Tanto il resto cambia di Aura (/viewuser.php?uid=1032)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Disperato vuoto ***
Capitolo 2: *** E' giusto così ***
Capitolo 3: *** Contro natura ***
Capitolo 4: *** L'ammissione ***
Capitolo 5: *** Hermione -Anche Se Non Respiro- ***
Capitolo 6: *** Tutto quanto è fermo a te ***
Capitolo 7: *** Ora conterò cento, piano ***
Capitolo 1 *** Disperato vuoto ***
1
Fuori è quasi giorno
sto pensando a te
disperato vuoto
dentro me...
Il
cielo era nero, ma lontano, guardando dalla torre di Astronomia, l'orizzonte
era illuminato da una leggera luce rosata, un accenno appena di alba
che presto avrebbe vinto contro la notte, dissolvendone la densità
nonostante in quel momento poteva sembrare impossibile riuscire ad
illuminare quel buio.
Una
strana coincidenza che anche la natura gli stesse suggerendo quello
che lui sapeva sarebbe successo con una ben altra Oscurità e un ben
altro bagliore, fioco ed insignificante che però presto si sarebbe
arricchito portando il giorno nell'era del mondo magico.
Non a
caso quella stupidissima cicatrice era a forma di saetta.
Per
quanto oggettivamente non si era né si sarebbe mai considerato un
sostenitore di Harry Potter sapeva perfettamente che presto il
prescelto sarebbe arrivato per lo scontro decisivo, e ne sarebbe
uscito vittorioso nonostante l'ingente schiera di Mangiamorte e
mercenari su cui poteva contare Lui, nonostante Lui fosse considerato
il mago più potente di tutti i tempi.
Sebbene
i numeri gli fossero contro era ovvio che Harry Potter avrebbe
sconfitto il Signore Oscuro e come corollare anche lui, in quanto
schierato per cause superiori tra le sue file, ma che in fondo se non
per orgoglio o legami di sangue non sentiva minimamente di
appartenere a quella battaglia che gli era stata imposta: agiva
apparentemente con freddezza, per procura del nome di suo padre
malgrado ormai fosse consapevole che non valesse più mezzo zellino,
ma dentro di sé c'era l'indifferenza per la causa, e più a fondo
ancora la sensazione del torto della stessa.
Quest'ultimo
sentimento veniva in genere ignorato, dal momento che sapeva che a
prescindere della giustizia o meno del suo schieramento quello era il
posto a cui era destinato, ed era l'esercito con cui doveva
combattere; anche se il peso di quella consapevolezza lo aveva
portato alla separazione più lacerante della sua vita, un atto che
però aveva dovuto fare in quanto non c'erano alternative: non erano
destinati a stare insieme né mai lo sarebbero stati.
Guardò
nuovamente l'orizzonte, cercando di immaginarla in arrivo nonostante
quel pensiero non gli avrebbe portato alcun sollievo: Lei non stava
marciando verso di lui, non lo avrebbe mai raggiunto; stava
semplicemente andando contro l'esercito di cui faceva parte, che lui
ci sarebbe stato o meno non avrebbe fatto alcuna differenza,
specialmente per il fatto che Lei ormai non provava assolutamente
nulla nei suoi confronti, ai suoi occhi era esattamente al pari degli altri
Mangiamorte che andava combattendo.
Specialmente,
ne era certo, dopo quello che era successo a Malfoy Manor: se mai un
pensiero per lui era ancora celato nel suo cuore era stato bruciato e
sradicato con odio, dopo che era rimasto inerme a fissarla mentre
quella fanatica di sua zia la sottoponeva alla tortura più crudele.
Non
era stato facile rimanere ad osservarla, Lei, la creatura che sola in
un mare d'indifferenza aveva avuto il potere di dare un senso alla
sua vita; eppure anche quella volta, come molto tempo prima, aveva
agito così per il semplice fatto che faceva parte del loro destino
rimanere schierati in due fazioni opposte, e lui non aveva il potere
di cambiare le cose.
L'aveva
lasciata soffrire, consapevole del fatto che Potter e Weasley
sarebbero giunti in suo soccorso, e tramite la legimanzia si era
imposto il suo stesso trattamento subendo impassibile sulla sua pelle
ogni incubo che Bellatrix imprimeva a Lei.
Per
espiazione, per evitare di incrociare consapevolmente i suoi occhi
che lo fissavano incolpandolo e odiandolo.
In
quello sguardo lei gli trasmetteva l'abbandono che a sua volta lui le
aveva imposto tempo prima, staccandosene in nome di una storia già
scritta chiamata futuro, che già al tempo aveva indovinato,
l'avrebbe visto perdente per mano proprio di Lei e della sua causa.
Sopportava
quel ricordo con una sorta di doloroso autocompiacimento, l'unico
sentimento della sua vita che non fosse macchiato dall'indifferenza.
Niente è mai
perfetto
Niente è come vuoi
Siamo soli adesso
pure noi
Non
era universalmente giusto il fato che li aveva impedito di stare
insieme, ma nella vita non conta solo il dolore provato per una
scelta faticosa: non era assurdo, per quanto crudele, il fatto che
loro due non potevano semplicemente infischiarsene del mondo e
decidere di amarsi; era stato suo il compito di capirlo per entrambi
ed imporlo anche a Lei, lasciandola sola ma dandole la possibilità
di amare ma soprattutto di venire amata da qualcuno più coerente con
Lei.
Lui,
per sangue e per retaggio famigliare, non avrebbe mai avuto la
capacità di amare nessuno; nemmeno Lei che l'aveva scosso tanto da
andarci vicina: quello che lo legava a Lei era tutto, era la sua
ragione d'esistere e al tempo stesso quella per morire, ma non era
l'amore che avrebbe potuto darle Weasley o chi per lui, e lo sapeva
perfettamente.
Era
il vuoto dentro di lui e al contempo l'unico elemento che avrebbe
potuto riempirlo, in un universo parallelo dove sarebbe stato
possibile; ma aveva capito che doveva farne a meno: per il fato che
non li aveva creati per stare insieme e per Lei, che non era
destinata a rimanere invischiata in lui ma era fatta per qualcosa di
migliore, per la storia che Lei stessa si stava scrivendo.
* * *
Lo stava osservando da
tempo, ne era consapevole, e sapeva che era vicina a scoprire la
verità; eppure non l'aveva fermata: era stupito dal fatto che
sperava quasi, attendeva il momento in cui la Sanguesporco
avrebbe messo fine al compito a cui era stato destinato, che lei si
sarebbe presa il potere di fargli smettere di fingere di essere fiero
di una scelta che faticava a proclamare come un onore.
Lei era potenzialmente capace di
smascherarlo e fermarlo: la più competente e astuta dei tre
"paladini", si sorprendeva nel confidare nel suo intelletto come chiave
della sua salvezza, mascherata ai più come una sconfitta.
Sentiva i suoi occhi
indagatori su di sé mentre si incamminava verso la Stanza delle
Necessità a qualsiasi ora del giorno e della notte, e la sapeva
fuori da quelle mura a lambiccarsi mentre lui cercava di riparare
l'armadio come gli era stato comandato.
Per la prima volta
aveva intuito, sebbene non ne fosse ancora consapevole, che forse non
era il suo destino quello di essere tratto in salvo da lei; quel
pensiero gli era balenato in una zona remota del suo cervello ma era
stato presto dimenticato.
Mosse la testa
scrocchiando il collo mentre una fitta liberatoria lambiva i muscoli
tesi delle spalle, e si concentrò sull'armadio
-cosa diavolo stai
facendo?- non si trattenne dall'esclamare allarmata.
Dandogli le spalle per
un brevissimo istante un ghigno si dipinse sul suo viso: ce l'aveva
fatta a trovarlo. Difese il suo operato e la causa a cui faceva parte
per linea di successione
-non sono affari tuoi,
ti consiglio di andartene immediatamente- ribattè altero e
sprezzante, non concedendogli l'onore di voltarsi verso di lei. La
Granger, che per un attimo sentiva immobilizzata dall'incertezza, si
fiondò su di lui puntandogli spavaldamente la bacchetta alla gola.
Non era la prima volta che accadeva, una bruciatura nel suo orgoglio
gli ricordava seccamente che si era anche visto recapitare un pugno
da quella sottospecie di strega
-Malfoy fermati
immediatamente: qualsiasi cosa stai macchinando rinunciaci, il gioco
è finito, ti denuncerò a Silente
Non un singolo muscolo
del suo collo si mosse, per niente impaurito dal fatto di essere
sotto tiro, dal momento che sapeva bene che nessun incantesimo
sarebbe stato scagliato nella sua direzione in quella circostanza.
-che prove hai che sto
facendo qualcosa di sbagliato?
La Granger sbuffò con
veemenza
-l'armadio svanitore
che hai davanti è una prova più che sufficiente
-questo non è un
armadio svanitore- si giustificò sicuro, conoscendone bene l'attuale
stato di inutilità -quindi non vedo capi d'accusa
il legno della
bacchetta venne pressato maggiormente sulla pelle diafana
-non osare prendermi
in giro: so benissimo quello che ho davanti agli occhi
Spostò lentamente la
testa e incrociò gli occhi ridotti a due fessure della ragazza;
mentre una smorfia sprezzante gli si dipingeva addosso
-te lo posso provare
Sanguesporco- il volto della ragazza si contrasse involontariamente
nell'ascoltare l'appellativo uscito con tanta naturalezza dalle
labbra del giovane -scosta la tua stupida bacchetta e fammi entrare-
disse sicuro, già sapendo del suo rifiuto.
In tutta risposta gli
occhi castani si strinsero maggiormente, sospettosi
-dandoti l'opportunità
di fuggire? Scordatelo
-e allora provalo tu
stessa- continuò, impertinente
-dandoti l'opportunità
di continuare indisturbato e liberarti di me? Fammi capire, mi credi
davvero così stupida?- lo spinse -Entriamoci insieme, e vediamo chi
ha ragione
Capì che lei aveva
colto la sua espressione involontaria di sconcerto nel momento stesso
in cui velocemente se la cancellava dal viso
-dimmi Granger, se hai
ragione tu dove credi che ci porterà? Perchè non ci mettiamo invece
dentro qualche oggetto?
Nonostante il bluff
lei ormai aveva visto la sua incertezza al pensiero di entrare
nell'armadio, e contagiata dall'imprudenza che aveva sempre
contraddistinto uno dei suoi migliori amici prese la sua decisione
-dal suo gemello, a
Notturn Alley; ma se dovessi avere ragione io fidati che sarò
preparata a tornare indietro immediatamente, e ricordati che ti tengo
a tiro: chiunque si trovi là non avrà nemmeno il tempo di
accorgersi di noi che saremo già di ritorno
Era perfettamente
consapevole che l'armadio non era funzionante al momento, ma gli
avevano insegnato la pericolosità di quegli arnesi quando erano
rotti: erano in grado di separare l'anima dal corpo e mentre
trasportavano uno l'altra rimaneva intrappolata nella struttura,
destinata a perire.
Cercando di rimanere
impassibile si lasciò spingere da lei all'interno del vano
-cerca di non starmi
troppo vicina: mi fai ribrezzo- l'avvisò mentre lei faceva per
seguirlo, ignorando il tono velenoso del suo avvertimento.
-a te l'onore- gli
disse, facendogli cenno di chiudere l'anta -io preferisco stare
all'erta
la guardò con la coda
dell'occhio: concentrata a fissare un punto al di fuori sembrava non
provasse la minima paura di quello che poteva accadere.
Seccato da questo
fatto, mentre lei continuava a tenergli la bacchetta puntata addosso,
si allungò e chiuse l'armadio.
Sospirò di sollievo:
assolutamente niente. Compiaciuto e sentendosi al sicuro l'apostrofò
seccato
-come vedi ho ragione,
ora sparisci dalla mia vista e non ti azzardare più a rivolgerti
così a me- le disse, ringalluzzito dall'esito mentre assaporava il
gusto della vittoria, nonostante in realtà avrebbe preferito perdere
e venire tirato fuori da quell'affare.
Scansò malamente la
bacchetta e si rialzò, facendo per spingere l'anta e riaprire
l'armadio, quando si sentì squarciare lo stomaco.
Intontito si trovò
schiantato a terra: che diamine di incantesimo gli aveva sferrato? Un
fastidioso sapore metallico gli riempiva la bocca mentre un rivolo di
sangue gli scorreva al di fuori delle labbra, aveva la sensazione che
il suo corpo fosse stato diviso a metà da una ferita che gli
bruciava il fianco: che avesse usato lo stesso incantesimo che Potter
aveva utilizzato nei bagni?
Semi svenuto aprì gli
occhi ma il buio dell'interno dell'armadio gli impediva di
riconoscere alcunchè.
Fece forza con le mani
al terra per rialzarsi, sorpreso di incontrare al posto del legno
liscio qualcosa di viscido, granuloso e freddo mentre un odore acre
gli raggiungeva il naso, fino a quel momento coperto dal sapore del
suo stesso sangue. Il cuore accelerò, mentre la paura sovrastava il
dolore fisico e lo riportava cosciente: dov'era? Era ancora vivo?
Si alzò, scoprendosi
in un posto buio quanto l'armadio ma molto più ampio, dal momento
che intorno a lui non sentiva confini; in lontananza, impossibile
definire la distanza, vide una fioca luce e con fatica mosse i primi
passi verso di essa.
Un gemito sotto di lui
gli ricordò che non era solo, ma non era certo per merito suo se si
trovava in quella situazione e il pensiero di sincerarsi sulle
condizioni della Sanguesporco o di aiutarla non lo sfiorò, mentre un
passo alla volta cercava di non pensare al male fisico che era tanto
forte da riuscire a farlo cadere al suolo se si fosse distratto, e
avanzava lentamente.
Un gemito più forte
gli impedì di andare oltre, il rantolo era così primordiale da
sembrargli il suono stesso del dolore. Non riuscì a distinguere
l'istinto, la coscienza che non avrebbe scommesso di avere, e la
stupidità; ma nonostante non comprendesse il motivo che lo obbligava
a muoversi si voltò e si lasciò malamente cadere di fianco a lei.
La trovò a tentoni e la scosse poco gentilmente, ancora più
arrabbiato perchè non solo l'aveva messo in quella situazione ma lo
costringeva a rimanerci
-Sanguesporco- la
chiamò, con tutta la rabbia che provava -muoviti, dobbiamo andarcene
da qui
il braccio che
stringeva rimaneva inerme, mentre lo sconforto assumeva nuove tinte
ancora più tetre. Si puntellò sui gomiti e le strisciò più vicino
-razza di strega
uscita male svegliati- tossì, mentre con la mano cercava lungo la
sua gamba insensibile la tasca dove teneva la sua bacchetta.
Afferrata l'impugnatura famigliare la estrasse con fatica mentre il
suo stesso corpo la teneva incastrata con il suo peso al suolo, e la
portò accanto a dove presumeva si trovasse il viso della ragazza,
sussurrando un Lumos.
Scostò i capelli
appiccicati al volto scoprendoli umidi e viscidi, impregnati del
sangue che sgorgava dalla ferita sulla fronte, unica nota di colore
vitale sul viso dipinto di un pallore quasi mortale.
-Reinnerva- implorò
quasi, dando fondo alle sue energie, senza ottenere nessun risultato.
Almeno respirava
ancora, era già un punto di partenza; si applicò con un incantesimo
latente nella sua memoria per rimarginare il taglio, e non capì con
precisione se era la luce della sua bacchetta a spegnersi o se era la
perdita imminente dei sensi a sfocargli il contorno del suo campo
visivo, ma prima di cadere nel buio gli parve di vedere che dalla
fronte della Granger la stilla di sangue era cessata. Poi, il niente.
Il dolore, per quanto
acuto, si era fatto più sopportabile, fu quella la prima sensazione,
prima di rendersi conto che le sue palpebre lasciavano penetrare una
luce rossastra.
Ricordandosi dov'era
sollevò la testa di scatto, aprendo gli occhi
-fai piano Malfoy- lo
ammonì una voce che non gli era mai stata particolarmente famigliare
ma che ricordò come della Sanguesporco.
Si guardò intorno
notando che lei era seduta accanto a lui, in quella che sembrava una
caverna buia se non per la luce della bacchetta; i capelli spettinati
le coprivano la fronte, ma da quello che riusciva ad intravvedere era
in condizioni migliori dell'ultima volta che l'aveva vista, e le
guance della ragazza erano pallidamente rosate, in contrasto al
grigiore in cui riversava prima.
Capì che lei gli
aveva riservato lo stesso trattamento, migliorando lo stato della
ferita che lo squarciava all'altezza dei fianchi, e la guardò
accigliato ed interrogativo
-non ti emozionare-
gli rispose lei -ti avrei volentieri lasciato lì a dissanguarti, ma
ero in debito; anche se è per colpa tua che siamo capitati questa
situazione e quindi ti saresti meritato di rimanertene qua a
soffrire- disse, nascondendo bene la paura nella sua voce, se mai la
provava.
-è colpa mia?
Sei tu che hai avuto la brillante idea di fare un giro nell'armadio-
la contraddisse seccato mettendosi a sedere
-ci saremmo
risparmiati tutto questo se tu avessi confessato che avevo ragione-
gli fece notare con una tinta di petulanza nella voce.
Draco fece una smorfia
-chi ti dice che io
sapessi che cos'era?
-lo sapevi benissimo,
non farmi fessa
-e comunque questo non
è un armadio, quindi si trattava di qualcos'altro; forse una
passaporta. Sto ipotizzando perchè ti ripeto che non so che cos'era-
mentì parzialmente
-non esistono le
passaporte a Hogwarts così come non ci si può smaterializzare- lo
corresse severa -la realtà è che l'armadio è rotto, per questo non
ci ha portato dove doveva portarci, ossia dal suo gemello. Faccio
fatica a crederlo ma a quanto pare sei davvero così stupido da
rischiare di rimanere ucciso, o forse ti gingillavi con l'armadio
senza conoscere tutte le sue potenzialità?- lo rimbrottò, saccente.
Lui fece una smorfia, nonostante la ferita si fosse un po'
rimarginata le scarse energie della strega non le avevano permesso di
curarla al meglio, e in quella posizione la carne si piegava
strappandosi quasi
-non sono uno sciocco,
dimentichi che io appartengo al mondo dei maghi più di te e conosco
benissimo gli oggetti incantati- tossì. La vide alzarsi, malferma e
stizzita -dove vai?
-è inutile ragionare
con te, quando non sai cosa rispondere tiri fuori queste frasi ad
effetto che dovrebbero offendermi ma che dimostrano solo la tua
ignoranza, e comunque so di avere ragione io. Sarà meglio cercare di
uscire di qui- concluse, imperativa nonostante l'ovvietà del senso
della sua decisione.
* * *
Una
smorfia tristemente divertita gli mosse le labbra, mestamente ripensò
alla fragilità della mente e alla corruttibilità dei ricordi: in
quel momento Lei era tutto fuorchè bella, con i capelli spettinati
ed incrostati di sangue rappreso che aveva disegnato anche delle
lugubri macchie sul volto e sugli abiti, eppure nella sua mente la
vedeva bella, e si ritrovò ad avere quasi nostalgia di quegli attimi
in cui avevano rischiato di perdere la vita, in quel lasso di tempo
dove né Harry Potter né il Signore Oscuro erano lì per dividerli.
nda Benvenuti in questo esperimento che mi è balenato in mente qualche sera fa!
Questa fiction ha in comune con "Sono già Solo" la struttura,
ovvero sarà basata e scandita dal testo di una canzone, in
questo caso "Tanto Il Resto Cambia" di Marco Mengoni, che mi
suggerirà e mi ispirerà l'andamento della storia.
Per
il momento la mia intenzione è quella di scriverla tutta con il
POV di Draco, e come immaginate non sarà una fiction
allegra e spensierata, ma ritengo il testo di questa canzone molto
bello anche se un po' struggente e ho deciso di imbarcarmi in questa
cosa (come se non fossi praticamente costretta dai miei stessi
personaggi che non reclamano altro...)
Creditiamo
subito: ovviamente Draco, Hermione, Harry, Ron, Voldemort, Hogwarts,
gli armadi svanitori e le passaporte e quant'altro appartengono alla
Rowling e a nessun'altro.
Le parole in grassetto-corsivo che avete trovato a destra della pagina
sono parte della canzone "Tanto il Resto Cambia", che come nella mia
tradizione appena coniata di cui questa storia è il secondo
esemplare dà il titolo alla fanfiction.
Se per ipotesi non l'avete mai sentita potete trovarla al link http://www.youtube.com/watch?v=VA1Jwvuc0-o
Attendo
i vostri commenti, fatemi sapere se è di vostro gradimento:
è la prima fiction che scrivo con questo pairing e ci tengo ad
avere un'opinione in merito!
Qualche piccola nota, perchè per scelta stilistica ho dato un paio di cose per scontate:
"Lui"
citato all'inizio del capitolo è Voldemort, mentre tutte le
volte che nella linea temporale presente si parla di "Lei" è
come Draco pensa ad Hermione.
Le parti in corsivo racconteranno del loro passato, mentre il resto è il presente della storia.
Il pezzo in cui ho spiegato la divisione dell'anima dal corpo tramite
l'utilizzo di un armadio svanitore rotto l'ho ipotizzato io, non
linciatemi.
Alla prossima!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** E' giusto così ***
2
Si
lasciò la torre alle spalle, muovendosi nel castello avvolto nel
silenzio della notte: quell'anno con la mancanza di Potter e del suo
trio non c'erano molte scorribande notturne ed era molto raro
incontrare qualcuno nei corridoi a quell'ora; nemmeno Paciock che
sembrava aver drizzato la cresta non era tanto incauto quanto
l'originale della brutta copia che rappresentava.
Lo
osservava da tempo e sapeva che né lui né il gruppo di studenti che
radunava di sovente, un rimasuglio del vecchio ES capitanato proprio
da Paciock e dalla Weasley, avevano notizie di Potter, e di
conseguenza non ne avevano di Lei;
ma
continuava a marcarli: se qualcosa si fosse mosso loro di certo
sarebbero stati i primi ad esserne informati.
Voleva
sapere quando sarebbe tornata, voleva essere pronto a quel momento ed
affrontarlo preparato.
Era diventato bravo a nascondersi e a
passare indifferente quando ne aveva la necessità: per molti versi,
nonostante l'apparenza del contrario più ovvio, il tatuaggio
sull'avambraccio lo aveva aiutato in questo, rendendolo meno umano
agli occhi degli altri.
Da un
lato temuto, odiato forse, ma anche marginale per chiunque: c'era una
sola persona nella sua vita che gli aveva dimostrato un costante
interesse nei suoi confronti, sia nei periodi migliori che in quelli
peggiori; sua madre.
Anche
Lucius provava interesse per lui ma in maniera più discontinua: un
momento era da educare, un altro da esibire orgoglioso, l'aveva anche
utilizzato come riscatto per il suo nome, annebbiato e soggiogato dal
Signore Oscuro, ma indubbiamente era legato al figlio, non solo
perchè era il suo erede; eppure al contrario del marito Narcissa
conservava la lucidità fredda che le impediva di perdere di vista il
vero e ultimo senso della sua vita, che non era legato al Signore
Oscuro ma bensì alla sua famiglia.
Per
loro era arruolato, per loro si era imposto la battaglia, lui, che in
fin dei conti era poco predisposto alla prima linea a al mettere a
repentaglio la sua sicurezza personale.
Non solo, non credeva
nella causa: finchè si parlava di maghi purosangue gerarchicamente
superiori a mezzosangue o sanguesporco ci stava anche, in fondo era
cresciuto con quel dogma; era proprio il fatto di coalizzarsi con Lui
e giurargli fedeltà, su quello non si scherzava e la prova era il
segno indelebile sul braccio.
Chi,
se non un pazzo, si sarebbe votato per l'eternità all'essere più
malvagio e despota di tutti i tempi?
Lui lo aveva fatto, ma
nonostante quello la sua lealtà era stata data solo ed unicamente
per la sua famiglia, per suo padre che il giorno in cui Lui aveva
impresso il Marchio Nero sulla sua pelle era orgoglioso ed onorato ed
al tempo stesso spaventato; per sua madre che esattamente come il
figlio non era leale al Signore Oscuro tanto quanto al marito e alle
scelte della famiglia.
Un'altra
differenza tra di loro: per Lei la causa aveva talmente senso che si
era separata dai suoi genitori per prenderne parte.
L'unica
cosa da cui lui si era staccato era Lei, e una pesantezza nell'animo
glielo ricordava incessantemente; nonostante questo accettava quella
decisione e le sue conseguenze
Non so chi mi aiuterà
a dimenticarti
quando me ne andrò
da qui
Quando
si era allontanato da lei sapeva che non sarebbe stato possibile
farlo molto facilmente, che probabilmente un altro marchio avrebbe
orlato la sua pelle a vita oltre a quello sull'avambraccio: quello di
Lei.
Ricordava
il dignitoso singhiozzo che aveva sentito dopo averla abbandonata, e
le fu grato per aver dato voce ai suoi pensieri dato che lui non
poteva farlo.
Perso
nei pensieri era quasi arrivato ai sotterranei, quando con la coda
dell'occhio vide una donna camminare dentro il paesaggio di un
quadro.
Qualcosa
stava accadendo, non c'erano altre tracce di lei in giro ma il suo
sesto senso gli suggerì che forse la soluzione stava in una delle
torri.
* * *
Draco si rialzò,
seguendo la luce della bacchetta della ragazza che si stava
allontanando.
Camminarono in
silenzio, diretti verso quella che sembrava l'uscita della grotta.
L'ambiente era umido,
e l'odore pungente che l'aveva colpito non appena era stato
catapultato lì era causato da fuoriuscite di zolfo che provenivano
dal suolo, e la lontananza del rumore delle gocce di condensa che
cadevano sulla pietra facevano immaginare la profondità della
caverna.
-la cosa fondamentale
è capire dove ci troviamo- fece mente locale, non diretta realmente
a lui quanto più a sé stessa, già immaginando che la soluzione non
si sarebbe avvicinata molto una volta raggiunta l'apertura. Si
issarono uno alla volta sul masso che ostacolava l'uscita, scalandolo
fianco a fianco ma senza interagire, come due estranei o come se non
sapessero di essere insieme. Il paesaggio che si stagliò ai loro
occhi non fu consolante: alle loro spalle una montagna, davanti a
loro un burrone e più in giù una foresta fitta e buia.
Tornare indietro non
si poteva, l'unica strada possibile era trovare un punto per scendere
e di lì poi cercare di attraversare la foresta, ma come aveva detto
la strega bisognava capire dov'erano.
L'orizzonte non
forniva dettagli conosciuti, con le spalle alla parete si mossero di
lato, in un piccolo sentiero poco più grande del piede di lui che
separava la roccia al precipizio.
Spostandosi il
panorama non cambiò, ma almeno trovarono una discesa praticabile: il
ragazzo si limitò a seguirla, mentre lei si aggrappò ad una
sporgenza e si fece cadere su quella che sembrava una stradina un
paio di metri sotto di loro.
-perchè non lanciamo
un segnale d'aiuto con le nostre bacchette?- domandò finalmente
Draco, per niente avvezzo al pericolo e all'avventura; lei superò
veloce lo stupore di una conversazione iniziata da lui e lo redarguì
-non sappiamo dove
siamo, soprattutto non sappiamo chi
vedrà il nostro segnale: non possiamo esporci così tanto-
gli fece notare continuando a camminare.
Raggiunsero i piedi
della montagna un paio di ore dopo, in silenzio, e nel frattempo era
calata la sera.
Erano circondati da
alberi alti e fitti, che più avanti intrecciavano i loro rami
rendendo opprimente l'oscurità sotto di loro, e da quello che
avevano visto dalla vetta la foresta si stendeva a perdita d'occhio.
Lungimirante la strega iniziò a guardarsi attorno in cerca di
qualcosa di commestibile
-non proseguiamo? Se
questa è la Foresta Oscura una volta oltrepassata saremo ad
Hogwarts- suggerì lui.
Vide la Sanguesporco
voltarsi di scatto, rimproverandolo
-spera
che questa non sia la Foresta Oscura Malfoy, se ne vuoi
uscire vivo. In ogni caso non riusciremo certo a raggiungere l'altro
capo in qualche ora, e la cosa più conveniente è fermarci qui per
la notte, prima di ripartire: qua almeno da un lato siamo protetti
dalla montagna, qualsiasi cosa ci sia là dentro- disse indicandogli
con lo sguardo l'apertura tra gli alberi che creava un sentiero
naturale- e quindi dobbiamo trovare qualcosa da mangiare, pensi di
esserne in grado?
Seccato dal ricevere
ordini ed indicazioni da lei Draco scrollò le spalle
-un fuoco lo possiamo
accendere Vossignoria?-
le disse sprezzante -vado a recuperare della legna adatta- decise
allontanandosi.
Lo guardò inoltrarsi
tra gli alberi, chiedendosi se sarebbe mai tornato o se avesse
tentato di proseguire da solo.
Nel caso peggio per
lui, era solo un peso, pensò con freddezza mentre continuava ad
esplorare il terreno usando il fondo del suo mantello per raccogliere
le provvigioni che trovava.
Quando la vide tornare
notò che la sua uniforme era stata lacerata, e la Sanguesporco
teneva in mano il lembo mancante con cui aveva creato una sacca,
richiudendola con l'elastico che prima le teneva legati i capelli.
-ho trovato dei funghi
commestibili, ne ho raccolti quanto più potevo- alzò la bisaccia di
fortuna mostrandone un altra più piccolina attaccata- e ho fatto
anche scorta d'acqua, così saremo a posto per un po'
-per un po' quanto,
due minuti?- la canzonò ironico mentre accendeva il fuoco: era
sempre più convinto che quella era una pessima idea.
-Malfoy l'incantesimo
Engorgio non ti dice niente?- gli ricordò, con il suo solito tono
petulante da prima della classe che non aveva mai perso. Si sedette
in silenzio e raccogliendo un ramo appuntito vi infilzò un paio di
funghi per metterli poi accanto al fuoco, porgendogli indifferente la
sacca per permettergli di fare lo stesso.
Draco la guardò con
disprezzo malcelato
-costretto ad
arrangiarmi da babbano, quando mio padre lo verrà a sapere...- disse
tra sé e sé.
La Granger lo sfidò,
piccata
-se hai un'idea
migliore accomodati, questo è l'unico modo per riempirsi lo stomaco
che conosco io
Passarono quella notte
in silenzio, accordandosi solo per i turni di veglia per stare di
guardia; la ragazza non fidandosi per niente di lui scelse il
secondo, quello più difficile che iniziava nel terrore della notte
fonda e conduceva alle luci dell'alba lentamente.
Mentre lui dormiva
riattizzò il fuoco ormai quasi spento ed infreddolita cercò di fare
mente locale sulla loro situazione sperando di trovare una soluzione
consolante: il suo cervello non le consigliava niente però, se non
proseguire alla cieca dentro alla finestra. Scrutò il cielo in cerca
di una direzione dalle stelle, e scelta la più probabile, dritto
davanti a loro, aspettò pazientemente che si facesse giorno e che
lui si svegliasse.
Già sentiva su di sé
il peso della conduzione di quel viaggio, questa volta non aveva
Harry a cui affidarsi o Ron a sostenerla; Draco Malfoy era
apparentemente il peggiore compagno che avrebbe potuto desiderare:
senza alcuna attitudine particolare buono solo a mettere in dubbio le
sue parole, dall'alto della purezza del suo sangue e delle origini
blasonate della sua famiglia che però non apportavano nessun valido
aiuto.
Si strinse in quello
che rimaneva del suo mantello cercando di ignorare il silenzio che la
circondava, interrotto solo dal rumore degli animali notturni;
l'ultima cosa che doveva fare era lasciarsi andare allo sconforto.
Il giorno successivo
camminarono nella direzione indicata da lei, nonostante non fosse per
niente soddisfatto della nottata e di come lei l'aveva gestita (quei
funghi che si ostinava a chiamare commestibili erano quando più
terribile avesse mai mangiato, inoltre nonostante avesse lei stessa
ammesso di averne raccolto di acqua si ostinava a centellinarla,
adducendo come scusa il fatto che non sapevano quando ne avrebbero
trovata ancora) Draco la seguì in silenzio, preferendo rinfacciarle
ogni sbaglio piuttosto che arrovellarsi per prendere lui delle
decisioni.
Di comune accordo si
fermarono al calare della sera, quando la poca luce che filtrava dai
rami sparì, e si organizzarono come la notte precedente per dormire
a turno.
Draco era arrabbiato,
era stanco ed infreddolito, segretamente spaventato da tutto ciò che
lo circondava e lo mandava in bestia ancora di più il fatto che la
Sanguesporco sembrasse invece tranquilla ed invincibile. Il loro
silenzio lo logorava, rendendo ancora più dura la loro giornata, ma
era di gran lunga preferibile ad una conversazione con lei, che nella
sua mente dipingeva sempre più insopportabile.
Quella situazione non
la infastidiva? Faceva la coraggiosa? Bene, ne avrebbe approfittato
lui.
-svegliati
Sanguesporco- disse scuotendola malamente.
La ragazza si
stropicciò gli occhi
-è già ora?- disse
assonnata, cercando di riprendere lucidità
Lui si acquattò,
mettendosi dietro alla testa la bisaccia dei funghi come cuscino
-manca ancora un'ora
ma io mi sto addormentando- disse telegrafico voltandogli le spalle.
Gli parve di sentirla
sospirare, ben le stava.
Si svegliò con un
debole raggio di luce che lo raggiunse sugli occhi, stupito di
trovarsi da solo: era forse scappata?
Notò accanto al falò
ormai spento la bisaccia dell'acqua e sotto di lui ancora quella dei
funghi, no, non poteva essersene andata lasciando lì i
sostentamenti.
Mentre si alzava la
vide arrivare, spuntando da dietro ad un albero
-sei pazza
Sanguesporco?- osservò la smorfia che ancora le dipingeva il viso a
quelle parole, compiaciuto -il tuo concetto di guardia è lasciarmi
in balia delle bestie per farmi attaccare e sbarazzarti di me?
-piantala Malfoy, con
tutti gli incantesimi di protezione che ho lanciato ieri sera non
avrebbe potuto avvicinarsi nemmeno una formica, sono andata in cerca
di cibo- gli rispose seccata, prendendogli malamente la sacca dalle
mani- seguimi, sei più alto di me
-inizi a capire che
quei dannati funghi non sono così buoni, eh?- borbottò lui
sarcastico, seguendola di malavoglia.
Arrivarono davanti ad
un albero di mele selvatiche, che lei iniziò a cogliere
-forza, datti da fare-
lo intimò
-perchè non usi un
incantesimo d'appello?
-credi forse che non
ci abbia pensato?- ribattè lei seccata -Non ti ricordi? Bisogna
essere estremamente precisi,
le mele sono attaccate ai rami e dobbiamo raccoglierle a mano se non
vogliamo che l'intero albero ci rovini addosso
Sbuffando la imitò
indolente, raccogliendo con una mano sola mentre con l'altra reggeva
la mela che stava mangiando.
* * *
Non
era stato il migliore dei compagni, ne era consapevole, e si
ricordava che in quei giorni aveva davvero fatto di tutto per
risultare sgradevole, cosa che però in fondo gli era d'abitudine:
non si era mai impegnato nella sua vita per piacere a qualcuno, era
sempre quasi divertito dal fatto che più lui trattasse male i suoi
tirapiedi più quelli gli portavano rispetto.
Un
giorno aveva semplicemente smesso di farlo, rimanendo in disparte e
nell'ombra, limitandosi a prevalere su di loro per status sociale, e
aveva preso a preferire la compagnia di Zabini e Nott a quella
prostrata di Vincent e Goyle; una domanda lo aveva fatto riflettere,
che era sorta spontanea della sua mente: in scala non era il modus
operandi di Voldemort?
Nessun
sentimento di redenzione, nessuna voglia di cambiamento lo aveva
colto, semplicemente disgustato dall'idea aveva fatto un passo
indietro.
Quasi
raggiunta la torre dei Grifondoro gli balenò in testa l'opzione che
contrariamente alle sue aspettative i militari di Potter capitanati
dal sergente Paciock potevano essersi radunati in un luogo sicuro e
nascosto.
Provare
non gli sarebbe nuociuto, da quando aveva sentito dell'assalto alla
Gringott sapeva che era solo questione di qualche ora prima di
vederli tornare, lo dava per certo per dei motivi che non riusciva a
capire.
In
ogni caso camminò fino al settimo piano, pensando ad un modo per
accedervi senza dare nell'occhio, nel caso in cui effettivamente ci
fosse stato qualcuno.
Il
suo desiderio di entrarvi di soppiatto fu sufficiente, infatti la
porta che comparve lo condusse nell'angolo più remoto della Stanza
delle Necessità, nascosto da un'imponente colonna che copriva
l'apertura; non aveva sbagliato: davanti a lui un gruppo di studenti,
quelli che aveva sentito nominare dai Carrow come una spina nel
fianco dai minuti contati.
Si
appostò nell'ombra, dietro ad un telo, dove non lo avrebbero mai
potuto vedere, e aspettò pazientemente.
Un quadro appeso alla
parete era scostato, scoprendo un passaggio nel muro: possibile che
fosse sfuggito alla distruzione che Piton aveva comandato quell'anno?
Guardando
i volti degli studenti si accorse che non sembravano essere lì in
attesa di qualcosa, forse la sua mente aveva lavorato troppo
d'immaginazione facendogli credere imminente una cosa che in realtà
non si sarebbe avverata. Nascosta da quella curiosità latente stava
il masochistico desiderio di rivederla, era inutile negarlo, era per
vedere Lei che si era rintanato come un topo; osservarla da lontano,
assicurarsi che sul suo volto non riportasse le ombre del Cruciatos
che spesso riempivano i suoi incubi.
Aveva
preso un abbaglio, lentamente controllò che il breve spazio tra il
suo nascondiglio e la porta non fosse osservato
-ho
portato una sorpresa- presentò la voce di Paciock; e come tutti gli
altri nella sala anche i suoi occhi andarono in direzione di quella
voce:
Lei,
era lì.
Potter
in prima linea e dietro di lui Lei e Weasley, l'uno accanto
all'altra, legati da una simbiosi accecante
Quanto male ci starò
che sarai di un altro
lo so, ma è giusto
così
Era quello che si aspettava di vedere, fin dal giorno in cui le voltò
le spalle, e quello era effettivamente successo; anche se la
previsione non gli impediva che l'immagine gli bruciasse come sale su
una ferita.
Continuò a ripetersi che era giusto.
Nda in questo capitolo ho cercato di dare
a Draco una voce che mi spieghi molti suoi atteggiamenti, e mi
sono impegnata per mantenerlo quanto più IC specialmente nella
parte del passato:
fatemi sapere se ci sono riuscita, o se lo trovate invece in generale Oc.
Note di servizio:
-ai lettori di Sono già solo
che mi leggono anche qui domani non pubblicherò il primo
capitolo dello spin off, lo scriverò anche sul mio profilo in
modo che sia visibile da tutti: sto cercando l'incipit giusto per
continuare la storia, e preferisco aspettare un pochino piuttosto che
scrivere alla rinfusa.
-Le
parole in grassetto-corsivo che avete trovato a destra della pagina
sono parte della canzone "Tanto il Resto Cambia"di Marco Mengoni, che
potete trovare al link http://www.youtube.com/watch?v=VA1Jwvuc0-o
-ho aperto da poco un blog, se vi va di dargli un occhio lo trovate al link http://aura85.blogspot.com/
Vedo
che in molti avete letto il primo capitolo, so che è un
po' difficile rompere il ghiaccio e scrivere la prima recensione ma
fatemi sapere cosa ne pensate e se è il caso che io butti questa
fiction nel camino ;-)
Alla prossima!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Contro natura ***
3
Che senso aveva stare ancora lì? Nessuno.
L'aveva vista, era con Weasley e stava bene; cosa voleva vedere
ancora, forse l'ombra di un rimpianto sul suo viso? Voleva vedere se
il sorriso che rivolgeva a Weasley non era così luminoso come quello
che aveva riservato a lui?
No, voleva andarsene. Quello che era fatto era fatto, e se fosse
tornato indietro nel tempo l'avrebbe dovuto fare ancora: era giusto,
era così che dovevano andare le cose.
Scostò la tenda e si mosse di lato, sembrava che l'attenzione di
tutti fosse diretta alla Weasley che era appena arrivata; aveva quasi
raggiunto la porta quando la sua testa si mosse per lui e i suoi
occhi La cercarono per un ultima volta, incontrando quelli di Lei,
l'unica a guardarlo. Un frammento di secondo sospeso nel tempo dove
il passato non aveva più molto senso, forse perché era passato o
forse perché in quell'istante semplicemente non era così importante
Ciao
Hermione.
Ciao
Draco,
Stai
bene...
Sto
bene...
Eccola, veloce come un serpente che mordeva e lesto ad indietreggiare
lasciando il suo marchio, una stilla di rimorso.
No, non rimpianto del passato, ma un impossibile desiderio del futuro
Se cambierà
per te nascerò
ancora
per il tempo rimasto
cura sarò
niente più come te
Ciao
Hermione.
Addio
Draco.
Addio.
Afferrò la maniglia dietro di lui e scomparve.
*
* *
Era
passata una settimana, e se Draco era stanco e sfibrato mille altre
volte doveva esserlo lei, costretta a dormire sempre di meno,
costretta ad obbligarlo e convincerlo costantemente alla sensatezza
delle sue decisioni, costretta a tapparsi le orecchie mentre lui si
lamentava.
A
Draco in fondo non importava molto, o almeno così si sforzava di
credere aumentando le sue angherie quando i sensi di colpa alla vista
degli occhi cerchiati e lucidi gli pungevano lo stomaco.
Erano
entrambi feriti, e questo rallentava ulteriormente il passo
specialmente quando lui dopo ore di camminata faticava a rimanere in
piedi o quando sulla fronte di lei si accumulava il sudore
bruciandole la ferita; ma entrambi avevano la sensazione che la
foresta fosse talmente immensa che il loro ritardo non era molto
rilevante.
Era
appena iniziato il suo turno di guardia, lei sfinita aveva imparato
ad addormentarsi di sasso anche nei posti più impervi, ma quella
sera in cui il fuoco non riusciva a scaldarli abbastanza dopo la
pioggia del pomeriggio sembrava che il suo sonno fosse
particolarmente disturbato.
Dopo
più di due ore in cui l'aveva sentita borbottare incessantemente
spinto dalla curiosità Draco si avvicinò lentamente a lei, non
riuscendo a capire se dormisse realmente, ma una volta accanto alla
strega scoprì che nonostante gli occhi erano chiusi il viso
arrossato era bagnato dalle lacrime. Stupito provò a tirarsi
indietro, quando d'istinto la sua mano si allungò sulla fronte di
lei, scoprendola bollente, mentre lei continuava a singhiozzare nel
sonno, e le parole si facevano più distinte
-Harry,
Ron...
Una
smorfia di fastidio gli dipinse il volto, arrabbiato perché il senso
di colpa ormai era impossibile da ignorare. Si staccò il suo
mantello posandoglielo malamente addosso e si allontanò, mettendosi
più vicino al fuoco, il falò a dividerli.
La
soluzione era una sola: doveva smetterla di torturarla, sennò la
situazione della ragazza si sarebbe aggravata e lui aveva bisogno
della sua esperienza e del suo ingegno; doveva ammetterlo.
Se
c'era una cosa in cui se la cavava abbastanza bene erano le pozioni,
per cui si ingegnò con una pietra concava come calderone appoggiata
vicino al fuoco e mischiò dell'acqua a delle foglie di ortica
selvatica pestate, catturò un cervo volante in un tronco poco
distante dal loro accampamento (non si sarebbe mai arrischiato ad
inoltrarsi oltre) e strappata la coppia inferiori di ali, quella più
delicata, le spezzettò finemente e le aggiunse all'intruglio.
Forse
gli ingredienti non erano del tutto corretti rispetto alla ricetta
originale, ma qualche effetto sarebbe riuscita ad averlo.
Quando
la brodaglia iniziò a sobbollire si aiutò con i lembi del mantello
che momentaneamente tolse alla Sanguesporco per travasarla in una
foglia abbastanza grande ed abbastanza resistente di un rampicante
perenne, e si avvicinò a lei porgendogliela
-svegliati, questa ti farà passare la febbre- le disse, provando a non essere troppo
sgarbato.
Notò
che il respiro di lei si era fatto più affannato, e facendo
attenzione a non versare la pozione accostò nuovamente una mano alla
fronte, scoprendola più calda; sbuffando irritato le fece scivolare
la mano dietro alla nuca, capendo che non si sarebbe svegliata, e le
sollevò la testa un poco, accostando la foglia alle sue labbra
premendovi sopra perché le schiudesse del tutto.
Versatovi
la pozione le portò una mano al mento, chiudendole la bocca, e
tirandola un poco più su la intimò di inghiottire, sicuro che
nell'incoscienza avrebbe capito.
Una
volta certo che non sarebbe affogata si allontanò nuovamente,
ritornando al suo posto e monitorando di tanto in tanto le condizioni
della strega per tutta la notte, fiero che la sua pozione
improvvisata stava facendo un po' d'effetto: nonostante la fronte
fosse ancora calda l'affanno era diminuito e la temperatura era un
poco scesa.
La
vide sbattere gli occhi quando i raggi del sole mattutino le
colpirono il volto
-ma
che...- disse stupita cercando di alzarsi, non riuscendo a darsi una
spiegazione per il suo sonno protratto. Guardò stranita i rimasugli
degli ingredienti della pozione sparsi, il pestello improvvisato ed
il paiolo di fortuna ancora umido e sporco, e accanto a lei la foglia
usata come scodella -mi hai avvelenata?- domandò spaventata.
-hai
la febbre, ti lagnavi così tanto che ho dovuto prepararti una
pozione per fartela scendere: eri una vera noia- sbottò lui
Lei
si portò una mano alla testa, socchiudendo gli occhi e rimettendosi
sdraiata lentamente, come colpita da un capogiro
-e
perché non mi hai svegliato per il turno di guardia? Ti sei
addormentato?- domandò stanca
-no,
ti ho lasciato dormire- ribatté lui. Vide gli occhi di lei
spalancarsi scioccati e voltarsi a guardarlo interrogativi -non ti
emozionare- proseguì allora sibilando -guarda che l'ho fatto solo
perché malata o morta saresti solo un peso, Sanguesporco- concluse,
calcando il tono su quell'appellativo che lei non avrebbe mai dovuto
scordare. La testa castana si voltò in silenzio, e dopo qualche
istante la ragazza provò ad alzarsi
-dobbiamo
metterci in viaggio- lo informò, fredda.
Mentre
la vedeva barcollare Draco si alzò di scatto, infastidito
-stattene
lì- la intimò, severo -ci penso io a raccogliere le cose- spento il
fuoco e legate le bisacce alla sua cintura si fermò dandole le
spalle, indeciso. Lei non era in grado di camminare, era ovvio; dopo
dei lunghi attimi di silenzio si avvicinò a lei, prendendole
malamente un braccio sulla sua spalla -sali- sbuffò
-no,
ce la faccio- ribatte fiera
-sali-
ringhiò allora lui -non sei certo in condizioni di camminare, e per
quanta poca strada riuscirò a fare con te in spalla è sempre meglio
che fermarsi qui, vuoi essere ancora di più un peso di quello che
già sei? Muoviti
La
ragazza fece appello alle sue ultime forze per issarsi in silenzio
sulla sua schiena, tacendo l'orgoglio che urlava di preferire andare
a cavallo di un Troll piuttosto che lasciarsi trasportare da lui.
Sospirò,
chiedendosi quanto ancora doveva durare quella storia
-so
che preferiresti essere con Potterino e Weasley, ma così stanno le
cose- la voce del ragazzo era uscita talmente piano che si domandò
davvero se avesse detto quelle parole: cosa volevano essere, delle
scuse? Vaghi ricordi nella sua mente le riportarono alla memoria la
mano fresca che sentiva sulla fronte durante il delirio della febbre,
e la pozione che lui le aveva preparato. Forse
non era così cattivo come voleva dimostrare, nonostante era come se
ci tenesse a sottolineare il contrario
-non
sapevo che le Sanguesporco pesassero di più delle Streghe normali-
borbottò poi lui, per cancellare quello che aveva appena detto.
Ad
ogni azione positiva ne compensava con una negativa, e viceversa.
Non
fecero molta strada quel giorno, si fermarono dopo circa un'ora di
camminata perché la ferita di Draco iniziava a pulsare
insopportabile, anche se lui addusse come scusa la fronte della
ragazza che aveva ripreso a scottare. Riprodusse la pozione con gli
ingredienti che si era tenuto, e mentre lei sonnecchiava ne
approfittò per riprendere fiato.
Mangiò
un paio di mele, segnandosi mentalmente di stare attento lungo al
cammino per trovare qualcosa che avrebbe potuto migliorare le
condizioni della sua ferita: il dittamo a quella latitudine era
altamente improbabile, immaginò, ma avrebbe potuto preparare una
pozione alternativa.
La
svegliò quando si fu riposato e le fece ingollare l'amara brodaglia,
che da cosciente fece più fatica a mandare giù, prima di
riprendersela sulle spalle.
Fece
effetto più in fretta rispetto alla notte precedente, dopo una
manciata di minuti si sentiva la testa più alleggerita dalla morsa
della febbre.
-sai
Malfoy- disse, cercando di ringraziarlo -tutto sommato né Ron né
tanto meno Harry avrebbero potuto curarmi come hai fatto tu, loro
sono una frana in pozioni- rivelò goffamente.
Inutile
dire che probabilmente con loro non si sarebbe ammalata, aveva capito
che doveva eguagliare i suoi sforzi e rendere meno sgradevole la loro
permanenza nella foresta, cercando di sotterrare l'ascia di guerra.
Non
era certo facile, ma un tentativo non guastava.
Di
tutta risposta lui sbuffò rumorosamente, e continuò a camminare
*
* *
Il suo compito era andare lì, affrontarli, fermarli: Potter, Lei e
Weasley.
Non poteva tirarsi indietro, con leggero movimento del capo fece
cenno a Tiger e Goyle di seguirlo verso la stanza delle necessità,
dove definitivamente avrebbe combattuto contro di Lei.
Un sacrilegio affrontarla, una blasfemia puntarle contro la sua
bacchetta, un peccato mortale esserle avverso; ma lo aveva scelto
E verrà l'inverno
neve scenderà
il silenzio ti
cancellerà
come avanzare ancora verso quella stanza se non ripetendo a mezza
voce, indifferente quanto mai della presenza dei suoi tirapiedi, la
menzogna ultima come un incantesimo a dargli coraggio: l'avrebbe
dimenticata un giorno, Lei sarebbe stata meno importante.
Nel momento stesso in cui lo diceva però l'ombra della sagoma di Lei gli ricordava
che non era possibile.
* * *
L'importante
non era uscire da quella foresta? Ormai era quello l'obiettivo, passo
dopo passo, fitta dopo fitta. Sentì solo la sua voce in lontananza
-Malfoy!-
prima di rendersi conto che era diventato tutto nero.
Il
dolore era aumentato, il peso della Sanguesporco gli gravava sulla
ferita schiacciando i lembi di pelle e comprimendoli, ma a lui
importava solo proseguire; ora, mentre riprendeva conoscenza,
iniziava a percepire quanto fosse diventato insopportabile.
-sto
facendo di tutto- ora la voce della Granger suonava come una scusa
-ma tutto quello che ci hanno insegnato non sembra funzionare: non è
una ferita normale, è come se fosse maledetta. Non ti preoccupare,
sentirai meno male tra un po'- gli assicurò mentre i suoi contorni
sfocati prendevano forma.
-è
rimasta un po' di pozione che avevo preparato per te- digrignò lui
-trova delle bacche di ginepro e correggila, dovrebbe aiutare
-l'ho
già fatto, l'hai bevuta, cerca di stare tranquillo adesso
Era
una parola, quando il fuoco lo divideva in due, e il suo cuore
sembrava essere sceso all'altezza della ferita tanto che pensava
potesse uscirne, data la forza con cui lo sentiva pulsare. Poco a
poco si fece nuovamente tutto indistinto, prima che riuscisse a
capirlo.
-quanto
tempo siamo stati fermi?- disse aprendo gli occhi: il dolore era
ritornato ad essere sopportabile, e la sua mente riacquistò subito
lucidità
-un
giorno- lo informò.
-maledizione-
cercando di mettersi a sedere scoprì che una stretta fasciatura gli
costringeva il torace, e notando la nudità della sua pelle sotto al
mantello capì che le bende erano formate dalla sua camicia
-non
potevo usare il mantello il tessuto era troppo ruvido e poi la
camicia non ti proteggeva dal freddo, quello sì. Ho avuto cura di
non strapparla, così se la ferita migliorerà potrai indossarla di
nuovo
-quanto
diamine dovremo stare in questa foresta?- imprecò a denti stretti
-non
lo so, ma è meglio essere lungimiranti- si strinse lei nelle spalle.
Ricordò le sue condizioni del giorno prima, sembrava stare meglio,
anche se era come se faticasse a parlargli.
Capì,
gli aveva tolto la camicia, aveva visto che cosa celava.
Doveva
forse scusarsi per essere sé stesso? Per appartenere alla sua
famiglia? Per non essere quello che suo padre chiamava Traditore del
Sangue?
Il
senso di colpa che lo aveva tormentato nei giorni precedenti lo punse
in maniera diversa: non c'erano altri oltre a lei, avrebbe potuto
abbandonarlo mille volte e lasciarlo al suo destino, che sarebbe
stato senz'altro breve, ma non lo aveva fatto.
Avrebbe
potuto ribellarsi alle sue angherie, ma aveva sopportato con dignità.
Senza
una società magica o meno intorno a loro le loro diversità
sembravano azzerate, rimaneva solo la fierezza e la lealtà non
dovuta di lei che aveva il potere di farlo apparire piccolo ed
insignificante.
Provò
a ripetersi che in fondo anche lui l'aveva curata ed assistita, erano
pari, ma quella consapevolezza non gli bastò.
Erano
soli.
-mi
è stato imposto, per me non ha importanza- spiegò indifferente,
capendo quanto fosse vero.
Lei
lo fissò allibita
-per
me ne ha invece- ribatté istintiva -sei al corrente che quel
tatuaggio corrisponde per me ad una condanna a morte? In nome di che
cosa?- tremò avvicinandosi a lui: lo aveva forse risparmiato per
ucciderlo con le sue stesse mani? -io so
quanto valgo e perché, non mi interessa dimostrarlo: chi
sei tu per dirmi che
non è vero?
Il
sangue, lo stesso che lo legava alla devozione per la sua famiglia,
ora sembrava sgretolarsi di fronte alla semplicità e all'ardore con
il quale lei si difendeva.
-non
parliamo più di questo- propose. Non poteva dirle che in qualche
modo avrebbe potuto avere ragione, sarebbe imploso se avesse
pronunciato quelle parole; eppure non era neanche in condizione di
perorare la sua causa, perché Draco di cause sue non ne aveva.
Hermione
lo fissò brevemente, né vinta né vincitrice di quella discussione
ma molto più di lui, paradossalmente in entrambi i casi.
Gli
controllò la fasciatura
-come
pozione non sembrava fare molto effetto così ne ho fatto un unguento
e te l'ho messo direttamente sulla ferita: perché non mi hai detto
che si era aggravata così tanto?
-non
me n'ero accorto, evitavo di guardarla- rispose laconico.
La
sentì sospirare, e si mise a sedere allontanando le dita di lei che
stavano ispezionando la benda; non voleva sentirsi ancora più in
difetto di quanto già non fosse.
Quella
dannata foresta, quel dannato isolamento: in un altra situazione mai
avrebbe creduto di sentire a disagio nei suoi confronti, di capire
cosa volesse dire sentirsi in
debito; ora invece i contorni di quella frase prendevano
forme più reali ed era tutta colpa di quella dannata foresta.
Da
quanto erano lì, quanto avevano camminato? Un altro turbamento lo
colpì
-usciremo
mai di qui?- disse cogliendola di sorpresa, mentre lei stava
raccogliendo il loro scarno equipaggiamento.
-speravo
non me lo chiedessi
Nda Cosa cela in realtà la foresta? Hermione ha capito qualcosa?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** L'ammissione ***
4
Nessuno, nessuno al mondo sapeva di loro, era certo che nemmeno i
fidati Potter e Weasley avevano mai intuito quello che era successo.
Si era convinto che questo avrebbe dovuto aiutarla a buttare
nell'oblio il loro passato, eppure aveva sperimentato come davanti a
uno sguardo ignorante saliva la frustrazione di chi conosce la
realtà.
Ma cos'era poi la realtà? Non certo il loro periodo nella foresta, e
men che meno l'istinto di cercarsi, di trovarsi ancora una volta nel
momento in cui erano stati in salvo: si erano aggrappati a un barlume
di illusione, confondendo la finzione di un mondo parallelo e
diametralmente opposto con la vita, dove forse i loro nomi accostati
non avrebbero significato un'implosione.
Non era quello che avevano condiviso a spingerli insieme, non era
quello che grazie all'altro avevano scoperto di avere dentro, non
solo: era quello che avevano visto nella persona di fronte a loro,
quando si erano dati l'opportunità di conoscersi; allora,
automaticamente, erano nate due nuove persone: il Draco di Hermione e
l'Hermione di Draco.
Sempre loro, dentro e fuori, ma mai così veri, così assoluti; come
l'elevamento all'ennesima potenza dello zucchero: per definizione è
il senso stesso della dolcezza, ma amplificato si schiude in
dimensioni non percepibili, ma che lo arricchiscono
inequivocabilmente.
Draco, stronzo e vigliacco era nato e stronzo e vigliacco sarebbe
morto, ma accostato a Hermione la sua vigliaccheria equivaleva in
primis a proteggere lei: la mancanza di coraggio di poter vivere
senza essere sul suo stesso pianeta.
Stronzo, perché alla fine se l'era lasciata alle spalle, e vigliacco
perché si era negato di darle di nuovo un nome, così era diventata
Lei, un pronome evocato con reverenza e paura, ancora una
volta l'assoluta evoluzione di una persona.
Non verrò a cercati,
io ti scorderò.
Servirà del tempo e
guarirò.
Quando aveva distolto lo sguardo, dicendole addio, per una frazione
di secondo l'aveva creduto, aveva creduto che il suo destino avrebbe
potuto ancora cambiare e scorrere lontano da Lei, scordandola,
guarendo da quel sentimento insano che per il solo fatto che lo
accostava a quella ragazza che significava l'opposto della sua vita
era per forza sbagliato.
Perché, alla fine, amarla poteva significare solo che la sua vita
stessa era un errore.
Era maledetto, sul braccio e nell'anima due forze si contendevano la
sua vita; e se forse il braccio avrebbe potuto staccarlo non c'era
modo di separarsi dalla sua anima; era stato chiaro allora, quando
aveva incrociato i suoi occhi traditi, ed era stato ovvio in seguito,
ogni volta che si aspettava di dimenticarla.
E con tutti, la
famiglia, i mangiamorte, i suoi compagni di scuola, ogni volta che
incontrava l'ignoranza nei loro occhi si ricordava che per loro non
era mai accaduto niente. Per loro il mondo aveva sempre continuato a
scorrere normalmente, non era mai esistita quell'esplosione nel mezzo
della sua vita che per il solo fatto di essere segreta era alla fine
ancora più reale.
* * *
Che
non era una foresta normale, che l'armadio gli avesse portati in
qualche luogo maledetto ed impregnato di magia, stava diventando
sempre più ovvio: avevano iniziato a perdere il conto dei giorni
passati a camminare, poteva essere passata una settimana come un
mese, eppure l'ostinazione con cui giorno dopo giorno si mettevano in
marcia era pari al primo giorno.
Solo
un particolare era mutato: avevano iniziato come estranei e al tempo
stesso nemici, avversari; con il passare del tempo si erano smussate
le diversità, rendendoli simili in quanto pari nella condizione di
dispersi, complici silenziosi che condividevano ferite e paure senza
mai esternarle.
La
monotonia di minuti sempre uguali, risvegli identici uno dopo l'altro
e situazioni ridondanti stendeva un velo di oblio allontanandoli
dalle loro vite, schiacciandoli vicini e compagni.
Non
avevano dimenticato chi era la persona che si trovavano a fianco, non
avevano scordato la rivalità e l'odio, eppure queste appartenevano
ad un mondo passato e lontano, che si scontrava continuamente tra
l'istinto di perpetrarle e quello di accantonarle in nome di un
presente in cui ogni ideale, ogni pregiudizio e ogni rancore sembrava
perdere senso.
Così,
in silenzio come tutto era iniziato, piano piano l'astio era stato
accantonato per momenti in cui sarebbe stato più intelligente
provarlo, rimpiazzato da una muta accettazione; più che per la
situazione dell'altra persona.
Draco
aveva accettato Hermione, quella che gli avevano insegnato ad
identificare come “abominio di strega” era diventata una compagna
sveglia ed intelligente, capace di stringere i denti e porgergli la
mano nei momenti di reciproca difficoltà senza aspettarsi protezione
da parte sua o ringraziamenti per i suoi sacrifici; l'esperienze
passate le avevano insegnato il valore della condivisione come uno
stile di vita, era pragmatica e lucida nelle sue scelte ma nonostante
tutto questo, nonostante effettivamente non dimostrasse di aver
bisogno di lui, Draco percepiva in quei rari momenti di debolezza,
una crepa di solitudine che scalfiva la sua invincibilità.
A
volte era un'ombra pensierosa sul viso, gli occhi vedevano il
sentiero di fronte a loro ma capiva che in realtà stava guardando
oltre, ricordando ciò che le era stato strappato;
altre
volte era un sospiro fuggito al suo contegno, quando pensava che lui
dormisse, e con metodici movimenti riavviava il fuoco cercando di
dominare il tremito impaurito della sua mano.
Dentro
a quell'armatura da valorosa guerriera c'era una ragazzina, gravata
dalle paure che la parte più forte di sé le relegava per rendersi
più sicura, ma al tempo stesso indeboliva quel lato più fragile
della sua personalità, destinato ad essere aggravato di tutto ciò
che non riusciva ad esprimere, dai mille dubbi che continuavano a
sbattere nella sua mente senza risposta, dalle urla senza voce che
non potevano essere confidate.
Draco
percepiva quella debolezza perché era lo specchio di sé, perché
anche lui si era sempre portato a dietro nella vita un ragazzo che
non trovava voce, ed era la prima volta che intravvedeva la fragilità
in una persona che non fosse lui: ecco perché col passare delle
notti invece di girarsi dall'altra parte per non cadere in tentazione
di guardare quella mano inferma la osservava, dapprima in silenzio
come uno spettatore nascosto; poi aveva iniziato a manifestarsi
mettendosi a sedere e condividendo mutamente la sua paura.
Inizialmente
Hermione, non appena si accorgeva che era sveglio, riprendeva il
controllo di sé e ritornava ad essere l'impeccabile sentinella
valorosa, consigliandogli di rimettersi a dormire con voce ferma e
sicura; poi, leggendo negli occhi di Draco una muta solidarietà che
mai saliva in superficie, piano piano si era adattata a quello
sguardo, fino alla notte in cui, quando lui si sollevò dal suo
giaciglio e si sedette accanto al fuoco, non comandò più alla sua
mano di fermarsi.
Evitò
di incrociare i suoi occhi, fissando testardamente lo scoppiettare
del fuoco come se fosse stata sola, ma pur conscia di non esserlo
aveva lasciato che quella parte più debole di sé continuasse ad
esistere davanti a lui.
Non
aveva pianto ma il turbamento era ben dipinto sul suo viso, i denti
stringevano il labbro per impedirgli di tremare, le dita instabili
facevano scivolare tutto ciò che toccava, mentre cercava di tenersi
impegnata sperando che lo sconforto finisse.
E
anche se lo ignorava palesemente sapeva che Draco era accanto a lei,
a offrirle un muto sostegno.
Lentamente il suo respiro si fece più
calmo, i movimenti più sicuri, e le labbra secche e screpolate
tornavano ad essere ferme;
solo
allora Draco tornò a sdraiarsi, e così per tutte le sere
successive.
Non
era capace di impedire allo sconforto di assalirla, ma grazie a lui
diventava in grado di placarlo.
*
* *
Lei non poteva saperlo, eppure anche nel momento più terribile non era
stato capace di lasciarla sola con il suo dolore, condividendolo con Lei.
E ora invece tutto si complicava di più per l'ennesima volta,
vedendoli soli e schierati per un confronto diretto.
Lei non era lì, ma esattamente come qualche ora prima aveva
percepito con estrema esattezza il suo arrivo ora sapeva che era
questione di minuti prima che si ricongiungesse al suo compagno.
-perché non glielo hai detto?
La voce di Potter si disperse nell'enorme ambiente, rimbalzando
sull'alto soffitto e per tornare da lui, sotto le spoglie della voce della sua
coscienza.
Esitò, perché alle sue orecchie quella domanda aveva un significato
ben diverso: perché non hai detto a Lei la verità, perché
l'hai lasciata soffrire senza sapere che per te era, è, lo stesso.
Ma Potter non poteva saperlo.
-a Bellatrix- continuò -sapevi che ero io, non ha detto niente- gli
ricordò.
La risposta a quell'ultima domanda era il corollare della prima: per
Lei.
Doveva approfittare che Lei non ci fosse, doveva riuscire a risolvere
la questione con Potter prima che il suo arrivo rendesse tutto più
difficile, anche se lui aveva appena scoperto il suo nervo più
delicato, senza saperlo.
Dietro di lui una spinta, la stessa che proveniva dalla sua mente che
sapeva che non c'era tempo da perdere, cercò di ordinare al suo
braccio una mossa, tentò di concentrarsi su qualsiasi incantesimo
mentre la voce di lei, disperata e decisa, gli toglieva ogni volontà
oltre alla bacchetta scagliata via dal suo Expelliarmus.
Si sentì tirare, percepì in lontananza una maledizione senza
perdono che implorò maledicendosi al tempo stesso che potesse
sbagliare il bersaglio, e iniziò a correre, con Weasley alle
calcagna.
Più che paura di lui, era sempre Weasley alla fine, era
il terrore dello scontro con lei.
Su quello era catalizzata la sua mentre mentre quell'inaffidabile di
Goyle aveva scagliato l'incantesimo che rischiava di ucciderli tutti.
Le fiamme divamparono tutto, non fu capace di provare pietà per lui
mentre veniva inghiottito dal suo stesso incantesimo e continuò a
fuggire, stringendosi sempre di più nella trappola, mentre il fuoco
lo raggiungeva veloce.
Facile quanto stupido chiedersi se, per finire così, aveva avuto
senso la sua scelta.
Era finita, rapidamente come non lo avrebbe mai immaginato, e il
rimpianto (la vigliaccheria) si mischiava alla paura, mentre vedeva
la battaglia, la sua vita intera, uno sfuocato contorno mentre solo
Lei sembrava aver davvero senso.
Mentre il fuoco lo lambiva, freneticamente l'istinto di sopravvivenza
lo scoprì, costringendolo ad ammettere che la cosa veramente
importante era Hermione, alla fine.
Buon San Valentino e grazie a Maelle che nello scorso capitolo mi ha lasciato una recensione!
Sto respirando questa fiction molto lentamente secondo i miei standard,
eppure i prossimi avvenimenti sono tutti impressi nella mia mente, solo
la fine è un punto di domanda: so come arrivarci ma in tutta
onestà non ho ancora scelto che futuro dare al progagonista (no,
non Harry, intendo Draco, il protagonista della fiction).
Immagino che vi sarete accorti che il momento della Stanza delle
Necessità è MovieVerse, scrivendo con immagini
nella mia mente per riproporre questa scena ho optato su ciò
che, effettivamente, immagine è.
In modo ovvio, ma è giusto ricordarlo, rammento che tutti i
personaggi sono della Rowling, e quelle belle frasi ai lati della
pagina sono il testo di "Tanto il resto cambia" di Mengoni.
Eccovi il link http://www.youtube.com/watch?v=VA1Jwvuc0-o se vi va di risentivela.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Hermione -Anche Se Non Respiro- ***
herm
Luglio 1997
Vedi,
si rimane in piedi
anche se tu non ci
credi
Dimmi,
cosa vuoi sapere,
cosa vuoi di questo
Amore
La camera dove era cresciuta da bambina, teatro di mille notti
insonni china sui libri, era il posto ovattato e confortevole dove si
arrischiava a guardare ancora dentro a quella zona del suo cuore
chiusa a doppia mandata; il posto dove conservava Draco.
L'odio per il suo abbandono si mescolava con il tempo ad un tacito
ringraziamento, perché più le settimane passavano più era
costretta a capire che quello non era il momento propizio per loro,
con una guerra magica alle porte se non già in corso, e che forse
non lo sarebbe mai stato.
Se un anno prima le avessero detto che lei, Hermione Granger, si
sarebbe presto innamorata di Draco Malfoy avrebbe con tutta
probabilità riso scandalizzata dalla folle inesattezza della
previsione;
Se un mese prima le avessero detto che sarebbe sopravvissuta a lui,
riuscendo a continuare la sua vita, avrebbe trattenuto una lacrima,
non credendolo possibile.
Eppure si trovava lì, innamorata di Draco e indenne, ancora tutta
intera dopo che lui l'aveva lasciata.
Solo ogni tanto, seduta accanto al davanzale, prendeva in mano il suo
cuore spezzettato e si concedeva qualche lacrima.
Ingiusto, quando si lasciava andare l'egoismo del suo cuore aveva il
sopravvento e si chiedeva a ripetizione perché: perché non potevano
continuare a stare insieme nonostante i loro mondi li scaraventassero
ai poli opposti del confine di una battaglia, perché non potevano
semplicemente ignorarla.
La domanda che le faceva più paura e più male soprattutto era
perché lui non aveva scelto di rimanerle accanto.
Aveva imparato a vedere dentro alle sue complessità e aveva scorto
come il ruolo che si era cucito addosso fosse per lui più un peso
che altro, e che se fosse passato dalla loro parte forse avrebbe
potuto rinascere: allora perché non lo aveva fatto? Lei non era
abbastanza importante?
La risposta era no.
Poi, asciugandosi le lacrime, capiva che in fondo nonostante tutto
nemmeno lui era abbastanza importante da farla alleare a Voldemort, a
prescindere dal fatto che il suo contributo non sarebbe mai stato
accettato per via di quel sangue che a tutti pareva così importante.
Allora erano pari.
No, pari mai, in fondo era lui che l'aveva lasciata.
Anche se non respiro,
e non mi vedo più in
un giorno qualunque
dove non ci sei tu.
Anche se aspetto il
giorno,
quello che dico io,
dove ogni tuo passo
si confonde col mio
In quelle notti d'estate, quando con coraggio e masochismo ripensava
a lui, si sorprendeva ad aspettarlo, a pensare che forse un giorno si
sarebbero riuniti e che avrebbe potuto ricominciare a respirare
profondamente.
Era totalmente folle, eppure una parte di lei era paralizzata
dall'istante in cui lui se ne era andato.
Si scostò dal davanzale raggiungendo il suo letto, negandosi di
pensarlo ancora: ben altro ora aveva importanza.
Non per la sua vita doveva andare avanti, ma per salvare il mondo che
conosceva.
* * *
Due immagini sovrapposte, a tratti una sbiadiva
facendo predominare l'altra, facendole dimenticare che entrambe lo
rappresentavano: da un lato Draco che l'aveva vegliata, l'aveva
curata, che a modo suo le chiedeva scusa per i suoi stessi
comportamenti, il ragazzo che notte dopo notte con la sua presenza
costante e silenziosa era diventato il suo unico sostegno all'interno
di quell'incubo. Poi c'era Malfoy, indolente e con un inutile
atteggiamento di superiorità che la mandava in bestia: giudicava le
sue scelte ma senza esporsi con le proprie, sembrava disinteressato
al loro futuro come se in fondo l'uscire o meno da quella foresta non
fosse importante.
In quei momenti tornava a vederlo come aveva sempre fatto,
disprezzava quel ragazzo che era palesemente al servizio di
Voldemort, il tatuaggio non mentiva, e che negli anni ad Hogwarts si
era dimostrato come il più infimo degli stronzi, giudicando in base
alla purezza del sangue e alla ricchezza della famiglia,
nascondendosi dietro al suo nome per fare del male alle altre
persone.
Quel ricordo però sbiadiva quando la prima immagine acquistava
forza, quando Draco dimostrava di essere qualcos'altro oltre lo
stronzo ragazzino che per anni aveva tormentato lei e i suoi amici.
Hermione, forse spossata dalla permanenza nella foresta, si
dimenticava sempre più frequentemente il suo odio verso di lui,
iniziando a fidarsi e ad essere grata della sua presenza.
nda: Capitolo molto breve, fa parte di
una serie di intermezzi che sto progettando chiamati "Hermione - Anche
se non respiro", è la visione dei fatti dal punto di vista di
Hermione ispirata alla canzone "In un giorno qualunque" sempre di Marco
Mengoni.
Secondo me in questa canzone, rispetto
a "Tanto il resto cambia", c'è una lucidità
maggiore, anche se nascosta: il ritornello stesso dice "Anche",
lasciando secondo me intravvedere una vita che a discapito dell'amore
espresso nel testo in qualche modo continua, e così voglio
pensare Hermione in questa fiction: in fondo lei, in base a dove ho
collocato l'inizio degli avvenimenti, dopo essere stata lasciata da
Draco va comunque alla ricerca degli Horcrux, ed è la stessa che
noi abbiamo conosciuto e così la voglio lasciare, mi piace
inserire però un contrappasso nei suoi momenti più intimi
in cui il suo amore viva comunque;
Preferisco dividere così le
parti di Draco, che comunque rimane il Pov principale, e quelle di
Hermione, per non mischiarle troppo nei capitoli.
Scusate la scarsa lunghezza di questo
aggiornamento, presto ne arriverà un altro invece per Draco, e
grazie di cuore a Igrain che ha commentato gli ultimi capitoli!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Tutto quanto è fermo a te ***
tanto
Era stata una sua idea quella di trarli in salvo dalle fiamme?
Curioso come la risposta a quella domanda, qualunque fosse, aveva il
potere di spaventarlo più, o quasi, del pensiero di quello che
sarebbe stato di lui se non fossero tornati indietro a prenderlo.
Quando ormai stava per accettare il suo destino ecco Potter volargli
accanto, afferrare la sua mano, fu una questione di secondo e si
ritrovò salvo.
Si sollevò da terra, nella posizione in cui era rimasto da quando
avevano atterrato, cercando di ricomporre inutilmente le sue
priorità: ormai niente aveva più senso, neppure l'estremo
attaccamento alle sue radici fu in grado di riporlo al punto di
partenza, e il perché gli stava davanti agli occhi.
Tutto quanto è fermo
a te,
tanto
il resto cambia.
Vivrò ma non vivrò mai.
Il resto poteva cambiare, Hermione no. Da quando era entrata in lui,
con fatica e mille resistenze, aveva preso un posto che non avrebbe
più lasciato.
* * *
Era
facile farsi prendere dallo sconforto, non gliene faceva una colpa:
non sapeva quando esattamente aveva iniziato a rassegnarsi sul fatto
che non sarebbero mai usciti di lì, o almeno, quando facendo qualche
calcolo aveva intravvisto in quella possibilità una scappatoia.
Nessun compito da portare a termine, nessuna spada sulla fronte sua e
della sua famiglia: era una pazzia, forse, essere sollevati di
rimanere intrappolati a vita in una foresta, con l'unico incessante e
ridondante obiettivo quello di uscirne, eppure era ben più da pazzi
il sentirsi salvi tornando in quel mondo, dove era solo una questione
di inerzie il fatto che potesse venire ucciso o meno.
Non solo non
esisteva un no, tra gli eletti a cui era possibile sedere allo stesso
tavolo del signore oscuro, ma non esisteva nemmeno essere meno che
onorati per ogni sentenza di morte che veniva loro rivolta.
Hermione,
però, aveva qualcuno da cui tornare, una guerra sua da combattere,
amici fraterni e affetti che l'aspettavano e senza i quali la sua
vita non era definibile completa.
Così
più i giorni passavano e più i loro equilibri mutavano, dallo
sconforto alla resistenza, dalla speranza all'inerzia.
-come
poi essere così?- gli domandò una mattina, particolarmente
nervosa
-così come?- rispose lui, stupito dal dialogo fuori
programma.
Hermione inspirò,
-così rassegnato, così
menefreghista. Non ti importa più uscire di qua, sei sempre più
indolente- lo rimproverò, seccata dal ghigno che gli comparve sulle
labbra
-ho accettato questa condizione, continuare in eterno ad
aggrapparmi all'idea che prima o poi usciremo di qui è una follia,
mi aspettavo di meglio da te Granger, pensavo che tu fossi più
razionale, dato che te ne vanti tanto
-c'è
differenza tra l'essere razionali e essere cinici e stretti di
vedute
-inizi ad essere ridicola- la fulminò Draco. Ogni giorno
continuava ad alzarsi e a camminare, non poteva almeno essergliene
grata in silenzio? -è chiaro che continuare così non ci porterà da
nessuna parte: non una pendenza, non una montagna da quando siamo
partiti: solo alberi, tutti uguali. Chi ci dice che non stiamo
girando in tondo?
-mi oriento con il sole- precisò lei
-e
se fosse un'illusione? Non ci hai mai pensato, eh? Ovvio che no,
inizio a credere che in fondo non vali poi tanto, come dici tu.
Dovremmo cambiare strategia, visto che la tua
non porta da nessuna parte, e iniziare a prendere in
considerazione che forse non usciremo mai di qui.
Hermione
stringeva la mascella, arrabbiata
-hai
qualche proposta?- lo provocò, facendo una smorfia al suo silenzio
-come immaginavo. Sei impossibile Malfoy, se sei tanto convinto che
ho torto nessuno ti obbliga a seguirmi, stattene pure qui.
-credo
che lo farò- ribatté lui sprezzante, sedendosi su una radice.
Hermione ricominciò a camminare, senza curarsi di essere
seguita.
Quando la rabbia per la discussione si era
affievolita era sopraggiunta una spiacevole sensazione di colpa, che
riattizzò il nervosismo: in fondo non era certo colpa sua se lei se
ne era andata, non l'aveva cacciata. Bestie selvatiche non si erano
mai avvicinate, e in evenienza la Sanguesporco aveva la bacchetta,
fatti suoi se si fosse trovata in difficoltà.
Evitò di
pensare a cosa avrebbe fatto lui: non aveva tanto senso farlo. Forse
provare a ripetere qualche incantesimo che secondo lei non avrebbero
avuto successo, dato che avevano scoperto che la potenza delle loro
bacchette era molto limitata all'interno di quella foresta.
Strano
come, pur essendo che Hermione si era allontanata di sua spontanea
volontà, a lui spettava il senso di colpa.
Probabilmente lei ora
era sollevata dall'essersi levata quel peso dalle spalle, in quanto
se non in rare occasioni quello le aveva sempre dimostrato di essere,
ma lui sentiva di averla tradita, lasciando che si allontanasse sola.
E se davvero non fossero mai usciti di lì? Che senso aveva stare
separati?
Non riusciva a concentrarsi, così sebbene fosse ormai
notte si incamminò alla cieca nella direzione in cui l'aveva vista
scomparire, nonostante poteva sentire la sua ferita pulsare
nuovamente. Fu quando bevve la pozione che realizzò che Hermione
l'aveva stupidamente lasciata a lui, e aumentò il passo mosso da una
nuova urgenza: se le fosse successo qualcosa niente gli avrebbe
impedito di odiarla, e di odiarsi.
Aveva camminato per ore, senza
sosta, senza porsi il dubbio che la direzione fosse giusta;
la
trovò riversa al suolo in posizione innaturale, e mentre le corse
accanto sperò istintivamente che fosse un'allucinazione del buio.
La
ferita sulla fronte perdeva sangue, come se fosse appena stata
inferta, e le membra erano gelide, come se non vi fosse più vita a
scaldarle.
Le tastò il polso, la giugulare, sollevato di
percepire un debole battito, poi direttamente dalla bisaccia le versò
in bocca una generosa dose di pozione, mentre lanciava incantesimi
per rianimarla.
Il pensiero di averla persa gli aprì uno
sconosciuto squarcio nell'anima.
La tenne tra le braccia,
scaldandola con il suo stesso calore, mentre febbrilmente cercava sul
suo viso segni di miglioramento.
La palpebra tremò un paio di
volte, prima di socchiudersi.
-ce ne hai messo di tempo, -
sussurrò Hermione. Come se non avesse avuto dubbi sul fatto che lui
l'avrebbe raggiunta.
Sollevato dal suo risveglio Draco continuò
ad osservarla, cercando un'ombra di vitalità nello sguardo, spiando
la ferita da cui il sangue non usciva quasi più, controllando il
pallore del suo viso, senza soffermarsi sul distacco che avrebbe
dovuto dimostrare.
-chi ti diceva che sarei tornato da te?
Come
se non fosse stata lei ad allontanarsi, ma lui a staccarsi, rimanendo
fermo. Come in effetti era stato.
-ti aspettavo, non avevo dubbi.
Non sei tutto ciò che vuoi farmi vedere, c'è dell'altro in
te.
-come puoi dirlo?
Hermione tossì,
-a volte ti
dimentichi di dimostrarmi che sei stronzo. Come adesso, per
esempio.
La stava tenendo ancora tra le braccia, nonostante lei si
fosse svegliata ed apparentemente il pericolo fosse passato; ma era
naturale farlo, innaturale riadagiarla a terra e spostarsi.
-dormi ora.
Le consigliò, sperando quasi che
il buio nascondesse il ghigno benevolo, sorriso, che brevemente gli
aveva dipinto il volto.
Appoggiò la testa all'indietro, contro un
albero, e si assopì anche lui.
La prima cosa di cui si
accorse nell'incoscienza fu che per la prima volta, dopo tantissimo
tempo, il dolore era cessato, scomparso totalmente.
La seconda
cosa fu la sensazione di asciutto, che da tempo non provava. Un lieve
tepore, in confronto al gelo a cui ormai si era abituato.
Tra le
sue braccia ancora Hermione, ma i movimenti del suo respiro erano più
regolari, e la sua mano, che nel sonno si era intrecciata alla sua,
era calda.
Aprì gli occhi, buio pesto ma diverso da quello della
foresta. L'aria era come viziata, e non appena provò a muoversi
sentì il gomito sbattere contro qualcosa di duro, e realizzò che
sotto di sé non stava la radice su cui si era addormentato, ma una
superficie liscia e uniforme.
-che succede?- la voce di Hermione
era insonnolita, ma chiara e ferma.
Per provare il suo dubbio
Draco allungò una mano, alla cieca, e fece forza contro la parete:
l'anta dell'armadio si aprì, cigolando, la luce che filtrò
dall'esterno lo accecò per qualche breve istante ma, una volta
abituatosi, riconobbe la Stanza delle Necessità. Erano a
Hogwarts.
Lei si sollevò rapida, nel momento stesso in cui lui
d'istinto cercava di scansarsela di dosso, e uscirono al di fuori
dall'armadio.
Erano tornati o non si erano mai mossi?
Evitò di
incrociare lo sguardo di lei, allontanandosi svelto, scappando dallo
strano abbraccio in cui si erano svegliati, e lasciando la Stanza
delle Necessità in silenzio.
Raggiunse il suo dormitorio, a occhio e croce
Hogwarts era immersa nel sonno, non incontrò nessuno.
La stanza
era esattamente come l'aveva lasciata, i suoi compagni che russavano,
il suo letto che lo aspettava.
Mentre si spogliava sentì qualcosa
di strano, la camicia gli era appiccicata alla pelle, dubbioso la
strappò via per poi osservarla nella penombra. Sangue.
Erano
tornati.
Era stremato, nemmeno quella scoperta gli impedì di
addormentarsi di sasso non appena toccò per la prima volta dopo tanto tempo il suo
materasso.
Il giorno dopo capì che nessuno si era accorto
della loro assenza, perché per tutti quello che a lui erano parsi
mesi erano solo pochi attimi: per qualche strano motivo l'armadio
aveva fermato il tempo al di fuori di sé, mentre la prova
inconfutabile che per lui il tempo era passato anche fisicamente era
nei suoi capelli, più lunghi dell'ultima volta che aveva avuto il
piacere di guardarsi a uno specchio. Se li tagliò immediatamente,
prima che qualcuno potesse accorgersene, e approfittò di quella
domenica mattina per vagare indisturbato nel castello, svuotandosi la
mente.
Il chiosco a quell'ora era deserto, probabilmente i pochi
studenti svegli erano a fare colazione, ma mentre lo attraversava una
sagoma solitaria gli bruciò la vista.
Hermione era di fronte a
lui, si girò lentamente come se stesse aspettandolo, impedendogli la
fuga indisturbata.
Gli si avvicinò, inesorabile, e poté osservare come
anche sul suo viso, ora pulito, non c'era più traccia della
ferita.
-non è stato un sogno- gli comunicò, come volendolo
convincere.
-non capisco di cosa stai parlando- borbottò lui. Il
volto pallido ed emaciato, come lo aveva visto diventare in quei
mesi di sacrifici, era in contrasto con i capelli per una volta
puliti, l'uniforme nuova. Era lo scontro tra quello che era successo
e quello che ora era, la prova che le due cose coesistevano.
Quando
gli fu accanto Hermione gli sorrise, debolmente,
-grazie- gli
disse. Istintivamente le mani dei due ragazzi si ritrovarono, complici. -sei
tornato.
Ricordò.
Il ricordo di quello che qualche ora prima
era stato si fuse nel presente, come se fossero ancora nella foresta
e non più ad Hogwarts, e Draco tornò a spogliarsi della sua
maschera come aveva fatto quando l'aveva trovata.
Il rimorso per
il fatto che era stato colpevole con la sua testardaggine
dell'aggravarsi delle condizioni di Hermione lo colpì nuovamente,
-perché
hai lasciato la pozione a me?- la rimproverò.
Lei sollevò le
spalle, come incurante
-te l'ho detto: sapevo saresti arrivato. Ti
conosco -gli rivelò. Meglio di chiunque altro, sottintese, perché
con lei era impercettibilmente eppure decisamente cambiato.
Draco
le si avvicinò ulteriormente
-sei
stata stupida, avresti potuto morire- le fece notare.
Il suo
sguardo gli trasmetteva una strana complicità
-non
l'ho fatto. Tu sei
tornato, mi hai salvato
-cosa
volevi dimostrarmi?- disse, quasi irritato.
-che mi fido di te,
nonostante tutto.
La sua mano si mosse come se non gli
appartenesse, posandosi sulla guancia di Hermione e tirandola a sé,
mentre incontrando le sue labbra le spiegava, senza conoscerne le
parole, perché.
* * *
Potter e Weasley erano già lontani, Lei, Hermione, era
rimasta come paralizzata, di fronte a lui.
Draco, seduto sul davanzale, sollevò lo sguardo, e per la prima volta dopo tanto tempo, le
parlò
-siamo pari ora, questa volta sei stata tu a tornare a salvarmi -
osservò, quasi ironico.
-non saremo mai pari- lo corresse.
Continuò a osservarlo a lungo, in silenzio, poi sospirò -tu mi hai
lasciata
Inutile negare, era vero.
Mille volte scoprirò
Che non mi innamoro,
ma tu questo già lo
sai.
Ma lo aveva fatto perché era l'unica cosa che poteva fare: non
poteva trascinarla nel suo vortice di distruzione, non poteva
condannarla a sopportare in silenzio; e non poteva evitare il suo
destino, sottrarsi al compito che gli era stato affidato, condannare
a morte la sua famiglia.
Le rivelò
-il tuo amore era abbastanza per salvare me, non credere che sia il
contrario. Ma non potevi salvare anche i miei genitori, loro non lo
avrebbero accettato: era compito mio farlo, svolgendo il compito per cui ero stato scelto
La confessione gli era costata fatica, ma che senso avrebbe avuto
mentirle? La vide ascoltarlo, come se le sue parole scalfissero una
nuova ferita nel suo cuore notò che un velo di tristezza, rimpianto
forse, le aveva coperto lo sguardo.
-che cosa è cambiato ora?
Non si stupì che avesse già indovinato il cambiamento che era
appena avvenuto in lui, Lei era Hermione in fondo.
Si sollevò, allontanandosi per non metterla in difficoltà
e evitando che si sentisse costretta a rispondergli
-alla fine, dopotutto, sei più importante tu
nda
Ecco un nuovo capitolo, questa volta "canonico". Sia il passato che il
presente stanno volgendo al termine, grazie per le recensioni che mi
avete lasciato, spero che ancora una volta mi facciate sapere cosa ne pensate ;-) e alla prossima!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Ora conterò cento, piano ***
tanto
Come un tempo era stato costretto a lasciarla, per portare a termine
il compito a cui era stato destinato, ora lasciava le file
dell'Oscuro Signore, arrivando a schierarsi contro di lui e contro ai
suoi genitori, per Hermione, per l'unica cosa che alla fine dei
conti, comunque andassero le cose, avesse senso.
* * *
-Lascia
che ti aiuti-
gli aveva detto Silente, e gli era sembrato di
sentire Lei parlare.
-Non voglio il suo aiuto, ma non capisce? Io
lo devo fare, devo ucciderla, o lui ucciderà me.
Per
proteggerla, per risparmiarla, l'aveva lasciata quella mattina,
quando aveva capito che il momento era arrivato.
Il momento di
completare il suo compito, e realizzare il destino che per lui era
già stato scritto.
Mentre puntava la bacchetta contro il preside
e incrociò il suo sguardo, dignitoso e dispiaciuto, vide nei suoi
occhi l'espressione che aveva desiderato vedere in Lei nel momento
della separazione.
Era stato tutto abbastanza veloce, nella
speranza che fosse un aiuto che attenuasse il dolore, eppure non
aveva fatto i conti con lei, con il suo strazio: mentre parlava non
riusciva a distogliere la vista dalla delusione che comparve sul suo
viso, dal dolore che prese possesso dei suoi lineamenti; la bocca
socchiusa in un singhiozzo strozzato, gli occhi dilatati dalla
sorpresa che diventavano lucidi. Era straziante, perché in lei
vedeva riflesso lo sfogo che lui si impediva di non manifestare.
-Mi
dispiace, Hermione- le aveva ripetuto, mentre faceva un passo
indietro, pronto ad allontanarsi, a scappare da lei e da quello che
rappresentava.
Si girò, lasciandola sola, rannicchiata su sé
stessa. Iniziò a camminare, una smorfia si dipinse sul suo viso, la
rabbia aveva iniziato a contaminarlo, quella rabbia di cui si
lasciava pervadere in quanto meno letale del dolore.
Se cambierà
Per te nascerò ancora.
Avrebbe invece voluto vedere in lei lo sguardo di Silente, che si
preparava alla morte, stoico, forte.
Sentì dei rumori, erano
arrivati, guardò la sua bacchetta: avrebbe dovuto farlo, anche se
Lei avrebbe voluto impedirglielo.
* * *
Harry Potter era morto, contro ogni sua previsione il Signore Oscuro
aveva vinto, ma lui, anziché schierarsi insieme ai vincenti,
rimaneva lì, dalla sua parte.
Lontano, mischiato ad altri
studenti, ma poteva vederla: stringeva la mano di Ron, appoggiandosi
alla sua spalla, in un contatto che la sosteneva e la
proteggeva.
Quello era quello che aveva voluto per Lei, quello era
ciò per cui era fatta, e che lui non avrebbe mai potuto darle.
Quel
giorno era rinato per Lei, avrebbe voluto rinascere in Lei, ma
Hermione per quanto conservasse in fondo al suo sguardo la presenza
della ragazza che lo aveva amato, era rinata a sua volta; evolvendosi
nella ragazza che gli era sopravvissuta. Avrebbe voluto essere lui a
darle la mano, lontano da tutto e da tutti, e impegnarsi a imparare a
sostenerla e proteggerla, anche da lui stesso.
Per il tempo
rimasto
Cura sarò
Niente più come te.
Il
Signore Oscuro camminava, guardando gli studenti che lo sfidavano
ancora, ponendosi tra lui e la vittoria definitiva; Draco lo sapeva,
non ne avrebbe comunque risparmiato neanche uno.
Eppure li stava
chiamando, come a voler dare una possibilità di sopravvivenza a chi
avrebbe cambiato schieramento, lo stava chiamando.
Rimase
immobile, ignorando il Signore Oscuro che pronunciava il suo nome, e
la guardò, come a comunicarle che non l'avrebbe delusa, non avrebbe
tradito la scelta che aveva fatto.
Suo padre borbottò quasi il
suo nome, il tono di voce debole come lui stesso era diventato, la
pallida ombra dell'uomo che lo aveva cresciuto.
Draco guardò
nuovamente Hermione, come a confermargli che non aveva mentito
dicendole che Lei era più importante di tutto.
Lucius lo chiamò
ancora, tendendogli la mano, Draco abbassò lo sguardo mentre tradiva
consciamente la sua famiglia, ma non avrebbe potuto farlo: la sua
scelta l'aveva già fatta.
La
voce di sua madre risuonò, corretta e dignitosa, nell'aria. Suo
padre lo aveva supplicato, in lei non c'era domanda: accettava di
vederlo lì, ma gli ricordava al tempo stesso che il suo posto era
accanto a lei, accanto a Lucius. Pur, Draco lo sapeva, non
approvandone appieno la causa.
Mentre i piedi erano più fermi che
mai incontrò poi lo sguardo di Lei, dove lesse un permesso di andare
verso coloro che lo chiamavano. Lei non aveva mai capito e mai lo
avrebbe fatto, Hermione combatteva Voldemort al costo della sua
stessa vita e per quello aveva perso le persone che le erano più
care, e nonostante quello non sarebbe mai tornata indietro; eppure
gli restituiva la libertà di concludere l'asservimento al suo stesso
sangue che aveva comandato le sue scelte, pur sapendo che lui stava
rimanendo fedele al suo ultimo voto.
Hermione comprendeva che lui,
in nome suo, sarebbe rimasto lì, eppure nonostante un tempo avrebbe
fatto carte false per trattenerlo ora lo lasciava andare, così come
lui sopportava di vederla accanto a Ron.
Le loro strade erano
divise, e anche se le ferite sul cuore rimanevano sanguinanti e forse
lo sarebbero rimaste a vita ora i loro destini percorrevano direzioni
distanti, troppe cose erano successe, Hermione gli era
sopravvissuta.
In un ultimo sguardo ripeté mutamente la
dichiarazione, Lei era più importante perfino di quello.
Il suo
piede si mosse in avanti, per raggiungere la sua famiglia.
Se cambierà resti
tu, l'universo.
Ora conterò cento,
piano,
mi volto,
non c'è
più ritorno.
Raggiunse sua madre, che allungò la mano racchiudendo la sua,
essendo per lui per quanto fosse fragile fisicamente quel sostegno e
quella protezione che Draco avrebbe voluto essere per Hermione.
Ora
era lontana, eppure riusciva a distinguere i suoi occhi, puntati
verso di lui: era l'estremo addio. Ora davvero, niente li
univa.
Nonostante l'amaro in bocca sentiva una nuova convinzione
in sé, una promessa: sarebbe rinato ancora, se lei avesse mai avuto
bisogno di lui, Draco non l'avrebbe delusa. Se il suo amore fosse
tornato lui si sarebbe impegnato a proteggerlo, e a mantenere la sua
promessa: Lei sarebbe stata più importante di tutto, a costo di
tagliarsi personalmente il braccio marchiato.
Sapeva però che non
sarebbe mai successo.
Io non so
parlare,
però proverei.
Questa volta, giuro, lo farei.
Nda: Chiedo perdono per l'assenza, eppure ho voluto chiarirmi le idee sul finale, prima di concludere questa fiction.
Pensavo di amare i lieto fine ed infatti li amo, odio i finali malinconici e quindi odio quello che ho scritto;
iniziando
questa storia ho voluto dare a Draco e a Hermione una
possibilità ed invece mi sono incastrata, in questa fiction mi
dispiace ma non l'hanno avuta.
Lei è cresciuta con il suo abbandono, ha subito passivamente la
scelta di Draco ma è andata avanti e ha trovato Ron, e Draco
è tornato indietro troppo tardi.
Odiatemi, ma scusatemi, prometto che in futuro farò di meglio!
Il testo della canzone a margine è Tanto il Resto Cambia di
Marco Mengoni, Hermione, Draco, Voldemort, Harry, Ron, Lucius e
Narcissa e tutti gli altri personaggi nominati sono creati da J.K.
Rowling e appartengono a lei di Copywright.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=910878
|