Illusioni e aspettative

di Crystal_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


La signorina Scarlett Maybelle era nota in tutta la contea per il bell’aspetto, il carattere stravagante e mutevole, e -soprattutto- per le vaste ricchezze di cui disponeva, in quanto primogenita di Lawrence Maybelle. Egli era un proprietario terriero che aveva arricchito le già considerevoli fortune di famiglia con il suo formidabile ingegno e il fiuto per gli affari.
Vivevano da una decina di anni a quella parte in una tenuta nell’Inghilterra del sud, assieme alle altre due signorine Maybelle: Persephone e Candace. La prima aveva diciotto anni, ed era sempre stata la prediletta di Scarlett, non solo per via di una serie di affinità di idee, ma anche per l’arrendevolezza e l’influenzabilità di Persephone. In poche parole, possedeva il carattere ideale per andare d’accordo con quello più focoso e forte della sorella maggiore.
L’esatto opposto era invece Candace: introversa, taciturna, d’animo meschino. Era cresciuta all’ombra di Persephone e di Scarlett e nel loro costante disprezzo. Più volte il signor Maybelle aveva tentato di spiegare loro che Candace non aveva alcuna colpa se, durante il parto, la loro amatissima madre era morta, ma non gli avevano mai prestato orecchio, e passarono volentieri l‘infanzia a punzecchiarla, a infastidirla, e a gettare le basi per tutta una vita di emarginazione.

«Mia cara Scarlett», le disse un giorno il padre, dopo averla chiamata in un angolo più appartato della sala. «Ho già detto a te e alle tue sorelle che domani arriveranno Connor e Maverick Jenkins, e che si tratterranno tutto l’inverno, e…»
«…E io vi ho già detto, caro padre, che me ne rallegro molto», rispose lei con il tono di una che non se ne rallegra per nulla.
«Il punto è che vorrei chiarire certe faccende con te, prima che arrivino. Sei ormai in età da marito, Scarlett… diciannove anni compiuti da tre mesi, e tu che fai? Ti ostini a respingere ogni tuo pretendente, anche se onorevole! Non è un comportamento accettabile da una signorina della tua età, dovresti saperlo!»
«Ma sono tutti così noiosi!», esclamò con passione, cercando di mascherare un ghignetto. Era ormai abituata alle arringhe paterne sulla sconvenienza dei suoi rifiuti: i pretendenti non le mancavano, ma prima o poi avrebbe smesso di essere giovane e bella, e allora avrebbe cessato anche di essere l‘oggetto delle attenzioni di qualsivoglia gentiluomo. Quale delusione per la sua famiglia, se fosse rimasta zitella!
Insomma, sempre i soliti discorsi. Si domandava ancora perché suo padre insistesse tanto, non capiva che nemmeno lei aveva intenzione di rimanere una zitellona? Anzi, avrebbe accolto con piacere le profferte di qualsiasi uomo fosse stato in grado di stuzzicare la sua curiosità e il suo interesse. Se fino ad allora non era accaduto, non era di certo colpa sua.
«Noiosi!», borbottò tra sé il signor Maybelle. «Hai respinto Sir Carter perché lo trovavi noioso? Eppure mi è parso un giovane assennato, d’intelletto e di grande cultura.»
«Se vi piace così tanto il signor Carter, perché non lo sposate voi?»
Seguì un lungo rimprovero sul suo contegno maleducato e irriverente, che Scarlett ascoltò con aria assente; poi si ritornò in discorso:
«Il punto è che, con l’arrivo del signor Jenkins, spero in un miglioramento delle tue maniere… e spero anche che tu non parta con le solite prevenzioni, e che tu sia più incline a considerarlo affettuosamente. È un vero gentiluomo, e una vostra unione non risulterebbe affatto sgradita.»
La signorina Scarlett sorrise: «Prevenzioni? Se non volete che parta con prevenzione alcuna, dovreste evitare di convincermi a trovarlo simpatico prima ancora di averlo incontrato.»
Il padre ammise, ridacchiando, che effettivamente aveva ragione, poi la lasciò libera di tornare alle sue occupazioni. Mentre Scarlett si allontanava, Lawrence sorrise, a metà tra l’indulgente e il preoccupato.

«Allora, che voleva nostro padre?», domandò la voce curiosa di Persephone, non appena vide la sorella entrare nella stanza.
«Voleva raccomandarmi di fare l’amabile con il signor Jenkins… o per lo meno di non mostrare quello che lui definisce “caratteraccio”» Scarlett rise, quindi aggiunse, con tono un po’ colpevole: «Effettivamente ha ragione, la mia condotta nei confronti dei giovani che hanno domandato la mia mano è stata un po’ troppo dura, ma non so proprio resistere! Certuni sono così squisitamente patetici!»
Persephone sorrise, divertita. «E tu cosa gli hai detto? A nostro padre, intendo.»
«Nulla di particolare, ma gli ho fatto capire che non ho intenzione di giudicarlo noioso prima ancora di aver avuto occasione di parlargli.»
«Vuoi davvero sposartelo?», le domandò la minore, con vivo stupore.
«Mi fraintendi, cara Seph. Ho solo detto che avrei giudicato più avanti, quando sarà ragionevole farlo… se poi si dimostrerà all’altezza del mio ideale di uomo, accetterò di sicuro eventuali profferte.»
«Eventuali? Ne dubiti, per caso?», rise Persephone.
«Non lo conosco ancora, è ovvio che ne dubiti, no?»
Ma per la sorella, che nutriva una vera e propria adorazione per lei, una futura inclinazione del signor Jenkins era praticamente sicura. Come dargli torto? Scarlett era una ragazza giovane, bella, piena di brio; magari dai modi un po' scontrosi all'inizio, ma dopo un'approfondita conoscenza risultava divertente, assennata, piacente; inoltre nemmeno la dote era un problema. Lo fece notare subito a Scarlett, la quale, prontamente, sentenziò:
«Meglio non farsi così tante illusioni ed aspettative sugli uomini. Hanno la singolare capacità di deluderle tutte.»

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Il resto della giornata proseguì senza eventi degni di nota; le ragazze, che non sembravano per nulla emozionate per il prossimo arrivo dei due signori, si dedicarono alle solite occupazioni: Scarlett si accomodò al pianoforte, dove tentò di apprendere un nuovo brano particolarmente difficile; Persephone alternò la lettura al canto; Candace invece iniziò un lavoretto d’ago, in disparte, che ripose solo per andare a cena. Si ritirarono nelle loro camere all’orario consueto, e nel giro di un’ora dormivano tutte profondamente. Non nominarono i Jenkins neppure una volta.
Il signor Maybelle, nell’osservare il loro comportamento, non era affatto stupito. Si aspettava una reazione del genere e, benché dentro di sé nutrisse ancora la fioca speranza che le figliole cercassero di mascherare la propria eccitazione per l’indomani sotto un’apparente indifferenza, non poté dichiararsi soddisfatto.
Prima di andare a letto, pregò che il soggiorno dei Jenkins portasse ad un buon matrimonio; accarezzava, soprattutto, la speranza che Connor, il maggiore, chiedesse in sposa Scarlett. Erano entrambi primogeniti, ed erano anche ricchi… senza contare che il signor Jenkins vantava anche un titolo nobiliare, quello di duca. Dal punto di vista finanziario e sociale, era un’unione perfetta.
“Quella ragazza dovrebbe pensare alla sua famiglia, non al suo interesse personale. Da duchessa, potrebbe introdurre nell‘alta società le sue sorelle”, pensò, prima di chiudere gli occhi e cadere addormentato.

«Signorina!»
Scarlett girò il capo dall’altra parte, infastidita.
«Signorina, svegliatevi! È già mattino, non vorrete fare tardi per la colazione?»
Lavonne, la cameriera che cercava di destare Scarlett, si avvicinò alla finestra e scostò le tende. Un pallido raggio di sole attraversò la stanza e illuminò il volto della ragazza addormentata, fugace, prima di sparire con il passaggio di una nuvola.
«Da quando in qua facciamo colazione così presto?», protestò la signorina Maybelle, con la voce impastata dal sonno. Si stiracchiò pigramente.
«Da quando sono arrivati i signori Jenkins, signorina.»
«I Jenkins?»
«Sì, signorina. Hanno affrettato il viaggio per tema di incontrare il temporale, e sono arrivati mezz’ora fa… il signor Maybelle e la signorina Persephone sono già di sotto; la signorina Candace si sta preparando e li raggiungerà a momenti. Vostro padre vi raccomanda di andare nel salone al più presto, e in fretta, dato che…» (la ragazza, che evidentemente temeva di risultare impertinente, fece una pausa imbarazzata) «…dato che, dice il signore, sarebbe piuttosto scortese, oltre che sconveniente, non farlo.»
Scarlett si alzò in piedi e, ancora scalza e con la veste da notte, prese a camminare solennemente per la stanza, seguita dallo sguardo curioso della cameriera. Aveva davanti a lei due possibilità: accondiscendere al desiderio paterno e raggiungere gli ospiti per la colazione, sebbene di controvoglia e di malumore, sforzandosi di apparire amabile; oppure rimanere lì dov’era, dormire ancora un po’, e scendere solo quando ne avesse avuto voglia, sebbene rischiasse di incorrere nell’ira del padre e di saltare un pasto. Rifletté intensamente per qualche secondo poi, finalmente, trovò una soluzione che coniugava entrambe le ipotesi.
«Si farà colazione all’orario solito», annunciò risoluta, sprofondando nuovamente tra le coperte. «che agli ospiti stia bene o meno.»
«Ma signorina…!»
«Hai sentito cosa ho detto?»
«Sì, ma…»
«Perfetto allora. E se mi farai il piacere di riferirlo a mio padre, allora potrò ritenermi davvero soddisfatta.»
Alla cameriera non rimase altro da fare se non ubbidire quindi, congedatasi, scese in salotto per comunicare al signore la decisione di Scarlett. Non senza un certo imbarazzo, gli disse che la signorina Maybelle le era sembrata molto combattuta, quando le aveva detto che avrebbe fatto colazione più tardi, e che con rammarico annunciava che preferiva rimanere a dormire.
Nonostante le evidenti mitigazioni della cameriera (perché Lawrence dubitava che la sua primogenita potesse “rammaricarsi” di qualcosa), l’affronto rimaneva palese, e al signor Maybelle non restava altro che rispondere a tono.
«Dite a mia figlia, allora, che in tal caso non mangerà affatto. Deve sentirsi molto male, se preferisce rimanere a letto, e abbuffarsi a colazione non l‘aiuterebbe a rimettersi… credo sia saggio informare la cuoca che per pranzo la signorina Scarlett mangerà solamente della minestrina, cosicché possa avere il tempo di prepararla. Più tardi chiameremo un buon medico.»
Lavonne obbedì e si allontanò dal salone, diretta nella stanza da letto della sua padrona. Dopo qualche secondo, ritornò dabbasso e comunicò al signor Maybelle che improvvisamente la signorina si sentiva meglio, e che sarebbe scesa a momenti.

«Finalmente sei arrivata, mia cara Scarlett!», esclamò Lawrence, sorridendole.
Sua figlia, a denti stretti, rispose: «Non mi sentivo molto bene, papà, spero vorrete perdonarmi per il mio ritardo»
«Non è a me che devi chiedere venia, figliola, ma ai nostri ospiti.» Il signor Maybelle indicò con un ampio gesto delle braccia i due signori, che sedevano silenti su un divanetto. Erano entrambi di bell’aspetto e simili di lineamenti, anche se le fattezze più marcate di Connor erano meno delicate di quelle del fratello Maverick.
«Non preoccupatevi, Lawrence», disse quest’ultimo con voce affabile. «Siamo noi a dover chiedere venia per essere venuti così in anticipo.»
«Hanno ragione, è colpa di lorsignori», convenne bruscamente Scarlett.
La sua uscita irrispettosa causò reazioni differenti: il padre le lanciò un’occhiataccia molto significativa, e cercò in tutti i modi di trattenersi dal rimproverarla in pubblico; i due signori ospiti la guardarono con sincero stupore; le sue sorelle, sedute di fronte ai Jenkins, sorrisero divertite (l’una perché si aspettava un severo richiamo, l’altra perché trovava la battuta della maggiore molto spassosa).
«Temo di non aver capito, mia cara», disse il signor Maybelle con tono d‘avvertimento. «Puoi ripetere?»
Sua figlia avrebbe anche ripetuto il commento, ma fortunatamente (per l’autocontrollo paterno) arrivò una cameriera ad annunciare che la colazione era servita, così si spostarono nella sala da pranzo e l’argomento cadde lì.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Una volta entrati, il signor Maybelle insistette affinché i due ospiti prendessero posto accanto a lui, che sedeva al capotavola; oltre ad essere un piccolo atto di buona creanza, era anche un’ottima occasione per avvicinare Scarlett e Connor.
«Solitamente», disse Lawrence. «questi posti sono occupati da Candace e da Scarlett, ma dato che oggi, con noi, ci sono anche i signori, sono sicuro che le mie figliole saranno più che disposte a sedersi più giù. Nevvero?»
Le due ragazze in questione (sebbene non con eguali sentimenti), assicurarono al padre e agli ospiti che per loro non c’era alcun problema, e si sedettero. Poco dopo una cameriera servì la colazione.
Il padrone di casa, tra un boccone e l’altro, osservò con palese soddisfazione la sistemazione della tavola (apparecchiata con cura e con le migliori posate) e, soprattutto, la disposizione del gruppo: alla sua destra c’erano, in ordine, Connor Jenkins e le sue figlie Scarlett e Persephone; alla sua sinistra, invece, Maverick Jenkins e Candace.
«Avete delle belle mani, signorina», disse all’improvviso Connor, rivolto alla maggiore delle Maybelle. «Suonate il piano?»
«Sì, signore, da quando avevo dieci anni.»
«Dovrete essere molto brava, allora.»
«Spererei di sì, ma non credo di essere la persona adatta per stabilirlo.»
Seguì un breve silenzio che, probabilmente, sarebbe stato interrotto da una cortese proposta di suonare qualcosa al pianoforte nel pomeriggio, se la signorina Persephone non avesse pensato che fosse opportuno intromettersi.
«Oh, sì, è molto brava, ma non lo ammetterebbe mai!», esclamò ridendo; però la sua risata allegra si spense quasi subito, dopo0 un’occhiata molto significativa del padre.
Il signor Connor sorrise brevemente in direzione delle due ragazze, poi riprese ad occuparsi del suo pasto. Fece qualche educato elogio al cibo e alla casa ma in seguito, eccettuati gli sporadici interventi nella conversazione tra il fratello e il signor Maybelle, non disse altro. La mancanza di attenzioni non preoccupò né turbò minimamente le ragazze; se non potevano godere della conversazione dei signori (presi da argomenti a loro parere molto noiosi, come la politica), avevano comunque modo di discorrere di temi ben più frivoli tra di loro: moda, pettegolezzi… tutte cose che interessavano le signorine della loro età, insomma.
Alla fine del pasto, Lawrence si alzò in piedi e, con fare allegro e disinvolto, invitò gli ospiti e le sue figlie a ritornare nel salotto, dove sarebbero stati più comodi.
Scarlett, che conosceva abbastanza bene il padre da insospettirsi di quell’aria briosa, si affiancò a Persephone e le sussurrò all’orecchio: «Qualsiasi cosa ti chieda di fare, non assecondarlo.»
«Perché?», le chiese ingenuamente lei.
«Perché questa storia sta diventando ridicola, ecco perché.» Ma Scarlett, evidentemente, aveva fatto male i suoi calcoli: non appena tutti si furono accomodati nei divanetti, il signor Maybelle chiese, con un’occhiata complice, a sua figlia Candace, se aveva voglia di allietare la compagnia suonando al pianoforte.
«Mi piacerebbe molto, ma credo che la cara Scarlett» (le rivolse un’occhiata ironica, ricambiata da una bieca) «sia più adatta allo scopo. È più esperta e più talentuosa nel campo musicale.»
Il padre convenne che aveva ragione, e i Jenkins ammisero che erano curiosi di verificare se la maggiore delle Maybelle fosse davvero l’esimia pianista che si diceva. Costretta dalle insistenze della sorella minore e del signor Maybelle, oltre ad essere stata toccata nell’orgoglio dall’implicito significato delle parole degli ospiti, Scarlett si sentì in dovere di dimostrare loro il suo talento di musicista. Accomodatasi al piano, intraprese l’esecuzione del brano più difficile che conosceva, nella speranza di impressionare abbastanza i signori uomini da farli, finalmente, tacere. «Siete davvero abile come dicono», commentò Connor, con la massima serietà.
«Anzi,» aggiunse Maverick. «devo ammettere che siete anche più brava di quel che ci aspettavamo!»
«Siete troppo gentili, signori», ringraziò Scarlett, con tono compiaciuto. Uno dei suoi più grandi difetti era la vanità che, unita ad un forte senso della realtà, la rendevano alquanto immodesta quando si trattava delle sue doti e dei suoi meriti.
Passarono la mattinata nel salotto. Candace e Persephone si alternarono al pianoforte e, durante l’esecuzione dell’una, l’altra la accompagnava con il canto; le loro prestazioni non furono all’altezza di quella di Scarlett che, d’altra parte, fu troppo impegnata a conversare con i signori per poterle raggiungere per un’altra canzone.
La maggiore delle Maybelle scoprì nei due ospiti due compagnie piacevoli, ma in modi differenti: da una parte la fresca vivacità di Maverick la divertiva e la dilettava; ma dall’altra il fascino e l’intelligenza che trapelavano dal contegno di suo fratello la incantavano e la attraevano. Non era innamorata di lui, come si potrebbe pensare, né nutriva nei suoi confronti qualcosa di più profondo dell’ammirazione : semplicemente, apprezzava le sue qualità e rifletteva che, andando avanti per un po’ di questo passo, magari avrebbe smesso di chiamarsi signorina Maybelle.

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