Dark Fall.

di Dorothy257
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1, Message number one. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2, I'm really worried but it seems that you don't mind. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3, Here we are. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4, A waste land. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1, Message number one. ***


Dark Fall.


Capitolo 1, Message number one.    
             

 




 
Mia stava camminando per le trafficate strade di Londra, procedendo a zig-zag tra la miriade di passanti che pullulavano sui quei marciapiedi nell’ora di punta. I suoi stivali scamosciati con il tacco battevano sull’asfalto con un ritmo regolare e leggermente di fretta. Erano già le 13.25 e dopo soli quarantacinque minuti sarebbe scaduto il suo giornaliero tempo a disposizione per la pausa pranzo. Aveva deciso di tornare a casa per cambiarsi la giacca di pelle nera nella quale si stringeva nel tentativo inutile di riparasi dal freddo. Un berrettino rosso di lana calato sulla sua testa le copriva gran parte delle orecchie e rendeva ancora più lucidi ed intensi i suoi capelli bronzei.  
Svoltò a destra, rincuorata di essere entrata nella sua via. Estrasse dalla borsa un mazzo di chiavi e, a colpo sicuro, inserì quella giusta nella serratura del portone. Fece i due piani di scale quasi di corsa più per riscaldarsi che per guadagnare tempo. Una volta in casa si fece avvolgere dal tepore sprigionato dai termosifoni e, quando riaprì gli occhi, si accorse che la spia luminosa della segreteria telefonica stava lampeggiando.


Si avvicinò al mobile, vi appoggiò sopra le chiavi e premette il pulsante di ascolto.
Una voce metallica poco dopo cominciò a parlare: «Messaggio uno del Ventinove Settembre: Ciao Mia sono io Dan.», riconobbe subito la voce; si allontanò per sfilarsi la giacca, «Se ci sei rispondi, ti prego! Si sono io, tuo fratello.», qualche secondo di silenzio,«Oh speravo che fossi in casa, so cosa stai pensando,”Chiama solo quando è nei guai!”, beh sono nei guai, guai grossi! Sono ancora a Dorset, non sono il solo qui, ci sono due studenti dell’università di Weymouth: Polly e Nigel. Cacciatori di fantasmi, come Ray ci crederesti? Beh io non ci credevo. Ma adesso si.»


Mia si avvicinò alla segreteria telefonica incuriosita; non era da suo fratello parlare in quel modo. «Devi partire subito, ho bisogno che tu venga qui. Andrei dalla polizia ma mi riderebbero in faccia. Cacciatori di fantasmi!!!!! Penso che qualsiasi cosa stessero cercando li abbia trovati … e ha trovato pure me, aiutami per favore sei sempre stata brava in questo genere di cose.
Se parti subito puoi prendere l’ultimo treno da Paddington a Weymouth. Da Weymouth prendi un taxi e vai a Dowerton Station è abbandonata, ti aspetterò lì, ho davvero bisogno del tuo aiuto.», di nuovo silenzio.


«Prima arrivi meglio è, questo luogo mi sta facendo impazzire, ho cercato Polly e Nigel prima ma non sono riuscito a trovarli da nessuna parte, non se ne sarebbero andati  senza avvertire. Tutto è iniziato pochi giorni fa quando,», si interruppe, e cominciò a sussurrare: «Lo sento!! Lo sento!! È proprio fuori dalla porta!! Sussurra! Sta sussurrando il mio nome!!! Sa il mio nome devo aprire la porta, devo aprire la porta.».
Sentì il cigolio di una vecchia porta che veniva aperta, seguirono poi degli strani rumori in lontananza simili a latrati di cani e versi di pipistrelli. Poi un rumore più forte, e più vicino. Forse un battito di ali, forse qualcosa che stava strisciando o che forse veniva trascinato. Non riusciva a capirlo.

 
Mia ingoiò un paio di volte, aveva un’aria preoccupata, guardò l’orologio a muro di fronte al mobiletto: le 13.40, «Bene.», pensò. Tolse il cappotto dall’appendiabiti nell’ingresso, se lo infilò e si avvolse in una morbidissima sciarpa. Quando fu sul punto di prendere il mazzo di chiavi un occhio le cadde sulla foto che si trovava proprio li accanto. Ritraeva lei e Ray il giorno del compleanno di quest’ultimo. Un sorriso le affiorò sulle labbra e le scappò in un sussurro: «Ray…», ci vollero pochi secondi prima che realizzò quello che le stava passando per la mente ed urlare il nome del ragazzo.  
Afferrò le chiavi con impeto e si catapultò fuori dall’appartamento alla velocità della luce, facendo sbattere porta e portone.


To be continued…   

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N/A
Ed ecco qui che Dorothy si è buttata in una nuova avventura!
L'idea di pubblicare la storia mi è venuta dopo aver letto l'ultimo capitolo postato da serenity 92 nella categoria videogiochi (sez. Tomb Raider).
Come dice il titolo stesso, il racconto si riferisce all'omonimo videogioco e avevo cominciato a scriverlo (sottoforma di sceneggiatura per film *svarionavo già a quell'età!*) molti anni fa, senza mai portare a termine niente. Questa mi sembra l'occasione giusta per riprendere! :D
Che dirvi, la storia sarà un mix tra trama del gioco (quindi vi saranno riferimenti non espliciti alle soluzioni) e parti inventate da me o semplicemente riadattate.
I personaggi di Mia e Ray mi appartengono, in quanto sono usciti completamente dal mio cervellino poiché il protagonista del videogioco è solamente uno; ma io dico: "quale persona sana di mente andrebbe da sola in un posto abbandonato?". Ed ecco quindi spiegato il perché di queste due new entries!
Spero che l'idea vi piaccia e che apprezziate il lavoro sia che conosciate o meno il gioco. Inoltre (aggiungo solo questo se no poi rischio di risultare logorroica) mi farebbe molto molto molto [...] molto molto piacere se mi lasciaste un commentino per farmi sapere cosa ne pensate, consigli, insulti ecc ecc.  :)
Bacioni, Dorothy.-

   

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Capitolo 2
*** Capitolo 2, I'm really worried but it seems that you don't mind. ***


Capitolo 2, I’m really worried but it seems that you don’t mind.






Scesa nelle strade di Londra, Mia si dirigeva a tutta velocità nell’unico posto in cui avrebbe potuto trovare Ray. Dopo aver rischiato di essere investita un paio di volte ed aver maledetto le persone che continuavano a scontrarla, giunse finalmente davanti all’entrata di un negozio. Sopra la porta campeggiava un' enorme insegna riportante la scritta “Riparazioni di computer” ed una più piccola, subito li accanto: “Ma all’occorrenza anche ricercatori di fantasmi!”. Dovette inoltrarsi fin nel retrobottega prima di trovare il ragazzo. Era là, appollaiato su uno sgabello troppo piccolo per il suo posteriore mentre armeggiava con un cacciavite, o un attrezzo simile, nel modem di un vecchio computer. Indossava un tipico abbigliamento inglese, troppo elegante per il lavoro che faceva, rischiando sempre di sporcarsi. Aveva ai piedi un paio di scarpe di cuoio marrone, portava poi dei pantaloni di velluto anch’essi color terra di Siena ed un maglione blu scuro. La barba, lasciata sicuramente incolta da qualche giorno e della stessa tonalità di marrone degli indumenti, faceva ormai un tutt’uno con i capelli. Ciò faceva risaltare gli occhi chiari e vispi del ragazzo dandogli un’aria, a detta di Mia, quasi interessante.
«Hey Ray, ho assolutamente bisogno del tuo aiuto.»
«Ciao Mia! Ti si è di nuovo bloccato il computer?»
«No, peggio.», soffiò la ragazza mentre si sedeva su una sedia libera.
«Peggio? Cosa è quell’aria preoccupata? Avanti dimmi tutto.»
«Ecco io…»
«Ah ho capito! Ammettilo che ti si è rotto l’hard disc!», la interruppe.
«Potresti evitare di pensare solo ai computer e focalizzarti sul mio problema? E se avessi la gentilezza di lasciarmi finire il discorso senza intrometterti a quest’ora avremmo già terminato!», sbottò Mia facendolo ammutolire.
«Okay, non parlo più.»
«Ho ricevuto un messaggio da mio fratello…»
«Che cosa ha combinato questa volta?», domandò curioso Ray senza nemmeno essersi reso conto di averla interrotta nuovamente.
Mia lo fulminò con gli occhi, costringendolo a fargli abbassare lo sguardo ed a sbiascicare delle scuse.
«Comunque hai ragione, si è nuovamente cacciato nei guai, molto grossi a suo dire. Il fatto è che era veramente preoccupato, si trova ancora a Dorset.»
Lo sguardo interrogativo che le stava rivolgendo Ray era di fin troppo facile lettura.
«Lavora a Dorset come architetto per la ristrutturazione della stazione abbandonata di Dowerton Station e dell’hotel annesso. Comunque nel messaggio diceva di aver conosciuto due ragazzi, Polly e Nigel, due cacciatori di fantasmi.»
«Due cacciatori di fantasmi?!», saltò su Ray come se si fosse appena risvegliato da un incubo.
«Stai scherzando vero? Anzi deve essere lui quello che sta scherzando, nemmeno fosse la prima volta. È tipico di Dan fare scherzi del genere e di così cattivo gusto. Ricordi?»
Mia annuì semplicemente mentre il ragazzo continuava: «Puah! Amico di cacciatori di fantasmi lui? Ti devo mica ripetere tutti gli insulti che mi ha tirato dietro due anni fa a Natale?»
«No grazie, una volta mi è bastata. E comunque si ricordo benissimo, ma il punto è che nel messaggio dice di credere ai fantasmi e che nell’hotel si aggirano strani spiriti. Per concludere il tutto ha aggiunto anche che Polly e Nigel, qualche ora prima, erano misteriosamente scomparsi. È per questo motivo che mi ha chiesto di raggiungerlo immediatamente per aiutarlo a scoprire cosa si cela dietro questo mistero! Ma la cosa che più mi ha fatto preoccupare è alla fine del messaggio, la conversazione si interrompe improvvisamente e si sentono degli strani rumori. Io non lo so se è tutto vero o meno ma il mio sesto senso mi dice che non mentiva e che è veramente in pericolo.»
«E poi cavolo Ray, è mio fratello!», cominciò a piagnucolare,«Anche se fosse uno scherzo ho il dovere di accertarmi che stia bene. Dal momento in poi che non ha risposto al messaggio che gli ho mandato sul cellulare e nemmeno alla mail inviata al palmare. Se non credi ad una sola parola di quello che sto dicendo e mi reputi una pazza ho il messaggio registrato a casa, se vuoi te lo faccio ascoltare.»
«Va bene, ci credo, ma io come posso aiutarti?» le rispose dolcemente il ragazzo che nel frattempo si era alzato nel tentativo di confortarla.
«Beh, ecco,tu hai molte apparecchiature adatte a questo tipo di situazione e poi sei molto esperto del campo», si fermò un attimo, per soppesare bene le parole mentre Ray la guardava sempre con fare interrogativo. «Dobbiamo prendere il treno da Paddington a Weymouth e poi un taxi fino a Dowerton Station…», aggiunse poi facendo la vaga e nascondendo un sorrisino. Venne interrotta, di nuovo, ma questa volta con un ottimo pretesto.
«Alt, alt, alt. Aspetta un attimo, come sarebbe a dire noi?»
«Che tu vieni con me?», chiese con il tipico sorriso di coloro che hanno combinato qualcosa di grosso.
«E per quale motivo sentiamo?»
«Perché sono la tua migliore amica e mi vuoi tanto bene?»
Ray alzò un sopracciglio. Davvero credeva potesse convincerlo con questa scusa banale?
«Perché sei il mio migliore amico e ti voglio tanto bene?», ritentò.
Il ragazzo alzò il sopracciglio ancora di più, fino al limite. «Oh andiamo Mia, puoi fare di meglio!»
«Perché il tuo aiuto è indispensabile, perché insieme formiamo una bella squadra e perché potrebbe essere anche la tua occasione per farti notare, pensaci bene!», disse tutto d’un fiato.
«Lo sai che non c’era bisogno che tu mi convincessi, vero?», disse Ray con un ghigno.
«Grazie, grazie, grazie!», e lo abbracciò.
«Comunque dovremmo aspettare domani mattina l’ultimo treno sarà ormai già partito e…»
«L’ultimo parte tra tre ore!»
«Quindi?», chiese un po’ meno tranquillo.
«Quindi ci vediamo fra un'ora e mezza sotto casa mia con attrezzature e qualche ricambio poi prendiamo un taxi ed andiamo a Paddington, capito tutto?»
«Capito tutto, ma spera per te che non sia una messa in scena.», la avvertì.
«Oh andiamo, amicone mio, lasceresti veramente andare da sola una ragazza in un luogo abbandonato da anni? Nah, a dopo! E vedi di non fare tardi.», ed uscì dal negozio.
«A-abbandonato?», deglutì rumorosamente, pentendosi già di aver ceduto all’amica.



To be continued…




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Buongiorno!!!!!!! :) Ed eccoci con il secondo capitolo! Dal prossimo la storia entrerà nel vivo, promesso!
Sarebbe veramente importante se mi faceste sapere cosa ne pensate! E non storcete il naso solo perché è nella sezione videogiochi, di quest'ultimo la storia avrà ben poco. Davvero non vi sembrerà nemmeno basata su quello, soprattutto se poi non lo conoscete.
P.s. Buon anno!!!!!!!!!!! :) Bacioni, Dorothy.- :D
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3, Here we are. ***


Capitolo 3, Here we are.
 


 
 
Un ora e mezza dopo circa.

 
 
Puntuale come un’ orologio Mia scese in strada. Portava con se solamente una borsa da viaggio verde acido di media grandezza a tracolla ed un giaccone pesante nel caso a Dorset facesse ancora più freddo che a Londra.
Il taxi era già fermo sul ciglio della strada in attesa, Mia caricò il suo unico bagaglio e si guardò attorno in cerca di Ray che, come suo solito, dava proprio l’impressione di essere in ritardo. Diede poi nuovamente un’occhiata all’orologio e sbuffò a bassa voce: «Le 15 e 40, diavolo Ray dove sei? Perché vuoi sempre farmi andare di corsa?»
«Eccomi!! Arrivo!!!», gridò qualcuno come se fosse riuscito ad udire il sussurro di lei.
La ragazza tirò su la testa e strabuzzò gli occhi per poi scoppiare in una fragorosa risata, «Ma quanta roba ti sei portato?», disse ancora ridendo alla vista dell’amico che arrancava sotto ad un quantitativo di borse che avrebbe fatto facilmente concorrenza ad una ragazza.
«Ah, ah, simpatica come sempre, vuoi il mio aiuto o no? Le cose o si fanno bene o non si fanno, questa è solamente una piccola parte di tutte le attrezzature che ci potrebbero servire, e credimi, sto mettendo a repentaglio tanti, tanti, tanti soldi, che mi ridarà ovviamente tutti tuo fratello nel caso subissi qualche danno.», ghignò il ragazzo.
«Dai sali in macchina.», si arrese Mia, dimenticando completamente la ramanzina che aveva in mente di fargli per il ritardo.
«Il lavoro?»
«Tutto ok, ho avvertito che questo pomeriggio non sarei tornata e  mi sono presa qualche giorno di ferie, te il negozio? L’hai affidato a qualcuno?»
«No figurati, ho solo lasciato scritto sulla vetrina che sarei stato irreperibile per qualche giorno, tanto i clienti sono sempre pochi e sempre quelli, forse dovrei proprio togliere quell’ insegna aggiuntiva, la gente è restia ad entrare, pensano che sia fuori di testa, ed è molto probabile che lo sia visto che ti sto accompagnando in questa “ avventura” che non mi piace proprio per niente.», disse il ragazzo mimando le virgolette in aria.
«Ray?», gli strinse la mano.
«Mmh?»
«Grazie», e sorrise.
«Non dirlo neanche.», concluse sorridendole di rimando.
 

 
Il taxi partì alla volta della stazione bloccandosi dopo nemmeno cento metri per il traffico che intasava le strade della capitale, infondo il previdente anticipo di Mia era ben giustificato.
Una volta a Paddington la situazione non era per nulla migliorata, le persone camminavano velocemente ed imperterrite verso ogni direzione, bastava voltare leggermente il capo ed ovunque si guardasse ne spuntavano di nuove chissà da dove.
Sempre arrancando sotto al peso dei bagagli, divisi quasi equamente tra i due amici, giunsero di fronte al tabellone degli orari dei treni in partenza.
«Allora, allora, il treno è quello delle 17.05 ed è il numero seicentosessantasei, quindi…»
«CHE COSA?», urlò il ragazzo facendo trasalire la vecchietta accanto a lui.
«Cosa che cosa?!», strabuzzò gli occhi.
«Il, il, il num, il nu…»
«Sei diventato balbuziente all’improvviso?», disse la ragazza cercando di trattenere le risate che sapeva sarebbero arrivate da li a poco.
«Seicentosessantasei! SEI SEI SEI!»
«E allora?», era davvero diventato insostenibile trattenersi dallo sganasciargli in faccia.
«Il numero del Diavolo! Torniamo a casa Mia, ti prego, non promette per niente bene!», la supplicò quasi mettendosi in ginocchio.
«E tu saresti un cacciatore di fantasmi?», il ragazzo annuì semplicemente.
«Sei tutto un programma Ray», lo scosse e continuò calcando la voce, «Stavo dicendo, prima che qualcuno mi interrompesse piagnucolando come una bambina, e non faccio nomi, che il treno parte dal binario..», scorse velocemente gli occhi sul tabellone, «Binario numero sette! Andiamo dai!».
«Sette? Sette come le vite dei gatti! Di bene in meglio proprio.», mugugnò il giovane mentre si incamminavano, sbandando sempre per il peso delle valigie, verso il binario.
«Sei diventato anche superstizioso ora?», disse Mia con tono scherzoso, e scoppiarono entrambi in una risata.
 
 


 
Mia? Mia dove sei? Ti prego fatti vedere. Dimmi dove sei. Devo sapere dove sei. Ho bisogno di te. Ho bisogno del tuo aiuto, sono nei guai, guai grossi Mia! Fantasmi, fantasmi, sono sicuro, sono fantasmi! Non so quanti siano a dir la verità, ma a me sembrano tanti, troppi. Mi stanno cercando, mi vogliono! Vogliono anche me. Ti prego aiutami. Ho paura. Ho tanta paura. Devi partire subito, questo luogo mi sta facendo impazzire, ho provato a cercare Nigel e Polly prima ma non sono riuscito a trovarli da nessuna parte. Li hanno trovati, li hanno presi loro! Ho paura Mia. Vieni qui ti prego.
Li senti, li senti? Il mio nome, stanno sussurrando il mio nome! Cos’altro sapranno di me?
Lo senti questo rumore? Sono loro? Sembrano cani che abbaiano in lontananza, sembrano gatti che grattano sulla porta per cercare di aprirla, sembrano serpenti che strisciano viscidi sul pavimento. Li senti Mia? LI SENTI?    
Sono proprio qua fuori. Mi hanno trovato. Mi vogliono, devo andare da loro. Devo aprire la porta.
 
 


 
 
«NO! Non aprire la porta!», urlò la ragazza.
«Che è successo?!»
Un brivido percorse la schiena di Mia, si guardò attorno spaesata con gli occhi spalancati per capire dove fosse e da dove provenisse quella voce, ma era ancora seduta al proprio posto sul treno.
«Io.. io… », aveva la voce rotta dal fiatone ed il petto sussultava per il battito accelerato. Si passò una mano sulla fronte e sugli occhi. Nonostante avesse freddo era sudata marcia. Raccolse le idee per una decina di secondi e poi capii cosa era successo.
«Io, io credo di aver avuto un incubo.», corrugò la fronte confusa.
«Credo anche io, tutto ok ora?»
Sempre fissando il pavimento con aria concentrata ma allo stesso tempo smarrita Mia annuì con il capo.
«Sicura di stare bene?», alzò un sopracciglio, poco convinto.
«Si, credo di si.», sforzò un sorriso.
Stava bene davvero? Cosa era successo qualche minuto prima? Si sentiva strana, confusa, completamente stordita. Peggio di un post-sbornia. Mia? La voce di suo fratello, perché aveva sentito la voce di suo fratello? Si sarà trattato sicuramente di un sogno, quel messaggio in segreteria l’aveva nettamente sconvolta. Però perché si sentiva così strana? Probabilmente era colpa di Ray e di tutte le sue teorie sui collegamenti telepatici. Era sicura che se gli avesse raccontato l’incubo lui avrebbe subito affermato che suo fratello aveva cercato di mettersi in contatto con lei. Stupidate, questo non era possibile. Si, stupidate.

 
«Weymouth, è la nostra fermata.», la voce del ragazzo seduto accanto a lei la destò dai suoi pensieri.
«Bene, l’ora X si avvicina.»                
 
 
«Lo sai che continuo ad essere sempre più convinto di aver fatto una pessima idea a farmi convincere da te?»
«Dai Ray non essere così drastico, andrà tutto bene.», disse la ragazza, più per convincere se stessa che l’amico, mentre apriva la portiera di un taxi per poi accoccolarsi sul sedile di pelle.
«Allora, dove vi porto di bello?», canzonò il conducente.
«A Dowerton Station per favore.»
«Agli ordini!», e partì ghignando.

 
Dopo una decina di minuti l’aria dentro alla vettura era diventata pesante ed irrespirabile. La tensione era insostenibile, non lo avrebbero mai ammesso ma entrambi erano davvero preoccupati di quello che avrebbero potuto trovare ad attenderli alla stazione di Dowerton.
«Perché andate in quel luogo infestato di Dowerton Station?», chiese sfacciato l’autista.
«Infestato? Lei come lo sa?», sbottò Mia come risvegliata da un sonno profondo.
«Mia madre ha lavorato li qualche anno fa ma poi si è licenziata perché accadevano cose molto strane, diciamo spiritate!»
«Quindi accadevano anche in passato effetti paranormali.», sussurrò a Ray.
«Ragazzi siamo arrivati, io vi lascio qui e torno subito indietro, non mi spingo mai oltre, non vorrei mai finire in pasto a uno di quei lenzuoli bianchi!», e scoppiò in una risata poco rassicurante.
«Grazie mille!». Dissero in coro scaricando i bagagli e pagando il pedaggio.
L’auto fece inversione facendo scricchiolare le ruote sul terriccio misto a pietrisco.
«Buona fortuna!», e scoppiò in una risata sinistra, ancora più forte di quella precedente e, ovviamente ancora meno rassicurante.
«Simpatico non trovi?», chiese ironico il ragazzo.


 
Nonostante fosse appena sera sembrava notte inoltrata, piccole luci rischiaravano a malapena il buio che li circondava. Riuscivano appena a distinguere un piccolo sentiero che partiva davanti a loro e che si inoltrava all’interno di un campo di erba alta visibilmente trascurata da anni ma che un tempo era stata sicuramente tagliata alla perfezione, come ogni giardino inglese che si rispetti.
La vegetazione secca impediva ancora ai ragazzi la vista della struttura ed il vento freddo che soffiava faceva muovere l’erba in un moto ondoso che rendeva loro più difficile la traversata.
Finalmente riuscirono ad uscire da quella trappola vivente e la visuale si aprì dinanzi ai loro occhi lasciandoli a bocca aperta.  
«Carino questo posto, un po’ inquietante ma carino.», disse Ray guardandosi intorno. 
 
 
To be continued…




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Ok, lo so, fa schifo. Ma hey, come dice il titolo, "here we are", e dal prossimo si cambia totalmente. Si entrerà subito nell'atmosfera "molto carina" che circonda Dowerton ;)
Ho dovuto apportare due piccole modifiche nel finale del capitolo precedente perché se no i tempi non coincidevano ed alcune cose erano materialmente impossibili da realizzarsi. :)
Un ringraziamento particolarissimo a Mora18 che mi riempie sempre di gioia. :'3  :'3  :'3
Un bacione, Dorothy.


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Capitolo 4
*** Capitolo 4, A waste land. ***


Capitolo 4, A waste land.
 
 


«Carino questo posto, un po’ inquietante ma carino», disse Ray guardandosi intorno.
«Si riuscisse a vedere qualcosa. È troppo buio qui. Ne vuoi una?», chiese Mia allungando una torcia all’amico dopo aver frugato nello zaino.
«Addirittura due?», deglutì rumorosamente Ray.
«Sorpreso? Cosa ti aspettavi? Pannelli solari e acqua calda? È un posto abbandonato da anni, sarà già tanto che ci sia l’acqua» scherzò lei.
«Di bene in meglio. Prova a chiamare Dan» suggerì il ragazzo.
Mia annuì e selezionò velocemente il contatto di suo fratello dalla rubrica del telefono.
«Non c’è campo» disse in preda allo sconforto. «Spero stia bene».
«Tranquilla Mia, lo troveremo. Ora cerchiamo qualcosa che possa illuminare un po’ di più questo tugurio».
I due si guardarono attorno, con occhi stretti in piccole fessure cercavano di scrutare nel buio, leggermente rischiarato dalla luce delle torce, un modo per attraversare i binari.
Si trovavano su una delle due banchine, sotto i loro piedi il legno marcio e mezzo mangiucchiato dagli insetti cigolava ad ogni minimo movimento. Davanti a loro un’altra banchina, in mezzo, a un metro di profondità si estendevano due binari di metallo arrugginito. Entrambi si inoltravano in due gallerie buie e scure come buchi neri: una a prima vista interminabile, l’altra corrispondeva alla lunghezza della costruzione che vi si ergeva sopra: l’Hotel della Stazione.
«Ok, abbiamo due possibilità, o attraversiamo i binari arrampicandoci sulla banchina o entriamo in quella porticina di ferro e passiamo per l’albergo».
«Io senza luci là dentro non ci entro» rispose categorico il più pauroso dei due.
«D’accordo» disse Mia e si avvicinò al limite del marciapiede. Con un balzo felino atterrò poco distante dalla prima lastra di metallo.
«E se passasse un treno?» chiese Ray improvvisamente preoccupato.
«Non ne circolano da anni, tranquillo. Passami un po’ di valige che ti aiuto a scendere».
Dopo vari “viaggi”, traslochi e movimenti più o meno agili i due ragazzi riuscirono a salire sulla banchina opposta. Nell’ultima traversata Mia notò qualcosa brillare nell’oscurità della galleria apparentemente senza uscita.
«Aspetta Ray, ho visto qualcosa qui dentro»
«Cosa?»
«Macchie bianche, voglio controllare».
Dirigendo il fascio di luce verso il suolo, Mia si inoltrò cautamente all’interno della vecchio tunnel in mattoni. Notò subito barili di ferro usurati negli anni e vagoni in legno abbandonati. Ma ad attirare la sua attenzione fu un pezzo di giornale dell’epoca, ingiallito dal tempo e strappato ai bordi.
«Ray guarda! Un ritaglio di un giornale del ’43. Parla della stazione!» disse appena raggiunse l’amico che l’aveva aspettata fuori da quella specie di trappola senza fine.
«“Sei persone scomparse in un albergo. La polizia è sconcertata dal caso delle sei persone scomparse a Dowerton. Nella dichiarazione rilasciata si dice che gli inquirenti sospettano che il proprietario, George Crabtree, sia implicato nel mistero. Il medico del paese, Alexander Robert, gli ha prescritto forti sedativi e sonniferi in questi mesi”. Sei persone scomparse? Questo tuo fratello non lo aveva precisato!»
«Sette persone scomparse, sono sette. Ascolta: “Ricercato il proprietario. Gli abitanti del luogo interpellati hanno detto che non si aspettavano che gli ospiti fossero in pericolo con il Sig. Crabtree, ma hanno ammesso che ultimamente si comportava in modo strano. Bertie Jones, il macellaio, ha detto che è sempre stato un po’ strambo. Si continuano le ricerche per quella che sembra essere la settima scomparsa”. Dobbiamo scoprire cosa c’è sotto».
«Dice altro?»
«No, è stato strappato prima della fine dell’articolo e sembra bruciato ai bordi».
Uno squillo di cellulare ruppe la tensione tra i due e riempì l’aria stagnante e surreale che li circondava.
«Pensi che sia Dan?» chiese speranzosa Mia alla ricerca del telefono nello zaino.
«Non avevi detto che non c’era campo?»
«Infatti, non c’è segnale, ma un numero sconosciuto mi sta chiamando»
«Non rispon…»
«Pronto?» chiese titubante Mia una volta portato l’apparecchio all’orecchio in modo tale che anche l’amico riuscisse a sentire.
Una voce limpida ed allegra da ragazzino rispose dall’altro capo, lasciandoli attoniti e a bocca aperta.
«Ehi! Siete di Londra, vero? Siamo venuti via da Londra, un paio di anni fa, nel ’41. Me lo hanno detto i dottori, l’aria era troppo cattiva per me e mio padre. Problemi di respirazione, eh sì. La stazione non è sempre stata così, un tempo era luminosa, frenetica e piena di gente. Credo l’abbiano chiusa, non ricordo il perché, non riesco mai a ricordare molte cose. Posso vedere anche gli altri quindi forse posso aiutarti. Penso che gli altri sperino che tu possa dargli una mano. Uno di loro ti conosce, è tuo fratello vero? È quello nuovo, appena arrivato. È un po’ confuso, anche io lo ero all’inizio ma poi ti abitui. A proposito mi chiamo Tim, Timothy Pike. Di solito vengo qui nella galleria, sui binari, o sul cavalcavia a giocare. Mi piace guardare i treni. Ma non ci sono treni, non più. Senti non dire a mio padre che sono qui, mi ammazzerebbe, non so se capisci… Comunque sia vi conviene accendere un po’ le luci o saranno guai per voi. C’è un capanno degli attrezzi da queste parti, credo che gli interruttori siano là. La luce sarà la vostra compagna in questo posto. Sapete, si nasconde nel buio. Più tardi capirete…»
I due amici si guardarono interrogativi e sconcertati con ancora il cellulare a mezz’aria. Non essendo totalmente convinta che la chiamata fosse terminata, Mia controllò velocemente il display ma la rete del suo telefono di ultimissima generazione non dava segni di vita.
Si guardarono di nuovo, indecisi se pronunciare ad alta voce quella domanda che li tormentava da qualche minuto. Un fruscio rapido ed improvviso quanto forte e spaventoso interruppe quella loro muta conversazione e li fece voltare, ancora in mezzo ai binari, verso la banchina dalla quale erano scesi.
«Ehy! Chi c’è lì?» domandò Mia rivolgendo il fascio di luce verso il legno scuro e facendolo vagare nei dintorni.
«Siamo armati, non ci fai paura!» disse con finto tono coraggioso l’altro.
«Ray ma che dici non siamo in un film, smettila di fare lo scemo pauroso», lo ammonì la ragazza riabbassando la torcia, «credo sia stato il vento o qualche animale selvatico, nulla di cui preoccuparsi».
«Sì certo fai tanto la ragazza spavalda ma poi quando piangerai dal terrore non venire da me a farti consolare!», e concluse, «comunque vento o non vento hai sentito che ha detto quel ragazzino, meglio accendere qualche lampada ad olio in questo posto uscito dalla preistoria o sarà peggio per noi».
Con un sospiro di sconforto raggiunsero le loro numerose valigie. Decisero di non proseguire per la banchina, a detta di Ray troppo buia e di poco interesse dal momento che aveva solo porte che conducevano all’interno della stazione e lui si rifiutava categoricamente di entrarci senza aver prima acceso le luci. Optarono quindi per svoltare a destra e seguire l’indicazione “Toilets” che avrebbe portato, in ogni caso, in un luogo di immediato utilizzo. Appena svoltato l’angolo si trovarono davanti un piccolo slargo rettangolare. Sul muro in mattoni a sinistra vi erano due porte in legno: una per il bagno degli uomini, l’altra per quello delle donne. Davanti a loro utensili di vario genere e datazione storica erano ammassati contro un’alta staccionata che delimitava la proprietà della stazione. Leggermente a sinistra un casottino in mattoni e lamiere di metallo chiaro risaltava nell’oscurità e riportava sulla propria porta la scritta “Capanno degli attrezzi” e il simbolo giallo dell’alta tensione.
«Bingo! Direi proprio che l’abbiamo trovato!» esultò la ragazza e si diresse spedita ad aprirne la porta cigolante.
«Em, Mia io credo che ti aspetterò qui a controllare che non arrivi nessuno, ok?».
«Come vuoi», rispose la ragazza mentre stava per addentrarsi nel buio del capanno. Ray si guardò attorno fischiettando nervoso e senza pensarci un secondo in più si precipitò all’interno dello stesso blaterando frasi sconnesse su quando fosse meglio rimanere assieme.
«Ok, ok ma potevi anche evitare di chiudere la porta! Già con sta puzza si respira poco, se poi finisce anche l’aria!» si lamentò la ragazza.
«Guarda che io non ho chiuso proprio niente!»
«Come no, lo dici solo per spaventarmi e farmi credere che si sia chiusa da sola».
«Lo giuro non sono stato io! AHHH AIUTO qualcosa di viscido mi ha toccato la guancia! Ti prego usciamo in fretta!»
«Stai tranquillo è solo la cordicella della lampadina», sentenziò illuminando il filo pieno di polvere e muschio che penzolava dal basso soffitto appena poco distante dal volto di Ray, «adesso tiriamo la corda e BAM luce fu! Meglio, non trovi?» ridacchio guardandosi intorno e spegnendo la torcia.
«Sembrava più spazioso visto da fuori, i muri devono essere molto spessi. Ah ecco, questo dovrebbe essere il quadro elettrico generale». Si riferiva a due piccole ante in legno mezzo ammuffito, le aprì scoprendo due manopole. Il ragazzo le sollevò e spostandole verso il basso fece accendere cinque spie verdi posizionate poco distanti dall’anta di destra.
«Bene, ora dovrebbero essersi accese le luci in tutta la stazione, hotel compreso. Andiamo a verificare?» Mia annuì sorpresa all’improvvisa intraprendenza dell’amico, probabilmente l’aver risolto il problema delle luci gli aveva infuso coraggio.
 
«Bello schifo!»  
«In effetti tutti i torti non li hai Ray».
E non li aveva davvero, la stazione era sì più illuminata ma il suo aspetto non era migliorato, anzi il decadimento, la sporcizia e la bruttezza della costruzione erano ancora più evidenti. Il marciume e la ruggine ne facevano da padrone; la facciata dell’Hotel della Stazione si ergeva per tre piani ed era bucata da numerose finestre, alcune delle quali rotte e altre non illuminate, la struttura era in mattoni rosso scuro ma dava l’idea di crollare da un momento all’altro. La banchina sulla quale si trovavano Mia e Ray aveva un porticato in tenda che in passato doveva essere stata di colore bianco e ad illuminare lo stretto pavimento quattro lampioni, uno dei quali si accendeva e spegneva in continuazione dando al tutto un’aria ancora più surreale.
«Beh almeno ci sono le stelle! Prima non me ne ero accorto!» e una risata smorzò l’atmosfera cupa attorno a loro. Ma ben presto tornò a fare capolino quella domanda che si erano posti silenziosamente qualche decina di minuti prima.
«Mia secondo te è stato solamente uno scherzo telefonico quello di poco fa?»
La ragazza sospirò e guardando l’insolito cielo stellato con occhi lucidi rispose all’amico: «Non lo so, davvero. Ma ho paura di no».
 
 
To be continued…

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Ebbene sì, dopo ben quasi sette mesi torno ad aggiornare Dark Fall. Chiedo scusa ma tra scuola, maturità e relax estivo non ho avuto tempo/voglia/ispirazione per scrivere. Avendo comunque quasi mezzo capitolo pronto da un mesetto oggi mi sono auto-imposta di finirlo ed eccolo qui! :D 
Spero che non vi siate dimenticati della mia storia e chi lo sà, magari si aggiungerà qualche nuovo lettore! :) 
Grazie a chi legge e chi recensisce!
A presto! Dorothy.-

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