Donne

di MedusaNoir
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Tutte noi siamo donne ***
Capitolo 3: *** Donne che sanno ***
Capitolo 4: *** Di avere sbagliato ***
Capitolo 5: *** Nobili, coraggiose ***
Capitolo 6: *** Mortali, orgogliose ***
Capitolo 7: *** Fuggiamo ***
Capitolo 8: *** Dal nostro destino ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Donne

 

Prologo

 

Non la amava.

Sentiva scivolare il corpo della donna sotto il suo, i seni morbidi e precisi modellarsi sotto il tocco virile delle mani. Lasciò che si aggrappasse alla sua schiena, incapace di stare troppo tempo lontana da lui: gli apparteneva e desiderava ricordaglielo costantemente.

L’uomo le accarezzò i capelli soffici, affondando le dita nella chioma castana e immaginando di tenere un’altra donna tra le braccia. Avvertiva la sua pelle delicata, così perfetta, e strinse con forza le ciocche che teneva in mano per allontanare il pensiero di lei.

No, non c’era quella donna al momento, non era lei che respirava bisognosa sul suo viso, non erano sue le labbra dolci che sfioravano le proprie. Lasciò libera la fantasia, vedendo la donna che avrebbe sempre amato al posto di quella bambola che gli era stata destinata, sognando i suoi lunghi capelli rossi che gli solleticavano il collo.

L’immagine era talmente nitida che l’uomo spalancò gli occhi, e quale sofferenza e temporaneo disorientamento lo colsero quando gli si parò davanti il suo sorriso candido!

Non si fermò, ma continuò a tenerla tra le braccia finché non ebbe depositato il suo seme in lei, realizzando ciò per cui era lì. La lasciò addormentarsi sul suo petto, ascoltando il rumore incessante del cuore di lei; la melodia del suo si era affievolita qualche giorno prima.

Osservò il firmamento sopra le loro teste, gli parve di riconoscervi il suo sguardo. E allora il dolore oppresse la mente di Adamo, mentre le sue mani accarezzavano obbedienti la schiena di Eva, la donna che era stata creata per asservirlo, sua costola per non ribellarsi come aveva fatto la primogenita. Avvertì le lacrime salirgli agli occhi, non fece niente per fermarle.

Lei non era Lilith.

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Cento.

Cento storie pubblicate su EFP.

 

Il 2011 è stato un anno impegnativo per me, ho sofferto e ho pianto, e questo ultimo mese è stato più pesante degli altri. Non ho mai visto il Capodanno come l’opportunità di gettarsi alle spalle un pessimo anno e ricominciare tutto; tuttavia, qui si tratta del 2012 e, forse perché dovrebbe essere “l’ultimo anno”, forse perché vorrei solo lasciare indietro ciò che mi ha fatto soffrire, stavolta voglio essere ottimista. E lo faccio con una nuova storia, con la centesima, partendo proprio da oggi.

Ho voluto iniziare con le due primogenite, la figlia della terra e la figlia dell’uomo, per introdurre le donne di cui racconterò con cento parole nei prossimi capitoli, personaggi mitologici e letterari, cinematografici e realmente esistiti. Per chiudere in bellezza credo si possa immaginare con chi.

 

Non ci sono state solo sofferenze, però, in questo 2011: ho conosciuto molte persone, il mio cuore ha battuto e continua a battere, e sono riapprovata da poco più di un anno su EFP. Sarò patetica dicendo che ho incontrato persone meravigliose? Può darsi, ma voglio dire la verità e ringraziarvi tutti. Perdonatemi se dimenticherò qualcuno, le persone che voglio ringraziare sono tante e potrebbe sfuggirmi qualche nome; tuttavia, se aveva attraversato la mia strada, lo sapete già voi.

Prima di tutto, ringrazio DarkAeris, la mia migliore amica da otto anni. E non le ho mai detto di essere la mia migliore amica, credo. Non sono un granché con queste cose. Ti ringrazio per ogni momento in cui mi sei stata vicina, anche quando avevi altro a cui pensare, e per avere passato notti insonni con me a scrivere di Marco, Ettore e Davide.

Il secondo ringraziamento a Charme, la prima persona a cui mi sono affezionata qui sul sito: mi hai lasciato delle recensioni magnifiche, cara, facendomi tornare il sorriso un sacco di volte.

Tefnut. Cosa dire di lei? Una ragazza che credo sia completamente il mio opposto, ma a cui voglio molto bene. Draco è tutto tuo quest’anno, te lo lascio perché lo meriti.

I ringraziamenti vanno anche alle ragazze di MSN, coloro con cui ho passato alcune sere quest’estate a chiacchierare di qualsiasi cosa, a sfidarci. Prima di tutto a Noth, perché anche lei si merita qualcosa, e sono felice che “qualcuno” ci abbia fatte conoscere; a mia moglie Cecilietta-etta-etta (missohara), anche se mi tradisci di continuo con John, e questo non si fa, non quando ti aspetto a casa con la cena in forno per non farla freddare; a Somo, Roxanne (a cui credo sia piaciuto questo prologo!), June, AlexBlack e Wynne, perché mi avete fatto fare un mucchio di risate.

A tutte le Muse, perché anche voi mi fate fare un sacco di risate, e sono lieta che mi abbiate accolta fra voi.

Grazie a Taminia, per avermi segnalata tra le scelte: è stato un momento bellissimo, non cesserò mai di ringraziarti per questo.

Grazie a Pad, May_Z, Only, Zuza, Daphne, Hikaru, Astrid.

Grazie a SunnySideOfTheStreet, per essermi stata vicina quando ero giù per un certo “lui”.

Grazie a Rin, perché con te parlare di Hook e Nana è bellissimo.

Grazie, non ultimo, a tutti i miei recensori: è bellissimo ricevere una recensione per qualcosa che si scrive, molti di noi lo sanno. E’ bellissimo, e per voi va un ringraziamento enorme.

E poi, al termine di questi ringraziamenti più lunghi della storia stessa, c’è una ragazza che ha realizzato il sogno credo di tutte le EFPiane: a Erica (HarryJo), per essere una delle persone migliori che hanno attraversato la mia strada. Non so come farei senza di te, senza i tuoi sms, i tuoi “Baka!”, le tue storie, le tue parole sempre giuste, la tua presenza costante anche se sei a chilometri da me. Grazie perché le tue recensioni sono fantastiche e quella che mi hai lasciato alla mia storia preferita mi ha fatta piangere (non solo quella, ma in particolare!). Perché è grazie a te che ho capito di non essere Pansy, di poter essere Ginny, di fare ciò che è in mio potere per ottenere quello che voglio, di non lasciarmi abbattere dalle circostanze. Mi hai salvata, Erica. Un grazie enorme a te, la prima scrittrice che ho avuto la fortuna e l’onore di conoscere.

 

Buon anniversario a EFP, grazie per questi undici anni.

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Capitolo 2
*** Tutte noi siamo donne ***


Tutte noi siamo donne

Medea

Fra quante creature han senso e spirito,

noi donne siam di tutte le più misere.

 

Cammina monumentale, sovrasta le donne di Corinto celate da veli: è pronta ad annunciare la decisione presa, livida di dolore e umiliazione per la sorte subita.

Ahi, l’infelice! Lei donna dovrà patire, destino riservato a tutte quelle che appartengono alla sua specie.

Non c’è speranza, non c’è salvezza, per lei più di tutte.

La sofferenza la dilania, le resta solo di invocare l’aiuto delle donne come lei, le misere creature che la terra partorì. Si volge alla nutrice: non può ostacolarla, lei deve comprendere il suo tormento; deve, perché è donna.

- Tu mi ami, e per di più sei donna.

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Non ho idea del perché l'ultima frase sia così grande, non riesco in alcun modo a rimpicciolirla: sembra che quelle parole debbano essere in rilievo, forse è un segno.

La frase in corsivo è tratta dalla "Medea" di Euripide, mentre quella finale dal film di Pasolini.

"Maga, donna e straniera": questo ci diceva il professore del liceo, evidentemente innamorato della figura di Medea, e come dargli torto? Non amo lei, non approvo il suo atto finale nei confronti dei figli, ma è un personaggio affascinante e problematico. Ho affidato a lei il primo capitolo perché il suo essere donna è emblematico nel mito, lo dice la stessa citazione di Euripide: Medea è una persona che ha perso tutto per Giasone, non ha più una patria, è malvista perché pratica la magia ed è una donna, non servono spiegazioni per questo punto. E' il personaggio migliore per aprire la serie delle donne, quello adatto a cui mettere in bocca le parole: "Tutte noi siamo donne". La Nutrice, nel film, tenta di dissuaderla dal suo piano e le parole finali di Medea per convincerla sono, ancora, emblematiche.

Sono donne.

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Capitolo 3
*** Donne che sanno ***


Donne che sanno

Cassandra

Apollo, Apollo, dio delle strade,

distruttore mio,

per la seconda volta a fondo mi hai distrutta!

 

- Scendi da questo carro, e non essere superba.

 

Si sbagliava Clitemnestra: il bottino di guerra, che l’Atride aveva portato da Ilio distrutta, non osava muovere un passo verso la reggia perché cosciente del proprio destino.

Così, ancora una volta, la maledizione di Apollo gravava su lei, sventurata. Non erano bastate le mura della città in fiamme? I cadaveri dei fratelli sanguinavano davanti gli occhi della disgraziata, che ora da morte certa e predetta era attesa.

Le gambe erano immobili, il petto della donna violata da Aiace batteva contro la veste, ma lei derelitta sapeva: al Fato non poteva sfuggire.

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"La donna che sa" per eccellenza, e nonostante questo non ha la capacità di cambiare il proprio destino. Predisse la fine di Troia? Sì, non venne ascoltata. Predisse la morte di Agamennone e poi la sua? Sì, non venne ascoltata.

Cassadra è l'antropoformizzazione della condizione delle donne che sanno, ma anche se parlassero rimarrebero inascoltate e sono quindi destinate a soffire.

La frase in corsivo è pronunciata da Cassandra nell'"Agamennone" ("Orestea") di Eschilo, mentre la prima è di Clitemnestra, tratta dalla stessa tragedia. Ma non ho "bruciato" Clitemnestra, uno dei miei personaggi mitologici preferiti, così: apparirà anche più avanti.

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Capitolo 4
*** Di avere sbagliato ***


Di avere sbagliato

Merope

Merope, mia figlia.


 

Padre!

Il mio nome non è degno d’essere pronunciato, io non son degna del cielo!

Ti ho deluso, padre?

Rammento le tue parole su di lui, per il quale abbandonai la famiglia: fui avventata a riporre in quell’uomo le speranze, e ora che sto morendo i miei errori sono chiari agli occhi! La meno bella, la meno luminosa della stirpe tanto decantata; forse fu presagio del mio tradimento?

Eppure, nonostante la follia del mio gesto, non sono capace di condannarlo completamente. Questo figlio che ho dato alla luce, frutto del mio dissennato amore, lui solo attenua il mio dolore.

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Merope è una delle sette Pleiadi, figlie di Atlante; alla loro morte, le sorelle salirono in cielo, divenendo costellazione, ma lei fuggì, perché non ne era degna: aveva sposato un mortale; si ritiene che la stella che porta il suo nome brilli meno delle altre per tale motivo. Suo marito, da cui ebbe Glauco, era il crudele Sisifo, che riuscì a tornare dal Tartaro per poi esservi infine ricondotto.

Merope, dall'aria sconfitta e il brutto aspetto, è l'ultima discendente femminile di Salazar Serpeverde, che fugge dalla famiglia per amore di un Babbano; da lui avrà il crudele Tom Orvoloson Riddle, che tenterà il possibile per sfuggire alla morte.

La citazione iniziale è tratta da "Harry Potter e il Principe Mezzosangue".

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Capitolo 5
*** Nobili, coraggiose ***


Nobili, coraggiose

Antigone

                    “Scegliesti?”

                                                            “Ho scelto.”

                                                                                            “Emon?”

                                                                                                                       “Morte.”

“L’avrai.”

 

Tale il destino delle progenie tebana: Edipo cieco non poté contro il Fato e la nobile Antigone non volle contro se stessa. L’Acheronte attendeva ancora Polinice, ma Creonte imponeva di non dargli sepoltura.

Come avrebbe dovuto agire una sorella? Nemica del sovrano di Tebe divenne, sostenendo la causa che l’avrebbe condotta presso i fratelli. A Emone rinunciò, a Emone che amava!

Il coraggio di Antigone fu la sua nobiltà; la morte accolse senza temerla, conoscendo la giustizia delle proprie azioni.

- Per la mia sorte da ciglio amico lacrima non stilla.

Ismene affranta osservava la potenza di un ideale.

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Antigone, figlia di Edipo, alla morte dei fratelli non volle dare sepoltura solo a Eteocle, che aveva protetto Tebe, ma anche a Polinice che si era scontrato contro di lui; Creonte era contrario e l'insistenza della donna la portò alla morte. Come Eteocle e Polinice, anche Antigone e Ismene sono sorelle in contrapposizione, in questo caso caratterialmente.

La prima citazione è tratta dall'Antigone di Alfieri, mentre l'ultima, il discorso diretto, viene dall'Antigone di Sofocle.

Ancora una volta, la formattazione mi è venuta male, ma forse quel "L'avrai." da solo dà più risalto al suo significato, per cui fingo che sia una mia scelta e non tento di cambiarlo!

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Capitolo 6
*** Mortali, orgogliose ***


Mortali, orgogliose

Catherine

Noi separati? Lui abbandonato?

Ma chi ci separerà, scusa? Non parliamone neppure.

 

Tra le urla mia figlia nasce e io disperata muoio.

Mi senti, Heathcliff? Senti queste grida? Dicono che sono pazza, dicono che mi hai gettata nella follia!

Non potevo sposare uno come te, ma non posso amare che uno come te. Heathcliff, dove sei, vieni qui, strappami dal dolore, prendi la mia anima, salvami, portami lontano, noi due, insieme, rocce immutabili.

Al diavolo le lacrime di mio marito! Vorrei solo stringere la tua mano, la sola che stringerei. Sto morendo, le ombre mi chiamano, stammi accanto.

- Nelly, io sono Heathcliff!

Finché vivrai non ti darò pace, finché vivrai saremo entrambi.

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Questa volta ho scelto di parlare di uno dei miei personaggi preferiti, quanto odiato, del Libro: Catherine Heathcliff, che "nella vita è stata Catherine Earnshaw e Catherine Linton, ma realmente non è mai stata che Catherine Heathcliff" (fantastica spiegazione del mio professore di Letteratura inglese).

Come descrivere in poche parole la relazione tra Catherine e Heathcliff a chi non ha mai letto Cime Tempestose? Lo farò citando le parole che hanno reso il loro amore reale più di tutti quelli che abbia mai letto, un amore distruttivo, "romantico".

"Ma certo tu hai, tutti hanno l'idea che ci deve essere, fuori di noi, un'esistenza che è ancora la nostra. A che scopo esisterei, se fossi tutta contenuta in me stessa? I miei grandi dolori, in questo mondo, sono stati i dolori di Heathcliff, io li ho tutti indovinati e sentiti fin dal principio. Il mio gran pensiero, nella vita, è lui. Se tutto il resto perisse e lui restasse, io potrei continuare ad esistere; ma se tutto il resto durasse e lui fosse annientato, il mondo diverrebbe, per me, qualche cosa di immensamente estraneo: avrei l'impressione di non farne più parte. Il mio amore per Linton è come il fogliame dei boschi: il tempo lo trasformerà, ne son sicura, come l'inverno trasforma le piante. Ma il mio amore per Heathcluff somiglia alle rocce nascoste ed immutabili; dà poca gioia apparente, ma è necessario. Nelly, io sono Heathcliff! Lui è sempre, sempre nel mio spirito: non come un piacere, allo stesso modo ch'io non sono sempre un piacere per me stessa, ma come il mio proprio essere."

Mi dispiace di avere inserito una citazione tanto lunga, ma credo sia esplicativa. Il momento che ho scelto di descrivere è la nascita della piccola Cathy e la successiva morte di sua madre: Catherine è ridotta alla follia dall'amore per Heathcliff, che è tornato nella sua vita dopo anni di assenza, per cui ho deciso di utilizzare uno stile piuttosto diverso da quello "mitico" degli altri capitoli. Catherine è "orgogliosa", perché più di lei ne ho viste ben poche, e "mortale". Forse.

Spero vi sia piaciuto, perché adoro questo personaggio.

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Capitolo 7
*** Fuggiamo ***


Fuggiamo

Dafne

Subito lui s'innamora, mentre lei

nemmeno il nome d'amore vuol sentire.

 

Corre la ninfa, corre tra le fronde; il dio la insegue, il dio la brama.

Corri più forte, Dafne! Se Apollo ti prenderà, della tua castità non sarai più regina.

L’oro doloroso punge nelle ossa di Febo, lui che è il sole e il sole splendente non può catturare: corri, Dafne, corri!

- Aiutami, padre! Dissolvi, mutandole, queste mie fattezze per cui troppo piacqui!

Implora la ninfa, implora suo padre; il dio la insegue, il dio la brama.

Disperata porta un braccio al cielo e ramo diventa, radici, foglie.

Apollo innamorato si accosta, la bacia, lei in silenzio ancora lo fugge.

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Apollo prende in giro Cupido, il dio si vendica: con una freccia d'oro colpisce Apollo per farlo innamorare, con una di piombo punge la ninfa Dafne per farla fuggire. Apollo la insegue, lei scappa e infine invoca il padre e viene trasformata in alloro; da quel momento, l'alloro sarà la pianta sacra al dio. Ma l'avrà davvero cattura?

Le due citazioni sono prese dalle Metamorfosi di Ovidio.

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Capitolo 8
*** Dal nostro destino ***


Dal nostro destino

Elena

E io, che pure tanto ho sofferto, sono maledetta,
ritenuta da tutti traditrice di mio marito
e rea d'aver acceso una guerra tremenda per la Grecia.

 

Folle destino è il mio. Guardami, o Padre! Perché concedi che il Fato si prenda così gioco di me?

Volesse l’Olimpio non fossi mai stata bella: molti pretendenti, rapita, nascosta in Egitto, un simulacro di me inviato ad Ilio. O sono io? Non so più chi sono.

I troiani mi odiano, gli achei mi disprezzano e insieme mi bramano, mi sognano nelle notti accanto alle loro donne, vorrebbero me.

Elena traditrice, Elena vittima, Elena colpevole, Elena innamorata, Elena meretrice, Elena condannata. Muoiono i combattenti e io non posso evitare nulla!

- Tu non hai colpe.

Ancora più folle è il mio destino!

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Elena era la donna più bella della Grecia, aveva numerosi pretendenti e fu rapita da Paride che diede così vita alla guerra di Troia nerrata dell'Iliade. Come per molti personaggi, le fonti discordano: c'è chi dice che fu rapita anche da Teseo, chi afferma che la donna portata a Troia non fosse la vera Elena, ma una copia creata da Era per vendicarsi del giudizio di Paride e che quindi Elena si trovi in Egitto. Ho scelto di basarmi su tutte queste fonti, rendendo Elena inconsapevole di chi veramente sia: lei è sempre vittima degli eventi, ma a volte viene accusata di ciò che la sua esistenza ha generato; per cui qui Elena è confusa, afferma di trovarsi in Egitto, ma riporta le parole di Priamo, si definisce vittima e finisce con il sembrare quasi contenta che gli uomini la bramino.


La prima citazione è tratta da Elena di Euripide, mentre la frase in discorso diretto è pronunciata da Priamo nell'Iliade.

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