Ipnotic Nightmares

di Sherlock Holmes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Consultancy ***
Capitolo 2: *** Freudian doctor ***
Capitolo 3: *** In his mind ***
Capitolo 4: *** A little light ***
Capitolo 5: *** I know: this is victory ***
Capitolo 6: *** Greatest fear ***
Capitolo 7: *** Unexpected wake up ***
Capitolo 8: *** The es ***
Capitolo 9: *** Paradise ***



Capitolo 1
*** Consultancy ***


POV HOLMES
Lo vidi aprire una busta bianca, entrando nel suo studio.
- Non si usa più bussare, Holmes?- mi chiese Watson, senza staccare gli occhi dalla lettera.
- La porta era aperta…- mi giustificai, appoggiandomi allo stipite.
Gladstone si alzò dal cuscino a terra, divenuto ormai suo giaciglio. Dopo essersi stiracchiato le tozze zampe, il bulldog si voltò, si accucciò e riprese a dormire, emettendo strani grugniti.
Watson aggrottò le sopracciglia, fissando il foglio davanti a sé.
- Corrispondenza inaspettata?- gli domandai.
Il mio coinquilino si limitò ad annuire.
Mi staccai dalla parete e mi avvicinai a lui, accomodandomi in una delle poltroncine destinate ai suoi pazienti.
Watson si alzò, infilandosi un pastrano.
Lo guardai vestirsi.
- Mi richiedono per un consulto medico.- disse con semplicità.
Mi strinsi nelle spalle. – Non mi stupisce.-
Il mio socio si fermò per un istante, con il cappello in mano.
- Davvero?-
Non gli avevo mai fatto apertamente un complimento.
- Sì, davvero. Posso dire di tutto riguardo alla sua persona, Watson. Posso affermare che lei è un giocatore d’azzardo complusivo, che a volte ha la testa fra le nuvole, che è un uomo precipitoso, secco, sentimentale, in troppi casi acido ed irascibile, decisamente irresponsabile… Ma non posso assolutamente dichiarare che lei sia un pessimo medico… Altrimenti, affermerei il falso.-
Watson mi osservò, indeciso se ribattere agli insulti o se ringraziarmi per il complimento.
Fece la cosa più saggia.
Tacque.
Risi sommessamente.
- Allora, ci vediamo questa sera.-
Watson mi salutò con un mugugno, aprendo la porta d’ingresso per poi richiuderla, facendola cigolare.
Il cane, in quel mentre, si mise a russare.
- Hai lo stesso vizio del tuo padrone…- gli dissi.
Così, alzando gli occhi al cielo, tornai nella mia stanza.
Le tende erano tirate e un timido fuocherello scoppiettava nel caminetto. Indossai la veste da camera, ormai logora, e afferrai la mia pipa d’argilla, che riempii con del tabacco forte.
Mi sdraiai sul pavimento, mettendomi le mani dietro alla nuca.
Quando le volute di fumo toccarono il soffitto, allungai il braccio sul tavolinetto persiano e tastai con la mano fino ad avvertire sotto i miei polpastrelli le carte che mi interessavano.
Le trascinai sul mio petto, chiusi gli occhi per un istante ed, infine, sollevai i telegrammi e le lettere che avevo racimolato davanti al mio viso. Mi immersi, così, nella lettura dei documenti del mio ultimo caso, estraniandomi dal mondo esterno che, troppo spesso, sembrava non appartenermi.

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Capitolo 2
*** Freudian doctor ***


Il fuoco si spense, ma me ne accorsi solo dopo un po’ di tempo, quando, cioè, il freddo nella mia stanza si fece pungente.
Sbuffai, puntando i gomiti a terra e abbandonando le carte sul parquet.
Mi sollevai, dirigendomi verso il caminetto, con l’intenzione di riavvivare il fuoco.
In quell’istante, sentii bussare.
I passi di Mrs.Hudson riecheggiarono nell’appartamento. La porta d’ingresso fu spalancata.
- Che modi!- esclamò Mrs. Hudson.
Probabilmente, l’ospite non si era nemmeno presentato ed aveva preteso di essere fatto entrare.
- Dov’è Herr Holmes?- chiese alla padrona di casa colui che aveva fatto irruzione.
Il suo forte accento tedesco non dava adito a dubbi sulla sua provenienza.
- Chi è lei!?- chiese la mia nanny, intimorita.
- La prego, mi dica dov’è!- continuò, con voce tremula.
Uscii di slancio dalla mia camera, revolver in mano, gettando la vestaglia sul corrimano.
Scesi i gradini a quattro, nascondendo la pistola.
- Credo che stia cercando me, signore.- gli dissi, piombando davanti a lui e scostandolo dalla padrona di casa.
- Oh, Herr Holmes, è lei! Venga con me!- esclamò il tedesco, tralasciando i convenevoli e afferrandomi il braccio.
- Forse nel suo paese non è costume presentarsi… Ma in Inghilterra, sì.- ribattei, aspro, scrollandomi dalla sua presa.
- Non c’è tempo, Herr Holmes! Si tratta del doktor Watson!-
Incurvai un sopracciglio.
- Come dice?-
- Ha capito… Ha capito! Venga!-
- Che è successo?-
- Può diventare grave, Herr Holmes…-
- Oh, cielo…- esalò Mrs.Hudson.
- Che cosa è successo?- ripetei.
- Le spiegherò mentre andiamo!-
 
Che cosa era accaduto al mio compagno di stanze?
L’uomo di fronte a me tremava. Era a dir poco sconvolto.
Questo mi fece preoccupare per la sorte di Watson. Ero terribilmente in ansia.
 
Agguantai il cappotto ed un cappello.
- Non si angosci, nanny… Rincaserò presto. E il dottor Watson tornerà con me. Sano e salvo, a dispetto di qualsiasi cosa sia successa.-
La signora Hudson annuì lentamente, con gli occhi spalancati per l’affanno.
- Oh, in che guaio si sarà cacciato il dottore…- la sentii mormorare, mentre, accompagnato dal tedesco, uscivo dalla porta.
 
 
Il tedesco mi fece salire su una carrozza, appostata davanti al 221B.
Battè contro il finestrino, al che il mezzo di trasporto prese velocità.
Gli occhi dell’uomo, di un azzurro spettrale, si fissarono nei miei.
- La avverto.- iniziai - Non sono affatto un ingenuo. Se questo è una specie di trappola…-
L’uomo scosse la testa. – Nessuna trappola.-
Poi, le mani del tedesco ricominciarono a tremare:- Il doktor Watson ha insistito per farsi ipnotizzare… E non si sveglia più.
- Ipnotizzare? Watson? Ma è ridicolo! Lui non crede in queste fandonie.-
- Queste fandonie, come le chiama lei, potrebbero costare la vita al doktor, Herr Holmes…-
Mi sporsi verso di lui.
- Si spieghi meglio.-
Estrasse dal taschino degli occhiali a pince-nez e prese a strofinarne le lenti con la manica della camicia.
- Io sono un doktor e seguo, ormai da tempo, i principi del maestro Sigmund Freud.-
 - Lei è un freudiano, quindi…-
- Esattamente. Sono stato io a chiamare John Watson per un… com’ è che lo chiamate voi? Ah… Consulto. Dopo aver visto il mio paziente guarire dal suo male con l’ipnosi, ha voluto provare anche lui. Ma… Non si è ripreso più.-
Poggiai le spalle sullo schienale:- Ammetto che non sono molto ferrato su questioni paramediche…-
Il tedesco si alterò:- La mia non è una imitazione di medicina, è la medicina.
Storsi le labbra.- Perdoni il mio scetticismo… Ma non credo che riuscirei ad accettare l’ipnosi come una cura…-
- L’ipnosi risolve tutte le malattie della psiche. Permette di accettare l’es, cosa che tanti non fanno… Lei per primo.-
- L’es?- chiesi, curioso.
- Nella parte della nostra mente chiamata es risiedono tutti gli istinti… E lei, con la sua razionalità, che risiede nel super io, non accetta le inclinazioni primordiali… E quindi, rifiuta l’irrazionale. Il suo io è dominato dal super io.-
- Non desidero parlare del sottoscritto, ma di Watson!-
Il freudiano si mise gli occhiali in bilico sul naso.
Sembrava essersi calmato. Parlare della sua professione e delle sue teorie lo aveva rilassato.
- Il doktor Watson è ora in preda al suo es.-
- Quindi?-
- L’es si manifesta con i sogni. I sogni sono, infatti, irrazionali.-
- Mi sta dicendo che Watson è intrappolato in un suo sogno?-
Mi sembrava una cosa grottesca.
- Sì. Più precisamente, è bloccato nella sua mente.-
- E non può schioccare le dita per svegliarlo?- gli chiesi, sarcasticamente. I freudiani erano famosi per i risvegli a schiocco di dita…
- Lei crede che sia così semplice? Il doktor deve accettare il suo es, altrimenti l’ipnosi non si rompe!-
- Deve quindi andare fino in fondo al suo sogno?-
Il tedesco annuì.
- Allora perché ha chiesto il mio intervento?-
- Perché quella che il dottore sta combattendo è una battaglia che può essere vinta in due.-
La carrozza si fermò.
Il freudiano si sporse verso me:- Ciò che accade nella mente del doktor Watson, per lui, è reale, perché si è autoconvinto che è così. Se non supera tutto questo… Ne può morire.-
Fece una pausa, aprendo lo sportelletto della carrozza.
- Io le chiedo, Herr Holmes, di entrare nella mente del suo amico e di aiutarlo ad uscirne. Lei è disposto a farlo? Sappia che, accettando, dovrà affrontare il suo es.-
- I miei sogni?- domandai.
Il tedesco scese con un balzo:- I suoi incubi, Herr Holmes. I suoi incubi.-

 

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Capitolo 3
*** In his mind ***


Lo studiolo era illuminato dalla tenue luce del sole di dicembre.
Sugli scaffali notai numerosi trattati di medicina e di studi paranormali.
Scossi la testa, tenendomi le mani dietro la schiena.
“E’ assurdo…”
Al centro della saletta, davanti ad una scrivania ingombra di aggeggi luccicanti, i cui scopi mi sono tuttora ignoti, sedeva Watson.
Mossi due passi veloci verso di lui.
Lo chiamai, mite:- Watson…-
Teneva le braccia ad angolo retto, le mani poggiate sulle ginocchia.
Il suo sguardo era vacuo, gli occhi sbarrati.
Se ne stava lì, immobile. Come un corpo morto.
Lo presi per le spalle, scuotendolo.
- E’inutile, Herr Holmes… Gliel’ho spiegato.-
Ero spaventato, amareggiato e preoccupato. Ma tutte queste emozioni si celavano dietro ad una maschera d’impassibilità.
Annuii, in risposta alla sottolineatura del freudiano.
- Mi dica cosa devo fare per aiutarlo, e lo farò.-
Il tedesco si tolse gli occhiali.
- Ne è certo? – chiese – Sappia che, a scelta fatta, non potrà tornare indietro… -
- Ne sono sicuro.- dissi, con tono fermo, osservando, col cuore in gola, in che stato si trovava Watson.
 
Il freudiano mi indicò una sedia.
Presi posto.
L’uomo si mise di fronte a me, con un pendolino in mano.
- Le chiedo di rilassarsi…-
Espirai tutta l’aria che avevo nei polmoni.
- Ora, abbandoni il suo scetticismo e fissi l’oscillare del pendolo.-
L’oggettino fu messo in movimento.
Lo guardai attentamente, ma…
- Lei lo sta soltanto vedendo, Herr Holmes. Le chiedo di andare oltre.-
Lo ascoltai e, pochi istanti dopo, sentii la mia mente offuscarsi.
Era una strana sensazione, un torpore, per me, poco piacevole.
Mi appigliai alla razionalità.
- Lasci la ragione… Ed entri nella mente di John Watson.-
Avvertii che una mano mi aveva afferrato il polso destro e che me lo aveva posizionato su qualcosa di tiepido… Mi sembrava di sentire un battito cardiaco…
Poi, tutto divenne buio.

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Capitolo 4
*** A little light ***


POV WATSON
Nero.
Oscurità.
Terrore.
Che stava succedendo?
Posi le mani davanti a me, e cozzarono contro qualcosa di liscio.
Una parete, forse.
La mano contro cui avevo sbattuto cominciò a farmi male.
Iniziai a tremare.
Non sapevo dove andavo, cosa stavo facendo…
Mi ero perso?
Ma perso dove?
In che luogo mi trovavo?
 
Un rumore di passi, lontano.
Un fruscio di vesti, vicino.
- Sei un inetto, John…-
Era la voce di mio padre, la riconoscevo.
“Ma lui è morto…”
Sono morto anch’io?
- Non sarai mai all’altezza di tuo fratello…-
Questa era mia madre. Anch’ella deceduta da tempo.
- Mio fratello?- chiesi.
- Sì!- risposero in coro.
- Medico? Perché vuoi diventare medico?- disse la voce che apparteneva a mio padre.
- Io…-
- Combattere per la patria?- chiese mia madre, piangente.
 
Erano discorsi lontani nel tempo… Avvenuti anni or sono…
 
Bombe, proiettili, urla, strepiti, lingue sconosciute…
- Aiuto…-
E’ la voce di un inglese… E’ in pericolo?
- Non ti vedo, non vedo nulla…- mormorai.
 
- Non hai visto nulla!- gridarono in coro le due voci.
Mi dovetti mettere le mani sulle orecchie per smorzare il grido.
- Quando sei partito per l’Afghanistan, tua madre è morta di dolore! Te ne rendi conto?- mi urlò mio padre.
- E’ colpa tua! Tua, John…- strillò mia madre.
- Non è vero… Madre, sei morta per arresto cardiaco!-
- E perché pensi che abbia avuto un infarto!?- domandò mio padre.
- Io non…-
- E tu dovevi curarmi.- riprese la voce maschile – Sei diventato un medico per cosa? Per poi lasciar morire colui che ti ha generato?-
- No…- sussurrai.
Stavo impazzendo.
Loro erano morti.
Le voci… Non potevano essere loro!
- Non hai mosso un dito per salvare tuo fratello dall’ubriachezza!- gridò mia madre.
- Silenzio…-
- Ci hai uccisi tu!- esclamò la voce roca del mio fratello maggiore.
- La tua inettitudine…- disse mio padre.
- Vi prego…-
- La tua impulsività…- affermò mia madre.
- Per favore, vi scongiuro…- implorai, crollando a terra, le mani premute sui lobi, gli occhi serrati.
Non volevo più udire nulla.
Volevo la pace!
Volevo la morte!
Oblio di ogni cosa…
- BASTA!-
 
POV HOLMES
Attorno, il buio.
L’unica luce era puntata su di me.
Mossi qualche passo incerto.
- Watson?-
 
POV WATSON
- Watson?-
La voce che aveva pronunciato il mio nome era flebile rispetto alle altre, ma chiara nel mio cuore.
“E’ la voce di Holmes, la riconosco!”
Mi sforzai di aprire gli occhi.
E vidi una luce.
Una piccola luce.
- Holmes, la prego, mi aiuti!- gridai, tentando di sovrastare le urla dei miei parenti.
 
POV HOLMES
Sentivo un ronzio nelle orecchie.
Voci a me sconosciute.
E poi, un grido implorante…
- Oh, Watson!-
Corsi verso lui, illuminandolo.
Era a terra, rannicchiato.
Non appena mi vide, i suoi occhi brillarono.
- Non è colpa mia, vero?- mi domandò.
Io lo fissai.
Che dovevo rispondergli? Non sapevo nemmeno a che si riferiva…
Mi sedetti di fianco a lui.
- No. Lei non ha colpe…-
 
POV WATSON
Sorrisi.
Mi sentivo leggero. Libero.
Riacquistai lucidità, a poco a poco.
- Io non ho colpe!- esclamai, raggiante.
Le voci si affievolirono.
E tutto tacque.


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Capitolo 5
*** I know: this is victory ***


POV MORIARTY
Entrai nella stanza dove si trovavano i due investigatori, ipnotizzati.
- Friedrich, lei ha fatto un ottimo lavoro. Me ne congratulo.-
- Sperando che tutto vada secondo i suoi piani, professore.- mi rispose.
- Andrà esattamente come preventivato. Può starne certo.- conclusi, con un sorriso.

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Capitolo 6
*** Greatest fear ***


POV HOLMES
Watson si sdraiò su quello che pareva un pavimento in vetro.
- Se ne sono andati!- esclamò, felice.
- Sì? Davvero?- domandai.
- E lei che ci fa qui?- mi chiese.
- Oh, mi scusi se l’ho salvata, Watson…-
Fu colpito dalle mie parole.
- Già, è vero. Allora, devo ringraziarla.-
 
Non capivo.
Se aveva superato la sua paura più grande, il suo incubo, perché eravamo intrappolati ancora nella sua mente?
 
Mi accostai a lui.
- Ah! La mano!- esalò, con un gemito di dolore, afferrandosela.
- Che ha?-
- L’ho sbattuta contro qualcosa…-
Aggrottai le sopracciglia.
- Non ci si fa male nei sogni…-
Watson mi osservò:- Questo non è un sogno, è ipnosi. Ciò che accade qui si riflette nella realtà.-
- Allora sa che è sotto ipnosi?-
- Certo! Tra poco mi sveglierò, allo schiocco di dita del dottor Friedrich.-
“Cosa?”
- Schioccare le dita non serve… Me lo ha rivelato lui stesso…-
- Ma che dice, Holmes? Beh, Holmes… Insomma, lei è una proiezione della mia mente.-
- Non proprio…-
- In che senso?-
Come potevo riuscire a spiegarglielo?
- Sono entrato nella sua mente, per salvarla. Sono l’Holmes della realtà.-
Watson arrossì.
Non avrebbe mai voluto rivelarmi la sua paura… E, invece, l’avevo parzialmente vissuta con lui.
- Bene.- affermò, schiarendosi la voce. - Non capisco perché l’ha fatto, dato che il dottore poteva svegliarmi in qualunque momento…-
- Non è così, Watson!-
- Le assicuro di sì. Ho letto così tanti trattati di Freud…-
Quindi, il doktor mi aveva mentito… Perché?
- Ho chiesto al dottor Friedrich di eliminarmi il sogno ricorrente a cui ha appena assistito, Holmes.-
- Aspetti… Ciò che è successo non rappresenta la sua paura più grande?-
Mi fisso, straniato, per poi affermare con certezza:- No.-
Mi alzai in piedi, cominciando a camminare, avanti e indietro.
- Che sta facendo, Holmes?-
- Rifletto.-
- Riguardo a che cosa?-
- Il freudiano mi ha mentito riguardo a come uscire dallo stato d’ipnosi… E scommetto che non ha intenzione di schioccare le dita per riportarci nell’universo della realtà.-
Watson si mise a ridere. – Oh, andiamo, Holmes!-
- Quando ho accennato al tedesco di una possibile trappola ai miei danni, si è messo a tremare. Non per paura della sorte di Watson… Ma per timore della sua sorte, se avessi scoperto che tutto questo è stato macchinato per incastrarmi!-
Watson si alzò, cupo:- So già dove vuole arrivare…
- Altrimenti, perché chiedere un consulto su un paziente psicologicamente malato ad un chirurgo?-
- Il suo ragionamento sembra non fare una piega…-
Alzai la nuca, mettendomi una mano tra i capelli:- Moriarty.
Solo il professore avrebbe potuto organizzare quest’intrigo così sottile e subdolo…
Ma perché? Perché intrappolarmi nella mente di Watson?
- Che facciamo, Holmes?-
Mi misi le mani in tasca.
- Il doktor mi ha rivelato che per uscire dall’ipnosi si deve affrontare la propria paura più grande.-
- Quindi, sia lei che io…-
Annuii.
- D’accordo… Qual è il suo incubo peggiore, Watson?-
- Io…-
Non voleva confidarsi. A dir la verità, non voleva farlo nemmeno il sottoscritto… Ma era necessario.
- Avanti, Watson… La esterni e la affronti.-
In quell’istante, Watson ebbe un’illuminazione.
- E’ un modo perfetto per ucciderla, Holmes…-
- Cosa?-
- Nell’ipnosi, ciò che accade nella mente riverbera nella realtà…-
- E quindi?-
- Ecco perché Moriarty ha pianificato tutto questo…-
Scossi la testa:- Per la prima volta, non capisco che intende, Watson.
Il mio socio alzò la nuca, e mi fissò negli occhi:- La mia paura più grande… E’ quella di vederla morire, Holmes.-
Quest’ultima frase sembrò rimbombare, nella sala di vetro in cui ci trovavamo.
 
Improvvisamente, sentii un dolore lancinante al petto.
Abbassai lo sguardo e vidi allargarsi una rosa di sangue sulla mia camicia.
Posai la mano su quella chiazza rossa.
Ebbi un giramento di testa che mi fece crollare pesantemente a terra.
- Holmes!- gridò Watson, afferrandomi alle spalle, per evitare di farmi sbattere contro il duro pavimento.
- No… Come… Oh, no… No! Oh, mi dispiace… Holmes, Holmes… Non chiuda gli occhi, ascolti la mia voce…-
- Wa…Watson…-
- Non si sforzi! Oh, che cosa ho fatto…-
- Va… va bene così… Così, uscirà da qui…-
Sentii qualcosa di umido e tiepido cadere sul mio collo.
Una lacrima.
Una lacrima di Watson.
 
Avevo paura di morire.
Chi non l’aveva mai avuta?
 
La mia paura più grande era, però, quella di vedere la morte di Watson.
Io e il mio amico avevamo lo stesso timore. Uno riflesso nell’altro.
Non lo dissi ad alta voce, in modo che Watson, almeno lui, si salvasse da questa trappola diabolica.
 
I miei sensi si offuscarono…
 
E poi, fu il nulla.
 
POV WATSON
- NO! HOLMES, SI SVEGLI!-
Nessuna reazione.
Avevo cercato di fermargli l’emorragia, senza alcun risultato.
- Holmes…- mormorai, scuotendolo.- Holmes, la prego… Non può abbandonarmi…-
Mi tremarono le labbra, e gli occhi ridivennero umidi.
Avevo timore ad ascoltare se aveva battito.
Avevo timore di quello che avrei potuto non sentire.
Non poteva essere morto.
Non doveva.
Allungai la mano tremante e gli tastai il polso.
Non sentii nulla.
 
- Holmes…-

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Capitolo 7
*** Unexpected wake up ***


POV MORIARTY
La camicia di Sherlock Holmes era pregna di sangue.
Un sorriso soddisfatto mi si dipinse sul volto.
- Presto, anche quella del dottore sarà dello stesso colore di quella di Holmes…- mormorai, appoggiandomi alla scrivania.
Con uno scatto, però, John Watson rientrò nel mondo reale, ansimando.
- Una parte del piano è andata storta, professore…- mormorò il dottore freudiano.
Tolsi la sicura alla due colpi, estratta dal meccanismo nella manica, la puntai verso Friedrich e premetti il grilletto.
- Odio quando mi si fa notare che qualcosa non è andata secondo i piani…- sussurrai, cupo.
Scossi la testa.
Il dottore di Baker Street era ancora vivo. E con intenzioni omicide nei miei confronti.
 
POV WATSON
Ero uscito.
Ed ero vivo.
 
Mi sentivo sfinito, abbattuto e…
Oh, mio Dio… Quante emozioni, tutte insieme…
Tristezza, rabbia, ansietà, inquietudine…
Decisi di isolarne una sola.
L’odio.
L’avrei usato contro l’assassino di Holmes. Per vendicarlo.
 
Mi avventai contro Moriarty, ma…
Mi trovai la sua due colpi puntata alla nuca.
- Credevo che vi sareste fatti uccidere a vicenda… Date le vostre più grandi paure…-
Con ira, mi rivolsi a quell’essere privo d’anima:- Come faceva ad esserne certo?
- Vi ho osservati. Mi è bastato, per capire la natura della vostra amicizia. Così profonda…-
Ero furioso. Volevo strangolarlo, fargliela pagare… Ma l’istinto di sopravvivenza mi frenava la mano. - Mi spari, Moriarty… Tanto, che ho da perdere?-
- Non tema. E’ ciò che ho intenzione di fare. Eliminarla. Non voglio testimoni…-
 
- Professore… Ritragga la pistola. Immediatamente.-
Una voce aveva parlato alle spalle di Moriarty.
La stessa che poco prima, nella mia immaginazione, mi aveva salvato.
- Holmes…-

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Capitolo 8
*** The es ***


POV HOLMES
- Non glielo ripeterò una seconda volta.- gli dissi, il revolver puntato verso di lui.
Moriarty mi sorrise.
- Che resurrezione sorprendente, Holmes!-
- Resurrezione? Non direi proprio.
Sapeva che l’es è il regno dell’irrazionale? Ciò che lì accade dev’essere illogico per natura.
L’es può essere controllato dal super io, che è la razionalità.
L’ipnosi è tale perché si permette alla fantasia di prendere posto nel mondo reale. Ma quando si ripristina l’io, l’es svanisce.
Io sono morto solo nella fantasia… Non nella realtà.
Nel momento stesso in cui ho sentito fluire via i miei sensi, ho compreso che la paura più grande per me, in quell’istante, era la morte. E, per superarla, dovevo passare a miglior vita.
Soverchiando l’incubo peggiore, lo stato ipnotico si è rotto.-
Il professore mi sorrise nuovamente:- Mi congratulo… Seriamente, Holmes.-
Osservò poi la mia pistola.
- Sono un matematico, Holmes, e le posso assicurare che, dal peso del mio proiettile e dalla distanza tra la canna e la nuca del dottore, se sparassimo nello stesso istante, due persone diverrebbero cadavere, stanotte. Quindi, se lei non vuole vedere morti, io toglierò il proiettile rimasto dalla mia due colpi e lei prometterà di non premere il grilletto del suo revolver, intesi?-
Aveva perfettamente ragione…
Che scelta avevo?
Con un lungo sospiro, ritrassi la pistola, e il professore fece cadere a terra il proiettile.
Il movimento mi diede una fitta alla lacerazione al petto.
- Holmes… Ma la ferita del mio incubo…-
- E’ rimasta, purtroppo. Ringrazi il mio super io, che ha controllato l’es. Altrimenti, sarei morto anche in questo mondo.-
Il professore, con un guizzo di manto, fuggì.
- Dobbiamo inseguirlo!- esclamai, scattando verso l’uscita.
Watson, però, mi afferrò il braccio, bloccandomi.
- Prima gli medico la ferita, Holmes…-
- Ma…-
- Non voglio che muoia dissanguato!-
I suoi occhi si fissarono nei miei.
Già una volta, quella sera, Watson aveva dovuto assistere al suo incubo peggiore, nella sua mente…
Non potevo rischiare di farglielo rivivere una seconda volta. E, tantomeno, non nella realtà.
Così, tacqui.

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Capitolo 9
*** Paradise ***


- Ha visto il paradiso?- mi chiese Watson qualche giorno dopo.
Risi.
- Che cosa le fa pensare che io sia andato in paradiso?-
Il mio coinquilino si irrigidì.
- Non ho visto niente, Watson…-
- Quindi, non c’è nulla dopo la morte?-
Sospirai.
- Non ho detto questo. Ho semplicemente detto che non ho visto niente.-
 
Da quel giorno, però, gettai La Divina Commedia tra i libri da non leggere.

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