La magia del cuore; amore & pregiudizi.

di Sirio J Dawson
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Oh Vesuvio lavali cor foco! ***
Capitolo 2: *** A cosa serve amare se non si viene amati? ***
Capitolo 3: *** Per un gelido inverno, un caldo amore. ***
Capitolo 4: *** Gossip. ***
Capitolo 5: *** Il mio angelo canadese. ***
Capitolo 6: *** Il rimpianto dei ricordi. ***



Capitolo 1
*** Oh Vesuvio lavali cor foco! ***


 Oh Vesuvio lavali cor foco!
 

 
Attenzione;
Questa FF è tratta da una storia vera, la mia storia.
Vi sembrerà stupido, ma con questa FF vorrei farvi capire come Justin mi ha salvata da una depressione che mi stava distruggendo.
Lui non c’era fisicamente come in questa Fan Fiction, c’era solo la sua musica, ma è lo stesso non trovate?
Buona lettura.

 

*  *  *
 

Mi strinsi nel giubbotto, come sempre avrei dovuto combattere con degli emeriti idioti senza cervello.
Attraversai il cancello ormai arrugginito, filai diritta verso un angolo appartato dove non c’era nessuno.
Dietro di me ragazzini di seconda, ma anche di terza media che mi prendevano ancora per il culo.
- Ecco, è arrivata la napoletana. –
Alessia, chi poteva essere?
Ce l’avevo sulle palle dalla prima elementare, e sfortunatamente eravamo anche in classe insieme, lei conosceva tutta la scuola, io a malapena due tre persone, poi tutta gente che distinguevo ad occhio.
La campanella suonò, io aspettai che tutti quei bimbo minchia entrassero, io ovviamente preferivo entrare per ultima.
Salii le scale, tre rampe di scale che trovavo una grande seccatura.
Sbuffai e finita la scalinata arrivai in classe.
Un casino mi investì, gente che gridava, rideva ed io?
Io sola con me stessa.
- Buongiorno. – esordì.
Non mi sentì nessuno.
Mi andai a sedere al mio banco, da sola come al solito, presi il diario e l’astuccio ed incominciai a scarabocchiare qualcosa.
Incominciò la lezione, presi i libri e i quaderni, ma continuavo a disegnare, non avevo un idolo, mi piacevano gli anime e manga e mi prendevano in giro anche per quello.
Al suono dell’ultima ora presi lo zaino e mi avviai verso la fermata dell’autobus, sperai che non ci fosse nessuno ed invece, eccolo lì, Ermin lo zingaro.
Un ragazzino di 12 – 13 anni che voleva fare lo spavaldo con me, ma non aveva capito che tutto quello che diceva mi passava liscia come l’olio.
- A’ napoletana, sai che io a Napoli ciò n’amico? - 
Volevo con tutta me stessa che lo mettessero sotto visto che, mentre si divertiva a parlare da solo, camminava in mezzo alla strada come se nulla fosse sputando qualche volta di la e di qua, sentendosi grande, mentre in realtà non aveva neanche sviluppato la voce.
- Er Vesuvio è n’amico mio, magari esplode così leva tutta la monnezza che c’è sta, OH VESUVIO LAVALI COR FOCO a sti napoletani. – rise fortemente quasi volesse farsi notare.
Intanto passo di li anche Alex, un ragazzo che era stato bocciato in prima media, era nella mia stessa sezione, e per un po’ c’eravamo frequentati, solo io lo trovavo in qualche modo simpatico, poi litigammo e andò com’è andata.
- Ermin ma che tè strilli? – si mise a ridere pure lui, lo zingaro gli spiegò che c’ero io da prendere in giro e che doveva approfittarne.
Fermai lo 088 e salii.
Cercai con gli occhi un posto libero, e lo trovai.
Mi sedetti ed accanto a me c’era un ragazzo con delle labbra meravigliose, mi sorride.
Io ricambio il sorriso un po’ titubante.
Presi il cellulare ma mi cascò di mano.
Lui si chinò e lo raccolse.
- Grazie mille. – cercai di sorridere, ma Ermin e Alex continuavano a cantarmi dietro cori da stadio.
- Ma chi sono quei cretini lì dietro? – mi guardò aspettando una mia risposta.
- Non so non li conosco. – mentii su questo punto, non volevo alzare un polverone inutile.
- Tu ti chiami Sheila? – mi prese il mento e mi costrinse a guardarlo.
- Si..- abbassai lo sguardo.
Notai che aveva delle Supra viola ai piedi, dei jeans calati e una felpa viola con dietro scritto NEVER SAY NEVER.
- Piacere io sono Justin. –
Cazzo, ecco chi era, il bimbo minchia, quello che cantava come una ragazzina.
Era cresciuto dalle ultime foto che avevo visto.
- Bieber? – volevo essere certa che fosse lui.
- Esatto, sei una beliebers? –
Lo guardai male.
- Una che ? –
Si mise a ridere, aveva un sorriso meraviglioso.
- No, non sei una mia fan, allora sei un’haters? – non potevo capire come faceva sempre a sorridere, io se il giorno del mio compleanno riuscivo a stare tranquilla e serena era già tanto.
- Diciamo che non ti amo e non ti odio, non ho mai sentito una tua canzone. – la sincera verità.
- A che fermata scendi? – mi chiese.
- Quella dopo il bowling. – mi guardai le mani, portai un dito alla bocca, avevo questo dannato vizio di mangiarmi le unghie.
- Anche io scendo lì! – disse entusiasta.
Solo dopo notai che stava giocando con una mi ciocca di capelli.
- Hai dei bellissimi capelli lo sai? – squadrò con curiosità l’estremità della mia capigliatura.
- E’ un semplice castano. – risposi indifferente.
- No, sono castani con dei riflessi ramati. – continuò a giocare con i miei capelli.
- Dobbiamo scendere tra una fermata, è meglio che prendi le tue valigie. -  non capivo cosa ci facesse Justin Bieber in una zona che non è il centro di Roma, in fondo qua siamo in periferia, non c’è neanche un centro commerciale.
- Scusami ma in quale albergo vai, qua c’è solo un Bed & Breakfast, ma lo abbiamo già passato, sei sicuro che scendi qui? – presi la cartella e premetti il tasto rosso con scritto STOP.
- Stai tranquilla baby, Kenny mi ha detto che la zona dove sta il mio appartamento è questa – sorrise nuovamente prendendomi la mano.
Scendemmo dall’autobus, quando Ermin non si risparmiò un simpatico saluto.
- Ciao napoletana di merda! – disse affacciandosi ad un finestrino.
- Vaffanculo. – gli gridai, ma tanto avrebbe continuato lo stesso, non valeva neanche la pena rispondergli.
Mi accorsi che Justin mi fissava divertito.
- Ma cos’ha quel ragazzino nel cervello, le pigne? – scrutò l’orizzonte cercando il bus che oramai aveva superato la curva.
- No ha la merda nel cervello, ma lascialo perdere. – mi avviai verso il portone, lui mi seguì.
- 88 E ? – non mi dire che stava nel mio stesso palazzo.
- Si, il numero civico è questo. – incredula aprii il portone.
- Il mio appartamento è al terzo piano, tu a che piano stai?. – non era possibile era uno scherzo del destino.
- Anche io al terzo. – risposi.
- Siamo vicini allora! – sembrò felice, ed io lo ero altrettanto.
 L’ascensore arrivo al piano io andai a sinistra e lui a destra.
- Bhè ci vediamo. – dissi aprendo la porta.
- Oggi pomeriggio ti busso, così ci conosciamo meglio. – mi fece l’occhiolino ed entrò nell’appartamento.
- Okkey. – sorrisi ed entrai guardando i suoi jeans che lasciavano in bella vista i suoi boxer viola.
 

PEACH – PIT ♥
 
Eccomi :3
Il nuovo angolo dell’autrice si chiamerà così.
La mia nuova FF, è una cosa abbastanza personale, difatti la protagonista ha il mio stesso carattere, il nome no, però anche se questi fatti sono accaduti alle medie in tutti e tre gli anni, volevo che lei fosse più grande di un anno, anche se non sono mai stata bocciata.
Per il resto spero leggerete e mi raccomando lasciate delle recensioni :3.
Sirio Dawson♥

 

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Capitolo 2
*** A cosa serve amare se non si viene amati? ***


 A cosa serve amare se non si viene amati?
 

In casa ero da sola, mangiai quello che c’era scritto nella dieta e accesi il PC.
Andai su Facebook dove trovai le solite ragazzine vissute con link deprimenti, che parlano della solitudine quando non sanno neanche come si divide in sillabe quella parola.
Io so che cos’è la solitudine.
Non è il semplice sentirsi soli, è molto di più.
E’ quando non hai amici ed hai tutta un’intera scuola contro che ti giudica per quello che sei, anche se ti conosce solo esteriormente.
Ti senti maltrattata, vorresti fuggire via, ma ti trattieni perché sai che c’è sempre qualcuno che ti aspetta.
Io invece chi avevo?
Tutti si facevano influenzare da quella spara minchiate di Alessia, che mi dipingeva per quella che non ero, mi prendevano in giro perché invece di guardare il grande fratello, l’isola dei famosi preferivo guardare Naruto, Dragon Ball e Shaman King invece di farmi rincoglionire da gente ignorante che sta 9 mesi in una casa o su un’isola sperduta.
Ogni tanto esprimevo un desiderio, quello di essere bella come loro.
Solo dopo mi accorgevo che avevo espresso una cazzata.
Loro non erano belle, ma venivano considerate tali perché mettevano i vestiti firmati, si tingevano i capelli e si compravano le collane di Tiffany.
Io invece evitavo di far spendere soldi inutili ai miei genitori, ma evidentemente questo a quelle ragazzine viziate non interessava.
Se per essere accettati nel gruppo dovevi avere questi requisiti preferivo rimanere da sola.
Così infatti è stato.
- Baby ci sei?  - sentii bussare alla porta.
- Si eccomi. – mi misi le pantofole e andai ad aprire.
- Ciao Justin. – sorrisi, non volevo farmi vedere con gli occhi lucidi, non volevo piangere davanti a lui.
- C’è qualcosa che non va? – mi chiese entrando.
- No, tutto apposto. – mentii.
- Non mi dire bugie si vede dal colore dei tuoi occhi che non va tutto bene. – mi accarezzò una guancia e mi strinse forte a se.
Nessun ragazzo mi aveva mai abbracciata così spontaneamente.
- Ricordati che è inutile tenersi tutto dentro, fai si che i tuoi problemi non ti uccidano.- andammo in camera e ci sedemmo sul mio letto.
Mi misi a gambe incrociate lui fece altrettanto.
- Allora che musica ascolti? – bella domanda, io non avevo un cantante preferito.
- Ehm, domanda di riserva? – abbassai la testa sconsolata.
- Non mi dire che non hai un cantante preferito perché non ci crederò mai! – disse incredulo.
- Mi piacciono le sigle. – che figura di merda.
- Senti, ti faccio ascoltare qualche mia canzone, vediamo se ti piacciono. – la proposta non era male, magari mi sarei potuta sfogare.
- Proponimi qualcosa che mi si adatti. – volevo sentire una canzone che mi rispecchiasse.
- Non posso decidere, prima devi raccontarmi almeno qualcosa di te, altrimenti come faccio? – si mise a gattoni e si avvicinò, a mio parere un po’ troppo.
- Ricordati, senza paura. – mi fece l’occhiolino, era così maledettamente rassicurante.
- Basta che pensi alla giornata di oggi, moltiplicala per 365 giorni l’anno per tre anni e dimmi il risultato. –  presi un cuscino e me lo poggiai sulle ginocchia.
- Depressione, ecco il risultato. – disse sottovoce.
- Sai cosa significa pensare che sei diversa, credere che essere del sud sia un difetto che non potrai mai cambiare che così sei e così rimarrai, sono sempre stata considerata un essere inferiore, che non merita rispetto, una contro una scuola intera, professori che se ne fottono altamente, ed io devo soffrire per una mandria di imbecilli? NO GRAZIE! – ne parlavo così tante volte con me stessa di questo problema che ogni volta mi veniva da piangere, ed anche questa volta le lacrime non esitarono a scendere.
Presi il cuscino e incurante del fatto che lo avrei sicuramente macchiato di trucco me lo portai davanti agli occhi, poggiando le spalle al muro.
- Ti prego non fare così… - era evidente che non sapeva come consolarmi, ed era altrettanto vero che non potevo pretendere nulla da un ragazzo che conoscevo da mezza giornata.
- Non ti preoccupare, faccio sempre così. – singhiozzai.
- Ehì, devi stare tranquilla, non ce la faccio a guardarti piangere, devi essere forte, se la gente ti critica è solo perché è invidiosa, guarda me per esempio, sai quanta gente mi odia? –  mi accarezzò e mi abbracciò.
- Invidiosa di che, io son un mostro non mi vedi?! – in questi momenti mi sminuivo molto, soprattutto quando mi sentivo male, io ero quella classica ragazza romantica, piena di idee, semplice, curiosa, ma tutte queste qualità si erano andate a farsi fottere.
- Sei bellissima invece. – mi sorrise dolcemente dandomi un bacio sul naso, mi asciugò le lacrime e mi tolse tutta la matita che si era sciolta.
- Mettiti un paio di occhiali per favore. – cercai di non sembrare un’anima in pena, ma non ce la facevo.
Justin mi invitò a mettersi accanto a lui, si era sdraiato comodamente sul mio letto, io non mi feci attendere e accettai l’invito.
Era buio fuori, a ad illuminare la stanza c’era solo la lampada del mio comodino.
Sentii il suo braccio allungarsi sul mio fianco, giocava con il lembo della mia maglietta, aveva le mani gelide, ma sono dettagli.
Mi diede un bacio sul collo, rabbrividii a quel contatto così improvviso, sorrisi, non avevo mai provato una sensazione del genere.
- Allora, proviamo con Down to the earth? – sentivo il suo respiro sul mio orecchio, era qualcosa di fantastico.
- Va bene, incomincia pure. – lo abbracciai e ci guardammo.
 

I never thought that it be easy
Cause we both so distance now
And walls are closing in on us
And we’re wondering how
No one has a solid answer
But just walking in the dark.

 
 

Era cambiato, aveva diciassette anni ormai, la voce era diversa, lui era diverso.
- Sei davvero bravo. – gli dissi molto sinceramente.
- Grazie baby. – ci guardammo e sorridemmo entrambi.
Rimanemmo lì a coccolarci.
Era come stare in paradiso, non ero mai stata trattata così, davvero.
- Senti… - ispirai un po’ del suo dolce profumo.
- Dimmi. – stavamo fronte contro fronte, eravamo così vicini che quando parlavamo le nostre labbra si toccavano.
- Grazie.. – arrossì.
- Di cosa? – disse in tono giocoso.
- Di tutto. – sorrisi debolmente.
- Non dire sciocchezze. – mi prese il mento e mi baciò.
Si era svolto tutto così in fretta, così velocemente, non riuscivo a rendermi conto, aveva le labbra così morbide, i suoi baci guidavano i miei, le sue mani sui miei fianchi mi rendevano quasi impotente, faceva tutto lui, perché così doveva essere.
- Mai baciato vero? – sorrise ancora, pareva che mi stessi per sciogliere.
- No, si vede? – mi accarezzò dolcemente i capelli.
- Sai le ragazze che hanno già baciato sono così fomentate così spigliate, mentre tu, sei così pacata, infinitamente dolce. – mi vergognavo quasi ma infondo con lui non c’erano specchi su cui arrampicarsi, ti sgamava in qualsiasi momento, non c’era tempo per dire bugie.
- Tu dici? – mi scostò i capelli da davanti agli occhi.
- Si..- ci baciammo nuovamente, non avevo mai pensato di baciare qualcuno, invece, proprio ad un diciassettenne come lui dovevo andare a piacere.
- A che pensi? – mi chiese gentilmente, aveva un’aria assopita.
- Bhè, a come ti sei innamorato di me, sai non sei tanto normale. – tutti i ragazzi mi mettevano sempre a distanza, la stupidità non ha mai fine.
- Chiediti più che altro perché gli altri non sono normali. – questa risposta mi lasciò atterrita, senza parole, davvero.
 
 

PEACH  - PIT ♥
 
Mie belle fanciulle, buonasera.
Eccomi con il secondo capitolo della mia FF.
Spero tanto che vi piaccia, perdonatemi se non è di vostro gradimento ma cercate di capirmi, oggi sono andata a pattinare, ovviamente sono scivolata ed ora la mia caviglia implora pietà talmente che mi fa male D:
Tralasciando queste quisquiglie, mi farebbe piacere che leggeste la mia storia e mi fareste sapere come la trovate!
Un bacio:
Sirio Dawson. ♥

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Capitolo 3
*** Per un gelido inverno, un caldo amore. ***


 Per un gelido inverno, un caldo amore.
 

 
Mi svegliai due ore dopo, c’eravamo addormentati, ed io ripensai alla sua risposta.
Mi facevo così tanti problemi che credevo che ero sempre io l’errore, ed invece?
Guardai Justin dormire, era così dolce, quelle labbra mi facevano uscire pazza.
Mi risistemai vicino a lui, volevo baciarlo, la tentazione era troppa, ma non ci riuscii.
Poggiai il mio orecchio sul suo petto che si muoveva ritmicamente su e giù, era fantastico, mi stavo praticamente drogando del suo profumo, era davvero troppo per me, tutto questo mi stava dando alla testa.
- Buona sera baby. – sorrise e si stiracchio per benino.
Cercai di sorridere, ma non mi riusciva molto facilmente.
Ci alzammo dal letto e decidemmo di andare a pattinare.
- Andiamo a Castel Sant’Angelo, hanno messo uno pista da pattinaggio immersa nel verde.- dissi mettendomi la scarpa sinistra.
- Okkey, prendo l’amico Tommy e andiamo. – all’inizio non capii chi fosse questo amico Tommy, guardai male Justin, lui mi sorrise divertito, poi recepii, l’amico Tommy era il navigatore satellitare, ovvero il tom-tom.
- Certo che solo tu ti puoi inventare certe cose! – mi spazzolai i capelli e uscimmo.
Poco dopo arrivammo alla pista di pattinaggio.
- Wow che bello questo posto! – disse Justin entusiasta.
- Si, Roma è una bellissima città, peccato per la gente. – molte volte mi chiedo come il destino possa essere così dannatamente maligno.
Poco più avanti, alla cassa accanto Alessia, Naomi e sua sorella gemella Jessica, le persone che odiavo di più al mondo.
Justin notò il panico nei miei occhi, e mi guardò circospetto.
- Che succede? – mi chiese prendendo i pattini.
- Guarda lì. – indicai le ragazze alla cassa accanto cercando di non farmi vedere.
- Oh, si e con ciò? – trovammo una panchina libera e ci sistemammo lì.
- Sono quelle che mi stanno facendo deprimere, ti prego aiutami. – continuai a mettermi i pattini, cercando di non guardarle.
- Tò il mondo è piccolo! – sentii una voce inconfondibile, Naomi.
- Che vuoi manichino? – erano così magre da far paura, mi facevano ribrezzo.
- Chi è questo che sta qui con te? – disse Alessia avvicinandosi a Justin che mi teneva la mano.
Non risposi, volevo andarmene.
- Sono il suo ragazzo, se hai problemi parliamone pure. – non mi sarei mai aspettata una risposta di questo genere.
- Ma fammi il piacere. – Alessia incominciò a ridere sonoramente e con lei le due gemelle.
- Andiamo piccola. – ci avviammo con i pattini ai piedi sulla pista lasciandocele alle spalle.
Sorrisi debolmente, ci mancavano solo quelle tre puttane a rovinarmi la serata.
- Justin, hai mai pattinato? – gli chiesi visto e considerato che appena aveva messo piede sul ghiaccio stava scivolando.
- No baby, ma sono dettagli. – si mise a ridere e io non resistetti e mi unì a lui.
Facemmo un giro di pista insieme mano nella mano ci guardavamo e molte ragazze tra cui quelle tre puttanelle sparlavano di noi, ma ce ne fottevamo altamente perché infondo se dovessi vivere delle critiche della gente sarei morta da un pezzo.
- Justin.. – lo guardai, volevo che mi capisse, ma evidentemente voleva sentirselo dire.
Sorrise facendo una giravolta sui pattini, poi si fermò e mi abbracciò.
- Dimmi quello che voglio sentire.. – si avvicinò, ad un soffio da me, i suoi occhi nei miei.
- Ti amo..- le mie parole erano un sussurro, lui sorrise, mi baciò, aveva le labbra gelide, ma le mie non erano da meno.
- Anche io baby. – mi prese il viso tra le mani, io stringevo le mie braccia intorno ai suoi fianchi, ci baciammo ancora, non potevo fare a meno di lui, una lacrima solcò la mia guancia, non avevo mai ricevuto così tanto amore.
- Justin, io..- singhiozzai, lui mi guardò dolcemente.
- E’ inutile parlare, non ho bisogno di parole, so che mi ami, ed io amo te. – mi diede un bacio sul collo, dietro alla staccionata che divideva la pista dalle panchine, Alessia, Naomi e Jessica che ci guardavano sbalordite.
Passo all’incirca una mezzora, che il nostro turno finì, ci cambiammo e decidemmo di andare a prendere un gelato.
Erano ormai le 20.30, le strade erano illuminate dalle luci natalizie, tra poco più di una settimana sarebbe stato Natale.
Notai che Justin si guardava intorno continuamente.
- C’è qualcosa che non va? – domandai.
- Aspetta un secondo.. – ci incamminammo a grandi falcate verso un portone con una ghirlanda blu.
- Justin ma che ti prende? – ci riparammo sotto il porticato.
- Vieni qui. – mi prese per un braccio e mi baciò.
Dopo che il nostro abbraccio si sciolse, rimasi un po’ perplessa.
- Justin, mi dici il motivo per cui mi hai portata qua sotto? – ero quasi sicura che fosse stata una follia.
- Guarda un po’ sopra di te. – rise come un ragazzino stringendomi ancora di più a se.
- Quello è vischio.. – rimasi a bocca aperta, era di una dolcezza infinita.
- Già. – mi abbracciò, lui dietro ed io davanti, i nostri respiri si univano in una singola nuvola di vapore, che andava a scomparire poco dopo.
Nella mia mente tutti quei ricordi pessimi che avevo della mia adolescenza, sembravano aver avuto un risvolto assai positivo.
Se fossi una ragazza ‘ben vista’ in quella scuola di merda certamente non avrei conosciuto lui, e molto probabilmente non gli sarei piaciuta come ragazza.
- Ehì baby, ti posso dire una cosa? – mi prese per mano e ci avviammo verso un parchetto poco distante.
- Dimmi tutto ciò che vuoi. – ormai volevo aprirmi con lui, non avevo timore di nulla mi potevo fidare, lo sapevo.
- Abbracciami e guardami negli occhi, voglio farti sentire in paradiso. – sorrisi come un’ebete a quelle parole, si sono una ragazza abbastanza timida.
 

Hey love, the Wise Men followed a star,
The way I followed my heart, And it led me to a miracle.
Aye love, don’t you buy me nothing,
‘Cause I am feeling one thing,
Your lips on my lips, That’s a Merry Merry Christmas.

 
 

Sentivo il mio cuore battermi forte nel petto, era risaputo che non sarei mai riuscita a godermi una cosa del genere, ma aveva ragione, era una sensazione che non si prova tutti i giorni, ero arrivata al limite, lui era il mio paradiso.
 
 

PEACH – PIT ♥
 
Fanciulle buonasera :3
Grazie ancora una volta a chi è arrivata fin qui.
Volevo approfittare di questo spazio che ho a disposizione per ringraziare tutte coloro che recensiscono e leggono.
Già, perché è solo grazie a voi che riesco a scrivere, siete voi che insieme a me, mandate avanti questa storia.
Grazie a voi che perdete del tempo per leggere questa storia da quattro spicci.
Grazie di cuore a tutte *^*
Sirio Dawson.

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Capitolo 4
*** Gossip. ***


 Gossip.
 

 
Avevamo fatto troppa scena ieri sera.
Ero in classe, come  sempre da sola nel mio banco, ma durante la ricreazione non mi andava di stare seduta e mi alzai.
Uscii dalla porta e mi trovai davanti le gemelle della seconda A, Silvia e Virginia.
- Oh, ma è vero che sei fidanzata con Juss?? – disse Silvia.
- Ehm, per quanto mi riguarda io frequento un certo Justin, non Juss. – volevo sgranchirmi un po’ le gambe, ed invece mi ritrovavo a parlare con due bimbo minchia.
- Oh, stai calma. – intanto attorno a noi si era formata della folla.
- Dite un’altra volta ‘OH’ e ve lo ficco nel culo. – cercai di andarmene ma mi ritrovai davanti la professoressa di italiano che mi invogliava a moderare i termini.
- Sheila ti conviene stare zitta, altrimenti dico a tutti ciò che hai fatto ieri notte con Justin. – Alessia era davvero senza scrupoli, in mano aveva delle foto, ma non capivo chi fossero i soggetti, fotografati.
Poi capii, ma come cazzo aveva fatto, ieri notte io e Justin non avevamo fatto nulla di che, stavamo solo sotto il piumone a riscaldarci a vicenda, però le foto facevano intendere ben altro.
- Rosica, rosica. – ritornai in classe arrabbiata come non mai.
 

*   *   *
 

Tornai a casa e bussai alla porta di Justin.
- Che bella sorpresa, entra dai. – ma che bel pezzo di fico, maglietta a bretelle nera, e jeans, come se non facesse abbastanza freddo.
- C’è un problema. – dissi guardandomi le mani.
- Che cos’è successo? – mi guardò con fare preoccupato, io abbassai la testa.
- Quella stronza di Alessia ci ha fatto delle foto ieri, evidentemente le ha scattate quando stavamo dormendo. – mi sedetti in braccio a Justin su una poltrona.
- Come lo sai? – poggiò il suo mento sulla mia spalla, dandomi un morso sul collo.
- Le ha portate oggi a scuola. – avevo un tono grave, ma non potevo essere felice, assolutamente.
- Le ha fatte vedere a qualcuno? – mi domandò.
- Sicuro, a quelli di classe mia e quelli che stanno in classe di quei due manichini. – sbuffai ero davvero stanca, stanca di tutto.
- Baby, che ne dici se per sbollire un po’ gli animi andiamo a farci un giro? – mi prese per mano accompagnandomi in camera sua.
- Per me va bene.. – mi accostai alla scrivania aspettando che si vestisse.
- Che mi metto? – si girò verso di me.
- Ma non lo so decidi tu. – gli dissi.
- Francamente non so.. che ne dici di questa felpa? – sorrise, mostrandomela.
- Per me stai bene con tutto, quindi..- si tolse la canotta nera, io mi avvicinai e la piegai .
- Grazie piccola. – posai l’indumento e uscimmo.
Era una giornata particolare,  c’era il sole ma tirava vento.
Justin mi prese la mano, ci guardammo in segno di intesa, mi piaceva da impazzire.
Prendemmo lo 088 e andammo a farci un giro nel quartiere.
- Sai che non condivido la tua scelta vero? – non volevo vedere quella gente, tutta la scuola il pomeriggio si radunava davanti il panettiere, ed io non volevo vedere quella mandria di babbei.
- Sai che voglio appurare i conti con quelle tre, quindi provvederò io. – sorrisi, volevo evitare di alzare polveroni inutili, ma infondo è quello che si meritavano.
Arrivammo davanti alla panetteria, ai tavolini esterni, i ragazzi del quartiere ridevano, fumavano, anche se su quest’ultimo punto, lo trovo abbastanza divertente.
- Ma, che cazzo.. – Justin trattenne la risata, già i tredicenni fumano, che tristezza.
- Lo so mio caro, che ci vuoi fare? – ridemmo poi ci avvicinammo.
- Eccola, è arrivata la napoletana! – Alessia in posizione da puttana stava seduta in braccio ad uno dei suoi fidanzati, anche se confermato dagli stati sentimentali su Facebook, ne cambia uno ogni settimana, ma sono dettagli.
- Ma chi si vede, la troia del quartiere, che dispiacere incontrarti. – Justin rise sonoramente, sicuramente voleva prendere parte nel discorso.
- Che te ridi Biberon? – il fidanzato di Alessia si alzò buttandosi contro Justin, che con pazienza quasi da santo, evitò di mettergli le mani addosso.
- Oddio come mi hai offeso, adesso piango. – il tono sarcastico di Justin risonò lasciando in silenzio tutti coloro che stavano assistendo alla scena.
- Com’è Alé: BABY BABY OOOOO BABY BABY OOOO. -  si misero a ‘cantare’ malamente il ritornello ridendo rozzamente, dopodiché si rimisero seduti.
- Mmmm, davvero bravi devo dire, perché non fate domanda per lo zecchino d’oro? – risi a quella battuta, ce la vedevo proprio Alessia e il fidanzato insieme ai bambini piccoli.
- Cazzo te ridi napoletana, mò te faccio ride bene io. – neanche il tempo di rendermi conto che mi arrivò  un pugno in piena faccia.
- Brutta stronza, adesso mi hai stufata! – mi gettai contro di lei prendendola per i capelli.
- Te li strappo uno per uno, se no mi chiedi scusa immediatamente. – Justin mi venne contro prendendomi da sotto le braccia.
- Lasciami mi ha veramente rotto, ora le faccio sputare il sangue, devo patire tutte le pene dell’inferno, così vede cosa significa soffrire, KITEMMUORT! – le urlai.
- LASCIAMI! – strillò.
Mollai la presa, facendomi venire dei suoi capelli in mano.
- E questo non è niente in confronto a tutto ciò che mi hai fatto, meglio che non mi ricapiti tra le mani altrimenti ci rimetti la pelle. – le sputai sulle scarpe, e presa la mano di Justin ce ne andammo.
- Considerati salva per miracolo. – mi voltai guardandola bieca.
Lei si toccò la testa, aveva le lacrime agli occhi, ma non mi interessava, io per le sue malignità ne avevo versate fin troppe.
- Non ti facevo così manesca. – rise e ci baciammo davanti a tutti.
Un coro stupito si innalzò ed io sorrisi.
- E’ l’effetto che faccio a tutti. – gli accarezzai una guancia, dandogli un morso.
- Sei la ragazza più dolce che abbia mai conosciuto. – arrossii, non mi ero ancora abituata a tutta quella confidenza.
Tornammo a casa, e li ad aspettarci c’era il nostro letto, che con il calore necessario, ci avrebbe donato la giusta dose di coccole.
 

PEACH – PIT ♥
 
Buonasera fanciulle :3
Eccomi con il quarto capitolo, che è stato scritto in tre diverse location (?)
- A casa mia :3
- In macchina per andare a Napoli ù.ù
Ed infine:
- A casa di mio nonno, in salone :D
Bhè diciamo che è abbastanza violento come capitolo, ma mi farò perdonare, lo prometto :3
Pensate comunque, che veramente dopo 3 anni di supplizio l’ho menata, sapete queste sono le soddisfazioni della vita u.u
Mi piacete sempre di più, mi raccomando leggete e recensite.
Buon anno a tutti, un bacione:
Sirio Dawson.

 

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Capitolo 5
*** Il mio angelo canadese. ***


 Il mio angelo canadese.
 

 
Passò all’incirca una settimana dalla prima volta che lo incontrai, e mi resi conto che tutti quei pesi che mi ritrovavo a sopportare da sola, improvvisamente erano svaniti.
Già, era come se avessi incontrato Justin per un motivo ben preciso.
Lo guardai dormire, sembrava un angelo, il mio angelo.
Da quando era venuto a far parte della mia quotidianità, mi aveva sconvolto la vita.
Ovviamente sconvolto in modo prettamente positivo, perché oggi, con il suo aiuto morale e psicologico, non bado più alle offese che mi vengono recapitate giorno per giorno, anzi, mi sembrano addirittura dei complimenti.
Forse complimenti è una parola grossa, ma con lui accanto sento che non conta ciò che gli altri dicono o fanno, anche perché sono io la sola giudice della mia vita, non loro.
Quando mi accarezzò per la prima volta mi venne la pelle d’oca, per me era una sensazione nuova, che non avevo mai provato, infondo avevo sempre creduto che prima o poi avrei incontrato una persona che mi avrebbe completata.
Justin si mosse girandosi verso di me, aprii gli occhi e mi guardò.
- Ma ciao. – gli dissi dolcemente tirandogli le guancie.
- Buon giorno, siamo di buon umore oggi? – sorrise e mi andai ad accoccolare vicino a lui
- Come non esserlo con te accanto? – poggia la testa sul suo petto, e sentii le sue braccia stringersi attorno a me.
- Sappi che io non ho fatto altro che amarti, ed è una cosa prettamente naturale ed incondizionata. – ci guardammo a lungo, quegli occhi color nocciola erano un qualcosa di spettacolare.
Tutti coloro che lo guardano negli occhi dicono che è un colore comune, ma in realtà, se stai molto tempo a fissarlo, scoprirai dei riflessi che quasi nessuno ha.
- Anche salvare una ragazza dalla depressione è una cosa naturale ed incondizionata? – gli diedi un bacio sul collo, sapevo che era uno dei suoi punti deboli.
- Sono due cose diverse, amare e salvare. – mi squadrò divertito, facendomi scivolare sotto di lui.
- Cazzo, non ci ero arrivata, io ti ho fatto un’altra domanda. – dissi divertita.
- Mi scusi maestrina, la prossima volta starò più attento. – sorrise furbamente, in segno di sfida.
- Signor Bieber, le premetto che non lo voglio trovare più impreparato, studi di più, invece di partorire mentre canta. – risi, e lui mi guardò abbastanza sconcertato.
- Chi è quello che partorisce mentre canta? – disse alzando un sopracciglio, in segno di ripetere, ma in realtà aveva capito fin troppo bene.
- Tu! – lo indicai, e lui di rimando mi incominciò a farmi il solletico.
- Adesso vediamo se lo ridici un’altra volta! – ridemmo tutti e due, io lo spintonai giù dal letto, facendolo cadere vicino al comodino.
- Ma che forza, dovresti provare a fare la lottatrice di sumo. – mi fece una linguaccia, cercando di rimettersi in piedi.
- Se lo dici tu, rialzati mollaccione! – risi sporgendomi dal letto.
- Dammi una mano va. – inclinò la testa verso di me, io stupidamente protesi la mano verso di lui e mi ritrovai a terra con le gambe per aria.
- Ma che bastardo, questa me la paghi! – dissi arrabbiata.
- Voglio proprio vedere! – si alzò e si accomodò sulla mia pancia.
- Ma che cazz…?! – lo guardai torva.
- Ti stai domandando cosa ci fa Justin Bieber sulla tua pancia? – mi bloccò i polsi cingendomeli con le mani.
- Bhè si. – cercai di tirar fuori il tono più cuccioloso possibile ma non mi riuscì.
- Bene, sappi che il sottoscritto non a voglia di sesso, quindi stai tranquilla. – lo guardai male.
- Ah,quindi tu sei capace anche di fare sesso, pensavo che lo avessi così piccolo che non avresti mai osato. – sorrisi, facendogli la linguaccia.
- Ti ricrederai. – lasciò i miei polsi, incrociando le braccia, con aria offesa.  
- Che c’è, Bieber si è sentito colpito al cuore con questa affermazione? – sorrisi accarezzandogli una guancia.
- Mi sottovaluti, non credi in me e nelle mie capacità. – disse con una vena di lamento nella voce.
- Non ho detto questo. – scandii bene le parole puntandogli il dito ritmicamente sul petto.
- Davvero? – mi guardò speranzoso.
- NO! – gli feci una pernacchia.
- Ma che stronza! – mi alzai scaraventandolo da sopra di me, visto che dopo quella risposta avrebbe sicuramente continuato a farmi il solletico.
- Che fai hai paura? – mi urlò divertito.
- Non ho paura di te Bieber. – gli feci l’occhiolino e salii sul letto, cercando di mettermi in piedi.
- Comincia a correre. – mi puntò il dito contro, io continuai tranquillamente a saltellare sul letto.
- Si certo, tanto scommetto che al primo tappeto inciampi. – stavolta cercai di essere un po’ più seria ma non ci riuscii.
- Ma oggi, hai voglia di prendermi per il culo? – disse mettendosi le mani sui fianchi.
- Oggi ho voglia di divertirmi è diverso. – scesi dal letto, e andai vicino a lui.
- Sappi che ne ho voglia più di te. – mi abbracciò, cercai di ribattere qualcosa ma non riuscii a dire nulla di costruttivo, se non arrossendo come sempre.
Fino a quel momento non avevo mai avuto un amico o un’amica con cui scherzare, ora addirittura avevo un fidanzato con cui divertirmi.
- Sei speciale per me, sei tutto ciò di cui avevo bisogno in passato e di cui ho ancora bisogno nel presente. – per la prima volta lo guardai negli occhi, dissi tutto ciò che volevo dirgli, erano giorni che ci pensavo, mi sembrava corretto fargli sapere ciò che mi faceva provare, altrimenti avrebbe sicuramente pensato che lui per me era un semplice sfogo, ma in realtà non era così.
- Se ti dico che sei tutto ciò per cui mi sveglio la mattina, per cui sono lontano da casa, ti basta come prova d’amore? – mi prese la mano, guardandomi diritto negli occhi.
 In quel momento sarebbe potuto cascare il mondo ma sarei rimasta lì, ferma, immobile.
Non riuscivo a capire come un ragazzo come lui poteva dirmi certe cose, io credevo di essere la ragazza sfigata senza un futuro decente, ed invece arriva lui e mi sconvolge la vita.
Se questo è il regalo per tutte le mie sofferenze,  se questa è la mia rivincita su tutti coloro che mi hanno fatto del male, non potevo chiedere di meglio.
 

PEACH – PIT ♥
 
Buongiorno fanciulle :3
Su 4 capitoli 8 recensioni?
Io vi amo da impazzire *^*
Questo capitolo è per farmi perdonare per tutta la violenza espressa nel capitolo prima, qui invece ho cercato di essere il più dolciosa possibile.
Spero vi piaccia, vi auguro un Buon Capodanno a tutte voi!
Un bacio:
Sirio Dawson ♥

 

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Capitolo 6
*** Il rimpianto dei ricordi. ***


 Il rimpianto dei ricordi.
 

 
Presi l’album fotografico, dove mamma teneva le foto di quando io e mia sorella eravamo piccole.
Justin aveva insistito tanto nel vederlo, io ero contraria perché non volevo vedere quelle foto, mi facevano piangere, i ricordi più belli si cerca di volerli rivivere, ma non si può, questo lo sanno tutti, solo gli illusi ci crederebbero, il never say never sul passato non vale.
Presi i due album, e mi diressi in camera.
- Eccomi. – dissi sbuffando, erano abbastanza pesanti.
- Dai siediti che non sto più nella pelle. – mi misi seduta in mezzo alle sue gambe con l’album in mano, ci guardammo e lo aprii.
C’ero io con un completino rosa e la mia gemella lo aveva viola.
- Scommetto che tu sei la bimba con la tutina viola. -  sorrise indicando la foto.
- Ti sbagli, quella è mia sorella. – ridemmo e ci stringemmo l’uno vicino all’altro.
- Dio ma come eri paffuta. – disse toccandomi la guancia.
- Stai dicendo che ero grassa? – lo guardai interrogativa, scherzando gli diedi un morso sotto il mento.
- Ma no, ho solo detto.. – le sue labbra formarono un sorriso di sfida, che a mio parere gli stava divinamente.
- Cosa volevi insinuare? – incrociai le braccia in modo professionale.
- Nulla, andiamo avanti. – mi prese per i fianchi dandomi un bacio sul collo.
Volevo evitare di vedere le foto del mio primo compleanno, in quelle foto c’era anche la mia adorata nonna, che è venuta a mancare pochi mesi fa.
- Che c’è? – Justin mi guardò preoccupato.
- Niente.. – abbassai lo sguardo asciugandomi una lacrima.
Toccai la foto dove c’eravamo io e mia nonna Concetta, avevo un completino giallo, essendo nata a giugno, faceva caldo, io le stavo in braccio e le sorrideva allegra, quanto mi manca quel sorriso le sue carezze,  quelle parole che riuscivano a consolarmi anche quando stavo male, sempre per quella maledetta lontananza la vedevo poco, e quelle poche volte che riuscivo a stare con lei, le leggevo negli occhi il dolore di quel dannato tumore al pancreas, che la stava consumando da sei anni, ma da altri sei mesi l’aveva costretta ad allettarsi.
Rinunciavo ad uscire con le mie amiche di Napoli per stare con lei, perché io non volevo che se ne andasse, avrei dato qualsiasi cosa per farla rimanere accanto a me, ma purtroppo quel Dio che si dice giusto e pietoso, mi ha portato via colei che riusciva a rendermi felice con le sue torte al cioccolato, con le sue battute divertenti ma mai maleducate, fingeva di stare bene, mentre invece stava male, non si lamentava mai, non piangeva mai davanti ai nipoti ed ai propri figli, non voleva creare altri problemi, non voleva vederci tristi per causa sua
- Sheila dimmi cos’hai. – Justin mi prese per il mento, guardandomi negli occhi.
- Niente, un attimo di debolezza..- sapevo che con lui queste scuse non reggevano.
- Non fingere con me, ti conosco da poco, ma riesco a capire quando stai male davvero. – i suoi occhi avevano un non so che di duro, ma era evidente che lo faceva per amore.
- Ecco, la vedi questa donna? – sfilai la foto dall’album e gliela porsi.
- Si, è tua nonna? – disse fissando la foto.
- Già, e purtroppo non c’è più. – mi coprii il viso con le mani ed incominciai a piangere, non volevo sembrare una frignona, ma il vuoto che aveva lasciato dentro me era troppo grande, se ne era andata e non l’avevo neanche vista per l’ultima volta.
- Non piangere ti prego..- sentii le braccia di Justin circondarmi.
- Il ricordo del funerale è troppo forte, ricorre sempre nei miei sogni, chiudo gli occhi e il ricordo di quella telefonata fatidica, mio padre che mi dice esplicitamente che mia nonna era morta, mi sorella con la febbre a quaranta, ed io che devo darle quella notizia strappalacrime.. – singhiozzai, e poggiai il mio orecchio sul petto di Justin, ed alzando lo sguardo vidi una lacrima solcargli la guancia.
- Okkey, basta ti sto facendo stare male.. – feci per alzarmi ma Justin mi prese il polso.
- No, continua, devi sfogarti, togliti questo peso. – si asciugò il viso e mi abbracciò.
- Quel giorno non me lo potrò mai dimenticare, arrivai a Napoli che dovevano essere le nove del mattino, c’eravamo svegliati presto per via del funerale, scesi dalla macchina e mi avviai impassibile verso la porta del palazzo, feci due rampe di scale consapevole che sicuramente la mia vita sarebbe cambiata, arrivai davanti alla porta e vidi un ammasso di gente. Cercai mio nonno, era per lui che ero venuta, vidi mia madre con il viso rigato di lacrime, girai lo sguardo e fui colpita dall’abbigliamento elegante di mio nonno, non si era mai vestito così, o per lo meno, io non lo avevo mai visto, ci abbracciammo a lungo, ci guardammo e mi portò nella loro stanza da letto.. – presi fiato, singhiozzai, e Justin mi accarezzò un guancia, ci baciammo per un po’ poi continuai.
- Dopo la cassettiera attaccata al muro, c’era il letto, poi la bara. Rabbrividii a quella visione, mi avvicinai, e la vidi: mia nonna, con i tratti ormai sereni, le mani che stringevano un rosario celeste chiaro, i suoi occhi chiusi, l’espressione serena, le unghie ormai annerite. Piansi come non avevo mai pianto, volevo sfiorarla solo per un attimo, ma sapevo che non potevo, mi avvicinai sembrava una bambola di cera, così perfettamente bella, ma completamente inanimata. – chiusi gli occhi morsicandomi un labbro, dissi queste ultime parole quasi sforzandomi, quasi non volessi ricordare quella bambola dai capelli bianchi, quella bambola a cui avevo dato il nome ‘Nonna’.
 

PEACH – PIT ♥
 
Buonasera fanciulle :3
Scusate intanto per l’assenza ma ho avuta un po’ da fare.
Perdonatemi per questo capitolo triste ma mi dovevo sfogare in qualche modo, scusate davvero.
Il prossimo capitolo, ve lo prometto sarà molto più allegro e lo dedicherò ad una mia amica ed il suo fidanzato!
Leggete e recensite mi raccomando :3
Sirio Dawson.

 

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