesse un'anima...
 
“Non capisco”. La testa di Quinn si scosse mentre il suo sguardo atterrò su Rachel, che era nella stessa posizione in cui era stata seduta per un'ora, aspettando solo che Quinn facesse o dicesse qualcosa, qualsiasi cosa. Quinn corrugò la fronte mentre si concentrò sul volto insoddisfatto di Rachel.
 
“Non capisco perché non mi parli più. Non è come se non riuscissi a sentire la tua presenza quando sei intorno a me. So che sei stata con me per ore. E’ che non ti fidi di me?”
 
Quinn sospirò e scosse la testa. Chiuse gli occhi e si rese conto Rachel non avrebbe potuto vedere quel gesto. Indipendentemente da ciò, Rachel continuò a parlare. “Non so cos’altro fare per dimostrarti che io non sono qui per farti del male.”
 
Quinn aprì la bocca per dire, per chiedere a Rachel perché fosse lì, allora. Ma come tutte le altre volte in cui aveva provato, quella notte, la bocca si chiuse di scatto trattenendo le parole in gola. Il terrore di Quinn era troppo grande. Aveva troppa paura di Rachel, di ciò che significava Rachel, e di ciò che Rachel poteva fare. Quinn non aveva avuto contatti umani, non era consentito che ne avesse, quindi perché ora? Ci doveva essere un tranello, e Quinn non era sul punto di rischiare la sua posizione sulla terra per capire cosa fosse quella trappola.
 
“Voglio solo conoscerti... Questo è quanto. Questa è l'esperienza più eccitante della mia vita, spirito, e ora mi sento legata a te. Non riesco a spiegare il motivo, ancora, ma se non mi parli di nuovo, non sarò mai in grado di capirlo.”
 
Quinn appoggiò la testa contro gli armadietti. Questa ragazza di nome Rachel, seduta a cinque metri di distanza da lei, era una delle cose più terrificanti che Quinn avesse mai dovuto affrontare. Quinn aveva le labbra socchiuse e l'aria si precipitò fuori prima che lei si rendesse conto di quello che diceva. “Non posso fidarmi di nulla, ok?”
 
I suoi occhi color smeraldo si spalancarono e rapidamente lanciò un'occhiata verso Rachel, una parte di lei sperava che la bruna non l'avesse sentita, e se anche l'avesse fatto, stava facendo in modo che se non se accorgesse comunque. Lei continuava a guardare con sguardo assente davanti a sé, impiegò un minuto buono prima di annuire. “Va bene”, disse sinceramente.
 
Quinn continuò a guardarla con uno sguardo tagliente. “Questo significa che rinuncerai, andrai avanti, mi lascerai stare?”
 
Rachel attese il tempo di un battito di ciglia prima di scuotere la testa in senso negativo, mantenendo il suo sguardo in avanti. “No.”
 
La mascella di Quinn cadde e Rachel si prese il labbro inferiore tra i denti bianchi. “Non credo di capire, spirito,” la bruna disse gravemente, finalmente volgendosi verso la direzione in cui era seduta Quinn, “Non posso rinunciare”.
 
Quinn vide Rachel tranquillamente alzarsi in piedi e lisciarsi la gonna. Lei toccò la gamba di Finn con il piccolo piede e gli disse che era ora di levare le tende, e che avevano bisogno di ripulire nel caso qualcuno fosse entrato nella scuola.
 
Quinn non ebbe la possibilità di parlare con Rachel di nuovo, e per questo, fu quasi riconoscente. Lei percorse le sale del McKinley molto tempo dopo che Rachel e Finn se n'erano andati. Ore dopo, finì su una delle sedie di plastica dura della sala del coro, le mani sulle ginocchia e le dita dei piedi ripiegate verso l'interno, e si perdette tra i pensieri. Non è che Quinn non volesse un amico, ma non aveva mai pensato di poter averne. Era un fantasma, per l'amor di Dio, e anche uno di quelli che era stato completamente lontano dal contatto umano per dieci lunghi anni tortuosi.
 
Quinn scosse il capo e strinse i pugni mentre discuteva con se stessa. Come poteva anche prendere solo in considerazione d lasciare che Rachel entrasse nella sua vita? Quinn non sapeva quasi nulla di questa ragazza, solo che era un perdente con un ragazzo carino e questa idea folle che aveva un sesto senso. Era una minaccia per il progetto di Quinn, e Dio l'aveva tanto aiutata, Quinn non era sul punto di gettare all'aria il piano, su cui aveva trascorso otto anni, per una ragazza pazza che aveva solo bisogno di una revisione decente della realtà.
 
Si alzò e scosse la testa di nuovo. “Non posso andarci piano solo perché qualcuno dice vuole sapere qualcosa di più su di me. È tutto a posto e normale per lei, ma, non è così per me. Ha bisogno di una forte dose di realtà, e ho bisogno di farla stare dannatamente lontana da me, così lei non potrà rovinare il mio piano.” Quinn buttò lo sguardo verso la sala del coro e un sorriso maligno le si diffuse sul viso. Bene, pensò Quinn, se Rachel non avesse rinunciato volontariamente, Quinn l'avrebbe obbligata con la forza. Avrebbe fatto sì che Rachel desiderasse di non aver mai voluto ficcare il suo grosso naso negli affari di Quinn, e una volta che Quinn si fosse liberata di lei, avrebbe potuto continuare con il suo piano.
 



Quinn non si aspettava, quando entrò dalle porte del McKinley il Lunedi mattina, di essere accolta da un morbidoso piccolo agnello attaccato ad una lenza seduto sul pavimento di fronte a lei. Si fermò a metà strada, infilando le mani nelle tasche della sua giacca da Cheerio e inclinando la testa all'indietro. Lei scrutò il corridoio, facendo un giro completo su se stessa, prima di fissare di nuovo l'animale accucciato. Che diavolo era quello?
 
I corridoi erano ancora per lo più deserti, così Quinn decise che chiunque avesse messo quell’esserino peloso era in attesa di qualcuno in particolare, e non solo un ragazzo a caso. Quinn alzò un sopracciglio e controllò l'orologio sul muro, prima di decidere di seguire il filo e vedere chi fosse l'idiota che stava tirando quello scherzo.
 
le spettrali scarpe da tennis bianche di Quinn non facevano alcun rumore mentre lei raggiungeva in fondo al corridoio, eppure lo sentiva nella sua mente come lo immaginava per abitudine. Aggirò gli armadietti del Corridoio 100 e si fermò. Le spalle e il viso si rilassarono appena non vide altro che Finn Hudson seduto lì, con la canna da pesca in mano. Poteva dire dalla sua espressione che si sentiva un idiota per essere nella posizione in cui era. Finn alzò le spalle sotto la sua giacca della squadra e rivolse lo sguardo intorno alla sala, come se cercasse qualcuno.
 
Quinn sospirò nel mentre che si chiedeva quando avrebbe smesso Rachel con queste stronzate. Decise di iniziare il suo progetto di far si che Rachel la lasciasse in pace, dannatamente prima di quanto lei prevedesse. La bionda sorrise mentre si chinava dietro Finn. Quinn piegò la testa mentre librò la sua mano fantasma sul braccio del ragazzo, sorridendo appena i capelli gli si rizzarono e il ragazzo gelò.
 
Il fantasma soffiò dolcemente nel suo orecchio, chiedendosi se avrebbe avuto un qualsiasi effetto su di lui. Quando Finn scatto lateralmente dalla sua posizione accovacciata, sbattendo la schiena contro gli armadietti, Quinn sorrise.
 
Finn cominciò furiosamente a riavvolgere il filo da pesca cominciò a balbettare: “Io… Sto sperando che tu sia qui, fantasma, e che io non stia perdendo la mia testa di cazzo. Il che può succedere sai, ho sbattuto la testa nella partita della scorsa settimana...” Fece una pausa appena l'agnello giunse da dietro l'angolo e Quinn sospirò, indurendo le spalle.
 
“Comunque”, continuò Finn, raccogliendo delicatamente e cullando l'agnellino in una mano, “questo è di Rachel e lei mi avrebbe ucciso se gli fosse successo qualcosa. Speravo che ti avrebbe attirato. Ho una domanda per te.”
 
Quinn alzò un sopracciglio e, come se Finn l'avesse vista , frettolosamente aggiunse. “Non è che tu abbia bisogno di rispondere, anche se sarebbe assolutamente figo. Pensavo... Credo che sia più un… Un favore.” Fece una pausa, spostando gli occhi da destra a sinistra lentamente, mentre cercava di individuare la posizione di Quinn. “Spero di non star fissando il tuo petto o nulla. Scusa se lo sto facendo. Non ho mai parlato con una tipa morta prima”.
 
Quinn aveva gli occhi chiusi mentre si lasciò sfuggire un sospiro. Non doveva essere così sensibile al riguardo, era solo stata debole. Ancora, le faceva male. Le sue palpebre si aprirono nel mentre che Finn continuò. “La questione è... è che io rivoglio Rachel come prima. E’ così ossessionata da questa inquietante faccenda dei fantasmi che sta succedendo qui... E’ tutto quello che in cui si concentra. Vuole solo aiutarti e io sono.. tipo..” Fece una pausa, muovendo la mani in aria in qualche gesto che a Quinn non fu possibile discernere, “io continuo a ripeterle, baby, non puoi aiutarla. Se avesse avuto bisogno d'aiuto sarebbe venuta da te. Lascia stare. Ma lei non vuole ascoltare. Penso che sia ossessionata. Così, ho pensato... Che tu potresti semplicemente andare via.”
 
Quinn fissò Finn con sguardo intenso mentre stava in piedi congelata. Alla fine Finn puntò la giusta direzione e incontrò i suoi occhi, mandandole uno sguardo che sentì nel profondo del suo ossa. “Non sto cercando di offenderti... Voglio solo la mia ragazza... Eri da qualche altra parte, oppure eri solo silenziosa, prima. Non potresti semplicemente tornare a quello?”
 
Gli occhi Di Quinn caddero verso il suolo mentre si mordeva le labbra. Le era stato chiesto di andarsene dopo che aveva appena preso contatto con qualcuno? Forse questo perché lei non doveva parlare con nessuno. Si voltò bruscamente sui tacchi e ignorando l'ultimo discorso di Finn si fece strada attraverso gli studenti che erano appena arrivati. Lei non godette neppure del fatto che Finn stava diventando pazzo a parlare con se stesso fino a quando non era riuscito ad individuarla..
 
Quinn si fermò quando Rachel Berry svoltò da dietro l'angolo. Quinn sembrava pietrificata mentre guardava le scarpe ‘Mary Janes’ di Rachel cominciare a muoversi verso di lei. Se avesse continuato in quella direzione, Rachel l'avrebbe attraversata, eppure Quinn non pensò a scansarsi. Alzò la testa di lato mentre guardava Rachel camminare verso di lei con occhi preoccupati. Questa innocente ragazza in un maglione nero, era ossessionata da Quinn? Perché?
 
Rachel subì una brusca frenata a pochi centimetri da Quinn come se avesse appena sbattuto contro un muro di mattoni. La sua altezza permise a Quinn di guardare dritto negli occhi di Rachel. Immaginò, proprio per una frazione di secondo, che Rachel la stesse fissando a sua volta.
 
La bruna spalancò gli occhi e si lasciò sfuggire un sospiro fin troppo profondo. Guardò il suo fantasma senza fiato di fronte a lei e fissò ermeticamente i suoi occhi verso Quinn.
 
Quinn si immobilizzò e osservò come la mano di Rachel si era alzata in aria, come se volesse riposare sulla guancia di Quinn. Proprio quando la sua mano era sul punto di passare attraverso la guancia di Quinn, Rachel la ritrasse come se fosse stata appena bruciata. Il fantasma non aveva nemmeno battuto ciglio. Tutti i suoi pensieri erano profondamente sintonizzati con il modo in cui petto di Rachel si alzava e si abbassava dall'azione del respiro, e il modo in cui le labbra rosa, lentamente, si incurvarono in un sorriso incerto.
 
“Io non volevo né venirti addosso né passarti attraverso” Rachel sussurrò. Portò la borsa stretta al petto, chinò il capo, e fece un passo al lato di Quinn. Quinn chiuse gli occhi stretti, tuttavia, quando sentì, con un colpo, qualcosa passarle attraverso la testa e il torace.
 
Aprì gli occhi e, il più rapidamente possibile, li richiuse chiedendosi che cosa diavolo l'avesse attraversata. La sua bocca si aprì leggermente e le sopracciglia si incurvarono di tristezza quando vide Rachel, ancora in piedi davanti a lei, coperta di appiccicosa granita al limone. La bruna aveva gli occhi ancora chiusi quando un gruppo di Cheerios passò con bicchieri vuoti di granita in mano, nemmeno degnando Rachel di uno sguardo.
 
Rachel aprì gli occhi e sorrise di nuovo, le disse: “Hanno scelto il limone perché è impossibile che se vada dai miei maglioni.” Lei annuì come per dimostrare l’evidenza prima di scivolare a destra e camminare da Quinn alle braccia di Finn.
 
Quinn fissava con aria assente il punto macchiato di granita sulle piastrelle bianche, dove poco prima stava Rachel. Il suo sguardo si levò alla schiena della Cheerio che aveva inzuppato Rachel, e in un batter d'occhio, Quinn fluttuò per metà corridoio tra la scuola e si mise di fronte a lei.
 
“Qual è il tuo problema?” Quinn urlò alla più alta Cheerio bionda. “C'era qualche motivo in tutto ciò?”
 
La Cheerio bionda si girò e aprì il suo armadietto. Quinn era alta quanto lei, e se questa ragazza non fosse stata una stronza puttana, le avrebbe potuto anche ricordare se stessa. “Scusa, ehi? Devi ascoltarmi, tesoro. Quando ero nelle Cheerios, non provavamo nemmeno a fare stronzate del genere. Non attaccavamo mai nes...”
 
La Cheerio bionda si voltò e attraversò Quinn, scioccandola in silenzio. Quinn guardò le tre cheerleaders allontanarsi, spensierate, come se non avessero appena rovinato la giornata di Rachel. Fino a quando non svoltarono l'angolo a sinistra e scomparvero alla vista di Quinn, Quinn non realizzò: la cheerleader non aveva sentito Quinn. Nessuno l'aveva sentita. Fece un giro completo per vedere tutti gli studenti attualmente nella sala. Nessuno di loro aveva sentito urlare Quinn.
 
Nessuno di loro poteva sentirla, tranne Rachel.
 



Rachel alzò la testa dalle mani e guardò avanti, i capelli sulla nuca si rizzarono. Spostò le gambe da sotto la scrivania e si girò verso la sua camera da letto. “Posso aiutarti?”
 
Il documento su cui stava lavorando si sollevò leggermente e contemporaneamente Rachel sentì un brivido di nuovo. Finn alzò lo sguardo dal suo libro di storia dalla sua postazione sul letto. “Hm? Io non ho detto niente”.
 
Rachel gli fece cenno di stare zitto. “Non tu, Finn. Lei è qui”.
 
Il libro di testo di Finn gli cadde in grembo mentre girò le gambe ai lati del letto di Rachel. “Cosa?” quasi urlò.
 
Rachel corrugò la fronte appena sentì la carta muoversi sulla sua scrivania di nuovo. “Cosa c'è di sbagliato in te, Finn?”
 
Il ragazzo si morse le labbra mentre scuoteva la testa. “Io non pensavo che fosse ancora in giro.”
 
Rachel inclinò la testa mentre i suoi occhi si offuscarono con sospetto. “E' passata una settimana dall'ultima volta che ho effettivamente avuto contatti con lei. Anche dopo l'incidente della granita. Perché sembra che tu sappia qualcosa al riguardo, Finn?”
 
Finn alzò gli occhi al cielo e si passò le mani tra i capelli disordinati, lasciando cadere la testa all'indietro. “Guarda, Rachel, sei solo diventata davvero troppo ossessionata da tutta questa stupida faccenda del fantasma. Non ho mai pensato che l'avrei detto, ma mi mancano i tuoi… Diciamo, sproloqui su Broadway. Non ho sentito nulla a proposito di stelle dorate in un mese.”
 
Rachel si morse preoccupata il labbro inferiore tra i denti. Le sue orecchie si rianimarono un po’ quando sentì una voce dolce attraversarle la mente. “Lui ha ragione”.
 
Rachel sospirò, scuotendo la testa. “Lo so…”
 
Finn alzò gli occhi di nuovo fino a Rachel. “Cosa sai?”
 
Rachel lo guardò, confusa, finché la voce di Quinn percorse la sua mente di nuovo. “Lui non mi sente. Nessuno può, in realtà, fatta eccezione per te. A parte questo, ha ragione. Sei ossessionata. Hai bisogno di andare avanti con la tua vita, ok? E...”
 
Rachel sbatté le palpebre un paio di volte mentre guardava dritta negli occhi confusi di Finn, cercando di mantenere la calma mentre aspettava che il fantasma proseguisse. I suoi occhi castani brillarono di terrore appena le parole che temeva infine la colpirono. “E, solo... Lasciami in pace”.
 
Il petto Rachel si sollevava e si abbassava a causa del fiato d'aria che le era rimasto bloccato in gola. Finn le fu al fianco in un lampo seduto in ginocchio sul pavimento con la piccola mano di Rachel stretta nella sua, chiedendole perché stava piangendo e cosa avesse detto.
 
Guardò dietro di lui, tuttavia, lasciando che le sue domande cadessero nel vuoto. Quando chinò il capo e chiuse gli occhi ben stretti, Rachel si concentrò completamente sul lasciare che una parola le attraversasse la mente, nella speranza che forse il suo spirito l'avrebbe sentita. Non sapeva come funzionasse il sistema di comunicazione del mondo spiritico , ma se avesse permesso alla parola ‘NO’ di invadere la sua mente abbastanza a lungo, forse il suo fantasma avrebbe ricevuto il messaggio.
 
Rachel sentì come se non bastasse, però. Con la testa ancora china e gli occhi ancora chiusi e con Finn che ancora continuava a sussurrarle paroline d'amore in un orecchio, Rachel fece in un respiro profondo. Quando il  "no" uscì dalle sue labbra in un sussurro ardente, aprì gli occhi e quasi riuscì a vedere la parola fluttuante appena oltre le sue labbra.
 
Chiuse gli occhi ancora una volta, sprofondando in Finn. Il suo fantasma l'aveva sentita.
 



Rachel aveva impiegato un'altra mezz'ora per convincere Finn che lei stava bene abbastanza perché lui fosse libero di andare via. Dopo di che, Finn convinse Rachel che lui non aveva nulla a che fare con il fatto che il suo fantasma non le aveva fatto visita o non fosse stato in circolazione per una settimana. Rachel gli credette abbastanza da lasciarlo andare a casa, ma non riusciva a togliersi dalla mente lo sguardo negli occhi di Finn, quando aveva saputo che non erano soli nella stanza.
 
Rachel scosse la testa e avvolse il suo cardigan giallo più vicino al corpo. Nonostante fosse una notte del periodo di scuola e nonostante Finn le avesse promesso che sarebbe stata bene dopo che se ne fosse andato, Rachel uscì dalla finestra della sua camera da letto venti minuti dopo che se ne andò. Nessun pensiero di paura le attraversò la mente mentre vagava da sola attraverso Lima dopo il tramonto, le strade tortuose secondarie fino a quando raggiunse il parco in cui era solita giocare quando era piccolina.
 
Ora, mentre oscillava avanti e indietro sull'altalena scricchiolante, Rachel rifletté. Ignorò il vento gelido, segnale che l'inverno era quasi arrivato a Lima. Ignorò i fari delle rare macchine che passavano davanti a lei. Ignorò il pesante senso di colpa di sapere che i suoi padri la credevano a letto, addormentata, completamente al sicuro in casa.
 
Le piccole mani di Rachel erano strette attorno alle catene dell'altalena quando si concentrò sulla terra sotto di lei. Fece un respiro profondo e permise alla sua mente mettersi al passo con se stessa.
 
C'erano stati momenti in cui Rachel, bisogna ammetterlo, era diventata ossessionata da un obiettivo o un sogno. In quale altro modo qualcuno avrebbe potuto avverare i propri sogni, se non quello? Non vi era modo per Rachel di poter andare da Lima a New York senza essere ossessionata dal controllo di ogni sentiero che l'avrebbe condotta al suo futuro.
 
Certo, questo aveva portato al bullismo e allo scherno da parte della popolazione adolescente idiota di Lima. Rachel scosse il capo quando un piccolo sorriso abbellì il suo viso. No, non aveva mai dato peso agli insulti, ed ecco perché era sempre molto più vicina alla Julliard.
 
Il sorriso sparì dal suo viso, però. Forse Finn non aveva tutti i torti, dopo tutto. Le sopracciglia aggrottate di Rachel quasi si unirono mentre cercava di ricordare l'ultima volta che aveva messo un video su Myspace, o l'ultima volta che aveva combattuto contro Mercedes o Brittany per un assolo al Glee.
 
La testa di Rachel scattò. Il Glee Club! “Oh mio Dio” Rachel sussurrò a se stessa quando si rese conto di quanto fosse stata fuori dalla realtà. La sua bocca si spalancò quando si rese conto che non aveva contribuito neanche ad una canzone della playlist delle provinciali, aveva optato per sedere nella parte posteriore e leggere il suo nuovo libro sulla comunicazione con i fantasmi.
 
Le sue ballerine nere colpirono il suolo con un tonfo sordo quando frenò l'altalena. Scosse il capo in stato di shock quando si rese conto che non aveva quasi nessun ricordo di quello che era accaduto nella sua vita quelle ultime settimane. Poteva, però, ricordare ogni singola volta che aveva sentito il suo fantasma e ogni secondo dell'audio che conteneva un suono che avrebbe potuto potenzialmente essere stato soprannaturale.
 
Le parole precedenti dello spirito quella notte, risuonarono attraverso la sua mente come aggrovigliate con quelle di Finn. Rachel lentamente realizzò, con un pizzico di umiliazione, che era stata così avvolta nel suo mondo costellato di voci fluttuanti e spettri che aveva dimenticato che il mondo reale era ancora vivo. Che le persone che amava erano ancora vive.
 
Eppure, l'unica persona da cui era totalmente presa, così ossessionata dal volerla aiutare e conoscere, le aveva chiesto di essere lasciata in pace.
 
Rachel guardò il vento raccogliere una grossa pila di fogli e portarli via. Si morse l'interno della guancia, mentre guardava il rotolo di fogli quasi completamente intrecciati l’uno all’altro. Perché si sentiva così legata a quello spirito? Rachel portò la mano a stare sul suo stomaco poiché sentiva le viscere contrarsi. Solo il pensiero di dimenticare il suo fantasma, andare avanti, senza sapere nemmeno chi fosse, a Rachel faceva fisicamente male.
 
Rachel era sempre stata accusata di essere ossessionata da cose che non sarebbero mai accadute. Lei era stata schernita per aver creduto nel cambiamento e in un futuro migliore pur vivendo in un luogo chiuso da mura grigie. Lei scosse la testa. No, tutta questa cosa non era un'ossessione. Non è vero?
 
Rachel tirò fuori il suo cellulare. Controllò l'ora e rimase senza fiato. Subito cominciò a camminare verso casa, sapeva che se non avesse iniziato a correre subito, non sarebbe mai riuscita ad infilarsi a letto per tempo, e poi… Si fermò. Lei non aveva seguito la sua normale routine per almeno una settimana.
 
I suoi occhi chiusi si chiusero mentre strinse i pugni al suo fianco con un tumulto interiore che continuava a assalirla. No, non c'era modo di lasciare il suo spirito da solo. Era collegato a lei, contava e troppo in lei a quel punto, per abbandonarla su due piedi. Lei non aveva nemmeno capito chi fosse, ancora.
 
Rachel riaprì gli occhi e fissò la strada davanti a lei. O l'aveva capito? I suoi occhi si chiusero al ricordo di un fuoco ardente da qualche parte nella sua mente, l'illuminazione mandò suoi pensieri in fiamme. Si ricordò di auto, lacrime e vigili del fuoco che gridavano ai passanti sul marciapiede a soli venti metri davanti a Rachel. Si ricordò che il suo papà indossava il suo maglione preferito marrone e Rachel il suo nuovo paio di scarpette da ballo. Si ricordò che aveva premuto il viso contro il finestrino posteriore della macchina dei suoi genitori quando aveva visto una donna dai capelli biondi cadere in ginocchio e urlare...
 
Rachel aprì di scatto gli occhi castani che furono offuscati dalle lacrime. “No,” Rachel sussurrò, scuotendo la testa avanti e indietro. Non era la stessa ragazza. Non poteva essere. Era solo una coincidenza il fatto che Rachel ricordasse l'incidente in modo così vivido. Cosa avrebbe potuto ricordare una bimba di sei anni, della prima volta che vedeva un incidente d'auto mortale?
 
Rachel espirò in un soffio, il respiro rotto, mentre rivolse un ultimo sguardo alla strada prima di girarsi e di tornare verso casa sua.
 
L'intero viaggio del ritorno, Rachel si diede da fare facendo una lista di tutto ciò di cui aveva bisogno per tornare in pista con la sua vita. Non era in procinto di abbandonare il suo fantasma, ma , che diamine, non aveva intenzione di lasciare la sua vita cadere a pezzi per questo. Rachel cominciò a rimpiangere la sua escursione di mezzanotte quando si rese conto che lei non conosceva la via del ritorno a casa sua col buio così come la conosceva durante il giorno.
 
Tuttavia, seppellì la sua preoccupazione nella profondità della sua mente pianificando di riscrivere la lista per le regionali in base ai suoi standard senza che il Glee Club necessariamente ne fosse a conoscenza e potesse fermarla. Prima di rendersene conto, oltrepassò un familiare albero di ciliegio rosa alla fine di una strada residenziale. Quell’albero era sempre stato il segnale per sapere che era quasi a casa.
 
Quando Rachel finalmente si addormentò, quella notte, l'incidente con il suo fantasma indugiava nella parte più nascosta della sua mente, ma era finalmente in grado di pianificare la sua giornata, senza preoccuparsi di quali aree della scuola sarebbero state adatte ad un incontro spettrale.









NdT2: Ho amato particolarmente questo capitolo! Rachel che va a sbattere contro Quinn mi ha tolto il fiato.. Ma soprattutto la parte in cui Rach si ricorda l'incidente e la donna bionda che urla disperata... Mi ha spezzato il cuore! :'(

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


NdT: Vorrei sapere se la storia sta piacendo o meno... Tradurre per iscritto mi costa tempo e fatica e se noto che non interessa, tanto vale smettere qui e continuo a leggerla per conto mio in inglese. Vi consiglio di dare una possibilità a questa bellissima FF! Da questo capitolo, ma soprattutto dal prossimo, si comincerà ad entrare nel vivo della storia.. Vi lascio alla lettura.. Claude

 



Capitolo 3

Quinn entrò in casa con un sospiro, lasciando che la giacchetta scivolasse dalle sue spalle sul parquet, svanendo al contatto. Si passò la mano tra i capelli e sciolse un nodo, appena passò davanti allo specchio del corridoio. Quinn si fermò, come sempre, mentre cercava allo specchio lo smeraldo dei suoi occhi che non vedeva da dieci anni.
 
Scosse la testa dopo un minuto prima di incamminarsi verso la cucina. Aveva appena vissuto un inferno di settimana e, considerando anche l'incidente a casa di Rachel e i vari tentativi di evitare la bruna durante tutta la settimana, ora aveva solo bisogno di riposo. Inoltre, tutti i migliori spettacoli erano il Venerdì sera. Quinn amava il suo televisore.
 
Quinn fece scattare il polso mentre metteva lo stereo sul bancone della cucina, e subito la casa si riempì di Iron & Wine. Sospirò mentre si guardava intorno nella cucina. Chi avrebbe potuto prevedere che sarebbe stato così difficile evitare Rachel Berry? L'aveva fatto per gli ultimi dieci anni, ma ora, Quinn non riusciva a camminare da nessuna parte senza che ci fosse la bruna con lei. Si poteva dire che, il minuto in cui Quinn aveva saputo dell'esistenza di Rachel Berry, tutto il suo mondo fosse cambiato. Il fatto era che Rachel non stava cercando Quinn; era Quinn che continuava ad imbattersi nella bruna.
 
Tuttavia, da sola nella sua casa, si rese conto che tale compagnia, anche sotto forma di Puffo psicotico, era meglio di niente. Quinn fece una pausa, lasciandosi andare ad una risata amara. Casa sua? Doveva smettere di pensare che lo fosse.
 
Vagando oltre al frigorifero, lasciò fluttuare le dita sopra la foto della zia e dello zio che era attaccata da un magnete a forma di casco da football McKinley. “La loro casa”, Quinn si ricordò, “la loro proprietà”. Quinn con reminiscenza sorrise alla sua famiglia, che vedeva solo ogni pochi mesi.
 
Lei scosse la testa, riportando se stessa fuori di quei pensieri prima di tornare nuovamente a deprimersi. Era grata di aver un tetto sopra la testa, che ne avesse bisogno oppure no, fine della storia. Basta ricordi. Quinn volutamente ignorò la foto con lei, i suoi genitori e la sorella minore appesa al frigorifero, e si girò verso il tavolo della cucina. A chi stava prendendo in giro? Non aveva bisogno di compagnia, aveva la TV. Per diamine, non aveva nemmeno bisogno di mangiare, ma mangiare era umano, così Quinn si era abituata a mangiare tre pasti al giorno.
 
Quinn sbatté le palpebre e improvvisamente, di fronte a lei sul tavolo della cucina, comparve un piatto fumante di stufato. Un sorriso lentamente tirò gli angoli delle sue labbra mentre si sedeva, roteando il cucchiaio che era appena apparso nella sua mano destra. C'era una cosa, e una cosa soltanto, che Quinn avrebbe sempre ammesso che fosse figa dell'essere un fantasma: essere in grado di evocare qualsiasi cosa e tutto ciò che avrebbe potuto desiderare in un dato momento.
 
Quinn mangiò la sua cena e lasciò che la musica dello stereo lavasse via i suoi problemi. Lasciò che la mente andasse alla deriva mentre pensava di nuovo su come Rachel avesse agito a scuola quella settimana. Quinn aveva pensato che, siccome la ragazza era stata così irremovibile nel dire che non aveva intenzione di lasciarla in pace, ciò avrebbe significato che, beh, non avrebbe lasciato sola Quinn. Le sopracciglia si arcuarono insieme quando si rese conto che Rachel non aveva fatto nemmeno un tentativo di contattarla o cercarla quella settimana. In più, l'unica volta che Quinn l'aveva effettivamente veduta era nella sezione ‘musica’ nella biblioteca. Okay, probabilmente Quinn avrebbe dovuto ammettere che non si era esattamente solo “imbattuta in” Rachel. Tutte le volte era lei ad averla cercata.
 
“Un momento”, Quinn borbottò a se stessa: “Io che dico a Rachel di lasciarmi in pace, e poi passo tutta la settimana a guardarla per capire perché non sta più cercando di intercettarmi? Che cosa c'è di sbagliato in questa immagine?” Si alzò bruscamente, imprecando contro se stessa mentre passava attraverso il tavolo. Con uno sguardo acuto, Quinn fece sparire dal tavolo della cucina la scodella semivuota di zuppa e il cucchiaio. “Stai perdendo la testa, Fabray. Forse sei tu quella ossessionata, non lei.”
 
Quinn rimase in silenzio mentre abbassava il volume dello stereo e i suoi pensieri prendevano il sopravvento. La casa rimase in silenzio quando Quinn schiaffeggiò il palmo sul tavolo piena di frustrazione. “Perché deve essere in grado di sentirmi?” Quinn gridò. “Perché qualcuno deve essere in grado di sentirmi dopo tutto questo tempo, eh?” Quinn urlò al cielo, passandosi una mano tra i capelli e soffocando un singhiozzo. “E perché non poteva solo pensare che fosse assurdo”, terminò in un sussurro, lasciandosi cadere indietro sulla sedia.
 
Un paio di ore dopo, Quinn era ancora sulla medesima postazione e le sue mani cullavano il suo viso mentre rifletteva. La pendola decrepita in una camera lontana suonò, segnalando la mezzanotte e riscuotendo Quinn dai suoi pensieri. “Che cosa devo fare?” sussurrò, spostando una mano dalla guancia alla croce di legno appesa al collo. “Perché l'hai mandata a me? Si tratta di una prova? Perché mi sento così legata a lei? Non hai permesso a nessuno di sentirmi o contattarmi negli ultimi dieci anni e, tutto ad un tratto, hai gettato Rachel nella mia vita. Perché, Dio?”
 
Quinn si girava la croce tra le dita mentre ascoltava il silenzio previsto. Non aveva mai avuto una risposta, ma non aveva mai rinunciato a chiedere. “Un giorno... Un giorno, tutto avrà un senso. Se potessi darmi un segno, però, solo dirmi cosa dovrei fare con questa ragazza!”
 
Alzò gli occhi verso la finestra della cucina in cui la luce della luna passava attraverso. Lei rise amaramente quando si sentì stringere lo stomaco, sensazione che la sopraffece completamente. “Molte persone sarebbero felici di avere qualcuno con cui parlare, ma non io. Dio non voglia che io sia normale in qualche cosa.” Quinn si alzò dal tavolo e si diresse verso il divano, accese il televisore lungo la strada. Come si afflosciò sul divano, le palpebre scivolarono chiudendosi. Si addormentò tra Funny Girl e Insonnia d'amore.
 



Rachel si annidò contro Finn, le braccia che circondavano la sua vita quando si afflosciò contro di lui nel suo letto. Finn aveva scelto di non andare al consueto party con i compagni di squadra quel Sabato sera per andare a trovare Rachel, visto che si era immersa completamente nel Glee Club quella settimana. “Mi sei mancata”, Finn disse accarezzando col naso il collo di Rachel.
 
La bruna sorrise e gli diede un buffetto con il telecomando del lettore DVD in mano. “Non sono andata da nessuna parte, sciocco.”
 
“No,” acconsentì “ma sei stata così impegnati con il Glee questa settimana che ho appena avuto modo di vederti. E 'una sensazione piacevole però.”
 
“Non vedermi?” chiese Rachel, ferita.
 
Finn ridacchiò. “No, vederti impiegare tutti i tuoi sforzi di nuovo nel Glee, nei tuoi sogni, capisci?”
 
Rachel annuì, il cipiglio scomparve dai suoi lineamenti così rapidamente come era comparso. “Suppongo di si.”
 
Finn guardava volteggiare il telecomando DVD in mano con un'espressione interrogativa. “Che cosa ti rode, Rachel?”
 
Rachel girò gli occhi scuri sul suo ragazzo, mentre stava per guardarlo in faccia. “Non mi hai detto la verità la scorsa settimana.”
 
Le sopracciglia di Finn si alzarono appena il suo sguardo si lanciò verso sinistra. “Che cosa vuoi dire?”
 
Rachel guardò con disappunto velato Finn andare nel panico. “A proposito della storia con il mio fantasma. Sai qualcosa sul perché lei non mi è stata più intorno , non è vero? Ho lasciato perdere l’altro giorno perché ero già emotivamente sconvolta e non credo che avrei potuto gestire null'altro, qualunque fosse stata la tua spiegazione. Ora voglio sapere, però.”
 
Finn sbatté le palpebre prima di lasciarsi sfuggire un sospiro. “Dai, Rachel. Avremmo dovuto avere una bella serata.”
 
“E noi l'avremo non appena mi dirai quello che sai. Hai fatto qualche ricerca in più? Hai fatto qualcosa per offenderla, in qualche modo, e avevi semplicemente paura di dirmelo?”
 
Finn sentì il senso di colpa accumularsi nello stomaco quando la sua fidanzata iniziò a tirare fuori scuse al posto suo. Lui scosse la testa quasi impercettibilmente. “No… Non è andata così. Io.. Uh, ho parlato con lei."
 
Rachel spalancò la bocca sotto shock e il suo respiro si fermò. “Lei… Ha parlato con te?”
 
Finn rapidamente scosse la testa. Egli trasse un bel respiro prima di continuare. “La verità è che le ho teso una trappola poco prima dell'inizio della scuola, un paio di settimane fa. Volevo solo attirare la sua attenzione così ho potuto parlare con lei. Che diamine, io non sapevo nemmeno se stessi parlando con qualcuno... Ma l'aria è diventata fredda, e mi è venuta la pelle d'oca sulla nuca e mi si sono rizzati i capelli così ho pensato che fosse lei.” Rachel non disse nulla, così Finn esitante continuò. “Io... Io sentivo molto la tua mancanza e ho pensato che fossi diventata un po’ troppo ossessionata dall'idea di trovare il modo di aiutarla e di voler sapere tutto di lei e cose del genere. Voglio dire, lei è morta, non è come se tu potessi fare qualcosa...”
 
“Finn”, Rachel lo interruppe per la frustrazione, “stai divagando. Torna al punto”.
 
“Le ho detto di lasciarti in pace. Ho detto che volevi tornare, e ho pensato che non volesse che la cercassi più a prescindere. Così, le ho detto di andare via”.
 
Rachel si ritrasse da Finn come se si fosse appena bruciata con il fuoco. I suoi occhi socchiusi dalla rabbia mentre scuoteva la testa incredula. “Finn. Non posso... Non posso credere che tu sia andato a pugnalarmi alle spalle in questo modo. Non posso credere che abbia avuto l'audacia di compromettere qualcosa in cui credo così fermamente, con tutto il cuore.”
 
“Questo è il punto Rachel,” Finn la interruppe, ad alta voce, “è probabile che tu stia parlando con l'aria fritta per quanto ne sappiamo! Tutto questo potrebbe essere nella tua mente! Pensi di essere psichica, ma potrebbe essere che stia solo immaginando tutto questo!”
 
La bocca di Rachel si chiuse di scatto mentre si appoggiò all'indietro in stato di shock. Finn chiuse gli occhi e cercò col pensiero di rimangiarsi subito le sue parole. Quando li riaprì, vide le lacrime agli occhi della sua ragazza. “Hai visto anche tu, Finn. Hai visto e sentito cose anche tu”.
 
Finn scosse lentamente la testa. “Avrei potuto essere soltanto coinvolto e suggestionato dalla situazione. Eravamo in una scuola al buio, tutti soli, io ero già spaventato.”
 
Rachel tentò di fermare le lacrime che stavano già scorrendo sulle sue guance. “Pensi che io sia pazza.”
 
“Penso che tu non stia riconoscendo il fatto che ci potrebbe davvero essere solo... Nulla... Non c'è niente... Basta... Tu vuoi che ci sia veramente qualcosa, o qualcuno, un fantasma... e così stai vedendo cose che forse non sono quello che pensi che siano.”
 
Rachel fissò Finn con uno sguardo vuoto, gli occhi di cioccolato completamente privi di qualsiasi emozione. “Devi andartene”.
 
Finn disperatamente si tirò su a sedere sulla testata del letto di Rachel. “No, ti prego Rachel, stavo solo…”
 
“Vai via Finn, ora, prima che io chiami i miei padri qui a buttarti fuori con la forza”. Rachel si alzò dal letto e spianò la gonna, non distogliendo gli occhi da Finn.
 
L'atleta abbassò la testa, si alzò e prese il cappotto. Finn si fermò sulla sua porta, tuttavia, e tornò indietro verso la bruna. “Penso che tu abbia bisogno di aiuto, Rachel”, le sussurrò con dolcezza: “Io non riesco più a capirti al volo come facevo prima”.
 
Il fantasma di un sorriso sulle labbra comparve su Rachel mentre le lacrime le scorrevano sul viso. “E io penso tu abbia bisogno di una nuova ragazza, Finn. Magari una che non sia così folle”.
 
Il volto di Finn rimase impassibile mentre fissò negli occhi Rachel ancora un momento prima di girarsi e andarsene.
 



Rachel infilò le manine nelle tasche del suo cappotto rosso pomodoro. Novembre aveva portato un freddo insolito a Lima, e le notti erano molto più fredde rispetto ai giorni passati. Ci vollero cinque minuti perché Rachel realizzasse di aver bisogno di una passeggiata dopo aver mandato via Finn. Rise amaramente nell'aria notturna. Lei non lo aveva solo cacciato, aveva rotto con lui.
 
Rachel svoltò l'angolo, trasalendo dalla luce di un lampione. Era pazza? Fece una pausa a metà strada. Lo era? No. Scosse il capo con veemenza prima di riprendere a camminare di nuovo. Aveva avuto delle conversazioni con il suo spirito. Rachel non aveva mai mostrato sintomi allucinatori di follia prima, e che non era qualcosa che succedeva così all'improvviso alla gente. Inoltre, aveva visto il suo spirito fare delle cose. La porta del bagno che l'aveva colpita in faccia era tanto reale quanto la volta in cui il suo spirito aveva scagliato il notebook di Rachel dall'altra parte della stanza. Non era pazza. “Io non sono pazza”, sussurrò nell'aria notturna.
 
“Ne sei proprio sicura, Berry?”
 
Rachel gridò, guardandosi attorno e tirando fuori il suo spray al peperoncino dalla tasca. “Chi è là?” Si concentrò strizzando gli occhi in direzione di una risatina a bassa voce. “Noah Puckerman, sei tu?”
 
Rachel sentì un'altra risata mentre guardava Noah saltare oltre una staccionata in legno che portava al cortile di qualcuno, con una bottiglia ancora chiusa di Smirnoff in mano. Rachel aprì la sua bocca in stato di shock mentre batté il piede sul cemento. “Noah! Hai appena rapinato quella casa?”
 
Il ragazzo più alto sorrise sfacciatamente a Rachel mentre usava la mano libera per togliersi dalla giacca la polvere della terra. “Ci puoi scommettere che l'ho fatto, baby. Cosa stai facendo sola a piedi nel buio? Non dovresti essere con quella specie di tuo fidanzato?”
 
Rachel scrutò il suo amico malintenzionato del club Glee. “Ho rotto con lui”.
 
Noah passò lo sguardo dalla bottiglia di vodka in mano, nuovamente fino a Rachel, prima di tenderle la bottiglia sorridendo. “Vuoi dimenticarti di lui?”
 
Rachel accennò un mezzo sorriso mentre alzava gli occhi al cielo. “No, grazie Noah. Sto solo facendo una passeggiata per schiarirmi la mente.”
 
Noah strinse le labbra mentre alzò gli occhi. “Qualunque cosa sia, Berry. Se non sei in vena, vado a imbucarmi ad una festa e a farmi qualche Cheerios”. Fece una pausa, guardando sopra la spalla di Rachel e aggrottando le sopracciglia insieme. Rachel si voltò, lentamente seguendo il suo sguardo con gli occhi.
 
La bruna si girò completamente quando vide la casa dall'altra parte della strada. Era la casa che aveva sempre usato come punto di riferimento per poter tornare a casa, era la casa con il gigante, bellissimo albero di ciliegio nel giardino di fronte ad essa. “Non sapevo che i Fabray fossero tornati in città”, sentì dire da Puck accanto lei.
 
“Scusa?” chiese Rachel, volgendo lo sguardo al suo amico.
 
Noah si strinse nelle spalle, di fronte alla casa con tutte le sue luci accese. “I Fabray.. Quella è di loro proprietà, ma vengono solo per l'estate, mi chiedo perché siano già tornati... O forse è il fantasma”, disse, un sorriso sulle labbra si disegnò sul suo volto appena lui abbassò la voce. “Dicono che un fantasma viva lì, facendo un sacco di rumori orribili e spaventando chi si avvicina al luogo. I Fabray si rifiutano di commentare.”
 
Noah guardò Rachel, sperando di averla spaventata. Rachel guardava la casa, silenziosa, un piccolo sorriso di meraviglia cominciò a formarsi sul suo viso. Quando lui non la sentì proferire parola, sospirò, battendo una mano sulla sua spalla. “E’ solo una storia del terrore, Berry. Speravo che saresti saltata tra le mie braccia e mi avresti permesso di confortarti. Sono sicuro che i Fabray siamo appena tornati per le vacanze o qualcosa del genere.”
 
Rachel si riscosse dai suoi pensieri e si voltò verso di lui. “Non si dovrebbero diffondere voci del genere, Noah. Ora, se vuoi scusarmi, vado a terminare la mia passeggiata. Non dimenticare di esercitarti sulla tua canzone del Glee per la prossima settimana.”
 
Noah alzò gli occhi mentre Rachel diede una pacca sulla schiena della ragazza. “Questo è certo, nanetta. Stai attenta qua fuori. Ci vediamo in giro.” Si voltò e strinse la giacca di pelle al petto mentre si allontanava in direzione opposta a Rachel.
 
Rachel lo guardò svoltare l'angolo prima di voltarsi di fronte alla casa dall'altra parte della strada. Quale forza la possedette mentre attraversava la strada e bussava a quella porta, Rachel mai lo capì. Dopo tre colpi, la musica che aveva sentito da dentro improvvisamente si spense. Si morse il labbro per la paura e fece un passo indietro, tenendo le dita avvolte attorno alla boccetta di spray al peperoncino in tasca. “Che diavolo sto facendo?” mormorò a se stessa, non sentendo alcun rumore di passi all'interno.
 



Quinn sentì bussare alla porta e congelò, la ciotola di ingredienti che stava lavorando scomparve dal bancone. Spense la musica e in un attimo, spense anche tutte le luci nella casa. Erano passati mesi da quando qualcuno era venuto a bussare alla sua porta. Quinn camminò attraverso la porta e trattenne il respiro. Lì davanti a lei c'era la rovina della sua esistenza, all'apparenza assolutamente terrorizzata.
 
“Tu mi stai prendendo per il culo,” Quinn sbottò, tappandosi la bocca con le mani, non appena le parole le sfuggirono. Gemette mentre guardava Rachel sgranare gli occhi in realizzazione.
 
“Sapevo che eri tu. Il mio caro amico Noah Puckerman mi ha detto che qualche fantasma terrificante apparentemente infesta questo luogo. Ovviamente stava solo cercando di entrare nei miei pantaloni, ironicamente perché sto indossando una gonna, ma senza saperlo mi ha aiutata e…”
 
“Chiudi il becco”, Quinn esclamò un po’ fuori dai gangheri, tagliando corto il discorso della bruna. “Basta, stai zitta. Entra dentro, ora. La porta è aperta.”
 
Rachel si illuminò , facendo attenzione a controllare dietro di lei prima di girare la maniglia e si farsi strada nella casa buia.
 



La prima cosa che Rachel pensò era che la casa non aveva odore di muffa, come si era immaginata che fosse la casa di un fantasma. Camminava con attenzione lungo il corridoio buio, dolcemente mordendosi le labbra nel nervosismo prima di chiedere tranquillamente “Io apprezzerei un po’ di luce, spirito. Sono già abbastanza nervosa così, sono sicura che tu capisca.”
 
Rachel fece una pausa, sentendo un gemito esasperato prima che tutte le luci si accendessero simultaneamente. Rachel sbatté le palpebre, abituandosi alla luce prima di procedere lungo il corridoio. “Spirito, è scortese invitare qualcuno in casa tua e poi ignorarlo.”
 
Lei si girò a destra appena sentì una risatina venir fuori dalla cucina. “Io non ti ho invitata da nessuna parte, Berry. Ti sei presentata tu alla mia porta”, Rachel si morse le labbra, il suo intero corpo tremò per entrambe eccitazione e paura lieve, come seguì la voce dello spirito “e non è che potevo semplicemente lasciarti stare fuori. Avrebbe attirato attenzioni indesiderate, e tu sei una di quelle.”
 
Rachel la derise leggermente mentre camminava verso la cucina luminosa. L'intera casa era composta da colori tenui, e Rachel sorrise alla foto sul frigorifero. La bruna non poté trattenere il sorriso quando un pensiero le corse nella mente. Era questa! Questa era l'occasione che aveva atteso da quando avevano preso contatto la prima volta, solo essere in grado di sedersi e parlare con il suo spirito!
 
Lei sbatté le palpebre barcollando, facendo un passo all'indietro, quando sentì uno schiocco davanti al suo viso. “Mi stai almeno ascoltando?”
 
Rachel si illuminò in direzione della voce mentre scuoteva la testa. “Non del tutto, spirito. Chiedo scusa, ma questo è incredibilmente emozionante e travolgente anche per me. Vedi, io ho atteso questa opportunità per tanto tempo.”
 
“Hai atteso per cosa, irrompere in casa mia e tormentarmi? Pensavo di averti detto di lasciarmi in pace” Rachel udì da vicino al lavandino.
 
“E se ricordo bene, ho chiaramente detto che non avevo intenzione di farlo,” Rachel rispose vivacemente, slacciandosi i bottoni sulla giacca. Sentì un flusso d'aria fresca e udì un altro sospiro.
 
“Perché ti stai togliendo la giacca?”
 
Rachel sorrise a se stessa mentre si sedeva su una sedia accavallando le gambe. “Avresti potuto molto facilmente dirmi di andarmene, spirito, e ti avrei lasciato. Eppure, mi hai invitato ad entrare, il che significa che una parte di te vuole che io rimanga qui”. Rachel fece una pausa mentre aspettava una risposta. Non ricevendone nessuna, continuò. “Sono sicura che ti stai chiedendo perché fossi fuori per una passeggiata da sola Sabato notte. Più o meno, nel quartiere dove, a quanto pare, vivi anche tu”
 
Gli occhi di Rachel setacciarono la cucina con disinvoltura prima di sentire una beffa e uno sbottato “non proprio” dalla sedia dall'altra parte del tavolo rispetto a lei. La bruna sorrise dolcemente e chinò la testa.
 
“Ho rotto con il mio fidanzato stasera,” sussurrò, dando uno sguardo dall'altra parte del tavolo, solo per vedere una sedia vuota. Rachel corrugò la fronte e si fermò, tenendo in conto che una sedia vuota, anche se non era proprio vuota, ma, a prescindere, era di sicuro un'ascoltatrice migliore di qualsiasi di uno dei suoi cosiddetti ‘amici’ se fossero stati lì quel momento.
 
Ci fu una pausa prima che Rachele sentisse, “Vuoi dire il quarterback scemo?” Rachel annuì una volta. “Tu hai rotto con lui, o lui ha rotto con te?”
 
Rachel la fulminò , quando incrociò le mani sulle gambe accavallate. “Io ho rotto con lui, molte grazie. Mi ha chiamata pazza per questa faccenda dello spirito”.
 
“Non lo sei, quindi?” Rachel frustata diresse il viso verso la direzione del lavandino.
 
“Ti muovi incredibilmente in fretta. Come fai?” interrogò la bruna, tornando a guardare di nuovo la sedia dove il suo fantasma si era appena seduto.
 
“Cammino. Rispondi alla mia domanda.”
 
Rachel sbatté le palpebre, onestamente non ricordò il problema che le era stato posto, si era distratta immaginando come un fantasma avesse potuto camminare. “Potresti ripetere la domanda?” Si morse di nuovo il labbro in una risata, quando sentì un gemito esasperato. Il suo fantasma aveva proprio un bel caratterino. Attese. Gli occhi Di Rachel si chiusero mentre si domandò quando esattamente aveva iniziato a riferirsi allo spirito come al suo fantasma.
 
“Oh mio Dio, non mi stai di nuovo ascoltando. Tu vieni qui per non so quale ragione, mi parli della tua rottura come se effettivamente me ne importasse, e poi nemmeno mi ascolti. Forse è per questo che non ho mai parlato con te prima!”
 
“Ne dubito fortemente,” Rachel rispose senza problemi, alzando gli occhi fino al lavandino di nuovo. “Penso che avessi paura di parlare con me. Penso che la abbia ancora.” Silenzio. Rachel continuò, la sua voce molto più morbida questa volta: “Se ti può aiutare, ho paura anche io. E’ triste che mi senta più a mio agio a parlare con te che con chiunque altro?”
 
“Si”.
 
Rachel si girò verso la sedia alla sua sinistra. “E così sia. Almeno posso prendere conforto nella sicurezza che non sono pazza o chiaramente delirante in nessun modo.”
 
“Come fai a saperlo?” sentì, dallo stesso punto, “intendo dire che questa potrebbe tutta essere una allucinazione gigantesca. Potresti aver sbattuto la testa, al freddo, sul marciapiede all'esterno dopo aver subito una rapina e ora hai le allucinazioni da tutto quello.”
 
Le sopracciglia di Rachel si alzarono mentre lei ridacchiò. “Santo cielo, davvero non sei abituata al contatto umano? Ne sei sicura?”
 



Quinn si sporse in avanti nella sua sedia, vide la sua frangetta tendersi in avanti sul viso mentre guardava a bocca aperta Rachel. “Almeno io ho una scusa per essere socialmente imbarazzante, o in qualsiasi altro modo si dica ora”.
 
Quinn vide rianimarsi Rachel alle sue parole, sporgendosi in avanti per chiedere: “Hai detto ‘in qualsiasi altro modo si dica ora’, il che mi porta a dedurre che non sei di questa generazione, dico bene?”
 
Quinn lentamente alzò un sopracciglio. “Ti ho appena insultata.”
 
“Lo prenderò come un si.”
 
Quinn si morse il labbro per la frustrazione e sbatté le palpebre spostandosi di fronte al lavandino, non gradendo quanto Rachel si fosse avvicinata a lei. “Beh, non è così, infatti ti sbagli.” Rachel corrugò le sopracciglia e aprì la bocca per parlare di nuovo quando Quinn la interruppe. “Non ci arrivi?” stava praticamente urlando, “Non capisci? Questo non è normale! Non puoi venire qui e aspettarti di poterti sedere e avere una conversazione normale con me!”
 
Rachel abbassò gli occhi mentre la confusione si mostrava in tutte la sue sfaccettature. Alzò gli occhi in direzione di Quinn chiedendo sinceramente “E perché no? Tu sei umana, gli esseri umani comunicano parlando e conversando. Parto da questo presupposto perché a quanto pare nessun altro può sentirti, e pensavo che ti sarebbe piaciuto avere una piacevole conversazione con l'unica persona che può”.
 
Quinn rimase inchiodata in mezzo alla cucina, gli occhi sgranati per lo shock. Umana. Rachele l'aveva chiamata umana. Mentre le lacrime sgorgavano dai suoi occhi, guardava Rachel mordicchiarsi con preoccupazione il labbro inferiore tra i denti. “Io... Mi spiace se sono stata scorretta in questo momento. Forse non è che non desiderassi conversare con qualcuno, forse è solo che non desideravi conversare con me. Vedi, io do per scontato che la tua ostilità verso di me era esista perché ho voluto ficcare il naso nei tuoi affari personali, o almeno così pensavo, ma forse è solo che io non ti piaccio. Se è questo il problema, allora, mi dispiace spirito, per…”
 
“Quinn”, sussurrò la bionda, il suo nome suonò sconosciuto persino a se stessa quando le uscì delle labbra per la prima volta in dieci anni, “il mio nome è... E’ Quinn. Quinn Fabray.”
 
Quinn vide le espressioni di Rachel passare dallo sgomento alla realizzazione mentre la bruna si alzava in piedi. Fissò scettica la bruna immobilizzarsi davanti a lei, e fu solo allora che Quinn vide le lacrime accumularsi negli occhi di Rachel. “Quinn Fabray...”
 
Il fantasma espirò in un soffio. Dio , sembrava bello sentire Rachel pronunciare il suo nome. Poi di nuovo, sarebbe probabilmente suonato piacevole da sentir dire da chiunque altro.
 
“Sono, finalmente, davvero onorata di averti conosciuta ufficialmente, Quinn Fabray”, disse Rachel sorridendo dolcemente.
 
Quinn, col sopracciglio alzato e, con le lacrime che le scendevano sul viso, rimase immobile, mentre si ubriacava della presenza di Rachel. Notò il modo in cui gli occhi della bruna sembrassero brillare e il modo in cui la frangetta le cadesse attraverso la cicatrice sulla fronte che Quinn aveva notato durante il loro secondo incontro in bagno. Chi era questa ragazza? Quinn fece qualche passo indietro, puntando le mani contro il banco del lavello. “Cosa vuoi da me?” mormorò con voce roca.
 
Il lieve sorriso di Rachel se ne andò dalle sue labbra lentamente mentre i suoi occhi vagarono per la stanza, alla ricerca di una risposta che Quinn sapeva benissimo che non aveva. “Non lo so,” Rachel sussurrò, altrettanto tranquilla, “Ho cercato di capirlo da quando mi hai sbattuto la porta del box del bagno in faccia.” Quinn vide Rachel fare ritorno alla sedia della cucina, lisciarsi la gonna, e sedersi . “Nulla è stato lo stesso da quando ti ho incontrata, anche se è quasi come se avessi inserito il pilota automatico, come se fossi costantemente spinta a fare qualcosa che proprio... Io non so cosa.”
 
Quinn prese un respiro mentre Rachel alzò gli occhi e incontrò Quinn. Stava ancora impazzendo nel cercare di capire come la piccola diva riuscisse sempre a trovarla. “Mi sento come se fossimo collegate, in qualche modo...” Rachel sospirò, lasciando cadere di nuovo il suo sguardo, “Come se, io fossi nata... Per aiutarti”. Quinn vide Rachel ridere amaramente. “Quanto idiota ti sembra? Mi dispiace davvero, Quinn, per averti seguita e per averti evidentemente spaventata. Io non sono qui per farti del male, onestamente, mi sento così incredibilmente collegata a te...” Quinn vide la bruna arricciare le dita, facendo un gesto silenzioso che Quinn intese come frustrazione.
 
La parte peggiore di tutto questo, Quinn pensò, era che aveva capito dove volesse arrivare Rachel. Quinn non poteva lasciare che Rachel lo capisse così presto, però. Semplicemente non poteva. “E se provassi? Sai, tornare alla tua vita ed essere normale”.
 
A questo, Rachel si rianimò, sorridendo. “Questo è il bello! Una settimana fa ho fatto una passeggiata al parco e ho rivalutato la mia vita. In realtà ho creato un perfetto equilibrio tra la vita quotidiana, le attività coinvolte che alla fine mi porteranno verso il successo, e…”
 
“…L’ossessionarmi”, Quinn finì seccamente.
 
Rachel strinse le labbra. “Non è quello che stavo per dire, Quinn. Io non sono un personaggio stile Edward Cullen, quella relazione era certamente malsana.” Quinn scoppiò in una risata genuina, dando colpetti silenziosi nella sua testa. Udendo Quinn ridere, Rachel sorrise. “Stavo solo dicendo che ho riportato l'equilibrio nella mia vita. Mi sento meglio. Ma questo non significa che io abbia rinunciato ad aiutarti”.
 
“E se non avessi bisogno di aiuto?” Quinn sussurrò.
 
Rachel ci pensò su per un minuto prima di stringersi nelle spalle impotente. “Non lo so. Onestamente non lo so”.
 
C'era silenzio in cucina, dopo che qualche minuto, Quinn vide Rachel silenziosamente diventare irrequieta e iniziare a muoversi e controllare gli armadi. La bionda guardò Rachel scorrere le dita sulla foto di famiglia sul frigorifero, e Quinn guardava con invidia la piega dell'immagine sotto il tocco di Rachel. Guardò le sue dita muoversi sulla faccia della madre, poi suo padre. L'attenzione di Rachel venne catturata, però, proprio poco prima che sfiorasse il viso di Quinn.
 
“Lo ami?” Quinn chiese dal suo posto, ora sul bancone, nel tentativo di distrarre Rachel dal fare domande sulle foto. O almeno così disse a se stessa. Perché avrebbe dovuto interessarle se Rachel lo avesse amato o no?
 
La bruna si girò verso Quinn, un sorriso malinconico si figurò sulle labbra. Le sue dita lasciarono le foto appena si voltò, e Quinn si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. “Se ho amato Finn? Sì, l'ho fatto... Ma non era come se fossi realmente innamorata di lui,” Rachel aggiunse, gesticolando. “Ci ero quasi, però, credo. E’ davvero un bravo ragazzo.”
 
Quinn inarcò un sopracciglio. “Lui pensa che tu sia pazza.”
 
“Beh, meno che quel piccolo sfortunato incidente”.
 
“Vuoi riaverlo?”
 
Quinn osservò qualcosa attraversare la mente di Rachel, qualcosa di simile a convinzione prima che il suo sguardo si addolcisse di nuovo. "No, non lo so. C'è una parte di me che lo vorrebbe... Perché è Finn”, disse Rachel, come se questo dovesse bastare a spiegare qualcosa. “Ma ho rotto con lui, quindi non avrebbe senso per me volerlo indietro. Né lo prenderei indietro, se venisse strisciando verso di me in ginocchio”, disse Rachel amaramente, prima di calmarsi di nuovo.
 
Quinn la fissò , un sopracciglio si alzò mentre scoppiò in una risata. “Tu sei matta da legare, non è vero?”
 
Rachel rivolse uno sguardo divertito su Quinn, mostrando i denti in un sorriso genuino, e per un minuto, Quinn fu presa alla sprovvista dalla consapevolezza di quanto splendida Rachel avrebbe potuto essere. Quando non cercava di invadere la vita di Quinn e darle lezioni di vita su come non essere un fantasma delinquente. “Io non sono pazza, Quinn, semplicemente guardo all'obiettivo.”
 


 
La pausa invernale arrivò improvvisamente nella vita di Rachel quell'anno; tra Glee Club, scuola, cercare di evitare Finn, e Quinn, Rachel riusciva a malapena a tenere il passo dei giorni. Hiram, padre ebreo di Rachel, con cautela fece capolino nella stanza di sua figlia alle 6:15 quella mattina di Lunedi. “Rachel, perché sei sulla cyclette?”
 
Rachel solcò la fronte sotto la sua fascia rosa, non fermando i suoi movimenti: “Papà, hai vissuto con me per sedici anni e osi proprio ora mettere in discussione la mia routine pre-scuola?”
 
L'uomo più basso rise, spingendo gli occhiali sul naso. “Sono ben consapevole di tutti i tuoi riti, Rachel, quello di cui non sono a conoscenza è il motivo per cui li stai facendo se sei in vacanza.”
 
Rachel rimase a bocca aperta mentre in tutta fretta premette il pulsante ‘stop’ sulla sua cyclette. “E’ la pausa invernale?” Hiram annuì lentamente. “Ho circa due o tre settimane di riposo di scuola?” Lui annuì di nuovo, lentamente alzando le sopracciglia. “Sai cosa significa questo, papà?” Hiram si strinse nelle spalle impotente, in silenzio chiedendosi perché si fosse offerto volontario per dire alla figlia che non aveva scuola. “Vuol dire arrivare a spendere questo periodo equamente diviso tra passare del tempo con il mio fantasma e la preparazione del Glee Club per tutto il giorno e non solo durante le ore di lezione!” Afferrò il suo asciugamano e corse sorpassando l'uomo stordito, abbracciandolo in fretta e dirigendosi verso il bagno.
 
Hiram scosse la testa appena il tornado conosciuto come sua figlia si fece strada davanti a lui. Si strofinò le tempie e scese al piano di sotto e in cucina, si sedette dall'altra parte del tavolo in cui stava suo marito, Leroy. L'uomo più alto alzò gli occhi per guardare suo marito di fronte a lui, “Suppongo che abbia preso male la notizia, giusto?”
 
Hiram scosse la testa, andando a bere un bicchiere di succo d'arancia. “Al contrario, in realtà. Lei era entusiasta che sarebbe stata in grado di trascorrere del tempo con il suo fantasma e addestrare il club Glee senza limiti di tempo.”
 
Leroy ridacchiò profondamente, riportando lo sguardo verso il giornale in mano. “Pensi che dovremmo essere preoccupati per la faccenda del fantasma?”
 
Hiram fece una pausa nei suoi pensieri prima di scuotere la testa. “No, io non credo. Con qualunque cosa lei sia in contatto, non sembra essere malvagia, da quello che lei ci ha detto. Nel peggiore dei casi, andremmo nella casa con lei e controlleremmo noi stessi.”
 
Leroy con nonchalance prese un sorso di caffè, i suoi occhi ancora sul giornale. “Ho la sensazione che la conosceremo molto presto, comunque.”
 


 
Rachel percorse volutamente a grandi passi la strada al di fuori, le sue Mary Janes scricchiolavano contro la neve sul marciapiede. Avvolse la giacca più stretta intorno a lei e s fece strada dopo il cartello stradale per Dudley Road. Un sorriso impreziosì le sue labbra mentre salì i tre gradini del portico Fabray, bussando con le nocche contro la porta tre volte.
 
Alzò la testa leggermente, aspettando di sentire per l'ennesima volta…
 
“Non hai nessun altro amico?”
 
Come al solito. Rachel sorrise, aprendo la porta di casa e entrando dentro cerimoniosamente, chiudendo la porta dietro di lei. “Vuol dire che siamo amiche?”
 
Udì un divertito “no” dal soggiorno. La bruna seguì la voce, togliendosi la giacca e appendendola sull’appendiabiti prima di lasciare il corridoio. Si lisciò la gonna verde a quadretti prima di sedersi sul divano color avorio. “Cosa stai guardando?”
 
Rachel sentì un sospiro dall'altra estremità del divano, ‘Occhi neri di Londra’.
 
Rachel arricciò il naso alle immagini grottesche in bianco e nero sullo schermo davanti a lei. “Ma quanto è vecchio questo film?”
 
“E' del 1939. Mi piacciono i film vecchi, okay?”
 
Le sue labbra si unirono per formare una linea retta mentre chinò la testa, guardando in direzione di Quinn. “Non ti stavo giudicando, perdonami”.
 
“Qualunque cosa fosse.. Sto davvero sperando che non sia venuta qui oggi per guardare film con me. Sebbene, sarebbe una piacevole pausa dal tuo cercare di raccogliere informazioni da me come hai fatto ogni giorno delle ultime settimane”.
 
Rachel sorrise, puntando gli occhi sopra i mobili classici del salotto. “Anche se non mi dispiacerebbe guardare film con te, i film horror non sono esattamente il mio forte. Perché li guardi?”
 
Ci fu un momento di silenzio prima che Rachele sentisse, E’ confortante il fatto che mi ricordino che non tutti i mostri sono reali”.
 
Lo sguardo di Rachel si addolcì mentre rivolse la testa in direzione del viso di Quinn. La sua voce si fece morbida mentre sussurrò: “Tu non sei un mostro, Quinn”.
 
Ci fu un altro attimo di silenzio prima che il sussurro di Quinn rompesse il silenzio. “Io non stavo parlando di me stessa.”
 


 
Quinn guardò Rachel sgranare gli occhi in realizzazione. La bruna aprì la bocca e la richiuse in cerca delle parole giuste. “Tu intendi... Ce ne sono altri qui, oltre a te?”
 
Quinn strinse le labbra mentre fissava Rachel. La piccola diva era diventata troppo a proprio agio nei confronti di Quinn recentemente; andava a casa sua regolarmente e poneva domande che Quinn aveva difficoltà a evitare. Era snervante, e Quinn era terrorizzata di aver oltrepassato il punto in cui poteva ancora liberarsi di Rachel come voleva. Ma, forse... Forse se Rachel avesse saputo la verità sugli orrori che circondavano Quinn, si sarebbe finalmente spaventata e la vita di Quinn sarebbe potuta tornare alla normalità. Lei si ritrasse. La sua vita, beh, la sua vita dopo la morte.
 
“Si”.
 
Rachel si accostò più vicino a Quinn, il suo interesse aveva chiaramente raggiunto l'apice. “Sono come te? Parli con loro o passi del tempo con loro?”
 
Quinn si morse le labbra, guardando nervosamente per la stanza. Non era sicura che parlare di loro fosse una buona idea, non voleva evocarli o attirarli. Era pieno giorno, però, quindi forse sarebbe andata bene. Forse. “Non sono... Non sono come me, Rachel. Li evito a tutti i costi”. La confusione balenava negli occhi castani di Rachel, Quinn continuò. “Io li chiamo Ombre, sono... Demoni, spiriti maligni, credo... Sono terrificanti.” Sussurrò Quinn, la sua voce soffocata dalla paura, al ricordo del suo ultimo incontro con loro.
 
“Ombre,” Rachel sussurrò. Quinn si riscosse dei suoi pensieri mentre guardava negli occhi di Rachel, in ascolto. “Ti perseguitano?”
 
Quinn inghiottì il groppo in gola mentre guardava gli occhi di Rachel cercare i suoi. Lei scosse la testa un po’, trasalendo al bruciore nel petto nel vedere la paura negli occhi di Rachel. “Non mi perseguitano, mi cacciano.” Rachel rimase a bocca aperta, e Quinn sorrise amaramente. Bene, questo avrebbe dovuto spaventarla. Doveva spaventarla. “Il loro unico obiettivo è quello di trascinare il mio spirito verso l'inferno.”
 
“Oh, Quinn” Rachel respirava a fatica, la mano tesa verso Quinn prima che si rendesse conto e realizzasse. Lo sguardo di Quinn si trasferì dalla mano di Rachel, di nuovo ai suoi occhi. Improvvisamente, Quinn fu sopraffatta dall'armonia irradiata da Rachel. Quinn voleva di più. Voleva annegare le sue preoccupazioni e il suo dolore nell'armonia di Rachel. Lei non aveva conosciuto alcuna forma di premurosità negli anni e ora questa ragazza - che in realtà avrebbe dovuto scappare a gambe levate - era seduta lì, a guardarla, attraversandola con lo sguardo, come se le importasse di Quinn.
 
“Sono orribili. Essi possono trasformarsi in qualsiasi forma e aspetto. La maggior parte di loro scelgono di trasformarsi in cose che tu non potrai mai nemmeno immaginare o comprendere.” Guardò Rachel mordersi le labbra e fare a Quinn cenno di continuare. “Ormai son diventata brava a capire quando stanno per arrivare. Mi nascondo da loro, e prego... Prego fino a quando non sento che se ne sono andati”.
 
Rachel inarcò un sopracciglio. “Tu preghi?”
 
La testa di Quinn scattò. “Certo che prego. Non c'è nient'altro che possa fare.”
 
“Ed è sufficiente...?” Rachel chiese, con attenzione.
 
Quinn rimase in silenzio per un momento, studiando il volto di Rachel, prima di sussurrare: “A volte si. Altre volte entrano lo stesso. Essi invadono la mia mente, e...” rese la sua voce ancora più bassa, e Rachel si sporse più vicino per sentirla, “e spesso vincono loro”. Quinn sorrise leggermente con amarezza, le lacrime sulle guance. “A volte penso che abbiano vinto anni fa, e che questo sia l'inferno e che ora mi stiano torturando solo per divertimento.”
 
Quinn si asciugò gli occhi sulla manica della sua maglietta, guardando Rachel. Le sopracciglia della bionda si arcuarono quando vide le lacrime agli occhi di Rachel. “Stai bene?”
 
Rachel si asciugò le guance con le dita tremolanti mentre lei annuì. “Non avevo idea che... Quinn... E’ terrificante.... Non avrei mai potuto immaginare”
 
“E non vorresti mai,” Quinn la interruppe aspramente: “In realtà, dovresti andartene ora. Tu non vuoi far parte di questo inferno. Ti ho detto di lasciar perdere quando ne avevi l'occasione... Beh, non hai più scuse ora. Smetti di intrometterti in tutto ciò, Rachel, non sei in grado di gestirlo.”
 
Quinn gemette dentro di se mentre di Rachel gli occhi ardevano. “Se pensi che ti lasci da sola ora, Quinn Fabray, sei fuori di testa”.
 
La bocca della bionda si spalancò mentre aggrottava le sopracciglia. “Non sono io quella fuori di testa!”
 
“Ho i miei dubbi su questo”, disse Rachel subito prima di alzarti e farsi strada verso la cucina.
 
Quinn guardò a bocca aperta la bruna andare e sibilò “Per l'amor di Dio!”. Alzò gli occhi al soffitto e gesticolò sfrenatamente verso la cucina. “Cosa stai cercando di fare qui? Dio, tu sei malata a volte.” Quinn si alzò e si avviò controvoglia silenziosamente verso la cucina quando sentì il rumore di un bel po’ di sportelli aperti e richiusi, e qualcosa sul come non ci fosse nemmeno un confezione di cibo per vegani. Quinn arricciò il naso e confusa mormorò: “E che diavolo sarebbe un vegano?”
 


 
Rachel si fece strada verso casa sua più tardi quella notte, lasciò distrattamente cadere il cappotto sul letto e si levò le scarpe. Lei aveva chiamato tutti i membri del Glee quel giorno prima di andare da Quinn, nella speranza di ottenere gli orari di tutti per la pausa invernale e di elaborare un grande, colorato e preciso calendario per le pratiche vocali. Tuttavia, nessuno di loro aveva risposto al telefono.
 
Rachel sedeva sulla sua sedia da scrivania, al buio, aveva lasciato aperto il suo cellulare e guardava con una smorfia la luce blu che illuminava il suo viso. Fissò lo schermo per qualche secondo ancora prima di chiudere delicatamente il telefono di nuovo, piegandolo, e poggiarlo sulla sua scrivania. Nessun nuovo messaggio. Nessuno l'aveva richiamata quel giorno. Lei si strinse nelle spalle tra sé e sé e si passò le dita tra i capelli. Forse erano tutti occupati. Era, dopo tutto, solo il primo giorno di vacanza. C'era un sacco di tempo per i suoi compagni del Glee di tornare da lei. Rachel si morse le labbra e si alzò facendo scivolare la sua maglia sopra la testa, pronta per passare al pigiama. Per quanto si sforzasse, non riusciva a scuotersi dal pensiero fastidioso nella parte più nascosta della sua mente che le diceva che nessuno l'avrebbe richiamata.
 
E così sia, Rachel pensò, mentre si abbottonava il suo pigiama di flanella gialla. Se i suoi amici  si fossero ostinati a non prendere sul serio le loro lezioni di canto, Rachel sarebbe andata nelle loro case una ad una e diligentemente gli avrebbe fatto capire quanto fosse atroce trascurare le loro voci anche per un limitato lasso di tempo.
 
Rachel si sedette al suo computer e trascorse le due ore successive con diligenza creando una presentazione con Power Point. Lei aveva messo in evidenza ogni membro specificatamente, ricordando a Puck la sua parte di cantanti ebrei più famosi che passavano ore al giorno sulle loro voci; ricordando a Santana che poteva vocalmente tenere il passo con Brittany solo se si fosse esercitata per almeno tre ore al giorno; ricordando a Finn che, nonostante la loro rottura fosse stata difficile da gestire, erano i capitani e come tali avevano il compito di non lasciare che la loro avversione personale influenzasse tutto il gruppo.
 
Rachel sorrise sul prodotto finito prima di spegnere e mettere il suo portatile nella sua custodia con la stella d'oro. L'indomani, avrebbe fatto il giro per incoraggiare ogni membro della squadra ad aiutarla a creare la pianificazione degli esercizi durante le vacanze. Rachel sapeva, aveva sempre saputo, che una volta che l'avessero ascoltata, loro avrebbero voluto aiutarla a far trovare la squadra pronta per le provinciali.
 
Tuttavia, quando Rachel si coricò nel suo letto, quella notte, quella voce nella parte più nascosta della sua mente le stava ancora dicendo che la squadra non avrebbe voluto aver nulla a che fare con lei. Rachel gemette nel suo cuscino. Odiava quella voce... La odiava perché aveva sempre ragione. Questo non significava che Rachel avrebbe perso la speranza. Loro erano i suoi amici, e gli amici stanno insieme. Erano una famiglia ora.
 
Rachel si aggrappò a quel pensiero, sorridendo dolcemente mentre scivolò nel sonno, domandandosi se Quinn avesse mai cantato come faceva Rachel. Potevano cantare i fantasmi? Lei non vide perché no.

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


NdTBuongiorno a tutti! :) Ecco qui il nuovo capitolo.. Preparate i kleenex per le lacrime! Buona lettura. Claude :)
 


Capitolo 4

Rachel si svegliò di soprassalto, la frangetta attaccata alla fronte dal sudore e il cuore in gola. Balzò, le mani aggrappate alle lenzuola del letto come si mise a sedere, dirigendo lo sguardo intorno alla stanza. “Che cosa sta succedendo?”


“Avevi bisogno di svegliarti”, sentì dalla destra accanto a lei, facendo saltare la bruna di nuovo.
 
“Quinn? Cosa stai facendo nella mia stanza? C'è qualcosa che non va?” Rachel chiese gettando in fretta le lenzuola di lato, mentre si alzava dal suo letto.
 
La bruna sentì uno schiaffo freddo del vento e i suoi capelli volarono dal viso prima di udire un lugubre “Non ti muovere”.
 
Rachel si bloccò, spalancando gli occhi per la paura. “Quinn, mi stai spaventando”.
 
“Bene!” Quinn la interruppe, ora di fronte alla finestra di Rachel, le tende si aprirono prima di chiudersi di nuovo, come se avesse guardato fuori. “Dovresti essere spaventata. Non puoi più relazionarti con me, Rachel!”
 
Rachel alzò le sopracciglia, il suo petto ansante mentre lei cercava di riprendere fiato. “Scusa? Non puoi semplicemente venire nella mia residenza privata, svegliarmi, spaventarmi...?”
 
Un impanicato “Stai zitta” le venne sussurrato in un orecchio e tutti i peli sulle braccia si rizzarono. Quinn era in piedi dietro di lei ora, le labbra di Rachel fremevano come se il fantasma in realtà le avesse la mano sulla bocca. “Loro possono sentirti. Essi possono sentire il tuo respiro, e possono sentirti tremare,” Rachel ascoltò le parole di Quinn attraversarle la mente, un formicolio all'orecchio dove immaginava che le labbra del fantasma fossero: “Non posso lasciare che ti trovino. Ecco perché ti ho svegliata... Loro ti cacciano attraverso i tuoi sogni. Sanno che ti ho raccontato di loro. Se possiamo semplicemente evitarli questa volta, allora staremo bene se... Se proprio non ti trovano...”
 
Rachel focalizzò il suo sguardo sulla finestra, ascoltando attentamente i rumori. Le Ombre sarebbero arrivate per la sua ora? Le sue mani cominciarono a tremare appena si rese conto di quanto terrificanti dovessero essere questi spiriti se avessero iniziato a darle la caccia così presto.
 
“Basta tremare”, sentì attraverso la sua mente.
 
Rachel strinse gli occhi chiudendoli ermeticamente e tranquillamente si concentrò sul pensare, puoi sentire i miei pensieri?

 


 
Quinn guardò le mani della bruna smettere di tremare, inclinò il sopracciglio mentre rapidamente si concentrò sull'invio di ulteriori parole alla mente di Rachel. “E non pensare nemmeno. Cerca di tenere la mente vuota. Non dovrebbe essere difficile per te.”
 
Rimase dietro Rachel, il braccio avvolto intorno al busto della bruna e una mano a coprire la sua bocca. Quinn sapeva che era inutile, che Rachel non la sentiva, ma era stata la sua reazione automatica per fermare la mora dall'essere entrambe catturate; non vedeva alcuna utilità nel fermarsi ormai. Sembrava di avere un lavoro, comunque.
 
La stanza era quasi nero pece con la luna appena splendente attraverso le tende chiuse. Quinn osservò il petto della bruna salire e scendere costantemente sul torace, le mani ora completamente immobili. Quinn non aveva idea di cosa Rachel stesse pensando, ma seppe in quel momento che Rachel aveva cessato di essere nel panico, che i suoi pensieri si stavano focalizzando sul tentativo di valutare la situazione e, Dio, peggio ancora, effettivamente sul parlare con Quinn.
 
Quinn provò a concentrare i suoi pensieri sui movimenti delle Ombre. Poteva vederli con gli occhi della mente, poteva monitorare i loro movimenti e rimanere fuori dai loro radar se avesse mantenuto la sua mente abbastanza tranquilla. Naturalmente, si rivelava difficile in quanto aveva le braccia intorno a Rachel. Quinn si morse le labbra mentre riportò di nuovo le labbra all'orecchio di Rachel. “Ho intenzione di lasciarti andare te, ora. Stai assolutamente calma, e rimani completamente immobile. Forza la tua mente a concentrarsi sul nulla totale, nient'altro.”

 


 
Rachel trattenne il respiro, così, il suo fantasma le tolse la mano dalla bocca. Interessante. Rachel archiviò tale momento per future riflessioni e ricerche prima di concentrarsi sulla messa a fuoco di un muro di nulla.
 
Dopo quelle che sembrarono ore più tardi, la lampada sul comodino di Rachel si accese. La bruna rimase a bocca aperta in stato di shock mentre cadde all'indietro. “Quinn?”
 
“Siediti, Rachel. Abbiamo bisogno di una chiacchierata”.
 
Rachel si voltò stoica e si sedette sul bordo del letto, la luce della sua lampada la fece trasalire dopo essersi concentrata sul buio per tanto tempo. “Se pensi di star per urlare contro di me per quello che è successo qui stasera, sono qui per informarti che ti stai gravemente...”
 
“Rachel”, la bruna sentì di fronte a lei, e lei avrebbe potuto immaginare che Quinn fosse lì in piedi, aggrottando le sopracciglia verso di lei, “non ho intenzione di gridare contro di te. Questa è stata dannatamente colpa mia, in realtà. Non avrei dovuto raccontarti di loro. Stavo solo cercando di spaventarti”.
 
Rachel distolse lo sguardo, cercando di mascherare il fatto che la dichiarazione di Quinn l'avesse ferita. “Quando hai intenzione di capire che io non vado da nessuna parte, Quinn? Non puoi spaventarmi.”
 
“Per poco non ti hanno preso!” Quinn gridò, facendo volare i capelli di Rachel all'indietro come per una folata di vento, ma non facendo indietreggiare Rachel di un solo passo.
 
“Posso sottolineare che non l'hanno fatto?” Sentì sospirare Quinn prima di avvertire un brivido giù per la parte destra del corpo. Rachel girò la testa verso destra, presupponendo che Quinn si fosse seduta accanto a lei. “Mi dispiace. Non voglio essere ostinata. E' solo, che fai sembrare ogni volta che io sia sempre intorno a te, e questo è un enorme sacrificio da parte tua, è come se io stessi in qualche modo provocando una grande problema di disagio. Tu pensi alle scuse più ridicole per far si che ti lasci in pace e, quando ciò in effetti accade, io reagisco allo stesso modo che ho fatto quando hai detto ciò perché ero fastidiosa, stavo riducendo le tue probabilità di salire in cielo. Come se questo avesse qualcosa a che fare con…”
 
“Oh mio Dio, stai zitta”, Quinn sbraitò.
 
Rachel alzò un sopracciglio. “Non prendere quel tono di voce con me, Quinn. E smettila di fissarmi anche tu, per altro.” Sentì Quinn farfugliare, e le sorrise. “Per favore, con tutti i sospiri esagerati che mi mandi e il tono sgarbato della tua voce il più delle volte, sono disposta a scommettere miliardi sul fatto che hai un perpetuo sguardo torvo sul tuo viso quando sei intorno a me.”
 
Lei si scontrò con il silenzio. Rachel abbassò lo sguardo osservando le mani agitarsi in grembo, preoccupata di aver commesso un errore e forse di essersi spinta troppo in là finché il suo fantasma interruppe i suoi pensieri. “Non voglio farti sentire così”. Rachel alzò un sopracciglio nella confusione. “Non voglio farti sentire come se fosse un sacrificio per me parlare con te.”
 
“Non lo è?” Rachel chiese, speranzosa.
 
“Beh, in effetti lo è,” la faccia di Rachel di deformò nel dispiacere prima che Quinn subito continuasse, “Ma non nel modo in cui pensi che sia. E'... Complicato. Non sei mai stata parte del mio piano, Rachel”.
 
Rachel rise leggermente, abbassando la testa e alzando le spalle. “Non mi sembra di essere una parte del piano di nessuno.”
 
“Non mi hai lasciato finire.” Rachel alzò la testa e guardò di nuovo nella direzione generale di Quinn. “Ti sei inserita da sola nel mio piano, sì, ma non voglio che ora tu ne esca. Devo accettare che tu non mi lascerai in pace? Sì. Voglio ancora che tu lo faccia? A volte. Sto lentamente capendo che devo accettare il fatto che tu sia qui per rimanere. Ma quello che è successo questa sera non può accadere di nuovo”.
 
Gli occhi di Rachel vagavano nell'aria di fronte a lei e per la prima volta, desiderò più di ogni altra cosa di poter effettivamente vedere Quinn. “Grazie, Quinn... Ho paura che se vuoi evitare il ripetersi di incidenti come quello di questa sera, dovrai dirmi di più sulla tua situazione”.

 


 
Quinn sospirò, gettando uno sguardo invisibile a Rachel. Odiava che la diva avesse ragione su questo. Quinn era stata terrorizzata quando aveva intuito le Ombre in direzione della casa di Rachel. Non aveva sentito un terrore come quello in... Beh, anni. Il fantasma non ci aveva pensato due volte e con uno schiocco di palpebre di era mossa nella casa di Rachel e aveva urlato nell'orecchio della ragazza di svegliarsi. Sapeva che se avesse potuto convincerla a svegliarsi, avrebbe potuto proteggerla. Perché Quinn aveva bisogno di proteggerla, e il motivo per cui le importasse così tanto, era irrilevante. Per il momento.
 
Alzò gli occhi per incontrare lo sguardo vagante di Rachel. La bruna aveva talmente tanta compassione e preoccupazione nei suoi occhi che Quinn non poté fare a meno di sorridere. Rachel aveva veramente a cuore Quinn, ed era bello. Ancora difficile abituarcisi, ma bello. E provava che Quinn avrebbe potuto amare Rachel a sua volta. In un certo senso, Quinn sapeva che cosa l'avesse spinta a correre per salvarla un'ora prima. E anche il motivo che la stava portando a fare quello che stava per fare. “Mettiti comoda. E' una lunga storia.”
 
Gli occhi di smeraldo guardavano la faccia di Rachel accendersi con sollievo smascherato mentre lei si appoggiava sui cuscini. Quinn aprì la bocca per parlare, quando Rachel la interruppe. “Potresti sentirti libera di metterti a tuo agio con te stessa, Quinn. Potresti sedere vicino a me sul letto, qui. Mio padre ha portato questi cuscini speciali per me e, devo dire, sono molto confortevoli. Non so se li puoi effettivamente sentire, ma…”
 
Quinn gemette dal suo nuovo cantuccio accanto a Rachel, appoggiando la testa ai cuscini contro la sua ‘comoda’ testata. “Cuscini meravigliosi, davvero. No, non posso sentirli. Posso iniziare la mia storia ora?”
 
Rachel si morse il labbro, nascondendo un sorriso come Quinn intuì, e lei annuì. “In ogni caso”.
 
Quinn fece un respiro stabilizzante, torcendosi le mani sulle ginocchia trasparenti. Non sapeva cosa significasse che fosse sul punto di raccontare la sua storia a Rachel, ma lei sapeva che se ci avesse pensato sopra, le sarebbe venuto il panico e sarebbe fuggita. Aveva bisogno di tirar fuori la sua storia. Lei fortemente dubitava che sarebbe stata costretta a passare al ‘grande al di là’ a questo punto, parlare a Rachel non avrebbe risolto nulla, ma forse avrebbe alleggerito la sua anima. Quinn vide negli occhi l'attesa di Rachel. In qualche modo si sentiva come se avesse dovuto tutto questo a Rachel, come se fosse il momento in cui era destinata a raccontare la sua storia a Rachel. Non riusciva a spiegare perché si sentisse in questo modo, semplicemente si sentiva così, così lo prese come un segno. Si afferrò alle lenzuola quando ripensò ad ogni segno che le era stato dato fino a quel punto.
 
“L'anno era il 2000. Ero il capitano delle Cheerio del McKinley, e avevo tutto”, lei si autoderise, amaramente: “Ero popolare, la definizione tipica della bellezza, e uscivo con il capitano della squadra di hockey. Era il 24 ottobre, e il mio ragazzo ed io eravamo sulla strada per questa assurdamente stupida pre-festa di Halloween a casa di qualche atleta idiota da cui non volevo nemmeno andare, ma Michael, il mio ragazzo dell'epoca, mi ci voleva trascinare in ogni caso.”
 
Quinn fece una pausa, prendendo un respiro profondo nel tentativo di regolare la sua voce. Fallì, però, e la sua voce vacillò mentre continuava. “In macchina sulla strada per la festa, iniziò a bere una birra che io non sapevo nemmeno avesse nel cruscotto. L'ho odiato quando l'ha fatto, e lo sapeva. Credo che l'intera faccenda sia stata in parte colpa mia, per essere onesta. Abbiamo avuto una discussione sul fatto che stesse bevendo e il fatto che io odiassi le feste, eppure continuò a trascinarmi da loro. Era normale, per noi.. Siamo stati insieme per la nostra reputazione, niente di più. Gli chiesi di accostare l'auto in modo che potessi scendere perché mi rifiutavo di andare in macchina con un alcolizzato. Eravamo sulla strada principale, quella che si può vedere dal parco a casa mia, lo sai.
 
Lui urlava contro di me, io urlavo contro di lui, e mi ricordo che la radio suonava quella stupida canzone ‘Amazed’ dei Lonestar. Michael perse il controllo del volante mentre stava girando l'angolo e ci schiantammo contro la centralina elettrica dal semaforo.”
 
Quinn inspirò un altro respiro traballante. L'ironia del fatto che lei non avesse nemmeno bisogno di respirare non le era mai sfuggita. Lei per caso diede uno sguardo verso Rachel, e osservò la ragazza cercare disperatamente di nascondere le lacrime che le stavano uscendo dagli occhi. “Va bene piangere”, disse Quinn, con nonchalance: “Piango anche io quando ci penso.” Ed era vero, Quinn pensò, mentre sentiva le lacrime bagnare il suo viso.
 
Rachel scosse la testa con dolcezza, scrutando in profondità gli occhi di Quinn come se sapesse esattamente dove guardare. “Ha fatto male?”
 
Quinn rimase in silenzio per un po’ di tempo dopo questa domanda. Tirò le ginocchia al petto e guardò in lontananza, mentalmente rivivendo l'esperienza per la prima volta dopo anni.
 
“Si”, quella semplice parola uscì finalmente fuori, la sua voce perfettamente stabile.
 
“Sei... Morta... Quasi istantaneamente?” Rachel chiese, la sua voce spezzata su quasi ogni sillaba mentre cercava di parlare tra le lacrime. La frangetta scesa sugli occhi e le mani tremanti mentre inconsciamente cercava la mano di Quinn per confortarla. Il fantasma vide con lo sguardo Rachel cercare l'aria di fronte a lei prima di sospirare e riportare la mano di nuovo in grembo.
 
“Non lo so”, Quinn ammise: “Mi ricordo qualche secondo di dolore orrendo, e udii Michael slacciare la cintura di sicurezza e dire qualcosa verso di me prima che la macchina intera esplodesse. Mi ricordo di essere passata attraverso il parabrezza, ma di non averlo sentito. Fu solo dopo qualche minuto che stavo per strada a guardare bruciare la vettura che mi resi conto che c'era qualcosa di... Veramente sbagliato”.
 
“Tu eri già morta...”
 
“Si”, Quinn sussurrò con voce soffocata, guardando la finestra di fronte alla camera di Rachel, “realizzai che non c'era modo che io fossi potuta uscire dalla macchina prima che esplodesse, e non c'era modo che fossi potuta passare attraverso il parabrezza e reggermi in piedi, sentendomi bene. Un paio di vigili del fuoco corsero dritti attraverso me, e capii.”

 


 
Rachel rimase in silenzio stordita, l'unico rumore proveniente dal suo respiro affannoso. Aveva cercato più forte che poteva di non piangere, a non lasciare che Quinn vedesse quanto tutta questa faccenda la stesse coinvolgendo. Ma aveva fatto tanta strada! Lei non avrebbe mai pensato che si sarebbe seduta sul suo letto, ad ascoltare il suo fantasma raccontare la sua storia. Quinn era rimasta in silenzio, comprensibilmente, Rachel pensò.
 
Si tirò un po’ su quando sentì parlare di nuovo Quinn, quasi come se le mancasse la calma con cui il suo fantasma stava parlando sino a quel punto. “E poi i miei genitori arrivarono... E mia mamma...” Rachel spostò lo sguardo dal suo grembo al muro di fronte a lei, spalancando gli occhi come una realizzazione oscura lentamente si ingrandiva dal fondo della sua mente. Il suo respiro agganciato in gola e il petto serrato a fatica come un ricordo si precipitò attraverso di lei.
 
“Tua madre... Cadde in ginocchio nel bel mezzo della strada e gridò”. Rachel lentamente guardò dalla finestra al posto in cui stava Quinn , gelando dal silenzio intenso che ricoprì la stanza come una tomba, dopo che le parole ebbero lasciato la sua bocca.
 
“Come fai a saperlo?” Quinn chiese, con la voce in un sussurro terrorizzato.
 
Tutto il corpo di Rachel era intorpidito, e il suo cervello a malapena registrava il mondo al di fuori della sua camera da letto al momento. Per Rachel, quello era stato. L'incidente a cui aveva assistito quando aveva sei anni, tutte le volte che non riusciva a cercare su Google i nomi delle vittime, gli incubi vividi circa l'incidente da cui era stata afflitta da sempre per dieci anni... Era stato tutto una preparazione a quel momento.
 
La bruna si leccò le labbra, cercando di portare un po’ di umidità nuovamente sulla bocca. “Rachel”, udì accanto a lei, più calma questa volta, “come sai quello che mia mamma fece dopo l'incidente?”
 
Rachel alzò la testa verso destra, guardando attraverso la parete di fronte a lei e rivedendo tutto l'incidente in vividi colori rossi e gialli. Il modo in cui il fuoco bruciava e il modo in cui il calore irradiava da esso attraverso i finestrini delle altre vetture in strada. Non riusciva a immaginare il tipo di dolore che Quinn avesse vissuto... Rachel aprì la bocca, ignorando la domanda di Quinn come conseguenza dell' essere così profondamente persa nei propri pensieri: “Pensi che sia possibile trasferire una parte di te a qualcun altro nei momenti di un trauma estremo?” chiese.
 
Rachel attese qualche istante che Quinn rispondesse prima di affrontare l'aria al suo fianco, guardandola in attesa. Un minuto di silenzio prima che Quinn aprisse bocca: “Tu sei letteralmente pazza, non è vero?”
 
Rachel batté i palmi sul letto di fronte a lei, seduta a gambe incrociate, e alzò gli occhi. “Pensi che sia possibile, Quinn?”
 
“Sul serio? Sono stata un fantasma per dieci anni e mi stai chiedendo se penso che qualcosa sia possibile? Tutto è possibile. Tutto” rispose Quinn, frustrata, “Ma tu non hai risposto alla mia…”
 
“Quindi, teoricamente,” Rachel sorvolò su Quinn, “Dici che, se qualcuno è testimone del momento del trauma estremo di qualcun altro, e prova il dolore in prima persona perché quella persona era in così giovane età. Sarebbe possibile che la vittima del trauma in qualche modo trasferisca una parte di sé al bambino testimone? L’energia residua di qualche tipo?”
 
Quinn emise un gemito frustrato, e Rachel la guardò con aria interrogativa. “Non sto seguendo il tuo balbettio psicopatico, Berry. Ti prego di fare il punto in modo di poter rispondere alla mia dannatissima domanda!”
 
“Ero lì,” Rachel disse secca, quasi tagliando Quinn alla fine della sua frase, “Ho visto l'incidente, Quinn.”
 
Impossibile. Quinn fissò Rachel, duramente. Questa ragazza doveva essere pazza, doveva esserlo. Non c'era modo che lei fosse in quell'incidente. Forse era davvero una sensitiva in grado di leggere la mente, e leggere la mente di Quinn, ed era così che era venuta a conoscenza di...
 
“So cosa stai pensando, di Quinn. Io non sto leggendo la tua mente o facendo qualcosa di altrettanto impossibile in questo momento,” Rachel cominciò.
 
Quinn la interruppe, ridendo, “Scusami? La lettura del pensiero è impossibile, ma testimoniare l'incidente che mi ha uccisa e mi ha in qualche modo trasferita attraverso una energia magica in te, non lo è?”
 
Quinn alzò un sopracciglio e Rachel mosse la mascella, lentamente, incrociando le braccia sul petto. “Stai dicendo che non ho visto l'incidente, Quinn?”
 
“Si”.
 
“Mi stai dando della bugiarda, Quinn?”
 
Quinn ci pensò per un attimo prima di stringere le labbra e scrollare le spalle. “Si”. Non c'era altra spiegazione. Lei non avrebbe potuto essere lì. Non avrebbe potuto.
 
“Mi stai dando della pazza, Quinn?”
 
Gli occhi di Quinn automaticamente balzarono su Rachel, quando sentì il tono della domanda. Quinn guardò dolcemente negli occhi di Rachel, per una volta grata di avere il vantaggio di essere invisibile e di essere in grado di studiare chiunque per tutto il tempo necessario. Notò la durezza che Rachel stava cercando di trasmettere, la falsa rabbia, ma Quinn vide la paura nei suoi occhi scuri. C'era un terrore profondamente radicato che traspariva, e Quinn interiormente fece una smorfia come le venne in mente che cosa quell'idiota di Finn avesse detto a Rachel. Quinn sospirò, che ragione avrebbe avuto Rachel per fare questo? Per aver mentito su qualcosa che era un tema così sensibile a Quinn? Ciò sarebbe fuori da ogni aspettativa, e Rachel Berry era tutto fuorché continuamente imprevedibile.
 
“No. Spiegami, però. Spiegarmi come avresti potuto essere lì.”
 
Quinn guardò Rachel annuire prima di sorridere dolcemente. Prese quel gesto come un tacito “grazie” per non aver pensato a Rachel come ad una pazza. La bruna allungò le gambe davanti a lei, controllando l'ora e scuotendo la testa. “Cinque del mattino, sto per essere costretta a saltare il mio esercizio sulla cyclette nel giro di un'ora.”
 
“Rachel”.
 
“Oh, giusto, perdono. Bene, dieci anni fa, quando ero solo una bambina di sei anni, stavo tornando a casa dalla mia lezione di danza a livello intermedio.” Quinn la schernì. Rachel la ignorò, continuando, “Mio padre mi aveva presa, e io ero sul sedile posteriore ad ascoltare lui e papà litigare al telefono su cosa mangiare per cena. Avevano fermato il traffico dopo lo schianto iniziale, suppongo. Eravamo la seconda macchina dietro, e abbiamo avuto una chiara visione dei tuoi... E poi...” Rachel si fermò, perdendosi nei suoi pensieri di nuovo, “c'è stata l'esplosione. Il fuoco è stato incredibile. Al momento non sapevo come potesse diventare così grande.
 
Faceva male... Credo... Ero terrorizzata. Potevo sentire il calore del fuoco proveniente dai finestrini della vettura. Volevo sapere chi c'era nella macchina, e se ne fossero usciti... In qualche modo sapevo che non ne erano usciti. Beh, io sapevo che tu non ne eri uscita. Mi ricordo di aver iniziato a piangere ad un certo punto, e nel petto sentii un dolore, davvero, davvero profondo, come se qualcosa mi fosse stato strappato via. Mio padre cercava di parlare per calmarmi, ma non c'era niente che avrebbe potuto fare. Vidi i tuoi genitori, come correttamente presupposi al momento. Tuo padre sembrava sconvolto, comprensibilmente, ma non così sconvolto come tua madre. Mi ricordo... Vidi il momento esatto quando la realizzazione l'ha colpì, semplicemente...” Rachel fece un gesto in aria: “E attraversò appena il suo viso e fisicamente faceva male solo guardarla. Si lasciò cadere sulle ginocchia e praticamente gridò. E' stato uno dei peggiori suoni che abbia mai sentito in vita mia. A quel punto ci venne detto di continuare a guidare in modo da poter chiudere la strade e ripulire tutto...”
 
Quinn non aveva distolto gli occhi da Rachel nemmeno per un secondo nel corso della storia, aveva l'intenzione di guardare i suoi occhi per essere sicura che non stesse mentendo, ma alla fine, Quinn rimase affascinata dalle emozioni che avevano attraversato la fisionomia di Rachel. Questa storia non era qualcosa che Rachel ricordasse appena, questa era una cosa a cui Rachel pensava costantemente.
 
“Hai mai incubi sull'incidente?” Quinn chiese tranquillamente.
 
Rachel annuì lentamente. “Si. Almeno una volta ogni paio di mesi.”
 
“Negli ultimi dieci anni?” Quinn chiese, in stato di shock.
 
Rachel sorrise dolcemente. “Negli ultimi dieci anni. Vedi adesso? Hai capito perché ho pensato che una parte di te fosse stata trasferita in me? So che sembra stupido ma ha senso, non è vero? Il motivo per cui ti ho trovata, perché sono l'unica che ti può sentire! Non sembra ci sia qualche sorta di connessione irrevocabile?”
 
La bionda appoggiò la testa all'indietro, grattando e strofinando il suo collo mentre lei chiuse gli occhi. Non avrebbe mai pensato che i fantasmi potessero avere il mal di testa, fino a quando incontrò Rachel. “Non lo so, va bene? Sto ancora cercando di elaborare il fatto che fondamentalmente mi hai vista morire.”
 
“Quindi, mi credi allora?”
 
“Certo che ti credo,” Quinn disse, non vedendo gli occhi pieni di lacrime di Rachel: “Perché non dovrei?”
 
Quinn aprì gli occhi e vide Rachel rapidamente asciugarsi alcune lacrime. “E’ solo bello avere qualcuno che mi creda, per una volta, che creda in me e non pensi che io sia solo una stupida pazza”.
 
Quinn alzò un sopracciglio, gettando una rapida occhiata al principio di un paio di raggi di sole attraverso le tende. “Se qualcuna deve essere grata a qualcun'altra per averla creduta, dovrei essere io, Rachel”. Quinn non poté fare a meno di ricambiare il sorriso come Rachel aprì la bocca e ne incurvò i lati verso l'alto completamente nella sua direzione. Dio, stava andando bene.

 


 
Rachel sedeva nella sua sedia da scrivania, spingendosi da una parte all'altra con la punta del suo paio di Converse nere. Beh, il suo unico paio di Converse. Aveva il suo computer portatile nell'apposita custodia sulle ginocchia. Nonostante il cambiamento di vita che aveva avuto con Quinn poche semplici ore prima, Rachel doveva ancora andare avanti con il suo piano per contattare tutti i suoi amici attraverso PowerPoint. Schiacciò il suo telefono contro l'orecchio come gli squilli finalmente si fermarono e una Mercedes molto infastidita rispose al telefono. “Quante volte devi chiamare prima di renderti conto che non ho intenzione di rispondere?”
 
Le labbra di Rachel formarono una linea retta mentre solcò la fronte tra i suoi pensieri. “Ma, Mercedes, hai risposto. Dopo il cinquantasettesimo squillo, per l'esattezza. Posso chiederti il motivo per cui non hai una segreteria telefonica? Pensavo che fosse una cosa normale”
 
“Che diavolo vuoi?” Mercedes sbottò attraverso il telefono, tagliando corto Rachel. La bruna abbassò la testa, chiudendo gli occhi e prendendo un respiro rassicurante.
 
“Ti stavo chiamando perché oggi ho fatto di voi la mia missione:”, continuò, ignorando il gemito maleducato di una Mercedes all'esasperazione, “andare in giro in ciascuna delle residenze dei miei compagni gleek e poi mostrargli il PowerPoint che ho fatto che spiega perché ogni membro abbia bisogno di tenere il passo con i propri esercizi vocali durante le vacanze”.
 
Rachel ascoltò il silenzio dall'altro capo per un minuto prima di chiedere, “Mercedes? Sei ancora lì? Mi hai sentita?”
 
“Purtroppo. Non ti suggerirei di farlo, Rachel, ok? Nessuno ha intenzione di voler vedere la tua faccia durante la pausa, tanto meno sentire chiacchiere su quanto tu voglia che loro si esercitino in modo che possano migliorare”.
 
Rachel scosse la testa. “N-no, no, Mercedes, non è affatto il motivo per cui lo sto facendo…”
 
“E so che sto parlando a nome di tutti quando dico che non abbiamo intenzione di fare pratica durante la pausa. Questa è la nostra vacanza. da te. Vai a goderti le tue vacanze da sola, riposati e prendi alcune pillole calmanti. Prendi solo un attimo di respiro, Rachel, e non venite a bussare alle nostre porte aspettandoti di ricevere una risposta.” Rachel sentì il clic di segnalazione che era stata appesa disconnessa la chiamata. Staccò il telefono dall'orecchio e lo fissò incredula.
 
“Che ne sa lei,” Rachel mormorò, chiudendo bruscamente il suo telefono e mettendolo nella tasca della giacca. Si alzò con la sua custodia del laptop, spianò la gonna, e fece un respiro profondo. “Sono miei amici. Apprezzeranno quello che sto cercando di fare per loro”. Rachel lasciò la sua stanza e si avviò nella neve, stringendo la custodia del notebook forte al petto.

 


 
Due ore dopo, solo Tina aveva aperto la porta a Rachel, e solo perché Mike era lì e l'aveva fatta entrare perché c'era freddo. Santana aveva apertamente deriso Rachel attraverso la sua porta, e Brittany aveva gridato attraverso la porta stessa che non era lì con Santana. Kurt si era rifiutato di riconoscere che stesse bussando Rachel, anche se lei lo ha fatto per dieci minuti di seguito. Quando lei aveva bussato alla porta di Puck, aveva udito Lauren urlare da dentro, e persino Rachel aveva il buon senso per capire quando fosse necessario battere in ritirata.
 
“Ascolta Rachel, sono sicura che tu abbia le migliori intenzioni a cuore, ma non vogliamo cantare durante le vacanze. vai a casa per riscaldarti, sembra che ti stia congelando”, disse Tina, con simpatia, chiudendo la porta a Rachel.
 
La bruna piccola rimase sulla soglia di casa di Tina, chiudendo gli occhi e sospirando tristemente, come sentì la serratura scattare. Si voltò e lentamente si fece strada giù per le scale, le scarpe scricchiolanti sulla neve. Rachel si morse le labbra e fece finta che le lacrime dei suoi occhi fossero dovute ai venti gelidi, e a nient'altro.
 
“Devi andare a casa”. Rachel difficilmente si ritrasse e camminò lungo la strada contro i venti ostili.
 
“No”, rispose Rachel risolutamente. Le sue braccia erano in fiamme per aver portato in giro il suo computer portatile per chilometri, e il suo corpo era intorpidito e pungente, ma lei non si fermò.
 
“Questa è pazzia, devi tornare a casa. Stai per prendere la polmonite”.
 
“Io non mi fermo, Quinn.”
 
“Ti fermerai presto quando gelerai. Se i primi sette non ti hanno lasciata entrare, cosa ti fa pensare che il resto lo farà? E perché diavolo stai camminando? Perché non hai lasciato che i tuoi papà ti accompagnassero?”
 
Rachel sospirò pesantemente, facendo cadere nel vuoto le parole dette da Quinn. “Proprio per questo non ho voluto che mio padre mi accompagnasse. Avrebbe visto che nessuno mi ha aperto la porta, e... Non voglio che sappiano...”
 
“Che i tuoi amici sono degli idioti ignoranti?”
 
“Che non ho amici,” Rachel corresse Quinn, arrancante nella neve.
 
Rachel venne accolta dal silenzio, continuò a camminare. Il suo corpo era intorpidito, così lei non poté sentire la scintilla elettrica che la presenza di Quinn le aveva dato appena si era avvicinata. Dopo pochi minuti di cammino, la curiosità ebbe la meglio su di lei. “Sei ancora qui?”
 
“Si”.
 
Rachel sorrise dolcemente, le lacrime rallentarono. “Perché?”
 
“Sono nervosa per quello che è successo ieri sera. Voglio essere sicura che tu stia bene.”
 
Rachel sapeva che non era tutta la verità. “Allora, mi hai seguita o puoi tenere traccia delle persone con la mente?”
 
Sentì Quinn schernirla infastidita con un sospiro accanto a lei. “Nessuna delle due. Ho sbattuto le palpebre e ho pensato a te”.
 
Rachel corrucciò il viso e lanciò un'occhiata in direzione di Quinn. “Scusa?”
 
Sorrise, come sentì un altro sospiro infastidito. “Se riesco a visualizzare qualcosa o qualcuno abbastanza chiaramente, posso raggiungerlo. Non so come altro spiegarlo. Mi basta appena chiudere gli occhi e riaprirli, e io sono lì. Non è che tu debba saperlo.”
 
Rachel si fermò sul marciapiede, i capelli frustati sul viso dal vento, mentre chiese, “puoi visualizzare me sufficientemente chiara da riuscirci?”
 
I suoi occhi esaminarono l'area di fronte a lei, avanti e indietro, annegando nel silenzio, il sorriso di Rachel si fece più ampio. “Sto cominciando a pensare che ti piaccia passare il tempo con me, Quinn.” Rachel ignorò la scossa che sentì dietro di lei una volta svoltato l'angolo della strada e si diresse in direzione del ciliegio. “Andrò a casa, ma non pensare che abbia rinunciato alla mia missione, Quinn. Queste persone sono i miei amici, ti farò vedere”.

 


 
Quinn sedette al tavolo della sua cucina a guardare cadere la neve al di fuori mentre sorseggiava il suo caffè. “Dio, quella piccola nana psicotica. Dovevano esserci meno di dieci gradi la fuori”.
 
“In realtà”, Quinn sentì dal corridoio: “Ci sono undici gradi. Non riesci a sentire il calore o la sua assenza?”
 
Quinn saltò, rovesciando la tazza del caffè che scomparve a contatto con il tavolo. “Che diavolo stai pensando? Non puoi semplicemente... Aspetta, pensavo che stessi andando a casa?”
 
La bionda guardò Rachel leccarsi le labbra mentre si strinse nelle spalle nella sua giacca, dicendo: “Ho detto questo? Sicuramente stavo delirando così dal freddo”, sfilandosi il cappotto drappeggiato e poggiandolo sulla spalliera di una sedia della cucina.
 
Quinn alzò gli occhi mentre si alzò e posò le mani sul tavolo. “Sono sicura che i tuoi padri siano preoccupati per te.”
 
“Li ho chiamati, in realtà”, disse Rachel con un sorriso mentre teneva il suo telefono, “Mi hanno solo detto di stare attenta.”
 
“Quindi, tu vieni nella casa degli Inferi,” Quinn mormorò, alzando la testa per mandare a Rachel uno sguardo incredulo, “Beh, cosa diavolo dovrei fare con te?”
 
“Stavo pensando ad una sessione di domande e risposte.”
 
“No!” Quinn ribatté immediatamente scuotendo la testa: “Perché dovrei... No, vai a casa e basta, Rachel”.
 
“Solo dieci domande, Quinn,” Rachel pregò: “Abbiamo fatto troppa strada, ora. Non possiamo tornare indietro a questo gioco del cane e gatto ora... Per favore. Dieci domande”.
 
Quinn incrociò le braccia sul petto. No. Assolutamente no. E perché avrebbe dovuto? Aveva dato a Rachel l'intera storia della sua morte. In nessun modo avrebbe potuto offrirle più di quello.

 


 
Quinn ribolliva mentre era seduta sul divano con le braccia incrociate al petto… Stava fulminando con lo sguardo le Converse nere che stavano - inconsapevolmente a chi stava indossando la scarpa stessa – ‘toccando’ le ballerine bianche ai piedi di Quinn che aveva le gambe incrociate all'indiana. Rachel era seduta talmente vicina che Quinn poteva vedere uscire il fiato da Rachel quando parlava.
 
“Quanti anni hai?”
 
“Sedici”.
 
“Quindi... Avevi sedici anni quando sei morta?”
 
“Si”.
 
“Il che significa che ne hai 26, ora”
 
“No. Ho sedici anni.” Quinn guardò Rachel aprire la bocca per ribattere. “Rachel”, sbottò, con voce tagliente interrompendola: “Ho sedici anni. Domanda successiva”.
 
“Bene. Quanto sei alta?”
 
Quinn alzò un sopracciglio mentre sbatté le palpebre un paio di volte. “Uhm,” cominciò, guardando il suo corpo, prima di scrollare le spalle, “direi 1 metro e 70. Perché?”
 
“Mi piacerebbe essere in grado di parlare correttamente con te e preferirei non stare a fissare... Come dire, il tuo seno, per tutto il tempo,” Rachel borbottò, e Quinn non poté fare a meno di sorridere divertita al rossore che sorse sulle guance di Rachel.
 
“Prossima domanda o hai bisogno di un momento?”
 
Rachel guardò Quinn, e la bionda inspirò una boccata d'aria quando Rachel incontrò i suoi occhi. Forse non avrebbe dovuto dire a Rachel la sua statura.
 
“Di che colore sono i tuoi occhi?”
 
Quinn si fermò, aggrottando le sopracciglia, prima di aprire e richiudere la bocca ripetutamente mentre cercava di capire perché le sue parole fossero bloccate in gola. “Perché”, riuscì a dire Quinn dopo un attimo, schiarendosi la voce, “perché vuoi saperlo?”
 
Rachel alzò le sopracciglia. “Perché non dovrei, Quinn? Dopo tutte le interazioni e gli sforzi per arrivare a questo punto, credo che sia giusto che io sappia con chi sto parlando. A quanto pare, tu mi conosci abbastanza bene per il teletrasporto verso me. Che è un altra cosa di cui vorrei parlare con te. Sembra che tu abbia sorprendenti poteri da fantasma e sarei incredibilmente…”
 
Quinn batté i palmi delle mani nelle sue cosce mentre si mise in piedi “Ti faccio vedere, se stai zitta”.
 
La bocca della bruna si chiuse di scatto quando un sorriso soddisfatto le tirò le labbra. “Va bene”.
 
“Seguimi”, disse Quinn a malincuore mentre si alzava dal divano. Si fece strada in fondo al corridoio prima di fermarsi in fondo agli scalini. Quinn si voltò verso Rachel, affondando i denti nella sua labbra mentre cercava disperatamente di non ridere, mentre guardava la bruna girovagare per il salone e cautamente scrutare la camera.
 
“Spero che ti renda conto che non posso vederti”, Rachel espirò in un “humph” infastidito.
 
“Come, non sei pronta per una partita a Marco Polo?” Quinn chiese in tono divertito come si appoggiò contro la ringhiera della scala.
 
Guardò la testa di Rachel voltarsi verso la sua direzione, la bruna alzò un sopracciglio e lanciò un sorriso affascinante a Quinn. “Rifiuto di giocare a qualsiasi cosa tranne che a ‘Rachel Berry da bambina’.”
 
Quinn alzò gli occhi mentre le labbra si arricciarono di loro spontanea volontà, lei esaminò la bruna mentre si diresse verso di lei e prese in un respiro. “Stiamo andando al piano di sopra?”
 
Quinn annuì prima di lasciare andare un respiro frustrato. Doveva smettere di fare cose che Rachel non poteva vedere. “Già. Abbiamo bisogno di giocare, Rachel Berry, o sarai in grado di tenere il passo?”
 
Rachel fissò in direzione di Quinn quando calpestò la sua scarpa sul tappeto beige. “Non trovo che tu sia divertente, Quinn. Ma se non ti dispiace, potresti accendere le luci nei posti in cui vai così posso seguirti più velocemente?”
 
Le ballerine di Quinn erano silenziose mentre camminava verso il piano di sopra, le dita svolazzanti sui corrimano; Rachel dietro di lei di qualche passo. Il fantasma non diede alcuna risposta a Rachel, ma appena raggiunse la cima delle scale Quinn fece in modo che la luce del corridoio si accendesse. Sentì una risata morbida dietro di lei mentre si muoveva attraverso il corridoio, girando a destra all'ultima (e seconda) porta a destra. Quinn si fermò sulla porta, mentre i suoi occhi vagavano lentamente per la stanza. Non c'erano ragnatele né polvere in casa, Quinn aveva fatto in modo di fare la sua parte. Poteva spazzare. E aveva impiegato un anno a capire come manipolare l'aria abbastanza da ‘spazzare e spolverare’ la casa, e così lo faceva, una volta al mese.
 
Quinn sentì Rachel fermarsi nel corridoio dietro di lei, interruppe Quinn dal perdersi nei suoi pensieri, mentre usò la sua mente per accendere la luce. La lampada a soffitto illuminò una camera di luce viola con pareti ornate da foto e trofei. C'era un letto su un lato con una dozzina di peluche posti amorevolmente su di esso. Di fronte alla parete dei trofei stava il muro foderato da mille foto. Foto di Quinn.
 
Quinn girò la testa leggermente verso destra, mentre sentì il rumore tranquillo di un respiro accanto a lei appena Rachel entrò nella stanza. “Questa era la tua cameretta?”
 
Quinn scosse la testa. “Non proprio. Questa casa era tutta di mia zia e mio zio, e questa era la camera che usavo per dormire quando stavo qui. Ho vissuto qui a lungo, però. Loro l'hanno trasformata in questo dopo che io... Morii. Mia zia la chiama la ‘stanza della memoria’.
 
Rachel avanzò, apparentemente trainata da una forza esteriore, e si diresse alla fine del muro di foto, alle immagini più recenti. Quinn sorrise. Le immagini più recenti? Le ultime foto.

 


 
Rachel osservò tranquillamente la stanza mentre la attraversava camminando. Non era un santuario, era proprio come la chiamavano gli zii di Quinn, una stanza della memoria. Una stanza piena di ricordi, infatti, Rachel pensò. Immediatamente gravitò verso la parete delle foto. Occhi fissi sulle vecchie immagini di Quinn bambina, viaggi di famiglia del passato, tutto passato, fino a che non raggiunse le immagini di Quinn dell'ultimo anno.
 
‘Quinn Fabray’ era scritto in oro nella parte inferiore del quadro. Quinn Fabray. Rachel non sapeva che dare un volto a un nome avrebbe potuto farle cadere l'intero mondo addosso. La sua mano si strinse come la portò fino a toccare il vetro della cornice. Le dita tracciarono i contorni dei biondi capelli dorati di Quinn che le cadevano sulle spalle in riccioli. Rachel continuò a mordersi il labbro mentre guardava gli occhi più intensi che avesse mai visto. Lei non riuscì a capire se fossero nocciola o verdi, ma suppose che probabilmente cambiassero a seconda dell'umore di Quinn. Quinn.
 
Rachel si voltò verso la porta, mantenendo le dita premute contro il vetro del quadro. “Quanto tempo è stata scattata questa prima che...?”
 
“Un mese”.
 
La bruna poteva ora immaginare Quinn, appoggiata allo stipite della porta osservando Rachel con le braccia incrociate sul petto, fissandola con quegli occhi. Rachel scosse la testa leggera. No, non avrebbe dovuto avere pensieri del genere. Rachel non entrava nei dettagli sessuali - il suo motto era amare quelli che ti amano e basta - ma lei ormai aveva perfino approfondito le informazioni della vita e della morte, e innamorarsi di un fantasma non era assolutamente sulla sua lista-delle-cose-da-fare. Doveva ammettere che, però...
 
“Sei bellissima”, Rachel soffio fuori, sorridendo in direzione di Quinn, “immagino che tu sia come eri qui?”
 
La stanza rimase in silenzio per un attimo prima che Rachel sentisse la voce di Quinn. “Non lo so. Io non sono riuscita a vedere la mia immagine riflessa in oltre dieci anni”.
 
Rachel gemette interiormente. Quanto era stata insensibile nei suoi confronti. Naturalmente Quinn non poteva.. “Ma se importa qualcosa, il mio corpo è rimasto lo stesso. Riesco a vedere me stessa. Solo che... Non si vede niente da uno specchio.”
 
Rachel inclinò la testa di lato, curiosa. “Quindi, puoi vedere il tuo corpo, le tue mani... Le tue gambe... I tuoi vestiti, ma non puoi vedere il tuo riflesso?”
 
“Si”.
 
Rachel si leccò le labbra mentre era assorta nei suoi pensieri. “Interessante... Dovrò fare una ricerca più tardi”. Dopo un altro minuto di silenzio, Rachel si voltò nuovamente verso la foto mentre lasciò un grazioso piccolo sorriso comparire sui suoi lineamenti. “Questo è il motivo per cui non volevi che ti chiamassi ventiseienne, giusto? Immagino che non sia cambiata, Quinn. In realtà, sono disposta a scommetterci. Tu in realtà hai ancora sedici anni.”
 
“Erano solo tre domande”.
 
La bruna strappò il suo sguardo lontano dalla foto di Quinn e si voltò verso la ragazza reale. “Non ho bisogno di nient’altro da te, oggi, Quinn. Grazie per aver condiviso quello che hai fatto...”
 
“Mi avevi immaginata con un aspetto diverso o qualcosa del genere? Hai guardato scioccata la foto quando mi hai visto,” Rachel sentì dalla porta.
 
Rachel si fermò. Non era mai nemmeno stata in grado di dipingersi con precisione Quinn nella mente. Non aveva mai nemmeno veramente dato un volto al nome, aveva sempre e solo immaginato Quinn come qualcosa di familiare. Era difficile spiegarlo a parole, o pensieri, la bruna ammise a se stessa. “No, non ti ho mai... Mai immaginata, ad essere onesta. Nella mia mente eri sempre e solo associata a qualcosa di familiare. Sai quando sogni qualcuno, e nel tuo sogno tu semplicemente accetti che la persona che stai sognando è qualcuno di familiare e con cui ti senti a tuo agio, e accetti che non hai bisogno di un volto o un nome, perché lo conosci già. Ecco come ti ho immaginato”.
 
Rachel aspettò pazientemente per una risposta di Quinn, volgendo la sua attenzione di nuovo alle immagini sul muro, cominciò ad esaminare le immagini di Quinn con la sua famiglia e della sua attività da cheerleader. Si fermò di fronte a quella in cui Quinn stava reggendo un trofeo tra le mani e il braccio della Coach Sylvester avvolto intorno a lei, entrambe sorridenti.
 
“Non era così folle come ora,” Rachel sentì accanto a lei, “Ma dopo la mia morte si è... Come dire... Persa. Ero come una figlia per lei, e qualche volta è stata più di una mamma per me di quanto lo sia stata la mia vera madre”.
 
Rachel spalancò gli occhi in stato di shock. “E’ incredibile... Non l'avrei mai immaginato”.
 
Sentì i capelli sul lato sinistro rizzarsi e la familiare scossa di energia elettrica attraversarla: Quinn era in piedi accanto a lei. “Deve essere stato incredibilmente difficile per te stare a guardare, senza poter far nulla” Rachel rifletté, tranquillamente.
 
“Non hai idea”.
 
“E i tuoi genitori,” Rachel iniziò timidamente, “loro sono...”
 
“Penso che ci siano state abbastanza domande per un giorno, Rachel. Non hai bisogno di tornare a casa?”
 
Rachel fece un cenno con la testa dolcemente, aprendo la bocca per parlare, venne interrotta da un bussare alla porta di casa al piano di sotto. La casa subito divenne scura e l'unico rumore rimase il vento che ululava per la bufera continua. Rachel sembrava terrorizzata quando sentì un affrettato “Rimani qui” sussurrato in un orecchio prima che il suo corpo smettesse di sentire il formicolio dell'elettricità, segnale della partenza di Quinn. “Oh Dio,” Rachel pensò, “chi c'era?”

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


NdT: Eccoci qui! :) Siamo al quinto capitolo.. Esattamente a metà della nostra storia, e infatti è un momento cruciale, il punto di svolta! Diciamo pure che da qui in poi cambierà tutto... Ma non voglio anticipare nulla quindi leggete voi stesse! Vi ricordo che io non sono l'autrice di questa fanfiction nè delle fanarts. Il merito va tutto alla bravissima A. Kline (ossia lifeawakening). Storia originale qui.
Io sono solo quella pazza che ha deciso di tradurla (con autorizzazioneilludendosi che non fosse poi una gran fatica... Mi sbagliavo! Ma continuo perchè vedo che la storia continua a essere letta e apprezzata. Ringrazio tutti quelli che l'hanno messa tra preferite/ricordate/seguite e quelle anime pie che recensiscono!  ;)  Un bacio, Claude  ;)




["...Tu riesci a sentirmi?" chiese Rachel speranzosa. Dopo un momento di esitazione, Quinn mentì, "No."]



Capitolo 5 

Quinn sbatté le palpebre e fu al piano di sotto in un attimo, era grata che fosse ancora giorno, altrimenti tutta la casa sarebbe stata inondata di luci, rendendo il fatto che qualcuno fosse al suo interno molto più evidente. La bionda si spinse fino a guardare attraverso lo spioncino sulla porta. “Oh, merda,” Quinn soffiò, spostandosi dalla porta e dando un'occhiata dietro di lei. “Ti avevo detto di aspettare al piano di sopra,” sussurrò Quinn, dimenticando momentaneamente che Rachel soltanto potesse sentirla.
 
“Non volevo che andassi da sola,” Rachel sussurrò mentre tornava verso il fondo del salotto, sapendo che avrebbero potuto udirla, “Chi è?”
 
“Il tuo ex-fidanzato idiota”, Quinn le rispose, in tono amaro: “E’ con qualche altro cretino là fuori, guarda e controlla tu stessa e poi mi spieghi come ha fatto a trovarti qui”.
 
Rachel abbassò la testa con sdegno mentre camminò attraverso Quinn, accidentalmente sfiorando le mani dell'altra, mentre si stava recando verso la porta. Quinn socchiuse le labbra in un sussulto silenzioso mentre osservò Rachel fermarsi e voltarsi a guardarla con un sorriso dolce. “Puoi sentirmi anche tu? Io ti sento!”
 
Quinn sbatté le palpebre in stato di shock mentre piegò la testa di lato. “Tu puoi sentirmi?”
 
La bruna in qualche modo incontrò gli occhi di Quinn e annuì, aggiungendo “posso sentire quando entri in una stanza, ti siedi o stai in piedi accanto a me, e quando mi tocchi in qualche modo. 
Tu riesci a sentirmi?" chiese Rachel speranzosa.

Dopo un momento di esitazione, Quinn mentì, “No.”
 
Gli occhi delle ragazze si incontrarono per un istante - sempre all'oscuro di Rachel, Quinn pensò divertita - prima che i loro pensieri fossero interrotti da un altro bussare alla porta. Rachel con calma si allontanò dal fantasma e si diresse verso la porta. Quinn si lasciò sfuggire un lungo sospiro mentre chiuse gli occhi nel momento in cui la bruna aprì la porta.
 
“Finn... Noah, che cosa state facendo voi due qui?” Quinn sentì Rachel chiedere dalla sua postazione dietro la porta. Si mosse per andare alle spalle Rachel per curiosità.
 
Finn aveva quello che Quinn poteva solo descrivere come uno sguardo da bambino esuberante, e l'altro ragazzo con Finn fissava con occhi simpatici Rachel.
 
“Potrei chiederti la stessa cosa, Rachel,” Finn iniziò, portando i suoi occhi a vagare nella casa sopra la testa di Rachel, “Puck dice che i Fabray sono fuori città.”
 
Quinn deglutì in silenzio quando si voltò per vedere meglio la faccia di Rachel. Era brava a mantenere la calma, Quinn pensò, mentre osservò la ragazza mantenere impassibile la stessa espressione. “Lo sono infatti, Finn. Da quando Puck mi ha detto che si pensa che questa casa sia infestata, ho fatto qualche ricerca e ha scoperto che spesso dei vandali vengono qui, mentre i Fabray non ci sono. Ho deciso di fare un po’ la custode della casa per loro.”
 
Quinn si voltò e controllò Finn per giudicare la sua reazione alla menzogna. Il suo cuore si fermò quando lo vide scuotere la testa. “No, Rachel... Sei stata in questa casa per settimane, perché pensi che il fantasma viva qui. Ti ho vista seduta a parlare con te stessa...”
 
Quinn spalancò gli occhi, imitando la reazione di Rachel, finché la bruna frettolosamente scosse la testa. "Ti sbagli, Finn", divagò quando vide la direzione che la situazione stava prendendo. Quinn sapeva che non c'era modo che Rachel riuscisse a far si che Finn le credesse, egli non le avrebbe creduto, dannazione, la maggior parte delle persone sane di mente non avrebbe creduto a Rachel.
 
"Hai bisogno di aiuto, Rachel, ok? Ho intenzione di aiutarti. Ti amo, quindi ho intenzione di aiutarti", Finn cinguettò. Quinn sentì il panico lentamente accumularsi dentro di lei mentre guardava Puck spingere il pilastro del portico e farsi strada accanto a Finn. "Vieni con noi, Rachel".
 
Quinn vide il panico negli occhi di Rachel mentre la bruna fece un passo indietro, le sue Converse passarono attraverso le ballerine di Quinn e la bruna finì dritta nelle braccia di Quinn e per la prima volta, a Quinn non diede fastidio sapere che stava per essere attraversata. "Corri", Quinn urlò nella mente di Rachel mentre la ragazza più piccola si voltò e si precipitò verso le scale.
 
Dieci passi. Quinn contò. Rachel aveva fatto solo dieci passi prima che Finn la prendesse e se la buttasse sulle spalle come se non fosse nient'altro che un sacco di patate.
 

 
Rachel sentì i piedi lasciare la terra e il vento lasciare i suoi polmoni quando Finn la gettò sopra la sua spalla. "Andrà tutto bene, Rachel", Finn le disse mentre si faceva strada per uscire dalla casa.
 
"Rachel! Combatti! Non puoi lasciare che ti prendano", sentì urlare Quinn nel suo orecchio. Rachel sapeva che Quinn aveva ragione, sapeva che Finn e Puck stavano per portarla da qualche parte per un consulto, o peggio, al reparto psichiatrico.
 
"Hai bisogno di aiuto, Rachel, io sono qui solo per aiutarti".
 
"Per favore, Rachel, reagisci. Scappa. Non ascoltarli, tu non sei pazza!"
 
"Non sto dicendo che sei matta, sto solo... Beh, forse lo sei, ma solo un po'."
 
"Dio aiutami, Rachel, non lasciare che ti facciano questo. Non lasciare che ti portino a credere di essere pazza."
 
Rachel sentì Finn e Quinn andare avanti e indietro; le parole di Finn erano borbottate e spaventose mentre la stringeva contro di lui, impedendole di muoversi, mentre le parole di Quinn erano frenetiche ma confortanti, davano la speranza a Rachel che sarebbe stata bene.
 
"Finn, quello che tu e Noah state facendo in questo momento è incredibilmente illegale. Ti consiglio vivamente di mettermi giù proprio in questo istante. Sta nevicando, fa freddo, e io non sono in vena di affrontare tutto questo. Inoltre, Noah, pensavo che fossi con Lauren a casa tua, "Rachel sentenziò, cercando disperatamente di combattere contro la presa di Finn.
 
Puck strinse le labbra mentre diede un calcio a una roccia mentre camminavano verso il suo furgoncino nel vialetto dei Fabray. "Si è incazzata con me e mi ha scaricato. E' una ragazza difficile da domare".
 
Rachel alzò gli occhi mentre tentava di mantenere la calma. "Noah, per favore, hai notato la follia dietro quello sta facendo Finn qui, non è vero?"
 
Mentre Puck apriva la portiera del passeggero del suo furgoncino e abbassava il sedile per consentire l'accesso al sedile posteriore, catturò lo sguardo di Rachel, e borbottò: "Sì, Rachel, lo so. Ma penso anche che il mio amico Finn abbia ecco ragione. Eri seduta in una casa, da sola, interagendo con te stessa... Questo è un livello completamente nuovo di follia, persino per te."
 
Rachel si morse le labbra quando si rese conto che stava cercando di discutere con due muri di mattoni. Finn le permise di sedersi sul sedile posteriore del furgoncino di Puck e poi si mise sul lato passeggero davanti. Il camion ruggì di vita come Puck lo mise in moto, con grande orrore di Rachel, in direzione dell' ospedale di Lima. La bruna si lasciò sfuggire un sospiro silenzioso. Sapeva che i ragazzi stavano solo cercando di aiutarla. Certo, l'avevano spiata di nascosto per un bel po’, a quanto pare pensavano di avere il diritto di credere che fosse pazza. Perché era così difficile per la gente credere in qualcosa che non potevano vedere? Perché nessuno ha più fede in nulla ormai?
 
Rachel appoggiò la fronte contro il vetro freddo del finestrino mentre incrociò le braccia sul petto. Non aveva avuto la possibilità di prendere la giacca, quando era stata scortata fuori; sperava che Quinn fosse in grado di nasconderla, se necessario. Quinn. Rachel si immobilizzò come il lato sinistro del suo corpo cominciò a fremere. Senza sollevare la fronte dal vetro, Rachel sorrise dolcemente, sussurrando: "Che ci fai qui?"
 
"Ho pensato che sarebbe stato più divertente questo di un film."
 
Rachel guardava la periferia di Lima scorrere fuori dal finestrino mentre rideva con leggerezza: "Ma quei film horror che ami guardare sono oggi".
 
"Quello della ragazza che sta per essere spedita al manicomio non lo daranno fino alla settimana prossima e mi piace talmente tanto che voglio un'anticipazione," Rachel sentì Quinn dire alla sua destra accanto a lei, sorridendo alla battuta.
 
"Ti preoccupi per me", dichiarò Rachel dolcemente, finalmente girandosi per affrontare l'altro lato del sedile posteriore.
 
Puck stava guidando, chiacchierando distrattamente con Finn sulle statistiche del calcio, completamente all'oscuro di avere un quarto passeggero. Fu solo dopo cinque minuti che Rachel sentì una risposta da Quinn. "Non credo che sarei qui altrimenti".
 


Rachel stava con le mani sui fianchi, il sole che tramontava dietro di lei gettava una luce rossa attraverso le porte di vetro dell'ingresso del pronto soccorso, mentre aggrottava la fronte alla donna dietro il bancone. "Spero che ormai abbia capito che c'è stato un terribile errore qui", rimproverò, "e devo chiederle di dire a questi due imbecilli di portarmi a casa."
 
L'infermiera dietro il bancone si accarezzò la punta del naso sotto gli occhiali mentre si lasciò sfuggire un sospiro irregolare. "Va bene, senti," cominciò, "è illegale per loro portarti qui contro la tua volontà, sì, è vero. Ti hanno anche portata nel posto sbagliato... Questo è il pronto soccorso, non il reparto psichiatrico. Ma se ciò che stanno dicendo è vero, forse dovresti solo seguire questo corridoio a sinistra e…"
 
"Mi scusi," una voce forte gridò, spezzando il discorso dell'infermiera, "ma cosa diavolo sta succedendo qui?"
 
Rachel si allontanò dal bancone quando Finn e Puck si lasciarono sfuggire un gemito, lasciando cadere contemporaneamente la loro presa sulle braccia di Rachel, ma il freddo contro la schiena di Rachel non scomparve. "Papà," Rachel sospirò di sollievo.
 
Hiram e Leroy in tutta fretta si fecero strada attraverso le porte del pronto soccorso, liberandosi dalla neve, prima di precipitarsi verso il bancone. Rachel notò che all'esterno la tempesta era passata, ma ora era giunto il momento di affrontare la tempesta all'interno.
 
"Abbiamo ricevuto il tuo messaggio," Hiram soffiò fuori mentre avvolse il braccio intorno alla figlia e inviò uno sguardo fulminante a Finn.
 
Rachel lo guardò perplessa mentre rapidamente cercò nelle tasche della gonna il telefono. Si fermò, aveva lasciato il suo telefono nel furgoncino di Puck ed era quasi certa di non aver mandato ai suoi padri alcun messaggio. Rachel si voltò leggermente di lato quando udì una risatina a bassa voce sospesa nell'aria. Una risata sfuggì alla bruna e scosse la testa.
 
"Rachel", Leroy chiese, "cosa sta succedendo qui? Perché sei qui? Stai male?"
 
"No, papà, io non sto male. Puck e Finn mi hanno trascinata qui di peso dalla casa di Quinn," Rachel spiegò con calma.
 
Finn mormorò un "oh mio Dio" a sentire la spiegazione di Rachel, e Puck la guardò sconvolto.
 
Hiram alzò un sopracciglio e si girò verso i ragazzi. "Hai qualcosa da dire su mia figlia, Finn?" chiese, guardandolo dal basso dato che era più basso di una spanna del quarterback.
 
Nonostante la differenza di altezza, Finn si rannicchiò, indietreggiando e scuotendo la testa. "No signore", borbottò.
 
Leroy non distolse lo sguardo da sua figlia. Rachel guardò Hiram passare da Finn al parlare con l'infermiera al banco per ottenere la storia completa.
 
"Gli hai inviato un messaggio tramite il mio telefono, Quinn, davvero?" Rachel chiese, cercando di parlare da un angolo della bocca mentre la maggior parte delle attenzioni non erano più rivolte a lei.
 
"No", la sentì sussurrare in un orecchio.
 
Rachel alzò gli occhi e sbuffò. "Io non sono un idiota, te lo dico subito, e io sono abbastanza intelligente per…"
 
"...per mandargli un messaggio tu stessa?" sentì giungere verso di lei il tono divertito del suo fantasma.
 
"Un punto a tuo favore," Rachel mormorò, gettando uno sguardo veloce a Finn e Hiram per assicurarsi che tutta l'attenzione fosse ancora lontana da lei, "ma non sapevo che tu fossi in grado di scrivere sms".
 
Quinn rimase in silenzio per un momento prima di rispondere a Rachel, dicendo: "Non sapevo nemmeno io di poterlo fare, se è per quello. Mi ci è voluto un sacco. La prossima volta, non fare l'idiota e salvati il culo. Sei stata solo fortunata che non avessi niente di meglio da fare".
 
Rachel si morse le labbra e alzò gli occhi prima di inspirare tranquillamente e incontrare gli occhi di Leroy, che era rimasto a guardarla per tutto il tempo. Parlando a se stessa, o almeno così sembrava.
 
Rimase immobile, fissando in stato di shock l'uomo più grande di fronte a lei. La bruna sentito un sussurrato "oh, Dio, oh, merda" prima che l'elettricità nelle ossa e il freddo sulla schiena scomparisse. Quinn se n'era andata.
 
Rachel uscì fuori dalle sue fantasticherie appena Hiram poggiò una mano morbida sulla sua spalla, mormorando: "Ho risolto, Rachel, e ora stiamo andando a casa. Dai a questi idioti il nostro saluto."
 
La bruna si voltò verso Finn e Puck, che erano in piedi vicino al bancone con aria colpevole e confusa, e scosse la testa. Lei non li risparmiò di un'occhiataccia mentre seguì i suoi padri fuori dell'ospedale e verso la loro auto nel parcheggio. Fece un respiro mentre tentava di farsi forza, il peggio doveva ancora venire, pensò, e temette il ritorno a casa.
 

 
"Siediti a tavola, Rachel," Leroy ordinò mentre la famiglia attraversava la porta d'ingresso. Rachel congelò nel corridoio, dando la schiena ai suoi padri, come Hiram rivolse a Leroy uno sguardo confuso.
 
La piccola diva gonfiò il petto e si diresse verso il tavolo della cucina prima di sedersi. "Sono pienamente consapevole di ciò che stai pensando, papi," Rachel cominciò.
 
Leroy alzò la mano per farla tacere mentre lui e Hiram prendevano posto di fronte a lei nel tavolo. "No, non lo sei, Rachel. Ho visto qualcosa oggi in ospedale che mi ha incuriosito," Leroy dichiarò, rivolgendosi a Hiram "e te lo sei perso, dolcezza. Ho visto Rachel parlare con Quinn mentre stavi parlando con l'infermiera."
 
Hiram ammiccò a Leroy dietro gli occhiali, inviando a suo marito uno sguardo leggermente confuso, prima di passare a Rachel. "Quinn era con te al pronto soccorso?"
 
Rachel guardò a bocca aperta Leroy. “Papà, onestamente non so se tu creda che io sia pazza o meno”, disse Rachel, quasi disperata, "e questo mi terrorizza."
 
"Rachel", Leroy cominciò.
 
"Se solo prendessi per un momento in considerazione l'idea che io non sono del tutto…"
 
"Rachel", tagliò corto Leroy.
 
"...folle," Rachel continuò in preda al panico, alzando la voce per coprire quella dell'uomo "allora penso che possiate capire che…"
 
"Dolcezza", Hiram aggiunse, cercando di spegnere la parlantina di Rachel.
 
"Il fatto che io parli con uno spirito non…"
 
"Rachel!" gridarono entrambi gli uomini, catturando l'attenzione della bruna.
 
Leroy fece un cenno di gratitudine al marito prima di scuotere la testa verso sua figlia. "Abbiamo bisogno di incontrarla", disse, guardando verso Hiram in cerca di supporto.
 
L'uomo più basso annuì con la testa mentre allungò il braccio e strinse la mano del marito. "Sì, Rachel, vogliamo crederti e... per la maggior parte, è quel che stiamo facendo. Tuttavia, non credo che sia chiedere molto poter incontrare Quinn. Sta qui, adesso?"
 
Rachel rimase a bocca aperta prima di ridere nervosamente. "Scusate ma, mi state veramente chiedendo di portare a casa il mio fantasma in modo da poterla conoscere?"
 
Leroy sollevò un sopracciglio scuro, liberò la mano di Hiram e incrociò le braccia sul torace ampio. "Abbiamo regole ferree qui, Rachel… Ti abbiamo fatto portare a casa Finn", disse, ignorando la faccia di Rachel ricca di stupore "e anche Puckerman, del resto. Penso che sia doveroso che incontriamo la ragazza con cui trascorri tanto tempo insieme."
 
Rachel si sedette con la bocca aperta in stato di shock e soffiò fuori, "Voi siete consapevoli che io non sto uscendo con mio spirito in quel senso, vero, papà?"
 
Leroy scosse la testa mordendosi le labbra in un sorriso e Hiram gli strinse il ginocchio di nascosto. "Questo è irrilevante, Rachel. Noi vogliamo incontrarla. Puoi chiamarla qui?"
 

 
Quinn sedeva al tavolo della sua cucina al buio totale, vestita con un prendisole bianco e un cardigan rosso. Tamburellava nervosamente le dita sul tavolo. Scosse la testa. Fissando il vuoto tra i pensieri, Quinn sospirò esasperata mentre chiuse gli occhi.
 
Che cosa stava facendo? In primo luogo, aveva raccontato a Rachel delle Ombre. Poi le aveva raccontato la storia della sua maledetta vita. Infine, aveva permesso a se stessa di affezionarsi a lei fino al punto di interpretare il ruolo dell' eroina e di salvare Rachel. Due volte.
 
Dove la stava portando tutto questo? Dove l'avrebbe portata questa strada se avesse continuato a seguire Rachel? Da nessuna parte, Quinn pensò, rispondendo alla sua domanda. Avrebbe semplicemente smesso di prendersi cura di Rachel e alla fine Rachel l'avrebbe lasciata. Alla fine Rachel avrebbe lasciato Lima e Quinn non sarebbe stata in grado di seguirla. Non con questa stupida maledizione e…
 
"Maledizione!" Quinn gridò: "Perché dovrei volerla seguire? Che cos'è che mi attira verso di lei?" Quinn sospirò di nuovo, guardando nel buio della sua cucina. Che cosa accadrebbe se fosse vero che Quinn aveva dato una parte di se stessa a Rachel la notte dell'incidente? E se fosse stata Rachel a cedere una parte di se stessa a Quinn? E se ci fosse qualcosa di più?
 
Quinn si fermò. E se ci fosse qualcosa di più...? Quinn alzò lentamente lo sguardo dal buio della sua cucina verso la luna luminosa nella sua finestra. E che cosa succederebbe se Rachel avesse iniziato a pensare a lei come a più di un semplice fantasma? Come più di qualcosa che deve essere temuto o studiato. E che cosa succederebbe se…
 
"Quinn!" Quinn scattò il suo sguardo in avanti e si alzò dalla sedia.
 
"Chi c'è?" Quinn chiese verso la cucina vuota, "Rachel?"
 
"Quinn!" il fantasma udì di nuovo. Lo sguardo puntato attorno allo spazio vuoto mentre accese le luci della cucina. Niente. Rachel non era in casa.
 
Quinn fremette. "Oh, che diavolo," mormorò, "se crede che può semplicemente attirarmi come una qualsiasi maledetta..."
 
"Quinn!"
 
"Che c'è?" Quinn urlò trovandosi improvvisamente in piedi di fronte a Rachel nel mezzo della cucina vivacemente illuminata dei Berry.
 
La bruna vacillò all'indietro per la sorpresa prima di ritrovare l'equilibrio del suo corpo e sorridere. Leroy e Hiram erano seduti nello stesso lato del tavolo, rimasero a bocca aperta dopo aver visto il colpo di frusta che aveva fatto volare i capelli della figlia come colpiti una raffica apparentemente immaginaria di vento.
 
Quinn congelò. Guardò il sorriso di Rachel vacillare immediatamente quando sentì la tensione irradiata da Quinn. "Rachel", Quinn sussurrò: "cosa diavolo stai facendo?"
 
"I miei padri avevano bisogno di conoscerti, Quinn," Rachel sussurrò, "Hanno detto che vogliono conoscere la ragazza con cui trascorro tanto tempo insieme." Quinn spalancò gli occhi. "Penso anche che ne abbiano bisogno in modo che possano credermi su di te…"
 
Quinn si voltò verso i due uomini che aveva visto in ospedale. "Ciao", disse chiaramente, fermandosi e aspettando, giudicando le loro reazioni. Quando gli uomini non mostrarono segno di averla udita, Quinn si voltò verso Rachel, le sopracciglia sollevate. "Oh sì, è vero, tu sei l'unica persona che mi può sentire, Rachel, a meno che tu non l'abbia dimenticato. Come faccio a incontrare i tuoi genitori" disse Quinn virgolettando l'aria con le dita, "se non riescono a sentirmi?"
 
"Quinn, per favore, calmati," Rachel esortò.
 
"Calmarmi?" Quinn gridò: "Perché dovrei calmarmi, Rachel? Non capisci che io non sono abituata a trattare con la gente? Eppure, sei riuscita a chiamarmi qui per incontrare i tuoi fottuti padri!" Quinn urlò, stringendo i pugni sui fianchi mentre ribolliva di rabbia.
 
Il fantasma incontrò lo sguardo di Rachel in tempo per vedere gli occhi castani fissarla a sua volta pericolosamente mentre piantava le mani sui fianchi. "Quinn Fabray," Rachel iniziò, "Non mi importa quanto tu sia arrabbiata con me, non usare quella parola davanti a me. Ora, se mi darai la possibilità di spiegare, cercherò di lenire la tua rabbia, a meno che non voglia urlare ancora un po’ e vedere se magari puoi buttare alcune cose giù dei ripiani, visto che ci sei."
 
Quinn era in stato di shock, era rimasta senza parole. Sfortunatamente, Rachel, per qualche ragione sconosciuta,  lo prese come un segno per continuare a parlare e Quinn stava cominciando a pensare la bruna non avrebbe mai smesso di parlare. "I miei padri hanno bisogno di conoscerti," Rachel cominciò, la sua voce forte prima di abbassarla in modo che solo Quinn potesse sentirla, "Per favore.... Ho bisogno di dimostrare la tua esistenza a qualcun altro in modo che non pensino che sono matta, Quinn mi dispiace tanto, io non avevo intenzione di trascinarti qui. In tutta onestà, speravo solo che chiamarti non avrebbe funzionato e che avrei potuto parlarti faccia-a-faccia prima di…"
 
"Rachel", Quinn la interruppe, gettando uno sguardo indietro ai poveri padri di Rachel, prima di continuare: "Lo faccio. Ma questa è l'ultima cosa che faccio per te, capito?"
 
La bionda colse il tremolio di afflizione agli occhi di Rachel prima che la bruna scrollasse le spalle e annuisse "Affare fatto".
 

 
Rachel si rivolse ai suoi padri e sentì una punta di compassione mentre stavano seduti, tenendosi per mano, in totale disorientamento. Leroy fu il primo ad aprire bocca e balbettare, "Do per scontato che Quinn sia qui?"
 
“Sì, papà”, disse Rachel, andando avanti lentamente fino a quando sentì una familiare scossa elettrica sul fianco destro "ma dovete capire che questo non è facile per lei. Io sono l'unica persona che può sentirla."
 
Leroy si alzò in piedi in tutto il suo quasi metro e 90 di altezza e Rachel si ritrasse come sentì Quinn avvicinarsi a lei. "Attenzione, papà," Rachel lo ammonì.
 
Leroy timidamente si avvicinò allo spazio accanto a Rachel, e ci volle tutta la forza di volontà di Rachel per non scoppiare a ridere alla vista del padre incredibilmente grande agitarsi nei suoi stivali mentre si avvicinava ad una sezione apparentemente vuota della stanza.
 
Proprio quando Leroy stava per fare un passo attraverso Quinn, Rachel subito mise la sua manina contro il suo petto per fermarlo, scuotendo la testa. "Non passare attraverso di lei. Le da fastidio. E' alta circa 1 metro e 70, quindi considera la differenza di altezza che ne consegue, per parlarle negli occhi."
 
Hiram sedeva al tavolo della cucina e guardava a bocca aperta la scena riprodursi davanti a lui. Rachel notò che il suo volto tradiva la paura che stava cercando di mascherare. Quando guardò nuovamente verso Leroy, Rachel lo vide tendere in avanti la sua grande mano e stringerla in un pugno. "Sono davvero onorato di conoscerti, Quinn", disse Leroy mentre aspettava che il fantasma colpisse il pugno con il proprio.
 
Hiram alzò gli occhi verso suo marito. "Quanti anni hai, Leroy?"
 
L'altro uomo si voltò a fulminare l'uomo più basso al tavolo. "Come fai a sapere che può effettivamente stringere una mano, Hiram? Un colpo di pugno sembra più facile e… Oh mio Dio", si interruppe e la testa tornò di nuovo ad osservare il suo pugno, "la mia mano è diventata ghiacciata adesso".
 
"Digli che sono lieta di incontrarlo," Rachel udì.
 
Rachel sorrise dolcemente come un sorriso si formò sul volto del padre. "Lei dice che è lieta di conoscerti, papà," Rachel recitò a bassa voce.
 
Hiram si slanciò fuori dal tavolo e praticamente corse verso il gruppo. Rachel leggermente rimase a bocca aperta, appena sentì Quinn spostarsi velocemente nell'altro suo fianco. "Papà," Rachel rimproverò, "Per favore stai più attento, stai spaventando Quinn."
 
"Taci, non sono una fifona," Rachel sentì sussurrare in un orecchio, ma sentiva il tremito nella voce sottile di Quinn.
 
"Oh, mi scuso, Quinn. Sono incredibilmente felice di conoscerti" Hiram aggiunse in tutta fretta e si attaccò a un braccio del marito con entrambe le mani. "devo ammettere che questa è una nuova esperienza per la nostra famiglia, sai, incontrare un fantasma. Anche se lo ammetto, mi piaci già più di Finn..."
 
Rachel gemette, appena sentì una risata forte da vicino a lei seguita da una borbottio: "Penso che persino un sacco di patate vi piacerebbe più di Finn".
 
Rachel rise forte alla battuta di Quinn, facendo sorridere Hiram. "Che cosa ha detto?" chiese lui.
 
“Ha detto che pensa che perfino un sacco di patate vi piacerebbe più di Finn”, disse Rachel, mordendosi le labbra.
 
Hiram si fermò per un attimo e Leroy sembrò confuso prima di aggiungere: "Sono indeciso su quale sia la differenza."
 
Quinn fu la prima a ridere alla battuta del papà di Rachel, e la fece sorridere. Rachel fu sopraffatta dalla risata di Quinn non appena le colpì le orecchie, il modo in cui suonava così pura e angelica, e per un breve momento, Rachel poté immaginarsi gli occhi di Quinn mentre brillavano di felicità. Fu quasi istintivo per Rachel buttare la testa indietro e unirsi alla risata di Quinn, e prima che potesse rendersene conto, tutti nella stanza ridevano.
 
Era perfetto. La bruna aveva le lacrime agli occhi mentre pensava a come fosse assolutamente perfetto quel momento, come se nulla al mondo l'avrebbe mai potuto rovinare. Ancora più importante, Rachel sentì che Quinn era parte di loro.
 

 
Qualche ora dopo Quinn si sdraiò con la schiena sul tavolo della cucina dei Berry. Era mezzanotte passata e Quinn era sia fisicamente che mentalmente esausta. Era strano per lei, essendo un fantasma, sentirsi affaticata. Lei piaceva provare sensazioni umane, come se non avesse più la forza o la motivazione per fare qualsiasi cosa tranne che dormire, solo che, per Quinn, era solo la sua anima a risentire delle fatiche.
 
"E' piuttosto scortese adagiarsi sul tavolo del padrone di casa, Quinn," Rachel rimproverò dal suo posto sulla sedia accanto alla testa di Quinn.
 
"E’ piuttosto scortese sconvolgere il mondo di qualcuno completamente a testa in giù, se è per quello, ma non mi senti lamentarmi," replicò di Quinn, che alzò la testa di lato per guardare in faccia Rachel.
 
I suoi occhi smeraldo analizzarono l'espressione di Rachel quando vide che la bruna era visibilmente spiazzata; Quinn poté vedere correre la mente di Rachel, la bruna aprì e chiuse la bocca, cercando di pensare alle parole giuste.
 
"Che hai?" Quinn sentenziò, un po' più dura di quanto non avesse previsto.
 
Rachel aggrottò le sopracciglia sorpresa mentre mosse gli occhi per cercare nell'aria Quinn. "Bene, ho capito che sei ancora in collera con me, Quinn, e giustamente."
 
Quinn inarcò un sopracciglio mentre guardava Rachel alla ricerca di un qualsiasi segno che la bruna stesse per continuare con una scusa. Dopo un momento, Quinn divenne impaziente. "E?"
 
"E cosa?" Rachel chiese, inconsapevolmente.
 
Lo sguardo d'attesa di Quinn si trasformò in un lampo d'odio e  disse, "E ora dovrebbe arrivare il momento in cui ti scusi per quello che mi hai fatto stasera!"
 
Rachel ebbe l'audacia, secondo Quinn, di guardarla arrabbiata. "Scusa? Ti sei divertita, Quinn. Ti ho fatto un favore portandoti in contatto con più persone. Gli ultimi libri sui fantasmi che ho letto, argomentano specificatamente che..."
 
"Non mi importa quello che dicono i tuoi maledetti libri, Rachel! O delle tue teorie sui fantasmi, o delle tue osservazioni sui fantasmi," Quinn ruggì, improvvisamente in piedi proprio davanti a Rachel, "E' tutto qui quello che sono per te?"
 
Rachel non disse una parola , fissò lo spazio dove Quinn era in piedi. “Rispondimi, Rachel. Sono solo un esperimento scientifico per te? Una ricerca? Per questo che mi hai portata qui stasera? Così puoi dimostrare al tuo padri che non sei pazza, e quindi puoi continuare l'esperimento in pace?" Quinn chiese, perdendo la testa nella sua rabbia. Lei non notò il bagliore che si stava formando attorno a lei, o che l'elettricità nell'aria stava facendo rizzare i capelli sulla testa di Rachel, o che le sedie attorno al tavolo stavano leggermente tremando; Quinn era concentrata solo sulle idee nella sua mente che stavano rapidamente vincendo sulla sua razionalità.
 
"Smettila Quinn," Rachel insistette, si sedette un po’ più dritta sulla sua sedia "Sei ridicola. Se avessi saputo che saresti stata così restìa a venire qui, avrei rischiato di vivere in un folle manicomio invece. E’ questo che vuoi sentire?"
 
Quinn fissò Rachel con occhi senza vita. "Non mi devi favori, Rachel, e ciò include il mentirmi" sussurrò, inquietantemente.
 
Rachel improvvisamente si alzò in piedi, e siccome Quinn era già vicina in piedi davanti a lei, Rachel finì direttamente all'interno di Quinn per un paio di centimetri. "Non sto mentendo Quinn Fabray," Rachel fremeva "Non riesco a capire da dove venga improvvisamente tutto questo astio. Sei irritata dal fatto che il mio interesse sia aumentato a causa di chi sei?"
 
"A causa di cosa sono io," Quinn la interruppe amaramente, indicando selvaggiamente il corpo in cui Rachel si trovava.
 
"Di chi sei," Rachel praticamente gridò: “Da dove viene tutto questo Quinn?”
 
"Dal tuo non rispondere alla mia maledetta domanda!" Quinn urlò.
 
"Che importa?" Rachel urlò, "Perché è tanto importante per te? Pensavo che non te ne importasse!" Quinn non aveva fatto un passo indietro da Rachel, e la bionda cominciò a notare che l'aria intorno a lei era splendente di luce blu e tutti i peli sul corpo di Rachel erano sparati nell'aria.
 
"E’ importante perché io non sono un fottuto esperimento scientifico che si porta alle fiere della scienza per prendersi il merito della scoperta" il fantasma ringhiò.
 
"No che non lo sei!" Rachel urlò, e Quinn quasi si ritrasse un poco allo sguardo negli occhi di Rachel, "Non ho mai detto che lo fossi, tu eri quella che non voleva che io mi avvicinassi a te. Ho letto quei libri stupidi sui fantasmi perché stavo cercando di capire perché sei intrappolata qui, ok? Sto cercando di capire come salvarti".
 
"Non ho bisogno di essere salvata!" Quinn urlò. Il fantasma non poteva spiegare da dove la sua ira provenisse: tutto ciò che sapeva era che dal momento in cui stava ancora nella propria cucina a quell'istante, era in qualche modo stata tradita. In ogni caso, lei non riusciva a ricordare l'ultima volta che era stata così furiosa. Questo, combinato al fatto che Rachel stava letteralmente dentro di lei, alimentò la sua rabbia abbastanza per rovesciare le sedie del tavolo con il suo ultimo sfogo.
 
"Hai bisogno di calmarti, Quinn" Rachel cominciò. Quinn non vide un briciolo di paura in quegli occhi scuri che portava dentro di lei, "Qualunque cosa abbia fatto per sconvolgerti, mi dispiace. Mi dispiace di averti portata qui, mi dispiace di essermi introdotta nella tua vita e di averla scombussolata, mi dispiace per tutto. Pensavo che stessimo facendo progressi... Pensavo che fossimo amiche. Chiaramente, mi sbagliavo e infatti ti sto causando troppo disagio con l'essermi inserita nella tua vita. Ti lascerò sola, se questo è il problema".
 
"Non voglio che tu mi lasci!" Quinn urlò, "Questo è il problema!" Il fantasma si fermò quando vide la luce intorno a lei divampare drammaticamente. Rachel fece un passo indietro in tutta fretta, inciampando all'indietro sulla sedia caduta dietro di lei. Quinn aggrottò le sopracciglia quando vide la bruna sgranare gli occhi sotto shock. "Rachel…"
 
"Quinn," la bruna sospirò sul pavimento, senza preoccuparsi di rimettersi in piedi; Quinn vide gli occhi di Rachel riempirsi di lacrime: "Che cosa abbiamo fatto?"
 
L’espressione di Quinn si trasformò in confusione mentre fece un passo verso Rachel, chiedendo "Che intendi?"
 
"Posso vederti," Rachel sussurrò in soggezione.
 
"Che cos... Cosa hai detto?" Quinn sussurrò, pietrificandosi.
 
"Ti vedo, Quinn."
 
"Non è divertente."
 
Rachel lentamente si alzò da terra e si avvicinò a Quinn. Il fantasma vide Rachel tracciare con gli occhi tutto il corpo di Quinn, muovendo lo sguardo dai piedi di Quinn fin sopra i capelli, poi lentamente stabilirsi sui suoi occhi. Rachel la stava guardando direttamente negli occhi. "Ti vedo, Quinn. Ti vedo," Rachel espirò con le lacrime che le rigavano le guance.
 

 
Rachel aveva sentito l'aria intorno a lei cambiare rapidamente quando stava litigando con Quinn, ma non si era resa conto che le cose si stessero mettendo tanto male da far si che lo sfogo di Quinn letteralmente concentrasse la sua energia nel buttare giù le sedie. Rachel non si era scoraggiata, però, lei era dannatamente certa di non aver paura di Quinn. Non aveva avuto paura quando aveva capito di essere in piedi dentro Quinn, né si era spaventata quando aveva visto l'aria intorno iridescente a Quinn.
 
Ora però? Ora lei aveva paura. Era terrorizzata perché in piedi di fronte a lei, con le sembianze della splendida ragazza che aveva visto in foto, c'era Quinn Fabray, in spettrali carne e ossa. Rachel lentamente avanzò verso una Quinn dall'aspetto terrorizzato fino a quando non fu a meno di un centimetro da lei. Riusciva a vedere chiaramente Quinn, nonostante il bagliore blu intorno e il fatto che Rachel potesse ancora vedere attraverso di lei.
 
Indipendentemente da ciò, si trovarono. Il respiro di Rachel turbinò di fronte a lei a causa del gelo nell'aria, la temperatura nella stanza era scesa a 10 gradi a causa di tutta l'energia che Quinn aveva inconsapevolmente emanato. La bruna rimase in soggezione assoluta, appena notò il prendisole bianco di Quinn lungo appena sopra le ginocchia, stretto ai fianchi da una cintura di corda bianca e un golfino rosso sbiadito con le maniche talmente lunghe da coprirle le mani. I lunghi capelli biondi del fantasma le cadevano sulla schiena e le spalle in onde e delle ciocche mosse le andavano sugli occhi. Oh, Dio, i suoi occhi, Rachel pensò. Quinn era di circa 10 centimetri più alta di Rachel, ma Rachel doveva inclinare la testa solo un po’ all’indietro per poter guardare negli occhi di Quinn, e così fece. "Mio Dio," Rachel respirò tra la meraviglia.
 
Notò che gli occhi di Quinn non avevano mai lasciato quelli di Rachel. Mentre fissava negli occhi misto nocciola-smeraldo, in quel momento, vide il terrore puro, ma anche fiducia. Rachel vide la fiducia negli occhi di Quinn, e lei in silenzio si chiese quanto dolore le provocasse riporre così tanta fiducia in Rachel.
 
"Vuoi vedere...?" Rachel chiese, in silenzio, la sua voce rimase sospesa in aria come Quinn non diede alcuna risposta.
 
"Non lo so", Quinn sussurrò qualche istante più tardi. L'espressione di Rachel era dolce mentre guardava affettuosamente Quinn. La bionda non aveva ancora distolto per un attimo lo sguardo da Rachel, e la bruna con gli occhi tremò di dolore come notò che il terrore non aveva abbandonato i suoi occhi. Quinn era radicata nello stesso punto in cui stava in pochi minuti prima. Era terrorizzata, confusa, e completamente disorientata, ma era chiaro, a Rachel, che Quinn non avesse idea di cosa fare, lei non era stata vista in dieci anni e adesso che era visibile, era diventata immobile.
 
E improvvisamente, Rachel si infuriò. si infuriò con l'ex fidanzato idiota di Quinn, si infuriò con Dio, e soprattutto, si infuriò con se stessa. Aveva messo lei Quinn in questa posizione, aveva costretto Quinn ad aprirsi con lei, ed era stata lei a rendere Quinn così arrabbiata che si era letteralmente materializzata.
 
"Sì," sussurrò Quinn. Rachel chiuse a pugno le mani sui fianchi mentre cercava di comandare se stessa di smettere di piangere, non sapeva nemmeno quando avesse iniziato.
 
“Va bene”, disse Rachel con tutta la calma che poté, "Aspetta qui, vado a prendere uno specchio."
 
La bruna fece un passo indietro da Quinn e si fermò, incontrò occhi della bionda di nuovo, e in quel momento Rachel seppe che Quinn aveva la sua stessa paura. Che cosa sarebbe successo se quando fosse tornata, Quinn fosse sparita di nuovo? Quanto tempo tutto questo era destinato a durare, ora che Quinn era calma? Rachel esitò e per la prima volta vide un po’ del terrore lasciare gli occhi del suo fantasma appena Quinn annuì, dicendo a Rachel che poteva andare, che sarebbe stata lì al suo ritorno.
 
Ciò non impedì a Rachel di correre più veloce che poteva sia all'andata che al ritorno durante il percorso sino al bagno del piano di sotto per prendere lo specchio.
 

 
Quinn non si mosse di un centimetro. Lei non mosse le dita, lei non spostò i suoi piedi, lei non allungò il collo per vedere dove Rachel stesse correndo; Quinn non si mosse di un centimetro. Se si fosse trasferita, sarebbe potuta scomparire di nuovo. Non si aspettava che sarebbe durato per sempre, infatti, sentiva le sue forze lasciarla rapidamente, e lei seppe che dopo tutto quello che aveva passato quel giorno e dopo quanto lei stessa si fosse sforzata, avrebbe avuto bisogno di prendersi un paio di giorni per recuperare. Ma anche sapendo tutto ciò, Quinn si rifiutò di muoversi, non facendo neppure un sospiro di sollievo quando arrivò Rachel quasi volando in cucina con uno specchio da parete nelle sue mani.
 
La piccola bruna si fermò a pochi centimetri da Quinn, il suo petto ansante dallo sforzo, e Quinn la vide stringere la presa sul manico. "Sei pronta?" chiese dolcemente.
 
Lo sguardo di Quinn perforò Rachel, assorbendo la convinzione che vide in essi e lasciando che le dessero la forza di cui aveva bisogno per annuire con il capo.
 
"Aspetta", Quinn disse improvvisamente, fermando Rachel dal ruotare lo specchio. La bionda trattenne un respiro inutile mentre si chinò un po’ dopo aver notato qualcosa. Poteva vedere la sua immagine riflessa negli occhi di Rachel. Poteva vedere il bagliore blu intorno a lei come un anello di fuoco blu, riflesso negli occhi di cioccolato. Quinn si chinò in avanti finché non fu ad un paio di centimetri dal volto di Rachel. La bruna si lasciò sfuggire un respiro tremolante e per un momento, Quinn non poté vedere gli occhi di Rachel dalla nebbia gelata che il suo respiro si lasciò sfuggire. Ma una volta dispersa nell'aria, Quinn si lasciò sfuggire un sospiro. Il fantasma vide chiaramente se stessa, tanto chiaramente, infatti, che gli occhi di Quinn cominciarono a riempirsi di lacrime.
 
Era chiaro che Rachel sapeva cosa stesse facendo il fantasma, e Quinn avrebbe potuto dire che Rachel stesse cercando di combatterle ma, comunque, le lacrime fresche rapidamente cominciarono ad annacquare anche gli occhi della mora. Quinn fece un passo indietro e annuì di nuovo, segnalando a Rachel di girare lo specchio e tenerlo alto.
 
Quello che aveva visto negli occhi di Rachel fu amplificato di dieci volte e Quinn vide la sua immagine riflessa in uno specchio per la prima volta in dieci anni. Quinn fissò lo specchio per qualche minuto mentre ri-memorizzava le linee che componevano il suo viso e le cicatrici che formavano il suo passato. Tuttavia, capì che stava perdendo la forza più veloce di quanto pensasse, e vide se stessa iniziare a sbiadire.
 
"Quinn," Rachel soffiò angosciata mentre la bionda diventava quasi completamente invisibile di nuovo, anche il bagliore blu intorno a lei si stava dissipando velocemente.
 
"Va tutto bene", Quinn disse onestamente, rivolgendo un sorriso pieno a Rachel appena la bruna lasciò cadere il braccio che reggeva lo specchio al suo fianco: "Ho avuto modo di vedere me stessa, Rachel, ho avuto modo di vedere me stessa. Io non sono cambiata, sono ancora io. Mi sento un po’ più in pace adesso".
 
Quinn non si sentiva così tranquilla come stava cercando di trasmettere, ma per qualche ragione, voleva che Rachel vedesse il suo sorriso. Voleva che la bruna sapesse come appariva il sorriso di Quinn, quindi, forse, invece di immaginarsela sbuffare per tutto il tempo, Rachel avrebbe potuto dipingere Quinn nella sua mente con un sorriso quando non avrebbe potuto più vederla.
 
Appena Quinn sentì l'ultima scintilla di energia lasciare il suo corpo, osservò cambiare l'espressione di Rachel dal terrore all'agonia, e quando Rachel strinse lo specchio e lo portò vicino al suo petto, scuotendo la testa e ripetutamente sussurrando "no", Quinn seppe di essersene andata di nuovo. Come anche il resto delle energie lasciò Quinn, cercò di sussurrare “Andrà tutto bene” a Rachel prima di chiudere gli occhi e immaginare il suo letto per tornare a casa.
 

 
Rachel rimase in cucina, da sola, gli occhi senza vita mentre malediceva il calore che si stava spandendo per tutto il suo corpo. Lei silenziosamente maledisse le sue dita mentre l'intorpidimento dal freddo svanì. Quinn non c'era più. Quinn se ne era andata e Rachel non sapeva se sarebbe mai stata in grado di tornare, visibile o meno.
 
"Rachel...?" la bruna sentì da dietro di lei.
 
"Per favore," Rachel sussurrò: "Lasciatemi in pace".
 
Rachel sentì tacere mentre immaginava i suoi papà osservare il disastro in cucina. E poteva biasimarli? Le sedie erano rovesciate, i capelli di Rachel aggrovigliati dai venti creati da Quinn, e c’era uno specchio, rotto, sul pavimento ai suoi piedi.
 
"Se n’è andata?" Leroy chiese tranquillamente, non entrando in cucina.
 
Rachel guardò giù verso i vari pezzi di vetro ai suoi piedi, lo sguardo fisso nel suo riflesso rotto in frammenti di vetro sul pavimento, sospirò: "Si, se n'è andata."
 

 
Quinn nuotò nel buio totale. Non aveva mai usato così tanta energia prima, nemmeno quando stava apprendendo e spingendo se stessa al limite per scoprire come usare i suoi poteri spettrali. Tra il panico e il seguire Rachel in ospedale, l'incontrare i padri di Rachel e fare piccole cose per provare la sua esistenza, la lotta che l'aveva portata fino a materializzarsi, e le emozioni che aveva cercato di affrontare, Quinn aveva letteralmente speso tutta la sua energia. Lei non sapeva nemmeno se fosse riuscita a tornare al suo letto prima che tutto diventasse nero.
 
Quinn cercò di muovere le dita o piedi, qualsiasi cosa, e lei gemette mentalmente per la frustrazione quando nulla si mosse. Era questo? Quinn non poteva aprire gli occhi - le sue palpebre erano troppo pesanti - ma sapeva che aprirli avrebbe alimentato la paura. Aveva fatto qualcosa di sbagliato? O qualcosa di giusto? Lei sarebbe andata oltre? Oh, Dio. Lei si fece prendere internamente dal panico. Non era pronta a trapassare. Non era nelle sue intenzioni farsi vedere da Rachel, non era nemmeno sicura di come fosse successo! La sua ipotesi migliore era che la sua rabbia estrema si era combinata al fatto che Rachel fosse rimasta in piedi dentro di lei, forse aveva trasferito alcune delle sue energie a Quinn, le aveva dato la possibilità di mostrare realmente se stessa.
 
"Per favore", Quinn riuscì a sussurrare, nonostante la sua gola fosse incredibilmente stretta e il petto le facesse male come se non potesse respirare e non avesse ricevuto aria a sufficienza "mi dispiace se ti ho fatto infuriare, Dio... Ma per favore non prendermi ora. Avresti potuto prendermi in qualsiasi momento prima d'ora, in qualsiasi momento nel corso di questi ultimi dieci anni, ma adesso...", Quinn fece una pausa e tossì un paio di volte prima di provare a pronunciare un altro paio di parole nel buio "non mi puoi prendere adesso! Ho un motivo per rimanere ora. Ho bisogno... Ho bisogno di capire da cosa dipenda e quanto sia profonda la mia connessione con Rachel. So che non puoi averla introdotta nella mia vita solo per strapparmi via da lei così...", concluse con una voce così calma, non era nemmeno sicura che fosse davvero riuscita a soffiare quelle ultime parole oltre le labbra.
 
Quinn aspettò di vedere un raggio gigante di luce risplendere giù dal cielo, o di trovare se stessa improvvisamente fluttuante tra le nuvole, insomma, il modo in cui aveva visto il cielo raffigurato nei film. Invece, non accadde nulla. Era ancora incassata nel buio più totale, non era nemmeno sicura di essere sdraiata sul suo letto, e venne inghiottita dal silenzio.
 
Silenzio. Il fantasma sentì il petto stringersi sempre più come cercava di girare la testa di lato per guardarsi intorno. Quanto tempo era stata distesa lì? Rachel sapeva dove fosse? Rachel... Era sembrata in agonia quando Quinn era scomparsa... Perché? Per amore di Quinn? La bionda gemette come lasciò la testa appoggiarsi a sinistra. Non poteva andare avanti, ancora... Doveva capire cosa stesse succedendo con Rachel. Tutte quelle dannate sensazioni che Rachel faceva provare a Quinn... Quinn non poteva essere andata via, ancora.
 
"Quinn?" La bionda senza vita sentì subito un senso di pace giungere su di lei come sentì una voce sussurrare il suo nome. "Quinn, sono qui per te adesso."
 
Lei sorrise, nonostante lo sforzo enorme che le costò. La voce angelica la invase e, tutto ad un tratto, tutte le sue preoccupazioni si persero nel buio attorno a lei mentre una luce incredibilmente luminosa la invase.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***



Capitolo 6

Una settimana dopo la scomparsa Quinn, Rachel scoprì che sparare la musica a tutto volume per cercare di soffocare il silenzio nella sua mente, non serviva a nulla. Dopo due settimane, la bruna iniziò a considerare le parole "vivo" e "morto" come parolacce, e di conseguenza iniziò ad ammonire tutti coloro che le usavano.
 
Rachel si svegliò quel Mercoledì mattina, la mattina esatta che segnava esattamente due settimane senza Quinn, e gemette. Ci fu un leggero bussare alla porta e Rachel a malapena girò la testa verso il rumore prima di chiedere: "Si?"
 
Leroy infilò la testa dentro, e sorrise dolcemente a Rachel, "Hai ancora dieci minuti prima di poter dire che hai ufficialmente dormito troppo, di tre ore, Rachel. Ti piacerebbe stare a letto ancora, oggi? Tuo padre ed io abbiamo deciso, dopo aver sentito dal piano di sotto il tuo ennesimo grazioso lamento, che potresti avere bisogno di un altro giorno di riposo. Ci rendiamo conto che sei ancora sconvolta e siamo completamente disposti a consolarti nel corso del tuo periodo di smarrimento. Ma, hai veramente bisogno di fare almeno una doccia oggi. Tuo padre ed io non ti abbiamo detto niente ieri," disse l'uomo, presso la porta "ma ormai sono sicuro che ti accorgi anche tu che lavarti è una buona opzione. Apprezzeremmo. Inoltre, la colazione è sul tavolo. Pur comprendendo che l'elaborazione del lutto è emotivamente scoraggiante, penso anche che sia una buona idea che tu mangi qualcosa."
 
Detto questo, Leroy annuì e chiuse la porta. Rachel fissò l’uscio prima di spostare la testa all'indietro per fissare il soffitto.
 
Okay, forse era depressa, Rachel pensò, mentre era distesa dritta sulla schiena, fissando e trasalendo contro il fascio di luce che attraversava le persiane. Aveva motivo di essere depressa, però. Tre ragioni evidenti, in realtà. La bruna fissò uno spazio tra le nuvole al di fuori mentre pensava a Quinn. Bella, dannata, giovane Quinn, il suo fantasma. Il suo fantasma. Due settimane sono un periodo troppo lungo.
 
"Due settimane sono un periodo troppo lungo," Rachel ripeté, dando voce ai suoi pensieri. Ma Quinn non era l'unica ragione per cui era depressa, anche se, era la ragione principale.
 
C'erano gli incubi. Certo, Rachel aveva sempre avuto l'incubo dell'incidente ogni paio di mesi, ma questi erano diversi. Nelle ultime due settimane, o aveva dovuto subire tali nuovi incubi o non aveva sognato affatto. L'aveva preso come un segno della mancanza di Quinn, ma qualcosa non andava. C'era qualcosa di terribilmente sbagliato. Se Rachel non avesse saputo di più, lei avrebbe detto che questi incubi avessero qualcosa a che fare con le Ombre, e lei non sapeva come gestire questa situazione da sola. Lei suppose che la stessero riconducendo di nuovo a Quinn, ironicamente. Tutto sembrava portare Rachel indietro verso Quinn ora.
 
Eccetto i suoi cosiddetti amici. Essi non la portavano a sentire la mancanza di Quinn, avevano voltato le spalle alla mancanza di Quinn. Erano terribili. Tutto quello che Rachel voleva fare era essere in grado di passare un po' delle vacanze a stare al passo con gli esercizi vocali, ma loro si rifiutavano ancora di vederla. Finn aveva chiamato un paio di volte al giorno, ma Rachel aveva ignorato la chiamata ogni volta. Puck semplicemente si era rifiutato di riconoscere persino che lei fosse viva. Buon per lei, Rachel avrebbe potuto pensare, dal momento che nemmeno lei avrebbe potuto riconoscere di essere ancora viva.
 
Quinn se n'era andata. Quel pensiero attraversava la mente di Rachel innumerevoli volte al giorno, in un'ora, in un istante. Quinn se n'era andata. Era trapassata? Aveva solo deciso di lasciare Rachel? E se fosse stata colpa di Rachel? Quinn era stata portata via perché Rachel l'aveva vista?
 
"No", Rachel sentì una voce quasi irriconoscibile rispondere ai suoi pensieri: "Non è stata colpa tua. Lei non se n'è semplicemente andata. lei non se ne sarebbe andata volontariamente. Forse ha bisogno del tuo aiuto... Ti sei mai fermata a pensare a questo? Magari mentre stai sguazzando nel tuo inferno personale, Quinn sta aspettando che tu vada a salvarla."
 
Rachel fissò gli spazi tra le nuvole per qualche istante ancora prima di lasciar andare una breve risata. "Alzati", la voce disse ancora: "Alzati". Ci volle un momento prima che Rachel realizzasse che la voce veniva da lei stessa, la voce era la sua.
 
E così si alzò. Lentamente, Rachel appoggiò i piedi a terra e tenne la testa alta per la prima volta da settimane. Certo, Rachel era andata a casa di Quinn due volte dopo l'incidente, la prima volta era stata il giorno dopo, e non aveva trovato nulla, mentre la seconda era stata una settimana più tardi e ancora una volta non aveva trovato nulla. Una parte di Rachel era terrorizzata di tornare e non trovare niente, nessun segno di Quinn, ma una parte più grande di lei era più terrorizzata di vivere un altro giorno dentro la sua tossica mente. Infilò un paio di scarpe da tennis mentre si dirigeva fuori dalla porta della sua camera, quasi in stato di trance.
 
Rachel si fermò in fondo alle scale e ascoltò i suoi padri parlare di lei sul tavolo della colazione. La bruna, in un paio di pantaloni sbiaditi della tuta con la scritta “McKinley, anno 2000” stampata sul sedere e una semplice maglietta bianca con lo scollo a V, rapidamente si fece strada fuori dalla porta d'ingresso inosservata. In verità, pensò, i suoi padri probabilmente non avrebbero notato in ogni caso la sua assenza, dal momento che era praticamente stata chiusa nella sua stanza per le ultime due settimane, la bellezza della pausa invernale.
 
La bruna silenziosamente si maledisse per essere uscita di casa con né una giacca né le chiavi dell'auto, come iniziò la sua corsa in mezzo alla strada. Tutto ciò che Rachel sapeva era che nessuna quantità di neve o tempo ghiacciato di Lima le avrebbe impedito di arrivare da Quinn. Non poteva rinunciare, non poteva, e lei avrebbe potuto prendersi a calci per star facendo proprio questo.
 
Mentre il vento sferzava i capelli di Rachel intorno al suo viso e le bruciava gli occhi al punto da quasi strapparli, iniziò a correre. Corse davanti alle abitazioni dei suoi compagni gleek e non le degnò di uno sguardo. Corse sulle crepe nel marciapiede e saltò i cumuli di neve in strada. Corse oltre l'albero di ciliegio nel giardino davanti di Quinn e corse su per le scale del portico. Rachel fece una pausa, tuttavia, come la mano che si librò sulla maniglia. Era abituata a sapere che poteva semplicemente entrare e che sarebbe stato ok, ma adesso? Sarebbe stata chiusa a chiave? Qualcuno l'aveva rotta mentre Quinn non era in giro a spaventare gli intrusi fuori? La mano di Rachel si scosse, e cercò di rifletterci ancora, prima di inspirare e ruotare il polso con un movimento rapido, girando la maniglia e aprendo la porta.
 
Il secondo in cui Rachel attraversò la soglia, fu  presa dal panico. Doveva trovare Quinn questa volta, doveva trovarla a tutti i costi. Quinn doveva essere li. Non c'era altra spiegazione e nessun altra opzione. Quinn era li, Rachel se lo sentiva.
 
"Quinn?" Rachel chiamò mentre correva in cucina. Niente. Rachel ripeté il suo appello mentre correva attraverso il corridoio e nel soggiorno. Ancora una volta, niente. Lei si sarebbe accorta della presenza di Quinn il momento esatto in cui fosse entrata nella sua stessa stanza, perché sarebbe stata incendiata da quella corrente elettrica che passava attraverso il suo corpo solo quando il fantasma vi si aggirava intorno. Rachel esaminò l'intero piano di sotto prima di farsi strada in tutta fretta fino al secondo piano.
 
La bruna si passò una mano tremolante tra i capelli mentre salì l'ultimo gradino e mise il piede sul pavimento di legno massiccio. Le sue Nike non fecero alcun rumore mentre lentamente si diresse verso la stanza in cui era stata in piedi con Quinn prima che tutto l'inferno si scatenasse. La camera di Quinn. Il santuario. Qualsiasi cosa. Rachel si fermò sulla porta mentre lasciò i suoi occhi vagare per la stanza con attenzione, tenendo conto di ogni dettaglio, guardando se qualcosa fosse fuori posto. Il suo fiato si smorzò quando notò un piccolo dettaglio che davvero non avrebbe dovuto esserci.
 
Il rientro nel cuscino sul letto di Quinn. Che non c'era due settimane prima. Che non c'era una settimana prima. Le sopracciglia di Rachel si aggrottarono insieme e la sua faccia si contorse in preda alla disperazione, appena lei entrò nella stanza, sperando di sentire quella scossa di energia elettrica mentre lo faceva. E lei la sentì. "Oh, Quinn," Rachel soffiò fuori, quasi in silenzio, mentre si avviò a grandi passi verso il letto. "Quinn," Rachel ripeté, più forte, come pregando per una risposta.
 
Quasi immediatamente, le orecchie di Rachel colsero il suono di un basso gemito da qualche parte nel petto di Quinn, e Rachel si sentì come se potesse finalmente tirare un sospiro di sollievo di nuovo per la prima volta dopo due settimane.
 
Rachel cadde in ginocchio al fianco del letto di Quinn e portò le mani al petto, cercando di calmare il suo petto ansante mentre affermò chiaramente, "Quinn, sono qui per te adesso." Il sorriso che si dipinse sul volto di Rachel fu involontario, come sentì gemere Quinn in segno di apprezzamento, questa volta molto meno strozzato.
 
La bruna si alzò e si morse il labbro mentre guardò giù preoccupata verso il rientro sul cuscino. "Io non ti lascerò di nuovo," Rachel sussurrò come i suoi occhi si addolcirono immensamente, "Lo prometto". Si spostò per aprire le tende della piccola finestra nella stanza. Il bianco luminoso della neve al di fuori della casa illuminò tutto lo spazio. Rachel controllò il suo cellulare per le chiamate senza risposta prima di sedersi sul lato del letto in cui Quinn era sdraiata. Appoggiò la testa contro il comodino e poggiò la mano sul letto, solo in modo che Quinn potesse sapere che lei era lì. Nel giro di poche ore, Rachel cadde addormentata, senza muoversi di un centimetro.
 

 
Quinn aprì gli occhi per la prima volta in non sapeva quanto tempo. Aveva la forza di sollevare le palpebre, pensò, così che era un fatto positivo. Perché era così luminoso? Perché la sua mano stava formicolando e perché sentiva... "Rachel", sussurrò Quinn appena i ricordi di tutto invasero di nuovo la sua mente. I ricordi di Rachel corsero alla sua casa, l'ospedale, l’incontro con i padri di Rachel, la lotta, e... Rachel che l'aveva vista. Tutto precipitò su Quinn e lei emise un gemito per il sovraccarico di sensazioni. "Rachel", il fantasma ripeté mentre prendeva un respiro tremolante "devo andare da Rachel". Per quanto tempo aveva dormito? Era stata addormentata? I pensieri di Quinn furono interrotti mentre il fastidio nella parte posteriore della sua mente divenne più forte. Perché aveva il formicolio alla mano? Dopo pochi secondi di preparazione, Quinn trovò la forza di girare la testa a destra. Emise un sospiro tranquillo riuscendo a voltare tutto il corpo in modo da stare sdraiata sulla pancia con il viso a quindici centimetri da Rachel.
 
"Ciao, Quinn," Rachel sussurrò, non molto sveglia, e il respiro di Quinn se ne andò nel vedere la faccia della ragazza di nuovo. Il modo in cui l'espressione di Rachel sembrasse così distrutta, ma tenera e premurosa.  Il modo in cui gli occhi della ragazza erano rossi e gonfi in modo tale da mostrare che aveva pianto per giorni e giorni, forse settimane. Ma soprattutto, il modo in cui i capelli di Rachel era tirati indietro in uno chignon disordinato, con i capelli incollati a ciocche che cadevano per incorniciare il suo viso perfetto. La bruna in silenzio interruppe i pensieri di Quinn con una voce insolitamente bassa, "Parli come se avessi visto un fantasma, Quinn."
 
Il sopracciglio perfettamente scolpito di Quinn si arcuò mentre scoppiò in una risata calma e lasciò cadere il mento sul letto. "Penso di averlo visto" ammise "perché non sei sicuramente la stessa Rachel che ho lasciato..." lei si affievolì, incrociando gli occhi di Rachel mentre aspettava che la ragazza finisse la frase al suo posto.
 
"...due settimane fa," Rachel aggiunse, a bassa voce, la sua voce ancora più tranquilla rispetto a prima, "Oggi è stato il primo giorno che ho potuto sentire la tua presenza abbastanza da sapere che..." si spense, e Quinn notò il nodo alla gola.
 
"Hai pensato che io fossi trapassata", disse la bionda, lasciando cadere il suo sguardo fino al punto in cui la mano di Rachel giaceva nella sua.
 
"Non sapevo cosa pensare", disse Rachel, stringendosi nelle spalle leggermente mentre rimase con la schiena contro il comodino, come se fosse l'unica cosa a tenerla in posizione verticale.
 
"Sei stata fuori alla ricerca di... Me?" Quinn chiese come spostò il suo corpo in modo da avere  la testa appoggiata sulle braccia conserte sotto di lei.
 
I suoi occhi smeraldo videro una nube su Rachel per il senso di colpa. "No," Rachel sussurrò in un singhiozzo spezzato, "Sono venuta qui due volte, la prima subito dopo la tua scomparsa e poi di nuovo una settimana dopo. Non riuscivo... a sentire la tua presenza, per nulla. Non sapevo dove altro guardare e io non sapevo nemmeno dove altro iniziare a cercare... Quindi sono solo rimasta nel mio letto", Rachel terminò con una piccola scrollata di spalle.
 
Quinn guardò Rachel, la guardò e basta, per qualche istante mentre prendeva atto di tutte le emozioni che le attraversavano gli occhi. Tuttavia, non appena lo sguardo di Rachel tornò verso Quinn e Quinn in esso vide la quieta disperazione, parlò di nuovo e la rassicurò con un tranquillo "Hai fatto più di quello che avrebbe fatto chiunque altro, Rachel. Sei tornata per me."
 
Gli occhi stanchi di Rachel si riempirono di lacrime come lei annuì e fissò gli occhi di Quinn. "Cosa ti è successo?" la bruna chiese.
 
Quinn sospirò e riuscì a girarsi su se stessa per coricarsi sulla schiena dall'altra parte del letto. Lei silenziosamente accarezzò il lato del letto che lei aveva precedentemente occupato e disse a Rachel, "Vieni qui".
 
Senza esitazione, Rachel si alzò e si tirò su nel letto accanto a Quinn. Quinn guardò la sua testa riposare nella cavità precedentemente lasciata da lei stessa e girarsi così che fosse sul fianco sinistro, guardando Quinn. Il fantasma sorrise tra sé e sé mentre lo sguardo di Rachel puntava dritto verso il su; come la ragazza riuscisse a farlo, Quinn non l'avrebbe mai saputo.
 
"Vai avanti," Rachel la esortò.
 
Quinn inspirò e scosse la testa. "Non so cosa mi sia successo," Quinn rispose onestamente, "Un minuto ero in piedi nella tua cucina, e quello successivo io stavo sparendo di nuovo. Solo, non sono semplicemente sparita visivamente. Apparentemente son diventata una effettiva immagine prosciugata da ogni fonte di energia che avevo. Ero praticamente oscurata e con il pilota automatico, perché in qualche modo son riuscita a materializzarmi nel mio letto prima che il mondo intero si oscurasse. Ero un po’ come..." Quinn fece una pausa, cercando di trovare le parole giuste, "quasi bloccata in una sorta di limbo. Ero consapevole dei miei sensi, del mio essere, ma non potevo aprire gli occhi e non avevo l'energia per esistere effettivamente del tutto. Poi ho sentito la tua voce e..."
 
Rachel solcò le sopracciglia in confusione. "Hai sentito la mia voce?" chiese.
 
Quinn annuì poi continuò: "Sì, ho sentito la tua voce. Hai detto che il mio nome, e poi hai detto che eri qui adesso. Mi sono sentita abbastanza tranquilla per consentire finalmente a me stessa di scivolare nel sonno." Quinn portò i suoi occhi fino a Rachel e adottò un’espressione confusa. "Perché sei così confusa, Rachel?" chiese.
 
"Perché è una cosa che ti ho detto appena un paio di ore fa, Quinn," Rachel dichiarò "significa che hai costretto te stessa a rimanere sveglia e in uno stato di limbo per due settimane."
 
Quinn fissò con gli occhi spalancati Rachel prima di lasciar uscire un'unica risata e borbottare "Non c'è da stupirsi che mi fosse sembrata un'eternità. E mi sono sentita sufficientemente tranquilla per dormire..."
 
"Quando hai saputo che ero qui", Rachel finì prima di aggiungere "Non devi essere realmente esistita prima di allora, dal momento che non ho potuto sentire la tua presenza prima di oggi. Devi lentamente recuperare la tua energia."
 
Quinn era ancora bloccata sul fatto che Rachel era stata quella che aveva permesso Quinn di essere finalmente in pace. Questa era una scoperta interessante. "Questo è affascinante," Quinn udì da Rachel, interrompendo i suoi pensieri.
 
"Che cosa, esattamente?" chiese appena si concentrò su Rachel di nuovo.
 
"Tutto questo su di te," la bruna precisò, "dopo tutto quello che hai passato, avresti dovuto già trapassare." Quinn si irrigidì. Rachel continuò, "Ti sei mai chiesta che cosa ti trattiene qui, Quinn...?"
 
"Lo facevo", disse la bionda a denti stretti, odiava parlare di quell'argomento, "pensavo che fosse solo perché ero stata così risoluta di non voler trapassare. Ora credo di avere un sospetto su quello che mi tiene qui, "disse Quinn, sospirando mentre i suoi occhi vagarono dalle scarpe da tennis di Rachel, a tutto il suo corpo fino agli occhi della ragazza. Come Rachel aprì la bocca per indubbiamente chiedere cosa intendesse Quinn, Quinn la interruppe. "Sono davvero ancora stanca, Rachel", disse il fantasma, non sentendosi poi così in colpa perché era vero, "Penso di aver bisogno di dormire ancora un po'."
 
Rachel fece un cenno di comprensione. "Sono assolutamente d'accordo. Dormi, Quinn, io sarò qui", disse, annuendo per precisare.
 
Quinn si girò in modo che lei fosse nuovamente sulla pancia e potesse tenere gli occhi su Rachel per ancora qualche minuto. Finì per addormentarsi seguendo il ritmo del torace di Rachel salire e scendere accanto a lei.
 

 
Rachel aprì gli occhi di colpo poche ore dopo. Non era stata sua intenzione addormentarsi, ma i suoni del respiro ritmico di Quinn, che le dicevano che la ragazza dormiva, avevano portato Rachel al sonno. Lei si girò immediatamente, ignorando momentaneamente il peso che sentiva lungo il fianco, mentre voltò la testa dove immaginava che fosse quella di Quinn. "Quinn," Rachel sussurrò frettolosamente, "sei sveglia?"
 
Rachel sentì uno spostamento d'aria di fronte al suo volto e sorrise piano, immaginando che Quinn le avesse appena dato uno schiaffo con la mano nel sonno. "Dai, Quinn, svegliati solo per un momento! Questo è più urgente!"
 
La bruna attese finché non sentì un gemito frustrato, seguito da un bofonchiato "Che vuoi, Berry?"
 
Rachel si spinse verso l'alto sui gomiti e sfrenatamente fece un gesto verso il cuscino che aveva appena lasciato libero, mentre eccitata disse: "C'era un rientro su questo cuscino, Quinn!"
 
Ci fu un momento di silenzio in cui Rachel assunse che Quinn stesse guardando il cuscino. La bionda tornò a osservare Rachel prima di affermare piano "Sì, Rachel, tende ad accadere quando si mette la testa sul cuscino. Tu seriamente mi hai svegliata per dirmi questo? Io ho bisogno di riposo prima di..."
 
"Lo so," Rachel concordò rapidamente, interrompendola, "ma Quinn, voglio dire, quando ti ho trovata prima, avevi lasciato una rientranza sul cuscino. Potei vederti perché vidi il rientro!"
 
La stanza divenne pesante appena scese un denso silenzio. L'unico suono che si sentiva era una combinazione frastagliata del respiro costante di Quinn mescolato con il vento che colpiva forte contro la casa. Rachel attese pazientemente, ancora appoggiata sui gomiti, mentre lasciò Quinn elaborare queste informazioni. Ma che cosa significava? Quinn stava diventando un tipo più forte di fantasma? O forse era tutta un'altra cosa quella che stava accadendo?
 
La bruna si concentrò sul muro dietro il letto, nella direzione in cui immaginava che fosse la testa di Quinn, pensando criticamente su quali e quanti libri avrebbe dovuto spulciare appena tornata a casa per vedere che cosa significasse questa novità, quando sentì il tessuto della sua T-shirt accartocciarsi su se stesso. No, quello era sbagliato. La sua maglietta era nel pugno della mano di qualcuno. "Quinn, per favore dimmi che..."
 
"Tranquilla," Rachel sentì Quinn sussurrare da un solo fiato: "Ho bisogno di concentrarmi." Rachel rimase congelata mentre i suoi occhi guardavano il cotone della sua maglietta raggrinzirsi in un pugno invisibile. I suoi occhi castani scattarono verso il basso per verificare… Ah, sì. Ora Rachel poteva vedere un rientro nel materasso dove il corpo di Quinn giaceva.
 
"Che cosa sta succedendo?" si ritrovò chiedere al fantasma, e Rachel sentì un piccolo strattone che la tirò verso il vuoto nel letto.
 
"Non lo so" sussurrò Quinn , "ma ho paura di staccare gli occhi dalla mia mano, perché potrebbe rompere l'incanto." Rachel non poté che annuire in silenzio in accordo. Ci fu uno spostamento nel letto, Rachel rimase a bocca aperta, e sentì il materasso muoversi e Quinn andare più vicino alla bruna, e improvvisamente l'orecchio destro di Rachel andò in fiamme, come infilzato da mille spille e aghi, e sentì un sussurro "Questo è reale, giusto? io non sto sognando e non è un'allucinazione, non è vero?"
 
Rachel scosse la testa, la sua mandibola slogata in stato di shock, la sua bocca si muoveva senza parole. I suoi occhi scuri tornarono verso la stoffa aggrinzita della maglia in cui Rachel sentiva le nocche di Quinn premute contro la sua cassa toracica. Per la prima volta, Rachel Berry era rimasta senza parole.
 

 
Quinn rimase paralizzata a fissare la sua stessa mano. Il modo in cui le sue dita si stringevano a pugno nel tessuto della maglia di Rachel, il modo in cui poteva quasi sentire il cotone sotto le sue dita. Era come se la sensazione fosse proprio lì, sulla punta delle dita, appena fuori portata, ma abbastanza vicina da provarla. Cosa più importante per Quinn non era la sensazione del cotone, quanto la sensazione effettiva di sentire Rachel respirare. Poteva sentirla nel modo in cui la sua mano saliva e scendeva, era la frequenza cardiaca accelerata della bruna.
 
"Ho troppa paura che se ti lasciassi andare..." disse Quinn, spezzando il silenzio con la sua voce flebile, non alzando la voce, e cercando di non cambiare nulla. Non capiva il suo improvviso senso di essere un essere quasi fisico, ma non voleva nemmeno metterlo in dubbio. Quinn non sapeva per quanto tempo sarebbe durato, o se addirittura ci fosse veramente, così aveva intenzione di trarre il massimo vantaggio da esso. Il fantasma con riluttanza lasciò andare la maglietta di Rachel e fissò negli occhi di cioccolato, distesa sulla schiena. "Alza la mano", Quinn comandò.
 
Rachel la fissò in confusione. "Perché l'hai lasciata andare?" chiese, quasi in preda al panico, "L'hai lasciata andare di tua spontanea volontà o..."
 
"Alza la mano, Rachel," Quinn ripeté, stranamente calma. Dopo una lieve esitazione, Rachel obbedì e alzò la mano in modo che il palmo fosse rivolto verso Quinn e mise semplicemente il resto del suo peso su l'altro braccio.
 
Lentamente, e anche dolorosamente, Quinn alzò la mano e portò il palmo della sua mano fino a premere contro quella di Rachel. La bionda esitò quando le loro mani stavano per entrare in contatto. Quinn continuò a fissare la mano aspettando che passasse semplicemente attraverso quella di Rachel, come faceva con tutto il resto a meno che non si fermasse volontariamente su un oggetto prima di passarci attraverso. Quinn avrebbe potuto creare l'illusione per se stessa abbastanza facilmente, ma non aveva mai cancellato il fatto che lei alla fine sarebbe passata attraverso qualsiasi cosa lei avesse toccato, che lo volesse o meno.
 
Rachel sembrò percepire la paura di Quinn e Quinn notò che questo placava la trepidazione di Rachel, la bruna parlò a voce bassa, "Va tutto bene, Quinn. Non aver paura. Toccami". L'ultima parte della frase Rachel uscì appena più forte di una boccata d'aria, ma Quinn la sentì forte e chiara.
 
Il fantasma tenne gli occhi chiusi ermeticamente e spinse la mano in avanti, colmando il vuoto tra i due palmi, e incontrò resistenza. La sua mano aveva incontrato resistenza. Quinn inspirò un respiro rotto. La sua mano aveva incontrato resistenza. Lei gradualmente aprì gli occhi e notò Rachel fare la stessa cosa, solo che Rachel aveva le lacrime agli occhi e Quinn immediatamente capì che stava cercando di trattenerle.
 
Tra i corpi di Quinn e Rachel, le loro mani si libravano in aria, premute saldamente l'una contro l'altra. Entrambe le ragazze guardavano affascinate, e qualche tempo dopo, le lacrime trattenute rigarono le guance di Rachel sino alle labbra mentre le tirò in un sorriso. Rachel intrecciò le dita con Quinn e strinse forte.
 
Fu in quel momento che Quinn venne sopraffatta delle emozioni. Non nuove emozioni, non emozioni particolarmente più forti di qualsiasi altra che avesse provato quando stava vicino a Rachel normalmente, ma emozioni che fecero bruciare il suo petto come se fosse incandescente come aveva fatto il giorno in cui era morta. E poi improvvisamente Quinn si spinse in avanti e premette le sue labbra contro quelle di Rachel. Qualcosa esplose nella parte più nascosta della mente di Quinn, quando le loro labbra entrarono in contatto e suoi sensi sembrarono esplodere. Riusciva a gustare il burrocacao alla vaniglia che Rachel aveva sulle labbra, sentì il labbro inferiore di Rachel tra i suoi, udì il sussulto di Rachel il momento del contatto, e Quinn sentì esattamente quando Rachel cominciò a ricambiare il bacio meno di un secondo più tardi.
 
Quinn sentì due piccole mani stringere la parte davanti della sua camicetta e tirarla su verso Rachel. La bruna approfondì il bacio. Il fantasma avvolse le mane nelle ciocche castane fino a quando spinse Rachel sulla schiena e le permise di tirare Quinn sopra di lei. Si baciarono freneticamente e senza esitazione, Rachel non osando respirare e Quinn non avendone bisogno.
 

 
Rachel assaporò la sensazione della camicia di Quinn tra le mani e il peso della bionda su di lei. Il suo corpo e la mente non erano collegati in quel momento, e di questo Rachel fu grata, perché non voleva mettere in discussione nulla, voleva solo sentire. Rachel voleva solo chiudere gli occhi, immaginare Quinn mentre la stava baciando, il modo in cui i penetranti occhi nocciola della ragazza erano chiusi e il modo in cui le sue labbra rosa si muovevano contro di lei proprio in perfetta sincronia.
 
Le ragazze furono graziate di altri tre secondi prima che Rachel non sentisse più il confortante peso di Quinn su di lei. In un batter d'occhio, l'intero corpo di Rachel si infiammò di agonia quando formicolii e pizzicori esplosero ovunque in lei. Quinn era tornata al suo stato precedente ed era caduta attraverso, e dentro, la bruna.
 
Rachel gridò in un gemito rotto in preda all'angoscia perché il dolore straziante sparì e capì che il corpo di Quinn aveva subito lanciato Rachel non appena si era resa conto di cosa fosse successo. Quinn era stata strappata via da lei, la bruna non pensò di potercela fare questa volta. Rimase supina come il suo viso si deformò dalla disperazione e il suo corpo venne dilaniato dai singhiozzi. Sentì un formicolio calmante sulla guancia come Quinn disperatamente sussurrò: "Ti prego non piangere, Rachel... Mi dispiace. Mi dispiace tanto".
 
Le mani tremanti di Rachel strinsero il tessuto della sua T-shirt all’altezza del cuore mentre cercò di parlare tra le lacrime fallendo orribilmente. Sentì la sensazione familiare di formicolio lungo il suo fianco sinistro e cingerle tutto intorno la vita. "Mi dispiace tanto," Quinn continuò a ripetere nell'orecchio di Rachel, in tono assolutamente devastato, e Rachel improvvisamente si rese conto che Quinn sembrava stanca. Rachel in fretta si chiese quanta energia avesse speso Quinn a fare tutto quello.
 
"Tranquilla," sussurrò Rachel, la sua voce roca e graffiante dai singhiozzi, "semplicemente vai a dormire, Quinn. Riposati".
 
La bruna decise di seguire il suo stesso consiglio proprio quando le sue lacrime cessarono e le palpebre iniziarono a chiudersi di propria iniziativa. Qualche tempo dopo, Rachel vagamente udì un altro: "Mi dispiace", prima di sentire il fantasma darle un bacio sulla guancia. Si addormentò meno di un secondo più tardi.
 

 
Quando Quinn si svegliò, Rachel non c'era più. Quinn si mise a sedere e si passò le mani tra i capelli, trasalendo ai nodi che sentì. Probabilmente a causa delle mani di Rachel. Quinn si fermò. Guardò dritto attraverso la stanza in stato di shock assoluto prima che tutto definitivamente affondasse. Era stata una presenza fisica, e aveva sostanzialmente sentito e gustato le cose per la prima volta in dieci anni. Quinn era stata quasi reale. E lei aveva baciato Rachel. E Rachel aveva risposto al bacio.
 
Ed era come se non fosse mai accaduto. Solo che lo aveva fatto. Lo aveva fatto e poi Quinn era caduta attraverso Rachel e ora Rachel non c'era più. E Quinn aveva baciato Rachel.
 
Come se una maschera fosse stata tolta, l'esterno di Quinn fisicamente difettava e il suo petto si sollevò una volta prima che tutto il suo corpo cedesse. Quinn sentì i fantasmi delle sue lacrime inondarle il viso e sembrò annegarci mentre lottava per non soffocare nei singhiozzi.
 
"Perché?" Quinn urlò al soffitto. Lei era esausta, garantito, da tutto ciò che era stata in grado di fare. Eppure lei raccolse l'energia per inclinare la testa indietro e far vagare lo sguardo sul soffitto verniciato, urlando: "Perché?" più e più volte.
 
"Perché mi hai dato lei solo per portarla via di nuovo? Perché l'hai mandata da me a prescindere? Qual è lo scopo in questo, Dio? Cosa stai cercando di fare? Quali saranno le conseguenze per me?" Quinn urlò in rapida successione prima di cadere in avanti con la faccia sul letto. Maledisse mentalmente le stupide ‘Leggi dei fantasmi’ e chiunque le avesse inventate per il fatto che non poteva cadere attraverso un pavimento o un letto, ma che non sarebbe, senza dubbio, mai stata in grado di tenere la mano di qualcuno di nuovo. Non come aveva fatto con Rachel.
 
Con il viso premuto nelle lenzuola che avrebbero dovuto essere intrise di lacrime, Quinn fissò con aria assente il muro dall'altra parte della stanza. Con i suoi occhi vitrei, guardò attraverso le decine di immagini di sé, e pensò. Rimase così per ore e pensieri. Era chiaro dunque che lei nutriva sentimenti per Rachel, di quelli intensi che non credeva di essere destinata a provare mai. Ma erano lì, e Quinn non voleva negarli. Pensò al perché Dio avesse mandato Rachel nella vita di Quinn quando Egli sapeva che lei si sarebbe innamorata di lei.
 
Dopo ore passate sui versetti della Bibbia a ricordare che i suoi genitori l'avevano fatta crescere con i dettami della chiesa, Quinn giunse a una solida conclusione, a suo avviso. Sarebbe andata all'inferno. Quinn era destinata ad essere mandata giù e a trascorrere l'eternità all'Inferno, e questo è quanto. I suoi dieci anni da fantasma erano chiaramente stati una sorta di limbo, e quindi Dio aveva mandato Rachel nella sua vita per spedirla all'Inferno.
 
Nuove lacrime riempirono gli occhi di Quinn mentre immaginò che fosse probabilmente la prima tappa dell'Inferno, il primo cerchio o qualcosa di simile. Non lo sapeva. Tutta Quinn sapeva era che era l'unica conclusione che avesse senso. Quello era l'Inferno, o l'amore. Giusto? Ripensò al matrimonio dei suoi genitori e si chiese se ci fosse davvero qualche differenza nel complesso.
 

 
Una manciata di ore dopo, Quinn si mise a sedere e si passò una mano tra i capelli per spostare la frangetta scesa sugli occhi. Il sole cominciava ad affacciarsi sul davanzale della sua finestra e lei presunse che fossero circa le sei o le sette del mattino. Il fantasma vide l'inutilità di alzarsi dal letto quando non c'era niente per cui alzarsi. Rachel era andata via, e probabilmente la odiava, per quel che poteva contare. Era stata sia visibile che materica nel giro di due settimane e poi entrambe le qualità le erano state strappate via, che senso aveva tutto ormai?
 
Nonostante tutto questo, però, Quinn si alzò. Avrebbe potuto essere privata di tutto ed essere ridotta a meno di niente, ma Quinn Fabray non era una che si arrende facilmente. Non volendosi sentire un fantasma più di quanto non fosse già, Quinn si trascinò fuori dalla sua stanza invece di sbattere le palpebre e portare se stessa al piano di sotto in un istante. Quinn si fermò sull'ultimo gradino delle scale, la fronte corrugata in confusione, quando udì la TV parlare dolcemente in salotto e sentì la presenza di Rachel.
 
Quinn rimase radicata in quella posizione, mentre si domandò perché Rachel fosse ancora lì e se ne valeva la pena rendere nota la sua presenza alla ragazza. Andavano ancora d'accordo? Come avrebbe voluto che Rachel reagisse? Come avrebbe reagito Quinn se i ruoli fossero invertiti? Quinn spalancò leggermente gli occhi quando improvvisamente si rese conto che se lei poteva sentire la presenza di Rachel allora, a sua volta, Rachel probabilmente poteva sentire…
 
"Quinn?" Rachel gridò dal soggiorno. Merda.
 
"Si, Rachel," Quinn richiamò dal suo stesso punto, "Sono io".
 
Ci fu un momento di silenzio prima di un blando "Ho pensato tanto," le rispose ancora, "Era più che altro una domanda sottilmente aperta sul motivo per cui sei stata in piedi nello stesso punto per gli ultimi quindici minuti".
 
Quinn alzò le sopracciglia leggermente in soggezione. Era davvero rimasta così a lungo? Magnifico, Quinn, perché non è ovvio.
 
"Oh," Quinn sentì arrivare tranquillamente dall'altra stanza, puntando la sua attenzione al muro tra le ragazze, "hai voglia di evitarmi, Quinn? Se è così, posso andare a sedermi in un'altra stanza. Tuttavia, non me ne vado, mi scuso. Ti ho promesso che non ti avrei lasciata ancora una volta, cosicché è così, suppongo."
 
Quinn girò la testa un po' come le sue palpebre si chiusero e un sorrisetto piccolo si formò sulle labbra. Lei scrollò le spalle e si diresse in salotto prima di prendere posto sulla poltrona posta in diagonale di fianco al divano in cui Rachel era distesa. Quinn sorrise debolmente mentre silenziosamente preso atto del fatto che quando Quinn si stravaccava sul divano, i piedi penzolavano oltre l'orlo, ma quando Rachel stava sdraiata sul divano, i suoi piedi a malapena raggiungevano il bordo.
 
Il sorriso di Quinn vacillò brevemente quando i suoi occhi catturarono un piccolo dettaglio che non era sicura di avere colto prima. "Hai indossato quelli per tutto questo tempo?" chiese lei con voce ferma mentre continuò a fissare i pantaloni della tuta che Rachel indossava.
 
La bruna lentamente distolse l’attenzione da ‘Qualcuno volò sul nido del cuculo’ sul piccolo schermo per incontrare gli occhi di Quinn (come sempre) prima di avere la decenza di arrossire leggermente sulle guance. "Uhm, si, credo di averli già da un po’. Vedi," Rachel iniziò mentre fraintese il silenzio di Quinn per rabbia, "la seconda volta che sono venuta qui a cercarti mi è capitato di inciampare sul tuo cassetto di vecchi vestiti, da quello che ho ipotizzato erano del tuo ultimo anno di scuola superiore così, abbiamo la stessa età, e io..." la sua voce si affievolì.
 
Quinn piegò la testa di lato e guardò con aria interrogativa Rachel mentre McMurphy dall'interno del televisore chiedeva "Chi di voi coglioni ha le palle?"(*)
 
La bionda guardò tirare un piccolo sorriso sulle labbra di Rachel e capì che la bruna aveva colto l’ironia della battuta. “Avevo solo bisogno di sentirmi vicina a te”, disse Rachel dopo un momento di esitazione, "Avevo bisogno sentirmi al sicuro e ho effettivamente avuto qualcosa per ancorare a terra la mia sanità mentale, perché ero sicura che stavo perdendo la testa."
 
"Sei arrabbiata con me?" Rachel chiese bruscamente facendo si che Quinn uscisse fuori dei suoi pensieri e si levasse il sorriso goffo dalla faccia che era in qualche modo comparso dopo aver sentito cosa diceva Rachel.
 
"Non sono arrabbiata con te", Quinn disse tranquillamente, ma con severità "Perché pensi che sia arrabbiata con te? Sei tu quella che deve essere arrabbiata con me, Rachel".
 
"Perché mi hai baciata?" Quinn guardò Rachel chiedere, non sapendo cosa fare del divertimento che incorniciava la domanda "No, non sono arrabbiata con te per quello. Di solito la gente è arrabbiata con se stessa per avermi baciata, non il contrario".
 
L’espressione di Quinn si contrasse e le sopracciglia si incurvarono insieme come tenne uno sguardo senza battere ciglio fisso su Rachel. La bruna si morse labbro e gettò lo sguardo a sinistra mentre alzò le spalle e mormorò: "E' stato solo un bacio, in ogni caso, un impulso del momento dell'incidente causato da uno stato di euforia, da entrambe le parti, per il tuo essere materica per il poco tempo a disposizione". Bugiarda.
 
La prima reazione di Quinn fu di arrabbiarsi e entrare in modalità di difesa, ma ebbe il lusso di non essere vista, che le diede la possibilità di impossessarsi delle sue emozioni e meglio osservare le reali motivazioni di Rachel prima di reagire in modo inappropriato. Quinn sapeva che Rachel stava mentendo e lei pensò di sapere il motivo.
 
"Beh, potrebbe essere stato così per te, ma per me non era solo un bacio causato dal mio essere solida o concreta", ammise Quinn mentre continuava a fissare Rachel.
 
Le lacrime immediatamente uscirono dagli occhi di Rachel e Quinn vide un certo senso di sollievo passare oltre il volto della ragazza, mentre ripeté lo stesso pensiero che aveva avuto settimane prima. "Innamorarmi di un fantasma non era nella mia lista-delle-cose-da-fare".
 
"Da quando Rachel Berry si discosta dalla sua lista-delle-cose-da-fare, mmh?" Quinn chiese a cuor leggero e con un sorriso.
 
"Da quattro mesi, quando un fantasma interruppe la mia sessione post-glee di auto-rallegramento-motivazionale nel bagno sbattendomi una porta del box in faccia," Rachel rispose, non perdendo un colpo.
 
Quinn scrollò le spalle in una risata come il suo sguardo si rivolse al passato. "Mi mancano i giorni in cui facevo scherzi alla gente", ammise dopo un momento di distrazione nei suoi pensieri.
 
"Perché hai smesso?" Rachel chiese.
 
Quinn rimase nei suoi pensieri prima di sospirare. Avrebbe voluto evitare tutto questo a Rachel, ma non sembrava che ci stesse riuscendo. In ogni caso. Rachel non pensava ci fosse andata piano solo per via di ciò che stava per dirle. "Ricordi il giorno che ti ho vista prendere la granita in faccia? Sai, proprio davanti a me".
 
Rachel annuì lentamente, "Certo".
 
"Beh, mi sono resa conto in quel momento che la maggior parte della gente in quella scuola sta già vivendo un inferno sufficiente per colpa delle patetiche Cheerios che ci sono adesso, e se non è per loro, allora la colpa è degli atleti che ci sono lì adesso. Non hanno bisogno anche di un fantasma che li prenda in giro", affermò Quinn.
 
Per un momento, Quinn pensò che lei avesse detto qualcosa di sbagliato, semplicemente perché Rachel alzò lo sguardo con gli occhi spalancati prima di spostarsi e sedersi dritta sul divano.
 
"Vieni con me a scuola domani", chiese la piccola bruna.
 
Quinn fece una pausa, si riprese ma era un po' frustrata che Rachel fosse riuscita a portare la conversazione lontano dal bacio, prima di chiedere: "Perché dovrei farlo? Inoltre, è chiusa ora. Vacanze invernali, ricordi?"
 
Nonostante la sua frustrazione, Quinn fece un sorrisetto al broncio che Rachel assunse immediatamente, quasi di peso, per essere stata contraddetta. "Ho un motivo, Quinn. Inoltre, non ti stavo dando una possibilità di scelta in materia. E' necessario assolutamente che tu sia presso l'auditorium della scuola domani a mezzogiorno in punto," Rachel proclamò con il mento tenuto alto. Quinn arcuò le sopracciglia mentre fissava la ragazza dall'alto. Rachel alzò gli occhi e si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato dopo un momento di silenzio, aggiungendo: "Per favore".
 
"Bene," disse Quinn, "ma questo non vuol dire che abbiamo finito di parlare di..."
 
La bionda si lasciò sfuggire un sibilo di respiro tra i denti stretti quando fu interrotta dal cellulare di Rachel che iniziò a squillare. Mentre la versione strumentale di Defying Gravity risuonava per tutta la casa, Quinn fu quasi grata che non potesse fisicamente toccare più nulla perché avrebbe gettato il telefono di Berry fuori dalla finestra. Avevano bisogno di parlare, e non sembrava che sarebbe successo.
 
Da parte sua, Rachel sorrise timidamente a Quinn prima di rispondere, "Pronto? Oh, ciao papà. Sì, sono da Quinn”, disse Rachel molto sinceramente prima di ascoltare per qualche istante ancora, in cui le sopracciglia di Quinn cominciarono a contrarsi, "Hai ragione, e chiedo scusa, avrei dovuto dirvi che me ne stavo andando. Tuttavia, sono esterrefatta che ci abbiate messo tutto questo tempo a rendervene conto. Certo, papà. Grazie, io mi sento meglio, ma è perché l'ho trovata. Sì, è tutto a posto. Ok, papi, sarò a casa presto."
 
Quinn guardò Rachel portare il telefono lontano dal suo orecchio e farlo scattare chiudendolo. "Non dirmi che devi andare", Quinn disse seccamente " Pensavo che avessi promesso che non mi avresti lasciata".
 
Rachel abbassò lo sguardo come lei strinse le labbra. "Purtroppo Quinn, devo tornare a casa. Se avessi il minimo dubbio che non sarai nella mia stanza stanotte, comunque, non ti avrei lasciata, ma io ti conosco. In ogni caso, dovremo solo continuare questa conversazione domani, presso l'auditorium! Tutti gli eventi più importanti devono accadere lì, lo sai." Con questo, Quinn rimase seduta come Rachel velocemente si alzò e si diresse verso la porta.
 
"Lo sai che potrei tormentarti per il resto della notte fino a quando non parleremo di tutto questo, giusto? Da quando sarò a casa tua in ogni caso", aggiunse Quinn roteando i suoi occhi perché, dannazione, era vero "Io potrei essere il più grande dolore nel culo che tu abbia mai provato, Rachel," Quinn gridò dietro alla bruna.
 
"Anche se mi rendo conto che la ruota che cigola ottiene il grasso, Quinn," Rachel gridò mentre apriva la porta di casa, "Ho paura che nessuna ruota cigoli più forte di me. Inoltre, tu e io sappiamo che hai bisogno di rimanere qui e continuare a dormire e riposare. Hai attraversato momenti estremamente traumatici in un lasso di tempo molto breve, quindi per favore solo riposati la mente e lo spirito. Noi parleremo di tutto domani. Preparati a non fare altro che dormire quando arrivi a casa mia. Questo, naturalmente, se decidi di venire. Suppongo che potrei sbagliarmi su questo, ma ne dubito fortemente. Quindi, fino a stasera, Quinn..."
 
Quinn alzò gli occhi quando sentì lo scatto della porta d'ingresso chiudersi, segno della partenza di Rachel dopo il suo prolisso sfogo.
 
"Meraviglioso, ovviamente, perché non sei stata da poco traumatizzata anche tu. Rachel Berry, non sei come una pietra fredda che non subisce danni come ti piacerebbe farmi pensare. Dio quella ragazza è brava ad erigere i suoi dannati muri! Oh, io ti farò parlare, Berry", Quinn disse maliziosamente a se stessa, "in un modo o nell'altro."
 
La bionda si rianimò improvvisamente quando percepì qualcosa di vicino. Quinn si tese come sentì l’Ombra in lontananza. Che diavolo faceva? Tuttavia, proprio come stava per essere presa dal panico, l'occhio della sua mente le disse che stava andando nella direzione opposta a lei. Emettendo un sospiro sollevato, Quinn si trasferì dalla sedia al divano su cui Rachel era precedentemente sdraiata. Il fantasma si distese e rise con il naso quando i suoi piedi finirono a penzoloni fuori dal bordo.
 
L'ultimo pensiero nella mente di Quinn prima di addormentarsi riguardava l'Inferno, e se questo esistesse, e se Rachel fosse l'inferno. Allora forse Quinn avrebbe rischiato di camminare attraverso le fiamme per lei. Non è che non avesse già camminato tra le fiamme prima, comunque.
 

 
Rachel decise di camminare verso casa invece di correre, come aveva fatto verso casa di Quinn il giorno prima, mentre pensò di nuovo a tutto. Cercò di lasciare che l'aria gelida intorpidisse la sua mente al punto di non essere capace di pensare, ma come previsto, non ci riuscì. Non importa quanto si sforzasse, Rachel non poteva smettere di pensare alla sensazione della camicia di Quinn stretta nelle sue mani o alla morbidezza dei capelli della ragazza. Quinn l'aveva baciata, e non solo, ma Rachel l'aveva ricambiata ed era stato perfetto. Non riusciva a descriverlo, ma qualcosa dentro di Rachel continuava a gridare al suo notare quanto fosse stato naturale sentirsi baciare da Quinn. Avrebbe certamente avuto un sacco da pensare quella notte, e lei avrebbe dovuto prendere una decisione prima della riunione all'auditorium che aveva istituito.
 
Amava Quinn? Poteva amare Quinn? La ragazza era un fantasma, potete ben dirlo! I suoi capelli castani erano avvolti attorno alle spalle mentre lei scosse la testa. No, Quinn era un essere umano. Una ragazza, ok, Rachel poteva affrontarlo, era stata portata a credere che l'amore fosse amore, a prescindere. L'unica cosa che si era messa in mezzo sulla sua strada era la parte del fantasma, e non era abbastanza sicura di poter affrontare quella. Oh, questa non era l'impostazione corretta perché lei potesse pensare a questioni di cuore! Era troppo agitata, troppo arrabbiata con se stessa per aver tirato su dei muri e aver chiuso Quinn fuori. Quello era stato ingiusto da parte sua, necessario, ma ingiusto.
 
Come la bruna si diresse verso la sua casa sulla strada tranquilla, guardò il sole cominciare a salire più in alto nel cielo. Poche ore prima era stata un disastro singhiozzante, e ora eccola qui, ancora un disastro, ma un disastro con un piano. Rachel Berry non sarà mai catturata e uccisa senza un piano. Mentre Quinn avrebbe dormito, Rachel avrebbe pensato al piano. Uno brillante per cui avrebbe avuto bisogno di PowerPoint appena tornata a casa.
 
Come risalì il suo vialetto dopo pochi minuti, non riuscì a scuotere via la fastidiosa sensazione di essere osservata. Rachel se la scrollò di dosso dandone la colpa ai nervi e alla mancanza di sonno mentre si faceva strada attraverso la porta di casa, pienamente intenzionata a rimproverare i suoi padri per la troppa negligenza, dato che si erano accorti della sua assenza solo il giorno dopo.







*NdT: Questo capitolo mi ha causato non pochi problemi di traduzione.. Soprattutto per la citazione dal film "Qualcuno volò sul nido del cuculo", che non avevo mai visto prima! All'inizio ho pensato di trascrivere la battuta prendendola dal doppiaggio italiano, risparmiandomi la visione di 3 ore di film... Qui è iniziata la mia mission-impossible! 
- Ho cercato su goggle inglese le frasi celebri del film e ho notato che ''Which one of you nuts has got any guts?''  è una delle più famose. 
- Allora, tutta contenta e felice, ho provato a cercare in vari siti italiani MA, invece, ce ne sono poche e, logicamente, non quella che serviva a me.
- Fortunatamente però, ho trovato un sito, inglese, in cui spiegava la scena da cui era tratta la battuta.
- Ho guardato tuuuuutto il film in lingua originale (3 ore di film) per indentificare il momento esatto in cui Jack Nicholson dice la frase, per poi aprire il film doppiato in italiano, saltare al punto esatto e scoprire che quei cretini dei doppiatori italiani hanno tradotto in tutt'altro modo!! Stavo per scaraventare il pc dall'altra parte della stanza (stile Quinn che lancia il laptop verso Rachel)!
- Alla fine mi sono arresa e l'ho tradotta letteramente.. Vabbè.. Mezza giornata persa perchè volevo fare la precisina! Me la son cercata da sola ahaahahaah!
Se siete arrivati a leggere sino alla fine del mio sclero, vi ringrazio e vi faccio i miei complimenti per la pazienza ;D

PS: In tutta la fanficion in effetti sono nominati film vecchi vecchi.. Alcuni sono molti famosi (anche se magari non li ho visti), altri li sto scoprendo per la prima volta... Anche di questo ringrazio l'autrice!
Ora vi saluto, al prossimo capitolo, Claude :)


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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***





Capitolo 7

Rachel Berry non era una ragazza smemorata. Semplicemente non era programmato nel suo DNA superiore di dimenticare le cose che erano importanti. Da quando aveva sei mesi aveva tenuto traccia di quando esattamente fosse il suo compleanno, tutto dal minuto esatto (04:48 del mattino), al ciclo lunare di quel giorno. Ecco perché, quando Rachel si svegliò la mattina dopo il suo incontro con Quinn, fu scioccata nel vedere palloncini e stelle filanti che circondavano il suo letto e i suoi padri impazienti, ai piedi del suo letto, che la fissavano.
 
"Che cosa sta succedendo?" Rachel intontita chiese mentre lei si spinse sui gomiti e si soffiò la frangia dagli occhi.
 
Hiram finse un sussulto e si strinse la mano sul cuore quando si voltò verso suo marito e gli disse scandalizzato: "Leroy, credo che la nostra piccola adolescente si sia dimenticata il suo compleanno!"
 
Leroy guardò il marito anche lui negli occhi e disse: "Io credo che tu abbia ragione, caro! Vuol dire che possiamo riprendere la torta di compleanno vegana a forma di nota musicale che abbiamo ordinato appositamente?"
 
Rachel rimase a bocca aperta mentre si lanciò giù dal letto e attraversò in scivolata tutta la sua stanza nel suo pigiamone intero verso il suo calendario. La piccola diva rimase a bocca aperta ancora una volta come il suo dito si fermò alla data cerchiata, 18 dicembre, giorno del suo compleanno, infatti. "Ho dimenticato il mio compleanno," sussurrò a se stessa sotto il suo respiro come i suoi occhi rimasero incollati al calendario "Come ho fatto a dimenticare il mio compleanno?" Immaginò che il suo progetto di incontrare Quinn presso l'auditorium della scuola dovesse essere rimandato a un altro giorno.
 
"Tesoro, io credo che sia quello che succede quando metti qualcuna davanti a te stessa e ti concentri su di lei più che su te stessa", disse Leroy, mormorando un "Oomph", che si lasciò sfuggire quando Hiram gli diede una gomitata nelle costole.
 
"Quello che tuo padre intendeva" Hiram precisò, "è che hai messo Quinn e quei figli ingrati del Glee prima delle tue esigenze, ed è così che hai dimenticato il tuo compleanno. C'è una prima volta per tutto."
 
Rachel lentamente si voltò dal calendario e, come se avesse preso nota di quello che aveva appena detto, chiese: "Hai detto torta di compleanno vegana?" e si fece strada per uscire dalla stanza e scendere le scale, lasciando suoi padri dietro di lei.
 
Rachel sentì le loro risate trascinarsi alle sue spalle mentre saltò giù per le scale. Tuttavia, a metà scala, la risata del padre sembrò suonare come se fosse troppo lontana, e i piedi di Rachel sembrarono rallentare mentre arrivava alla fine della scalinata. Proprio come se il tempo fosse completamente rallentato, Rachel aggrottò le sopracciglia in confusione come una folata di vento la colpì e si infranse sui suoi timpani mentre silenziosamente si chiese perché stesse impiegando così tanto tempo per scendere le scale e cosa stesse succedendo.
 
Quel pensiero si era appena creato intorno al suo cervello quando una figura nera passò dietro l'angolo e si fermò ai piedi della scalinata, guardando direttamente verso Rachel. In un breve istante la bruna si chiese se i suoi padri fossero dietro di lei, e pensò che probabilmente avrebbe dovuto controllare per vedere se lo fossero, ma non appena i suoi occhi incrociarono il volto dell'uomo, dove i suoi occhi avrebbero dovuto essere se ne avesse avuto qualcuno, la folata di vento che aveva sentito fu subito sostituita dal suono di un grido disperato.
 
Incapace di fermare se stessa, Rachel impotente cominciò a cadere mentre perse il controllo sui suoi piedi e cominciò a precipitare verso la figura nera. Solo la sua presenza la riempiva di orrore indicibile, e Rachel in fretta si chiese se stesse per morire e se i suoi padri avrebbero potuto ottenere un rimborso su quella torta.
 
Improvvisamente, ci fu un grido che coprì il grido di morte della figura nera, e Rachel riconobbe quella nuova voce appena la sentì. In un secondo, la figura nera se ne andò e Rachel venne infilzata completamente da spille appuntite e aghi prima di colpire la parete del piccolo corridoio dallo scalone. Lei sbatte solo con un tonfo sordo, però, perché qualcosa l’aveva rallentata.
 
"Ra…" Rachel sentì, ovattato e distante, "Rach… Rachel apri gli occhi." Così Rachel fece, lentamente. Lei sbatté le palpebre fino a vedere le facce preoccupate dei suoi padri dal pavimento sulla schiena.
 
"Rachel", Hiram sospirò rumorosamente, "Stai bene? Mio Dio, certo che è stata proprio una brutta caduta. Qui, Leroy, tirala su."
 
Leroy si chinò e usò le sue forti braccia per aiutare Rachel ad alzarsi e a sedersi su una sedia nella sala da pranzo. Da parte sua, la bruna stava ancora cercando di elaborare ciò che era appena successo e riavvolgere la sua mente intorno al fatto che fosse accaduto tutto nel giro di circa cinque secondi.
 
"Avete visto quello?" Rachel tranquillamente chiese a Leroy e Hiram appoggiati intorno al lavandino, riempendo a Rachel un bicchiere d'acqua.
 
"Vederti cadere? Sì, piccola, ti abbiamo vista."
 
"No," Rachel sollecitò, "Avete visto qualcosa in fondo alle scale?"
 
Leroy fissò Rachel con attenzione prima di scuotere la testa. "No, nulla", disse, "eravamo proprio dietro di te, Rachel, avremmo visto se ci fosse stato qualcosa laggiù".
 
Rachel annuì lentamente, sbattendo le palpebre rapidamente con lo sguardo abbassato al bicchiere d'acqua che Hiram le aveva appena poggiato sul tavolo. Prese il bicchiere dell'acqua e rabbrividì appena si sentì percorrere dal gelo del ghiaccio in tutto il suo corpo. Lei non ripensò alla figura nera di nuovo, ma si chiese dove fosse andata Quinn.
 


 
Tre ore e due fette di torta dopo, Rachel finalmente andò di sopra a cambiarsi. Sola nella sua stanza, si guardò intorno con cautela per assicurarsi che lei fosse effettivamente da sola. Armadio, controllato. Sotto il letto, controllato. Dietro la porta, controllato. Controllato. Controllato. Controllato. Infine, Rachel si accasciò sul suo letto e si lasciò sfuggire un sospiro tremolante. C'era solo una spiegazione per ciò che quella cosa era stata, anche se Rachel non voleva crederci.
 
Indipendentemente da ciò, una sola parola lampeggiava nella sua mente: Ombra. Provò a spingerla via, spingerla indietro e bloccarla via nella parte posteriore della sua mente in modo che non ci pensasse nemmeno. Le parole di Quinn le balenarono per la mente, dicendole che pensare a loro equivaleva a chiamarle. Eppure, dal secondo in cui la figura nera si era messa davanti a lei, Rachel aveva l'idea assillante in fondo alla sua mente che l'avessero trovata, ed era così.
 
Quinn. Quinn l'aveva salvata, ancora una volta. La voce che Rachel aveva sentito era di Quinn, e Ombra era scomparsa dopo il grido che aveva lanciato. "Quinn!" Rachel quasi urlò nella stanza vuota appena si mise a sedere sul suo letto con i piedi penzoloni fuori dal bordo, "Quinn".
 
Niente. Il sorriso di speranza che era apparso sul volto di Rachel lentamente sbiadì. "Quinn?" ripeté, più piano. Niente.
 
Silenzio. Rachel mandò gli occhi attraverso la stanza mentre aspettava un segno, qualsiasi cosa, qualsiasi rumore dalla ragazza, ma lei si scontrò con il nulla.
 
Dieci minuti di silenzio angosciante passarono prima che Rachel silenziosamente si alzasse e si diresse al suo armadio. Tirò fuori un paio di pantaloni alla pescatora e un maglione rosa con un terrier stampato davanti. Rachel fermò la frangia all'indietro con un fermaglio rosa e infilò i suoi mocassini con i tacchi. Attraversò il tappeto sul pavimento e si appoggiò al bancone trucco mentre si fissò allo specchio.
 
Rachel incontrò i propri occhi e quasi non si riconobbe. Non riusciva a ricordare il momento in cui aveva ottenuto quegli anelli scuri sotto gli occhi da mancanza di sonno, e pensò che fosse ironico, perché aveva trascorso le ultime due settimane senza lasciare il suo letto.
 
I suoi pensieri furono interrotti quando sentì il campanello dal piano di sotto seguito da suo padre che la chiamava dal basso.
 
Ottimo, pensò mentre gettò un ultimo sguardo a se stessa prima di recarsi al piano di sotto. Fece due scalini alla volta fino a quando colpì il primo piano e si fermò.
 
"Noah?" Rachel chiese esitante "Cosa ci fai qui?"
 
Leroy titubante li lasciò soli nell'ingresso vicino alla porta principale, e Rachel si appoggiò al tavolo vicino all' uscio mentre guardava Puck passare una mano nervosa sulla sua cresta.
 
"Beh, due motivi," Puck iniziò, non lasciando la porta, "Il primo è questo." Tirò fuori l'altra mano da dentro la giacca di pelle scamosciata marrone e consegnò a Rachel una scatola rettangolare a forma di stella avvolta nella carta di Star Wars. "Buon compleanno", disse, quasi sussurrando "Scommetto che hai pensato che me ne fossi dimenticato, eh? Beh non l'ho fatto perché sono un fottutamente fantastico fratello ebreo".
 
Rachel involontariamente sorrise mentre prendeva la scatola da Puck. Delicatamente, la scartò e tirò fuori una lucente collana con il ciondolo d'oro a forma di Stella di Davide e Rachel si morse il labbro, come qualche lacrima sgorgò dai suoi occhi. "Grazie mille, Noah," la bruna espirò mentre prese la collana e la mise al collo. Sfiorò le dita contro la stella come lei guardò Puck, "E la seconda ragione?"
 
Puck si leccò le labbra nervosamente mentre si guardò intorno da sopra la testa Rachel, assicurandosi che fossero soli. "Posso parlare con te, in privato?"
 
Rachel annuì mentre fece un cenno verso la sua stanza. Puck chiuse la porta dietro di lui e la seguì su per le scale e nella sua stanza. Rachel lo vide fare un respiro profondo e dare uno sguardo all'ambiente prima di passarsi la mano sulla cresta di nuovo.
 
"Siediti," Rachel sollecitò come Puck si tolse la giacca e si grattò il petto sopra la camicia nera col colletto.
 
"Che cosa posso fare per…"
 
"Si tratta di Quinn," Puck disse senza mezzi termini, la sua bocca ancora in movimento senza dire una parola, come se fosse stato scioccato dal fatto che fosse riuscito a dire quelle quattro parole.
 
Rachel smise di camminare come uno zombie quando si girò e incontrò gli occhi di Puck dall'altra parte della stanza. Lei si sedette nella sua sedia di legno e fissò Puck che sedeva sul bordo del letto.
 
"Quinn?" Rachel ripeté, stupita.
 
Puck alzò gli occhi e aggrottò la fronte. "Non fare la scema, Berry…"
 
"Io non sto facendo nulla, Puckerman," Rachel scattò improvvisamente, stufa di essere trattata così dai suoi compagni del Glee "Era una domanda sincera perché in questo momento mi sto chiedendo perché tu sia venuto a parlarmi di…"
 
"Una ragazza morta?" Puck disse, parlando a sua volta, interrompendola.
 
Rachel sbatté le palpebre, presa alla sprovvista momentaneamente con l'uso del termine 'morta' con riferimento a Quinn. "Sì," sussurrò dopo una breve esitazione, senza mai lasciare gli occhi di Puck" una ragazza morta".
 
Puck fissò duramente negli occhi di Rachel prima di affermare, ma senza chiedere: "E' lei il tuo fantasma, non è vero? Finn dice che sei pazza perché le stavi dando la caccia e ora esci con un fantasma, ma io ti credo. Merda, penso di averti creduta quando i tuoi papà si sono presentati in ospedale per salvarti e tu hai detto che ti avevamo trascinata dalla casa di Quinn. Quella notte ti avevo raccontato del fantasma di Fabray, ma non avevo mai detto il suo nome."
 
Rachel alzò la testa e corrugò la fronte mentre guardava Puck in stato di shock totale. "Tu... Tu mi stai dicendo che realmente mi credi?"
 
"Ho un fratello più grande, sai," disse, come se stesse cambiando argomento.
 
Il petto di Rachel si contrasse, ma lei rimase tranquilla mentre aspettava che Puck continuasse. "Ha 26 anni ora", Puck aggiunse "Forse 27, non lo so, sono passati anni dall'ultima volta che l'ho visto."
 
"Io non lo sapevo, no. Comunque, non sto..."
 
"Quando era al secondo anno di liceo fu coinvolto in un incidente d'auto davvero brutto", disse Puck mentre spezzò il loro sguardo e guardò verso le sue mani in grembo. Rachel non riuscì a respirare come gli ingranaggi nella sua mente cominciarono a girare fuori controllo. No... Non poteva essere.
 
"Si chiama Michael", disse Puck, portando il suo sguardo improvvisamente in alto per incontrare Rachel.
 
Come se sapesse che quello era l'ultimo pezzo del puzzle di cui Rachel avesse bisogno, lui si appoggiò sui gomiti e aspettò che lei reagisse.
 
"Tuo fratello ha ucciso Quinn," Rachel espirò.
 
Puck non disse nulla quando gli occhi pieni di lacrime di Rachel incontrarono i suoi.
 
"Cosa successe, Noah? Venne accusato di qualcosa?"
 
Puck si sedette e si strinse nelle spalle. "Era minorenne, voglio dire, non era come se loro potessero mandarlo in prigione per omicidio. Venne buttato fuori dal McKinley e inviato al riformatorio fino a quando non compì 18 anni. Avevo solo otto anni, ma ricordo che una volta uscito da lì, non tornò mai più a casa. Lui fuggì e basta. Lo vidi una volta al mini-market vicino a casa mia prima che se ne andasse. Mike era..." Puck si spense, rabbrividendo al ricordo", era incasinato e sconvolto. Continuava a dire di essere perseguitato e di vedere Quinn ovunque e che aveva bisogno di andare lontano da Lima. E così fece, ed io non lo vidi mai più."
 
Rachel si asciugò gli occhi con il dorso della mano e condusse le mani fino a riposare sul viso coprendosi naso e bocca. Puck attese in silenzio perché Rachel elaborasse tutto.
 
Alla fine, alzò gli occhi per incontrare i suoi. "Penso di amarla, Noah".
 
Le sopracciglia del ragazzo si incurvarono come lui abbassò gli occhi al pavimento. Rachel brevemente si chiese se magari avesse detto troppo, ma poi Puck sorrise.
 
"Me la ricordo, sai. Era figa", disse con una risata sorridente, quando ottenne una risatina da Rachel, "Voglio dire, era figa per gli standard di un bambino di otto anni ma, a prescindere."
 
"Noah," Rachel sussurrò, rimproverandolo solo in parte.
 
"Scusa, Berry".
 
"Grazie per avermi creduta", aggiunse con fermezza.
 
Puck si strinse nelle spalle. "Fammi solo sapere se posso fare qualcosa per aiutare. Scommetto che fa schifo essere innamorata di un fantasma. Ho solo due favori da chiederti".
 
Rachel arcuò un sopracciglio, ignorando la sua osservazione sull'amore. "E sarebbero?"
 
"Uno", Puck contò sulle dita, "Fammi parlare con lei qualche volta. Due", e aggiunse un altro dito, "Non fare qualcosa di stupido in modo da poter stare con lei..."
 
Questo immediatamente catturò l'attenzione di Rachel. Tanto che lei era completamente sintonizzata su Puck quando aggiunse un terzo favore in cambio delle informazioni che le aveva dato. Non fare qualcosa di stupido per stare con Quinn? E se fosse proprio quello il punto? E se fosse per quello che Quinn era lì? Forse Rachel stava morendo, o era destinata a morire, e Quinn era lì per condurla alla sua vita dopo la morte!
 
"Rachel? Hai capito quello che intendo?"
 


 
"Rachel", Finn salutò, quasi urlando, mentre apriva la porta d'ingresso nella sua casa e vide la piccola bruna in piedi lì sotto il portico.
 
Rachel guardò indietro verso Leroy, che era in macchina ad aspettarla alla fine del vialetto degli Hudson, e avvolse il cappotto stretto intorno a lei. "Finn, ho bisogno di fare due chiacchiere con te".
 
Il sorriso di Finn vacillò mentre guardò, da sopra la testa di Rachel, Leroy e poi si fece da parte. "Vuoi entrare? Kurt è giù nella sua stanza con Blaine e mamma e Burt sono fuori".
 
Rachel annuì mentre si morse il labbro tra i denti luccicanti, concordando, "Va bene, Finn," e lo seguì all'interno. Teneva la testa alta mentre camminava davanti a lui e nella sua cucina dove occupò un posto a sedere al loro tavolo.
 
Finn trascinò una sedia accanto a lei, le girò intorno, si sedette a cavallo di essa, e di fronte a lei. Rachel interiormente trasalì contro il bagliore di speranza nei suoi occhi quando le chiese "Come stai? Hai l'aria stanca da morire".
 
"Sto bene, Finn", disse Rachel mentre gli risparmiò un'occhiataccia per la sua mancanza di tatto, "ma non sono effettivamente venuta qui per parlare di me."
 
Finn guardò un po' sorpreso ma annuì seriamente. "Va bene, cosa succede allora, Rachel?"
 
"Tra noi è finita, giusto?" Rachel vocalizzò, schietta che era sua intenzione essere.
 
Finn si fermò. "Voglio dire, mi hai definita mentalmente instabile e mi hai detto che avevo bisogno di aiuto e poi fisicamente mi hai trascinata contro la mia volontà in un ospedale per farmi mettere sotto chiave ed io ti ho detto che avresti dovuto trovare un'altra ragazza, quindi ho ragione nel dedurre da tutto questo che tra noi sia finita, giusto?"
 
Finn sembrò restare a bocca aperta prima di guardare giù le sue mani poi di nuovo verso Rachel. "Mi preoccupo veramente per te, Rachel, volevo solo aiutarti...".
 
"E lo capisco e anche lo apprezzo, Finn", chiarì, "ma questo non cambia il fatto che sei andato a mia insaputa e mi ha mentito sulla faccenda di Quinn, per poi venire di nuovo alle mie spalle per farmi rinchiudere perché validamente pensavi che fossi pazza."
 
"Penso che tu abbia rotto con me ingiustamente", balbettò, quasi con rabbia.
 
Lo sguardo di Rachel si addolcì mentre sorrise brevemente. "Perché tu stavi solo cercando di aiutarmi, giusto?" lei terminò al posto suo.
 
"Giusto," disse Finn, aggrappandosi alla vita per il sollievo.
 
"Che giorno è oggi, Finn?"
 
"Uh, Venerdì?"
 
La bruna sorrise e gli prese la mano nella propria. "Finn, sai che sei uno dei miei migliori amici, e lo sei stato per un po'. Tuttavia, credo che sia così, credo che siamo solo meglio come amici".
 
Confusione e accettazione attraversarono il volto di Finn come lui dolcemente ritirò la mano da Rachel. "Ammetto di aver fatto casini un paio di volte, ma c'è sempre speranza per noi, Rachel".
 
"Sono venuta solo per assicurarmi che fosse finita, Finn, su entrambi i lati. Ho bisogno che sia finita, ho bisogno di andare avanti. Penso che stiamo prendendo due direzioni diverse nella vita oggi, e vogliamo cose diverse. Pensala in questo modo, ora non hai me e il mio pazzo trattenerti dall'essere eletto re del ballo di fine anno e di essere il capo del Glee come vorresti", disse Rachel senza ostilità nella sua voce.
 
Finn aggrottò la fronte mentre scuoteva la testa. "Non voglio lasciarti andare", disse con fermezza.
 
"Io non vado da nessuna parte," Rachel rispose come lei appoggiò la mano destra sulla guancia e sorrise: "Sai quanto me che abbiamo perso la nostra occasione e siamo meglio come amici ora".
 
"Ti amo", Finn disse con fermezza, non cercando di costringere Rachel a nulla, solo così perché lo sapesse. E lei capì.
 
"Lo so", disse Rachel dolcemente, spostando la mano dalla guancia al collo mentre lei lo tirò a sé per un abbraccio. "Saremo grandi amici, credo."
 
"Lo siamo sempre stati", Finn disse con un debole sorriso mentre guardò Rachel alzarsi per andare via.
 
"E’ lei, vero?" chiese come Rachel sentì i suoi occhi sulla schiena.
 
Si voltò e incontrò il suo sguardo mentre stava sulla porta della cucina. Finn continuò, "Ti sei innamorata di lei, non è vero?"
 
Le guance di Rachel divennero ancora più rosse, come lasciò cadere lo sguardo da Finn e sorrise a se stessa. "Allora, per il tuo bene, spero che lei sia reale, fantasma o no, perché sarebbe proprio come innamorarti di te stessa o di qualche tua doppia personalità", Finn disse attraverso un morbido sorriso giocoso.
 
Rachel strizzò gli occhi in uno sguardo di beffa e sbuffò mentre si precipitò fuori dalla cucina. C'erano poche cose nella vita per cui Rachel fu riconoscente in quel momento, ma una delle principali era che, con Finn, era di nuovo tutto ok.
 


 
"Buon compleanno", fu sussurrato nell'orecchio di Rachel esattamente alle ore 11:37 di sera.
 
"Sei vicina a me, Quinn, non è vero?" Rachel chiese mentre aprì un occhio e guardò l'orologio sul comodino.
 
"Sei fortunata che l'abbia fatto di nuovo così presto", disse Quinn dal suo nuovo posto sul letto di Rachel, accanto a lei.
 
Rachel aprì anche l'altro occhio e alzò la testa verso destra dove pensava fosse Quinn. "Grazie," la bruna dichiarò con fermezza, "per avermi salvata dall' Ombra prima".
 
L'esitazione indugiò nell’aria mentre gli occhi di Rachel cercarono Quinn. "Come fai a sapere che era un Ombra?"
 
La fronte di Rachel si corrugò in confusione prima che lei sfregasse il sonno dai suoi occhi. Sbattendo le palpebre assonnata, Rachel cercò di svegliarsi mentre borbottò: "Allora, avevo ragione?"
 
Sentì un espirare frustrato da Quinn prima di uno sbottato "Rachel, devi dirmi cosa è successo e come facevi a sapere che era un Ombra".
 
Rachel si girò completamente su un fianco cosicché fosse faccia a faccia con Quinn. "Dove sei?" Rachel sussurrò, la sua voce spezzata prima che lei si schiarisse la gola.
 
Un sospiro silenzioso fu seguito da un breve formicolio sulla guancia sinistra di Rachel che si trascinò fino alla mano sinistra che era nascosta sotto il mento dal cuscino. "Sono qui, Rachel," la bruna sentì, e dal collocamento della voce Quinn, Rachel capì che Quinn era proprio all'altezza dei suoi occhi, speculare alla sua posizione sul letto.
 
"Ne ho appena avuto la conferma" Rachel iniziò una volta sicura della posizione di Quinn e di dove fossero i suoi occhi, "era in fondo alla mia mente dal momento in cui è comparsa davanti a me in fondo alle scale."
 
Quinn rimase in silenzio mentre Rachel cominciò a sentire la tensione irradiarle il corpo. Dopo un minuto, la bruna provvisoriamente ruppe il silenzio con "Quinn, capisco che non possiamo discutere di queste cose per paura che ci trovino, e io intendo noi perché so che hai cercato di proteggermi da loro per un po'. Tuttavia, credo sia il momento che tu mi dica quello che devo fare, perché mi hanno trovata".
 
Ci fu una scarica di energia elettrica sulla fronte Rachel dove c'era la frangetta, come sempre, scesa sulla sua fronte che le copriva gli occhi. Rachel portò la mano e delicatamente si spostò le ciocche all'indietro per Quinn, come immaginò che fosse quello che Quinn avrebbe fatto se avesse potuto.
 
"Vorrei poter sentire ancora..." il fantasma disse con calma, a malincuore, e Rachel non perse il modo clandestino di Quinn di mascherare la fine della frase "...la tua pelle" con un sospiro più lungo del solito.
 
Rachel improvvisamente avrebbe voluto portare il dolore di Quinn lontano da entrambe, per rimuovere il male che aveva sentito nella voce della bionda. Brevemente permise all'Ombra di scivolare nella parte più sepolta della sua mente mentre si accostò un po' più vicino alla macchia di aria gelida. "Sono andata da Finn oggi," Rachel cominciò.
 
"...Oh," Quinn soffiò di sorpresa con la sua voce rotta. Troppo silenzio.
 
"Mhmm," Rachel continuò, gli occhi cercavano di individuare il volto di Quinn e la mente cercava di figurarsi le caratteristiche della ragazza, "volevo discutere la natura del nostro rapporto e di come eravamo rimasti a questo punto della..."
 
"Non posso," Quinn la interruppe.
 
"Dammi un momento", aggiunse Rachel, infastidita per essere stata interrotta.
 
"Rachel, se stai seriamente per darmi i dettagli su te e Finn che vi siete rimessi insieme..."
 
"Volevo assicurarmi che lui e io fossimo sulla stessa lunghezza d'onda sull'essere separati e volevo fargli capire che avevo bisogno di..." Rachel si fermò, il suo sguardo alla ricerca di un pensiero perso nello spazio attraverso la stanza prima che lei sorridesse e continuasse, "…che devo andare avanti."
 
La bruna sistemò la sua posizione sul letto un po' mentre aspettava che Quinn rispondesse.
 
Un morbido, "Oh," fu tutto ciò che ottenne.
 
"Realmente pensavi che stessi per dirti che Finn e io ci fossimo di nuovo messi insieme? Soprattutto dopo che..."
 
"Rachel," Quinn la interruppe. La bruna chiuse di scatto la bocca come Quinn continuò, "Per quanto mi piacerebbe sentire questo - e credimi, amerei con tutto il cuore sentirlo - Non posso. Non in questo momento. Non quando l'unica cosa in cui riesco a concentrarmi è il fatto che sei stata quasi presa oggi e mi sta facendo diventare pazza perché non riesco a capire come proteggerti."
 
Lo sguardo di Rachel indugiò sul rientro sul letto dove... "Quinn", disse improvvisamente.
 
"Eh?" la bionda chiese, chiaramente sepolta sotto i suoi pensieri.
 
"Stai affondando di nuovo".
 
"Oh, mi dispiace... No, aspetta, cosa?"
 
Rachel scoppiò a ridere quasi involontariamente, come le lacrime nei suoi occhi la presero di sorpresa. "Posso vedere il rientro nel tuo cuscino ora," disse mentre lei timidamente tese la mano e sorrise come la punta delle dita sfiorò una guancia solida.

 
"Questo è meglio che non sia la stessa merda dell'ultima volta," Rachel sentì Quinn mormorare come la bionda alzò il volto così il suo naso accarezzò il palmo della bruna. Quinn posò un bacio lì.
 
"Modera il linguaggio, Quinn," Rachel la rimproverò come sentì Quinn portare entrambe le mani per afferrare Rachel. Rachel si accostò più vicino e Quinn fece lo stesso, portando la loro fronte a contatto.
 
"Sono di nuovo materica e ti preoccupa il linguaggio che utilizzo?" Quinn la derise. Rachel sentì le gambe della bionda piegarsi fino a premere delicatamente le ginocchia nello stomaco di Rachel, alla ricerca di tutto il contatto possibile.
 
"Ci sono altri modi per comunicare i propri sentimenti senza usare parolacce," mormorò Rachel severamente mentre annaspava e afferrava l'orlo della camicia di Quinn con entrambe le mani e lasciava le nocche contro l' invisibile pelle nuda sottostante. Rachel notò che Quinn era fredda al tatto. Non fredda ghiacciata, ma fredda. Come se qualcuno avesse tenuto la mano fuori dal finestrino della macchina per troppo tempo e l'avesse tirata indietro, solo per sentire quanto intorpidimento avesse ottenuto.
 
"Lascio le spiegazioni prolisse a te, allora, grazie," Rachel sentì mormorare Quinn, le labbra ad un millimetro da quelle della bruna.
 


 
Quinn aveva gli occhi ben chiusi mentre lei ri-memorizzava la sensazione della pelle di Rachel premuta contro la sua. Forse perché erano passati dieci anni da quando qualcuno si era premuto contro di lei in quel modo, o forse era solo perché era Rachel, ma Quinn sentì come se avesse effettivamente calore nel suo corpo. Come se avesse preso una lunga sorsata da una tazza fumante di cioccolata calda dopo essere stata al freddo per ore. Ogni tocco di Rachel posto contro la sua pelle (era pelle? Questa faccenda del fantasma era così complicata) sembrava far bollire il sangue sotto la punta delle dita della ragazza.
 
"Quanto tempo pensi che durerà questa volta?" Rachel chiese e l'aria della domanda attraversò le labbra socchiuse di Quinn. Quinn lasciò che la domanda vagasse intorno alla bocca e sentì quasi il sapore sulla punta della lingua mentre lasciava che le sue dita sfiorassero la pelle d'oca sulle braccia di Rachel.
 
"Non abbastanza", Quinn rispose come i suoi occhi svolazzarono fino a fissare Rachel. Guardò l'affascinante luminosità negli occhi di Rachel, mentre la bruna elaborava le sue parole. A Quinn non piacque il modo in cui lampeggiò l'oscurità nei suoi occhi. "Possiamo approfittarne ora però," il fantasma aggiunse rapidamente per lenire la delusione di Rachel.
 
Rachel chiuse rapidamente il divario tra le loro minuscole labbra socchiuse e baciò Quinn. Prima di chiudere gli occhi, Quinn notò le lacrime liberarsi da sotto le palpebre chiuse di Rachel.
 
"Vieni qui", disse Quinn dopo essersi ritratta da Rachel.
 
Guardò la bruna solcare le sopracciglia prima di guardarla divertita. "Quinn", Rachel disse "Io non credo di poter venire ancora più vicina."
 
Quinn alzò gli occhi prima di avvolgere le braccia al collo di Rachel e abbassarle la fronte  mentre portò la bruna nella sua clavicola, sotto il collo.
 
"Che cosa stai facendo, Quinn?" Rachel sussurrò nella parte inferiore della mascella di Quinn prima che la bionda la sentisse appoggiarsi e mettere le labbra lì, piano, come se fosse la cosa più naturale del mondo da fare per Rachel. Come se fosse la cosa più naturale del mondo per Quinn per cui sorridere.
 
"Faccio tutto quello che posso", rispose con decisione Quinn.
 
"E l'Ombra? Hai detto che..."
 
"So quello che ho detto, Rachel. Solo..."
 
"Stai zitta?"
 
"No", disse Quinn, un po' presa alla sprovvista, "Solo parla di qualcosa di diverso da tutte le cose cattive che stanno accadendo. Chiudi gli occhi e fai finta che..."
 
"Non ho bisogno di far finta di nulla, Quinn," Rachel iniziò, il tono della sua voce faceva fremere il collo Quinn, "tu sei proprio qui."
 
Il fantasma sbatté le palpebre ricacciare indietro le lacrime mentre teneva Rachel stretta. Dopo tre minuti passati a contare i secondi e ad ascoltare Rachel parlare di quello che aveva fatto per il suo compleanno, Quinn smise di contare i secondi e cominciò a contare i respiri di Rachel. Ogni volta che Quinn sentiva salire e scendere il petto di Rachel sotto le sue mani, lei esalava un forzato respiro di sollievo.
 
Ore dopo, quando il compleanno di Rachel era stata una questione di ore prima, Quinn era ancora sveglia. Rachel si era addormentata tra le sue braccia. Tra le sue braccia. La bionda alzò un sopracciglio verso il cielo mentre disse sottovoce, "Grazie".
 
Rachel si mosse tra le braccia di Quinn e Quinn sorrise. Qualunque cosa ci fosse tra lei e Rachel, qualunque cosa accadesse, una cosa era certa... Viva o morta, nessuno l'aveva mai toccata così come aveva fatto Rachel. Che Dio l'aiuti poiché quando al sorgere del sole Quinn avrebbe dovuto lasciare il suo Paradiso personale per affrontare il suo personale Inferno, l'inferno in cui Rachel era stata trascinata grazie all'Ombra e al Dio sopra di lei, di cui Quinn stava seriamente cominciando a dubitare che sapesse cosa stesse effettivamente facendo.
 
La bruna improvvisamente si agitò tra le braccia di Quinn, gemendo nel sonno e Quinn subito chinò la testa per vedere le pieghe addolorate nella fronte di Rachel. Era un incubo, ed era probabilmente causato dalle Ombre.
 
Quinn sospirò e si lasciò sfuggire un respiro tremolante mentre fissò il soffitto scuro di Rachel, con le lacrime agli occhi. Non poteva proteggere Rachel, Quinn non era Superman. Non era letteralmente nulla. Come poteva proteggere la piccola bruna addormentata tra le sue braccia?
 
Un altro lamento sfuggì dalle labbra di Rachel. La bionda rimase a fissare il soffitto, stringendo le labbra come lacrime invisibili le caddero sulle guance e finirono sul letto senza lasciare traccia. Quinn non era un eroina. E Rachel aveva bisogno di un eroe. Dannazione, se non fosse stato per Quinn, Rachel non sarebbe nemmeno stata in quella posizione.
 
"Dio", Quinn espirò dolorosamente.
 


 
"Quinn? Ci sei?" Rachel chiese all'aria vuota dopo essersi seduta sul suo letto. La luce del sole illuminava attraverso le tende e Rachel sospirò. "Oppure no".
 
"Tu sei un anno più grande di me adesso", sentì all'improvviso dalla sedia davanti alla scrivania di Rachel. Il suo portatile era aperto e acceso. Google era sullo schermo e la tastiera sembrava muoversi da sola.
 
"Tecnicamente tu hai nove anni più di me", Rachel corresse con disinvoltura mentre sedette intontita e ammiccò verso Quinn. "Vedo che sei ancora materica".
 
"Maledizione," Rachel sentì Quinn mormorare sottovoce, prima che sembrasse rispondere distrattamente "Oh, sì, più o meno".
 
"Più o meno?" Rachel chiese, frustrata per il comportamento scostante di Quinn.
 
"Sì, Rachel, più o meno".
 
Bene, Rachel pensò. La bruna spinse indietro i capelli e lasciò cadere i piedi nudi sul tappeto bianco. Avanzando attraverso la stanza, lei si mise dietro Quinn e si appoggiò contro la parte posteriore delle sue spalle mentre leggeva lo schermo del computer.
 
"Stai Googolando ‘fantasmi’?"
 
Rachel sentì un formicolio di capelli attraversare brevemente le sue braccia mentre immaginò Quinn voltarsi a guardarla. "Non sono mai stata veramente in grado di utilizzare questa cosa di Google prima d'ora, ma è così figo. Sto Googolando ‘fantasmi fisicamente solidi’."
 
Rachel si morse le labbra e si voltò. Alzò le braccia dalle spalle di Quinn e si voltò per sedersi sul bordo del letto. "Quinn".
 
"Cosa?" Rachel ottenne in risposta.
 
"Per favore spegni Google e vieni a sostenere una conversazione con me."
 
"Non posso, Rachel. Continuo ad alternarmi tra corpo e non-corpo e ora sto avendo un momento di 'solidità' quindi ho bisogno di continuare a cercare..."
 
"Quinn!" Rachel urlò severamente. La battitura sulla tastiera si fermò bruscamente. La sedia vuota si girò per affrontare Rachel.
 
"Cosa?" Quinn chiese con calma, la sua domanda sospesa densamente nell'aria.
 
"Cosa c'è che non va?" la bruna chiese.
 
"Niente."
 
"Quinn".
 
"Smettila, Rachel".
 
"No, Quinn."
 
"Ho detto smettila!" Quinn urlò e i capelli di Rachel fluttuarono all'indietro dalla forza dell'energia del fantasma.
 
Rachel rimase completamente stoica e impassibile. Sistemò i suoi capelli, incontrò il punto dove pensava che fossero occhi di Quinn e disse "Che cosa sta succedendo?"
 
"Ti sei guardata in uno specchio ultimamente, Rachel?" Quinn le chiese. La mascella di Rachel scattò. "No, Rachel, non ti sto dicendo che sei brutta. Ma quanto tempo è passato da quando hai effettivamente dormito senza incubi? Da quando hai effettivamente avuto una intera notte di sonno?"
 
La bocca di Rachel si mosse senza parole come cercava di trovare una bugia adeguata.
 
"Questo è quello che ho pensato:" Quinn continuò, "Hai gli occhi pesti perché le tue borse sono troppo gonfie. Rachel, abbiamo bisogno di porre fine a tutto ciò".
 
In quel momento fu come se il tempo rallentasse, come un'onda di realizzazione travolse Rachel e tutto il suo corpo. Che cosa aveva previsto Quinn mentre lei dormiva? Perché, improvvisamente, aveva un innato senso di paura?
 
"Porre fine a cosa, Quinn?"
 
"L'unica ragione per cui sei perseguitata in questo momento sono io!" Quinn sbottò "Questo potrebbe seriamente rovinarti, Rachel. Potrebbe finirti".
 
Rachel era rimasta a scuotere la testa per tutto l'intero mini-sfogo di Quinn. "No, no ti sbagli Quinn. Niente di tutto questo è colpa tua..."
 
"Sì che lo è!" Quinn la interruppe, urlando di nuovo.
 
"Vorresti per favore astenerti dall'interrompermi e dal gridarmi contro?" Rachel urlò esasperata mentre agitava le mani nell'aria e afferrava il vuoto con le mani per la frustrazione.
 
"Non quando quello che stai per dire è sbagliato."
 
"E' così, Quinn Fabray", Rachel ribollì, mentre si alzò bruscamente e si trovò davanti Quinn, "Non mi importa niente del tuo nobile e senza dubbio stupido piano che hai in mente. Non mi importa se pensi che partire o trapassare mi salverà, perché ho intenzione di ritenere che è questo quello a cui stai pensando. Non penso che tu capisca il fatto che sei tu quella che mi ha salvata. Tu sei esasperante, Quinn Fabray, perché pensi che stia morendo ora, quando non ho nemmeno mai saputo apprezzare o amare la vita fino a quando non sei arrivata tu!" Il petto di Rachel si sollevò mentre ascoltò il silenzio dopo la sua invettiva pungente. Non riuscì più a reggere il silenzio dopo pochi secondi, e così Rachel si voltò e fuggì dalla sua stanza, per rifugiarsi in bagno, chiudendo la porta dietro di lei.
 
Rachel si appoggiò al lavabo in marmo mentre osservò il suo riflesso nello specchio. Quinn aveva ragione, le borse sotto gli occhi di Rachel quasi sembravano due occhi lividi. Rachel cautamente tracciò con le dita le sfumature di nero sotto gli occhi e tirò su col naso leggermente. Lei non aveva intenzione di lasciarsi andare e piangere.
 
"Qui," Rachel sentì sussurrarle all'orecchio sinistro mentre un fazzolettino fluttuò nell'aria di fronte a lei. Lei scoppiò in una risata soffocata, e allo stesso tempo non fu più in grado di combattere le lacrime. Rachel sentì una forma solida premersi contro la sua schiena mentre un mento fu posato sulla sua spalla sinistra. Fissando lo specchio, Rachel vide solo la propria immagine riflessa. Pianse più forte.
 
"Rachel, forse è tempo per me di andare oltre".
 


 
La neve che copriva il marciapiede scricchiolava sotto stivali di plastica rosa di Rachel mentre camminava verso il suo parco preferito una settimana dopo. Il giorno di Natale per i non ebrei e di altre religioni non cristiane, Rachel pensò. Per lei? Proprio una giornata tranquilla dove poteva andare in giro per una pacifica Lima e sorridere alle adorabili renne e alle luci piuttosto colorate che adornavano le case del quartiere.
 
Lei tirò su col naso contro il vento gelido che si era camato piano piano durante quella giornata nuvolosa mentre regolò la cinghia superiore della sua borsa a bauletto sulla sua spalla. Rachel raggiunse il parco e subito si fece strada verso l'altalena. Dopo aver tolto la neve da entrambe le seggiole, Rachel si sedette su di una e iniziò dolcemente a dondolare.
 
"Ehi", disse una voce familiare, fluttuando attraverso il vento, come l'altalena accanto a Rachel iniziò a muoversi per la brezza.
 
Rachel girò la testa verso destra, il suo berretto giallo si spostò sulla fronte prima che lei lo spingesse indietro di nuovo con un pollice. "Buon Natale, Quinn."
 
"Buon Natale, Rachel," Quinn rispose come Rachel sentito le ormai familiari spine e gli aghi sul suo lato destro. Appoggiò la testa al suo interno e sorrise mentre chiuse gli occhi, immaginando l'abbraccio. Quando il formicolio la lasciò, Rachel tese la mano verso l'altalena accanto a lei e cercò l'aria prima che sulla sua mano destra iniziasse a formicolare. Quinn le stava toccando la mano.
 
"Oggi è un giorno di riposo, vedo", disse Rachel mentre fissava Quinn, riferendosi tristemente al fatto che non fosse corporea.
 
Ci fu un attimo di silenzio in cui Rachel immaginò Quinn annuire. "Sembra di si", la bionda disse: "Va bene, però. E’ Natale, sai? Questo è il primo anno che la casa ha avuto luci e un albero e tutto", Quinn disse silenziosamente, finendo in un sussurro, e Rachel poté immaginare la scrollata di spalle che andava ad accompagnare questa affermazione.
 
"Mi è piaciuto farlo con te però sai", disse Rachel mentre sorrideva al ricordo di lei che trascinava un abete in casa Fabray nel cuore della notte con l'aiuto di Leroy e Quinn e gli ordini che Hiram urlava dall'interno della casa.
 
Quinn rise forte e Rachel sorrise di riflesso. "E' stato meraviglioso, soprattutto quando sei rimasta incastrata tra i rami dell’albero"
 
"Sì, esilarante," Rachel rimase impassibile come lei alzò gli occhi mentre si lasciò andare ad un piccolo sorriso, "Parlando dei miei padri, mi hanno dato il permesso di dormire da te stasera."
 
Quinn era silenziosa e Rachel girò la testa e aggrottò le sopracciglia. "A meno che tu non abbia cambiato idea e voglia..."
 
"No, no, non è quello," Quinn rapidamente tagliò corto "è solo strano pensare che esattamente una settimana fa dicevo che stavo pensando di passare oltre e ora eccoci qui".
 
"Eccoci qui", Rachel sussurrò come il freddo dell'aria fece vorticare il suo fiato di fronte a lei. Ripensò a come fosse scoppiata a piangere in bagno e a come Quinn l'avesse tenuta stretta. Come Rachel non fosse riuscita a dire a Quinn tutto ciò che avrebbe voluto, ciò che sapeva che avrebbe tenuto Quinn con lei. Ma era stato come se Quinn l'avesse sentita comunque, perché rimase con Rachel per tutto il giorno. E poi tornò il giorno successivo. E poi rispose alla porta due giorni dopo, quando arrivò Rachel a bussare.
 
Fu come se Quinn avesse capito ciò che Rachel non era stata pronta a dire, era stato come se il cuore di Quinn avesse risposto.
 
La bruna si schiarì la gola e scosse la testa. "Niente di tutto ciò, ora, andiamo. E' il giorno di Natale, un giorno allegro, e anzi, potrebbe anche essere un giorno di non-solidità per te, ma io lo considero un - come si dice? - miracolo di Natale. Andiamo a casa tua ora. Farò accendere un fuoco e metterò ‘La vita è meravigliosa’ e potrai aprire il tuo regalo."
 
Sentì un gemito da accanto a lei. "Sul serio? Stai per costringermi a guardare un film su un uomo che viene sostanzialmente trasformato in fantasma? E, aspetta, ti avevo detto di non portarmi nulla".
 
Rachel alzò gli occhi come saltò giù l'altalena e fermò il seggiolino di Quinn dal soffio del vento, in modo che il fantasma potesse scendere (anche se ciò non era senza dubbio necessario). "Ti sto facendo guardare un classico senza tempo, Quinn. Sono esterrefatta che tu, essendo una patita dei grandi film classici, non l'abbia ancora visto", disse, ignorando l'ultima parte della dichiarazione di Quinn.
 
"Io tendo ad evitare i film che mi ricordano della mia esistenza", disse Quinn a Rachel mentre si misero al passo insieme facendosi strada verso casa di Quinn.
 
"Questa è certamente una scusa, Quinn", disse Rachel, ignorando lo sbuffo di divertimento da accanto a lei. "Inoltre, non ho mai celebrato il Natale, così naturalmente ho cercato con Google e ho fatto un PowerPoint sui metodi corretti".
 
"Naturalmente l'hai fatto", Quinn rispose blandamente, "Per favore dimmi che non hai alcuna torta di frutta appresso."
 
Rachel si lasciò sfuggire un "Pfft" seguito da una rapida risata nervosa come i suoi occhi si precipitarono giù verso la sua borsa e poi di nuovo sul marciapiede davanti a lei, "Sciocchezze".
 
Ci fu un gemito forte da Quinn come il familiare albero di ciliegio, ora coperto di neve, iniziò a vedersi. Rachel soffocò una risatina mentre salirono i gradini e aprì la porta tenendola aperta per Quinn in modo che il fantasma non dovesse camminare attraverso di essa.
 
"Grazie", venne sussurrato in aria come Rachel annuì e chiuse la porta dietro di sé mentre camminò seguendo Quinn.
 
La casa dei Fabray era stata decorata. Era stata un’idea di Rachel, giorni dopo che Quinn aveva deciso di restare, di dare a Quinn un degno Natale. Non le era neanche passato per la mente fino a 4 giorni prima di Natale, quando vide un programma televisivo su un pupazzo di neve danzante e pensò che Quinn non avesse avuto nessuno con cui festeggiare il Natale in dieci anni e alla solitudine che aveva dovuto provare. Una volta che Rachel studiò a fondo la vacanza e redasse un PowerPoint, lei presentò l’idea ai suoi padri. Avevano prontamente accettato e aiutato Rachel a presentarsi da Quinn con il più grande albero di Natale che i Berry potessero trovare. Certo, un albero di abete alto tre metri era stato un po' troppo, ma Rachel aveva insistito per avere solo il meglio per Quinn.
 
Dopo che l'albero era stato collocato e Quinn a malincuore aveva mostrato loro dove fossero le decorazioni, i Berry trascorsero una notte e un giorno adornando la casa dei Fabray. Se i vicini si fossero chiesti perché gli unici ebrei in città, per giunta l’unica coppia gay di sesso maschile, con la loro figlia alta 1 metro e 60, fossero usciti a mezzanotte e avessero appeso le luci sulla casa dei Fabray cantando classici come Jingle Bells e Deck the House, fortunatamente non lo diedero a vedere.
 
Rachel dovette cadere dal tetto, atterrando su suo padre, prima di decidere che fosse più adatta a decorare gli interni con Quinn. E così decorò. C'erano luci d'oro e d'argento appese intorno alla casa intera, mescolate con corone e agrifoglio. Un piccolo Babbo Natale animato e statue di renne erano ordinatamente disposti intorno alla casa. Il normale (e non utilizzato) servizio di posate e piatti vennero sostituiti da un servizio natalizio (ugualmente non utilizzato).
 
Sia Rachel che Quinn avevano decorato l'albero di Natale da sole in una giornata in cui Quinn era stata solida. Le ragazze avevano fatto i turni per appendere le tante decorazioni di Natale, dopo che Quinn aveva avvolto le luci colorate su di esso. Rachel aveva chiesto a Quinn che storia ci fosse dietro ogni ornamento, e così Quinn aveva raccontato le storie dietro ognuno come meglio poteva ricordare.
 
Rachel aveva anche rinviato la costruzione del presepe per quando Quinn fosse stata solida e finse di non notare le lacrime nella la voce spezzata e commossa di Quinn come la bionda l'aveva ringraziata per il gesto.
 
Mentre le ragazze entrarono nella casa riccamente decorata, Rachel sorrise. Mentre lei non aveva da festeggiare il Natale, doveva comunque ammettere che le decorazioni erano bellissime. "Vuoi qualcosa da bere?" Quinn le chiese dalla cucina, "Hai ancora il tuo schifo di latte di mandorla nel mio frigo e qualche altro frutto, e cose strane da bere".
 
Rachel alzò gli occhi come chiuse a chiave la porta di casa e si strinse nelle spalle nel suo cappotto rosso, si tolse il cappello giallo e appese entrambi sulla gruccia. Scivolò fuori dagli stivali rosa e poggiò la sua borsa vicino ad essi prima di avviarsi scalza verso la cucina.
 
Rachel si fermò quando qualcosa nel soggiorno catturò il suo sguardo.
 
C'erano tre regali sotto l'albero di Natale, invece di solo quello di Rachel. La bruna curiosa si girò e si diresse in salotto al posto della cucina e si chinò per controllare i bigliettini. Rachel si strinse al suo petto come i suoi occhi si riempirono di lacrime. Sotto l'albero di Natale di Quinn c'erano il regalo da parte sua, dove l'aveva messo, e due nuovi. Per Quinn, con amore Leroy. Per Quinnie, con amore Hiram. "Vi amo, entrambi," la bruna sussurrò a voce alta prima di saltellare un po'.
 
"Quelli sono..." sentì alle sue spalle. Rachel annuì quando si voltò a sorridere a Quinn con gli occhi pieni di lacrime.
 
"Dai miei padri? Sì, lo sono. In realtà...". Rachel si spense, raddrizzandosi e mordendosi le labbra. "Ce ne sarebbe anche un altro." Quinn sospirò e disse qualcosa del tipo che non avesse bisogno di regali mentre Rachel le passò accanto per recuperare la borsa vicino alla porta. Quella mattina, quando si era alzata e si stava preparando per andare, qualcuno aveva bussato alla porta dei Berry.
 
Quando Rachel fu chiamata giù, lei venne accolta da un Puck in piedi, che stava spostando il proprio peso da un piede all'altro mentre stringeva nervosamente un pacchetto di buone dimensioni avvolto in carta di giornale. "Puoi darle questo?" fu tutto ciò che disse prima di abbracciare brevemente Rachel allontanandosi bruscamente prima che potesse essere respinto. Come se Rachel avrebbe mai potuto respingerlo.
 
Lei tirò fuori il pacchetto della sua borsa e lo mise sotto l'albero, un silenzio pesante cadde nell'aria.
 
"E' da parte di Noah", disse Rachel uniformemente, lentamente, mentre lei continuava fissare il suo sguardo sul regalo.
 
Non aveva detto nulla a Quinn circa il suo incontro con lui prima e lei certamente non aveva detto a Quinn che era amica (ed era anche stata fidanzata per un po’) con il fratello minore del ragazzo che l'aveva uccisa.
 
"Con Noah presumo tu intenda Puck", affermò Quinn.
 
"Sì," Rachel sospirò piano "sai..."
 
Una folata d’aria gelida colpì Rachel come Quinn si trasferì più vicino al regalo prima di rispondere "Io so chi è, e sapevo di voi due, Rachel, se è questo il motivo per cui sei nervosa. Io non sono un idiota, me lo ricordo da quando era più piccolo. Era un bravo ragazzo", finì e poi aggiunse "Non sono arrabbiata che lui sappia. Sono... Sono felice che si ricordi di me e che ti creda".
 
Rachel mosse il suo sguardo per affrontare Quinn, "Davvero non sei arrabbiata?"
 
"Sono sollevata che qualcuno mi ricordi," fu la risposta tranquilla che Rachel ricevette.
 
"Se fosse per me, Quinn, tutti in città saprebbero della tua esistenza," Rachel dichiarò con fermezza, raggiungendola fino a quando sentì una sensazione di formicolio nella mano.
 
"Sono abbastanza contenta con te e quei pochi altri che lo sanno, Rachel," Quinn affermò con una risata, "Ma io sono solo... Scioccata che la gente si preoccupi per me, sai? Questi regali... Sono più di quanto io abbia avuto in... "
 
Rachel sentì che Quinn non riuscì più a parlare, le mancava il respiro, così subito tirò Quinn vicino a lei, non si accorse neppure che qualcosa era cambiato nell'aria e che Quinn era di nuovo solida. Rachel l'abbracciò e permise alla bionda di piangere sulla sua spalla mentre le accarezzava la schiena. Quinn era passata più volte da solida a non-solida in un batter d'occhio quei giorni, quindi non fu per nulla strano per Rachel gravitare automaticamente verso la bionda quando lei era sul punto di tornare di nuovo materica.
 
Rachel lasciò piangere Quinn fino a quando non ci furono più lacrime nel corpo del fantasma.
 


 
Per la prima volta in dieci anni, Quinn stava celebrando il Natale. Lei non se l'era permesso prima, perché, davvero, che cosa aveva da festeggiare? Quell'anno Quinn aveva qualcosa da festeggiare, però. Aveva un motivo per sorridere per le luci colorate sulla sua casa e un motivo per cantare insieme alla musica di Natale proveniente dal suo carillon preferito a forma di Babbo Natale.
 
La sera tardi, il fantasma fissò Rachel, in un maglione verde e rosso con le renne, seduta sul pavimento con i regali impacchettati di Quinn davanti a lei e con il televisore alle sue spalle con 'Un Natale esplosivo' a tutto volume arricciando il naso con disprezzo ad ogni parolaccia che usciva dalla bocca di Chevy Chase. Quinn inclinò la testa osservando come il camino dall'altro lato della stanza brillava di luce sulle caratteristiche della splendida Rachel. Rachel alzò lo sguardo verso dove sapeva che ci fosse Quinn, e sorrise. Quinn sorrise di rimando.
 
"Vieni ad aprire i tuoi regali, Quinn." E così fece. Quinn aprì il dono di Hiram con circa una dozzina di libri classici che aveva menzionato incidentalmente a Rachel una volta, insieme alla sua voglia di leggerli. La fece piangere. Lei poi aprì il regalo di Leroy e lesse attentamente il titolo dei venti film horror classici che l'uomo le aveva dato. Ancora una volta, si commosse e pianse. Timidamente, Quinn aprì il dono di Puck, e Rachel si accostò un po' più vicino a Quinn mentre lo apriva. Una volta che l'involucro del giornale venne strappato, Quinn passò le dita sul materiale della giacca della squadra delle Cheerio del liceo. Lacrime le rigarono le guance quando guardò fino a Rachel, che aveva anche lei lacrime agli occhi quando vide la scritta 'Fabray' stampata sul retro.
 
"Me la rubò pochi giorni prima dell'incidente", Quinn spiegò "Aveva una cotta per me e la maggior parte delle volte io andavo più d'accordo con lui che con Michael. Aveva promesso che mi avrebbe restituito di nuovo la giacca quando fosse stato abbastanza grande da poter uscire con me. Mi ricordo che lo chiamai piccolo disgraziato e gli feci promettere di non fare alcuna bambola voodoo con il tessuto", concluse con una risata.
 
Rachel aveva le lacrime agli occhi, Quinn lo notò, ma un sorriso sul viso. "Questo sembra proprio una cosa che farebbe Noah," disse, "Non posso credere che l'abbia conservata".
 
"Io si", disse Quinn, mentre annuì, "era piccolo, ma eravamo amici. Probabilmente sentiva di doverla tenere per mantenere la promessa." Vide Rachel annuire con la testa e mordersi il labbro, e Quinn ebbe un'idea.
 
La bionda si sporse e mise la giacca sulle spalle di Rachel. Rachel alzò di scatto la testa e fissò Quinn con i suoi enormi e scioccati occhi marroni. Quinn sorrise. "Sta meglio a te."
 
Rachel fece un cenno con la testa intontita come tirò la giacca dalle spalle e lo rigirò tra le mani. Quinn non avrebbe potuto spiegare la stretta al petto come Rachel passò le dita sopra il cognome di Quinn stampato sul retro. "Buon Natale, Rachel", disse Quinn, nel tentativo di rompere il silenzio.
 
"Grazie, Quinn," Rachel disse tra le lacrime. Quinn non riusciva a ricordare l'ultima volta che aveva avuto un così emozionante Natale.
 
Infine, Quinn aprì il dono di Rachel e rimase senza fiato. "Mi hai preso un giradischi", esclamò in stato di shock mentre con cautela levò l’apparecchiatura fuori dalla scatola.
 
"Sono stata molto in difficoltà per scegliere cosa prenderti," Rachel ammise, "Fino a quando ho visto tutti i dischi in soffitta qui in una scatola gigante con il tuo nome stampato su di essa. Sono sicuro che non dovessi aprirla, in effetti, ma, naturalmente, l'ho fatto comunque, e sono rimasta scioccata dal contenuto. Comunque, io non sono riuscita a trovare un giradischi funzionante, e credimi, ho perlustrato tutta la casa. "
 
Quinn rise alla schiettezza di Rachel mentre lasciò correre le dita delle mani sul vecchio giradischi prima di alzare il sopracciglio nella realizzazione. "Questo è tuo."
 
"Già," Rachel concordò "insieme a tutti i vinili in fondo al pacco, guarda bene."
 
Quinn fissò Rachel in stato di shock prima di guardare nella scatola e vedere, proprio come Rachel aveva detto, decine di dischi. "Inoltre," Rachel aggiunse, "ho portato giù tutti quelli tuoi dalla soffitta e ho pulito tutto. Ora, sono tutti organizzati nello scaffale vuoto dell’armadietto sotto la TV. Ho lasciato lo spazio per i tuoi film e i libri lì, anche".
 
La vista di Quinn era sfocata dal pianto quando finalmente strappò il suo sguardo dal vinile e passò al volto di Rachel. "Come hai fatto a..."
 
"Tu ami la musica, Quinn, quasi quanto me, e non pensavo fosse possibile. Ho pensato che una persona come te non avrebbe avuto tutti questi album a meno che non li amasse veramente, e non avere qualcosa con cui ascoltarli è un peccato in sé."
 
"Ma questo è tuo Rach e ora..."
 
"E ora è nel posto a cui appartiene, la sua casa", Rachel finì per Quinn, le sopracciglia inarcate e annuendo per ribadire il suo punto.
 
Quinn diede un'occhiata a Rachel, che stava indossando la sua vecchia giacca del liceo prima di guardare il giradischi in grembo. Si guardò intorno verso le luci in casa e il televisore a tutto volume, verso la cucina attraverso la sala con il cibo sul tavolo e poi il caminetto col fuoco scoppiettante. E all'improvviso fu colpita da qualcosa di forte, qualcosa di abbastanza potente da provocarle enormi spasmi attraverso il suo corpo, qualcosa che sembrò simile ad un cuore che batte nel petto, potente.
 
Come se Rachel avesse intuito, come se l'avessero fatto un milione di volte, la raggiunse, mise la mano sulla parte posteriore del collo di Quinn, e la tirò a sé per un bacio breve. Questa era casa, Quinn pensò. La casa in cui si era nascosta dal mondo per dieci anni era una casa. La sua casa. Con Rachel lì, con la vita che Rachel aveva portato in essa, era finalmente una casa. Quinn ignorò le borse scure sotto gli occhi di Rachel e il timore fastidioso in fondo alla sua mente mentre si sporse e baciò Rachel di nuovo, mordendo il labbro inferiore della mora e tenendolo stretto tra le sue labbra.
 
Aveva qualcuno che si ricordava di lei, due uomini che si prendevano cura di lei, e una ragazza che (Quinn pregava Dio) l'amava. Quinn pregava Dio che Rachel l'amasse, perché Quinn nella sua vita non aveva mai amato qualcuno più di quanto amasse Rachel. Forse non poteva sempre proteggere Rachel, ma poteva amarla. Per ora, era abbastanza.










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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - parte 1 ***


NdT: Innanzitutto mi scuso perché ho dovuto dividere il capitolo a metà! Questa è solo la prima parte.. Avevo mille impegni, tra cui gli esami all'università e degli inconvenienti con altre 2 storie. A prescindere da ciò.. Mi dispiaceva lasciarvi senza aggiornamento, anche perchè son sempre stata puntuale, quindi mi son messa d'impegno e ho tradotto di fretta almeno la prima parte. So che non è molto ma spero che possiate capire che per me, tradurre, è solo un hobby e mi ci dedico se ho tempo libero.. Detto questo, buona lettura! Questo capitolo porta grandi novità! ;)







Capitolo 8 - Parte 1

 
Quinn sedeva sul gradino della sua scala e guardava Rachel camminare lungo il corridoio, le braccia distese e le dita che lentamente spazzolavano le pareti mentre si muoveva. Faceva venire in mente a Quinn un areoplano, uno di quelli che brillavano in alto nel cielo notturno. Pensò che un uccello sarebbe più romantico, come paragone, ma un aereo sarebbe salito più in alto.
 
“Sei pronta, Quinn?” Rachel chiese mentre rigirò le chiavi della macchina tra le mani e si voltò dall'altra parte della sala per guardare indietro verso Quinn.
 
Quinn brevemente pensò di chiedere a Rachel come avesse fatto a capire che Quinn era seduta lì, ma poi ci ripensò. “Naturalmente. A me non serve tutto il tempo che è necessario a te per prepararti”.
 
La pausa invernale a Lima, Ohio, era ufficialmente finita. Che andava bene nei piani di Quinn, meno il fatto che Rachel sarebbe stata a scuola al posto di perseguitare Quinn come aveva fatto fino ad allora. Oh, l'ironia.
 
“Sono davvero entusiasta,” il fantasma ammise come lei silenziosamente si mise al passo in modo di stare di fronte a Rachel e guardare verso la bruna.
 
“Come lo sono io, Quinn. Come sia stato possibile che sia passato così tanto tempo senza che tu mi abbia sentita cantare, semplicemente mi sfugge”, disse Rachel mentre tirò fuori il cellulare per controllare l'ora.
 
Quinn inclinò la testa di il lato tra i pensieri e fece notare, “Beh, ti ho sentita cantare quando eri in cucina e anch... E’ la mia giacca in jeans quella?”
 
La domanda chiaramente prese Rachel alla sprovvista in quanto la bruna si arrestò di botto e alzò gli occhi dal suo cellulare con un'aria colpevole dipinta in faccia. “Qu-questa? L'ho trovata nel...”
 
“Nel mio armadio”, Quinn dichiarò in tono perplesso. Era uno di quei momenti in cui Quinn sperava che Rachel potesse vedere quanto fosse alto il suo sopracciglio alzato. “Da quanto tempo stai rubando di nascosto i miei vestiti?”
 
Rachel la beffò prima di scuotere la testa e stringersi le labbra. “Quinn,” cominciò, “sei stata tu a chiedermi di rimanere qui con te il più possibile in modo da poter tenermi d'occhio. E’ irrealistico aspettarsi che io mi ricordi sempre di portarmi i vestiti appropriati e così...”
 
“Penso che sia una cosa carina,” Quinn la interruppe a bassa voce.
 
“Sì?” Rachel chiese.
 
“Sì”, affermò a Quinn. Rachel guardò dolcemente fino negli occhi di Quinn, il sorriso di Quinn vacillò come lei notò le sempre più scure borse sotto gli occhi di Rachel e il modo in cui le sorrise soltanto con metà della bocca. Il fantasma si chinò e tirò i risvolti della sua giacca indosso a Rachel, allo stesso tempo avvinandoli tra di loro e tirando Rachel più vicina a sé. “Sì”, ripeté Quinn.
 

 
Anche se non ne aveva bisogno, Quinn scelse di restare al fianco di Rachel quel primo giorno di scuola dopo le vacanze. Era la fine della giornata quando uscì dalla classe di spagnolo con Quinn al suo fianco.
 
“Non dovrei essere sorpresa dal fatto che la pausa invernale non abbia avuto effetti positivi sulle orribili tecniche d’insegnamento di Mr. Schuester. Sono quasi sicura che pensi che ‘ser’ sia l’unico verbo irregolare esistente. Voglio dire, siamo in 5-6 per l’amor di Dio!” Rachel sbraitò mentre stringeva i libri al petto e si faceva largo nel corridoio affollato.
 
Quinn fluttuava accanto a lei, inclinò la testa di lato e sorrise dolcemente, aggiungendo, “Sono rimasta impressionata dal fatto che sia riuscito a menzionare il Glee Club ben 5 volte integrandolo con la lezione.”
 
Rachel si lasciò andare ad una risata genuina ma si bloccò all’istante, inchiodando i piedi a terra accanto a Quinn, costringendo la bionda a distogliere il suo sguardo da Rachel per capire il motivo della suo cambiamento improvviso. Oh Dio. Quinn si lasciò sfuggire un gemito mentre lei guardò Karofsky e Azimio, gli idioti.
 
“Merda, Berry,” disse Karofsky mentre agitava un bicchiere di granita alla ciliegia nella mano. Quinn strinse i denti, fece la stessa cosa con i pugni avvicinandosi a Rachel. “Ti hanno lasciata andare dal manicomio anche se hai quella faccia?”
 
“Sto impazzendo io, oppure la piccola matta stava proprio parlando con se stessa?” Azimio chiese a Karofsky mantenendo i suoi occhi disgustati verso Rachel.
 
L’orgogliosa bruna tenne alto lo sguardo come mandò loro, a sua volta, un’occhiataccia di disgusto. “Se voi due avete finito, io andrei al Glee Club ora. Sapete, quello che mi permetterà di andarmene da questa città e stare lontano da voi bulli ignoranti.” Rachel sbraitò mentre cercava di levarseli di torno.
 
“Ohh ohoh, frena pazzoide, non andrai da nessuna parte fino a quando noi non ti avremo dato il prefetto bentornato al McKinley con un paio di granitate in faccia,” disse Azimio con un ghigno mentre lui e Karofsky alzarono i bicchieri preparandosi.
 
Quinn praticamente ringhiò con rabbia, si lanciò in avanti, prese il fondo delle coppe in ciascuna mano e scagliò la granita contro i volti dei due ragazzi.
 
“Che cavolo?” Karofsky urlò e iniziò ad asciugarsi lo sciroppo rosa dagli occhi, lasciando cadere la tazza accanto ai piedi di Azimio.
 
“Berry deve aver fatto qualcosa, amico” disse Azimio mentre fissava a bocca aperta Rachel attraverso la granita negli occhi. Si guardò attorno.
 
Rachel, da parte sua, mantenne un costante sorriso sul suo viso, sentiva il respiro ansante di Quinn accanto a lei.
 
“Sarà stato il karma,” disse la bruna alzando le spalle.
 
“C’è qualcosa di fottutamente sbagliato in te, pazzoide” disse Karofsky ad alta voce mentre puntava il dito agitato contro Rachel.
 
A quel punto, l’intera scena aveva attirato una grande folla di studenti nel corridoio che avevano preferito fermarsi a vedere piuttosto che tornare a casa. Una familiare, arrabbiata voce risuonò per la sala sopra il rumore del chiacchiericcio eccitato e scioccato degli studenti. “Cosa sta succedendo qui?” chiese la coach Sylvester facendosi spazio con la forza tra i ragazzi, facendone cadere qualcuno, e arrivando davanti ai due giovani colpiti dalla granita.
 
“Questa pazza ci ha lanciato una granita senza toccarci!” Karofsky gridò con il dito ancora puntato verso Rachel.
 
Quinn vide Rachel lentamente inarcare un sopracciglio e rivolgersi all'ex allenatrice di Quinn, senza mostrare alcun timore, sorprendentemente. “Coach Sylvester, questi due mi stavano minacciando e in qualche modo la loro…”
 
“Non voglio sentirti, Lizzie Borden. Tutto quello che vedo sono due dei miei migliori giocatori di football coperti di granita e tu in piedi con due tazze vuote ai tuoi piedi”, disse la donna più alta con le braccia incrociate sul petto.
 
Rachel sentenziò, “Mi... Mi scusi? Prima di tutto, Lizzie Borden era una presunta assassina quindi perché mi sta paragonando…”
 
“Non ti sei guardata allo specchio ultimamente? Sembri una psicopatica ambulante che è venuta nella mia scuola vestita da bambina per ingannare tutti a credere che l'unica minaccia verso di noi sia vederti con quegli orrendi vestiti. Mentre invece il tuo vero obiettivo è quello di mandar all’aria l’intero sistema scolastico, determinando la morte di tutti noi con l’arma di guerra che sicuramente tieni legata tra quelle gambe eccessivamente lunghe, nascondendola in quegli orribili collant. Come allenatrice, non posso permettere che le tue tendenze da serial-killer continuino,” disse Sue tutto d’un fiato.
 
La bocca di Rachel si aprì in stato di shock, mentre il resto dei presenti si guardavano a vicenda in confusione. Quinn ribolliva. Questa donna aveva perso la testa.
 
“La festa è finita gente!” disse la coach, agitando le braccia per disperdere la folla. Quando tutti se ne furono andati, si voltò verso Karofsky e Azimio. “Vi suggerisco di sparire anche voi, se non volete essere trasformati in rospi.”
 
“E’ assurdo!” scattò Quinn urlando con rabbia. La testa della coach Sylvester si voltò di scatto prima a destra poi a sinistra per cercare Quinn e contemporaneamente Rachel si voltò a fissarla.
 
“Chi l’ha detto?” sussurrò Sue. Rachel la guardò sbalordita e notò confusione nel volto solitamente stoico della coach.
 
“Ch… Chi ha detto cosa?” rispose Rachel ugualmente confusa.
 
“Oh mio Dio,” sussurrò Quinn.
 
Sue sgranò gli occhi fissando lo spazio vuoto accanto a Rachel, dove stava Quinn, e trattenne il respiro, “Impossibile”.
 


Rachel girò il suo corpo per seguire lo sguardo di Sue, voltandosi verso Quinn. Forse perché Rachel era stata intorno a Quinn per la metà di un anno a quel punto, ma non avrebbe mai potuto capire come la gente vedesse sempre e solo uno spazio vuoto dove stava la presenza di Quinn. Non importa cosa, Rachel vedeva qualcosa nel posto in cui Quinn era, un'increspatura nel suo respiro, un riflesso contro le particelle nell'aria, Rachel vedeva sempre qualcosa. O forse era tutto nella sua mente. Indipendentemente da ciò, il modo in cui Sue fissava Quinn fece pensare a Rachel che forse, solo forse, Sue vedeva ciò che vedeva lei.
 
“Coach Sylvester…”
 
“Non una parola, Rachel,” Sue scattò tranquillamente senza reale malizia nella sua voce. Si mosse con cautela verso Quinn come condotta da un incantesimo.
 
“Non le parli in quel modo,” Rachel sentì dire da Quinn davanti a lei. Rachel sentiva la paura, la trepidazione nella voce di Quinn cucita con la rabbia che il riflesso spontaneo di proteggere Rachel portarono fuori da lei.
 
“Questo è impossibile. Rachel, che diavolo sta succedendo qui?” Sue scattò come i suoi occhi cercavano lo spazio in cui stava Quinn.
 
Rachel sentì scattare Quinn di nuovo “Ho detto di non parlarle in quel modo, coach”.
 
Rachel osservò gli occhi di Sue girarsi all'indietro e dopo un momento di perfetta chiarezza, e con un tonfo sordo, Sue Sylvester svenne. Rachel immediatamente si mosse al suo fianco, ma venne allontanata delicatamente da Quinn. “Lei starà bene Rachel. Penserà che sia stata un’allucinazione. Vieni, abbiamo bisogno di uscire di qui ora”, il fantasma esortò mentre tirava la mano di Rachel.
 
Rachel non voleva lasciare la coach in stato di incoscienza, ma uno sguardo verso Karofsky e Azimio - Merda, erano ancora lì? - e il vedere le loro espressioni inorridite fecero si che Rachel si tirasse in piedi, lasciando che Quinn la portasse via. La bruna lanciò uno sguardo supplichevole ai ragazzi nella speranza che fossero troppo spaventati per dire a tutta la scuola quello che era appena successo. Sapeva che non aveva importanza, forse. In poche ore, tutta la scuola avrebbe saputo che Rachel Berry era seguita da un fantasma e in qualche modo aveva usato i suoi poteri per stendere la coach. Era rovinata.
 
“Vieni, andiamo alla sala del coro”, disse Rachel quando si voltò verso dove Quinn la stava portando.
 
Il rumore delle ballerine di Rachel sul pavimento echeggiava forte intorno a loro mentre correva per i corridoi vuoti del McKinley con Quinn al suo fianco. Mentre slittò svoltando l’angolo, Rachel sentì Quinn sforzarsi di respirare. Rachel sentì Quinn sospirare di sollievo quando riconobbe la porta della stanza del coro. Rachel sentì Quinn, apparentemente proprio come anche la coach Sylvester aveva fatto.
 

 
Quinn vide Rachel spalancare la porta della sala del coro e soffermarsi sulla soglia, facendo finta di controllare l’orologio, quando in realtà stava tenendo aperto abbastanza a lungo perché Quinn potesse entrare. Era una giornata di corporeità, dopo tutto.
 
“Sono terribilmente dispiaciuta per il ritardo, amici gleeks, tuttavia…”
 
“Va bene, Rachel, siediti e basta,” disse Mr. Schuester, il pessimo insegnante di spagnolo, interrompendo Rachel. Quinn aggrottò la fronte verso di lui mentre lentamente seguì Rachel verso le sedie in plastica rossa attaccate alla parete.
 
Quinn conosceva i nomi di tutti quelli del Glee Club. C’era Finn, che aveva salutato Rachel non appena i loro sguardi si erano incrociati. Poi Puck, che sorrise a Rachel. Quinn gli sorrise. Riconobbe la ragazza seduta accanto a Puck come Lauren, l’unica ragazza della squadra di wrestling. Poi c’era Brittany, una delle Cheerios, che era seduta accanto al ragazzo in sedia a rotelle. Quinn pensò che il suo nome fosse Artie. Parlando di Brittany… aha. Quinn individuò Santana, seduta a un paio di posti di distanza da Brittany, a fissare con desiderio la bionda. Poi c’erano Tina e il suo fidanzato Mike, i due che le erano passati attraverso quel giorno in biblioteca. Maleducati. Mercedes era nella fila davanti accanto al ragazzo che veniva sempre preso di mira dai bulli della scuola perché indossava corsetti. Le piacevano entrambi. L’ultimo era il nuovo arrivato, Sam. Sembrava carino nonostante si vociferasse che fosse gay.
 
Il fantasma conosceva tutti quelli del club, e le erano piaciuti fino a quel momento. Il momento in cui Rachel entrò nella stanza e la maggior parte di loro la derisero o la guardarono disgustati. Quinn ripensò a quando nessuno di loro aveva aiutato Rachel durante le vacanze invernali quando voleva esercitarsi con il club. Gentilissimi.
 
“Santa dolcezza infernale, nana, quali farmaci hai preso per Hanukkah? Sembri una drogata morta di fame; li riconosco quelli come te, Lima Heights Adjacent è piena di gentaglia così,” commentò Santana quando Rachel si sedette proprio alle sue spalle. Quinn si sedette accanto a lei e abbassò lo sguardo verso Santana.
 
“Si chiama mancanza di sonno, Santana,” Rachel ribatté seccamente, “è ciò che accade quando si passa ore preparandosi per le competizioni. Non è facile essere i migliori.” Quinn sorrise a Rachel e scosse la testa. Non era mai semplice, con quella ragazza, anche quando si trattava di sue bugie.
 
Puck lanciò a Rachel uno sguardo simpatico e Lauren scattò, “Stai zitta, Lopez. Sappiamo tutti che Lima Heights Adjacent è uno dei quartieri più ricchi della città.” Tutti sghignazzarono e Quinn guardò le sopracciglia di Santana scattare su come cominciò a confutare.
 
“Basta, tutti quanti”, disse Schue, puntando un dito verso l'alto in direzione di Santana e sparandole uno sguardo di avvertimento. Corse verso la lavagna sul davanti della classe e scrisse a grandi lettere la parola 'Regionali'. “Questo è ciò su cui dobbiamo concentrarci. Non su Rachel che sembra una drogata o sulla situazione abitativa di Santana”.
 
Che diavolo? Quinn pensò come lei allungò la mano e posò una mano rassicurante sulla spalla di Rachel. La bionda scosse la testa e permise ai suoi pensieri di viaggiare su ciò che era accaduto minuti prima, lasciando i sproloqui dell'uomo riccioluto fluttuare in fondo alla sua mente.
 
La coach Sylvester l'aveva sentita. Come se qualche interruttore gigante fosse scattato, la sua vecchia coach poteva improvvisamente sentirla. Non era come se Quinn non avesse cercato di parlare con lei prima. Ci aveva tentato, molte volte. Come se fosse accaduto qualcosa e ora... Quinn girò la testa e guardò il profilo di Rachel. Dopo un momento, Rachel si voltò a guardare Quinn. La bruna non riusciva nemmeno a mettere insieme un sorriso. Ora la sua allenatrice poteva sentirla. Ora che Rachel era lì. Era come se, ora che Rachel stava peggio, e la vita si stava praticamente prosciugato da lei, Quinn stesse diventando sempre più forte. Oh, Dio. Una lampadina, si accese nella mente di Quinn. “Oh, Dio”.
 
“Cosa?” Rachel chiese sottovoce, le sopracciglia aggrottate, guardandola confusa.
 
Lo sguardo di Quinn si precipitò da una parte all'altra del volto di Rachel in stato di shock. E' questo ciò che stava accadendo? Lei e Rachel erano veramente collegate così strettamente che quando una perdeva la vita, l'altra la guadagnava?
 
“Niente,” Quinn mentì. Questo doveva finire. Quinn doveva fare qualcosa.
 

 
Una piccola mano schizzò verso l'alto e non vacillò fino a quando Mr. Schue a malincuore le diede soddisfazione. “Sì, Rachel?”
 
“Ho una canzone che vorrei eseguire per il Glee club. Sento che potrebbe davvero migliorare il morale della squadra dopo una lunga pausa senza cantare e senza preoccuparsi”, disse Rachel severamente come si alzò e rimboccò le maniche della giacca di Quinn.
 
“Bene, Rachel”, disse malvolentieri Schue come egli si lasciò cadere nello sgabello accanto al pianoforte. Rachel odiava veramente quell'uomo a volte.
 
“Brad,” Rachel raggiante, “Grenade, SI-bemolle”. La bruna si allontanò dall'uomo con la barba al pianoforte e affrontò la stanza del coro. Certo, pensò che la canzone di Bruno Mars fosse un po' drammatica, con la minaccia di morte tramite armamenti militari in essa. Tuttavia, amava il significato nascosto dietro ad essa e certamente era orecchiabile. Rachel aveva deciso di cantare quella canzone il giorno in cui Quinn era venuta con lei. Aveva programmato di cantarla a Quinn, e sperava che Quinn lo capisse.
 
Fin dal loro primo bacio, Rachel non aveva potuto parlare con Quinn dei suoi sentimenti verso di lei. Non per mancanza di sentimenti da parte di Rachel, o per mancanza di comprensione per quella materia. Certo, Rachel si era innamorata di un fantasma. Questo era un dato di fatto. In cima a tutto, Rachel pensò mentre analizzava i volti giudicanti e annoiati di fronte a lei, non era come se fosse stata timida ad ammettere di amarla. Rachel sentiva solo che non fosse il momento giusto per dire a Quinn che, beh, che lei l'amava.
 
Quando la musica per pianoforte raggiunse le sue orecchie, Rachel lasciò andare tutto e si focalizzò esclusivamente sulla canzone. Come capitano del Glee Club doveva risollevare il morale, e lo fece. Ma, come Rachel Berry, aveva bisogno di cantare la canzone a Quinn. E così fece.
 

 
Quinn che non era mai stata la più grande fan di Bruno Mars. La sua musica era buona, ma l'unica volta che era stata in grado di sentirla era stato alla radio e le sue canzoni erano così esagerate che Quinn faceva una smorfia ogni volta che ‘Just The Way You Are’ veniva mandata in onda.
 
Ciò non aveva importanza in quel momento, però. Non importava che Quinn avesse sentito ‘Grenade’ cinque volte il giorno prima. Come Rachel stava di fronte alla stanza, teneva una mano sul cuore, e prendeva magicamente quelle note. Non era più la canzone di Bruno, ma era la canzone di Rachel e Rachel sola. Non solo era la canzone di Rachel, Quinn realizzò come lei lentamente alzò la testa e incontrò lo sguardo di Rachel, ma era la canzone di Rachel per Quinn.
 
Quinn mai una volta si era chiesta perché non si fosse mai intrufolata nella stanza del coro prima di allora a guardare questi ragazzi esibirsi. Non aveva importanza per lei perché sarebbe stata la stessa ragione per cui aveva conosciuto tutti i membri della scuola a parte Rachel fino al giorno in cui ci si scontrò. Sarebbe stata la stessa ragione per cui nessuno aveva sentito Quinn parlare fino a quando non l'aveva fatto Rachel. Non era successo nulla fino a quando Rachel aveva fatto tutto. Quinn aveva visto molto nella sua vita e aveva visto molto di più nella sua dopo-vita, ma niente, niente in confronto a vedere Rachel cantare. Il modo in cui la bruna sollevava il petto, il modo in cui gli occhi si chiudevano, e il modo in cui la sua voce faceva sentire Quinn. Quando le lacrime cominciarono a correre lungo le guance di Rachel, Quinn capì che doveva asciugare le sue.
 
Quinn guardò gli occhi aperti di Rachel e attraverso il suo sguardo lacrimoso, i suoi occhi color cioccolato incontrarono quelli di smeraldo, proprio come erano sempre riusciti a fare. Quando chiuse gli occhi Quinn sentì la pace invaderla come il giorno in cui aveva udito la voce di Rachel dopo essere diventata visibile. Quattro minuti di pace perfetta lasciarono Quinn a chiedersi se forse fosse sbagliata la sua teoria sull'Inferno. Nessuno poteva avere quella voce e non essere un angelo, decise.
 
Fu un peccato però, perché Rachel non ebbe modo di finire la canzone.
 

 
Fu al crescendo finale della canzone che Rachel lo vide in piedi in fondo alla stanza. La piccola bruna sperò che il suo pubblico pensasse che le sue lacrime fossero le sue tipiche lacrime da sto-cantando-un-assolo e che le sue mani tremanti fossero dovute alla forza che stava mettendo nella canzone.
 
Entrambe erano bugie, naturalmente. L'uomo in piedi nella parte posteriore della gradinata non era affatto un uomo. Era la stessa cosa che era apparsa in fondo alla sua scala e la stessa figura che aveva infestato i suoi incubi per settimane, era un'Ombra.
 
La fissava e Rachel fissava lui a sua volta. Dove avrebbero dovuto esserci i suoi occhi, c'erano le urla di ogni anima tormentata che aveva incontrato. La faccia sembrava risucchiarsi su se stessa e rigenerarsi ogni due secondi, creando una sorta di buco nero. Un'ombra nera di una bocca curvata in su in un ghigno pietrificante e le orecchie di Rachel furono nuovamente riempite con il suono del vento impetuoso in una galleria.
 
Il suo petto cominciò a stringersi e la sua voce si incrinò mentre il microfono le cadde dalla mano e le ginocchia di Rachel seguirono un secondo più tardi con un tonfo sordo che a malapena sentì lei stessa. Rachel. Non poté che concentrarsi su un nome e ripeterlo più e più volte nella sua mente prima che tutto diventasse nero.
 
“Quinn”.
 

 
“Quinn!” Rachel rilasciò dalle labbra in un respiro strozzato prima che il busto della bruna incontrasse il pavimento mentre lei non vide più altro che buio.
 
“No!” Quinn urlò mentre si lanciò dalla sedia, si fece strada tra i gleeks spostandoli con i gomiti freneticamente, e si lasciò cadere al fianco di Rachel. Sentì una fitta di qualcosa e un sibilo strappato attraverso il corpo della bionda mentre lei si voltò e vide l'Ombra. Il fantasma aveva intuito che c'era qualcosa di sbagliato quando Rachel aveva cominciato a vacillare, sia nella sua canzone e nella sua posizione. Poi tutto era andato così velocemente a rotoli e…
 
“Rachel?” Puck chiese mentre scivolava in ginocchio accanto alla bruna sul pavimento. Quinn guardò dall'Ombra a Puck in sorpresa prima che la realizzazione colpisse anche lei. La metà dei ragazzi nella stanza stavano cercando di capire cosa li avesse spinti via dalle loro postazioni e l'altra metà stava cercando di capire cosa fosse successo a Rachel e chi chiamare. Vide Mr. Schue urlare disperatamente nel suo cellulare e prima che lei se ne rendesse conto, una grande figura si stava abbattendo dentro di lei.
 
“Merda, scus...” Finn gelò e i suoi occhi si spalancarono, “Q…Quinn?”
 
Quinn ritrovò il suo equilibrio e ignorò Finn quando guardò Puck. Doveva provare. “Puckerman, ho bisogno che tu mi aiuti a tirarla fuori da questa stanza adesso”, sbottò, pregando in silenzio.
 
Puck sgranò gli occhi, ma lui annuì comunque, “Va bene, Quinn.” Fantastico.
 
“Finn?”
 
Il ragazzo più alto era ancora congelato in stato di shock mentre frettolosamente cercò di controllare il suo discorso tremolante, “S...Sì?”
 
Ora, non era il momento di mettere in discussione nulla, Quinn pensò mentre guardava Puck sollevare Rachel in braccio. “E’ necessario assicurarsi che nessuno ci venga appresso”.
 
Poteva anche essere uno sciocco atleta, ma Finn sapeva quando doveva prendere le cose seriamente. “Capito. Quinn?”
 
La bionda alzò gli occhi dal volto inquietamente comatoso di Rachel per lanciare uno sguardo impaziente al ragazzo, “Che c'è?” chiese quando guardò indietro dove l'Ombra stava sino al secondo precedente. Andata.
 
“Non so cosa stia succedendo, ma prenditi cura di Rachel”.
 
“Morirò provandoci, Finn”.










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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - parte 2 ***


NdA: Per chi ha apprezzato DEM finora (ancora 2 capitoli + l’epilogo!). O semplicemente per chi ama la musica. Ecco la Soundtrack della storia.

Download qui.

Lifeawakening


 

 




Capitolo 8 - Parte 2 

Rachel non era sicura se essere morta o meno. Sentiva caldo, più caldo di quanto fosse stata in grado di percepire in quelle ultime settimane. Si ricordava vagamente di essere stata colpita da un dolore terribile.
 
Rachel assunse di star sognando (se non morendo) mentre sembrava fluttuare nel buio della sua mente. Poteva sentire la voce rassicurante di Quinn sussurrarle in un orecchio e, stranamente, anche Noah.
 
La voce di Quinn era un calmante per Rachel, ma qualcosa nel buio della sua mente la turbava. Qualcosa nel suo sogno che stava cercando di evitare, scappando. Correva, ma la cosa stava guadagnando terreno, veloce. Rachel non poteva correre abbastanza velocemente.
 


 
“Respira”, sussurrò Quinn. Quinn sapeva di dover portare Rachel fuori dall'edificio, e la prima idea di Puck fu il campo di football, così corsero verso di esso. Letteralmente.
 
In mezzo al campo con Rachel stesa sulla panchina con la giacca da football di Puck sotto la testa, Quinn teneva gli occhi su Rachel. Il fantasma lentamente si abbassò in ginocchio accanto alla testa della mora e mise una mano sul petto della bruna. Le sue labbra morbide sfiorarono l'orecchio di Rachel mentre lei sussurrò di nuovo, “Respira, Rachel, svegliati”.
 
Puck prese a calci la terra del campo dietro di lei e rabbrividì contro l'aria gelida di Gennaio. Era coperto e inquietante e tutto era immobile. Sempre come la morte, Quinn pensò. Quinn si chinò e appoggiò la fronte contro Rachel. Stava quasi trattenendo il respiro e Quinn non sapeva cosa fare. Lei non pensò di poter restituire la vita a Rachel perché Quinn non aveva una vita da cedere.
 
“E’ morta?” Puck chiese da dietro Quinn. Sembrava terrorizzato.
 
“Non ancora”, disse Quinn, la voce cupa.
 
“Non so cosa diavolo stia succedendo qui, Q. Ma semplicemente sembra che Berry sia colei che ti ha trovato. Ci dev’essere stata una ragione per questo, giusto? Voi due siete come, collegate. Quindi devi essere in grado di fare qualcosa per aiutarla,” Puck finì, fissando intensamente Quinn.
 
Quinn alzò la testa e incontrò gli occhi di Puck. Come facevano le persone a trovare i suoi occhi, quando non potevano vederla? “Pensi davvero che io possa salvarla, Puck? Io sono il motivo per cui sta così”, Quinn scattò mentre guardava disfarsi la sua espressione determinata.
 
“Stronzate” Puck scattò, facendo un passo avanti "Quinn sei morta dieci anni fa. Eppure sei qui nel bel mezzo di un campo di calcio con Rachel Berry e il fratello minore del tizio che ti ha uccisa. Se questa non è una qualche sotto forma di destino allora non so cos’altro potrebbe esserlo"
 
Quinn fece una smorfia, e lasciò cadere di nuovo la fronte fino a Rachel. A meno della metà di un centimetro di spazio tra gli occhi delle ragazze, Quinn aprì i suoi e guardò quelli di Rachel. Le sue labbra sfiorarono quelle della bruna mentre supplichevole sussurrò per un'ultima volta, “Respira, Rachel”.
 


 
Rachel aprì gli occhi e si ritrovò nel suo letto. No, non il suo letto. Il letto di Quinn. Ci fu un dolce sospiro di sollievo alla sua destra e Rachel girò la testa e... gelò.
 
Rachel fissò la coppia più bella di occhi color smeraldo che avesse mai visto. “Tu sei… Quinn”
 
“Lo so”, disse Quinn dolorosamente, “ho visto”.
 
“Questo è meraviglioso!” Rachel disse eccitata mentre cercava di mettersi a sedere. Non capiva lo sguardo di afflizione che passava sulla fisionomia di Quinn.
 
“Ora che sei sveglia dobbiamo parlare, Rachel,” la bionda disse seriamente.
 
La felicità di Rachel si affievolì mentre i loro sguardi si incrociarono. Annuendo lentamente, la bruna piccola scivolò sul letto e fece posto a Quinn, che si sdraiò in silenzio.
 
Rachel cautamente guardò la faccia stoica della bionda prima di rotolare al suo fianco e aggrapparsi al sottile cardigan verde di Quinn. Poteva vedere Quinn. Poteva sentire Quinn. Poteva ascoltare Quinn. Non c'era alcun motivo per Quinn di essere ancora sconvolta com'era, pensò Rachel, mentre gentilmente appoggiò la testa sul petto di Quinn. Ancora nessun battito cardiaco.
 
“Hai capito cosa ti è successo nella stanza del coro oggi, Rachel?”
 
“Sono stata attaccata da un'Ombra, di nuovo, Quinn.”
 
“Cosa è successo?”
 
“C'è stata una folata di vento nelle mie orecchie e mi faceva male la testa, ma è accaduto anche l'ultima volta” Rachel ricordò, “allora il mio petto è diventato straordinariamente stretto e mi faceva male. Non riuscivo a respirare bene e poi, se mi ricordo bene, sono svenuta”.
 
“Hai pronunciato il mio nome prima di svenire. Tutti l’hanno sentito. Mi son spinta attraverso alcuni dei ragazzi del Glee per arrivare a te, e mi hanno sentita. Li ha distratti Finn - che tra l'altro mi può sentire ora come anche Puck, e apparentemente la coach Sylvester - e poi ho detto a Puck di portarti fuori dall'edificio per cui siamo scesi nel campo da football. Idea sua,” dichiarò Quinn girando gli occhi al cielo.
 
“Ho sognato che stavi sussurrando rassicurazioni nel mio orecchio.”
 
“Ti stavo dicendo di respirare”.
 
“Non lo stavo facendo?”
 
“A malapena”.
 
Rachel rimase in silenzio, elaborando. “Continua”.
 
“Dopo pochi minuti hai cominciato a respirare di nuovo. Più o meno lo stesso momento in cui Puck è svenuto e mi sono resa conto di essere visibile,” Quinn disse di getto, “L'ho svegliato e ti abbiamo portata qui. Finn ha gestito il Glee Club, ma non so come. I tuoi padri, Finn e Puck sono al piano di sotto.”
 
Rachel guardò negli occhi Quinn. “I miei padri sono giù?”
 
Quinn annuì lentamente. “Ho detto loro tutto. Ora sono alla ricerca di ciò che gli ho chiesto”.
 
“Le Ombre?”
 
Rachel sentì la gola di Quinn contrarsi e inghiottire e alzò gli occhi per vedere le lacrime del fantasma. “Esorcismi”.
 
La bruna alzò di colpo la testa e la frangetta le cadde sugli occhi. Le lacrime sgorgarono subito dai suoi occhi e cercò, senza riuscirvi, di cogliere lo sguardo di Quinn come sussurrò, “Per le Ombre, giusto? È così che ci sbarazzeremo di loro?”
 
Quinn fissò il muro dall'altra parte della stanza troppo a lungo prima di incontrare gli occhi di Rachel. Rachel strinse la presa sul cardigan che non sentiva come un cardigan perché, Rachel dolorosamente pensò, in realtà non esisteva. “Non mentirmi” sussurrò.
 
“Penso che abbiamo più o meno passato quel livello, Rachel”.
 
“Vuoi andartene.” Rachel vocalizzò. Quinn non disse niente, solo mantenne i loro sguardi incatenati. Ogni parte di Rachel si fermò. Lei non provava nulla. Lei non voleva provare nulla. Nulla. Lasciando andare Quinn, la bruna si mise a sedere, immediatamente mettendo un braccio dietro di lei per farsi forza, era ancora tremante dall'intera esperienza.
 
“Vieni, allora”, disse Rachel mentre oscillava le gambe oltre il bordo del letto. Si guardò da sopra la spalla abbastanza da vedere il corpo di Quinn ancora a letto, “Ho tutte le ricerche per esorcismi tra i segnalibri nel mio portatile. Presumo che la mia borsa del pc sia qui.”
 
Se Quinn fu sorpresa dalla reazione di Rachel, non lo diede a vedere. Tuttavia, Rachel pensò, non era il gioco a cui stavano giocando, comunque? Quinn voleva andarsene, va bene. Era una sua perdita. Rachel non aveva bisogno di sentire scuse illogiche dietro quella scelta. Quinn voleva andarsene, era tutto ciò che fu registrato nella mente di Rachel.
 
“Rachel”, Quinn disse con calma, come la bruna si fece strada verso la porta della camera.
 
“Che c'è, Quinn?” Rachel scattò, lasciando scivolare la maschera d’indifferenza per mostrare la sua rabbia “Se vuoi andartene, allora perché siamo ancora qui a discuterne? Sprecare tempo sembra irrilevante ora, non ti pare?”
 
“Smettila, Rachel,” Quinn ordinò ad alta voce “Ti stai comportando irrazionalmente. Ascoltami e basta!”
 
“Perché dovrei, Quinn Fabray? Sei andata diritta al punto, quindi non c'è più niente da dire”, disse Rachel, incrociando le braccia e tenendo il mento alto.
 
Quinn ricambiò lo sguardo mentre i suoi occhi si indurirono. Rachel la guardò alzarsi e affrontare la bruna. “Come se avessi semplicemente deciso di lasciarti per scelta”, disse Quinn.
 
“Sei stata costretta?” Rachel chiese seriamente, “Perché se pensi che questo sia per un bene maggiore allora...”
 
“Mi ami?” Quinn la interruppe. Rachel congelò. “E’ una semplice domanda,” continuò Quinn, facendo un passo avanti.
 
Rachel guardò a bocca aperta Quinn. Lei non riusciva a staccare lo sguardo da Quinn. Non poteva, fino a quando lo fece. Gli occhi di Rachel si staccarono quando la sua testa si voltò. Chiuse gli occhi. Ovviamente, Rachel pensò, certo che la amo. Perché non poteva dirlo?
 
Dopo quaranta secondi di silenzio straziante Rachel aprì gli occhi e guardò di nuovo Quinn, che sembrava non aveva distolto lo sguardo da Rachel. Come se non avesse mai voluto strappare il suo sguardo da Rachel. Fino a quando non lo fece lei.
 
Rachel guardò con orrore quando Quinn, per la prima volta da quando l'aveva conosciuta, fece qualcosa che dimostrò che era un fantasma. Quinn si voltò e attraversò il muro senza dire una parola, il suo viso passò attraverso la sua foto dell'ultimo anno di liceo che era appesa lì. Rachel sapeva che Quinn aveva sempre cercato di usare pavimenti, porte e quant'altro per farla sentire più umana. Rachel l'aveva ferita così tanto? Perché Quinn agiva come un fantasma adesso?
 
“Certo” Rachel sussurrò con voce rotta alla stanza vuota.
 


 
Rachel a piedi nudi attraversò il pavimento del corridoio prima di fermarsi in cima alle scale di Quinn. Al piano di sotto sentì Leroy discutere con Puck e Finn su cosa mangiare durante la pausa dalla ricerca, e su chi stesse per andare a prendere una pizza. Sentì Hiram digitare alla tastiera, cosa Rachel poteva solo immaginare, del suo computer portatile. Erano tutti seduti in cucina, beh, tutti tranne Quinn, che era seduta sul fondo della scala. Nello stesso modo in cui era stata quella mattina. Rachel pensò che sembrasse passata un'eternità.
 
La bruna osservò la bionda guardare gli uomini in cucina. La schiena di Quinn era curva e la sua testa era inclinata in giù. Aveva le mani aggrovigliate in grembo. Seduta lì a pensare che Rachel non l'amava. Rachel a malincuore si voltò e si diresse verso il bagno per verificare la propria immagine riflessa.
 
Premendo la mano contro il vetro freddo Rachel avrebbe voluto che Quinn apparisse dietro di lei, come faceva prima. Lei desiderava un contatto col fantasma, desiderava conforto. Una piccola mano tracciò le borse rigide sotto gli occhi e le guance infossate. Rachel non era un idiota, sapeva che qualcosa di brutto le stava accadendo. Sapeva che le Ombre la stavano danneggiando, che erano i cattivi e Quinn voleva essere l'eroina. Lei semplicemente non vedeva come la bionda avrebbe potuto salvarla lasciandola sola.
 


 
Hiram scorse attraverso un'altra pagina sugli esorcismi, tirò uno sguardo disgustato, e chiuse il coperchio del portatile. Quinn lo vide alzarsi in piedi e in silenzio farsi strada dalla cucina per sedersi accanto a lei sulle scale.
 
“Quando Rachel aveva tre anni decise che era una principessa,” l'uomo più anziano disse mentre si tolse gli occhiali e cominciò a pulirli sulla sua camicia.
 
Quinn sorrise dolcemente mentre lei abbassò la testa e cominciò a raccogliere il suo smalto scheggiato, immaginando una piccola Rachel in giro con una tiara in testa e una bacchetta rosa in mano.
 
Hiram tenne gli occhiali e si focalizzò su la porta alla fine del corridoio quando proseguì, “Da quel giorno Rachel è stata, in mancanza di una descrizione migliore, un po’ introversa ed egoista. Non voglio dire che lei non sia anche incredibilmente altruista, perché lo è. Molto di più adesso che ha stretto amicizie. Beh, lei li chiama amici, almeno”, disse lanciando un sopracciglio in alto che a Quinn fece capire cosa pensasse lui degli 'amici' di Rachel. Amava quest'uomo.
 
“Quando aveva sei anni abbiamo visto un terribile incidente d'auto,” Hiram iniziò, mettendo gli occhiali e concentrandosi su Quinn che era ancora concentrata sulle sue unghie, “un giovane venne tirato fuori dal rottame, ancora in vita. Nessun altro corpo è stato mai recuperato, anche perché la macchina esplose poco dopo.”
 
Quinn si lasciò sfuggire un forzato respiro tremante quando lei finalmente guardò Hiram. “Hai mai visto il tuo corpo, Quinn?” Quinn scosse la testa in senso negativo, chiedendosi dove volesse arrivare con le sue parole. “Sei mai almeno stata al cimitero, dove la tua tomba si trova?”
 
“No”, disse Quinn con la bocca secca.
 
“Ti piacerebbe?”
 


 
Quinn e Hiram uscirono furtivamente da casa inosservati mentre gli altri tre uomini continuavano a discutere sulla pizza e Rachel era rimasta al piano di sopra. “E' una bella casa, Quinn, che hai tenuto in forma incredibile”, commentò Hiram mentre chiudeva la porta alle spalle e stringeva la giacca più vicino a sé.
 
Quinn si strinse nelle spalle la giacca in jeans che apparve nell'aria dietro di lei mentre annuì, “Grazie”.
 
Quinn lanciò uno sguardo fino alla finestra della sua camera ma non vide Rachel.
 
Una volta salita nella macchina dei Berry, Hiram li guidò verso ovest.
 
“Come fai a sapere dove sono sep... Dov'è la tomba?” Quinn chiese il più tranquillamente ed educatamente possibile, tuttavia, non sapeva come qualcuno potesse essere educato se un problema o una domanda del genere non erano mai nemmeno stati fatti prima di allora.
 
“Il potere di Google, cara,” Hiram disse mentre lanciò un piccolo sorriso verso Quinn.
 
Un silenzio maggiore ne seguì mentre attraversavano le strade buie di Lima. Era tardi, abbastanza tardi, perché le madri avevano già richiamato i loro figli e i padri stavano entrando nei loro passi carrai dopo una lunga giornata di lavoro. Quinn fissò le vivaci finestre illuminate di periferia mentre l'auto ci passava davanti. Che si fottessero tutti per avere la loro pace. Quinn avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare indietro al giorno di Natale con Rachel e alla felicità e ora... Tutto stava succedendo così in fretta.
 
“Eccoci”, Hiram disse mentre parcheggiò la macchina nel parco di fronte ad un paio di alte porte di ferro che davano in un recinto che si estendeva nel buio. Era un cimitero enorme, il più grande - e più bello - in città. Quinn in silenzio diede il suo sostegno alla madre per essersi preoccupata abbastanza per sistemarla lì.
 
“Starai bene?” Hiram chiese spegnendo i fari.
 
Quinn si mise a ridere forte e guardò verso di lui, “Sono abbastanza sicura di si, sì signor Berry. Che altro potrebbe accadermi?”
 
Hiram si limitò a sorridere tristemente mentre Quinn scese dalla macchina e passò tra le sbarre della recinzione di ferro.
 
Aveva fatto dieci passi, quando si rese conto che avrebbe dovuto chiedere a Hiram esattamente dove fosse la tomba. Oh beh, pensò. Quinn non aveva bisogno di luce, infatti emanò un bagliore spettrale e si fece strada tra le lapidi, leggendo i nomi incisi in ogni pietra. Quinn in silenzio si domandò se avrebbe incontrato qualche altro spirito durante la sua ricerca.
 
Infine, in quella che Quinn poté definire la zona più bella, la più ricca, incappò su una lapide di marmo che era alta quasi quanto lei. Quinn mise le mani nelle tasche della giacca e si chinò un po' a leggere l'incisione.
 
“Lucy Quinn Fabray,” disse, mordendosi l'interno della guancia prima di continuare, “strappataci via troppo presto all'età di sedici anni. Per sempre bella. Riposa in pace. 27 Maggio 1984 - 24 Ottobre 2000” Il fantasma tirò fuori dalla tasca una mano e tracciò l'incisione delle gardenie che serpeggiavano attorno al suo nome e le date. “Carina, mamma”, Quinn disse con un sorriso. Si chinò e raggiunse l'erba sulla tomba prima di afferrare una manciata di terra che le scivolò tra le dita pochi secondi dopo. Si chiese che cosa fosse sepolto dato che il suo corpo non fu mai trovato.
 
Ci fu il rumore di scricchiolii di foglie calpestate dietro di lei, ma Quinn rimase immobile, lei sapeva chi era.
 
Hiram lentamente si inginocchiò accanto a Quinn e scrutò la lapide.
 
Per sempre bella è assolutamente accurato”, dichiarò il padre di Rachel.
 
Quinn sorrise dolcemente verso il suolo, “Grazie, signor Berry”.
 
“Lo sai ti ho detto di chiamarmi Hiram”, la corresse. Quinn annuì e due rimasero dov'erano.
 
“Rachel ha avuto i suoi momenti altruisti, come ho detto prima,” Hiram riprese e Quinn in silenzio si chiese dove volesse andare a parare “ma non l'avevo mai vista dare tutta se stessa a qualcun altro, prima.”
 
Questo catturò l'attenzione di Quinn. “E Finn?”
 
Hiram scosse la testa, “Lei ha cercato di cambiare lui e lui ha cercato di cambiare lei. Amava l'idea di lui, certo, ma al momento critico, Rachel non avrebbe mai rinunciato ad un assolo per lui”.
 
“Pensi che lo farebbe per me?” Quinn chiese divertita.
 
“L'ha fatto oggi, non è vero?” Hiram chiese di rimando.
 
Quinn guardò fisso negli occhi marroni dell'uomo che assomigliava tanto a Rachel. Troppo simile a Rachel, poteva vederlo anche nel buio. “Che cosa stai dicendo, Hiram?”
 
“Sto dicendo che so quello che stai facendo. So che pensi che Rachel stia morendo e che sia in qualche modo colpa tua. Che, se non fossi entrata nella sua vita, questo non sarebbe successo adesso”, disse categoricamente, senza tener conto dell'espressione sconvolta di Quinn. “So che pensi che se trapassassi, Quinn, Rachel verrebbe salvata. Non sono qui per dirti che non è vero, perché non so se lo sia o meno. Fino a un mese fa non sapevo nemmeno che i fantasmi esistessero veramente.”
 
“Io nemmeno ero sicura della mia stessa esistenza fino a quando Rachel non mi ha sentita,” Quinn tranquillamente ammise.
 
“Non sapevo se Rachel avrebbe mai potuto amare qualcuno più quanto ami se stessa fino a quando non sei entrata nella sua vita, Quinn,” Hiram disse con fermezza.
 
Si alzò e si strofinò le mani prima di tendere la mano verso il basso per Quinn. Lui la aiutò ad alzarsi e mise le sue grandi mani sulle sue spalle. “Non posso dirti cosa fare perché non lo so, Quinn. Questa è la prima volta che la famiglia ha a che fare con il mondo spirituale così. So che Rachel ha bisogno di aiuto, e so che se te ne vai le farà male. Ma forse è per un bene maggiore. Tutto quello che posso dire è che, indipendentemente da ciò che accadrà, sei diventata una figlia per me, e ti amo come tale. Ti sosterrò nella scelta e ti aiuterò nella misura delle mie capacità, ma non ti aiuterò ad ucciderti per salvare Rachel”.
 
“Come posso uccidermi se sono già morta, signor Berry?” Quinn chiese frustrata.
 
“Come puoi essere così sicura di non essere altro che un fantasma, Quinn?”
 


 
La testa di Rachel si sollevò dal tavolo della sala da pranzo quando sentì la porta d'ingresso aprirsi. Hiram entrò seguito da Quinn.
 
“Dove siete stati voi due?” Leroy chiese in fretta, come si precipitò fino a suo marito e guardò lui e Quinn con preoccupazione.
 
“Avevamo solo bisogno di parlare un po’”, Hiram disse con un sorriso in direzione di Quinn. Rachel guardò Quinn fare del suo meglio per sorridere di rimando a suo padre.
 
Puck e Finn se ne erano andati pochi minuti prima sostenendo di aver bisogno di tornare a casa prima che le loro mamme li uccidessero. Rachel aveva passato il resto del tempo convinta che Quinn avesse in qualche modo convinto Hiram a portarla da qualche parte per eseguire il suo esorcismo proprio in quel momento. Il sollievo che aveva provato quando Quinn aveva oltrepassato la soglia doveva essere stato scritto su tutto il suo viso, perché quando Quinn la guardò, il suo sguardo si addolcì.
 
“Allora, cosa facciamo, quindi...?” Leroy chiese lentamente, guardando da Quinn a Hiram tristemente.
 
“Stasera niente”, disse Quinn, interrompendo Hiram. Rachel alzò un sopracciglio. “Ho bisogno di pensare a tutto e soppesare le mie opzioni prima di fare qualsiasi cosa di permanente”, Quinn finì.
 
“Allora noi torneremo a casa”, Hiram disse, stringendo la mano del marito come un segnale da te-lo-dico-quando-siamo-soli.
 
Leroy annuì e posò una mano sulla spalla di Quinn. “Ci vediamo domani allora, Quinn. Sai dove siamo, se hai bisogno di noi. Rachel, ti aspettiamo in macchina.” E con questo se ne andarono, lasciando le due ragazze da sole così com'erano state fino a quel momento. Sembrava una vita fa.
 
Rachel era in cucina, impassibile, e fissava Quinn che era ancora sulla porta. “Dove siete andati?” chiese dolcemente.
 
“Sulla mia tomba”, disse Quinn come dato di fatto “e abbiamo parlato.”
 
Rachel temeva di porre domande. Che consiglio poteva aver dato suo padre eventualmente a Quinn? Era stato d'aiuto? “Era la prima volta che andavi a vedere la tua tomba?” chiese invece.
 
“Sì”, rispose Quinn.
 
Rachel odiava l'imbarazzo che aleggiava nell'aria. Voleva farlo andare via. Era anche possibile che ci fosse dopo tutto ciò che avevano passato? Rachel aveva rovinato tutto?
 
“Io vado allora,” la bruna disse sconfitta mentre si dirigeva intorno al tavolo e cautamente superò Quinn sino alla porta.
 
Rachel si mosse per prendere la giacca in jeans - il fatto che anche Quinn la indossasse non era sfuggito alla sua attenzione - ma fermò la mano destra prima di afferrare il tessuto grezzo.
 
“Prendila”, Quinn disse gentilmente “Non è che non ne ho più bisogno. Ho comunque molte paia simili a quel modello nell'armadio.”
 
Rachel fissò la giacca mentre le lacrime sgorgavano dai suoi occhi. Chiuse la sua mano attorno all'aria vuota e rapidamente lasciò la casa, lasciando la giacca sull'attaccapanni e Quinn sola sulla soglia della cucina.
 
Rachel rapidamente si fece strada fuori dal portico Fabray, oltre il ciliegio, e lontano da Quinn. Poteva solo sperare che Quinn facesse la scelta giusta. Anche se Rachel non aveva idea di quale fosse la scelta giusta, non più.
 


 
Quinn attese finché non udì il rombo del motore della macchina prima di trasferirsi fuori dalla porta. Dovette usare ogni grammo di forza di volontà che aveva per non inseguire Rachel. Per non prendere la bruna tra le sue braccia e dirle quanto le amava, e come non avrebbe mai voluto lasciarla.
 
Ma non poteva farlo. Quinn amava Rachel, ed era il motivo per cui aveva bisogno di salvarla. Le braccia di Quinn erano probabilmente il posto peggiore per Rachel per rifugiarsi, il più pericoloso.
 
Gli occhi della bionda si riempirono di lacrime mentre sbatté le palpebre rapidamente per non piangere. Si appoggiò al lavello con il viso tra le mani, Quinn prese profondi respiri tremanti. Naturalmente Rachel non riusciva a capire che Quinn l'amava. Quinn avrebbe dovuto aspettarselo. Chi sano di mente potrebbe mai innamorarsi di un fantasma?















* * *

NdT: Immagino che ormai tutti abbiate visto la 3x14 di Glee, giusto? Questo è il commento all'episodio scritto dall'autrice della storia e mi pare carino riportarlo qui perchè ha a che fare con DEM. Inoltre mi ha fatto sorridere ahahah! Claude. :)




MARTEDì, 21 FEBBRAIO ~


io a proposito del finale di glee:

io: me lo merito

li ho inseriti tutti in dem

sono stata la causa dei miei stessi mali

l'incidente d'auto

se muore è colpa mia

non scriverò mai più

oh mio dio e se tornasse con disturbi della personalità!?

oh mio dio non ce la faccio credo che mi verrà un infarto

che cosa ho fatto




fonte


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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


NdA: Hello friends: vi scrivo per farvi sapere che, no, non mi sono dimenticata di DEM. Attualmente sto lavorando al decimo capitolo, più l’epilogo, più il fanvideo che voglio abbinare alla storia. Vorrei postarli contemporaneamente, quindi mi sta prendendo più tempo del previsto. Credo che dovrei riuscire a finirli entro la fine della settimana, ma non faccio promesse perché… beh, trasformare Quinn in un fantasma per il video è incredibilmente difficile ahah. In ogni caso, li pubblicherò appena possibile perché non voglio uccidervi con l’attesa. Grazie per essere rimasti con me!
Lifeawakening

NdT: Io invece sono in anticipo di 3 giorni per scusarmi di aver diviso il capitolo scorso. Pubblicherò il decimo capitolo tra una decina di giorni come al solito (o tra una settimana se avrò tempo libero al di fuori del week-end) e poi l'epilogo, al quale aggiungerò anche le motivazioni della scrittrice che l'hanno portata a scegliere quel tipo di finale che leggerete.
Un bacio, Claude







 

Capitolo 9
 

"E' speranzosa."
 
"E' delirante."
 
"Beh, questa era cattiva."
 
"Rachel, ascoltati", esortò Finn come egli si appoggiò contro la libreria in camera di Rachel, le lunghe gambe incrociate all'altezza delle caviglie e i piedi sul DO del pianoforte disegnato sul tappeto.
 
"Q è stata morta per dieci anni e ora sta solo scegliendo di andare avanti perché è innamorata di te e vuole salvarti il culo, Berry," Puck disse dal suo posto sulla sedia del computer di Rachel, dondolando all'indietro con indosso la maschera de Il fantasma dell'Opera di Rachel (x).
 
"Allora, non ho diritto di essere arrabbiata con lei per aver scelto di lasciarmi?" Rachel chiese indispettita mentre incrociò le braccia, seduta con la schiena contro la testata del letto.
 
"Non proprio", commentò Finn, alzando le larghe spalle" è un problema serio, Rachel, e non è davvero una tua decisione."
 
"Oh, sai, meno il fatto che sono innamorate l'una dell'altra e che l'anima di Quinn è praticamente legata a quella di Rachel, amico", disse Puck, mentre fece un gesto con le braccia come per dire che-cazzo-dici? in direzione di Finn.
 
"Perché sono qui?" Rachel sentì Santana chiederle da dietro di lei, puntando la sua attenzione lontano dalla conversazione dei ragazzi davanti a lei. La Latina terminò di applicare il suo terzo strato di lip-gloss e flesse le braccia di lato come per chiedere qualcosa. "Scherzi a parte. Di cosa diavolo state parlando voi idioti?"
 
"Sì, perché lei è qui?" Rachel chiese mentre guardò da Santana a Puck e ritorno.
 
Puck si strinse nelle spalle sprezzante e disse "Lei è subdola. Se qualcuno può pensare a una scappatoia, potrebbe essere lei".
 
Santana alzò gli occhi e si appoggiò allo stipite della porta. "Allora, Berry ha agito in modo ancor più bizzarro rispetto al normale, perché lei è innamorata di un fantasma e non ha improvvisamente iniziato a drogarsi?"
 
Rachel alzò gli occhi e silenziosamente maledisse Puck per aver portato la Cheerio.
 
"Fondamentalmente", disse Finn.
 
"E questa ragazza morta è perseguitata da altri bastardi morti, e ora sono sulle tracce di Rachel perché stanno cercando di arrivare a Quinn?" Santana rimase impassibile.
 
"Già" Puck concordò.
 
"Così, sta pensando di esorcizzare se stessa perché, se non andrà via, questi altri tizi morti cercheranno di far fuori Rachel?"
 
"Non ne ho idea, Santana" Rachel sbraitò.
 
Santana annuì lentamente mentre sembrava elaborare quelle informazioni. Dopo un momento, afferrò la borsetta aperta, gettò il suo lip-gloss in essa e sorrise alla stanza. "Siete tutti locos da legare. Mi avete fatto saltare la scuola per questo? Avrei potuto portare il mio panino imbottito a pranzo oggi. Vi suggerisco di farvi controllare in una clinica psichiatrica..."
 
"Già fatto" Puck e Finn dissero all'unisono.
 
"...ma io me ne tiro fuori" Santana finì girando gli occhi al cielo quando si voltò per andarsene.
 
I papà di Rachel avevano deciso che sarebbe stato meglio per lei marinare la scuola quel giorno, così sarebbe stata in un ambiente sicuro quando avrebbe udito la decisione finale di Quinn. Finn e Puck erano arrivati appena avevano notato la sua assenza tutta la prima ora di lezione, e non se n'erano andati da allora.
 
Purtroppo per Rachel, avevano portato Santana che era rimasta disinteressatamente in silenzio fino ad allora.
 
Mentre i tacchi della Latina sbattevano contro il pavimento, Rachel si lasciò andare. Lacrime scesero lungo le sue guance e sentì tutto scivolarle tra le dita. Stava per perdere Quinn e non c'era niente che potesse fare al riguardo.
 
Le lacrime di Rachel sembrarono funzionare, però, e non lo stava nemmeno facendo per finta, quella volta. Santana si fermò con le spalle a Rachel e la sua mano sulla maniglia della porta. Attraverso la visione offuscata, Rachel vide Santana scrollare le spalle e lasciarsi sfuggire un sospiro.
 
"Basta frignare" Santana esclamò duramente voltandosi verso Rachel e alzando gli occhi "Seriamente, non mi piace quando le ragazze piangono, anche se sei tu, ed io non sono nemmeno sicura di poterti contare come una ragazza".
 
"Santana", disse Finn in ammonimento e gettò uno sguardo solidale verso Rachel.
 
"Guarda, io continuo a pensare che siate tutti pazzi da legare," Santana disse a Finn, poi si rivolse a Rachel, "ma ti aiuterò. Voglio dire, per quanto mi sia possibile. So cosa vuol dire perdere qualcuno si ama", finì scrollando le spalle.
 
Rachel esitante sorrise alla cheerleader. "Lo apprezzo, Santana, davvero, ma io onestamente non so come tu possa aiutarci a questo punto."
 
"Perché questa ragazza di nome Q deve essere andarsene? Perché lei?" Santana chiese incuriosita.
 
Puck lasciò cadere le gambe dalla sedia a terra e fissò Santana con lo sguardo. "Stai attenta a ciò che suggerisci, S" disse con tono d'avvertimento.
 
"Non sto suggerendo nulla, Puckerman, sto facendo una domanda," lei ripose.
 
Rachel solcò le sopracciglia mentre la sua mente vagava tra i pensieri che aveva avuto una settimana prima. E se fosse stata destinata a morire? "A volte penso che Quinn ed io siamo così legate tra noi che, se una morisse, morirebbe anche l'altra. Oppure che è venuta a prendermi perché sono destinata a morire da un giorno all'altro," Rachel sussurrò a voce alta, più a se stessa che alle tre persone nella stanza. I suoi occhi castani si spalancarono mentre si rese conto di ciò che aveva appena confessato.
 
"Oh, merda," Puck mormorò.
 
Finn si lasciò sfuggire un respiro profondo mentre chiuse gli occhi e scosse la testa.
 
Santana alzò un sopracciglio, impressionata, e disse: "Tu daresti la tua vita per questa ragazza, Berry?"
 
"No," Rachel chiarì: "Io darei me stessa e se fosse il mio momento di morire allora non ci sarebbe nulla da fare al riguardo. Ma non voglio suicidarmi, per precauzione" disse, virgolettando l'aria con le dita "ma sembra completamente fuori dalla mia portata. Non c'è niente che io possa fare per mantenere fisicamente Quinn qui, se lei decidesse che andarsene sia la soluzione migliore per tutti".
 
"Allora falle pensare che non sia l'opzione migliore", disse Santana come se fosse ovvio.
 
"E come posso farlo ?" Rachel domandò frustrata.
 
"Dille che l'ami!"
 
"Non farlo!"
 
Finn e Puck contemporaneamente si voltarono a guardarsi a vicenda con la rabbia evidente sui loro volti.
 
"Amico, non puoi semplicemente lasciare che qualcuno che ami muoia per te!" Puck urlò.
 
"Okay bello, uno? Quinn è già morta! E due, è della sua anima che stiamo parlando! Rachel non può costringerla a rimanere sulla Terra", Finn scattò rispondendo.
 
Rachel cercò di soffocare il litigio dei ragazzi e scosse la testa. Chiudendo gli occhi strettamente, dolorosamente, Rachel abbassò la testa. Cosa avrebbe dovuto fare? Non poteva perdere Quinn. Rachel sentiva che Quinn era una parte di lei, e se l'avesse persa? No... Non poteva perderla. A meno che…
 
"Berry", Rachel udì. Aprì gli occhi e vide Santana lì in piedi con uno sguardo di attesa sul viso, dicendo "Vieni. Facciamo una passeggiata."


 
Rachel osservò Santana con la coda dell'occhio. Guardò la ragazza più alta tirare la giacca di pelle chiudendola per proteggersi dal vento fuori. Guardò Santana inspirare un respiro profondo e guardò la colorazione fredda sulle guance rosa abbronzate.
 
"Ti credo", disse Santana, Rachel uscì fuori dai suoi pensieri, "Déjà vu, giusto?"
 
Camminando lungo il marciapiede, Rachel distrattamente ripensò a tutte le volte che aveva camminato lungo quella stessa strada con Quinn al suo fianco. "Davvero?"
 
"Sì," Santana disse e ribadì con un cenno: "Tu hai creduto in me quando nessun altro lo faceva, alle provinciali dello scorso anno. Quindi, sono io a credere in te ora. Ma non so come aiutarti."
 
"Nessuno lo sa," Rachel ha ammise con tristezza, "ma grazie per averci almeno provato."
 
Camminarono insieme in silenzio, ignorando il rischio di essere scoperte dalla scuola e ignorando il vento freddo Lima.
 
"Santana?" Rachel chiese pochi isolati dopo.
 
"Hmm?" ottenne in cambio.
 
"So che non ci siamo mai dette altro che insulti - è per questo che non riesco a capire perché tu sia così gentile con me ora - ma, davvero non penso che tu sia una persona cattiva," Rachel finì.
 
"Beh ti sbagli," Santana disse seccamente mentre si avvicinavano al parco familiare che Rachel conosceva così bene, "Io sono una persona cattiva. Ma sto cercando di essere migliore."
 
"Per Brittany?" Rachel chiese sommessamente e con un sorriso. Non era niente di nuovo che Santana fosse innamorata di Brittany, la sua migliore amica e l'altra cheerleader nel Glee club.
 
Santana lanciò un rapido sguardo a Rachel con la coda dell'occhio prima di annuire e prendere un posto a sedere su un'altalena. L'altalena di Quinn. "Sì, per Brittany. Quella giacca che indossi..." Santana disse mentre fece un cenno con la testa in direzione di Rachel.
 
La bruna guardò in basso e si morse il labbro inferiore tra i denti. Indossava la vecchia giacca delle Cheerios di Quinn, la faceva sentire più vicino alla bionda.
 
"E’ una giacca da Cheerio di dieci anni fa," Santana disse intelligentemente, spingendosi da terra e facendo oscillare l'altalena.
 
“Sì”, disse Rachel senza esitazione.
 
"Come l'hai avuta?" udì Santana chiedere mentre oscillava sempre più in alto di Rachel, che era ancora a un punto morto.
 
"E’ stata Quinn", spiegò Rachel dolcemente, "Puck l'aveva. Suo fratello era il fidanzato di Quinn dieci anni fa."
 
Santana alzò drammaticamente le sopracciglia mentre sbatté i tacchi verso il basso e fermò la sua altalena per girarsi e affrontare a Rachel. "Santo dolce inferno. Così, Puck ti ha dato la giacca?"
 
"Puck ha dato la giacca a Quinn per Natale," Rachel corresse "poi Quinn l'ha data a me."
 
Rachel guardò Santana elaborare le informazioni. La cheerleader piegò la testa di lato come se una nuova idea l'avesse appena colpita. Senza parlare, allungò la mano e spinse l'altalena di Rachel girandola fino a che non poté leggere il nome sul retro della giacca della squadra.
 
"Fabray," Santana sussurrò, allargando gli occhi prima di sgranarli definitivamente. "Oh mio Dio".
 
"Cosa?" Rachel chiese come le sue sopracciglia si incurvarono insieme e lei girò di nuovo il seggiolino per affrontare Santana.
 
Santana fissò Rachel in stato di shock e con un apprezzamento ritrovato. "Tu hai trovato Quinn Fabray," la Latina sussurrò in soggezione prima di prendere l'espressione confusa di Rachel e alzare gli occhi, spiegando, "Rachel, Quinn Fabray è la Cheerio più famosa di tutti i tempi. Era quasi una figlia per la coach Sylvester e quando morì..."
 
"Sue si trasformò in un mostro," Rachel tagliò corto "Lo so. Conosco la storia... Ma, io sono sorpresa che la sappia tu."
 
Santana si strinse nelle spalle. "L'ho vista singhiozzare sul trofeo delle Nazionali del 2000 e ha finito per raccontarmi la storia. Dopo aver superato il fatto che lei fosse una sporca bugiarda, perché in realtà non si è mai fatta rimuovere i suoi dotti lacrimali, sono riuscita a versare qualche lacrima anche io. Voglio dire, Quinn deve essere stata una ragazza piuttosto speciale per rendere a sua volta la coach una tale stronza, no?"
 
Rachel si limitò ad annuire. Dio, le mancava Quinn. In quel momento, mentre lei avrebbe dovuto godere della compagnia di Santana, non avrebbe voluto altro che correre da Quinn e pregarla di rimanere. Supplicarla di alzarsi e lasciare Lima con lei e...
 
E lasciare Lima con lei. Ecco! Se solo fosse riuscita a allontanare Quinn da Lima allora forse... Che cosa? Forse se le Ombre non riuscissero a trovare Quinn, si concentrerebbero sulla sua ricerca e lascerebbero Rachel in pace, ciò manterrebbe Quinn sulla Terra con Rachel! Ma terrebbe Quinn in fuga... Tuttavia, era scappata delle Ombre negli ultimi dieci anni, quindi, perché non continuare? Ecco!
 
"Santana, penso di avere una soluzione," disse Rachel in eccitazione.
 
"Bene, nana, vai a prendere la tua ragazza. Io gestisco i cretini in camera perché non è che io abbia nulla di meglio da fare comunque," Santana disse con un'altra girata d'occhi.
 
Rachel saltò giù dell'altalena raggiante prima di buttare le braccia al collo di Santana. "Grazie di tutto, Santana!"
 
Come Rachel iniziò a correre sentì un molto udibile "schifo" da dietro di lei, seguito da un "Non ho nemmeno fatto un cazzo".


 
Rachel seminò il vialetto dei Fabray e saltò i tre gradini del portico in un unico salto. Come sempre, Rachel andò dritta verso la porta e…
 
Sbatté. "Ahi," Rachel fece il broncio come lei distrattamente si strofinò il naso, cercando la maniglia di nuovo. Bloccata. "Da quando chiudi a chiave la porta, Quinn?" la bruna chiese frustrata mentre pestò il piede verso il basso.
 
"Quinn!" Rachel urlò sopra il vento forte. Nessuna risposta.
 
"Quinn!" Rachel provò di nuovo, più forte quella volta.
 
"Quinn!" Niente.
 
"Sei ben consapevole del fatto che io possa raggiungere il FA-maggiore, se necessario..."
 
"Smettila, Rachel!" la bruna udì gridare attraverso la porta.
 
"Assolutamente no", affermò Rachel in un battibaleno come lei fece una smorfia. "Apri la porta in questo preciso momento."
 
"Vattene, Rachel", disse Quinn attraverso la porta.
 
Rachel abbassò gli occhi e incrociò le braccia sul petto, scuotendo la testa. "No."
 
"Non posso averti intorno mentre sto…"
 
"…decidendo di lasciarmi? No, immagino che renderebbe la decisione un tantino più complicata" Rachel scattò come la sua frustrazione cominciò a trasparire, "Quinn, fammi entrare, è ridicolo. Ho la soluzione!"
 
Il vento sferzava i capelli di Rachel intorno al viso, fornendo l'unico rumore che la bruna sentì per i dieci secondi prima che la porta venisse sboccata. Rachel aspettò che aprisse la porta per lei, e quando si rese conto di star aspettando invano, l'aprì da sola con uno sbuffo.
 
"Perché sei così cattiva?" la bruna chiese mentre chiudeva la porta alle spalle e si soffiava la frangia fuori dai suoi occhi.
 
"Perché sei qui, Rachel?" Quinn chiese, improvvisamente apparendo davanti a Rachel e prendendo la bruna alla sprovvista.
 
Rachel fece un respiro profondo e fissò negli occhi di Quinn. Non poté far altro che sorridere e ciò sopraffece tutti i suoi altri sentimenti negativi in quel momento. Sì, lei era innamorata di un fantasma. Sì, era perseguitata. Sì, il fantasma stava pensando che la soluzione migliore per entrambe fosse quella di trapassare. Ma Rachel poteva effettivamente, finalmente, guardare negli occhi la ragazza che amava.
 
"Di che colore sono i tuoi occhi?" Rachel chiese del tutto inaspettatamente a Quinn, ma piuttosto in tema per la bruna. "Non riesco a decidere sul colore."
 
Lo sguardo di Quinn era duro, costante, come studiò il viso di Rachel in silenzio.
 
C'erano stati molti momenti nel corso della loro amicizia che dipingevano a Rachel il quadro che Quinn l'amasse . Momenti come il loro primo bacio, tutte le volte che Quinn si si era intrufolata furtivamente nella camera di Rachel per cambiare la canzone sul suo iPod mentre stava ascoltando, casuali episodi di granita volata nella direzione sbagliata e che la mancava completamente, e le volte che Rachel sapeva che Quinn stava semplicemente guardando verso di lei. C'erano tanti piccoli momenti sparsi per la mente di Rachel, come una distesa di fiori di campo che continuavano a fiorire e diventavano ogni giorno più belli. Ma nessun caso tracciava un quadro più vivido dell'amore di Quinn per lei di quel momento, in quell'esatto istante. Quel momento, quando il mondo intero del suo fantasma stava letteralmente crollando intorno a lei e Rachel si chiese che cosa avrebbe dovuto essere considerata una inappropriata questione a tempo, da un lato della bocca Quinn lasciò andare una sorta di sorriso e gli occhi si addolcirono.
 
"Verdi, credo," disse Quinn, mordendosi il lato del labbro in un fallito tentativo di nascondere il suo sorriso. "Rachel", cominciò di nuovo.
 
"Aspetta," Rachel sospirò come lei scosse la testa, "aspetta e basta, Quinn." Confidando che Quinn non avrebbe detto niente di più, Rachel fece un passo avanti e tentennante premette la mano contro il petto piatto di Quinn, sotto la gola, e sentì le scanalature e la durezza della clavicola del suo fantasma. "Aspetta," sussurrò di nuovo, appoggiandosi fino in punta di piedi per vedere meglio gli occhi di Quinn.
 
Rachel poteva non essere in grado di dire ad alta voce a Quinn che lei l'amava, e lei era sicuramente ancora arrabbiata con la bionda per aver pensato che poteva semplicemente decidere di alzarsi e lasciarla, ma non cambiava il fatto che Rachel amasse Quinn. E se stava per perdere Quinn, voleva essere in grado di ricordare il fantasma con perfetta chiarezza. Quindi, studiò gli occhi di Quinn. Il modo in cui si irrigidirono nella curiosità, ma subito si addolcirono, quando gli occhi marroni di Rachel entrarono in contatto con loro. Il modo in cui Rachel parzialmente vedeva attraverso di loro, ma poteva ancora notare il modo in cui il verde e il nocciola si fondevano ed erano quindi mescolati da striature e sfarfallii d'oro.
 
I piedi di Rachel stavano cominciando a diventare doloranti sulle punte, quando le braccia di Quinn a malincuore si strinsero attorno alla vita della la bruna. Quinn non disse nulla a Rachel, semplicemente la studiò allo stesso modo in cui lei stava studiando Quinn, come se sapesse ciò che Rachel stava facendo. Rachel guardò gli occhi di Quinn studiare il suo viso e lei sapeva, sapeva che Quinn stava memorizzando Rachel proprio come Rachel stava memorizzando Quinn.
 
"Sto per baciarti, ora," dichiarò Rachel con le labbra a pochi centimetri dalla bocca di Quinn, "e voglio che duri perché ho bisogno di..."
 
"Ricordare", Quinn finì prima che lei chinasse la testa e chiudesse il divario tra le labbra.
 
Rachel mugugnò alla sensazione delle braccia di Quinn intorno alla sua vita e al modo in cui i loro corpi erano stretti uno contro l'altro. Era così presa dal bacio che lei non si accorse di Quinn che la spingeva contro la porta, forte.
 
Il respiro della bruna si spezzò mentre batté la testa contro la porta di legno e Quinn si abbassò per baciarle sul collo, con le labbra socchiuse, lasciando la sensazione di umidità contro la gola di Rachel.
 
Le mani di Rachel volarono tra i capelli di Quinn e strinse la bionda trasparente con entrambe le mani. Una parte di lei era concentrata sul tentativo di capire come potesse sentire la sensazione dei capelli, pur non avendo essi la consistenza dei capelli, mentre l'altra parte era in assolutamente perfetta connessione con la sensazione di Quinn su di lei e ovunque e…
 
"Non posso," Rachel balbettò, disperatamente, mentre le lacrime sgorgarono e la sua visione si offuscò.
 
Quinn immediatamente alzò la testa e lasciò cadere le braccia dalla vita di Rachel e sussurrò "Mi dispiace, non volevo..."
 
"Non posso perderti, Quinn," Rachel rapidamente si corresse, afferrando il cardigan giallo della ragazza nella sua piccola mano e unendo le labbra di nuovo insieme.
 
"Non ho mai detto che mi avessi" Quinn espirò tra i baci frenetici.
 
Rachel si tirò indietro di un centimetro e fissò impassibile Quinn prima di scuotere la testa. "Sei sempre stata una parte di me. Questo doveva accadere prima o poi, e non c'è modo di cambiare ora. Ho una parte di te, Quinn, che ti piaccia o no".
 
"Ma rende molto più difficile lasciarti," sussurrò Quinn nell'assoluto terrore, spezzando il cuore di Rachel con la disperazione negli occhi della bionda.
 
"Bene", sussurrò Rachel, il suo respiro vorticoso di fronte al suo viso che passava attraverso gli occhi annebbiati di Quinn, un doloroso ricordo dell'inevitabile.


 
"Non posso", disse Quinn come dato di fatto. Sedeva con le gambe incrociate strette nei suoi jeans con i polpacci su una sedia della cucina, guardava attraverso un bicchiere pieno di vino in mano. Quinn fece una smorfia contro la luce del sole che si riversava attraverso la finestra della cucina. Naturalmente, il sole doveva uscire in una giornata dove avrebbe fatto comodo la copertura delle nuvole.
 
"Cosa vuol dire che non puoi?" Rachel chiese con rabbia, come si allontanò dalla finestra verso Quinn, appoggiandosi contro il lavandino.
 
"Non posso lasciare Lima, Rachel", disse Quinn stancamente.
 
"Non puoi o non vuoi?" Rachel chiese.
 
Quinn spostò solo gli occhi dalla finestra alla giacca Cheerio di Rachel. "Non posso".
 
Rachel prese il suo bicchiere di V8 [NdT: marca americana di frullati di verdure] e si sedette di fronte a Quinn, non facendo nulla per bloccare la luce del sole a causa della sua statura. Quinn sorrise debolmente mentre prese un sorso di vino e appoggiò il bicchiere di fronte a lei sul tavolo, incurvando le spalle e distendendo le gambe.
 
"Non dovresti bere, hai solo sedici anni, Quinn," Rachel la rimproverò di malavoglia.
 
"Ne ho 26", disse Quinn con amarezza, "Giusto?"
 
"Perché non puoi lasciare Lima?" Rachel cambiò argomento.
 
Quinn fissò costantemente Rachel prima di lasciar cadere la fronte passandosi una mano tra i capelli, permettendole di fermarsi lì.
 
Sentì l'esitazione nella voce di Rachel e le permise di ricostruire insieme la storia da sola. "Hai mai lasciato Lima...?"
 
Quando Quinn si lasciò sfuggire un debole sospiro e alzò lo sguardo verso il sole al tramonto dalla finestra della cucina, sentì Rachel sommessamente dire "Non puoi lasciare Lima."
 
"Era una specie di un buon piano, nonostante tutto," disse Quinn con un sorriso stanco.
 
"Cosa è successo quando ci hai provato?" Rachel chiese.
 
Lo sguardo Quinn era fisso sulle guance infossate di Rachel come la bruna la interrogò. Dio, Rachel sembrava orribile. Non nel senso negativo, Quinn pensò appena alzò la testa e delicatamente lasciò correre gli occhi sulla pelle di Rachel, ma lei sembrava così malata e così stanca. Le sue guance erano infossate, i suoi occhi cominciavano a diventare rossi come iniettati di sangue, ed i cerchi sotto gli occhi sembravano gonfi sugli occhi neri. Lo zombie più bello che Quinn avesse mai visto.
 
Quando i suoi occhi guizzavano indietro verso Rachel, il fantasma vide uno scintillio di divertimento in quegli occhi marroni e improvvisamente si ricordò che Rachel poteva effettivamente vederla. "Mi ero scordata che potessi veramente vedermi", ammise Quinn, mortificata.
 
"È questo che facevi quando non riuscivo a vederti?" Rachel chiese gentilmente "Tu mi guardavi così?"
 
Quinn alzò gli occhi non maliziosamente come le sue labbra si incurvarono. "Ti stavo studiando."
 
Un rossore si insinuò sulle guance di Rachel e portò le labbra fino al bordo del bicchiere. "Rispondi alla domanda, Quinn," sussurrò sopra il bordo prima di prendere un sorso.
 
Quinn premette il proprio bicchiere alla fronte, silenziosamente fremente con se stessa per aver abbassato la guardia con Rachel quando lei doveva rimanere forte. Dannazione.
 
"Potrei anche dirti la storia di quello che è successo dopo l'incidente", disse come le sue sopracciglia si alzarono e lasciò cadere la testa, "Potrei anche raccontarti tutto."
 
"Non c'è bisogno di…"
 
"Sì," Quinn scattò su Rachel, chiudendo gli occhi e inclinando la testa. Quando incontrò di nuovo gli occhi di Rachel, lei venne accolta da una Rachel senza esitazioni, lo sguardo intenso. "Voglio farlo".
 
"Allora ti ascolto", disse Rachel dall'altra parte del tavolino, le spalle curve in un modo che Quinn non aveva mai visto prima su di lei.
 
"Dopo l'incidente e dopo aver capito quello che era successo, andai a casa", disse Quinn con un'alzata di spalle, quasi cadendo in uno stato di trance, mentre ricordava i dettagli con vivida chiarezza "e aspettai che i miei genitori tornassero a casa. Ripensandoci ora, mi sento male per non essere andata a controllare Michael, ma sinceramente non mi importava se fosse vivo o morto".
 
Quinn tenne gli occhi fissi su Rachel, ma la bruna rimase tranquilla.
 
"Arrivai a casa e per la settimana successiva tentai di entrare in contatto con loro. Pensavo che forse non era morta, forse avevo solo bisogno di ottenere la loro attenzione prima che si rendessero conto che ero ancora lì. Ero sotto shock, ma chi non lo sarebbe stato, in realtà. Niente mi smosse da casa fino a quando andai dal mio funerale, ma mi rifiutai di andare a vedere la tomba".
 
"Perché?" di Rachel sussurrò.
 
"Avevo paura. Non volevo trapassare, e feci tutto quanto in mio potere per non andare avanti perché all'epoca pensavo che in realtà avessi il controllo di tale decisione", disse Quinn amaramente prima di scuotere la testa "Ma non ce l'ho. No. Ad ogni modo, non volevo andare alla mia tomba, credevo di venirci risucchiata o qualcosa del genere. Così, per i successivi sei mesi dopo il mio funerale mi concentrai su come ottenere l’attenzione di qualcuno, l'attenzione di chiunque. A casa oppure a scuola, ovunque.
 
"Ma nessuno mi ha mai sentiva. I miei genitori non mi sentivano, e quando mia sorella tornò a casa per cercare di mettere insieme ciò che restava della casa, nemmeno lei mi senti", Quinn fece una pausa e bevve un sorso di vino. Era strano, ma sentiva la bocca secca. E non accadeva da un po'.
 
"Non sapevo che avessi una sorella," Rachel dolcemente fece un lieve sorriso.
 
Quinn annuì mentre fissava un foro sul tavolo. "Si chiama Jennifer. Ha sei anni più di me, quindi ne ha 32 in questo momento. Sposata con un perfetto uomo cristiano che possiede una catena di negozi UPS", Quinn disse con un sorriso stanco.
 
"Lei non ti piace?" Rachel indovinò.
 
"Io non la conosco", disse Quinn con un'alzata di spalle "Non siamo mai state vicine da bambine e poi andò al college, quando aveva 18 anni, quindi ero troppo giovane per preoccuparmene davvero. Tutto quello che so di lei è quello che ho visto dopo che morii, e quello che ho visto non mi piace. Lei era come un clone di mia madre, la figlia perfetta" disse Quinn girando gli occhi. Dopo un secondo, continuò, "non avrei mai vissuto per essere come lei."
 
"Lo hai mai voluto?" la bruna di fronte a lei chiese con il naso alzato in disgusto.
 
Quinn la fulminò con un tiepido sorriso sghembo come lei scosse la testa, "No, ma avrei almeno voluto avere la possibilità di deludere i miei genitori." La ragazza tacque di nuovo prima che Quinn continuasse, "Dopo sei mesi, mia sorella era stanca di essere bloccata a Lima con il lutto dei miei genitori e di deprimersi tutto il tempo. In qualche modo, e io ancora non capisco come, riuscì a convincerli che avevano bisogno di trasferirsi in California con lei.
 
"Disse che li avrebbe aiutati a guarire, allontanarsi da Lima, e questo è tutto quello che avrei voluto. Lei era sempre molto brava a fare la stronza", Quinn disse con una smorfia. "Ero terrorizzata, ovviamente, perché non volevo lasciare Lima. Avevo paura che Lima fosse una di quelle cose che mi ancorava a questo mondo e che se l'avessi lasciata, sarei trapassata."
 
Quinn alzò gli occhi e capì che Rachel stava cercando il senso di dove volesse andare a parare con tutta la storia. Decise di andare al sodo. "Il giorno del trasloco, mi sedetti sul sedile posteriore della macchina dei miei genitori e decisi che sarei andata con loro a qualunque costo. Non volevo essere lasciata sola a Lima, capisci? Questo pensiero era terrificante. Io pensai che sarebbe andato tutto bene, fino a quando vidi il cartello che diceva ‘State uscendo da Lima’ e mi ricordo di aver messo le mani verso il basso cercando di trattenermi sul sedile e di rassicurarmi.
 
Quando superammo il cartello, qualcosa accadde. Fui spinta con violenza fuori dalla macchina. La prima cosa che seppi dopo, fu che ero in piedi sulla corsia di destra sull'autostrada per lasciare la città, guardando l'auto dei miei genitori allontanarsi. Gridai e piansi e cercai di correre dietro a loro, ma era come andare a sbattere contro un muro invisibile all'altezza del cartello."
 
"E’ come se tu fossi maledetta", Rachel espirò dopo essersi presa un momento per elaborare, "Hai provato altri metodi per lasciare la città?"
 
"Ho controllato tutti i confini della città e non posso allontanarmi. Ho cercato di nascondermi sugli aerei ma quella era ancora peggio dal momento che non appena prendevano quota venivo scaraventata di nuovo sul terreno da una certa altezza. Non posso lasciare Lima, Rachel," Quinn concluse "almeno non con i modi convenzionali."
 
"Ci deve essere qualcosa che stiamo sottovalutando," Rachel mormorò pensierosa.
 
"Dopo dieci anni, non pensi che io abbia già pensato a tutto?" Quinn esclamò frustrata.
 
"Non prendertela con me, Quinn," Rachel la rimproverò tranquillamente.
 
"Perché? Tu sei l'unica ragione per cui sono bloccata qui", il fantasma sibilò "Se non fosse per te…"
 
"Saresti ancora da sola, a infestare i corridoi del McKinley," Rachel finì.
 
"Sì, hai fatto quello per cui sei venuta qui, Rachel, hai aiutato un fantasma, ora perché non mi lasci andare avanti?" Quinn chiese sinceramente. Lei non capiva perché Rachel non le permettesse di andare semplicemente oltre. La ragazza era davvero così egoista? Lei non amava Quinn, quindi perché insisteva a tenerla lì?
 
"Perché il tuo trapassare non aiuterà nessuno, Quinn!" Rachel urlò.
 
"Aiuterà me!" Quinn urlò.


 
Rachel si calmò. Incontrò lo sguardo intenso di Quinn dall'altra parte del tavolo e si rese conto che non aveva mai chiesto il motivo per cui Quinn se ne stesse andando. Non aveva mai chiesto perché Quinn ritenesse che andarsene fosse l'opzione migliore. Certo, aveva senza troppa convinzione ascoltato Finn e Puck e le loro migliori ipotesi, e anche scommesso su alcune di esse... Ma Rachel era stata così occupata a pensare a se stessa, e alla perdita di Quinn, che non si era nemmeno preoccupata di chiedere a Quinn il motivo.
 
"Mi scuso per aver urlato, Quinn. Le mie recenti azioni sono stati spinte esclusivamente dalle mie emozioni e dai sentimenti per te", Rachel confessò, alzando gli occhi dal suo capo chino per rispondere a Quinn di nuovo.
 
Quinn rimase tranquilla, stranamente, mentre guardava Rachel.
 
"Non ti ho mai chiesto perché sei convinta di aver bisogno di andartene," la bruna disse, "ed è stato incredibilmente egoista da parte mia. Non so se volessi veramente sentire il motivo, però, perché certamente non può essere qualcosa di positivo."
 
"La vita non può essere sempre pianificata, Rachel," Quinn affermò, "e non puoi forzare qualcosa nel tuo piano, se ti viene incontro in modo imprevisto. Devi imparare che non tutto è nel tuo controllo".
 
Rachel fece una smorfia mentre guardò torvo il suo fantasma. "Credo di aver imparato la lezione il giorno in cui mi hai colpito in faccia con la porta del box del bagno."
 
"Penso che tu stia imparando quella lezione oggi," Quinn corresse, "e penso che faccia schifo. Fa schifo che non mi possa salvare, Rachel, e mi fa schifo che debba farlo. Credimi quando ripeto che io non voglio lasciarti".
 
"Spiegami, Quinn," Rachel praticamente pregò, "Ti prego, dimmi il ragionamento che sta dietro alla convinzione che andare avanti sia l'opzione migliore. Perché hai bisogno di farlo?"
 
Rachel guardò lo sguardo di Quinn ammorbidirsi significativamente appena il fantasma fece un respiro inutile. "Stai morendo", disse Quinn categoricamente, senza vita, senza alcuna emozione.
 
Rachel rimase immobile come una statua, mentre cercava di non lasciar mostrare alcuna reazione. I suoi sospetti erano stati confermati. Stava morendo, e Quinn era venuta per...
 
"Ed è colpa mia", disse il fantasma tranquillamente, con voce rotta.
 
Oppure no. "Come sarebbe che è colpa tua?" Rachel chiese.
 
"Le Ombre, sai, le cose che mi hanno dato la caccia negli ultimi dieci anni? Sì, ti stanno uccidendo, Rachel, per arrivare a me. Sanno che sei l'unica che... mi sta a cuore" Quinn disse evasiva.
 
"Vuoi dire che non sei un angelo inviato a portarmi via perché ho una malattia terminale e sto lentamente morendo?" Rachel chiese.
 
A giudicare dalla espressione sconvolta di Quinn, Rachel capì che era un no. "Va bene, questo era uno dei miei principali sospetti, ma dato che è chiaramente fuori delle possibilità..." Rachel si spense. Non sapeva come continuare. Per una volta, Rachel Berry non sapeva cosa dire.
 
Lei stava morendo a causa degli esseri che stavano dando la caccia a Quinn. La sua vita si stava letteralmente prosciugando in lei e...
 
"Tu te ne stai andando per salvarmi," Rachel espirò. Il buio della cucina finalmente si spostò sulla bruna mentre realizzò che il sole era finalmente andato giù completamente.
 
Quinn brillava stranamente, nel buio della cucina dei Fabray. Rachel pensò che Quinn sembrasse un essere umano radioattivo, che risplendeva ma sembrava comunque solido. Come se fosse reale. Rachel poteva fingere tutto ciò che voleva, ma alla fine dei conti, Quinn non era reale.
 
"Così, noi abbiamo fondamentalmente due opzioni," Rachel cominciò, ignorando il sopracciglio di Quinn alzarsi alla parola ‘noi’, "possiamo lasciare che l'Ombra mi prenda e forse arrivi finalmente a te, oppure tentare tutto il possibile per andare oltre e lasciare così le Ombre senza nulla da cacciare. Ma cosa succederebbe se mi cercassero ancora, una volta che te ne sarai andata?"
 
"Non succederà", Quinn disse con fermezza "Seguono solo me, non hanno alcun motivo di pensare a te una volta che me ne sarò andata."
 
"Quinn, tutto ciò è molto nobile," Rachel disse lentamente, "ma non posso chiederti di farlo per me."
 
Quinn la derise. "Uno, non me l'hai chiesto. Due, Rachel perché ti importa così tanto quando non riesci nemmeno a dirmi che mi ami?"
 
Ecco il problema. L'enorme elefante nella stanza era stato finalmente individuato.
 
"Quinn"
 
"Perché non mi ami?" Quinn chiese con un respiro calmo, finalmente affrontando l'argomento e abbattendo completamente le mura intorno a Rachel.
 
Rachel subito alzò gli occhi dal suo bicchiere con gli occhi spalancati verso Quinn. Con le lacrime agli occhi nocciola la fissò con sguardo inorridito. Per quanto Quinn sembrasse volesse fare la domanda di nuovo, non fece alcun accenno a ripeterla.
 
"Non ho mai detto che non..."
 
Rachel venne interrotta dal rumore assordante delle lampadine del lampadario sopra le loro teste. Vetri rotti piovvero mentre il tempo stesso sembrò rallentare. Rachel guardò il bicchiere di Quinn scomparire dalla sua mano come la bionda balzò in piedi così rapidamente che la sua sedia si rovesciò. Rachel non capiva che cosa stesse succedendo, tutto ciò che sapeva era che la camera era diventata più fredda del solito freddo che Quinn emanava. Espirò un respiro spezzato che turbinò di fronte al suo volto  prima che Quinn la prendesse per un braccio e disperatamente cercasse di tirare Rachel fuori dalla sua sedia.
 
"Dove?" Rachel riuscì a soffocare come la ventina di piccole lampadine del lampadario principale della cucina cominciassero ad esplodere una per una.
 
"La mia camera," la voce di Quinn disse, risuonando alta nella mente di Rachel confusa dalla frantumazione del vetro.


 
Salirono le scale due gradini alla volta con Quinn che spesso utilizzava le proprie forze per sollevare Rachel quando la bruna non andava abbastanza veloce. Il sentiero che si stavano lasciando alle spalle era disseminato di vetri rotti e specchi. Le Ombre erano alle calcagna e Quinn sapeva che l'unico posto sicuro era la sua stanza. Doveva solo riuscire a portare Rachel lì.
 
I piedi della bruna scivolarono sul pavimento di legno subito seguiti da Quinn come toccarono la fine delle scale. Quinn allora afferrò la parte posteriore della sua stessa giacca Cheerio indosso a Rachel e fece un salto fino alla stanza.
 
La bionda subito balzò in piedi sopra Rachel e chiuse, giro la chiave e si afflosciò contro la porta. I suoni di vetro in frantumi andarono a diminuire e diede modo alla musica rilassante proveniente dal giradischi di Quinn di invadere la camera.
 
Rachel si alzò e fece respiri profondi e rassicuranti. Quinn guardò il petto di Rachel sussultare e aspettò che la ragazza si calmasse prima di dire qualsiasi cosa. I suoni della colonna sonora di Colazione da Tiffany dolcemente ricoprirono la stanza e Quinn distrattamente inviò una preghiera di ringraziamento per non aver inserito la colonna sonora di Qualcuno volò sul Nido Del Cuculo.
 
"Hanno sentito quello che hai detto?" Rachel chiese infine, di fatto richiamando l'attenzione di Quinn verso di lei.
 
"Oh, probabilmente" Quinn soffiò fuori. Fantastico. I suoi nemici ora sapevano che aveva un piano per salvare Rachel. Non solo lo sapevano, ma erano usciti allo scoperto per fermarlo.
 
"Perché qui siamo al sicuro ?" Quinn sentì Rachel chiedere da dietro le palpebre chiuse.
 
Senza guardare Quinn rispose "Non ne ho idea. Non verranno qui, però. Quindi, fintanto che sei qui, sei al sicuro."
 
"E tu?" Rachel rispose, alzandosi in piedi a guardare Quinn attraverso l'oscurità della stanza.
 
Quinn rimase in silenzio, come accese le luci. Sinceramente, non le importava di se stessa. Non c'era molto di più che le potesse accadere a quel punto. Eppure, non pensò che Rachel avrebbe voluto sentire quel tipo di risposta.
 
"Sarò al sicuro qui, anche io. Sembra che dovremo stare qui fino a quando non se ne andranno di nuovo," dichiarò Quinn mentre attraversò la stanza e si sedette sulla sedia. Dopo Natale, Quinn aveva fatto alcuni sforzi per rendere la stanza un po' più human-friendly e un po' meno santuario-di-Quinn. Aveva chiesto a Rachel di aiutarla a portare un piccolo televisore nella stanza sulla scrivania nell'angolo. Quinn stessa aveva trascinato una sedia in modo che il solo mobilio su cui potersi sedere non fosse più solo il suo letto.
 
Il tocco finale era stato il giradischi di Rachel. Quinn aveva brevemente considerato di tenerlo in cucina, ma ci aveva ripensato ed era finito sul lato opposto della piccola scrivania. Quinn ricordò la risata di Rachel quando il fantasma aveva detto che l'avrebbe resa human-friendly.
 
"E se non se ne andassero?" Rachel chiese un attimo dopo, esprimendo la sensazione terribile che stava stringendo il cuore di Quinn sempre più.
 
Non aveva una risposta per lei.


 
Un'ora più tardi le ragazze erano a letto con la TV angolata verso di loro. Il telefono cellulare di Rachel si illuminava ad intermittenza dal comodino accanto lei con messaggi non letti dei suoi padri e, probabilmente, di Finn e Puck. Forse anche Santana. La bruna aveva inviato un sms ai suoi papà dicendo loro che sarebbe rimasta a dormire da Quinn quella notte, e per favore di darle quest'ultima notte con Quinn e di non andare a prenderla.
 
Rachel non era ancora sicura se gli avesse mentito o meno. Era sicura del sentimento profondo che aveva nella bocca dello stomaco che si diffondeva sempre più in ogni nervo del suo corpo, però. Sembrava la fine. La fine delle braccia di Quinn intorno alla vita di Rachel come in quel momento, la fine di Rachel sdraiata con la testa contro il petto di Quinn, senza sentire o percepire il battito cardiaco, e la fine di Quinn che parlava nella mente di Rachel senza staccare le loro labbra una dall'altra.
 
"Sono così spaventata," Rachel sussurrò sovrapponendosi alla musica tranquilla che usciva dalla televisione.
 
Sentì Quinn cambiare posizione in modo da farla giacere accanto al fantasma invece che su di lei. "Delle Ombre?"
 
"Di loro, naturalmente, ma anche della sensazione allo stomaco", aggiunse Rachel.
 
Quinn si mise a ridere con leggerezza, "Credevo di essere io l'unica con quella lancinante sensazione, al momento".
 
"Credi davvero che questa sia la fine?" sussurrò la bruna come lei usò due dita per spostare il ciuffo di Quinn dagli occhi.
 
Quinn esitò un attimo prima di annuire, "Si. Qualcosa succederà molto presto, e finirà tutto".
 
Gli occhi Rachel si riempirono di lacrime. Questa non era una novità per lei, davvero. Sapeva che questo momento sarebbe arrivato. Non sapeva come, ma sapeva che sarebbe giunto. No, le sue lacrime derivavano dalla sconfitta e dall'accettazione. Ecco. Stava per perdere Quinn.
 
"Rachel", sentì, interrompendo i suoi pensieri. Si concentrò nuovamente su Quinn, la sua visione si schiarì come si è spostò dal fissare il muro. A volte stupiva Rachel come, nonostante l'Inferno che stesse vivendo, Quinn sembrasse ancora raggiante. Forse era il fatto che quando sei un fantasma non subisci mai veramente menomazioni fisiche. Indipendentemente da ciò, Rachel non aveva mai visto nessuno così bello. Tanto più che Quinn era molto più percepibile di quanto Rachel avesse mai visto prima, anche più del giorno in cui Rachel aveva visto realmente Quinn per la prima volta.
 
Rachel colse le fossette lungo la mascella di Quinn che ogni adolescente sembrava avere, fino alla piccola cicatrice sul ponte del naso e si chiese se forse l'avesse rotto nella sua vita, fino alla piccola cicatrice circolare che riposava sopra l'occhio di Quinn. Era doloroso per Rachel notare, notare veramente, tutte le caratteristiche fisiche di Quinn solo in quel momento. Come se l'unica cosa che Quinn aveva desiderato di più, essere viva, le fosse stato finalmente concesso proprio poco prima di esserne privata definitivamente.
 
"Rachel", udì di nuovo.
 
"Cosa?"
 
"Non guardarmi così", sussurrò severamente Quinn, facendo si che Rachel solcasse la fronte.
 
"E perché no?"
 
"Perché continui a guardarmi come se stessi per perdermi," rispose Quinn.
 
Rachel prese un respiro e espirò mentre portò la sua mano fino a sfiorare la guancia di Quinn con le nocche. I suoi occhi vagarono sul volto di Quinn di nuovo, attraversando ben noti sentieri che non avrebbe mai voluto lasciare.
 
"Sai la sensazione che hai adesso, Quinn? La sensazione che hai sul lasciarmi? Su di noi che verremo separate?" Rachel chiese.
 
Quinn lentamente annuì con la testa e si morse il labbro inferiore tra i denti.
 
"Questa è la sensazione che ho io su di te che vai via. L'unica differenza è che io non ho intenzione di lasciarti andare, Quinn. No. Non fino alla vera fine quando mi verrai veramente strappata via."
 
"E se te lo chiedessi io?" Quinn sussurrò nel buio.
 
Rachel scosse la testa, la mano ancora indugiante sulla guancia di Quinn, "Io non vorrei. Non ho mai voluto. So che mi hai messa in guardia da subito, di lasciarti in pace, che sarebbe finita male. Ma io non potevo perché provavo qualcosa per te che non ho mai potuto dire a parole fino ad ora".
 
"Rachel..."
 
"No, Quinn. Lasciami finire," Rachel disse, "Credo che tu mi dovessi trovare quel giorno nel bagno. Credo che tu fossi bloccata qui perché avevi bisogno di aspettare me. Eravamo destinate a incontrarci, Quinn, e dovevo essere io a trovarti. Dovevo essere io a sentirti quando nessun altro lo faceva. Rachel Berry, la ragazza che non poteva sentire altri che se stessa, dovuto essere io a sentirti. E lo feci. Tu mi hai aiutata a capire che la vita non è solo abbandonare una cittadina indigente e diventare una star. Certo, quelli sono punti importanti, ma non sono tutto quello che c'è.
 
Mi hai dimostrato che la vita è trarre il massimo da ogni secondo che ti viene dato. Che hai bisogno di amare le persone e lasciarti amare. Che è necessario ascoltare le persone e lasciare che ti aiutino e ti guidino" Rachel si spense quando si accorse che Quinn stava piangendo. "Mi hai dimostrato che ero viva, ma che non stavo vivendo. Tu mi hai salvata Quinn. E ti amo," Rachel finì.
 
"Mi hai salvata anche tu," Quinn soffocò tra le lacrime.
 
Le labbra di Rachel formarono una linea sottile come lei annuì. "Lo so." La bruna si chinò e prese il labbro inferiore di Quinn tra le sue e baciò la ragazza con tutta la forza che aveva.
 
Quinn permise a Rachel di spingerla dolcemente verso il basso e stendersi sulla bionda godendosi la fermezza del corpo reale di Quinn sotto di lei. Come Rachel sentì le mani di Quinn dirigersi fino alla parte posteriore della camicia, Rachel seppe che stava per dare tutta se stessa a Quinn. E se quello fosse tutto ciò che poteva dare a Quinn in cambio di tutto quello che il fantasma aveva fatto per lei? Allora sarebbe stato così. Rachel aveva bisogno di mostrare a Quinn in ogni modo umanamente possibile che lei l'amava. Lei l'amava. Certo che si. E finalmente l'aveva capito anche Quinn.
 
I minuti passarono, la luce soffusa dal televisore sottolineava il velo di sudore che luccicava sul petto nudo di Rachel mentre lei aveva la schiena inarcata contro il letto. Mentre le mani di Rachel stringevano le lenzuola spiegazzate, lei strinse gli occhi chiusi e cercò di controllare il respiro.
 
Come se avesse capito, Quinn improvvisamente tornò su Rachel, risalendo a baciare tutto il suo corpo e poi la gola e le labbra della bruna. Quinn sussurrò "Ti amo" più volte, come Rachel lasciò graffi lungo la schiena di Quinn. Beh, avrebbe voluto almeno, se Quinn avesse potuto essere scalfita. Aveva il sentore che Quinn stesse usando i suoi poteri per rendere i segni visibili, comunque.
 
"Anch'io ti amo, Quinn," Rachel disse a bassa voce, costantemente, ed  era l’unica cosa che riuscisse a dire con Quinn dentro di lei. Dio, amava il suo fantasma. Nulla al di fuori di quella stanza importava a Rachel in quel momento, in una delle notti più speciali della vita di Rachel, c'erano solo Rachel e Quinn, nient'altro, e lei avrebbe amato Quinn per sempre.











 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


NdA: A tutti i miei lettori, grazie. Vorrei che ci fosse qualcosa di meglio, una descrizione migliore per la gratitudine che sento verso tutti voi, ma non può davvero essere messa in parole. La reazione che ho ottenuto da questa storia è stata travolgente, e ne sono così grata, perché ho messo il mio cuore in questo testo, e mi auguro che tutti voi abbiate tratto qualcosa da quest’esperienza, perché so che io l'ho fatto. Senza ulteriori indugi, ecco l'ultimo capitolo, prima dell'epilogo, di Deus Ex Machina. Spero che il finale non vi deluda, perché onestamente non avrei potuto finirla in un altro modo.

Come vi avevo promesso, eccolo qui, il frutto del mio lavoro: il video. In realtà è il mio ringraziamento per voi. A tutti voi che siete rimasti accanto a me e a questa storia dall’inizio fino a ora, e che avete sopportato i miei ritardi negli aggiornamenti, volevo donarvi qualcosa in cambio. Detto questo, l’epilogo sarà online in settimana. Non dovete per forza leggerlo, ma è carino, quindi forse si, dovreste. Inoltre inserirò anche il motivo per cui ho deciso di terminare la storia nel modo che leggerete. Vi amo tutti.

Lifeawakening

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Capitolo 10

Rachel si svegliò. Certo, quella era una delle molte cose che le erano successe quel giorno che lei non si aspettava che accadessero. La prima cosa che notò fu che la stanza era buia, ma non il tipo di buio che veniva dalla notte oltre la finestra, bensì il tipo di buio che proveniva dal sole fuori dalla stanza. Lei mugugnò mentre attraversò l’altra metà vuota del letto per prendere il suo telefono cellulare sul comodino. Trentasei messaggi scomparvero semplicemente premendo un tasto, voleva solo prendersi il suo tempo. Avrebbe potuto accettare i messaggi solo più tardi. Certo che si.

Rachel si strofinò gli occhi e contorse le gambe strofinandole nel tessuto graffiante della vecchia coperta di lana rossa che Quinn aveva gettato su di loro durante la notte. Si fermò, come sentì la coperta grossolana sfiorare il suo petto nudo, e i ricordi della notte le invasero la mente. Con un piccolo costante sorriso, Rachel si alzò dal letto con la coperta avvolta intorno a lei.

Un'altra pausa. Rachel alzò la mano e delicatamente il suo dito sfiorò la suo guancia, sotto l’occhio. Sentì qualcosa di piccolo e ruvido sotto il tocco del dito indice. Pensando che forse si fosse tagliata nella follia del giorno prima, Rachel si trasferì alla scrivania e prese una piccola trousse dalla vita precedente di Quinn per esaminare il rilevo sulla pelle. Girò e aprì il coperchio rosso della trousse e avvicinò il piccolo specchio al viso. Sulla guancia, sotto l'occhio, c'era un piccolo adesivo a forma di stella d'oro che Quinn aveva posto sulla sua Rachel un momento prima che si svegliasse.

Quinn. Rachel delicatamente tracciò l'adesivo con il dito con un debole sorriso sul suo viso. Non si ricordava di aver mai raccontato a Quinn che le stelle d'oro fossero una metafora di se stessa. "Credo di essere cambiata in meglio" [*], Rachel disse a se stessa, suo malgrado. Sollevando lo sguardo, Rachel cercò il muro delle fotografie di Quinn finché gli occhi atterrarono sulla foto dell'ultimo anno del sua fantasma. La prima volta che Rachel aveva mai visto gli occhi sul volto di Quinn. Per sempre [**].

A piedi nudi avanzò sul pavimento andando verso la porta chiusa dall'altra parte della stanza. Dio, lei era stanca. Rachel si sentiva così incredibilmente esausta e pensò che la sua carnagione lo mostrasse.

Con l'orecchio appoggiato alla porta, Rachel ascoltò ogni suono del nulla. Il suo cuore le disse che il motivo per cui Quinn non era nella stanza con lei non era negativo. Timidamente, la bruna aprì la porta e fece capolino nel corridoio. Tutto sembrava normale. Nessuna Ombra. Splendido. Con la coperta avvolta strettamente intorno lei, Rachel silenziosamente si fece strada al piano inferiore della casa dei Fabray.

Era mattina presto e il sole era appena sorto e proiettava ombre scure sui lati dello strato di nubi. Ecco, Rachel pensò come si fece strada attraverso la casa silenziosa, oggi era il fatidico giorno. La casa in cui era arrivata a vivere come se fosse la propria in quegli ultimi mesi, sembrava ormai vuota, desolata. A malapena la riconobbe. A dire il vero, Rachel difficilmente avrebbe riconosciuto qualcosa quel giorno. Sembrava tutto così volubile, tutto sembrava così spento.

Entrò in soggiorno e subito incontrò lo sguardo penetrante di Quinn. Il suo fantasma era appoggiato al muro accanto alla finestra, le persiane aperte per permettere al sole di entrare, e Rachel in silenzio si meravigliò di come fosse la prima volta che Quinn non sembrasse essere incandescente. Sembrava completamente corporea. Quinn aveva una tazza di caffè tra le mani e un cardigan giallo su un paio di jeans neri.

"Ehi, spirito," Rachel sussurrò dolcemente come tirò la coperta strofinandola intorno al suo petto, fermandosi dall'altra parte della stanza rispetto a Quinn. La luce del sole sembrava illuminare abbastanza bene solo la metà di lei.

Guardò Quinn inclinare la testa e continuare a guardarla con quello sguardo intenso. Una parte di Rachel temette di aver fatto qualcosa di sbagliato la sera prima, fino a quando Quinn fece un piccolo sorriso.

"Ciao, Berry," Quinn sussurrò, "Vuoi un caffè?"

Rachel guardò la tazzina semi-trasparente in mano al fantasma biondo e scosse la testa. "No grazie, il tuo mi va di traverso, sai... Preferisco qualcosa di più consistente."

"Divertente", disse Quinn, e con quel sorriso lieve che le colorava le labbra finalmente si spinse via dal muro e si diresse verso Rachel.

"Sono molto divertente, è un dato di fatto," la bruna rispose mentre con gli occhi lentamente tracciò il corpo di Quinn... Il modo in cui Quinn si muoveva verso di lei. Una volta che Quinn fu a portata di Rachel, la bruna aprì la coperta e avvolse il suo fantasma al caldo, avvolgendo le braccia intorno alla vita di Quinn per mantenere la coperta ferma.

La tazza di caffè scomparve dalla mano di Quinn non appena Rachel aprì la coperta, rivelando se stessa a Quinn. La bionda sorrise dolcemente mentre lei strinse le braccia intorno al collo di Rachel e giocò con i suoi capelli. "Come ti senti?"

Rachel strofinò il viso nel collo di Quinn e chiuse gli occhi, cercando di capire di cosa profumasse. Probabilmente un mazzolino di fiori di ciliegio o qualcosa di altrettanto dolce. "Se me lo stai chiedendo per testare le acque per verificare se io sia dispiaciuta per la scorsa notte, non lo sono. Se me lo stai solo chiedendo per il gusto di chiedere, sto meravigliosamente bene, ora come ora. Terrorizzata, ma magnificamente felice."

Rachel non aprì gli occhi e non sentì nessuna tensione da parte di Quinn sotto il suo tocco, così pensò che fosse la risposta che la bionda volesse sentire. "Puoi sentirmi adesso?" Rachel chiese come sentì il tocco delle dita di Quinn attraverso i suoi capelli.

"Pensala come... Quando hai un pensiero dimenticato sulla punta della lingua, e lo puoi sentire e tu lo sai, ma non è proprio del tutto a portata di mano. Ecco come ti sento".

"E' piuttosto ironico."

"Oggi è il giorno", disse Quinn, come se quelle parole non fossero altro che un fucile carico premuto alla tempia di Rachel.

Rachel si ritrasse da Quinn quel tanto che bastava per vedere il suo volto. "L'ho realizzato appena mi sono svegliata. Si avverte il cambiamento nell'aria", Rachel ammise a malincuore, "Mi hai già lasciata, non è vero?"



Quinn intrecciò le dita nei capelli di Rachel e coraggiosamente tentò di tenere il dolore lontano dagli occhi, da Rachel, come inghiottì il groppo in gola inesistente. "È meglio che tu vada al piano di sopra e ti vesta, Rachel. I tuoi padri sono qui."

Lo sguardo di shock e tradimento che attraversò il volto di Rachel distrusse Quinn, ma non tanto come quando la bruna lasciò cadere le braccia da intorno alla vita di Quinn e si strinse stretta nella vecchia coperta. Quella coperta che la nonna di Quinn aveva fatto per lei molti, molti anni prima e doveva essere ruvida contro il corpo nudo di Rachel.

"Hai chiamato i miei padri?" Rachel sussurrò.

Ci fu un bussare alla porta ma nessuna delle due saltò dalla sorpresa.

"Li volevo qui", Quinn iniziò, lo sguardo si spostò di lato mentre si morse le labbra per evitare di piangere, "So che sono stata qui, sulla Terra, per un bel po', ma... A volte mi sento come se avessi ancora sedici anni, Rachel. Tutti voi siete la cosa più vicina ad essere la mia famiglia da quando la mia se n'è andata, e non sapevo cosa fare" Quinn finì in un sussurro.

Davanti a lei, Rachel sembrava come se stesse trattenendo le lacrime contro la sua volontà. "I miei padri hanno deciso di aiutarti a esorcizzarti?"

Con un sospiro, Quinn gettò una rapida occhiata verso la direzione della porta d'ingresso. "Non agire in questo modo è tradimento, Rachel. Sapevi cosa stavo per fare, conosci le mie ragioni…"

"E le accetto... Per la maggior parte", disse Rachel sopra Quinn, "anche se mi sta uccidendo dentro. Ma non sarebbe da me non essere in collera con i miei padri per aver scelto di aiutarti. Ora devo convivere con il fatto che i miei padri sono coloro che sostanzialmente uccideranno la donna che amo!" Rachel finì più duramente di quanto non intendesse, a giudicare dal suo sguardo, dopo che le parole lasciarono la sua bocca.

Quinn la fissò in stato di shock. La donna che amava. "Mi ami veramente."

"Certo che si", disse Rachel con enfasi "Io ero destinata ad amarti. Credo pienamente che la decisione fosse stata presa per me dieci anni fa. Ma io spero che tu capisca che non posso guardarti mentre mi vieni portata via, non di nuovo", finì con le lacrime agli occhi.

Quinn lottò con la voglia di arrabbiarsi. Soprattutto, aveva bisogno di assicurarsi che Rachel sarebbe stata bene dopo che lei non ci fosse stata più. In tutti i modi: con le Ombre, con il suo cuore, con la sua vita. Se Rachel avesse avuto bisogno di andare al piano di sopra e non essere testimone della dipartita di Quinn, allora Quinn avrebbe dovuto accettare il fatto che il volto di Rachel non sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe visto nella sua vita. Dopo-vita. Dopo-vita, Quinn. Le guance di Rachel erano sempre state così infossate?

I loro sguardi incatenati furono interrotti da un colpo più secco alla porta. Quinn tremante annuì con la testa e sussurrò "Okay". Rachel aveva le lacrime che le rigavano le guance e il viso contratto, si lanciò in avanti e catturò le labbra di Quinn con le proprie nel più profondo dei baci che le due avessero mai condiviso.

"Ti amo", disse Rachel inequivocabilmente prima di voltarsi e correre al piano di sopra.

"Non ti lascerò mai veramente", Quinn sussurrò alla stanza vuota con la mano ancora tesa in aria, dove c'era guancia Rachel fino a un momento prima. Scuotendo la testa, Quinn si ricompose e si diresse ad aprire la porta.



"Non lo vogliono fare", disse Quinn categoricamente.

Hiram e Leroy si scambiarono uno sguardo cupo prima che Hiram scuotesse la testa. "E' tradizionalmente svolto dalla Chiesa cattolica, come sono sicuro che sai, Quinn," Hiram cominciò, "E non approvano esattamente me e Leroy".

"Non ci prendono sul serio," Leroy finì con la sua voce profonda, "Non abbiamo potuto trovare qualcuno che volesse aiutarci".

Quinn si sedette al tavolo della cucina in stato di shock, prima di abbassare la testa e passarsi una mano tremante tra i capelli. Leroy e Hiram sedevano dall'altra parte del tavolo davanti lei con un bicchiere d'acqua in mano.

Dopo alcuni momenti con Quinn con lo sguardo fisso al tavolo di fronte a lei, alzò lo sguardo e con calma chiese "Potete portare a casa Rachel con voi?"

Sentire che la Chiesa non avrebbe aiutato Quinn era stato uno shock. Pensava che i tempi fossero cambiati, e pensava che quando la gente avesse bisogno di aiuto la Chiesa sarebbe stato il primo posto in cui chiunque potesse andare. Si era sbagliata. Beh, andava bene. Quinn aveva un piano alternativo. Se la Chiesa non avrebbe aiutato il suo trapasso, sapeva chi sarebbe stato più che desideroso di convincerla a lasciare questo mondo.

"E' al piano di sopra", Quinn disse di nuovo quando nessuno dei due uomini fecero accenno di alzarsi.

Hiram guardò il tavolo davanti a lui e si raddrizzò gli occhiali prima di voltarsi e fare un cenno a suo marito. Leroy si alzò e mentre camminava da Quinn, egli pose una mano gentile sulla spalla e la strinse prima che Quinn sentisse i suoi passi avviarsi al piano di sopra. Lei accennò un sorriso mentre ricordò come l'uomo fosse terrorizzato da lei la prima volta che Rachel li aveva presentati.

Tuttavia, la sua attenzione venne attirata di nuovo verso Hiram, l'uomo che era arrivato a essere suo padre più di quanto fosse mai stato il suo vero padre. "Quinn, assicurati che qualsiasi cosa abbia progettato sia la migliore soluzione possibile, perché non si torna indietro." Quinn aprì la bocca per interromperlo, ma Hiram alzò una mano gentile e scosse la testa per farla tacere. "Assicurati che sia la miglior soluzione possibile, Quinn, perché non ci saranno possibilità di tornare indietro. Rachel rimarrà qui e tu non ci sarai più".

Quinn abbassò gli occhi al tavolo e sbatté le palpebre per ricacciare indietro le lacrime. Dannazione. Bastava sentire il nome di Rachel e a quel punto era come ingoiare acido, bruciava così tanto.

"Sono innamorato di Leroy," Hiram disse mentre camminò fino a quando fu in piedi accanto a Quinn e di fronte al corridoio. Mise il braccio sulla spalla di Quinn proprio come Leroy aveva fatto pochi secondi prima, sussurrando "e penso che chiunque trovi l'amore in questo mondo sia fortunato, Quinn, perché io non credo che accada più tanto spesso. Non importa con chi sia, lo ritengo fortunato, non sto cercando di influenzare la tua decisione, sto solo cercando di far luce per il tuo cuore, e anche per quello di Rachel, per quello che importa. Tu sei come una figlia per me e..." Quinn lasciò andare un agitato respiro come le sgorgarono le lacrime lungo il viso quando udì le crepa nella voce di Hiram sulle sue stesse lacrime, "e vorrei che tutta questa dannata situazione possa sparire. Ma mi fido di te. Sappi solo, ovunque tu vada, che hai una casa qui, con i Berry".

Quinn trattenne il respiro e bruscamente si voltò, gettando le braccia al collo e abbracciando Hiram il più strettamente che poté. Prima che lei si staccasse, Quinn sussurrò all'orecchio di Hiram, appoggiandosi all'asticella dei suoi occhiali "Trattienila."

L'uomo più anziano sembrò un po’ 'confuso, ma comunque annuì prima di farsi strada al piano di sopra senza voltarsi indietro.

Quinn fece un respiro profondo e governò le sue emozioni. Rachel non sarebbe uscita fuori da quella casa in tempo per fermarla, ne era sicura.



Quinn la sentì. Oppure la sentiva. Non riusciva a capire la differenza a quel punto e lei non pensava di voler sapere, ma come Quinn passò davanti alla porta di casa, sentì Rachel chiamarla. Era già accaduto prima. Se Rachel avesse gridato abbastanza forte, anche se era solo nella sua mente, Quinn l'avrebbe sentita. E Dio le fece male sentire urlare Rachel così, quando si era resa conto di quello che stava facendo Quinn. Appena Leroy aveva raccontato a Rachel che nessuno della sua famiglia avrebbe aiutato Quinn, e poi quando Hiram era entrato e l'aveva fermata, Rachel aveva capito.

Ma Rachel non era l'unica presenza che Quinn poteva sentire. Poteva sentire molte cose in quel momento, mentre seminava il marciapiede davanti a casa sua di corsa. Sentiva la sua famiglia in California. Sentiva sua madre, ora sulla cinquantina, seduta al tavolo della sala da pranzo della famiglia con un bicchiere di scotch in mano. Poteva percepire suo padre in piedi nel suo ufficio fantastico al decimo piano, fissando le strade decine di metri più in basso con le lacrime agli occhi. Poteva sentire Puck seduto nella sua stanza con la foto di suo fratello tra le mani, strappata a metà. Sentiva Rachel lottare contro la presa di Leroy con un flusso di lacrime sul viso. Sentiva Rachel più che chiunque altro. E quasi la consumava mentre correva verso il parco vicino a casa sua.

Il parco di Rachel. Il suo parco. La sua tomba. Il parco di fronte all'angolo in cui era morta. Naturalmente, era destino che diventasse il parco di Rachel. Non poteva andare diversamente. Certo, c'era un altra presenza che sentiva indugiare nel profondo della sua mente: l'Ombra. E lei gli stava correndo incontro.

Come le sue ballerine colpivano il marciapiede, Quinn non sapeva se fosse perché era corporea che poteva effettivamente sentire il loro rumore, o se era solo nella sua immaginazione, come sempre. Si chiedeva se le persone vicino a lei potessero vederla ora, se tutti potessero. Dio, era almeno ancora un fantasma?

Quando il cemento lasciò il posto ai trucioli di legno segnalando l'ingresso del parco, Quinn si fermò poco prima. Fece respiri profondi come i suoi occhi scrutarono il parco e videro una coppia seduta sulle altalene, ovviamente marinando la scuola, parlando tra di loro. Quinn si morse le labbra e rapidamente soppesò le sue opzioni. Aveva bisogno di assicurarsi che fosse ancora un fantasma, perché se qualcuno avesse visto cosa stava per accadere… Beh, non voleva pensarci.

Quinn sbatté le palpebre e si strinse nelle spalle sotto la sua giacca di jeans preferita che aveva appena indossato. Faceva freddo e lei non voleva sembrare fuori luogo camminando in giro per il rigido inverno di Lima con solo un cardigan sottile, se qualcun altro avesse potuto davvero vederla.

Un'immagine improvvisamente risuonò nella parte posteriore della sua mente come un vinile graffiato; suonando e gracchiando e poi riproducendosi più e più volte. Un'immagine di Rachel al di sotto di Quinn, nel suo letto, che tirava la maglia di Quinn e Quinn che con la sua mente faceva svanire la maglia, dando l'illusione a Rachel di aver sfilato lei la maglietta del fantasma. Aveva fatto sorridere Rachel, e a sua volta aveva sorriso anche Quinn, ma cercò di cancellare dalla sua mente tutto ciò che riguardava Rachel prima di avvicinarsi alla coppia ignara.

No. Non poteva concentrarsi su Rachel o sui ricordi della sera prima se aveva effettivamente intenzione di fare quello che doveva fare. Quello che doveva fare era vedere se chiunque potesse vederla. Quello che doveva fare era salvare Rachel.

"Hey!" Quinn, urlò mentre si avvicinava la coppia sulle altalene. "Ciao? Hey! Il tuo ragazzo è un brutto idiota", Quinn gridò con la sua miglior voce da stronza.

La coppia sulle altalene non diede alcuna indicazione di poter né vedere, né sentire Quinn,. Ma la bionda voleva essere sicura e così lei fece un ulteriore passo avanti saltando su e giù davanti della coppia.

"O siete disgustosamente innamorati e ignari del mondo oppure non potete vedermi," borbottò Quinn, come lei alzò gli occhi. Stupidi ragazzini innamorati. "Fottetevi", Quinn, sbraitò amaramente prima di riacquistare il controllo sulle proprie emozioni e fare un respiro profondo.

Okay. Quindi non poteva essere vista dalla maggior parte delle persone, ancora. Ed era un bene. Ora, per il gran finale. "Come Rachel dice sempre", Quinn, disse con voce distaccata, "The show must go on".



"Lasciami andare in questo preciso istante o almeno aiutami..."

"Rachel", Leroy sbraitò mentre si aggrappò disperatamente alla vita di sua figlia sulla soglia della porta della camera di Quinn, "Smettila adesso. Non la seguiremo. Andremo a casa".

Hiram si sedette sulla sedia di legno davanti alla piccola scrivania con la testa abbassata tra le ginocchia. La lotta tra Leroy e Rachel era andata avanti per dieci minuti buoni e Rachel era riuscita a trascinare l'uomo più grande in mezzo alla camera da letto prima che lei completamente si lasciasse andare. Hiram non aveva mai sentito la figlia urlare con così tanta angoscia, come quando aveva capito cosa stava per fare Quinn.

"Non avete capito?" Rachel gridò "Sta per farlo da sola! Sta per cedere se stessa alle Ombre perché la dannata Chiesa non vuole aiutarci!"

"Stai attenta, Rachel," Leroy la avvertì.

"No!" Rachel si spezzò con le lacrime sulle guance, "Non ho intenzione di stare attenta, papi. E se ci fosse papà là fuori?"

"Rachel..." Leroy la avvertì.

"E se ci fossi io?" Hiram interruppe suo marito. Leroy volse lo sguardo verso Hiram e corrugò le sopracciglia. Hiram continuò, "E se fossi io quello là fuori ad andare a sacrificarmi per te?"

"Hiram la ragazza è un fantasma," Leroy esortò, "ha bisogno di andare avanti".

"Non è solo un fantasma, papà", disse Rachel, la sua voce rotta dalle lacrime, "io l'amo, e lei non è mai stata solo un fantasma. Lei è un essere umano." Ci fu un attimo di silenzio e un profondo respiro tremante da parte della bruna. "La amo," Rachel ripeté in un sussurro.

"E' uno spirito, Rachel, l'anima di quello che una volta era un essere umano. Non è possibile innamorarsi di questo," Leroy urlò.

"Stai dicendo che non ami la mia anima?" Hiram chiese, infine, alzando la testa, "che quando ti innamori di qualcuno non ti innamori della sua anima? La sua completa essenza?"

"Ha diciassette anni, Hiram, lei non sa cosa sia l'amore," Leroy finì, stringendosi nelle spalle, "è meglio che lasci andare Quinn."

Rachel guardò a bocca aperta il padre come l'altro uomo si alzò lentamente dalla sedia. "Leroy, ci vuole molto di più per innamorarsi solo della personalità di qualcuno, solo della sua voce, delle sue stranezze, e del loro cuore. Sai quanto ci vuole oggi ad innamorarsi di qualcuno e non avere contatti fisici o fare sesso? Specialmente tra gli adolescenti, Leroy," Hiram finì.

Hiram si tolse gli occhiali e li pulì sul suo maglione, prima di lentamente rinfilarseli. Guardò dritto negli occhi della sua figlia diciassettenne e il suo cuore allo stesso tempo si spezzò e si gonfiò per la distruzione e la determinazione che vide. "Cosa fai ancora qui, Rachel? Vai".

La presa di Leroy si allentò e Rachel non esitò un secondo prima di staccarsi e uscire il più velocemente possibile fuori dalla casa dei Fabray per cercare Quinn.. Lasciò che i suoi piedi la guidassero e prima di accorgersene, Rachel stava sfrecciando tra le strade di Lima per arrivare al suo parco, inciampando su se stessa per la debolezza che si era infiltrata nelle sue ossa.

Leroy rimase a bocca aperta guardando verso suo marito e scosse lentamente la testa. Hiram, alzatosi, incrociò le braccia sul petto. "Se questo porterà ad una lotta, o peggio, così sia. Io sono pronto a tenerti in questa stanza a qualunque costo. Qualunque cosa accada là fuori, dobbiamo sostenere Rachel, non possiamo fare a lei ciò che la società ha fatto a noi per tutta la vita. Rachel ama quella ragazza, Leroy, e posso dire per esperienza personale che Quinn non è solo un fantasma. "

Leroy guardò fuori dalla finestra della camera da letto di Quinn verso il sempre più oscuro cielo ed emise un profondo sospiro. Stava per arrivare una tempesta.



"So che mi ci è voluto un po’" Quinn disse con voce chiara, mentre guardava le nuvole muoversi a spirale in alto nel cielo, "ma ho bisogno di te ora, okay? Sto venendo lassù. Almeno spero.... Indipendentemente da ciò, ho più o meno bisogno di allontanarmi il più dannatamente possibile da qui perché sto uccidendo Rachel".

Quinn non ottenne alcuna risposta dal suo posto al centro del parco. Non se ne aspettava una. Come la nube si ingrandì sentì uno spasmo nel petto. Poi un altro. Quinn scosse la testa e guardò di nuovo verso il cielo, "È il tuo modo di dirmi che mi senti, Dio? Facciamo un patto. Tu mi hai fatto soffrire dopo la morte per dieci anni e..." Un altro spasmo interruppe lo sfogo del fantasma. Se Quinn non avesse pensato che fosse impossibile, avrebbe detto che fosse il suo...

"Rachel", Quinn soffiò come sentì la presenza della ragazza. Quinn si girò e vide Rachel in piedi sul marciapiede dall'altra parte della strada. Rachel stava nell'angolo in cui era avvenuto l'incidente dieci anni prima.

"Rachel, no," Quinn rimase a bocca aperta come un'altra presenza apparve dietro la bruna. Un Ombra. "Rachel!" Quinn alzò la voce in un urlo e cominciò a correre verso la ragazza confusa.

Tuttavia, Quinn venne improvvisamente assalita da Puck, Finn e quella ragazza, Santana, la Cheerio.

"Quinn ho bisogno di dirti una cosa," Puck espirò pesantemente.

"Dov'è Rachel?" Finn chiese con un sospiro. Il gruppo era chiaramente corso al parco per trovare Quinn, ma...

"Come facevate a sapere che ero qui?" Quinn chiese come i suoi occhi disperatamente cercarono di nuovo Rachel.

"Rachel mi ha portata qui l'altro giorno, e quando lei non si è nuovamente presentata a scuola abbiamo capito che sarebbe stata qui o a casa tua," Santana disse lanciandole uno sguardo, "Dio, tu sei reale."

"Quinn, ho veramente bisogno di dirti una cosa" Puck tentò di nuovo, ma Finn lo mise a tacere.

"Cos... Cos'è quella cosa dietro a Rachel?"

Gli occhi di Quinn tornarono di colpo verso Rachel prima che lei si lasciasse sfuggire un grido angosciato. Rachel era di spalle e stava indietreggiando in strada nel tentativo di allontanarsi dall'Ombra.

Quinn scatto di corsa tentando di colmare il divario tra lei e Rachel.

"Non puoi averla!" Quinn sentì Rachel gridare al di sopra del vento.

"Tu pensi che siamo qui per Quinn?" l'Ombra ribatté. Quinn sentì rabbrividire il suo corpo alla voce. Era così distaccata e profonda, e Quinn cominciò a dubitare se le Ombre fossero mai state esseri umani.

Un momento. Se non volevano lei, allora volevano.... "Rachel, no, scappa!" Quinn gridò di nuovo quando vide lampeggiare la confusione tra gli occhi della bruna.

"Non stavate dando la caccia a Quinn?"

"Sì, ma conosciamo la maledizione che grava sulla sua anima. Lei risucchia la vita dalla persona che ama. Più ti sta vicina, più lei diventa viva. Sembra che Quinn sia fuori dalla nostra portata ora. Così, siamo qui per prendere te, al suo posto, Rachel", disse.

Quinn vagamente sentì Finn e Santana, gridare dietro di lei. Era ferma in mezzo alla strada. Non sapeva nemmeno quando avesse smesso di correre.

Quinn vide Rachel voltarsi e rendersi conto che Quinn era proprio dietro di lei. "A cosa stavi pensando?" Rachel le chiese, i suoi occhi marroni sbiaditi e dipinti di dolore "Tu non puoi salvarmi, Quinn. Ero io ad essere destinata a salvarti".

Quinn scosse la testa e fece un passo verso Rachel. "Tu non morirai per me. Tu non morirai per far si che io possa vivere, Rachel".

"Penso che sia troppo tardi per questo, Quinn," Rachel sussurrò mentre le lacrime le rigarono le guance.

Gli occhi furiosi di Quinn si alzarono e inquadrarono l'Ombra avvicinarsi, urlò e si mosse per andare avanti.

Un paio di forti braccia le avvolsero la vita e la tirarono indietro. Scioccata, Quinn cominciò ad agitare le braccia freneticamente nel tentativo di respingere chi la stesse trattenendo dall'andare incontro a Rachel.

"Quinn, devi lasciare che accada," Puck le sussurrò in un orecchio, con fin troppa calma per i gusti di Quinn.

Quinn aveva gli occhi da folle, urlò scuotendo la testa da un lato all'altro e incontrò gli occhi di Puck. Il fantasma neppure pensò che fosse in grado di formare parole. In un ultimo tentativo di liberarsi Quinn chiuse gli occhi e cercò di materializzare se stessa fuori della portata di Puck, ma non ci riuscì. I suoi poteri da fantasma erano spariti.

Freneticamente, Quinn girò lo sguardo di nuovo sulla scena di fronte al gruppo mentre Rachel era a pochi metri da lei, sorridendo dolcemente. La sua Rachel. No. Non la sua Rachel. No. "Respira, Quinn," Rachel sussurrò prima che la sua piccola mano volasse fino ad aggrapparsi al suo petto.

Quinn aprì la bocca in un sussulto silenzioso e lacrime scesero dai suoi occhi come Rachel cadde in ginocchio davanti a lei. Quinn vide il corpo di Rachel scuotersi come percorso da scariche elettriche e la sua bocca aprirsi e chiudersi senza emettere alcun suono, mentre lei cercava di inspirare aria.

"Rachel... Per favore no," Quinn sussurrò, le parole uscirono a mala pena dalle labbra, la sua voce era spezzata.

Il petto di Rachel si sollevò in un ultimo respiro prima che lei si abbandonasse in avanti sulla strada fredda, immobile.

Gli occhi di smeraldo di Quinn erano spalancati, sconvolti, isterici, mentre Puck la liberò dalla sua stretta e sentì di nuovo lo spasmo al petto. E ancora. E ancora.

Quinn era acutamente consapevole del fatto che Finn e Santana, stessero freneticamente componendo il numero di qualcuno sui loro telefoni cellulari e che Puck la stesse fissando intensamente. L'aria era fredda contro la sua pelle e Quinn poteva vedere il suo respiro. Le nuvole erano scure sopra la sua testa e le ricordavano il fumo, come se l'inferno si fosse appena aperto e stesse esalando il suo ultimo respiro.

L'Ombra era sparita e lo spasmo nel suo petto era il suo battito cardiaco.

E Rachel era morta.

...e Rachel era morta.



L'ambulanza arrivò quattro minuti dopo che sia Finn che Santana chiusero le chiamate sui loro telefoni cellulari. Tutto sembrava muoversi troppo lentamente per Quinn, ma era prevedibile, pensò.

Gli occhi di Quinn vagavano per la scena di fronte a lei e lentamente si strinse le braccia intorno al busto. Il corpo di Rachel venne portato in ambulanza in una barella come i soccorritori lavoravano freneticamente su di lei. Finn mise un braccio intorno a Santana, mentre entrambi cercarono di nascondere le lacrime agli occhi. Puck era in piedi in silenzio accanto a Quinn con una mano pesante sulla sua spalla.

Un soccorritore chiese a Quinn cosa fosse successo a Rachel, e Puck la interruppe prima che potesse dare la colpa a se stessa. Disse che pensava che fosse stato un infarto che l'aveva colpita casualmente dopo che avevano lasciato la scuola, ma non le era accaduto niente di particolare. Quinn cominciò a piangere di nuovo. O forse non aveva mai smesso.

Santana salì nell'ambulanza con Rachel e Quinn pensato che fosse più di cortesia per i suoi amici che per Rachel, perché non c'era più nessuna Rachel. Finn corse a casa dei Fabray per cercare di avvertire i padri di Rachel.

Pochi minuti dopo la folla si era dispersa, Puck gentilmente convinse Quinn a seguirlo e presero posto sulle altalene.

Puck si passò una mano sulla sua cresta e tirò la giacca di pelle più vicina al petto contro il vento freddo.

"Perché l'hai fatto?" Quinn chiese innumerevoli minuti più tardi, con gli occhi puntati sulla strada di fronte a loro, ma senza focalizzare nulla. Ogni tonfo del suo battito cardiaco nel suo petto spingeva Quinn più vicina a squarciarsi.

"E’ proprio per questo che ti stavo cercando," Puck disse burbero, strisciando il dorso della mano sugli occhi e facendo un respiro profondo, "Ho chiamato Michael prima."

Quinn rimase silenziosa e immobile, lo lasciò continuare. "Gli ho detto di te. Che sei tornata e merda, sai una cosa? Lui si è messo a ridere e ha detto che non te ne sei mai andata. Non sapevo cosa volesse dire che così gli ho chiesto di spiegarsi meglio, prima di farmi incazzare.

Così, ha iniziato a dirmi che era invischiato in un giro di roba satanica al liceo mentre voi due stavate insieme…"

"Lo sapevo," disse Quinn con un cenno della testa, "Pensavo di poterlo trasformare in un bravo ragazzo cristiano, ma non ho mai pensato che fosse realmente coinvolto in questo genere di cose. Non sul serio."

"Né chiunque altro, ma lo era, a quanto pare. Intendo che non faceva sacrifici di animali o cose del genere, ma credeva che lo rendesse figo e poi iniziò a vincere le partite di football e così continuò a 'fare affari con il diavolo', capisci?"

"Arriva al punto, Puck", Quinn esortò. Ogni malizia aveva lasciato la sua voce. Qualsiasi emozione l'aveva abbandonata. Ironico, pensò, che la sua anima sembrasse essersi volatilizzata adesso che era tornata in vita. Tornata in vita, ahh. Non c'era niente di vivo di lei, tranne il suo cuore che batteva, è come lo stesse facendo che non aveva idea.

"Tu lo facesti incazzare il giorno in cui lo chiamasti perdente di Lima e gli dissi che non sarebbe mai riuscito ad andarsene da questa città. Lui fece alcune delle sue stronzate da stupida magia nera e mise una maledizione su di te. Aveva sedici anni ed era un fottuto idiota e probabilmente suonava come un cretino cantando nella sua camera, ma merda, Quinn. Non credo avesse poteri o altro, ma qualcosa deve aver ottenuto mediante qualcuno perché..."

"Perché venni maledetta, condannata, qualunque cosa," Quinn finì. I due sedevano in silenzio da alcuni minuti prima di Quinn parlasse di nuovo, più a se stessa che a Puck, "mi chiedo se io sia mai stata veramente morta."

Pochi istanti dopo Puck riprese, "non sapevo che stronzate come questa accadessero veramente," la sua voce in stato di shock.

Il cielo si aprì sopra di loro e, per la prima volta dopo tanto tempo, Quinn sentì la pioggia scendere su di lei.

"Rachel è morta," Puck sussurrò contro il tuono nel cielo.

Quinn lo fissò con aria assente come il ragazzo accanto a lei si scosse un po' prima di singhiozzare apertamente. "Che diavolo era quell’essere, Quinn?" Puck chiese tra le lacrime, e per un breve momento, Quinn si ricordò del bimbo di sei anni che cercava di nascondere le lacrime da lei quando era caduto dal suo skateboard.

"Un Ombra", disse Quinn assente, "Almeno è così che le ho sempre chiamate."

"Pensi che fosse una parte di quella cazzo di maledizione di Michael?"

"Nulla di tutto ciò potrebbe mai essere nato nella mente di un sedicenne", disse Quinn, scuotendo la testa mentre ciuffi bagnati le caddero sul viso, "Sono angeli caduti, credo."

"Pensavo che gli angeli fossero buoni," Puck disse amaramente con le lacrime che continuavano a cadere e gli occhi iniettati di sangue quando si rivolse a Quinn.

Quinn si voltò verso di lui e tenne il suo sguardo. "Perché pensi che si chiamino 'caduti'?"

"Quindi, la maledizione è spezzata ora, perché hai preso abbastanza vita da Rachel per ucciderla e permettere a te di vivere? Come è successo?" Puck chiese.

Quinn rimase in silenzio per un lungo momento, la pioggia inzuppava entrambi attraverso le loro giacche sino alle ossa. Nessuno dei due sembrava incline a curarsene e Quinn sapeva che probabilmente entrambi stavano pensando alla stessa cosa, il corpo di Rachel era più freddo del loro in quel momento.

Quinn fece un respiro profondo, e stava ancora cercando di abituarsi di nuovo, prima di dire chiaramente, "Un'ora fa credevo in un Dio che potesse fare qualsiasi cosa. Un Dio che potesse maledirmi, che mi permettesse di stare qui invece di andare avanti, che mi aveva dato Rachel, e che l'aveva portata via. Un'ora fa questa soluzione, questa maledizione spezzata, sarebbe stata un miracolo per me."

"Tu non credi più?" Puck delicatamente approfondì con le lacrime sul suo volto, "Sei tornata in vita, Quinn. Sei passata dall'essere un fantasma all'essere viva e ora stai scegliendo di non credere? Se non altro tutto questo cazzo di disastro ha consolidato le mie convinzioni."

Lo sguardo di Quinn tremolava sulle sue mani in grembo come lei aggrovigliava le dita tra loro. "Sono stata ignorata dal mondo per dieci anni, Puck. Sono stata costretta a guardare le persone che amo rinunciare a me e lasciarmi quando mi trovavo proprio di fronte a loro. Sono stata costretta a far fronte ad una fastidiosa, perdente bruna che era potenzialmente più invisibile di me e anche l'unica persona che poteva sentirmi. Mi sono innamorata di lei. L'unica cosa buona che mi fosse successa in tutta la mia vita, in fondo. Ma la parte divertente? La parte divertente è che il mio ex-ragazzo mi ha fottuta molto di più che uccidendomi e basta, essendo un idiota. Sì, io ero uno di quei fantasmi su cui fanno i film horror perché ho ucciso la donna che amo. Non solo, ma ho dovuto vederla morire proprio davanti a me, per me. Quindi, no, non credo più. Non so più a cosa credere."

"Ti ho trattenuta, perché…"

"Rachel se n'era già andata, lo so."

Puck fece un respiro profondo e aprì la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa alla donna accanto a lui, quando il suo cellulare squillò.



Rachel era già morta da sette minuti e trentaquattro secondi prima che la rianimassero con il defibrillatore in ambulanza. Lei si svegliò in un sussulto e una voce le sussurrò in un orecchio, dicendole di respirare, prima di sentire singhiozzi di sollievo provenienti da niente meno che Santana Lopez.

Portarono Rachel dall'ambulanza alla sezione di terapia intensiva generale dell’Ospedale di Lima. Fu stabilito che Rachel avesse subito un arresto cardiaco improvviso, causato da un attacco di cuore e che fosse stata poi rianimata. Il medico lo definì un miracolo. Rachel tenne la bocca chiusa.

Rachel non si sentiva come se stesse morendo, ma sentiva che probabilmente lo sembrasse, con le decine di tubi e flebo con gli aghi nelle braccia e il suo cardiofrequenzimetro che continuava a emettere beep regolari.

Le infermiere e il segnale acustico sbiadirono sul profondo della sua mente mentre Rachel fissò attraverso la parete di vetro della sua stanza in terapia intensiva verso i suoi padri, in piedi nel corridoio, piangendo. Lei era morta. Davanti a tutti, e davanti a una molto viva Quinn Fabray, Rachel era morta. Non aveva visto una luce bianca, né se fosse stata accolta a braccia aperte da una coppia di angeli. Un momento prima stava sbattendo la faccia in mezzo alla strada e l'altro, stava aprendo gli occhi contro la luce a neon dell'ambulanza. Significava che Quinn era viva? Che in qualche modo avevano ingannato la cosiddetta maledizione?

Oh Dio. Rachel venne improvvisamente afferrata da un pensiero terribile: Quinn era tornata un fantasma, ora che Rachel aveva beffato la morte?

Il suo battito cardiaco aumentò, ma non abbastanza per preoccupare gli infermieri, e dopo qualche minuto, i padri di Rachel furono autorizzati a entrare nella stanza. Non era il protocollo, ma niente circa la situazione di Rachel era normale, così il dottore acconsentì.

Hiram aveva le lacrime agli occhi e Leroy tremava così tanto che quasi scivolò dalla sedia accanto al letto di Rachel.

"Sto bene", insistette, la sua voce roca.

"Hanno detto che era un... un... uhm" Leroy provò, ma fallì, a continuare.

"Un attacco di cuore," Hiram disse, facendo un passo verso il lettino.

"Non lo era," Rachel disse "Almeno io non la penso così. Ho perso la vita e Quinn ha guadagnato la sua e c'era…"

"Rachel", Hiram dolcemente la fermò, gettando uno sguardo al di là di Rachel verso Leroy, "Non abbiamo bisogno di sapere cosa è successo. Non ancora. Ho solo una domanda in questo momento."

Rachel alzò gli occhi e vide Finn in piedi nel punto dove i suoi i padri erano stati sino a pochi istanti prima. Quando incrocio il suo sguardo, sollevò una mano tremante e le sorrise. Rachel sorrise di rimando. Finn aveva pianto, e tanto. Santana camminava accanto a lui e fece un sorriso a Rachel, uno vero e proprio che Rachel non aveva mai visto Santana mandarle. Aveva pianto, anche lei.

"Dov'è Quinn?" Hiram chiese a bassa voce.

"Era viva, papà, era in vita," la bruna disse eccitata prima di venir sopraffatta dalla stanchezza ancora una volta e fu costretta a fare respiri profondi.

Leroy incontrò gli occhi di Hiram e chiese, scioccato, "Come è potuto accadere? Rachel muore e Quinn torna in vita?"

"Credo che ci sia molto di più riguardo al loro incontro che nessuno di noi saprà mai," Hiram mormorò, "ma credo che Rachel fosse destinata a salvare Quinn."

"Cose del genere non accadono," Leroy disse con fervore sotto il suo respiro, "Non è possibile".

"Come facciamo a sapere che cosa è o non è possibile in questo mondo, tesoro? Siamo intrappolati dietro le mura di un vicolo cieco della città in un mondo dove la gente oggigiorno pensa che l'unica magia che esista sia la magia di ricevere un sms da un telefono ad un altro" Hiram disse, scuotendo la testa " Penso che tutto sia possibile quando si aprono gli occhi all'impossibile."

Rachel ascoltò in silenzio i suoi i padri e il suo battito cardiaco prima di lanciare un breve sguardo verso l'alto. Grazie, pensò, a chi sta decidendo i nostri destini lassù. Quando abbassò lo sguardo e si focalizzò sulla parete di vetro di fronte al suo letto, vide Puck camminare fino al gruppo. Era bagnato fradicio e Santana si lanciò tra le sue braccia. Lui la abbracciò di rimando e premette un bacio sulla sua fronte e Rachel vide Finn fare un cenno nella sua direzione. Puck girò la testa e incontrò gli occhi di Rachel. Sorrise. Rachel sorrise di rimando. E fu allora che Quinn arrivò dietro di lui. Rachel seppe in quel momento, non importa quale spiegazione che i suoi amici avrebbero potuto elaborare riguardo all'intera faccenda, ma per Rachel, ne era convinta, Quinn Fabray era stata un angelo che in qualche modo aveva perso la strada per il Cielo.

Quinn Fabray, con la sua giacca in jeans e i capelli completamente fradici incollati al viso. Un infermiere stava camminando e accidentalmente urtò Quinn, si voltò e si scusò con lei. Quinn lo guardò sbalordito. Rachel cominciò a piangere.

Quando il cuore di Rachel del monitor iniziò a suonare un po' più frequentemente di quanto non dovesse fare, sia Leroy che Hiram si volsero a guardare l'adolescente bionda che era in piedi di fronte ai tre amici di Rachel. Tutti e tre osservarono Quinn incontrare gli occhi di Rachel con l'intenzione di non lasciarli andare di nuovo. Quinn premette la mano contro la parete di vetro e lasciò qualche lacrima scivolare giù per le guance e Rachel seppe che se avesse potuto toccare il viso di Quinn, avrebbe sentito le lacrime sulla punta delle dita.



Due giorni dopo, Rachel fu trasferita nel reparto generale di riabilitazione e controllo. Una zona che consentiva ai non-familiari di entrare nella stanza, senza rischio di contaminazione. Fu allora che Rachel incontrò Quinn Fabray.

Il secondo che l'ora delle visite venne concessa quella mattina, i padri di Rachel svegliarono una esausta Quinn con la testa affondata sotto la giacca di Leroy e sdraiata lungo due sedie della sala d'attesa. Si strofinò assonnata gli occhi, non abituata ad avere sonno, mentre gli uomini la portarono nella stanza di Rachel.

Quinn e Puck avevano cercato di spiegare al meglio a Finn, Santana, Hiram, e Leroy a quali conclusioni fossero giunti. Sembrava plausibile, o almeno, plausibile quanto avrebbe potuto essere qualsiasi spiegazione in quella situazione. Alla fine, il gruppo decise che discutere ulteriormente fosse superfluo, perché due vite erano state salvate.

Hiram posò un bacio sulla guancia di Quinn prima che lei entrasse nella camera di Rachel e tirasse la tenda chiudendola dietro di lei.

Rachel non si era svegliata ancora così Quinn trascinò una delle sedie nella stanza fino al letto e dolcemente afferrò la mano di Rachel. Per un breve istante prima che Quinn entrasse in contatto con la mano di Rachel, ebbe un flash terribile della sua mano che passava proprio attraverso a quella di Rachel come aveva fatto tante volte in quei mesi passati. Ma non fu così.

Quinn accarezzò dolcemente il pollice sul dorso della mano di Rachel ed emise un respiro incerto. Non c'era stato alcun segno delle Ombre, non un ritorno all'invisibilità, e senza poteri da fantasma di cui discutere. Quinn era viva, aveva riavuto indietro il suo corpo, e le era stata restituita Rachel. Sembrava tutto così facile, troppo facile. Eppure, non era stato facile, non proprio. Non con tutto quello che Quinn aveva vissuto da sola, e poi con tutto quello che aveva vissuto con Rachel. Niente di tutto ciò era stato facile, nemmeno la parte dell'innamoramento.

Ma, come Rachel giaceva pacificamente sul letto d'ospedale di fronte a Quinn, e il colore tornò sulle sue guance, Quinn seppe che tutto sarebbe andato bene da allora in poi. Aveva trascorso gli ultimi due giorni a pregare un Dio che lei non sapeva nemmeno se esistesse, ma era tutto ciò che avesse mai conosciuto, ed era tutto quello che poteva fare fino a quando non fosse riuscita a vedere Rachel.

Sapeva che non tutti avevano fede, e che la scienza aveva svolto un ruolo enorme per far si che Rachel stesse bene, ma comunque Quinn alzò gli occhi dal volto di Rachel al soffitto. "Grazie," sussurrò, "Io non so se Rachel e io fossimo bloccate in qualche scontro tra Voi e Satana o cosa, ma mi sento come se avessero vinto i buoni. Abbiamo vinto. Ce l'abbiamo fatta, e so che ci hai aiutate, in qualche modo. Mi dispiace per tutto quello che ti ho detto," Quinn finì.

Sentì una mano stringere la sua e abbassò gli occhi verso il basso per vedere Rachel che la fissava e sorrideva dolcemente. "Ho fatto la stessa cosa", disse Rachel tranquillamente. Quando Quinn non rispose, Rachel gentilmente si spostò nel letto cosicché potesse guardare meglio la ragazza. "Ce l'abbiamo fatta, Quinn."

Quinn sorrise e annuì con la testa. "Io... Non so come gestire tutto questo."

Rachel fece un respiro profondo e Quinn pensò che non era mai stata così grata di vedere salire e scendere il petto della ragazza per la respirazione. "Che cosa hai intenzione di fare della tua vita ritrovata?"

Quinn si concentrò sulla sensazione della pelle di Rachel sotto la sua mano prima di dare una risposta distratta. "Lo sapevi che quando cerchi 'Lima, Ohio' su Google, la prima cosa che viene fuori sono i necrologi?"

Rachel fissò Quinn prima di sbattere le palpebre e scuotere la testa divertita, borbottando sottovoce, "Sì, in realtà lo so molto bene."

Quinn le gettò uno sguardo incerto prima di continuare. "Anche se eri ancora in recupero ho fatto qualche ricerca. Il mio nome è ancora su quella lista. La mia tomba è ancora lì. Sono ancora tecnicamente morta, o almeno, per la popolazione di Lima."

Rachel studiò Quinn mentre lei si morse le labbra screpolate tra i denti. "Allora dovremo lasciare Lima," Rachel disse lentamente, controllando la reazione di Quinn.

Quinn alzò gli occhi dalle mani di Rachel a quegli occhi marroni ormai molto familiari. "Pensi che si possa avere tutto indietro? Ricominciare da capo?"

Rachel annuì con la testa con uno sguardo palese nei suoi occhi. "Non vedo perché no. Sia che tu venga a New York con me o che vada da qualche altra parte, saresti in grado di riiniziare. Perché esiti in quel modo, Quinn? Non sei d'accordo?"

Quinn spostò alcuni dei suoi capelli dietro l'orecchio e sorrise più largamente verso Rachel. "Sono d'accordo con te, Rachel. Io sono solo in soggezione per il fatto che tu sia morta, praticamente uccisa da un demone, e che ora sia seduta qui a raccontarmi di come mi andrà tutto bene da adesso."

Rachel sollevò l'angolo delle labbra in un tenue sorriso prima di scrollare le spalle. "Pensavo che fosse ovvio che sto bene ora", disse, fermandosi allo sguardo confuso sul viso di Quinn, "Sei ancora con me, Quinn. Tu sei qui, realmente qui, dopo mesi d'inferno, finalmente. Ce l'abbiamo fatta. Ci siamo ritrovate a vicenda alla fine."

Come Rachel si mosse un po' sul suo letto dell'ospedale e Quinn cautamente strisciò accanto a lei, e Rachel strinse le braccia intorno alla bionda, Quinn la sentì. Le dita di Quinn accarezzarono i capelli di Rachel, le braccia di Rachel, Rachel.

Rachel posò un bacio sull'angolo della bocca di Quinn. Si allungò, percorse con il polpastrello dell’indice le labbra di Quinn, e si meravigliò come sentì formarsi un sorriso sotto il suo tocco.

Il significato di ciò che era accaduto loro, non era stato perduto dalle ragazze mentre giacevano insieme nel letto d'ospedale sei mesi e tredici giorni dopo che Rachel aveva sentito per la prima volta la voce di Quinn. C'era stato un tacito accordo tra il gruppo, che nessuno al di fuori del loro circolo avrebbe mai sentito parlare della storia di Quinn Fabray, il fantasma, e Rachel Berry, la ragazza che le aveva restituito la vita. Rachel aveva dato volentieri una parte di sé, la sua anima, a Quinn quel giorno su quella strada, proprio come Quinn aveva inconsapevolmente dato a Rachel una parte di sé su quella stessa strada dieci anni prima che le ragazze sapessero della reciproca esistenza.

Tuttavia, se glielo chiedeste ora, direbbero che da sempre sapevano l'una dell'esistenza dell'altra. Era solo questione di aspettare fino a quando il mondo non le stesse osservando prima di potersi trovare a vicenda.

"Siamo tutti fantasmi qui", Quinn poté dire con le dita di Rachel intrecciate alle sue, "ma le persone che aspettiamo, quelle che alcuni aspettando per sempre, sono le uniche che incontrano i tuoi occhi e non vedono attraverso di essi."

Fine










NdT:


[*] I do believe I have been changed for the better
[**] For good

Sono versi della canzone For Good, del musical Wicked con Kristin Chenoweth e Idina Menzel (qui). La cantano anche Rachel e Kurt nella 2x22 (qui). Ho preferito tradurli perchè non ha senso che una persona che parla sempre in italiano, si metta a parlare di colpo in inglese, no? Anche se così non si nota il riferimento alla canzone... Invece "The show must go on" l'ho lasciato in inglese perchè è di uso comune anche in Italia! E' più realistico.

PS: Non so voi... Ma io ho pianto dall'inizio alla fine di questo capitolo! Per non parlare di quando ho rivisto il video dopo aver letto tutta la storia! :') Una fontana! Mi ha commossa tantissimo!

A breve la traduzione dell'epilogo!

Un bacio a tutti!


Claude :)

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Capitolo 12
*** Epilogo ***



 


Epilogo

"Okay, Rachel, ho finito di stirare la toga e l'ho appesa al piolo all'interno della tua auto," Hiram disse vivacemente, come la mora in questione scese di corsa giù per le scale davanti a lui ed entrò in cucina.
 
"Grazie, papà."
 
"E io ti ho preparato alcuni snack e altre cosucce da diplomata nella borsa e l'ho messa nel cofano dell'auto," Leroy gridò dalla porta, mentre faceva ritorno a casa Berry.
 
"Grazie, papà," Rachel disse con impazienza, ora nel salotto.
 
Hiram e Leroy si incrociarono nel corridoio e si scambiarono uno sguardo complice prima di fermarsi nella soglia del salotto a spiare la figlia, che aveva i piedi ben piantati davanti alla finestra.
 
"Arriverà, tesoro," Hiram assicurò alla figlia, mentre Leroy guardò l'orologio e scosse la testa.
 
Rachel stava per replicare frustrata verso Hiram quando colse un lampo di biondo sotto un cappuccio in una ragazza che stava correndo lungo la strada verso le scale del loro ingresso.
 
Rachel corse alla porta, facendosi strada a gomitate tra Hiram e Leroy nel corridoio, prima di lanciarsi ad aprire.
 
"Sei in ritardo," Rachel rimproverò.
 
"E tu sei impaziente come sempre," Quinn le rispose con un sorriso, mentre si tolse il cappuccio e si chiuse la porta alle spalle. Rimanere morta per dieci anni aveva avuto i suoi benefici, e Quinn aveva speso l'ultimo anno mettendo in pratica la sua "formazione da fantasma" - parole di Puck, non sue - per integrarsi nella società di Lima senza essere realmente notata. L’unico problema era che doveva indossare felpe con cappuccio anche quando c’erano 40 gradi.
 
"Allora?" Leroy chiese come lui e Hiram si presero per mano dietro Rachel, guardando con impazienza Quinn, "Dicci se siamo stati dei bravi insegnanti privati quest’anno."
 
Quinn incontrò gli occhi di Rachel e non potè fare a meno di sorridere di rimando al sorriso speranzoso che Rachel le stava mostrando. Dalla tasca della felpa rossa sbiadita, Quinn tirò fuori un foglio di carta arrotolato. "Voi due dovete per forza aver fatto qualcosa di giusto perché mi hanno appena consegnato il Certificato di Diploma da privatista," disse Quinn, aumentando gradualmente il tono di voce per l'eccitazione.
 
I Berry strillarono contemporaneamente prima di affogare Quinn in un abbraccio di gruppo. "Congratulazioni" e "Siamo così orgogliosi di te" le vennero gridati in coro dal gruppo prima che Quinn velocemente si allontanasse e tirasse fuori il suo cellulare per controllare l'ora.
 
"Rachel..."
 
"Lo so," la bruna la interruppe. Corse in cucina e afferrò le chiavi prima di raggiungere di nuovo il gruppo alla porta. "E' il mio turno di diplomarmi", disse Rachel, mordendosi il labbro nervosamente.
 
"Ci saremo, non appena apriranno le porte al pubblico, dolcezza", disse Hiram.
 
"E tu sei sicura di non poter venire?" Rachel chiese, rivolgendosi a Quinn.
 
La bionda sorrise dolcemente, ma scosse la testa. "Ne abbiamo già parlato, Rachel, è troppo rischioso. Ci sarà troppa gente e qualcuno mi riconoscerebbe sicuramente, specialmente i genitori di Puck. Sarò qui quando torni, però, e spero di aver finito di preparare le valigie per allora."
 
Rachel annuì con riluttanza prima di simulare un sorriso nervoso sul volto e abbracciare entrambi i suoi padri. Quinn la accompagnò verso la sua auto e afferrò la sua mano prima che ci salisse.
 
"Ce l'hai fatta, piccola. Ti stai diplomando."
 
"Ce l'abbiamo fatta entrambe, Quinn. Finalmente ci siamo riuscite! Non mi resta che superare la cerimonia, e so che tu...!"
 
"Sarò lì con lo spirito", Quinn disse divertita, ridendo come Rachel fece una smorfia e scosse la testa.
 
Le due si guardarono con dolcessa prima che Rachel prendesse la mano di Quinn tra le proprie.
 
Quel giorno segnava un anno e mezzo di loro due insieme come coppia. Il resto del penultimo anno di Rachel e il loro ultimo anno di liceo era trascorso senza intoppi e senza che accadesse nulla di paranormale.
 
Rachel la strinse di nuovo. "Solo, fai attenzione", sussurrò.
 
Quinn trattenne il respiro e rapidamente si gettò in avanti, avvolgendo Rachel in uno stretto abbraccio prima di tirarsi indietro e catturare rapidamente le labbra di Rachel nelle sue. Mentre si allontanò, urtò leggermente il naso di Rachel e quindi lasciò un bacio contro la frangetta della bruna, le labbra si soffermarono lì e formarono un sorriso.
 
"E poi... New York."
 
Rachel chiuse gli occhi e rimase stretta nell'abbraccio di Quinn per un attimo ancora. "E poi New York."









 





 

Spiegazione sul finale da parte dell’autrice 

Domanda anonima: “Nessun finale tragico?”
 
Ho ricevuto un bel po’ di domande come questa, anonime e non anonime, che mi chiedevano il motivo per cui avessi deciso di finire Deus Ex Machina così.
 
Ho voluto mettere allo stesso livello voi-lettori con me-scrittrice e discutere le ragioni che stanno dietro la mia decisione perché so di non aver terminato la storia nel modo in cui tutti si aspettavano. Tutto qui, penso. Non ho mai vacillato nella mia decisione di dare a questa storia un lieto fine, e sapevo che sarebbe stata la strada più difficile da percorrere. Non è divertente? Che il lieto fine sia difficile da raggiungere, intendo, è proprio il tipo di mondo in cui viviamo. Noi non vogliamo mai il lieto fine perché sembra sempre impossibile da raggiungere, giusto?
 
So che ho creato una pillola difficile da mandare giù all’inizio, rendendo Quinn un fantasma, e ho continuato ad accrescere la dose di “incredibilità” capitolo dopo capitolo, ma l’unica cosa che vi ha trattenuti è stato il rapporto tra Rachel e Quinn. Alla fine della storia ho dato loro il lieto fine. No, non l’ho fatto per i lettori. Per essere onesta, ho faticato tantissimo a scrivere l’ultimo capitolo perché sapevo che tutti voi avreste preferito o vi sareste aspettati che Quinn andasse oltre, Rachel morisse, ecc.. perché non avreste potuto immaginare un altro modo in cui la storia potesse terminare. Questo è esattamente quello a cui ho pensato quando ho scritto il finale.
 
L’intera storia costringe le persone a mettere da parte le proprie convinzioni per mettersi nella posizione dei personaggi. Ho presentato la religione e la visione Cristiana del loro dio, la fede negli angeli, nominato i demoni, il potere della scienza, e la fede in non credere assolutamente in nulla. Ho fatto in modo di rimanere vaga per tutta l'intera storia su questi argomenti, ed è così che ho gestito il finale. Avrei potuto scrivere che la mano di Dio era scesa in Terra per salvare l’anima di Rachel dall’ultima Ombra, che il secondo in cui Rachel era morta e la maledizione spezzata l’Infermo si era aperto e aveva risucchiato l’Ombra prima che potesse reclamare l’anima di Rachel, oppure avrei potuto scrivere che l’anima di Rachel si era trasferita in Quinn che l’avrebbe custodita. Capite cosa voglio dire? Il finale spetta interamente al lettore. Non posso dirvi che Dio ha salvato Rachel, se non credete in Dio, e non posso nemmeno dirvi che la scienza ha salvato Rachel, se non credete nella scienza. L'unica cosa che volevo era farvi capire che non abbiamo idea di dove finisca il bene e inizi il male in questo mondo.
 
Non è mai stata una questione di scrivere un finale "credibile", era una questione di scrivere come la storia è finita. La storia di Rachel e Quinn è finita così. Onestamente non posso dirvi l’esatta ragione per cui ho deciso di salvare Rachel e Quinn, perché non la so. Tutto quello che so è quello che sanno Quinn, Rachel, e tutti coloro che ho inserito nella storia. Sia che vogliate credere alla spiegazione di Quinn e Puck oppure, semplicemente, vogliate accettare la vittoria del bene sul male come Rachel, è una vostra decisione. Non è mai stata mia intenzione forzare i miei lettori a credere ad una determinata spiegazione, ho solo voluto presentare la storia sperando che piacesse. :)
 
Lifeawakening










 


NdT: Vorrei ringraziare le più di 90 persone che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate! Grazie di avermi seguita nella traduzione di questa splendida storia!! Soprattutto ci tengo a mandare un enorme bacio virtuale a lilien, LittleTwilightLove, LondonEye, fluorescentadolescent, Rob_94, UseSomebody90, Slushie, caso, ManuKaikan, youfoundme, Achel, koa89 e annaflash che hanno recensito!!  :* Senza il vostro appoggio avrei smesso già dal secondo capitolo!!  217 pagine di Word di traduzione!! Alla faccia del mio vecchio prof d'inglese del liceo che mi metteva a stento la sufficienza! [si strofina le mani con soddisfazione stile Mr Burns dei Simpsons!] 

Se qualcuno/a fosse interessato a tradurre un'altra delle storie di Lifeawakening (A. Kline su fanfiction.net), è pregato di contattarmi. 

Un bacio a tuuuuutti e alla prossima (se ci sarà),

Claude :)


 

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