Donne di MedusaNoir (/viewuser.php?uid=85659)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Tutte noi siamo donne ***
Capitolo 3: *** Donne che sanno ***
Capitolo 4: *** Di avere sbagliato ***
Capitolo 5: *** Nobili, coraggiose ***
Capitolo 6: *** Mortali, orgogliose ***
Capitolo 7: *** Fuggiamo ***
Capitolo 8: *** Dal nostro destino ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Donne
Prologo
Non
la amava.
Sentiva
scivolare il corpo della donna sotto il suo, i seni
morbidi e precisi modellarsi sotto il tocco virile delle mani.
Lasciò che si
aggrappasse alla sua schiena, incapace di stare troppo tempo lontana da
lui:
gli apparteneva e desiderava ricordaglielo costantemente.
L’uomo
le accarezzò i capelli soffici, affondando le dita
nella chioma castana e immaginando di tenere un’altra donna
tra le braccia.
Avvertiva la sua pelle delicata, così perfetta,
e strinse con forza le ciocche che teneva in mano per allontanare il
pensiero
di lei.
No,
non c’era quella donna al momento, non era lei che
respirava bisognosa sul suo viso, non erano sue le labbra dolci che
sfioravano
le proprie. Lasciò libera la fantasia, vedendo la donna che
avrebbe sempre
amato al posto di quella bambola che gli era stata destinata, sognando
i suoi
lunghi capelli rossi che gli solleticavano il collo.
L’immagine
era talmente nitida che l’uomo spalancò gli
occhi, e quale sofferenza e temporaneo disorientamento lo colsero
quando gli si
parò davanti il suo sorriso candido!
Non
si fermò, ma continuò a tenerla tra le braccia
finché
non ebbe depositato il suo seme in lei, realizzando ciò per
cui era lì. La
lasciò addormentarsi sul suo petto, ascoltando il rumore
incessante del cuore
di lei; la melodia del suo si era affievolita qualche giorno prima.
Osservò
il firmamento sopra le loro teste, gli parve di
riconoscervi il suo sguardo. E allora il dolore oppresse la mente di
Adamo,
mentre le sue mani accarezzavano obbedienti la schiena di Eva, la donna
che era
stata creata per asservirlo, sua costola per non ribellarsi come aveva
fatto la
primogenita. Avvertì le lacrime salirgli agli occhi, non
fece niente per
fermarle.
Lei
non era Lilith.
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Cento.
Cento
storie pubblicate su EFP.
Il
2011 è stato un anno impegnativo per me, ho sofferto e ho
pianto, e questo ultimo mese è stato più pesante
degli altri. Non ho mai visto
il Capodanno come l’opportunità di gettarsi alle
spalle un pessimo anno e ricominciare
tutto; tuttavia, qui si tratta del 2012 e, forse perché
dovrebbe essere
“l’ultimo anno”, forse perché
vorrei solo lasciare indietro ciò che mi ha fatto
soffrire, stavolta voglio essere ottimista. E lo faccio con una nuova
storia,
con la centesima, partendo proprio da oggi.
Ho
voluto iniziare con le due primogenite, la figlia della
terra e la figlia dell’uomo, per introdurre le donne di cui
racconterò con
cento parole nei prossimi capitoli, personaggi mitologici e letterari,
cinematografici e realmente esistiti. Per chiudere in bellezza credo si
possa
immaginare con chi.
Non
ci sono state solo sofferenze, però, in questo 2011: ho
conosciuto molte persone, il mio cuore ha battuto e continua a battere,
e sono
riapprovata da poco più di un anno su EFP. Sarò
patetica dicendo che ho
incontrato persone meravigliose? Può darsi, ma voglio dire
la verità e
ringraziarvi tutti. Perdonatemi se dimenticherò qualcuno, le
persone che voglio
ringraziare sono tante e potrebbe sfuggirmi qualche nome; tuttavia, se
aveva
attraversato la mia strada, lo sapete già voi.
Prima
di tutto, ringrazio DarkAeris,
la mia migliore amica
da otto anni. E non le ho mai detto di essere la mia migliore amica,
credo. Non
sono un granché con queste cose. Ti ringrazio per ogni
momento in cui mi sei
stata vicina, anche quando avevi altro a cui pensare, e per avere
passato notti
insonni con me a scrivere di Marco, Ettore e Davide.
Il
secondo ringraziamento a Charme,
la prima persona a cui
mi sono affezionata qui sul sito: mi hai lasciato delle recensioni
magnifiche,
cara, facendomi tornare il sorriso un sacco di volte.
Tefnut. Cosa dire di
lei? Una ragazza che credo sia
completamente il mio opposto, ma a cui voglio molto bene. Draco
è tutto tuo
quest’anno, te lo lascio perché lo meriti.
I
ringraziamenti vanno anche alle ragazze di MSN, coloro con
cui ho passato alcune sere quest’estate a chiacchierare di
qualsiasi cosa, a
sfidarci. Prima di tutto a Noth,
perché anche lei si merita qualcosa, e sono
felice che “qualcuno” ci abbia fatte conoscere; a
mia moglie
Cecilietta-etta-etta
(missohara), anche se mi tradisci di continuo con John, e
questo non si fa, non quando ti aspetto a casa con la cena in forno per
non
farla freddare; a Somo,
Roxanne (a
cui credo sia piaciuto questo prologo!), June,
AlexBlack e Wynne,
perché mi avete fatto fare un mucchio di risate.
A
tutte le Muse,
perché anche voi mi fate fare un sacco di
risate, e sono lieta che mi abbiate accolta fra voi.
Grazie
a Taminia,
per avermi segnalata tra le scelte: è
stato un momento bellissimo, non cesserò mai di ringraziarti
per questo.
Grazie
a Pad, May_Z, Only, Zuza, Daphne, Hikaru, Astrid.
Grazie
a SunnySideOfTheStreet,
per essermi stata vicina
quando ero giù per un certo “lui”.
Grazie
a Rin,
perché con te parlare di Hook e Nana è bellissimo.
Grazie,
non ultimo, a tutti i miei recensori: è bellissimo
ricevere una recensione per qualcosa che si scrive, molti di noi lo
sanno. E’
bellissimo, e per voi va un ringraziamento enorme.
E
poi, al termine di questi ringraziamenti più lunghi della
storia stessa, c’è una ragazza che ha realizzato
il sogno credo di tutte le
EFPiane: a Erica
(HarryJo), per essere una delle persone migliori che hanno
attraversato la mia strada. Non so come farei senza di te, senza i tuoi
sms, i
tuoi “Baka!”, le tue storie, le tue parole sempre
giuste, la tua presenza
costante anche se sei a chilometri da me. Grazie perché le
tue recensioni sono
fantastiche e quella che mi hai lasciato alla mia storia preferita mi
ha fatta
piangere (non solo quella, ma in particolare!). Perché
è grazie a te che ho
capito di non essere Pansy, di poter essere Ginny, di fare
ciò che è in mio
potere per ottenere quello che voglio, di non lasciarmi abbattere dalle
circostanze. Mi hai salvata, Erica. Un grazie enorme a te, la prima
scrittrice
che ho avuto la fortuna e l’onore di conoscere.
Buon
anniversario a EFP, grazie per questi undici anni.
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Capitolo 2 *** Tutte noi siamo donne ***
Tutte
noi siamo donne
Medea
Fra
quante creature han senso e spirito,
noi
donne siam di tutte le più misere.
Cammina monumentale, sovrasta le
donne di Corinto celate da veli: è pronta ad annunciare la
decisione presa, livida di dolore e umiliazione per la sorte subita.
Ahi, l’infelice! Lei
donna dovrà patire, destino riservato a tutte quelle che
appartengono alla sua specie.
Non c’è
speranza, non c’è salvezza, per lei più
di tutte.
La
sofferenza la dilania, le resta solo di invocare l’aiuto
delle donne come lei, le misere creature che la terra
partorì. Si volge alla nutrice: non può
ostacolarla, lei deve comprendere il suo tormento; deve,
perché è donna.
-
Tu mi ami, e per di più sei donna.
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Non
ho idea del perché l'ultima frase sia così
grande, non riesco in alcun modo a rimpicciolirla: sembra che quelle
parole debbano essere in rilievo, forse è un segno.
La
frase in corsivo è tratta dalla "Medea" di Euripide, mentre
quella finale dal film di Pasolini.
"Maga,
donna e straniera": questo ci diceva il professore del liceo,
evidentemente innamorato della figura di Medea, e come dargli torto?
Non amo lei, non approvo il suo atto finale nei confronti dei figli, ma
è un personaggio affascinante e problematico. Ho affidato a
lei il primo capitolo perché il suo essere donna
è emblematico nel mito, lo dice la stessa citazione di
Euripide: Medea è una persona che ha perso tutto per
Giasone, non ha più una patria, è malvista
perché pratica la magia ed è una donna, non
servono spiegazioni per questo punto. E' il personaggio migliore per
aprire la serie delle donne, quello adatto a cui mettere in bocca le
parole: "Tutte noi siamo donne". La Nutrice, nel film, tenta di
dissuaderla dal suo piano e le parole finali di Medea per convincerla
sono, ancora, emblematiche.
Sono
donne.
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Capitolo 3 *** Donne che sanno ***
Donne
che sanno
Cassandra
Apollo, Apollo, dio delle strade,
distruttore mio,
per la seconda volta a fondo mi hai distrutta!
-
Scendi da questo carro, e non essere superba.
Si
sbagliava Clitemnestra: il bottino di guerra, che l’Atride
aveva portato da Ilio distrutta, non osava muovere un passo verso la
reggia
perché cosciente del proprio destino.
Così,
ancora una volta, la maledizione di Apollo gravava su
lei, sventurata. Non erano bastate le mura della città in
fiamme? I cadaveri
dei fratelli sanguinavano davanti gli occhi della disgraziata, che ora
da morte
certa e predetta era attesa.
Le
gambe erano immobili, il petto della donna violata da
Aiace batteva contro la veste, ma lei derelitta sapeva: al Fato non
poteva
sfuggire.
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"La
donna che sa" per eccellenza, e nonostante questo non ha la
capacità di cambiare il proprio destino. Predisse la fine di
Troia? Sì, non venne ascoltata. Predisse la morte di
Agamennone e poi la sua? Sì, non venne ascoltata.
Cassadra
è l'antropoformizzazione della condizione delle donne che
sanno, ma anche se parlassero rimarrebero inascoltate e sono quindi
destinate a soffire.
La
frase in corsivo è pronunciata da Cassandra
nell'"Agamennone" ("Orestea") di Eschilo, mentre la prima è
di Clitemnestra, tratta dalla stessa tragedia. Ma non ho "bruciato"
Clitemnestra, uno dei miei personaggi mitologici preferiti,
così: apparirà anche più avanti.
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Capitolo 4 *** Di avere sbagliato ***
Di
avere sbagliato
Merope
Merope, mia figlia.
Padre!
Il
mio nome non è degno d’essere pronunciato, io non
son
degna del cielo!
Ti
ho deluso, padre?
Rammento
le tue parole su di lui, per il quale abbandonai la
famiglia: fui avventata a riporre in quell’uomo le speranze,
e ora che sto
morendo i miei errori sono chiari agli occhi! La meno bella, la meno
luminosa
della stirpe tanto decantata; forse fu presagio del mio tradimento?
Eppure,
nonostante la follia del mio gesto, non sono capace
di condannarlo completamente. Questo figlio che ho dato alla luce,
frutto del
mio dissennato amore, lui solo attenua il mio dolore.
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Merope
è una delle sette Pleiadi, figlie di Atlante; alla loro
morte, le sorelle salirono in cielo, divenendo costellazione, ma lei
fuggì, perché non ne era degna: aveva sposato un
mortale; si ritiene che la stella che porta il suo nome brilli meno
delle altre per tale motivo. Suo marito, da cui ebbe Glauco, era il
crudele Sisifo, che riuscì a tornare dal Tartaro per poi
esservi infine ricondotto.
Merope,
dall'aria sconfitta e il brutto aspetto, è l'ultima
discendente femminile di Salazar Serpeverde, che fugge dalla famiglia
per amore di un Babbano; da lui avrà il crudele Tom
Orvoloson Riddle, che tenterà il possibile per sfuggire alla
morte.
La
citazione iniziale è tratta da "Harry Potter e il Principe
Mezzosangue".
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Capitolo 5 *** Nobili, coraggiose ***
Nobili,
coraggiose
Antigone
“Scegliesti?”
“Ho scelto.”
“Emon?”
“Morte.”
“L’avrai.”
Tale
il destino delle progenie tebana: Edipo cieco non poté
contro il Fato e la nobile Antigone non volle contro se stessa.
L’Acheronte
attendeva ancora Polinice, ma Creonte imponeva di non dargli sepoltura.
Come
avrebbe dovuto agire una sorella? Nemica del sovrano di
Tebe divenne, sostenendo la causa che l’avrebbe condotta
presso i fratelli. A
Emone rinunciò, a Emone che amava!
Il
coraggio di Antigone fu la sua nobiltà; la morte accolse
senza temerla, conoscendo la giustizia delle proprie azioni.
-
Per la mia sorte da ciglio amico lacrima non stilla.
Ismene
affranta osservava la potenza di un ideale.
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Antigone,
figlia di Edipo, alla morte dei fratelli non volle dare sepoltura solo
a Eteocle, che aveva protetto Tebe, ma anche a Polinice che si era
scontrato contro di lui; Creonte era contrario e l'insistenza della
donna la portò alla morte. Come Eteocle e Polinice, anche
Antigone e Ismene sono sorelle in contrapposizione, in questo caso
caratterialmente.
La
prima citazione è tratta dall'Antigone di
Alfieri, mentre l'ultima, il discorso diretto, viene dall'Antigone di Sofocle.
Ancora
una volta, la formattazione mi è venuta male, ma forse quel
"L'avrai." da solo dà più risalto al suo
significato, per cui fingo che sia una mia scelta e non tento di
cambiarlo!
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Capitolo 6 *** Mortali, orgogliose ***
Mortali, orgogliose
Catherine
Noi separati? Lui abbandonato?
Ma chi ci separerà, scusa? Non
parliamone neppure.
Tra
le urla mia figlia nasce e io disperata muoio.
Mi
senti, Heathcliff? Senti queste grida? Dicono che sono pazza,
dicono che mi hai gettata nella follia!
Non
potevo sposare uno
come te, ma non posso amare che uno
come te. Heathcliff, dove sei, vieni qui, strappami dal
dolore, prendi la
mia anima, salvami, portami lontano, noi due, insieme, rocce immutabili.
Al
diavolo le lacrime di mio marito! Vorrei solo stringere
la tua mano, la sola che stringerei. Sto morendo, le ombre mi chiamano,
stammi
accanto.
- Nelly, io sono Heathcliff!
Finché
vivrai non ti darò pace, finché vivrai saremo
entrambi.
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Questa
volta ho scelto di parlare di uno dei miei personaggi preferiti, quanto
odiato, del Libro: Catherine Heathcliff, che "nella vita è
stata Catherine Earnshaw e Catherine Linton, ma realmente non
è mai stata che Catherine Heathcliff" (fantastica
spiegazione del mio professore di Letteratura inglese).
Come
descrivere in poche parole la relazione tra Catherine e Heathcliff a
chi non ha mai letto Cime
Tempestose? Lo farò citando le parole che hanno
reso il loro amore reale
più di tutti quelli che abbia mai letto, un amore
distruttivo, "romantico".
"Ma
certo tu hai, tutti hanno l'idea che ci deve essere, fuori di noi,
un'esistenza che è ancora la nostra. A che scopo esisterei,
se fossi tutta contenuta in me stessa? I miei grandi dolori, in questo
mondo, sono stati i dolori di Heathcliff, io li ho tutti indovinati e
sentiti fin dal principio. Il mio gran pensiero, nella vita,
è lui. Se tutto il resto perisse e lui restasse, io potrei
continuare ad esistere; ma se tutto il resto durasse e lui fosse
annientato, il mondo diverrebbe, per me, qualche cosa di immensamente
estraneo: avrei l'impressione di non farne più parte. Il mio
amore per Linton è come il fogliame dei boschi: il tempo lo
trasformerà, ne son sicura, come l'inverno trasforma le
piante. Ma il mio amore per Heathcluff somiglia alle rocce nascoste ed
immutabili; dà poca gioia apparente, ma è
necessario. Nelly, io sono Heathcliff! Lui è sempre, sempre
nel mio spirito: non come un piacere, allo stesso modo ch'io non sono
sempre un piacere per me stessa, ma come il mio proprio essere."
Mi
dispiace di avere inserito una citazione tanto lunga, ma credo sia
esplicativa. Il momento che ho scelto di descrivere è la
nascita della piccola Cathy e la successiva morte di sua madre:
Catherine è ridotta alla follia dall'amore per Heathcliff,
che è tornato nella sua vita dopo anni di assenza, per cui
ho deciso di utilizzare uno stile piuttosto diverso da quello "mitico"
degli altri capitoli. Catherine è "orgogliosa",
perché più di lei ne ho viste ben poche, e
"mortale". Forse.
Spero
vi sia piaciuto, perché adoro questo personaggio.
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Capitolo 7 *** Fuggiamo ***
Fuggiamo
Dafne
Subito lui s'innamora, mentre lei
nemmeno il nome d'amore vuol sentire.
Corre
la ninfa, corre tra le fronde; il dio la insegue, il
dio la brama.
Corri
più forte, Dafne! Se Apollo ti prenderà, della
tua
castità non sarai più regina.
L’oro
doloroso punge nelle ossa di Febo, lui che è il sole e
il sole splendente non può catturare: corri, Dafne, corri!
-
Aiutami, padre! Dissolvi, mutandole, queste mie fattezze
per cui troppo piacqui!
Implora
la ninfa, implora suo padre; il dio la insegue, il
dio la brama.
Disperata
porta un braccio al cielo e ramo diventa, radici,
foglie.
Apollo
innamorato si accosta, la bacia, lei in silenzio ancora
lo fugge.
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Apollo
prende in giro Cupido, il dio si vendica: con una freccia d'oro
colpisce Apollo per farlo innamorare, con una di piombo punge la ninfa
Dafne per farla fuggire. Apollo la insegue, lei scappa e infine invoca
il padre e viene trasformata in alloro; da quel momento, l'alloro
sarà la pianta sacra al dio. Ma l'avrà davvero
cattura?
Le
due citazioni sono prese dalle Metamorfosi
di Ovidio.
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Capitolo 8 *** Dal nostro destino ***
Dal
nostro destino
Elena
E io, che pure tanto ho sofferto, sono maledetta,
ritenuta da tutti traditrice di mio marito
e rea d'aver acceso una guerra tremenda per la Grecia.
Folle
destino è il mio. Guardami, o Padre! Perché
concedi
che il Fato si prenda così gioco di me?
Volesse
l’Olimpio non fossi mai stata bella: molti pretendenti,
rapita, nascosta in Egitto, un simulacro di me inviato ad Ilio. O sono
io? Non
so più chi sono.
I
troiani mi odiano, gli achei mi disprezzano e insieme mi
bramano, mi sognano nelle notti accanto alle loro donne, vorrebbero me.
Elena
traditrice, Elena vittima, Elena colpevole, Elena
innamorata, Elena meretrice, Elena condannata. Muoiono i combattenti e
io non
posso evitare nulla!
-
Tu non hai colpe.
Ancora
più folle è il mio destino!
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Elena
era la donna più bella della Grecia, aveva numerosi
pretendenti e fu rapita da Paride che diede così vita alla
guerra di Troia nerrata dell'Iliade.
Come per molti personaggi, le fonti discordano: c'è chi dice
che fu rapita anche da Teseo, chi afferma che la donna portata a Troia
non fosse la vera Elena, ma una copia creata da Era per vendicarsi del
giudizio di Paride e che quindi Elena si trovi in Egitto. Ho scelto di
basarmi su tutte queste fonti, rendendo Elena inconsapevole di chi
veramente sia: lei è sempre vittima degli eventi, ma a volte
viene accusata di ciò che la sua esistenza ha generato; per
cui qui Elena è confusa, afferma di trovarsi in Egitto, ma
riporta le parole di Priamo, si definisce vittima e finisce con il
sembrare quasi contenta che gli uomini la bramino.
La prima citazione è tratta da Elena di Euripide,
mentre la frase in discorso diretto è pronunciata da Priamo
nell'Iliade.
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