You make me smile.

di sheloveshazza
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** chapter 1 - I wanna stay here. ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 - Nothing goes well. ***



Capitolo 1
*** chapter 1 - I wanna stay here. ***


I wanna stay here.


-ho detto che non ci vengo mamma.-
-NO, tu ci vieni. quindi signorina, ora, prepara le valigie che domani partiamo.-
Sentii la porta sbattere alle mie spalle. Mia mamma se n’era andata totalmente arrabbiata dalla mia camera. Come al solito avevamo litigato perché non volevo fare ciò che mi diceva, ma come potevo? Erano le 17.00 di pomeriggio e poche ore mi dividevano dal prendere un aereo per Londra per passare le vacanze natalizie con parenti che non vedevo da quando avevo cinque anni, e ora beh, ne avevo sedici. Perché poi le interessava così tanto che ci andassi? Sa come sono fatta, odio i pranzi in famiglia, odio questi falsi ritrovi gioiosi che servono per far riavvicinare parenti che fanno passare tutti i nomi esistenti in questo mondo prima di ricordarsi il tuo, e che si fanno vivi solo ed esclusivamente in queste occasioni. E io non sarei riuscita a far cambiare idea a mia madre. Quando si metteva in testa qualcosa non gliela toglievi, uno dei tanti aspetti che avevo ereditato da lei e che formava il mio carattere difficile.
Tuffandomi a capofitto sul letto iniziai a prepararmi psicologicamente per quello che mi aspettava. In fondo sarebbe stata una settimana, massimo due, ce la potevo fare a superarla, poi sarei ritornata nella mia città e alla mia solita vita in pieno conflitto con i miei genitori. Non credo comunque che sarei mancata a qualcuno durante la mia assenza, non avevo amici da quando avevo compiuto 12 anni a causa del carattere che avevo adottato; non mi aprivo con nessuno, facevo la parte della dura e quando qualcuno cercava di avvicinarsi a me e sapere qualcosa in più sul mio conto troncavo la conversazione con la solita frase ‘non sono affari tuoi’ e me ne andavo; non era nemmeno una frase che ripetevo molto spesso visto che, se potevano, mi stavano tutti alla larga. A me in fondo non mi interessava, bastavo io. Io e la musica. La consideravo come la mia migliore amica. Ogni cosa che facevo lei c’era e questo era sufficiente per me.
Qualcosa ruppe il silenzio. –Haley muoviti con quelle valigie!- la voce di mio padre risuonò nel corridoio dopo aver battuto una mano sulla porta di camera mia.
-LASCIATEMI IN PACE. GIA’ MI STATE COSTRINGENDO A VENIRE, COSA CHE NON VOGLIO.-
-fa quello che vuoi, basta che entro stasera sia pronta e che a Londra ti comporti bene in casa dei tuoi zii, altrimenti niente più corsi di chitarra.-
Non mi sarei mai comportata come la perfetta figlia che tutti si aspettano, non lo ero e non volevo interpretare una me falsa, ma non potevano farmi questo, no! L’unica cosa che mi rendeva felice e che mi faceva guardare tutto sotto aspetti diversi. Suonare quello strumento era una cosa incredibile, era come se ogni volta che toccavo quelle corde riproducendo melodie diverse suonavano ciò che sentivo dentro, il mio stato d’animo. Per me era come una fonte di sfogo. Non potevano togliermela.
Svogliata aprii l’armadio per scegliere che mettere in borsa. Guardai l’ora, erano le 21.30 e non avevo cenato, non avevo fame, così presi il mio iPod e mi immersi completamente nel mio mondo finchè le mie palpebre diventavo poco a poco sempre più pesanti e caddi in un sonno profondo ancora vestita e con le cuffie nelle orecchie.
 
La mattina dopo mi svegliai di colpo a causa dell’acuto di Adele in ‘someone like you’, avevo ascoltato la musica per tutta notte. L’orologio segnava le 8.30 di mattina, l’aereo sarebbe partito tra 2 ore, avevo ancora tempo.
Con passo da bradipo mi diressi verso il bagno, mi lavai faccia e mani e poi andai in cucina per fare colazione. Al tavolo c’era mia mamma pronta, truccata e vestita (strano che non si fosse preparata cinquant’anni prima).
-Sei già pronta pure tu?- mi chiese con quella sua voce da madre gentile.
-Si, oggi volevo sfoggiare una nuova moda con questo trucco da panda.- risposi acida prendendo una tazza dalla credenza.
-Allora perché sei già vestita?-
-Pronto? Forse mi sono addormentata così dimenticandomi di mettermi il pigiama?- questa conversazione mi stava dando sui nervi, non era per niente giornata.
-Stiamo calmine eh. Tuo padre si sta preparando. Fa velocemente colazione e poi vatti a vestire che tra una mezzoretta partiamo per l’aeroporto.-
Non risposi. Mi sedetti di fronte a lei, accesi la tv, c’erano solo cartoni, mi accontentavo, e inizia a bere il mio latte.
 
Esattamente 45 minuti più tardi stavo guardando la pioggia che batteva sul finestrino posteriore della macchina di mio padre e che riproduceva un tintinnio rilassante che ti faceva svanire ogni pensiero presente nella mente.
Ai sedili anteriori erano seduti i miei genitori che discutevano su ciò che avremmo potuto visitare a Londra durante la ‘vacanza’, menzionando anche me certe volte e chiedendo la mia opinione anche se, secondo il mio parere, non l’avrebbero presa minimamente in considerazione. Ogni cosa che facevamo era dovuta a una loro decisione, io ero invisibile. Credo che fosse anche per il fatto che non partecipavo molto volentieri a queste cose quindi tanto valeva sapere mie opinioni o no. Praticamente era meglio lasciarmi sola a fare ciò che volevo dopo quel che mi era successo pochi anni prima.
-Su andiamo, dobbiamo prendere un aereo.- mio padre aprì la portiera su cui ero appoggiata, facendomi quasi sbattere direttamente la faccia sul pavimento roccioso del parcheggio. Scesi di malavoglia e presi le mie valigie dal bagagliaio mentre le gocce d’acqua bagnavano i miei capelli che oggi avevano deciso di prendere una piega indefinita.
Quando ebbi finito ci affrettammo ad andare a fare il check-in e come se non fosse già abbastanza tutto quello che stava succedendo un simpaticone mi venne addosso correndo e facendomi cadere, senza nemmeno chiedermi scusa ne aiutarmi ad alzarmi. Già ne avevo abbastanza, volevo tornare indietro ma non potevo, che bellezza.
Salita su quel mezzo tanto atteso da quei vecchi da me chiamati mamma e papà da quando avevo iniziato a parlare mi misi le cuffie nelle orecchie e ‘sparii’ fino a quando vidi che il cielo stava diventando di un grigio sempre più fitto, il che mi fece capire che eravamo arrivati.
 
Dopo circa una ventina di minuti stavamo percorrendo le vie di quella capitale britannica in un taxi, non rendeva assolutamente vista da quella prospettiva. Eravamo diretti verso Oxford Street, nemmeno mi ricordavo com’era quel quartiere, chissà quando ci ero stata lì l’ultima volta.
Iniziai ad immaginare il nostro arrivo in quella casa, tutti si sarebbero catapultati su di me per dirmi come ero cresciuta e blablabla solite storie pallose di quando sei una teenager e ti rivedono dopo anni. Non mancava molto a quel momento, lo dedotti dal fatto che la macchina iniziò a rallentare e si fermò di fronte a una fila di villette, quella che ci interessava era quella del numero 13 di un colore rosa pallido e che si affacciava su un giardino provvisto di una piscina interrata abbastanza grande da poterci stare almeno 4/5 persone.
Suonammo il campanello e dopo un’attesa di qualche minuto un ragazzo venne ad aprire dopo aver sentito delle voci di sottofondo, la tortura ebbe inizio.

sera gente :3 innanzitutto buon 2012 wuhu.
pooi veniamo a noi, ho appena finito di scrivere questo primo capitolo di una ff (l’ho fatto per nena, nena ringraziami) che mi convince *si emoziona* è la prima oh. ‘-‘ vabbè ma questo non importa, deve piacere a voi quindi commentate questa volta visto che con la os nessuno lo faceva. ahahah DD:
non ho altro da dire, sono una ragazza di poche parole si, quindi lascio a voi i commenti, cià belli. C:
- Ila.

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Capitolo 2
*** Chapter 2 - Nothing goes well. ***


Nothing goes well.

 
Un ragazzo alto, con occhi verdi che ti davano l’idea di cadere in un puzzo senza fondo se li guardavi per troppo tempo, avete presente quando alice sprofonda in una buca che la portava nel paese delle meraviglie? Ecco la stessa sensazione; dei ricci di un castano chiaro che ricadevano sulle sue spalle rispettando la completa armonia di curve che esistesse, un sorriso da play-boy stampato in faccia e con in dosso dei vestiti che non avevano nulla a che vedere l’uno con l’altro, era un misto di elegante e casual che però su di lui sembrava essere uno degli abbinamenti più naturali di questo mondo.
-Harry ma sei tu? Oddio come ti sei fatto grande.- mia mamma stava attaccando con quei discorsi che non avevano né capo né coda.
-Zia Emily, mi eri tanto mancata.- ecco la leccata di culo seguita da un abbraccio tra i due, niente di più falso.
-Emily, Brian! Da quanto tempo.- la sorella di mia madre apparve nell’atrio e cominciò ad abbracciare tutti finchè non si volse verso di me. –E tu devi essere Haley, ma quanto sei cresciuta bambina mia!-
wowowo frena, cosa? Bambina mia? Si certo come no, nemmeno ti conosco a momenti.
-wow che deduzione, si sono io ciao.- Dissi fredda quando Megan mi lasciò andare dalle sue braccia per poi fermarsi a guardare il piercing che avevo sul naso con una sguardo sorpreso e così facendo essermi guadagnata una fulminata da mia madre.
-andiamo in salotto, non vorrete stare qui tutto il giorno no? Entrate dai, date le valigie a harry che ve le porta in camera.- iniziò a spintonarci verso una stanza con al centro un tavolo rettangolare ad otto posti con sopra una tovaglia rosso fuoco e nel mezzo una composizione natalizia con candele, alla sua destra un divano di un colorito beige posizionato di fronte ad un televisore ed un mobile pieno di fotografie che ritraevano sempre tutta la famiglia sorridente; mi fece uno strano effetto lo ammetto, noi non eravamo mai stati così felici come le foto davano a vedere, ero un po’ gelosa.
-dov’è Anne?- la voce di mio padre risuonò nella stanza.
-starà fuori tutto il giorno oggi, domani passerà la giornata con noi in compenso.- qualcuno dietro di noi parlò. Era mio zio, Kevin, che venne subito assalito da mia mamma che gli si attaccò come una cozza. Intanto il belloccio di prima arrivò dalle scale e si sedette sul divano accanto a me.
Cercavo di non farmi vedere mentre lo guardavo. Quei capelli mi fecero riaffiorare ricordi che pensavo avessi cancellato dalla mente, per un attimo rivivevo quei momenti di quando ero ad Oxford Street con lui e gli tiravo i ricci che tanto mi piacevano, cercavo di staccarglieli perché li volevo per me ed harry non mi diceva niente, faceva tutto l’impegnato a giocare con le macchinine a idearsi gare che ovviamente vinceva sempre. Ai quei tempi ero ancora una bambina, ignara di come andasse il mondo.
In quell’istante si girò verso di me.
-allora cugina, ti ricordi di me?- la sua voce era profonda, non l’avrei mai detto dopo aver visto il viso così perfetto ed armonioso che aveva.
-come dimenticarsi di colui a cui tiravo i capelli perché li volevo io?- risposi guardando un punto fisso avanti a me.
-beh lo ammetto, ho una chioma che tutti mi invidiano.- abbozzò un sorriso sul suo viso e mi accorsi che aveva pure le fossette.
-modesto il ragazzo.-
-molto chiusa la ragazza invece. Da piccola non smettevi mai di parlare a differenza di ora.- mi rispose prontamente lasciandomi per un attimo sbalordita.
-dall’ultima volta sono successe molte cose e se non parlo vuol dire che non ho nulla da dire.- incrociai le braccia al petto e mi appoggiai allo schienale guardandolo dritto negli occhi.
-che caratterino, si mi piace, non sei come le altre.-
Dovevo prenderlo come un complimento? Sta di fatto che non risposi ma mi concentrai nei miei pensieri. Ero lì, a Londra, e prima di una settimana non sarei ritornata nella mia camera. Meraviglioso direi.
 
Il pomeriggio passò tra chiacchiere e risate fra i miei genitori e gli zii; tra me ed harry invece c’era una situazione di estremo disagio, io non volevo parlare e lui non apriva bocca, non che la cosa mi dispiacesse.
Alle otto in punto Megan aveva sistemato la tavola con l’aiuto della mia vecchia, eravamo pronti per la nostra prima abbuffata in Inghilterra da quando eravamo arrivati. Abbuffata poi, per modo di dire, per la prima volta in vita mia non toccai quasi cibo, mi facevo schifo, non ero più io.
-Haley cara- pure cara, che progressi –mangia qualcosa dai.- mia zia cercava di tentarmi. Non è che non volessi, in parte, ma non avevo nemmeno fame.
-no grazie zia, ma passo.- ero nel centro dell’attenzione, tutti mi fissavano mettendomi tensione. –beh che c’è? Sono così interessante?-  non era stata una delle mie idee migliori, i miei genitori mi guardarono con degli occhi infuocati che mi dicevano tutto quindi cercai di evitarli, ma la voce insopportabile di mia mamma non poteva giustamente mancare.
-ora basta Haley, chi ti credi? Siamo ospiti, non puoi comportarti sempre come vuoi, potresti essere più cortese almeno con la tua famiglia; si fino a prova contraria questi sono tuoi zii e non ti hanno fatto nulla di male, anzi.-
-non ho detto niente, solo che non ho fame e voi ne fate un peccato mortale, se a casa succedesse una cosa simile non vi farebbe né caldo né freddo.- ribattei mentre la mia mano si stringeva sempre di più attorno alla forchetta.
-ma forse non ti è ancora chiaro che qui non siamo a casa.- dopo questa frase la sua sagoma si alzò dalla sedia picchiando i pugni sul tavolo, tutti ci guardarono ammutoliti mentre stavano ancora cercando di ingoiare un boccone, ma erano stati interrotti dal nostro spettacolo.
-dai Emily, non è successo niente, calmati.- Mergan intervenne sperando in una tregua ma la situazione stava completamente degenerando.
-NO! Meg questa cosa deve essere sistemata ora o si comporterà così per tutto il tempo!-
-oh ma basta!- questa volta mi alzai anche io facendo sobbalzare mio cugino dal suo posto –forse non ti è ancora chiaro che io qui non ci volevo venire, sono stata costretta da voi, fosse per me ora sarei a casa mia a fare ciò che voglio senza tutte queste sceneggiate ridicole su una stronzata che è appena successa. E mi sono stancata di litigare, mi sono stancata di sentire la tua voce, mi sono stancata di te che decida sempre sulla mia vita!- così dicendo mi diressi verso la porta d’entrata e la sbattei alle mie spalle sentendo un brusio di sottofondo provenire dalla casa.
Mi incamminai per le strade di Londra senza meta, avevo bisogno di aria, avevo bisogno di sentirmi libera per un attimo.
 

Salve bella gente. *uu*
eccomi qua, tempo record, non ho mai postato un capitolo così velocemente (l’ho fatto per la mia omonima, ilaria. Amami ilaria) in tutta la mia vita, quindi non abituatevi troppo perché non sarà per sempre in questo modo. éè
Bene allora, questo è un capitolo un po’ messo così alla cazzo perché pensavo di farlo in un altro modo, poi mi sono accorta che sarebbe diventata una cosa chilometrica ed era meglio di no. Ad ogni modo (che parolone) spero vi sia piaciuto anche se a me non convince per niente. :3 fatemi sapere presto eh, oggi mi aspetta una giornata di lettura ff/compiti. Sono piena di entrambi. o: è meglio che inizi subito quindi basta cincischiare, arrivederci. uu
- Ila.
 

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