Tanto il resto cambia

di Aura
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Disperato vuoto ***
Capitolo 2: *** E' giusto così ***
Capitolo 3: *** Contro natura ***
Capitolo 4: *** L'ammissione ***
Capitolo 5: *** Hermione -Anche Se Non Respiro- ***
Capitolo 6: *** Tutto quanto è fermo a te ***
Capitolo 7: *** Ora conterò cento, piano ***



Capitolo 1
*** Disperato vuoto ***


1




Fuori è quasi giorno

sto pensando a te

disperato vuoto dentro me...


Il cielo era nero, ma lontano, guardando dalla torre di Astronomia, l'orizzonte era illuminato da una leggera luce rosata, un accenno appena di alba che presto avrebbe vinto contro la notte, dissolvendone la densità nonostante in quel momento poteva sembrare impossibile riuscire ad illuminare quel buio.

Una strana coincidenza che anche la natura gli stesse suggerendo quello che lui sapeva sarebbe successo con una ben altra Oscurità e un ben altro bagliore, fioco ed insignificante che però presto si sarebbe arricchito portando il giorno nell'era del mondo magico.
Non a caso quella stupidissima cicatrice era a forma di saetta.
Per quanto oggettivamente non si era né si sarebbe mai considerato un sostenitore di Harry Potter sapeva perfettamente che presto il prescelto sarebbe arrivato per lo scontro decisivo, e ne sarebbe uscito vittorioso nonostante l'ingente schiera di Mangiamorte e mercenari su cui poteva contare Lui, nonostante Lui fosse considerato il mago più potente di tutti i tempi.
Sebbene i numeri gli fossero contro era ovvio che Harry Potter avrebbe sconfitto il Signore Oscuro e come corollare anche lui, in quanto schierato per cause superiori tra le sue file, ma che in fondo se non per orgoglio o legami di sangue non sentiva minimamente di appartenere a quella battaglia che gli era stata imposta: agiva apparentemente con freddezza, per procura del nome di suo padre malgrado ormai fosse consapevole che non valesse più mezzo zellino, ma dentro di sé c'era l'indifferenza per la causa, e più a fondo ancora la sensazione del torto della stessa.

Quest'ultimo sentimento veniva in genere ignorato, dal momento che sapeva che a prescindere della giustizia o meno del suo schieramento quello era il posto a cui era destinato, ed era l'esercito con cui doveva combattere; anche se il peso di quella consapevolezza lo aveva portato alla separazione più lacerante della sua vita, un atto che però aveva dovuto fare in quanto non c'erano alternative: non erano destinati a stare insieme né mai lo sarebbero stati.

Guardò nuovamente l'orizzonte, cercando di immaginarla in arrivo nonostante quel pensiero non gli avrebbe portato alcun sollievo: Lei non stava marciando verso di lui, non lo avrebbe mai raggiunto; stava semplicemente andando contro l'esercito di cui faceva parte, che lui ci sarebbe stato o meno non avrebbe fatto alcuna differenza, specialmente per il fatto che Lei ormai non provava assolutamente nulla nei suoi confronti, ai suoi occhi era esattamente al pari degli altri Mangiamorte che andava combattendo.
Specialmente, ne era certo, dopo quello che era successo a Malfoy Manor: se mai un pensiero per lui era ancora celato nel suo cuore era stato bruciato e sradicato con odio, dopo che era rimasto inerme a fissarla mentre quella fanatica di sua zia la sottoponeva alla tortura più crudele.
Non era stato facile rimanere ad osservarla, Lei, la creatura che sola in un mare d'indifferenza aveva avuto il potere di dare un senso alla sua vita; eppure anche quella volta, come molto tempo prima, aveva agito così per il semplice fatto che faceva parte del loro destino rimanere schierati in due fazioni opposte, e lui non aveva il potere di cambiare le cose.
L'aveva lasciata soffrire, consapevole del fatto che Potter e Weasley sarebbero giunti in suo soccorso, e tramite la legimanzia si era imposto il suo stesso trattamento subendo impassibile sulla sua pelle ogni incubo che Bellatrix imprimeva a Lei.

Per espiazione, per evitare di incrociare consapevolmente i suoi occhi che lo fissavano incolpandolo e odiandolo.
In quello sguardo lei gli trasmetteva l'abbandono che a sua volta lui le aveva imposto tempo prima, staccandosene in nome di una storia già scritta chiamata futuro, che già al tempo aveva indovinato, l'avrebbe visto perdente per mano proprio di Lei e della sua causa.

Sopportava quel ricordo con una sorta di doloroso autocompiacimento, l'unico sentimento della sua vita che non fosse macchiato dall'indifferenza.


Niente è mai perfetto

Niente è come vuoi

Siamo soli adesso pure noi


Non era universalmente giusto il fato che li aveva impedito di stare insieme, ma nella vita non conta solo il dolore provato per una scelta faticosa: non era assurdo, per quanto crudele, il fatto che loro due non potevano semplicemente infischiarsene del mondo e decidere di amarsi; era stato suo il compito di capirlo per entrambi ed imporlo anche a Lei, lasciandola sola ma dandole la possibilità di amare ma soprattutto di venire amata da qualcuno più coerente con Lei.
Lui, per sangue e per retaggio famigliare, non avrebbe mai avuto la capacità di amare nessuno; nemmeno Lei che l'aveva scosso tanto da andarci vicina: quello che lo legava a Lei era tutto, era la sua ragione d'esistere e al tempo stesso quella per morire, ma non era l'amore che avrebbe potuto darle Weasley o chi per lui, e lo sapeva perfettamente.
Era il vuoto dentro di lui e al contempo l'unico elemento che avrebbe potuto riempirlo, in un universo parallelo dove sarebbe stato possibile; ma aveva capito che doveva farne a meno: per il fato che non li aveva creati per stare insieme e per Lei, che non era destinata a rimanere invischiata in lui ma era fatta per qualcosa di migliore, per la storia che Lei stessa si stava scrivendo.




* * *




Lo stava osservando da tempo, ne era consapevole, e sapeva che era vicina a scoprire la verità; eppure non l'aveva fermata: era stupito dal fatto che sperava quasi, attendeva il momento in cui la Sanguesporco avrebbe messo fine al compito a cui era stato destinato, che lei si sarebbe presa il potere di fargli smettere di fingere di essere fiero di una scelta che faticava a proclamare come un onore.
Lei era potenzialmente capace di smascherarlo e fermarlo: la più competente e astuta dei tre "paladini", si sorprendeva nel confidare nel suo intelletto come chiave della sua salvezza, mascherata ai più come una sconfitta.
Sentiva i suoi occhi indagatori su di sé mentre si incamminava verso la Stanza delle Necessità a qualsiasi ora del giorno e della notte, e la sapeva fuori da quelle mura a lambiccarsi mentre lui cercava di riparare l'armadio come gli era stato comandato.
Per la prima volta aveva intuito, sebbene non ne fosse ancora consapevole, che forse non era il suo destino quello di essere tratto in salvo da lei; quel pensiero gli era balenato in una zona remota del suo cervello ma era stato presto dimenticato.
Mosse la testa scrocchiando il collo mentre una fitta liberatoria lambiva i muscoli tesi delle spalle, e si concentrò sull'armadio

-cosa diavolo stai facendo?- non si trattenne dall'esclamare allarmata.
Dandogli le spalle per un brevissimo istante un ghigno si dipinse sul suo viso: ce l'aveva fatta a trovarlo. Difese il suo operato e la causa a cui faceva parte per linea di successione
-non sono affari tuoi, ti consiglio di andartene immediatamente- ribattè altero e sprezzante, non concedendogli l'onore di voltarsi verso di lei. La Granger, che per un attimo sentiva immobilizzata dall'incertezza, si fiondò su di lui puntandogli spavaldamente la bacchetta alla gola. Non era la prima volta che accadeva, una bruciatura nel suo orgoglio gli ricordava seccamente che si era anche visto recapitare un pugno da quella sottospecie di strega
-Malfoy fermati immediatamente: qualsiasi cosa stai macchinando rinunciaci, il gioco è finito, ti denuncerò a Silente
Non un singolo muscolo del suo collo si mosse, per niente impaurito dal fatto di essere sotto tiro, dal momento che sapeva bene che nessun incantesimo sarebbe stato scagliato nella sua direzione in quella circostanza.
-che prove hai che sto facendo qualcosa di sbagliato?
La Granger sbuffò con veemenza
-l'armadio svanitore che hai davanti è una prova più che sufficiente
-questo non è un armadio svanitore- si giustificò sicuro, conoscendone bene l'attuale stato di inutilità -quindi non vedo capi d'accusa
il legno della bacchetta venne pressato maggiormente sulla pelle diafana
-non osare prendermi in giro: so benissimo quello che ho davanti agli occhi
Spostò lentamente la testa e incrociò gli occhi ridotti a due fessure della ragazza; mentre una smorfia sprezzante gli si dipingeva addosso
-te lo posso provare Sanguesporco- il volto della ragazza si contrasse involontariamente nell'ascoltare l'appellativo uscito con tanta naturalezza dalle labbra del giovane -scosta la tua stupida bacchetta e fammi entrare- disse sicuro, già sapendo del suo rifiuto.
In tutta risposta gli occhi castani si strinsero maggiormente, sospettosi
-dandoti l'opportunità di fuggire? Scordatelo
-e allora provalo tu stessa- continuò, impertinente
-dandoti l'opportunità di continuare indisturbato e liberarti di me? Fammi capire, mi credi davvero così stupida?- lo spinse -Entriamoci insieme, e vediamo chi ha ragione
Capì che lei aveva colto la sua espressione involontaria di sconcerto nel momento stesso in cui velocemente se la cancellava dal viso
-dimmi Granger, se hai ragione tu dove credi che ci porterà? Perchè non ci mettiamo invece dentro qualche oggetto?
Nonostante il bluff lei ormai aveva visto la sua incertezza al pensiero di entrare nell'armadio, e contagiata dall'imprudenza che aveva sempre contraddistinto uno dei suoi migliori amici prese la sua decisione
-dal suo gemello, a Notturn Alley; ma se dovessi avere ragione io fidati che sarò preparata a tornare indietro immediatamente, e ricordati che ti tengo a tiro: chiunque si trovi là non avrà nemmeno il tempo di accorgersi di noi che saremo già di ritorno
Era perfettamente consapevole che l'armadio non era funzionante al momento, ma gli avevano insegnato la pericolosità di quegli arnesi quando erano rotti: erano in grado di separare l'anima dal corpo e mentre trasportavano uno l'altra rimaneva intrappolata nella struttura, destinata a perire.
Cercando di rimanere impassibile si lasciò spingere da lei all'interno del vano
-cerca di non starmi troppo vicina: mi fai ribrezzo- l'avvisò mentre lei faceva per seguirlo, ignorando il tono velenoso del suo avvertimento.
-a te l'onore- gli disse, facendogli cenno di chiudere l'anta -io preferisco stare all'erta
la guardò con la coda dell'occhio: concentrata a fissare un punto al di fuori sembrava non provasse la minima paura di quello che poteva accadere.
Seccato da questo fatto, mentre lei continuava a tenergli la bacchetta puntata addosso, si allungò e chiuse l'armadio.

Sospirò di sollievo: assolutamente niente. Compiaciuto e sentendosi al sicuro l'apostrofò seccato
-come vedi ho ragione, ora sparisci dalla mia vista e non ti azzardare più a rivolgerti così a me- le disse, ringalluzzito dall'esito mentre assaporava il gusto della vittoria, nonostante in realtà avrebbe preferito perdere e venire tirato fuori da quell'affare.
Scansò malamente la bacchetta e si rialzò, facendo per spingere l'anta e riaprire l'armadio, quando si sentì squarciare lo stomaco.
Intontito si trovò schiantato a terra: che diamine di incantesimo gli aveva sferrato? Un fastidioso sapore metallico gli riempiva la bocca mentre un rivolo di sangue gli scorreva al di fuori delle labbra, aveva la sensazione che il suo corpo fosse stato diviso a metà da una ferita che gli bruciava il fianco: che avesse usato lo stesso incantesimo che Potter aveva utilizzato nei bagni?
Semi svenuto aprì gli occhi ma il buio dell'interno dell'armadio gli impediva di riconoscere alcunchè.
Fece forza con le mani al terra per rialzarsi, sorpreso di incontrare al posto del legno liscio qualcosa di viscido, granuloso e freddo mentre un odore acre gli raggiungeva il naso, fino a quel momento coperto dal sapore del suo stesso sangue. Il cuore accelerò, mentre la paura sovrastava il dolore fisico e lo riportava cosciente: dov'era? Era ancora vivo?
Si alzò, scoprendosi in un posto buio quanto l'armadio ma molto più ampio, dal momento che intorno a lui non sentiva confini; in lontananza, impossibile definire la distanza, vide una fioca luce e con fatica mosse i primi passi verso di essa.

Un gemito sotto di lui gli ricordò che non era solo, ma non era certo per merito suo se si trovava in quella situazione e il pensiero di sincerarsi sulle condizioni della Sanguesporco o di aiutarla non lo sfiorò, mentre un passo alla volta cercava di non pensare al male fisico che era tanto forte da riuscire a farlo cadere al suolo se si fosse distratto, e avanzava lentamente.
Un gemito più forte gli impedì di andare oltre, il rantolo era così primordiale da sembrargli il suono stesso del dolore. Non riuscì a distinguere l'istinto, la coscienza che non avrebbe scommesso di avere, e la stupidità; ma nonostante non comprendesse il motivo che lo obbligava a muoversi si voltò e si lasciò malamente cadere di fianco a lei. La trovò a tentoni e la scosse poco gentilmente, ancora più arrabbiato perchè non solo l'aveva messo in quella situazione ma lo costringeva a rimanerci
-Sanguesporco- la chiamò, con tutta la rabbia che provava -muoviti, dobbiamo andarcene da qui
il braccio che stringeva rimaneva inerme, mentre lo sconforto assumeva nuove tinte ancora più tetre. Si puntellò sui gomiti e le strisciò più vicino
-razza di strega uscita male svegliati- tossì, mentre con la mano cercava lungo la sua gamba insensibile la tasca dove teneva la sua bacchetta. Afferrata l'impugnatura famigliare la estrasse con fatica mentre il suo stesso corpo la teneva incastrata con il suo peso al suolo, e la portò accanto a dove presumeva si trovasse il viso della ragazza, sussurrando un Lumos.
Scostò i capelli appiccicati al volto scoprendoli umidi e viscidi, impregnati del sangue che sgorgava dalla ferita sulla fronte, unica nota di colore vitale sul viso dipinto di un pallore quasi mortale.
-Reinnerva- implorò quasi, dando fondo alle sue energie, senza ottenere nessun risultato.
Almeno respirava ancora, era già un punto di partenza; si applicò con un incantesimo latente nella sua memoria per rimarginare il taglio, e non capì con precisione se era la luce della sua bacchetta a spegnersi o se era la perdita imminente dei sensi a sfocargli il contorno del suo campo visivo, ma prima di cadere nel buio gli parve di vedere che dalla fronte della Granger la stilla di sangue era cessata. Poi, il niente.


Il dolore, per quanto acuto, si era fatto più sopportabile, fu quella la prima sensazione, prima di rendersi conto che le sue palpebre lasciavano penetrare una luce rossastra.
Ricordandosi dov'era sollevò la testa di scatto, aprendo gli occhi
-fai piano Malfoy- lo ammonì una voce che non gli era mai stata particolarmente famigliare ma che ricordò come della Sanguesporco.
Si guardò intorno notando che lei era seduta accanto a lui, in quella che sembrava una caverna buia se non per la luce della bacchetta; i capelli spettinati le coprivano la fronte, ma da quello che riusciva ad intravvedere era in condizioni migliori dell'ultima volta che l'aveva vista, e le guance della ragazza erano pallidamente rosate, in contrasto al grigiore in cui riversava prima.
Capì che lei gli aveva riservato lo stesso trattamento, migliorando lo stato della ferita che lo squarciava all'altezza dei fianchi, e la guardò accigliato ed interrogativo
-non ti emozionare- gli rispose lei -ti avrei volentieri lasciato lì a dissanguarti, ma ero in debito; anche se è per colpa tua che siamo capitati questa situazione e quindi ti saresti meritato di rimanertene qua a soffrire- disse, nascondendo bene la paura nella sua voce, se mai la provava.
-è colpa
mia? Sei tu che hai avuto la brillante idea di fare un giro nell'armadio- la contraddisse seccato mettendosi a sedere
-ci saremmo risparmiati tutto questo se tu avessi confessato che avevo ragione- gli fece notare con una tinta di petulanza nella voce.
Draco fece una smorfia
-chi ti dice che io sapessi che cos'era?
-lo sapevi benissimo, non farmi fessa
-e comunque questo non è un armadio, quindi si trattava di qualcos'altro; forse una passaporta. Sto ipotizzando perchè ti ripeto che non so che cos'era- mentì parzialmente
-non esistono le passaporte a Hogwarts così come non ci si può smaterializzare- lo corresse severa -la realtà è che l'armadio è rotto, per questo non ci ha portato dove doveva portarci, ossia dal suo gemello. Faccio fatica a crederlo ma a quanto pare sei davvero così stupido da rischiare di rimanere ucciso, o forse ti gingillavi con l'armadio senza conoscere tutte le sue potenzialità?- lo rimbrottò, saccente. Lui fece una smorfia, nonostante la ferita si fosse un po' rimarginata le scarse energie della strega non le avevano permesso di curarla al meglio, e in quella posizione la carne si piegava strappandosi quasi

-non sono uno sciocco, dimentichi che io appartengo al mondo dei maghi più di te e conosco benissimo gli oggetti incantati- tossì. La vide alzarsi, malferma e stizzita -dove vai?
-è inutile ragionare con te, quando non sai cosa rispondere tiri fuori queste frasi ad effetto che dovrebbero offendermi ma che dimostrano solo la tua ignoranza, e comunque so di avere ragione io. Sarà meglio cercare di uscire di qui- concluse, imperativa nonostante l'ovvietà del senso della sua decisione.



* * *




Una smorfia tristemente divertita gli mosse le labbra, mestamente ripensò alla fragilità della mente e alla corruttibilità dei ricordi: in quel momento Lei era tutto fuorchè bella, con i capelli spettinati ed incrostati di sangue rappreso che aveva disegnato anche delle lugubri macchie sul volto e sugli abiti, eppure nella sua mente la vedeva bella, e si ritrovò ad avere quasi nostalgia di quegli attimi in cui avevano rischiato di perdere la vita, in quel lasso di tempo dove né Harry Potter né il Signore Oscuro erano lì per dividerli.








nda Benvenuti in questo esperimento che mi è balenato in mente qualche sera fa!
Questa fiction ha in comune con "Sono già Solo" la struttura, ovvero sarà basata e scandita dal testo di una canzone, in questo caso "Tanto Il Resto Cambia" di Marco Mengoni, che mi suggerirà e mi ispirerà l'andamento della storia.

Per il momento la mia intenzione è quella di scriverla tutta con il POV di Draco,  e come immaginate non sarà una fiction allegra e spensierata, ma ritengo il testo di questa canzone molto bello anche se un po' struggente e ho deciso di imbarcarmi in questa cosa (come se non fossi praticamente costretta dai miei stessi personaggi che non reclamano altro...)

Creditiamo subito: ovviamente Draco, Hermione, Harry, Ron, Voldemort, Hogwarts, gli armadi svanitori e le passaporte e quant'altro appartengono alla Rowling e a nessun'altro.
Le parole in grassetto-corsivo che avete trovato a destra della pagina sono parte della canzone "Tanto il Resto Cambia", che come nella mia tradizione appena coniata di cui questa storia è il secondo esemplare dà il titolo alla fanfiction.
Se per ipotesi non l'avete mai sentita potete trovarla al link
http://www.youtube.com/watch?v=VA1Jwvuc0-o

Attendo i vostri commenti, fatemi sapere se è di vostro gradimento: è la prima fiction che scrivo con questo pairing e ci tengo ad avere un'opinione in merito!

Qualche piccola nota, perchè per scelta stilistica ho dato un paio di cose per scontate:

"Lui" citato all'inizio del capitolo è Voldemort, mentre tutte le volte che nella linea temporale presente si parla di "Lei" è come Draco pensa ad Hermione.

Le parti in corsivo racconteranno del loro passato, mentre il resto è il presente della storia.
Il pezzo in cui ho spiegato la divisione dell'anima dal corpo tramite l'utilizzo di un armadio svanitore rotto l'ho ipotizzato io, non linciatemi.
Alla prossima!

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Capitolo 2
*** E' giusto così ***


2 Si lasciò la torre alle spalle, muovendosi nel castello avvolto nel silenzio della notte: quell'anno con la mancanza di Potter e del suo trio non c'erano molte scorribande notturne ed era molto raro incontrare qualcuno nei corridoi a quell'ora; nemmeno Paciock che sembrava aver drizzato la cresta non era tanto incauto quanto l'originale della brutta copia che rappresentava.

Lo osservava da tempo e sapeva che né lui né il gruppo di studenti che radunava di sovente, un rimasuglio del vecchio ES capitanato proprio da Paciock e dalla Weasley, avevano notizie di Potter, e di conseguenza non ne avevano di Lei;
ma continuava a marcarli: se qualcosa si fosse mosso loro di certo sarebbero stati i primi ad esserne informati.
Voleva sapere quando sarebbe tornata, voleva essere pronto a quel momento ed affrontarlo preparato.
Era diventato bravo a nascondersi e a passare indifferente quando ne aveva la necessità: per molti versi, nonostante l'apparenza del contrario più ovvio, il tatuaggio sull'avambraccio lo aveva aiutato in questo, rendendolo meno umano agli occhi degli altri.
Da un lato temuto, odiato forse, ma anche marginale per chiunque: c'era una sola persona nella sua vita che gli aveva dimostrato un costante interesse nei suoi confronti, sia nei periodi migliori che in quelli peggiori; sua madre.
Anche Lucius provava interesse per lui ma in maniera più discontinua: un momento era da educare, un altro da esibire orgoglioso, l'aveva anche utilizzato come riscatto per il suo nome, annebbiato e soggiogato dal Signore Oscuro, ma indubbiamente era legato al figlio, non solo perchè era il suo erede; eppure al contrario del marito Narcissa conservava la lucidità fredda che le impediva di perdere di vista il vero e ultimo senso della sua vita, che non era legato al Signore Oscuro ma bensì alla sua famiglia.

Per loro era arruolato, per loro si era imposto la battaglia, lui, che in fin dei conti era poco predisposto alla prima linea a al mettere a repentaglio la sua sicurezza personale.
Non solo, non credeva nella causa: finchè si parlava di maghi purosangue gerarchicamente superiori a mezzosangue o sanguesporco ci stava anche, in fondo era cresciuto con quel dogma; era proprio il fatto di coalizzarsi con Lui e giurargli fedeltà, su quello non si scherzava e la prova era il segno indelebile sul braccio.
Chi, se non un pazzo, si sarebbe votato per l'eternità all'essere più malvagio e despota di tutti i tempi?
Lui lo aveva fatto, ma nonostante quello la sua lealtà era stata data solo ed unicamente per la sua famiglia, per suo padre che il giorno in cui Lui aveva impresso il Marchio Nero sulla sua pelle era orgoglioso ed onorato ed al tempo stesso spaventato; per sua madre che esattamente come il figlio non era leale al Signore Oscuro tanto quanto al marito e alle scelte della famiglia.

Un'altra differenza tra di loro: per Lei la causa aveva talmente senso che si era separata dai suoi genitori per prenderne parte.

L'unica cosa da cui lui si era staccato era Lei, e una pesantezza nell'animo glielo ricordava incessantemente; nonostante questo accettava quella decisione e le sue conseguenze


Non so chi mi aiuterà

a dimenticarti

quando me ne andrò da qui


Quando si era allontanato da lei sapeva che non sarebbe stato possibile farlo molto facilmente, che probabilmente un altro marchio avrebbe orlato la sua pelle a vita oltre a quello sull'avambraccio: quello di Lei.
Ricordava il dignitoso singhiozzo che aveva sentito dopo averla abbandonata, e le fu grato per aver dato voce ai suoi pensieri dato che lui non poteva farlo.

Perso nei pensieri era quasi arrivato ai sotterranei, quando con la coda dell'occhio vide una donna camminare dentro il paesaggio di un quadro.
Qualcosa stava accadendo, non c'erano altre tracce di lei in giro ma il suo sesto senso gli suggerì che forse la soluzione stava in una delle torri.





* * *




Draco si rialzò, seguendo la luce della bacchetta della ragazza che si stava allontanando.
Camminarono in silenzio, diretti verso quella che sembrava l'uscita della grotta.
L'ambiente era umido, e l'odore pungente che l'aveva colpito non appena era stato catapultato lì era causato da fuoriuscite di zolfo che provenivano dal suolo, e la lontananza del rumore delle gocce di condensa che cadevano sulla pietra facevano immaginare la profondità della caverna.
-la cosa fondamentale è capire dove ci troviamo- fece mente locale, non diretta realmente a lui quanto più a sé stessa, già immaginando che la soluzione non si sarebbe avvicinata molto una volta raggiunta l'apertura. Si issarono uno alla volta sul masso che ostacolava l'uscita, scalandolo fianco a fianco ma senza interagire, come due estranei o come se non sapessero di essere insieme. Il paesaggio che si stagliò ai loro occhi non fu consolante: alle loro spalle una montagna, davanti a loro un burrone e più in giù una foresta fitta e buia.
Tornare indietro non si poteva, l'unica strada possibile era trovare un punto per scendere e di lì poi cercare di attraversare la foresta, ma come aveva detto la strega bisognava capire dov'erano.
L'orizzonte non forniva dettagli conosciuti, con le spalle alla parete si mossero di lato, in un piccolo sentiero poco più grande del piede di lui che separava la roccia al precipizio.

Spostandosi il panorama non cambiò, ma almeno trovarono una discesa praticabile: il ragazzo si limitò a seguirla, mentre lei si aggrappò ad una sporgenza e si fece cadere su quella che sembrava una stradina un paio di metri sotto di loro.
-perchè non lanciamo un segnale d'aiuto con le nostre bacchette?- domandò finalmente Draco, per niente avvezzo al pericolo e all'avventura; lei superò veloce lo stupore di una conversazione iniziata da lui e lo redarguì
-non sappiamo dove siamo, soprattutto non sappiamo
chi vedrà il nostro segnale: non possiamo esporci così tanto- gli fece notare continuando a camminare.
Raggiunsero i piedi della montagna un paio di ore dopo, in silenzio, e nel frattempo era calata la sera.
Erano circondati da alberi alti e fitti, che più avanti intrecciavano i loro rami rendendo opprimente l'oscurità sotto di loro, e da quello che avevano visto dalla vetta la foresta si stendeva a perdita d'occhio. Lungimirante la strega iniziò a guardarsi attorno in cerca di qualcosa di commestibile
-non proseguiamo? Se questa è la Foresta Oscura una volta oltrepassata saremo ad Hogwarts- suggerì lui.
Vide la Sanguesporco voltarsi di scatto, rimproverandolo
-
spera che questa non sia la Foresta Oscura Malfoy, se ne vuoi uscire vivo. In ogni caso non riusciremo certo a raggiungere l'altro capo in qualche ora, e la cosa più conveniente è fermarci qui per la notte, prima di ripartire: qua almeno da un lato siamo protetti dalla montagna, qualsiasi cosa ci sia là dentro- disse indicandogli con lo sguardo l'apertura tra gli alberi che creava un sentiero naturale- e quindi dobbiamo trovare qualcosa da mangiare, pensi di esserne in grado?
Seccato dal ricevere ordini ed indicazioni da lei Draco scrollò le spalle
-un fuoco lo possiamo accendere
Vossignoria?- le disse sprezzante -vado a recuperare della legna adatta- decise allontanandosi.

Lo guardò inoltrarsi tra gli alberi, chiedendosi se sarebbe mai tornato o se avesse tentato di proseguire da solo.
Nel caso peggio per lui, era solo un peso, pensò con freddezza mentre continuava ad esplorare il terreno usando il fondo del suo mantello per raccogliere le provvigioni che trovava.

Quando la vide tornare notò che la sua uniforme era stata lacerata, e la Sanguesporco teneva in mano il lembo mancante con cui aveva creato una sacca, richiudendola con l'elastico che prima le teneva legati i capelli.
-ho trovato dei funghi commestibili, ne ho raccolti quanto più potevo- alzò la bisaccia di fortuna mostrandone un altra più piccolina attaccata- e ho fatto anche scorta d'acqua, così saremo a posto per un po'
-per un po' quanto, due minuti?- la canzonò ironico mentre accendeva il fuoco: era sempre più convinto che quella era una pessima idea.
-Malfoy l'incantesimo Engorgio non ti dice niente?- gli ricordò, con il suo solito tono petulante da prima della classe che non aveva mai perso. Si sedette in silenzio e raccogliendo un ramo appuntito vi infilzò un paio di funghi per metterli poi accanto al fuoco, porgendogli indifferente la sacca per permettergli di fare lo stesso.
Draco la guardò con disprezzo malcelato
-costretto ad arrangiarmi da babbano, quando mio padre lo verrà a sapere...- disse tra sé e sé.
La Granger lo sfidò, piccata
-se hai un'idea migliore accomodati, questo è l'unico modo per riempirsi lo stomaco che conosco io

Passarono quella notte in silenzio, accordandosi solo per i turni di veglia per stare di guardia; la ragazza non fidandosi per niente di lui scelse il secondo, quello più difficile che iniziava nel terrore della notte fonda e conduceva alle luci dell'alba lentamente.
Mentre lui dormiva riattizzò il fuoco ormai quasi spento ed infreddolita cercò di fare mente locale sulla loro situazione sperando di trovare una soluzione consolante: il suo cervello non le consigliava niente però, se non proseguire alla cieca dentro alla finestra. Scrutò il cielo in cerca di una direzione dalle stelle, e scelta la più probabile, dritto davanti a loro, aspettò pazientemente che si facesse giorno e che lui si svegliasse.
Già sentiva su di sé il peso della conduzione di quel viaggio, questa volta non aveva Harry a cui affidarsi o Ron a sostenerla; Draco Malfoy era apparentemente il peggiore compagno che avrebbe potuto desiderare: senza alcuna attitudine particolare buono solo a mettere in dubbio le sue parole, dall'alto della purezza del suo sangue e delle origini blasonate della sua famiglia che però non apportavano nessun valido aiuto.
Si strinse in quello che rimaneva del suo mantello cercando di ignorare il silenzio che la circondava, interrotto solo dal rumore degli animali notturni; l'ultima cosa che doveva fare era lasciarsi andare allo sconforto.


Il giorno successivo camminarono nella direzione indicata da lei, nonostante non fosse per niente soddisfatto della nottata e di come lei l'aveva gestita (quei funghi che si ostinava a chiamare commestibili erano quando più terribile avesse mai mangiato, inoltre nonostante avesse lei stessa ammesso di averne raccolto di acqua si ostinava a centellinarla, adducendo come scusa il fatto che non sapevano quando ne avrebbero trovata ancora) Draco la seguì in silenzio, preferendo rinfacciarle ogni sbaglio piuttosto che arrovellarsi per prendere lui delle decisioni.
Di comune accordo si fermarono al calare della sera, quando la poca luce che filtrava dai rami sparì, e si organizzarono come la notte precedente per dormire a turno.
Draco era arrabbiato, era stanco ed infreddolito, segretamente spaventato da tutto ciò che lo circondava e lo mandava in bestia ancora di più il fatto che la Sanguesporco sembrasse invece tranquilla ed invincibile. Il loro silenzio lo logorava, rendendo ancora più dura la loro giornata, ma era di gran lunga preferibile ad una conversazione con lei, che nella sua mente dipingeva sempre più insopportabile.
Quella situazione non la infastidiva? Faceva la coraggiosa? Bene, ne avrebbe approfittato lui.
-svegliati Sanguesporco- disse scuotendola malamente.
La ragazza si stropicciò gli occhi
-è già ora?- disse assonnata, cercando di riprendere lucidità
Lui si acquattò, mettendosi dietro alla testa la bisaccia dei funghi come cuscino
-manca ancora un'ora ma io mi sto addormentando- disse telegrafico voltandogli le spalle.
Gli parve di sentirla sospirare, ben le stava.

Si svegliò con un debole raggio di luce che lo raggiunse sugli occhi, stupito di trovarsi da solo: era forse scappata?
Notò accanto al falò ormai spento la bisaccia dell'acqua e sotto di lui ancora quella dei funghi, no, non poteva essersene andata lasciando lì i sostentamenti.
Mentre si alzava la vide arrivare, spuntando da dietro ad un albero
-sei pazza Sanguesporco?- osservò la smorfia che ancora le dipingeva il viso a quelle parole, compiaciuto -il tuo concetto di guardia è lasciarmi in balia delle bestie per farmi attaccare e sbarazzarti di me?
-piantala Malfoy, con tutti gli incantesimi di protezione che ho lanciato ieri sera non avrebbe potuto avvicinarsi nemmeno una formica, sono andata in cerca di cibo- gli rispose seccata, prendendogli malamente la sacca dalle mani- seguimi, sei più alto di me
-inizi a capire che quei dannati funghi non sono così buoni, eh?- borbottò lui sarcastico, seguendola di malavoglia.
Arrivarono davanti ad un albero di mele selvatiche, che lei iniziò a cogliere
-forza, datti da fare- lo intimò
-perchè non usi un incantesimo d'appello?
-credi forse che non ci abbia pensato?- ribattè lei seccata -Non ti ricordi? Bisogna essere
estremamente precisi, le mele sono attaccate ai rami e dobbiamo raccoglierle a mano se non vogliamo che l'intero albero ci rovini addosso
Sbuffando la imitò indolente, raccogliendo con una mano sola mentre con l'altra reggeva la mela che stava mangiando.




* * *



Non era stato il migliore dei compagni, ne era consapevole, e si ricordava che in quei giorni aveva davvero fatto di tutto per risultare sgradevole, cosa che però in fondo gli era d'abitudine: non si era mai impegnato nella sua vita per piacere a qualcuno, era sempre quasi divertito dal fatto che più lui trattasse male i suoi tirapiedi più quelli gli portavano rispetto.
Un giorno aveva semplicemente smesso di farlo, rimanendo in disparte e nell'ombra, limitandosi a prevalere su di loro per status sociale, e aveva preso a preferire la compagnia di Zabini e Nott a quella prostrata di Vincent e Goyle; una domanda lo aveva fatto riflettere, che era sorta spontanea della sua mente: in scala non era il modus operandi di Voldemort?
Nessun sentimento di redenzione, nessuna voglia di cambiamento lo aveva colto, semplicemente disgustato dall'idea aveva fatto un passo indietro.
Quasi raggiunta la torre dei Grifondoro gli balenò in testa l'opzione che contrariamente alle sue aspettative i militari di Potter capitanati dal sergente Paciock potevano essersi radunati in un luogo sicuro e nascosto.
Provare non gli sarebbe nuociuto, da quando aveva sentito dell'assalto alla Gringott sapeva che era solo questione di qualche ora prima di vederli tornare, lo dava per certo per dei motivi che non riusciva a capire.
In ogni caso camminò fino al settimo piano, pensando ad un modo per accedervi senza dare nell'occhio, nel caso in cui effettivamente ci fosse stato qualcuno.

Il suo desiderio di entrarvi di soppiatto fu sufficiente, infatti la porta che comparve lo condusse nell'angolo più remoto della Stanza delle Necessità, nascosto da un'imponente colonna che copriva l'apertura; non aveva sbagliato: davanti a lui un gruppo di studenti, quelli che aveva sentito nominare dai Carrow come una spina nel fianco dai minuti contati.
Si appostò nell'ombra, dietro ad un telo, dove non lo avrebbero mai potuto vedere, e aspettò pazientemente.
Un quadro appeso alla parete era scostato, scoprendo un passaggio nel muro: possibile che fosse sfuggito alla distruzione che Piton aveva comandato quell'anno?
Guardando i volti degli studenti si accorse che non sembravano essere lì in attesa di qualcosa, forse la sua mente aveva lavorato troppo d'immaginazione facendogli credere imminente una cosa che in realtà non si sarebbe avverata. Nascosta da quella curiosità latente stava il masochistico desiderio di rivederla, era inutile negarlo, era per vedere Lei che si era rintanato come un topo; osservarla da lontano, assicurarsi che sul suo volto non riportasse le ombre del Cruciatos che spesso riempivano i suoi incubi.

Aveva preso un abbaglio, lentamente controllò che il breve spazio tra il suo nascondiglio e la porta non fosse osservato


-ho portato una sorpresa- presentò la voce di Paciock; e come tutti gli altri nella sala anche i suoi occhi andarono in direzione di quella voce:
Lei, era lì.
Potter in prima linea e dietro di lui Lei e Weasley, l'uno accanto all'altra, legati da una simbiosi accecante


Quanto male ci starò

che sarai di un altro

lo so, ma è giusto così


Era quello che si aspettava di vedere, fin dal giorno in cui le voltò le spalle, e quello era effettivamente successo; anche se la previsione non gli impediva che l'immagine gli bruciasse come sale su una ferita.
Continuò a ripetersi che era giusto.








Nda in questo capitolo ho cercato di dare a Draco una voce che mi spieghi molti suoi atteggiamenti,  e mi sono impegnata per mantenerlo quanto più IC specialmente nella parte del passato:
fatemi sapere se ci sono riuscita, o se lo trovate invece in generale Oc.
Note di servizio:
-ai lettori di
Sono già solo che mi leggono anche qui domani non pubblicherò il primo capitolo dello spin off, lo scriverò anche sul mio profilo in modo che sia visibile da tutti: sto cercando l'incipit giusto per continuare la storia, e preferisco aspettare un pochino piuttosto che scrivere alla rinfusa.
-Le parole in grassetto-corsivo che avete trovato a destra della pagina sono parte della canzone "Tanto il Resto Cambia"di Marco Mengoni, che potete trovare al link http://www.youtube.com/watch?v=VA1Jwvuc0-o
-ho aperto da poco un blog, se vi va di dargli un occhio lo trovate al link http://aura85.blogspot.com/

Vedo che in molti avete letto il primo capitolo,  so che è un po' difficile rompere il ghiaccio e scrivere la prima recensione ma fatemi sapere cosa ne pensate e se è il caso che io butti questa fiction nel camino ;-)

Alla prossima!


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Capitolo 3
*** Contro natura ***


3

Che senso aveva stare ancora lì? Nessuno.
L'aveva vista, era con Weasley e stava bene; cosa voleva vedere ancora, forse l'ombra di un rimpianto sul suo viso? Voleva vedere se il sorriso che rivolgeva a Weasley non era così luminoso come quello che aveva riservato a lui?
No, voleva andarsene. Quello che era fatto era fatto, e se fosse tornato indietro nel tempo l'avrebbe dovuto fare ancora: era giusto, era così che dovevano andare le cose.
Scostò la tenda e si mosse di lato, sembrava che l'attenzione di tutti fosse diretta alla Weasley che era appena arrivata; aveva quasi raggiunto la porta quando la sua testa si mosse per lui e i suoi occhi La cercarono per un ultima volta, incontrando quelli di Lei, l'unica a guardarlo. Un frammento di secondo sospeso nel tempo dove il passato non aveva più molto senso, forse perché era passato o forse perché in quell'istante semplicemente non era così importante


Ciao Hermione.

Ciao Draco,

Stai bene...

Sto bene...


Eccola, veloce come un serpente che mordeva e lesto ad indietreggiare lasciando il suo marchio, una stilla di rimorso.
No, non rimpianto del passato, ma un impossibile desiderio del futuro


Se cambierà

per te nascerò ancora

per il tempo rimasto

cura sarò

niente più come te


Ciao Hermione.

Addio Draco.

Addio.


Afferrò la maniglia dietro di lui e scomparve.




* * *




Era passata una settimana, e se Draco era stanco e sfibrato mille altre volte doveva esserlo lei, costretta a dormire sempre di meno, costretta ad obbligarlo e convincerlo costantemente alla sensatezza delle sue decisioni, costretta a tapparsi le orecchie mentre lui si lamentava.
A Draco in fondo non importava molto, o almeno così si sforzava di credere aumentando le sue angherie quando i sensi di colpa alla vista degli occhi cerchiati e lucidi gli pungevano lo stomaco.
Erano entrambi feriti, e questo rallentava ulteriormente il passo specialmente quando lui dopo ore di camminata faticava a rimanere in piedi o quando sulla fronte di lei si accumulava il sudore bruciandole la ferita; ma entrambi avevano la sensazione che la foresta fosse talmente immensa che il loro ritardo non era molto rilevante.
Era appena iniziato il suo turno di guardia, lei sfinita aveva imparato ad addormentarsi di sasso anche nei posti più impervi, ma quella sera in cui il fuoco non riusciva a scaldarli abbastanza dopo la pioggia del pomeriggio sembrava che il suo sonno fosse particolarmente disturbato.
Dopo più di due ore in cui l'aveva sentita borbottare incessantemente spinto dalla curiosità Draco si avvicinò lentamente a lei, non riuscendo a capire se dormisse realmente, ma una volta accanto alla strega scoprì che nonostante gli occhi erano chiusi il viso arrossato era bagnato dalle lacrime. Stupito provò a tirarsi indietro, quando d'istinto la sua mano si allungò sulla fronte di lei, scoprendola bollente, mentre lei continuava a singhiozzare nel sonno, e le parole si facevano più distinte

-Harry, Ron...

Una smorfia di fastidio gli dipinse il volto, arrabbiato perché il senso di colpa ormai era impossibile da ignorare. Si staccò il suo mantello posandoglielo malamente addosso e si allontanò, mettendosi più vicino al fuoco, il falò a dividerli.
La soluzione era una sola: doveva smetterla di torturarla, sennò la situazione della ragazza si sarebbe aggravata e lui aveva bisogno della sua esperienza e del suo ingegno; doveva ammetterlo.
Se c'era una cosa in cui se la cavava abbastanza bene erano le pozioni, per cui si ingegnò con una pietra concava come calderone appoggiata vicino al fuoco e mischiò dell'acqua a delle foglie di ortica selvatica pestate, catturò un cervo volante in un tronco poco distante dal loro accampamento (non si sarebbe mai arrischiato ad inoltrarsi oltre) e strappata la coppia inferiori di ali, quella più delicata, le spezzettò finemente e le aggiunse all'intruglio.
Forse gli ingredienti non erano del tutto corretti rispetto alla ricetta originale, ma qualche effetto sarebbe riuscita ad averlo.

Quando la brodaglia iniziò a sobbollire si aiutò con i lembi del mantello che momentaneamente tolse alla Sanguesporco per travasarla in una foglia abbastanza grande ed abbastanza resistente di un rampicante perenne, e si avvicinò a lei porgendogliela
-svegliati, questa ti farà passare la febbre- le disse, provando a non essere troppo sgarbato.
Notò che il respiro di lei si era fatto più affannato, e facendo attenzione a non versare la pozione accostò nuovamente una mano alla fronte, scoprendola più calda; sbuffando irritato le fece scivolare la mano dietro alla nuca, capendo che non si sarebbe svegliata, e le sollevò la testa un poco, accostando la foglia alle sue labbra premendovi sopra perché le schiudesse del tutto.
Versatovi la pozione le portò una mano al mento, chiudendole la bocca, e tirandola un poco più su la intimò di inghiottire, sicuro che nell'incoscienza avrebbe capito.
Una volta certo che non sarebbe affogata si allontanò nuovamente, ritornando al suo posto e monitorando di tanto in tanto le condizioni della strega per tutta la notte, fiero che la sua pozione improvvisata stava facendo un po' d'effetto: nonostante la fronte fosse ancora calda l'affanno era diminuito e la temperatura era un poco scesa.


La vide sbattere gli occhi quando i raggi del sole mattutino le colpirono il volto
-ma che...- disse stupita cercando di alzarsi, non riuscendo a darsi una spiegazione per il suo sonno protratto. Guardò stranita i rimasugli degli ingredienti della pozione sparsi, il pestello improvvisato ed il paiolo di fortuna ancora umido e sporco, e accanto a lei la foglia usata come scodella -mi hai avvelenata?- domandò spaventata.
-hai la febbre, ti lagnavi così tanto che ho dovuto prepararti una pozione per fartela scendere: eri una vera noia- sbottò lui
Lei si portò una mano alla testa, socchiudendo gli occhi e rimettendosi sdraiata lentamente, come colpita da un capogiro
-e perché non mi hai svegliato per il turno di guardia? Ti sei addormentato?- domandò stanca
-no, ti ho lasciato dormire- ribatté lui. Vide gli occhi di lei spalancarsi scioccati e voltarsi a guardarlo interrogativi -non ti emozionare- proseguì allora sibilando -guarda che l'ho fatto solo perché malata o morta saresti solo un peso, Sanguesporco- concluse, calcando il tono su quell'appellativo che lei non avrebbe mai dovuto scordare. La testa castana si voltò in silenzio, e dopo qualche istante la ragazza provò ad alzarsi
-dobbiamo metterci in viaggio- lo informò, fredda.
Mentre la vedeva barcollare Draco si alzò di scatto, infastidito
-stattene lì- la intimò, severo -ci penso io a raccogliere le cose- spento il fuoco e legate le bisacce alla sua cintura si fermò dandole le spalle, indeciso. Lei non era in grado di camminare, era ovvio; dopo dei lunghi attimi di silenzio si avvicinò a lei, prendendole malamente un braccio sulla sua spalla -sali- sbuffò
-no, ce la faccio- ribatte fiera
-sali- ringhiò allora lui -non sei certo in condizioni di camminare, e per quanta poca strada riuscirò a fare con te in spalla è sempre meglio che fermarsi qui, vuoi essere ancora di più un peso di quello che già sei? Muoviti
La ragazza fece appello alle sue ultime forze per issarsi in silenzio sulla sua schiena, tacendo l'orgoglio che urlava di preferire andare a cavallo di un Troll piuttosto che lasciarsi trasportare da lui.
Sospirò, chiedendosi quanto ancora doveva durare quella storia
-so che preferiresti essere con Potterino e Weasley, ma così stanno le cose- la voce del ragazzo era uscita talmente piano che si domandò davvero se avesse detto quelle parole: cosa volevano essere, delle scuse? Vaghi ricordi nella sua mente le riportarono alla memoria la mano fresca che sentiva sulla fronte durante il delirio della febbre, e la pozione che lui le aveva preparato.
Forse non era così cattivo come voleva dimostrare, nonostante era come se ci tenesse a sottolineare il contrario
-non sapevo che le Sanguesporco pesassero di più delle Streghe
normali- borbottò poi lui, per cancellare quello che aveva appena detto.
Ad ogni azione positiva ne compensava con una negativa, e viceversa.


Non fecero molta strada quel giorno, si fermarono dopo circa un'ora di camminata perché la ferita di Draco iniziava a pulsare insopportabile, anche se lui addusse come scusa la fronte della ragazza che aveva ripreso a scottare. Riprodusse la pozione con gli ingredienti che si era tenuto, e mentre lei sonnecchiava ne approfittò per riprendere fiato.
Mangiò un paio di mele, segnandosi mentalmente di stare attento lungo al cammino per trovare qualcosa che avrebbe potuto migliorare le condizioni della sua ferita: il dittamo a quella latitudine era altamente improbabile, immaginò, ma avrebbe potuto preparare una pozione alternativa.
La svegliò quando si fu riposato e le fece ingollare l'amara brodaglia, che da cosciente fece più fatica a mandare giù, prima di riprendersela sulle spalle.
Fece effetto più in fretta rispetto alla notte precedente, dopo una manciata di minuti si sentiva la testa più alleggerita dalla morsa della febbre.
-sai Malfoy- disse, cercando di ringraziarlo -tutto sommato né Ron né tanto meno Harry avrebbero potuto curarmi come hai fatto tu, loro sono una frana in pozioni- rivelò goffamente.
Inutile dire che probabilmente con loro non si sarebbe ammalata, aveva capito che doveva eguagliare i suoi sforzi e rendere meno sgradevole la loro permanenza nella foresta, cercando di sotterrare l'ascia di guerra.
Non era certo facile, ma un tentativo non guastava.
Di tutta risposta lui sbuffò rumorosamente, e continuò a camminare





* * *




Il suo compito era andare lì, affrontarli, fermarli: Potter, Lei e Weasley.
Non poteva tirarsi indietro, con leggero movimento del capo fece cenno a Tiger e Goyle di seguirlo verso la stanza delle necessità, dove definitivamente avrebbe combattuto contro di Lei.
Un sacrilegio affrontarla, una blasfemia puntarle contro la sua bacchetta, un peccato mortale esserle avverso; ma lo aveva scelto


E verrà l'inverno

neve scenderà

il silenzio ti cancellerà


come avanzare ancora verso quella stanza se non ripetendo a mezza voce, indifferente quanto mai della presenza dei suoi tirapiedi, la menzogna ultima come un incantesimo a dargli coraggio: l'avrebbe dimenticata un giorno, Lei sarebbe stata meno importante.
Nel momento stesso in cui lo diceva però l'ombra della sagoma di Lei gli ricordava che non era possibile.




* * *




L'importante non era uscire da quella foresta? Ormai era quello l'obiettivo, passo dopo passo, fitta dopo fitta. Sentì solo la sua voce in lontananza
-Malfoy!- prima di rendersi conto che era diventato tutto nero.


Il dolore era aumentato, il peso della Sanguesporco gli gravava sulla ferita schiacciando i lembi di pelle e comprimendoli, ma a lui importava solo proseguire; ora, mentre riprendeva conoscenza, iniziava a percepire quanto fosse diventato insopportabile.
-sto facendo di tutto- ora la voce della Granger suonava come una scusa -ma tutto quello che ci hanno insegnato non sembra funzionare: non è una ferita normale, è come se fosse maledetta. Non ti preoccupare, sentirai meno male tra un po'- gli assicurò mentre i suoi contorni sfocati prendevano forma.
-è rimasta un po' di pozione che avevo preparato per te- digrignò lui -trova delle bacche di ginepro e correggila, dovrebbe aiutare
-l'ho già fatto, l'hai bevuta, cerca di stare tranquillo adesso
Era una parola, quando il fuoco lo divideva in due, e il suo cuore sembrava essere sceso all'altezza della ferita tanto che pensava potesse uscirne, data la forza con cui lo sentiva pulsare. Poco a poco si fece nuovamente tutto indistinto, prima che riuscisse a capirlo.


-quanto tempo siamo stati fermi?- disse aprendo gli occhi: il dolore era ritornato ad essere sopportabile, e la sua mente riacquistò subito lucidità
-un giorno- lo informò.
-maledizione- cercando di mettersi a sedere scoprì che una stretta fasciatura gli costringeva il torace, e notando la nudità della sua pelle sotto al mantello capì che le bende erano formate dalla sua camicia
-non potevo usare il mantello il tessuto era troppo ruvido e poi la camicia non ti proteggeva dal freddo, quello sì. Ho avuto cura di non strapparla, così se la ferita migliorerà potrai indossarla di nuovo
-quanto diamine dovremo stare in questa foresta?- imprecò a denti stretti
-non lo so, ma è meglio essere lungimiranti- si strinse lei nelle spalle. Ricordò le sue condizioni del giorno prima, sembrava stare meglio, anche se era come se faticasse a parlargli.
Capì, gli aveva tolto la camicia, aveva visto che cosa celava.

Doveva forse scusarsi per essere sé stesso? Per appartenere alla sua famiglia? Per non essere quello che suo padre chiamava Traditore del Sangue?

Il senso di colpa che lo aveva tormentato nei giorni precedenti lo punse in maniera diversa: non c'erano altri oltre a lei, avrebbe potuto abbandonarlo mille volte e lasciarlo al suo destino, che sarebbe stato senz'altro breve, ma non lo aveva fatto.
Avrebbe potuto ribellarsi alle sue angherie, ma aveva sopportato con dignità.
Senza una società magica o meno intorno a loro le loro diversità sembravano azzerate, rimaneva solo la fierezza e la lealtà non dovuta di lei che aveva il potere di farlo apparire piccolo ed insignificante.
Provò a ripetersi che in fondo anche lui l'aveva curata ed assistita, erano pari, ma quella consapevolezza non gli bastò.

Erano soli.

-mi è stato imposto, per me non ha importanza- spiegò indifferente, capendo quanto fosse vero.

Lei lo fissò allibita
-per me ne ha invece- ribatté istintiva -sei al corrente che quel tatuaggio corrisponde per me ad una condanna a morte? In nome di che cosa?- tremò avvicinandosi a lui: lo aveva forse risparmiato per ucciderlo con le sue stesse mani? -io
so quanto valgo e perché, non mi interessa dimostrarlo: chi sei tu per dirmi che non è vero?
Il sangue, lo stesso che lo legava alla devozione per la sua famiglia, ora sembrava sgretolarsi di fronte alla semplicità e all'ardore con il quale lei si difendeva.
-non parliamo più di questo- propose. Non poteva dirle che in qualche modo avrebbe potuto avere ragione, sarebbe imploso se avesse pronunciato quelle parole; eppure non era neanche in condizione di perorare la sua causa, perché Draco di cause sue non ne aveva.
Hermione lo fissò brevemente, né vinta né vincitrice di quella discussione ma molto più di lui, paradossalmente in entrambi i casi.
Gli controllò la fasciatura
-come pozione non sembrava fare molto effetto così ne ho fatto un unguento e te l'ho messo direttamente sulla ferita: perché non mi hai detto che si era aggravata così tanto?
-non me n'ero accorto, evitavo di guardarla- rispose laconico.

La sentì sospirare, e si mise a sedere allontanando le dita di lei che stavano ispezionando la benda; non voleva sentirsi ancora più in difetto di quanto già non fosse.
Quella dannata foresta, quel dannato isolamento: in un altra situazione mai avrebbe creduto di sentire a disagio nei suoi confronti, di capire cosa volesse dire
sentirsi in debito; ora invece i contorni di quella frase prendevano forme più reali ed era tutta colpa di quella dannata foresta.
Da quanto erano lì, quanto avevano camminato? Un altro turbamento lo colpì

-usciremo mai di qui?- disse cogliendola di sorpresa, mentre lei stava raccogliendo il loro scarno equipaggiamento.
-speravo non me lo chiedessi








Nda Cosa cela in realtà la foresta? Hermione ha capito qualcosa?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere!

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Capitolo 4
*** L'ammissione ***


4


Nessuno, nessuno al mondo sapeva di loro, era certo che nemmeno i fidati Potter e Weasley avevano mai intuito quello che era successo.
Si era convinto che questo avrebbe dovuto aiutarla a buttare nell'oblio il loro passato, eppure aveva sperimentato come davanti a uno sguardo ignorante saliva la frustrazione di chi conosce la realtà.
Ma cos'era poi la realtà? Non certo il loro periodo nella foresta, e men che meno l'istinto di cercarsi, di trovarsi ancora una volta nel momento in cui erano stati in salvo: si erano aggrappati a un barlume di illusione, confondendo la finzione di un mondo parallelo e diametralmente opposto con la vita, dove forse i loro nomi accostati non avrebbero significato un'implosione.
Non era quello che avevano condiviso a spingerli insieme, non era quello che grazie all'altro avevano scoperto di avere dentro, non solo: era quello che avevano visto nella persona di fronte a loro, quando si erano dati l'opportunità di conoscersi; allora, automaticamente, erano nate due nuove persone: il Draco di Hermione e l'Hermione di Draco.
Sempre loro, dentro e fuori, ma mai così veri, così assoluti; come l'elevamento all'ennesima potenza dello zucchero: per definizione è il senso stesso della dolcezza, ma amplificato si schiude in dimensioni non percepibili, ma che lo arricchiscono inequivocabilmente.
Draco, stronzo e vigliacco era nato e stronzo e vigliacco sarebbe morto, ma accostato a Hermione la sua vigliaccheria equivaleva in primis a proteggere lei: la mancanza di coraggio di poter vivere senza essere sul suo stesso pianeta.
Stronzo, perché alla fine se l'era lasciata alle spalle, e vigliacco perché si era negato di darle di nuovo un nome, così era diventata Lei, un pronome evocato con reverenza e paura, ancora una volta l'assoluta evoluzione di una persona.




Non verrò a cercati,

io ti scorderò.

Servirà del tempo e guarirò.


Quando aveva distolto lo sguardo, dicendole addio, per una frazione di secondo l'aveva creduto, aveva creduto che il suo destino avrebbe potuto ancora cambiare e scorrere lontano da Lei, scordandola, guarendo da quel sentimento insano che per il solo fatto che lo accostava a quella ragazza che significava l'opposto della sua vita era per forza sbagliato.
Perché, alla fine, amarla poteva significare solo che la sua vita stessa era un errore.
Era maledetto, sul braccio e nell'anima due forze si contendevano la sua vita; e se forse il braccio avrebbe potuto staccarlo non c'era modo di separarsi dalla sua anima; era stato chiaro allora, quando aveva incrociato i suoi occhi traditi, ed era stato ovvio in seguito, ogni volta che si aspettava di dimenticarla.
E con tutti, la famiglia, i mangiamorte, i suoi compagni di scuola, ogni volta che incontrava l'ignoranza nei loro occhi si ricordava che per loro non era mai accaduto niente. Per loro il mondo aveva sempre continuato a scorrere normalmente, non era mai esistita quell'esplosione nel mezzo della sua vita che per il solo fatto di essere segreta era alla fine ancora più reale.



* * *



Che non era una foresta normale, che l'armadio gli avesse portati in qualche luogo maledetto ed impregnato di magia, stava diventando sempre più ovvio: avevano iniziato a perdere il conto dei giorni passati a camminare, poteva essere passata una settimana come un mese, eppure l'ostinazione con cui giorno dopo giorno si mettevano in marcia era pari al primo giorno.
Solo un particolare era mutato: avevano iniziato come estranei e al tempo stesso nemici, avversari; con il passare del tempo si erano smussate le diversità, rendendoli simili in quanto pari nella condizione di dispersi, complici silenziosi che condividevano ferite e paure senza mai esternarle.
La monotonia di minuti sempre uguali, risvegli identici uno dopo l'altro e situazioni ridondanti stendeva un velo di oblio allontanandoli dalle loro vite, schiacciandoli vicini e compagni.
Non avevano dimenticato chi era la persona che si trovavano a fianco, non avevano scordato la rivalità e l'odio, eppure queste appartenevano ad un mondo passato e lontano, che si scontrava continuamente tra l'istinto di perpetrarle e quello di accantonarle in nome di un presente in cui ogni ideale, ogni pregiudizio e ogni rancore sembrava perdere senso.
Così, in silenzio come tutto era iniziato, piano piano l'astio era stato accantonato per momenti in cui sarebbe stato più intelligente provarlo, rimpiazzato da una muta accettazione; più che per la situazione dell'altra persona.
Draco aveva accettato Hermione, quella che gli avevano insegnato ad identificare come “abominio di strega” era diventata una compagna sveglia ed intelligente, capace di stringere i denti e porgergli la mano nei momenti di reciproca difficoltà senza aspettarsi protezione da parte sua o ringraziamenti per i suoi sacrifici; l'esperienze passate le avevano insegnato il valore della condivisione come uno stile di vita, era pragmatica e lucida nelle sue scelte ma nonostante tutto questo, nonostante effettivamente non dimostrasse di aver bisogno di lui, Draco percepiva in quei rari momenti di debolezza, una crepa di solitudine che scalfiva la sua invincibilità.
A volte era un'ombra pensierosa sul viso, gli occhi vedevano il sentiero di fronte a loro ma capiva che in realtà stava guardando oltre, ricordando ciò che le era stato strappato;
altre volte era un sospiro fuggito al suo contegno, quando pensava che lui dormisse, e con metodici movimenti riavviava il fuoco cercando di dominare il tremito impaurito della sua mano.
Dentro a quell'armatura da valorosa guerriera c'era una ragazzina, gravata dalle paure che la parte più forte di sé le relegava per rendersi più sicura, ma al tempo stesso indeboliva quel lato più fragile della sua personalità, destinato ad essere aggravato di tutto ciò che non riusciva ad esprimere, dai mille dubbi che continuavano a sbattere nella sua mente senza risposta, dalle urla senza voce che non potevano essere confidate.

Draco percepiva quella debolezza perché era lo specchio di sé, perché anche lui si era sempre portato a dietro nella vita un ragazzo che non trovava voce, ed era la prima volta che intravvedeva la fragilità in una persona che non fosse lui: ecco perché col passare delle notti invece di girarsi dall'altra parte per non cadere in tentazione di guardare quella mano inferma la osservava, dapprima in silenzio come uno spettatore nascosto; poi aveva iniziato a manifestarsi mettendosi a sedere e condividendo mutamente la sua paura.
Inizialmente Hermione, non appena si accorgeva che era sveglio, riprendeva il controllo di sé e ritornava ad essere l'impeccabile sentinella valorosa, consigliandogli di rimettersi a dormire con voce ferma e sicura; poi, leggendo negli occhi di Draco una muta solidarietà che mai saliva in superficie, piano piano si era adattata a quello sguardo, fino alla notte in cui, quando lui si sollevò dal suo giaciglio e si sedette accanto al fuoco, non comandò più alla sua mano di fermarsi.
Evitò di incrociare i suoi occhi, fissando testardamente lo scoppiettare del fuoco come se fosse stata sola, ma pur conscia di non esserlo aveva lasciato che quella parte più debole di sé continuasse ad esistere davanti a lui.
Non aveva pianto ma il turbamento era ben dipinto sul suo viso, i denti stringevano il labbro per impedirgli di tremare, le dita instabili facevano scivolare tutto ciò che toccava, mentre cercava di tenersi impegnata sperando che lo sconforto finisse.

E anche se lo ignorava palesemente sapeva che Draco era accanto a lei, a offrirle un muto sostegno.
Lentamente il suo respiro si fece più calmo, i movimenti più sicuri, e le labbra secche e screpolate tornavano ad essere ferme;

solo allora Draco tornò a sdraiarsi, e così per tutte le sere successive.
Non era capace di impedire allo sconforto di assalirla, ma grazie a lui diventava in grado di placarlo.




* * *




Lei non poteva saperlo, eppure anche nel momento più terribile non era stato capace di lasciarla sola con il suo dolore, condividendolo con Lei.
E ora invece tutto si complicava di più per l'ennesima volta, vedendoli soli e schierati per un confronto diretto.
Lei non era lì, ma esattamente come qualche ora prima aveva percepito con estrema esattezza il suo arrivo ora sapeva che era questione di minuti prima che si ricongiungesse al suo compagno.

-perché non glielo hai detto?

La voce di Potter si disperse nell'enorme ambiente, rimbalzando sull'alto soffitto e per tornare da lui, sotto le spoglie della voce della sua coscienza.
Esitò, perché alle sue orecchie quella domanda aveva un significato ben diverso: perché non hai detto a Lei la verità, perché l'hai lasciata soffrire senza sapere che per te era, è, lo stesso.
Ma Potter non poteva saperlo.
-a Bellatrix- continuò -sapevi che ero io, non ha detto niente- gli ricordò.
La risposta a quell'ultima domanda era il corollare della prima: per Lei.

Doveva approfittare che Lei non ci fosse, doveva riuscire a risolvere la questione con Potter prima che il suo arrivo rendesse tutto più difficile, anche se lui aveva appena scoperto il suo nervo più delicato, senza saperlo.
Dietro di lui una spinta, la stessa che proveniva dalla sua mente che sapeva che non c'era tempo da perdere, cercò di ordinare al suo braccio una mossa, tentò di concentrarsi su qualsiasi incantesimo mentre la voce di lei, disperata e decisa, gli toglieva ogni volontà oltre alla bacchetta scagliata via dal suo Expelliarmus.
Si sentì tirare, percepì in lontananza una maledizione senza perdono che implorò maledicendosi al tempo stesso che potesse sbagliare il bersaglio, e iniziò a correre, con Weasley alle calcagna.
Più che paura di lui, era sempre Weasley alla fine, era il terrore dello scontro con lei.

Su quello era catalizzata la sua mentre mentre quell'inaffidabile di Goyle aveva scagliato l'incantesimo che rischiava di ucciderli tutti.
Le fiamme divamparono tutto, non fu capace di provare pietà per lui mentre veniva inghiottito dal suo stesso incantesimo e continuò a fuggire, stringendosi sempre di più nella trappola, mentre il fuoco lo raggiungeva veloce.

Facile quanto stupido chiedersi se, per finire così, aveva avuto senso la sua scelta.
Era finita, rapidamente come non lo avrebbe mai immaginato, e il rimpianto (la vigliaccheria) si mischiava alla paura, mentre vedeva la battaglia, la sua vita intera, uno sfuocato contorno mentre solo Lei sembrava aver davvero senso.
Mentre il fuoco lo lambiva, freneticamente l'istinto di sopravvivenza lo scoprì, costringendolo ad ammettere che la cosa veramente importante era Hermione, alla fine.








Buon San Valentino e grazie a Maelle che nello scorso capitolo mi ha lasciato una recensione!
Sto respirando questa fiction molto lentamente secondo i miei standard, eppure i prossimi avvenimenti sono tutti impressi nella mia mente, solo la fine è un punto di domanda: so come arrivarci ma in tutta onestà non ho ancora scelto che futuro dare al progagonista (no, non Harry, intendo Draco, il protagonista della fiction).
Immagino che vi sarete accorti che il momento della Stanza delle Necessità è MovieVerse,  scrivendo con immagini nella mia mente per riproporre questa scena ho optato su ciò che, effettivamente, immagine è.
In modo ovvio, ma è giusto ricordarlo, rammento che tutti i personaggi sono della Rowling, e quelle belle frasi ai lati della pagina sono il testo di "Tanto il resto cambia" di Mengoni.
Eccovi il link
http://www.youtube.com/watch?v=VA1Jwvuc0-o se vi va di risentivela. 








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Capitolo 5
*** Hermione -Anche Se Non Respiro- ***


herm

Luglio 1997


Vedi,

si rimane in piedi

anche se tu non ci credi

Dimmi,

cosa vuoi sapere,

cosa vuoi di questo Amore


La camera dove era cresciuta da bambina, teatro di mille notti insonni china sui libri, era il posto ovattato e confortevole dove si arrischiava a guardare ancora dentro a quella zona del suo cuore chiusa a doppia mandata; il posto dove conservava Draco.
L'odio per il suo abbandono si mescolava con il tempo ad un tacito ringraziamento, perché più le settimane passavano più era costretta a capire che quello non era il momento propizio per loro, con una guerra magica alle porte se non già in corso, e che forse non lo sarebbe mai stato.
Se un anno prima le avessero detto che lei, Hermione Granger, si sarebbe presto innamorata di Draco Malfoy avrebbe con tutta probabilità riso scandalizzata dalla folle inesattezza della previsione;
Se un mese prima le avessero detto che sarebbe sopravvissuta a lui, riuscendo a continuare la sua vita, avrebbe trattenuto una lacrima, non credendolo possibile.

Eppure si trovava lì, innamorata di Draco e indenne, ancora tutta intera dopo che lui l'aveva lasciata.

Solo ogni tanto, seduta accanto al davanzale, prendeva in mano il suo cuore spezzettato e si concedeva qualche lacrima.
Ingiusto, quando si lasciava andare l'egoismo del suo cuore aveva il sopravvento e si chiedeva a ripetizione perché: perché non potevano continuare a stare insieme nonostante i loro mondi li scaraventassero ai poli opposti del confine di una battaglia, perché non potevano semplicemente ignorarla.
La domanda che le faceva più paura e più male soprattutto era perché lui non aveva scelto di rimanerle accanto.
Aveva imparato a vedere dentro alle sue complessità e aveva scorto come il ruolo che si era cucito addosso fosse per lui più un peso che altro, e che se fosse passato dalla loro parte forse avrebbe potuto rinascere: allora perché non lo aveva fatto? Lei non era abbastanza importante?

La risposta era no.

Poi, asciugandosi le lacrime, capiva che in fondo nonostante tutto nemmeno lui era abbastanza importante da farla alleare a Voldemort, a prescindere dal fatto che il suo contributo non sarebbe mai stato accettato per via di quel sangue che a tutti pareva così importante.
Allora erano pari.
No, pari mai, in fondo era lui che l'aveva lasciata.


Anche se non respiro,

e non mi vedo più in un giorno qualunque

dove non ci sei tu.

Anche se aspetto il giorno,

quello che dico io,

dove ogni tuo passo si confonde col mio


In quelle notti d'estate, quando con coraggio e masochismo ripensava a lui, si sorprendeva ad aspettarlo, a pensare che forse un giorno si sarebbero riuniti e che avrebbe potuto ricominciare a respirare profondamente.
Era totalmente folle, eppure una parte di lei era paralizzata dall'istante in cui lui se ne era andato.
Si scostò dal davanzale raggiungendo il suo letto, negandosi di pensarlo ancora: ben altro ora aveva importanza.
Non per la sua vita doveva andare avanti, ma per salvare il mondo che conosceva.




* * *




Due immagini sovrapposte, a tratti una sbiadiva facendo predominare l'altra, facendole dimenticare che entrambe lo rappresentavano: da un lato Draco che l'aveva vegliata, l'aveva curata, che a modo suo le chiedeva scusa per i suoi stessi comportamenti, il ragazzo che notte dopo notte con la sua presenza costante e silenziosa era diventato il suo unico sostegno all'interno di quell'incubo. Poi c'era Malfoy, indolente e con un inutile atteggiamento di superiorità che la mandava in bestia: giudicava le sue scelte ma senza esporsi con le proprie, sembrava disinteressato al loro futuro come se in fondo l'uscire o meno da quella foresta non fosse importante.
In quei momenti tornava a vederlo come aveva sempre fatto, disprezzava quel ragazzo che era palesemente al servizio di Voldemort, il tatuaggio non mentiva, e che negli anni ad Hogwarts si era dimostrato come il più infimo degli stronzi, giudicando in base alla purezza del sangue e alla ricchezza della famiglia, nascondendosi dietro al suo nome per fare del male alle altre persone.

Quel ricordo però sbiadiva quando la prima immagine acquistava forza, quando Draco dimostrava di essere qualcos'altro oltre lo stronzo ragazzino che per anni aveva tormentato lei e i suoi amici.
Hermione, forse spossata dalla permanenza nella foresta, si dimenticava sempre più frequentemente il suo odio verso di lui, iniziando a fidarsi e ad essere grata della sua presenza.






nda: Capitolo molto breve, fa parte di una serie di intermezzi che sto progettando chiamati "Hermione - Anche se non respiro", è la visione dei fatti dal punto di vista di Hermione ispirata alla canzone "In un giorno qualunque" sempre di Marco Mengoni.
Secondo me in questa canzone, rispetto a "Tanto il resto cambia",  c'è una lucidità maggiore, anche se nascosta: il ritornello stesso dice "Anche", lasciando secondo me intravvedere una vita che a discapito dell'amore espresso nel testo in qualche modo continua, e così voglio pensare Hermione in questa fiction: in fondo lei, in base a dove ho collocato l'inizio degli avvenimenti, dopo essere stata lasciata da Draco va comunque alla ricerca degli Horcrux, ed è la stessa che noi abbiamo conosciuto e così la voglio lasciare, mi piace inserire però un contrappasso nei suoi momenti più intimi in cui il suo amore viva comunque; 
Preferisco dividere così le parti di Draco, che comunque rimane il Pov principale, e quelle di Hermione, per non mischiarle troppo nei capitoli.
Scusate la scarsa lunghezza di questo aggiornamento, presto ne arriverà un altro invece per Draco, e grazie di cuore a Igrain che ha commentato gli ultimi capitoli!

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Capitolo 6
*** Tutto quanto è fermo a te ***


tanto

Era stata una sua idea quella di trarli in salvo dalle fiamme?

Curioso come la risposta a quella domanda, qualunque fosse, aveva il potere di spaventarlo più, o quasi, del pensiero di quello che sarebbe stato di lui se non fossero tornati indietro a prenderlo.
Quando ormai stava per accettare il suo destino ecco Potter volargli accanto, afferrare la sua mano, fu una questione di secondo e si ritrovò salvo.
Si sollevò da terra, nella posizione in cui era rimasto da quando avevano atterrato, cercando di ricomporre inutilmente le sue priorità: ormai niente aveva più senso, neppure l'estremo attaccamento alle sue radici fu in grado di riporlo al punto di partenza, e il perché gli stava davanti agli occhi.



Tutto quanto è fermo a te,
tanto il resto cambia.

Vivrò ma non vivrò mai.



Il resto poteva cambiare, Hermione no. Da quando era entrata in lui, con fatica e mille resistenze, aveva preso un posto che non avrebbe più lasciato.




* * *


Era facile farsi prendere dallo sconforto, non gliene faceva una colpa: non sapeva quando esattamente aveva iniziato a rassegnarsi sul fatto che non sarebbero mai usciti di lì, o almeno, quando facendo qualche calcolo aveva intravvisto in quella possibilità una scappatoia. Nessun compito da portare a termine, nessuna spada sulla fronte sua e della sua famiglia: era una pazzia, forse, essere sollevati di rimanere intrappolati a vita in una foresta, con l'unico incessante e ridondante obiettivo quello di uscirne, eppure era ben più da pazzi il sentirsi salvi tornando in quel mondo, dove era solo una questione di inerzie il fatto che potesse venire ucciso o meno.
Non solo non esisteva un no, tra gli eletti a cui era possibile sedere allo stesso tavolo del signore oscuro, ma non esisteva nemmeno essere meno che onorati per ogni sentenza di morte che veniva loro rivolta.
Hermione, però, aveva qualcuno da cui tornare, una guerra sua da combattere, amici fraterni e affetti che l'aspettavano e senza i quali la sua vita non era definibile completa.

Così più i giorni passavano e più i loro equilibri mutavano, dallo sconforto alla resistenza, dalla speranza all'inerzia.

-come poi essere così?- gli domandò una mattina, particolarmente nervosa
-così come?- rispose lui, stupito dal dialogo fuori programma.
Hermione inspirò,
-così rassegnato, così menefreghista. Non ti importa più uscire di qua, sei sempre più indolente- lo rimproverò, seccata dal ghigno che gli comparve sulle labbra
-ho accettato questa condizione, continuare in eterno ad aggrapparmi all'idea che prima o poi usciremo di qui è una follia, mi aspettavo di meglio da te Granger, pensavo che tu fossi più razionale, dato che te ne vanti tanto
-c'è differenza tra l'essere razionali e essere cinici e stretti di vedute
-inizi ad essere ridicola- la fulminò Draco. Ogni giorno continuava ad alzarsi e a camminare, non poteva almeno essergliene grata in silenzio? -è chiaro che continuare così non ci porterà da nessuna parte: non una pendenza, non una montagna da quando siamo partiti: solo alberi, tutti uguali. Chi ci dice che non stiamo girando in tondo?
-mi oriento con il sole- precisò lei
-e se fosse un'illusione? Non ci hai mai pensato, eh? Ovvio che no, inizio a credere che in fondo non vali poi tanto, come dici tu. Dovremmo cambiare strategia, visto che la
tua non porta da nessuna parte, e iniziare a prendere in considerazione che forse non usciremo mai di qui.
Hermione stringeva la mascella, arrabbiata
-hai qualche proposta?- lo provocò, facendo una smorfia al suo silenzio -come immaginavo. Sei impossibile Malfoy, se sei tanto convinto che ho torto nessuno ti obbliga a seguirmi, stattene pure qui.
-credo che lo farò- ribatté lui sprezzante, sedendosi su una radice.
Hermione ricominciò a camminare, senza curarsi di essere seguita.

Quando la rabbia per la discussione si era affievolita era sopraggiunta una spiacevole sensazione di colpa, che riattizzò il nervosismo: in fondo non era certo colpa sua se lei se ne era andata, non l'aveva cacciata. Bestie selvatiche non si erano mai avvicinate, e in evenienza la Sanguesporco aveva la bacchetta, fatti suoi se si fosse trovata in difficoltà.
Evitò di pensare a cosa avrebbe fatto lui: non aveva tanto senso farlo. Forse provare a ripetere qualche incantesimo che secondo lei non avrebbero avuto successo, dato che avevano scoperto che la potenza delle loro bacchette era molto limitata all'interno di quella foresta.
Strano come, pur essendo che Hermione si era allontanata di sua spontanea volontà, a lui spettava il senso di colpa.
Probabilmente lei ora era sollevata dall'essersi levata quel peso dalle spalle, in quanto se non in rare occasioni quello le aveva sempre dimostrato di essere, ma lui sentiva di averla tradita, lasciando che si allontanasse sola. E se davvero non fossero mai usciti di lì? Che senso aveva stare separati?
Non riusciva a concentrarsi, così sebbene fosse ormai notte si incamminò alla cieca nella direzione in cui l'aveva vista scomparire, nonostante poteva sentire la sua ferita pulsare nuovamente. Fu quando bevve la pozione che realizzò che Hermione l'aveva stupidamente lasciata a lui, e aumentò il passo mosso da una nuova urgenza: se le fosse successo qualcosa niente gli avrebbe impedito di odiarla, e di odiarsi.
Aveva camminato per ore, senza sosta, senza porsi il dubbio che la direzione fosse giusta;
la trovò riversa al suolo in posizione innaturale, e mentre le corse accanto sperò istintivamente che fosse un'allucinazione del buio.
La ferita sulla fronte perdeva sangue, come se fosse appena stata inferta, e le membra erano gelide, come se non vi fosse più vita a scaldarle.
Le tastò il polso, la giugulare, sollevato di percepire un debole battito, poi direttamente dalla bisaccia le versò in bocca una generosa dose di pozione, mentre lanciava incantesimi per rianimarla.
Il pensiero di averla persa gli aprì uno sconosciuto squarcio nell'anima.
La tenne tra le braccia, scaldandola con il suo stesso calore, mentre febbrilmente cercava sul suo viso segni di miglioramento.

La palpebra tremò un paio di volte, prima di socchiudersi.
-ce ne hai messo di tempo, - sussurrò Hermione. Come se non avesse avuto dubbi sul fatto che lui l'avrebbe raggiunta.
Sollevato dal suo risveglio Draco continuò ad osservarla, cercando un'ombra di vitalità nello sguardo, spiando la ferita da cui il sangue non usciva quasi più, controllando il pallore del suo viso, senza soffermarsi sul distacco che avrebbe dovuto dimostrare.
-chi ti diceva che sarei tornato da te?
Come se non fosse stata lei ad allontanarsi, ma lui a staccarsi, rimanendo fermo. Come in effetti era stato.
-ti aspettavo, non avevo dubbi. Non sei tutto ciò che vuoi farmi vedere, c'è dell'altro in te.
-come puoi dirlo?
Hermione tossì,
-a volte ti dimentichi di dimostrarmi che sei stronzo. Come adesso, per esempio.
La stava tenendo ancora tra le braccia, nonostante lei si fosse svegliata ed apparentemente il pericolo fosse passato; ma era naturale farlo, innaturale riadagiarla a terra e spostarsi.
-dormi ora.
Le consigliò, sperando quasi che il buio nascondesse il ghigno benevolo, sorriso, che brevemente gli aveva dipinto il volto.
Appoggiò la testa all'indietro, contro un albero, e si assopì anche lui.

La prima cosa di cui si accorse nell'incoscienza fu che per la prima volta, dopo tantissimo tempo, il dolore era cessato, scomparso totalmente.
La seconda cosa fu la sensazione di asciutto, che da tempo non provava. Un lieve tepore, in confronto al gelo a cui ormai si era abituato.
Tra le sue braccia ancora Hermione, ma i movimenti del suo respiro erano più regolari, e la sua mano, che nel sonno si era intrecciata alla sua, era calda.
Aprì gli occhi, buio pesto ma diverso da quello della foresta. L'aria era come viziata, e non appena provò a muoversi sentì il gomito sbattere contro qualcosa di duro, e realizzò che sotto di sé non stava la radice su cui si era addormentato, ma una superficie liscia e uniforme.
-che succede?- la voce di Hermione era insonnolita, ma chiara e ferma.
Per provare il suo dubbio Draco allungò una mano, alla cieca, e fece forza contro la parete: l'anta dell'armadio si aprì, cigolando, la luce che filtrò dall'esterno lo accecò per qualche breve istante ma, una volta abituatosi, riconobbe la Stanza delle Necessità. Erano a Hogwarts.
Lei si sollevò rapida, nel momento stesso in cui lui d'istinto cercava di scansarsela di dosso, e uscirono al di fuori dall'armadio.
Erano tornati o non si erano mai mossi?
Evitò di incrociare lo sguardo di lei, allontanandosi svelto, scappando dallo strano abbraccio in cui si erano svegliati, e lasciando la Stanza delle Necessità in silenzio.
Raggiunse il suo dormitorio, a occhio e croce Hogwarts era immersa nel sonno, non incontrò nessuno.
La stanza era esattamente come l'aveva lasciata, i suoi compagni che russavano, il suo letto che lo aspettava.
Mentre si spogliava sentì qualcosa di strano, la camicia gli era appiccicata alla pelle, dubbioso la strappò via per poi osservarla nella penombra. Sangue.
Erano tornati.
Era stremato, nemmeno quella scoperta gli impedì di addormentarsi di sasso non appena toccò per la prima volta dopo tanto tempo il suo materasso.

Il giorno dopo capì che nessuno si era accorto della loro assenza, perché per tutti quello che a lui erano parsi mesi erano solo pochi attimi: per qualche strano motivo l'armadio aveva fermato il tempo al di fuori di sé, mentre la prova inconfutabile che per lui il tempo era passato anche fisicamente era nei suoi capelli, più lunghi dell'ultima volta che aveva avuto il piacere di guardarsi a uno specchio. Se li tagliò immediatamente, prima che qualcuno potesse accorgersene, e approfittò di quella domenica mattina per vagare indisturbato nel castello, svuotandosi la mente.
Il chiosco a quell'ora era deserto, probabilmente i pochi studenti svegli erano a fare colazione, ma mentre lo attraversava una sagoma solitaria gli bruciò la vista.
Hermione era di fronte a lui, si girò lentamente come se stesse aspettandolo, impedendogli la fuga indisturbata.
Gli si avvicinò, inesorabile, e poté osservare come anche sul suo viso, ora pulito, non c'era più traccia della ferita.
-non è stato un sogno- gli comunicò, come volendolo convincere.
-non capisco di cosa stai parlando- borbottò lui. Il volto pallido ed emaciato, come lo aveva visto diventare in quei mesi di sacrifici, era in contrasto con i capelli per una volta puliti, l'uniforme nuova. Era lo scontro tra quello che era successo e quello che ora era, la prova che le due cose coesistevano.
Quando gli fu accanto Hermione gli sorrise, debolmente,
-grazie- gli disse. Istintivamente le mani dei due ragazzi si ritrovarono, complici. -sei tornato.
Ricordò.
Il ricordo di quello che qualche ora prima era stato si fuse nel presente, come se fossero ancora nella foresta e non più ad Hogwarts, e Draco tornò a spogliarsi della sua maschera come aveva fatto quando l'aveva trovata.
Il rimorso per il fatto che era stato colpevole con la sua testardaggine dell'aggravarsi delle condizioni di Hermione lo colpì nuovamente,
-perché hai lasciato la pozione a me?- la rimproverò.
Lei sollevò le spalle, come incurante
-te l'ho detto: sapevo saresti arrivato. Ti conosco -gli rivelò. Meglio di chiunque altro, sottintese, perché con lei era impercettibilmente eppure decisamente cambiato.
Draco le si avvicinò ulteriormente
-sei stata stupida, avresti potuto morire- le fece notare.
Il suo sguardo gli trasmetteva una strana complicità
-non l'ho fatto.
Tu sei tornato, mi hai salvato
-cosa volevi dimostrarmi?- disse, quasi irritato.
-che mi fido di te, nonostante tutto.
La sua mano si mosse come se non gli appartenesse, posandosi sulla guancia di Hermione e tirandola a sé, mentre incontrando le sue labbra le spiegava, senza conoscerne le parole, perché.



* * *



Potter e Weasley erano già lontani, Lei, Hermione, era rimasta come paralizzata, di fronte a lui.

Draco, seduto sul davanzale, sollevò lo sguardo, e per la prima volta dopo tanto tempo, le parlò
-siamo pari ora, questa volta sei stata tu a tornare a salvarmi - osservò, quasi ironico.
-non saremo mai pari- lo corresse. Continuò a osservarlo a lungo, in silenzio, poi sospirò -tu mi hai lasciata
Inutile negare, era vero.


Mille volte scoprirò
Che non mi innamoro,
ma tu questo già lo sai.


Ma lo aveva fatto perché era l'unica cosa che poteva fare: non poteva trascinarla nel suo vortice di distruzione, non poteva condannarla a sopportare in silenzio; e non poteva evitare il suo destino, sottrarsi al compito che gli era stato affidato, condannare a morte la sua famiglia.
Le rivelò
-il tuo amore era abbastanza per salvare me, non credere che sia il contrario. Ma non potevi salvare anche i miei genitori, loro non lo avrebbero accettato: era compito mio farlo, svolgendo il compito per cui ero stato scelto
La confessione gli era costata fatica, ma che senso avrebbe avuto mentirle? La vide ascoltarlo, come se le sue parole scalfissero una nuova ferita nel suo cuore notò che un velo di tristezza, rimpianto forse, le aveva coperto lo sguardo.
-che cosa è cambiato ora?
Non si stupì che avesse già indovinato il cambiamento che era appena avvenuto in lui, Lei era Hermione in fondo.
Si sollevò, allontanandosi per non metterla in difficoltà e evitando che si sentisse costretta a rispondergli

-alla fine, dopotutto, sei più importante tu








nda Ecco un nuovo capitolo, questa volta "canonico". Sia il passato che il presente stanno volgendo al termine, grazie per le recensioni che mi avete lasciato, spero che ancora una volta mi facciate sapere cosa ne pensate ;-) e alla prossima!

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Capitolo 7
*** Ora conterò cento, piano ***


tanto

Come un tempo era stato costretto a lasciarla, per portare a termine il compito a cui era stato destinato, ora lasciava le file dell'Oscuro Signore, arrivando a schierarsi contro di lui e contro ai suoi genitori, per Hermione, per l'unica cosa che alla fine dei conti, comunque andassero le cose, avesse senso.



* * * 




-Lascia che ti aiuti-

gli aveva detto Silente, e gli era sembrato di sentire Lei parlare.
-Non voglio il suo aiuto, ma non capisce? Io lo devo fare, devo ucciderla, o lui ucciderà me.

Per proteggerla, per risparmiarla, l'aveva lasciata quella mattina, quando aveva capito che il momento era arrivato.
Il momento di completare il suo compito, e realizzare il destino che per lui era già stato scritto.
Mentre puntava la bacchetta contro il preside e incrociò il suo sguardo, dignitoso e dispiaciuto, vide nei suoi occhi l'espressione che aveva desiderato vedere in Lei nel momento della separazione.


Era stato tutto abbastanza veloce, nella speranza che fosse un aiuto che attenuasse il dolore, eppure non aveva fatto i conti con lei, con il suo strazio: mentre parlava non riusciva a distogliere la vista dalla delusione che comparve sul suo viso, dal dolore che prese possesso dei suoi lineamenti; la bocca socchiusa in un singhiozzo strozzato, gli occhi dilatati dalla sorpresa che diventavano lucidi. Era straziante, perché in lei vedeva riflesso lo sfogo che lui si impediva di non manifestare.
-Mi dispiace, Hermione- le aveva ripetuto, mentre faceva un passo indietro, pronto ad allontanarsi, a scappare da lei e da quello che rappresentava.
Si girò, lasciandola sola, rannicchiata su sé stessa. Iniziò a camminare, una smorfia si dipinse sul suo viso, la rabbia aveva iniziato a contaminarlo, quella rabbia di cui si lasciava pervadere in quanto meno letale del dolore.


Se cambierà
Per te nascerò ancora.

Avrebbe invece voluto vedere in lei lo sguardo di Silente, che si preparava alla morte, stoico, forte.
Sentì dei rumori, erano arrivati, guardò la sua bacchetta: avrebbe dovuto farlo, anche se Lei avrebbe voluto impedirglielo.


* * *


Harry Potter era morto, contro ogni sua previsione il Signore Oscuro aveva vinto, ma lui, anziché schierarsi insieme ai vincenti, rimaneva lì, dalla sua parte.
Lontano, mischiato ad altri studenti, ma poteva vederla: stringeva la mano di Ron, appoggiandosi alla sua spalla, in un contatto che la sosteneva e la proteggeva.
Quello era quello che aveva voluto per Lei, quello era ciò per cui era fatta, e che lui non avrebbe mai potuto darle.
Quel giorno era rinato per Lei, avrebbe voluto rinascere in Lei, ma Hermione per quanto conservasse in fondo al suo sguardo la presenza della ragazza che lo aveva amato, era rinata a sua volta; evolvendosi nella ragazza che gli era sopravvissuta. Avrebbe voluto essere lui a darle la mano, lontano da tutto e da tutti, e impegnarsi a imparare a sostenerla e proteggerla, anche da lui stesso.



Per il tempo rimasto
Cura sarò
Niente più come te.


Il Signore Oscuro camminava, guardando gli studenti che lo sfidavano ancora, ponendosi tra lui e la vittoria definitiva; Draco lo sapeva, non ne avrebbe comunque risparmiato neanche uno.
Eppure li stava chiamando, come a voler dare una possibilità di sopravvivenza a chi avrebbe cambiato schieramento, lo stava chiamando.
Rimase immobile, ignorando il Signore Oscuro che pronunciava il suo nome, e la guardò, come a comunicarle che non l'avrebbe delusa, non avrebbe tradito la scelta che aveva fatto.
Suo padre borbottò quasi il suo nome, il tono di voce debole come lui stesso era diventato, la pallida ombra dell'uomo che lo aveva cresciuto.
Draco guardò nuovamente Hermione, come a confermargli che non aveva mentito dicendole che Lei era più importante di tutto.
Lucius lo chiamò ancora, tendendogli la mano, Draco abbassò lo sguardo mentre tradiva consciamente la sua famiglia, ma non avrebbe potuto farlo: la sua scelta l'aveva già fatta.

La voce di sua madre risuonò, corretta e dignitosa, nell'aria. Suo padre lo aveva supplicato, in lei non c'era domanda: accettava di vederlo lì, ma gli ricordava al tempo stesso che il suo posto era accanto a lei, accanto a Lucius. Pur, Draco lo sapeva, non approvandone appieno la causa.
Mentre i piedi erano più fermi che mai incontrò poi lo sguardo di Lei, dove lesse un permesso di andare verso coloro che lo chiamavano. Lei non aveva mai capito e mai lo avrebbe fatto, Hermione combatteva Voldemort al costo della sua stessa vita e per quello aveva perso le persone che le erano più care, e nonostante quello non sarebbe mai tornata indietro; eppure gli restituiva la libertà di concludere l'asservimento al suo stesso sangue che aveva comandato le sue scelte, pur sapendo che lui stava rimanendo fedele al suo ultimo voto.
Hermione comprendeva che lui, in nome suo, sarebbe rimasto lì, eppure nonostante un tempo avrebbe fatto carte false per trattenerlo ora lo lasciava andare, così come lui sopportava di vederla accanto a Ron.
Le loro strade erano divise, e anche se le ferite sul cuore rimanevano sanguinanti e forse lo sarebbero rimaste a vita ora i loro destini percorrevano direzioni distanti, troppe cose erano successe, Hermione gli era sopravvissuta.
In un ultimo sguardo ripeté mutamente la dichiarazione, Lei era più importante perfino di quello.
Il suo piede si mosse in avanti, per raggiungere la sua famiglia.




Se cambierà resti tu, l'universo.
Ora conterò cento,

piano,

mi volto,
non c'è più ritorno.



Raggiunse sua madre, che allungò la mano racchiudendo la sua, essendo per lui per quanto fosse fragile fisicamente quel sostegno e quella protezione che Draco avrebbe voluto essere per Hermione.
Ora era lontana, eppure riusciva a distinguere i suoi occhi, puntati verso di lui: era l'estremo addio. Ora davvero, niente li univa.
Nonostante l'amaro in bocca sentiva una nuova convinzione in sé, una promessa: sarebbe rinato ancora, se lei avesse mai avuto bisogno di lui, Draco non l'avrebbe delusa. Se il suo amore fosse tornato lui si sarebbe impegnato a proteggerlo, e a mantenere la sua promessa: Lei sarebbe stata più importante di tutto, a costo di tagliarsi personalmente il braccio marchiato.
Sapeva però che non sarebbe mai successo.


Io non so parlare,
però proverei.
Questa volta, giuro, lo farei.









Nda: Chiedo perdono per l'assenza, eppure ho voluto chiarirmi le idee sul finale, prima di concludere questa fiction.

Pensavo di amare i lieto fine ed infatti li amo, odio i finali malinconici e quindi odio quello che ho scritto;

iniziando questa storia ho voluto dare a Draco e a Hermione una possibilità ed invece mi sono incastrata, in questa fiction mi dispiace ma non l'hanno avuta.

Lei è cresciuta con il suo abbandono, ha subito passivamente la scelta di Draco ma è andata avanti e ha trovato Ron, e Draco è tornato indietro troppo tardi.

Odiatemi, ma scusatemi, prometto che in futuro farò di meglio!

Il testo della canzone a margine è Tanto il Resto Cambia di Marco Mengoni, Hermione, Draco, Voldemort, Harry, Ron, Lucius e Narcissa e tutti gli altri personaggi nominati sono creati da J.K. Rowling e appartengono a lei di Copywright.

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