I never meant to hurt you

di Pwhore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


- Buongiorno, Frankie  -
Frank si rigirò nelle coperte, socchiudendo gli occhi e grugnendo. Come ogni mattina speciale, Gerard si era alzato prima di lui e gli aveva preparato la colazione, portandogliela a letto. Il ragazzo sbadigliò e si tirò a sedere, stiracchiandosi.
- 'giorno - salutò il fidanzato, dandogli un rapido bacio sulle labbra. - Come va? -
Gerard sorrise, sorseggiando del caffè. - Non c'è male, tu? -
Frank annuì, come a dire che per lui era lo stesso. Era come un rito per i due, visto che nelle loro vite non c'era mai molto che andasse male. Certo, erano musicisti e tutto quanto, ma la normalità delle giornate colpisce tutti, senza distinzioni.
Una volta finita la colazione, Frank si alzò in piedi e lavò i piatti, mentre Gerard si vestiva tranquillamente.
- Sai, oggi è il nostro anniversario - gongolò il rosso, baciando il moro sul collo. - Pensavo potessimo fare qualcosa di speciale, che dici? - sussurrò con voce provocante, leccandogli la base del collo e facendo scendere le mani lungo i fianchi dell'altro. Frank si voltò e lo baciò profondamente, avvinghiandosi al corpo dell'amante e stringendolo a se.
- Mi pare un'ottima idea - rispose con una smorfia soddisfatta, leccandosi le labbra e stringendo la mano attorno al sedere di Gerard, che gemette contento. - Ma risparmiamocelo per dopo, okay? - sussurrò poi allontanandosi. Il rosso sbuffò e tornò in salotto, infilandosi una maglietta.
- Peggio per te - esclamò sospirando, passandosi una mano tra i capelli e scompigliandoseli tutti. Frank scosse la testa, ridendo sotto i baffi.
- Me ne sto già pentendo - lo informò con un sorriso rassegnato. Si vestì velocemente sotto gli occhi dell'altro e si mise le chiavi in tasca, vicino al portafoglio, poi si avvicinò alla porta.
- Devo fare un paio di commissioni, ci vediamo dopo - lo salutò.
- Aspetta, faccio un pezzo con te! Ho appuntamento al parco con Ray tra mezz'ora e se tardo anche stavolta mi ammazza - ribadì il rosso, acchiappando la giacca e seguendolo. Scesero le scale insieme e camminarono lungo il viale alberato per un centinaio di metri, poi Gerard dovette cambiar strada.
- Non prendere impegni per stasera - gli ricordò il cantante, avviandosi per la traversa. - Voglio il tuo bel culetto tutto per me - specificò lanciandogli un bacio. Frank alzò gli occhi al cielo e continuò a camminare, arrivando quindi all'ufficio postale. Respirò a fondo ed entrò. L'aria era calda e la stanza affollata, ma il ragazzo riuscì comunque a distinguere la fila che doveva seguire. Prese un numeretto, in caso potesse servirgli, e si sistemò dietro a un omaccione enorme, probabilmente un camionista. Frank lo osservò attentamente. Era alto all'incirca una trentina di centimetri più di lui e indossava una canottiera bianca, nonostante fossero solo i primi di aprile. Aveva addosso una salopette verde scuro e degli scarponi da trekking, quindi poteva anche essere un giardiniere. Frank si chiese chi mai potesse assumere un colosso del genere per curare dei fiori, ma tenne la bocca chiusa. Si guardò intorno, in cerca di qualcosa con cui passare il tempo, e il suo sguardo si posò su una ragazza seduta vicino all'entrata. Era rossa anche lei, magra, carina anche se c'era qualcosa che stonava nel suo corpo. Le guardò le mani. Aveva le unghie smaltate di nero e qualche dozzina di braccialetti ai polsi. Sembrava essere a suo agio lì e Frank si domandò il perché. Lui odiava i posti piccoli e affollati - a meno che non fossero locali per concerti, e anche in quei casi non era particolarmente contento. Si voltò a guardarla nuovamente, ma lei non c'era più. Il ragazzo sospirò, dando uno sguardo alle persone prima di lui. Ce n'erano ancora due, così decise di farsi i cavoli suoi per un altro po' di tempo. In dieci minuti fu davanti a un'impiegata.
- Come posso aiutarla? - gracchiò la donna, limandosi le unghie.
- Mi chiamo Frank Iero, ho ricevuto una lettera che diceva che avete qualcosa per me - riferì il moro, sbirciando oltre la spalla della signora.
- Aspetti un attimo - disse quella, scomparendo dalla vista del chitarrista e tornando al suo posto dopo tre minuti. - Ecco qua. Ha un documento? - domandò. Frank annuì e glielo mostrò, rimettendolo poi nel portafoglio.
- Ok, perfetto, tenga - borbottò la donna, allungandogli sgraziatamente una busta. Il ragazzo la prese, ringraziò l'impiegata e si congedò, uscendo rapidamente dall'edificio. Una volta fuori, prese una gran boccata d'aria e si rilassò un attimo sotto i raggi del sole. Poi decise di andare a sedersi sotto un albero e aprire la busta. Camminò rapidamente fino al parco più vicino e scorse Gerard in lontananza, ma si tenne in disparte e si sedette in un posto isolato. Si appoggiò al tronco di un castagno e aprì la busta, facendo scivolare la lettera sulla mano destra. Sul davanti c'era scritto il suo nome, così l'aprì, curioso. La lettera era scritta molto fitta, con una calligrafia familiare al ragazzo, che cominciò subito a leggere.

“Ciao, Frank,
sono io, la mamma. So che non ti ho mai scritto e che non ci siamo parlati per un bel po' di tempo, ma volevo sapere come stavi e aggiornarti dell'ultima triste novità. Te lo dico senza giri di parole perché so che non ti piacciono e non li trovo opportuni, specialmente in un momento come questo. Vorrei tanto dirtelo a voce e spero mi perdonerai per non averlo fatto, ma non ce la facevo proprio.. Vedi, Frank, l'altra notte tuo padre ci ha lasciato. Non so bene tutti i particolari – non ho avuto il coraggio di chiederli –, ma il poliziotto che mi ha chiamato ha detto che c'è stato un incidente e che tuo padre ne è rimasto coinvolto. È morto sul colpo, però, quindi non ha sofferto. Questo mi fa stare un po' meglio, perché significa che i suoi ultimi istanti sulla Terra non sono stati segnati dal dolore e dalla tristezza..
Ascolta, Frank, so quanto tu stia soffrendo ora, leggendo queste righe, ma credimi, riuscirai a superare pure questo. Ci riusciremo tutti, in un modo o nell'altro; quindi ti prego di non fare niente di stupido e di aggrapparti alla tua vita di tutti i giorni con denti e unghie.
Ti voglio bene e so che puoi superare anche questo ostacolo.
Vieni al funerale solo se te ne senti in grado, mi raccomando. Non sforzarti inutilmente e cerca di tenere la mente lucida, perché se dovesse accaderti qualcosa non me ne capaciterei. Ti voglio tanto tanto bene, tesoro, e mi manchi davvero tanto. Avrei voluto parlarti in un'altra circostanza, ma a volte il destino è crudele e fa cose che non vorremmo facesse. Ricordati che tuo padre ti guarda sempre, dall'alto, e che è sempre stato fiero di te. Lui ti amava, Frank, come ti amo io.
Cerca di superare il colpo, e parlami se ne hai bisogno. Sono sempre qui per te.

Con amore,
mamma.”

Frank si sentì invadere da un senso di malessere e tristezza e si coprì gli occhi con le mani, incredulo. Dopo pochi secondi scoppiò a piangere, forte, e a tremare. Strinse a se la lettera, il profumo di sua madre che lo faceva sentire di nuovo a casa, e cercò di trovare una spiegazione alternativa a quello che era successo. Magari il poliziotto si era sbagliato, magari aveva scambiato un altro uomo per papà  e ora lui stava tornando sano e salvo verso il suo appartamento, ignaro di tutto. Cercò di aggrapparsi a quella realtà, ma realizzò che era impossibile. Una fitta lancinante lo colpì al cuore e le lacrime tornarono a scendere lungo le sue guance, mentre stringeva i pugni e tremava. Si abbracciò le ginocchia e pianse per una ventina di minuti, poi si alzò e, asciugatosi il volto, si diresse verso casa. Una volta sotto le finestre del proprio appartamento sentì del vociare e decise di sgattaiolare via, per poter stare solo. Con gli occhi appannati dalle lacrime, finì davanti a casa di Mikey, e decise di salire.
- Mikes? - bussò. - Sei in casa? -
Un rumore di passi si levò dalla stanza, e il bassista venne ad aprire.
- Ehilà! Se cerchi Gerard hai preso un granchio, non è qui - sorrise.
- A dire il vero non cercavo lui.. - sussurrò il moro.
- No? E allora cosa..? - Frank sprofondò la faccia nel petto di Mikey prima che quello potesse finire la frase. Stupito, il ragazzo gli accarezzò la testa e lo strinse a se, mentre il moro scoppiava a piangere.
- Woah, woah, che succede? - gli domandò, spaventato.
- Mio padre.. - sussurrò Frank tra un singhiozzo e l'altro.
- Che c'entra tuo padre? - chiese nuovamente Mikey con voce dolce, senza capirci nulla.
- Lui è.. è morto - gemette il ragazzo, stringendo la camicia di Mikes con le mani.
- Oddio - esclamò quello sottovoce. - Mi dispiace tantissimo, Frankie. Avanti, entra, ti preparo qualcosa di caldo - sussurrò, facendolo sedere sul divano. Frank non alzò gli occhi da terra e continuò a tremare, mentre l'amico gli preparava un the. Tornò in salotto dopo pochi minuti, stringendo una tazza bianca.
- Ecco, tieni, bevine un po' - lo convinse porgendogliela e sedendosi accanto a lui. Il moro lo guardò con occhi vitrei e bevve, senza dare importanza al calore della bevanda.
- Grazie, Mikes.. - sussurrò. L'altro lo strinse e gli carezzò la schiena, tranquillizzandolo.
- Puoi stare qui tutto il tempo che ti serve - disse con tono comprensivo. - Io cercherò di aiutarti - aggiunse con un sorriso. Frank lo ringraziò mentalmente, abbandonandosi al suo abbraccio.

Erano all'incirca le otto quando il moro tornò a casa. Le luci erano accese, quindi Gerard era nell'appartamento. Frank sospirò e salì velocemente le scale, aprendo la porta e guardandosi intorno. Il rosso non era lì ad aspettarlo. Varcò la soglia e posò le chiavi sul bancone, andando poi a cercare il ragazzo. Stava giusto controllando in sala da bagno, quando l'altro gli saltò addosso.
- Gee! - esclamò il moro, stupito.
- Hey - sorrise quello. - Come mai hai fatto così tardi? - domandò baciandogli l'orecchio.
- Niente di che, sono passato a trovare Mikey - buttò lì scrollando le spalle. Gerard annuì, baciandogli più volte il collo e facendo scorrere le mani lungo i suoi fianchi fino a trovare le sue anche. Gli tastò il sedere e fece girare il fidanzato, stringendolo a se e baciandolo a fondo. Frank ricambiò il bacio, riluttante, ma scansò le mani del rosso, che si fermò immediatamente.
- Cosa c'è? - domandò. - Qualcosa non va? -
- No, niente - mentì il moro, scuotendo la testa. - È che sono molto stanco e vorrei dormire un po', se a te va bene - aggiunse.
- Vuol dire che mi ammazzerò di seghe in bagno - scherzò Gerard alzando gli occhi al cielo. - Va pure, e dormi bene - disse schiaffeggiandogli le natiche.
Frank sorrise e scivolò via, svestendosi e infilandosi sotto le coperte. Il rosso lo guardò sospirando e si stese accanto a lui, spegnendo la luce.
La mattina dopo, il chitarrista si svegliò per primo. Preparò la colazione, lasciò un biglietto per Gee e scappò via prima che quello si svegliasse.
Quaranta minuti dopo, il cantante si stiracchiò e fissò il letto vuoto accanto a se, poi si alzò e mangiò quello che gli aveva lasciato il fidanzato. “Chissà che gli prende” si domandò. “Spero non sia niente di grave..” aggiunse con una smorfia. Non voleva perderlo per nulla al mondo. Lavò i piatti, andò in bagno, si cambiò e uscì.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Frank stava camminando da ormai due ore quando aveva improvvisamente cominciato a piovere. Il ragazzo imprecò e si nascose sotto un portico, aspettando il ritorno del sole. Si sentiva incredibilmente depresso, e la pioggia non lo aiutava di certo. Si sedette sul marciapiede, guardando la gente correre per strada, e ripensò a suo padre. Ripescò la lettera dal fondo dei pantaloni e l'aprì, rileggendola velocemente. Il funerale era stato programmato per il 7, e quel giorno era solo il 3. Si strinse le ginocchia al petto e sospirò. Era abituato all'assenza del padre, ma ora che sapeva che non lo avrebbe più rivisto si sentiva diverso e desiderava avergli parlato di più, essergli stato più vicino. Non aveva mai avuto una conversazione vera e propria con lui, non una importante, di quelle che tutti hanno coi propri padri. Non aveva avuto un gran bel rapporto con lui, ma questo perché non avevano mai provato ad avvicinarsi l'uno all'altro. E ora era troppo tardi.
Strinse gli occhi per cacciare indietro le lacrime e si alzò in piedi, avvicinandosi a un portone di legno verde grande il doppio di lui. Citofonò e la porta si aprì, inghiottendolo e richiudendosi sotto il suo tocco deciso.

Il telefono squillò a vuoto per un paio di minuti, poi Gerard riattaccò. Posò la schiena contro il muro e buttò indietro la testa, sospirando. “Non risponde ancora..” Si strinse i capelli delicatamente, esercitando una lieve pressione sulla pelle e facendosi leggermente male. L'attesa lo stava facendo impazzire. Controllò nuovamente il display del telefono e lo scaraventò sull'erba nel vedere che Frank non aveva ancora risposto ai suoi messaggi o alle sue chiamate. “Eppure sono ore che lo cerco” constatò. Si alzò in piedi e girò in tondo per un po', poi controllò nuovamente il cellulare e sospirò.
- Fanculo - imprecò.
Diede un calcio alla lattina di fronte a lui e si allontanò, le mani in tasca e la testa tra le nuvole. Chissà che aveva Frank, e chissà perché lo stava evitando. Sapeva solo che c'era qualcosa che non andava, ma che avrebbe dovuto scoprirlo da solo.

———

Anche quella sera Frank tornò tardi. Gerard gli andò incontro e lo abbracciò, inspirando il suo odore.
- Mi manchi, sai? - sospirò dopo un po'.
- Ma se non me ne sono mai andato! - rise il moro.
- Da come ti comporti, non si direbbe - ribatté l'altro, amaro, dirigendosi verso il divano senza aspettarsi alcuna risposta.
Quando si svegliò, il rosso era di nuovo solo. Fece una smorfia addolorata e si rimise a dormire, sperando che il tempo passasse più in fretta. Si svegliò che erano le cinque, così si vestì e andò a fare un giro. Camminando per strada incrociò l'amante e cercò di fermarlo, ma lui disse che aveva da fare e scappò via. Ferito, Gerard lo guardò allontanarsi e con una morsa alla bocca dello stomaco riprese a passeggiare. Dopo un'oretta tornò a casa e si sedette sul divano in compagnia di una cassa di birra, a pensare.
Frank arrivò a casa prima del solito - verso le sette, sette e mezza - e annunciò che avrebbe cucinato lui. Gerard lo lasciò fare e si stese sul letto, accanto alla sua borsa. Senza farsi vedere l'aprì e ci sbirciò dentro. Stupito, infilò dentro la mano e ne tirò fuori un pacchetto di antidepressivi.
- Che cosa sono questi? - sussurrò. - Frank, cosa sono questi? - ripeté, la voce che gli moriva in gola. Frank lo fissò con occhi sbarrati, spaventato. Il rosso non avrebbe dovuto saperlo.
- Frankie, ti prego, dimmi che non sono tuoi.. - mormorò Gerard, guardandolo speranzoso. Il moro deglutì, abbassando lo sguardo. Il cantante tacque, rigirandosi l'involucro tra le mani, e poi lo lanciò a terra.
- Frank, mi hai deluso.. - sibilò con un filo di voce. - Io non ne sapevo niente, di queste pasticche qua. Mi sono preoccupato tutti i giorni e mi sono sentito male come un cane perché non capivo che ti stesse succedendo, e poi puf, scopro che ti comporti così perché vuoi prendere le tue pasticche in santa pace. Non me ne hai mai neanche parlato, e questo la dice lunga sul quanto t'importi di me. Se non riesco a farti felice dimmelo. Anzi, aspetta, il problema non si pone più, perché tra noi è finita - concluse, sbattendosi la porta alle spalle.
Frank rimase immobile, gli occhi spalancati e la bocca semiaperta, e crollò in ginocchio. Scoppiò a piangere e si rannicchiò nell'angolino, tenendosi la testa tra le mani. Fanculo, fanculo, fanculo. Perché la vita doveva essere così crudele? Perché non gliene andava una dritta? Imprecò e sbatté la testa contro il mobile qualche volta, poi gattonò fino ai piedi del letto e fissò quelli che avevano distrutto la poca felicità rimasta nella sua vita. Si sentì improvvisamente impotente e inutile, così si ficcò in bocca una pasticca e cercò di chiamare Gee.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Occupato. Occupato. Irraggiungibile. Occupato. Irraggiungibile. Occupato.  Occupato. Irraggiungibile. Occupato.
Non è che la segreteria di Gerard desse molte soddisfazioni, a dire il vero. La maggior parte delle volte il ragazzo lasciava squillare il telefono finché Frank non desisteva dal chiamarlo, anche se altre volte era lui a chiamare qualcuno. Aveva bisogno di parlare, si sentiva arrabbiato, tradito, e voleva solo sfogarsi con chi potesse capirlo. Compose velocemente il numero di Bob e fissò un appuntamento con lui per il 7 mattina. Una volta riattaccato il telefono, rifiutò l'ennesima chiamata di Frank e andò a dormire, spegnendo il cellulare. Che andasse pure a farsi fottere.

Durante i giorni che precedevano il 7, il rosso tenne il cellulare staccato e ignorò ogni tentativo di Frank per parlare con lui. Quando venne a citofonare sotto casa sua, Gerard gli rovesciò addosso una pentola d'acqua e gli urlò di andarsene perché aveva già fatto abbastanza danni e non voleva più avere a che fare con lui. Tirò le tende e si sdraiò sul letto, al buio, passandosi le mani sul volto. Frank proprio non riusciva a capire quanto si sentisse tradito, ferito e inutile, e questo irritava Gee. Voleva essere lasciato solo per un po', in modo da poter pensare e decidere cosa fare, ma il moro continuava a stressarlo e a chiedergli di parlare. Gerard tirò qualcosa contro il muro.
- Merda - imprecò. - Se ne andasse a fanculo, mi farebbe un piacere - aggiunse, irritato. Si alzò e raccolse i cocci della foto che aveva tirato. Erano loro due insieme, abbracciati, e Frank sembrava davvero felice. Gerard guardò la foto per un po', malinconico, e poi la poggiò sul bancone. Acchiappò il cellulare, lo accese e chiamò Mikey, chiedendogli di uscire quel pomeriggio stesso. L'altro accettò, così il rosso si ficcò le chiavi in tasca e uscì. Arrivò al parco in tre - quattro minuti, poco prima del fratello. Appena lo vide, lo salutò e gli andò incontro, correndo.
- Mikes! - esclamò.
- Ehilà - sorrise quello. - Come mai tutta sta fretta di vedermi? - domandò. Gerard si lasciò sfuggire un sospiro e gli raccontò degli antidepressivi, di come avesse lasciato Frank e di come si sentisse in quel momento. Mikey ascoltò in silenzio, senza interromperlo nemmeno una volta.
- Ma come, non lo sapevi? - gli domandò alla fine, stupito.
- Sapevi cosa? - ribatté il rosso.
- Il padre di Frank è morto due giorni fa. È per questo che è sotto antidepressivi - lo informò il fratello minore. - Non voleva dirtelo perché pensava ti saresti preoccupato troppo - aggiunse, guardandolo dritto negli occhi. Gerard sgranò gli occhi e trattenne il respiro per una manciata di secondi.
- V-vuoi dire che..? Cazzo, devo subito correre da lui! - realizzò, scattando verso la casa del moro. Si maledì mentalmente per essere stato così stupido e corse il più velocemente possibile, bruciando ogni singola particella di ossigeno presente nei suoi polmoni. Arrivò sotto casa dell'altro in dieci minuti e prese a citofonare in continuazione, spaventato.

Quando Frank tornò a casa erano le undici circa. Si lasciò cadere sul letto, inumidendolo con i vestiti fradici, e scoppiò a piangere. Gerard non voleva più vederlo. La sua vita era distrutta. Si tirò a sedere e si asciugò gli occhi, rigirandosi tra le mani l'involucro di pasticche. “Ma sì, perché no. In fondo che altro posso fare?” si domandò, respirando a fondo. Diede un'ultimo sguardo alla foto sul comodino, a Gerard, e tirò su col naso. Cercò un foglio di carta e ci scribacchiò sopra qualcosa, posandolo poi sul bancone, accanto alla maglietta del pigiama del suo ex ragazzo. Sorrise, annusando il suo odore, poi ingoiò una ventina di pasticche. Deglutendo, pensò che finalmente avrebbe smesso di soffrire per davvero e che ora lo aspettava solo la pace eterna.

- Dannazione! - imprecò Gerard, prendendo a spallate il portone. - Aprite questa cazzo di porta, avanti! - continuò. Il portiere venne ad aprire e lo squadrò da capo a piedi, riconoscendolo.
- Be'? - domandò.
- Ho dimenticato le chiavi nell'appartamento. È una faccenda importantissima, mi servono le sue a tutti i costi! - rispose velocemente Gee. - La prego - aggiunse, guardandolo dritto negli occhi.
- Va bene, va bene, tieni - acconsentì il vecchio, dandogli la chiave.
- Grazie mille! - esclamò il rosso correndo su per le scale. Si fermò un attimo davanti alla porta di Frank per riprendere fiato, poi entrò.
- Frankie? - lo chiamò. - Frankie, sei in casa? - ripeté. Silenzio. Si guardò attorno, lo stomaco chiuso e un brutto presentimento che gli attanagliava la testa. Si avvicinò al letto e vide che sul comodino non c'era più la loro foto. Imprecò, indietreggiando, e andò a sbattere contro il bancone. Fu allora che si girò e la vide. Una lettera di Frank, per lui. Il ragazzo l'aprì, senza sapere cosa aspettarsi, e la lesse in pochi minuti.
- Oh, no! - esclamò. - No, no, no, no, no! - sussurrò, cominciando a tremare. Corse in cucina, ma la stanza era vuota, come la sala da letto e il salotto. Si fiondò in bagno e finalmente lo vide. Si stava abbracciando le ginocchia, rannicchiato dentro la vasca, e accanto a lui c'era la foto mancante.
- Frank - lo chiamò Gerard, - Cristo, Frank! -. Gli si avvicinò velocemente e lo tirò fuori dalla vasca, facendo attenzione a non fargli male. Lo strinse a se e lo voltò, in modo da vedergli il viso. Non respirava. Gerard scoppiò a piangere, disperato, e lo strinse ancora più forte. Lo chiamò tra i singhiozzi e sprofondò il viso nel suo petto, ispirandone l'odore e cercando di intravedere un minimo movimento del torace. Piangente, si rannicchiò accanto a lui e gli fece compagnia per ore, finché non ebbe la forza di chiamare qualcuno. Posò il telefono e guardò il suo ragazzo, tremante.
- Frank.. Se puoi sentirmi, voglio che tu sappia che ti amo e che sono stato un coglione.. Mi dispiace veramente tanto, è tutta colpa mia.. - singhiozzò nascondendo il viso tra le mani. Una folata di vento tiepido gli accarezzò i capelli e per un attimo a Gerard parve che il moro stesse sorridendo. Commosso, lo strinse nuovamente a se e gli sfiorò le labbra con un bacio.
- Addio, Frank - sussurrò. - Ti amerò per sempre -.

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