Il capriccio di Ade.

di Amebosa Alby
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro inquietante in metro ***
Capitolo 2: *** Una terrificante professoressa di storia. ***
Capitolo 3: *** Il coma, la pulce e la chiamata. ***
Capitolo 4: *** Dovrei dare retta più spesso alla mia coscienza. ***
Capitolo 5: *** Essere una semidea vuol dire incontrare la ragazza del tuo amico attraverso un arcobaleno. ***
Capitolo 6: *** Battaglie all'ultima polpetta e LA MIA PROFESSORESSA SI APPENA TRASFORMATA IN UN...IN UN...QUALCOSA! ***
Capitolo 7: *** Se Percy può combattere un dragone, io posso parlare con mia madre. ***
Capitolo 8: *** Un ragazzetto del primo anno porta brutte notizie. ***



Capitolo 1
*** Incontro inquietante in metro ***


IL CAPRICCIO DI  ADE.

 

Capitolo 1. Incontro inquietante in metro.

 

Era una fredda mattinata invernale.

Il vento a New York era così forte che penetrava nei vestiti e sembrava che tanti spilli mi pungessero la pelle.

Indossavo un lungo cappotto nero, un cappellino di lana e una sciarpa blu in cui avevo affondato metà viso.

Avevo il naso gelato e ogni tanto controllavo che fosse ancora attaccato.

Odiavo l'inverno. Lo trovavo così deprimente. Molti erano felici di avere la neve, ma io la consideravo un po' fastidiosa: causava interminabili file di automobili e quando decidevi che andare a piedi era più comodo, ti si infilava nelle scarpe, così tanta che quando tornavi a casa avevi le calze bagnate e i piedi viola, in più, mi faceva venire sonno.

Quel giorno, avevo deciso che una passeggiata mi avrebbe fatto bene, anche perché mia madre mi aveva vietato di prendere la sua macchina e “Distruggerla come l'ultima volta !”. E' uno dei tanti rimproveri che mi propina mamma ogni giorno, tra cui anche “Smetti di escogitare modi per incollare il didietro della professoressa di algebra alla sedia e studia, Dream!”.

Avevo messo come minimo dieci strati di vestiti, ero uscita di casa e con una gran voglia di vivere mi ero avventurata verso la mia nuova scuola, che avrei frequentato per soli sei mesi. Un record personale, di solito raggiungevo almeno un anno. Mi sistemai meglio lo zaino in spalla.

Ci vollero solo cinque minuti per convincermi che era meglio prendere la metropolitana. Se c'è una cosa che tutti quelli che mi conoscono sanno di me, è che sono terribilmente pigra.

Mentre compravo il biglietto non potei fare a meno di pensare a svariati modi con cui potermi liberare della neve e dell'inverno. Avrei potuto usare un lanciafiamme, il guaio era che dopo New York sarebbe diventata la nuova città sommersa di Atlantide.

Beh, pazienza. Trecentodieci traslochi invece di trecentonove non avrebbero fatto alcuna differenza per me.

Sul treno cercai un vetro che non fosse ricoperto di insetti morti e gomme da masticare per potermi specchiare.

Il cappellino mi copriva l'orrendo brufolo che avevo trovato sulla fronte quella stessa mattina e che mi ero decisa a far fuori entro la fine della giornata.

Avevo le labbra screpolate e sul mio viso chiaro spiccava il rosso del mio splendido (per modo di dire) naso gelato.

I capelli non erano da meno. Più che una stupenda, liscia chioma di lunghi capelli marroni, sembrava che dei gabbiani assassini mi avessero aggredita.

Quindi sommando il tutto, ero un mix tra Joker, Rudolf e Goku. Si, so che state pensando: ero davvero stupenda.

Mi sedetti con uno sbuffo e mi posai in grembo lo zaino.

Davanti a me una persona stava leggendo un libro. Non provai nemmeno a leggere il titolo, la mia dislessia non mi permetteva di leggere nemmeno le marche sulle confezioni dei cereali. Mi sarei solo depressa.

Posai semplicemente lo sguardo sulla persona di fronte a me. Non riuscivo a vedergli il viso perché il libro lo copriva, ma notai che indossava una giacca blu scura e dei jeans.

Le mie palpebre cominciavano a diventare estremamente pesanti. Sentivo che in meno di un minuto mi sarei addormentata.

Fu solo un attimo. Guardai il libro per solo un attimo. Ma in quei pochi secondi feci in tempo a vedere le lettere sulla copertina roteare. Mi svegliai improvvisamente.

“Odissea” lessi ad alta voce.

“Come?”

Il proprietario dell'Odissea abbassò il libro e mi fissò con aria interrogativa.

Era un ragazzo di circa diciassette anni, un mio coetaneo. Aveva i capelli neri e gli occhi verdi acqua.

“Il libro che stai leggendo. E' l'Odissea, no?” chiesi semplicemente, con una scrollata di spalle.

Lui fece un sorriso un po' incerto, assottigliando gli occhi, come se mi stesse esaminando nei minimi particolari. Cosa che mi rese piuttosto nervosa dato che in quel momento era davvero meglio non esaminarmi nei minimi particolari. Specialmente se a farlo era un ragazzo piuttosto carino.

“Si, lo è. Studi greco?”

A quella domanda aggrottai le sopracciglia. Sinceramente, non capivo molto bene cosa c'entrasse lo studio del greco in tutta quella faccenda, ma pensai che il ragazzo volesse soltanto fare conversazione.

“Ehm, più o meno. L'ho studiato nella mia vecchia scuola. Solo teoria, però. Non mi ricordo già più niente. Tu?”

Ignorò completamente la mia domanda e mi mostrò il libro.

“Come fai a sapere che questa è l'Odissea?”

Il mio primo pensiero fu -Ok, questo ragazzo è pazzo.-

Scossi la testa, sentendomi a mia volta scema a rispondere ad una domanda ovvia come quella.

“L'ho letto. Sulla copertina.”

Il ragazzo rise.

“Sai, quello lo avevo capito. Ma come hai fatto a leggerlo? E' scritto in greco e tu hai detto che te lo sei dimenticato!”

Ed il mio secondo pensiero fu -Ignora il pazzo che hai di fronte, alzati e cambia posto.-

Ovviamente, non seguii la mia coscienza e come un'idiota chiesi:”Mi stai forse prendendo in giro? Non è greco! Se lo fosse, non riuscirei a leggere il titolo.”

-Ma non ci saresti riuscita neanche se fosse stato in inglese- aggiunse una vocina nella mia testa.

“Sei dislessica?”

-Ma questo legge nel pensiero?!-

Incrociai le braccia al petto e squadrai il tipo che avevo di fronte.

“Mi stai forse pedinando? Sei, non so, una qualche spia che ha ingaggiato mia madre per inseguirmi ovunque vado? Se lo fai, ti avverto, sono pigra, ma non mi lascio prendere in giro.”

Il ragazzo fece per dire qualcosa, ma le porte del treno si aprirono e io schizzai fuori più veloce della luce.

La giornata era iniziata in un modo a dir poco fantastico.

-Tutta colpa della neve.- pensai, mentre varcavo le porte della mia nuova scuola.

 

 

 

 

Spazietto mio:

Chi mi conosce, mi ucciderà.

So di avere Missione U.L.M. Ancora incompleta, ma mi è venuta l'idea per questa ff e non ho potuto non scriverla xD

Comunque, questa storia è solo un esperimento, uno sfogo.

Quindi, non so se la finirò. Non riesco mai a finire le long xD

Per adesso ho scritto fino al capitolo quattro. Vedrò se farla andare avanti.

E' ambientata dopo The Last Olympian, per cui potrebbe contenere qualche spoiler, e NON tiene conto di The Lost Hero e di The Son of Neptune (altrimenti sarebbe uscito fuori un casino xD) ANCHE SE aggiungerò lo stesso Leo, Piper e Jason, dato che li adoro xD

Diciamo che non c'è tutta la storia di (ATTENZIONE SPOILER!) Gaea, ma che lo stesso i due camp sono alleati e sanno della rispettiva esistenza.

Be, ditemi che pensate di questa...cosa.

Al prossimo capitolo! (se qualcuno lo vorrà xD)

Alby :3 

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Capitolo 2
*** Una terrificante professoressa di storia. ***


 

 Capitolo 2. Una terrificante professoressa di storia. 

 

 

Andai dal preside, parlai del mio andamento scolastico e dei corsi che avrei frequentato e bla bla bla, tante altre cose noiose. Non sono il tipo di ragazza che si lamenta in continuazione, semplicemente non sopporto gli incontri formali. Mi diede il numero del mio armadietto e mi accompagnò alla prima lezione del giorno: storia.

Andavo male in storia. Anzi, in realtà andavo male in tutte le materie a causa della mia dislessia e anche perché non riuscivo a seguire una lezione per più di dieci secondi.

Quando il preside se ne fu andato, mi sedetti in uno dei banchi infondo alla classe.

Sbuffai. Non mi piaceva essere la nuova arrivata. Era stressante dover far amicizia, con la paura di dover cambiare di nuovo scuola l'anno seguente. Quando chiedevo a mia madre il motivo di così tanti trasferimenti, lei mi rispondeva che le piaceva viaggiare. Quindi io non riuscivo a farmi degli amici e cambiavo scuola ogni anno semplicemente perchè a lei piaceva viaggiare.

Frustrante, non credete?

Presi una penna dall'astuccio e cominciai a picchiettare sul banco, nervosamente. Poi la feci girare tre le dita. Mi cadde. La presi. Riprovai. Mi cadde ancora. Con un ringhiò acciuffai la penna da terra e, senza nemmeno pensarci, la lanciai dall'altra parte della classe.

E, con un colpo di genio, colpii in testa il ragazzo della metro.

Stranamente, però, non diede segno di aver provato alcun dolore e raccolse la penna da terra, voltandosi verso di me.

Mi feci piccola piccola, cercando di nascondermi sotto al banco.

“Ehi! Tu sei quella della metro!”

Il farmi piccola piccola non è una delle mie specialità.

“Ciaooo! Ehm...si, che bello rivederti!”

Feci un sorriso molto falso. Non avevo niente contro quel ragazzo, solo che la discussione che avevo avuto con quel ragazzo sul treno era stata piuttosto inquietante e strana. Non avevo molta voglia di ripeterla.

Lui si sedette nel banco di fianco a me e mi sorrise in modo gentile.

“Senti.” disse “Scusami per prima. La mattina sono addormentato e a volte non mi rendo nemmeno conto di quello che dico.”

“Oh, nessun problema. Ti capisco.”

Il ragazzo mi porse la mano.

“Comunque, il mio nome è Percy Jackson. Piacere.”

Gliela strinsi, questa volta con un vero sorriso.

“Dream Smith.”

“Dream? Strano nome!”

“Si, non so che cosa avesse in mente mia madre prima di chiamarmi così!”

La campanella suonò ed una piccola folla di ragazzi fece irruzione nella classe, mirando ai posti in fondo.

Una povera ragazza con grandi occhiali rettangolari fu costretta a sedersi nel banco di fronte alla cattedra.

La professoressa di storia (mi sembra che il preside l'avesse chiamata Green) entrò in classe, con un sorriso freddo sul volto.

“Buongiorno.”

Tutti risposero con un morto “Buongiorno.”

“Questo quadrimestre abbiamo una nuova alunna.”

Lo sguardo della prof. vagò per tutta la classe, squadrandoci con superiorità.

Mi vide.

“Signorina Smith.”

Mi alzai in piedi e salutai i compagni con un sorriso nervoso.

“Ciao...”

La professoressa Green smise di sorridermi freddamente ed indicò la mia testa.

Per un momento, pensai che un piccione me l'avesse fatta addosso.

“Signorina Smith, vorrebbe farci il piacere di togliersi il cappello?”

Avrei voluto urlare “Assolutamente no!” ma mi trattenni. Non avevo alcuna intenzione di mostrare ai miei nuovi compagni il mio enorme brufolo. Insomma, voi crederete che stavo esagerando, ma quel brufolo non era solo grande, era un vulcano. Una montagna cresciuta per sbaglio sulla fronte di una povera ragazza.

“Ehm...” cercai una buona scusa “...ho freddo, professoressa.”

Nemmeno il mentire era una delle mie specialità.

“Togliti quel cappello!” urlò la Green.

Sobbalzai sul posto. Mi aspettavo un “Se non si toglie il cappellino, sarò costretta a farle una nota.” oppure un “Signorina, la sua mancanza di cortesia è davvero sgradevole.”, ma non mi sarei mai immaginata un urlo come quello della professoressa.

Sembrava un mix tra il ruggito di un leone, il miagolio di un gatto a cui viene pestata la coda e anche, be si, il belare di una capra. Un verso terrificante.

“Ok...” dissi togliendomi il cappellino.

Nel momento in cui la lana scoprì la fronte mi sedetti e appiattii il ciuffo, sperando che riuscisse a coprire il brufolo. Se si fosse visto il vulcano, ancora non lo so. Ma i compagni non si erano messi a ridere quindi era probabile che non avessero notato niente. Oppure erano stati così gentili da non deridermi il mio primo giorno di scuola.

 

Il resto della lezione passò molto, molto, molto, molto lentamente.

La Green mi aveva richiamata almeno dieci volte per cose che non avevo nemmeno fatto e in più si divertiva tremendamente a stuzzicare Percy con battutine di pessimo gusto.

In solo un'oretta la professoressa di storia era riuscita a scavalcare quella di algebra della mia vecchia scuola e a salire al primo posto della mia lista nera.

E presto la Green avrebbe scoperto che fare parte della mia lista nera non era un bene.

 

 

 

 

Angolo di Alby:

Salve, popolo di EFP!

Sono tornata con il secondo capitolo :D

Allora, vorrei fare dei ringraziamenti.

-Tira fuori un foglio e comincia a leggere-

Ringrazio di cuore Alvigi per la sua splendida recensione.

The_Decline per aver messo la storia tra le prederite.

E lysdance1 per averla messa tra le seguite.

Spero che questo capitolo di piaccia!

-Ritira il foglietto.-

Be, è tutto! XD

Il discorso più lungo della storia! >.<

Al prossimo capitolo!

Besos.

Alby :3
 

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Capitolo 3
*** Il coma, la pulce e la chiamata. ***


Capitolo 3. Il coma, la pulce e la chiamata.

 

Passai il resto della giornata con Percy. Be, stetti con lui tra una lezione e l'altra.

Ma in quei pochi minuti, scoprii che viveva con sua madre, Sally, e il suo patrigno, nonché professore di inglese, Paul, in un appartamento, che aveva una ragazza di nome Annabeth, che anche lui era dislessico e che faceva parte della squadra di nuoto della scuola.

Eravamo abbastanza simili. Tutti e due dislessici. Tutti e due non conoscevamo un genitore. Era la prima persona con cui avessi mai parlato, in grado di capirmi.

 

Dopo quella prima giornata di scuola, ero quasi felice di tornare nel gelo di New York.

Aprii la porta di ingresso e fui colpita da una folata d'aria fredda. Rabbrividii, infilando le mani nelle tasche del cappotto. Ripeto: quasi felice.

“Torni a casa con la metro?” mi chiese Percy, creando piccole nuvolette di vapore nell'aria.

Io annuii. Mi scivolò la sciarpa dal naso e mi affrettai a metterla a posto.

“Se vuoi, ti do un passaggio.”

“Oh, no. Non vorrei disturbare.”

Ma seguii lo stesso Percy verso una macchina parcheggiata poco lontano da dove eravamo. Al volante, una donna stava canticchiando una canzone.

“Ciao, mamma. Possiamo portare Dream a casa?”

Percy mi indicò con un cenno del capo e io salutai Sally Jackson.

Lei mi sorrise.

“Si, certo.”

Salimmo entrambi a bordo.

Dissi alla madre di Percy l'indirizzo di casa mia e lei annuì. A quanto pare sapeva dove si trovava.

Mi sporsi in avanti, verso il sedile del guidatore e dissi:”La ringrazio, signora Jackson. Odio prendere la metro.”

Sally Jackson mi sorrise e mi disse che mi aiutava con piacere.

Allacciai la cintura a cominciai a strofinare le mani tra loro per riscaldarle.

Ho sempre avuto questa abitudine, strofinare le mani tra loro. Mamma dice che lo faccio anche di estate, ma io non me ne sono mai resa conto.

Anche papà lo fa...o faceva. Mamma mi ha detto davvero poche cose riguardo a lui. Dopo che sono nata non si sono più visti. Non sapeva nemmeno se era ancora vivo e io non mi ero ancora decisa se volerlo scoprire. Nel mio profondo, sapevo che mi sarebbe piaciuto avere un padre e che lui mi mancava. Ma ero troppo orgogliosa per poterlo dire ad alta voce. E se avessi scoperto che in realtà il mio papà era morto? Come l'avrei presa? Menefreghista? Arrabbiata? Triste? Nemmeno io lo sapevo di preciso. Sapevo solo che...beh...che mi sarei sentita in qualche modo. Non sono quel tipo di ragazza con il cuore di pietra o che fa finta di non avere emozioni perchè “fa figo”.

Quando ero piccola, speravo con tutta me stessa di poter rivedere mio padre. Speravo che un giorno sarebbe tornato a casa, mi avrebbe abbracciata e si sarebbe scusato per non essere sempre stato presente. Adesso, se lui facesse una cosa del genere, probabilmente gli darei un pugno.

La voce di Percy mi risvegliò dai miei pensieri.

“Dream? Stai bene?”

Scossi un po' la testa. Non mi ero resa conto di essermi quasi addormentata.

Sorrisi e annuii.

“Si, sto...bene...”

La signora Jackson si voltò e mi sorrise.

“Siamo arrivati, Dream.”

Indicò fuori dal finestrino e vidi che ero proprio davanti a casa mia.

Ma per quanto tempo ero rimasta semi-addormentata?

Salutai Percy, ringraziai la signora Jackson e scesi dall'auto.

“Ciao, mamma! Sono tornata!” gridai appena entrata in casa.

La voce di mia madre arrivò dal piano superiore.

“Ciao, tesoro!”

Mi diressi in camera mia e per la strada incrociai mio fratello.

Purtroppo ho anche fratello, nato dal primo matrimonio di mamma, dato che alla mia nascita non era ancora sposata.

Per chi se lo fosse chiesto, il secondo amore di mamma è sparito non appena ha scoperto che lei era incinta. Si sceglie davvero bene gli uomini.

Mio fratello ha 10 anni. Sette anni in meno di me. Ma questo non gli impedisce di rompermi costantemente le...scatole.

Non appena mi vide, cominciò a canticchiare una canzoncina che sembrava molto simile a “Dream ha un ragazooo.!”.

Piccola spia che si diverte a guardare fuori dalla finestra.

Mi trattenni dal soffocarlo con un cuscino solo perchè tenevo troppo al mio letto per sporcarlo con la sua bava.

Lo spinsi solo dentro camera sua, sibilando:”Taci, pulce.”

Ovviamente, il suo nome non è pulce. Anche se ho proposto tante volte a mia madre di cambiarglielo in pulce. È un nome perfetto, sembra che quella parola sia stata inventata apposta per lui. Putroppo, il suo vero nome è Noah. Chissà perché lui deve avere un nome normale mentre io mi devo chiamare Sogno.

Andai in camera mia e mi buttai sul letto.

Amavo il mio letto. Se mi fosse stato possibile, ci avrei vissuto. Mi ricordo la prima volta che lo vedi al negozio di mamma. Mi stava osservando e quasi lo sentivo supplicare “Prendimi, prendimi! Sono comodo!”

Si, mia madre vende materassi. Io lo considero uno dei migliori lavori del mondo. Credo sia perchè a volte mi porta con lei al lavoro e io posso dormire su uno di quei splendidi letti in negozio. Fin quando non arriva un cliente e la mia piccola bolla di pace e tranquillità scoppia.

“Oh, Dream, stai già dormendo?”

Alzai il viso che avevo affondato nel cuscino per vedere mia madre alla soglia della porta stringere un cesto di vestiti sporchi.

Lasciai cadere di nuovo il viso nel cuscino e dissi a mia madre:”Mamma, sono stanca.”

Ma probabilmente quello che lei capì fu solo “Mmmphmph.”

Mia madre sospirò.

“Comunque, poco prima che tornassi ti ha chiamata Jennifer.”

Mi alzai di scatto dal letto.

“Che cosa?!”

Jennifer era una mia amica di Denver, città in cui abitavo prima di essermi trasferita a New York.

Mi mancava davvero tanto. Era la prima persona che avessi mai conosciuto che si divertiva a fare giochetti con i coltelli. Non fraintendetemi, non era emo. Faceva quei giochetti che fanno quei pazzi a cui sembra non importi di farsi male. Tipo quello di tenere la mano aperta sul tavolo e di infilare il coltello tra le dita. La maggior parte delle persone prima o poi si sarebbe tagliata un dito, lei invece aveva sempre una fortuna pazzesca, senza esitazioni, senza paura.

Davvero pazza, ma anche simpatica.

Presi il cellulare e composi il suo numero.

Due squilli. Tre squilli. Dieci squilli.

Attaccai.

Strano. Di solito, mi rispondeva sempre al telefono.

Alzai le spalle, pensando che magari era sotto la doccia o qualcosa del genere.

In quel momento avevo cose più importanti a cui pensare, come per esempio trovare un modo per vendicarmi della Green.

 

 

 

Angolo di Alby:

Holaaaa!

Ecco il terzo capitolo :D

Spero sia di vostro gradimento!

Nel prossimo ci sarà la vendetta!

Fatemi sapere cosa ne pensate :D

(Ringrazio ancora tutti coloro che mi seguono.)

Alby :3 

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Capitolo 4
*** Dovrei dare retta più spesso alla mia coscienza. ***


Capitolo 4. Dovrei dare retta più spesso alla mia coscienza.

 

Avete presente quella vocina che vi bisbiglia nelle orecchie di lasciar perdere, quando state per fare qualcosa di stupido?

Nota anche come coscienza?

Bene.

E avete mai provato ad ignorarla?

Bè, credetemi se vi dico che è meglio darle retta.

 

Una settimana dopo il primo giorno di scuola, andai all'allenamento di nuoto di Percy prima dell'inizio delle lezioni e gli spiegai il mio piano di vendetta contro la Green.

All'inizio sembrò solo sorpreso, poi però mi mise le mani sulle spalle e mi disse “Non farlo, Dream. La Green ti farà fuori.”

Non era certo una frase incoraggiante, ma pensai che intendesse dire che la Green si sarebbe molto arrabbiata. Ma lo stesso, per un momento, tentennai. Non erano state le sue parole a spaventarmi, ma il suo sguardo. Nei suoi occhi vedevo...paura. Mi scrollai di dosso quell'impossibile pensiero e sorrisi a Percy.

“Tranquillo, non mi farò beccare.”

Le ultime parole famose.

 

Ero acquattata dietro l'automobile della Green, nel parcheggio della scuola, da quello che mi sembrava un secolo (maledetta ADHD!), in attesa che la strada fosse meno affollata, cosa piuttosto difficile dato che mi trovavo a New York e non viene chiamata “la città che non dorme mai” per nulla.

Quel giorno avevo pure dimenticato i guanti.

La mia intelligenza raggiunge livelli molto elevati.

L'unica cosa a tenermi sveglia era la neve che mi stava entrando nelle scarpe.

Sbirciai verso l'ingresso della scuola, poi verso le finestre delle aule che si trovavano dietro di me, notando che non c'era ancora nessuno.

Guardai la strada che era, miracolosamente, popolata da solo cinque macchine.

Mi misi al lavoro.

Tirai fuori della borsa un paio di bombolette e cominciai a spruzzare il colore sulla macchina.

Lo so, lo so, è vandalismo. Ma la mia mente complicata l'aveva distorto così da farlo sembrare a me stessa un atto caritatevole.

La Green aveva un' automobile a dir poco orrenda, era verde scuro ed aveva dei fanali enormi, e non lo dico per scherzare, erano davvero grandi. A mio parere, chi aveva progettato la macchina aveva una grande paura di schiantarsi contro un palo in piena notte.

In più, quando le portiere della macchina erano aperte, il veicolo somigliava ad un enorme cimice con enormi occhi gialli.

E poi, solo io trovo ironico che una professoressa di nome Green abbia una macchina verde?

Quindi, tutto sommato, dal mio punto di vista, stavo rendendo la macchina della Green molto più bella e originale.

Avevo iniziato la mia opera da solo una decina di minuti, quando un abbaiare proveniente dall'interno della macchina mi fece saltare sul posto.

Sul sedile posteriore, infatti, c'era un cagnolino. A me sembrava più un topo, dato che era uno di quei cani di razza più piccoli di un gatto, ma siccome abbaiava ero sicura che fosse un cane.

Smisi di spruzzare e mi guardai per un attimo intorno. Fortunatamente, non c'era nessuno.

Battei sul vetro e ringhiai:”Taci, cane!”

Mi guardai ancora intorno.

Il cane continuava ad abbaiare.

“Zitto! Zitto. Dai, così mi beccano.”

Non c'era ancora nessuno.

“Ok, se stai zitto ti do un biscottino. Vuoi un biscottino? Eh? Lo vu...”

“Signorina Smith.”

Chiusi gli occhi lentamente.
Non c'era proprio nessuno, eh, Dream?

La voce era quella della professoressa di storia.

Non avevo il coraggio di riaprire gli occhi o di alzarmi da terra.

Forse se rimanevo ferma, la Green si sarebbe dimenticata di me.

Come detto prima, la mia intelligenza raggiunge livelli davvero elevati.

Ero nella me...melma fino al naso. O forse dovrei dire neve? Che battut...CONCENTRATI, DREAM!

“Signorina, non serve a niente rimanere ferma. Si alzi e mi renda la sua borsa.” disse la prof., con la sua solita fredda voce.

Aprii gli occhi e mi alzai da terra.

Guardando le mie scarpe, diedi la borsa e le bombolette alla persona davanti a me.

La professoressa fece lo stesso inquietante verso del giorno precedente e mi afferrò per il braccio, trascinandomi dentro la scuola e lasciando dietro di noi la splendida macchina verde ora a fiorellini e il topo che c'era dentro.

 

“E' inammissibile! Vandalizzare l'auto di un insegnante! Potrebbe andare in prigione per quello che ha fatto, signorina!” sbraitava la Green.

“Professoressa, non crede che io le abbia fatto un favore? La sua auto era orrib...”

“SILENZIO!”

Tacqui immediatamente, rendendomi conto che stavo soltanto peggiorando la situazione.

Ero seduta nel banco davanti alla cattedra nell'aula di storia.

La Green era in piedi, di fronte a me, a braccia incrociate e mi stava rimproverando da trenta minuti.

Io non ne potevo più.

Un po' perchè dopo trenta minuti di urla, si perde la concentrazione quando si è iperattivi, un po' perchè mi stavo vergognando così tanto che in quel momento avrei preferito buttarmi dall'Empire State Building.

Sarei stata meno rossa se fossi corsa per tutta la città in biancheria intima, urlando “Ho il potere dell'invisibilità! Non mi vedete! Non mi vedeeeeete!”, essendo cosciente di non non avere alcun potere.

“Mi stai ascoltando?!” urlò la Green.

Sollevai velocemente la testa dal banco e guardai la Green negli occhi.

-Presto, Dream! Trova una risposta intelligente! Ce la puoi fare! Veloce!- pensavo.

Ma dalla mie labbra uscì soltanto uno stupido “Eh?”

La Green ringhiò...letteralmente.

Ed io mi preparai alla più grande punizione mai avuta.

 

 

 

 

 

 

Angoletto:

TADAAAAAAAN!

Quarto capitolo! Com'è? :D

Io ODIO la vendetta >.< non sono una tipa vendicativa...non sapevo molto bene cosa fare xD

Per chi abbia letto la mia ff su Harry Potter, avrà sicuramente trovato qualche somiglianza tra questo vendetta e quella di Ally su Potter xD

Vaaaa be.

Fatemi sapere cosa ne pensate!

Ciauz.

Alby :3 

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Capitolo 5
*** Essere una semidea vuol dire incontrare la ragazza del tuo amico attraverso un arcobaleno. ***


Capitolo 6. Essere una semidea vuole dire incontrare la ragazza del tuo amico attraverso un arcobaleno.

 

Non saprei dirvi se fossi più terrorizzata dal fatto che la mia professoressa di storia si fosse trasformata in un mostro o da Percy che, con una spada in mano (e con spada non intendo quelle di gomma che i bambini comprano alle fiere) , mi aveva dato una spallata così forte da farmi volare attraverso la classe.

Vidi Percy mollare un fendente al mostro, che appena entrò in contatto con la spada si sgretolò.

Mi schiantai contro la gamba di un tavolo e per un attimo il mio unico pensiero fu “CWNEIUCWCMNBUDHWAAAAAAAARGH! LA MIA SCHIENA!”, ma poi aprii gli occhi, che avevo serrato un po' per il dolore e un po' perché temevo di essere fatta a pezzettini, e l'urlo mentale precedente fu sostituito da un altro urlo mentale:”PERCY HA APPENA DISINTEGRATO LA PROFESSORESSA DI STORIA CON UNA SPADA! STO IMPAZZENDO!”

Si, perchè del fatto che la Green fosse appena morta non me ne fregava molto.

Ero più preoccupata per la mia sanità mentale.

Percy stava in piedi di fronte a me.

Aveva la spada appoggiata su una spalla e un gran sorriso stampato sul volto, come se avesse appena visto un carretto dei gelati.

Dietro di lui, c'era una montagnola di polvere, che un tempo doveva essere la professoressa di storia/mostro assetato di sangue (in ogni caso, trattandosi della Green, le due cose non erano molto differenti.)

Quando ripresi l'uso della parola, cominciai a balbettare come un'ebete.

“M-ma che...? C-cosa era...? Tu...?”

Percy mi porse una mano e mi aiutò ad alzarmi da terra.

“Scusa per la spinta, Dream. Tutto bene?” mi chiese.

Credo che si aspettasse che io dicessi “Si, certo! Tutto bene! Grazie per avermi salvato la vita, mio eroe!”, perchè quando gli urlai in faccia “TI SEMBRA CHE IO STIA BENE?! STO COMPLETAMENTE IMPAZZENDO!” il suo sorriso sparì completamente.

Fu il suo turno di balbettare.

“S-scusa. Ehm...cercherò di spiegarti la c-cosa velocemente...”

Annuii, speranzosa che fosse tutto uno scherzo e che da un momento all'altro uscisse qualcuno armato di videocamera fuori dall'armadio e gridasse “SEI SU SCHERZI A PARTE! SORRIDI PER IL PUBBLICO!”.

Invece Percy mi diede la spiegazione più strana che avessi mai sentito (e da quando mio fratello ha iniziato ad andare a scuola ne ho sentite di cose strane).

“...gli Dei che studiamo nelle lezioni di greco esistono veramente...”

Ridacchiai.

Si, certo! E io sono la Bella Addormentata!

Lo fermai prima che potesse continuare.

“Per favore, Percy. Dammi una spiegazione seria.”

Percy sbuffò, passandosi una mano tra i capelli.

“E' quello che sto cercando di fare, Dream.”

“Scusa.”

Mi sedetti su un banco e feci segno a Percy di continuare.

“So che può sembrarti strano, ma gli dei esistono veramente. Ed esistono anche i semidei, come Ercole, Teseo e Perseo...”

Ecco, se qualcuno vi avesse detto una cosa del genere che cosa avreste pensato?

Io ero sicura di star sognando.

Ho sempre avuto una fervida immaginazione e non sarei stata per niente sorpresa se in quel momento la Green fosse entrata a passo di marcia in classe e mi avesse urlato di non dormire sui suoi fascicoli.

Rimasi in silenzio e continuai ad ascoltare Percy.

“...anch'io sono un semidio e lo sei anche tu, Dream.”

Alzai un sopracciglio

Era un sogno davvero strano.

Nemmeno io avrei mai pensato a me stessa come una semidea.

Io.

Per metà dea.

Certo, come no.

Scossi la testa.

“Va bene, Percy. Ora puoi anche svegliarmi.” dissi, sorridendo.

Percy si appoggiò ad uno dei banchi, affranto.

La sua spada si trasformò in una penna.

Il mio sorriso si fece ancora più grande.

Dopotutto era un sogno, no?

“Dream, sono serio! Sei una semidea! La Furia era qui per me, ma poi sei arrivata tu e si è complicato tutto! Questo non è un sogno!”

Per provarmelo mi fece un enorme pizzicotto sul braccio.

Mi aspettavo di non sentire niente, ma mi sbagliavo.

Eccome se l'avevo sentito!

“Ahia!” gridai, portandomi la mano destra a dove Percy mi aveva pizzicato.

Vedendo il segno rosso rimasto, cominciarono a sorgere dei dubbi.

E se non fosse stato un sogno?

E se tutto fosse vero?

La Green si era davvero trasformata in un mostro?

Gemetti, frustrata.

“Come faccio a sapere che non mi stai prendendo in giro?”

Percy fece un sorriso trionfante.

Aveva già capito che mi stavo arrendendo all'evidenza.

“Sono tuo amico, no? E poi, i fatti parlano da soli. Non si vede tutti i giorni la propria professoressa di storia essere disintegrata da un ragazzo con una spada!”

Il sorriso di Percy era contagioso e potei fare a meno di ricambiarlo.

“E allora adesso che cosa facciamo?”

Percy sembrò pensarci su.

Poi mi prese il polso e cominciò a trascinarmi fuori dalla stanza.

“Dove stiamo andando esattamente?” chiesi, aggrottando le sopracciglia e cercando di stare al suo passo.

Imboccammo il corridoio e girammo a destra.

“Stiamo andando a chiamare Annabeth.”

Aprì per me la porta del bagno dei maschi e mi fece segno di entrare.

Percy, un semidio, mi aveva trascinato per metà scuola per chiamare la sua ragazza in un bagno.

C'è qualcosa che non va in lui.

“Sai che questo è il bagno dei maschi, vero?” chiesi.

Percy roteò gli occhi e mi spinse dentro.

Aprì una finestra ed entrò un raggio di luce.

Poi aprì anche un rubinetto.

Si formò un piccolo arcobaleno.

Percy tirò fuori una moneta d'oro dalla tasca.

Me la mostrò e con un sorrisone disse:”Questa è una Dracma. La butti nell'arcobaleno e dici il nome della persona che vuoi vedere. Ah, anche Annabeth è una semidea.”

Rettifico: Percy, un semidio, mi aveva trascinato per metà scuola per chiamare la sua ragazza, una semidea, in un bagno attraverso un arcobaleno.

“Sai che esistono i telefoni, vero?” chiesi.

Percy sbuffò.

“Certo che lo so! Ma i semidei non possono usare oggetti elettronici. Attirano i mostri.”

Ah. E come faccio ad essere ancora viva?

Percy strinse la moneta e disse:”O, dea Iride, accetta la mia offerta. Mostrami Annabeth Chase, New York.”

Poi lanciò la moneta nell'arcobaleno e quella sparì immediatamente.

Al suo posto apparve una ragazza seduta ad una scrivania.

Sembrava avesse circa diciassette anni.

Si poteva capire che era alta, nonostante fosse chinata su dei libri, indossava una divisa grigio chiara, aveva lunghi capelli biondi legati in una coda alta e un' espressione concentrata in volto.

“Hey, Annabeth!” disse Percy, con un sorriso enorme, molto più grande di quelli che rivolge a me.

Annabeth trasalì e si volto verso il rumore.

Quando vide Percy, sorrise.

“Ciao, Testa D'Alghe!”

Testa D'Alghe? Adoro già questa ragazza!

Annabeth portò lo sguardo su di me e mi saluto.

“Ciao, Dream. È un piacere conoscerti.”

Aggrottai le sopracciglia.

Percy ha parlato di me alla sua ragazza?

“Si, mi ha parlato un po' di te.”

Oddio, anche lei sa leggere nel pensiero!

“La Furia ha attaccato?” chiese Annabeth.

Percy annuì. “Si, circa cinque minuti fa.”

“E chi era?”

“Alecto. Adora interpretare la parte della professoressa.”

Annabeth rise.

“Già. Sembra proprio di si.”

“Di cosa state parlando?” chiesi.

Nessuno mi rispose.

Percy sospirò. “Cosa facciamo adesso? Dovrei portare Dream al campo?”

“Quale campo?”

Ancora nessuna risposta.

“Non credo. In questo periodo dell'anno non c'è nessuno. Dream imparerebbe di più stando con te. E poi non può saltare metà anno scolastico così.”

“Che cosa imparerei da Percy?”

I due piccioncini continuarono la loro conversazione.

“Si, ceeeerto. Perchè a Dream mancherebbe così tanto la scuola!”

“Perseo!”

“Okay, okay, Sapientona! Dream rimarrà con me fino alle vacanze estive.”

Annabeth sorrise.

“Bene.”

Qualcuno bussò alla porta della stanza in cui Annabeth si trovava.

“Scusa, devo andare, è la mia compagna di stanza! Ci vediamo domani in Central Park appena dopo scuola!”

Prima che l'immagine svanisse riuscii a sentire una voce da ragazza dire “Ma con chi stavi parlando?”

Mi voltai verso Percy, che stava ancora sorridendo come un ebete.

“Non ho capito nulla di quello che avete detto.” gli dissi.

Percy si riscosse. “Scusa. C'è un campo in Long Island in cui i semidei si allenano per combattere i mostri e diventare eroi. In questo periodo dell'anno, però, non c'è nessuno, quindi tu ti allenerai con me.”

Rimasi stupefatta.

Era incredibile come quella che i mortali chiamano Mitologia Greca fosse così a contatto con me e non me ne fossi mai accorta e che nemmeno mio fratello e mia madre ci avessero fatto caso.

All'improvviso, mi balenò in mente quello che mi aveva detto Percy un minuto fa: i mostri possono rintracciare i semidei attraverso gli apparecchi elettronici.

Io li ho sempre usati, ma non sono mai stata attaccata.

Era forse perchè mi ero trasferita così tante volte?

Poi un'altra domanda si fece strada in mezzo alle migliaia che avevo: e se mia madre sapesse di tutto questo?

Percy mi mise una mano sulla spalla.

“Forza. È meglio andare via di qui. Credo che tu voglia parlare un po' con tua madre.”

Annuii, grata di avere un amico che mi potesse capire così bene.

Andammo a prendere le nostre cartelle ed uscimmo dalla scuola.

Seguii Percy verso la sua macchina.

Quando lui ebbe avviato il motore, mi voltai verso di lui e ghignai.

“Allora...Perseo, eh? Bel nome!”

“Senti chi parla!”

E, ridendo, ci avviammo verso casa mia.

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Salve, gente!

Come va?

Io sono sempre SUPER impegnata. D:

La scuola comincia a farsi sentire ancora di più in questi giorni...l'ultimo mese prima delle vacanze è pieno di verifiche. D:

Vi è piaciuto questo capitolo?

Forse è un po' corto...

Fatemi sapere!

 

Alby. :3 

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Capitolo 6
*** Battaglie all'ultima polpetta e LA MIA PROFESSORESSA SI APPENA TRASFORMATA IN UN...IN UN...QUALCOSA! ***


Capitolo 5. Battaglie all'ultima polpetta e LA MIA PROFESSORESSA DI STORIA SI E' APPENA TRASFORMATA IN UN...IN UN...QUALCOSA!

 

“Allora?” mi chiese Percy.

Nonostante la mia vendetta, ero piuttosto depressa. Per due motivi principali.

Primo: ero a scuola.

Secondo: avrei scontato la mia punizione il giorno stesso.

La Green aveva deciso di non riferire il fattaccio al preside, ma di punirmi personalmente.

E considerando quello che avrei dovuto fare, avrei preferito essere espulsa.

“Allora cosa?” dissi, chiudendo il mio armadietto ed avviandomi alla classe di Greco.

Percy sbuffò. “La vendetta! Com'è andata? Ti ha beccata? Punizione? Oppure te la sei cavata? No, è impossibile! Ma allora, com'è andata?!”

Appena Percy smise di farmi domande a raffica, gli dissi:”Mi ha beccata...”

Fece per dir qualcosa, ma io ripresi a parlare. “Lo so, lo so. Tu mi avevi detto di non farlo eccetera eccetera.”

Percy aggrottò le sopracciglia.

“Veramente, volevo chiederti perchè sei ancora a scuola....ma, si, TE L'AVEVO DETTO!”

Entrai in classe e mi sedetti in uno dei banchi centrali.

Percy si mise di fianco a me.

“Non so. La Green ha deciso solo per una punizione.”

“Che sarebbe....”

“Devo rimanere a scuola ad aiutarla a sistemare fascicoli almeno tre volte a settimana, per un mese.”

La notizia sconvolse non poco Percy.

La campanella suonò e la lezione iniziò.

Quel pazzo che io chiamavo amico mi lanciò occhiatine nervose per tutta la lezione.

Per lui non era un problema stare attento o meno. Tutte le volte che il professore gli faceva una domanda, riusciva sempre a rispondere correttamente.

Anch'io, stranamente, andavo bene in Greco. Mi sembrava facile da capire e da tradurre.

Così, automaticamente, diventò la mia materia preferita.

Durante il resto della giornata scherzai molto con Percy sul fatto di avere il traduttore di Google nel cervello impostato su Greco/Inglese. Ma lui sembrava prendermi piuttosto seriamente.

Era strano, quel ragazzo.

All'ora di pranzo, aveva uno strano scintillio negli occhi, come se avesse avuto un'idea geniale.

Perciò, quando ci sedemmo al tavolo, gli chiesi:”Ok. Perchè quell'espressione?”

Percy mi sorrise.

“Ho avuto un'idea. Purtroppo, però, dovrò rinunciare all'appuntamento con Annabeth di oggi. Ma credo che capirà.”

Aggrottai le sopracciglia. Un brutto presentimento si stava facendo strada verso di me.

“Cosa vuoi dire? Non è che vuoi...”

Percy ghignò.

-No. Non è possibile. Non può essere così pazzo da fare una cosa simile...- pensai.

Quanto mi sbagliavo.

Si alzò in piedi, con uno sguardo assatanato negli occhi.

Scrutò tutta la sala.

E proprio mentre prendeva in mano una polpetta, gridò:”BATTAGLIA DEL CIBO!”

La polpetta volò in mezzo alla sala e colpì in piena faccia una mia compagna in Inglese.

Passarono pochi secondi di silenzio.

Secondi che sembrarono minuti, ore.

Secondi di un silenzio rumoroso.

E poi la guerra iniziò.

La compagna lanciò del purè, Percy schivò, addosso al tipo dietro, tipo dietro alla ragazza, ragazza schiva, prende un altro, alto ad altra, altra ad altra, pure, patate, polpetta, purè, fagioli, PANINO!

Pezzi di cibo volavano ormai per tutta la sala ed io fui costretta a nascondermi sotto al tavolo per impedire che che un panino al prosciutto mi tramortisse.

Poi un grido.

“FEEEEERMI!”

E tutto si bloccò.

Uscii lentamente da sotto il tavolo e mi guardai intorno.

Ogni studente nella sala era immobile, come se qualcuno avesse premuto il tasto “Stop” e bloccato la scena.

Una ragazza era rimasta con la mano e mezz'aria, pronta per scagliare un taco.

Un altro ragazzo si stava ancora coprendo la testa con un libro di Algebra.

Percy era interamente ricoperto di cibo.

Non mi sarei stupita se avessi scoperto che ne aveva anche nei pantaloni.

Fortunatamente, il luccichio pericoloso nei suoi occhi era sparito.

Alla porta, ad urlare, era stato il professore di inglese, nonché patrigno di Percy, Paul Blofis.

Dietro di lui si trovava la Green con un sadico sorriso sul viso.

“Chi è stato a cominciare?” Chiese.

Un centinaio di mani indicarono Percy.

Paul sospirò ed annuì, come se cose del genere con Percy succedessero tutti i giorni.

Fece segno a Percy di seguirlo ed il ragazzo obbedì.

Insieme, si avviarono verso l'ufficio del preside. Seguiti da una professoressa di storia stranamente gongolante.

 

 

“Percy, che cosa posso fare con te? Vuoi costringermi a depellerti?.” disse la voce del preside.

-Che cosa?- disse una vocina nella mia testa.

“No, signore.” rispose Percy.

Mi avvicinai di più all'ufficio del preside.

Sentii confusamente la voce del professor Blofis.

“Non espella Percy, la prego. È un bravo ragazzo. Le prometto che non causerà altri problemi.”

Oh, allora il preside aveva detto “espellerti”.

Come avevo fatto a capire “depellerti”?

È almeno una parola?

“Mi fiderò di lei, signor Blofis. Ma non puoi passarla liscia, Percy. Sarai punito per ciò che hai fatto.”

E qui entrò in scena la terribile, acuta voce della Green.

“Me ne occuperò io, signore. Ho già una studentessa in punizione, Percy lavorerà con me. Sarà bello passare un po' di tempo insieme, non è vero, giovanotto?”

Percy rise nervosamente.

“Si. Morirò dal divertimento.”

Morire?

Si.

Dal divertimento?

Non proprio.

“Molto bene. Potete andare.” disse il preside.

Tutto qui?

Solo una punizione?

-Tu hai decorato l'auto di un'insegnante. Non credi che quella domanda si possa dirigere più a te che a Percy? La prossima volta impari a pensare prima di agire. Tu e le tue insulse fantasie! Saranno la tua rovina! Davvero, abbi un po' di giudizio la prossima vol...-

-OH, STA ZITTA, COSCIENZA!-

La porta dell'ufficio si aprì.

Mi nascosi velocemente dietro alla prima colonna capitatami sott'occhio.

Quando i passi si furono allontanati, uscì dal mio nascondiglio.

Proprio in quel momento suonò la campanella.

Guardai il mio orario e mi lanciai in una corsa sfrenata verso l'aula di Algebra.

Non volevo un'altra punizione, la mia agenda ne era già piena.

 

 

Algebra passò lentamente.

Moooolto lentamente.

Mi addormentai una decina di volte e fui richiamata altrettante volte.

Mi odio.

Davvero tanto.

Anche durante la punizione era difficile rimanere sveglia, nonostante la Green mi lanciasse occhiatacce ogni cinque secondi.

Qualcuno mi spiega com'è possibile addormentarsi così facilmente?

Non riesco a stare sveglia per più ci due minuti di fi...

“Dream, svegliati. Stai sbavando sul foglio.”

“Ancora qualche minuto, mamma.” borbottai, rigirandomi nel letto.

Un momento.

Perchè il cuscino è così duro?

“Si, sono tua madre, Dream. Ora vai a mangiare le verdure, tesoro.”

“Ma non mi piacciono...io voglio il gel-PERCY!”

Aprii gli occhi di scatto, quando mi resi conto a chi apparteneva la voce.

“Ho appena scoperto qualcuno che sbava più di me quando dorme.” rise Percy.

Mi guardai intorno freneticamente.

Avevo una paura matta che la Green mi avesse vista dormire, ma la furia non si vedeva da nessuna parte.

“Dov'è la furia?” chiesi, stupidamente, usando il nomignolo che avevo appena pensato per lei.

“Credo sia andata a prendersi un caffè o qualc...”

Si bloccò.

Percy impallidì.

“Tu...Furia? T-tu sai che...ah...da quanto?”

Alzai un sopracciglio.

E con questo cosa voleva dire?

So che voi starete pensando “Oh, ma dai, Dream! È così ovvio! Sei una semidea! La tua professoressa di storia è una furia!”, ma ricordatevi che io a quel tempo ero ignara del mondo degli dei e dei mostri, ero solo una ragazza normale...per quanto possa essere normale passare tre quarti della giornata a dormire e l'ultimo quarto a distruggere qualcosa.

Quindi, ingenuamente chiesi:”Di che parli?”

E non sapete ora quanto mi pento ora di aver fatto quella domanda.

Perchè a rispondere a quella domanda non era stato Percy, ma la Green.

“Due semidei in un colpo. Bel bottino.”

Si trovava davanti alla porta della classe a braccia incrociate, un ghignò sul suo volto.

Chiuse la porta a chiave.

Si avvicinò a me lentamente.

Stava cominciando davvero a spaventarmi.

Percy tirò fuori una penna della sua tasca ed immediatamente la professoressa fece un balzo indietro, ringhiando.

Poi successe qualcosa davvero strano.

Così strano che nella mia scala degli strani, aveva raggiunto un dieci pieno, un dieci con lode.

I denti della professoressa iniziarono ad allungarsi, fino a diventare zanne grandi quanto il mio palmo, i suoi occhi diventarono rossi, lo scialle che aveva sulle spalle si allargò e diventò parte di lei, creando della enormi ali.

Quella che poco prima era la mia professoressa di storia mi guardò con quei suoi minacciosi occhi rossi.

Ero paralizzata dal terrore, mi tremavano le mani e il mio cuore batteva così forte che temevo potesse esplodere.

Le mie gambe erano gelatina, se avessi fatto solo un passo, probabilmente sarai caduta a terra.

Poi dalla sua bocca uscì un ringhio, ma riuscì a distinguere due parole.

“Muori, mezzosangue!”

E il mostro si lanciò addosso a me.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Angolo dell'autrice:

Buonasera!

Come state, miei adorabili lettori?

Finalmente il quinto capitolo, eh?! XD

Credo sia uno dei più lunghi!

Come vi è sembrato?

A me non sembra venuto poi tanto male...

Fatemi sapere che ne pensate!

Finale aperto! Yeeee!

Come andrà a finire?

Dream verrà divorata dal mostro?

Morirà?

LO SCOPRIREMO NELLA PROSSIMA PUNTATA!

(Scusate, ho sempre voluto dirlo xD) 

 

 

Alby. :3 

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Capitolo 7
*** Se Percy può combattere un dragone, io posso parlare con mia madre. ***


Capitolo 7. Se Percy può combattere un dragone, io posso parlare con mia madre.

 

Mi rigirai sul sedile dell'auto per osservare bene Percy.

Da quando avevo scoperto che era un semidio sembrava diverso.

Aveva i soliti capelli neri e occhi verdi, ma sembrava meno misterioso, più reale.

Strana cosa da pensare di un semidio, eh?

Fino a dieci minuti fa non credevo nemmeno nella sua esistenza.

Ogni suo particolare aveva preso un preciso significato.

Era come se avessi finalmente capito il perchè di quella cicatrice sul palmo della mano sinistra o di quel ciuffo di capelli grigio.

Forse quella cicatrice se l'era fatta combattendo contro un feroce dragone.

Un dragone che sputava fuoco e con zanne grandi quanto Percy stesso.

Percy avrebbe appena schivato la coda piena di spuntoni acuminati e velenosi e si sarebbe arrampicato dalla possente zampa sul dorso del dragone, ma si sarebbe tagliato con una delle affilatissime e robustissime squame, che componevano l'armatura del mostro senza compassione.

"Come ti sei fatto quella cicatrice sulla mano sinistra?"

Percy lanciò un'occhiata alla sua mano e per un momento sembrò perdersi in un triste ricordo.

Poi strinse il pugno, come per stritolare quel ricordo, e ghignò.

"Non lo saprai mai!"

"Eddai! Per favore!"

"Forse un giorno te lo dirò. Ma solo quando dimostrerai di essere degna di custodire tale segreto." disse Percy, facendo un'espressione addolarata e posandosi la mano sul cuore, assomigliando molto ad un attore tragico.

"Okay. E il ciuffo di capelli grigio?"

"Stessa cosa."

"Anche Annabeth ce l'ha."

"Già..."

"Dai! Dimmi come ve lo siete fatto!"

"Oh, guarda, è un tombino quello?!"

Che amico burlone...

Scossi la testa e ritornai a guardare fuori dal finestrino.

Eravamo quasi arrivati a casa mia e il nervosismo si stava facendo sentire alla grande.

Spesso nei libri i protagonisti dicono di avere "le farfalle allo stomaco".

Be, io avevo un'intera foresta: vespe mi pungevano la gola, centinaia di scoiattoli mi tamburellavano in testa, un cervo si divertiva a trottare sul mio stomaco e sono quasi certa di essere allergica alle vespe perchè le mie gambe avevano cominciato a muoversi incontrollabilmente.

"Andrà tutto bene." mi rassicurò Percy.

Sospirai.

"Speriamo."

Avete già incontrato la mia famiglia ma forse vi dovrei dire qualcosa di più sul nostro aspetto fisico.

Vi basti sapere che abbiamo tutti i capelli castani e mamma e Noah hanno gli occhi scuri, mentre io ho gli occhi azzurri, ereditati da mio padre.

Per il resto, io e mio fratello Noah la Pulce abbiamo preso da mamma.

Anche l'altezza. Siamo tutti degli adorabili nani.

Mia madre dice che sono stata fortunata a prendere da lei il colore di capelli, perchè mio padre aveva i capelli bianchi.

Io ho sempre dato per scontato che stesse scherzando.

Mia madre non sarebbe mai andata con un settantenne o con un matto, giusto?

No, è andata con un "uomo" molto, ma mooooolto più vecchio.

A proposito di padri, non sapevo ancora chi fosse il padre di Percy.

"Percy, chi è tuo padre?"

"Poseidone." mi rispose lui, senza staccare gli occhi dalla strada.

Dovevo aspettarmelo.

I suoi occhi sono proprio del colore del mare e poi...

"Ma sei il capitano della squadra di nuoto!" sbottai.

"Si?" Percy non aveva afferrato il punto della situazione.

"Ma è barare!"

"Non lo è!"

"Si!"

"No! Dove lo vedi il barare?"

"Oh, non saprei, forse dal fatto che tuo padre è il dio del mare?"

"...okay, forse un po' barare lo è..."

Stavo per ribattere, ma Percy aveva imboccato la via in cui abitavo e tutto d'un tratto mi era passata la voglia di fare una qualsiasi chiaccherata.

"Eccoci."

Percy parcheggiò di fronte a casa mia e spense il motore.

"Pronta?" mi chiese.

Lo guardai negli occhi.

Se lui aveva davvero combattuto contro un dragone, io potevo affrontare mia madre.

"Pronta." risposi, sicura.

 

"Mammaaaaa! Ci seiiiiiiii?!" gridai dalla porta d'ingresso.

Gettai lo zaino per terra ed invitai Percy a fare lo stesso.

Lui non sembrò pensarci troppo e lasciò cadere il suo zaino vicino al mio.

Mia madre sbucò dalla cucina.

Indossava il suo pigiama con i formaggi che fanno una foto e dicono "Dite people!"

Chissà se era rimasta in pigiama tutto il giorno, a volte lo fa.

"Ciao, tesoro. Come è andata in punizione?"

La Green aveva chiamato mia madre questa mattina quando mi aveva beccata.

"Bene, bene..." mentii.

Lei sembrò notare Percy solo in quel momento.

Tentò disperatamente di coprire il disegno dei formaggi.

Missione fallita.

"Oh! Ciao! Ehm...tu saresti?"

Percy sorrise nervosamente.

"Percy Jackson, un compagno di sua figlia. E' un piacere conoscerla, signora Smith."

Mia madre strinse la mano a Percy.

"Piacere mio, Percy."

Percy sembrò rilassarsi.

Peccato che io non riuscivo a fare lo stesso.

Mia madre gesticolò verso il salotto.

"Venite in soggiorno. Non state sulla porta."

Io e Percy la seguimmo e ci sedemmo sul divano.

Mia madre rimase in piedi.

"Vado a prepararvi qualcosa da mangiare e...a vestirmi decentemente." disse.

Si avviò verso la camera da letto.

Percy mi diede una gomitata e con gli occhi mi disse chiaramente "è il momento."

Mi schiarii la gola.

"Mamma, aspetta."

Mia madre si voltò nella mia direzione con aria interrogativa.

Prima di iniziare la conversazione mi dovevo accertare che nessun altro origliasse.

"Dov'è Noah?"

"Da un amico. Perchè?" rispose mia madre.

Presi un gran respiro.

"Io e te dobbiamo parlare, mamma."

Mia madre si congelò sul posto.

"Riguardo a cosa?"

"Riguardo a papà."

Mia madre gemette e si lasciò cadere sulla poltrona di fronte al divano.

Aveva già capito che sapevo la verità, ma giocò a fare la finta tonta.

"Cosa vorresti sapere? Che lavoro faceva? Quanto tempo avevi quando è andato via?"

Io scossi la testa, ma non ruppi il contatto visivo.

Mia madre stava cercando di scappare al mio sguardo, guardando ovunque tranne che me.

"Perchè non mi hai detto che mio padre è un dio?" chiesi.

Lei si appoggiò allo schienale della poltrona e chiuse gli occhi.

"Come hai fatto a scoprirlo?" bisbigliò.

Come facevo a rispondere a questa?

Non potevo certo dirle "Un mostro ha tentato di uccidermi, ma tranquilla, sto benone ora!"

Percy corse in mio soccorso.

"Le ho detto tutto io. Ho riconosciuto in lei i segni di una semidea." disse.

Mia madre riaprì gli occhi e fissò Percy.

Sembrava che volesse farlo fuori con lo sguardo, ma Percy non si scompose.

Aveva combattuto un dragone, mia madre non poteva fargli niente.

"E non sapevi che l'odore diventa più forte una volta che sanno?" sibilò mia madre.

Un momento, che cosa? Che odore? Sta dicendo che puzzo?

"Si, lo sapevo. Ma oggi una furia ha tentato di ucciderla. Dovevo dirle tutto o sarebbe impazzita." disse Percy.

Accidenti, Percy ci sta andando leggero...

"E se invece avesse dimenticato tutto?"

"Non si può dimenticare una cosa così."

Mia madre appoggiò la testa sulla mano destra.

Tornò a fissarmi.

I suoi occhi esprimevano angoscia, scuse, tristezza, ma anche liberazione, come se un grosso peso fosse appena stato tolto dalle sue spalle.

"Come il tuo amico ti avrà detto, c'è un campo a cui vanno i semidei per imparare a combattere. Prima vieni scovato da un mostro, prima devi andare a quel campo. Io non volevo che tu ci andassi, perchè questo avrebbe significato che saresti rimasta lontana da me e che avresti preferito stare lì che a casa con la tua famiglia. Allora ci siamo trasferiti in continuazione per poter seminare i mostri, ma quelli hanno un buon olfatto. Sentono l'odore dei mezzosangue...in più tu usi apparecchi elettronici e questo li aiuta molto. Io non potevo dirti di non usarli o tu avresti capito che c'era qualcosa che non andava."

Mia madre aveva fatto tutto questo casino solo per me.

Ero causa della mia stessa sfortuna.

E anche di quella della mamma.

E quella di Noah.

Che schifo.

Ma forse non era tutta colpa mia.

Era colpa della mia parte divina.

Era colpa di mio padre.

"Perchè papà non ci ha mai aiutati? Perchè lui non ha fatto niente? Perchè ha lasciato che io venissi investita quando avevo sei anni? Perchè ha lasciato che dei ladri entrassero in casa nostra due anni fa?!"

Stavo cominciando a gridare e se non mi fossi calmata tutta la via avrebbe sentito la conversazione.

Percy mi strinse la mano.

"Gli dei non possono interferire con la vita degli uomini. Devono lasciar accadere ciò che il Fato ha programmato." disse lui, con voce gentile.

Mi tolsi la felpa, perchè tutto d'un tratto avevo cominciato a sentire molto caldo.

"Chi è mio padre?"

Nessuno rispose.

"Chi è?!"

Mia madre sospirò.

"Non possiamo dirtelo. Ti deve chiamare lui."

Che stupidaggine, vero?

Io avevo il diritto di sapere chi fosse mio padre, ma NO!

Lui è un DIO!

Io, sua FIGLIA, non posso sapere chi è perchè lui non ha voglia di vedermi!

Mi pare giusto, no?!

Ce lo vedo nella sua reggia sull'Olimpo a decidere chi chiamare tra i 47365394587624876597436578436 figli che ha!

Mia madre si voltò verso Percy e gli chiese se mi avrebbe portata al campo.

Percy scosse la testa.

"No. Non servirebbe. Adesso non c'è nessuno. Dream si allenerà con me."

Mia madre annuì e sprofondò di più nella poltrona, ma sembrò sollevata di avermi a casa ancora per un po'.

La porta d'ingresso si aprì, cigolando, e la voce di Noah si propagò per la casa.

"Mammaaaaa! Cosa c'è per cenaaaaaaaaa?!"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell'ameba:

Salve, gente!
Come va?

Come vanno le vacanze?

E' da un bel po' che non aggiorno...però questo capitolo è bello lungo!

Ne avevo già scritto un pezzo a scuola, però non l'ho continuato perchè volevo prima aggiornare Missione U.L.M., ma quella l'ho aggiornata questa sera, quiiiiiiiiiiiiiiindi ecco questo capitolo!

Spero vi sia piaciuto :)

Ditemi cosa ne pensate!

Alla prossima!

 

Alby. :3 

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Capitolo 8
*** Un ragazzetto del primo anno porta brutte notizie. ***


Capitolo 8. Un ragazzetto del primo anno porta brutte notizie.

 

Quell'idiota di mio fratello, oltre che ad essere un idiota, aveva anche un pessimo tempismo.
Era arrivato proprio nel momento più importante della conversazione ed eravamo stati costretti a smettere di parlare di dei, semidei e mostri per non farlo andare fuori di testa.
Siccome erano già le sette, mia madre invitò Percy a cena, che, nonostante all'inizio fosse un po' imbarazzato, accettò.
La cena non fu terribile, andò più o meno così:

Silenzio.
Solo il rumore delle posate.
Si poteva sentire la mosca che volava vicino alla testa di Noah, che dopo aver corso, saltato e giocato a casa del suo amico, non si era ancora lavato.
Bleah.
Poi Noah parlò.
"Sei il ragazzo di Dream?"

A me andò un boccone di pane di traverso e Percy fece esplodere accidentalmente il lavandino.
Il resto della serata lo passammo a pulire per terra.
Il lato positivo è che l'esplosione del lavandino aveva innaffiato Noah e almeno non si sentiva più puzza di calzino ammuffito.
Più o meno.
Alle nove, Percy mi ha salutata ed è andato a casa.

Appena uscì dalla porta d'ingresso, mia madre corse in camera sua e si chiuse dentro.

Quindi ora eccomi qua, seduta davanti la porta chiusa della camera di mia madre, a chiederle di parlare.

"Mamma, non voglio parlare di quell'argomento." dissi, lanciando un'occhiata a Noah, che stava uscendo in quel momento dal bagno.

"Arrenditi, sorellona. Mamma non aprirà."

Sbuffai.

Per quanto Noah potesse essere irritante, aveva ragione.

Mamma era testarda.

Mi alzai da terra, stiracchiandomi un po' le gambe.

La voce di mio fratello mi bloccò.

"Che cosa hai fatto a mamma?"

Mi voltai per guardarlo in faccia.

I suoi capelli erano bagnati, aveva ovviamente appena finito di farsi una doccia, indossava il suo solito pigiama azzurro ed era scalzo.

Continuava a mordicchiarsi il labro inferiore, i suoi occhi erano lucidi e saettavano da me alla porta della camera.

Noah teneva molto alla mamma, dato che era senza un padre, e potevo capirlo.

"Non è niente, Noah. Solo una piccola discussione su mio padre." dissi, dandogli una leggera pacca sulla spalla.

Noah annuì, serio. Cosa rara.

Poi si voltò e andò in camera sua.

Tornai a fissare la porta della camera di mia madre e sospirai: forse il giorno dopo mi avrebbe detto qualcosa.

 

 

 

 

"I'M ON THE HIIIIIIGHWAY TO HELL! HIIIIIIGHWAY TO HELL!"

Saltai sul letto alla suono della sveglia del mio cellulare.

Quando il mio cuore decise di calmarsi, mi stiracchiai un poco e spensi la sveglia.

Highway To Hell è l'unica canzone capace di svegliarmi, anche se mi procura un infarto ogni singola mattina.

Stropicciai gli occhi, più per cercare di riaccendere il cervello che per vedere meglio. E fu allora che mi resi conto di che cosa avevo in mano.

Il mio cellulare.

I ricordi del giorno prima mi investirono come un'ondata d'acqua gelida: la furia, Percy, Annabeth, mia madre, i mostri, gli apparecchi elettronici-GLI APPARECCHI ELETTRONICI!

Corsi alla finestra di camera mia e la aprii con una velocità che non pensavo nemmeno di poter raggiungere.

Si. Feci proprio quello che state pensando.

Caricai il braccio il più possibile, quasi dislocandomi la spalla, e poi mollai la presa.

Il cellulare volò attraverso la strada e andò a schiantarsi contro la finestra dell'appartamento di fronte.

Quella si frantumò.

Se possibile, chiusi la finestra più velocemente di quanto l'avevo aperta e mi accovacciai per terra, sperando che nessuno mi avesse vista.

A quando pare il mio destino non era dei migliori, perchè proprio in quel momento mia madre aprì la porta.

“Hey, tesoro. Pronta per la sc-Che cosa stai facendo?”

Inventa qualcosa. Inventa qualcosa. INVENTA QUALCOSA!

“Sono...caduta dal letto?”

La mia sembrava più una domanda che un'affermazione, ma mia madre lasciò correre.

“Preparati, su. Partiamo tra dieci minuti.”

Annuii.

Mi alzai da terra ed acchiappai dei vestiti.

Già sapevo che sarebbe stata una lunga giornata.

 

 

 

 

“Mamma, oggi torno per le sette...” dissi, cercando di sembrare casuale e perfettamente tranquilla.

Eravamo in macchina ed io sedevo in uno dei sedili posteriori, dato che la Pulce aveva chiamato Shotgun*, il sedile anteriore.

Noah si voltò e con un ghigno perfido disse:”Esci con il tuo ragazzo?”

Io arrossii furiosamente, ma ribattei alla sua battuta dandogli un ceffone sul collo, meglio conosciuto da noi teenager frustrati che sfogano la loro rabbia e ansia sui fratelli minori come “coppino”.

Mia madre mi rimproverò immediatamente:”Dream, non picchiare tuo fratello!”

“Si, mamma.”

Seeeee! Certo!

Che cosa devi fare fino alle sette?” mi chiese mia madre.

Credo che inizierò l'allenamento con Percy e la sua ragazza Annabeth.” risposi, scoccando un'occhiataccia alla Pulce prima che potesse dire qualcosa.

Mia madre annuì, ma non sembrava per niente tranquilla.

Anzi, forse era più agitata di prima.

Andrà tutto bene.” la rassicurai “lo prometto.”.

 

 

 

La campanella suonò e, con un sorriso a cinquantadue denti, ritirai il mio libro di storia nella cartella.

La lezione era andata molto bene. Nessuno si ricordava più della Green e io non potevo esserne più felice.

La furia era già stata sostituita da una professoressa molto più simpatica e carina, la Signorina Watson. Al pensiero della nuova professoressa il mio sorriso diventò ancora più grande.

Tutto merito del cognome Watson. Si, sono una fanatica di Harry Potter e tutto ciò che me lo ricorda mi fa sorride/ridere/piangere/ridere istericamente a seconda del ricordo.

Ero a metà della strada per il mio armadietto, quando un ragazzetto mi urtò e mi fece cadere tutti i libri che avevo in mano. Fogli volavano ovunque ed io mi affrettai a prenderli tutti prima che qualcuno potesse vedere i vari scarabocchi che avevo disegnato durante le ore precedenti.

E' un cane volante questo?”

Alzai gli occhi da terra e vidi che il ragazzetto che mi aveva urtato stava studiando uno dei fogli.

Glielo strappai di mano e lo rimisi nel mio quaderno, alzandomi da terra.

No.” borbottai, un poco imbarazzata “è un drago.”

Questo vi fa capire tutto sulla mia abilità nel disegnare.

Il ragazzetto alzò un sopracciglio, scettico.

Non l'avevo mai visto a scuola, quindi pensai che fosse uno del primo anno, uno di quelli un po' timidi e difficili da notare. Dubitavo però che questo fosse il suo caso, poiché indossava vestiti unicamente neri, una giacca da aviatore, un anello con un teschio al dito, capelli neri simili a quelli di Percy e due occhi così scuri, che sembravano un pozzo senza fine. Era un po' difficile non notare un ragazzo così.

Certo” disse il ragazzetto inquietante “Va be, devo andare.”

Fece un paio di passi, ma poi si fermò.

Si voltò di nuovo verso di me.

Sai dov'è Percy Jackson?” mi chiese.

Percy? Lo conosci?”

Il ragazzetto annuì.

Si...beh, ehm...dovrebbe essere al suo armadietto. Vieni, ti accompagno.”

 

 

 

 

Se non fossi stata così confusa, sarei scoppiata a ridere in faccia a Percy.

La sua espressione alla vista del ragazzetto inquietante era fenomenale. Sembrava avesse appena visto un fantasma.

Nico, cosa ci fai qui?” chiese Percy, chiudendo il suo armadietto.

Un problema. Un enorme problema con mio padre.”

Percy sbuffò, indossando un'espressione addolorata e stanca.

Ci mancava poco che cominciasse a sbattere la testa contro l'armadietto.

Che cosa ha fatto adesso?”

Ha...ehm...” Nico mi guardò.

Allora capii. Nico era probabilmente un altro semidio. Forse...un figlio di Ade? Un'opzione più che plausibile, considerando che cosa stava indossando.

Oh. Tranquillo. Sono una semidea anch'io.” dissi.

Provavo una strana sensazione: mi sentivo un po' insicura però ero anche orgogliosa di me.

Nico inclinò leggermente la testa da un lato. Con quegli occhioni scuri, mi ricordò per un attimo un cucciolo di cane.

Non ti ho mai vista al Campo.”

Beh, io non ti ho mai visto qui.”

Touchè.”

Nico rivolse di nuovo la sua attenzione a Percy, che ora stava sorridendo leggermente.

Devi assolutamente andare agli Inferi.”

Non era una cosa molto carina da dire. Sembrava che lo stesse mandando a quel paese.

Non può andare qualcun altro? È veramente così grave?” brontolò Percy.

Sembrava quasi un bambino piccolo a cui era stato detto che doveva andare con i genitori a cena dai vicini.

Nico annuì.

Si, è grave. Il Campo ha già mandato una squadra, ma non sono ancora tornati. E sono partiti più di una settimana fa.”

Percy si raddrizzò. Non aveva più la stessa espressione di prima: adesso stava fissando Nico come se davvero lo avesse appena mandato a quel paese. I suoi occhi si erano inscuriti, ed aveva infilato una mano in tasca, dove sapevo che si trovava Vortice, la sua spada.

C'è una profezia?”

Nico scosse la testa, in segno negativo. “No, ho portato io la notizia al campo di quel che stava succedendo.”

Percy assottigliò gli occhi.

Ed esattamente che cosa sta succedendo?”

Nico sospirò e si guardò i piedi, come se quello che stava per dire gli causasse vergogna oltre che dolore.

Ade ha rapito Tiche, dea della fortuna.”

 

 

 

 

 

 

Angolo dell'(ignobile, cattivissima, ritardataria, ritardata, pessima, inguardabile, ma anche molto pentita) autrice:

Ehm ehm -stile Umbridge-

Buonasera, miei cari lettori.

Mi vorrei scusare per la mia assen-MI DISPIACE! NON UCCIDETEMI! CHIEDO PERDONOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!

A parte gli scherzi, mi dispiace. Sono stata super impegnata in questi-ehm-mesi. La scuola mi porta via tantissimo e quando, tra teatro, equitazione e i vari fascicoli che dovevo compilare per Intercultura (Erano INFINITI!), riesco a ricavare un attimo di tempo non ho proprio voglia di scrivere. Quando sono stanca preferisco leggere.

Scusatemi, davvero.

Però poi sono entrata nel mio account e ho visto che un po' di persone volevano che continuassi, allora ho deciso di rimboccarmi le maniche e ricominciare a scrivere.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! So che è un po' corto, si. Non mi falciate! (o non scoprirete chi è nella squadra mandata dal campo negli Inferi, che non è ancora tornata!)

Dopo aver letto The Mark Of Athena, avevo molta voglia di fare un Cliffhanger, anche se questo non lo è molto. (MA NEI PROSSIMI CAPITOLI CE NE SARANNO DI FANTASTICI! MUAHAHAHAHAHAH)

Cooomunque, grazie per aver letto questa lunghissima nota.

Vi adoro, come sempre.

Spero che continuerete a leggere questa fanfic, nonostante i miei distanti aggiornamenti.

 

-Biscotti blu per tutti!-

Alby. :3

 

*è un gioco che fanno alcune persone in America. Il primo che dice “Shotgun” si prende il sedile davanti. Essendo andati mio fratello e mia sorella in America, hanno portato il gioco in Italia. 

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