Vox

di NoceAlVento
(/viewuser.php?uid=162092)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ouverture ***
Capitolo 2: *** Buonanotte Lacunosa ***
Capitolo 3: *** Sfida alla leggenda ***
Capitolo 4: *** S come segreti ***
Capitolo 5: *** Destini intrecciati ***
Capitolo 6: *** Catarsi ***
Capitolo 7: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Ouverture ***


Vox

Dedico questo racconto al mio gatto Fafnir, scomparso prematuramente durante la stesura del secondo capitolo. Come avrei voluto scrivere sull'urna delle tue ceneri, questo è stato proprio uno scherzo da te.


~Premessa~

Non è facile scrivere di Unova. Si tratta di una regione che ha tante, troppe sfaccettature, e che ciononostante manca di quel quid che la classificherebbe come la migliore esistente – titolo che, per quanto mi riguarda, detiene ancora Hoenn. Non ha l’ampiezza di Sinnoh, né quell’aura di arcaicità che caratterizza Kanto, e ovviamente non è abbastanza varia da poter competere con Hoenn. D’altronde vi sono diverse buone ragioni per ambientare Vox qui.

La prima è, chiaramente, la novità: Unova è priva di quei preconcetti, quelle caratteristiche che uno individua già dal nome, che per esempio elevano immeritatamente Johto sopra le altre. Non esiste, non so per quanto tempo ancora, una parola, una frase per classificare Unova, per definirla con economia di termini. Se infatti Pallet è forzatamente immaginata con le usuali quattro case a quadrato, lo stesso non si può dire di Nuvema. Questo può essere uno svantaggio per scrittori abituati a ragionare per nostalgia o al più a ignorare i paesaggi; non lo è per me.

In secundis, non mi sono mai trovato a mio agio nello scrivere con ambienti già fissi. La stessa Aequor, che prendo più o meno sempre a modello per le mie storie, rinuncia a tutte le costrizioni imposte da Kanto e ridisegna una S.S. Anne spesso distante dalla sua rappresentazione nei videogiochi. Inutile dire che lavorare con una regione di così ridotte dimensioni come Unova era infattibile se non modificandola. Riallacciandomi dunque al primo punto, quando leggerete di Nuvema non immaginatela come appare in B/W: gli ambienti principali sono stati ricostruiti per necessità mie e rispecchiano luoghi in cui sono stato piuttosto che le controparti di tali ambienti nei giochi. L’atmosfera generale sarà quella nota, ma i particolari saranno verosimilmente differenti rispetto a quelli reali.

Come per Aequor, i nomi usati per indicare i luoghi saranno quelli americani: qui troverete dunque una legenda che comprende le loro traduzioni in italiano. Saranno citate solo le nomenclature con una certa rilevanza nella storia, quindi per esempio le sigle dei giochi citati nel commento finale o nella premessa non saranno inserite – d’altronde, si presume che si conoscano già. Le mosse saranno l’unico caso in cui scriverò in italiano, principalmente perché i nomi inglesi mi ricordano troppo il battling competitivo e il mio è un racconto, non uno sterile elenco.

I capitoli usciranno a cadenza irregolare, dipende da quando mi sembrerà giusto pubblicarli; garantisco comunque che i tempi di attesa non supereranno la settimana salvo importanti imprevisti, e che questa storia giungerà al suo termine. Vi auguro buona lettura.


Novecento



~Legenda~

Abundant Shrine: Tempio Abbondanza.

Abyssal Ruins: Rovine degli Abissi.

Anville Town: Roteolia.

Azalea Town: Azalina.

Battle Subway: Metrò Lotta.

Bianca: Belle, rivale femminile di Bianco e Nero.

Black City: Città Nera.

Castelia City: Austropoli.

Casteliacone: Conostropoli, che non è una città ma lo stand del gelato di Austropoli.

Celadon City: Azzurropoli.

Cheren: Komor, rivale maschile di Bianco e Nero.

Cianwood City: Fiorlisopoli.

Cinnabar Island: Isola Cannella.

Desert Resort: Deserto della Quiete.

Dragonspiral Tower: Torre Dragospira.

Driftveil City: Libecciopoli.

Entralink: Intramondo.

Giant Chasm: Fossa Gigante.

Goldenrod City: Fiordoropoli.

Hilbert: Alcide, protagonista maschile di Bianco e Nero.

Hilda: Anita, protagonista femminile di Bianco e Nero.

Icirrus City: Mistralopoli.

Lacunosa Town: Fortebrezza.

Lilycove City: Porto Alghepoli.

Marvelous Bridge: Ponte Meraviglie.

Mistralton City: Ponentopoli.

Lostlorn Forest: Bosco Smarrimento.

Nacrene City: Zefiropoli.

Nimbasa City: Libecciopoli.

Nuvema Town: Soffiolieve.

Olivine City: Olivinopoli.

Opelucid City: Boreduopoli.

Pacifidlog Town: Orocea.

Pallet Town: Biancavilla.

Pokémon League: Lega Pokémon.

Route: Percorso.

Royal Unova: Nave Reale Unima.

Saffron City: Zafferanopoli.

Skyarrow Bridge: Ponte Freccialuce.

Snowpoint City: Nevepoli.

S.S. Tidal: M/N Marea, traghetto che collega Selcepoli e Porto Alghepoli.

Striaton City: Levantopoli.

Sunyshore City: Arenipoli.

Twist Mountain: Monte Vite.

Undella Bay: Baia Spiraria.

Undella Town: Spiraria.

Unova: Unima.

Village Bridge: Ponte Villaggio.

Wellspring Cave: Falda Sotterranea.

White Forest: Foresta Bianca.

I: “Ouverture”

È necessario prestare attenzione quando si parla di una regione. Vi è sempre quella categoria di persone che si sente offesa nel leggere di un luogo senza veder citato quello che preferisce, quella categoria che ha il compulsivo bisogno di sentire costantemente elogiata la sua idea prima ancora di ascoltarne altre. Non ho intenzione, tuttavia, di ridurre i meriti di Unova solo perché qualche turista poco avveduto preferisce Goldenrod a Castelia, Cianwood a Undella o Azalea ad Anville, tanto più che non ho scelto io che la storia che vado a raccontare si sia svolta lì. Detto questo, Unova è semplicemente maestosa.

La veduta aerea ricorda più una nicchia, una baia dipinta di verde, che una regione aperta al mondo; probabilmente ciò avviene a causa delle montagne ghiacciate ai lati. Spiccano subito alcune locazioni precise: Castelia a sud con l’immenso Desert Resort che la limita nella zona superiore; il lago centrale che fornisce l’accesso alla foresta dell’Entralink; i cinque ponti che attraversano le zone d’acqua collegando virtualmente l’intera regione; la piccola cittadina di Anville, immersa nel verde e spiritualmente isolata; la fortificata Lacunosa, forse uno dei villaggi più tradizionali che abbia visitato insieme al Village Bridge; infine la Pokémon League che domina prepotentemente l’intera Unova, coronando la regione.

Una delle peculiarità che ho sempre trovato interessanti di questo luogo è che non solo il clima sembra cambiare con il passare delle stagioni. È una sensazione difficilmente descrivibile per chi non vi è stato, ma le stesse persone che lo abitano danno l’apparenza di mutare d’umore con il trascorrere del tempo. In autunno i colori spenti suggeriscono la vivacità dell’estate che si avvia verso il suo triste epilogo, rimandando a un’allegria che ancora non è terminata ma che si sta assopendo, soffocata dai manti di foglie che scricchiolano al passaggio; d’inverno un alone celeste sembra invadere l’aria, gelando le paludi di Icirrus e tingendo di bianco la Twist Mountain, mentre i più fremono e rimpiangono il caldo sole estivo; la primavera riaccende le speranze che la neve aveva silenziato, i fiori tornano a coprire i prati del Route 1 e l’atmosfera pare farsi più respirabile, più viva, dimentica della grigia malinconia che fino a poco tempo prima le nubi portavano con sé. Ma l’estate, l’estate le supera tutte.

Non esiste stagione in cui non la si sogni. D’autunno per rimpianto, d’inverno per utopia, in primavera per il naturale desiderio con cui si guarda al prossimo futuro: l’estate è la regina, e tutto cambia con essa. A Undella il mare spumeggia, riflette i raggi del sole accecando i turisti che affittano una villetta nelle vicinanze della spiaggia, e le sue onde che si infrangono assumono un suono del tutto nuovo alle orecchie delle persone; a Castelia le strade si riempiono di gente che parla, si emoziona, vive, magari anche nell’ingenua innocenza di chi, senza sapere ciò che significa per i più sensibili a ciò che li circonda, pensa semplicemente di stare andando a fare compre; di sera a Nuvema i grilli scacciano con arroganza il silenzio che tanto ricorderebbe la neve che ovatta i rumori, mentre alcuni abitanti si dilettano in passeggiate notturne aggirandosi per i vialetti circondati dal verde. Tutto rinasce, tutto è visto sotto nuova, splendente luce, la felicità spadroneggia per tre mesi, e l’inverno non è più una dura realtà ma un pericolo lontano e quasi impensabile.

Tutti, almeno una volta, hanno desiderato di poter vivere dove è sempre estate.


Driftveil City è uno dei maggiori porti di Unova. Non è esattamente ciò che si definirebbe meta turistica, ma per una ragione o per l’altra è il centro pulsante della regione, il quartier generale. Si può dire che, anche se in senso differente rispetto a città come Olivine o Lilycove, il mare sia il vero protagonista nella vita degli abitanti del luogo: tra i velisti che viaggiano sul mare attratti dalle forti correnti che spirano in questa zona si fanno strada navi cargo e pescherecci che costituiscono la fonte per la maggior parte delle materie prime che circolano in Unova. Tali beni vengono sia portati negli angoli più remoti della regione sia smerciati nel mercato che si trova a ovest del porto. E lì la storia che mi accingo a raccontare ha veramente inizio.

In estate tutto cambia, dicevo prima: il mercato non fa eccezione, e infatti non è più chiuso ma aperto, lasciando respirare i compratori al suo interno. Immediatamente questi ultimi aumentano in numero, non limitandosi più alle madri che riforniscono la propria dispensa bensì a una vasta folla di persone di ogni risma proveniente da vari punti di Unova. La nostra attenzione deve però posarsi su due di questi, due quindicenni. Uno, con cappello e cuffie nelle orecchie, si chiamava Hilbert; l’altro, con occhiali e giacca, Cheren.

« Domani a mezzogiorno, quindi? » domandò il secondo « Non è troppo tardi? ».

« Fosse per te ti sveglieresti alle due del pomeriggio. Ritieniti fortunato che non abbiamo fissato per quell’ora la partenza ».

Si fermarono a una bancarella. « Ho detto tardi, non presto ».

« Il che significa che oltre ad essere pigro cerchi anche di nasconderlo. Bravo, continuiamo così » disse Hilbert con un sorriso che sapeva di beffa sul volto.

« E quando saremo… vuoi toglierti quelle cuffie? Danno sui nervi ».

« Ma ti sento, eh ».

Cheren, notando che era venuto il suo turno, si avvicinò al venditore « Sì, buongiorno, mi dia una dozzina di bottiglie di Moo Moo Milk… Hilbert, toglitele, infastidiscono, sembra che non te ne freghi niente di quello che dico ».

« Per l’appunto » rispose Hilbert, poi, vedendo che il suo amico non accennava a scherzare, le sfilò dalle orecchie « Contento? Ora dimmi ».

« Quando arriveremo a Undella? ».

« Se c’è bel tempo come penso che mezz’ora dovrebbe bastare in volo ».

Cheren allungò una mano verso le bottiglie « Mille grazie, quanto… ? 6.000P, speriamo di averli o dovrò darne una da 20.000… E se per caso scendesse un nubifragio? O più semplicemente fosse brutto, a te la scelta ».

« Con un treno direi un’ora e un quarto approssimativamente ».

« Sì, li ho, ecco a lei. Arrivederci! … Dio ce ne scampi. Speriamo ci sia buona visibilità aerea domani o in quel treno morirò prima di arrivare ».

« Magari hanno risolto quei problemi con l’aria condizionata » commentò Hilbert « Magari no ».

« Propendo per la seconda ».

« Piuttosto, hai finito qui? ».

« Penso di sì, fammi controllare… » Cheren estrasse un foglio dalla tasca destra « Okay, no ».

« Oh, santo cielo ».

« Però non lo troveremo qui. Devo comprare una vaschetta di gelato al Casteliacone ».

« Va bene, siamo ufficialmente morti. Lo sai che c’è sempre fila, cosa andiamo a Castelia a fare? ».

« Almeno proviamo, Hilbert » rispose Cheren « Se c’è fila ce ne andiamo subito, ok? ».

« E sia. Tanto tornare a casa adesso sarebbe ridicolo ».


Il Route 3 è la sintesi di ciò che è Unova. Inizia stretto, umile, quasi a dare l’impressione di essere breve e facile da attraversare: invece bastano pochi passi per ritrovarsi a un imponente bivio che impone di andare verso la Wellspring Cave a nord o verso Nacrene City a sudovest. È più o meno l’esatto complementare del suo omonimo in Kanto: mentre in uno spirano forti venti anche per diversi giorni nell’altro essi sono fermati dalle alte montagne; uno presenta laghetti e pozzanghere, l’altro crateri; in uno è predominante l’erba, nell’altro i rocciosi sentieri montani.

Erano ormai le sei di pomeriggio e il sole lentamente si apprestava a iniziare il suo tragitto che lo avrebbe condotto all’altro emisfero del globo. La pensione sul percorso era ancora inondata di luce, ma già trasparivano i segni di quel caratteristico mutare di colore da giallo ad arancione tipico del tramonto. Due ragazze si erano attardate lì per consegnare un pokémon: i loro nomi erano Hilda e Bianca.

« Per quando dovrei ripassare? » domandò la seconda « Lo vorrei ritirare già con Danzaspada. La impara al 56 ».

« Quindi cinque livelli » commentò l’anziana donna al banco « Una settimana o due dovrebbero bastare, visto il ritmo di crescita di Bouffalant. Vuoi lasciarne qui un altro? ».

« No, grazie, uno va bene. Comunque dovrei tornare tra quattro o cinque giorni, il tempo di rientrare da Undella, così controllo se sta bene ».

« Nessun problema, puoi visitarci quando preferisci. Il conto finale sarà di 600P ».

« Allora buon pomeriggio, e grazie mille! ».

Mentre uscivano, Hilda, che fino a quel momento era rimasta silenziosa, parlò « Perché alla pensione? Perché non lo alleni da te? ».

« Ho fatto il mio, direi, è al 51 » replicò Bianca « E comunque partendo per Undella non avrei avuto il tempo di farlo salire di livello da sola. Perché lasciarlo a Nuvema o peggio in una Poké Ball quando può divertirsi al fresco qui? ».

« Mi pare assurdo lasciare i propri pokémon nelle mani altrui, è irrispettoso. E se a loro non piacesse essere lasciati da una baby sitter? Cosa ne sai che quei due non li accudiscono solo per soldi? ».

Bianca si fermò sul bordo della scala che conduceva al sentiero e si voltò verso la sua destra: vi era un piccolo asilo locale, di quelli frequentati da non più di una trentina di bambini. Accanto all’edificio principale era locato un cortile immerso nel verde del parco e un box di sabbia in cui alcuni ragazzini del doposcuola stavano giocando allegramente.

« Ricordi di quando eri a scuola? » chiese quasi d’improvviso.

Hilda sembrò sorpresa da questa domanda « Beh, chiaramente ».

« Qual è il grado di scuola che ti ha lasciato più memorie? ».

« Penso le elementari. Ho sempre un buon ricordo di quando ci andavo ».

« Hai ancora in mente l’ultimo giorno? » proseguì Bianca « Io sì. Sul momento ero quasi felice di andare verso la scuola media, neanche un minimo rimpianto verso quei ventidue compagni che mi lasciavo alle spalle. La sensazione di innocenza perduta, di nostalgia per quei cinque anni passati… concetti del tutto estranei allora. Ricordo perfettamente che invece le mie maestre trattenevano a stento le lacrime. Alla consegna dell’ultimo di quei simbolici diplomi che davano a tutti noi una si era messa a piangere in pubblico. Ci era parsa una cosa strana, rammento. Nessuno capiva ».

« Qual è il punto? ».

« Quelle maestre avevano iniziato come nostre insegnanti stipendiate e avevano finito per considerarci parte della loro vita. Cinque anni non li puoi chiudere nel cassetto e dimenticare come nulla fosse. Anche quella coppia della pensione deve aver cominciato ad accudire pokémon per necessità di soldi, magari finirà per non scordare neanche una di quelle creature che centinaia di allenatori prima di noi hanno lasciato. Quando affidi tuo figlio o tua figlia a una scuola per cinque anni fai una scommessa, io nel mio piccolo voglio provare ».

A Hilda parve un discorso delirante: paragonare pochi giorni a un lasso di tempo di diversi anni era del tutto insensato. D’altronde, vuoi per il caldo che infiacchiva, vuoi per l’abitudine che aveva sviluppato ad ascoltare i pensieri di Bianca, non controbatté.

« Dove si va ora? » disse dopo qualche secondo di silenzio.

Bianca rimase a guardare i bambini giocare sullo scivolo del cortile per qualche istante; dopodiché, rispose « Nuvema, direi. Aspettiamo che quei due tornino ».


Goldenrod, mi dicono talvolta. Saffron, se proprio sono a corto di idee. Celadon come ultima spiaggia. Mi viene quasi da ridere, poiché nessuno di quelli che osanna come divinità queste città deve aver mai visto la più grandiosa, la più maestosa, la più viva che abbia conosciuto: Castelia City.

Castelia è un’importante città costiera locata nella zona centromeridionale di Unova. Nimbasa potrà essere importante per gli agi e l’intrattenimento: ma Castelia è il cuore pulsante, la base economico-finanziaria, il pilastro portante di tutta la regione. Non esiste centro da nessuna parte che sia paragonabile a questo luogo, anche solo per geografia: si trova infatti a sud del Desert Resort, arido deserto connesso al Route 4, e a nord dello Skyarrow Bridge, ponte sospeso che torreggia sul mare, configurandosi quindi come pressoché perfetta città portuale.

Castelia è divisa in due zone ben distinte: il nucleo cittadino è un distretto commerciale dai pochi rivali nel mondo, circondato da massicci grattacieli e altri edifici correlati al ruolo principale della città. D’altronde, il perimetro esterno è battuto su tutti i lati da porti cui attraccano navi di vario genere: si va da semplici traghetti che trasportano i passeggeri su isolette periferiche alla maestosa Royal Unova, crociera che per 1000P consente di sfidare gli allenatori che si ritrovano a bordo risalendo frattanto il fiume orientale della regione fino al Marvelous Bridge e tornando poi indietro, cosicché tra una battaglia e l’altra ci si può riposare osservando un magnifico panorama.

Eppure, malgrado la vocazione finanziaria della città, essa offre anche un volto mondano, mescolando le etnie più disparate, incorporando in sé culture e cibi di altre regioni e raccogliendo, quale mecenate del caso, numerosi artisti che aprono le proprie gallerie approfittando dell’abbondanza di costruzioni atte al caso. Mistralton avrà l’aeroporto, Olivine e Sunyshore un faro, Snowpoint la neve, Lilycove la S.S. Tidal. Ma niente è come Castelia.

Hilbert provò una grande soddisfazione nel constatare che i suoi dubbi erano fondati: davanti al Casteliacone si era addensata un'indomabile calca di persone che avrebbe impedito a chiunque di scorgere il piccolo stand che dietro si celava. Quanto a Cheren, egli si domandò filosoficamente se vi fosse un reale motivo per ammassarsi a un singolo rivenditore quando Unova era ricoperta di gelaterie: per lui il Casteliacone era solo l'ennesima impresa che viveva sul nome che si era guadagnata, come tante ve ne sono al mondo.

« Qualche idea? » esordì polemicamente Hilbert.

« Tanto valeva provare ».

« L'abbiamo fatto e ora sappiamo che non c'è speranza di prendere quel gelato. Che facciamo? ».

« Qualche idea? » lo canzonò Cheren.

« E se girassimo Castelia? ».

« Parlando del nulla assoluto? Mi sembra giusto. Che strada prendiamo? ».

« Proviamo quella opposta al molo. Di lì si arriva all'arteria principale, no? » suggerì Hilbert.

« Sei tu il capo, andiamo ».

I due percorsero il perimetro esterno della città e imboccarono la via più a ovest, ritrovandosi in un largo viale. Alla destra era la palestra pokémon locale mentre un po' ovunque erano disseminati palazzi illuminati. Percorsero la strada fino a ritrovarsi nella piazza centrale.

Di lì, a seguito di una discussione tra Hilbert e Cheren riguardo allo sbocco che fosse più opportuno prendere per raggiungere rapidamente il centro di Castelia, la coppia si mosse senza orientamento preciso fino a terminare in uno stretto vicolo costellato da cassonetti e bidoni dell'immondizia e da alti muri ricoperti di finestre su entrambi i lati. I ragazzi camminarono avanti per un po', eppure, forse per la complicità della totale perdita di punti di riferimento, a metà strada si fermarono esasperati.

« Non male, in meno di un quarto d'ora ci siamo già persi » bofonchiò Cheren.

« So perfettamente dove siamo ».

« No, non lo sai ».

« Sì che lo so, devo solo focalizzare sul luogo. Forse tornando indietro–– ».

« No, tornare indietro no » lo interruppe Cheren « Piuttosto andiamo avanti ».

« Possiamo sempre chiedere a qualcuno » commentò Hilbert.

« Oh sì, certo, al bidone della spazzatura ».

« In un dato momento della giornata siamo stati nella piazza, se ripercorriamo il cammino fatto ci torniamo e chiediamo indicazioni ».

« Per perderci ancora di più? No grazie. Voliamo via e addio giro. Oltretutto mi fischiano pure le orecchie, mi sembra di sentire musica. Ecco, sono impazzito ».

« Direi che sono riuscito a farti venire un esaurimento nervoso, alla fine » rise Hilbert « Obiettivo raggiunto. Va bene, dai, si fa pure tardi, andiamo via ».

Il giovane agitò la mano come per afferrare una sfera dalla cintura quando la sua vista fu attirata da qualcosa che il suo corpo nascondeva a Cheren « Quella là c'è sempre stata? ».

Il suo amico si sporse per scorgere ciò di cui stava parlando Hilbert, e con sua sorpresa sottoscrisse la domanda: era rimasta lì per tutto il tempo in cui i due erano stati nel vicolo o era apparsa dopo?

L'oggetto del quesito era una porta di relativamente ridotte dimensioni che si trovava sul muro. Non era appariscente, il che avrebbe parzialmente spiegato perché Cheren non l'avesse notata prima; tuttavia si trovava sulla metà di strada che la coppia aveva già percorso, ed era assurdo pensare che ci fossero transitati di fronte senza accorgersene. L'insegna sopra l'entrata mostrava una fumante tazzina da caffè e la scritta Café Sonata, segno che l'edificio in cui conduceva era con ogni probabilità un bar.

Hilbert si avvicinò con fare sospettoso all'asse lignea, quasi intendesse verificare per sicurezza che essa esistesse davvero: appurato ciò, vi avvicinò la mano.

« Sei pazzo? » lo fermò Cheren « Che ne sai di che c'è dentro? ».

« È un bar. Cosa dovrebbe esserci dentro, una salumeria? ».

« Un bar in un viottolo in cui non passa anima viva. Non ti insospettisce neanche un po'? ».

« Come no, infatti mi sono assicurato che non fosse un miraggio » replicò sornione Hilbert, e tanto velocemente da eludere il suo amico abbassò la maniglia e aprì la porta.

Dire che l'atmosfera interna fosse inquietante significherebbe mentire: era anche peggio. Attorno a colui che pareva un chitarrista si attorniavano quattro o cinque persone, di cui alcune visibilmente ubriache, intente a fare da spettatori a quello che sembrava un concerto – Hilbert e Cheren dovevano essere entrati nella pausa tra un'esecuzione e l'altra. Dietro al gruppo stava un bancone rigato in legno su cui uno stanco barista stava cercando sostegno. Oltre a questi, pochi altri avventori sostavano ai tavoli, e gli unici erano addormentati o erano prossimi a diventarlo. L'unico tocco di colore che stonava dall'uniforme marrone delle pareti era dato da un quadro appeso a sinistra che raffigurava una sorta di miscuglio tra una fortezza e una città. Ma la cosa più insensata era che, dal momento preciso in cui i due amici erano entrati nel locale, non si era sentito alcun rumore di qualsivoglia genere.

Cheren e Hilbert si avvicinarono al banco e tentarono di parlare all'oste. Questi per tutta risposta continuava a ripetere sempre la medesima litania « Mi fa piacere vederti. Accomodati pure » senza variazioni, con un tono a metà tra lo svampito e l'annoiato.

« Una melodia allegra rende tutti felici. Una melodia triste, invece, rende malinconici. Questa è la forza della musica ».

I due ragazzi si voltarono per vedere chi aveva parlato, ma non trovarono risposta. Nessuno si era mosso dalla propria precedente posizione, parevano statue di cera.

« Che mortorio » sussurrò Hilbert.

« Mette i brividi, andiamocene » gli fece eco Cheren. « Domando scusa a tutti » disse poi ad alta voce « Non volevamo disturbarvi. Continuate pure a, beh, quello che stavate facendo ».

« Temo di non potervelo permettere ».

Di nuovo la coppia si girò per localizzare il suo interlocutore, e di nuovo nessuno si fece avanti. L'unica certezza era che non era il barista poiché il timbro vocale era diverso; per il resto, brancolavano nel buio.

Cheren si avviò verso l'uscita, ma quando tentò di abbassare la maniglia emise un grido misto di paura e sofferenza e ritrasse terrorizzato la mano « Dio mio, è bollente! ».

« Temo di non potervelo permettere ».

« CHI SEI, FATTI VEDERE! » urlò veemente, ma nessuno replicò neanche questa volta.

« È stato il musicista » commentò Hilbert « Mentre tu ti scottavi l'ho tenuto d'occhio ».

Per tutta risposta, l'imputato iniziò a suonare una dolce melodia con la sua chitarra, la stessa che i due avevano udito all'esterno credendola un'allucinazione, azione che infiammò ancora di più gli spiriti degli adolescenti, già infervorati dall'esasperazione. Cheren scattò verso di lui con la foga di chi vuole venire alle mani, tuttavia non appena provò a stringere l'uomo questi svanì e il giovane si ritrovò a dover sforzarsi per restare in bilico, avendo sbilanciato tutto il suo peso su qualcosa che più non c'era. Dunque arretrò lentamente fissando ancora quel vuoto lasciato dal desaparecido.

« Che sta succedendo, Hilbert? » domandò ancora scosso.

Il suo amico non fece in tempo a rispondere, interrotto dall'improvviso spegnimento delle luci. Il buio avvolse la stanza e i due iniziarono a tastare l'oscurità fino a trovarsi reciprocamente. L'unica fonte di illuminazione proveniva dall'esterno e filtrava attraverso i cardini della porta.

« So che volete fare. Non fatelo ».

Cheren non parlò ma dedusse da quella frase che, qualsiasi cosa avesse messo in atto, quel chitarrista era rimasto comunque all'interno del bar.

« NON FATELO ». Un corpo iniziò a brillare al centro della sala, iniziando ad avanzare a discreta rapidità verso i due amici. Hilbert distinse in esso le fattezze del musicista che aveva accusato di averli minacciati, eppure appariva in stato di putrefazione. L'oggetto iniziò ad aumentare velocità.

« LACUNOSA » si sentì urlare da ogni parte nell'oscurità, e temendo una collisione i ragazzi fuggirono dalla porta.

Usciti dal locale, i due iniziarono a scappare nella direzione da cui erano venuti. Non si fermarono neanche un istante, spaventati dal silenzio e dall'isolamento poiché temevano che quella visione riapparisse. La loro maratona si arrestò solamente una volta giunti miracolosamente nell'arteria principale, sentendosi rassicurati dal gran numero di persone che vi transitavano. Dopodiché, decisero di tornare a Nuvema a piedi, non arrischiandosi a volare per non rimanere di conseguenza di nuovo soli.


Nuvema Town è la città più a sud di tutta Unova. A essere precisi, definirla città è un pesante errore: come molti altri casi nella regione si tratta in effetti di un esteso villaggio. Caratterizzata da un gran numero di villette di cui gran parte vanno in affitto ai vacanzieri – ma ovviamente non è questo il caso per i quattro personaggi presentati, che abitano qui stabilmente –, essa è percorsa da un imponente sistema di piccoli viali che, similmente a una ragnatela, rendono possibile raggiungere quasi ogni angolo del luogo. Le vie sono illuminate anche in notturna da una serie di ravvicinati lampioni che rendono agibili a ogni ora queste stradine ideali per rilassanti passeggiate in compagnia dei grilli.

Nuvema è delimitata per tre lati dal mare, ma in effetti solo da quello meridionale l'acqua è effettivamente raggiungibile direttamente; a sinistra è necessario prima attraversare i Routes 17 e 18, mentre a destra è locato un vasto boschetto composto da una piana ricoperta da aghi di pino ingialliti e da alti alberi dai tronchi cilindrici.

Proprio in quest'ultimo Hilbert e Cheren, rientrati a ora tarda per la ragione che ho esposto sopra, si trattennero per parlare.

« Sì, va bene, e fin lì ci sono arrivato » disse il primo « Ma non voleva che facessimo cosa? ».

« Non lo so, vedi tu. Cosa stiamo per fare? ».

« Andare a Undella. Però quello ha parlato di... che ha detto? Laruucosa? ».

« Lacunosa. È una città a nord-ovest di Undella. Mi pare chiaro che non vuole che andiamo lì » suggerì con la massima serietà Hilbert « E io non sono solito mettermi contro forze superiori ».

« Rinunciare alla vacanza? Per una visione? Non se ne parla neanche » tagliò corto Cheren.

« Cerca di essere ragionevole. Non puoi dire che era una visione. L'abbiamo visto entrambi quello che è successo, non è possibile che ce lo siamo sognati ».

« Cerca di essere ragionevole tu. Pianifichiamo questa vacanza da mesi, e ora per un qualcosa che succede il giorno prima dovremmo lasciar perdere? ».

« Sai com'è, preferisco la vita al mare ».

« Parli come se potessi avere solo una delle due ».

« Non sono io a dirlo, è quel maledetto musicista. L'hai sentito, che ha detto? “Non fatelo” e poi “Lacunosa”. Noi stiamo andando in un posto che ci è praticamente attaccato. Non è una coincidenza, cazzo ».

« Ma noi neanche ci vogliamo andare a Lacunosa, ci staremo lontani. Dov'è il problema, spiegamelo. È così terrorizzante andarci per te? Se domani un flautista indemoniato ti grida “UCCIDITI” tu ti butti giù dallo Skyarrow? Spiega un po' ».

Hilbert, platealmente stanco sia per il litigio che per la camminata, decise di troncare il diverbio « Va bene, sai cosa? Andiamo a Undella. Ma quando finiremo tutti e quattro morti Dio sa dove saprai di aver fatto una stronzata. Detto ciò, buonanotte ». Dopodiché si avviò a passo svelto in direzione di casa sua.

« Da morto non me ne fregherà niente! » gli gridò dietro Cheren, poi si accasciò sugli aghi secchi e volse lo sguardo alle stelle.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Buonanotte Lacunosa ***


II: "Buonanotte Lacunosa"

II: “Buonanotte Lacunosa”


Con buona pace di Cheren, il giorno dopo il cielo era terso. L'unica velata minaccia che si poteva scorgere era un cumulo congesto all'apparenza temporalesco che si stava addensando a nord-ovest, in direzione di Icirrus City. Niente di particolare a prima vista, a Icirrus piove per tre quarti dell'anno – quando non nevica –, ma visto che il vento che soffiava era proprio un maestrale era legittimo attendersi un rovescio pomeridiano.

I quattro amici si ritrovarono di buon'ora davanti al Route 1: l'unico ritardatario fu Hilbert, che la notte prima aveva come sappiamo tardato ad addormentarsi. Che Cheren fosse rientrato anche dopo di lui non aveva importanza: se infatti il suo amico era una persona che tendeva a rispettare le scadenze Hilbert era al contrario un inguaribile pigro e perché si svegliasse occorrevano dai quattro ai dieci richiami. Il lettore più attento noterà che ciò contrasta con la descrizione datane all'inizio del racconto, che vede le personalità scambiate: nei fatti Cheren era sì pigro ma ligio al dovere, mentre il suo compagno di viaggio era pigro e basta; di conseguenza se veniva fissata un'ora a cui svegliarsi il primo si imponeva di obbedirle laddove il secondo banalmente se ne dimenticava. Quando finalmente questi apparve dalla curva del vialetto che conduceva al luogo di ritrovo assonnato, con vistose occhiaie che facevano sembrare che fosse rimasto sveglio tutta la notte e dotato delle sue abitudinarie cuffie alle orecchie, fu accolto con un coro ironico.

« Ma come ti salta in mente di tornare tardi quando sapevi che oggi si partiva? » esordì Hilda mimando un principio di schiaffo con la mano destra.

« Lunga storia » replicò Hilbert cercando di sviare il discorso « Cielo azzurro oggi, contento Cheren? ».

« Non ti immagini. Sono ancora convinto che quel treno possa uccidermi ».

« Dubito che a qualcuno di noi vada di sentire le tue lamentele » lo fermò Bianca « In fretta, piuttosto, che siamo in ritardo ».

« Quante storie, per pochi minuti non ci uccidono, eh » commentò Hilbert.

« Se proprio vuoi dare aria alla bocca puoi farlo a Undella » rispose amaramente ma con fare scherzoso la sua amica « Chi va per primo? ».

« Potrei andare io » si propose Hilbert « Non che ci voglia molto, basta muoversi verso nord e in linea retta c'è Undella ».

« Se andiamo a nord rischiamo di vedercela con il vento proprio sopra al mare, senza punti di atterraggio » intervenne Hilda « So io la via più sicura. Si va ad est e si segue la terraferma ».

« A te la guida, allora ».

« Grazie per la fiducia. Vai, Archeops! ».

Un uccello preistorico fuoriuscì dalla Poké Ball della ragazza, che gli balzò in groppa « Se qualcuno di noi dovesse morire gli altri vadano avanti comunque ». Quelle parole, intese per essere una battuta, furono ascoltate con insolito trasalimento da Hilbert e Cheren, memori della loro paura di volare del giorno prima.

La giovane e il suo volatile spiccarono un salto e si involarono verso la cupola celeste. I restanti tre, una volta chiamati in causa i loro pokémon, fecero lo stesso, cominciando la trasvolata verso la loro meta.


Fu un viaggio inusualmente silenzioso. Le uniche parole che furono proferite per tutto l'arco di tempo in cui i quattro volteggiavano sfiorando i cumuli di bassa quota riguardavano direttive sull'itinerario da seguire. Da Nuvema andarono verso ovest percorrendo i Routes 17 e 18 – qui Hilbert parve avere un sussulto –, poi tagliarono sull'oceano verso Castelia. Mentre fluttuavano liberi sopra la metropoli, i due ragazzi, con lo sguardo a metà tra il vitreo e il curioso, cercarono di localizzare il viottolo per cui erano passati ieri, e conseguentemente di trovare il bar. A causa dell'altezza, tuttavia, rinunciarono con uno scambio di occhiate complici.

Proseguirono in direzione nord per il Route 4, scorgendo anche il Desert Resort sopra cui era in corso una violenta tempesta di sabbia. Frattanto era passata circa mezz'ora dalla partenza e il maestrale di cui sopra aveva contribuito a raffreddare l'aria, nonché ad avvicinare i minacciosi nembi ai quattro viaggiatori.

Raggiunta Nimbasa City vi fu un acceso diverbio: secondo Hilda bisognava proseguire a destra verso il Marvelous Bridge, per Hilbert continuare sulla strada, prendere ad est una volta arrivati sopra la foresta dell'Entralink e passare le montagne. Essendo stata la ragazza a condurli fino a lì, decisero di seguire il suo consiglio: volarono dunque oltre la Lostlorn Forest, il futuristico ponte già nominato, la misteriosa Black City, come sempre ricoperta da uno spesso velo di nebbia, la limitrofa White Forest e aggirarono le montagne sorvolando l'Abundant Shrine. Infine, giunsero a Undella.


Undella Town è una delle più conosciute mete turistiche in Unova. La sua posizione strategica, con i monti da un lato e il mare dall'altro, la protegge dai venti impetuosi provenienti da ovest. Ciò, unito a un potente anticiclone che la investe nei mesi estivi, la rende il luogo ideale per il proprio riposo in quel periodo.

Si tratta, in effetti, di uno dei più consoni luoghi di villeggiatura in tutto il mondo pokémon, pur non tenendo il passo con Hoenn che da questo commercio ricava introiti superiori a qualunque altro posto. La presenza di piccole case in affitto, non dissimili da quelle di Nuvema, rende Undella una meta preferibile, ad esempio, a Cinnabar Island di Kanto od Olivine City di Johto. Inoltre, a differenza della sua simbolica sorella Cianwood, non è attorniata da quell'aurea di calma che potrebbe repellere avventori più attivi; al contrario, specie in estate, essa è contraddistinta da una spumeggiante vitalità che nulla toglie però alla tranquillità che uno può ricercare nei percorsi limitrofi oppure al largo dell’Undella Bay.

Normalmente, il riflesso del sole sulle onde abbaglia chiunque guardi direttamente il vasto oceano, il che aumenta anche la sensazione di afa che già di per sé caratterizza la regione in alta stagione. Non è questo il caso, comunque, visto che per quando i nostri quattro arrivarono nella città il cielo era già stato ricoperto da una cappa plumbea e nubi nere come l'inchiostro si stavano progressivamente avvicinando da nord-ovest, presagendo un temporale e rovinando indiscutibilmente il primo giorno di vacanza.

« Però sono belle » commentò Hilda.

« Che cosa? » chiese Bianca.

« Le nuvole. Molto cariche di energia ».

« Le nuvole non mi hanno mai detto niente ».

« Non le conosci abbastanza. Una volta che ne sai i nomi e le peculiarità sono belle da guardare ».

« Non ci vuole un genio per capire che oggi pomeriggio pioverà ».

« Però conoscendole » proruppe Cheren « puoi sapere che tipo di pioggia verrà ».

« Precisamente » sorrise Hilda approvando.

« Non mi sono mai fatta tanti problemi sui temporali » Bianca parve quasi tediata dalla conversazione « Un temporale è un temporale. Una volta che sai se viene giù il finimondo o una doccia estiva che te ne fai? ».

« Cheren » chiamò Hilbert « puoi venire qua due secondi? ».

Il ragazzo si avvicinò e l'amico lo portò in disparte, mentre Hilda e Bianca ancora battibeccavano sui nembi « Se è per la litigata di ieri non–– ».

« Non è per quello. O meglio, non è per la litigata ma per ciò di cui abbiamo parlato ».

« Temo sia troppo tardi per non partire » commentò ironico Cheren.

« No, ovviamente non si tratta della partenza » si affrettò a chiarire Hilbert « È per Lacunosa ».

« Ti ho già detto che non serve andarci ».

« No, è proprio questo. Penso dovremmo andarci, invece ».

« Come mai? ».

« Non sappiamo cosa quel musicista stia tramando, ma penso non avesse alcuna ragione di mandarci alla morte » spiegò Hilbert « Quindi non c'è ragione per credere che Lacunosa sia una trappola ».

« Fin qui ti seguo ».

« Inoltre, non so se hai notato quel quadro sulla sinistra, quello appeso al muro sotto una delle luci del bar ».

« Sì » replicò Cheren « Sì, l'ho notato. Quello con la fortezza mi pare, giusto? ».

« Quella era Lacunosa ».

Questa risposta scioccò senza ragione il ragazzo, che iniziava a comprendere il ragionamento non più così astruso del suo amico « Quindi tu pensi che lui sapesse che l'avevamo visto? ».

« Esattamente. Deve aver pensato che noi conoscessimo Lacunosa e che ci sarebbe venuta voglia di andarci vedendo quel quadro ».

« A tutti gli effetti era molto bello ».

« Quindi ha cercato di dissuaderci gridando di “non farlo”, sottintendendo con quel “farlo” l'andare a visitare Lacunosa ».

« Penso di capire. Per te Lacunosa è la sua base operativa, dunque » completò Cheren, per far capire al suo compagno che aveva afferrato « Ma cosa potrebbe mai pianificare un musicista? E perché era nel bar e non a Lacunosa? ».

« È quello che conto di scoprire là » rispose Hilbert « Non è una città molto grande, dovremmo essere in grado di esplorarla partendo appena dopo pranzo e poter comunque tornare questa sera ».

« Stai dando per scontato che niente là ci tratterrà. Se quel chitarrista sa fare quel genere di trucchi non ho idea di cosa possa farci se lo scopriamo ».

« Correremo il rischio » concluse Hilbert, poi si volse in direzione delle ragazze che ancora conversavano « Ehi, Hilda, Bianca, vi devo dire una cosa! ».


Durante il pomeriggio l'acquazzone preannunciato da Hilda si mostrò in tutta la sua imponenza. Non si trattava di pioggia estiva, bensì di un vero e proprio diluvio che costrinse i vacanzieri a ritirarsi nelle proprie villette a riposare e spinse i più arditi a una gita verso Unova ovest, che secondo i dati meteorologici non era afflitta dall'acqua. Sopra la metà orientale della ragione, infatti, stazionava un immenso stratocumulo che la rendeva impenetrabile alla luce del sole. Le onde a Undella erano cresciute in potenza e altezza, rendendo inagibile il mare anche al più navigato dei nuotatori. Alcuni affermavano anche di aver visto mulinelli formarsi più a largo, ma essendo, se davvero ve n'erano, molto sporadici e rapidi a scomparire, nessuno poteva confermare con certezza la loro presenza.

Quanto alle due ragazze, rimaste nella città mentre i loro amici erano partiti alla volta di Lacunosa, esse si erano attardate nel locale museo di reperti, rivale di quello presente a Nacrene City, che è tuttavia molto più professionale e riguarda soprattutto fossili laddove quello di Undella si concentra su ceramiche antiche.

Proprio lì si avvicinò a loro un uomo sulla quarantina vestito con camicia e pantaloni in lino, dall'aria professionale. Le due, dapprima titubanti nel dare confidenza a uno sconosciuto, non appena scorsero la targhetta con il suo nome stampato sopra, Lawrence Meyer, compresero che era parte dello staff del museo.

« Belli quei vasi, vero? » iniziò lui.

Fu Bianca a replicare dopo averli osservati « Vero. A quando risalgono? ».

« A saperlo. L'acqua li ha praticamente ibernati, ho fatto eseguire diverse perizie su quel blocco di ceramiche ma nessuna ha dato una risposta definitiva ».

« Devo quindi dedurre che lei è il proprietario del museo » commentò Bianca « Però è strano, signor Meyer, di solito anche se sott'acqua i reperti trovano sempre una datazione anche solo a spanne ».

« Infatti sono rimasto sorpreso quanto voi nello scoprire che era impossibile certificarne il periodo di appartenenza » replicò Lawrence « Vedete, io vengo da Kanto, dove abitava mio padre William che mi ha infuso la passione per il mare e per i suoi misteri. Lì ho ritrovato parecchi reperti subacquei esposti qui, per esempio, vedete, le collane là in fondo. Anche qui a Unova ho lavorato molto dopo essermi trasferito dopo il Conflitto Globale per fuggire dalla desolazione che aveva lasciato, ricorderete che questa regione era rimasta neutrale. Ma questi vasi non seguono le stesse regole ».

« Quindi è anche un esploratore oltre che uno studioso ».

« Precisamente ».

« Dove sono stati trovati? I vasi, intendo » intervenne Hilda.

« Proprio qui vicino, al largo dell’Undella Bay. Pare che là sotto, in certi giorni, vi siano delle rovine, le Abyssal Ruins ». La pioggia all'esterno persisteva nel ticchettare metodicamente sulle finestre del museo.

« Che significa “in certi giorni”, signor Meyer? » domandò stranita Bianca.

« Beh, quello che vuol dire. Capita che tu vada là sotto e le trovi, ma è impossibile predire quando appaiano. La maggior parte delle volte che sono state organizzate spedizioni delle rovine non c'era traccia ».

« Questi li ha trovati lei, vero? » azzardò Bianca.

« Ottima deduzione, ragazza mia » sorrise Lawrence « Sì, sono stato io a riportarli alla luce. Come l'hai capito? ».

« Mi è sembrato molto attaccato a queste ceramiche, se ha fatto fare tutte quelle perizie che certo non sono gratuite un motivo doveva esserci. Quando mi ha detto che lei è anche un cercatore di reperti non ho avuto più dubbi ».

« Non male. Come ti chiami? ».

« Bianca. La mia amica è Hilda ».

« Bene, Bianca, sì, sono stato là sotto » iniziò a raccontare « Ero impegnato in un viaggio subacqueo nelle zone qui vicino, mi ha sempre affascinato il mare inesplorato. Non so se hai presente il tratto tra Striaton City e qui ».

« Ovviamente. Volevamo farlo in volo oggi per passare da Nuvema a Undella ma abbiamo rinunciato per il vento » spiegò Bianca.

« Buona idea, volare in mare aperto con il maestrale non è mai cosa da farsi. Ad ogni modo mentre mi trovavo immerso in quelle acque a, boh, una quarantina di metri in profondità saranno stati, mi ha preso una corrente d'acqua. Ho provato a resisterle ma mi ha trascinato senza che potessi fare niente, e quando sono stato nuovamente libero di muovermi, mentre già temevo di essere finito in mare aperto, mi sono ritrovato davanti le rovine ».

« Pensa che la corrente e l'apparizione fossero collegate? ».

« Ne sono certo! » esclamò Lawrence in un impeto d'orgoglio « Mai nessuna corrente era stata capace di trasportarmi via, e una corrente di quella velocità poi! Roba mai vista! Non era affatto naturale, vi dico, era qualcosa di mistico ».

« Non ne dubito, ma vada avanti, mi sta incuriosendo ».

« Sono entrato, visto che avevo ancora una buona riserva di ossigeno, e ho trovato questo labirinto enorme, con pareti ricoperte per la quasi totalità di iscrizioni indecifrabili » proseguì il signor Meyer « E c'era una strana luce, come se vi fosse qualcosa di fosforescente applicato ai muri ».

« Fosforescenza? Cioè bioluminescenza? ».

« No, no, nessun fotoforo. Era proprio fosforescenza diffusa, non a gruppi, tutta la parete era luminosa, senza interruzione. Un effetto ottico molto affascinante, senza dubbio ».

« Molto. Diceva, delle scritte? ».

« Ah, giusto. Non so che lingua fosse, cirillico, aramaico, non ne ho idea. Ho percorso una via scegliendo completamente a caso a ogni biforcazione e mi sono ritrovato davanti a un piccolo mucchio di ceramiche in buona conservazione ».

« Così, senza protezioni? ».

« Senza protezioni. Sembravano accatastate in mancanza di un posto migliore. Così ho fatto per toccarne una ed è accaduto l'impensabile: proprio dall'anfora che avevo appena sfiorato è fuoriuscito un turbinio d'acqua e bolle che all'incirca come quello che era successo pochi minuti prima con la corrente oceanica mi ha trascinato fuori dalle rovine. Mi sono ritrovato in mezzo al mare, con tutti i vasi che avevo visto che galleggiavano intorno a me. Così prima di tutto li ho raccolti e–– »:

« Lei non ce la racconta giusta » lo interruppe Bianca.

« E perché mai? » sbottò Lawrence.

« Prima ha testualmente detto che le anfore erano accatastate, ma dopo il turbinio galleggiavano. La cosa non è tecnicamente possibile ».

Il proprietario si fermò un attimo a guardare nel vuoto, poi concordò « In effetti ora che mi ci fai pensare è strano. Ma è andata così, sono sicuro, ho tutto impresso nella memoria ».

Hilda entrò nella discussione « E poi che ne è stato delle rovine? ».

« Una volta messi al sicuro questi vasi nel museo sono tornato indietro per rientrarci » spiegò il signor Meyer quasi fosse un'ovvietà precisarlo « ma non c'erano più ».

« Come poteva riconoscere il punto in cui era riemerso? » domandò quasi polemica Bianca.

« Non vivi vent'anni da ricercatore senza acquisire un paio di abilità basilari. Nello specifico ho imparato a misurare le distanze percorse in mare e a ricordarle anche senza ausilio di strumenti esterni. Quando si parla di grandi scoperte un solo viaggio può non essere sufficiente » concluse Lawrence.

« Racconto affascinante » commentò Hilda « Ehi, Bianca, che ore sono? ».

« Quasi le quattro ».

« Secondo te Hilbert e Cheren sono già arrivati a destinazione? ».

« Scusate l'invadenza » intervenne il signor Meyer « ma chi sono? Amici? ».

« Sì » rispose Hilda « Sono partiti dopo pranzo per Lacunosa Town. Dovrebbero tornare questa sera, ma forse l'acquazzone li ha rallentati. Sa, c'era aria di tempesta e hanno deciso di non volare ».

« Lacunosa hai detto? » Lawrence si avvicinò alla finestra, osservando come la pioggia ancora battesse il terreno con vigore « Vi conviene sperare che facciano quel che devono fare prima che venga buio ».


Hilbert e Cheren, al contrario, a Lacunosa non erano ancora arrivati. Come già detto, tutta Unova est era stata colpita dall'incessante pioggia in modo talmente violento da rendere inagibile il terreno e invalidando di fatto i due amici, costringendoli a fermarsi. Il diluvio li aveva colti a metà del Route 13, mentre traversavano un lembo di terra stretto tra i due lati del mare. I due erano stati dunque obbligati a sostare sotto un ponte nella valle del percorso, aspettandosi che il maltempo cessasse in breve tempo. Al contrario esso era aumentato con il passare dei minuti, e come se non bastasse si era aggiunta anche una potente grandinata che rendeva addirittura pericoloso allontanarsi dal riparo. I nembi si stendevano a perdita d'occhio nel cielo, segno che il cataclisma non sarebbe neanche terminato del tutto nei giorni successivi.

« Dio mio, piove da ore » disse Hilbert « e non accenna a smettere ».

« Forse dovremmo rinviare la nostra gita a Lacunosa » propose Cheren « Almeno a domani mattina, quando magari non rischieremo di prenderci una polmonite ».

« Non se ne parla. Qualsiasi cosa quel chitarrista stia portando avanti l'unica cosa che non dobbiamo concedergli è il tempo ».

« Giusta osservazione, però di questo passo resteremo qui fino a mezzanotte. Le onde si stanno anche alzando ».

Hilbert, quasi non se ne fosse ancora accorto, si voltò di scatto a osservare la biancheggiante schiuma che segnava il frangersi delle onde sugli scogli « Ti ho mai detto che sono idrofobico? ».

« Idro-che? » domandò Cheren visibilmente confuso.

« Idrofobico. Indica la paura dell'acqua. Tipo quella dei bambini ».

« Non capisco, ti ho visto più volte surfare a bordo del tuo Carracosta, non mi hai mai dato l'impressione di aver paura dell'acqua ».

« Il mio problema non è vederla o sentirne l'odore, quello mi riesce. Ma ho il terrore compulsivo di toccarla » spiegò Hilbert.

« Non ti sei mai fatto una doccia in vita tua? ».

« Ovviamente sì, c'è una specificazione ulteriore da fare. Ho paura dell'acqua fredda, ma quella calda non mi dà nessun problema ».

« Come mai? ».

« Vedi, è successo quando ero piccolo » iniziò a raccontare « Io e mio padre eravamo andati a passare una giornata a ovest di Nuvema, sul Route 18. Era una di quelle giornate invernali in cui incredibilmente il sole fa capolino nel cielo e d'improvviso diventa sereno. Lui aveva deciso di fare un bagno nell'oceano, ed è stato proprio mentre lui fluttuava in quell'acqua gelida che è arrivato ».

« Che cosa? ».

« Un mulinello. Lo ha risucchiato nelle profondità del mare. Non so se si trovi ancora là sotto e se sì perché non sia riemerso, ma per un giorno e mezzo restai in quel percorso, non avendo dove andare. Se non morii è perché miracolosamente un avventore mi trovò, smagrito e assetato, la mattina del mio terzo giorno da orfano » Hilbert inspirò profondamente, sembrò tremare e si infilò con sveltezza le cuffie nei padiglioni auricolari.

« Chissà com'è morire. Ogni tanto me lo chiedo ».

« Penso sempre che sia meglio che sopravvivere a qualcun altro ».

« Non mi è mai capitato di perdere qualcuno di tanto caro. Come ci si sente? ».

« Provi costantemente ad accettare il fatto eppure non riesci. Ti ritrovi a guardare le foto dei tempi passati e a chiederti com'è possibile che la vita sia così fragile. Involontariamente continui a citarlo, come se non fosse successo niente, come se fosse soltanto momentaneamente assente. Durante i primi giorni mi svegliavo la notte, non riuscivo a dormire. A volte mi veniva perfino da vomitare, nonostante avessi perso anche l'appetito. E poi sentivo la sua voce ».

« La sua voce? ».

« Sempre più spesso mi capitava di udire mio padre e il suo timbro vocale caratteristico. Mi parlava, era come se fosse con me, e io mi giravo per vedere se era davvero alle mie spalle. Mia madre diceva che ero impazzito. Forse lo ero, non riuscivo a capacitarmi della sua morte » continuò Hilbert « Per anche mesi in seguito all'accaduto ancora mi capitava di piangere durante la notte, di chiamare il nome di mio padre, a quanto mia madre mi racconta. E ogni volta che vedevo un bambino parlare con i suoi genitori provavo una sensazione di vuoto nello stomaco, i miei occhi si gonfiavano di lacrime e volevo andarmene. Oh, non ero l'unico, no » si affrettò a puntualizzare « Mia madre, specie quando vedeva ad altri padri comportarsi come il mio faceva con me, si metteva a piangere in pubblico. Era una figura cardine della famiglia, averla persa era come non svegliarsi mai da un sogno. Da un incubo. Qualche volte spero di esserci ancora dentro ».

« Ma solo nei primi tempi ti succedeva quello che mi hai detto? Sai, della voce e tutto il resto ».

« Diciamo che con il passare degli anni le cose sono migliorate. Ma quel senso di vuoto, quello non se ne va mai. Non è che si parla di un criceto o anche di un bisnonno: mio padre sarebbe ancora qui se quel maledetto giorno ci fosse stato qualcuno a soccorrerlo ».

« Guarda, si sta placando » notò Cheren. Era vero: da poco meno di un nubifragio il maltempo si era trasformato in una timida pioggia estiva, di quelle leggere e che solitamente sono di breve durata « Se ci muoviamo possiamo raggiungere Lacunosa prima che riprenda. Sperando che non lo faccia, chiaramente ».

Il suo amico si rialzò, non senza fatica « Buona idea, andiamo ».


Lacunosa è uno dei centri abitati più insoliti di Unova: situato in prossimità del Village Bridge e stretto tra due percorsi estremamente selvaggi, è infatti uno dei pochi che si può veramente definire sviluppato su due piani. Tutta Lacunosa bassa è sormontata da un pianerottolo sospeso, raggiungibile mediante due scale poste ai margini del villaggio, su cui sono dislocati altri edifici.

Inoltre, l'intera città è circondata da una spessa linea murata allestita a scopo di difesa nei tempi del Conflitto Globale, quando Unova sembrava sul punto di essere coinvolta nella guerra. Anche per questo trovarsi al suo interno equivale a tutti gli effetti a essere isolati: Lacunosa è circondata a sud dalle montagne e a nord da una rigogliosa foresta per buona parte ancora vergine, ma mentre ci si trova dentro è pressoché impossibile rendersene conto.

Quando Hilbert e Cheren erano entrati nel villaggio la luminosità del giorno aveva già ceduto il passo all'oscurità, rischiarata dai fiochi lampioni e dalle luci che fuoriuscivano attraverso le finestre dalle abitazioni, e i grilli avevano già cominciato a intonare la loro personale nenia. Ciò che più colpì i due fu la totale assenza di persone all'infuori delle comodità domestiche: non era tanto tardi da risultare un'ora proibitiva per lasciare fuori i bambini a giocare nel tepore della notte estiva, eppure sembrava fossero le due del mattino.

« E ora? » chiese dubbioso Cheren.

« E ora cerchiamo un posto per dormire » ribatté Hilbert « Voglio sperare ci sia un hotel qui da qualche parte, no? ».

« Chi verrebbe mai in un luogo simile? Sembra il fantasma di una città fantasma ».

« Nuvema d'inverno, in pratica ».

« Comunque là sopra mi sembra ci sia qualcosa, tipo un albergo. Dove saranno le scale? ».

« Da questa parte, andiamo ».

Hilbert si avviò verso la sua destra, lasciando dietro il suo amico, e fu un attimo. L'aria sembrò raffreddarsi di colpo e un verso assordante zittì bruscamente il brusio dei grilli. Una giganteggiante figura si stagliò contro la luce della luna e Cheren ebbe appena il tempo di guardare verso l'alto: scorse quello che pareva un imponente drago dalla forma affusolata e dall'incredibilmente lungo collo. Sebbene non fosse molto alto pareva estremamente pesante, e i suoi lucenti occhi gialli gli conferivano l'aspetto di un demone. Il ragazzo non ebbe neanche il tempo di urlare dalla paura: l'essere gli scagliò addosso una poderosa raffica che lo paralizzò, poi lo afferrò con gli artigli anteriori e si involò con il suo fardello in direzione del Route 12.

Dimenandosi, Cheren riuscì infine a liberarsi precipitando sulla distesa incolta. « Braviary! » chiamò, e una delle sue Balls si aprì lasciando fuoriuscire il guerriero del cielo che lo afferrò appena prima che si scontrasse con il terreno, andandosi poi a posare su un rialzo simile a una piccola collina « Eterelama, vai! ». Il vento invocato dal pokémon attaccò la creatura avversaria, ma questa non ne venne nemmeno scalfita.

Frattanto sopraggiunse Hilbert « Cheren! Che cos'è quello? ».

« Non ne ho mai visto uno! » urlò di rimando il giovane « Di che tipo è? ».

« Ha usato il Dragospiro, no? Penso sia un drago » Hilbert estrasse una sfera a sua volta « Vai, Carracosta! ». La tartaruga, alta più o meno la metà del suo nemico, non ne sembrò minimamente intimorita « Geloraggio! ». L'attacco centrò in pieno il bersaglio, che era comunque complicato da mancare, eppure malgrado il teorico svantaggio non parve risentirne.

« Cryogonal! » mandò in campo Cheren « Raggiaurora! ».

« Carracosta, sincronizza il tuo attacco con il suo! » seguì Hilbert « Colpitelo insieme! ». I due raggi non fallirono neanche in questo caso, ma nuovamente il drago non accusò il colpo.

« Che diamine succede, Hilbert? Il ghiaccio neanche lo sente! ».

« Non capisco, che sia Drago o Roccia o Volante i nostri pokémon dovrebbero danneggiarlo, non ho idea di che tipo possa essere! ».

« Suona l'Xtransceiver » dichiarò Cheren « Non avevamo già abbastanza problemi, sembra. Pronto? Ah, Hilda, ciao, scusa un attimo – Cryogonal, tienilo a bada! ».

« Siete ancora a Lacunosa? » domandò la ragazza.

« Diciamo di sì – Cryogonal, usa Bora! ». Il colpo, malgrado la bassa probabilità di successo, riuscì comunque a prendere in pieno l'avversario; ciononostante la creatura, che pure stava portando avanti un duro scontro con Carracosta, nuovamente incassò senza problemi « Ma di che cazzo è fatto quel coso? ».

« Non siete al chiuso? » esclamò Hilda sorpresa « Ma volete farvi ammazzare da Kyurem? ».

« Ah, dunque è così che si chiama – Hilbert, ho un'idea, tienilo ancora occupato mentre Cryogonal prepara un Purogelo! ».

Di rimando, il suo amico dall'altro lato della distesa si limitò a gridare « Sai, mi sta venendo un dubbio atroce! ».

« Non mi pare proprio il momento, se usa Dragospiro è un drago e se è un drago deve temere il ghiaccio! Quindi tienilo occupato senza fiatare – Hilda, mi confermi che Kyurem è un drago? ».

« Sì, ma–– ».

« Ha detto di sì, Hilbert! ».

« Va bene, va bene, non contesto! Carracosta, usa un Iper Raggio! Diamo a Cryogonal il tempo che gli serve! ». La tartaruga preparò con attenzione l'attacco prima di scagliarlo con precisione sul petto di Kyurem, e questa volta il drago barcollò all'indietro per qualche secondo.

« GRANDISSIMO! CRYOGONAL, PUROGELO! ».

Una penetrante ondata di freddo che fino a quel momento era rimasta in incubazione nel corpo del pokémon fu d'improvviso liberata vigorosamente. Per un breve istante sembrò intenzionata a scaricarsi su ogni essere vivente sul campo, poi iniziò a convergere verso Kyurem. La creatura tentò di scappare, ma fu questione di microsecondi: il suo corpo fu racchiuso in una morsa gelida e congelato in un blocco cristallino.

« Cheren? Cheren? Sei ancora lì? » domandò la giovane ancora attaccata all'Xtransceiver.

« Sì, sì Hilda, rieccomi » replicò Cheren ancora annaspante « Abbiamo avuto un incontro ravvicinato con–– ».

Il ghiaccio si frantumò. Non fu una rottura graduale, cinematografica, in cui tutto inizia da una piccola crepa che si espande: fu un'esplosione. Il verso assordante fu emesso di nuovo e Kyurem fuoriuscì dal blocco come se non vi fosse mai entrato.

« Dio cane, ma è indistruttibile! » imprecò Cheren.

« Chi? » domandò Hilda da Undella « CHI è indistruttibile? ».

« KYUREM! ».

La risposta fece trasalire la ragazza « KYUREM? SIETE CONTRO KYUREM? ».

« Complimenti per la deduzione, Hilda. Ti facevo più sveglia! ».

La voce di colpo cambiò radicalmente « Cheren! Cheren, mi senti? ».

« Oh, ciao Bianca ». Il drago, ripresosi dalla momentanea paralisi, puntò i suoi occhi gialli verso Cheren « Oh cazzo ».

« Rispondi in fretta, con cosa lo avete attaccato? ».

« Oh cazzo, HILBERT, VIENE VERSO DI ME! – Col ghiaccio, con che dovevamo attaccarlo? Hilda ha detto che è un drago ».

« Cheren, resisti, provo a colpirlo di nuovo con l'Iper Raggio! » gridò Hilbert, per constatare poi che Carracosta, esausto per lo sforzo, si era accasciato al suolo « Oppure no ».

« Non hai capito! » proruppe Bianca dall'altro capo dell'Xtransceiver « È Drago, sì, ma anche–– ».

Kyurem caricò Cheren con la sua mole e se non lo uccise fu soltanto perché Cryogonal si frappose tra loro. Tanto bastò, comunque, a stordirlo e fargli perdere l'accessorio di comunicazione che lo teneva collegato all'unica persona che poteva aiutarli, che volò giù per la collinetta sopra la quale la collisione era avvenuta. Il ragazzo si riportò supino e sobbalzò: il drago era a mezzo metro da lui, con il suo celeste muso scheggiato che gli alitava sul volto una brezza gelida.

Gelida, gelida... « Ghiaccio » comprese Cheren in un lampo « HILBERT! NON È DRAGO, È DRAGO-GHIACCIO! ».

« Drago-Ghiaccio dici? Non male » denotò Hilbert, poi richiamò Carracosta e afferrò un'altra Ball « Chandelure, vai e Lanciafiamme! ». Il pokémon Attiranime, non appena fu uscito, partì subito all'offensiva con una scarica di fiamme che avvolse Kyurem, che accusò eccome il colpo e indietreggiò lasciando spazio a Cheren.

Questi si rialzò in tutta fretta e prese una sfera dalla propria cintura « Emboar, tocca a te! ». Dal getto di luce apparve una scimmia di fuoco con tratti suini « Fuococarica! ». Il pokémon si infuocò più di quanto già non fosse e scattò verso il drago, che ormai aveva compreso di essere in pericolo. La carica lo spinse indietro e fu necessaria tutta la forza dei suoi artigli inferiori per non farlo sbilanciare verso la discesa del colle.

« Hilbert, finiamolo! » gridò Cheren, sentendo di avere in pugno la battaglia « Emboar, INCENDIO! ».

« Chandelure, usa Marchiatura! ».

I due turbinii di fiamme partirono quasi in contemporanea e, viaggiando a una velocità ben superiore ai riflessi di Kyurem, lo colpirono in sincronia. Per diversi metri intorno al punto dell'impatto la piana si incendiò, portando l'aria a temperature vertiginose. Quando le lingue di fuoco iniziarono a diradarsi il drago, sconfitto e gravemente ferito, riuscì a malapena a rialzarsi e volare di nuovo sopra Lacunosa verso la direzione da dove era venuto.


« Quindi » Cheren fissava fuori dalla finestra la calma Lacunosa che dormiva « Kyurem non sarebbe una novità qui, dico bene? ».

« Non mi piacciono gli eufemismi » rispose Bianca dall'Xtransceiver « Non è che non è una novità, è una leggenda che circola da sempre in quella città ».

« Che leggenda? ».

« Secondo quanto si racconta Kyurem verrebbe ogni notte per rapire i bambini ».

« Ogni notte per rapire i bambini. E noi cosa c'entriamo? ».

« E ci credono anche a questa storia? » intervenne Hilbert, sdraiato sul letto a guardare il soffitto.

« Certo. Non hai visto che quando siamo arrivati non c'era nessuno in giro? ».

« Che creduloni ».

« Chiamali scemi, stasera ci sono quasi morto. Saranno creduloni ma a buona ragione – scusa Bianca, rieccomi ».

« Però qualcosa mi suona strano » proseguì la ragazza « Nessuno è venuto in vostro soccorso? Non sarà stata una battaglia silenziosa, immagino ».

« Non lo è stata, infatti. Non so perché non sia venuto nessuno » Cheren si scambiò uno sguardo d'intesa con Hilbert « Paura, immagino ».

« Sì, forse. Fossi in voi, comunque, non starei a Lacunosa un minuto di più. Domani mattina fate un favore a tutti e tornate qui a Undella, e dimenticatevi di Kyurem ».

« Bianca, non possiamo, io e Hilbert pensiamo di sapere chi c'è dietro tutto questo. Non posso dirti di più finché non avremo approfondito, ma se uno difende un villaggio con un drago leggendario significa che ha qualcosa da nascondere ».

« Interessante, e cosa intendete fare domani? ».

« L'idea era quella di svegliarsi di prima mattina e fare una visita a quel cratere dal quale proverrebbe. Giant Chasm hai detto, giusto? ».

« Mi sembra un ottimo modo per suicidarsi – sì, sì Hilda, lo so che abbiamo degli orari da rispettare – scusate ragazzi, non posso stare di più, qui vige un coprifuoco rigido ed è parecchio tardi. Abbiamo affittato la peggior villetta possibile, lasciatemelo dire, i padroni di casa sono dei tiranni. Domani mi chiamate prima di andare al cratere, vero? ».

« Contaci » la rassicurò Cheren, poi riattaccò « L'hai capito anche tu, vero? ».

« Che Lacunosa è una città di omertosi? » replicò Hilbert « Certo. Perché mai non sarebbe venuto nessuno altrimenti? ».

« Precisamente. Sono in combutta con il musicista, immagino. Allora domani al Giant Chasm, va bene? A che ora ci svegliamo? ».

« Mah, mezzogiorno? » propose neanche troppo spiritosamente Hilbert.

« Vada per le dieci. Se non ti svegli mando Kyurem a prenderti » Cheren tornò a guardare fuori dalla finestra « Buffo che un muro di qualche decimetro faccia la differenza tra vita e morte ».

« Buffo » gli fece eco Hilbert « Buonanotte Cheren ».

« Buonanotte Hilbert » rispose il suo amico, poi spense la luce e serrò la finestra per buona misura « Buonanotte Lacunosa ».

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Sfida alla leggenda ***


III: "Sfida alla leggenda"

III: “Sfida alla leggenda”


Lacunosa Town di giorno è molto più vivibile che di notte. Al contrario di altri centri come Nuvema, e con lei tutto il grande promontorio forestale del sud della regione, ma volendo anche Castelia, che dal buio guadagnano ulteriore atmosfera, essa si comporta più similmente a Undella: sotto la luce del sole – il cielo, tuttavia, quel giorno era ancora denso di nuvole grigie, e la sfera luminosa ancora non aveva fatto capolino – acquisisce un aspetto completamente rinnovato che la rende più predisposta a sfruttare il turismo. Non che vi sia molto da vedere lì: da questo punto di vista è anzi una delle città più povere di Unova. Ma proprio come il vicino Village Bridge anche Lacunosa viveva sulla sua fama di villaggio inusuale e interessante da visitare, anche se una volta arrivato poco potevi fare se non riferirsi ad essa come luogo di ritorno prima di partire alla volta di scampagnate nelle zone limitrofe.

Come preannunciato, i nostri protagonisti si svegliarono il giorno dopo di relativamente buon'ora. Per meglio dire Cheren si alzò al momento concordato, poi toccò a lui convincere Hilbert a seguirlo. Una volta usciti dall'hotel si incamminarono immediatamente verso nord-ovest dove, Bianca aveva spiegato loro, si trovava il Giant Chasm. Secondo i racconti locali tramandati alle ragazze dal proprietario del museo di Undella, esso si era creato a seguito dell'impatto con la Terra di un meteorite ghiacciato che aveva aperto una voragine nel terreno. I due giovani avevano chiesto ai vari avventori nell'albergo in cui avevano soggiornato informazioni sulla fossa prima di uscirne per la spedizione, evitando accuratamente di svelare le loro intenzioni – ricordiamo che secondo loro Lacunosa era corrotta –, tuttavia avevano ricevuto risposte vaghe e frammentarie: nessuno sapeva dire con precisione come essa fosse fatta, né se qualcuno avesse già provato a entrarci.

Cheren, mentre ancora si trovava con il suo compagno nella città, chiamò via Xtransceiver Hilda e Bianca. Squillò per un poco, poi una voce chiaramente assonnata rispose « Pronto? ».

« Ciao, Hilda ».

« Ah, sei tu Cheren » seguì uno sbadiglio « Come mai così presto? ».

« Memoria corta? Stiamo andando al Giant Chasm ».

« Ah già » ricordò Hilda « Bianca sperava aveste rinunciato. Siete sicuri di volerci andare? Kyurem è pericoloso ».

« L'abbiamo già battuto una volta, siamo preparati ».

« Beh, penso di non potervi dissuadere quindi. Buona fortuna – eh, sì Bianca, è Cheren. Ehi, che fai, molla qua! » l'altra ragazza, Cheren intuì, stava tentando di prendere l'Xtransceiver in fretta perché non riattaccasse « Pronto, mi senti? Sono Bianca ».

« Ti sento ».

« Ieri ho fatto qualche ricerca sul Giant Chasm – sì, Hilda mi chiede di precisare che per il computer acceso non ha potuto dormire – e so darti qualche dato in più su quel cratere ».

« Spara ».

« Prima ho osservato le foto satellitari. A quanto pare quella fossa è a cielo aperto ».

« A cielo aperto » ripeté Cheren riflettendo, mentre con il suo amico imboccava il Route 13 « Strano, nessuno dell'hotel sapeva dire niente su come fosse fatta. E Kyurem non lo hai visto? ».

« No » replicò Bianca « E non trovo strano che nessuno sapesse niente. La voragine ha sviluppato le condizioni ideali per la crescita di piante rampicanti e non. Quel posto adesso ha una giungla compressa al suo interno ».

« Interessante. Vai avanti ».

« Non ti sarà facile penetrare nel cratere. Dalle foto scattate non risultano esserci tunnel di alcun genere, e volarci dall'alto con tutta quella vegetazione è fuori discussione. Nemmeno un Pidove riuscirebbe a infilarsi là dentro ».

« E Kyurem come fa a entrarci? ».

« Non ne ho la minima idea. Ho passato la notte a chiedermelo, direi che è la chiave di volta. Qualsiasi passaggio ci sia, se ci entra lui dovreste essere in grado di entrarci anche voi ».

« Troveremo un metodo per scalarla e scivolarci all'interno da sopra ».

« Potrebbe esserci una via più facile. Secondo alcuni studi amatoriali là dentro ci sarebbe una caverna. Se è vero, ti basta sfondare il muro esterno ».

« E nessuno ha mai pensato di farlo prima d'ora? » domandò stranito Cheren.

« Sono studi molto recenti, di appena qualche mese fa, e non sono neanche stati comprovati. Una spedizione costa, prima vogliono accertarsi che il muro sia veramente perforabile ».

« E perché non lo fanno? ».

« Perché sta di fatto che il Giant Chasm è patrimonio di Unova, per lederlo serve un'autorizzazione che nessuno dell'amministrazione vuole accordare ».

« Stupida inefficiente burocrazia. Noi ce ne freghiamo, giusto Hilbert? » il suo amico, frattanto, era impegnato ad aprire il passaggio con il suo Carracosta. « Hai altro da dire? ».

« Un'ultima cosa » rispose Bianca « State attenti. Se Kyurem è rientrato davvero non lo vedrete mai a occhio nudo. Non sono neanche certa che il sole filtri con tutte quelle piante ».

« Ricevuto. Ci stiamo avvicinando al cratere, ti saluto. Preghiamo di risentirci vivi ».

« Buona fortuna » un rumore di chiusura risuonò nell'Xtransceiver e Cheren lo ripose.

« Cosa dice? » lo interrogò Hilbert.

« Pare che da sopra non si possa entrare per via di una giungla interna ».

« Intrigante. Non le si può dare fuoco? ».

« Penso che Bianca abbia preso in considerazione anche questo. Sarà troppo umido, secondo lei è comunque impossibile accedere da là. ». I due stavano percorrendo una strada collinare in salita: a giudicare dal sentiero appena accennato non era una via molto battuta.

« E cosa ha proposto? ».

« Di sfondare il muro. Dentro dice che c'è una caverna ».

« Sai » Hilbert arrestò il passo sulla cima « non penso sarà necessario ».

Cheren si affrettò a raggiungere il suo amico dopo essere rimasto indietro a causa della telefonata. Il panorama era inaspettatamente scenografico: il terreno appena avanti appariva come fosse stato scavato da mano umana, e oltre esso era situata la grande fossa di cui tanto si era parlato durane il viaggio. Scorgere come fosse costituita era impossibile: come descritto da Bianca essa era ricoperta da uno spesso strato di vegetazione che la riempiva quasi totalmente, riducendola a un banale bosco visto dall'alto. La voragine era circondata da alte mura rocciose e usufruendo di una di queste come base era stato costruito, senza alcuna utilità apparente, un ponte in legno che terminava poco dopo essere iniziato; Cheren ipotizzò che prima che la giungla proliferasse doveva essere servito ad antichi precursori degli attuali esploratori per addentrarsi nell'altrimenti impenetrabile Giant Chasm.

Ma la peculiarità più sorprendente era un'altra: sulla parete settentrionale dello scavo anteriore era stato aperto un grande foro alto forse due metri e mezzo e largo due che gettava nel buio della caverna.

« Bianca non aveva parlato di questo » osservò Cheren « Strano ».

Hilbert, ancora in religioso silenzio, vi si avvicinò per scrutarlo da più vicino « Quanto sarà alto, due metri? ».

« Un po' di più forse. Troppo poco per Kyurem ».

« E nessuno ne sapeva niente. È posteriore alle foto satellitari evidentemente ».

« Dici che è stato il nostro musicista? ».

« Ne sono convinto. Abbiamo trovato la base operativa, che ne dici? ».

« C'è una cosa che non capisco » pensò ad alta voce Cheren « Se questo è il nascondiglio di Kyurem lui come ci entra? ».

« Secondo me l'hanno sfrattato » suggerì il suo compagno « Sai, per farci quel che stanno facendo, qualsiasi cosa sia ».

« Sì, ma non stiamo parlando di un Tranquill. Voglio dire, è pur sempre un pokémon leggendario. Non è che puoi affrontarlo così, su due piedi ».

« Ricordi che ha fatto con noi in quel bar? ».

« Fin troppo ».

« Se può fare cose che noi riteniamo impossibili è anche in grado di cacciare un pokémon che, ti ricordo, anche noi abbiamo sconfitto ».

« Però ieri dopo la battaglia è tornato qui » fece notare Cheren « Questa deve essere ancora la sua casa ».

« Allora » sentenziò Hilbert « deve esserci un condotto alternativo ideato dal musicista e dalla sua allegra compagnia ».

« Questo è possibile. Oltre il Giant Chasm non c'è niente, potrebbero farlo uscire da là e nessuno se ne accorgerebbe » Cheren fissò un'altra volta il tunnel « Entriamo? ».

« Sono favorevole. Ah, Cheren » lo fermò Hilbert prima che potesse effettuare il primo passo nel buio « appena entrati cerchiamo l'accesso a quella fossa. Non so cosa ci sia, ma il musicista farà di tutto perché non possiamo arrivare lì ».

« Perché dici così? ».

« Una caverna non è esattamente un luogo vivibile, c'è poco ricambio d'aria e molti pokémon selvatici sono in agguato pronti a colpirti. E al nostro uomo non so quanto possano piacere gli Swoobat ».

« Ha senso ».

« Quindi vorrà stare in un posto sì nascosto ma dove sia facile stabilirsi. Pochi luoghi in Unova, forse solo la Dragonspiral Tower, rispondono a queste caratteristiche bene quanto quell'orto gigante ».

« Quindi dici che la sua base si trova lì. In effetti tutto torna, così se anche qualcuno avesse scoperto il suo nascondiglio gli sarebbe bastato non fargli superare la grotta. Va bene, stiamo attenti e subito verso la prima uscita ».

Detto ciò, Cheren si avviò verso l'oscurità, e Hilbert lo seguì a ruota.


L'interno del Giant Chasm è alquanto insolito per una caverna: solitamente infatti i pokémon e gli agenti di erosione tendono a modellarla come più loro aggrada; al contrario, quella del cratere, in mancanza di fattori esterni, è stata plasmata solamente dagli Excadrill scavatori. In origine, oltre appunto alle sopraccitate talpe e ad alcuni Boldore, anche altre creature esotiche, sopravvissute nella leggenda soltanto per merito di rari avventori che in tempi passati erano usciti vivi da quel luogo, popolavano la grotta. Tuttavia, esse sono del tutto scomparse per ragioni note solo a pochi a seguito del Conflitto Globale di più o meno vent'anni prima. Come risultato, quando Hilbert e Cheren misero piede nell'anticamera del cratere, furono sorpresi di non vedere nessun pokémon nei paraggi.

« Tieni gli occhi aperti » disse il primo mentre osservava gli strani cristalli che rischiaravano la zona « Ci stanno aspettando ».

« Lo so, ho la mano pronta per chiamare Braviary ».

A quanto vedevano i due ragazzi, non era nemmeno presente un sofisticato sistema labirintico che rendesse inaccessibile il cratere, la cui via di entrata era in vista in fondo a un solco. Per Cheren tutto ciò poteva significare solamente due cose: o avevano sopravvalutato il musicista che non li reputava una minaccia, oppure c'era un agguato pronto per loro dietro quel varco. Quando i due vi giunsero davanti esitarono visibilmente, Hilbert forse meno, temendo che, celati dalla vegetazione, potessero esservi insidiosi pericoli.

« E ora che si fa? » domandò Cheren.

« Siamo arrivati fin qua » commentò il suo amico « Non ha senso tornare indietro ».

« Ci attaccheranno non appena oltrepasseremo questa soglia. Questo lo sai, vero? ».

« Sì. Ma se non andiamo noi ci cercheranno loro. Restare a Lacunosa un'altra notte significherebbe esporci a Kyurem, e tornare a Undella metterebbe in serio pericolo tutti i vacanzieri ».

« Hai ragione. Sbrighiamocela ora » Cheren lasciò uscire Braviary dalla sua Poké Ball « Coprici ».

« Buona idea » concordò Hilbert « Esci anche tu, Chandelure ».

I due pokémon si appostarono dietro i loro padroni, pronti a intervenire in caso di un attacco. Assicurandosi di essere difesi, i ragazzi varcarono insieme la soglia.

Da lì fu l'arco temporale di un secondo. « PROTEZIONE! » gridarono all'unisono i due, e le loro creature obbedirono. Un fascio di luce investì lo spazio circostante e il cratere divenne una massa informe luminosa. Per pochi istanti fu impossibile distinguere persino le silhouettes degli alberi, tanto era abbagliante e poderosa l'unione delle due tecniche. Poi, gradualmente, ogni oggetto riprese i propri contorni definiti e il Giant Chasm centrale, la voragine originaria, tornò a essere visibile, così come gli assalitori.

Che non c'erano. Attraverso la barriera protettiva eretta da Chandelure e Braviary Hilbert e Cheren, dopo un'attenta e meticolosa osservazione, conclusero che erano completamente soli. Il cratere provocato dallo storico impatto meteorico si mostrava da lì ancora più intricato di quanto era apparso da sopra: oltre al naturale sviluppo labirintico degli alberi mancava pressoché del tutto la luce solare, filtrata pesantemente dalle verdi chiome che erano distribuite a costituire una cupola naturale che sovrastava la fossa. A rendere oltremisura inquietante l'atmosfera si era aggiunto anche un veloce vento che spirava da nord-ovest, lo stesso maestrale del giorno precedente. Per di più il fruscio delle foglie scosse dall'impeto delle folate rendeva complessa qualunque comunicazione tentata tra Cheren e Hilbert, che quindi si limitarono a poche significative direttive: dividersi al bivio che si era presentato davanti appena penetrati nel cratere, andare in cerca di qualsiasi punto di interesse, e avvisare con un flash – di maggiore potenza rispetto al normale, dal momento che la mossa era necessaria al suo livello standard per muoversi nell'ombra – se si fosse ritrovato qualcosa di rilevante. Dopodiché, Cheren con Galvantula a sinistra e Hilbert con Serperior a destra, partirono per esplorare il Giant Chasm.

Tuttavia per quanto il primo si fosse sforzato, specie nella prima fase del cammino, di mantenere dei riferimenti ben definiti, si ritrovò prima del previsto e senza margine di dubbio sperso in quella giungla in miniatura. Il suo Galvantula non dava segni di smarrimento ma Cheren sapeva che, sebbene balzasse agilmente da un tronco all'altro illuminando l'ambiente con la più assoluta noncuranza, lo faceva solamente perché il suo padrone puntava in quella direzione. Il ragazzo pensò che in questi casi quel pokémon bussola di cui tanto aveva sentito parlare dalla bocca di suo padre che era stato in terre esotiche – come si chiamava? Nosesbass? – sarebbe stato veramente utile. Aveva svoltato chi sa quante volte e, malgrado ancora non avesse incontrato Hilbert, aveva la sensazione preoccupante di aver girato in tondo.

Ciò che più gli rimase impresso nella mente fu il fatto che neanche in quella foresta selvaggia si incontravano pokémon di alcun genere. Ciononostante l'habitat era propizio perché creature quali gli Amoongus potessero proliferare traendo linfa vitale attaccandosi come parassiti a quel numero spropositato di piante, e Cheren non sapeva darsi una spiegazione sul perché così non fosse.

Fu nel pieno delle sue riflessioni che, come un fulmine a ciel sereno, lo vide. Era lì, ben fissato al suolo, non profondo e limpido come nessuno si aspetterebbe in un luogo tanto torbido quale è il Giant Chasm. Era un laghetto timido, poco appariscente, quasi stesse cercando di celarsi alla vista degli avventori che transitavano per quella voragine indomita. Cheren si avvicinò con cautela, come per assicurarsi che non fosse una mera illusione astutamente generata da qualche predatore, poi sfiorò l'acqua che produsse di rimando una serie di dolci cerchi concentrici che si dipartivano dal punto di contatto.

Il giovane si fermò a riflettere: era considerabile un punto di interesse? Dov'era il suo amico? Magari era sull'orlo di una scoperta determinante e lui l'avrebbe interrotto per un inutile lago. Valeva la pena di richiamarlo? Le risposte che si diede furono contrastanti, ma alla fine decise di seguire le direttive.

« Galvantula, aumenta il tuo flash ». Il suo pokémon iniziò a disporre una serie di fili elettrici che si disposero intorno a lui a creare la copia di un'usuale tela di ragno. Tuttavia essi erano ben più luminosi rispetto alla loro controparte naturale e Galvantula consumava energia per tenerli attivi. Di colpo la luce si intensificò fino a rischiarare la zona circostante anche a distanza di metri e compose una sfera bianca che li avvolgeva. Non vederla sarebbe stato impossibile, ma nessuno rispose all'appello.

« HILBERT! » provò a gridare Cheren « MI SENTI? ». Di nuovo non vi fu alcuna reazione da nessuno dei quattro lati del Chasm.

« Ora vediamo se Bianca se n'è solo scordata oppure se a buona ragione non ha parlato di eliminare la vegetazione per penetrare. Galvantula, taglia quella ». La creatura si diresse verso un vegetale situato verso quello che l'adolescente riteneva essere il nord, ma vista la confusione nel vento che soffiava avrebbe potuto trattarsi di uno qualsiasi dei quattro punti cardinali. Il ragno si apprestò a eseguire l'ordine, ma il suo avversario fu più svelto: una liana erbacea fuoriuscì dal terreno e paralizzò in pochi secondi Galvantula.

« Che caz–– » fece per dire Cheren, ma presto anche lui fu preso da dietro e immobilizzato a terra da quella che pensava una semplice pianta « E tu che cosa sei? HILBERT, VIENI! ». Il grido però di nuovo trovò replica soltanto nella sua flebile eco. Il giovane già si prefigurava la propria lenta morte quando di scatto sia lui che il pokémon furono rilasciati. Immediatamente si approntò a ordinare alla sua creatura di far partire l'offensiva, ma con disappunto constatò che il suo fantomatico nemico verde era già scomparso. Attendendosi un nuovo attacco riportò nella sfera l'Elettroragno e si preparò a chiamare in campo Braviary. Invece avvenne l'assurdo.

Senza preavviso né causa nota il cielo divenne bianco. Non si intenda un bianco tendente al grigio, di quelli di certi pomeriggi d'inverno che precedono le forti nevicate, in cui la cupola che ci sovrasta perde per un attimo ogni suo limite imposto dalle nubi diventando virtualmente infinita quando invece altro non è che un immenso stratocumulo che preclude l'azzurro: era invece un bianco brillante come di luce propria, in cui annegavano perfino i rami più alti degli alberi. Rapidamente anche il resto dell'ambiente si uniformò a tale aspetto e Cheren senza accorgersene fu l'unico elemento che stonava dal color latte. Un brivido percorse la schiena dell'adolescente partendo dal collo e arrivando fino al termine della colonna vertebrale, e non era un brivido ingiustificato: la temperatura era scesa di almeno una quindicina di gradi e il nostro protagonista, vestito come d'estate è normale, non vi era abituato. Arrivò un attimo in cui intorno a lui il tutto assunse una tonalità talmente chiara da inibirgli la vista e obbligarlo a serrare le palpebre.

Proprio a occhi chiusi, nel momento meno opportuno, gli parve di sentire nuovamente la melodia suonata dal musicista due giorni prima. Privo di stimoli visivi, Cheren poté analizzarla meglio di quanto aveva fatto nel Café Sonata: era un brano dolce e suadente, difficile da dimenticare come scansione di note in quanto estremamente semplice. Se da un lato la musica allietava il momento non esattamente allegro, dall'altro provava l'inconfutabile coinvolgimento del loro uomo in quel caos.

Quando percepì un calo di luminosità e riaprì gli occhi, la giungla selvaggia era del tutto sparita: aveva preso il suo posto una sterminata distesa ghiacciata interrotta unicamente dai muri della fossa.

Cheren si guardò attorno: stava persino iniziando a nevicare e attraverso i fiocchi pallidi non riusciva a scorgere alcuna apertura, nemmeno quella dalla quale erano entrati nella giungla. E, ovviamente, nessuna traccia di Hilbert: era solo, immerso nel freddo con vestiti totalmente inadatti e senza idee su come uscirne.

Un altro flash, stavolta più fioco, tornò a illuminare l'ambiente: questa volta però dall'alto, e quando il ragazzo tentò di alzare il capo trasalì. Nel cielo divenuto nuovamente niveo era stagliata una figura in controluce, dai contorni poco definiti agli occhi accecati del giovane, che malgrado ciò erano comunque in grado di affiancarla a un'altra, una che era rimasta impressa nella sua memoria meno di dodici ore prima: Kyurem.

E d'improvviso comprese. La mancanza di pokémon, il tunnel non segnalato da Bianca, la totale assenza di difese, quelle non erano coincidenze. Il Giant Chasm non era il nascondiglio del musicista. Era una trappola.

Il tempo per riflettere sulle implicazioni di questa deduzione fu minimo: il drago iniziò una discesa in picchiata in direzione di Cheren.

« Emboar! » il ragazzo scansò in anticipo l'attacco « Marchiafuoco appena arriva al suolo! ». Kyurem, comunque, non atterrò, arrestandosi a qualche metro dal suolo per volare poi sulla distesa gelida: come risultato l'offensiva andò a vuoto, dal momento che la creatura aveva modificato la sua traiettoria appena prima di collidere con il terreno. Arrivato quasi alla fine del cratere effettuò un'inversione a U e si volse gli occhi al suo avversario. L'aria iniziò a raffreddarsi esponenzialmente e Cheren fu colto da un brivido, mentre una visibile folata d'aria si dirigeva verso Emboar. « Fiammapatto, presto! ».

I tempi di reazione del suino furono encomiabili: riuscì a innalzare una colonna di fuoco abbastanza rapidamente da arrestare la corsa del Gelamondo lanciato dal drago.

« Uno contro uno non ce la faremo mai » concluse il giovane « Vai, Braviary! ». L'aquila volteggiò nella neve per qualche attimo, poi si affiancò al suo compagno di fuoco.

« Usa Ombrartigli! » il pokémon si scagliò a tutta velocità verso il suo nemico mentre le sue unghie si tingevano di un color viola « E tu, Emboar, Lanciafiamme! ».

L'effetto finale fu a dir poco scenografico: Braviary appariva avvolto da un turbinio di fiamme e lanciato direttamente verso Kyurem. L'attacco centrò pienamente il bersaglio, che esplose sotto gli occhi attenti di Cheren che si tenne a debita distanza. L'aquila emerse dopo pochi secondi lasciando dietro di sé una nuvola di fumo con un avvitamento verso l'alto, per tornare poi dal suo padrone. Quando la nube si dissipò, del drago non c''era alcuna traccia.

« Non è stato difficile » commentò il ragazzo. Il suo sollievo, comunque, fu effimero: quasi immediatamente si accorse di un'ombra che diventava gradualmente più visibile sul ghiaccio. Volse lo sguardo al cielo: Kyurem fluttuava a mezz'aria a una ventina di metri sopra di lui. D'istinto il giovane tornò a fissare il punto in cui il suo avversario era scomparso poco prima, calcolando la distanza in linea d'aria e il tempo che sarebbe stato necessario per percorrerla. Era troppo rispetto a quanto ne era effettivamente trascorso, il che conduceva a una sola motivazione.

« Un Sostituto. Non male, Kyurem » Cheren mise mano alla sua cintura « Vai, Cryogonal. Vediamo cosa possiamo fare in tre ». Un fascio di luce fuoriuscì dalla sfera insieme al Cristallo, che piroettò prima di assestarsi a qualche centimetro dalla grande lastra celestina su cui stava avendo luogo la battaglia.

Cryogonal non ebbe comunque la possibilità di agire in alcun modo: il terreno iniziò a tremare vistosamente e l'adolescente perse l'equilibrio cadendo sul ghiaccio. I quattro tornarono a osservare Kyurem che, nel frattempo, aveva iniziato a brillare di luce argentea. Al sisma si aggiunse un'eco che risuonava ai quattro angoli del cratere e scure silhouettes, dapprima sporadiche, poi sempre più numerose, apparvero sopra il drago.

« BRAVIARY, PROTEZIONE! ».

Vi fu appena il tempo di attivare lo scudo: le poco nitide figure iniziarono a precipitare a enorme velocità verso la distesa schiantandosi con clamoroso fragore su di essa, provocando sempre più voragini nel terreno. La veemenza del Dragobolide fu molto superiore rispetto a quanto Cheren si aspettava e, sebbene la barriera stesse reggendo, era chiaro a tutti che non poteva resistere ancora a lungo. « EMBOAR, CRYOGONAL, ANDATE ANCHE VOI! ». La potenza della Protezione fu triplicata, eppure questo non bastò a far desistere Kyurem, alimentato da quella che pareva un'energia sconfinata. Poi, di colpo, la pioggia meteorica si arrestò. Cheren ovviamente fu ben lungi dallo sperare che il drago fosse stanco; tuttavia, non avrebbe mai immaginato quello che stava preparando.

Anziché affievolirsi, la luce che avvolgeva il leggendario pokémon cambiò tonalità da argento a oro, diventando anche più intensa nel passaggio. Il cielo diventò, proprio come prima era cambiato in bianco, nero come la pece, senza neanche un faro che fungesse da punto di riferimento. Cheren rimase fermo a osservare quell'insolito spettacolo, poi riprese conoscenza e capì.

« VIA » gridò « VIA TUTTI SUBITO! AGLI ANGOLI E PRONTI CON LA PROTEZIONE! ». I suoi pokémon obbedirono, pur avendo rallentato notando l'immobilità del loro padrone; ad ogni modo, avendo questi fatto cenno con il capo di proseguire verso le loro direzioni, essi proseguirono. Frattanto Kyurem aveva aperto la propria bocca e al suo interno si stava formando una sfera luminosa.

Il nostro protagonista inspirò profondamente « L'Iper Raggio ». Il drago emise un verso assordante e il volume del colpo aumentò vistosamente fino ad eccedere addirittura l'intero volto del pokémon. Poi, senza preavviso, esso divenne un raggio e partì rapidamente in direzione del giovane.

« ORA! » esclamò lui di rimando, e i suoi tre compagni radunarono le energie che ancora rimanevano loro per erigere un ultimo possente scudo a difesa del ragazzo. Questi peraltro non contava di neutralizzare l'Iper Raggio di una creatura tanto potente: il piano era invece di trattenerlo il tempo necessario per mettersi in salvo. Dal momento che dopo l'offensiva è necessario un periodo di refrattarietà da parte del suo utilizzatore, ciò significava che Kyurem sarebbe stato vulnerabile.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** S come segreti ***


IV: "S come segreti"

IV: “S come segreti”


L'attacco sfrecciò a massima velocità percorrendo in pochi istanti i venti metri che separavano Kyurem da Cheren. Il ragazzo, non appena si fu accertato che la traiettoria dell'Iper Raggio era ormai impossibile da deviare, scattò in direzione nord-est verso il quarto angolo, l'unico libero, scansando i laghi di acqua gelida causati dalla precedente pioggia meteorica mentre il tentativo del leggendario si infrangeva contro la Protezione alzata poco prima.

Come previsto lo scudo riuscì a resistere pochissimo, e nel momento in cui il ragazzo si mise in salvo lontano dal centro del Giant Chasm esso cedette del tutto lasciando passare il micidiale fascio energetico che collise con la distesa di ghiaccio. Vi fu un rumore assordante, come di vetri infranti: la lastra fu percorsa da venature incrinate e in breve tempo – forse due secondi fu quanto necessario perché tutta l’azione si sviluppasse, non di più – il terreno crollò. Come previsto da Cheren i quattro angoli rimasero collegati alle solide pareti gelide del cratere. Tuttavia un elemento fondamentale non era stato calcolato neanche da una mente come la sua.

In realtà impiegò poco a comprendere il suo errore clamoroso: il ragazzo se ne accorse nel momento in cui il raggio penetrò oltre il ghiaccio. Sotto non c’era terra, bensì acqua. L’attacco aveva aperto un’enorme voragine esattamente al centro della fossa: le particelle del fluido di conseguenza avevano iniziato a convergere disponendosi a spirale in senso antiorario in direzione di un unico punto, quello vuoto, quello che andava riempito, il nucleo del futuro vortice. In qualche istante la grande piscina creatasi era già divenuta un enorme gorgo acqueo di immensa potenza.

Cheren tentò di sfuggirgli, ma non aveva idea di come fare: se infatti Braviary e Cryogonal non appena avevano intuito il possibile risultato si erano involati, altro non si poteva dire del giovane, che dato il ridottissimo arco temporale in cui tutto ciò era avvenuto non aveva neppure potuto richiedere l’aiuto di uno dei suoi pokémon. Lui ed Emboar, situato all’angolo opposto, furono trascinati nel mulinello senza poter reagire.

Il ragazzo cercò disperatamente di lottare contro la corrente, ma fu inutile: il suo corpo fu inesorabilmente trasportato a grande velocità verso il centro del Giant Chasm. Una volta giunto lì la forza cambiò e Cheren fu trainato verso il basso, dirigendosi nelle profondità del cratere sballottato ripetutamente dal vortice che ancora turbinava. Poi, di colpo, tutto si fermò: il foro doveva essersi colmato. L’adolescente rimase a galleggiare nell’acqua, trattenendo il respiro. Per la spinta di Archimede stava lentamente riemergendo, ma un semplice sguardo verso l’alto – che gli provocò un lancinante bruciore agli occhi, che aveva mantenuto chiusi fino ad allora – fu sufficiente per capire che non ci sarebbe mai arrivato nemmeno nuotando quanto più rapidamente poteva. In lontananza, un’altra serie di piccole bolle annunciava che anche Emboar era immerso con lui.

Cheren fece per prendere una sfera dalla cintura, ma un verso familiare lo fermò. Cercò di capire, pur trovandosi sott’acqua, che cosa stesse succedendo: qualcosa in superficie era diventato celeste. Kyurem preparava un nuovo attacco.

Non è possibile, pensò, NON È POSSIBILE! HA USATO L’IPER-RAGGIO, COME CAZZO FA!

Il colpo richiese poco tempo per essere scagliato. Il ragazzo già si prefigurò la sua atroce morte, dilaniato da un raggio energetico o Dio sa cosa. Serrò le palpebre, in parte per il dolore causato dalla salinità e in parte per non dover vedere, aspettando l’inevitabile.

Trascorse qualche secondo, e ancora non provò niente. Le riaprì lentamente, e i bulbi tornarono a bruciargli mentre osservava la distesa d’acqua sopra di lui che s’era d’improvviso chiusa. Era tornata la lastra di ghiaccio: Kyurem aveva utilizzato il Gelamondo per intrappolarlo là sotto. Il ragazzo riuscì a mantenersi sveglio per qualche istante ancora, poi fu costretto a inspirare e perse definitivamente i sensi.


Cheren tossì acqua. Detta così può sembrare semplice, ma chiunque abbia assaporato quella sensazione sa che ci può essere poco di più orribile. È come essere diventati d'improvviso pesci, solo senza le branchie: ti ritrovi liquido che scorre liberamente per la tua trachea senza che tu possa farci molto. Sei costretto a tossire per almeno mezzo minuto per riuscire a espellerlo tutto, e non puoi fermarti perché soffocheresti. Non una bella situazione, in definitiva.

Quando il giovane riprese coscienza di dove si trovasse sospirò di sollievo: era ancora dentro il Giant Chasm, congelato come quando aveva cessato di vederlo ed era sprofondato nell'acqua. Ah, già, sprofondato. Si guardò intorno: era insieme ai suoi pokémon, ma di Kyurem non vi era traccia. Vide Seismitoad, appostato accanto a un foro nel ghiaccio e ancora bagnato – Cheren intuì che era stato lui a salvarlo dalla morte –; scorse vicino a lui Emboar, la cui fiamma che attorniava il collo, sebbene flebile, si era riaccesa, segno che si stava riprendendo dal viaggio subacqueo; Braviary e Cryogonal fluttuavano poco lontano, indenni.

Cheren si rialzò, non senza fatica, poi estrasse due sfere « Cryogonal, Seismitoad, ottimo lavoro. Rientrate pure ». Dopodiché, prevedendo la delusione degli altri due suoi compagni, si affrettò a precisare « Bravi anche voi, ma non abbiamo ancora finito. Resta da ritrovare Hilbert ».

Nuovamente diede uno sguardo intorno a sé, per controllare se si fosse aperto qualcosa mentre lui era svenuto: le pareti erano invece ancora integre e gelate, senza possibilità di uscita. « Non vedo vie facili » commentò « Ma anche se la foresta è scomparsa noi da qualche parte saremo entrati. Emboar, usa Lanciafiamme finché non ritrovi l'apertura ».

Non fu necessario molto tempo, in realtà sembrava che il pokémon sapesse già dove cercare: dopo pochi tentativi lo scioglimento di una sezione di muro rivelò quello che Cheren si aspettava, ovvero un tunnel che conduceva nella grotta; che fosse lo stesso di prima non ne poteva essere certo. « Ritorna, Emboar » disse « Braviary, se è come penso io, il Giant Chasm ora potrebbe essere più pericoloso di prima. Coprimi ». Detto ciò, varcò il tunnel verso l'ignoto.

L'interno, invece, era calmo come quando vi era entrato la prima volta. Nessun pokémon pronto ad attaccare, nessuna imboscata, era come se quella di Kyurem fosse stata solo una semplice parentesi. Forse il musicista aveva dato per scontato che il drago li avrebbe uccisi nel pianificare quella trappola? In tal caso era stato piuttosto sprovveduto. Scartata la pista Lacunosa, tuttavia, Cheren brancolava nel buio. Ponendo che la città senza dubbio doveva essere connivente – altrimenti non sarebbe rimasta impassibile di fronte a due ragazzi che vengono quasi uccisi da un pokémon leggendario – in che modo il loro uomo era in relazione con essa? Hilbert aveva ostentato sicurezza nell'organizzare la spedizione, quasi fosse a conoscenza degli esatti piani dell'avversario; in realtà i due sapevano poco o niente di quello che stavano facendo e si basavano unicamente su ipotesi: che il piano che tentavano di sventare fosse ancora in atto e non si fosse concluso, che la base fosse Lacunosa, che Kyurem fosse stato mandato da lui, che il musicista non li avesse volutamente depistati – e se invece stesse lavorando segretamente ad Anville Town? –, eccetera. Soprattutto, non avevano la minima idea di che cosa stessero realmente cercando di bloccare, e neanche se fosse qualcosa di effettivamente illegale. Se fosse stato un benefattore e loro avessero inseguito il fumo per tutto questo tempo? Sarebbe stato umiliante.

Un grido squarciò l'aria. Non era un grido giocoso, magari proveniente da qualche bambino che giocava all'esterno: invece era un urlo di dolore proveniente da qualche parte dentro la grotta. D'istinto Cheren scattò tentando di seguirlo con l'udito, facendosi strada nel labirinto roccioso con la sua aquila al seguito. Poi ebbe un'idea migliore « Braviary, svelto, alzati e trova la via! ».

In poco tempo riuscì ad avvicinarsi progressivamente al luogo da cui proveniva il rumore, che nel frattempo non era calato d'intensità. Prese in mano una Poké Ball e la lanciò « CRYOGONAL, BRAVIARY, PROTEZIONE! ». Un flash di estrema luminosità schiarì l'ambiente, e il grido cessò. Quando il lume si diradò, Cheren e Hilbert si trovavano faccia a faccia.

Per qualche istante rimasero attoniti, scrutando uno gli occhi dell'altro. Poi il secondo parlò « Ah, quindi sei vivo ».

Il primo sorrise, in parte per la totale discrepanza tra situazione e affermazione, in parte per la felicità di ritrovare il suo amico « Dovrei dire la stessa cosa. Dov'eri finito? ».

« Mentre stavo esplorando il cratere ho trovato un altro varco che conduceva qua dentro. Visto che era quasi impossibile che il nostro musicista avesse sede in quell'orto cresciuto ho pensato di seguire la strada più razionale ».

« Com'è che era? “se troviamo qualcosa usiamo flash”? Mi hai lasciato solo là fuori ».

« Ehi, ferma un attimo » proruppe Hilbert « IO il flash l'ho usato, sei tu che non sei venuto ».

« Non ho visto nessun flash. Anche io a un certo punto l'ho usato, a momenti rimanevo cieco da quella luce. Comunque, che c'era dentro? ».

« Non serve che lo descriva, l'hai visto anche tu. Sono rientrato dallo stesso punto in cui ero uscito, era come se il tunnel fosse lo stesso ».

« Magari ti sei perso e hai fatto un giro completo » osservò Cheren.

« Può darsi. Tu invece? ».

Il giovane raccontò del furioso scontro avuto con Kyurem, di come fosse quasi affogato e del lamento che l'aveva portato lì dal luogo di rientro.

« Urlo? » domandò stranito Hilbert « Non ho sentito niente ».

« Come sarebbe a dire che non hai sentito niente, e qui come ci sei arrivato? ».

« Vagando. Sono stato fermo in questo posto per tipo qualche minuto per cercare qualcosa che mi facesse ritrovare il senso dell'orientamento. E poi ti ho visto correre qui ».

« Curioso... » Cheren si fermò a pensare.

« Qualcosa non va? ».

« E se invece Lacunosa non c'entrasse niente con il musicista? Se ci avesse mandati qui apposta per essere uccisi da Kyurem dopo aver visto che avevamo interrotto una riunione magari importante? ».

« Ma rischiare di mettersi contro tutta la città? Se qualcuno avesse sentito il caos che abbiamo provocato durante lo scontro quello là si sarebbe fatto altri nemici. Lacunosa deve per forza essere in combutta con lui, ti pare? ».

« Ma gli abitanti non hanno sentito nulla. Proprio come tu non hai sentito quel grido. In qualche modo questo musicista ha inibito selettivamente l'udito, non c'è altra spiegazione ».

« Mi pare assurdo, ma d'altronde se davvero c'è stato questo grido e io non l'ho sentito tutto può essere. Il problema è: ora da dove ripartiamo? ».

« Ci sto pensando » rispose Cheren « Direi che per prima cosa dobbiamo uscire di qui. Solo, non chiedermi come ».

« In linea teorica ci sono due sole uscite. Una torna nel cratere, l'altra ci porta fuori ».

« Solo in linea teorica. Ricorda che tu sei rientrato qui passando per un'altra via ».

« Ma mi sono trovato nello stesso punto della prima ».

« Buon punto. Braviary, rintraccia un tunnel ».

I due giovani, seguendo l'istinto del compagno di viaggio di Cheren, girovagarono per l'inaspettatamente vasta caverna, svoltando curve e contro-curve tra le rocce del rompicapo che li circondava. Proprio questo errare in apparenza insensato portò alla mente di Hilbert un pensiero che sul momento a nessuno era ancora venuto spontaneo chiedersi.

« Cheren » disse il ragazzo « è sempre stata così la grotta? ».

« Che intendi? ».

« Quando siamo entrati stamattina non era stato così difficile arrivare al lato opposto. Tutti questi ostacoli, da dove vengono fuori? ».

Cheren si chiuse nei suoi pensieri per qualche istante. Sul momento non aveva fatto caso a quella particolarità, ma aveva notato altre stranezze che avevano caratterizzato la loro gita al Giant Chasm, non ultima la scomparsa completa di tutta la vegetazione dal luogo d'impatto e la mancanza del meteorite stesso al suo interno. Se la seconda poteva essere spiegata con l'ipotesi che Kyurem fosse a tutti gli effetti precipitato vicino a Lacunosa per essere poi scambiato per un corpo celeste da abitanti incapaci di fornire una spiegazione più logica, la prima non aveva semplicemente una risposta razionale. Ciò aveva portato Cheren a ideare una sua personale interpretazione per quanto era accaduto loro in quei giorni.

« Sai, è un po' che ci penso » replicò « Secondo me siamo vittima di illusioni ».

Quelle parole spiazzarono visibilmente Hilbert, restio ad accettare una simile conclusione « Illusioni? ».

« Sì. Più ho cercato di sfatare questa teoria più si è rafforzata. Guardiamo i motivi per cui siamo qui » Cheren assunse il tono di voce di un investigatore pronto a svelare la verità su un mistero « Andiamo a Castelia e ci perdiamo. Perdersi a Castelia, per quanto grande, non è cosa comunque da tutti i giorni. Nessuno di noi aveva la minima idea di dove eravamo ».

« Mi sembra ancora troppo poco per parlare di visioni ».

« Lasciami continuare. Vediamo un bar, un bar che nessuno di noi ha mai visto prima, perso in un viottolo isolato senza anima viva nei paraggi. Ci entriamo e un musicista ci dissuade in qualche modo dall'andare a Lacunosa, dove peraltro noi in origine non vogliamo recarci. Dopodiché ci terrorizza con un'apparizione che ci fa fuggire. Andiamo qui e Kyurem ci attacca, e nessuno se ne accorge, come se fossimo in un'altra dimensione. Facciamo un'incursione qua dentro e tu finisci in un altro tunnel che ti riporta al punto di partenza, mentre la giungla del cratere scompare e la fossa si ghiaccia. Di nuovo nessuno vede niente di niente nonostante piovano meteore che colpiscono il Giant Chasm. Ripeto, meteore, molto piccole in scala ma non sassolini. E ora rientriamo e l'assetto interno è diverso da come lo ricordavamo ».

« Sì, capisco tutti i tuoi dubbi » ribatté Hilbert ancora poco convinto « Ma perché? Perché qualcuno che non conosciamo cercherebbe di ucciderci? ».

« Perché forse non è del tutto vero che non lo conosciamo ».

Hilbert si fermò e sbarrò la strada a Cheren fissandolo negli occhi « Che ti prende? Sai qualcosa? Sai chi è stato? ».

« No, no, per carità » replicò l'amico sbigottito dalla reazione del suo interlocutore « sono solo ipotesi. Non so chi sia questo qua né perché ci perseguiti. Erano solo–– che è quello? ».

I due osservarono quello che sembrava un tunnel celato nella penombra. Era quasi in una posizione strategica: era infatti nascosto da un gruppo di lunghe stalattiti che fuoriuscivano dal soffitto della caverna. In questo modo poteva essere visibile per chi avesse saputo cosa cercare e fosse stato al livello del terreno, ma per volatili come Braviary sarebbe stato pressoché impossibile scorgerlo oltre le formazioni rocciose. Era alto poco meno di un metro e largo mezzo, e pur essendo misurazioni a spanne apparve ovvio sia a Cheren che a Hilbert che era stato scavato dagli Excadrill che abitavano il Giant Chasm.

« Beh, è un tunnel » rispose il secondo « Solo... piccolo ».

« Per te dove porta? ».

« Non fuori. Tanto basta ».

« Oh, Hilbert, dov'è il tuo spirito avventuriero? » lo esortò Cheren « Potrebbe essere qui il nostro musicista. Forse l'ipotesi che questo posto sia il suo quartier generale non è da scartare. E poi non ci capiterà mai più di entrare qua dentro, dovremmo sfruttare l'occasione ». Detto ciò, senza neanche attendere risposta, richiamò Braviary, si chinò ed entrò nell'apertura. Hilbert sospirò sconsolato, poi fece lo stesso.


Lo scenario era alquanto insolito persino per una regione come Unova. Sia Hilbert che Cheren non ricordavano di aver visto altrove qualcosa di simile; da scrittore onnisciente, tuttavia, è possibile offrire un paragone valido di quanto si trovarono di fronte i due ragazzi. L'intrinseca oscurità avvolgente neutralizzata da una luminosità quasi artificiale proveniente dai cristalli, le stalattiti e stalagmiti che frangevano il vuoto dai due rispettivi lati, l'appariscente lago, che quasi brillava di luce propria, che proponeva evocativi suoni che suggerivano che non fosse in quiete, dunque che vi fossero pokémon al suo interno, situato al capo opposto della grotta rispetto all'entrata: tutto pareva quasi riprendere certe ambientazioni di Hoenn che gli avventori del luogo ben sanno essere presenti in prossimità di Pacifidlog Town.

« Cos'è questo posto? » esordì Cheren.

« Non mi piace ».

« Chissà se qualcuno è già stato qui ».

« Ho i miei dubbi. A stento pochi sono entrati nel Chasm » commentò Hilbert « E ora? ».

Cheren per tutta risposta si avvicinò allo specchio d'acqua e immerse una mano « Fredda ».

« E con ciò? ».

Il ragazzo si spostò nuovamente e afferrò un sasso nelle vicinanze; dopodiché sospese la mano sul lago e lasciò cadere dentro il corpo, scrutando il proseguimento della sua traiettoria « Come pensavo ».

« Esplicati ».

« Questo lago è più profondo di quello che sembra. A giudicare dalla temperatura penso ci sia anche un ricambio d'acqua ».

« E questo come ci riguarda? » Hilbert assunse un tono nervoso. Non voleva parlare in modo esplicito per paura di essere lui a suggerire l'idea, ma in cuor suo sapeva che con ogni probabilità il suo compagno di viaggio ci aveva già pensato.

« Potremmo immergerci ».

Il dado era tratto. « Sei fuori ».

« E perché mai? Sono curioso di sapere dove porta ».

« Che ti importa? ».

« Non hai mai avuto il desiderio di esplorare per il puro gusto di farlo? Mai sperimentato la curiosità fine a se stessa? È qualcosa di insopprimibile che trascende il conscio. Spesso vorrei avere una mappa di Unova che non si fermi alla superficialità, che mostri ogni singolo passaggio che si può intraprendere. Una mappa dei segreti della regione nella loro interezza, senza limiti, tutta qui nella mia testa pronta per la consultazione. Sarebbe un'ottima occasione per ampliarla e giungere dove altri mai sono arrivati ».

« Puoi stare qui a parlarmi della mutevolezza del tuo ego fino a domani se vuoi » replicò acido Hilbert « Sta di fatto che io non scendo là sotto. Sono passate meno di ventiquattr'ore da quando te l'ho detto, dovresti ancora ricordarti perché ».

« Ah, l'idrofobia ».

« Roba da poco insomma ».

« Allora tu resti qui e io vado ».

Questa risposta scioccò Hilbert più delle precedenti, facendogli ribollire il sangue nelle vene. Non aspettava altro « Hai qualche problema oggi? ».

« Che vuoi dire? » Cheren percepì che il litigio era nell'aria, ciononostante decise di proseguire aspettandosi risvolti che non voleva non conoscere.

« Ah, no, nulla sai, siamo solo PERSI in un luogo in cui nessuno verrà mai a salvarci perché è impossibile lanciare allarmi e se ci beccano dovremo anche rispondere di danneggiamento a un patrimonio culturale di Unova, e tu ora vuoi lasciarmi qui da solo mentre vai a immergerti in una pozzanghera che non sai neanche dove finisce. Seriamente, sei sicuro di essere ancora con tutte le rotelle a posto? ».

« Che, hai paura? » Cheren decise di non evitare più quanto non poteva essere scansato « Ci hai portati tu qui, mi hai lasciato solo a essere quasi ucciso da Kyurem e ora sono IO quello non a posto? Il bue che dà del cornuto all'asino? ».

« Scusami tanto se credevo che il musicista fosse qua! Ma sì, dovevamo restare a Undella mentre quello progetta Dio sa cosa, vero? Non era questo che volevi? ».

« CHE COSA? » Cheren non ci vide più, aveva sopportato abbastanza « IO? Chi è che ha passato la notte prima della partenza a rompermi il cazzo perché era troppo pericoloso andare a Lacunosa perché c'era quel tizio che aveva detto di no? E ora siccome hai cambiato idea il rinunciatario sarei IO? ».

« Oh, mi sembra di aver avuto ragione alla lunga, non trovi? » la voce di Hilbert si fece ancor più veemente e violenta, come se vi stesse facendo confluire tutta la propria energia, mentre il volto impallidiva progressivamente « Tu poco fa sei quasi stato ucciso e ora mi stai lasciando qui perso a morire di fame! Non una vacanza di piacere, vero? ».

« Sarebbe potuto esserlo se quel musicista non fosse diventato un'ossessione per te! TU ne hai avuto il terrore da quando l'hai visto! Se vuoi insultare qualcuno insulta te stesso e le tue paranoie! ».

« IO? È COSÌ CHE LA PENSI? » .

Hilbert mosse la mano verso la cintura, ma Cheren che già se l'aspettava ebbe riflessi più pronti: mentre il braccio del suo amico ancora scattava lui aveva già la sfera prescelta in mano « SEISMITOAD, ASSORBIPUGNO! ». L'anfibio si scagliò verso il giovane che fu centrato in pieno dal poderoso colpo: le due figure rimasero immobili per qualche istante mentre una luce verde si accendeva sul torace di Hilbert, poi il ragazzo si accasciò svenuto a terra. Il suo amico, ancora ansimante per i nervi tesi, si lasciò cadere a sua volta mentre ancora teneva d'occhio il corpo privo di sensi di fronte a lui che sarebbe potuto apparire esanime a uno spettatore entrato in sala in quel momento.

Cheren rimase per alcuni minuti in uno stato di trance, meditando su cosa fosse opportuno fare: la battaglia non aveva rimosso completamente il senso di curiosità che prima lo affliggeva ma lo aveva se non altro fortemente ridotto. Abbandonare Hilbert in quello stato là dentro sarebbe stato da irresponsabili, non sapendo quando sarebbe riuscito a tornare nel Giant Chasm: fregarsi della sua presenza e lasciare la grotta attraverso il lago poteva rivelarsi fatale per il suo amico. D'altro canto era fuori discussione portarlo con sé sott'acqua, poiché se si fosse risvegliato prima della fine del viaggio sarebbe senz'altro andato fuori di testa, compromettendo anche in quel caso la sua sopravvivenza. La via più razionale parve quindi caricarlo sulle spalle e tornare insieme nel labirinto della caverna per uscire sani e salvi, ignorando ogni desiderio di esplorazione.

D'un tratto, tuttavia, gli sovvennero alcune parole che nel suo raptus d'ira Hilbert aveva pronunciato: “siamo solo persi in un luogo in cui nessuno verrà mai a salvarci”. E se invece il piano del musicista fosse stato molto più sottile di quanto fino ad allora aveva presunto? Se in previsione di un fallimento di Kyurem avesse pensato di chiuderli là dentro con un'illusione? Pur essendoci effettivamente un tunnel da qualche parte nella caverna né lui né Braviary l'avrebbero mai visto perché celato: ciò avrebbe spiegato perché la sua aquila non avesse immediatamente localizzato l'apertura. Avrebbe potuto cercarla anche per decenni e decenni, non l'avrebbe mai trovata. Non poteva rischiare tanto, doveva uscire in qualche modo.

Ripensò al lago e alle sue osservazioni operate poco prima. Immerse nuovamente una mano nell'acqua per buona misura, e confermò che la sua temperatura era innaturalmente bassa. Vi era un'ottima speranza che l'apertura situata in fondo a quella fossa non fosse stata presa in considerazione dal musicista e che quindi costituisse una valida via d'uscita. Ovviamente, utilizzarla significava lasciare Hilbert nella grotta, ma Cheren non vide un altro metodo che garantisse un così alto margine di riuscita. Avrebbe comunque potuto recuperare il suo amico successivamente. Avrebbe anche raso al suolo tutto il Giant Chasm, se fosse stato necessario. Era deciso. « Seismitoad, usa Sub ».


Sebbene la bolla d'aria in cui lui e il suo pokémon erano rinchiusi ne attutisse l'effetto, il gelo bruciava la poca epidermide scoperta di Cheren come mille coltelli. Inutilmente tentò di coprire volto e mani con lembi del suo vestiario: semplicemente non bastarono, e il ragazzo accettò questa condizione senza poterci fare alcunché. Di pari passo con il suo lento addentrarsi sempre di più nelle profondità di quell'apparentemente infinito lago andava la progressiva diminuzione di energia luminosa, filtrata dalle particelle acquose. Come risultato Cheren intuì, mentre le pareti sfilavano a imbuto ai suoi lati, che malgrado la bolla neutralizzasse buona parte della pressione atmosferica che l'avrebbe altrimenti compresso oltremodo egli non sarebbe comunque potuto proseguire a oltranza: prima o poi la luce sarebbe stata offuscata e Seismitoad era incapace di apprendere Flash.

Fortunatamente nel corso della discesa, proprio in un punto in cui il giovane cominciava a dubitare della sensatezza della sua decisione, intravide un condotto alternativo che dipartiva da un tunnel alla sua destra. Sconsideratamente vi si diresse dentro, in parte per curiosità e in parte perché ormai fiaccato da quel viaggio che sembrava interminabile, salvo poi rendersi conto di essere passato dalla padella all'altoforno: quella strada non aveva illuminazioni, e dopo non molta strada la flebile luce che proveniva dall'entrata terminò quasi totalmente di compiere il suo lavoro. Cheren si ritrovò nell'oscurità poco meno che totale, senza punti di riferimento se non l'uscita che ancora si intravedeva, con per le mani la determinante decisione di andare avanti o tornare indietro.

I pro della seconda erano numerosi – non ultima la certezza di sopravvivere –, ma dovevano bilanciare i contro di affrontare enormi difficoltà per uscire dal Giant Chasm e, soprattutto, di dover di nuovo confrontarsi con Hilbert da solo. Forse questa fu la considerazione che più lo convinse a restare per il momento dov'era e provare a rimanere sul percorso in cui era per uscirne.

D'altronde, proseguire su quella strada equivaleva a rischiare personalmente la vita. Non tanto per l'eventualità di perdersi – pressoché nulla dal momento che si trovava su un forzato binario unidirezionale –, quanto piuttosto per il fatto che non poteva prevedere né la lunghezza né lo sbocco di quell'azzardo.

Di colpo l'ambiente si oscurò definitivamente. Non fu qualcosa di graduale, al contrario parve come se qualcosa avesse coperto il lago dal quale entrato impedendo ai cristalli di aiutarlo nella sua impresa anche oltre la superficie liquida. Senza avere neanche il tempo di reagire Cheren vide le condizioni su cui prima stava riflettendo radicalmente mutate. Tornare indietro ora significava vedersela con un viaggio di risalita molto più ostico di quanto sarebbe in precedenza stato, in quanto adesso aveva la certezza di essere del tutto al buio. Lo stesso, peraltro, si poteva dire di un'eventuale esplorazione ulteriore.

Mentre era ancora immerso in questi pensieri avvistò una luce cilestrina in lontananza: non poté stimare la reale distanza tra lui e la fonte, ma non poteva essere molto lontana se lui riusciva ancora a vederla. Cosa più importante sembrava situata in linea retta rispetto alla sua posizione, il che significava che il tunnel che aveva imboccato veniva irradiato di luce prima di terminare. Dal momento che la sorgente sarebbe potuta essere temporanea e scomparire così com'era apparsa, decise di mettersi subito sulla sua scia. Insieme con il suo procedere lungo lo stretto passaggio aumentava la quantità di energia luminosa che raggiungeva i suoi occhi, fino a che non intravide la fine del percorso: una larga apertura oltre cui il chiarore incrementava. Il ragazzo inspirò profondamente, poi sussurrò « Seismitoad, andiamo ».


La sala situata oltre quell'entrata era quanto di più spettacolare Cheren avesse mai visto. In primo luogo vi erano le dimensioni: il giovane proveniva da una strettoia che a malapena lo conteneva e si era ritrovato in un ambiente di proporzioni ciclopiche, tappezzato da cima a fondo dalle più varie iscrizioni che, a uno sguardo iniziale, parevano articolate sulle quattro pareti con altrettanti argomenti. Non si trattava in realtà solo di mere scritte, anzi esse erano sovente accompagnate da illustrazioni di qualche sorta, sempre tracciate a linee dritte eppure inaspettatamente evocative e impressionanti. Ciò che più saltava all'occhio, però, era la sorgente luminosa che aveva condotto Cheren fino a lì: non si trattava di cristalli come aveva presunto, bensì delle mura di pietra stesse che dovevano essere fosforescenti. Anche questa già di per sé assurda caratteristica, però, non giustificava ancora diversi quesiti che erano sorti nella mente del nostro protagonista: in primis non spiegava perché si fossero accese soltanto allora quando era rimasto per un buon tempo nella medesima posizione dalla quale aveva avvistato la luce per la prima volta; in secundis la fosforescenza implica generalmente l'esposizione a fotoni che innescano il passaggio degli elettroni a un livello superiore di singoletto, e ciò non era compatibile con il buio che avvolgeva il resto di quell'ambiente subacqueo. In basso, al livello di qualcosa di vagamente assimilabile a un pavimento piastrellato, si trovava un'uscita delle dimensioni di quella che aveva utilizzato per penetrare all'interno di quello spazio.

Cheren, incuriosito, si avvicinò alla prima delle iscrizioni che ricoprivano le lastre rocciose che contornavano la stanza, ovvero quella situata sul limite che ospitava l'entrata. Le incisioni illustrate non diedero alcun apporto alla comprensione, in quanto senza conoscerne l'argomento mostravano solamente linee di poco significato. Il ragazzo dunque si concentrò su quelle che dovevano essere scritture. La prima cosa di cui si accorse è che i segni erano tutti o verticali o orizzontali, e soprattutto non mostravano altezze differenti: in altre parole le linee, in qualsiasi direzione fossero orientate, erano tutte inscrivibili in un quadrato di uguale area, dando all'intera iscrizione un senso geometrico impressionante se osservata da lontano. Quanto al significato, tuttavia, esso era ancora ignoto.

Sul punto di abbandonare lo studio, però, il giovane realizzò un dettaglio fondamentale che lo sorprese non poco: quelli che vedeva non erano segmenti. O meglio, lo potevano sembrare se analizzati da una certa distanza, mentre da vicino appariva ovvio che essi erano composti da numerosi punti affiancati. Cosa ancora più scioccante, i piccoli fori erano raggruppati di sei in sei, due in orizzontale e tre in verticale, rammentando un noto metodo di scrittura che ancor oggi si usa: il braille. Cheren d'un tratto ricordò l'aneddoto che suo padre una volta gli aveva raccontato, di come fosse possibile impiegare persone fortemente miopi per scrivere con caratteri di dimensioni inarrivabili per la gente normale. Il principio doveva essere stato il medesimo: chiunque avesse allestito quell'area doveva avere conoscenze molto avanzate in diversi campi, non ultimo quello dell'edilizia.

Naturalmente se tutta la parete era scritta in questo modo quello che vi era inciso poteva anche essere della lunghezza di un romanzo, e il ragazzo non poteva certo leggerlo completamente. Avendo tuttavia appreso il braille anni addietro per comunicare con un suo compagno decifrò rapidamente le prime frasi del mastodontico lavoro, e rimase nuovamente colpito: la lingua non era quella moderna, bensì una ben più arcaica che aveva imparato sommariamente a scuola. Ciò, oltre a complicargli notevolmente la lettura, introdusse interrogativi sempre più copiosi e complessi nella testa di Cheren: chi mai avrebbe riutilizzato quella lingua di cui del resto si sapeva pochissimo – forse una trentina di pagine di un moderno vocabolario in tutto, senza considerare che la sintassi nota era pressoché nulla – se non gli originali ideatori? Era quindi plausibile che la scoperta operata fosse molto più storica di quanto Cheren si sarebbe mai aspettato? Pareva quasi fantascienza: il nostro protagonista effettuò nuovamente un'inspirazione profonda mentre un rumore sordo sembrò risuonare in lontananza.

Malgrado i problemi sopraccitati il ragazzo comprese a spanne quanto vi era immortalato dietro quei segni perlopiù astrusi: distinse due parole evidenti ripetute più volte, keleythos e kairos, rispettivamente viaggio e tempo, a cui sembrava essere stata impressa più enfasi nel corso della stesura. Il fatto stesso di aver individuato qualcosa che conosceva infuse in Cheren un ottimismo quasi fuori luogo: il suo timore fin dall'inizio era stato che, nonostante la lingua moderna e quella arcaica facessero uso di un alfabeto comune, la corrispondenza lettere-braille potesse differire in una rispetto all'altra; localizzando nomi noti aveva in automatico escluso quest'eventualità. Molto in generale, Cheren intuì che doveva essere parte di un discorso riguardante un fantomatico viaggiatore nel tempo, appunto, che sarebbe apparso in un tempo non precisato – o meglio poteva esserlo, ma il giovane non intravedeva termini che lo specificassero – posteriormente all'incisione. Una lampadina si accese nella mente del giovane: secondo il suo precedente ragionamento chi aveva compiuto quell'opera doveva essere qualcuno con un'ottima conoscenza della lingua utilizzata, eppure senza le tecnologie odierne quella stanza era quasi impossibile da costruire. Era ipotizzabile che la teoria del viaggio nel tempo fosse alla base di quel segreto appena riportato alla luce?

Cheren, incuriosito, si diresse verso l'iscrizione di destra e, constatato che anch'essa era stata incisa con lo stesso metodo della prima, decise di tradurre il possibile nelle prime frasi dello scritto. Questa volta il termine più frequente era pontos, ovvero mare, e il tutto discorreva di un qualcosa in grado di fermare una ceima, termine sconosciuto al giovane. Le illustrazioni non aiutarono nemmeno questa volta, in quanto almeno per la prima parte si limitavano a segmenti abilmente impressi a formare ondulazioni. Comunque, non appariva collegata a niente che Cheren conoscesse nemmeno questa, ragion per cui il ragazzo si diresse verso la terza.

Quest'ultima, situata dal lato opposto, colpì il nostro protagonista prima di tutto per la sorta di disegno che la sormontava, che era inequivocabilmente un triangolo con una circonferenza sviluppata attorno al suo baricentro che non tangeva i lati e vi rimaneva interna. Pur non comprendendone la natura, Cheren riuscì ad afferrare più il senso di questa che dell'incisione, di cui comprese una sola parola veramente significativa, peraltro già incontrata in occasione della prima: kairos. Per tentare di capire di più il giovane si abbassò, ma l'iscrizione si faceva sempre più astrusa man mano che continuava e di nuovo non riconobbe che un termine, polemos, che secondo le sue memorie poteva essere guerra e che comunque era citato solamente una volta, segno che verosimilmente era di poca importanza.

Deluso, Cheren si appropinquò all'ultima lastra, quella opposta all'entrata. Cercò invano di decifrare quanto vi era stato scritto, ma non riuscì a trovare neanche una sillaba nota, e in generale gli parve che anche la sintassi fosse mutata rispetto ai tre campioni analizzati in precedenza, come se fosse cambiato il linguaggio usato. Non ancora scoraggiato scorse ulteriormente il testo e arrivato a circa metà trasalì: le irraggiungibili scritte si interrompevano bruscamente sebbene temporaneamente per far luogo a un incavo delle dimensioni di un pugno o poco più vuoto, sul fondo del quale c'era quello che senza dar adito a dubbi era un pentagramma con note impresse sopra. A causa del metodo utilizzato per l'incisione Cheren faticò a leggerle, ma dopo qualche istante era già in grado di riprodurle nella sua mente. Non era una melodia sconosciuta, al contrario era una udita molto di recente. Era l'esatta sequenza suonata alla chitarra dal musicista del Café Sonata.

Un rumore sordo rimbombò nella stanza. Cheren non ne identificò l'origine, nondimeno intuì che doveva essere molto lontano, se non in linea d'aria, quantomeno considerando tutto il tragitto che andava percorso da dove la fonte era locata. Il giovane era infatti pressoché certo che oltre la piccola apertura che si trovava nella zona inferiore della parete che stava esaminando si estendesse forse non un labirinto ma sicuramente un cunicolo ulteriore delle dimensioni di quello dal quale era entrato.

Il suono sommesso si ripeté, identico al precedente in tutto meno che in intensità, quasi si stesse avvicinando alla sala in cui Cheren si trovava. Il ragazzo, iniziando ad avere paura, si diresse con Seismitoad verso l'uscita sopraccitata; quindi lì si appostò, attendendo impazientemente il terzo segnale.

Che non arrivò. Al suo posto venne quello che pareva un soffio di vento. E questa prima stranezza confuse l'adolescente: l'aria sott'acqua dovrebbe separarsi in bolle e risalire una volta entrata al contatto con il fluido, invece il getto che aveva raffreddato la bolla da cui era avvolto era più simile a un'unione dei due elementi. Sempre più sospettoso Cheren decise di non rischiare oltre: ordinò al suo pokémon di effettuare un'inversione e tornare indietro verso il Giant Chasm, a uscirne avrebbe pensato dopo aver ragionato con Hilbert.

Una nuova zaffata della miscela citata poco sopra investì la coppia, seguita da un violento turbinio di bolle che si diresse a spron battuto verso i due imprigionandoli. I tempi di reazione furono pienamente insufficienti per scansarlo, e in men che non si dica padrone e creatura rimasero costretti nel vortice impossibilitati a muoversi. La bolla d'aria, anche se mi sembra superfluo dirlo, si ruppe non appena entrò in contatto con quell'impeto poderoso, e Cheren fu costretto a chiudere gli occhi e trattenere il respiro per non soffocare. Il mulinello afferrò di forza il gruppo e li trascinò verso l'apertura dalla quale era penetrato nella grotta, verso l'ignoto.

Il ragazzo non sapeva quanto tempo fosse rimasto in quel turbinio, né dove stesse andando: il rumore delle bolle e la forzata cecità avevano inibito qualsiasi sua percezione del mondo esterno, riducendolo a un oggetto inanimato in balia della corrente. Poi, senza preavviso, il vincolo che fino a quel momento lo aveva dominato lo rilasciò in un istante, permettendogli di riacquistare la sensibilità. Si trovava ancora in acqua, questo era scontato ma sicuro, quindi tentò di nuotare insistentemente verso l'alto: la prima cosa che denotò era che Seismitoad non era più con lui, e sperò di non essere stato condotto in tutt'altro luogo rispetto al suo compagno. Non appena riemerse si guardò intorno: grazie al cielo non era in mare aperto, e riconobbe il pokémon da cui si era separato che fluttuava poco distante. D'istinto lo raggiunse, ma sulla via per farlo si rese conto di una verità ancora più sconcertante. Aveva notato fin da subito una scogliera situata a nord-ovest rispetto alla sua posizione, ma non si era accorto nell'immediato che proprio nelle sue vicinanze si trovava un villaggio in cui spiccava un edificio molto elegante, all'apparenza qualcosa di culturale. Cheren lo conosceva bene: era il museo di Undella.

Si trovava nell'Undella Bay.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Destini intrecciati ***


V 'Destini intrecciati'

V: “Destini intrecciati”


Il primo pensiero di Cheren fu di ordinare a Seismitoad di surfare fino a terra, ma vide quasi subito che il suo amico era ormai allo stremo delle forze, e che era anche stato scosso dagli ultimi risvolti della loro avventura. Decise quindi di richiamarlo e nuotare personalmente in direzione della riva.

Non appena arrivò sull'ampia spiaggia della baia si sdraiò supino e osservò il cielo, ancora nuvolo come la mattina a Lacunosa, respirando a pieni polmoni con ampi rigonfiamenti del diaframma.

« Devo chiamare le due » fu la prima decisione che prese, e in tutta fretta estrasse l'Xtransceiver dalla cintura pregando che la sua impermeabilità avesse retto lo stress di quel giorno. Con sommo sollievo il congegno si accese con successo e, sull'onda dell'entusiasmo, selezionò la voce “Bianca”. Vi furono un paio di squilli, poi la puntuale precisione della sua compagna di viaggio ne provocò la subitanea risposta.

« DOVE. SIETE. STATI ».

« Anch'io sono felice di sentirti, Bianca ».

« TUTTO IL GIORNO CHE CHIAMO CON L'XTRANSCEIVER CHE NON PRENDE. IO L'HO DETTO DI NON ANDARE NEL CHASM MA VOI NO, DOBBIAMO TROVARE IL NOSTRO UOMO! ».

« Mi stai facendo saltare l'auricolare, se proprio devi urlare vieni qui all'Undella Bay ».

« ALLORA È LÌ CHE SIETE! STA CERTO CHE ORA IO E HILDA ARRIVIAMO! ». Detto ciò riattaccò in un raptus d'ira.

Inizialmente Cheren rise, divertito all'idea di vedere la sua amica in quello stato, poi rifletté sul termine che aveva usato: « siete ». Invece non erano, solo lui rispondeva all'appello: Hilbert doveva ancora essere bloccato nel Giant Chasm dopo l'Assorbipugno che gli aveva rifilato. D'improvviso si sentì terribilmente in colpa per quanto in un impeto furioso aveva avuto la sconsideratezza di fare. Ripensò alla stanza in cui il ragazzo doveva essere rimasto, al labirinto che avrebbe dovuto eventualmente ripercorrere per raggiungerlo, e alle sue teorie sulle illusioni. « Cosa mi è saltato in mente? » si domandò sconvolto.

In lontananza, frattanto, si delinearono le silhouettes di Bianca e Hilda che rapidamente camminavano verso di lui. Cheren sapeva già quale sarebbe stata la prima domanda, che infatti arrivò puntualmente dalla bocca della prima « Solo tu? Dov'è Hilbert? ».

« Al Giant Chasm, penso... ».

« L'HAI LASCIATO LÌ? ».

« Eh, no, calma. Eravamo lì entrambi ed eravamo bloccati, così abbiamo visto questa stanza strana con un lago » il giovane si arrestò, vagliando l'ipotesi di non menzionare il veemente litigio che avevano avuto « Hilbert è idrofobico, ed è rimasto là mentre io esploravo ».

La versione raccontata apparve convincente abbastanza a Bianca da smorzare qualsiasi sospetto, se mai ne aveva nutriti verso quello che era uno dei suoi migliori amici « E nel lago che c'era? ».

« Sono sceso un po' e ho imboccato un condotto stretto e lungo. Poi sono sbucato in una stanza fosforescente con incisioni assurde in quella lingua strana, sai quella che abbiamo studiato a scuola tempo fa per un mesetto... ».

« Ardeco? ».

« Sì,quella. Ho riconosciuto giusto qualche parola, non ci ho capito niente, se non–– » si fermò nuovamente, ricordando che le due non sapevano niente del musicista e quindi nominare il pentagramma sarebbe stato controproducente « Dicevo, niente. Poi è sbucato un turbine che mi ha trascinato, e quando ho capito dov'ero stavo riemergendo qui vicino ».

« Bianca » intervenne Hilda « dici che c'entra con quello che ha detto Lawrence? ».

« Ogni cosa a suo tempo » disse quella di rimando « Prima di tutto c'è da occuparsi di Hilbert. Cheren, è possibile che quel vortice di cui parli abbia risalito il lago fino al Giant Chasm? ».

« Non mi sento di escluderlo ».

« Allora è meglio controllare se anche lui è qui in giro. Manda Seismitoad, dovrebbe localizzarlo facilmente ».

« L'ho appena ritirato, era esausto a momenti ».

« La riprova che una società maschile si rivelerebbe fallimentare, al solito devo fare tutto io. Vai, Samurott ».

Il pokémon fuoriuscì dalla sfera, e Hilda la imitò liberando Archeops perché perlustrasse l'area dall'alto. I due, dunque, partirono alla ricerca del disperso.

« Speriamo sia ancora vivo » commentò il ragazzo « Hilda, che dicevi prima? ».

« Oggi siamo state al museo mentre voi eravate al Giant Chasm » replicò lei « Abbiamo conosciuto il padrone, Lawrence Meyer. Ci ha parlato di alcune anfore che ha trovato nelle Abyssal Ruins, e lui e Bianca si sono detti qualcosa sulla fosforescenza. Non ho capito tutto, forse lei sa dirti di più ».

« Ha parlato di fosforescenza delle pareti » proseguì l'altra « Corrisponde a quanto hai visto tu? ».

« Decisamente. Ma cosa sarebbero queste Abyssal Ruins? ».

« Stando a quanto il signor Meyer ci ha raccontato » rispose Bianca « dovrebbero essere delle rovine che appaiono e scompaiono a ritmo casuale ».

Cheren ripensò alla comparsa quasi spontanea di quella luminosità mentre si trovava ancora nel cunicolo « Questo spiega un po' di cose che ho notato mentre ci ero dentro. Ha detto niente sulle iscrizioni? ».

« Lui non aveva neanche capito che era ardeco, quindi non ha decifrato niente ».

« Erano in braille ».

« Braille? Cioè, punti e tutto il resto? Forse semplicemente il signor Meyer non sa leggere il braille? ».

« Dubito. Ho faticato un po' a capire che fosse braille, e sai che ho una vista superiore alla media. All'apparenza erano solo segmenti, i punti erano stati incisi a livello microscopico ».

« Miopia acuta. Gli Ardi potevano saperlo già ai loro tempi? ».

« O loro o qualcuno che conosce perfettamente la sintassi che usavano ».

« Che sarebbe come dire che sono stati gli Ardi a scriverlo » concluse Bianca « Non ci è arrivato praticamente niente della loro civiltà ».

« Per l'appunto » commentò Cheren « Quello è Samurott? ».

Il giovane stava indicando una figura che a tutta velocità si stava dirigendo verso di loro. « Pare di sì » replicò la proprietaria una volta che i contorni si furono ben delineati « e sembra avere qualcuno con sé ».

Era vero: il pokémon si era caricato sulle spalle un corpo in apparenza esanime – più probabilmente privo di sensi – e stava tornando rapidamente a riva, accompagnato in linea d'aria dall'occhio vigile di Archeops. Non appena la creatura fu approdata i tre corsero verso di lei curiosi. Cheren non sapeva se tirare un sospiro di sollievo oppure trasalire al pensiero del futuro: Samurott presentava sul proprio dorso Hilbert, così come l'aveva lasciato nel Giant Chasm. Il ragazzo si riprese quasi subito, tossendo acqua per qualche istante; poi, resosi conto della presenza del suo compagno di viaggio, si alzò a fatica sulle proprie gambe e gridò « MA CHE CAZZO FAI? ».

Cheren osservò distaccato i suoi capelli, ancora gocciolanti, e il suo umido vestiario, quasi il brutale attacco non fosse nei suoi confronti, come se Hilbert stesse accusando qualcun altro « Cazzo faccio che cosa? ».

« Mi lasci da solo in quella fossa dopo avermi colpito e hai il coraggio di fare domande? ».

« Colpito? » domandò stranita Hilda, ma Bianca fece imperiosamente segno di tacere fino a nuovo ordine, evidentemente per assistere allo sviluppo della vicenda.

« Lo stavi per fare anche tu, non avevo scelta ».

Questa risposta silenziò momentaneamente Hilbert. Tuttavia la calma fu solo temporanea, infatti trovò subito le parole per ribattere « Questo non giustifica il tuo quasi annegarmi! ».

Cheren rimase stordito da questa affermazione: non ricordava di aver fatto niente di simile con lui. Per sicurezza vagliò tutto ciò che aveva compiuto dal litigio in avanti. No, non aveva decisamente idea di quello che intendeva « Ma che vai dicendo? ».

« Dopo quell'Assorbipugno che mi hai rifilato sono svenuto, e rinvenuto nell'acqua. Fai due più due ».

« Io... io non capisco... io non sono più rientrato nel Giant Chasm ».

« Ah, no, ci sono arrivato da solo in mezzo alla Undella Bay! ».

« IO non ti ci ho portato di certo! Sono sceso giù nelle Abyssal Ruins mentre tu ancora dormivi beato! ».

Hilbert tentò uno scatto verso Cheren, ma Bianca si accorse della gravità della situazione in anticipo e ordinò a Samurott di dividere i due con una Protezione. Come risultato questi si voltarono verso di lei, che iniziò a parlare « Calmatevi entrambi ».

Una volta ottenuto il silenzio che pretendeva, proseguì. « Le vostre due versioni devono entrambe essere rivedute. Prima di tutto, se ho ben capito avete litigato e Hilbert è stato colpito da un Assorbipugno. Quindi, Cheren, la tua di prima era platealmente una bugia ».

Questi si sentì trafitto da un'occhiata talmente sdegnosa da parte della sua amica da abbassare il capo nella vergogna. Hilbert fremeva.

« Tuttavia, in nessun modo avresti potuto descrivere tanto precisamente gli effetti della corrente correlata alle Abyssal Ruins senza sperimentarli. Questo, in ragione del racconto del signor Meyer, mi porta a giudicare affidabile il resto della tua versione. Il che » Bianca si voltò verso Hilbert « significa che lui non è più tornato in quella grotta. O qualcuno ti ha spinto giù per il lago e tu hai intercettato il turbine, oppure il turbine stesso è venuto da te ».

« Ma sei fuori? » proruppe Hilbert con voce rauca « Questo mi fa perdere i sensi, a momenti mi uccide e tu neanche ci credi? Perché racconta stronzate su rovine abissali? ».

« Per te sono stronzate! Su una di quelle incisioni c'era la musica del musicista! ».

« Oh, sì, tu trovi delle rovine che vengono visitate da mezza persona da quando esistono e cosa c'è? Note musicali! Molto realistico ».

« MA CHE COSA VUOI! » la voce di Cheren si fece densa di violenza e di rabbia « NON È CHE LE TUE FARNETICAZIONI SIANO MIGLIORI! Il musicista che ci manda a morire da Kyurem senza che lo conosciamo è una TUA idea! ».

« Ma la mia non è una scusa per uccidere qualcuno, è solo un ipotesi! Tu invece hai usato questa storiella per–– ».

« ORA BASTA, ORA BASTA! BRAVIARY! » la protezione lanciata da Samurott si intensificò di reazione, ma il giovane non appariva intenzionato a combattere « Andiamo via. Se qualcuna di voi mi cerca, sa dove trovarmi ». Detto ciò salì in groppa al suo pokémon e si involò. I suoi tre amici rimasero a osservarlo librarsi in aria fino a svanire nel grigio delle nuvole.

« Che esibizionista » disse aspramente Hilbert ancora con lo sguardo al cielo, poi si voltò verso le altre due spettatrici « Non abbiamo tempo per compiangerlo. Prima di tutto localizziamo Kyurem ».

« Localizzarlo? » chiese dubbiosa Hilda.

« Cheren potrà anche avermi quasi ucciso » il giovane gettò un'occhiata che sapeva di frecciatina a Bianca « ma che Kyurem sia apparso a Lacunosa ieri notte è fuor di dubbio ».

« Capisco » la ragazza ignorò la provocazione a lei rivolta « Quel drago dev'essere ancora in giro. Ma dove potrebbe essere? ».

« Stando alla testimonianza di Cheren che questa mattina l'ha visto nel Giant Chasm – e se non è certo è quantomeno altamente probabile –, potrebbe essere passato in questa direzione o al contrario verso Unova nord ».

« Dunque cosa proponi? ».

« Io mi recherò a Lacunosa, poi andrò a settentrione seguendo la strada fino al Village Bridge, e da lì verso Opelucid City » sentenziò con fare sicuro Hilbert « Chiederò agli abitanti se hanno visto qualcosa. Voi fate lo stesso da qui in giù, la prima tappa è Black City ».

Detto ciò chiamò in campo Hydreigon e, salitogli sulle spalle, decollò alla volta del Route 13.

« Che brutto vederli litigare così » esordì Bianca.

« Davvero » le fece eco Hilda « Per una ragione così, poi. Perché non ci fidiamo l'uno dell'altro? ».

« Perché siamo troppo egocentrici. Vediamo le nostre imprese come una vetrina personale che non va macchiata, come se noi fossimo state pronte a processare Cheren per aver abbandonato Hilbert. Magari sul momento lo attacchiamo, ma lo sa che poi il tempo che sbolliamo e torna tutto come prima ».

« Che si fa? Black City? ».

« Non ancora » replicò Bianca « Prima devo andare al Route 3 ».

« Route 3? Guarda che è lontano, dobbiamo rifare il viaggio di ieri. Perché di preciso? ».

« C'è una cosa che devo fare ».


Anville Town è una piccola cittadina situata nella zona nordoccidentale di Unova, immersa completamente in un'ampia macchia verde che la separa dal resto della regione di cui è senza dubbio uno dei luoghi meno popolati che si possano trovare. Sebbene infatti a prima vista possa sembrare un per certi versi tipico villaggio isolato sul modello di Cianwood City a Johto, con occhio critico si possono rilevare molti aspetti che rendono Anville un posto quasi da evitare per i più giovani. In primo luogo è assente qualsiasi struttura simile a un Pokémon Center, il che repelle in automatico gli allenatori per i quali tali edifici sono fondamentali; in secondo luogo è impossibile raggiungerla attraverso percorsi, rendendo difficile non solo arrivarci ma soprattutto partire per un viaggio da lì: l'unico modo per lasciare Anville è volando o salendo su un treno della Battle Subway, che oltre ad essere poco apprezzato dai passeggeri (un lettore attento ricorderà le opinioni che i protagonisti avevano espresso durante la tappa al mercato di Driftveil) si ferma a Nimbasa, città che già richiede una certa conoscenza delle basi delle lotte pokémon e che quindi è poco indicata come punto d'inizio di un'avventura come quella che gli allenatori intraprendono. Per una ragione o per l'altra, dunque, Anville è il luogo ideale per isolarsi dal mondo.

Cheren era accasciato sull'erba verde, assaporando la brezza che gli accarezzava il viso. Era molto ridotto in intensità rispetto al giorno prima, ma il ragazzo riconobbe il maestrale che aveva tenuto in apprensione Hilda per tutto il viaggio di andata. Il cielo era ancora nuvolo, e in quel bianco con sfumature perlacee l'adolescente rivedeva la sua idea di infinito, un qualcosa di indefinibilmente sconfinato senza ostacoli delineati a suggerirne una possibile stima di ampiezza. La cupola celeste, per quanto azzurra e limpida possa essere, ospita sempre qualche nuvola di disturbo, qualche gabbiano svolazzante, lo stesso brillante sole: elementi atti a obbligare l'osservatore ad assumere quanto vede come un ambiente soggetto in qualche modo a regole spaziali. Gli strati di nembi grigiastri, invece, non presentano niente di tutto ciò: rendono il cielo unicamente un indistinto soffitto monocolore, e ciò lasciava Cheren libero di vederlo come infinito.

Il ragazzo aveva una concezione particolare dell'infinito stesso che esplicare è utile a comprendere la precedente analisi psicologica: per lui l'infinito non era sinonimo di illimitato, bensì di impossibile da misurare. Per afferrare al meglio questo pensiero non comune può servire un'esemplificazione: secondo la geometria euclidea un piano è dato da un infinito insieme di rette, ovvero – essendo le rette composte da essi – di punti. Tuttavia un punto non ha dimensioni, di conseguenza non possono averne neanche due o tre punti allineati l'uno attaccato all'altro, perché non puoi attaccare il niente al niente: quindi non dovrebbe essere concepibile qualcosa come una retta, che dall'unione di elementi a zero dimensioni ne crea uno che ne presenta una, né tanto meno un piano che ha come proprietà intrinseca quella di averne due. Nei fatti definire il punto un'entità geometrica priva di dimensioni è inesatto: il punto è in realtà infinitamente piccolo. Questo essere infinitamente piccolo è indefinibile: non è 1-2000, non 1-3000000, è semplicemente 1-n. Questo 1-n a differenza dell'entità senza dimensioni esiste, su questo non c'è dubbio: pertanto un allineamento di copie di questo genera un'entità con dimensioni, eccome. Stesso discorso per il piano, che a questo punto appare ovvio avere due dimensioni e quindi un'estensione, ma un'estensione impossibile da stimare. Questa ampiezza era vista da Cheren come l'infinito: una grandezza che dipende da elementi più piccoli che la compongono ma che, indipendentemente dalla dimensione degli stessi, risulta non quantificabile (il che non è affatto scontato: si pensi a un segmento finito diviso in infinite parti infinitamente piccole).

Tornando a Cheren, questi era come abbiamo detto immerso in una meditazione sugli avvenimenti odierni, in particolare sulla disputa avuta con Hilbert: all'interno della sua mente esaminò ogni singola affermazione proferita dal suo amico, eppure non trovava alcun indizio che svelasse una dinamica dei fatti in grado di spiegare insieme quella versione e la propria.

Mentre era assorto nelle sue ipotesi udì un rumore di passi dalla cadenza nota dietro di sé acquietarsi dopo essere risuonato nell'aria per pochi istanti. « Come mi hai trovato? » domandò con voce amareggiata e sommessa al tempo stesso.

« So che cercavi di evitarmi, quindi sono andato nel posto che meno mi piace in Unova ».

« Ero convinto che solo Bianca avrebbe potuto capire il significato della mia frase ».

« Infatti l'ho decifrata cercando di mettermi nella sua ottica. Non è stato facile, mi meriterei quantomeno un applauso » Hilbert gli si sedette vicino.

« Che sei qui a fare? ».

« Sono stato al Giant Chasm ».

« A fare cosa? ».

« Cercavo tracce di Kyurem ».

« Risultato? ».

« L'entrata era scomparsa ».

A quelle parole Cheren parve illuminarsi: sebbene ancora seduto torse il busto per guardare in volto il suo compagno « Scomparsa? ».

« Ho percorso tutto il perimetro esterno della grotta. Non ve n'è traccia ».

« E quindi cosa hai concluso? ».

« Forse non eri così pazzo quando dicevi delle illusioni ».

« … e? ».

« … e verosimilmente qualcosa di soprannaturale è in gioco. Non so come sia finito in acqua, ma non penso che sia stato tu a gettarmici ».

Cheren sorrise, in parte perché riteneva buffo che il suo amico fosse giunto alla sua stessa conclusione con ore di ritardo, in parte perché era felice di aver risolto il litigio « Quindi? ».

« Quel musicista è comunque in giro ».

« Pensi c'entri qualcosa con le rovine? ».

« Può essere » rispose Hilbert « L'obiettivo principale è capire dove si trova ora ».

« Cioè? Tornare a Castelia? ».

« Potrebbe essere controproducente. Io ho un'ipotesi più funzionale ».

« Dimmi ».

Il giovane per tutta risposta distolse lo sguardo dal suo vicino e osservò il vuoto di fronte a sé « Maestrale, vero? ».

« Beh, sì, quindi? ».

« Siamo sotto un cumulonembo in questo momento, a quanto ho sentito. È probabilmente la nuvola più pericolosa che ci possa essere, è portatrice di forti tempeste ».

« Continuo a non vedere il punto ».

« Secondo le previsioni sarà un temporale tra i più forti mai registrati a Unova. Non è strano che questi eventi siano coincisi con una situazione meteorologica virtualmente senza precedenti? ».

« Perché mai il musicista dovrebbe c'entrare qualcosa? ».

« Se Kyurem è al suo servizio è possibile che anche altri pokémon che pensavamo inesistenti siano in realtà in suo potere. Sappiamo come durante il Conflitto Globale queste creature siano state utilizzate per manipolare l'ambiente in modo da ottenerne vantaggi di natura bellica ».

« In pratica la tua ipotesi è che questa tempesta sia direttamente collegata con lui? ».

« L'idea è quella ».

« E come pensi di agire? ».

« Come hai detto tu è un maestrale, viene da nord-ovest. Se tu volessi controllare una tempesta al suo inizio e che si abbatterà su Unova da nord-ovest dove andresti? ».

Cheren consultò la Mappa Città « La Dragonspiral Tower? ».

« Precisamente. È alta abbastanza da poter essere messa in relazione con nuvole di bassa quota come i cumulonembi, quindi se il musicista ha davvero in mente di fare quello che pensiamo noi quasi certamente si troverà là ».

« Quindi la tua idea è andarci? ».

« Sì ».

Cheren scrutò il cielo come per trovarvi un qualche indizio « Per quando è previsto l'inizio del temporale? ».

« Fammi controllare, me l'ero segnato » Hilbert frugò per pochi secondi nella sua tasca « Ah, eccoci, tre e mezzo circa ».

« E ora sono... ? ».

« Le tre e due minuti ».

« Stai scherzando, spero. Venti minuti se ne vanno solo per arrivarci, e oltretutto se davvero ci sarà questa tempesta il vento si alzerà e noi voleremo sul mare aperto per tutto il tempo ».

« Dobbiamo rischiare, non possiamo permetterci di rimandare una cosa del genere ».

« Capisco » Cheren afferrò una sfera dalla cintura « Braviary, esci ». L'aquila apparve in un lampo di luce bianca e dopo un breve volo si presentò dal suo padrone.

Hilbert scambiò con il suo amico uno sguardo d'intesa, poi chiamò in campo Hydreigon e vi salì in groppa « Andiamo alla Dragonspiral Tower ».

I due compagni, finalmente riuniti, decollarono insieme a tutta velocità verso est mentre le nubi nere che per quasi due giorni erano rimaste sempre addensate all'estremo della regione con innaturale immobilità si espandevano nella grigia cupola che sormontava Unova.


La Dragonspiral Tower è una delle più vecchie costruzioni della regione. Non è noto con certezza quando fu costruita né la vera ragione, sebbene alcune leggende la facciano risalire agli Ardi e al mito del Drago Originario; tuttavia il suo significato simbolico per Unova, a differenza per esempio del Giant Chasm, è universalmente riconosciuto. Quando Hilbert e Cheren giunsero ancora in volo nei pressi della torre il maestrale ormai si mostrava in tutto il suo vigore, ragion per cui i due furono costretti ad atterrare e raggiungere la meta a piedi. Quando giunsero alla base dell'imponente costruzione si fermarono un attimo, guardandosi attorno.

« Ci siamo » disse Cheren.

« Decisamente ».

« Quanto manca all'ora stabilita? ».

« Dieci minuti » replicò Hilbert « C'è tutto il tempo per salire là sopra ».

« Buona fortuna ». Un tuono rimbombò nell'aria, segno che il temporale si apprestava a cominciare.

« Anche a te. Siamo agli atti finali ».

« E se il musicista non fosse là sopra? ».

« Più ci avvicinavamo a questo posto più le mie certezze sulla sua presenza si confermavano. Sono più che convinto che sia lassù ».

« Allora prepariamoci alla battaglia » commentò Cheren « Non si lascerà fermare troppo facilmente ».

« Su questo non c'è dubbio. Se ha Kyurem al suo servizio non so se saremo davvero in grado di sconfiggerlo ».

« Ma Bianca e Hilda? Perché non le abbiamo chiamate ».

« Sono sulle tracce del nostro drago in direzione di Black City, il loro compito è importante quanto il nostro. Noi siamo stati in grado di respingerlo, ma non sono sicuro che possano farlo gli altri abitanti di Unova » replicò Hilbert « Sta a noi fermare quel pazzo. Entriamo? ».

Cheren inspirò profondamente il vento che soffiava impetuoso « Entriamo ». Un altro tuono risuonò nell'atmosfera.


Il pianterreno della torre ospitava un'insolita vasca ripiena d'acqua con un'ampia colonna al centro che ai due amici ricordò, complici le piastrelle che ricoprivano il pavimento, una piscina. Cheren fu sorpreso da questo ornamento, dal momento che non capiva da dove provenisse il liquido: poi intuì che doveva trattarsi del risultato di recenti infiltrazioni piovane dovute al clima di Icirrus e si sorprese del fatto che gli Ardi avessero previsto una tale eventualità. Dal momento che non vi era niente di importante, lui e Hilbert proseguirono al piano superiore.

Questo era ben diverso dal precedente, ospitando quelle che parevano rovine di un antico tempio, come si poteva evincere da colonne in marmo bianco disseminate sul pavimento.

« Cosa potrebbero essere queste? » domandò Cheren.

« Rovine, direi. Di cosa non ne ho idea ».

« Questo posto è stato costruito dagli Ardi, dico bene? ».

« Probabilmente » replicò Hilbert.

« Dovevano avere conoscenze architettoniche mica ma–– » Cheren fu colpito alla schiena da qualcosa di indefinito. Hilbert d'istinto mise mano a una Poké Ball « VAI, SERPERIOR! ».

Il serpente rispose alla chiamata fuoriuscendo immediatamente e l'offensore si rivelò: un Mienshao con diversi Mienfoo a supportarlo. Cheren si rialzò a fatica, accusando un dolore lancinante al punto in cui era stato colpito.

« Tutto intero? » domandò il suo amico.

« No. Quello stronzo ha usato Assorbipugno ».

« Riposati un attimo, me ne occupo io ».

« Non se ne parla » il ragazzo si issò e portò il braccio alla cintura « Braviary, divertiti ».

Frattanto Serperior era già partito all'attacco verso uno dei Mienfoo: tuttavia, sul punto di colpirlo con Fendifoglia, il colpo fu parato da Mienshao.

« Ma che... ? » Cheren osservò l'azione stranito e ancora barcollante.

« Sta usando Bodyguard » disse Hilbert « Finché quel Mienshao è in campo non potremo colpire nessun altro ».

« Quindi... Braviary, Eterelama! ». L'aquila fendé l'aria con l'ala destra e scatenò un vento tagliente che colpì in pieno Mienshao e i suoi compagni.

« Ci siamo. SERPERIOR, VAI CON LACCIOERBOSO! ». Il pokémon usò la propria coda per sgambettare il nemico maggiore e poi colpirlo ripetutamente, lasciandolo privo di sensi. I seguaci, già indeboliti da Braviary, si ritrassero impauriti e fuggirono.

« Non è stato troppo difficile » commentò Hilbert. D'un tratto due tonfi risuonarono nella sala dietro agli adolescenti che, voltatisi, videro due Golurk. L'imboscata che si erano aspettati per tutto il giorno era arrivata.

« Hilbert! » Cheren gridò all'indirizzo del suo amico, che si voltò « Non possiamo sconfiggerli tutti! Continuiamo a salire! ». Il giovane annuì di rimando, e lasciando i due pokémon dietro a usare Protezione per coprire loro le spalle corsero verso le scale.

Il piano superiore era costituito da diverse piattaforme separate da spazi più o meno spessi che gettavano sul burrone sottostante. I ragazzi le percorsero in tutta fretta, una dietro l'altra, e Hilbert fu il primo ad arrivare a quella che sorreggeva la scalinata successiva, principalmente perché il suo amico era stato fiaccato da Mienshao. « Hydreigon! » chiamò tenendo d'occhio Cheren « Usa Dragobolide su di loro! ».

La creatura si concentrò e scagliò delle piccole meteore – considerevolmente più piccole rispetto a quelle utilizzate da Kyurem in occasione della battaglia per il Giant Chasm – che colpirono la piattaforma su cui i nemici si trovavano distruggendola in un turbinio di polvere. Frattanto, Cheren raggiunse il suo compagno.

« Grazie ».

« Di niente. Questo dovrebbe averli tolti di torno ».

Dal fondo del baratro, invece, uscirono nuovamente i due Golurk che, dopo qualche istante di puro fluttuare, atterrarono a loro volta sull'ultimo sostegno.

« VOLANO? » chiese incredulo Hilbert.

« A quanto pare dovremo affrontarli » uno degli avversari tentò un pugno verso Cheren, neutralizzato però da una Protezione di Braviary « Di che tipo sono? ».

« Terra-Spettro, stando al Pokédex » il giovane sorrise « Non sarà difficile. Serperior, Verdebufera! ». Una tempesta di foglie affilate si scagliò sul Golurk di sinistra che, colpito, traballò.

« Vai, Cryogonal! » gridò Cheren cogliendo la palla al balzo « Usa Geloraggio! ». L'attacco centrò l'oppositore che, già menomato da colpo del pokémon Regale, perse definitivamente le forze scivolando nel precipizio retrostante.

« Tutto qui? » domandò Hilbert con voce trionfale. Per tutta risposta il Golurk rimanente parve accennare un pugno – Serperior approntò una Protezione – salvo poi portare la mastodontica mano al petto e rimuovere lo strano sigillo che ivi era agganciato. Il suo corpo si illuminò di una luce anomala e la piattaforma iniziò a tremare.

« E questo cosa dovrebbe essere? » Cheren parve confuso.

«––se rimuove il sigillo che ha sul petto sprigiona una energia incontrollabile–– ».

Hilbert abbassò il capo verso il Pokédex che ancora aveva in pugno e che di sua spontanea iniziativa aveva emesso quelle parole con voce meccanica. Un'espressione terrorizzata si dipinse sul suo volto e subito iniziò a correre verso le scale dietro di lui. Cheren, seppur colto di sorpresa, scattò quasi in contemporanea.

Il piano superiore era costituito da alti pilastri collegati da gradini in pietra. I due giovani tentarono di percorrerlo il più in fretta possibile, ma il basamento tremò nuovamente e con esso le la parete circolare che li avvolgeva: un attimo dopo il pezzo di pavimento che ospitava il passaggio di entrata crollò e Golurk ne uscì per poi atterrare oltre il foro creatosi. La prima cosa di cui i ragazzi si accorsero fu che era cresciuto enormemente in dimensioni in concomitanza con la rottura del sigillo, e quasi subito dopo realizzarono che stava emettendo un'illuminazione propria. Non appena li ebbe inquadrati il pokémon portò indietro il braccio e serrò il pugno: Serperior preparò una nuova Protezione, ma quando il Martelpugno di Golurk colpì la distrusse senza problemi spedendo a terra la creatura. Hilbert osservò la scena sconvolto.

« Hilbert! » gridò Cheren d'un tratto « Richiamalo! ». Il suo amico si risvegliò dal suo stato estatico e riportò nella sfera il pokémon Regale.

« Ora tocca a me » proseguì poi, avendo ormai preso il comando della situazione in seguito alla perdita di controllo del suo compagno « Emboar! Esci! ».

Il Suincendio obbedì, mostrandosi subito pronto a combattere « Usa Zuccata! ». La creatura si lanciò contro Golurk tentando di sbilanciarlo, eppure la Statuanimata non risentì minimamente del colpo ed Emboar rimbalzò all'indietro stordito.

Il suo nemico non perse tempo e, dopo aver alzato entrambi i pugni, li sbatté sul terreno provocando un incredibile Terremoto che fece tremare la Dragonspiral Tower. Cheren e Hilbert – quest'ultimo sempre meno presente – furono sbalzati e finirono contro il muro mentre il suino di fuoco perse i sensi.

« Rientra » disse il suo padrone sofferente per il trauma incassato « Braviary, Cryogonal, Hydreigon, tutto bene? ». I tre fecero un rapido cenno d'assenso. Golurk, intanto, si era alzato nuovamente in volo fino a raggiungere la piattaforma che costituiva il piano superiore, una serie di circonferenze concentriche sviluppate attorno alla stessa ciclopica colonna che avevano notato al pianterreno, inaspettatamente ancora integra, e che verosimilmente reggeva la cima della struttura. Una volta in altro la luce che generava si intensificò e il pokémon iniziò a precipitare verso di loro. Cheren serrò gli occhi per non dover subire l'orrenda visione della sua morte. Un rumore di crollo cancellò il silenzio e pervase l'aria assordandolo.

Sorprendentemente, però, il suono non proveniva dal pavimento sotto di lui, e soprattutto lui non era stato schiacciato dalla mole di Golurk. Ancora timoroso aprì gli occhi: si trovava sul ripiano osservato prima, quello sotto il quale il suo avversario aveva preparato il Pesobomba. Come ci fosse arrivato restava un mistero.

Si guardò intorno: insieme a lui c'erano Hilbert, Braviary, Hydreigon e Cryogonal, tutti erano stati trasportati lì. Il suo amico in particolare sembrava essersi ripreso rispetto al suo precedente stato e aver ripreso il contatto con la realtà.

« Che è successo? ».

« Siamo stati teletrasportati, penso ».

Cheren osservò sotto di sé attraverso lo spazio tra la base circolare su cui si trovava e quella appena successiva: il corpo di Golurk aveva sfondato il pavimento del primo livello ed era caduto nella piscina, dalla quale era probabilmente stato fiaccato – essendo in parte Terra – dal momento che si trovava immobile proprio sul fondo « Sì, ma da chi? … Hydreigon? ».

« No » Hilbert prese in mano il suo Pokédex e lo consultò « Solo Elgyem e Beheeyem sono in grado di imparare Teletrasporto, e nessuno di noi ne ha uno ».

« Quindi è stato… ».

« … il musicista? Ma perché? ».

« Lo scopriremo tra poco » Cheren, richiamato Cryogonal, si alzò in piedi « Siamo al piano di sopra quindi. Se ho contato bene il quarto ». I due si incamminarono percorrendo la prima circonferenza alla ricerca di un ponte.

« Ma perché mai qualcuno farebbe un labirinto qua dentro? » domandò al suo amico.

« Si racconta che in tempi lontani vi sia stata una guerra tra due fratelli. L'uno inseguiva la verità, l'altro gli ideali. Inizialmente padroni di un possente drago, il Drago Originario, la creatura decise di non schierarsi da nessuna delle due parti e si divise in Reshiram e Zekrom, i due pokémon mitologici creatori di questa regione. Poiché il conflitto che i due fratelli portavano avanti minacciava di distruggere Unova stessa, gli Ardi sigillarono a loro insaputa le due creature in due diversi luoghi ».

« Cioè c'è un mostro leggendario nascosto in questa torre? » Cheren parve dubbioso.

« Non esattamente. Stando a quanto viene tramandato, la Dragonspiral sarebbe solo la chiave per arrivarci. Ma sono leggende ».

« Hilbert, ma tu come sai tutte queste cose? Siamo amici da una vita e nessuno a me ha mai detto niente, è una cosa famigliare? ».

« Oh, beh, io ho–– » Cheren gli fece segno di stare in silenzio.

Qualche secondo di nulla, poi un rumore sordo. « Rieccolo ».

« Rieccolo cosa? ».

« Il rumore. C'è stato poco fa, ma non ero sicuro perché tu parlavi. L'aria si fa più calda o è una mia impressione? ».


Black City è una città situata nella zona orientale di Unova, quasi sulla stessa verticale di Lacunosa e non distante da Undella. Si tratta, tuttavia, della peggiore città in cui uno possa incappare in tutto il mondo abitato. Posizionata accanto alla White Forest, paradisiaco scrigno alberato in cui pokémon e umani convivono pacificamente, sembra essere stata edificata per offrire un'alternativa agli antipodi: si tratta del più corrotto, depravato e invivibile luogo possibile, una cittadina in cui valori basilari quali amicizia, fratellanza e rispetto non sono rappresentati, lasciando spazio a un'avidità quasi radicata negli animi stessi dei residenti, al maniacale desiderio di possedere sempre più di quanto si abbia. Del resto i massicci grattacieli, la fitta nebbia che preclude al sole l'entrata, l'inflazione dei prezzi che affligge il mercato locale, la totale desolazione della piazza principale non potrebbero indicare niente di diverso.

« Che schifo » fu l'inflessibile commento di Hilda all'entrata.

« Tiene fede al suo nome. Oh, un cartello ».

« “Prosperosa e vibrante”. Non l'ho capita ».

« E siamo in estate » Bianca avrebbe sorriso, ma l'assillava il pensiero di respirare a bocca chiusa per non introdurre in gola la putrida aria della città « Chissà in autunno come dev'essere questo posto ».

« La prossima volta ci va Hilbert a sud ».

Le due attraversarono la piazza centrale, illuminata con lampioni artificiale e non con luce naturale, con assoluta noncuranza, complice l'assenza totale di persone « Un Pokémon Center. Sbrighiamoci, così poi usciamo ».

« Sperando ci sia qualcuno dentro ».

Con buona pace di Hilda, all'interno del centro vi era un trio di abitanti situato a tre diversi angoli della struttura con una parvenza comune quasi esanime. In compenso non vi era alcuna infermiera pronta a curare i pokémon; al contrario tutto ciò che era presente era una delle macchine che solitamente si trovano dietro al banco, aperta in questo caso all'uso di tutti. Due dei sei spazi adibiti alle Poké Ball erano stati rotti, a riprova dello stato di abbandono in cui versava il luogo.

« Perché mai questo posto esiste ancora? » chiese Hilda sottovoce « Dovrebbe essere stato chiuso cinque o sei volte visto come è ridotto ».

« È lo specchio della città » Bianca si avvicinò a uno dei tre, che parve destarsi dal suo stato cadaverico « Mi scusi, per caso lei ha visto un essere volare sopra Black City di recente? Dovrebbe essere passato circa a mezzogiorno di oggi ».

Per tutta risposta, l'uomo si drizzò dalla posizione semi-sdraiata in cui era a una più logica seduta « Come ti chiami? ».

« Bianca. Lei è Hilda ».

« Bene, Bianca, sei uscita da questo Pokémon Center di recente? ».

La ragazza non ebbe risposta da dare, non avendo compreso la domanda: per la prima volta in tutta la sua vita tutto ciò che riuscì a fare fu un timido cenno di assenso.

« Hai alzato gli occhi? La nebbia l'hai vista? ».

« Sì ».

« Come pretendi che qualcuno veda qualcosa nel cielo se non riesce a vedere il cielo? ».

« Capisco » Bianca si ritrasse in un sentimento frammisto di ripugno e imbarazzo, dopodiché uscì dall'edificio « Arrivederci ».

« Che scontroso » osservò Hilda.

« Qui non caviamo un ragno dal buco. Andiamocene e chiediamo alla White Forest ».

« Ah, aria pulita, mi sembra di non respirarla da una settimana ».

Dopo pochi passi fuori dal centro, però, le due si fermarono mentre una dolce voce risuonava nell'atmosfera attorno a loro. La melodia, molto orecchiabile, sembrava provenire da ogni lato indistintamente, come se decine di gole la stessero eseguendo nel medesimo momento e al medesimo tempo. La serie di note echeggiò per una trentina di secondi, poi si spense di colpo lasciando di nuovo spazio al ritorno del silenzio mentre la sua scia sonora sbiadiva e svaniva.

« Cos'è stato? ».


Di nuovo un tonfo sordo, questa volta un tremolio.

« VAI VIA! » gridò Hilbert all'improvviso scattando verso il ponte più vicino. Cheren lo seguì d'istinto, mentre il rumore si ripeteva più forte.

Poi un boato. La sezione centro-destra del quinto livello collassò centrando il cerchio su cui i due ragazzi poggiavano i piedi e troncandone un arco. Al pezzo roccioso seguì una creatura mostruosa che atterrò sulla parte integra del sostegno appena colpito, facendolo inclinare dal suo lato. Cheren ebbe i riflessi pronti e saltò la parte di corona circolare di precipizio più vicina, arrivando direttamente sulla circonferenza più esterna soltanto con le mani e lasciando il resto del corpo dondolante sul burrone. Hilbert non ebbe una reazione altrettanto svelta e rimase su quella che sopportava anche la massa dell'intruso. Quando questi alzò il capo e si mostrò, i due sobbalzarono: era un Druddigon.

Il peso del drago continuò a fare inclinare il sostegno e, di riflesso, anche quelli adiacenti che erano collegati mediante ponticelli lignei.

« BRAVIARY! » ordinò Cheren « Iper Raggio! ».

Un fascio bianco fuoriuscì dal becco del pokémon Baldanza; tuttavia il giovane osservò con orrore che anche la bocca di Druddigon stava facendo lo stesso. Tentò di arrestare il colpo ma era troppo tardi: i due attacchi si scontrarono non lontano dalla postazione di Hilbert e produssero un flash accecante. Un nuovo tremore investì Cheren sbilanciandolo e lasciandolo di nuovo appeso di fortuna al sostegno ligneo. Quando il fumo si dissolse le tre parti erano ancora vive, ma il drago era stato nettamente avvantaggiato dall'esito.

« TUTTO BENE? » domandò Hilbert ancora in condizione precaria.

« Non c'è male ».

Il corpo della creatura si illuminò di luce rossa « CHE STA FACENDO? ».

In un attimo Druddigon volò nella sua direzione con un Oltraggio spaventoso. Cheren si abbassò di riflesso e sfiorò il busto del drago che, di conseguenza, fallì il colpo e andò a schiantarsi contro la parete di pietra della struttura: il tremore risultante sbalzò il giovane dall'altro lato del cerchio, il cui angolo di inclinazione era frattanto diminuito a causa dell'assenza del peso del loro avversario « OLTRAGGIO? MA HA USATO L'IPER! DOVREBBE ESSERE ESAUSTO! ».

Il drago si riprese e scattò nuovamente verso Cheren, che ancora una volta ebbe pochi istanti per reagire « BRAVIARY, PROTEZIONE! ».

Lo scudo fu infranto senza grosse difficoltà dal nemico, ma conferì al ragazzo quell'attimo in più necessario a scansarsi. Per la seconda volta, Druddigon centrò la parete ricurva della Dragonspiral.

La base lignea intanto si era quasi completamente raddrizzata e Cheren poté rialzarsi e correre verso il lato opposto, cercando di raggiungere le scale il più in fretta possibile; Hilbert fece lo stesso.

Il drago era invece atterrato sul sostegno adibito a punto di appoggio per le scale che erano crollate insieme ai piani inferiori. Sotto lo sguardo dei due amici, che proseguivano la corsa verso l'incrinato ponte della salvezza, questi si rialzò e riprese a brillare.

« Muoviti! Dobbiamo salire subito! » gridò Cheren, ma Hilbert appena assestatosi sul cerchio si arrestò a guardare « Ma che fai? ».

« Siamo finiti ».

« Se stai lì, di sicuro! ».

« Lo vedi? » indicò Druddigon, poco a destra del pilastro centrale, mentre stava barcollando disorientato « È confuso ».

« Meglio! ».

« Sta puntando noi, ma quasi sicuramente prenderà la colonna ».

Cheren comprese « Quella regge tutto ».

« Esatto ». La creatura intensificò la luce emessa.

« E ora che–– » il ragazzo subì una possente spinta da parte di Hilbert che gli fece spiccare un involontario salto verso il ponte, passandolo del tutto. Druddigon quasi contemporaneamente balzò sulla circonferenza lignea, provocandone nuovamente l'inclinazione. Cheren tentò di raggiungere nuovamente il suo amico, ma notò quasi subito che il raccordo tra la pietra su cui stava e il legno che aveva appena lasciato era prossimo a crollare.

« CHE FAI? SALTA SUBITO ANCHE TU! ».

Hilbert, per tutta risposta, si voltò verso di lui e sorrise « Hydreigon, Dragobolide! ».

Il suo amico avrebbe voluto reagire, fermarlo, salvarlo, ma non poté fare niente: Hydreigon forse si aspettava quell'ordine, perché scatenò una pioggia di meteoriti in un tempo brevissimo, tanto da anticipare Druddigon com'era nei piani di Hilbert. La serie di cerchi crollò insieme al pezzo di pietra oltre lei lasciando dietro di sé una nube di polvere che impedì a Cheren la visuale. Quando essa si diradò, ciò che il giovane fu in grado di vedere fu solo il pilastro ancora intatto, e nient'altro. Due terzi della Dragonspiral Tower erano definitivamente stati distrutti, e con loro il suo compagno d'infanzia.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Catarsi ***


VI 'Catarsi'

VI: “Catarsi”


« INDIETRO! » Bianca trattenne per un braccio Hilda appena in tempo per evitare che fosse colpita da un pokémon che in quell'attimo era fuoriuscito dal terreno: un Krookodile. Le due si voltarono: i tre uomini che prima sembravano prossimi alla morte erano usciti in blocco dal Center e stavano mettendo le mani alle cinture.

« Allenatori » disse Hilda.

« Quindi un agguato » Bianca imitò i loro oppositori mentre Krookodile con un balzo spettacolare le aveva superate per porsi tra loro e il trio « Vai, Sigilyph! ».

Lo Pseuduccello fu presto affiancato dall'Archeops della sua amica, pronto anche lui a combattere « Eterelama! ».

Krookodile subì il vento sferzante senza pesanti problemi, dopodiché partì all'attacco con una Ripicca in direzione di Archeops, che però riuscì a schivarlo. Frattanto Heatmor e Beartic apparvero accanto al pokémon Minaccia. Per mantenere superiorità numerica, Bianca e Hilda mandarono in campo rispettivamente Samurott e Bisharp.

Fu proprio quest'ultimo a partire all'attacco per primo con Metaltestata, centrando il busto del Glaciale che barcollò e cadde a terra. A rispondere fu Heatmor che tentò il colpo con Marchiatura, ma Sigilyph si frappose e con Magicscudo neutralizzò il colpo. Bisharp colse l'occasione per fiaccare il suo avversario e terminarlo con Ghigliottina.

« Non troppo difficile » disse Hilda, ma d'improvviso un fulmine la sfiorò da dietro. Si voltò: altri allenatori erano usciti dai grattacieli come fossero stati evocati e si erano approntati a combattere.

« Una vera e propria imboscata » osservò Bianca « Ma chi... ? ». Non poté riflettere: nuovi attacchi costrinsero le ragazze a confluire verso la piazza principale, al centro della quale stava un alto lampione. Intorno a loro i nemici si stavano disponendo a cerchio per attorniarle, con i quattro pokémon ormai impegnati a tempo pieno a erigere Protezioni per salvare le padrone.

« Non ce la faremo mai a batterli tutti » Hilda era sconfortata.

« Ci sono! » Bianca estrasse una Poké Ball e richiamò Samurott « Presto, fai rientrare Bisharp! ».

« Io... okay » due dei quattro scudi scomparvero, lasciando i rimanenti a dover svolgere un'ulteriore mole di lavoro « Spero tu abbia avuto una buona idea ».

« SIGILYPH, USA FLASH! » un lampo fulmineo di luce investì Black City rendendola per la prima volta dalla sua creazione un nucleo bianco « ORA VAI HILDA, VOLIAMO VERSO L'ALTO! ».

Le due si involarono in direzione della foschia che avvolgeva la città e vi si inoltrarono. Con la coda dell'occhio Bianca riuscì a scorgere nel flash che si diradava gli sguardi attoniti e disabituati dell'esercito che li aveva assaliti mentre le loro prede fuggivano come uccelli da un cacciatore. Il ritmo dell'azione parve rallentare enormemente mentre Archeops e Sigilyph, seppur in direzione obliqua poiché accecati dalla combinazione di luce e nebbia, uscivano da questa salvi e riprendendo contatto con l'aria pulita.

« Ma perché? » chiese Hilda « Perché ci hanno attaccati? ».

« La domanda è un'altra: come potevano sapere che saremmo state lì? ».

« Sarà stata una decisione estemporanea ».

« Guarda com'erano disposti. Nessuno all'ingresso, per illuderci. Era premeditato ».

« Ma chi? ».

Bianca osservò sotto di sé la White Forest e il Marvelous Bridge situato più avanti come in estatica contemplazione, e d'un tratto la verità le apparve chiara come il sole in una giornata limpida, ovvia e plateale nonostante non l'avesse notata per giorni, tragica e immediata come se l'avesse sempre saputa. Estrasse l'Xtransceiver e lo pose all'orecchio, ignorando le richieste di spiegazione da parte della compagna.

« Dannazione, non risponde ». Alzò gli occhi al cielo e osservò il mastodontico nembo situato a nord-ovest di Unova che giganteggiava sulla Dragonspiral Tower come un mietitore di anime pronto a raccogliere la sua ultima preda, un contadino che festeggia il giorno della raccolta.

« SIGILYPH, VERSO LA TORRE, PRESTO! ».

Hilda osservò la sua amica partire alla velocità del suono e non ebbe che il tempo di urlare « DOVE VAI? ».

« CHEREN E TUTTI NOI SIAMO IN PERICOLO! ».


Un tuono rimbombò nella torre, rompendo per un istante la costante eco del vento che spirava all'esterno. Per Cheren, che aveva speso gli ultimi minuti a piangere il suo amico scomparso, ricordando il tempo trascorso insieme, quel rumore fu come una doccia fredda che lo riportò alla realtà. Estrasse l'Xtransceiver e lo consultò: 15:59. Diede uno sguardo verso l'alto: ancora pochi piani e avrebbe raggiunto la vetta. Non c'era tempo per deprimersi, doveva completare ciò che Hilbert non aveva potuto portare a termine.

Il piano superiore ospitava soltanto una lastra di pietra che fungeva da pavimento, mentre il pilastro centrale saliva fino al soffitto a sorreggere il tetto della Dragonspiral Tower. Quasi in estasi Cheren fissò l'ultima rampa di scale che l'avrebbe condotto dal musicista. Ripassò mentalmente quanto era successo negli ultimi tre giorni, come la sua vita era mutata senza possibilità di fare marcia indietro, ponendolo di fronte a un futuro più che mai diverso da quanto si sarebbe mai atteso. Gli sbocchi del destino sono infiniti, anche secondo la concezione che lui aveva ideato: infinitamente piccoli e non enumerabili. Sarebbe stato sufficiente non entrare in quel bar e in quel momento sarebbe stato a Undella con Hilbert, o nel museo con le ragazze a osservare le ceramiche.

Un altro tuono. No, non poteva pensare così. Era invischiato in qualcosa di grande, forse troppo grande, non poteva ragionare per scaricabarile. Era un suo compito, e se non l'avesse fatto lui, chi l'avrebbe fatto? Non c'era alternativa. Salì le scale.

La cima offriva uno spettacolo maestoso. Anche se era ancora all'entrata riusciva a vedere l'alta Twist Mountain, e oltre poteva scorgere Mistralton City; e anche se non poteva vederle, riusciva a immaginare le paludi di Icirrus pronte ad accogliere la pioggia in arrivo. Ma c'era una cosa che gli impediva veramente il panorama: un uomo ritto sull'orlo dell'abisso, voltato, con una chitarra appoggiata per terra e tenuta dritta dalla sola mano destra, con i capelli mossi dal vento. Il musicista.

« Sono qui » disse Cheren « Ora spiega perché mi hai perseguitato in questi giorni ».

Dall'altro capo del piano non vi fu risposta.

« Rispondi. Sono venuto fin qui. Hilbert è morto perché ci arrivassi. Mi devi quantomeno una spiegazione ».

Di nuovo silenzio.

Il tono del giovane si inasprì « Rispondi o verrò io lì. Guarda che non scherzo ».

Ancora niente.

« L'hai voluto tu » Cheren mise mano alla cintura e si avvicinò all'uomo con estrema cautela. Giunse ad essere a meno di un metro di distanza da lui, ma il musicista non aveva mosso un muscolo. Il ragazzo allungò la mano e con sua sorpresa il corpo che gli era parso così solido divenne polvere come lo sfiorò.

« Ma che–– ».

« Interessante » disse una voce da dietro. Il giovane si voltò: Hilbert era poco oltre l'entrata, sorridente. Per un momento credette che fosse un miraggio, eppure era proprio lui: stesso vestiario, stesse cuffie bianche nelle orecchie, stessa andatura mentre veniva verso Cheren. Questi si scansò, dal momento che il suo amico sembrava voler andare oltre, a occupare il posto che prima era dell'illusione del musicista.

Illusione, già. Come poteva esserci cascato? Era un trucco. Allungò la mano a toccare la figura di fronte a lui e, aspettando che si tramutasse in polvere, disse « Non mi freghi ».

Invece, di nuovo con sua sorpresa, Hilbert era reale. Cheren sorrise « Sei vivo? Come hai fatto a salvarti? Ti ho visto cadere giù con i miei occhi... un'illusione anche quella? ».

Il suo interlocutore non rispose alla sua domanda « Che meraviglia la musica ».

« Che stai dicendo? ».

« Nient'altro che onde sonore sono emesse dagli strumenti che udiamo. Eppure quanto ci viene trasmesso sono emozioni. Una melodia allegra rende tutti felici. Una melodia triste, invece, rende malinconici. Questa è la forza della musica ».

Cheren le riconobbe: erano le parole pronunciate dal musicista due giorni prima in quel bar. Solo che in quel momento acquisivano un senso, non erano più pensieri sconnessi.

« Che cosa avviene dentro di noi? Cosa tramuta qualcosa di meccanico e artificiale in qualcosa di inspiegabile e soggettivo? Perché certe melodie sono tristi per tutti, mentre altre solo per alcuni? Cosa scatenano dentro di noi? » Hilbert si voltò verso il suo compagno « E se riuscissimo a capirlo? Cosa potremmo fare con la musica? Cosa non potremmo fare? ».

Cheren, alla vista del suo sguardo, rabbrividì: non erano più gli occhi profondi che aveva sempre visto in lui, bensì un paio di pupille maniacali, totalmente assorte nei loro pensieri imperscrutabili, dandogli la parvenza di un pazzo. Si ritrasse inquietato « Chi sei? ».

« Mi aspettavo questa domanda ».

« Tu non sei Hilbert » disse il ragazzo, ma il tono della sua voce sembrava dovesse convincere più sé stesso che essere una constatazione « Sei il musicista ».

« In un certo senso hai ragione » a quelle parole Cheren si allontanò ulteriormente, ponendosi al centro della cima « Vedi, non c'è mai stato nessun musicista ».

Il ragazzo fu come fiaccato da quella frase « Che vuoi dire? ».

« Ero io, Cheren. Ero io a orchestrare tutto. Il Café Sonata, Kyurem, il teletrasporto, tutto opera mia ».

« BUGIARDO! » di nuovo il rifiuto fu troppo violento, come se non fosse certo di quanto diceva « Tu sei il musicista ».

« Non c'è mai stato nessun musicista, te l'ho già detto ».

« E allora chi abbiamo incontrato a Castelia? ».

« La risposta te la sei data tu nel Giant Chasm » replicò Hilbert « Me l'hai rivelata mentre cercavamo l'uscita e siamo incappati in quel lago. Ricordi? L'hai citata anche poco fa ».

Cheren tornò con la mente a quegli istanti, e rammentò « … allucinazioni? ».

« Precisamente ».

« Tu non sei in grado di fare qualcosa di simile. Illusioni solide... qualcosa che va ben oltre le tue facoltà di allenatore ».

« Infatti non ero solo » Hilbert prese in mano dalla tasca della sua giacca uno strumento in ceramica di forma atipica, come di un uovo allungato con fori sopra di esso e da una delle due estremità un tubo che fuoriusciva « Ammira il Flauto degli Ardi ».

« Cosa dovrebbe essere? ».

« Strano, eppure sei stato anche tu alle rovine, nonostante non mi aspettassi che fossero raggiungibili anche dal Chasm ».

« Continuo a non capire ».

« Hai detto di aver visto un pentagramma con le note che hai sentito nel bar, giusto? L'hai citato quando siamo tornati a Undella ».

« Questo sì ».

« Dov'era? ».

Di nuovo Cheren riportò alla mente quanto solo poche ore prima era successo « … in un incavo ».

« Poof ».

« Quel Flauto viene da lì? Quindi tu sei stato nelle Abyssal Ruins prima di me? ».

« Bravo ».

« Ma come hai fatto? ».

Hilbert sembrò tentennare sulla risposta, come se si stesse consultando con qualcuno « Non sono affari tuoi ». Poi portò il Flauto degli Ardi alla bocca e, soffiando attraverso il tubo, riprodusse la sequenza di note incisa nelle rovine. L'aria si addensò, come se fosse stata compressa, tanto che Cheren iniziò a vedere il suo amico filtrato da linee ondulate di materia trasparente. Vi fu un tuono, probabilmente però non collegato alla melodia appena suonata, e il suo flash accecò il ragazzo. Quando riuscì a scorgere nuovamente la realtà, alla sinistra di Hilbert era apparso un pokémon.

Era un essere femminile e vagamente antropomorfo alto poco più di mezzo metro, fluttuante appena sopra la lastra di pietra che fungeva da cima della Dragonspiral Tower. I suoi capelli erano verdi, fluenti e ondulati, gli occhi celesti, e sulla fronte appariva incastonato un gioiello.

« Osserva il pokémon Melodia, il pokémon la cui leggenda si perse nella storia e che ora rivive: Meloetta ».

« Meloetta? Non ne ho mai sentito parlare ».

« Si narra che una volta Meloetta allietasse con un dolce canto le vite degli uomini. Tuttavia, quando la tristezza, l'avidità, l'ingordigia umana presero il comando dell'animo, nemmeno lei poté reprimere i vizi e, dimentica del canto, si esiliò per mai più fare ritorno » Hilbert gettò uno sguardo alla creatura « Gli Ardi erano saggi, però, ed erano coscienti che, sebbene in quel momento loro non fossero in grado di usufruire del potere di Meloetta per restaurare l'età dell'oro che avevano vissuto fino ad allora, un giorno esso sarebbe potuto essere utilizzato da gente più meritevole per guarire i mali del mondo. Capisci? Con l'esilio di Meloetta gli Ardi persero la prosperità a cui erano abituati e, complici i vizi che l'avevano allontanata, caddero inevitabilmente nel declino definitivo ».

Cheren osservava la persona di fronte a sé non come un amico ma come un pazzo, uno che ha perso il senno nell'inseguire un obiettivo « E dunque? ».

« Aspettavano me! Io sono in grado di riportare questa civiltà allo splendore degli antichi! » Hilbert si voltò e alzò le mani in un gesto imperioso « Osserva la tempesta che tra poco si scatenerà! Questo gigantesco cumulonembo copre ormai tutta Unova ed è pronto a dare inizio all'inferno! ».

Cheren guardò oltre il ragazzo e constatò che diceva la verità: l'intera regione era avvolta nella ciclopica nube nera e il vento si era alzato notevolmente da quando aveva messo piede sulla cima della torre « Che cosa dovrebbe c'entrare con Meloetta? ».

« Non ricordi il discorso che ho fatto prima? Di come la musica possa influire sulle emozioni? Non è una questione emozionale! La musica nasce fisica e fisica rimane! » Hilbert si girò nuovamente « Meloetta sa come attivare quel meccanismo! Quello era il modo con cui teneva gli Ardi sotto il giogo della sua melodia! ».

« E dunque? ».

« Questa tempesta non è una tempesta qualunque! L'hai sentita la radio? È quasi senza precedenti. Quando un temporale di questo livello si scatena le onde sonore vengono trasmesse in una frequenza particolare che risuona! L'eco trasmetterà ovunque in Unova qualsiasi onda venga trasmessa da qui! » il giovane sembrava sempre più eccitato a ogni parola pronunciata « Immagina! Tutti gli abitanti della regione faranno quello che vorrò io! Potrei ordinare di tutto! Le illusioni di cui sei stato vittima in questi giorni, il potere di avere migliaia di persone pronte a eseguire qualsivoglia ordine... tutto merito della musica di Meloetta! ».

« Ma tu sei pazzo! Quello che stai cercando di fare è un'ipnosi collettiva! Costringere il mondo ad andare d'accordo! Non ha niente a che vedere con la musica che tanto decanti! ».

« Mi spiace che tu sia così cieco » Hilbert tornò a guardare negli occhi Cheren « In ogni caso la tua opinione non ha alcuna importanza ».

« Una cosa ancora non torna, però. Perché volevi uccidermi? ».

« Tu e le altre due mi sareste stati appresso come cozze durante questa vacanza. Purtroppo ho saputo troppo tardi la data esatta della tempesta per annullare il viaggio di piacere, quindi ho cercato di far desistere almeno te per staccarmi in coda ed essere libero in quei giorni. A quello serviva la messinscena del Café Sonata » Cheren si sentiva ribollire il sangue nelle vene nel sentire colui che considerava il suo migliore amico parlare con tanto sprezzo di lui « Non ha funzionato, quindi sono stato costretto a passare alle maniere forti. Prima con Kyurem, poi con l'idea di chiuderti nel Giant Chasm. E ci sarei riuscito se tu non avessi trovato quel lago ».

« Ma non ce l'hai fatta. Perché non lasciarmi da solo ad Anville e compiere quanto volevi fare? ».

« Ti temevo ancora più di chiunque altro. Mi conosci, e oltretutto ci eravamo lasciati con un litigio. Se tu per caso avessi compreso la verità saresti stato un enorme pericolo » Hilbert parlava con la sicurezza di chi guarda a poche ore prima come se fossero mesi « Era meglio evitare ogni sorpresa ».

« E perché fingerti morto? ».

« Scenografia. È stato bello da vedere oltre che divertente, no? Il nobile ragazzo che dà la vita per salvare il suo grande amico... È un peccato che nessuno avrà il tempo di piangere la mia fine » Hilbert rise mentre un altro tuono risuonava e gocce di pioggia iniziavano lentamente a bagnare la pietra « Oh, è quasi ora. Prepariamoci alla festa. Che ne dici di un po' di riscaldamento, Meloetta? ».

Cheren si approntò a porre le mani sopra le orecchie per evitare di sentire.

« Oh, è inutile, l'eco prima o poi forzerà anche le mere barriere fisiche. Solo la musica può fermare la musica » il ragazzo indicò rapidamente le cuffie che aveva ben salde nelle orecchie e tese la mano sinistra « Avanti, Meloetta, usa Cantoantico! Mostra a Unova la potenza che gli Ardi persero! Ripristina lo splendore perduto! ».

Di colpo, l'aspetto del pokémon mutò: i suoi capelli acquisirono un color rame e si raccolsero quasi a formare uno chignon alto. Gli occhi cambiarono similmente tonalità così come il gioiello sulla fronte, diventando rossi come il fuoco. Meloetta fletté la gamba destra e iniziò a piroettare mentre la melodia risuonava nell'aria e Cheren tentava ogni modo per non udirla.

Il caos, il rumore, è tutto così forte. Uscite dalla mia testa. Il rumore, il caos, non sento più niente. Tuoni, rotaie, senza ordine. Non lo sopporto più, che cos'è? Perché riesco a sentire tutto ciò? Che cosa succede?

E invece non la melodia. Tutto meno che quella. Cosa c'entra. Rotaie, tuoni, voci nella testa, cosa c'entra. Non ha senso.

Oppure ce l'ha. Mi vuole far desistere. È un'illusione, non c'è niente di tutto ciò, vuole farmi desistere. Non toglierti, non––

Silenzio. Sì è arresa. O no. No, ora riesco a sentirla. Sento la melodia. Fioca. No, non cedere, non cedere. Mi raggiunge, non uscirà più. È finita, non posso impedire più niente. Se anche resisto sarò il solo. Se anche resisto sarò il solo. Se anche resisto sarò il solo.

« CI SIAMO! L'ECO SI MOSTRA! QUALCHE MINUTO E SARÀ FINITA! LO SPLENDORE TORNERÀ! LA VOLONTÀ DEGLI ARDI SARÀ FATTA! ».

Vi fu un flash e un rumore secco riflesso dall'eco. Il Cantoantico terminò e Hilbert si voltò verso Meloetta, ormai regredita all'Aria Forme, per individuare il problema. Di colpo fu centrato alle spalle da un artiglio che lo spedì al tappeto. Cheren avvertì una scarica elettromagnetica riempire l'atmosfera e poi sferzarlo: lui non ebbe alcuna reazione, al contrario Meloetta accusò il colpo e si accasciò. Due figure volarono ai lati della cima superando in altezza la Dragonspiral per poi atterrare sulla lastra di pietra che fungeva da tetto.

« Tutto bene? » domandò una voce familiare.

« Bianca! Hilda! » Cheren non fu mai così felice di vedere le sue amiche come in quell'istante « Come sapevate? ».

« Hilbert ci ha teso una trappola a Black City » spiegò la seconda « Ma non gli è andata bene ».

« L'Xtransceiver non prende in pochi posti. Quando ho visto la tempesta in arrivo ho fatto due più due » soggiunse l'altra.

Il loro avversario frattanto si era rialzato « Bianca. Hilda. Che piacevole sorpresa ».

« Cos'hai in mente? ».

« Mi piacerebbe molto rispiegare tutto il mio piano, ma ho delle scadenze da rispettare » Meloetta si riprese « Usa Cantoantico! Poniamo fine a questa storia! ».

« Bianca, Hilda, tappatevi le orecchie o è la fine! ».

« Vai, Bouffalant! » Cheren osservò la sua bionda amica mandare il suo pokémon in campo.

« Che mossa suicida è? » chiese Hilbert con supponenza.

« Il mio Bouffalant ha come abilità Antisuono. Qualsiasi cosa la tua mossa faccia, non la farà su di noi ». Cheren non poté trattenere un'esultanza.

« Ma sugli altri sì » disse l'altro di rimando « Non volevo giungere a tanto, ma non posso permettere che mandiate a monte il mio piano. Ci vorrà ancora poco prima che il fenomeno atmosferico che attendo si verifichi, ma non devo aspettare tanto per fermarvi ».

« Che stai dicendo? ».

« Lui dovresti conoscerlo, Cheren » Hilbert stese la mano sull'abisso con fare drammatico « KYUREM, EMERGI! ».

« No! ». La torre tremò e il vento si intensificò mentre un ruggito squarciava il rumore della pioggia che aveva iniziato a scendere copiosa. Il drago apparve dal lato opposto della lastra e dopo una rapida inversione atterrò pesantemente sul terreno.

« Preparatevi ad affrontare la leggenda, il Terzo Drago che risultò dalla scissione dell'Originario! Il drago che non compare nelle leggende! KYUREM! ».

« Hai commesso un errore di valutazione » disse Cheren « L'abbiamo battuto io e te, figurati se in tre non lo fermiamo ».

« Senza il fuoco? » Hilbert sorrise, accennando con lo sguardo al temporale « Sarà divertente vedere come ». L'aria si gelò e una sferzata ghiacciata investì i tre allenatori.

« State pronti » Bianca mise una mano sul suo cappello perché non volasse via « A quanto ho capito quel canto lo controlla, quindi combatterà fino alla morte se necessario ».

Cheren annuì e spedì in campo Braviary « Battaglia in volo? ».

« Non vedo alternative, questa pioggia rende il fuoco inutile, e usare mosse di tipo Terra rischia di far crollare la torre » Hilda scese dal suo Archeops perché potesse combattere anche lui « Vai, usa Dragartigli! ».

Il Paleouccello partì all'attacco con le unghie sguainate, ma Kyurem si alzò con grandissima rapidità in volo ed evitò agevolmente l'attacco. « Ha molta più agilità di quanto ricordassi » fu il commento asettico di Cheren « Ma è un pokémon, e come tale può essere sconfitto. BRAVIARY, AEROASSALTO! ».

L'aquila volò in direzione del drago con grande rapidità, ma di nuovo Kyurem sfoderò una prontezza di riflessi invidiabile e caricò rapidamente un raggio gelido che poi lanciò verso il pokémon Baldanza. Questi, pur riuscendo a schivarlo, ne fu scalfito di striscio e iniziò a perdere quota. Fu il turno di Sigilyph, che caricò uno Psichico che riuscì a colpire l'avversario grazie alla sua ineluttabilità; tuttavia il leggendario non ne risentì più di tanto e partì subito al contrattacco iniziando a brillare. Braviary tentò un Baldeali approfittando della momentanea immobilità, ma i tempi di caricamento furono più ridotti di quanto atteso e Kyurem fu pressoché immediatamente in grado di scatenare una possente Bora sui tre volatili, provocandone l'atterramento.

« È una bestia. Non lo batteremo mai di questo passo » Hilda osservò i suoi due amici sperando in una loro idea.

« Forse so come fare. Cheren, di' a Braviary di usare Iper Raggio ».

Il giovane annui, e il Baldanza si involò sopra il drago per poi preparare il raggio,

« Illusi! » Hilbert fece una smorfia « KYUREM, FAI LO STESSO! MOSTRA LA VERA FORZA DELLA LEGGENDA! ».

Appena prima che il duello tra i due iniziasse definitivamente, Bianca sorrise e gridò « SIGILYPH, ARCHEOPS, UNITEVI A BRAVIARY! ».

Un'espressione di terrore si dipinse sul volto del loro avversario « In TRE? ».

Non ebbe il tempo di reagire e mandare rinforzi: i raggi si scontrarono, emanando una luce accecante in ogni direzione e impedendo di scorgere il risultato. I quattro allenatori erano tutti con il capo all'insù, in attesa di vedere di nuovo. Quando la luce si affievolì, Kyurem apparve da un lato totalmente intatto, mentre dall'altro i tre pokémon annaspavano di stanchezza. Hilbert rise « Speravate di poter pareggiare il potere di un essere leggendario come Kyurem? PAZZI! ».

« BOUFFALANT, GIGAIMPATTO SU MELOETTA! ».

« COSA? » Hilbert non poté che osservare imperterrito lo Sfondatoro attaccare la chiave del suo piano con una carica micidiale che prese in pieno il bersaglio e lo spedì a terra, neutralizzando il canto « NO! MELOETTA! ».

« Hilda, tocca a te! ».

« Sì! Bisharp, esci e usa Ghigliottina! ». Il pokémon Fildilama scattò verso un inerme oppositore sguainando le chele tra le mani.

« NON TE LO PERMETTO! » Hilbert mise mano alla cintura « CARRACOSTA, USA BODYGUARD! ».

L'Ancestruga fuoriuscì dalla Ball ancora nel proprio guscio e spiccò un balzo che parve un volo intercettando la Ghigliottina ordinata da Hilda. Arrestatala, la protezione si aprì e la tartaruga si mostrò.

« Cosa? Ma era una OHKO! Dovrebbe essere esausto! ».

« Bouffalant non è il solo in grado di usare la propria abilità attivamente in battaglia. Vigore impedisce a Carracosta di andare K.O. per una OHKO ».

D'improvviso vi fu un tonfo dietro ai tre allenatori che stavano combattendo Hilbert: Cheren si voltò e vide Braviary esausto. Guardando in alto notò che mentre Bianca tentava l'assalto a Meloetta lo scontro aereo era proseguito e Kyurem aveva atterrato il pokémon Baldanza.

La battaglia quindi si sdoppiò: da un lato Carracosta teneva a bada Bisharp e Bouffalant, dall'altro il drago della leggenda se la vedeva con Archeops e Sigilyph. Hilbert osservò eccitato Meloetta, che frattanto aveva ripreso la sua melodia « CI SIAMO! ANCORA POCO E L'ECO SI SPANDERÀ PER UNOVA! ».

Cheren richiamò la sua aquila e osservò le Poké Balls che aveva a disposizione. Cryogonal? Né Carracosta né Kyurem vi erano deboli. Emboar? Con quella pioggia non avrebbe resistito due secondi. Il giovane si inginocchiò, in parte per affaticamento e in parte per sconforto.

« Tutto bene? » domandò Hilda preoccupata.

« Sì, sì... sono scivolato sull'acqua » Cheren si fermò a pensare « Acqua... ». Ci sono! Il ragazzo si rialzò e prese in mano una sfera « Seismitoad, VAI! ». Il pokémon Vibrazione emerse pronto a combattere con davanti uno scenario apocalittico: una tempesta infernale in corso, uno scontro aereo che coinvolgeva una creatura di dubbia esistenza e una battaglia terrena che coinvolgeva una persona che fino a poche ore prima era un alleato. Nessuno si curò di lui: i restanti allenatori erano troppo impegnati a gestire i due combattimenti per prestargli attenzione.

« VAI SEISMITOAD, USA SURF! » di colpo sei occhi furono puntati sull'idea del giovane, persino Bianca faticava a capire « SU HILBERT! ».

« COSA? ».

« Il potere delle leggende non è nulla se non è supportato da un animo fermo. Vediamo come affronti LA TUA IDROFOBIA! ». Una mastodontica onda sommerse il campo di gioco e s'infranse sul lato avversario. Hilbert si accasciò sulla proprie ginocchia e iniziò a tremare. Carracosta si paralizzò, non potendo più seguire gli assenti ordini del suo padrone, cadendo in uno stato di disorientamento totale.

Bianca colse la palla al balzo « Bouffalant, MEGACORNO! ». La carica dello Sfondatoro prese in pieno Meloetta che arrestò nuovamente il suo Cantoantico.

« BISHARP, GHIGLIOTTINA! FACCIAMOLA FINITA! » il pokémon Fildilama sguainò una volta di più le sue chele e mandò K.O. il suo avversario definitivamente « Ora occupiamoci di Kyurem! ARCH––».

« FERMA! » le gridò Bianca « Kyurem era sotto l'influsso del canto! Non colpirlo! ».

Hilda, sebbene contrariata, decise di obbedire alla sua amica, che dimostrò di essere nella ragione: il drago, affaticato e stanco per le energie consumate nello scontro e senza più lo stimolo della melodia che lo costringeva a combattere, emise un verso lamentoso e, allontanatosi qualche metro dalla cima, partì in picchiata verso il fossato su cui sorgeva la Dragonspiral Tower per sprofondarvi. Gli occhi di tutti tornarono a osservare il responsabile di tutto: Hilbert.

Questi, rialzatosi in piedi nel frattempo, appariva molto più trasandato del solito: totalmente bagnato e tremante, aveva perso il suo caratteristico cappello e le cuffie che usualmente portava alle orecchie penzolavano dalla maglietta sotto la giacca, ormai inutilizzabili. Ciò che più colpiva però erano le sue mani, poste con forza sopra le orecchie come aveva fatto Cheren poco prima per allontanare il Cantoantico di Meloetta.

« No, no, lasciatemi in pace! ».

« Hilbert, perché l'hai fatto? » Bianca parlava con una voce diversa dal solito, meno sicura e più compassionevole.

Hai fallito.

« Io, io non–– non volevo, ho fatto il possibile ».

Era un compito semplice.

« Ma io, io ci ho provato. Cheren, loro–– ».

Ti avevamo dato tutte le direttive.

« Le HO seguite! » Hilbert era prossimo alle lacrime « OGNI SANTO GIORNO DELLA MIA VITA, DA QUANDO SONO RIMASTO SOLO! ».

Se davvero le avessi seguite non avresti fallito.

« IO LE HO SEGUITE! LE ROVINE, LA TEMPESTA, TUTTO! » il giovane stava indietreggiando progressivamente, a brevi passi, contorcendo il busto, piangendo.

« Hilbert... » Cheren allungò leggermente il braccio verso di lui.

Potevamo creare un mondo migliore.

« LO SO! ».

E invece per colpa tua...

« NON È COLPA MIA! ».

Fu un attimo, un istante. Una gamba che si alza, il corpo che ruota, la schiena all'indietro, una pozzanghera di troppo proprio lì sull'orlo, il baricentro fuori dalla base e la caduta. Cheren corse d'istinto verso il bordo della cima, inseguito da Hilda che aveva intuito, perché lei lo conosceva. Lo trattenne proprio sul finire della lastra di pietra, mentre già la sua testa era oltre, a osservare il suo grande amico che, scivolato, precipitava verso il fondo della Dragonspiral Tower senza che lui potesse fare alcunché.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Epilogo ***


VII 'Epilogo'

VII: “Epilogo”


Icirrus City è una città difficilmente definibile in termini pratici. Una descrizione prettamente geografica potrebbe essere quella di un villaggio situato nella zona nordoccidentale di Unova, l'unico a offrire un accesso diretto alla Dragonspiral Tower – se mai qualcuno volesse andarci –, nonché uno dei centri abitati e non più umidi della regione.

Ma Icirrus non si può limitare a una descrizione geografica poiché l'atmosfera è qualcosa di assolutamente unico nel suo genere, a partire dai mulini a vento che si incontrano se vi si accede passando per la Twist Mountain, proseguendo per la pioggia incessante che batte la zona dal finire dell'estate al principio dell'inverno – nonché intorno a marzo –, finendo con gli edifici sopraelevati dai quali si possono ammirare le paludi che circondano la città.

Pur essendo la storia narrata ambientata in estate, è opportuno menzionare l'inverno come caratteristica saliente di Icirrus City: in questa stagione infatti alle gocce piovane si sostituiscono eleganti fiocchi di neve che ricoprono fin dove l'occhio può vedere i diversi declivi del luogo, gelando gli acquitrini e aprendo grazie ai bianchi cumuli che si formano nuove strade per alture irraggiungibili in altro modo.

Ma, per quanto l'inverno lì possa essere evocativo, la vicenda che vide protagonisti i personaggi visti non si svolge in dicembre, bensì a luglio: la tempesta che si era scatenata mentre erano ancora sulla Dragonspiral Tower a combattere era proseguita per tutto il resto del giorno, rivelandosi uno dei peggiori nubifragi che Unova avesse mai conosciuto. Icirrus stessa aveva subito le conseguenze di questo inedito temporale, diventando ricoperta di melma fangosa a perdita d'occhio e rendendo l'intera città, eccezion fatta per i ponti lignei, inagibile. Quanto ai tre protagonisti, impossibilitati dal clima a tornare a Nuvema o anche solo a Undella – poiché a Nuvema probabilmente non sarebbero rientrati nemmeno con cielo sereno, avendo il peso di dover annunciare a una madre la morte dell'unico figlio –, questi avevano deciso di comune accordo di restare a Icirrus per la notte e, sperando in un miglioramento ambientale, mettersi in viaggio il giorno successivo.

Hilda uscì dall'hotel nella notte buia. Rispetto al pomeriggio la potenza della pioggia sembrava essersi affievolita e la tempesta si stava avvicinando inesorabilmente al suo epilogo. Quanto al terreno, tuttavia, esso manteneva ancora l'aspetto fangoso descritto poco sopra. Dopo essersi guardata attorno con aria furtiva si incamminò verso nord, sperando in cuor suo di non sporcarsi eccessivamente. Proseguì seguendo la strada tracciata che attraversava come un'arteria l'intero villaggio e raggiunse rapidamente l'uscita settentrionale, quella che quel giorno stesso aveva percorso a ritroso: quella che conduceva alla Dragonspiral Tower.

Entrata nella torre, la prima cosa che notò fu che il pavimento piastrellato era bagnato, con l'acqua che arrivava quasi oltre le sue scarpe – per la verità estive, dunque non molto adatte alla situazione. Successivamente gettò uno sguardo a quella che non molte ore prima, anche se Hilda non ne era al corrente poiché attribuiva il velo idrico alle infiltrazioni, era stata identificata da Hilbert e Cheren come una piscina, e che in quel momento era colma dei detriti. La giovane guardò in alto: quanto restava della monumentale torre era un massiccio pilastro centrale che entrava nel soffitto, che in realtà non era il tetto della struttura ma solo il penultimo piano.

« Vai, Archeops ».

Hilda salì in groppa al Paleouccello e volò fino alle scale situate dove una volta stava il quarto livello della Dragonspiral Tower, precedentemente collassato durante la battaglia con Druddigon, e da lì in poi salì fino alla cima. Quando varcò l'uscita più alta le si aprì un imponente panorama: oltre la lastra circolare di pietra il terribile nubifragio era divenuto nulla più di un'acquerugiola, lasciando spazio agli occhi che potevano ammirare lo spettacolo di Unova notturna. E quasi al centro del cerchio stava un'umida figura seduta, o forse accasciata, che osservava la medesima vista.

« Ciao, Hilda ».

« Ciao, Cheren » la ragazza gli si sedette vicino.

« Sei qua di tua volontà o per cercare me? ».

« Per cercare te. Perché sei qui? ».

« Mi godo il panorama ».

« Prendendoti un raffreddore, a quanto vedo ».

Cheren rise sommessamente « Ha importanza? ».

« Direi ».

« Io dico di no. Dai raffreddori si guarisce ».

« Mai del tutto » Hilda si posizionò comoda « C'è sempre quello starnuto di ritorno ».

« Quanto lo odio quello starnuto. Ti fa sentire come un convalescente anche sei stai benissimo ».

Di nuovo entrambi risero. « Va tutto bene? ».

« Tra poco andrà meglio ».

Hilda si voltò verso di lui per guardarlo negli occhi « Che vuoi dire? ».

« Siamo in estate » Cheren continuava a tenere lo sguardo dritto di fronte a sé, forse anche per evitare il contatto visivo « Le giornate sono lunghe. Tra poche ore ci sarà l'alba ».

« Ma tu la vedrai? » il tono della ragazza era gradualmente mutato da scherzoso a serio.

Il giovane distolse gli occhi dal panorama e guardò per terra. Il nubifragio aveva definitivamente terminato il suo transito su Icirrus, lasciando dietro di sé solo una scia di fango e acqua « L'hai capito subito? ».

« Nel momento in cui non ti ho visto in hotel. Non farlo, ti prego ».

« Ho già preso la mia decisione ».

« Non è vero ».

« Che vuoi dire? ».

« Se tu ne fossi stato certo ti saresti già buttato ».

Cheren rise ancora una volta « Immagino voi mi conosciate fin troppo. Adesso capisco perché Hilbert vi temeva ».

« Ti senti in colpa per aver usato Surf su di lui? ».

« Non è quello ».

« E allora perché vuoi ucciderti? ».

Il ragazzo si alzò in piedi e si diresse verso l'orlo della cima. Hilda fece lo stesso, sia per seguirlo sia per impedire che facesse mosse avventate.

« Guarda questo mondo. La meraviglia che lo avvolge. Ricordi com'è stato crescere qui? Questi diciassette anni trascorsi in giro per Unova? Trascorrere l'infanzia a Nuvema, noi quattro e nessun altro... Nessun altro, sì, eravamo solo noi. Non ci importava del resto del mondo. Eravamo noi. Potevamo essere quello che volevamo. Ci capivamo al volo, non c'erano bisogno di spiegazioni. La nostra fantasia era senza limiti, ma sapevamo completare l'uno i pensieri dell'altro. Facevamo tutto insieme. Eravamo determinati. Avremmo dato la vita l'uno per l'altro, ciascuno di noi era quanto di più importante vi era per gli altri tre. Avevamo uno scopo comune, idee comuni, combattevamo insieme. Nulla poteva buttarci giù. Eppure, eppure avevamo anche spazio per il divertimento, avevamo trovato un bilanciamento mistico tra il nostro desiderio di diventare grandi allenatori e il gioco ».

« E non è più così? ».

« Ora il mondo è cambiato. Unova non è più come dieci anni fa. Forse è anche la nostra mentalità, certo non lo nego. Ma il mondo non è più nostro, non è più uno scrigno. È tutto conosciuto, tutto già scoperto, non c'è più spazio per i sognatori. E le nuove generazioni? Dove le mettiamo? Non crescono più con la gioia del primo pokémon atteso dopo così tanto. Unova è corrotta, non è più la meraviglia che era una volta, non è più il regno incontaminato e innocente che noi bambini amavamo e che i bambini di oggi amerebbero. È un concentrato di frenesia, di nuove tecnologie, di precoce perdita dell'infanzia. Lo so, ho sempre ripudiato questi discorsi perché usualmente fatti solo da nostalgici, solo da gente incapace di accettare lo scorrere del tempo. Ma è così, solo ora posso realizzarlo appieno. Non è così marcato come certuni raccontano, ma è così ».

Hilda era totalmente assorta, non sembrava neanche respirare più.

« Ma una cosa, una cosa in questi diciassette anni era rimasta invariata e pura. Una cosa era rimasta la stessa dei giorni in cui giocavamo insieme per i sentieri di Nuvema di notte, sotto le stelle, illuminati dai lampioni e accompagnati dalla colonna sonora del canto dei grilli » Cheren si voltò verso la sua compagna « La nostra amicizia. Noi quattro eravamo rimasti gli stessi, e finché fosse rimasto così non importava quanto cambiasse il mondo, quante nuove tecnologie potessero essere inventate, quanto il passato potesse essere rifiutato, quando le nuove generazioni potessero essere corrotte. Suona egoistico, lo so, ma di fatto era così: finché ci fossimo stati noi quattro non aveva importanza dove fossimo. Eravamo unici, speciali, uno spettacolo senza eguali, e questo era davvero l'ultimo rimasuglio della nostra infanzia, questa l'unica vera ragione di vita in una terra tanto degenerata, tanto depravata. Noi eravamo noi, e nessuno poteva intaccarci ».

Il giovane tornò a osservare in lontananza le montagne occidentali tra cui spiccava la Twist Mountain « Ma ora, ora che Hilbert è morto, ora che il suo ricordo stesso è contaminato dalla sua depravazione rivelata proprio qui sulla Dragonspiral Tower... per cosa vivo? Per un mondo corrotto? Per un passato rifiutato? Per un'illusione cancellata? Per un futuro incerto? ».

Hilda scoppiò in lacrime e abbracciò nella disperazione Cheren, inumidendogli la giacca.

« No, non posso e non voglio. Piuttosto posso imbarcarmi in un nuovo viaggio, alla ricerca di una vita migliore. In fondo nessuno sa cosa ci sia dall'altra parte. E se proprio lì potessi trovare una nuova ragione per una nuova vita? Non vale più la pena di aspettare tanto per scoprirlo. Una volta ne sarebbe valsa la pena. Ora non sarebbe altro che un'amara attesa. Perché dovrei scegliere la via lunga e tortuosa anziché quella breve e di facile accesso? » il giovane alzò con le mani il capo della sua amica e la guardò negli occhi « Non piangere per me, sono lacrime sprecate che potresti spendere per chi ancora dovrà portare questa croce ».

Hilda inspirò fortemente e si alzò sulle sue gambe, rinunciando al suo appoggio « Quindi questo è un addio? ».

« No » Cheren scosse la testa « Chissà che non ci rivediamo, lassù. Io, te e Bianca riuniti in una terra pura, senza corruzione né tristezza né pazzia. Sarà come tornare indietro nel tempo, tornare a quando eravamo bambini ».

« Allora è un arrivederci? ».

« Allora è un arrivederci ».

Lui tornò a osservare il panorama notturno di Unova, lei si girò e si incamminò verso l'entrata della torre. Nessuno dei due si voltò per dare un ultimo sguardo all'altro, entrambi avevano il timore di non farcela, di desistere dai propositi dopo che tanto avevano fatto per accettare l'ineluttabile.

Quando Hilda varcò la soglia e tornò nel buio della Dragonspiral Tower, Cheren sospirò profondamente e osservò quanto aveva attorno. Pose l'attenzione sul vuoto della cima circolare, sul silenzio che avvolgeva l'atmosfera, sulle colonne marmoree che lo circondavano. Chi l'avrebbe detto che sarebbe andata a finire così?

E poi d'un tratto lo vide: dietro alla colonna più vicina alla sua destra. Uno spicchio rosso, un'estremità di qualcosa che era situato dietro il pilastro. Vi si avvicinò e lo prese in mano. Il cappello di Hilbert. Quello che non aveva in testa il suo possessore quando era precipitato giù dalla torre. Quello che aveva perso in preda alla sua schizofrenia. Già, le voci, quelle di cui aveva raccontato a Cheren due giorni prima, sul Route 13, quando si era aperto a lui, quando ancora tutto andava bene, quando niente di tutto quello che sarebbe successo dopo era ipotizzabile. Solo due giorni erano passati. I ragazzo gettò un ultimo sguardo al cielo nuvolo.

« È la fine. Ora è davvero la fine ».




~Dietro la storia~


E così è finita. Ci sono troppe cose che dovrei dire su Vox, perciò temo che dovrò fare una selezione. Chiedo scusa in anticipo per la mole di informazioni inutili che sto per dare, ma mi diverte scriverle.

Questo racconto ha probabilmente la genesi più lunga tra tutti quelli a tema pokémon che ho scritto. La sua stesura comincia nel marzo 2011 e ha origine da due idee distinte e poi congiunte: la prima è la base della storia, ovvero la riflessione che Hilbert opera in cima alla Dragonspiral Tower riguardo alla natura della musica, pensiero come si può intuire ideato da me durante una passeggiata in solitario e forse ispirato da qualcosa che ho sentito casualmente in televisione; la seconda invece proviene dall'ascolto di un brano musicale, ovvero l'arrangiamento di Maridia – Rocky Underground Water Area ideato da tenchux per il free album Super Metroid Remastered – An Atmospheric Experience, che ha suscitato in me l'idea di un viaggio nelle Abyssal Ruins (un altro brano, Brinstar – Plant Overgrowth Area, ha ispirato la scena all'interno della giungla del Giant Chasm, quindi devo a quest'uomo due situazioni chiave di Vox).

Una volta uniti queste due semplici flash, costruirci intorno una storia solida non è stato un lavoro facile, e in origine Vox doveva essere in molti punti diversa dal suo aspetto finale. La prima stesura infatti aveva come nome Sonitus (appena cominciata presentava anche un sottotitolo, “Storia di Cheren e di come perse Hilbert”, residuo dei titoli placeholder che affibbio ai racconti in corso d'opera; il titolo Vox è dovuto alla schizofrenia di Hilbert, che nella prima versione non era prevista); doveva iniziare con un ambiguo prologo ambientato nel Desert Resort che mostrava una conversazione postuma tra Cheren e Hilda poi rielaborata in VII: “Epilogo” (in realtà il dialogo doveva aprire e chiudere Sonitus, su modello di Aequor); i quattro amici dovevano alloggiare nella villa di Undella presente anche ingame appartenente ai Riches, e il padre di famiglia doveva assumere nel secondo capitolo il ruolo che invece recita Lawrence Meyer; Bianca durante il litigio tra Hilbert e Cheren dava manforte al primo, accusando unicamente l'altro di aver mentito (ciò avrebbe però snaturato il carattere pacato della ragazza); doveva essere incluso un viaggio che dall'Abundant Shrine sarebbe proseguito all'interno delle montagne di Unova est per rivelare un antro magmatico e includere le tre divinità Thundurus, Tornadus e Landorus come nemici addizionali (nonché in una rielaborazione successiva come avversari finali, laddove in Vox ho preferito lasciare spazio alla figura di Kyurem come unico antagonista ricorrente per mantenere un punto di riferimento); infine, sebbene solo nella trama abbozzata, il musicista non doveva essere meramente un personaggio fittizio ma assumere invece il ruolo di orchestratore che invece è stato assegnato a Hilbert, risultando in un turning point originariamente inesistente. Vi sarebbero molte altre curiosità da raccontare (il fatto che il Kyurem affrontato a Lacunosa e nel Giant Chasm inizialmente dovesse essere solo un'illusione, o la Poké Ball che Cheren avrebbe dovuto trovare nelle Abyssal Ruins ad indicare che non erano vergini), ma richiederebbe troppo spazio e non sono neanche certo di ricordarmi tutto.

Vox sembra comunque inabissarsi dopo il principio di I: “Ouverture”, venendo abbandonata appena prima dell'arrivo di Hilbert e Cheren a Castelia. Come tanti altri promettenti racconti prima di lui (ho timore di nominarne anche solo uno, perché tutti potrebbero essere ripresi in futuro), anch'esso pareva destinato a finire nell'archivio degli incompiuti. Solo una cosa poté salvare il racconto: l'agosto 2011.

In quel periodo, durante la mia usuale vacanza toscana, sono stato colto da un'inaspettata vena creativa che, dopo avermi portato a scrivere un piccolo saggio privato, mi ha condotto all'unica opera che in quel momento sembrava essere ancora recuperata dal suo stato di standby: Vox, appunto. Durante quella fase particolarmente feconda della mia mente ho terminato I, iniziato e finito II e lasciato a metà causa ritorno a casa III. Neanche la scomparsa del mio gatto Fafnir è riuscita a fermare quella che a posteriori mi appare come un'inarrestabile desiderio di portare a compimento un'opera, e anzi ha ispirato una delle sezioni più cupe della storia, ovvero il racconto della morte del padre di Hilbert motore d'azione della sua schizofrenia. A questo periodo estivo risale anche la decisione di legare Vox ad Aequor e di conseguenza alla Saga del Conflitto Globale, che originariamente era una mera trilogia.

Con il “triste epilogo” autunnale (giusto per citare il mio stesso racconto, e il farlo mi esalta non poco) purtroppo si spegne anche quella situazione pressoché unica e l'opera torna a rallentare. Nei mesi successivi prosegue altalenante e non sono in grado di dare riferimenti precisi, senonché intorno a Ognissanti Vox si trovava a metà di V: “Destini intrecciati”, in quanto ricordo che durante il viaggio in treno Milano-Venezia, in balia della nausea, stavo scrivendo la riflessione filosofico-matematica di Cheren sull'infinito (perdonatemi quei paragrafi, ma il viaggio è stato davvero tremendo, non ho colpe).

La parola fine viene posta, coerentemente con la mia figurazione di Vox come “l'incubo del 2011”, negli ultimi giorni di quell'anno, anche se le correzioni posteriori continueranno anche agli inizi del 2012, in contemporanea con la pubblicazione dei primi capitoli.

Ringrazio tutti per la pazienza dimostrata nel sorbirvi questa inutile appendice e chiedo scusa se pensavate ci fosse scritto qualcosa di più interessante (diamine, persino il commento finale di Aequor aveva più senso). Spero di non avervi tediati eccessivamente.

Novecento

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=907734