Every(b)one is speciαl di dalialio (/viewuser.php?uid=139398)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Una tazza di tè [Temperance] ***
Capitolo 3: *** Quaranta (anni e calibro) [Booth] ***
Capitolo 4: *** Occhi azzurri come il cielo [Angela] ***
Capitolo 5: *** Chioccia [Sweets] ***
Capitolo 6: *** Fumo [Cam] ***
Capitolo 7: *** Relazioni famigliari [Hodgins] ***
Capitolo 8: *** Colpo di fulmine [Zach] ***
Capitolo 9: *** Vanità [Caroline] ***
Capitolo 10: *** Sosia [Fisher] ***
Capitolo 11: *** Cambiare [Daisy] ***
Capitolo 12: *** Esperimento [Wendell] ***
Capitolo 13: *** Desideri [Vincent] ***
Capitolo 1 *** Introduzione ***
Introduzione
Every(b)one is special
Ogni
osso del nostro corpo, preso in considerazione da solo, può
sembrare anonimo e privo di ogni utilità; in realtà
ognuno di loro ha caratteristiche che lo rendono diverso l’uno
dagli altri, che lo rendono speciale. Insieme formano lo scheletro
umano, in grado di sostenere la massa di un corpo e di darle una forma.
Lo stesso vale per gli
scienziati del Jeffersonian Institute, gli agenti dell’FBI, i
procuratori e gli psicologi che lavorano tutti assieme; ognuno è
diverso dagli altri, ma, insieme, formano una grande squadra.
*Nota dell’autrice più lunga dell’introduzione*
Salve, popolo di fans di Bones!
Sono nuova in questo fandom, quindi
spero abbiate pietà di me :) volevo assolutamente scrivere
qualcosa su questa serie televisiva (che è una delle mie
preferite) e dalla mia mente bacata è saltata fuori questa
raccolta; ogni capitolo sarà una shot o una flash riguardante un
personaggio di Bones. Vi anticipo che verranno trattati tutti i
personaggi, anche quelli più impensabili.
Il titolo “Every(b)one is
special” vuole essere un gioco di parole (faccio un applauso a
chi l’ha capito da solo! (: ) tra everyone is special (ognuno è speciale) e la parola bone
(che, sapete tutti, significa “osso”). Da qui il titolo
(tradotto: ogni osso è speciale), che viene spiegato in questa
breve introduzione.
Visto che, come ho gia detto, sono
nuova in questo fandom, mi farebbe davvero piacere se andaste a leggere
il primo capitolo di questa raccolta (è una flash su Temperance
(: ) e mi lasciaste un commento piccino piccino :)
Ringrazio in anticipo quelli che volessero avventurarsi nella lettura di questa raccolta! :)
Chiara
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Capitolo 2 *** Una tazza di tè [Temperance] ***
1. Una tazza di tè [Temperance]
Una tazza di tè
[Temperance]
C’era
una cosa che Temperance faceva ogni volta che lei e Booth prendevano un
assassino. All’inizio accadeva occasionalmente, ma poi era
diventato una specie di rituale.
Tempe andava al
Jeffersonian, si preparava una tazza di tè caldo e si sedeva sul
divanetto del primo piano, da dove si poteva ammirare il laboratorio
sottostante. Le piaceva mettersi lì e guardare giù: le
sembrava di essere sospesa nel vuoto e si sentiva leggera, senza
pensieri...
Il momento migliore era
quando sentiva dei passi echeggiare sulle scale di metallo e poi Booth
entrava nel suo campo visivo, sfoderando un sorriso. Allora lei lo
guardava per un secondo, poi tornava a fissare sotto di sé.
In quei momenti Tempe si
sentiva una stupida. Si diceva che non era razionale provare
trepidazione ogni volta che Booth faceva capolino dalla scala. Poi si
accigliava, dirigendo i suoi pensieri da un’altra parte: era
davvero diventata così prevedibile che ormai il suo partner
riusciva a capire dove andava a rifugiarsi dopo aver risolto un caso?
Ma poi rammentava che il suo partner era Booth e allora scuoteva la testa. Con Booth è tutto un altro discorso, si diceva. Sapeva che lui avrebbe potuto trovarla anche in capo al mondo.
Mentre Tempe fissava il
laboratorio sotto di sé, con una tazza di tè fumante in
mano, Booth si sedeva accanto a lei sul divanetto. A Tempe era ormai
diventato familiare il movimento del cuscino quando Booth si sedeva.
Era un conforto percepirlo, le dava sicurezza.
Booth allora le prendeva
una mano, togliendola dalla tazza di tè, e la stringeva come
solo lui sapeva fare. Il suo tocco emanava più calore del
tè bollente... o forse era solo un’impressione di Tempe?
Lo sguardo che le rivolgeva era ancora più caldo.
“Ce l’abbiamo fatta, Bones”, le sussurrava.
Lei sorrideva, annuendo, mentre i suoi occhi sprofondavano in quelli di lui.
“Va tutto
bene”, continuava lui. Tempe non aveva mai capito se, con quella
frase, volesse riferirsi a qualcosa di particolare.
Ma di una cosa era certa.
In quei momenti, quando Booth era con lei, andava davvero tutto bene.
364 parole
*Nota dell'autrice*
Questa flash è venuta fuori
un po' da sola, non ci ho riflettuto tanto. Volevo descrivere un
momento dolce tra Bones e Booth (B&B! xD) e questo è il
risultato. Spero lo abbiate apprezzato :)
Dato che questa è la mia prima creazione sul fandom di Bones,
sarei davvero contentissima se lasciaste un commentino piccino piccino,
anche critico :)
La prossima storia (se tutto va bene) la posterò tra una settimana e riguarderà... beh, potete immaginare chi! :)
Ci vediamo al prossimo capitolo!
Chiara
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Capitolo 3 *** Quaranta (anni e calibro) [Booth] ***
2. Quaranta (anni e calibro) [Booth]
Quaranta (anni e calibro)
[Booth]
Dopo
quella lunga giornata di lavoro, che aveva passato quasi tutta chiuso
nel suo ufficio a riempire scartoffie, Booth non desiderava altro che
mettersi sul divano a guardare la partita in TV, mangiando patatine e
tracannando birra fredda.
Salì sul malconcio
ascensore del suo palazzo, chiuse la saracinesca e premette il pulsante
del suo piano. La cabina iniziò il suo viaggio verso
l’alto.
Booth si ritrovò a
pensare. Quel giorno era il suo compleanno e il traguardo che aveva
raggiunto non era da ignorare: aveva quarant’anni.
Cavoli, che vecchio!
Avrebbe dovuto avere la
crisi degli “anni a numero tondo” – e in giro si
diceva che quella dei quaranta fosse addirittura la peggiore! –,
ma in quel periodo era stato talmente occupato con il lavoro da non
aver pensato minimamente al traguardo che stava raggiungendo.
Sbuffò, mentre l’ascensore si fermava al terzo piano.
Non avrebbe festeggiato
il suo compleanno quella sera, come d’altronde era accaduto negli
ultimi anni. Ma cavoli, erano quaranta! Non voleva ammetterlo davvero,
ma quel giorno aveva sperato che i suoi colleghi – soprattutto
Bones – gli avessero fatto qualcosa di più dei semplici
auguri.
Ma si era aspettato troppo ed ora era rimasto deluso.
Booth arrivò
davanti alla porta del suo appartamento e mise la mano nella tasca
della giacca per prendere le chiavi. Buttò distrattamente
l’occhio verso il pavimento e si accorse che dalla fessura sotto
la porta usciva della luce.
Qualcuno era entrato in casa sua.
Istintivamente
portò la mano alla fondina e tirò fuori la pistola.
Aprì piano la porta di casa e sgattaiolò dentro cercando
di non fare rumore.
Si guardò intorno,
scandagliando l’ingresso con lo sguardo e puntando la pistola di
fronte a sé, pronto a ritrovarsi faccia a faccia con il presunto
rapinatore.
In corridoio non c’era nessuno, nonostante la luce fosse accesa.
Ad un tratto Booth si
accorse che non era solo il lampadario dell’ingresso ad essere
acceso... ma anche quello della cucina.
Si diresse da quella parte, continuando a tenere la pistola di fronte a sé. All’improvviso, lei gli si parò davanti.
“Oddio, Booth!”, esclamò, sorpresa e spaventata.
“Bones!”, gridò lui. “Che diavolo...?”.
Tempe fissava la pistola che Booth teneva in mano, puntata verso di lei. L’uomo se ne accorse e la rimise nella fondina.
“Che ci fai qui?”, chiese lei, gettando occhiate nervose verso il salotto.
“Questa è casa mia, fino a prova contraria, quindi sarei io
a doverti chiedere perché ti trovi qui”. La guardò
di sbieco. “In effetti... come diavolo sei riuscita ad
entrare?”.
“Ehm...”, farfugliò, guardando verso la porta del salotto con la coda dell’occhio.
Booth se ne accorse.
“Che cosa c’è di là?”, domandò,
poi, senza aspettare una risposta, si diresse verso il salotto.
Accese la luce e, mentre
altre persone si alzavano dal loro nascondiglio dietro il divano, si
accorse della scritta “Buon compleanno” in cartone
colorato, attaccata sopra il camino.
“Che diavolo...”.
“Sorpresa”,
esclamarono tutti, sforzandosi di tirare fuori il loro entusiasmo
davanti all’improvviso ritorno di Booth.
Seeley si guardò
in giro. C’erano proprio tutti: Angela, Hodgins, Cam, Sweets,
Caroline e tutti gli assistenti di Bones. Sul tavolino basso di fronte
alla tv erano ammassati dei pacchetti, con accanto dei bicchieri e una
bottiglia di vino.
Bones gli si
avvicinò. “Volevamo farti una sorpresa”, disse
sommessamente. “Ma tu sei arrivato prima del previsto”.
Un sorriso si fece strada
sul volto di Booth. “Tranquilla, Bones. La sorpresa è
riuscita”. Poi la attirò a sé in un abbraccio
caloroso.
573 parole
*Nota dell'autrice*
Altro momento B&B... non posso farne a meno, sono troppo carucci assieme :) d'altronde, chi non ama Seeley Booth?
Comunque, arrivo al punto :) questa shot si basa sul fatto che, facendo
un saltino su Wikipedia alla pagina di Booth, ho scoperto che è
del 1971, quindi quest'anno ha fatto 40 anni tondi tondi :) non potevo
non festeggiare, soprattutto oggi che è l'ultimo giorno del 2011! :)
Chi riguarderà la prossima storia? Vi lascio con la suspense e ci vediamo la prossima settimana! :)
Ne approfitto anche per augurare a tutti quanti un 2012 pieno di felicità e di ispirazione!
Chiara ♥
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Capitolo 4 *** Occhi azzurri come il cielo [Angela] ***
3. Occhi azzurri come il cielo [Angela]
Prima che leggiate questo capitolo, voglio spiegarvi una cosa.
Per la flash e la shot che
riguardavano Bones e Booth non ho avuto problemi, le storie sono venute
fuori da sole e le ho scritte con facilità.
I problemi sono venuti dopo. Con
molti dei personaggi seguenti non avevo la minima idea da dove partire,
quindi mi sono avvalsa di un aiutino :)
Ho preso il dizionario, ho aperto
una pagina a caso e ho scelto una delle parole che , in quelle due
facciate, mi ispirava. Certo, non è un metodo originale, ma mi
servivano dei prompt e non sapevo da dove tirarli fuori! :) spero che
mi comprendiate. Quindi, quando troverete, dopo il titolo, la scritta
"prompt" con accanto la parola, saprete che mi sono avvalsa
dell'aiutino.
Ora vi lascio :) buona lettura!
Occhi azzurri come il cielo
[Angela]
~ Prompt: finlandese
Tra le decine di fidanzati che Angela aveva avuto, uno di quelli di cui aveva più ricordi era sicuramente Sigur.
Era un gran pezzo di finlandese,
che possedeva tutte le caratteristiche della razza nordica: alto,
spalle larghe, biondo, due occhi così celesti che potevano
confondersi con il cielo primaverile. Il suo accento poi... era
magnifico. Angela avrebbe potuto ascoltarlo mentre pronunciava il suo
nome per l’eternità. Il modo in cui metteva la lingua tra
i denti quando arrivava alla “l” lo rendeva tremendamente
sexy.
Si erano conosciuti al
college; entrambi frequentavano il corso di “Pittura dal
vivo” e Angela aveva notato gli sguardi insistenti che Sigur le
riservava. Allora lei, alla fine di una lezione, gli si era avvicinato
e, ipnotizzata dai suoi occhi, gli aveva chiesto un appuntamento.
La loro relazione andava
benissimo, Angela si sentiva bene assieme a lui e poteva essere se
stessa. Il loro passatempo preferito era quello di ritrarsi l’un
l’altro. Nudi. E poi una cosa tirava l’altra.
Erano stati insieme per
quasi due mesi; poi, una sera di fine semestre, mentre erano distesi
sul cofano dell’auto di Sigur a fissare le stelle, lui le aveva
confessato di dover troncare con lei. Sarebbe tornato in Finlandia
dalla sua famiglia, aveva detto, e non sarebbe tornato più.
Angela si era trattenuta
dal piangere. Le dispiaceva immensamente di non poter più
rivedere Sigur. Era un bravo ragazzo e con lui aveva passato dei
bellissimi momenti. Da spirito libero qual’era, Angela aveva
davvero creduto che lui potesse essere l’uomo della sua vita.
Avrebbe fatto un’eccezione per lui: era disposta a passarci
assieme la vita intera.
“Capisco”, gli aveva detto, “i tuoi genitori vorranno sicuramente averti vicino dopo tanto tempo”.
A quel punto Sigur aveva
scosso la testa con espressione dispiaciuta. “Non torno dai miei
genitori”, aveva spiegato. Ad Angela il suo accento era sembrato
più marcato del solito. “Ma da mia moglie e mia
figlia”.
L’ultima cosa che
Angela ricordava era di essere salita in auto ed essere scappata via in
lacrime, lasciando il finlandese dagli occhi azzurri come il cielo a
piedi in mezzo alla strada.
346 parole
*Nota dell'autrice*
Piccolo scorcio sulla
vita passata di Angela e su una sua vecchia fiamma... ma la storia non
ha un lieto fine. Mi dispiace per Angela, ma alla fine ha trovato il
vero amore con Jack, no? :) un punto a favore per lei!
Con il prompt mi è andata anche bene, perchè quando
dovevo scrivere la storia per Angela e ho letto "finlandese" ho pensato
subito ad un finlandese. La Finlandia non c'entrava tanto xD d'altronde, sono biondi e alti... come non farsi venire qualche ideuzza?
Comunque sto vaneggiando ^^'
Ok raga, la finisco qui :) ci vediamo con il prossimo capitolo!
Chiara
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Capitolo 5 *** Chioccia [Sweets] ***
4. Chioccia [Sweets]
Chioccia
[Sweets]
Pulcino.
Ogni volta che l’agente Booth
lo chiamava in quel modo, Sweets avrebbe voluto rispondergli a dovere.
Sfortunatamente, non ne aveva mai avuto il coraggio.
Quando quella parola usciva dalle
labbra del poliziotto, Lance lo guardava di traverso, socchiudeva le
labbra ed emetteva un leggero sbuffo. Gli dava fastidio il fatto che
Booth gli avesse dato quel soprannome. Si sentiva... piccolo.
Certo, era davvero giovane per
essere lì all’FBI. Ma se il Bureau l’aveva preso
come psicologo c’era pure una ragione: era bravo nel suo lavoro.
Sentirsi dare del pulcino
lo metteva a disagio, facendogli venire mille dubbi: se nemmeno
l’agente Booth lo riconosceva come una figura importante, allora
come poteva avere fiducia in sé stesso?
“Agente Booth, vorrei che la
smettessi di chiamarmi in quel modo”, gli disse un giorno, preso
da un impeto di coraggio.
“In quale modo?”, domandò l’altro, fingendo di non capire.
“Sai a cosa mi riferisco”.
“Forse ho capito, pulcino”, rispose Booth, con fare provocatorio.
Sweets sbuffò, sprofondando nella poltroncina del suo ufficio con espressione affranta. “Ecco, appunto”.
Booth si mise a ridere. “Andiamo, Sweets, non puoi prendertela per una cosa così piccola”.
Lance lo fissò dal basso della poltrona, con sguardo implorante.
“Senti”, disse Booth,
accucciandosi di fronte a lui, “mi dispiace che tu te la prenda
tanto... giuro che non lo faccio per dispetto”.
“Io non sono un pulcino. Non voglio esserlo”.
“Non lo sei, infatti”, replicò Booth con un sorriso. “Siamo noi i tuoi pulcini. Tu sei la nostra chioccia”.
Sweets lo fissò stranito. “Che cosa intendi dire?”.
“Tu sei quello che sa tutto
su di noi. Noi veniamo da te, ci confidiamo e tu te ne vieni fuori con
qualche perla di saggezza, come farebbe una mamma chioccia con i suoi
pulcini. E non lo fai solo per lavoro. Lo fai sempre”.
Sulle labbra di Sweets comparve un
sorriso. Booth gli mise una mano sul capo e gli frizionò i
capelli con fare amichevole. Poi si mise in piedi.
“Ma non aspettarti che io smetta di chiamarti pulcino”, esclamò.
Lance gli lanciò un’occhiata fulminante.
“Ora almeno sai che, quando
ti chiamerò così, starò mentendo”,
spiegò. Poi allungò una mano per aiutare Sweets ad
alzarsi in piedi.
365 parole
*Nota dell'autrice*
Credo di essere caduta nell'ovvio con questa flash... mi dispiace immensamente! *si prostra ai lettori*
Ma insomma, di cosa potevo parlare che riguardasse Sweets? Pulcino com'è
(caro lui ^^), dovevo sfatare questa leggenda: giovani non significa
sprovveduti o ignoranti!
Viva Lance! :)
Ci vediamo al prossimo capitolo :)
Chiara
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Capitolo 6 *** Fumo [Cam] ***
5. Fumo [Cam]
Fumo
[Cam]
Una volta Camille beccò un pacchetto di sigarette in un cassetto in camera di Michelle e andò via di testa.
Dopo l’isteria iniziale,
però, riuscì a calmarsi con qualche respiro profondo. Si
disse che non era un dramma e che magari le apparenze potevano
ingannare. Decise di fidarsi della ragazza e di non indagare sulla cosa.
Ma, due secondi più tardi,
cambiò idea. Non poteva sopportare che la sua bambina fumasse.
Era inconcepibile. Perché Michelle – una così brava
ragazza! – doveva rovinarsi la vita a causa di un orribile vizio?
Iniziò, allora, a seguirla
dappertutto: quando usciva con gli amici o con il suo ragazzo, a
scuola, mentre andava al corso di danza...
Camille non voleva ammetterlo, ma si era messa a pedinare la propria figlia.
Nonostante i suoi sforzi per
controllarla, però, non riuscì a trovare altri indizi.
Non vide nemmeno una volta Michelle tirare da una sigaretta.
La cosa sollevò Cam, ma allo
stesso tempo le parve strana. Continuava a pensare al pacchetto che
aveva trovato nel cassetto del comodino. Perché diavolo era
lì, allora, se non era di Michelle?
I suoi dubbi erano fortissimi e
decise che doveva avere delle risposte. Si convinse che doveva
affrontarla riguardo quel problema.
“Ho trovato delle sigarette in camera tua”, le disse, scuotendo il pacchetto davanti al naso della ragazza.
Michelle spalancò gli occhi
in un’espressione sorpresa. “Cosa...? Ti metti a frugare
tra le mie cose, adesso?”.
Camille scosse la testa. “Non cambiare discorso. Voglio delle spiegazioni”.
“Stai scherzando, Cam?”, esclamò Michelle. “Davvero credi che siano mie?”.
“Non lo so, dimmelo
tu”, continuò lei. Riuscì a rimanere calma,
nonostante la rabbia che iniziava a salire.
“Vuoi davvero sapere da dove
saltano fuori?”, domandò la ragazza arrabbiata,
incrociando le braccia e accigliandosi.
“Mi piacerebbe davvero”.
Michelle la fissò per qualche secondo, poi disse: “Sono tue”.
Camille rimase di sasso. “Cosa?”.
“Te le ho requisite qualche mese fa, ricordi? Ti ho vista fumarne una e ti ho preso il pacchetto”.
Cam continuava a fissare la figlia con espressione stralunata.
“Tu sai che non sopporto il
fumo”, continuò Michelle, vedendo che Camille non
proferiva parola. “E non voglio che ci siano sigarette per casa,
nemmeno se ne fumi una ogni tanto”. Così dicendo, prese il
pacchetto dalle mani di Cam e lo gettò nel cestino della
spazzatura della cucina.
Camille la guardò mentre si
allontanava dalla stanza; poi decise di chiudersi in camera sua per
un’oretta, in punizione a causa della sua stupidità.
408 parole
*Nota dell'autrice*
Questa flash è venuta
fuori un po' dal nulla, quando, spulciando su Wikipedia le pagine dei
personaggi di Bones, ho visto che Cam è una fumatrice
occasionale e ho deciso di buttarmi in quella direzione. Fatemi sapere
se ne è venuto fuori qualcosa di decente! :)
Al prossimo capitolo! :)
Chiara
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Capitolo 7 *** Relazioni famigliari [Hodgins] ***
6. Relazioni famigliari [Hodgins]
Relazioni famigliari
[Hodgins]
~Prompt: mastino
Quando
era piccolo, Jack non aveva mai pensato alla parola
“mastino” con accezione negativa, poiché, ogni volta
che sentiva pronunciare quel termine, la sua mente andava a Gary, il
cane che aveva avuto fino all’età di nove anni.
Gary era un grosso
mastino napoletano, ma, a differenza degli altri esemplari della sua
razza, non era aggressivo. Era stato educato ad essere dolce e giocoso
e non aveva mai fatto del male ad anima viva.
Ecco perché, ogni volta che Jack pensava ad un mastino, un sorriso prendeva forma sul suo volto.
Ma non aveva tenuto conto del padre di Angela.
Anche lui si poteva
definire un mastino, ma non era come Gary. Billy Gibbons era un vero
mastino: incuteva paura ogni volta che lo si incontrava e, anche se non
era aggressivo, sapeva come farsi rispettare e temere.
Così, da quella
volta che Jack si era svegliato in mezzo al deserto con il viso di
Angela tatuato sulla spalla, la parola “mastino” , per lui,
aveva cambiato significato.
Mastino era sinonimo di Billy Gibbons.
174 parole
*Nota dell'autrice*
Ode all'uomo con gli occhi azzurri e al suo suocero! :) ma quanto
carini non sono quei due assieme ^^ beh, il padre di Angela mette un
po' di paura, ma in fondo vuole bene a suo genero, anche se lo dimostra
in modo strano...
Vabbé :) questo capitolo è corto, ma sono comunque fiera
perché sono riuscita a tirare fuori qualcosa da un
prompt strampalato.
Ci vediamo al prossimo capitolo! :)
Chiara
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Capitolo 8 *** Colpo di fulmine [Zach] ***
7. Colpo di fulmine [Zach]
Colpo di fulmine
[Zach]
~Prompt: logica
La logica, per Zach Addy, non era cosa da poco.
Tutto si basava sulla logica: i fenomeni fisici e naturali, la vita
umana, l’intero universo. Non c’è cosa che non
facesse riferimento, in un modo o nell’altro, alla logica.
Causa ed effetto, prima e dopo... Zach usava la logica per spiegare qualsiasi evento.
Il problema sorse quando dovette spiegare a sé stesso il motivo per il quale si era innamorato.
Si chiamava Beathrice e lavorava come cameriera in un bar sulla
Diciottesima. Zach la vide per la prima volta proprio là,
quando, una mattina, si trovò da quelle parti per caso: doveva
raggiungere una nuova scena del delitto, ma il suo navigatore
satellitare non ne voleva sapere di funzionare e così Zach si
perse. Vide l’insegna del bar ed entrò per chiedere indicazioni.
Si avvicinò al bancone e lei si porse verso di lui, chiedendogli se voleva qualcosa.
Fu come se Zach fosse stato fulminato. Rimase balbo per un minuto prima
di riuscire ad avanzare la sua richiesta, poi perse la cognizione del tempo e continuò a guardarla andare su e
giù per i tavoli tutta la mattina, finché la dottoressa
Brennan non lo chiamò, intimandogli di andare a lavorare.
Da quella volta, Zach fece colazione tutte le mattine in quel bar,
anche se distava parecchi chilometri da casa sua e non percorresse
quella strada per andare al Jeffersonian. Andava lì per lei, per
guardarla andare su e giù con la caraffa del caffè in mano e servire i clienti con il sorriso.
Una mattina, mentre mangiava la sua solita brioche guardando Beathrice
– aveva scoperto il suo nome perché era scritto sul
cartellino appuntato alla divisa – Zach si ritrovò a
pensare.
Che cosa gli stava succedendo? Perché continuava ad andare in
quel bar soltanto per vederla? E perché la sua mente sembrava
più leggera quando lei lo guardava e gli sorrideva?
Non era logico.
Improvvisamente, tutte le certezze di Zach crollarono. Si era
ritrovato a fare cose irrazionali e illogiche: gli piaceva quando
Beathrice si sistemava una ciocca di capelli dietro l’orecchio, oppure
quando chiacchierava con le colleghe e gli occhi le si illuminavano, o ancora
quando si sistemava il grembiule bianco prima di presentarsi davanti ai
clienti.
Ma Zach, che spiegava tutto con la logica, aveva trovato un rimedio per
chiarire quella situazione. Decise che doveva esistere una logica anche
per quello.
Sì, la logica dell’amore.
404 parole
*Nota dell'autrice*
E sono arrivata anche a
Zach. Poverello, mi è dispiaciuto tanto quando si scoperto
che era lui l'apprendista di Gormogon e l'hanno mandato via :'(
Comunque, con questa flash ho cercato di riservare un momento di
♥love♥ anche per lui. Spero di esserci riuscita! :)
Ci vediamo :)
Chiara
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Capitolo 9 *** Vanità [Caroline] ***
8. Vanità [Caroline]
Vanità
[Caroline]
~Prompt: giudice
Caroline era sempre stata vanitosa.
Da giovane era stata una bella ragazza; forse piccolina e un po’
cicciottella, ma i suoi occhi verdi e la sua folta chioma rossa avevano
fatto cadere ai suoi piedi parecchi esemplari del genere maschile.
Quando aveva venticinque anni, da
giovane avvocato qual’era, i suoi corteggiatori erano stati
numerosi, soprattutto tra i colleghi del suo studio e, a volte, anche tra i maschietti di studi rivali.
A trent’anni era aveva deciso
di andare a lavorare per il governo ed era entrata nell’ufficio
del procuratore. Anche lì gli uomini avevano iniziato a fare la
fila per lei, ma soltanto perché non c’erano molte
donne che lavoravano per il procuratore distrettuale e lei era
l’unica preda disponibile nei paraggi.
Non si poteva dire che Caroline
rifiutasse le avances che le venivano fatte dai suoi corteggiatori, anzi:
durante la sua gioventù aveva avuto più partner del
numero dei processi che aveva seguito. E, essendo bella e giovane, le
cause cui aveva assistito erano state molte.
Si poteva proprio dire che Caroline
avesse provato tutte le professioni del suo ambito: era stata con
avvocati dell’accusa e della difesa, impiegati, assistenti
personali, stenografi, cancellieri... gliene mancava solo una.
Giudice.
Ma era riuscita presto a rimediare
alla sua mancanza: non aveva ancora espresso il desiderio di portarsi a
letto il giudice Reigh, il più giovane di tutto il tribunale,
che subito si era buttato ai suoi piedi.
La sua vanità, a quel punto, era stata definitivamente soddisfatta.
248 parole
*Nota dell'autrice*
Lo so, sono assurdamente in ritardo... mi dispiace tantissimo ma in questo periodo con lo studio e il resto ho davvero pochissimo tempo per scrivere, quindi perdonatemi!
By the way, devo ammettere che Caroline è il mio personaggio preferito!
(ovviamente dopo Booth (: ) Ogni tanto (anzi, spesso) è
una rompiscatole e prende in giro Booth, e per questo io l'adoro! :D
Va bene, miei cheris, vi lascio. Ci vediamo al prossimo capitolo! :)
Chiara
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Capitolo 10 *** Sosia [Fisher] ***
9. Sosia [Fisher]
Chiedo
venia per il terribile ritardo con cui pubblico questo capitolo, ma
sono stata tremendamente occupata in questo periodo! La maturità
riesce a mandare fuori di testa qualsiasi persona: studiare quando
fuori c'è un caldo terribile e un sole che spacca le
pietre? Da pazzi!
Ora però si è tutto
concluso e sono libera di tornare a scrivere e a pubblicare tutto
quello che voglio! Aggiornerò, risponderò a recensioni e
commenterò e tutto, piano piano, tornerà come prima! :)
Sosia
[Fisher]
Il
film preferito da Colin Fisher era decisamente Avatar. Ricordava quella
volta che aveva fatto ore e ore di coda davanti al cinema con Hodgins e
Sweets: si erano piantati davanti alla porta con una tenda da
campeggio, poi la loro pazienza era stata ricompensata da tre bei
biglietti.
Dopo
quell’avventura, era andato a vedere il film al cinema
un’altra volta, poiché la prima sembrava non essergli
bastata. Poi, quando era uscito il DVD, era stato uno dei primi ad
acquistarlo.
Fisher all’inizio non aveva capito per quale preciso motivo amasse quel film. Probabilmente per gli effetti speciali, si era detto, che
hanno trasformato Sam Worthington in un omone blu alto tre metri.
Oppure per la tecnologia 3D, che mi ha fatto sentire partecipe in prima
persona nell’avventura narrata dal lungometraggio.
Ma alla fine, dopo lunghe riflessioni, aveva capito il motivo preciso.
Non era stato il 3D a coinvolgerlo.
Fisher aveva davvero partecipato a quel film.
La prima volta che
l’aveva visto al cinema non se n’era reso conto –
anche se Hodgins e Sweets non avevano fatto altro che ripeterglielo per
tutto il tempo –, ma l’attore che interpretava Norm
Spellman era identico a lui.
“Ma dai!”, aveva esclamato. “Non dite sciocchezze!”.
“Te lo giuriamo, Fisher”, aveva detto Sweets. “Quell’attore è la tua fotocopia”.
“Oppure quello sei davvero tu,
ma non ricordi di aver girato il film perché il regista ti aveva
drogato!”, aggiunse Hodgins. “Sei stato vittima di un
complotto tra James Cameron e il Governo!”.
Fisher, all’inizio,
aveva davvero preso in considerazione l’ipotesi di Hodgins. Poi,
per un attimo, aveva messo da parte il suo pessimismo, che era stato
troppo gonfiato dalle teorie di complotto dell’entomologo, e si
era messo l’anima in pace.
Non poteva essere stato
drogato per girare un film, era una cosa assurda! E poi, chi avrebbe
voluto uno come lui per recitare in un colossal del genere?
Fisher si era convinto di avere un sosia.
E, a quel punto, il pessimismo era tornato.
Ah, com’è ingiusto l’universo, aveva sospirato, scuotendo la testa, mentre guardava il DVD di Avatar per l’ennesima volta. Sono
certo che su questa terra esista un sosia per ognuno di noi... ma
proprio il mio doveva essere più talentuoso dell’originale?
Poi si era messo a fissare il fermo-immagine di Norm Spellman. E se fossi io il sosia?, si era chiesto.
In quel momento, le teorie di Hodgins sui complotti tornarono a sembrargli meno stravaganti.
404 parole
*Nota dell'autrice*
Fisher
è - credo - il mio preferito tra gli assistenti di Bones. Riesce a
far diventare qualsiasi cosa noiosa, solo gli esperimenti di Hodgins lo
fanno tirare un po' su di morale. Il suo pessimismo è
così profondo da essere comico! XD
Questa volta non è
stato difficile trovare l'idea per il capitolo: non mi sono avvalsa del
solito aiuto del dizionario, ma mi sono basata sul fatto che Joel
Moore, l'attore che interpreta Fisher, ha anche recitato in Avatar come
Norm Spellman. Così ho pensato: perchè non legare i due personaggi,
aggiungere un po' di teorie sui complotti di Hodgins e un po' di
pessimismo di Fisher?
Questo è il risultato, spero vi sia piaciuto! :)
Al prossimo capitolo!
Chiara
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Capitolo 11 *** Cambiare [Daisy] ***
10. Cambiare [Daisy]
Cambiare
~Prompt: liceo
L’adolescenza
di Daisy non era stata come quella di tutti i ragazzi americani.
Arrivata all’ultimo anno di liceo, poteva “vantare”
di non aver mai avuto il ragazzo – più precisamente di non
averne nemmeno baciato uno – e di non avere amici. Gli unici
contatti con i suoi coetanei li aveva quando i compagni di classe le
chiedevano di passare loro gli appunti o di suggerire durante un
compito, niente di più.
Usciva raramente di casa
e sempre sola, soltanto per andare a fare la spesa o per portare a
spasso il cane. Niente balli scolastici, feste, uscite con le amiche...
niente di niente.
Daisy era consapevole
della sua condizione di adolescente emarginata, ma cosa poteva fare per
risolvere la situazione? Era bruttina, portava occhiali spessi e un
assurdo apparecchio, parlava troppo e non aveva alcun segno particolare
che poteva contraddistinguerla dal resto gregge. Si era dovuta adattare
all’etichetta di “secchiona senza una vita sociale”
che le era stata affibbiata senza far nulla per togliersela di dosso.
Finalmente si era
diplomata – ovviamente con il massimo dei voti – trovandosi
di fronte alla scelta più importante della sua vita: il college.
Contro il volere di suo padre aveva scelto di allontanarsi il
più possibile da .......... , quella minuscola cittadina, e di
trasferirsi a Washington per rifarsi una vita.
Così scoprì l’antropologia.
Daisy aveva sempre avuto
una passione per le ossa: da piccola sua madre – quando era
ancora viva – l’aveva sempre portata per musei. Daisy
rimaneva sempre affascinata dagli scheletri esposti nelle vetrine
– che si trattassero di ossa umane o animali.
Ora al college poteva
mettere in pratica quello che aveva sempre desiderato fare. Tirare
fuori la verità dalle ossa era entusiasmante: da un cranio
riusciva a determinare la razza della persona e dall’osso pubico
la sua età. Le ossa raccontavano la loro storia, la vita di
quella che una volta era stata un essere vivente; lo scheletro disteso
sul tavolo di fronte a lei non poteva parlare. Non la poteva giudicare.
Decise di cambiare
aspetto, di migliorare: si tolse l’apparecchio, iniziò ad
usare le lenti a contatto e a truccarsi. Riuscì a diventare una
persona nuova.
Ora nemmeno le persone l’avrebbero più giudicata.
364 parole
*Nota dell'autrice*
Devo
ammettere che Daisy non è uno dei miei personaggi preferiti...
è un tantino logorroica ed eccentrica e spesso sa essere una
vera rompiscatole! La sua parlantina è davvero fastidiosa, ma
bisogna prenderla così com'è. Quando ho visto che il
prompt che è saltato fuori era "liceo" ho pensato: com'era Daisy
da adolescente? Il suo carattere le ha dato dei problemi?
Così ho immaginato una Daisy
molto diversa da come la conosciamo noi, che è riuscita a farsi
strada da sola con molto impegno. Il lieto fine è arrivato anche
per lei! :)
Ci vediamo al prossimo capitolo!
Chiara
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Capitolo 12 *** Esperimento [Wendell] ***
Esperimento [Wendell]
Esperimento
[Wendell]
~Prompt: coca-cola
Quando Hodgins gli aveva proposto l’ennesimo esperimento, Wendell
non avrebbe mai pensato che sarebbe andata a finire in quel modo.
La dottoressa Saroyan li stava letteralmente fulminando con lo sguardo.
“Non posso credere che due scienziati – un entomologo e un
borsista! – possano combinare pasticci neanche fossero bambini
dell’asilo!”, esclamò. Si mise le mani sui fianchi,
assumendo una postura che incuteva timore. “Vi prego, abbiate
almeno una giustificazione decente per il vostro comportamento
infantile”.
“Volevamo fare un esperimento”, disse Hodgins.
La dottoressa lo guardò storto. “Questo l’avevo capito”.
“Volevamo sfatare una leggenda metropolitana, ma alla fine si
è scoperta vera”, aggiunse Wendell cercando di salvare la
situazione
Camille incrociò le braccia, poco convinta. “Con Coca-cola
e Mentos?”. Sembrava che da un momento all’altro gli occhi
potessero uscirle dalle orbite.
“Sissignora”, confermò Wendell.
“Su Internet ne parlano tutti”, aggiunse Hodgins, con forse
troppo entusiasmo. “Il benzoato di potassio, l’aspartame,
l’acesulfame K e l’anidride carbonica contenuti nella
Coca-Cola e la gelatina e la gomma arabica delle Mentos entrano in
contatto; l’anidride carbonica penetra nei micro vuoti
d’aria del rivestimento delle Mentos, provocando
un’esplosione pazzesca!”. L’eccitazione
dell’entomologo fu placata dall’occhiataccia della
dottoressa Saroyan.
Camille sollevò le braccia al cielo, esasperata. “E se
sapevate che il vostro esperimento poteva avere queste conseguenze,
perché l’avete fatto vicino allo spettrometro di
massa?”.
Era una domanda retorica e nessuno si azzardò a dare una
risposta. Hodgins e Bray si guardarono per un secondo con sguardo
consapevole. Quella volta l’avevano fatta davvero grossa.
“Pensavo che con l’esperimento del pollo volante aveste
superato il limite, ma questo è troppo!”, esclamò
Camille, furiosa. “Siete fortunati ad essere indispensabili per
il laboratorio, altrimenti vi licenzierei seduta stante!”.
Hodgins e Wendell abbassarono la testa come due bambini che vengono
puniti dalla mamma. “Non lo faremo più”, mormorarono.
“Lo spero bene! Uno spettrometro da cinquecentomila dollari
è stato danneggiato irreparabilmente!”. Così
dicendo la dottoressa si allontanò, lasciando i due a rimuginare
sulle conseguenze del loro gesto.
Wendell e Hodgins si fissarono per qualche secondo, poi Bray
battè sulla spalla dell’altro. “Mi prendo tutta la
colpa che vuoi”, disse, “ma lo spettrometro lo ricompri
tu”.
*Nota dell'autrice*
Quello con Mentos e Coca-Cola è uno dei leggendari esperimenti. Anzi, è l'esperimento
per antonomasia. Impossibile che Hodgins non l'abbia mai provato tra i
suoi migliaia di test, fatti con tutti gli assistenti disponibili.
Avendo giudicata certa, quindi, la possibilità che l'abbia
già sperimentato, questa flash non può essere che un mero
missing moments di una qualche puntata.
Le conseguenze sono state, come sempre disastrose.
Al prossimo capitolo!
Chiara
P.S.: per le informazioni tecniche-fisiche dell'esperimento ho fatto affidamento a Wikipedia. Sì, lo so, non è molto professionale, ma ero a corto di altre fonti. Vi do il permesso di picchiarmi, gambizzarmi o qualunque cosa volete.
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Capitolo 13 *** Desideri [Vincent] ***
12. Desideri [Vincent]
Desideri
[Vincent]
~Prompt: moneta
Vincent Nigel Murray aveva baciato una ragazza per la prima volta solo
a diciannove anni. Era al primo anno di college e per tutto il semestre
non aveva fatto altro che pensare all’antropologia.
E a Rebecca Wilson.
Era più grande di un anno – ma cosa poteva importare?
– ed era bellissima. Lunghi capelli rosso fuoco, occhi verde
smeraldo, quell’aria da ragazza acqua e sapone che riusciva ad
attirare i ragazzi più di una bomba sexy. Quasi tutti i ragazzi
del suo anno e metà del terzo le facevano il filo, ma lei era
sempre riuscita a declinare le decine di inviti ad uscire con un
sorriso dolce. E ciò non aveva fatto altro che aumentare
l’ammirazione degli esemplari maschi nei suoi confronti.
Rebecca era riuscita a rubare anche il cuore di Vincent. Senza nemmeno
accorgersene, il ragazzo si sorprendeva ad osservarla durante le
lezioni e ad aspettare fuori dall’aula per poterla scorgere un
secondo in più.
I numerosi inviti che Becca rifiutava lo avevano sempre scoraggiato a
farsi avanti, ma riuscì a decidersi che non valeva la pena
starsene con le mani in mano: doveva tentare. Chissà che non
avesse accettato!
Lo fece: Rebecca accolse l’invito di Vincent con il suo sorriso,
che per una volta non significava un rifiuto. Vincent era al settimo
cielo. Andarono al cinema a vedere uno di quei film sdolcinati, poi si
ritrovarono a camminare nel parco.
Si sedettero sul bordo della fontana a fissare le monetine sul fondo che riflettevano la luce argentea della luna.
“Non capirò mai”, mormorò Vincent.
“Che cosa?”, domandò Becca.
“Perché le persone lanciano monete nelle fontane”, spiegò.
“Per esprimere desideri”, rispose la ragazza. Vincent si
ritrovò a fissare le sue labbra rosa mentre si muovevano. A
stento comprese le sue parole.
Becca tirò fuori il portafoglio dalla borsa e gli porse una moneta. “Fallo anche tu”.
“Cosa?! Assolutamente no!”.
“Dai, perché?”, insistette Rebecca.
“Perché è inutile”, replicò Vincent.
“La moneta è un bene importante per la nostra
civiltà: si dice che sia stata coniata per la prima volta da
Creso, re di Lidia, nel VII secolo a.C., sostituendosi a conchiglie,
sale e foglie di tabacco – che a quel tempo avevano la stessa
funzione del denaro – , che a loro volta avevano abolito il
baratto. La moneta rappresenta la civiltà: perché
bisognerebbe sprecarla per delle azioni futili?”.
Becca non si era scoraggiata di fronte al ragionamento di Vincent,
anzi: gli afferrò la mano e la chiuse intorno alla moneta.
“Esprimi un desiderio, poi gettala nella fontana alle tue
spalle”.
Vincent fissò il piccolo oggetto freddo nella sua mano,
ponderando cosa fare. Gettare una moneta nella fontana? A quale scopo?
Se quel gesto avesse fatto felice Rebecca, però, avrebbe potuto
anche farlo.
Chiuse gli occhi, strinse la mano ed espresse il desiderio. Poi
lanciò la moneta alle sue spalle, che entrò
nell’acqua con un plop! e si adagiò sul fondo.
Aprì gli occhi e guardò Rebecca. Stava sorridendo.
“Sai”, iniziò, “ho sempre rifiutato gli inviti
degli altri ragazzi perché aspettavo il tuo. E finalmente
è arrivato”. Poi lo baciò.
Vincent non l’avrebbe potuto credere possibile, ma il suo desiderio si era avverato nel giro di qualche secondo.
*Nota dell'autrice*
Vincent, povero Vincent. Mi è così tanto dispiaciuto
quando gli hanno fatto fare quella fine, dopotutto era una brava
persona. Un po' logorroica, ma una brava persona :)
Anche per lui ho deciso di buttare un occhio sul suo passato e spero che ciò che ne è venuto fuori vi sia piaciuto!
Al prossimo capitolo!
Chiara
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