Johnny e Jess

di ghirigoro
(/viewuser.php?uid=90506)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno spasso. ***
Capitolo 2: *** Cold Night ***
Capitolo 3: *** Fuck you! ***
Capitolo 4: *** Little secret ***
Capitolo 5: *** Better not ***
Capitolo 6: *** Tell me ***
Capitolo 7: *** Irish Boy ***
Capitolo 8: *** Oh, come on! ***
Capitolo 9: *** School tragedy ***
Capitolo 10: *** Bad Things Happen ***
Capitolo 11: *** No Fun ***
Capitolo 12: *** Like Sand Over Glass ***
Capitolo 13: *** End Of It All ***
Capitolo 14: *** Epilogue ***



Capitolo 1
*** Uno spasso. ***


-Ehi! Johnny! Svegliati cazzo! Dobbiamo andare!-
Paul lo stava scuotendo col piede, tirando boccata dalla sigaretta.
-Per me è morto.- rise Sid spalmandosi contro la parete e finendo le ultime sorsate della bottiglia.
-Macché morto, Sid! E' solo ubriaco fradicio!-
-Dì come vuoi Paul ma per me è morto!-
-Aah, chiudete quelle fogne. Non sono morto...- li zittì Johnny cercando di frenare la forte nausea che gli rivoltava lo stomaco.
-Lo dicevo io...- mormorò Paul lanciando un'occhiata a Sid, che era praticamente per terra.
Johnny era ancora disteso per terra e dovette tirarlo su in piedi di peso.
-Lascialo giù, se non si vuole alzare...!- blaterò Sid aggrappandosi al tavolo per non accasciarsi del tutto sul pavimento.
-Macché, Sid! Non posso lasciarlo a terra!-
-E invece sì che puoi. Provaci, ti dà un senso di gratudine...-
-Di gratitudine, vorrai dire.- lo corresse Paul.
-E' uguale...-
-Ehi, voi due piccioncini, perchè cazzo mi avete svegliato?- li richiamò infastidito Johnny.
-C'è una festa al Watt.-
Il Watt era un vecchio locale sporco e disordinato, pieno di ubriaconi, drogati e ragazze facili.
Il paradiso, per ragazzi come Sid o Johnny.
-E che cazzo me ne frega?- sbottò lui trascinandosi verso il tavolo e afferrando una bottiglia mezza vuota.
-Ci sono Linda e le sue amiche.- rispose Paul, pensando di accendere un po' il suo interesse.
Johnny si voltò a guardarlo con un'espressione divertita dipinta in volto.
-Ti sei preso una cotta per Linda, eh?- rise scompigliandogli i capelli.
Paul parve irritato e lo scostò.
-No, cotta è dire troppo... diciamo che mi interessa...- replicò vago.
Johnny prese una lunga sorsata dalla bottiglia, senza distogliere lo sguardo dalla faccia dell'amico.
-Ok, andiamo.-
-Davvero?-
-Sì. Alzati Sid, non hai sentito?-
-Io sto qua. Viene Nancy, forse.- mormorò quello, sorridendo beffardo.
-Certo, se c'è Linda...- confermò Paul.
-E stasera il nostro Sid si rimedia una scopata, eh?- disse sarcastico Johnny finendo di bere.
-Non è così male come credi, Rotten. Dovresti provare, scaricheresti tutta quella tensione del cazzo.-
-Il sesso fa schifo, Vicious.- gli ricordò Johnny prendendo il chiodo e infilandoselo.
-E tu fai schifo al sesso, Rotten.-
-Su, andiamo Paul, prima che prenda a pungi questo coglione.- sibilò lui spingendo l'amico verso la porta.
-Non riuscirai mai a farmi sanguinare, Jo!- lo salutò Sid dal pavimento, sorridendo.
-Non sarai più cosciente, quando ti farò sanguinare sul serio, Vicious.- ricambiò l'amico sbattendo la porta dietro di sè.

Il Watt era come sempre pieno e disordinato, ma stavolta, visto che c'era festa, lo era di più.
-Dove sarebbero Linda e le puttanelle al seguito?-
Paul era veramente infastidito dal fatto che qualunque ragazza fosse per Johnny una puttana o una drogata, soprattutto se la ragazza in questione era Linda.
-Sono laggiù, vedi? A quel tavolo.- rispose, comunque, indicandole.
-Ok, cominciamo la cazzata.- sbuffò l'altro.
Si diressero spavaldi verso il tavolo e si sedettero senza dire niente uno davanti all'altro.
-Ehiiii!!! Guarda chi si vede!- li salutò Linda, allegra più per l'alcol che per la sorpresa.
-Linda, stasera ti trovo particolarmente comprabile.- le disse Johnny sorridendo.
-E io ti trovo particolarmente bevibile.-
-Ciao Linda...- la salutò timido Paul.
-Ciao, Paul.- ricambiò lei poco interessata.
-Io sono Ruthie.- si presentò una delle sue amiche porgendo la mano a Johnny, che non la degnò di uno sguardo.
-Tue colleghe?-
Tutte al tavolo lo guardarono male.
-Oh, Johnny, come sei stronzo! Non tutte siamo battone!-
-Ma la maggioranza sì, Linda.-
-Allora... come va?- azzardò Paul cercando di smorzare la tensione che si era creata al tavolo.
-Mah... si sopravvive. Voi, piuttosto: con la band?-
-Bene, Sid è abbastanza... ah, ecco cosa mi sono dimenticato! Nancy, Sid cercava Nancy!-
-Sì, sta arrivando, è andata a prendere una sua amica americana appena arrivata.- rispose lei visibilmente scocciata.
-Bene... quei due sono molto legati, eh?-
-Come?-
-Sid e Nancy, intendo... stanno sempre insieme.-
Linda finse un sorriso prima di girarsi vero le sue amiche. Evidentemente non le andava giù che Sid preferisse l'amica a lei.
Paul ci restò male e Johnny si lasciò sfuggire una risata.
-Eccoci!- esclamò qualcuno da dietro il tavolo.
Nancy appoggiò senza molta grazia la borsetta sul tavolo e spinse da parte Paul, già schiacciato contro Ruthie.
Una ragazza con dei lunghi capelli castani si sedette di fianco a Johnny. Doveva essere l'americana nuova.
Johnny la squadrò da capo a piedi e convenne che doveva essere anche lei una puttana, per come era ben messa.
-Lei è Jess, viene da New York!- la presentò ai ragazzi con notevole entusiasmo.
-Ciao.- salutò lei senza timidezza.
-New York, eh? E dove sarebbe?- soffiò Johnny fissandola.
-In America.- rispose lei sostenendo lo sguardo.
-In America!- ripetè sogghignando lui, per poi rubare la bottglia di birra che Linda stava bevendo.
-quella è la mia bottiglia!- protestò senza troppo entusiasmo Linda, afferrando quella di Paul, che gliela alsciò con piacere.
-Ah, scusalo, è sempre così.- le disse Nancy lanciando un'occhiataccia al ragazzo, che se la rideva sotto i baffi per chissà quale ragione.
-Come mai sei venuta in questo posto di merda?- le chiese una ragazza che prima stava parlando con Linda.
-Perchè il posto da dove vengo è più di merda di questo.- rispose lei togliendo la bottiglia dalle mani di Johnny.
Bevve qualche sorso e poi gliela riporse.
Lui la prese e sorrise, o meglio ghignò divertito.
Nancy, Paul e le altre li guardavano in silenzio.
-Nancy.- la chiamò Johnny senza smettere di fissare Jess.
-Sì?-
-Sid ti vuole.-
-Ah, giusto... è a casa vostra, eh?-
-Sì.-
-Allora ti lascio Jess... ho... delle cose da fare!-
-Hai qualcuno da farti, semmai.- la corresse acido Johnny, riattaccandosi al collo della bottiglia.
Nancy lo guardò storto maledicendolo nella mente, poi prese la borsetta e si incamminò verso l'uscita.
-Che hai contro Sid e Nancy?- chiese Paul.
-Niente. Ma il sesso fa schifo.-
-Quidni io farei schifo?!- si intromise Linda, offesa.
-No, tu sei una battona. Ciò che fai fa schifo.- rispose l'altro come se nulla fosse.
Jess si limitava a stare lì, seduta, a sorseggiare la birra, sperando che Sid facesse in fretta.
-Allora vieni dall'America, eh?- le chiese Ruthie.
-Sì, per la terza volta.-
-Non avevo sentito.- si giustificò lei, tornando a giocherellare con il braccialetto.
"Nancy ti prego muoviti!" pensò Jess sbuffando.
-Ho come l'impressione che tu non ti sta divertendo.- le disse Linda strappando dalle mani di Paul un'altra bottiglia.
-Ma và. Uno spasso.-



Ciao a tutti!!
Grazie veramente per aver letto questo mio primo capitolo!
Come avrete capito, in questa ff Sid non è il protagonista, è ancora vivo quindi nessuno farà lunghe riflessioni su di lui, e in genere non avrà molto rilievo. Per una volta, il protagonista è il sig. Rotten!
Tutti i commenti sono graditi, ovviamente!

Al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cold Night ***


Johnny non era rimasto particolarmente sorpreso quando Jess aveva accennato al fatto di non avere un posto dove dormire parlando con Linda, l’unica ad essere rimasta al tavolo.
Tutti quelli che arrivavano lì, o per lo meno i giovani, non sapevano dove andare, e i primi giorni li passavano per strada o, nei casi più fortunati (e rari), a casa di qualcuno incontrato da neanche un’ora.
Quindi non aveva assolutamente intenzione di ospitare la ragazza. Ne andava anche della sua reputazione.
E perché mai dovrei farlo? Mi ha fregato la birra!” si disse.
Non era rimasto nemmeno molto colpito da lei, cosa che la abbassava al livello di qualunque altra ragazza che avesse mai conosciuto. Non che avesse qualcosa contro di lei, comunque. Gli era completamente indifferente.
Semplicemente non aveva voglia di ospitare nessuno, tantomeno una ladra di bottiglie yankee.
Quando Nancy ritornò, coi capelli più in disordine del solito e la gonna girata dalla parte sbagliata, aveva finito il terzo giro, e non era ancora abbastanza sbronzo da salutarla.
-Allora, che si fa?- chiese trepidante Jess.
-Non c’è problema per lui.- le rispose la bionda sfregandosi via dalla faccia il rossetto sbavato.
Johnny sbuffò irritato.
Ecco, si erano già messe d’accordo. Nancy si scopava Sid, e visto che lui era sempre contento e manipolabile dopo una scopata, lei lo aveva facilmente convinto a farle dormire entrambe lì. A casa sua.
-Però…- mormorò Jess, lanciandogli un’occhiata.
-Te lo scordi. Voi due, specialmente te, battona ossigenata, non entrate in casa mia.-
-Dai, Johnny, cosa vuoi che sia per una notte?-
-L’ultima volta ti sei fermata per una settimana intera!-
Nancy ammutolì e guardò da un’altra parte. Faceva sempre così quando Johnny aveva ragione. Non lo sopportava.
La testa di Linda cadde con un tonfo sul tavolo. Non reggeva più di due bottiglie, al contrario di Johnny, che non ci si sciacquava nemmeno la bocca.
-Su, ti prometto che non ti accorgerai nemmeno della mia presenza!- lo scongiurò Jess aggrappandosi al suo braccio.
-No.-rispose secco Johnny, riattaccandosi al collo della bottiglia.
-Stronzo.-
Johnny la guardò con la coda dell’occhio.
-Dammi un buon motivo per lasciarti stare in casa mia.-
-Non ho nessun altro posto dove andare!-
-Ce ne sono a centinaia nella tua stessa situazione, perché dovrei ospitare te e non uno di loro?-
Jess non sapeva cosa rispondere. In effetti non c’era nessuna valida ragione.
-Visto?- Johnny sorrise e ritornò alla birra.
Nancy accorse a sostenere l’amica.
-Sei proprio un pezzo di merda, Rotten! Se le capita qualcosa è colpa tua!-
Lui nemmeno la guardò.
-Che le dovrebbe capitare?-
-Non lo so… essere violentata! Morire di freddo, venire rapinata, essere uccisa da qualche pervertito…-
-Beh magari dovrebbe vestirsi in modo meno provocante!-
-Ma che diavolo dici?! Guarda che…-
-Lascia stare Nancy, il signor Rotten evidentemente ha paura di dormire con una ragazza di fianco.-
Jess sapeva benissimo che quel ragazzo dai capelli arancione e dai modi bruschi avrebbe accolto la sfida.
Osservò la sua reazione. Sembrava quasi divertito da quell’insinuazione.
Fece l’occhiolino a Nancy, che per fortuna sembrò aver afferrato.
-Certo, forse è meglio se non stai da lui, Jessy, potrebbe non resistere e saltarti addosso!- lo punzecchiò.
-Mi credete veramente così debole?- Johnny sbatté la bottiglia sul tavolo, arrabbiato.
-Sì.- confermarono le due annuendo.
Johnny si fermò un attimo a riflettere, poi la sua bocca si allargò in un sorriso furbo.
-Non ci casco.-
-Hai paura.-
-No!-
-Allora accetta la scommessa. Se resisti cinque notti senza toccare Jess allora ti pagheremo da bere per un mese.-
-E se, cosa assolutamente impossibile, io perdessi?-
-Mi ospiterai finchè non troverò un posto dove stare.- concluse in fretta Jess, per paura che l’amica dicesse qualcosa che avrebbe potuto far cambiare idea al ragazzo.
Johnny ci pensò un po’ su, valutando la proposta. Ma era sicuro che avrebbe vinto. Il sesso gli faceva schifo. E le ragazze non gli interessavano.
-Cinque giorni, dopo di che fuori dai coglioni.- ripetè lui.
-Certo.-
-Ci sto.-
Per poco Jess non lanciò un grido dalla gioia, ma si trattenne per non sembrare infantile.
-Grazie!-
-Mica l’ho fatto per te.- precisò lui, tornando alla bottiglia.
Jess si ritrasse, quasi offesa, e si concesse un ultimo sorso di birra.
Non le piaceva molto ubriacarsi, tutti quelli che conosceva lo facevano e passata la sbronza stavano malissimo, non ci teneva molto a finire così.
Se n’era andata da New York anche perché sua madre beveva e non ce la faceva più a doverla tenere a bada.
Quindi non considerava l’alcol uno dei suoi migliori amici.
-Che ore sono?- chiese Linda con la voce strascicata per via della bocca incollata al tavolo.
-E’ quasi l’una. Stiamo chiudendo.- rispose una cameriera passando di lì a raccattare le bottiglie vuote.
-Da quando chiudete così presto?-
-Da quando qualcuno ha avuto la geniale idea di fare una festa nel locale alle tre della mattina facendoci denunciare!-
Johnny si trattenne dal ridere.
-Certo che la gente qui non sa proprio cosa vuol dire divertirsi!-
-Urlare a squarciagola con la musica a tutto volume non è divertirsi, Rotten.-
-Ma il cliente ha sempre ragione, no?-
La ragazza guardò l’orologio ed aspettò qualche secondo.
-Ecco, da ora non sei più un cliente. Quindi hai torto.-
Jess si alzò e rimise a posto la sedia.
-Su, Nan! Andiamo?-
La bionda mugugnò qualcosa controvoglia e mollò la bottiglia mezza vuota sul tavolo, facendola rovesciare.
-Ah, grazie veramente!-
-Il tuo turno è finito, che ti frega?-
La cameriera borbottò qualcosa e ripulì il disastro con una spugna .
La birra era arrivata fino alla testa di Linda, che sicuramente era troppo ubriaca per interessarsene.
-E che dovrei farci con questa qua?- chiese la cameriera scuotendola.
-Sbattila fuori.-
-Johnny! Ma come puoi essere così stronzo?!- urlò Nancy; poi, rivolgendosi alla cameriera: - Lascia, la portiamo noi a casa sua.-
-Ah, volevo ben vedere. Ero sicuro che avresti detto a casa con noi!-
-Tsè! Non lo farei mai, Rotten, lo so come sei! Ci avresti buttate fuori tutte a calci in culo!-
-Già.- confermò lui, ghignando.
-Sei proprio uno…-
-Ok ok basta, time out! Cerchiamo di arrivare tutti interi a casa, va bene?- li interruppe Jess portandosi via Nancy.
-Lo stai difendendo?!-
Jess sbuffò e lasciò andare la bionda.
-No, Nan, sto solo dicendo di piantarla di battibeccare come galline e di muovere il culo!-
-Ascolta la yankee, Nancy!-
-Non dirmi cosa devo fare, brutto…-
-Oh ma la finite?! Mi sto rompendo! Voglio dormire, cazzo!- li zittì Linda, con la testa dolorante.
Johnny sputò in un bicchiere e lo mollò in mano alla cameriera. Girò sui tacchi ed uscì dal locale.
-Ma che gli prende?- mormorò Jess aiutando Linda ad alzarsi.
-Bah, gli uomini sono tutti così. Prima sono tranquilli e poi, puff! Ti ritrovi con un occhio nero!- sospirò Nancy.
Jess la guardò sconcertata, poi tornò a concentrarsi sui piedi di Linda, che sembravano non volersi mettere nella posizione giusta al momento giusto.
-Vivi lontano?- le chiese.
-Che? Urla a bassa voce, ho mal di testa!-
-Ho chiesto se abiti lontano.-
-No… qui all’angolo.-
Come cazzo ce la porto adesso?

Dopo svariati tentativi Linda pareva finalmente aver riacquistato almeno in parte la capacità di mettere un piede davanti all’altro, e le tre avevano raggiunto Johnny fuori dal locale.
Era appoggiato al muro e stava fumando una sigaretta, con le mani in tasca.
-Dio, che freddo!- si lasciò scappare Jess, rabbrividendo.
-Prova a vestirti meno scollata e con qualche centimetro in più, magari dopo avrai meno freddo.- disse Johnny con tono sdegnato.
-Lascialo perdere, è fissato. Pensa che ogni ragazza sia una puttana. E’ che sei abituata al sole di New York, Jessy. Ma qui c’è un tempo di merda e piove sempre. Dovrai adattarti.- sbuffò Nancy srotolandosi le maniche del chiodo.
-Sarà ma io sto morendo…-
Guardò con speranza Johnny, ma lui era girato.
-Ah, fanculo...-
Una macchina si fermò davanti al marciapiede. Il conducente abbassò il finestrino e si sporse fuori.
-Quanto vuoi, bella?- urlò a Jess.
-Non sono una battona, stronzo!- gli rispose lei alzando in dito medio.
-E tu?- chiese di nuovo lui rivolgendosi a Linda.
-Quanto hai?-
-Più o meno 25 dollari.-
-Venticin… stai scherzando, coglione?! Questa è merce di qualità! Minimo 70!-
Quello parlottò con l’amico di fianco e si girò di nuovo verso di lei.
-Ok, ma 70 in due.-
Linda ci pensò un po’ su, giusto il tempo di fare i conti.
-Arrivo!- cinguettò lei barcollando verso la macchina e salendo.
-Ma… e la lasciate andare?!- esclamò incredula Jess guardando la macchina allontanarsi.
-Sì, perché? E’ una puttana, dovrà pur lavorare!- rispose sarcastico Johnny sputando per terra.
-E se le capita qualcosa?!- insistette lei.
-Lo sapremo domattina.- disse Nancy facendo spallucce; -Andiamo?-
Jess alzò gli occhi al cielo e si incamminò dietro a Johnny e Nancy.

-Eccoci a casa! Dove cazzo è Sid?-
-L’ho lasciato in camera.- rispose Nancy togliendosi le scarpe.
-Ehi, quelle vanno sul balcone!- le ordinò Johnny indicandole.
Jess si sfilò le sue e le diede a Nancy, che le lasciò vicino alla finestra.
-Io dormo nel letto con Sid!- si affrettò a dire la bionda togliendosi in fretta e furia il chiodo.
-E Paul?- chiese Johnny.
-E’ andato con l’amica di Linda… Grace, Trace… quella lì, insomma.-
-E pensare che doveva scoparsi solo quella battona...- borbottò il ragazzo buttandosi sul divano.
-Scusa… Io dove dormo?- gli chiese Jess osservando l’appartamento.
-Sul pavimento.- rispose lui sistemandosi il cuscino sotto alla testa.
-Cosa? Non ci posso credere! Lasciala dormire sul divano, anche con te se proprio ci tieni! Non puoi veramente essere così carogna!- la difese Nancy.
-E va bene, ok, basta che la pianti di starnazzare!- sbuffò esasperato lui alzandosi di malavoglia.
-Grazie…- mormorò Jess imbarazzata.
-Goditelo.- sibilò lui fulminandola con lo sguardo.
-Io vado a dormire!- annunciò Nancy scappando in camera.
Johnny si sdraiò sulla coperta stesa a terra, coprendosi quasi completamente.
-Sicuro di non voler dormire con me sul divano? Ti giuro che occupo poco spazio.-
-Dammi solo un cuscino.-
Gliene lanciò uno e Johnny lo prese al volo, poi lui spense la luce e si stese, rabbrividendo per il freddo.
Lei attese che i suoi occhi si abituassero all’oscurità e cominciò a distinguere la sua sagoma.
Si avvolse nella coperta sperando di scaldarsi, ma anche quella era gelata e cominciò a battere i denti.
-Che c’è che non va? Dormi.- sbuffò Johnny girandosi dall’altra parte.
-Ho freddo…- rispose lei sfregandosi le braccia con le mani.
Lui sbuffò di nuovo ma non disse nulla.
-Johnny… ho… ho freddo…-
Ancora niente.
-Ti prego posso venire lì con te?-
-Non ci casco, la scommessa la vincerò io.-
-Non… non c’entra la scommessa… ti prego sto congelando…- lo supplicò lei.
Lui emise una sorta di grugnito, e lei lo interpretò come un sì.
Si alzò dal divano e lo raggiunse, trascinandosi dietro la coperta.
Si sistemò di fianco a lui e si coprì.
-Sei ghiacciata.- si lamentò Johnny, scosso da un brivido.
-E tu sei caldo…- rispose lei scaldandosi le mani sulla sua schiena.
-Ok, senti, usami pure come stufetta, ma se fai robe tipo abbracciarmi, accarezzarmi o strusciarti giuro che ti sbatto fuori.-
-Tranquillo… solo perché ho freddo.-
-Mmh.- assentì lui, rilassandosi.
Si sentiva un po’ strano, non aveva mai dormito con una ragazza. O, per lo meno, non così vicina.
Ma era sicuro che non sarebbe stato a causa di quella notte che avrebbe smesso di pensare che il sesso facesse schifo.
E mai lo farò.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Fuck you! ***


Il tiepido torpore del sonno la lasciò bruscamente e Jess si svegliò.
Di fianco a lei c’era ancora Johnny, l’arrogante, brusco, caldo Johnny.
La ragazza stava congelando e non si sentiva né le mani né i piedi, segno che evidentemente lui l’aveva spinta via mentre dormiva.
Vaffanculo, stronzo!” gli disse mentalmente tirando un lembo della coperta. Si sdraiò di nuovo coprendosi fino al mento.
Niente, non riusciva proprio a scaldarsi, e alzarsi a prendere il chiodo era fuori discussione.
Come diavolo fa ad emanare tutto quel calore?!” pensò scocciata mentre gli si avvicinava sempre di più.
Aver bisogno di un bastardo come Johnny era irritante per lei, ma ci teneva a non morire assiderata e sfregò tra le sue mani quella del ragazzo.
-Hai finito?-
Jess credette di aver sentito male.
-Cosa?-
-Mi stai congelando.-
-Scusa, ma ho freddo…-
-Non ti basta stare qui di fianco a me?-
-Mi dispiace, ma qualcuno mi ha lasciata scoperta!- ribatté lei.
-Basta, ho sonno. Lasciami dormire.-
-Io non riesco a dormire!-
Johnny sbuffò e si spostò di lato.
-Allora dormi qui, l’ho già scaldato.-
Jess scivolò fino al posto dove prima era sdraiato lui e si avvolse nella coperta.
-Hai ancora freddo?- chiese senza troppo interesse Johnny, sbadigliando.
La ragazza scosse la testa.
-Bene.- mormorò l’altro, sdraiandosi poco più in là.
-Ehi…-
-Che c’è ora?!-
-Grazie…-
-Guarda che mica l’ho fatto per te. Adesso lasciami in pace e dormi!-
 
 
-Guarda questi due!-
Sforzandosi Johnny riuscì ad aprire gli occhi. Qualcosa gli schiacciava il braccio sinistro.
Si girò e si ritrovò Jess accoccolata contro di lui, addormentata.
-E poi dicevi che il sesso ti fa tanto schifo, eh Rotten?- lo schernì Sid dall’alto.
-Ah, è questa qua che mi si è messa addosso! Aveva freddo e non riusciva a scaldarsi e…-
-E l’hai scaldata tu, eh?- finì Sid interrompendolo, con un largo sorriso stampato in faccia.
 -No. Le ho lasciato il mio posto e mi sono allontanato, è questa qua che si è incollata!-
-Ehi, “questa qua” ha un gran mal di testa e gradirebbe molto che voi non urlaste.- sbottò Jess tirandosi su all’improvviso con una faccia stanca.
-Secondo me avete scopato.- disse serio Sid.
-Che cazzo Sid te l’ho già detto io non scopo!-
-Chi scopa con chi?- mormorò la ragazza ancora frastornata.
-Ma se eri avvinghiato a Jess come Paul è avvinghiato alla bottiglia!- continuò Sid ignorandola.
Il paragone la fece sorridere, anche perché se c’era qualcuno di attaccato alla bottiglia, era Johnny.
-Su ammettetelo lo avete fatto!- esclamò Nancy frizzante.
-Guarda Nan che Johnny dice la verità, non abbiamo fatto niente.-
La bionda si calmò per un istante.
-Mmmh, sarà…-
-Cosa?! Se ve lo ripeto io non mi credete, ma se ve lo dice lei sì??!- sbottò Johnny.
-Io mi fido di Jess.- si giustificò Nancy facendo spallucce.
-Ho mai raccontato balle io? Sid?-
-Beh, no… ma tu sei un tipo che sarebbe disposto a tutto pur di non doversi rimangiare la parola…-
-Incredibile!-
Jess lo guardò divertita.
-Non te la prendere.-
-Nessuno ti ha chiesto niente.-
Jess sbuffò e si alzò dalle coperte.
-Quindi prima notte superata…- borbottò quasi delusa Nancy avviandosi verso la cucina.
-Ah no no aspetta la scommessa è rotta!- sbottò Johnny saltando in piedi.
-Cosa? Perché?-
-Perché ieri sera ero ubriaco.-
-E adesso non lo sei?-
-Adesso lo sono di meno. Quindi niente più roba del toccarla o quelle cazzate lì.-
-Scommessa? Toccarla? Mi sono perso un pezzo, e scommetto che è molto interessante.-
-Lascia perdere Sid, è meglio se non sai.-
-Te lo spiego dopo.- gli sussurrò all’orecchio Nancy.
-Ma scusa e adesso dove vado a dormire?-  Jess afferrò Johnny per un braccio.
-Non sono affari miei.- rispose lui.
-Sei… sei veramente uno stronzo, sai?-
-Non me ne frega. Buona fortuna, te ne servirà per trovarti una sistemazione!-
Detto questo Johnny se ne andò in cucina.
-Dov’è Paul?-
Jess si sentiva ribollire di rabbia. Avrebbe voluto prendere una sedia e spaccargliela in testa.
-Ehi, dov’è Paul?- ripeté Sid, distogliendola dai propri pensieri.
-Cos… oh sì è a casa dell’amica di Linda.-
-Wow, serata di conquiste.-
-Non sono in vena di scherzare.-
-Fa’ come vuoi. Non te la prendere con Johnny, fa sempre così. Fosse per me ti ospiterei anche, ma la casa è sua, quindi, se non mi voglio ritrovare come te sul ciglio della strada….-
-Grazie, Sid. Mi stai veramente risollevando il morale.- rispose sarcastica Jess.
-Aah, niente.-
Jess lo guardò di sbieco. Evidentemente non aveva capito. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma lasciò perdere.
-Che ha contro le ragazze Johnny?-
-Perché?-
-Beh da quel che ho capito ce l’ha con le donne.-
-Ah, sì, beh, diciamo che ha avuto brutte esperienze…-
-Del tipo…?-
-Beh sinceramente non me l’ha mai detto. E poi non è che me ne freghi molto.-
Bell’amico…
-Vabbè, ho capito. Vai a fare colazione, io esco.-
-Ma non conosci la città.-
-E allora comincerò da adesso.-
Prese il chiodo dal divano e si catapultò fuori dalla porta.
Appena oltre il portone al piano terra il gelo la investì, facendola tremare. Era solo metà Settembre ma già faceva un freddo terribile.
Le ragazze inglesi giravano in minigonna e T-shirt, incuranti del freddo o forse semplicemente più abituate, e quelle che le passavano di fianco la guardavano sorridendo come per schernirla.
Avevano quasi tutte la faccia segnata dal trucco pesante sbavato, come se qualcuno avesse gettato loro in faccia un secchio d’acqua, e alla maggior parte avrebbe fatto bene sciacquarsi un po’.
I ragazzi, beh, sarebbe stato più opportuno definirli esemplari maschi, sembravano fatti con lo stampo. Tutti ubriachi, con la scia di fumo dietro, non esattamente freschi e puliti, con i vestiti logori e sgualciti e quel perenne sguardo da duro che solo chi si riteneva un vero punk poteva esibire.
Un ragazzo le si avvicinò ammiccando, osservato a distanza dagli amici.
Jess si scostò mandandolo a quel paese: se mai avrebbe avuto voglia di un ragazzo non avrebbe mai e poi mai nemmeno preso in considerazione uno come quello, adolescenti troppo cresciuti che fingevano di essere dei veri punk facendo la faccia cattiva e scolandosi litri di alcolici.
-Certo, vai a scoparti Rotten!- le grugnì dietro il ragazzo, sputando per terra.
-Cos’hai detto?!-
-Ho detto di scoparti Rotten.- ripetè quello, storcendo la bocca come se fosse disgustato.
Il portone si aprì e ne uscì Nancy, che corse subito di fianco all’amica.
-Che cazzo c’entra Rotten adesso?!-
-Non sembrava starti così antipatico ieri sera.-
-Cosa diavolo intendi…-
-Lascia stare Jess, questi stronzi ti stanno provocando.- le disse
-E tu che cazzo c’entri Spungen?-
-Vaffanculo Tarr, vaffanculo!- rispose a tono la bionda, spingendo via l’amica.
-Tarr… che nome da coglione…- sibilò Jess allontanandosi con Nancy.
Si infilarono in un bar ancora mezzo vuoto ma già messo sotto sopra.
Si sedettero ad un tavolo e Nancy le ordinò un caffè.
-Non mi piace, Nan, lo sai!- si lamentò la ragazza.
-Beh col freddo che hai non credo che ti convenga prenderti una vodka.-
-E’ colpa della temperatura, anche se bevessi l’acqua dei caloriferi a Dicembre rimarrei un ghiacciolo!-
-Se bevessi… l’acqua dei… mi farai morire!!!- scoppiò a ridere la bionda, facendo sorridere anche Jess.
-Nan, Nan! Smettila di ridere! Ascoltami! Chi era quello?-
-Chi? Quello? Ah, lascialo perdere. Suona in una band e si crede chissà chi solo perché qualche volta hanno una serata in qualche locale.-
-Non mi hai risposto.-
-Jay Tarr, si chiama Jay Tarr.- sbuffò Nancy accendendosi una sigaretta.
-Schifoso coglione.-
-Ah, meno male!-
-Che intendi dire?-
-Niente, non ti ci vedo molto con uno come Tarr.-
Jess sapeva dove l’aica voleva andare a parare.
-E con chi mi vedresti bene?-
-Beh, che ne so,con Johnny magari. Anche se è un grande bastardo.-
-Johnny? Tu vedi troppa televisione. Non ci si innamora così alla cazzo, Nancy, e lui è troppo stronzo anche solo per guardare oltre il proprio naso.-
-Sarà…-
-E’, Nancy, non sarà. E’.- la corresse Jess sbuffando.
Si sistemò il chiodo cercando di coprirsi di più.
-Vedi che ti ci vuole un caffè?-
-Come?-
-Se la tiri ancora un po’ si scuce.- disse la bionda indicando la manica che l’amica stava storcendo.
-Sì, lo so, è pazzesco. Ho un freddo incredibile.-
-Mmh… sicura di non averci fatto niente con Rotten?-
Jess alzò lo sguardo e le lanciò un’occhiata esasperata.
-Perché mai avrei dovuto fare qualcosa con quello stronzo?-
-Bah, non so… attira le ragazze, lui…-
Jess si trattenne dallo scoppiare a ridere.
-Cosa?! Lui?! Non farmi ridere!-
-Ehi guarda che all’inizio anche a me piaceva!-
-Cosa?!-
-Sì, beh, non è che mi piacesse, diciamo che ero interessata a lui come groupie.-
Jess sbuffò. Una cameriera arrivò e poggiò una tazza fumante davanti a lei.
-Nan, lo sai che non mi è mai piaciuto che tu facessi la groupie.-
-E infatti adesso non lo sono più! Adesso ho Sid, io e lui stiamo bene insieme!-
-Non sto dicendo questo. Solo che tu non ti devi vendere per soldi.- la calmò Jess assaggiando il caffè.
-E altrimenti come campo? Io non riesco a trovare lavoro, a fare la fottuta cameriera non ci penso nemmeno! Preferisco fare la prostituta quando ho un bisogno estremo di soldi.-
Jess lasciò cadere la tazza sul tavolo.
-No. Ti prego, dimmi di no.-
La bionda distolse lo sguardo dal suo, incapace di sostenerlo.
-Ne ho bisogno.- mormorò con un fil di voce.
-No. Tu non ne hai bisogno, Nancy. E’ questo che vuoi fare? La puttana?-
-Io non sono una puttana!- urlò Nancy battendo il pugno sul tavolo.
-Vuoi diventarlo?- le chiese glaciale l’amica.
La bionda ammutolì e si tirò indietro contro le schienale della sedia.
 
-Allora?-
-Allora che?-
-Allora com’è andata stanotte?-
Paul arrossì imbarazzato e nascose il viso dietro al colletto del chiodo, tirandolo su.
-Bene.- rispose frettoloso, sperando di convincere Sid a cambiare discorso.
-Bene? E’ la prima volta che scopi e tutto quello che hai da dire è “Bene”?!-
-Non è la prima volta…-
-Già, Sid, dimentichi l’avventurosa serata con Kate, la puttana della fermata degli autobus. Quello sì che fu un gran giorno, vero Paul?-
-Smettila Johnny, non sei divertente!- suffò Paul spingendolo via.
-Invece io mi trovo spassoso.-
Sid tirò una lunga boccata dalla sigaretta.
-Allora che facciamo?-
-Niente.- rispose Johnny sistemandosi il cuscino sotto alla testa.
-Mmh. Mi sta bene.- disse Paul passandosi una mano tra i capelli.
-A me no.-
-Solito bastiancontrario, vero Vicious?-
-Facciamo come dico io adesso. Andiamo in città.-
-A far cosa, Sua Eccellenza?-
-Che ne so… niente…-
-Beh, possiamo anche far niente qui. O forse il niente in città è speciale?-
-Odio i tuoi ragionamenti contorti, Rotten. Ficcateli nel culo.-
-Prima le signore, Sid.-
-Vaffanculo.-
-Mmh… Dove sono le ragazze?-
-Che cazzo te ne frega?-
-Niente, chiedevo… non le vedo da ieri sera e quindi…-
-Oddio stai diventando una ragazzina, Paul. Stanno bene, sono uscite. O meglio la tizia matta è scappata via, e Nancy l’ha seguita.-
-La tizia matta sarebbe Jess?- chiese Paul dopo un attimo di riflessione.
-Geniale intuizione Paul.-
-Perché matta?-
-Normale non è.-
-Oh, smettila! Secondo me ti piace.-
-No, cazzo. Non mi piace.-
Ed era vero, perché in Jess non ci trovava niente di speciale.
-Basta, mi sono rotto.- sbottò ad un certo punto, afferrando il chiodo e uscendo di fretta.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Little secret ***


"Stupida Nancy. Stupida, stupida Nancy."
Jess riusciva a pensare solo quello mentre camminava senza meta per le strade piene di sporcizia.
Da sola.
Sì, perchè mentre erano alla caffetteria era arrivato Sid e i due erano andati via, lasciandola lì.
"Stupido Sid." aggiunse.
Alcuni ragazzi appoggiati al muro dall'altra parte della strada la guardavano male e parlottavano indicandola.
Uno di essi si staccò e si accostò al marciapiede, aspettando che le macchine passassero per attraversare ed invitando i suoi amici a seguirlo.
L'aveva già visto da qualche parte...
Jess accelerò il passo, spaventata.
Adesso sì che era nei guai.

Johnny stava cercando di convincere Paul che i Clash facessero veramente schifo quando si fermò di colpo.
-Che c'è?- chiese Paul.
-Ma quello...-
-Quello è Tarr! Hai voglia di rissa oggi?-
-Che cazzo sta facendo?-
Jay e gli altri due avevano circondato una ragazza.
Paul aguzzò la vista.
-Ehi, ma quella non è mica...- Johnny li stava già raggiungendo.
Paul scaldò le braccia e corse dietro all'amico, che camminava spedito. Sì, aveva proprio voglia di rissa.

-Allora? Hai paura?-
-Smettetela!-
-Non ti facciamo mica niente, tesoro!-
Jess era schiacciata contro il muro, aveva paura da matti. Uno di loro le aveva graffiato una gamba nel tentativo di strapparle la biancheria, e adesso si ritrovava con dei collant strappati intrisi di sangue.
-Che cazzo fate?!- urlò qualcuno da dietro i tre ragazzi.
-Sei venuto a riprenderti la tua fidanzatina, Rotten?- lo schernì Tarr afferrando un braccio alla ragazza.
Jess si voltò: aveva sentito bene? Rotten?
-Stupido idiota che non sei altro, è la ragazza di Steve quella, mica la mia.-
Tarr allentò la presa, Jess si divincolò e Paul la tirò verso di lui.
-E' la ragazza di Steve?-
-Perchè mi fai queste domande stupide?! Te l'ho appena finito di dire, sei sordo per caso?!-
Jay fece un cenno ai suoi amici e fece per andarsene, ma Johnny gli bloccò un braccio e lo fece rigirare verso di lui.
-Prima chiedile scusa.-
Tarr fece una smorfia. -Perchè cazzo dovrei...-
Il rosso gli tirò un pugno nello stomaco e lo fece cadere a terra, con il sangue che gli gocciolava dalla bocca aperta per il dolore. I suoi due amici, fino a poco prima spavaldi, adesso se la stavano dando a gambe.
-Ti ho detto di chiederle scusa.- ripeté Johnny, tirandolo su per la maglietta strappata.
Lo spinse malamente davanti a Jess, che li guardava atterrita di fianco a Paul.
-Avanti, Tarr.-
Jay la guardò con astio, ma dopo un'ennesimo scossone si decise ad aprire la bocca.
-Scusa.-
-Cosa? Non ho sentito. Tu hai sentito, Paul?-
-No, mi sa che devi alzare un po' la voce, amico.-
-Scusa!- ripeté il ragazzo.
-Tu hai sentito Jess? Perchè io non ho sentito niente. Forse Jay vuole un altro pugno!- esclamò Johnny lanciando alla ragazza davanti a lui uno sguardo viscido.
-Non la tirare dentro nei tuoi giochetti, Johnny.- intervenne allora Paul, visto che la ragazza era indietreggiata e sembrava spaventata.
Ma il rosso non l'ascoltò.
-Visto, Tarr? Neanche Jess ha sentito!-
Il rosso alzò il pungo e Jay cerco di divincolarsi.
-Scusa! Scusami! Non lo farò mai più!- urlò allora, e Johnny lo spinse per terra, sogghignando.
-Andiamo.- disse, scoccando a Jess un'occhiata divertita mentre le passava di fianco.
Paul le cinse la vita con un braccio e seguì l'amico, lasciando Jay in ginocchio a sputare sangue.

-Dove andiamo?-
-La portiamo da Steve.-
Jess si chiedeva chi diavolo fosse questo Steve quanto lontano abitasse, e perchè era così importante da convincere quei tre ragazzi a lasciarla stare.
Guardava Johnny, che camminava spedito, quasi avesse fretta. Sembrava che non gliene importasse nulla di lei, eppure l'aveva appena salvata.
Gli avrebbe chiesto di rallentare, ma anche se il graffio alla gamba cominciava veramente a farle male rimase in silenzio.
Dopo qualche isolato si fermarono ed entrarono in un palazzo malmesso, con i muri ingialliti e pieni di graffiti osceni e il pavimento con delle assi marce.
C'era odore di vomito, piscio ed alcol, e Jess avrebbe tanto voluto vomitare se avesse avuto il coraggio di aprire bocca e respirare quell'aria pesante.
-Al secondo piano.- disse Johnny indicando gli scalini sporchi davanti all'entrata.
-Tu non vieni?- chiese Paul mentre l'amico usciva senza rispondere.
Aiutò Jess a salire le scale e busso ad una porta che un tempo doveva essere stata rossa.
-Senti, se te lo chiede... io ho picchiato gli altri due, ok?-
Jess sorrise ed annuì.
La porta si spalancò e ne uscì un ragazzo.
-Paul!-
-Ehi Steve, ti dispiace se entriamo?-

La casa era un vero disastro. Vestiti sporchi da ogni parte, bottiglie vuote e non ammucchiate negli angoli, posacenere che traboccavano di cenere e mozziconi, giornaletti porno disseminai su tavoli e sedie.
-E non hai ancora visto niente.- le bisbigliò Paul, notando la sua espressione scioccata.
-Cosa ha spinto il tuo stupido culo da queste parti, Cook?-
-Tarr ha cercato di fottere la tua ragazza.-
-La mia che?-
-Johnny gli ha detto che lei, è la tua ragazza.- sghignazzò Paul indicando Jess, che li guardava allibita.
-E perchè?-
-Oh, andiamo, Jay Tarr ha una paura fottuta di te da quando hai spaccato il naso a lui e a suo fratello!-
Steve squadrò la ragazza, e non poté fare a meno di notare la ferita sulla coscia.
-Chi te l'ha fatto?-
-Uno coi capelli verdi.-
-Perchè ce l'avevano con te?-
-Ho mandato affanculo quel bastardo.- rispose la ragazza, sentendosi quasi fiera.
-E poi Tarr pensava che stesse con Johnny.- aggiunse Paul, per qualche motivo divertito.
-Ah... Ti consiglio di toglierti la gonna e quei collant, o sarà un bel casino con quel graffio.-
Jess notò gli sguardi che avevano i due ragazzi: non credevano veramente che si sarebbe spogliata davanti a loro?!
-Il bagno?-
-La porta bianca.- rispose sbuffando deluso Steve.

-Ci sei? Posso entrare?- le urlò Steve da dietro la porta.
Jess era seduta sul gabinetto con solo la maglietta e la biancheria addosso.
-Se apri giuro che ti ammazzo!-
-Come cazzo ti dovrei medicare se non vengo lì?!-
La porta si spalancò e qualcuno entrò, richiudendola subito.
Jess stava per urlare qualcosa, ma quando si rese conto di chi era si zittì.
Johnny cercò nel mobiletto dei medicamenti e riuscì a trovare della garza e mezzo flacone di acqua ossigenata.
Si inginocchiò davanti alla ragazza, le aprì le gambe ed esaminò il graffio.
Jess si sentiva morire, era terribilmente in imbarazzo: Johnny era lì, tra le sue gambe, troppo vicino.
Aveva anche gli slip macchiati di sangue: ancora un po' e quel bastardo coi capelli verdi arrivava a destinazione.
-Non ti chiederò di toglierti anche la biancheria.- chiarì lui, notando che era arrossita.
Johnny prese una garza, la bagnò con dell'acqua e cominciò a lavare via il sangue.
Non era di certo delicato, ma sembrava attento a non farle troppo male.
Il ragazzo cambiò garza, questa volta la bagnò con l'acqua ossigenata e tamponò il graffio.
Nessuno dei due aveva ancora aperto bocca.
Jess voleva smorzare quel silenzio, e disse la prima cosa che le capitava in mente.
-Rimarrà la cicatrice?-
-Non essere stupida, è solo un graffio.-
-Cos'hai fatto fino ad ora?-
-Ho sistemato gli altri due.-
-Intendi che li hai...-
Johnny annuì.
-Perchè?-
-Perchè cosa?-
-Perchè mi hai aiutata?-
-Non farmi domande stupide, non risponderò.-
Jess lo scostò in modo da poterlo guardare in faccia.
-Non mi sembra che sia una domanda stupida, voglio solo sapere perchè mi hai aiutata se mi odi tanto!-
-Non ti odio.-
-Beh, da come ti comporti lo sembra!-
Johnny fece una pausa, prima di rispondere, e sorrise con quell'aria da bastardo che la faceva incazzare.
-Mi piaci quando sei arrabbiata.-
Jess si calmò sotto lo sguardo sogghignante del ragazzo.
Lo afferrò per la maglietta e si chinò a baciarlo, lasciandolo senza fiato.
La ragazza dischiuse le labbra e lasciò che la sua lingua entrasse. Aveva un sapore forte, che le rimase in bocca anche quando lui si staccò, con il fiato corto.
-Io...- cominciò, vedendolo alzarsi ed aprire la porta.
-Ci vediamo domani.-
Johnny uscì e richiuse la porta.

Si appoggiò al muro.
Quella ragazza lo aveva appena... Non riusciva nemmeno a pensarlo.
Si ricordava i baci delle altre, ne aveva ricevuti tanti, ma Dio, non gli era mai piaciuto.
Jess era lì, dietro la parete, e lui si era messo lì, tra le sue gambe, le aveva sfiorato le cosce, e poi quando lei l'aveva baciato tutto il suo autocontrollo che lo teneva lucido era andato a farsi fottere. Stava per perdere completamente la testa, per questo se n'era andato.
Era consapevole di star facendo un'enorme stronzata lasciandosi scappare quell'occasione, eppure esitava.
Più aspettava più era possibile che Jess stesse cambiando idea su di lui.
Doveva
rientrare in quel bagno.
Ancora prima che Paul, arrivando, aprisse bocca per dirgli qualcosa, lui spalancò la porta e si fiondò dentro.

Jess si stava già infilando i tacchi quando la porta si aprì di nuovo.
-Fermati subito!-
Johnny le sfilò di mano la scarpa e la gettò nella vasca.
La afferrò per i fianchi e le diede un bacio rabbioso, insinuandole prepotentemente la lingua in bocca.
Jess era allibita, ma presto si lasciò andare e si aggrappò al suo collo.
-Questo è il nostro segreto, capito?- ansimò lui mentre la stendeva per terra e le alzava la gonna.
Jess annuì e gemette quando sentì le mani di Johnny sfiorare il tessuto dei suoi slip.
Lui si slacciò la cintura ed armeggiò con la zip dei jeans, imprecando. Se già erano attillati, adesso lo erano troppo.
-Cazzo... non si vogliono aprire...-
Jess tese una mano e cercò di aiutarlo, ma ci riuscì da solo.
Le sfilò in fretta gli slip e si sistemò tra le sue gambe.
Puntò i gomiti e la guardò per un attimo: aveva il viso arrossato, gli occhi socchiusi, la schiena leggermente inarcata, aveva incrociato le mani dietro la sua nuca. Ma le gambe... Aveva visto molte coppie farlo, e le ragazze le avevano sempre aperte, e sembravano estremamente volgari: lei no.
Le teneva piegate, certo, ma invece di essere divaricate sfregavano contro i suoi fianchi ogni volta che lui si muoveva.
Sentiva il suo respiro sulla pelle, ed era estremamente eccitante.
Si abbassò e le passò la lingua sulle labbra, mentre con una mano si aiutava ad entrarle dentro.
Jess si lasciò sfuggire un gemito, smorzato da un altro bacio.
-Ehi Rotten, ma la stai ammazzando quella ragazza?!- urlò Steve da fuori.
Johnny e Jess sorrisero, ansimando.
-Se... la smettesse di muoversi le... ah... farei meno male!- urlò il ragazzo.
-Forse se fossi più... d-delicato mi sentirei ancora... la gamba!- rispose allora lei, alzando la voce quanto bastava per far sentire anche a Steve.
Johnny diede una prima spinta e lei dovette chiudersi la bocca per non far uscire un grido.
-Te lo do io il delicato, adesso.- le sussurrò all'orecchio, cominciando a muovere il bacino contro il suo.
Jess si sforzava di tenere la voce bassa, ma le spinte improvvise e violente di Johnny la coglievano di sorpresa e mozzavano il fiato, così che ogni gemito sembrava un singhiozzo.
Lui si premeva contro il suo corpo, le teneva una spalla con una mano e con l'altra le stringeva un gluteo, per tenerla sollevata e facilitare i movimenti.
Si tratteneva dal gemere e sospirare perchè se avesse aperto la bocca si sarebbe sgolato, ed ogni volta che lo faceva lei si sentiva più eccitato.
Stava per raggiungere il limite.
-E...e-sco?-
-N-no-
Poche spinte e Johnny si riversò dentro di lei, che gemeva senza controllo.
Continuò a muoversi anche dopo essere venuto, ma poi, stremato, uscì e si accasciò di fianco a lei.
-Penso che dovrei tornare a vedere quel graffio.- sospirò lui girandosi a sorriderle.

-Ma stanno scopando?- chiese Paul, con l'orecchio incollato alla porta.
-Ma figurati.-

Oddio sono tornata!
Scusatemi per il ritardo, veramente, mi fustigherò per la mia colpa.
E con questo capitolo ho introdotto il mio adorato Steve!
Purtroppo l'ispirazione è poca, ma per caso ho trovato qualche intervista dei Sex Pistols su YouTube e di colpo mi è uscito a getto questo "coso"
Purtroppo non ci sono molti video su questa band, non hanno fatto nemmeno tante canzoni, quindi se qualcuno avesse qualcosa da suggerirmi, sappia che gli sarò grata.
E con questo vi saluto!
Al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Better not ***


"Penso che dovrei tornare a vedere quel graffio."
Quel sorrisetto appena accennato, quel tono di voce così suadente...
Forse voleva darle una speranza, forse voleva confortarla, farla sentire felice.
No. Non era così.
"Penso che dovrei tornare a vedere quel graffio."
Quel sorrisetto falso, quel tono di voce così subdolo...
Forse voleva farle capire che per lui era stato solo sesso, niente coinvolgimenti sentimentali, niente baci o carezze, nient'altro che una scopata, e che intendeva farlo ancora.
"Penso che dovrei tornare a vedere quel graffio."
E poi... Niente. Assolutamente niente.
Solo quella frase. Solo quelle stupide parole e Johnny se n'era andato.
Lei lo aveva guardato rivestirsi, incapace di emettere qualsiasi suono.
Aveva anche avuto il coraggio di chiederle cosa c'era che non andava.
"Cosa c'è che non va? Te ne stai andando, Johnny. Mi stai lasciando qui, nel bagno del tuo amico."
Avrebbe voluto dire questo, ma invece aveva articolato quella stupida domanda che le premeva nel petto.
-Dove vai?-
Lui l'aveva guardata, con un'espressione che non era né arrogante né tanto meno dolce.
Jess aveva sperato che si sedesse di fianco a lei e che le dicesse che non stava andando da nessuna parte.
Però l'aveva visto alzarsi, rivolgerle uno sguardo dall'alto, e per un attimo aveva rivisto suo padre, con un berretto dei Socks calcato in testa e la sigaretta stretta tra le labbra screpolate, che la guardava carico di disprezzo un'ultima volta, prima di sbattersi la porta dietro ed abbandonarla a quella psicotica madre che aveva appena vomitato l'anima sul tappeto.
Jess lo aveva guardato, aveva teso una mano, ma lui già aveva la sua sulla maniglia.
-Aspetta!- lo aveva implorato in un singhiozzo di voce, sfiorandolo appena.
Ma lui non si era nemmeno voltato, aveva abbassato la maniglia e la porta si era aperta.
Non poteva andarsene, non poteva veramente andarsene!
Jess aveva sentito la sua voce dire qualcosa di incomprensibile, poi lui aveva richiuso la porta dietro di sè.
Nel preciso istante in cui lei lo capì, fu come uno schiaffo in pieno viso.
Col il respiro che le mancava, si accasciò all'indietro, singhiozzando in cerca di aria, mezza nuda sul pavimento freddo e bagnato.
-Mi sono divertito, grazie.-

Steve la aspettavano da almeno un'ora e mezza.
Johnny se n'era andato per i cazzi suoi senza nemmeno salutarlo, e poco dopo era andato anche Paul, senza dimenticarsi di fregargli una bottiglia di gin.
Così era rimasto da solo, a sfogliare riviste osè e a fumare sdraiato sul divano.
Finalmente la porta si aprì e Jess uscì dal bagno, avvicinandosi al chitarrista.
-Ehi, quanto ci hai messo! Allora, ti senti ancora la gamba?- scherzò Steve.
La ragazza non rispose.
-Ehi, va tutto bene?-
Lei annuì e sorrise.
-Ah ok. Vieni, siediti qui.- la invitò allargando le gambe e lasciando libero metà divano.
Jess si abbandonò sull'imbottitura scucita e notò lo sguardo del giovane.
Steve si tirò su a sedere e avvicinò il volto a quello della ragazza, mentre con due dita si staccava la sigaretta dalle labbra ed espirava il fumo.
-Che c'è?-
-Niente. Hai delle belle tette.- Le rivolse un sorriso eloquente.
-Grazie, anche tu.- rispose lei indicando la maglietta con il seno stampato sopra.
Steve rise, e le scostò una ciocca dal viso. Jess non era arrossita come facevano le altre ragazze.
-Quindi Rotten ha detto in giro che sei la mia ragazza.-
-Sì... non ho idea di cosa gli sia preso.- Non aveva veramente idea di cosa gli fosse preso.
-Quella fighetta di Tarr ha paura di me, per questo se tutti pensano che stai con me lui non ti tocca.-
-Sì, ma quando scoprirà che non è vero allora saranno cazzi...- replicò lei con lo sguardo perso nel vuoto.
-Ma finiscila. Potresti sempre diventare sul serio la mia ragazza.-
Jess si voltò, stupita. Stava parlando sul serio? In effetti non sembrava stesse scherzando.
-Voglio dire, non ci sarebbero più problemi. Fai tu.-
Detto questo prese un'altra boccata di fumo.
-Non sai nemmeno chi sono!- gli fece notare Jess, ma lui alzò le spalle.
-Te l'ho detto, fai tu. La proposta è sempre valida. Finchè rimarrai qui, comunque, ti avverto che dovrai dormire nel mio letto, perchè io di passare la notte su questo cazzo di divano non ci penso nemmeno. Immagino che ti farebbe sentire meglio sapere di dormire con il tuo ragazzo e non con uno a caso.-
Jess pensò seriamente di aver sentito male.
-In che senso rimarrò qui?-
-Ti ospito io.- rispose Steve, soffiando il fumo verso il basso, sul suo collo, e spegnendola nel posacenere.
-Davvero?!-
-Sì, davvero.-
-Oddio, grazie!- strillò lei saltandogli al collo.
Steve non si lasciò scappare l'occasione, e fece scivolare lentamente le mani sul suo sedere, stringendole i glutei.
Jess si staccò sorpresa, ma il ragazzo l'attirò a sè baciandola con foga. Poi la lasciò andare, leccandosi divertito le labbra.
-Ho voglia di bere, tu no?- le chiese sorridendo.
Afferrò una bottiglia e gliela porse.
-Tieni. Non so cos'è, ma non fa differenza, giusto?-
Anche se ancora scioccata dal bacio, Jess la prese e bevve un lungo sorso, con l'alcol che le divampava in bocca.
-Bene. Alla mia nuova inquilina e al mio prossimo concerto! God save the Queen, quella vecchia baldracca ne avrà bisogno!- fece lui solenne, alzando la bottiglia ed attaccandovisi.
-Concerto? Sei in una band?-
Steve quasi si strozzò con l'alcol.
-Stai scherzando, piccola? Paul, Sid, Johnny... non te ne hanno parlato?-
-Mmmh... forse ne hanno accennato quella sera al pub...-
Il ragazzo la guardava scioccato.
-Cazzo, ma noi siamo i Sex Pistols, baby! Non si parla d'altro!- esclamò lui indignato.
-Non sono di qui.-
-Come fai a non conoscerci?! Da che posto arrivi?!-
-Da New York, Steve.-
-E perchè sei qui?-
Jess si alzò dal divano, stringendo i pugni.
-Sono affari miei.-

Voleva scappare, ecco il motivo.
Non ce la faceva più a vivere con in quella casa di matti, con quella psicopatica di sua madre sempre ubriaca fradicia che la insultava e la minacciava.
Non si sentiva in colpa per averla finalmente lasciata nella sua merda. Non aveva motivo.
-Ehi, scusa! Non volevo mica offenderti! Certo che voi donne siete tutte pazze.-
La voce di Steve la distolse dai pensieri.
-Ma no, scusami tu.- sospirò risedendosi di fianco a lui.
-Ehi, piccola...-
-Sì?-
-Scopiamo?-
Le lasciò un bacio sul collo e fece un sorriso che parlava da solo, tornando a leccarle la pelle.
Jess chiuse gli occhi e le immagini la investirono.
Suo padre, che urlava, i suoni ovattati dalle manine premute sulle orecchie, sua madre che tirava bicchieri e bottiglie contro il muro, strillando.
Sua sorella Lucy, che cacciava le sue cose in un borsone e se ne andava con il suo ragazzo.
La nonna, che piangeva in cucina togliendo le schegge di vetro dal braccio di sua figlia.
Suo padre che se ne andava. La nonna calata in una buca, dentro una bara da quattro soldi.
La mamma che urlava mentre il dottore la ingozzava di psicofarmaci.
Quella bastarda dei servizi sociali che la riportava indietro da dove l'avevano portata via.
L'aereo, pieno di gente. Nancy che l'abbracciava all'aeroporto.
Johnny.
Johnny che la trattava male.
Johnny che la baciava e la amava.
Johnny che se ne andava.
E adesso Steve, che le sussurrava parole a tratti dolci mentre cercava di sfilarle la maglietta.

Non sembrava essersela presa più di tanto.
Jess lo aveva fermato con gentilezza, e lui aveva fatto spallucce come niente fosse.
-Vuoi qualcosa da mangiare?-
Steve aprì il frigo e contemplò il nulla.
-Forse è meglio se esco a comprare qualcosa o moriremo di fame.-
-Vengo anche io.- si offrì Jess.
-Hai qualche spicciolo?-
Lei si infilò una mano in tasca e ne estrasse qualche banconota accartocciata.
-Ho... vediamo... venticinque sterline.-
-Cazzo! Allora spesa di lusso!-

-Dov'è Jess?-
-E' da Steve.-
-Perchè l'hai portata da Jones?! Quello è un pervertito!-
-La smetti Nancy? Non ce la faccio più!-
Johnny sbuffò. Che cazzo. Non era mica sua figlia, quella ragazza!
Nancy si accigliò per un momento, osservandolo. Era strano.
-Che hai fatto?-
-Che vuoi?-
-Hai qualcosa che non mi convince, Rotten.-
-Sentiamo.-
-Sei strano.-
Il ragazzo si girò a guardarla, esasperato.
-Tutto qui? Mi stai rompendo il cazzo perchè sono strano? Beh benvenuta nel mio mondo, Spungen!-
-Smettila Rotten, lasciala stare!- la difese Sid, alzando la testa dal cuscino.
-Non ti ci mettere anche tu.- borbottò il rosso tornando a scrivere sul foglio.
In realtà stava solo scarabocchiando per apparire occupato e fare in modo che gli altri non lo disturbassero mentre pensava.
Si guardò un braccio, poteva giurare di sentire ancora il profumo di quella ragazza...
Si era sentito strano mentre si rivestiva, sotto il suo sguardo atterrito.
Non sapeva il perchè di quella reazione.
Non riusciva a capire perchè lei si fosse stupita tanto. Non aveva mai detto di volerle bene, tanto meno di amarla. Facendolo con lei si era solo tolto una fastidiosa voglia.
Sesso! Solo stupido sesso.
Come lo aveva fatto con lei, avrebbe potuto farlo con chiunque.
Per un attimo s'immaginò Jess tra le braccia di un altro, e la cosa lo fece infuriare, tanto che tirò un pungo al tavolo.
Mai, mai sarebbe accaduto! Non lo avrebbe permesso! Ormai era di sua proprietà, nessun altro l'avrebbe dovuta toccare!
Prese nervosamente un pacchetto di sigarette, ma lo trovò vuoto.
-Ehi Sid, non ci sono più sigarette!- si lamentò.
-Vai fuori a comprarle!-
Johnny si alzò innervosito, maledisse il suo amico e uscì sbattendo la porta.

Steve era sorprendente. Passava dall'essere assolutamente insopportabile all'essere simpatico e divertente.
Jess lo aveva seguito in un supermercato e, sotto lo sguardo scioccato degli altri clienti, stavano facendo casino con la scusa di non trovare un determinato prodotto.
-Uuuuh questi ci farebbero comodo!- le sibilò all'orecchio Steve mostrandole una confezione di profilattici.
-Ma dai, taglia extra large?- lo punzecchiò lei.
-Cosa c'è, dubiti della mia virilità, ragazzina?-
Le strinse i glutei, schiacciandola contro la parete.
-Smettila, ci guardano tutti!- protestò Jess imbarazzata e vagamente a disagio.
-Che me ne fotte?-
-Dai Steve, ti prego!- insistette lei respingendo un bacio.
-Non mi resisterai ancora a lungo, ragazzina.-
Per sicurezza, il ragazzo afferrò una confezione e la mise nel cestino, tra surgelati e bibite.

Johnny entrò nella prima tabaccheria fumosa che vide e comprò due pacchetti di sigarette.
Aveva avanzato dei soldi e stava morendo di fame. Le uniche alternative alla pessima cucina di Nancy erano un Fish'n'Chips e un supermercato di basso livello.
Non gli piaceva il pesce andato a male e le patate che sapevano di detersivo, così optò per il Cheap Market.
Dentro non c'era quasi nessuno, solo qualche stupida vecchiaccia affamata di tramezzini.
Si diresse istintivamente verso il reparto alcolici, ma poi andò verso quello alimentare.
Stava scrutando disgustato gli scaffali mangiucchiando delle patatine che non avrebbe di certo pagato quando qualcosa attirò la sua attenzione.
Quella stronza già gli voltava le spalle. Con Jones, poi!
Scagliò a terra il pacchetto che aveva in mano e si diresse a grandi passi verso di loro.
Le afferrò un polso, facendola girare, e spinse via Steve.
-Ma che cazzo fai?!-
-E così te la fai con Jones eh?- urlò a Jess, tenendola ferma.
-Lasciami, tu sei pazzo!-
Lui la trascinò fuori dal supermercato e la spinse in un vicolo.
-Che cosa cazzo credevi di fare?!-
La sbattè alla parete e le afferrò la mascella, fremendo per la rabbia. Lei cercò di tirargli uno schiaffo ma lui le bloccò i polsi.
-Che c'è, non ti bastavo io?! Non ti è piaciuto come ti ho sbattuta io?!-
Jess cercava di divincolarsi dalla sua presa e di spingerlo via, inutilmente. Johnny aveva un'espressione da psicopatico e la spaventava.
-Smettila!- gemette.
-Ti sei fatta scopare anche da Jones, vero?! Ti è piaciuto?-
-Non ho fatto niente!-
Johnny si ritrasse, allentando la presa quanto bastava per permettere a Jess di liberarsi.
-Stai mentendo!-
-No! Steve ci ha provato ma l'ho respinto!- strillò lei, piangendo.
-L'ho visto là dentro, ti stava toccando il culo!-
-Non vuol dire niente! Lasciami andare!-
Lo colpì con uno schiaffo e questa volta Johnny non la fermò, anzi le circondò la vita con le braccia e si strinse a lei come se non l'avesse sentito.
-Tu sei pazzo...- ripetè lei, singhiozzando nell'incavo del suo collo.
-E tu sei mia, solo mia.-le sussurrò lui, baciandole una tempia. -Ricordatelo.-
-Te ne... sei andato.-
-Lo so. Non lo farò più, va bene? Ma tu devi stare lontana dagli altri.-
-Tu mi hai abbandonata lì e...-
-Sono qui, stupida, sono qui! Smettila di piangere!-
-Perchè?-
-Sssh, smettila di piangere. Scusa, ho esagerato, ok?-
Le diede un bacio a fior di labbra e la lasciò andare.
-Torna da Jones, adesso. Vengo a trovarti stanotte.-
Jess lo afferrò per la maglietta.
-Cosa sono, una specie di puttana?!-
-No, non l'ho mai detto!-
-Non puoi fare così!-
-Allora vieni con me!-
La ragazza rimase stupita.
-Dove?-
-Vieni a stare da me. Non è una buona idea lasciarti da Jones.-
-Non ti fidi di me?-
-Cristo santo Jess, non mi fido di lui! Perchè credi che ti ospiti?!-
-E tu?! Tu perchè mi ospiti?! Non fare l'ipocrita non te ne frega niente di me! Vuoi solo scopare!-
-E anche se fosse?!-
Johnny la baciò e reprimette a fatica la voglia di strapparle via quella gonna.
-Adesso smettila di piangere!-
Jess era confusa. Lui che l'aveva mollata da sola in un bagno, lui che se n'era andato prendendola in giro, lui che la stava facendo impazzire... Era arrabbiata, era furiosa, eppure voleva solo stare con lui.
-Sei uno stronzo.- soffiò lei portando le mani dietro alla sua nuca.

D: ok, non so da dove mi è uscito questo capitolo.
Ma questa scenetta mi frullava in mente da troppo tempo, dovevo assolutamente scriverla!
Johnny sta sfoggiando il meglio di sè in questo capitolo, ed è contradditorio come ho visto e letto in certe interviste... Quindi spero che nessuno mi accusi di avergli fatto fare cose senza senso (anche perchè quel benedetto ragazzo di senso non ne ha)
Perdonatemi per aver ceduto agli istinti e avervi fatto passare attimi di terrore o. o

Grazie millemila per tutti i commenti, I love you! (ma non ditelo in giro)
Al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Tell me ***


-Finalmente Rotten, cominciavo a credere che avessi usato la balla dell'uscire a comprare le sigarette per abbandonarmi!- lo accolse Sid con un largo sorriso quando entrò. -Ehi Jess! Tu non dovresti essere da Steve?-
-Non andiamo particolarmente d'accordo.-
-Ci ha provato anche con te, vero?- rise lui.
-Quindi non sono l'unica vittima...-
Johnny schioccò la lingua, seccato. Non gli piaceva la cosa.
Proprio quando stava per dire che Steve ci avrebbe provato anche con sua madre Nancy uscì dal bagno.
-Ehi, Jess! Ma non dovresti essere da Steve?-
-Dio, non ci posso credere, ma siete proprio fatti l'una per l'altra voi due??!-
-Lo dici come se fosse una cosa brutta, Rotten.- disse Jess, lanciandogli un'occhiata scocciata.
-Probabilmente sono l'unica persona in questo appartamento che vede le cose come stanno!-
Sid cominciò a ridere.
-Litigate come una vecchia coppia sposata!-
Johnny lo fulminò con lo sguardo e Jess si lasciò scappare una risata.
-Noi usciamo per un po', cercate di non ammazzarvi mentre siamo via!- disse Nancy prendendo per mano il suo ragazzo.
-Sì mamma!-
-Dico sul serio Jess, questo è peggio del cianuro quando ci si mette!-
Uscirono abbracciati e appena la porta si richiuse Johnny ci tirò contro una scarpa.
-Fottuti stronzi!-
-Che problema hai con loro? Sei soffocante quando fai così!-
Lui si buttò sul divano e la guardò male.
-Scommetto che daresti qualsiasi cosa per avere uno come Sid, vero? Uno che ti abbraccia e ti bacia e farebbe qualsiasi fottutissima cosa per te, no?-
Jess si appoggiò contro al muro, incredula.
-Sì, scommetto di sì, eh?-
-Ma che diavolo stai dicendo, Rotten?!-
Lo raggiunse e gli afferrò la maglietta, spingendolo contro lo schienale.
-Smettila di fare il bastardo, se lo volessi davvero non sarei qui!-
Johnny allungò una mano e la tirò verso di sè, facendola cadere su di lui.
-Mettiti qui.- le ordinò, sistemandosela sopra, a cavalcioni. -Mi piace questa posizione.-
-Sei un vero bastardo, Johnny Rotten.- sussurrò lei, togliendogli la maglietta.
-E tu sei troppo vestita, Jess.- disse lui, sogghignando, sfilandole la sua.
Lei si sollevò un poco per slacciargli i pantaloni e infilò una mano nei suoi boxer, facendolo ansimare.
-Jess, prendimelo in bocca...- le chiese gemendo.
-Cosa ti devo fare, Johnny?-
-Devi... ah... devi suc... succhiarmelo...-
La ragazza si alzò e si inginocchiò tra le sue gambe, abbassandogli i pantaloni fino alle caviglie.
Aveva voglia di torturarlo ancora un po'.
Si avvicinò alla sua erezione, la sfiorò con la lingua e si ritrasse subito, facendolo gemere contrariato.
-Dimmi che cosa mi dai in cambio.-
-Non... fare la... stronza!-
-Dimmelo, Johnny.-
-Tut...tutto quello... ah... che vuoi!-
-Vuoi che te lo prenda in bocca vero?-
-S-sì!-
-Supplicami, Johnny.-
-Ti prego...- rantolò lui passandosi le mani tra i capelli.
-Ti prego cosa?-
-Ti prego, Jess, s-sto impazzendo!-
La ragazza alzò lo sguardo verso di lui, che si mordeva le labbra ansimando. Era dannatamente bello quando era eccitato.
Socchiuse la bocca e si chinò sopra il suo sesso, succhiando la punta e leccandolo per tutta la lunghezza.
Sentiva i suoi gemiti sempre più forti e cominciò a pompare più di prima, facendolo quasi urlare.
All'improvviso lui la afferrò per le spalle e la fece staccare.
-Che fai?-
-Ti s-stavo per venire in... bocca...-
Jess sorrise e si riabbassò a riprenderlo in bocca, ricominciando subito a succhiare, finchè lui non esplose in un urlo e si riaccasciò contro lo schienale del divano, ansimando.
Jess sputò in un fazzoletto trovato per terra senza farsi vedere, non voleva che lui se la prendesse, in fondo l'aveva fermata apposta.
-Ehi.- la chiamò Johnny.
Jess lo guardò: con il viso e il petto arrossati, con il fiatone e sudato... era così che avrebbe voluto vederlo ogni giorno.
-Vieni qui con me.-
Lei si alzò e si sedette di fianco a lui, appoggiandosi contro il suo petto.
-Non ci devo provare mai più, mi farai venire seri problemi mentali se fai questi giochetti.- sospirò Johnny abbandonando la testa all'indietro.
-Non ti è piaciuto?-
-Stavo impazzendo, non sai che sforzo ho fatto per fermarti... è stato fantastico.-
Lei gli baciò il collo e tornò a percorrergli il petto con in dito.
-Hai detto che avresti fatto tutto ciò che volevo.-
-Che cosa vuoi allora?-
-Voglio stare qui.-
Lui rialzò la testa.
-Te l'ho detto che ti ospito io.-
-No, voglio stare con te.-
-Certo, certo che starai qui con me. Per sempre.-

Quella sera stavano mangiando della pizza di dubbia provenienza, come al solito Johnny si divertiva a punzecchiare Nancy, facendo arrabbiare Sid che la difendeva a prescindere.
-Fate schifo, sul serio.-
-Piantala Rotten, che ti ha fatto?- sbuffò Jess.
-Come cosa mi hanno fatto?! Stanno praticamente scopando davanti a me!-
Jess stava veramente per esplodere.
-Smettila, sei esagerato a fare tutte queste scene per qualche bacio!-
-Taci Nancy, ritorna a infilargli la lingua in bocca!-
-Non mi è sembrato che ti fosse dispiaciuto infilarmi qualcosa in bocca, oggi pomeriggio!- sbottò Jess.
Tutti si voltarono all'istante a fissarla. Johnny era sconvolto.
-Lo sapevo che scopavate, voi due. Ma devi veramente avere del coraggio, Jess.- mormorò Sid, storcendo il naso.


Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Irish Boy ***


Da come Johnny la guardava, Jess era sicura che avrebbe voluto ammazzarla.
Lui, Nancy e Sid stavano urlando da dieci minuti buoni a causa di quello che aveva detto.
Lei era scappata in cucina, cercando di non ascoltare le loro grida.
Vide Johnny alzarsi e raggiungerla, lui le afferrò la mano e la trascinò fuori, sbattendosi dietro la porta.

-Johnny!- lo chiamò con le lacrime agli occhi, tirando la mano verso di sè e facendolo girare.
Lui la guardò e non riuscì a trattenere un sospiro, si passò una mano tra i capelli e le accarezzò un braccio.
-Andiamo, facciamo un giro così mi passa.- disse cercando di apparire rassicurante.
Jess lo scrutò: era teso, si vedeva che si sforzava di mantenere la calma.
Annuì e lo seguì.

-Dove stiamo andando?-
-Hai freddo?-
-Sì, ma non importa. Perchè non mi rispondi?-
-Tieni.-
Johnny si tolse la giacca e gliela porse, senza rallentare il passo.
Jess sospirò e la prese, per poi infilarsela.
-Grazie.-
-Dammi la mano.-
Johnny si girò appena per prendergliela e sul suo volto apparse un sorriso mesto.
-Smettila!-
Lui si voltò verso di lei, sorpreso.
-Smettila di essere così gentile, tu non sei mai gentile! Non mi avresti preso mai per mano in strada, mi avresti urlato contro perchè tu sei arrabbiato! Lo sei e non devi nasconderlo!-
-Non vedo perchè dovrei prendermela con te, Jess.-
-Perchè ho detto quella cosa!-
Lui rise, facendola innervosire non poco.
-Tu credi che abbia fatto quella sfuriata per quello?-
-E perchè allora?!-
-Devo essere sicuro che non tornino a casa mia per un po'.-
-Cos... Tu... Tu sei matto! Hai litigato con il tuo migliore amico solo perchè non lo vuoi per casa?!-
-Non è che non lo voglia per casa, è solo che non sarebbe salutare averlo in giro, ora come ora.-
-Che intendi?-
-Ancora qualche isolato e lo saprai.-

Jess si era improvvisamente ritrovata nei quartieri irlandesi di Londra.
Una distesa di case popolari, accerchiate da strade sporche con i lampioni bruciati ai lati, ubriaconi per terra e vetrine sfondate. Le persone che camminavano per strada guardavano male lei, ed ignoravano Johnny.
-Che ci facciamo qui?-
Johnny si fermò ed indicò una porta.
-Questa è casa mia. Sono cresciuto qui... cazzo, era una vera merda, i miei sono poveri e non avevo nemmeno i vestiti, praticamente. Un casino di fratelli e una sola camera da letto... che infanzia di merda.-
Jess si strinse a lui, provando ad immaginarselo da piccolo, ma quello che le riusciva era un mini-Rotten sporco di sugo.
Johnny bussò ed aprì la porta, entrando all'interno con la ragazza. C'era odore di brodo e minestra, e faceva caldo.
Una ragazzina all'ingresso li guardò stranita.
-MAMMAAA! E' tornato John!- urlò rivolta verso quella che doveva essere la cucina.
Una donna accorse, era una figura minuta,
dai capelli rossi, proprio come la ragazzina,ed aveva le lentiggini, sorrideva stanca aggiustandosi il maglione sgualcito.
Guardò Johnny con gli occhi lucidi ed ammirati e si portò una mano alla bocca.
-Johnny, come sei cresciuto, tesoro...-
-Smettila mamma, non sono un bambino...- sbuffò lui. Jess avrebbe veramente voluto tirargli uno schiaffo, ma si limitò a dargli un colpetto sulla schiena.
-Chi è questa signorina?-
-Mi chiamo Jessica Benson, signora. Piacere di conoscerla.- si presenò Jess, porgendole la mano, che la signora strinse con calore.
-E' la tua ragazza, John?-
-Cristo mamma, non...-
-In questo periodo è peggio di una vecchia bisbetica, signora.- lo zittì Jess, incapace di sopportare lo sguardo mortificato della donna. -Comunque, in un certo senso direi dì sì, sono la sua ragazza. Anche se tecnicamente dovrebbe essere lui a dirmelo.-
-Non ti ci mettere anche tu, tesoro.- le sibilò Johnny.
Sul volto della signora apparse un largo sorriso.
-Lo dicevo che un giorno avresti incontrato una bella ragazza onesta, John. Oh, Jessica, stai facendo avverare il sogno di una povera madre! E chiamami pure Molly, cara.-
Johnny sospirò e sorrise, scuotendo la testa.
-Lo sai, Jessica, che da piccolo anche lui aveva i capelli rossi come i suoi fratelli? Era un bambino così bello, è un vero peccato che se li tinga dei colori più disparati... di arancione poi! Era il fratello maggiore ma era il più vivace, lo chiamavo "il mio Irish Boy"... Purtroppo a scuola aveva dei problemi per via delle sue origini irlandesi, qui a Londra non ci vedono molto bene...-
-I miei compagni mi prendevano in giro anche perchè i miei vestiti erano così vecchi che dovevo usare le spille per tenerli insieme, mamma! Non puoi dare la colpa all'Irlanda per ciò che tu hai fatto!- sbottò Johnny, lasciando interdetta la madre.
-Johnny!- lo riprese Jess, tirandogli un braccio.
-No, no, ha ragione cara. Ma non poevo farci niente, di soldi non ne avevamo.-
-I soldi finivano nel bicchiere di papà, ecco dove finivano!-
-John Lydon, non ti permetto di parlare così di tuo padre! Erano tempi difficili, dannazione! Quando niente va per il verso giusto è facile avvilirsi e cedere ai vizi, non gliene devi fare una colpa!-
-Lascia stare, tanto non lo ammetterai mai che ho ragione.-
La donna sembrò volnerabile ed affranta e Jess si sentì un mostro a stare lì senza far niente, ma non poteva che pensarla come Johnny, se ciò che aveva detto era vero.
-Su mamma, lasciamo perdere ok? Possiamo entrare?-
La signora sorrise al figlio, rivedendolo da piccolo.

Molly li aveva fati accomodare sul divano, ma Johnny era rimasto in piedi per tutto il tempo, girando per casa.
-Ehi, John!- lo salutò un ragazzino, sempre coi capelli rossi, dall'ingresso, richiudendo la porta.
Si bloccò quando vide Jess, che se ne stava seduta sul divano, terribilmente a disagio.
-Jess, lui è Peter, mio fratello.-
-Piacere...-
Peter avvampò e corse su per le scale.
-Timido...- mormorò Jess, stupita da quella reazione.
Johnny le passò davanti e lei lo afferrò per un braccio, così lui le si sedette di fianco.
-C'è qualcosa che dovrei sapere, John?-
-Se mi chiami così mi eccito.- le sibilò all'orecchio, e Jess lo spinse via.
-Parlo seriamente.-
-Vediamo... Ho altri quattro fratelli, oltre a Peter e a Rosie, quella di prima. Tre maschi ed una femmina. Norma, Paul, Graham e Jeremy. Norma e Graham hanno qualche anno in meno di me, vivono a Bristol, dai nonni, Paul a quest'ora starà lavorando alla farmacia, ha sempre il turno di notte, e Jeremy è il più piccolo, ha cinque anni. E mio padre, boh, starà chiudendo il negozio.-
-Perchè siamo qui?-
Johnny si passò una mano dietro al collo, sbuffando. Non sapeva come dirglielo.
-Diciamo che... i miei hanno dei problemi economici, e mi hanno chiesto se potevo tenere Jeremy per un po'...- le spiegò.
In quel momento si sentirono dei rumori dalle scale, e comparvero Molly ed un bambino.
Aveva anche lui i capelli rossi, ed era identico a Johnny, tanto che Jess rimase a bocca aperta.
-Johnny!- stirllò il piccolo, correndo incontro al fratello.
-Ciao, Jerry. Allora, mamma, le sue cose?-
La donna gli porse un borsone, ma lo prese Jess.
Jerry guardava assorto la ragazza, e suo fratello lo scosse.
-Che fai, ti sei incantato? Saluta mà.-
Gli diede una spintarella ed il bambino corse ad abbracciare la madre.
-Fai il bravo con John, mi raccomando! E non fare i capricci! E tu, John, non farlo stare alzato fino a tardi!-
Johnny sbuffò alzando gli occhi al cielo.
La porta si aprì, ed entrò un uomo robusto. Anche lui rosso.
Nell'intera casa calò un silenzio tombale. Molly guardava nervosa prima il marito e poi il figlio, che si fissavano cupi.
-John.-
-Papà.-
-Ogni giorno che passa sei una delusione maggiore. Non solo osi venire qui conciato come un barbone, ma ti porti dietro anche...-
-Non essere troppo duro con lui, in fondo...-
-Taci, nessuno ti ha interpellato, Molly!-
Johnny non riuscì più a trattenersi.
-Puoi pure insultarmi quanto vuoi, ma non provare a farlo con Jess o con mia madre!- urlò, pronto a scagliarsi contro di lui, se non fosse stato per sua madre che gli si parò davanti, con le lacrime agli occhi.
-Ti prego John, non ricominciamo. Prendi Jeremy e vai.-
Jess si alzò in piedi, gli toccò con la mano una spalla e si avvicinò a Jeremy, che piangeva spaventato in silenzio.
-Vieni, piccolo. Adesso andiamo a casa di tuo fratello, ok?-
Lo prese delicatamente in braccio e raggiunse John, che afferrò il borsone, ed uscirono sotto lo sguardo pesante del signor Lydon.
Il piccolo stava ancora piangendo, con il visino nascosto nell'incavo del collo di Jess.
Quano si furono allontanati abbastanza dalla casa, John rallentò e ricominciò a camminare di fianco a loro, accendendosi una sigaretta.
-Jerry... Smettila di piangere, non è successo niente. Hai già cenato?-
Jeremy annuì, appoggiando il mento sulla spalla di Jess e guardando il suo fratellone.
-Bene... Jess, vuoi che lo porto io?-
La ragazza glielo passò, con le braccia indolenzite.
-Il borsone lo tengo io, sei stanca. Ancora un po' e siamo a casa.-
Jess si appoggiò alla sua spalla e sbadigliò.
-Ho voglia di dormire con te.- le sussurrò all'orecchio.
Si incamminarono di nuovo, lei attaccata al suo braccio e lui con suo fratello stretto a collo.

-Aaah, finalmente.- sospirò Johnny stendendosi sul letto.
Quando erano tornati a casa, come previsto, Sid e Nancy non c'erano.
Jeremy si era già addormentato, gli avevano messo il pigiama e lo avevano sistemato nel divano-letto in salotto, che era il letto più intero della casa.
Jess si spogliò e gli si sedette di fianco, facendo finta di non essersi accorta delle occhiate che lui gli lanciava.
-Allora? Intendi ignorarmi ancora per molto?- le chiese con voce suadente, infilandole una mano nell'incavo dietro al ginocchio e tirando verso il suo fianco, sistemandosela sopra.
-Johnny, fermo, aspetta! Fammi scendere!-
Lui si tirò su a sedere.
-Cosa c'è? Non ti va?-
-C'è un bambino di là.-
Johnny riacquistò all'improvviso la sua solita, fastidiosa ironia.
-Oh beh, suppongo di sì..-
-Mmmh, adesso ti riconosco!-
Jess si chinò a baciarlo, mentre lui le slacciava il reggiseno, ma la porta si spalancò e lei si buttò sul letto a coprirsi con le lenzuola, imbarazzata.
Johnny accavallò le gambe per evitare che Jerry, in piedi sulla soglia, vedesse cose che non avrebbe dovuto vedere.
I due cercarono di apparire il più possibile normali e calmi, ma non era facile, essendo lei mezza nuda e lui eccitato.
-Je...Jerry, c-che ci fai qui?-
-Ho paura!-
-Di cosa?-
-Di stare da solo nel buio! Posso dormire con te nel lettone, Johnny?-
Johnny si passò nervoso una mano tra i capelli e sospirò, guardando Jess con desiderio. Lei sospirò ed annuì.
-Certo, vieni qui... ma solo per questa vola, per carità!-
Jeremy si infilò sotto le lezuola, Johnny riallacciò di nascosto il reggiseno a Jess e i due si sistemarono nel letto, con il piccolo in mezzo.
Prima di stendersi la ragazza baciò Johnny.
-Buona notte Irish Boy.-

D: sono ancora viva!
Ci tenevo a precisare alcune cose: io non so assolutamente niente della famiglia Lydon, se non che ha origini irlandesi e che, tecnicamente, i signori Lydon avevano solo cinque figli, di cui John è il maggiore, ma ho dovuto aggiungerne qualcuno per poter ''arrivare'' a Jeremy: mi sembra strano che una coppia faccia cinque figli tutti di seguito e poi, con uno stacco di quasi dieci anni, ne faccia un altro, quindi a John, Norma, Graham, Paul e Peter ho aggiunto Rosie e, quindi, Jeremy.
Spero che il mio ragionamento fili, altrimenti ditemelo pure :D
Al prossimo capitolo, ed ovviamente un grazie enormissimo a chi legge e recensisce!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Oh, come on! ***


Attenzione: capitolo rivisto
Perdonate l'errore, ho confuso Paul con Steve!
Ho risistemato tutto... mi scuso ancora!


-Non ci posso credere, veramente.-
-Che c'è?- sbadigliò Jess aprendo gli occhi controvoglia, nonostante fosse sveglia già da un po'.
-Quel piccolo mostro. Ha bagnato il letto.-
-Che schifo... dov'è andato a finire?-
-E' di là che mangia. Alzati, dai. Non è un hotel questo.-
-Perchè mi devi rompere anche la mattina, Johnny?-
-Oh, beh, allora stia pure lì, milady. Vuole la colazione a letto? E magari un bel bagno caldo? Alzati!-
Jess gli tirò addosso un cuscino e si coprì la testa con l'altro, perchè la luce e tutto quel movimento le causavano fitte alla testa.
-Sto male, Johnny, non puoi evitare di fare lo stronzo per cinque minuti?-
-Non stai male, smettila. Io porto Jeremy a scuola, tu fà quel che vuoi.-
Jess sentì da sotto il cuscino la porta della camera sbattere e poco dopo sentì richiudersi anche quella dell'ingresso.
Maledizione.
Si sentiva un vero schifo... non solo per il mal di testa, nè per le lenzuola bagnate di piscio che si erano attaccate come una seconda pelle alla sua gamba, ma per colpa di Johnny.
"Stupido stronzo..."
In fondo non aveva chieso niente di esagerato, voleva solo stare a letto! Era lui che si era incazzato per niente.
Lui aveva torto, questo era più che chiaro.
Eppure Jess continuava a sentirsi uno schifo.
Alzò gli occhi al cielo e maledisse quello stupido irlandese.
Avrebbe dovuto inventarsi qualcosa per rimediare.
 
Cazzo, se aveva freddo.
Stava congelando, e aveva sicuramente le labbra viola e le punte delle dita bianche, perchè tirava un vento gelido.
Ma non uno di quelli londinesi a cui era abituato, no, uno di quelli stronzi che ti entrano dentro fino alle ossa e te le immobilizzano.
Il tipico freddo che ammazza i barboni, per dire.
Meno male che quella mattina non aveva niente di bagnato addosso, nemmeno i capelli... accidenti alla sua mania di non asciugarsi mai, prima o poi lo avrebbe ucciso.
Proprio come quella stupida yankee, che era capace di farlo incazzare solo respirando.
A volte non riusciva a contenersi, vero, ma lei mandava a puttane tutto il suo autocontrollo. E, Dio, quelle gambe...
"Macchè gambe, quella mi sta fottendo!"
Arrivò alla porta e girò la maniglia, aprendola.
Pensò di aver sbagliato casa: non la riconosceva.
-Che cazzo è successo qui?-
Oh, lei, era stata lei!
-Jess! Dove cazzo sei?!-
-Sono qui, non urlare.-
La ragazza uscì dal bagno, con addosso solo una maglietta.
-Che diavolo hai fatto?- chiese Johnny, senza però riuscire a mantenere un tono arrabbiato per via dellle sue gambe.
-Ho messo un po' a posto. Spogliati, per favore.-
-Andiamo dritti al sodo, eh?-
-No, sto lavando i vestiti sporchi. Quelli ce li avevi su la prima volta che ti ho visto.-
Per la prima volta a Johnny dispiacque veramente di non aver ragione. Il bucato. Stupida yankee, sapeva benissimo che effetto le sue gambe avevano su di lui. E lo torturava per un bucato.
Si sfilò il chiodo e si levò la maglietta, e Jess gli passò di fianco, afferrandoli.
-Anche i pantaloni.-
Johnny se li tolse e glieli porse.
-Grazie.-
Jess fece dietrofront e sparì di nuovo in bagno, lasciandolo basito.
-Valle a capire, le donne. Fuori di testa.-
Si buttò sul divano e si accese una sigaretta, deciso a fregarsene.
Jess aprì la porta del bagno e si sporse fuori.
-Vieni?-
-Perchè? Non mi metterò a lavare i vestiti, se è questo che...-
-Non ti voglio far lavare niente, vieni e basta.-
Johnny sbuffò, seccato, e la raggiunse in bagno.
Nel lavandino, a mollo nell'acqua già sporca, c'erano le sue magliette.
Jess gli sfilò dalle labbra la sigaretta, tirò una boccata e la tirò nel gabinetto, soffiando via il fumo.
Gli circondò il collo con le braccia e lo baciò, spingendolo all'indietro, sotto il getto caldo della doccia.
-Perchè sorridi, yankee? Hai in mente un altro giochetto?-
La ragazza si staccò bruscamente, e il vapore investì Johnny facendolo tossire.
-No, ho finalmente trovato il modo di farti fare una doccia.-
Jess uscì in fretta dalla doccia e richiuse la porta della cabina, lasciando Johnny ad imprecare sotto l'acqua, con il sapone che usava come gel che gli colava giù per il collo e creava bolle giallastre.
-Starò qui a controllarti, Rotten. Ti guiderò passo per passo, così ti rinfreschi la memoria su come ci si lava. Comincia con il toglierti le mutande.-
Lui la fulminò attraverso il vetro appannato e, rassegnato, se le sfilò, lanciandole fuori dalla cabina.
-Ma che bello spettacolo!- osservò Jess, facendogli fare una smorfia che somigliava vagamente ad un sorriso. Vagamente.
-Tu invece con la mia maglietta addosso sembri Linda dopo cinque clienti.-
-Detto da te è un complimento, idiota. Guarda che sei messo peggio di me, sei marcio. Ti stanno crescendo le alghe addosso.-
-Forse sei troppo yankee per saperlo, ma un punk non...-
Ignorandolo, Jess si alzò e si tolse la maglietta bagnata, avvolgendosi in un asciugamano, e fece per uscire.
-Ti aspetto di là. Se fai come ti ho detto potrei anche pensare di premiarti, Rotten.- la sentì dire, prima che la porta si richiudesse.
Johnny sputò il sapone che gli colava in bocca, scocciato.
"Che doccia sia."
 
Steve aveva una grande voglia di prendere a cazzotti quello stronzo di Rotten.
Primo, perchè gli aveva soffiato l'americana, ma forse gli aveva fatto un favore, perchè se la tipa aveva preferito il rosso ad uno come lui, allora doveva avere seri problemi. Ad ogni modo, gli aveva fregato una ragazza.
Secondo, perchè l'aveva spinto per terra, dando al gestore del supermercato un buon motivo per chiamare la polizia, e per questo aveva dovuto correre per quattro isolati per scappare dai fottuti poliziotti che lo volevano arrestare.
Terzo, perchè era un grandissimo stronzo.
Entrò nel palazzo e salì in fretta le scale, attraversò il pianerottolo e spalancò la porta.
Era sul divano e stava scopando con l'americana, che si tirò su di scatto, cercando di coprirsi con un cuscino.
-Che cazzo ci fai qui Jones? Porta subito il tuo culo fuori da qui!- gli urlò Johnny, furente per l'interruzione, riallacciandosi i pantaloni.
-Che cazzo ci faccio qui?! Sono quasi stato arrestato, cazzo! Per colpa tua, cazzone che non sei altro!-
Il rosso scattò in piedi, ma Steve gli si gettò addosso, cominciando a riempirlo di pugni.
Jess cercò di dividerli, tirando Steve all'indietro, ma lui si divincolò e ritornò a picchiare Johnny, che gli teneva testa testardamente.
-Fermi! Smettetela subito!-
 
Meno di un quarto d'ora dopo erano seduti sul divano a contarsi i lividi, mentre Jess fasciava il braccio a Johnny.
Steve si teneva una bottiglia di birra fredda sul labbro spaccato e riaccattava i pezzi dell'orologio da polso che si erano sparsi sul pavimento.
-Siete due perfetti idioti. Uno più stupido dell'altro. Peggio dei bambini.- mormorava Jess, seccata.
-Ahia! Mi fai male cazzo!- sbottò Johnny sussultando.
-Vuoi fasciartelo da solo allora?! Stai fermo! Steve, passami quella cazzo di garza.-
-Agli ordini.- sbuffò Steve porgendogliela.
Jess finì di fasciare il braccio e cominciò a tamponare il sopracciglio di Johnny, che non aveva ancora smesso di sanguinare.
-Se ci provi un'altra volta ti ammazzo, Steve. Guarda che disastro, adesso devo fargli da infermiera e dovrò sistemare tutto io.-
-Oh beh scusami, la prossima volta chiamerò e prenderò appuntamento, così sarai organizzata. E poi scusami, ma anche io sono conciato male! Perchè ti preoccupi solo per lui?-
-Perchè lui non è piombato qui...-
-Nel momento meno adatto.- puntualizzò Johnny, levando la mano di Jess dalla propria fronte.
-...anche, ma non intendevo proprio quello. E' che hai cominciato tu la rissa, Steve.-
-Sono sicuro che mi daresti ragione se anche io venissi a letto con te.-
Johnny sogghignò, compiaciuto.
-Cos'è questo odore... sapone? Chi si è fatto la doccia?-
-Lei!- sbottò Johnny, schiacciandosi contro il bracciolo del divano.
-Credevo avessi più spirito punk, tesoro.-
-Oh, ma smettetela!- sbuffò Jess, alzandosi e sparendo in bagno.
 

Adesso potete pure uccidermi!
Scusate per questo aggiornamento così in ritardo, ma veramente ho gli impegni alle calcagna e io non corro molto veloce...
Spero di riuscire a postare i capitoli più presto, la prossima volta!
Adiòs!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** School tragedy ***


Jess rideva.
Rideva come una matta, e questo lo stupiva.
Lui non ci trovava proprio niente da ridere, in quella vita; nemmeno da stare allegri.
Però lei rideva, e questo voleva dire che era felice.
Se lo sentiva nelle ossa, nella testa: non poteva dare la colpa al fatto che fosse donna, questa volta.
Poteva usare questa scusa per la sua ossessione per il pulito, per la sua voglia di divertirsi, anche per la sua ninfomania in un certo senso, ma non per la sua felicità.
-Si può sapere che cos'hai da ridere?-
La ragazza si fermò, girandosi a guardarlo con i suoi occhi grandi circondati da una spessa linea di matita nera.
-Ma tu non sorridi mai, John Lydon?-
Gli ricordava una bambina della sua scuola, di quando era ancora piccolo.
Quella bambina non aveva i tacchi a spillo, il chiodo e la minigonna, ma John aveva provato per lei la stessa cosa che adesso provava per Jess.
Certo, quello di tanti anni prima era un sentimento ridotto in scala, per via del cuoricino che aveva da bambino, una specie di cotta, importante ma timida (non si sarebbe mai sognato di toccarla, come adesso voleva toccare Jess).
Quella bambina sembrava avere schifo di lui, ma una volta erano rimasti da soli e lei gli aveva sorriso.
John era rimasto imbronciato, e l'aveva offesa.
-Ma tu non sorridi mai, John Lydon?!- gli aveva detto con una smorfia, correndo via.
Era stato difficile sorridere durante la sua infanzia, aveva come disimparato a farlo.
Era ancora in grado di fare un sorriso provocatorio, o uno sarcastico, o uno da pazzo, ma uno vero no.
O almeno non pensava. Non è che ci avesse provato granché.

-Va tutto bene?-
La voce di Jess lo richiamò dai ricordi e lo riportò in quella strada bagnata di Londra, dove lo stavano aspettando il suo amico e la sua ragazza.
Dopo tutto la vita non era stata così crudele con lui.
Aveva avuto un'infanzia di merda, era quasi morto, era povero, brutto, stupido e bastardo.
Ma aveva degli amici, dei fans addirittura, e, cosa più importante, aveva Jess, quella yankee fuori di testa, che era una delle cose più importanti che gli erano capitate fino ad ora.
-Sì, va tutto bene, yankee.-
Jess gli sorrise e quando le fu accanto lo prese per mano.
-Mio Dio Rotten!- scoppiò Steve, incredulo. -Che diavolo ti è successo?! E' colpa tua, americana! Gli hai fottuto il cervello!-
Johnny sbuffò, terribilmente seccato.
-Steve, forse è meglio se stai fuori, eh. Torniamo subito, appena prendiamo Jeremy.-

-Ma che cazz... Ehi! No! Aspettate cazzo!-
Ma i due erano già spariti all'interno della scuola.

Jeremy era stato silenzioso ed imbronciato per tutto il tempo, e durante l'intervallo era rimasto in classe.
I suoi compagni, stufi, lo avevano lasciato perdere.
Quando la campanella suonò il cuore cominciò a battergli forte: era terrorizzato.
Si avvicinò in fretta alla maestra.
-Miss Jane, posso rimanere ancora un po'?-
La giovane donna rimase sorpresa.
-E per quale motivo, Jeremy?-
Il piccolo si imbronciò, imbarazzato, e picchiettò le dita sulla cattedra.
-Non fa niente, Miss Jane.-
-Allora a domani.-
Miss Jane prese la borsa, il registro ed uscì dall'aula sotto lo sguardo pensieroso di Jeremy.
Sulla porta erano rimasti alcuni bambini, che lo aspettavano, e salutarono la maestra in coro.
-Muoviti Jerry!-
Jeremy si mise la cartella in spalla e li raggiunse senza fretta, sperando di ritardare l'entrata nella hall.
Come temeva, c'era suo fratello. Tutta la gente lo guardava male, parlottando, le mamme allontanavano i figli quando vedevano che gli passavano accanto.
La madre di Ben lo fermò, con un sorriso che gli faceva intuire che non avesse ancora notato Johnny.
-Ciao tesoro! La mamma non è ancora venuta?-
Jeremy abbassò gli occhi, rosso in viso.
-No...- mormorò. -Oggi mi è venuto a prendere mio fratello.-
La signora Yard di girò, cercando Peter per tutta la sala.
Solo quando si bloccò e portò una mano alla bocca Jeremy fu sicuro che avesse visto John e la sua amica.
Non voleva ascoltare ciò che la signora gli stava per dire, fingendo di sorridere, e corse da suo fratello.
-Ciao piccolo!- lo salutò Jess, accarezzandolo. -Com'è andata?-
-Bene.- bofonchiò lui, imbronciato.
Non aveva il coraggio di alzare lo sguardo perché temeva di scoppiare a piangere dalla vergogna.
-Andiamo.- sbuffò Johnny, dandogli una pacca sulla testa.
Voleva ucciderlo. Voleva farlo morire, veramente. Adesso tutti lo avrebbero preso in giro.
Si voltò e vide che i suoi compagni lo fissavano, inespressivi e muti, e li odiò profondamente.
Strappò la mano da quella di suo fratello e corse via, sfregandosi gli occhi ormai in lacrime.
-Dove stai andando?!- gli urlò dietro suo fratello.
"Non gridare! Non gridare stupido!"
Solo quando si fu lasciato la scuola alle spalle si fermò, ansimante, in preda ai singhiozzi.
Lo odiava, lo odiava con tutto se stesso. E odiava anche la mamma, perchè lo aveva lasciato con lui, e i suoi amici, che lo avrebbero scherzato sicuramente, e la maestra che non lo aveva ascoltato.
E odiava tutti quelli che li avevano guardati male, nella hall, tranne suor Benedette, che aveva disperso un gruppetto dei suoi compagni curiosi che lo stavano fissando.
Era così arrabbiato che gli tremavano le mani, e le strinse in un pugno.
Un mano gli afferrò la spalla, facendolo sobbalzare.
-Ehi tu, che ci fai qui?-

Steve li aveva raggiunti, scocciato, ed era rimasto in disparte, avendo inteso lo sguardo di Jess.
-Ma che gli è preso?- sbottò Johnny, sputando per terra.
Jess lo sapeva, lo aveva intuito già da prima che scappasse.
Si vergognava di suo fratello. Povero piccolo, non aveva nemmeno tanto torto.
Doveva essere terribile per un bambino avere intorno adulti come Johnny...
Sentì una terribile stretta allo stomaco, guardando il rosso.
-Forse non è stata una buona idea venirlo a prendere...- azzardò.
-Perchè?-
Non capiva? Sbuffò. Sarebbe stato difficile dirglielo senza farlo incazzare terribilmente.
-Dico che forse... forse non sei proprio quello che un bambino vuole far vedere... della propria famiglia...-
Johnny la fissò per un istante interminabile, prima di voltarle le spalle ed andare via furiosamente.
Jess rimase a guardarlo, scuotendo la testa. Adesso aveva un problema ben peggiore del consolarlo: trovare Jeremy.
-Beh... io vado con lui... Mica che ammazza qualcuno...- si congedò Steve,
-Ok, io vado a cercare Jeremy.-

-Quindi sei arrabbiato per questo... mmmh...-
Jeremy si asciugò le lacrime nel fazzoletto che il ragazzo gli aveva porto, tirato fuori da una delle tante tasche dell'impermeabile.
-Che ne dici se andiamo a cercare tuo fratello?-
-NO!-
-Ok ok, era solo una proposta... Dai torniamo verso la tua scuola, dammi la mano.-
Il bambino gliela strinse, e si incamminarono.
Non avevano ancora girato l'angolo che il ragazzo si scontrò con Jess.
-Mio Dio, Jeremy, dove sei stato?! E questo chi è? Non dovresti dare confidenza agli sconosciuti!- cominciò a farneticare lei, afferrandolo ed abbracciandolo stretto.
-Non sono tanto pericoloso.- ribatté sorridendo lo sconosciuto.
Era vero, quel ragazzo dal sorriso gentile non sembrava assolutamente violento.
Ma Jess era troppo animata da un improvvisato istinto materno per badare a questi dettagli.
-Ma come faccio a sapere che non lo avresti rapito o peggio?!-
-Giusto, giusto... beh io sono Paul.- rise lui porgendole la mano.
-Non mi sembra il momento di stringere amicizia! Comunque, io sono Jess. E lui,- indicò Jeremy, che la guardava innocentemente. -Lui è nei guai fino al collo.-
-John si è arrabbiato?-
-Arrabbiato è dire poco...- bisbigliò lei.
-Paul, posso venire a casa tua? Ho paura che mio fratello mi picchia.-
Paul scoppiò a ridere, e Jess rimase sconvolta.
-Non dire sciocchezze! Johnny non ti... Mio Dio sarà pure un idiota irascibile ed arrogante ma non alzerebbe mai un dito su di te!-
-Oh Cristo, stiamo parlando dello stesso Johnny? Quel John Lydon?-
-Johnny Rotten?-
-Proprio lui!-
-L'hai capito dall'idiota irascibile ed arrogante, vero?-
Paul scoppiò a ridere, seguito da Jess.
-Come fai a conoscerlo?-
-Oh Dio, lo adoro! Cazzo, mi detesta, ha cercato di mandarmi all'ospedale almeno quattro volte! Dice che il mio gruppo gli fa schifo... sinceramente a me i Sex Pistols non dispiacciono tanto... se non fosse che ad ogni concerto c'è una doccia di sputi...-
Jeremy era alquanto scioccato. Sex Pistols? Ospedale? Sputi?
-Ma no piccolo sto scherzando, sto scherzando!- tentò di rimediare Paul, accorgendosi del suo sguardo.
-Jessica voglio andare con lui!-
-Ma... non puoi invitarti da solo, e poi... immagino che Paul avrà altro da fare...-
-Eh sì, mi dispiace piccolo.-
Jeremy nascose il faccino nella maglietta di Jess, arrabbiato.
Il ragazzo si allontanò salutando.
-Beh, vi saluto. Di' a Johnny che lo saluta Paul Simonon dei Clash, eh!-

-Johnny.- lo chiamò Jess, sulla soglia della camera da letto.
-Cosa vuoi?-
La sua voce era roca, incrinata.
Riusciva a stento a distinguere il suo profilo, nel buio della stanza.
Jess richiuse la porta, senza accendere la luce, e gli si sedette dietro, sul letto, accarezzandogli la schiena.
-Mi dispiace, Johnny. Non volevo.-
-Credi che mi diverta? La mia famiglia si vergogna di me, anche mio fratello che non ha neanche sette anni si vergogna di me... come credi ci si senta?-
-Mi dispiace tanto...-
Johnny appoggiò la testa sulla sua spalla, e lei gli baciò la fronte.
-Non è colpa tua. Sono io. Sono io che sono sbagliato.-
-No, non è vero. Che si fotta, la tua famiglia, se ti fa stare così male.-
-La fai facile...-
Jess ebbe paura di essere stata troppo schietta, e gli accarezzò i capelli.
-Intendevo dire... che non importa quello che pensano loro.-
-Tu ti vergogni di me?-
Lei lo strinse forte.
-No. Non mi vergognerò mai di te. Sei il mio Irish Boy, no?-
Johnny la baciò, aveva bisogno di lei, di staccare da quel mondo schifoso per un po'.

Jeremy si rigirò sul divano, abbandonando i compiti.
Era dispiaciuto per aver fatto star male suo fratello.
Provò ad immaginare come si sarebbe arrabbiato quando avrebbe scoperto che a Jess piaceva Paul.
Non vedeva l'ora che i due si fidanzassero, loro due, così da quel momento sarebbe stato lui a venirlo a prendere a scuola, non suo fratello.
Si tirò su, prese un foglio e le matite colorate, e cominciò a disegnare.

Oooohmiodio come adoro Paul * _ *
Mmmmh, ho l'impressione di averlo fatto un po' troppo good boy qui, che dite?
E sì, Jeremy qui è uno stronzetto. Si sa, i bambini sono crudeli -esperienze personali-
Scusate se i miei aggiornamenti avvengono un po' alla *****, ma non posso farci niente...
Beh, che dire?
Spero che questo capitolo superlunghissimo non vi abbia annoiati!
Ringrazio tutti tuttissimi, dal primo all'ultimo!

Hope to see you again, guys! :D

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Bad Things Happen ***


Johnny guardava annoiato la televisione mentre Jess leggeva i testi che aveva scritto con Steve, commentando ogni tanto le parole.
Davanti a loro, Jeremy disegnava con i pastelli consumati sul tavolino basso dove suo fratello aveva appoggiato i piedi.
-Guarda, Jess, questa sei tu!- esclamò orgoglioso mostrandole il disegno.
La ragazza prese in mano il foglio, ed osservò le due figure con un sorriso.
C'era una ragazza coi capelli lunghi e un vestito viola, mano nella mano ad un ragazzo dai capelli dello stesso colore del tronco dell'albero.
Marrone... Jeremy aveva disegnato un ragazzo coi capelli marroni, quindi castano.
Come se le avesse letto nella mente, Jeremy indicò la faccia sorridente del ragazzo.
-Questo è Paul.- disse, con un'innocenza tale che Jess si stupì che non avesse previsto il putiferio che aveva appena scatenato.
Infatti John le strappò il foglio di mano e guardò le due figure con una smorfia, che presto divenne un'espressione furiosa.
-Paul? Quale Paul, Jess?- chiese, con una voce fin troppo calma.
Jessica rimase in silenzio, pregandolo con gli occhi di non continuare quello che aveva appena cominciato.
-Non rispondi? ...Jeremy?-
Si voltò verso il fratello, con la mascella contratta e i pugni che stropicciavano la carta.
-E' il fidanzato di Jess.- rispose il bambino.
-Ah sì? E quando si sono conosciuti?-
Jess lo osservava atterrita. Nella sua voce c'era qualcosa di innaturale, come se stesse per esplodere ma si trattenesse, qualcosa che le metteva i brividi.
-Oggi.-
-E sono già fidanzati, dici? Come mai?-
-Smettila John.- bisbigliò lei, senza respiro.
Tentò di prenderlo per un braccio ma lui le scostò bruscamente la mano.
-A Jess piace Paul!- cantilenò Jerry, divertito dalla possibilità di far arrabbiare suo fratello.
-Ora basta Jeremy, vai a comprarti un gelato, vuoi? Tieni un po' di soldi. Vai, prima che finiscano.-
Il bambino prese le banconote dalla mano di Jess, che era intervenuta sperando di riuscire a salvare almeno il piccolo dalla sfuriata che stava per fare Johnny.
Appena Jerry richiuse la porta dietro di sé, Jessica si sentì spingere contro il divano.
-Cosa vuol dire?-
John fremeva di rabbia, con le mani sullo schienale appena sopra le spalle di lei, come per non farla scappare.
-Niente! Ho solo incontrato...-
-Non... mentirmi!- scandì con rabbia lui, stringendo nei pugni i pezzi stracciati del disegno.
-Non lo sto facendo.- ribatté con calma Jess, tentando di farlo ragionare. -L'ho solo incontrato, John. Jeremy in quel momento era arrabbiato con te, e ha frainteso tutto.-
-Lui è un bambino, i bambini non mentono mai!- ringhiò John, colpendo forte lo schienale con un pugno, a pochi centimetri dal viso di Jess. -Gli adulti lo fanno!-
Jessica ansimò, con il cuore che batteva a mille.
-Johnny mi spaventi.-
-Non sei la prima che mi tradisce, non pensare di potermi fregare così facilmente!-
-Smettila, mi stai facendo paura!-
-Come si chiama? Dimmi come si chiama!-
Jess si sentì gli occhi bruciare e si coprì il viso con le mani. John le afferrò i polsi e li strattonò, voleva guardarla negli occhi.
-Smettila!- singhiozzò lei, invano.
-Non mentirmi!-
-Non lo sto facendo, è la verità!-
John si sentì ancora più infuriato, perchè sembrava così sincera, sebbene lui fosse certo che stava mentendo.
-Allora da dove lo ha tirato fuori Paul?! Se l'è inventato? Dimmelo!-
-Ci ho solo parlato, te lo giuro!-
Ora era praticamente addosso a lei, e la stringeva per le braccia schiacciandola contro contro il divano.
Jess ammutolì e chinò la testa, piangendo a dirotto. Avrebbe voluto urlare e dibattersi e scalciarlo via, ma non ne avrebbe avuto la forza nè il coraggio, visto quando era spaventata.
Johnny la guardò, e una sensazione di rimorso misto a rabbia lo assalì, costringendolo ad allentare la presa e a scostarsi. Odiava vederla piangere, lo faceva sentire uno schifo, e sentirsi uno schifo lo faceva incazzare.
Si alzò e le lasciò i polsi, e se ne andò senza voltarsi.
Solo quando si fu richiuso dietro la posta, Jess riuscì a rilassare i muscoli e a riprendere a respirare, sebbene ogni boccata fosse rotta dai singhiozzi.
Si strinse le ginocchia al petto e ci appoggiò la fronte, ed aspettò che il suo battito tornasse regolare.
Cercò di non pensare a niente, e si concentrò sul pulsare nel suo petto.
Rimase così, immobile, finchè il bussare alla porta non la scosse.
Si alzò, traballante, ed andò ad aprire: si trovò davanti una vecchia signora, avvolta in una vecchia vestaglia rosa scolorita.
-Avete finito di fare chiasso?-
Aveva una voce sgradevole, acuta e gracchiante, e il suo tono era tutt'altro che cortese. Aveva un forte accento straniero.
-Scusi...-
L'espressione della signora si addolcì, dopo che ebbe guardato meglio la ragazza.
-Cosa ti è successo, cara? Hai dei graffi sulle braccia e devi aver pianto.-
-N-niente...- mentì Jess, cercando più di convincere se stessa che la vicina.
-Problemi con il ragazzo?- insistette la signora.
-Non vedo come possa interessarla.- rispose secca lei.
Sentì subito una fitta al petto, e maledisse il suo stupido senso di colpa.
-Mi dispiace, non intendevo... essere scortese...- si affrettò a dire, e la signora accennò un sorriso comprensivo.
-Posso invitarti a bere un tè? Ho delle bustine all'arancia che ti faranno impazzire!-
Jess si sentì un poco a disagio per via della gentilezza della donna, ma pensò che era meglio distrarsi ed accettò l'invito.

La casa della signora Genovese era accogliente, sebbene sembrasse più piccola per via dell'arredamento ingombrante.
Jess si accomodò su una sedia della cucina, dove c'era odore di basilico ed origano.
La donna le mise davanti una tazza di porcellana decorata, e ci versò dentro il tè.
Jess se la portò alle labbra e il vapore, che sapeva di arancia e di acqua calda, le riempì le narici, e bevve un sorso.
-Siamo un poco in ritardo.- osservò la signora sorridendo.
-Come?-
-Sono già le cinque e mezza.-
Jess spalancò la bocca e scattò in piedi: Jeremy! Era uscito quasi un'ora prima, e non era ancora tornato!
-Scusi signora, mia sono ricordata una cosa importante! Grazie per l'invito, il tè era buonissimo!-
Girò intorno al tavolo e corse alla porta, e quando fu fuori nel corridoio si precipitò giù per le scale.
Arrivò al pianerottolo, ed andò a sbattere contro qualcuno che stava entrando dal portone.
-Jeremy! Mio Dio mi hai fatta preoccupare! Dove sei stato?-
Si inginocchiò e gli scoccò un bacio sulla fronte, mentre gli passava le mani sulle braccia, come se volesse essere sicura che fosse tutto intero.
-Il negozio è lontano! Mi soffochi!-
-Scusa... allora hai preso qualcosa?-
Jerry scosse la testa, e le mostrò la banconota con aria delusa.
-John mi ha detto di ritornare a casa, ma non ero ancora arrivato al negozio.-
Jess cercò di non sembrare troppo scossa quando sentì quel nome.
-Come John?-
-Sì, l'ho incontrato mentre andavo, e mi ha sgridato perchè era tardi.-
-Non fa niente, torniamo su, dai.-
-Ma io voglio prendere il gelato!- piagnucolò Jeremy, tirandole la mano.
-Ti prego, ho un gran mal di testa, non ho voglia di uscire. E poi è tardi.- sbuffò lei.
-Ma io non ho ancora fatto merenda!-
Jess, che non aveva mai avuto a che fare con dei bambini e sapeva poco di come trattarli, cercò di assumere un tono autoritario.
-Lo so, ma non ci posso fare niente. Andiamo.-
-No!-
-Ascolta, ho bisogno di stare per un po' tranquilla, per favore non fare capricci e torniamo su, ok?-
-Va bene.- brontolò il bambino, e la seguì per le scale.

Erano già le dieci, Jessica e Jeremy avevano già finito di cenare, ma di Johnny neanche l'ombra.
Ogni tanto il piccolo le chiedeva dove fosse il fratello, e Jess non poteva fare altro che sorridergli e dirgli che sarebbe tornato subito.
Dentro di sè, però, sperava che non si facesse vedere per un po'.
Si sentiva per la prima volta un'intrusa in quella casa, e fu dura fingere di stare bene, davanti a Jeremy.
Preparò le coperte al bambino e lo mise a letto, promettendogli per rassicurarlo che lo avrebbe svegliato quando John fosse ritornato.
Aspettò a lungo, immobile nel letto che non riusciva a scaldare, finchè non udì la porta richiudersi e John entrò nella stanza a passi trascinati.
La luce che filtrava dalle finestre disegnava il suo profilo, e anche nel semibuio Jess vide la sua espressione: doveva essere ancora arrabbiato.
Nessuno dei due disse una parola, e John si infilò sotto le lenzuola senza nemmeno essersi svestito del tutto.
Jess sentiva il suo calore, ed esitò a lungo prima di decidersi ad scivolargli di fianco e a sfiorarlo.
Provò ad abbracciarlo, ma lui la spinse via con un braccio.
Allora lei si girò su un fianco, dandogli le spalle, e gli occhi non erano l'unica cosa a bruciarle.
Si sforzò di non piangere, finchè non potè fare altro che premersi una mano sulla bocca e stringere le lenzuola con l'altra tentando di reprimere le lacrime.
Dall'altra parte del letto, John la sentiva tremare, sentiva i suoi singhiozzi, e sentiva anche il desiderio... no, il bisogno di consolarla e stingerla tra le braccia e sussurrarle che gli dispiaceva, che era stato un idiota e che voleva solo che lei lo perdonasse.
Ma era ancora arrabbiato, era furioso, e non lo avrebbe fatto, perchè aveva sempre creduto di poter essere l'unico nella sua vita e adesso qualcuno provava a sfilargliela dalle mani. E, soprattutto, lei... lei aveva tradito la sua fiducia, lo aveva ferito, e non importava se ci avesse veramente solo parlato, con quel Paul.
Proprio così, lui aveva il diritto di arrabbiarsi, di urlarle contro, di uscire ad ubriacarsi in un locale, di ritornare a notte fonda e di spingerla via, lì nel letto dove avevano dormito abbracciati.
Non avrebbe ceduto ai rimorsi, anche se era convinto di aver ragione, era comunque troppo orgoglioso per ammettere di aver sbagliato, soprattutto dopo aver fatto una cazzata così enorme.
Per fortuna Jeremy sarebbe tornato dai suoi l'indomani.

Jessica aveva finto di dormire finchè il respiro di John non si era fatto pesante e regolare.
Si era alzata ed era andata silenziosamente in cucina, senza uno scopo preciso: voleva semplicemente allontanarsi per alleviare il peso che le opprimeva il petto.
Aveva aperto il frigorifero, lanciando uno sguardo all'interno, ma non aveva fame nè sete.
Si era seduta al tavolo, aveva appoggiato la testa sulle braccia incrociate su di esso ed aveva chiuso gli occhi.
John la trovò così, più tardi, quando si era svegliato per la gola secca.
Mentre beveva dell'acqua del rubinetto, le lanciò uno sguardo e sentì una fitta al petto: senso di colpa misto a dolore.
Con un braccio che le cingeva le spalle e l'altro dietro le ginocchia, la sollevò e la portò a letto, attento a non svegliarla.
Si stese di fianco a lei, ma non vicino. Non riusciva a guardarla senza sentirsi ferito.

Buonday, miei cari!
Chiedo scusa per il ritardo, ma sapete com'è, il caldo, gli impegni, l'ispirazione, il caldo...
Se tutto va secondo i miei piani, allora siamo verso la fine!
Non disperatevi per questa notizia! *come se qualcuno si potesse disperare*

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** No Fun ***


-Hai presente quando ami una persona così tanto che ti fa male?- chiese Johnny, con lo sguardo perso nelle crepe del soffitto.
La ragazza non rispose, e rimase a spiarlo con la coda degli occhi, certa che prima o poi si sarebbe alzato per andarsene.
-E ti fa così tanto male che provi il desiderio di ferirla, solo per farle capire come ti senti?-
Linda rimase in silenzio, guardandolo senza osare respirare.
-Non hai mai avuto l'impressione di essere stato preso in giro?-
Giurò di aver visto i suoi occhi diventare lucidi, prima che lui li chiudesse con un sospiro.
-Perchè è così che ti sentiresti, se il tuo amore venisse tradito.-
Linda si sentiva a disagio, e tentò di mantenere il suo atteggiamento distaccato ed impassibile. Lui non avrebbe mai detto quelle cose, lui non amava, lui non pensava, lui non provava emozioni diverse dal disprezzo. E lui le stava parlando di amore.
-Sono 90 sterline.- lo avvertì con fermezza.
Johnny si scosse leggermente, riportato alla realtà.
-Te le porterò.- rispose, parlando svogliatamente.
Lei lo guardò, era immobile. Solo il suo petto si muoveva, ma come se fosse sul punto di smettere di respirare.
Come se si stesse lentamente dissanguando.
-Sei completamente fottuto, Johnny.- riuscì a dire, con una punta di ansia nel tono freddo.
-Non ho bisogno di sentirmi dire quello che già so, ma grazie per il contributo!- ribattè lui, secco.
-E' per questo che sei venuto a letto con me?! Per lei!-
John aprì gli occhi e la guardò, con un sopracciglio alzato.
-Che cosa t'importa? Sei una prostituta. Sarai mica gelosa?-
Lei gli sferrò un calcio con la punta dello stivale, facendogli inarcare la schiena dal dolore.
-No, idiota! Sei proprio stupido! Un vero idiota!-
Si alzò a fatica dal letto, in fretta, e gli tirò addosso le scarpe.
-Che cazzo fai?!- urlò Johnny sobbalzando sul letto e schivandole appena.
-Bastardo! Figlio di una cagna! Vaffanculo, esci di qua!-
Lo strattonò in piedi e lo spinse in malo modo verso l'uscita, senza smettere di gridare e lanciargli insulti.
John si scaraventò fuori, inciampando a terra e richiudendo la porta con un calcio.

Jess era distesa sul letto, con gli occhi che le bruciavano per il pianto, stringendo il cuscino come aveva, una volta, stretto John.
Lui aveva chiuso a chiave la porta, prima di uscire.
L'aveva segregata in casa, come una prigioniera. Nessuno poteva uscire, nessuno poteva entrare, se non Johnny.
E lui era fuori da troppo tempo, così tanto che Jess non ci sperava più, nel suo ritorno.
Si era sicuramente dimenticato di lei, abbandonandola in una prigione dove non poteva fare altro che piangere.
Che schifo. Era andato tutto bene fino al giorno prima, non avrebbe dovuto finire così.
Non sopportava più quella posizione. Si girò su un fianco e scalciò via il cuscino e le lenzuola.
Aveva bisogno di uscire, quel posto era deprimente e tetro: l'intonaco scrostato, le cose gettate a terra, fogli disordinati attaccati alla rinfusa sulle pareti, gli occhi disegnati sul muro da Sid che la fissavano spiritati, e l'orribile odore di chiuso che rendeva irrespirabile l'aria. Le sembrava di affondare nel materasso, umido e insopportabilmente caldo.
Si alzò, traballando, ma si dovette aggrappare al muro per non cadere perchè improvvisamente una marea di puntini luminosi le si erano parati davanti agli occhi e la stanza aveva cominciato a girare vorticosamente.
Le ginocchia le cedettero e finì a terra, sbattendole contro il pavimento.
I suoni divennero confusi e ovattati e sentì una morsa gelata alle meningi, come se qualcuno le stesse premendo le mani sulle orecchie artigliandole le tempie. All'improvviso l'aria era fredda e non riusciva ad aprire la bocca per respirarla.
Udì un rumore che si avvicinava, e qualcosa che velocemente la tirava su in malo modo.
Poi il buio completo.
Quando riprese conoscenza, aveva una grande emicrania.
Era sdraiata sul divano, e aveva la testa appoggiata sulle gambe di qualcuno che le accarezzava i capelli.
-Si può sapere che stai facendo?-
Nancy.
-Cerco la mia roba, dannazione!- urlò una voce maschile.
E quello era Sid.
-Non si è ancora svegliata, Sidney! Che facciamo?-
-Non lo so, Nancy, sto cercando la mia roba! Che se la sbrighi Rotten!-
-Ma è stato lui a lasciarla qua!-
Jess sentì la porta aprirsi e richiudersi e il rumore delle chiavi buttate sul tavolino.
-Che cazzo ci fai tu qua?-
-Parli del diavolo...-
-Ti ho chiesto che ci fai in casa mia!-
Johnny. Era Johnny.
-Sidney è venuto a prendere le sue cose.- rispose Nancy, allontanando le mani dai capelli di Jess.
Una mano fredda le sfiorò il braccio e la scosse.
-Cos'ha?- chiese Johnny, con tono preoccupato.
-Non lo so. Per fortuna l'abbiamo trovata io e Sid, era accasciata a terra, bianca come un fantasma. Si può sapere perchè l'hai chiusa dentro?!-
-Lascia perdere, non sono cose che ti riguardano. Andate, adesso.-
-Non posso ritornare qui?- chiese Sid.
-Sempre tra i coglioni, tu! Puoi tornare domani. Devo ancora sistemare delle cose. Ora andatevene!- ordinò Johnny, spingendo via il ragazzo.
Nancy si alzò, stizzita, facendo cadere la testa di Jess sul divano.
Prese Sid sotto braccio e lo tirò oltre la soglia, sbattendo la porta.
Jessica aprì di nuovo gli occhi, mentre Johnny le scuoteva e la metteva seduta.
-Mi senti, yankee?-
Lei annuì, con la testa pesante.
-Hai mangiato qualcosa?-
-No.-
-Stupida. Hai avuto un calo di pressione.-
-Dove sei stato?-
Johnny non le rispose ed andò in cucina a preparare qualcosa.
Sid aveva lasciato la casa in uno stato pietoso, peggiore di quello in cui era di solito.
C'erano tazze e bicchieri sul tavolo, e il frigorifero era quasi vuoto.
Ecco cosa intendeva per "le sue cose".
Le portò un pacchetto di biscotti al cioccolato rinsecchiti, il meglio che aveva a disposizione.
-Mangia, avanti.-
Jess ne morse uno, e le si sbriciolò in bocca. Aveva un sapore di vecchio, terribile.
Fissò Johnny di sottecchi, mentre lui si appoggiava al divano in silenzio.
-Che c'è?-
-Dove sei stato?- ripetè Jess, addentando un altro biscotto.
-In giro.- rispose lui, secco.
Jess si sentì ferita, e si voltò. Continuava ad essere freddo e scostante, e sapeva che da lì a poco avrebbe ricominciato a non rivolgerle la parola: quel poco di attenzione che le riservava era dovuto solo al malore di poco prima.
Dal canto suo, Johnny pensava a dove trovare i soldi per pagare Linda. Addirittura 90 sterline, e non era nemmeno venuto la seconda volta.
Linda non era il tipo da dimenticare cose come pagamenti e conti da saldare, quindi non poteva rimandare a lungo.
Doveva trovare il modo di racimolare la somma.
Il suo sguardo cadde involontariamente su Jess, che gli dava le spalle senza fiatare.

-Che stai facendo?-
Le passò una mano sul braccio e si sedette di fianco a lei.
Jess si morse il labbro inferiore, in quel modo che Johnny trovava tanto seducente.
-Ti importa?-
-Fa' come vuoi.-
-Perchè mi hai chiusa dentro?-
A John il divano sembrò scomodo, e distolse lo sguardo dagli occhi severi della ragazza.
-Dove saresti dovuta andare?-
-Non è questo il punto!- esclamò lei, facendolo voltare verso di sè, in uno scoppio di rabbia.
Lui non riusciva a guardarla negli occhi, perchè vedeva riflesso ciò che le aveva appena fatto.
-Smettila. Non ho voglia di parlare di queste stronzate.-
Jess lo fissò per un momento, incredula.
Provò il forte desiderio di tirargli pugni e calci fino a farlo sanguinare, ma soppresse la rabbia e lo colpì una volta sola.
-Stronzate?! Mi hai chiusa dentro, John!, come se fossi un cane, dannazione! Perchè non capisci?!-
-Capire cosa? Cosa? Tu che hai fatto, invece?!-
-Niente!- strillò Jess, scoppiando a piangere.
Si aggrappò a lui, singhiozzando sulla sua spalla.
John la allontanò quanto bastava per poter schiacciare le labbra contro le sue, in un gesto di rabbia e di frustrazione.
Voleva che smettesse di tormentarlo e voleva sentirla, con tutto il corpo, sentirla di nuovo sua.
Non gli importava quanto facesse male quel bacio e di quanto stava premendo la bocca ormai livida contro la sua, non gli importava di quello che lei avrebbe pensato. Non gli importava del rimorso che lo avrebbe assillato per averla tradita più di quanto lei avesse mai anche solo pensato di fare.
La mano di lei che gli accarezzava la nuca chiedendo di più lo riportò alla realtà, e la spinse via facendola ricadere all'indietro, senza fiato.
-Sei sempre pronta ad aprire le gambe, vero?- disse con tono sprezzante, guardandola male.
Si alzò ed andò in cucina, a prendere la bottiglia di whisky.

I rumori provenienti dalla camera da letto lo fecero correre dentro, allarmato.
-Cosa credi di fare?!-
Si avventò su di lei e le strappò di mano i vestiti, rigettandoli sul pavimento.
-Me ne vado!- urlò lei, furiosa.
-Tu non vai da nessuna parte!-
Cercò di prenderle anche il borsone ma lei lo spinse via, contro la parete, approfittando del momento per uscire dalla stanza.
Si diresse verso la porta a passo svelto, ma lui la afferrò per la vita da dietro e la sollevò da terra.
-Lasciamo andare, bastardo!- strillò lei, dimenandosi.
-Ti ho detto che da qui non ti muovi, chiaro?-
La buttò sul divano e calciò via la borsa piena delle sue cose.
Il rumore che fece quando si scontrò con il muro era lo stesso che facevano le bottiglie di plastica calpestate.
Jessica lo guardò, sentendosi terribilmente impotente mentre lui la inchiodava sul divano e le saliva sopra, con gli occhi furenti e le mani che le stringevano i polsi.
Represse le lacrime che le offuscavano la vista e voltò la faccia dall'altra parte, non voleva dargliela vinta.
Non lo guardò mentre le toglieva i vestiti, si sforzò di non guardarlo perchè altrimenti avrebbe perso il controllo.
Tentò una debole resistenza, poco convinta ma sempre agguerrita.
Lui rispose con una smorfia, come per dimostrarle che non gli faceva nè caldo nè freddo.
Abbassò il viso sul suo, cercando di baciarla, ma lei gli morse le labbra e si scostò.
Allora John premette il bacino contro quello di Jess, sfregandolo e simulando le spinte.
-Lo so che ti piace, avanti...- mugolò roco contro il suo orecchio, facendola rabbrividire. -Fa' la brava...-
Ma Jess non lo lasciò fare, e lo spinse via.
-Fottiti, John, lasciami andare!-
L'improvviso rifiuto di lei lo fece infuriare. Si alzò in piedi e tirò un calcio alla cieca, facendo andare in frantumi i bicchieri e le bottiglie.
-Vaffanculo!- urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. -Vaffanculo, vattene se tanto ci tieni! Vattene!-
Ribaltò il tavolino e tirò una manata alla lampada, facendola schiantare contro il muro.
Jessica balzò in piedi appena in tempo per non farsi colpire. Quando lui cercò di afferrarla gli tirò un pugno sulla mascella, così forte che sentì le ossa delle dita scricchiolare e il pollice schiacciarsi.
Mentre Johnny cadeva a terra e si premeva una mano in faccia per il dolore, Jess si infilò i pantaloni di pelle e le scarpe ed uscì in fretta di casa, afferrando il chiodo e il borsone.
Si richiuse la porta alle spalle, spaventata dalle urla del ragazzo, e corse giù per le scale con il cuore in gola.
Quando arrivò all'uscita, si appoggiò al muro per riprendere fiato e si infilò il chiodo, chiudendolo sul davanti per coprire il reggiseno.
Armeggiò più volte con le cerniere della borsa e quando riuscì ad aprirla, rovistò in preda al panico.
Quando si dovette arrendere all'evidenza, si sentì come pietrificata dall'ansia: non aveva nemmeno un penny.
Tentò di calmarsi, si disse che la cosa più importante era allontanarsi da lì e che poi avrebbe trovato un posto dove stare.
Era decisa: se ne sarebbe andata al più presto da Londra.


Buonday, miei cari!

Sì lo so, volete uccidermi perchè sono in ritardo mostruoso! T - T
Imploro perdono, ma come al solito la signora Ispirazione è andata a farsi una vacanza in Thailandia e mi ha lasciata da sola nella merd...ehm...*coff coff*... nel concime, a scrivere e riscrivere cose veramente penose fino ad arrivare a questo!
Vi prego di sopportare i miei sbalzi di creatività e vi ringrazio di cuore, soprattutto la mia distruttrice di massa, Uncle Jack, che mi fa rotolare dalle risate con le sveltine di Ron Wood e coniuge ù.ù
Grazie millemilionidimiliardi a tutti, come farei senza di voi?

ghirigoro

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Like Sand Over Glass ***


-Si troverà un altro uomo, che la tratterà di merda. Sì, la tratterà come un tappetino, come una fottuta bambola gonfiabile. Quella puttana... Allora vorrà tornare da me, quella troia...-
Questo mormorava Johnny, accasciato a terra con la schiena al muro e il fiato corto, sfiancato dalla rabbia e dal dolore lancinante alla mascella.
Paul lo ignorava seduto sul divano, mentre guardandosi intorno si chiedeva quale catastrofe lo avesse portato a sfasciare ogni cosa nel raggio di quindici metri.
Era capitato lì per caso, aveva solo voglia di bere qualcosa dalla dispensa di John, ed aveva ritrovato il rosso a urlare e prendere a pugni il muro, con il labbro completamente spaccato, come un pazzo furioso.
La prima cosa che aveva notato era che Jess non c'era. Lei non gli avrebbe di sicuro permesso di distruggere la casa in quel modo e di farsi del male da solo, lei ci teneva a lui.
Paul aveva capito subito che John era riuscito a farla scappare.
Ne era sicuro, adesso sarebbe ritornato ad essere il vecchio Rotten, sempre scazzato, bastardo ed arrogante.
Eppure... eppure c'era qualcosa di diverso in lui. Non era da lui starsene fermo a sbollire la rabbia, non dopo aver fatto una scenata del genere. Si crogiolava nel proprio risentimento, come se lo facesse per riempire un vuoto.
Per la prima volta Paul vide John provare del vero dolore.

John era ancora infuriato, e aveva una grande voglia di riprendere ad urlare e a dimenarsi e a tirare pugni al muro fino a sanguinare, ancora ed ancora.
L'unico modo che conosceva per soffocare il dolore era coprirlo con altro dolore, per questo cercava di concentrarsi sulle sue nocche sbucciate che gli bruciavano e il labbro in fiamme.
Ma non ci riusciva, l'unica cosa a cui riusciva a pensare era tutto l'odio e la disperazione che provava e che sembravano doverlo far scoppiare.
Si sentiva solo, e colpevole. Terribilmente colpevole. Ma era anche convinto che era colpa sua, di quella...
Aveva continuato ad insultarla fin da quando aveva sentito la porta richiudersi, dal preciso istante in cui aveva realizzato ciò che aveva appena fatto, e solo perchè non aveva il coraggio di ammettere che lo sbaglio più grosso l'aveva commesso lui.
Se fosse stata lì con lui l'avrebbe sbattuta contro il muro ed avrebbe gridato e sfuriato, l'avrebbe fatta piangere e spaventare e poi l'avrebbe stretta forte, le avrebbe accarezzato i capelli e la schiena e il seno, e le avrebbe baciato la bocca ed il collo, senza chiederle scusa e senza parole dolci, ma solo passione.
Farle del male... e poi farsi del male.
Jess l'aveva portato al limite, ed era impazzito per lei e per quello che lei gli prometteva, erano diventati come una droga, non riusciva a pensare di resistere senza. Non poteva più tornare indietro o negare l'evidenza, non poteva più farsi -e farle- del male: quella ragazza era diventata un chiodo fisso, una vera ossessione... e nessun altro poteva averla, nessun altro avrebbe mai potuto provare per lei ciò che lui provava. Nessuno.
La voce di Paul, come venuta da un altro mondo, lo riscosse dai suoi pensieri.
-Che è successo?-
John odiò profondamente la domanda e il tono con cui l'aveva posta, come se già si aspettasse che fosse unicamente colpa sua.
-Non sono cazzi tuoi, sparisci.- rispose con un ringhio, digrignando i denti come un animale.
Paul rimase immobile, come a dimostrargli di essere immune alle sue angherie, perchè aveva previsto una reazione del genere. E sapeva anche come farsi dire tutto.
-Vuoi che ti aiuti a cercarla?- chiese, osservando vagamente compiaciuto come John stringeva i pugni e tirava di nuovo su la testa.
Paul lo prese come un sì. Chi tace acconsente, no? Come era prevedibile.
-Allora? Che è successo?-
-Abbiamo litigato.-
"Questo lo vedo." pensò sarcastico Paul. John gli faceva pena in quel momento, così sbuffò e si alzò per portargli una bottiglia.
Appena John provò a prenderla il dolore fu così forte che la lasciò cadere e frantumare a terra.
-John.- lo chiamò Paul.
Il rosso non gli rispose, intento a maledirsi per aver tirato pugni al muro.
-John. Hai una mano rotta e sanguini, e la casa è ridotta uno schifo. Questo non è stato un normale litigio.-
-Se n'è andata.-
-E chi non se ne andrebbe da qua?! Ti sei guardato intorno?-
John sbuffò e si prese la testa tra le mani, schiacciando la fronte tra le ginocchia.
-Lei...!- cominciò con un moto di rabbia, subito frenato. -Lei è scappata! Io non volevo arrivare a questo punto... ma lei non voleva...-
-Hai dato di matto, Johnny. Hai un problema a gestire la rabbia.-
John si infuriò e calciò via i cocci della bottiglia.
-Non sarebbe rimasta con me!- urlò, sbattendo la schiena contro il muro.
-Non è rimasta lo stesso.- asserì Paul, bevendo un sorso di alcol.
Si alzò dal divano e se ne andò, lasciando John da solo.

-Linda! Linda!- urlò John spalancando la porta e fiondandosi dentro.
La ragazza arrivò di corsa, mezza svestita.
-Che vuoi?!-
John si frugò nelle tasche e ne tirò fuori delle banconote stropicciate ed annerite, cacciandogliele in mano in malo modo.
-Tieni, è tutto quello che ho, prendi!-
-Si può sapere che vuoi? Mi stai spavent...-
Non riuscì a finire la frase che John le fu addosso, a baciarla con rabbia e disperazione.
Si sentiva perso, completamente perso e solo, aveva bisogno di un appiglio, di qualcosa a cui aggrapparsi, di sentire qualcosa di diverso dal dolore.
Linda lo spinse via, ripulendosi la bocca con il dorso della mano e sbavando il rossetto. Sembrava molto nervosa, come se stesse nascondendo qualcosa. Dall'altra stanza arrivò un lamento, come di un cane che piange.
-Che diavolo ti prende?! Sono impegnata. Non è il momento, vattene. Ora.-
A Johnny servirono alcuni secondi prima di capire ciò che intendeva, così corse in camera da letto e slegò l'uomo dal letto, lo spinse a terra e trascinandolo lo sbatté fuori, ignorando le proteste sue e di Linda.
-Che cosa stai facendo?! Sei impazzito?! Vattene!- strillò lei strattonandolo per il braccio mentre lui richiudeva la porta. -Non mi aveva ancora pagata!-
Linda lo lasciò e si allontanò, verso la cucina, furiosa.
-Ti ho dato tutti i miei soldi!- urlò John raggiungendola ed afferrandola per la vita.
-Mollami subito, figlio di puttana!-
Tentò di liberarsi dalla sua presa dimenandosi, finchè non realizzò che John voleva solo appoggiare la testa sulla sua spalla.
Il rosso sentì le gambe cedere e si abbandonò contro di lei, scosso da singhiozzi senza lacrime.
Linda, a disagio, gli accarezzava in modo impacciato la nuca, senza sforzarsi di dargli veramente consolazione.
Non aveva idea del perchè fosse venuto da lei, né del perchè fosse così disperato, era confusa e non sapeva cosa fare.
Quello che John voleva era calore, quel genere di calore che fino ad allora solo Jess era riuscita a dargli, e di cui era diventato dipendente. Un tipo di calore che anche Linda, forse, avrebbe potuto dargli anche solo per un istante.
Si faceva schifo da solo: eccolo lì, Johnny Rotten, il punk duro e scazzato, che si dispera per amore.
Essere lì era una ferita nel suo orgoglio, ma sentiva che ne aveva bisogno, proprio come quando si è disposti a fare di tutto per una dose o un'altra bottiglia.
Era quello che stava facendo, in fondo: stava annegando una crisi d'astinenza nell'alcol. Per un po' avrebbe dimenticato gli spasmi e la nausea, per un po' sarebbe stato così annebbiato da non sentire dolore.
Quella ragazza lo aveva rovinato, e lui aveva rovinato lei. Il loro era un rapporto malsano, malato e dannoso.
Non facevano altro che ferire se stessi e l'altro, senza mai speranza di guarire. E la cosa lo stava lentamente divorando dentro, come un veleno. Il loro amore era letale.
-...mio Dio Rotten...- riuscì solo a dire Linda.

Jessica si sentiva così sola e miserabile, seduta sul ciglio della strada nella nebbia fuligginosa di Londra.
Erano passate almeno due ore da quando era scappata, e le sembrava un'eternità.
Aveva smesso di piangere da un po' e aveva troppo freddo per continuare a camminare.
La gente la guardava in modo strano, ostile, ma ormai ignorava le occhiatacce.
La periferia della città era grande, immensa, e aveva rinunciato ad andare a cercare Nancy e Sid.
Aveva più possibilità di diventare Regina piuttosto che di trovarli.
Se fosse andata da Paul o Steve... no, sarebbero stati i primi posti in cui Johnny sarebbe andato a cercarla.
Anzi, probabilmente la stava già cercando...
All'improvviso Jess si sentì in pericolo, di nuovo, e si alzò in piedi decisa ad allontanarsi ancora di più.
Guardandosi intorno si rese conto di essersi persa, e un terribile senso di agitazione si impossessò di lei: non sapeva dove si trovava nè dove doveva andare.
Prese la sua borsa e cominciò a camminare verso un incrocio, sperando di riconoscere un'insegna o una strada.
Una ragazzina le si avvicinò e l'artigliò per il braccio con le mani ossute. Era incredibilmente magra, e sudicia.
-Hai qualche spicciolo?- le chiese con voce roca, così debole che Jess dovette sforzarsi per sentirla.
Aveva due occhiaie spaventose, e i denti marci. Puzzava di alcol e di pattumiera. Indossava un vestito squallido, che sembrava esserle stato buttato addosso, e un giubbotto troppo grande con la cerniera penzoloni.
-Hai qualche spicciolo?- ripetè di nuovo, sgranando ancora di più gli occhi in un'espressione grave ed affannata.
Jessica tentò di ritirare il braccio, ma l'altra lo stringeva ancora di più e si avvicinava, come se non volesse lasciarla andare.
-Per favore signorina, ho fame!-
Jess abbassò gli occhi sulla mano, e non potè fare a meno di notare gli aloni violacei, le cicatrici e le croste dovuti ai buchi. Il dorso della sua mano era completamente martoriato, e se avesse voltato il braccio avrebbe trovato gli stessi segni anche sul polso.
Non era di mangiare che aveva bisogno.
Jess lo strattonò riuscendo a farle mollare la presa, e quando l'altra tentò di riafferrarla, lei si allontanò di fretta, angosciata, senza guardarsi indietro.
Adesso aveva le lacrime agli occhi, e il vento le pungeva sulla pelle mentre scappava da quel fantasma, da quell'ombra che un tempo era stata solo una bambina.
Aveva bisogno di qualcuno, o non ce l'avrebbe fatta. Sarebbe finita come quella ragazzina, se non avesse trovato il modo di cavarsela.
Camminò per qualche minuto, senza rallentare il passo, finchè non si accorse che doveva aver girato in tondo nel quartiere, perchè riconosceva il pub dove aveva conosciuto Johnny. Non poteva rischiare di farsi trovare, doveva andarsene di lì.
Girò l'angolo, ma si bloccò di colpo.
"-Abito qui, dietro l'angolo...-"
Linda! Linda abitava lì vicino, e Johnny non l'avrebbe mai cercata da lei. Sapeva dove andare.

La porta era aperta, e Jess entrò bussando sul legno verniciato di rosso.
-Linda?- provò a chiamare, sperando che non fosse via.
Dalla camera da letto arrivavano strani suoni, che sembravano gemiti e sospiri. E il rumore di molle che cigolano...
Linda doveva essere con un cliente. Non era proprio il momento adatto per presentarsi.
Si voltò e tornò alla porta, preferendo uscire ed aspettare, finchè un gemito più forte degli altri non catturò la sua attenzione.
No. No, non era possibile.
Lasciò la borsa all'ingresso e, lentamente, raggiunse la porta semiaperta e spiò all'interno.
Riusciva a vedere il letto, dove due corpi si intrecciavano e si muovevano senza armonia, sbattendosi e tirandosi.
Una schiena bianca, segnata da lividi violacei e graffi freschi. Un braccio teso, che andava a stringere un seno in uno spasmo. Delle unghie laccate di rosso, volgari. Un viso di donna, col trucco sbavato e la bocca aperta, che ora alzava gli occhi per un attimo.
Linda si era bloccata, impietrita. Sdraiata sotto di lui, aveva lanciato un'occhiata alla porta e l'aveva vista.
Johnny si voltò di scatto, e la fissò a bocca aperta.
-J-jess...- balbettò, con la voce che moriva in gola.
La ragazza era immobile, dietro la porta. Si era portata una mano alla bocca, e non riusciva a muoversi o a distogliere lo sguardo. Era pietrificata. Un dolore lancinante le opprimeva il petto e le impediva di respirare.
-Io... posso spiegare...-
Jessica scoppiò a piangere, singhiozzando rumorosamente senza riuscire a portare le mani al viso. Voleva andarsene in fretta, scappare lontano, ma le sue gambe erano completamente paralizzate.
Johnny si infilò i boxer e i pantaloni e si lanciò giù dal letto, lasciando Linda nuda sotto le lenzuola, mentre Jessica riusciva finalmente a riprendere il controllo sul suo corpo e si voltava per correre via.
-Aspetta ti prego! Fermati!- le urlò dietro lui.
Quando la fece voltare tirandola per un braccio non vide nemmeno arrivare lo schiaffo secco che lei gli aveva mandato.
Rimase per qualche secondo con la faccia girata, coi polmoni incapaci di pompare aria e la guancia che pulsava e bruciava incredibilmente e lo schiocco rumoroso che gli rimbombava nelle orecchie.
Quando si voltò verso di lei, la vide piangere in silenzio, con uno sguardo fiero e ferito allo stesso tempo.
Era così forte anche quando era stravolta.
Jessica non riusciva ad aprire bocca, teneva le labbra serrate per non lasciarle tremare.
Voleva urlare, strillare e prenderlo a pugni fino a frantumargli ogni singolo osso, e scappare via, correre più veloce che poteva, il più lontano possibile da lì.
Johnny la fissava negli occhi, ammutolito, non osando parlare. Il segno della sua mano era diventato rosso e gonfio, e aveva l'occhio nero.
Raccolse tutte le sue forze ed espirò piano tutta l'aria che aveva nei polmoni, tentando di calmare la voce.
-Non ti voglio più vedere. Vattene.- gli ordinò, con un tono che non ammetteva repliche.
-Ti prego...-
-ESCI FUORI!- gridò lei, così forte che sentì la gola vibrare e bruciare.
John si zittì, con gli occhi sgranati. Distolse lo sguardo ed uscì dall'appartamento a passi lenti.
Ora che lui non c'era, le ginocchia di Jessica poterono cedere, e la ragazza scoppiò a singhiozzare sul pavimento freddo e sporco, premendo le mani e le unghie sul viso, furiosa e distrutta.
Linda la guardava in silenzio sulla soglia della camera da letto, spaventata.
Appena Jess si accorse di lei, si alzò lentamente, tirando su con il naso, con un'espressione indecifrabile.
Quando la raggiunse Linda si scostò da parte, temendo una reazione violenta, ed invece Jessica la oltrepassò senza degnarla di uno sguardo, raccolse le banconote ammucchiate a terra, se le infilò in tasca e ritornò all'ingresso, raccolse il borsone ed uscì sbattendo la porta.
Sul pianerottolo John provò ad avvicinarsi, ma lei lo ignorò e si lanciò giù per le scale, mentre le suppliche del ragazzo le scivolavano addosso come sabbia su vetro.

L'aria della stazione ferroviaria era pregna di fumo e di umidità, e faceva freddo.
Jessica si avvicinò allo sportello, sfregandosi le mani per riscaldarle.
-Un biglietto per l'Heathrow Airport, per favore.-


Oh sì, mi volete morta.
Sono proprio crudele, eh? Vi faccio aspettare i secoli e poi vi infliggo una batosta del genere ù.ù
Speravate in un lieto fine, vero?
Ebbene no ù.ù Posso dirvi che prevedo di scrivere ancora 2, massimo 3 capitoli e infine un epilogo, ma si vedrà...
Beh, vi prometto che tenterò di aggiornare più in fretta, parola di lupetto!
La vostra *sempre-in-ritardo*
ghirigoro

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** End Of It All ***


Mio Dio, mio Dio.
Era impazzito. Un pazzo furioso, un matto.
Urlava, urlava, gridava da troppo, così tanto che Linda sentiva un fastidioso ronzio nelle orecchie, raggomitolata sul pavimento per non farsi investire dalla sua furia.
Johnny imprecava e tirava calci alle cose, fracassandole e spaccandole, e non pensava più ormai: i suoi pugni, stretti con rabbia fino a farsi male, servivano solo a premerseli contro le tempie e spingere via Steve, che era accorso appena Linda l'aveva chiamato.
Steve, schivando l'ennesimo colpo, lo afferrò per la maglietta e lo scaraventò contro il divano, facendolo ribaltare all'indietro.
-Mi sono rotto il cazzo delle tue stronzate, Rotten!- urlò furente, ripulendosi il sangue dal labbro spaccato. -Fanculo... cazzo di psicopatico!-
Johnny, ancora riverso a terra, rantolava con la faccia nascosta nell'incavo del gomito, e sembrava che a tratti qualcuno gli stesse dando scariche elettriche, tanto tremava.
Steve si voltò verso Linda, squadrandola per bene.
-Dagli del Valium.- le ordinò, secco.
La ragazza aprì la bocca per protestare, ma Steve la interruppe con rabbia.
-Ti ho detto di dargli del Valium! Lo so che ce ne hai, Linda, vai a prenderlo!-
-Pensi che la soluzione migliore sia drogarlo?- ribatté lei stizzita, alzando la voce incrinata.
-No, porca troia, l'unica soluzione è sedarlo! Non vedi come cazzo è impazzito?-
Linda esitò, guardando per un attimo Johnny.
Sì, era la cosa migliore. Si alzò ed andò a rovistare nel cassettone sotto il letto, dove teneva quelli che si potevano definire i ferri del mestiere: fruste, maschere bondage, manette, condoms e droghe per dormire.
Prese la confezione e l'aprì, estraendone solo poche pastiglie.
Controllando che Steve non la stesse guardando, ne ingoiò qualcuna e gli portò le rimanenti.

Linda lo osservava, angosciata dalla sua inespressività, respirando attraverso il filtro della sigaretta.
Lo scrutava negli occhi, cercando di capire cosa stesse pensando.
Ma Johnny non pensava, Johnny non sentiva niente. La mente annebbiata dal Valium, era completamente inerme sul divano, con lo sguardo fisso nel vuoto.
"A volte bisogna saper perdere, Johnny. A volte bisogna lasciar perdere e lasciare andare."
Minuti dopo, quando l'effetto del farmaco cominciava ad affievolirsi, Johnny parve riscosso, come se si fosse svegliato. Lentamente si girò verso la ragazza, fissandola.
Adesso Linda sapeva a cosa stava pensando il rosso: glielo poteva vedere dritto negli occhi, che avrebbe voluto essere abbastanza vincente per alzarsi ed affrontare la vita, ma lui nella vita aveva solo fatto schifo.
Paul, Steve, Nancy, Sid, lei... tutti come Johnny, perdenti che non sapevano perdere.
Avevano fatto di ogni sconfitta una vittoria, nel loro mondo ribelle ed avverso, e anche quando le cose andavano davvero male riuscivano a fregarsene e ad andare avanti.
Ma davanti a una cosa del genere, a una cosa così grande e così terribile come l'abbandono non bastava essere dei perdenti nati per riuscire a non esserne distrutti.
Tutti loro, in un modo o nell'altro, erano andati in frantumi: chi come Linda era stato abbandonato dai genitori, chi come Steve aveva visto i propri sogni venire spazzati via dalla crudele realtà, chi come Sid aveva rinunciato ad un'infanzia normale, chi come Paul mollava per sfiducia davanti alle opportunità.
Ma era molto più dura per chi, come Johnny, veniva ferito nel profondo per la prima volta, perchè la prima era sempre la più dolorosa, quella che lasciava il segno, quella che faceva sembrare le altre solo piccoli lividi.
Per questo Linda decise che non avrebbe lasciato che lui stesse lì a compiangere la propria vita mentre là fuori c'era la sua possibilità di riscatto. Anche se significava vederlo con lei, la yankee che non sapeva come vivere, che non era una di loro.
-Alzati, Rotten. Se non lo fai tu, ti obbligo io a farlo.-
Linda scattò in piedi e lo tirò su per un braccio, mentre il rosso appoggiava a terra i piedi con fatica, guardandola male.
Steve la fissava con gli occhi sbarrati.
-Dove cazzo state andando?-
Ma Linda e John non gli risposero, richiudendosi la porta alle spalle.
Steve rimase a fissare la porta per qualche secondo, incapace di credere che quei due fossero così stupidi.
-Vaffanculo, se volete fare così a me non me ne frega un cazzo!- mormorò, afferrando una bottiglia di qualcosa deciso a sbronzarsi.

-Muoviti, cerca di stare in piedi cazzo!- lo incalzava Linda, tirandolo su ogni volta che sbandava e cominciava a piegarsi sulle ginocchia, in preda alla confusione e al sonno.
Ogni tanto biascicava qualcosa, ma più camminava più i suoi versi prendevano un senso, chiaro segno della perdita di effetto del sedativo. Forse sarebbero riusciti ad arrivare dalla yankee in tempo, pensò Linda.
-Dove...and...?- mormorò Johnny, tentando di aggrapparsi alla sua spalla mentre barcollava in avanti.
-Dove diavolo pensi che sia andata John? Ha detto che vuole lasciare Londra, no? E allora sarà alla stazione per andare in aeroporto.- spiegò in fretta lei, scocciata. Lo afferrò per il chiodo, senza rallentare. -Dio, ma ti vuoi muovere?! Non siamo vicini, devi allungare il passo!-
A John parve che qualcuno gli avesse dato un pugno: all'improvviso l'unico motivo per il quale restare sveglio, per il quale non fermarsi e non cadere a terra era ciò che lo stava spingendo in avanti, e si ritrovò a correre per le strade, urtando la gente.
Linda aprì la bocca per protestare quando si accorse che Johnny l'aveva lasciata indietro.
Lo osservò allontanarsi di corsa tra le persone, finchè non scomparve dietro l'angolo, e lo maledisse.
Si fermò. Non aveva senso continuare. Era inutile rincorrerlo, era inutile chiamarlo e chiedergli di aspettarla ed incazzarsi con lui e urlargli contro.
Era inutile, e stupido anche.
Con suo stesso stupore, si ritrovò a sorridere mesta.
Quel giorno, si disse, un perdente nato si prendeva la rivincita.
Che tutti lo sapessero, tutto il mondo, che la gente in strada lo sapesse vedendolo correre verso quello che aveva perso.
Perchè alla fine non era importante che un altro perdente venisse abbandonato, no?

Jessica osservava il treno tremolare sui binari in lontananza.
Quindi la sua fuga dalla vita era conclusa. Era finita così, su una squallida panchina, in una squallida stazione, in uno squallido amore... sempre che così si potesse chiamare.
Ma era tutto quello che aveva, in fondo: i vestiti, la borsa, anche il biglietto che stropicciava nella mano non le sembravano più roba sua, non le importava nulla di quello che sarebbe successo, non le importava dove era diretto il treno su cui stava per salire, perchè tutto quello di cui le importava era nello squallido appartamento dove era finito il suo squallido amore. Johnny?
Sì, lui, forse; oppure no?
Una parte di lei lo odiava, e si rifiutava anche solo di prendere in considerazione l'idea di amarlo, eppure l'altra parte si sentiva persa e sola.
Jessica era confusa, ed un fischio vicino la fece sobbalzare, improvviso. Il treno investì con violenza la sua visuale, e scacciò via i suoi pensieri.
L'ansia la assalì, facendola vacillare all'indietro spinta dalla folata di vento.
Ma... era davvero la cosa giusta da fare?
Jess non ne era certa, ma riteneva fosse meglio avere rimorsi per tutta la vita che rischiarla rimanendo con lui.
Le porte si aprirono davanti a lei, e la gente si precipitò giù travolgendola. In pochi secondi si erano dileguati già tutti, ed era di nuovo sola davanti a quel treno ormai vuoto.
Inspirò profondamente, con le ginocchia che tremavano e le gambe che sembravano incapaci di sopportare il peso dei suoi pensieri.
Doveva andare, non c'era tempo per ripensamenti.
Afferrò il borsone ed appoggiò un piede sul gradino, tenendosi al corrimano.
All'improvviso una voce la fece voltare. Qualcuno l'aveva chiamata.
Vide una sagoma correre verso di lei, ma non riuscì a riconoscere chi fosse.
Le porte si chiusero con violenza mentre con una scossa il treno la avvertiva che a breve avrebbe cominciato a muoversi, come per portarla via.
Chi l'aveva chiamata continuava a correre, disperatamente, e Jessica la fissava dal finestrino come fosse un'apparizione. La ragazza appoggiò le mani contro il vetro, così vicina da appannarlo con il respiro, sperando che la sagoma la raggiungesse in tempo e la convincesse a scendere.
Ma più il treno si allontanava, più Jess si rese conto che non sarebbe più potuta tornare indietro.
Premette il pulsante sulle porte, che si aprirono di nuovo.
Non sapeva perchè lo stesse facendo.
Schiacciata contro il finestrino, riconobbe finalmente il volto della sagoma che la chiamava e correva, e con un salto scese dal treno.

Johnny correva a perdifiato, senza fermarsi mai, senza rallentare nemmeno per evitare le macchine.
Doveva fare in tempo, doveva fermarla e convincerla a restare con lui.
Con il cuore in gola e i muscoli che bruciavano per la fatica, si sforzò di continuare, perchè non poteva fermarsi, non adesso, non ora!
Riconobbe la biglietteria della stazione, e fu preso dall'euforia. Il treno era appena arrivato, ce l'avrebbe fatta. L'avrebbe fermata in tempo, non le avrebbe permesso di andarsene.
Si precipitò sulla banchina, chiamandola, urlando il suo nome, scontrandosi con un gruppo di ragazzini mentre il treno lentamente frenava fino a fermarsi.
All'improvviso la scorse, seduta vicino ad un finestrino, che guardava fuori. Non si era accorta di lui.

Quando se ne furono andati anche loro, la stazione rimase deserta. Non c'era nessun altro, a parte lui.

La chiamò ancora, la ragazza si voltò di scatto e lo vide, e in un attimo saltò giù dal treno.
Con uno scatto Johnny la afferrò per un braccio, ma quando la guardò rimase pietrificato.
La spinse via con rabbia.
Non era lei.
John la cercò disperatamente, salendo e scendendo dai vagoni con il cuore in gola. Non era possibile, era arrivato in tempo, doveva trovarla!
Non c'era, non c'era da nessuna parte. Non era salita sul treno.
Johnny abbandonò ogni speranza, distrutto e completamente solo. Ridiscese sulla banchina, crollando a terra sulle ginocchia.
Osservò con il viso rigato dalle lacrime le porte chiudersi davanti a lui, e rimase a fissare il vuoto finchè anche l'ultimo vagone non fu passato.
Sentì un rumore di passo alle sue spalle, ma non riuscì a girarsi, e non gli importava chi fosse.
Aveva appena perduto tutto ciò a cui teneva, tutto ciò che dava un senso alla sua vita. Tutto il resto era indifferente.
La persona dietro di lui lo fissava impassibile, con un'espressione sprezzante, senza avvicinarsi, indifferente al suo dolore.
-E' partita un'ora fa, John.-
Crack. Un pungo nello stomaco, una coltellata al cuore, e il muro di specchi che difendeva John andò in frantumi.
Annaspò in cerca d'aria mentre le lacrime lo soffocavano e gli chiudevano la gola, e il dolore gli dava alla testa facendolo piegare sul pavimento e facendolo scoppiare in un pianto silenzioso e disperato.
Non era arrivato in tempo, aveva perso la possibilità di riaverla, e lei non sarebbe più tornata indietro, non l'avrebbe più rivista, mai più!
Quando non ebbe più nemmeno le forze per piangere, asciugatosi le lacrime, si alzò in piedi ed oltrepassò in silenzio Nancy, che ancora lo stava guardando, come un mostro impassibile.

Jess stringeva il borsone tra le mani, torturandone il tessuto nervosamente.
Il rumore delle ruote sulle rotaie era assordante, il treno sobbalzava, e il finestrino a cui aveva appoggiato la fronte vibrava senza sosta, impedendole di pensare.
Ma forse era meglio così, perchè altrimenti non si sarebbe data pace, e avrebbe desiderato tornare indietro, e avrebbe pensato a John, e le sarebbe venuto in mente ciò che Nancy le aveva detto prima che salisse sul treno, una cosa terribile e spietata, ma anche vera.
"Meglio così. Le cose devono tornare quelle di prima, Jess."
Sì, era davvero meglio così, ma le cose non sarebbero state più quelle di prima.
Prima che il rimorso le impedisse di respirare, Jessica chiuse gli occhi e cercò di non pensare.


Non ci posso credere D:
Questa è proprio la fine, a quanto pare!
Non sarà l'ultimo capitolo, dopo ci sarà un epilogo, una specie di capitolo finale, ma poi avrò finito questa storia...
Adesso sono depressa marcia! T - T
Vi ringrazio di cuore per aver letto e seguito la mia storia, grazie a tutti!
Ma i ringraziamenti ufficiali non li farò adesso, altrimenti mi viene un magone della miseria e non riesco più a scrivere niente perchè mi sembra che sia la fine!
Al prossimo capitolo, miei cari!
ghirigoro

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Epilogue ***


Epilogo.

Il mazzo di rose che stringeva tra le mani sembrava un pesante pezzo di ghiaccio, e desiderava solo liberarsene.

L'odore di quei fiori lo nauseava.
Ancora una volta, Linda emise un singhiozzo e nascose il viso nella sua spalla, asciugando le lacrime nel tessuto ruvido della giacca.
Avrebbe dovuto stringerla e consolarla e dirle qualcosa di gentile, ma John non poteva fare altro che fissare Anne inclinare quell'urna, facendo cadere le ceneri grigiastre sulla lapide, mentre l'aria le sollevava e le spargeva lontano.
Gettate al vento, proprio come il suo amico aveva fatto con la propria vita.
Adesso però non sembrava così naturale che si facesse la stessa cosa con ciò che restava di lui, una volta morto. Solo a pensarci gli veniva da vomitare.
Cenere alla cenere, sì, e polvere alla polvere... Mio Dio.
Un'intera esistenza in un vaso.
John lo stava vedendo con i propri occhi, ma non poteva crederci. Quello non poteva certamente essere tutto ciò che rimaneva del suo migliore amico. Non c'era il suo viso, in quel grigio, non c'erano i suoi occhi.
Guardava in silenzio le ceneri cadere, e posarsi su una lapide che non era loro.
Non poté fare a meno di sorridere, ironico, quando realizzò che Nancy li aveva fregati tutti.
Si era presa il suo migliore amico, si era presa Jess, si era presa Sid, si era presa tutto.
Non c'era una tomba, per Simon, ma le sue ceneri su quella di Nancy.
Nessuno avrebbe potuto portargli dei fiori, senza posarli sotto la lapide di lei. Nessuno avrebbe più parlato di lui, senza nominare lei. Nessuno avrebbe potuto andare a trovarlo, perchè avrebbe trovato solo lei. La gente avrebbe pensato che lei aveva avuto tanti amici, e che ora erano tutti tristi per la sua morte e le portavano dei fiori, e nessuno avrebbe potuto pensare che, magari, c'era anche Sid lì, in quel cimitero, magari a concimare l'erba, o ad essere spazzato via dal guardiano o da una donna infastidita da tutta quella sporcizia sulla tomba del suo caro.
Ora erano una cosa sola, l'una aveva inghiottito l'altro.
La vita di Sid era ora la storia di Nancy.
Si era presa anche il suo ricordo. Tutto ciò che rimaneva di lui, ora le apparteneva.
Sì, lei li aveva proprio fregati tutti, e questo John lo sapeva.
Si era presa anche Jess. Si era presa tutto anche da lui, lasciandogli solo un letto vuoto e freddo, e un cuore spezzato, proprio come aveva fatto lui quella notte di tanto tempo prima, quando l'aveva rifiutata. Beh, ora poteva finalmente dire di aver vinto. Aveva ottenuto la sua vendetta, lo aveva lasciato in frantumi.
Le ceneri nel vaso erano finite. Il vento le stava sollevando, come fumo, e le soffiava lontane, verso gli alberi.
Linda si premette il suo mazzo di crisantemi al petto, e lentamente si avviò verso il gruppo di persone. John si sforzò di seguirla.

-Torniamo a casa?-
Le condoglianze e le parole erano finiti, e poco a poco stavano andando tutti.
John scosse la testa, ed aspirò un'altra boccata di fumo.
-Ti raggiungo dopo.- le disse, con lo sguardo puntato sul mazzo di crisantemi che lei aveva lasciato sulla tomba. Il suo lo teneva ancora stretto in mano.
Linda lo guardò a lungo, prima di lasciargli un bacio sulla guancia ed andarsene.
Rimase solo, a fissare una lapide in un cimitero, a pensare al suo amico, a tutti quei ricordi che non sapeva di aver conservato, finalmente libero di sfogarsi.
Si sedette sul prato a piangere, lontano dagli altri e lontano dalla tomba, come se non volesse rendere quel dolore ancora più reale e soffocante, e depose le rose rosse di fianco a sé.
Quando le lacrime gli offuscarono la vista premette i palmi delle mani contro gli occhi, schiacciandoli contro le ginocchia. Proprio come piangono i bambini, perchè era un bambino che stava piangendo.
Ricordò il giorno in cui l'aveva conosciuto, ricordò il giorno in cui gli inventò un nuovo nome, quello che avrebbe usato sul palco, ricordò i terribili concerti dei Sex Pistols e tutte le volte in cui si era incazzato con lui perchè non aveva imparato a suonare un pezzo. Cercò di non pensare ai suoi ultimi giorni, quando ormai tutti avevano rinunciato ad aiutarlo, perchè quelli facevano più male. Voleva ricordare il suo amico quando era se stesso, e non un pupazzo nelle mani degli altri.
Rimase tanto tempo così. Quando risollevò gli occhi, non c'era più quasi nessuno.
Solo qualche familiare, solo uno o due amici.
Raccolse il mazzo di rose e si incamminò verso di loro. Sentiva fosse giusto parlare con Mary, la sorellastra di Simon, dirle qualcosa di consolante, fargli le sue condoglianze. Avrebbe lasciato a lei i suoi fiori, non a Nancy.
La cercò tra le persone, e la trovò che stava parlando con una donna.
Aspettò che l'altra se ne andasse, prima di avvicinarsi e dirle quanto gli dispiaceva. La salutò mentre lasciava il cimitero abbracciata ad Anne, con il mazzo stretto tra le braccia.
John aspettò che scomparissero nella foschia mattutina prima di voltarsi per andarsene.
La donna di prima era ancora lì, inginocchiata di fronte alla lapide.
Gli ci volle un po' per riconoscerla. Era molto cambiata.
Le si avvicinò da dietro, con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni.
Poteva scorgere oltre la sua spalla due gigli.
Il suo cuore minacciava di fermarsi.
-Le piacevano questi fiori.- disse la donna, accarezzando i petali bianchi.
Lo aveva sentito arrivare. John sorrise, nervosamente. Non aveva il coraggio di parlare, e il nodo alla gola non aiutava.
-Anche a Sid piacevano. Ne comprò un mazzo intero a sua madre, quando aveva dodici anni. Così, per nessun motivo. Ed io gli dissi che era uno scemo perchè aveva buttato via dei soldi per...- La voce si incrinò, e John dovette asciugarsi gli occhi con il dorso della mano. -Non immaginavo che avrei avuto così tanti rimorsi... una volta giunti a questo...-
La donna posò i due fiori sulla tomba, sopra la cenere e il marmo.
John la osservò alzarsi in piedi e girare appena al testa verso di lui. Gli sorrise, in un modo che gli fece mancare il respiro, e tornò a guardare davanti a lei.
Avrebbe tanto voluto toccarla.
Provò ad articolare una frase, ma ogni parola gli moriva in gola. Fu lei a parlare.
-Quanto tempo è passato? Due, tre, quattro anni?-
John sentì una vecchia cicatrice riaprirsi. Tese una mano, con un coraggio che non sapeva di avere, e le sfiorò un braccio.
La donna abbassò la testa e si voltò verso di lui, con una mano sul petto. John vide un anello al suo dito.
In quel momento un uomo la chiamò dalla stradina, agitando un braccio.
Entrambi si voltarono verso di lui, prima di ritornare a guardarsi.
-Tuo marito...-
-Sì... Si chiama Robert Drawford. A maggio... ci siamo sposati a maggio.-
Maggio era un buon mese per un matrimonio, pensò John.
-Lo ami?- si azzardò a chiedere.
La donna sorrise, ed annuì.
John non aveva il coraggio di rivolgerle quell'ultima domanda che gli premeva tanto, ma lei sembrò leggergliela negli occhi.
-Anche tu ti sei lasciato il passato alle spalle, Johnny. Ti ho visto, prima...-
John distolse lo sguardo dai suoi occhi.
-Linda ed io non... Non è come lei vorrebbe.- tentò di spiegare, scuotendo la testa.
La mano di lei si posò sulla sua spalla, mentre si avvicinava per baciarlo.
John inspirò il suo profumo, quel profumo che gli era mancato tanto e che gli era sembrato così lontano, mentre le accarezzava i capelli.
Sentì le sua labbra premersi contro l'angolo della sua bocca, prima di allontanarsi per l'ultima volta.
-Non ti ho mai dimenticata, Jess.- le sussurrò all'orecchio, prima di lasciarla andare.
-Addio, Irish Boy.-


T - T ohmiodionostopiangendo!
Veramente gente, qui mi prendo l'elettroshock con tutta quest'acqua sulla tastiera!
Ed ecco che finisce la mia storia... Mi mancherà un casino, mentre scrivevo ero tentata di mandare tutto all'aria e fare altri quindici capitoli!
Ma... non è possibile, purtroppo. Tutto deve finire, prima o poi, giusto?
Mi mancherà veramente, era anche l'unica ff dove potevo usare tutte queste parolacce senza sembrare una scaricatrice di porto * viva le parolacce! :D *...
Poi mi dispiace un casino per il finale D: davvero, mi sarebbe piaciuto fare una scena del tipo "Oh, ti amo John!" "Ti amo anche io Jess!" E vissero per sempre felici e contenti e con tanti bei figli punk.
Anche se, alla fine, è come se se si fossero dichiarati il proprio amore per l'ultima volta, con il bacio d'addio che, però, non è un vero e proprio bacio...
Però questo è un addio davvero! *si dispera*
Voglio ringraziare tutti quelli che hanno letto, recensito o anche dato un'occhiata ogni tanto, dal primo all'ultimo! Senza di voi non ce l'avrei mai fatta! E un ringraziamento speciale a Martina, che è capace di darti più spunti di quanti tu possa immaginare, e che mi ha aiutata molto con questa storia!
Spero che un giorno vi farò ammattire con un'altra delle mie deliranti ff :D
All yours forever,
ghirigoro

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=578881