You gave me the words

di Emi Nunmul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stacked Rubbish: Gentle Lie ***
Capitolo 2: *** Stacked Rubbish: Regret ***



Capitolo 1
*** Stacked Rubbish: Gentle Lie ***


Introduzione a questa raccolta.





  Stacked Rubbish

 

 

 

· Gentle Lie


«Ho paura di poter fare un incubo.» gli dico.
Seduta al bordo del nostro letto, osservo il mio riflesso un po’ storto nello specchio dall’altro lato della stanza. Siamo illuminati dalla fredda luce dello schermo del piccolo televisore.
«Per quel che ricordo, hai più sangue freddo di me.»
Scuoto la testa. A dir la verità, non ho paura delle case infestate, né degli spettri, e neanche del demonio. Sono cose a cui non credo. Mere favolette che danno soluzione a fatti altrimenti inspiegabili. E poi, sono del parere che ci siano creature più mostruose e pericolose.
Gli incubi che infestano le mie notti, sono indicibili. Non sono posseduta, non scappo da un efferato omicida, e non devo far fronte a scene troppo cruente. Cruente a tal punto da farti vomitare le viscere.
Semplicemente, muoio.
«Non si tratta di avere sangue freddo o meno.» continuo, mentre mi stendo accanto a lui.
«Si tratta del non essere in grado di affrontare una morte mediocre, una morte nel sudicio.»
Noto il suo sguardo perplesso. Non pare sconvolto da quello che gli dico. A quanto pare gli suona come un discorso normale, ma non dev’essere consueto udirlo da parte mia.
«Dici di non aver paura della morte.»
Si sistema vicino a me, mentre tira le lenzuola fin sopra le nostre spalle.
«Io voglio morire facendo un botto.»
«Ah sì?»
«Certamente. Tutti dovrebbero piangere, disperarsi, urlare il mio nome. Non voglio morire in silenzio e consumarmi lentamente. Lo trovo dannatamente triste.»
Ride. Sono gli attimi in cui vedo il suo raro sorriso farsi spazio sul suo volto, in cui mi pento dell’aver detto che la morte non mi spaventa. Ed allo stesso tempo, non mi importa neanche di dover sparire con un ‘boom!’.
Mi scopro a sorridere lievemente, di riflesso.
«Dimmi una bugia.» gli dico. La mia voce è evidentemente dolce e supplichevole.
«Che tipo di bugia?»
«Una bugia gentile.»
«Aah…»
Porta il suo sguardo da qualche altra parte. Non ci mette molto tempo a pensare a cosa rispondermi.
«Ti amo.»
Il suo sguardo fermo, mi fa scorrere un brivido lungo tutta la schiena, mentre quelle parole, seppur false, seppur io ne sia consapevole, mi sembra che facciano in modo che qualcuno mi stia dando dei pugni allo stomaco.
«Dammi anche un bacio gentile, allora.»
Quindi ci sciogliamo fra le leggere lenzuola. Ricevo un amore che non ha a che vedere col mio, che intanto grido, sperando che conosca  parte della mia tristezza. Ma le persone non cambiano, neanche se ci si dispera battendo i pugni a terra. Poi lascio andare quelle mani.
Un’altra notte in balia di una morte mediocre e silenziosa.

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Capitolo 2
*** Stacked Rubbish: Regret ***


Introduzione a questa raccolta.



 

 

 

· Regret


«Se le fa male, deve solo stringere i denti, signorina.»
Fa male. Diamine se fa male. Però, ad essere sincera, fino ad ora è la ferita che brucia di meno.
Non vedo l’ora di poter uscire di qui ed aspettare che questo tatuaggio guarisca. È piccolo piccolo, sulla caviglia, ed è semplicissimo, senza fronzoli inutili. Porta il tuo nome, ma immagino tu non lo sappia.


«Se le fa male, deve solo stringere i denti, signorina. Ma è solo un pizzico; non dura nulla.»
Uno, due… cinque fori all’orecchio destro, tutti in una volta. Feci i piercing come i tuoi, ma immagino tu non lo sappia.

«Quale desidera, signorina?»
«Questo qui con la croce, ed anche quella collana, con il teschio al centro.»
Iniziai ad indossare dei gioielli che avevano un peso immane, per me, perché erano gli stessi che portavi tu.

«Sei sicura di volerlo comprare nero? Non sarà troppo appariscente?»
«Lo metterò fuori casa, quando mia madre non mi può vedere.»
E misi un rossetto come il tuo, tracciando le stesse linee.

«Di che colore?»
«Neri… e rossi.»
Tinsi i capelli come i tuoi.

Portai una felpa come la tua, cercai il tuo stesso smalto argentato, i tuoi idoli, i tuoi modi di fare ed i tuoi pensieri divennero i miei. Le mie lacrime diventarono simili alle tue, quando gridai il tuo nome al centro della mia stanza buia.

Ora il tuo nome è sulla mia pelle. Ci penserà quell’inchiostro, a mantenere per sempre il legame a senso unico che ci lega. Ti tengo stretto, e tengo strette le tue parole.
Come se fossi di due colori, come se fossi fatta di chiaro avorio e scura ossidiana, spero di poter diventare di un’unica tinta, tenendoti la mano, un giorno.
Non sapendolo, non volendolo, abbiamo camminato insieme.


Quando mi guardai allo specchio, dopo essere tornata dallo studio del tatuatore, riconobbi un timido camaleonte che si era tinto dei tuoi colori.
Perdendo la calma, lasciandola scivolare dalle dita, feci finta di raccogliere le tue lacrime.

Un giorno, però, tenendo strette le tue mani –una ossidiana, l’altra avorio-, mi sentii in qualche modo libera. Diventammo completamente neri, ricoperti da un qualche assurdo tipo di pittura. In qualche modo mi sembrava d’esser nuda, in modo che tu potessi vedere tutto ciò che avevo fatto in modo da ricordarti.
Quanta pena! Avrei potuto ridere di me stessa.

Tornando a gridare il tuo nome, ad inciderlo, stringendo una felpa senza alcun valore, realizzai che i sogni sono eternamente sogni, e sono pervasi da una mortale serenità.

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