Cutler Beckett: i segreti di una vita

di LordBeckett
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo I: Una fuga ben riuscita ***
Capitolo 2: *** Prologo II: La Perla Nera ***
Capitolo 3: *** Questioni d'affari ***
Capitolo 4: *** London EITC office ***
Capitolo 5: *** Le Requin (= Lo Squalo) ***
Capitolo 6: *** Cutler Buckett ***
Capitolo 7: *** Il Riscatto ***
Capitolo 8: *** Nuovi Orizzonti ***



Capitolo 1
*** Prologo I: Una fuga ben riuscita ***


Jack si mordicchiava le unghie nervosamente.

Le manette gli avevano piagato i polsi, però nascondevano alla perfezione il marchio di recente infertogli da Beckett, motivo per cui quelle catene diventavano quasi simpatiche.

Si voltò verso i due soldati scelti appositamente per fargli la guardia. Erano molto giovani, e ben poco interessati a svolgere il loro incarico.

Poi tornò a fissare il mare, e la Wicked Wench che lentamente si allontanava, verso l'orizzonte, verso la fine.

Beckett sapeva quanto Jack tenesse a quel vascello, e gli ordini a riguardo erano stati chiarissimi: doveva essere incendiata davanti agli occhi del prigioniero.
Gli aveva portato via ciò che più amava: la sua nave e la libertà.
< E il bastardo si è preso pure il mio cappello! > sbuffò Jack piuttosto depresso < Ma dov'è il rhum quando serve? >

Lanciò occhiate ai due soldati ma nessuno lo degno della benchè minima attenzione.
Sbuffò di nuovo e spostò la sua attenzione sulle catene che lo tenevano legato alla poltrona della cabina di Beckett, posizionata per l'occasione di fronte ad un'ampia vetrata.

Era la seconda volta che finiva male perchè liberava qualche innocente. Forse non era un'idea così geniale...
< Morire per salvare un altro: no buono > ammise sempre più demoralizzato. Poi, quasi in automatico, ripensò all'altra volta in cui i suoi rarissimi atti eroici lo avevano messo in pericolo e sorrise. L'infrazione del Codice dei Pirati gli era costata una frettolosa fuga da Shipwreck Island di cui andava particolarmente fiero.

< Io sono Capitan Jack Sparrow, il grande Capitan Jack Sparrow... > si disse sempre più convinto di potercela fare < ...E se sono riuscito a fregare papy e la nonna... > il solo ricordo di quella piratessa sadica lo fece rabbrividire < ...Beh, nulla potrà mai fermarmi! Tantomeno quell'eunuco travestito da Presidente della Compagnia delle Indie Orientali >

Senza perdere altro tempo, si guardò intorno in cerca di qualcosa per togliersi le manette.

Quella stanza era enorme, e soprattutto piena di cose, di cui metà era totalmente inutile, e le altre si potevano definire orribili; ad esempio, l'enorme quadro che ritraeva Beckett in veste di grande conquistatore. Jack aveva sempre pensato che di grande quell'uomo avesse soltanto l'ego e la parrucca.

C'era una sola cosa che poteva aiutarlo a liberarsi, e per sua fortuna era anche abbastanza vicina da non destare alcun sospetto nei due soldati: una candela, lasciata accesa sulla scrivania, a meno di un metro da lui.

Jack cominciò a fischiettare una canzone di pirati di cui non ricordava le parole e, cercando di sembrare il più naturale possibile, avvicinò lentamente i polsi alla debole fiamma e le fece scaldare le catene.

Era di certo un metodo doloroso e da usare solo in caso di necessità estrema, ma altrettanto infallibile, come ogni trucco di Capitan Barbossa. Quell'uomo ci sapeva davvero fare.

Jack sentì il ferro rovente dilatarsi quel tanto da permettergli di sfilare le mani.

Soltanto quando le manette caddero a terra con un tonfo i soldati si accorsero di ogni cosa, e uno dei due si vide immediatamente puntare contro una pistola.
le guardie si scambiarono occhiate preoccupate e lasciarono i fucili.

Jack mostrò tutti i suoi denti, veri o finti che fossero, e si avvicinò con la sua solita camminata traballante < Sorpreso, eh? > domandò a quello contro cui puntava l'arma < Io me ne andrei... ma prima, i miei effetti, prego! > ordinò sollevando un sopracciglio.

I due ragazzi obbedirono senza aggiungere altro e cominciarono a deporre ai suoi piedi gli oggetti che gli appartenevano e che Beckett aveva accuratamente riposto in un baule.

Jack li studiò attentamente. Bussola, pistola, spada, bandana... improvvisamente sgranò gli occhi < Dov'è il cappello!? >

I soldati si strinsero nelle spalle scuotendo la testa.

< Cercate meglio! > ordinò prendendo ciò che gli avevano già restituito. Poi si voltò verso la Wicked Wench, dalla quale uscivano già le prime fiammate.

< Non importa!! Troverò senza dubbio un cappello più bello, e più alla moda > si guardò intorno per un'ultima volta e prese uno dei gioielli che Beckett aveva lasciato sulla scrivania < Mio anello! >

Scansò le guardie, ancora frastornate per tutto quello che era successo nell'arco di pochi minuti, e corse verso il ponte del vascello.
La sua nave era sempre più lontana, il tempo sempre meno.

< Mannaggia mannaggia mannaggia... > continuò a ripetersi mentre raggiungeva l'estremo del veliero di Beckett che era rivolto verso la Wicked Wench. Presto i soldati gli sarebbero stati alle calcagna e avrebbero cominciato a sparare.

Senza pensare a nulla, Jack si tuffò. L'acqua era gelida, continui schizzi gli impedivano di vedere dove stesse andando, mentre le forti correnti oceaniche rendevano quanto mai difficile avanzare.
Ma era libero, e la Wicked Wench poteva ancora essere salvata. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per riuscirci....

 

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Capitolo 2
*** Prologo II: La Perla Nera ***


Lord Beckett fece segno a uno dei suoi uomini di passargli un cannocchiale.

< Ma cosa diavolo…? > mormorò tentando di capire cosa fosse quella strana sagoma che stava salendo a bordo della Wicked Wench < Jack Sparrow?! Non può essere… > biascicò riconoscendo in quella figura il suo ex-primo ufficiale.
< Poco male. Il capitano affonderà con la sua nave > mentì. Non voleva davvero uccidere Jack, non l’aveva mai voluto fare. Fin dal giorno in cui si erano conosciuti Cutler si era accorto che quello stravagante ragazzo, oltre ad essere il miglior capitano ad aver solcato i sette mari, era anche abbastanza vicino ai pirati da conoscerne i loro segreti. Ora sarebbe stato più difficile, e probabilmente Jack si era pure ripreso la bussola.
< La tua carriera, la tua vita, e tutto per un pugno di schiavi… > mormorò senza accorgersene < Hai sprecato la tua occasione per un codice d’onore che dichiari pure di non possedere… >
Ian Mercer gli lanciò un’occhiata e tornò a guardare l’orizzonte. Ormai era abituato a sentire il suo amico parlarsi da solo. Era una brutta abitudine che aveva fin da piccolo.
< Cutler? >
Il Presidente della Compagnia Britannica si voltò verso di lui, improvvisamente distolto dai suoi pensieri.
< Che cosa dirà il Re di tutto questo? >
< Jack Sparrow è un ammutinato! > sbottò lui sulla difensiva < Al limite potrà lamentarsi che non abbia trovato la morte sul patibolo >
Mercer scosse la testa < Ma no, non sto parlando di lui. Mi riferisco alla nave bruciata e al carico perduto. Sai anche tu che quegli schiavi valevano molto >
< Sì, certo, gli schiavi. Sta tranquillo, saprò far recuperare quel denaro in altro modo. Ho sempre avuto un talento particolare per gli affari. E questo, come ben sai, altro non è che una questione d’affari >
Annuì , ma senza che Cutler se ne rendesse conto alzò gli occhi al cielo. Aveva già sentito quella frase almeno un milione di volte. E di solito era seguita dalla richiesta di avere una tazza di thè.
< Ah, un’ultima cosa, Ian. Mi puoi portare una tazza di thè? > incurante della risposta che gli avrebbe dato, tornò a fissare Jack che stava lentamente colando a picco insieme alla Wicked Wench.
Mercer fece come gli era stato chiesto cercando di non scoppiare a ridere. Conosceva ancora piuttosto bene il suo amico. Gli scontri con Sparrow non lo avevano cambiato nelle sue maniacali abitudini.
Beckett rimase da solo, ma non era più interessato allo spettacolo. La nave era già quasi completamente inabissata, mentre Jack era scomparso dal suo campo visivo. Era chiaro come sarebbe finito.
< Jack Sparrow, hai venduto ogni cosa per la tua preziosa perla. Molto… biblico > Cutler aveva letto quella parabola molte volte, fin da piccolo. Ricordava ogni parola a memoria. Vangelo di Matteo, 13simo capitolo, l’inizio era al versetto 44… Parlava di uomini capaci di dare tutto per un minuscolo tesoro trovato.
< Te l’avrò senz’altro raccontata, Jack. Dunque, muori pure insieme alla tua Perla dalle vele nere >
Sorrise gelido. Quella frase gli era riuscita davvero bene, contrariamente a molte altre frasi a effetto di cui lui stesso faticava a capire il senso.
Le Sacre Scritture avevano tormentato la sua infanzia. Odiava quei libri, e pronunciare ad alta voce tali parole riportò vivide alla sua mente le immagini, fino a poco prima sfuocate, degli anni trascorsi nella cupa villa dei Beckett, nel Sud dell’Inghilterra… 

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Capitolo 3
*** Questioni d'affari ***


PRIMA DI LEGGERE: il capitolo più triste, lungo e segreto della mia vita è interamente ambientato nel la contea di Somerset, e più precisamente dei pressi di Taunton. Rispetto ai prologhi dovete fare un salto indietro di oltre 15 anni. Per potermi capire fino in fondo, infatti, ritengo necessaria da parte vostra una conoscenza dei principali eventi che mi hanno reso l’uomo che sono. Vi avverto: non è un’infanzia felice… diciamo pure che non c’è niente da ridere in questo capitolo (contrariamente ai primi due e ai prossimi). Ma alla fine le cose volgeranno per il meglio, o quanto meno ci sarà una svolta!
Buona Lettura
**come al solito: fatti e persone sono reali, e questa è una trasposizione narrativa di ciò che la Disney ha detto sul mio conto**

Cutler appoggiò la penna e allontanò da sé i pesanti libri che stava ormai traducendo da ore.

Il silenzio di quel pomeriggio estivo era rotto unicamente dell’autoritaria voce di suo padre. Erano settimane che non faceva altro oltre annullare partenze verso le colonie americane. Il signor Beckett era preoccupato per la sua merce: i pirati erano sempre più numerosi e rendevano le coste caraibiche praticamente impossibili da raggiungere sani e salvi.

Per la prima volta in quasi dodici anni, però, a Cutler non importava nulla di ciò che si sarebbero detti “i grandi”. I suoi pensieri erano tutti rivolti agli avvenimenti di quella mattina.

Si guardò intorno per assicurarsi di essere solo, quindi aprì il volume che gli aveva appena donato il precettore. “My life Amonge The Pyrates” di Capitan J. Ward.
Leggendolo con attenzione avrebbe imparato tutti i segreti dei sette Mari, e sarebbe stato pronto ad affrontare ogni avversità una volta diventato membro della Beckett Trading Company, società fondata da suo nonno quasi cinquant’anni prima. Così gli aveva detto il maestro.

< E sarò il miglior capitano della storia > aggiunse Cutler abbassando i grandi occhi azzurri sulle pagine.

Era un mondo sconosciuto, magico, quasi immateriale per lui, che raramente era uscito dalla Villa di famiglia. Un mondo che lui da solo, un giorno, sarebbe riuscito a conoscere e possedere… cominciò a leggere, sempre più avidamente.
Barbanera, stava girando per tre volte intorno alla nave sulla quale gli era appena stata tagliata la testa, quando Cutler sentì un paio di mani appoggiarsi sulle sue spalle.

< Posso vedere cos’è? >
La frase suonò più come un ordine che come una richiesta, e il ragazzino si vide costretto a obbedire.
Il signor Beckett fece scorrere le pagine con noncuranza, poi infilò il libro in una delle tasche interne della giacca < Non voglio che ti riempia la testa di stupidaggini! Tutti noi sappiamo stare al nostro posto, abbiamo un lavoro, e svolgiamo quello per cui siamo portati. Figliolo, non sei adatto alla vita sul mare. Ti aspetta un futuro diverso dal mio e quello dei tuoi fratelli… > si fece pensieroso. Non lo voleva all’interno della Beckett Trading Company.
Poi ebbe un’idea e sorrise: < Saresti un perfetto uomo di Dio. Il tuo precettore mi ha detto che sai parlare molto bene e scrivi in modo impeccabile. L’ideale per un buon predicatore! E a parte questo, beh… è una vita tranquilla. Solo un insieme di feste in giardino, balli, eventi sociali e thè pomeridiani > si avvicinò ulteriormente al figlio assumendo un’aria complice < Ci sono sempre ragazze di buona famiglia che cadrebbero ai piedi del loro vicario, lo sai? Si potrebbe anche avere l’imbarazzo della scelta! >

Cutler fece per ribattere ma suo padre continuò a parlare fingendo di non essersene accorto.

< Quindi, perché mai perdere tempo leggendo di pirati e mostri che nemmeno esistono? Anzi, voglio che tu impari in più in fretta possibile i 4 Vangeli a memoria. Avviserò il tuo insegnante di questa splendida idea >

Aprì la bocca, deciso a rispondergli anche a costo d’interromperlo.

< Scommetto che non mi deluderai. Ti voglio bene, figlio mio > concluse l’uomo in fretta.

Sentendo quelle parole, Cutler decise di restare zitto, almeno per un po’. Si limitò ad annuire.
< Non vi deluderò, padre > bisbigliò quando ormai era solo nella stanza.

Se fosse riuscito in ciò che gli aveva appena chiesto avrebbe finalmente attirato l’attenzione della famiglia. Ne era certo. Avrebbe dimostrato di non essere esclusivamente bravo nello studio, e tutti si sarebbero ricreduti sul suo conto. Dopo tanti anni era arrivata la sua occasione. Non l’avrebbe persa…

******
Estate, 1719

Jonathan Beckett chiuse la Bibbia e la diede al figlio: < Bravo! Sei sorprendente, non hai sbagliato una sola parola, come sempre del resto >

Cutler accennò un sorriso decisamente innaturale. Per anni aveva studiato quei libri, e per anni era stato l’unico argomento di dialogo con suo padre. E non era cambiato nulla.

L’uomo si stiracchiò alzandosi dalla poltrona della biblioteca < Adesso sono sei le lingue che parli correntemente, giusto? > s’informò svogliatamente.

< Esatto. Senza contare greco e latino >

< Due cose molto utili per quando prenderai i voti > gli batté una pacca sulla spalla e controllò il suo prezioso orologio da taschino < Uhm.. le 5: ora del thè. Oggi devo fare un annuncio importante > disse più tea sé e sè che al figlio. Poi uscì dalla stanza e scese al piano di sotto.

Cutler lo seguì pensieroso. La sola idea che presto sarebbe finito in qualche Chiesa gli dava la nausea. Non credeva più in nulla che non fosse lui stesso da parecchio tempo, eppure tutti i suoi tentativi di farlo capire sembravano vani. Un po’ come quelli per essere notato. Solo sua sorella Jane lo degnava di qualche rara attenzione; e Cutler aveva l’impressione che lo facesse più per pietà che per autentico affetto. In quella casa non avrebbe mai trovato ciò che cercava.
Immerso in questi pensieri, raggiunse la spaziosa veranda e si sedette al solito posto.

Non appena ci furono tutti, il Signor Beckett suonò una campanella e immediatamente alcune cameriere entrarono con biscotti e una brocca colma di thè.

Jonathan, nell’abituale posizione a capo tavola, spostò la sedia dal lato del primogenito, da sempre il suo figlio preferito nonché omonimo.
Oltre all’affetto paterno, Cutler gli invidiava l’abilità con la spada, cosa che, malgrado i molteplici allenamenti, non aveva mai avuto. Per non parlare di quei 20 cm d’altezza in più. Essere il più basso della famiglia era una cosa che da sempre sopportava a fatica. Ma erano tutte cose poco importanti. Sbuffò, e fece cenno ad una cameriera di versargli il thè.

< Cari ragazzi, è arrivato il momento di comunicarvi una cosa > cominciò l’uomo più anziano sistemandosi in fretta la parrucca bianca < Ho deciso di ritirarmi, entro tre anni, dalla Beckett Trading Company > lanciò rapide occhiate ai famigliari < Suvvia, non fate quelle facce! Dopotutto mi merito anch’io un po’ di riposo. La Compagnia passerà a voi, i miei figli > il suo sguardo di ghiaccio era fisso su Jonathan Jr. e Bartholomew < Dovrete cavarvela da soli. Non sarà semplice >
Srotolò una dettagliata mappa e indicò le aree che interessavano i traffici della Compagnia < Ovviamente sarà necessario che uno di voi tratti con le colonie americane mentre l’altro rimanga legato ai traffici europei. Se sarà il caso ridurremo la nostra rete di commercio rinunciando ai porti del Mediterraneo >

Sentendo quelle parole, Cutler appoggiò la tazza colma di thè fumante e senza accorgersene cominciò a versarci dentro un numero esorbitante di zollette di zucchero.

Jane vide la scena e, alzando gli occhi al cielo, fermò la mano del fratello.
< Ti sfido a berlo, adesso! Impara a controllare i tuoi nervi > bisbigliò così sottovoce che nessuno riuscì a sentirla: < Si può sapere che cosa ti prende? > aggiunse in tono un po’ più forte.

Cutler non rispose, ma lasciò cadere sul tavolo il cucchiaino.
Il rumore fece calare il silenzio nella tavola, e tutti gli occhi furono puntati su di lui.
< Qualche problema? > domandò suo padre infastidito dall’interruzione.

Era il momento. Era l’ultimo momento per dire la verità < Ehm… mi chiedevo… > sospirò Cutler continuando a spostare lo sguardo dal Signor Beckett al tavolo e viceversa  < Mi chiedevo se il giorno in cui voi lascerete la Compagnia potrò affiancare i miei fratelli occupandomi del Mar Mediterraneo. Credo di essere… all’altezza >

Jane sgranò gli occhi, mentre Jonathan e Bartholomew si scambiarono battute di scherno.

< Non sei all’altezza di niente, in ogni senso tu voglia intendere la frase > sghignazzò il fratello maggiore.

L’uomo più anziano, invece, rimase serio per alcuni istanti. Poi anche lui emise una risata soffocata e scosse la testa < Dopo tutto questo tempo? Ancora il mare? Pensavo ci avessi rinunciato! Ma quando capirai di non poter diventare un uomo d’affari. E poi, proprio di traffici marittimi! Andiamo, non sai neanche nuo… >

< Vi sbagliate! Ho imparato due anni fa, esattamente come so maneggiare una spada e comandare una nave > Cutler alzò la testa e sostenne quello sguardo. Il suo tono di voce rimase pacato, ma l’odio che provava era palese.  Si alzò in piedi, deciso ad andare via, il più lontano possibile da lì.

Adesso era il Signor Beckett quello a cui mancavano le parole < Come… osi!? > riuscì a bisbigliare.

Il ragazzo non prestò ascolto a nessuno e uscì dalla stanza, seguito dalla sorella.
< Fermati! Ti prego… >
Cutler continuò a salire le scale senza voltarsi.
< Che cosa hai in mente?! Non fare stupidaggini! > lo ammonì Jane afferrandolo per la camicia.

< Gli affari sono affari, giusto? Beh, è venuto il momento che anch’io mi occupi dei miei. E se non posso farlo in questo… posto, troverò un altro luogo da chiamare “casa”, e altre persone da chiamare “famiglia”! >

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Capitolo 4
*** London EITC office ***


01:00 p.m.
 

Cutler impresse il sigillo sulla busta e la consegnò a Mercer, unico di cui si potesse fidare all’interno del quartier generale della EITC, a Londra.
< Ricordi tutto, vero? > bisbigliò spostando lo sguardo sui modellini che aveva ordinatamente disposto sulla sua nuova scrivania < Porta la lettera a Penwallow, questo pomeriggio. Se non sai come raggiungere il suo ufficio, hai pur sempre lo schizzo che ti ho fatto. Ora vai >
Mercer annuì e fece come gli era stato detto.

Non appena fu solo, Beckett appoggiò la schiena alla poltrona che aveva appena fatto portare nell’ufficio, e chiuse gli occhi.
Dopo mesi spesi a fare qualsiasi genere di servizio per i 24 Direttori della EITC, ora poteva vantare una nave, un buono stipendio e ufficio tutto suo; anche se quello era piuttosto orrendo, torrido e senza finestre. In ogni caso non doveva più sopportare frasi del tipo “Ehi, Cuttly, vammi a prendere del thè!”.
Presto avrebbe dimostrato a quei fannulloni chi era Cutler Beckett, ma per ora non riusciva a pensare ad altro che non fosse il viaggio ormai vicinissimo. La meta era Gibilterra, e la Compagnia delle Indie Orientali riponeva in lui piena fiducia. Soltanto Weatherby Swann continuava a mettergli i bastoni tra le ruote.

< Penwallow sistemerà tutto > si convinse Beckett prendendo tra le mani il modellino che preferiva. Una galera bastarda in tutto e per tutto uguale alla sua Lindesfrane.
< Avrò i velieri di cui necessito, e questa volta Lord Swann dovrà tacere. Dopotutto ne va’ della reputazione della sua amata consorte… Una lady dal sangue pirata non si è mai vista > sorrise tra sé, compiaciuto di aver scoperto l’identità del padre di miss Swann. Weatherby avrebbe fatto ogni cosa per difenderla.

Appoggiò la miniatura davanti a tutte le altre e tolse la parrucca incipriata. In quelle ore, ad Agosto, il caldo diventava insopportabile. Un ventaglio gli avrebbe fatto davvero comodo. Beckett si promise di comprarne uno il prima possibile, poi passò ad una distratta lettura dei documenti impilati in un angolo della scrivania.

 

05:00 p.m.

Lord Swann entrò nell’ufficio. Era furioso.
Fece per parlare, poi si guardò intorno, sorpreso nel vedere così tante cose all’interno di quella piccola e afosa stanza.
Malgrado fosse una sistemazione provvisoria, sembrava che il “caro” Cutler avesse traslocato lì da mesi. Mercer aveva accennato al fatto che Beckett amasse personalizzare qualsiasi posto, ma quello era davvero troppo.
Weatherby scosse la testa. Come faceva il suo amico Penwallow a ritenerlo un ragazzo brillante? Era soltanto ridicolo, con quelle sue passioni maniacali per il thè, i modellini e gli antichi Romani! In più, ultimamente si stava montando un po’ troppo la testa.

< Buona giornata, Lord Swann > sorrise Beckett fingendo di non aver notato l’atteggiamento disgustato di Weatherby < In cosa posso servirvi? >

L’uomo più anziano gli si avvicinò e lasciò cedere la lettera sulla scrivania alla quale il ragazzo era seduto < Potreste iniziare a spiegarmi cosa significa questa >.

Cutler rimase a lungo in un silenzio confuso, tenendo gli occhi fissi sulla busta. Si capiva bene che era stata aperta.
< Avevo l’assoluto bisogno di conferire con il Visconte, e con Sua Maestà Giorgio I > ammise alla fine sostenendo lo sguardo del rivale < Riguardo al viaggio >.

< Il Re non ha tempo, non per voi > concluse gelido.

< Devo insistere... > Beckett si alzò in piedi assumendo un’aria di sfida. Automaticamente la sua mano scivolò nella tasca della giacca in cui era nascosta la pistola che portava sempre con sé < Vi ripeto che necessito un’udienza privata con il Re, il prima possibile >

< Ma chi vi credete di essere?! > Weatherby sbatté le mani sul tavolo < Cutler Beckett, se ci tenete a questo impiego, non prendete troppe iniziative per conto vostro >.

< Io devo… >

< Stare al vostro posto > ribatté Swann alzando il tono di voce. Prese in mano il modellino della Lindesfrane < Giocate pure con le vostre “navi”, ma non venite a disturbare il Re, o il Visconte, né tantomeno mia moglie, sono stato chiaro? Alcune decisioni spettano ai Lord e ai Direttori della EITC. Voi non possedete nessuno di questi titoli >

Un lampo balenò negli occhi del ragazzo < Per ora > sibilò a denti stretti.

Rimasero a lungo in silenzio. Ciascuno era pronto a difendersi dalle offese dell’altro.
Poi Weatherby lasciò cadere a terra il modellino, fece un cenno di saluto e gli voltò le spalle < Partirete domani, nel modo che IO ritengo opportuno > gridò sbattendo la porta.

Cutler si sporse per vedere la fine che aveva fatto la copia perfetta della Lindesfrane < Era la mia preferita > sospirò storcendo il naso.

Quindi assunse un’aria truce voltandosi verso Mercer, rimasto impassibile per tutta la durata della conversazione < Si può sapere come hai fatto a darla a lui? Sentiamo. Sono davvero curioso > s’informò sarcastico.

< Sono spiacente, signore; ma ho solo eseguito gli ordini >
Ian strizzò gli occhi cercando di ricordare ciò che gli era stato comandato < Ho lasciato la lettera nell’ufficio del Visconte, come avevate indicato. Primo piano, il terzo sulla destra > estrasse il foglietto scarabocchiato da Beckett quella mattina < Me lo avete disegnato qui >.

Cutler allungò una mano per farsi consegnare lo schizzo e cominciò a studiarlo attentamente.

< Lo state tenendo al contrario, signore > Mercer girò il foglio e tornò in attesa di un perdono che, era sicuro, sarebbe arrivato.

< Certo. Lo sapevo, ovviamente > si difese Beckett, che ancora non capiva niente quel disegno piuttosto orrendo. Forse non aveva torto chi gli diceva che il suo talento artistico fosse discutibile.
Alla fine si arrese, ripose il pezzo di carta in un cassetto della scrivania e ne tirò fuori la pianta ufficiale dell’edificio.
< Visconte Penwallow… Visconte Penwallow… > bisbigliava in tono assente facendo scorrere il dito lungo la pergamena.
Poi trovò ciò che cercava. L’ufficio era il terzo, sulla destra del… Beckett tentò di non esternare il suo imbarazzo nel vedere scritto “II piano”. Non avrebbe mai ammesso un simile errore. Richiuse in fretta il cassetto, lasciando la mappa al suo interno.
< Vabbè, non ha importanza: per stavolta ti perdono > sorrise chinandosi su quel che restava della Lindesfrane < Ma tu dovrai eseguire per me un piccolo lavoro di restauro >.

Mercer annuì sbuffando. Nelle ultime settimane, Cutler aveva avuto discussioni con altri 35 gentiluomini, ed erano finite tutte con un modellino rotto. 

 

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Capitolo 5
*** Le Requin (= Lo Squalo) ***


Cutler appoggiò l’ultimo dei modellini sulla scrivania e sorrise compiaciuto. C’erano volute due settimane per sistemare la cabina, ed ora era perfetta. Ancora faticava a credere che quella meraviglia fosse sua, che proprio lui fosse un capitano.
Senza cambiare espressione, prese con due dita il dono che un certo Thomas Faye gli aveva fatto per la sua partenza. Era un ritratto, un bellissimo primo piano perfetto in tutto e per tutto.
“Uhm… forse gli dovrei dire che ha sbagliato colore degli occhi” pensò dopo un’attenta osservazione. Nel dipinto sembravano di un verde spento, ma che importanza aveva infondo? Cutler aveva sempre voluto un quadro che lo ritraesse, aveva anche tentato di autoritrarsi, ma i risultati non erano stati dei migliori.

< Capitano! > il tenente comandante della Lindesfarne lo fece tornare alla realtà < Pensiamo di fare scalo a La Coruña: i marinai sono stanchi, lavorano ininterrottamente da giorni… >.

< Un po' di lavoro non può che far bene > si limitò a rispondere in tono assente.

L’uomo mantenne la sua posizione < Non è prudente navigare di notte. Per di più se si considera che stiamo per entrare in un pericoloso banco di nebbia >.

< Nebbia pericolosa? > ripeté Cutler sarcastico < Questa mi è davvero nuova! Non ditemi che anche voi temete le terribili creature marine. Sono… immateriali, frutto della fervida fantasia degli uomini >.

Scosse la testa, sorpreso dall’atteggiamento imprudente del suo superiore < Ci sono altri pericoli che infestano questi mari. E non mi riferisco a leggende di taverna >.

Cutler lo fulminò con lo sguardo. Non aveva intenzione di proseguire quella conversazione.

< Sto parlando dei Pirati! > esclamò alla fine < Negli ultimi mesi hanno già affondato tredici navi: la Compagnia Britannica non può subire altre perdite; rischiamo il ritiro del Monopolio >.

< I miei ordini restano immutati. Non ho tempo da perdere >.

Il tenente uscì senza aggiungere nulla. Non sarebbe mai riuscito a fargli cambiare idea.

Quando fu di nuovo solo, Cutler si sedette alla scrivania. Era nervoso e preoccupato. Sapeva di correre dei rischi, sapeva che quel viaggio era avventato, ma era deciso ad arrivare a destinazione il prima possibile. Era una questione di principio. Se l’era segretamente promesso pochi giorni prima di salpare, quando, dopo mesi, aveva rivisto suo padre, venuto al quartier generale della EITC sotto invito di Lord Swann.
Jonathan Beckett continuava a considerare il figlio un incapace, e non perdeva occasione per farglielo notare. Quella volta avevano litigato più del solito.
Non voleva pensarci troppo. Con quel viaggio le cose sarebbero cambiate. Avrebbe stupito tutti.

Cutler prese uno dei libri impilati e cominciò svogliatamente e leggere.
Stava per assopirsi quando il tenente fece il suo secondo ingresso nella cabina. Gli mancava il respiro.

< Vi ho già detto che non voglio fermarmi > sbuffò Beckett chiudendo il volume.

< Capitano! > riuscì a dire il ragazzo < Attaccano! >.

< Che cosa? > domandò chiedendosi se lo stesse prendendo in giro.

< Una nave senza bandiera ci sta venendo contro > spiegò mentre tentava di riprendere fiato < Sulla fiancata ho letto il nome “Le Requin”. Temo che i “mostri marini” non siano poi tanto distanti >.

< Mantenete la calma > dichiarò avvicinandosi alla porta < Tratterò io con questi “mostri dei mari” >.
Cutler raggiunse il ponte della nave maledicendo mentalmente Lord Swann e la sua stupida idea di lasciare che la Lindesfarne viaggiasse da sola e senza cannoni per difendersi.
Con estrema rabbia, notò che i suoi uomini stavano lanciando segnali di resa malgrado lui non avesse ordinato di fare nulla.

Decine di pirati erano saliti a bordo della nave per depredare, abboffarsi o semplicemente distruggere. Intanto, i membri della Compagnia Britannica sembravano aver perso il loro orgoglio, ed ora erano in ginocchio, supplicanti. Più Cutler stava a guardarli più il suo stomaco si contorceva. Si sentiva impotente di fronte ai nemici e alla sua stessa ciurma, e questo lo rendeva furioso.
Istintivamente cercò la pistola che portava sempre in tasca < Dannazione! > sibilò ricordandosi di averla affidata a Mercer insieme alle chiavi del suo ufficio e al cavallo Smith. Avrebbe potuto mercanteggiare, era sempre stato molto abile in quello, ma la verità è che non accettava compromessi con dei pirati.
< Verrete impiccati tutti! > esclamò dopo alcuni istanti con voce autoritaria < Il Re non lascerà impunito un affronto simile alla Compagnia Britannica delle Indie Orientali: state commettendo un gravissimo errore >.

Al suono di quelle parole, si fece avanti un giovane uomo. I tratti raffinati del volto erano in parte nascosti dietro i folti capelli lasciati crescere più del dovuto. Il suo look era appariscente, a partire dall’ampio cappello piumato tipico dei nobili francesi. Era un bell’uomo, anche se sporco e con indosso un logoro cappotto verde scuro.  Quando fu abbastanza vicino a Cutler assunse un’espressione addolorata < Temo di non aver compreso > ammise con un insopportabile accento francese < Sarà che non parlo molto bene la tua lingua… Potresti spiegarti meglio, amico? >.

Beckett rimase impassibile e ripeté il discorso appena pronunciato parola per parola, ma questa volta in francese < …E voglio parlare con il capitano > aggiunse con un sorriso di sfida.

Anche il pirata cominciò a sorridere < Sai il fatto tuo: mi piaci! > dichiarò tendendogli la mano < Devo ammettere che ho sempre avuto un debole per i cuccioli che provano ad abbaiare* >.

Cutler serrò le labbra imponendosi di rimanere calmo. Odiava essere trattato come un ragazzetto qualunque, e detestava profondamente i cani da quando, nei mesi trascorsi a Londra, era stato costretto a condividere la camera con il bassotto di zio Norbert.
Alla fine ricambiò la stretta < Mi chiamo Cutler Harold Beckett, sono capitano della Lindesfarne >.

Il pirata sollevò un sopracciglio perplesso < Capitano?? Così giovane? Quanti anni hai? Tredici? >.

Cutler alzò gli occhi al cielo. La sua rabbia aveva raggiunto il limite: doveva reagire. E non poteva certo mettersi a discutere sulla sua età. Infondo, anche se aveva compiuto 18 anni da qualche mese, erano in molti a dargliene di meno.

< Guardalo un VERO capitano! > il francese s’indicò mostrando un sorriso fin troppo smagliante per essere quello di un pirata.

< Quella nave sarebbe vostra dunque? >

< Bingo! > gli strizzò l’occhio e s’inchinò con fare teatrale < Sono capitan Christophe-Julien Rapièr. Per servirvi, my lord > concluse tentando d’imitare l’accento inglese.

< Voi... capitano!! > ridacchiò Cutler < Non l’avrei mai detto. Perdonatemi se non vi ho identificato subito, ma vedendo un vascello del genere non mi sarei mai aspettato un uomo del vostro… calibro >.

Il tenente comandante della Lindesfarne, rimasto a fianco del suo superiore, sgranò gli occhi sperando di aver sentito male. Mr. Beckett era completamente impazzito!! Con quale coraggio provocava un pirata??

Cutler non fece caso all’espressione del suo sottoposto e proseguì, sempre più sicuro di sé < Dico davvero, “capitano”, non per offendervi ma avete un aspetto orribile. Per non parlare dei vostri abiti: ma dove li avete comprati? Temo che risulterebbero fuorimoda sia a Londra che a Parigi… >.

Rapièr lo fissò a lungo. Era un uomo troppo vanitoso per non offendersi di quelle parole.
Poi scostò il ciuffo che gli copriva l’occhio sinistro e un sorriso gelido gli illuminò il volto < Senti, senti! Il cucciolo vuole giocare un po’. Non vedo perché non accontentarlo > fece un cenno al suo primo ufficiale < Suvvia “giocate” con la nuova mascotte di Le Requin >.
Il capitano si andò a sedere di fianco al timone e rimase ad osservare la scena compiaciuto.

Cutler sentì due uomini afferrargli le mani. La lama gelida di un coltello gli sfiorò la gola, e la sua giacca chiara si macchiò di rosso. Era solo l’inizio…

 
* in inglese: yappy puppy (so che in italiano non rende, ma volevo mantenere uguale il modo in cui mi chiamava Rapièr)

Bene bene, eccomi qui. Mi sono preso qualche riga in cui scrivere alcune cose.
- Primissima cosa: quanti di voi avevano notato che nel mio ufficio ci sono due ritratti???

- Altra cosa: per favore non ditemi che faccio pena perché sennò mi deprimo ancora di più e, credetemi, scrivere questo capitolo è stato davvero deprimente!! (e il prossimo sarà molto peggio. Poi, tutto in salita)
- Ultima cosa: Thomas Faye è un membro della EITC con un’adorazione per me (e per l’ex-Ammiraglio). Ha impiegato parecchie ore del suo prezioso (beh, non esageriamo) tempo per realizzare un fascicoletto che raccontasse le nostre avventure contro Jack Sparrow e gli altri pirati della Brethen Court.
-
Ringrazio la mia amica capitana per avermi fatto avere i documenti necessari per andare avanti nella storia che Mercer aveva dimenticato nell’ufficio di Port Royal! Ringrazio anche un certo “grande capitano” che mi segue in modo ossessivo dall’inizio della serie. Insomma, un grazie è d’obbligo, eh Jack??

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Capitolo 6
*** Cutler Buckett ***


Eccomi qui, dopo tantissimo tempo, ad aggiungere un capitolo che ho scritto con immense difficoltà… mettere nero su bianco la più dolorosa esperienza di una vita non è facile per nessuno. Vi prego dunque di perdonarmi per l’attesa. Ora alcune spiegazioni:
  •  la storpiatura del mio cognome non è un errore ma un gioco linguistico in inglese (guardate qui per capire meglio: http://en.wikipedia.org/wiki/Bilgeperò fatelo dopo aver letto il capitolo)
  • Per non essere costretto a cambiare il rating della ff e per non soffrire troppo ho preferito saltare la parte in cui i pirati hanno “giocato” con me (se volete la trovate nelle ultime 4 pagine del capitolo XI di “The Price of Freedom”).
Ringrazio tutti per il sostegno che mi date con le vostre recensioni. Un grazie speciale alla mia amica capitana che tra l’altro mi sta gentilmente cercando una moglie; a quello squilibrato di Jack e amichetti vari che scrivono e mandano tante foto carine; e Carmaux che mi ha addirittura inserito nella sua storia.
Ma adesso basta con premesse e spiegazioni… sennò rischiano di diventare più lunghe del capitolo stesso (per altro infinito… e io che volevo mantenere il III come più lungo.. uff!! Vabbè, perdonatemi anche per questo).BUONA LETTURA!





Ogni cosa si fece distante. Non sentiva più dolore, né umiliazione. Niente. Nella sua mente si affollarono rapidi e confusi flash della sua vita nel Somerset.
Poi un’immagine s’impose sulle altre, divenne sempre più nitida. Incominciò ad avvertire suoni e profumi di un’infanzia che credeva di aver scordato.
 
La donna smise di leggere e indicò una parola scritta più grande delle altre < Cosa c’è scritto? > domandò al bambino appollaiato sulle sue ginocchia < Suvvia, non è difficile… >.
Lui si mordicchiò il labbro < O… odore? > azzardò.
< Ma no, tesoro mio > rise scompigliandogli i capelli chiari < A-more. Ripeti! >
Il piccolo le fece eco, ponendo particolare enfasi sull’iniziale della parola.
< Esatto, proprio così. Amore. Ed è proprio il mio amore per te, bambino mio, che mi farà stare sempre al tuo fianco > lo abbracciò più forte di tutte le altre notti < Non dimenticarlo mai >.
 
< Ehi, perché non risponde? > un uomo grassoccio e puzzolente si piegò su Beckett, rimasto immobile, con gli occhi sgranati e inespressivi.

< Per me è indemoniato… > suggerì un altro pirata < Potresti trovarti maledetto in un secondo: non toccarlo!! >.

L’amico fece un cenno con il capo e si allontanò. Non era neanche divertente una vittima che non reagiva.

Dopo alcuni minuti, Cutler si risvegliò di colpo. Era di nuovo su Le Requin, da solo, e ridotto malissimo. La prima cosa che fece fu guardare l’anello che, inaspettatamente, era ancora al suo dito.
< Grazie al cielo almeno questo me l’hanno lasciato > si disse. Era l’unica cosa che gli era rimasta di lei, l’unico segnale che quella promessa di protezione non era del tutto vana. Non riuscì a trattenere le lacrime che per anni non aveva pianto e nascose il volto tra le mani. Nessuno ci fece caso.
Poi si rimise in piedi a fatica, sistemando alla meglio quel che rimaneva dei suoi abiti, e cercò capitan Rapier con lo sguardo. Lo trovò ancora appeso al timone, intento a scolarsi una bottiglia di rhum.

Cutler salì la scaletta che lo separava da Christophe. Aveva ancora gli occhi rossi, ma non poteva aspettare altro tempo < Capitano… > iniziò con un filo di voce.

< Oui? Que voulez-vous? >

< Innanzitutto, scusarmi con voi > mormorò in francese chinando la testa.  

< Troppo tardi, piccolo > il pirata tornò a bere, fingendo di non ascoltare. In realtà già immaginava che proposta gli avrebbe fatto.

< La mia famiglia è molto ricca… > aggiunse Cutler.

Christophe appoggiò la bottiglia e lo fissò interessato. La possibilità di arricchirsi era per lui allettante quasi quanto quella di avere una bella donna disponibile.

< A che cosa vi serve un uomo morto? Potreste chiedere una somma di denaro in cambio della mia libertà… > sentì il peso degli sguardi furiosi dei suoi sottoposti < …mia e del mio equipaggio, s’intende > si corresse.

< Interessante scambio… vieni > Christophe afferrò Cutler per un braccio e lo trascinò nella cabina.
Liberò il tavolo da tutte le cianfrusaglie e prese alcuni fogli di pergamena. Erano un po’ ingialliti, ma purtroppo erano anche gli unici a disposizione. Mentre svuotava i cassetti in cerca di qualcosa con cui scrivere gli fece segno di prendere uno degli sgabelli accatastati sul fondo della stanza e di mettersi seduto.
< Spiegami bene questa proposta del riscatto > esclamò alla fine, salendo con le ginocchia sulla scrivania.

Cutler annuì e raccontò per filo e per segno la situazione economica della famiglia Beckett, aggiungendo qua e là dettagli per nulla reali, come una presunta parentela con Re Giacomo I. Malgrado fosse ancora sotto shock, riuscì a costruire un buon discorso e il pirata credette a tutto.

< Per la Compagnia Britannica, hai detto? > lo interruppe a un certo punto.

< Sì, esatto, da un anno lavoro lì > ripeté chiedendosi il motivo di quella domanda. Infondo era un’informazione più che secondaria.

< Bene, bene. Accetto la tua proposta, Cuttly! Anzi, ti confesso che mi sembra molto vantaggiosa > Christophe gli fece l’occhiolino e rilesse mentalmente ciò che aveva appena scritto. < Speriamo che quei parruccati siano davvero colti come sostengono > bisbigliò chiedendosi se all’interno della EITC qualcuno conoscesse il francese. < Manderò la richiesta di riscatto al Quartier generale della Compagnia, con allegata una lettera per il tuo adorato papy. Che ne dici, non sono geniale? >.

Cutler fece segno di sì con la testa, malgrado fosse convinto che quell’uomo non avesse tutte le rotelle a posto. L’osservò chiudere le due pergamene in una busta, appoggiare il cappello piumato e sdraiarsi sul tavolo a pancia in giù.

< Ehy, Slang! Vieni qui > gridò Rapier appoggiandosi sui gomiti.

< Sì capitano? > il primo ufficiale entrò in fretta nella cabina.

< Fai arrivare questa a Londra. Le Requin si ferma momentaneamente qui > rimanendo sdraiato, allungò un braccio in direzione del suo uomo di fiducia e gli porse le lettere.

< E i prigionieri? Possiamo ucciderli? >.

Capitan Rapier scosse la testa, si girò a pancia in su e incrociò le braccia.

< Torturarli? > propose il pirata cercando di assumere un’espressione da cucciolo.

< Come sei sadico! > rise Christophe mettendosi a sedere < Non credi che dovremmo comportarci da gentiluomini per una buona volta? >.
Slang fece per ribattere ma venne fermato < La mia era una domanda retorica: Non fiatare!! Io capitano, miei gli ordini. I prigionieri rimangono vivi, e per di più ci aiutano… > con un balzo atterrò di fronte al primo ufficiale < Ho sempre pensato che questa nave avesse bisogno di una bella ripulita e, dopo dieci anni, è giunto il momento per mettere in pratica le mie buone intenzioni >. In effetti era il vascello più sporco che si fosse mai visto. In tutto quel tempo, né Christophe né il resto della ciurma si era mai preoccupato di dare una sistemata.

Il capitano uscì sul ponte seguito dagli altri due.
< Ringraziate il vostro amico, prigionieri > dichiarò in un pessimo inglese < Sarete risparmiati… e avrete pure un lavoro. Contenti? >.

Gli uomini della Lindesfarne si guardarono. Qualsiasi cosa gli avrebbe chiesto valeva meno della loro vita.

Il primo ufficiale di Rapier, intanto, aveva comunicato al resto della ciurma le intenzioni del capitano, e in breve tempo ogni inglese aveva un’occupazione. I pirati li sorvegliavano, pronti a usare la frusta alla prima occasione.

Christophe si voltò verso Cutler, poco dietro di lui < E tu che ci fai ancora qui? Devi darti da fare, Buckett! >

< È… “Beckett”… > mormorò < Il mio cognome è “Beckett” > ripeté più forte.

< Oh, io non credo proprio > ghignò scuotendo la testa < Ti confesso che ho in mente un lavoretto apposta per te… che ne dici di pulire un po’ la sentina? > era il posto più lurido della nave, e molte volte richiedeva l’intervento di un gruppo professionista; eppure Christophe presentò la proposta come se si trattasse di un’occupazione meravigliosa. Era insopportabile anche per quel suo senso dell’umorismo, oltre che per i modi di fare teatrali e l’accento francese.

Il pirata afferrò una spugna poco distante e la porse al ragazzo con un inchino. Poi si arrampicò agilmente fino al timone, prese un secchio e tornò giù < Tieni, e trattalo bene. Sarà il tuo nuovo migliore amico, nonché… omonimo!! >.

“Pessima battuta” pensò Cutler mentre veniva condotto al piano inferiore. Storpiare così il suo cognome era un vero affronto, ma non si trovava certo nella condizione di ribattere.

< Ecco qui. Buon lavoro! > Rapier lo spinse all’interno della sentina, fece il saluto militare e richiuse la porta alle sue spalle.

Cutler si portò istintivamente una mano alla bocca. L’odore gli dava la nausea. Era anche peggio del previsto. 
Lanciò un’altra occhiata all’inseparabile anello e pregò che suo padre pagasse il riscatto il prima possibile.
 
*******

Londra, autunno 1720

Jonathan Beckett si versò un altro po’ di thè e sorrise alla cognata < Lysa, non devi preoccuparti per Rob. Tuo figlio è un ragazzo intelligente: vedrai che sarà un ottimo capitano >.

Lei abbassò lo sguardo < Il mio Bobby ha bisogno di avere al suo fianco qualcuno. Devo proteggerlo. Fino ad ora, io e Norbert l’abbiamo sempre fatto ma da domani… >.

< Stai per caso parlando di Norbert Fitz-Maurice?? > rise il signor Beckett < Sinceramente non credo che sappia occuparsi di qualcuno al di fuori del suo cane. Senza offesa: è pur sempre il mio migliore amico >.

Lysa sollevò un sopracciglio. Si era offesa parecchio, eppure, malgrado amasse suo marito alla follia, non poteva dar torto a Jonathan < Sì, questo è vero > si vide costretta ad ammettere < Però… io non sono come te e Gillian: non posso immaginare il mio tesoruccio in mezzo al mare, tra quei pirati cattivi… >.

Jonathan alzò gli occhi al cielo < Ti ripeto: calmati. Mi sono occupato personalmente della sua situazione. L’ammiraglio Norrington ha assicurato un vascello inattaccabile, e in più non navigherà da solo.  A quanto pare il nipote dell’Ammiraglio, Fitzwilliam Dalton, ha deciso di accompagnarlo fino alle coste caraibiche >.

La donna sorrise < Devo forse al giovane Fitzy questo favore? > domandò fingendo di non sapere chi fosse l’artefice di tutto quell’interessamento per il viaggio di Robert.

< Penso che tu debba ringraziare la moneta… a quanto pare è ciò che fa andare avanti il mondo, e soprattutto lo fa avanzare come piace a noi >.

< Non essere sciocco. Sei tu l’unico che devo ringraziare >.

Fece per ribattere, quando un servitore entrò nella stanza < Mr. Beckett, c’è una lettera per voi. È in francese e non porta alcun sigillo >.

Jonathan fece segno di consegnargliela. Era preoccupato. Forse la BTC aveva perso un’altra nave. Non poteva subire ulteriori attacchi da parte dei pirati; ne andava della sua reputazione.

Lysa appoggiò la tazzina e si avvicinò al cognato < Che cosa c’è scritto? Eddai, non fare il misterioso… > gli appoggiò le mani sulle spalle < Su! traduci, traduci, traduc… >.

< Ci sto provando! > borbottò indispettito. Quella donna era l’esatto opposto di Gillian. Ogni tanto si domandava come potessero essere sorelle. Lesse in fretta e quando ebbe terminato tirò un sospiro di sollievo; poi sorrise gelido.

< Ti nomineranno Sir? > azzardò Lysa cogliendo l’espressione compiaciuta nel volto dell’uomo.

Lui scosse la testa senza alzare gli occhi dalla pergamena.

< Uhm… vediamo… cosa potrebbe essere? Ci sono: una donna bellissima è cotta di te? > gli strizzò l’occhio < Del resto, ormai sei un grande uomo d’affari… >.

Jonathan rise e si voltò verso la cognata < Per quanto io sia molto affascinante, non è nulla del genere. Mi viene richiesto di pagare un riscatto >.

< Che cosa? > Lysa si fece improvvisamente seria < Mi stai prendendo in giro?!? Non è divertente! >.

< Invece io lo trovo estremamente divertente >.

< Non capisco. Ti chiedono di… pagare! Da che ti conosco non hai mai fatto un regalo, neanche a Jo-Jo >.

< A Jonathan ho lasciato la presidenza della BTC! È il più grande regalo che potessi fargli > si difese lui.

< La compagnia commerciale di tuo padre. In ventinove anni ti sei sprecato > lo punzecchiò ironica < E poi… aspetta un attimo: non cambiare argomento e spiega cosa diavolo c’è scritto in quella lettera!! >.

< D’accordo > sbuffò lui < A quanto pare, alcuni pirati francesi pretendono che paghi una somma per liber… >.

< Pirati hai detto?? Chi? Come?? Perché??? >.

< Basta!! > la zittì lui alzando il tono di voce < Vuoi lasciarmi parlare!?!? >.

Lysa fece segno di cucirsi la bocca e tornò al suo posto, ansiosa di sapere.

< Per liberare Cutler >.

< E tu lo farai, vero? > l’espressione del cognato non le piaceva affatto.

< Non l’ho ancora perdonato per avermi fatto perdere il Monopolio che voleva concedermi il Re; né per essersene andato di casa; né tantomeno per le pessime figure di fronte agli aristocratici londinesi > Jonathan fece spallucce < Ho sempre pensato che non fosse nato per una vita del genere. Forse questa esperienza gli farà capire che parlavo per il suo bene. È un vero peccato che abbia voluto scegliere il suo fato da solo, senza il mio aiuto >.
Si alzò svogliatamente dalla poltrona e si avvicinò alla cognata < Dopotutto, ormai ha trovato “un altro luogo da chiamare casa e altre persone da chiamare famiglia”… > sussurrò ripetendo le esatte parole che il figlio aveva detto il giorno in cui se n’era andato < Non per mettere la questione sul personale, ma… se io non sono parte della sua famiglia, che cosa centro con tutto ciò? >.

Con un rapido movimento della mano lasciò che la lettera finisse nel camino. In pochi istanti fu inghiottita dalle fiamme.

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Capitolo 7
*** Il Riscatto ***


Bentrovati amici pirati (tanto lo so che siete tutti contro la EITC)!
Ancora una volta sono costretto a scusarmi per il clamoroso ritardo… prometto che non si ripeterà! Cercherò di rispettare la scadenza “un capitolo alla settimana” (anche perché Sua Maestà il Re d’Inghilterra si sta iniziando a spazientire e al prossimo ritardo temo proprio che affiderà la presidenza della EITC a un altro Lord).
Piccola premessa: questo capitolo parlerà più di pirati che di me, e inoltre ci sarà un personaggio che pochi hanno sentito nominare (compare unicamente in un libro della serie). Spero che la cosa non vi dispiaccia troppo, e per ogni chiarimento/informazione extra sono qui a vostra completa disposizione.
Ora non voglio rompervi troppo le scatole con queste premesse, quindi ringrazio come sempre Jacky e la mia amica capitana e vi auguro buona lettura!

 
Cutler lasciò lo straccio e interruppe per un attimo di pulire. Da quando era rimasto il solo prigioniero a bordo di Le Requin il lavoro si era come minimo triplicato e lui non riusciva proprio a starci dietro.
Probabilmente se avesse avuto uno specchio non si sarebbe riconosciuto. Erano bastati pochi mesi per renderlo un'altra persona.

Estrasse dalla tasca l’anello da cui non si era mai separato. Se lei ci fosse stata le cose sarebbero andate diversamente, ma la verità era che Jonathan non avrebbe pagato. Doveva rassegnarsi a una vita da schiavo.
Rassegnarsi? No, non era da lui. Non credeva nella salvezza eterna, mentre l’inferno… quello esisteva, certo, ma era già nel mondo reale, e lui lo stava vivendo. Qualunque cosa sarebbe stata meglio di servire un pirata.

Proprio in quel momento, Capitan Rapier entrò nella cabina sbattendo la porta < Mon amiiiiii!!!! > esclamò rivolto verso il suo prigioniero, che intanto aveva ripreso a pulire il pavimento.

Cutler fece finta di nulla, deciso a non prestare attenzione all’ennesima presa in giro da parte del francese.

Christophe gli si avvicinò sporcando tutto ciò che il ragazzo aveva appena reso lucido. Gli prese il viso con entrambe le mani ingioiellate e lo sollevò < Bonjour petit!!! Siamo di cattivo umore oggi? > s’informò cercando di assumere un tono comprensivo. Si divertiva a stuzzicare la pazienza delle sue vittime. Infondo era così che andava il mondo: vigeva la legge del più forte. Tempi addietro era stato lui ad essere il debole.

Cutler continuò a non rispondere, pur sostenendo lo sguardo del pirata che gli stava distruggendo la vita.

I due si fissarono per alcuni istanti, poi il capitano sbuffò e lasciò la presa < Sei così antipatico che quasi quasi non ti do la buona notizia per cui sono venuto qui > gli fece segno di ripulire quanto aveva appena sporcato con i suoi stivali infangati e si sedette alla scrivania. Imitando le movenze aggraziate tipiche dei nobili britannici, estrasse un foglio e cominciò a leggere.

Cutler non smise di lavorare, cercando d’ignorare il pirata. Al suono della parola “riscatto”, però, lasciò lo straccio e si voltò verso Rapier.

< Sorpreso, eh? > ridacchiò Christophe notando l’improvviso interesse del suo prigioniero < Pensa un po’, io ci avevo rinunciato. Ormai ero più che convinto che avrei dovuto venderti. E trovare qualcuno disposto a spendere soldi per uno schiavetto sottomisura e imbranato come te non sarebbe stato facile neanche per un uomo astuto come me >.

< Quindi mi state dicendo che…? >.

< Che come schiavo fai proprio schifo! > esclamò divertito dalla piega che stava prendendo quella conversazione. Poi notò l’espressione seccata dell’inglese < Ok, ok, d’accordo, non è necessario che mi fissi in questo modo: sto anche dicendo che proprio un’ora fa mi è arrivata questa bella lettera > dichiarò sventolando la busta con eccessiva enfasi.

L’aveva fatto. Jonathan aveva deciso di mettere da parte i passati rancori per…

< Porta il sigillo della Compagnia Britannica > proseguì il pirata passandosela da una mano all’altra.

Cutler sgranò gli occhi. La EITC?? Che cosa centrava in tutto ciò?

< A quanto pare un certo Lord Perwell… >

< Penwallow > lo corresse continuando a non capire cosa fosse successo.

< Sì, sì, come hai detto tu. Beh, questo Lord ha deciso di buttare via un po’ di soldi e pagare ciò che il caro Mr. Beckett non ha pagato > aprì la busta e rilesse mentalmente quanto c’era scritto < Sai, non dev’essere particolarmente furbo PenWALLOW > concluse ponendo particolare enfasi sul cognome del Lord. Prese la borraccia che portava sempre legata alla cintura e bevve un sorso del suo amato rhum < Non immagini quanto mi convenga questo affare, petit > proseguì dirigendosi verso la porta < Nemmeno un ubriaco deciso a suicidarsi investirebbe tanto denaro per uno come te> uscì dalla cabina senza voltare le spalle a Cutler < Ricorda, però, che per qualche giorno sei ancora mio! Se sgarri non ci metto niente… snip snip: eunuco! > lo ammonì prima di richiudere la porta dietro di sé. Quel giorno capitan Rapier era molto impegnato e non poteva perdere altro tempo con lui.

Cutler rimase immobile, in ginocchio. Era davvero tutto finito? Chiuse gli occhi, mentre sul suo volto si dipingeva un sincero e sollevato sorriso. Era libero. Libero di continuare la sua carriera, di andare dove avrebbe voluto di… la sua attenzione si focalizzò su un singolo pensiero. Non sarebbe mai stato davvero libero con quel debito. Doveva ripagare tutto, ogni singola moneta, fosse stata l’ultima cosa che faceva.
 
**********************
 
Capitan Rapier camminava a passi spediti cercando di passare inosservato in mezzo alla folla. Arrivato al punto stabilito, si voltò a sinistra. Nella penombra di una viuzza secondaria c’era il corpo senza vita di un soldato spagnolo. Era il segnale. Imboccò la strada, scavalcò il cadavere con noncuranza e proseguì, certo che l’uomo con cui doveva incontrarsi fosse già lì.

< Ahoy Chris > bisbigliò una voce profonda e dal famigliare accento russo.

< Ahoy a voi, mon ami >

< Se mi chiami ancora in quel modo ti faccio diventare plancton, intesi? > da dietro un angolo sbucò un pirata imponente. Aveva lineamenti marcati e parecchie cicatrici, di cui alcune molto recenti.

Rapier si bloccò, giunse le mani e accennò un inchino di scuse. Poi si avvicinò all’uomo che aveva di fronte < Perché mi hai chiesto di venire? > domandò nel poco inglese che conosceva.

< Credi che non me ne sia accorto?! Hai cercato di parlare con Hector! > gli puntò contro la pistola e tolse la sicura.

Christophe deglutì e indietreggiò di qualche passo < Non ci vedo nulla di male: infondo siete grandi amici… >.

< Zitto > sibilò gelido il pirata senza abbassare l’arma < Non fare il finto tonto, Rapier! >.

Christophe chinò il capo e rimase in silenzio. Sapeva dell’amicizia che aveva legato quell’uomo a capitan Barbossa, così com’era al corrente degli ultimi dissapori tra i due, o, meglio, era al corrente di come la presenza di Hector lo infastidisse.

< Mi dispiace > mormorò serissimo dopo alcuni momenti di riflessione < Non si ripeterà, Boris. Te lo giuro sul mio cappello!!! E sai che non scherzo mai sui... >.

< Vuoi smetterla di dire stupidaggini? Che razza di pirata sei?! > si avvicinò a Christophe e gli appoggiò una mano sulla spalla < Per stavolta passa, ma se provi di nuovo a spifferare quello che faccio al mio ex-amico Hector ti converrà scaricarti la pistola in testa prima che possa raggiungerti, intesi? >.

< Sei stato chiarissimo, amico >. In effetti doveva aspettarsi una reazione simile da parte sua: rivelare a Capitan Barbossa le molteplici infrazioni del Codice di Boris era stata una mossa troppo subdola anche per Rapier.

< Adesso voglio che tu segua a distanza i suoi movimenti > continuò il pirata russo stringendo con forza la spalla di Christophe < Quado sarà il momento buono, io stesso controllerò Hector e affonderò quella specie di scialuppa che si ostina a chiamare nave >.

< Sarà fatto, signore! > il francese fece un inchino in segno di saluto e si allontanò. Improvvisamente si ricordò di una faccenda a cui teneva molto < E Jack? > domandò voltandosi di nuovo verso l’altro pirata < Che fine ha fatto il falso figlio di Capitan Teague? >.

Boris si strinse nelle spalle e scosse la testa < Fuggito, da poco recuperato e riportato dalla nonna sadica… Edward dice che è un perfetto idiota >. Contrariamente agli scrittori russi, quell’uomo aveva un vero talento per le sintesi.

Christophe sgranò gli occhi, chiedendosi se avesse capito correttamente < Ha davvero avuto la faccia tosta di scappare? >.

< Ti sembro un tipo che scherza? > fece una breve pausa di silenzio, poi proseguì < Jack Sparrow si è improvvisato capitano di un peschereccio per alcuni mesi, portandosi dietro quattro ragazzini e un gatto come ciurma > aspettò che Rapier facesse segno di avere compreso < Edward si sbaglia su di lui: un giorno suo figlio sarà un ottimo pirata nobile >.

Christophe gli lanciò un’occhiata perplessa < Se lo dite voi, capitano >. In realtà non ne era molto convinto.

< Peccato solo che la tua influenza sia pessima: adesso parla di eunuchi, cappelli e tartarughe marine >.

Il francese sorrise, lusingato di essere l’idolo di quel giovane pirata. Salutò di nuovo e s’incamminò in direzione del suo vascello. Forse Boris aveva ragione: Jack Sparrow sarebbe presto stato un grande capitano.

 
Rieccomi.
Per chiunque abbia letto i libri sull’infanzia di Jack: il VI capitolo era ambientato qualche settimana prima del I volume, mentre questo è appena successivo a “The sins of the father”. Quindi, Jack ha 16 anni e mezzo, mentre Hector più o meno 39. 

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Capitolo 8
*** Nuovi Orizzonti ***


L’ultima volta ci eravamo lasciati così: “Ancora una volta sono costretto a scusarmi per il clamoroso ritardo… prometto che non si ripeterà! Cercherò di rispettare la scadenza “un capitolo alla settimana” (anche perché Sua Maestà il Re d’Inghilterra si sta iniziando a spazientire e al prossimo ritardo temo proprio che affiderà la presidenza della EITC a un altro Lord).”… ecco appunto: la crisi avanza, il lavoro scarseggia e il mio posto alla presidenza della EITC è attualmente molto (ma dico proprio molto) precario; quindi, per favore, non fate notare troppo al Re tutto ciò, anzi, se potete ditegli che scrivo puntualmente ogni settimana. A parte gli scherzi, questo capitolo è stato davvero complicato per molti motivi, tra cui salute, feste varie e un’incongruenza tra le varie fonti (certo che se Mrs Crispin e Mr Kidd si mettessero d’accordo sulle date non sarebbe male!). Oh beh, alla fine ce l’ho fatta: spero che il mio lavoro, per quanto un po’ contorto (mi correggo: molto contorto), sia apprezzato, e che la comparsa di tanti personaggi presenti solo nei libri non crei problemi. Buona lettura!!!!
 

La carrozza si fermò di fronte a un ampio edificio chiaro.
Erano passati quasi nove anni dall’ultima volta in cui Cutler era stato nel Quartier Generale della EITC. Inspirò profondamente, ancora incredulo di essere tornato a Londra.
Il lacchè venne ad aprirgli e lui scese lentamente sistemandosi la mantella.
Non fece in tempo a raggiungere la soglia, che un uomo dai capelli scuri gli si precipitò incontro.
< Thomas Faye, quanto tempo! > riuscì a dire mentre il suo più grande ammiratore lo abbracciava con forza.

< Mi avevano avvisato del vostro arrivo. È da stamattina alle sette che vi sto aspettando > lo strinse a sé per un tempo fin eccessivo, poi si allontanò di qualche passo < Vi ho fatto un altro ritratto. Sono certo che vi piacerà. E sto scrivendo un libro su di voi > Thomas osservò l’espressione compiaciuta che si dipingeva sul volto di Beckett < Ah, dimenticavo: il mio primogenito porta il vostro nome, signore >.

< Non ce n’era bisogno > bisbigliò un po’ in imbarazzo.

Improvvisamente, un uomo di mezz’età si sporse da una finestra al primo piano < Thomas, perché fai tutto questo bac… > guardò meglio ciò che stava succedendo < Oh santo cielo, Cutler! Ti aspettavo per oggi pomeriggio. Dammi un attimo >.

< Visconte Penwallow, sono onorato d’incontrarvi di nuovo > dichiarò ad alta voce.

In meno di un minuto, scese le scale e raggiunse gli altri due < Bentornato a casa! I miei complimenti per il lavoro svolto presso il porto di Edo*: tutti i Direttori vogliono sapere i dettagli direttamente da te > sorrise stringendogli la mano.

Sentendo parlare del Consiglio, Cutler estrasse un foglio dal taschino interno della giacca < Dunque è questo il motivo che ha spinto Lord Swann a invitarmi nella sua Villa, in occasione dell’annuale discorso del Presidente > dedusse mostrando al Visconte la lettera che gli era stata di recente consegnata.

Penwallow guardò la pergamena con aria cupa < Beh, a dire il vero Weatherby… > aspettò alcuni istanti, sperando che gli venisse in mente qualcosa, poi sospirò < Temo di aver omesso alcuni dettagli nelle lettere che ti ho inviato >.

Istintivamente, Beckett ritrasse il foglio e si fece serio.

< Sono tempi duri per la Corona > iniziò in tutta franchezza. Dal momento che era tornato per restare, Cutler doveva sapere come stavano le cose < Da quando è salito al trono Giorgio II la provincia non fa che lamentarsi >.

< Esattamente > s’intromise Faye ancora su di giri < A sentire i provinciali, pare che solo a Londra si possa fare fortuna e… > Lord Penwallow gli scoccò un’occhiata gelida < Scusatemi > biascicò Thomas chinando il capo.

< …E che il Sovrano favorisca lo sviluppo economico unicamente per quanto riguarda la capitale > completò pacatamente l’uomo più anziano < In pratica, il Re si è visto costretto a dare maggiore spazio alle altre contee >.

< Pretendono dalla Compagnia un pagamento anticipato dei prestiti? > azzardò Cutler.

< Peggio. Sua Maestà Giorgio II ha ritenuto opportuna un’alleanza come quella del 1702: saremo momentaneamente costretti a spartire il dominio dei mari con una compagnia commerciale che non abbia sedi a Londra >.
Penwallow fece una pausa. Ora arrivava la parte che Beckett avrebbe faticato a digerire < Vista la rapidità con cui è cresciuta, e continua a crescere… > iniziò sempre più in difficoltà < Il Consiglio dei Direttori ha scelto come partner la Beckett Trading Company >.

Bastò sentirne pronunciare il nome, che ebbe un sussulto. Il solo pensiero della sua infanzia e adolescenza gli faceva del male.

il Visconte abbassò lo sguardo. Era al corrente dei dissapori tra Cutler e il resto della famiglia < Io non ero d’accordo, però il mio voto non vale più di quello degli altri 23 membri del Consiglio > si giustificò < Weatherby ha fatto di tutto perché tu e tuo fratello vi poteste incontrare: per questo ha preteso che fossi presente pur non essendo né un azionista né un Direttore. Ci è sembrato corretto nei tuoi confronti… >.

< Non credo di poter venire >.

< Declinare un invito del genere è fuori discussione > sostenne serissimo e senza giri di parole.

Cutler annuì, arreso all’idea di dover rivedere suo fratello. Se c’era un uomo che mai avrebbe contraddetto, quello era Lord Penwallow.

< Vedrai che ti troverai bene: Jonathan è diverso da come lo ricordi > aggiunse in tono paterno appoggiandogli una mano sulla spalla. Non appena ebbe ottenuto un secondo cenno affermativo, tornò a pensare alla Compagnia Britannica. Si sarebbe fermato più a lungo, ma durante gli ultimi giorni dell’anno la quantità di lavoro da sbrigare non permetteva distrazioni < Perdonami: il dovere chiama > sentenziò mentre rientrava nell’edificio < Un’ultima cosa: armati di molta pazienza questa sera. Sono mesi che la piccola Elizabeth vuole viaggiare per mare, e presumo che abbia parecchie domande da farti >.

Cutler corrugò la fronte < E…lizabeth? >.

< Ma come? Non ne sapete nulla? > Thomas era sorpreso che nessuno l'avesse informato a riguardo < È la figlia degli Swann. Dovreste vederla. È la fotocopia di sua madre > si affrettò a spiegare.

Tutto ciò che Faye disse dopo quella frase non ebbe importanza.
" Una figlia. Dunque non solo l'ha sposato, ma anche... " più ci pensava più provava un'intensa e spiacevole invidia per Weatherby.

****


Il ragazzo si avvicinò in silenzio al letto. Cercò la bussola con lo sguardo e non appena l’ebbe trovata la sfilò dalla cintura del primo ufficiale, che, per quanto fosse affezionatissimo a quell’oggetto, continuò a dormire indisturbato.
La sua abilità di ladro era notevole: aveva avuto ottimi maestri.
Per alcuni istanti restò immobile, indeciso se aprirla o meno. Immaginava la direzione in cui avrebbe puntato, e vedere l’ago indicargli casa sua sarebbe stata un’ulteriore conferma su quale fosse la scelta migliore.
Inizialmente persona per bene, poi prigioniero, pirata, membro della Royal Navy, e adesso? Servire la Compagnia Britannica non era davvero ciò che desiderava.
Prese un lungo respiro e sollevò il coperchio. L’ago cominciò a girare.

L’uomo che fino a un attimo prima stava dormendo si tirò di scatto a sedere < No buono!!! Che fai con la MIA bussola?!?!? > bofonchiò mentre si sistemava il tricorno.

< Ehm… > il ragazzo lanciò un’ultima occhiata all’oggetto e, sbuffando, lo riconsegnò al legittimo proprietario < Certo che, considerando che ti ho salvato la vita, potresti darmela solo per un momento… >.

< Mercanteggi con me? > domandò ironico prima di indicarsi < Chi sono io? >.

< Se lo stanno chiedendo tutti >.

< Tenente Jack Sparrow!! Non è tanto difficile >.

< Certo, Tenente per conto della EITC > fece una lunga pausa di silenzio, indeciso se introdurre o meno quell’argomento spinoso < Cosa direbbe Capitan Teague? Infondo eri il suo protetto e… >.

< Robert Greene, il problema che lui commenti il commentabile si porrebbe qualora conoscesse i dettagli dell’accaduto, ma non conoscendo nemmeno il conoscibile, ossia ciò che è successo a Shipwreck, la sua conoscenza non gli permetterebbe di commentare, quantomeno in modo corretto, comprendi? >.

< Niente affatto > si passò una mano tra i capelli biondi e gli voltò le spalle < E se lo sapesse la Non… >.

< …la NON nominabile piratessa sadica che tutti si chiedono perché alla tenera età di 82 anni riesca ancora a partecipare agli assalti. Oh beh, lei non lo saprà… > lo interruppe Jack mentre controllava i suoi anelli  < …spero > aggiunse subito dopo tra sé. Sua nonna era una creatura terrificante.

Robert fece finta di non aver sentito l’ultima parola e si diresse verso la porta < Ho capito: me ne vado sul ponte. Se hai voglia di parlare, mi trovi lì. A dopo, “Mr Primo Ufficiale” > uscì in fretta dalla cabina e lasciò l’amico da solo, con la sua preziosa bussola in mano.

Jack abbassò lo sguardo assumendo un’espressione cupa. In tempi passati non avrebbe avuto problemi, ma ora la sua volontà era decisamente strana. Voleva ciò che non voleva. Cercava di concentrarsi sul rhum, sulle belle donne, sulle tartarughe marine, ma niente: aspirava alla vendetta.

" Quel cane di Chris mi ha preso in giro. Per colpa sua mi hanno pure bandito da Shipwreck. Dovrei imparare a fidarmi meno degli altri pirati, soprattutto quelli francesi. Anzi, dei francesi in generale: tutti eunuchi. Mai fidarsi di un eunuco ".
Christophe-Jullien de Rapier. In passato era stato il suo migliore amico. Adesso Jack lo voleva… morto.
Ma era inutile perdere tempo lì, con l’ago della bussola puntato verso un luogo che non poteva raggiungere. Erano i Direttori a stabilire le rotte, e il Capitano Bainbridge si assicurava che la nave seguisse i percorsi segnati.
Jack estrasse una fiaschetta di rhum da sotto il materasso e ne bevve qualche sorso. La nascose nuovamente con cura e uscì sul ponte.

Alla vista del primo ufficiale, senza parrucca e con quell’andatura barcollante, alcuni marinai alzarono gli occhi al cielo.

Sparrow non ci fece caso, scavalcò i mozzi che gl’intralciavano il cammino e raggiunse Robert, intento a scrutare l’orizzonte e canticchiare un famigliare motivetto.

< … Se tutto l'oro mio lo volete avere, prendetelo pure. Perché devo morire, morire. Addio a Londra cara. Alle belle ragazze…** >.

< Robby! > lo interruppe appoggiandosi al parapetto < Non puoi cantare ballate piratesche su una nave della Compagnia! >.

< Hai ragione. Il problema è che lo faccio senza neanche accorgermene > ammise stringendosi nelle spalle.

< Se dipendesse da me ti lascerei proseguire, amico. Infondo non sei così stonato e… > quella canzone. L’aveva sentita fin da bambino; la collegava alla sua casa < …e ricordi bene le parole > concluse. Non era il momento di fare i sentimentali.

< Contrariamente a te che sei un disastro > scherzò Robert. In effetti Jack aveva un problema con la memorizzazione dei testi delle canzoni.

< Potrei licenziarti per questo affronto, Mr Greene > incrociò le braccia fingendosi offeso.

< E poi rimarresti da solo con tutti questi parruccati o aspiranti parruccati >.

Sparrow fece per ribattere quando Nathaniel Bainbridge si affiancò ai due < Sottotenente Greene, vedete terra? >.

< No mio signore. Sono giorni che navighiamo a sfavore di vento. Abbiamo accumulato parecchio ritardo >.

Il Capitano biascicò qualcosa tra i denti, innervosito dalla lunghezza di quel viaggio.

Jack si lasciò scappare uno dei suoi sorrisi strafottenti < E meno male che questo brigantino si chiama Fair Wind*** >.

< Come prego? >.

< Non per offendere, “capitano”, ma credo che voi inglesi ve la tiriate un po’ troppo >.

Bainbridge inarcò un sopracciglio senza capire a pieno il significato della frase.

< È buona creanza che le navi portino nomi femminili > si affrettò a spiegare Greene < E chiamare un brigantino in quel modo potrebbe in qualche modo… ehm… offendere il mare >.

< Ragazzi miei, i tempi delle leggende sono terminati da un pezzo. Il mare non si può offendere > il Capitano si allontanò scuotendo la testa, in parte divertito dalle strane storie di quei due.

< Scommetto il mio cappello che Bainbridge va a scolarsi un’altra bottiglia di rhum >.

< Tra te e lui non so chi sia peggio, Mr Sparrow. Se continuate così, al nostro arrivo, non sarà rimasta nemmeno una botte >.

Jack assunse un'espressione innocente < Di tutte le merci che si possono portare, proprio il rhum dovevamo avere? Mi induce in tentazione… infondo, la carne è debole, come diceva… > ci pensò un attimo, poi si arrese al fatto di avere una pessima memoria < …quello >.

 

*Edo = Tokyo
**Le parole che disse Capitan Kidd il giorno della sua morte sono le seguenti: My name was Captain Kidd, when I sail'd, when I sail'd. And so wichedly I did. God laws I did forbit. When I sail'd ,when I sail'd. I roam'd from sound to sound. And many a ship I found. And then I sunk or burn'd. When I sail'd. I munder'd William Moore. And latd him in his gore. Not many leagues from shore. When I sail'd. Farewell to young and old. All jolly seamen bold. You're welcome to my gold. For I must die, I must die. Farewell to Lunnon town. The pretty girls all round. No pardon can be found, and I must die, I must die. Farewell, for I must die. Then to eternity, in hiderous mistery. I must lie, I must lie. (chi vuole la traduzione o spiegazioni a riguardo non deve far altro che chiedere).  
***Fair Wind = Vento favorevole

 
Oggi mi prendo un sacco di spazio per i miei commenti!! XD
Prima di dire qualsiasi cosa, buon anno a tutti!!!!
Adesso che gli auguri gli ho fatti passiamo a una domanda: quanti, all’inizio, hanno pensato che Robert Greene fosse Jack????
Ok, a parte questo dettaglio che potevo evitarmi, ringrazio quelli che hanno letto, commentato, inserito la storia tra le seguite, ricordate o preferite (o, come Jack, in tutte e tre: firmi le carte di marca Jacky?? :D). Un grazie speciale alla sorellina di Hector, a Jack & Co., a Fanny, a Miss Wasp e a due scarpette a cui sono particolarmente affezionato.
Un avviso: ho preferito dividere questo capitolo e il seguente tra quello che succede a me e le avventure di Jack anche se, temporalmente parlando, ci sarebbe qualche mese di differenza… per essere precisi: la festa a Villa Swann è il 31 Dicembre, mentre la parte di Jack è ambientata in primavera.
Ah dimenticavo: la canzone di Robert faceva più o meno così:
http://www.youtube.com/watch?v=Hyhiqq-FzDU    

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