His love is more important.

di EverybodyHurts
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First meeting. ***
Capitolo 2: *** Weakness. ***
Capitolo 3: *** Understand your problems. ***
Capitolo 4: *** Inevitability. ***
Capitolo 5: *** Intouch. ***



Capitolo 1
*** First meeting. ***


Salve, popolo di Efp! (:
Ho deciso di scrivere una nuova Fan Fiction dedicata a Ian Somerhalder e Nina Dobrev. Mi piacciono molto insieme e, questa volta, ho deciso di scrivere qualcosa meno schematico e più personale. Eh già, perché in questa storia non saranno due attori a parlare, saranno due persone normalissime che s’incontrano un giorno così per caso e s’innamorano.  Spero davvero che questo primo capitolo vi piaccia e spero in una vostra recensione. Amo leggere ciò che la gente pensa delle mie storie: mi aiuta a fare sempre di più e soprattutto a migliorare. Aspetto con ansia i vostri pareri e.. buona lettura! :3
 
 
Mi ero appena svegliata quando qualcuno bussò alla porta. Chi poteva essere se non mia madre?
« Buongiorno tesoro mio! » esclamò appena mi vide. Indossava un completo color albicocca che le donava moltissimo, l’avevamo scelto insieme qualche mesetto prima. Aveva una borsa perfettamente intonata con le scarpe, una borsa che non le avevo mai visto, una borsa che ovviamente non poteva sfuggire al mio sguardo attento ad ogni cosa che riguardasse la moda.
« Ciao mamma. » risposi teneramente con voce impastata dal sonno. Non dovevo dare una buona impressione a giudicare dallo sguardo di mia madre.
« Santo cielo tesoro, ancora in queste condizioni? » chiese lei acidamente con il solito tono esagerato. Erano appena le nove, poteva anche smetterla di fissarmi con quegli occhi indagatori.
« Mi sono appena svegliata. » dichiarai timidamente, come spaventata dalla sua successiva reazione.
« Corri a lavarti, pettinarti e vestirti! Sbrigati, non posso vederti in queste condizioni. » ordinò lei entrando in casa, visto che fino a quel momento l’avevo tenuta sulla soglia senza invitarla ad entrare. Posò la sua borsa sul tavolo nel salone e si accomodò sul divano.
« Che disordine! Dovresti imparare ad essere più ordinata! » esclamò dopo aver visto una forcina lasciata sul tavolo. Una forcina. Una forcina.
Si alzò spazientita, la prese e la mise nel cassettino del bagno insieme alle altre e poi si risedette.
« Ancora non sei pronta? » domandò lei irrequieta.
« Ė nuova la borsa? » chiesi ignorando le sue parole.
« No, non è nuova, l’ho comprata la settima scorsa.. ti piace? »
Annuii.
Mi diressi verso il bagno, mi feci una doccia, mi pettinai accuratamente e tornai da mia madre la quale, nel frattempo, stava sfogliando una rivista di moda.
« Sai tesoro, ho rivisto quel ragazzo.. come si chiama? Ah, sì! Jake.. il figlio dell’avvocato.. sai, dovresti farci un pensierino! » disse lei senza togliere gli occhi dalla rivista.
Scossi il capo: Jake era uno dei tanti ragazzi che mi aveva presentato. Voleva a tutti i costi che sposassi un ragazzo perché aveva il desiderio di organizzare il mio matrimonio dal momento della mia nascita.
« Mamma, lascia stare. »
Lei alzò lo sguardo e rimase a fissarmi per un po’.
« Quel vestito? Lo indossavi anche ieri! » esclamò inorridita.
Doveva criticare ancora per molto? Mi guardai: era uno dei miei vestiti preferiti e ogni volta che lo indossavo, lo indossavo volentieri.
« A me piace! » sbottai.
« Va bene, va bene, stai calma. Comunque, hai sentito? » chiese lei d’un tratto.
« Cosa? »
« Tuo padre si sposa con un’altra donna. » disse lei con un pizzico di risentimento. Si erano lasciati da tantissimi anni, io ero piccolissima. La notizia non mi stupiva affatto: dal loro divorzio aveva frequentato tante altre donne. L’unica cosa che mi lasciava sconcertata era: sarebbe stato in grado di impegnarsi con una sola donna?
« Dopo tutti questi anni.. »
« Vorresti insinuare che fa bene a risposarsi? » mi domandò.
« Mamma, vorresti non averlo mai lasciato? »
« Certo che no.. » dichiarò lei portando le braccia al petto.
« E allora che si sposi con chi vuole. » conclusi infilandomi i guanti di lana che avevo acquistato il giorno prima.
« Sai, mi si è fulminata la lampadina del bagno e non so proprio come fare. » le dissi dopo un po’. I lavori pratici non facevano per me: avevo vissuto per tutti quegli anni tra i miei amati libri, tra la mia amata teoria, tra i miei studi e mai mi ero curata della praticità delle cose. Pian piano ne stavo pagando le conseguenze: non riuscivo a cambiare un piccolissima lampadina.
« Ah, non dirlo a me! – disse lei – La settimana scorsa ho dovuto chiamare l’elettricista per farmi smontare e rimontare le due lampadine del salone. Vuoi che ti lasci il numero di cellulare? »
« Sì, va bene. » le dissi prendendo un foglio di carta. Appuntai il numero, presi il cellulare e chiamai. Attesi in silenzio la risposta mentre mia madre si stava dirigendo verso il mio armadio per vedere i miei nuovi acquisti.
« Pronto? » chiese una voce non molto giovane.
« Ehm, pronto? Mi servirebbe un aiuto.. » dissi balbettando.
« Mi dica pure. »
« Dovrei smontare e rimontare una lampadina e non so come fare. Lei potrebbe aiutarmi? » chiesi gentilmente.
« Ci mancherebbe altro, sono un elettricista. Posso passare questo pomeriggio? » lo sentii ridacchiare leggermente.
« Certamente, verso che ora? »
« Verso le 15, se per Lei va bene. Mi lasci pure l’indirizzo. »
Gli dissi l’indirizzo e riattaccai.
« Nina, dove hai comprato questi meravigliosi stivali? » chiese mia madre. La raggiunsi velocemente. « In una boutique, al centro.. »
« Poi mi ci porti. Allora, andiamo? » chiese lei ed io annuii.
La mattinata trascorse velocemente: come sempre mia madre mi trascinò di vetrina in vetrina, di negozio in negozio. Non che la cosa mi dispiacesse: quando ero con lei riuscivo a portare a casa ancora più buste colme di vestiti, accessori e scarpe. Se gli affari di quei negozi andavano a gonfie vele era solamente grazie a noi.
Quando tornai a casa la cameriera aveva già apparecchiato. Mangiai velocemente visto che le 15 stavano arrivando. Alle 15 precise mi sedetti sul divano per rilassarmi in attesa che qualcuno bussasse. Alle 15.30 ancora non si era presentato nessuno. La puntualità dov’era finita? Decisi di leggere qualche pagina del libro che la sera prima avevo lasciato sul comodino ma nel momento in cui l’aprii qualcuno bussò. Finalmente!
Aprii di scatto la porta. Il tizio stava voltato e riuscivo ad intravedere una sigaretta che sporgeva dalla sua bocca e la mascella pronunciata. Aveva un po’ di barba e i capelli scompigliati e scurissimi. Indossava una camicia bianca spiegazzata e un paio di jeans scuri. Le scarpe erano un insulto per i miei occhi critici: degli scarponi, neri?, malridotti.
« Non le hanno insegnato che.. » interruppi le mie accuse non appena il tizio si voltò. I suoi occhi, oh mio Dio, i suoi occhi! Erano azzurri, di un azzurro che non avevo mai visto. Erano davvero spettacolari. Non riuscivo a concentrarmi su qualcos’altro in quel momento; c’erano i suoi occhi. I suoi occhi e basta.
« Mi scusi, sono in ritardo. » disse mortificato. La voce? Non era quella che avevo sentito al telefono!
« Non fa niente. » balbettai.
« Posso entrare? » chiese gentilmente sporgendo il viso verso la porta.
« Certamente. » gli feci strada verso il bagno.
« Non sono l’elettricista con cui ha parlato questa mattina. »
Inarcai le sopracciglia. « Sono un suo amico. Non è potuto venire purtroppo e mi ha chiamato. » disse guardando il lampadario.
« E.. è in grado di farlo? Cioè.. non.. non è un elettricista. » dissi confusamente. Arrossii: stavo facendo una figuraccia tremenda. Non capivo che l’unica che non è in grado di montare una lampadina ero io?
Lui si voltò verso di me e mi sorrise. « E’ solo una lampadina, so cavarmela perfettamente. »
Ricambiai il sorriso. « Ha bisogno di una scala? » chiesi.
« Va bene anche una sedia, il soffitto non è poi così alto. » sorrise di nuovo.
Mi diressi verso la cucina, presi una sedia e gliela portai. Salì sulla sedia e smontò la lampadina in un batter d’occhio.
« Lei è sempre così elegante in casa sua? » mi chiese mentre fissava attentamente l’innesto della nuova lampadina che aveva in mano. Fissai il mio meraviglioso vestito e le mie bellissime scarpe.
« Ehm.. e Lei è sempre così – feci una pausa alla ricerca della parola giusta – poco elegante quando si presenta in casa d’altri? » chiesi con un pizzico d’acidità nella voce. Lui distolse lo sguardo dalla lampadina e mi fissò.
« Non credo che per montare una lampadina bisogna vestirsi elegantemente. » rise.
« Bisogna sempre essere eleganti, bisogna sempre avere stile! » esclamai.
Lui si concentrò nuovamente sulla lampadina. L’avvitò in pochi secondi e scese dalla sedia. Mi fissò intensamente negli occhi e poi disse: « Terrò conto del Suo consiglio, signorina.. »
« Nina! » conclusi.
« Piacere, mi chiamo Ian. » disse porgendomi la mano. Gliela strinsi educatamente e sorrisi.
Ricambiò con il suo sorriso così solare.. Non ero in grado di dargli un’età: da una parte sembrava un ragazzino con i suoi occhioni azzurri e i suoi capelli scompigliati, dall’altra sembrava un uomo con la sua mascella pronunciata e i suoi lineamenti maturi.
« Quanti anni ha? » chiesi senza rendermene conto. Erano domande da fare, quelle? Sperai con tutta me stessa che la sua risposta non fosse stata “Quanti me ne dai?” perché davvero non avrei saputo come rispondergli.
Lui mi guardò stupito. « ahahah, bella domanda. Presumo che dopo quest’informazione, sia inutile darsi ancora del Lei. 24, e tu? » Tirai un sospiro di sollievo.
« Quanti me ne dai? » risi.
« mm.. non più di 42. » affermò deciso.
« Cosa? » scoppiai a ridere.
« Seriamente.. mm, non più di 19. »
« Indovinato.. 19. »
« E’ stato un piacere conoscerla, ora devo proprio scappare. » disse lui dopo aver controllato l’orologio.
« Mi sembrava che tu avessi precisato qualcosa a proposito del Lei.. » gli dissi incrociando le braccia e accompagnandolo alla porta.
« Hai ragione. Ciao Nina! »
Sorrisi e ricambiai il saluto. Chiusi la porta alle mie spalle e la cameriera, Bells, mi raggiunse.
« Bel ragazzo, eh?! Su di lui.. sì che dovresti farci un pensierino! »
Scoppiai a ridere. « Ma no, Bells. Non lo rivedrò mai più, tanto.. »
« Chissà se si è scordato del conto.. » mi disse ricordarmi del pagamento.
Oh mio Dio, il conto! Non potevo lasciarlo andare senza neanche dargli una mancia. Presi il portafogli dalla mia borsa e mi precipitai fuori. Fortunatamente non era andato molto lontano (correre con i tacchi non era il massimo).
« Hey, Ian! » lo chiamai. Lui si voltò. « Che succede? »
« Mi sono proprio dimenticata di pagarti.. » feci per aprire il portafogli ma lui mi bloccò.
« Offre la casa. » dichiarò sorridendo.
Io lo guardai. « Ma no, dai.. »
« Non preoccuparti. E’ una lampadina, niente di che. »
« Davvero, voglio pagarti! »
« Sei testarda come un mulo, a quanto vedo. »
Sorrisi.
« Se proprio vuoi.. – mi feci attenta – un giorno mi offrirai un caffè. » disse lui.  
« Con piacere.. »
« E’ arrivato l’autobus, ora devo andare. Ciao, a presto! » dichiarò allontanandosi. Poi si bloccò. « Ah, e non correre con quei tacchi, potresti farti male. » mi fece l’occhiolino. Gli sorrisi e lui salì sull’autobus. Rientrai in casa e mi misi a leggere quel libro che prima avevo lasciato sul comodino. Non lo rivedrai mai più, eh Nina?

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Capitolo 2
*** Weakness. ***


Salve, popolo di Efp! (:

Come va? Io sono stata travolta da un’ondata di gioia improvvisa e mi sento davvero bene, almeno per il momento. Di solito evito di dirlo perché è risaputo: quando si sta bene, dietro l’angolo c’è già un nuovo problema ad attenderci. Ma non voglio essere pessimista, il pessimismo non fa parte del mio carattere. Voglio sorridere perché amo vivere minuto per minuto (: Ecco perché oggi ho ascoltato ininterrottamente “Smile” di Avril Lavigne. Amo associare stati d’animo a canzoni. Non mi dilungo ulteriormente perché se avete aperto questa fan fiction probabilmente (anzi sicuramente xD) non v’interessa la mia vita ma il secondo capitolo. Ecco a voi il nuovissimo capitolo! :3

Ps. Cercherò di aggiornare ogni Mercoledì. Se dovessi avere qualche problema ritarderò di qualche giorno. Grazie davvero! Bacio! :)

 
Nina, sei davvero stupida: pensi davvero che rivedrai quel ragazzo? Come potrai offrirgli un caffè se non hai neanche un recapito telefonico, un indirizzo o qualcosa che possa aiutarti a ritrovarlo nelle tue mani? Inutile rimuginarci: un incontro casuale, niente più. E niente più doveva essere, volevo semplicemente sdebitarmi: era stato così gentile. Chiusi il libro distrattamente, non ero abbastanza concentrata nella lettura, di conseguenza non riuscivo ad immedesimarmi perfettamente come di solito facevo.
All’improvviso vidi il cellulare vibrare e lo raggiunsi. Sconosciuto. Chi poteva essere?
Premetti il tasto della risposta e risposi. «  Pronto? » beeep, beeep. Aveva attaccato.
Lo stesso si ripeté altre tre volte e la cosa cominciava ad inquietarmi.
Posai il libro sullo scaffale e mi diressi in sala da pranzo, dove Bells stava già apparecchiando.
«  La vedo pensierosa, signorina. » disse gentilmente invitandomi a parlare con lei, se avevo qualcosa da dire. Io e Bells avevamo un rapporto speciale: non era una semplice cameriera per me, era molto di più. Bells mi era stata vicina da sempre e mi aveva vista nascere. Era la cameriera dei miei genitori prima che si lasciassero e prima che mia madre decidesse di lasciarmi la villa per trasferirsi in una suite dall’altra parte del quartiere. Ovviamente in albergo mia madre non aveva bisogno di una cameriera, così decisi di assumerla al mio servizio. Fosse stato per mia madre, l’avrebbe licenziata.
«  Ho ricevuto delle chiamate anonime, ho risposto ma dall’altra parte non c’era nessuno. » bisbigliai, quasi per paura di essere sentita.
«  Saranno i soliti ragazzini che si divertono a digitare numeri a caso. Scherzi telefonici, quando ero giovane ne facevo moltissimi e nessuno riusciva mai a scoprirmi. » sorrise. Ogni volta che parlava della sua gioventù o della sua infanzia le brillavano gli occhi e brillavano anche a me nel vederla così assorta.
Le sue parole riuscirono a tranquillizzarmi.
Dopo cena il cellulare vibrò di nuovo e per un attimo pensai che fosse di nuovo “sconosciuto”, invece era Allie, la mia migliore amica.
«  Ninaaaaaaaaaaaa! » urlò dall’altro capo del telefono.
«  Al, come stai? » chiesi.
«  Mi manchi. » ignorò completamente la mia domanda.
«  Mi manchi anche tu! »
«  Ti va di uscire questa sera? Non ti vedo da tre giorni. »
Sorrisi. Certo che mi andava: avevo una gran voglia di rivederla. «  Certamente. Alle 21.30 al solito posto? » chiesi.
«  Va bene, a dopo. » riattaccò.
 
POV Ian.
«  Cosa significa che non le hai fatto pagare nulla? » chiese Mike allibito.
«  Significa che non ho con me nessun soldo. » risposi. Mike mi fissò infastidito.
«  Ho scelto di mandare te al posto mio perché so che hai bisogno di soldi ma a quanto pare non t’interessa nulla. » si accese una sigaretta.
«  Mike, non arrabbiarti, su! Era una stupida lampadina, quando dovevo farle pagare? » chiesi.
Lui non rispose, evidentemente perché non sapeva come rispondermi. In quel momento mi sembrava assurdo farle pagare una lampadina.
«  Sei riuscito a trovare qualche altro lavoretto? La casa? »
«  Si tira avanti. » lo liquidai.
«  Che farai stasera? » chiese.
«  I cazzi tuoi? »
«  Sai che se hai bisogno puoi venire a stare da me per un po’.. se non riesci a pagare l’affitto intendo. » posò la sua mano destra sulla mia spalla.
«  Ti ringrazio ma so cavarmela da solo. » risposi. Detestavo essere così scontroso anche nei confronti di chi voleva solamente aiutarmi, ma non potevo farci nulla, era un aspetto del mio carattere.
Lui annuì togliendo la mano dalla mia spalla. Sapeva che con me era una guerra persa in partenza. Il fatto era che a causa del mio orgoglio non avrei mai e poi mai chiesto aiuto, anche a costo di dormire per strada coperto da alcuni cartoni. Ero talmente convinto di cavarmela da solo perché ero dotato di una forte autostima.
«  Hai intenzione di ubriacarti? » chiese lui distogliendomi dai miei pensieri.
Alzai gli occhi al cielo. Lo avrei fatto volentieri ma l’ultimo briciolo di buon senso mi diceva che non dovevo sperperare soldi in quel modo, dovevo cercare di risparmiare.
«  Senti io vado, grazie per aver chiamato me per quella faccenda. »
«  Faccenda a dir poco inutile visto che hai deciso di non farti pagare. »
«  Senti basta, okay? » mi diressi verso la porta.
«  Ian.. tieni. » mi porse alcune banconote. Le guardai: racimolare tutti quei soldi era molto difficile. La tentazione m’invitava a prenderle e ad andarmene ma l’orgoglio ancora una volta mi bloccò. Chiusi gli occhi per un attimo. Ian, te la caverai sempre e comunque da te, giusto? Giusto, non dovrai contare mai su nessun’altro, solo su di te.
«  Non ho bisogno dei tuoi soldi. » lasciai il suo appartamento e mi diressi verso il centro. Non avevo voglia di andare a casa e starmene con le mani in mano, piuttosto preferivo starmene un po’ all’aria aperta ad osservare il viavai delle persone e immaginare le loro vite. In teoria, la prima opzione era decisamente migliore per me: il giorno seguente mi sarei dovuto svegliare prestissimo perché avrei dovuto aiutare un tizio a scaricare la frutta.
Smisi di pensare al lavoro nel momento in cui arrivai in centro. La notte in centro è sempre una cosa meravigliosa: tutte quelle voci, tutta quella gente, tutte quelle luci..
Entrai nel primo pub che trovai e mi sedetti vicino al bancone. La musica era altissima e anche se mi concentravo a fondo sulle bocche delle persone non riuscivo a percepire alcun suono. Vedere tutte quelle persone che consumavano demolì del tutto il mio buonsenso: avevo voglia di una birra. Infilai le mani nelle tasche per vedere se mi era rimasto qualcosa dalla mancia del giorno prima che, se ricordavo bene, era stata piuttosto generosa. Ricordavo perfettamente: avevo abbastanza soldi per farmi una birra, anche due se volevo. 
«  Una birra. » chiesi al barista.
Lui annuì senza rispondermi. Pochi secondi dopo mi porse il bicchiere pieno di birra che avevo ordinato. «  Sei solo? » chiese una voce femminile piuttosto giovane. Mi voltai verso la ragazza che mi si era accostata.
«  Sì. » risposi dopo aver sorseggiato qualche sorso della mia birra.
«  Posso sedermi? » indicò la sedia accanto alla mia.
«  Sì. »
«  Hai qualche altra parola nel tuo vocabolario? » continuò lei sorridente.
Misi a fuoco la sua immagine: una montagna di ricci biondi che incorniciavano un viso molto carino, occhi chiari e naso eccessivamente grosso per un viso così piccolo. Mi guardai intorno: era sola.
«  In realtà no. » ridacchiai.
«  Sono convinta che tu voglia mostrarmi personalmente il tuo vocabolario.. » fece l’occhiolino. Ragazza sola, si siede vicino a me, mi fa l’occhiolino. Mm, deciso di buttarmi.
«  Esattamente. Casa mia? » notai immediatamente i suoi occhi brillare.
«  Basta che non è troppo lontana, non ho tanta voglia di camminare. » si morse il labbro inferiore guardandomi fisso negli occhi.
Alzai il sopracciglio. «  Non molto. Se ci sbrighiamo arriviamo prima. »
«  Allora alza il culo. » sussurrò vicinissima al mio collo. Finii l’ultimo sorso di birra, lasciai qualche moneta sul bancone e la seguii verso l’uscita.
 
POV Nina.
Uscii di casa puntualissima come al solito e mi diressi verso il “solito posto” ovvero l’ultima panchina a destra del parco dove passavamo gran parte del nostro tempo da piccole. Quando arrivai lei non c’era, ovviamente. Scossi il capo sorridendo e mi sedetti sulla panchina. Guardai verso la direzione da dove ogni volta sbucava Allie ma non c’era traccia di lei. Quando arrivò le corsi incontro e l’abbracciai contentissima di rivederla.
«  Nina! » urlò appena mi vide.
Dopo un’infinità di tempo chiese: «  Dove si va? »
«  Non ne ho idea. Proposte? » domandai.
«  mm, andiamo a festeggiare al pub. » disse convinta. Amava andare i pub e soprattutto amava portarmici: anche lei era fissata con la storia del mio matrimonio, proprio come mia madre e di conseguenza sperava che trovassi un bel ragazzo da sposare. Chiunque potrebbe dire che vanno estremamente d’accordo invece non è così: quando portai a casa mia per la prima volta Allie (ai tempi dell’asilo) mia madre mi proibì tassativamente di vederla ritenendola troppo “stravagante”. Io non l’ascoltai minimamente, continuai a vederla come sempre. Non sarei mai riuscita a rinunciare alla mia migliore amica.
«  Cosa dobbiamo festeggiare? » sorrise.
«  Dopo tanto tempo ci si rivede, non è fantastico? »
«  Tre giorni! E va bene. »
Improvvisò un balletto e scosse i suoi capelli corti nero corvino. Io scoppiai a ridere: la sua espressione mi faceva sempre morire dalle risate.
 
POV Ian.
«  Insomma? Quando arriviamo? » chiese lei impaziente attaccandosi al mio braccio.
«  Siamo quasi arrivati. So che non vedi l’ora di vedermi nudo, però potresti benissimo dare un freno ai tuoi ormoni. »
Lei mi squadrò. «  A quanto pare hai trovato le parole, eh? »
«  Volevi che ti mostrassi il mio vocabolario se non sbaglio.. » risi facendole l’occhiolino. L’ironia era uno dei miei punti forti, concedetemelo. Lei sorrise e le si formò una fossetta deliziosa sulla sua guancia destra.
Arrivammo davanti al mio palazzo e salimmo velocemente le scale fino a raggiungere il mio appartamento. Cercai le chiavi nelle mie tasche e non riuscii a trovarle subito, poi finalmente le afferrai ed in fretta spalancai la porta. La tizia mi seguì spingendomi letteralmente dentro casa. Con i suoi tacchi richiuse la porta e mi fissò maliziosa. Poi si guardò intorno perplessa. «  Ehm.. sei ordinato. »
Cos’avevano tutti quel giorno con l’ordine? Prima la ragazza della lampadina, poi l’altra. Ignorai il suo commento. «  Allora? »
«  Giusto, non sono venuta qui per criticare il tuo.. ehm.. la tua arte moderna. »
Si avvicinò velocemente e mi baciò all’improvviso. Con le mani cominciò a palparmi gli addominali per poi scendere verso la cerniera dei jeans. Dritta al sodo, eh?
«  mm, senza preamboli.. » sussurrai.
«  Zitto e baciami. »
Inserì la sua lingua nella mia bocca. Le lingue s’incrociarono e le mie mani s’impossessarono dei suoi fianchi. Continuò a palparmi gli addominali, poi la schiena, poi ancora gli addominali. Le lasciai baci sensuali sul collo e lei intanto mi sbottonò la camicia. Passai al contrattacco e sbottonai la sua lasciando visibile il reggiseno. Si sbarazzò della mia camicia ed io della sua e andammo avanti così fino a che non restammo completamente nudi.
«  Aspetta, le protezioni? » chiesi. Diventare padre era l’ultima cosa che chiedevo, almeno in quel momento.
«  Tutto sotto controllo. »
La presi e l’avvinghiai attorno ai miei fianchi, poi, con forza la gettai sul letto e la raggiunsi. Movimenti meccanici, duri, forti, senza neanche un briciolo di sensibilità e dolcezza. Erano gesti brutali. Non avevo mai fatto sesso per amore, solo per piacere. Dentro di me avevo la convinzione che nessuna si sarebbe mai innamorata di me per davvero e che io non mi sarei mai innamorato di qualcuna. Non sapevo se avevo la capacità di fare l’amore e non il sesso, non lo sapevo perché non ci avevo mai provato.
Sentii il suo corpo sussultare lievemente quando entrai in lei. Con le braccia strinse forte la mia schiena mentre io le mordevo le labbra in preda all’eccitazione.
Quando il piacere raggiunse l’apice, uscii e mi scansai da lei quasi come fosse un mostro. Mi addormentai poco dopo.
 
POV Nina.
«  Allora che mi racconti, cosa ti è successo di bello in questi tre giorni? » chiese Allie davanti ad un enorme bicchiere di birra.
«  Mah, solite cose. Ho chiamato l’elettricista perché non sapevo montare una lampadina. » Al rise a crepapelle e subito dopo mi guardò storto.
«  Potevi benissimo chiamare me, risparmiavi! » esclamò.
«  Non mi ha fatta pagare.. »
«  E’ bello? » chiese interessatissima.
«  I suoi occhi sono molto belli. »
Lei sorrise con la faccia di chi la sa lunga. «  Ma l’ho visto oggi e non lo rivedrò mai più. » mi affrettai ad aggiungere.
«  Non puoi saperlo. »
La serata trascorse tra tante risate, risate che solamente Allie era in grado di strapparmi. Non ci rendemmo conto del tempo che trascorreva veloce e tornai a casa molto tardi. Mi feci una doccia e mi misi a dormire stanchissima.

POV Ian.
Quando mi svegliai la trovai al mio fianco, cosa che non accadeva mai. Di solito la mattina se ne andavano prima che mi svegliassi. «  Ancora qui? » chiesi svegliandola.
Sbadigliò. «  Che ore sono? »
«  Le 5.30. »
«  Eh, è prestissimo! » si voltò dall’altro lato e richiuse gli occhi.
«  Devo andare a lavorare, faresti bene ad andartene. »
«  Mi stai cacciando? » chiese offesa.
«  Devo andare, ti ho detto. »
«  E vai allora! » esclamò sorridendo. La fissai. «  Comunque sono Ian. » mi sorpresi a dirle. Di solito non mi presentavo mai.
«  Non te l’ho chiesto. »
Mi alzai dal letto e cominciai a rivestirmi. «  Mi stai seccando. Non voglio trovarti al mio ritorno, okay? » chiesi brusco.
Lei annuì distrattamente, continuando a sorridere. Mi diedi una sistemata ai capelli, mi sciacquai il viso e mi diressi verso la porta. «  Comunque sono Kate. » disse lei con voce impastata dal sonno. «  Kate, faresti bene a portare il tuo culetto d’oro fuori di qui prima del mio ritorno. »
«  Sìsì, va bene! Grazie per il complimenti. » mi disse facendomi l’occhiolino.
Uscii di casa e corsi all’impazzata verso il negozio di frutta. Non volevo arrivare in ritardo se la mia puntualità avesse contribuito in qualche modo nell’aumento della mia paga.
«  Buongiorno Signor Lewson. »
«  Buongiono giovanotto. Già da queste parti? » chiese dolcemente.
«  Non volevo far tardi. »
«  Bravo, amo le persone puntuali – risi tra me e me – vai a prenderti un caffè, è ancora presto. »
Mi diressi verso il bar più vicino ed entrai. Davanti al bancone c’era una ragazza che stava acquistando una bottiglia di latte. Quando si voltò la riconobbi immediatamente.
«  Nina? »
Lei alzò lo sguardo dal suo cellulare e mi fissò. Vidi un sorriso meraviglioso spuntare sul suo volto. «  Ian. »
«  E così ci si rivede. » dissi.
Lei annuì. «  E così posso finalmente offrirti il caffè che ti devo. » rise.
Controllai nelle tasche: se avevo qualche avanzo potevo offrirglielo io il caffè, da bravo gentiluomo. E invece con la foga della sera prima il portafogli era rimasto per terra in camera mia. Che idiota.
«  E va bene. »
Ci avvicinammo verso il bancone e lei ordinò due caffè.
«  Come mai a quest’ora in giro? » chiesi.
«  Sono una ragazza che ama svegliarsi presto. » disse.
«  Sei l’unica che io conosca, direi. » rise.
La barista ci portò i caffè ed io sorseggiai il mio di fretta. « Devo andare Nina, grazie per il caffè. » le sorrisi dolcemente.
Lei ricambiò il sorriso. « Già vai? Figurati, te lo dovevo. »
« Devo lavorare. Ci si vede in giro. »
« Ciao Ian, buona giornata. » disse lei.
Uscii dal bar e tornai al negozio di frutta. Proprio in quel momento passò una coppia che si scambiava effusioni. Eppure mi sarebbe piaciuto davvero tanto avere una ragazza da amare, non una ragazza a notte. Non dico che sarei riuscito ad amarla nel modo giusto ma almeno ci avrei provato con tutte le mie forze.
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Grazie di cuore. <3

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Capitolo 3
*** Understand your problems. ***


Salve, popolo di Efp! (:
Come va? Io mi sono resa conto che più dai e meno ricevi. Ci rimani malissimo: dedichi tutta te stessa ad una persona a cui tieni particolarmente ma è come se tu gli andassi incontro e quella persona scappasse lontano rendendo la distanza un enorme problema. Ed è quello che sto vivendo con una persona che.. che è davvero importante per me. Bando alle ciance, ecco a voi il nuovissimo capitolo! :3
In questo capitolo, sarà solamente Ian a “parlare” perché ho deciso di mettere da parte per un secondo il Pov Nina. Preferisco sviluppare un po’ di più la storia di Ian. Spero che il capitolo vi piaccia! Aspetto vostre recensioni.
Ps. Scusate il ritardo. Un'ultima cosa! Rispondo alle vostre recensioni per darvi qualche delucidazione quindi se volete chiedermi qualcosa in particolare, fate pure! Vi risponderò ovviamente (:
 Bacio, ci si sente in fondo con le risposte alle vostre recensioni! :)
 
 
Entrai in casa con la testa da tutt’altra parte. Posai le chiavi sul tavolo, mi tolsi la giacca e la abbandonai sul pavimento insieme a mille altre cose che ovviamente non si trovavano al loro posto. Percorsi il corridoio fino ad arrivare in camera mia. Le serrande erano ancora tirate giù. « Poteva benissimo fare entrare un po’ d’aria.. » borbottai. Le alzai velocemente, presi un pacchetto di sigarette abbandonato sul comodino e me ne infilai una in bocca. Sentii uno sbadiglio che mi fece voltare verso il letto. Kate, ancora lì, nella stessa posizione in cui l’avevo lasciata ma, stavolta, con una mia camicia bianca addosso.
Si mise il cuscino sulla faccia e si girò su un fianco.
« Cazzo fai? » chiesi.
« La gentilezza non è affatto il tuo forte. » rispose lei con voce impastata dal sonno strascicando le parole.
« Mi sembrava di essere stato chiaro questa mattina. »
Si tolse il cuscino dal viso, si sedette e si stropicciò gli occhi. Poi mi guardò. « Mi spieghi perché invece di rompermi le palle non ti accendi quella fottuta sigaretta? » chiese incrociando le braccia al petto.
Inarcai le sopracciglia poi presi l’accendino e accesi la mia sigaretta. Si lasciò andare ancora una volta sul letto, esausta. Sembrava che lei avesse scaricato due camion di frutta e poi sistemato barattolo per barattolo, bottiglia per bottiglia, scatola per scatola con cura, non io.
Sconfitto mi lasciai andare sul letto a mia volta e guardai il soffitto.
« Hai indosso la mia camicia. » dissi, così, senza uno scopo preciso.
« Bell’osservazione. » rispose lei senza voltarsi.
« Come mai sei rimasta? »
« Di solito non lo faccio. » scostò dalla fronte un ciuffo di capelli che le dava fastidio agli occhi. Non aggiunsi nulla.
« Ero stanca. – proseguì – Mi mancava una bella dormita. »
« Casa tua? » chiesi con non troppa grazia voltandomi verso di lei.
« I miei mi hanno cacciata di casa. » si girò su un fianco verso di me e notai la scollatura della (mia) camicia che non era stata abbottonata fino all’ultimo bottone.
« Come mai? » domandai.
« Volevo.. Volevo essere una modella e a loro non stava bene. – vidi i suoi occhi inumidirsi – Volevano che avessi un lavoro.. “dignitoso”. » enfatizzò l’ultima parola e guardò il soffitto per non piangere evidentemente. Avresti fatto carriera come modella, pensai. Poi mi guardò. Solo in quel momento mi accorsi che aveva meravigliosi occhi verdi e che sembravano molto più chiari rispetto alla sera precedente.
« Non ho voglia di parlare ancora di me. Ora puoi.. dirmi qualcosa tu. »
« Non saprei cosa dirti. » risposi.
« Bene.. se ne hai voglia ti ascolto, comunque. » tornò a fissare il soffitto. Seguii il suo esempio.
Passammo un’infinità di tempo in quella posizione finché lei non riprese il discorso.
« Sai.. è stato così bello. Io, la passerella e tutta quella gente.. quella gente che mi fissava – la guardai e notai ancora una volta i suoi occhi inumidirsi – Facevo quello che amavo fare. »
« Com’è finita? » chiesi.
« Mio padre l’ha scoperto, non so come. Mi ha letteralmente buttata giù da quella passerella e mi ha gonfiata di botte, davanti a tutti. Ovviamente l’agenzia mi ha cacciata e i miei mi hanno buttata fuori di casa. Ero il disonore della famiglia. » tirò su con il naso.
« Lo facevi di nascosto, quindi. »
« Non avevo altra scelta. » rispose lei.
« Come mai non sei rientrata in agenzia? Voglio dire.. alla fine quei bastardi se lo meritano. Ora sei libera, puoi fare quello che vuoi. » sussultò alla parola “bastardi” e si voltò verso di me. I suoi occhi erano estremamente dolci. « Mi hanno distrutto la speranza e la voglia di combattere per la realizzazione dei miei sogni. Ora sono una semplice puttanella che gira di locale in locale per abbordare ragazzi fighi e portarseli a letto. »
« Grazie per avermi dato inconsapevolmente del ragazzo figo. » dissi per sdrammatizzare. Lei sorrise appena e si alzò dal letto. Cominciò a girare per la stanza con la (mia) camicia indosso, intendo dire con solo la (mia) camicia indosso.
« Hai un appartamento carino. » disse guardandosi intorno. Sorrisi.
« Vuoi fare il giro turistico? » chiesi.
« Già fatto da me.. prima che tornassi. Mi sono fatta gli affari tuoi, insomma. » sorrise. Aveva un bellissimo sorriso.
La squadrai. « Hai trovato qualcosa d’interessante? »
« mm, non vorrei offenderti ma.. no. Più che altro mi sono diretta verso il frigorifero. Se non trovi le patatine e la coca è colpa mia. » alzò le braccia in segno di resa.
« Quindi ti sei alzata, hai mangiato patatine, hai bevuto coca-cola, hai girato per la casa e poi ti sei rimessa a dormire. »
« Esatto. » incrociò le braccia al petto e mi guardò con l’aria da furbetta. Le sorrisi e sprofondai la testa nel cuscino.
« Dicono che sono una buona ascoltatrice. Su, mettimi alla prova. » disse raggiungendo il letto e sedendosi a gambe incrociate. Guardai la sua capigliatura spettinata ed infine le sue labbra, quelle labbra che avevo baciato tanto avidamente la sera prima.
« Smettila di fissarmi. »
Non l’ascoltai.
« Allora? » chiese spazientita.
Non le risposi.
« uff, ho capito. – si alzò dal letto e riprese la sua camminata – Almeno preparami qualcosa di buono da mangiare. »
« Non puoi fartelo da sola? » chiesi.
« Voglio mettere alla prova le tue doti culinarie. »
Mi misi a pancia in giù e la ignorai. « Forza, alzati! » urlò.
« Certo che sei una rompicoglioni! » esclamai alzandomi controvoglia. La seguii in cucina ed aprii il frigo per vedere se era rimasto qualcosa di buono da mangiare.
Poi mi voltai di scatto. « Ma tu non hai già mangiato? » chiesi.
« Sì, ma tante ore fa ed ora ho di nuovo fame. » fece gli occhi dolci. Scossi il capo sconfitto. Presi dal frigorifero gli ultimi due yogurt bianchi avanzati e la confezione semivuota di cornflakes abbandonata sul fondo della dispensa. Gettai tutto sul tavolino controvoglia e rumorosamente. Lei squadrò quella che doveva essere la nostra cena e mi fissò imbronciata.
« Tutto qui? » domandò con la speranza che da un momento all’altro avrei tirato fuori un piatto di pasta o un paio di salsicce ben cotte.
« Questo passa il convento. »
Aprii il mio yogurt e mi accorsi di aver dimenticato i cucchiaini. Quando vide che mi stavo alzando, disse: « Ci penso io. »
Intanto leccai via lo yogurt dal bordo del vasetto e quando Kate portò i cucchiai la ringraziai.
« Ti piace qualcuno? » chiese di punto in bianco mentre si stava sedendo.
« No. »
In pochi secondi finì lo yogurt e cominciò a sgranocchiare i cornflakes.
« Dovresti richiuderla la confezione una volta aperta, altrimenti non sono più croccanti come la prima volta. » intanto però, continuava a sgranocchiare la furba!
« Ribadisco il mio concetto di prima. »
« Cioè? » chiese.
« Sei una rompicoglioni. » dissi in tono solenne mentre le rubavo un cornflakes.
Lei ridacchiò ed un cornflakes le sgusciò via dalla bocca. L’espressione che assunse fece ridere anche me.
« Ti diverte andare in giro nuda? » le chiesi.
« E’ più comodo. » rispose indifferente.
« E se decidessi di toglierti improvvisamente la camicia? E potrei farlo, visto che è la mia. » dissi sorridendo beffardo.
« Certo che puoi. » rispose maliziosa. La sua calma mi lasciava sempre più sconcertato.
Mi alzai dalla sedia e buttai i vasetti di yogurt ormai vuoti.
« A me piaceva un ragazzo. » disse ad un certo punto riprendendo un discorso abbandonato da secoli.
« Però era uno stronzo, come tutti voi. » riprese guardandomi.
« Mi sento offeso. Che ti ha fatto? »
Si guardò le unghie che erano coperte da un velo di smalto, o meglio, quel che restava dopo una battaglia “denti vs unghie”.
« Una volta mi picchiò perché non sopportava vedermi sfilare. Solamente lui voleva vedermi.. »
« Tutti contro il tuo sogno, insomma. » constatai.
« Esatto. Ma ora non m’interessa più di loro. »
« La tua famiglia, invece? » chiese.
Trasalii. Argomento tabù. L’ultima cosa di cui avrei voluto parlare.
« Preferisco non parlarne proprio. »
« Scusa. » aggiunse mortificata.
Scossi la mano come per dire “non importa” e lei capì. Si alzò dalla sedia, mi raggiunse e si alzò sulle punte dei piedi per posare il mento sulla mia spalla.
Io la guardai con la coda dell’occhio stupito da tanta dolcezza.
« Che lavoro fai? » chiese sussurrando.
« Quello che capita, pur di guadagnare qualche spicciolo. »
« Hai provato anche a fare l’attore porno? » chiese d’un tratto. Io mi voltai di scatto, inarcai le sopracciglia e scoppiai a ridere.
« Che c’è? Guarda che si guadagna bene. E potresti permettertelo. »
« Mettendo da parte la carriera di attore porno, tu invece? Che lavoro fai? » chiesi. Lei alzò gli occhi al cielo e poi tornò a fissarmi.
« Oh mio Dio! » esclamò con le mani davanti alla bocca, come un bambino.
« Cosa? » chiesi preoccupato.
« Tu.. tu.. – si avvicinò, mi prese il volto e mi costrinse a guardarla intensamente negli occhi – tu.. tu hai degli occhi spettacolari. »
Meglio tardi che mai, se n’era accorta. Risi.
« So di essere piuttosto attraente ma smettila di provarci con me. » feci l’occhiolino.
Lei lasciò cadere le sue mani lungo i suoi fianchi, poi incrociò le braccia al petto.
« Troppo vanitoso per i miei gusti. »
« Non hai risposto alla mia domanda: che lavoro fai? » chiesi di nuovo sorridendole.
« Intendi oltre ad abbordare uomini nei locali? » annuii.
« beh, la mattina mi sveglio al loro fianco e, mesta mesta, cerco di non fare rumore. Mi avvicino al comodino e gli sfilo qualche banconota.. beh, a volte tutte. » fece l’occhiolino.
La fissai allibito. « Sei una mezza specie di ladra! »
« Ma no.. loro si approfittano di me ed io ho bisogno della mia ricompensa! »
« Ma non sono loro che ti saltano addosso, è il contrario! »
« Fa lo stesso. Comunque è molto divertente: non mi sgamano mai. »
Scossi il capo ridendo e mi diressi in camera da letto, con lei al mio fianco.
« Mi hai portata qui per i tuoi loschi scopi? » mi guardò ancora una volta maliziosa. Quella ragazza.. quella ragazza mi faceva uno strano effetto. Era così provocante e non solo perché era praticamente nuda ma anche per il suo modo di parlare, di guardarmi e di muoversi. Gli avrei risposto di sì ma non so per quale motivo, gli risposi di no. Forse era la stanchezza che non mi garantiva prestazioni ottimali.
Mi buttai sul letto.
« Peccato. Non mi sei dispiaciuto, in fondo. » salì a cavalcioni su di me.
« Grazie per il complimento, eh. Tutte le altre con cui sono stato hanno detto che sono il migliore in quel campo. » dissi con un pizzico di risentimento.
« Evidentemente non hanno avuto altre esperienze esaurienti. » si avvicinò alla mia bocca molto velocemente. A separarci c’era un sottile strato di abiti. Era troppo.
Con un balzo mi ritrovai sopra di lei con un sorriso stampato in volto. Si aggrappò alla mia maglietta e mi fissò intensamente. « Ci hai ripensato? » chiese.
Sì, sì, sì, sì, sì, sì, ci ho ripensato, pensai. Ma poi qualcosa mi bloccò di nuovo. Forse l’orgoglio. Anche se mi pesava, non volevo dargliela vinta.
« No. » mi appropriai della mia parte del letto e la lasciai lì sbigottita.
« COSA? »
Non le risposi e ridacchiai.
« Buonanotte. » si girò sul fianco dandomi le spalle.
« Kate, posso farti una domanda? » le chiesi.
« NO. »
« Okay, io te la faccio comunque: come mai non hai fatto quello che fai sempre con gli altri ragazzi? In fondo ti saresti potuta svegliare prima, rubare qualcosa dal mio portafogli ed andartene. » chiesi.
« Non mi è suonata la sveglia. » rispose.
La fissai in attesa che si voltasse. Quando si girò sorrise.
« Eddai, sto scherzando. »
« Il fatto è che.. tu.. tu non mi dai l’impressione che mi danno gli altri. – proseguì – Ho visto qualcosa di diverso in te. Non volevo farti un torto. Forse perché sei un povero disgraziato come me, del resto. » si girò di nuovo dall’altra parte dandomi le spalle ed io rimasi in silenzio ad osservarla finché non si addormentò.

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Risposte alle recensioni!(:

SetFireToTheRain Ciao tesoro, grazie di tutto. Grazie perché mi segui sempre nonostante io continui imperterrita ad affermare di non sapere scrivere u.u Sì, Ian è il tipo da una notte e via! Te lo dico io! No vabbè, scherzo :') Lui è un bravo ragazzo che pensa solo alla sua dolce Nina (e a me u.u). In effetti, se non fosse rimasta affascinata da lui, sarebbe stata una cosa alquaaaaaanto strana °-° Ti ringrazio ancora, un bacio.**

chicchi93 Grazie davvero Ale, sono contenta che i primi capitoli ti siano piaciuti! Spero davvero di non deluderti con questo capitolo e con i prossimi. Buona lettura, un bacio.**

britt4ever Grazie anche a te per la splendida recensione, sono davvero contenta che la storia ti stia piacendo. Spero che anche questo capitolo ti piaccia! ** Anche a me piace vedere i protagonisti di una fanfiction dedicata ad attori diversi dal solito, altrimenti diventa tutto troppo monotono. Un bacio anche a te, buona lettura.**

VaVa_95 Ciao bellissima, innanzitutto grazie! Perché? Mi segui anche qui ed io ti ringrazio davvero :') Grazie per la recensione. No, non diventeranno attori di TVD, volevo creare qualcosa di mio che non avesse nulla a che vedere con il telefilm :3 Grazie davvero, buona lettura. Un bacio.**

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Foto u.u
Ho trovato questa foto e subito ho pensato all'Ian della mia storia, non so perché. Boh, quest'uomo è semplicemente meraviglioso. <3

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Capitolo 4
*** Inevitability. ***


Salve, popolo di Efp (mi sento così banale, vi saluto sempre allo stesso modo D: )! (:
Come va? Forse ho ritardato un po’ con il nuovo capitolo ma sono stata impegnatissima con la scuola, non sopporto il periodo “interrogazioni-compiti in classe a gogo”. Bando alle ciance, ecco a voi il nuovissimo capitolo! :3
Spero che vi piaccia e ovviamente aspetto con ansia vostre recensioni. Amo sapere cosa la gente pensa di ciò che scrivo, mi aiuta a migliorare. Un bacio, ci si sente in fondo con le risposte alle vostre recensioni! :)
 
POV Ian.
« Ho un’idea! » urlò svegliandomi. La guardai con gli occhi sgranati: era in piedi sul letto e saltava, come se fosse impazzita.
« Ti sembra il momento di gridare? »
« Ho avuto un’idea fantastica, non potrai dire di no! » esclamò entusiasta, come se la sua idea fosse la cosa più bella al mondo. Il suo entusiasmo mi ricordava quello di un bambino quando ottiene quel regalo che aveva bramato da tanto tempo.
« Va bene, ne riparleremo domani mattina. » tagliai corto e mi voltai dall’altra parte stringendo il cuscino.
« No! Dobbiamo parlare ora! » riprese a saltare. La squadrai e, sconfitto, mi sedetti in attesa delle sue parole.
« Cerca di farla breve, ho sonno. » la ammonii.
« E’ un’idea meravigliosa, un’idea che poteva venire solo a me.. Chi altro è dotato di tanta intelligenza? Chi altro.. »
« Sì ok, allora? » chiesi spazientito.
« E’ una cosa che farebbe comodo ad entrambi. » finalmente si sedette.
Sbuffai. Quando aveva intenzione di parlare?
Si avvicinò a me e si mise seduta sulle mie ginocchia.
« Continuo a fare quello che facevo.. MA! Dormirò qui. » disse.
Della  frase “una cosa che farebbe comodo ad entrambi” mi sfuggiva qualcosa, però.
« Ah sì? E cosa ci guadagnerei, scusa? » chiesi sbigottito.
« Non incazzarti, ho pensato anche a te. Ti ho già detto che, se accettassi, potrei continuare a fare quello che facevo prima.. »
« E quindi? »
« pub, ragazzi fighi, nottate di passione e.. »
« E? »
« Potrei “prendere in prestito” qualcosa dal loro portafogli. Potrei aiutarti un po’.. con la casa, con la spesa, le pulizie.. – sorrise stringendomi la mano e intrecciandola alla sua – in cambio chiedo.. un tetto, tutto qui. Eh sì, magari anche un po’ di sesso visto che, anche se mi costa ammetterlo, finora il migliore sei tu. » mi guardò sperando che accettassi la sua proposta.
Ero sbalordito e davvero sorpreso. Era un’ottima idea: avrei avuto più soldi a disposizione per pagare l’affitto e altre spese necessarie.
« Continueresti a farti ragazzi abbordati in un pub pur di aiutarmi? » chiesi sbigottito.
« beh, anche se non ci fossi tu continuerei a farlo, quindi.. almeno in questo modo lo faccio per una giusta causa. »
«. Ci sto. » le sorrisi. Lei ricambiò e così, d’impulso, mi stampò un bacio sulle labbra. Poi, poco dopo, si addormentò.
 
Tre mesi dopo
 
Stavo accarezzando il mio gatto da una mezz’ora buona. Kate non era ancora rientrata e la stavo aspettando con ansia: doveva portarmi i soldi. Pochi istanti più tardi entrò velocemente in casa sorridente con i capelli svolazzanti e con un portafogli in mano.
« Abbiamo fatto il colpo grosso. » fece l’occhiolino mostrandomi il portafogli nero che aveva tra le mani e che sembrava contenere parecchi soldi, a giudicare dal suo spessore.
Mi avvicinai a lei e con poca grazia le strappai il portafogli di mano per verificarne il contenuto. Lei agilmente mi bloccò e si portò il portafogli dietro la schiena.
« Non lo avrai mai. » mi fece  la linguaccia.
« Ah sì? » la bloccai improvvisamente e, mentre lei si dimenava cercando di liberarsi, io le sfilai il portafogli di mano. Lo aprii e per poco non svenni.
« Cazzo, con questi ci paghiamo minimo due affitti. Se la passa bene, il signore. » dissi con tutti quei soldi tra le mani. Soldi che io riuscivo a guadagnare solo dopo moltissimi sforzi e soldi che Kate era riuscita a prelevare con tanta facilità.
Sorrise e mi fissò. « Non mi chiedi se mi è piaciuto? »
« Non m’interessa, in realtà. »
Sbuffò rumorosamente e si lasciò andare sul divano.
La feci contenta: « Ti è piaciuto? » chiesi.
« No, però il tizio aveva un buon profumo. » mi guardò.
Di colpo si alzò dal divano e mi raggiunse. « Sono stata brava? » si alzò sulle punte dei piedi ed i nostri nasi si sfiorarono per un istante. « Bravissima. » risposi.
« Non merito qualcosa in cambio? » chiese inarcando le sopracciglia e portando le braccia attorno al mio collo.
« Dipende cosa vuoi.. » sussurrai.
Allungò il collo e sporse le labbra invitandomi a baciarla. Era una cosa da niente, ormai ero abituato a farlo. Mi chinai leggermente e la baciai con passione; portai le mani sui suoi fianchi e la strinsi a me. Poi mi staccai da lei dopo pochi secondi.
« Tutto qui? » chiese imbronciata.
« Vado a fare due passi. » mi diressi verso la porta, presi la giacca appesa all’appendiabiti e impugnai la maniglia.
Kate mi bloccò e m’invitò a guardarla. Immersi i miei occhi nel suo verde così bello, così puro, così meraviglioso.
« Ogni tanto puoi sorridere, eh.. »
« Sempre la solita. » risi.
« Finalmente. » pizzicò la mia guancia destra.
Uscii di casa ed un’ondata di venticello fresco mi travolse. Tirai su la chiusura lampo fino al collo, poi iniziai a camminare senza una meta precisa. A volte l’unica cosa di cui avevo bisogno era restare solo: in quegli ultimi tre mesi avevo convissuto con una ragazza, cosa alquanto strana per uno come me. Per questo ogni tanto avevo bisogno di isolarmi e prendermi una parte di spazio tutto per me. Riflettevo, pensavo, riflettevo e pensavo. Alle cose più svariate, non c’era un argomento fisso: qualsiasi cosa era buona per creare in me una riflessione, qualsiasi cosa era adatta per far nascere all’interno del mio corpo una conversazione. Una conversazione udibile solamente a me, ovviamente.
Una voce dolce e calda interruppe i miei pensieri. In un primo momento non la riconobbi, poi alzai lo sguardo verso i suoi occhi e capii.
Era meravigliosa: indossava un vestito a fiori non molto scollato ma che dava comunque una buona visione del suo decolté, un paio di scarpe con il tacco nere e aveva i capelli raccolti in una lunga treccia che le cadeva delicatamente sulla spalla destra, lasciando libero qualche ciuffetto di cadere sull’altra guancia.
« Ian..? » chiese dolcemente.
« Nina. » risposi educatamente, guardandola nei suoi meravigliosi occhi da cerbiatta. Quanto tempo era passato? Settimane? Mesi? Sembrava addirittura più bella.
« E’ passato parecchio tempo. » continuai.
Sorrise imbarazzata.
Decisi di sciogliere il ghiaccio. « Potremmo prenderci.. una cioccolata calda. Se ne hai voglia. » proposi. Lei mi guardò e inclinò leggermente il capo verso destra, annuendo.
« Va benissimo. »
Risi.
La portai in un piccolo bar lì vicino dove alcune volte (molto raramente) mi fermavo per assaporare una buonissima cioccolata calda con panna.
« Ecco le vostre cioccolate calde con panna, signori. » ci disse il cameriere porgendoci le tazze, non appena ci sedemmo dopo aver ordinato.
Nina guardò la sua cioccolata con un’incredibile gioia e subito immerse il cucchiaino nella tazza, poi lo tirò fuori e assaporò lentamente il sapore della sua cioccolata. Seguii il suo esempio e quando alzai lo sguardo su di lei (ancora una volta) scoppiai a ridere perché si era sporcata la guancia.
« Che succede? » chiese imbarazzata.
Senza rispondere, presi un fazzoletto e la pulii. « ehm.. grazie. » arrossì.
« Non c’è di che. Cos’hai fatto in questi mesi? » chiesi, sperando di non essere stato troppo invadente.
« mah, non mi è successo nulla di eclatante sfortunatamente – sorseggiò la cioccolata – e tu? »
« Idem. »
Sentii vibrare il cellulare nella tasca dei jeans. Lo tirai fuori. Kate.
Che diavolo voleva? Ignorai la chiamata. Altre volte mi aveva chiamato mentre ero in giro chiedendomi che fine avessi fatto. Ora non sono neanche più libero di starmene per i fatti miei?
« oh, puoi rispondere se.. se io sono il problema. »
« Ma scherzi? Nono, era una chiamata di poca importanza. » rimisi il cellulare al suo posto e tornai alla mia cioccolata.
« A quanto pare non hai seguito il mio consiglio. » constatò.
« Quale consiglio? »
« Non ti ricordi? – sembrava delusa – Ti avevo detto che nella vita ci vuole sempre stile ed eleganza. »
Scoppiai a ridere. « Non sono abbastanza.. ehm, come dire.. idoneo alla situazione? » chiesi.
« In realtà no. » disse fingendosi seria. Risi di nuovo per l’espressione che assunse e a quella risata ne seguirono altre e poi altre. Stavo ridendo, ridendo di cuore. E non era una cosa da nulla, Nina aveva rallegrato la mia patetica e noiosissima giornata. Aveva portato calore e luce. Per un attimo avevo persino scordato tutti i problemi che continuavano a seguirmi di giorno e di notte.
Sentii ancora una volta il cellulare vibrare. Ignorai di nuovo la chiamata.
« Ora devo andare.. è stato un piacere. » dissi.
« Un piacere anche per me.. spero che questa non sia la nostra ultima cioccolata. »
« Non lo sarà. » feci l’occhiolino, mi alzai e mi diressi verso l’uscita.
« Ci conto! » esclamò decisa.
Sorrisi e.. mi bloccai. Qualcosa mi spinse a voltarmi di nuovo verso di lei, qualcosa mi diede il coraggio di farlo. La guardai negli occhi.
« Ti andrebbe di.. uscire? Una di queste sere.. magari ci prendiamo una pizza, oppure anche solo per una passeggiata. » la voce mi uscì da sola, senza che la controllassi aveva già l’intera battuta pronta.
Alzò gli occhi verso di me. « E’ un’ottima idea. »
Le sorrisi e tornai sui miei passi.
« Stasera? » chiese lei ad alta voce per farsi sentire. Le persone sedute si voltarono verso di noi lanciandoci strane occhiate.
Il suo entusiasmo mi stava facendo letteralmente impazzire. « Stasera è.. stasera è perfetto. Ci vediamo qui alle 20. » tornai sui miei passi e uscii dal bar.
Decisi di tornare subito a casa: volevo stupirla in qualche modo, volevo essere elegante e all’altezza della situazione almeno per una serata. Avrei cercato un qualcosa di decente da indossare, anche a costo di mettere sotto sopra l’intero appartamento. Entrai in casa velocemente e richiusi la porta con violenza.
« Perché non mi hai risposto? » chiese Kate incrociando le braccia al petto. Non le risposi e mi diressi verso l’armadio sperando con tutte le mie forze che ci fosse qualcosa di decente da mettere per un incontro del genere. Lei era sempre così perfetta (anche se effettivamente l’avevo vista solamente tre volte e, nonostante ciò, non aveva mai un capello fuori posto). Spalancai le ante dell’armadio a muro con Kate al mio seguito che mi fissava sconcertata.
« Che succede? » domandò.
La ignorai di nuovo e lanciai sul letto tutto quello che trovai nell’armadio.
« Mi spieghi? »
mm.. cosa potevo mettermi quella sera?
« Allora? »
Non avevo la più pallida idea..
« Cazzo, mi stai preoccupando, vuoi rispondere? »
« Ho trovato! » esclamai.
Qualche anno prima avevo partecipato al matrimonio di mia cugina e, per l’occasione, mio fratello mi aveva prestato un completo nero molto elegante che io non gli avevo mai restituito perché quella fu l’ultima volta in cui lo vidi. Il problema era.. dove l’avevo messo?
« Aiutami a trovare un completo qui in mezzo. E’ nero ed è elegante. » le dissi ignorando completamente le sue domande. Lei annuì e cominciò a cercare nei cassetti.
« E’ forse.. questo? » chiese prendendolo in mano.
« Esatto! » glielo strappai dalle mani e lo esaminai con attenzione. Mi entrava ancora?
Mi spogliai velocemente e infilai i pantaloni scoprendo con soddisfazione che ancora mi entravano alla perfezione. Feci lo stesso con la camicia, la giacca e poi con la cravatta.
« Da qualche parte dovrebbero esserci anche le scarpe. »
Lei si chinò verso il cassetto aperto ed estrasse un paio di scarpe praticamente nuove, indossate solamente in occasione del matrimonio. Infilai anche quelle.
Mi diressi verso lo specchio del corridoio e fissai l’immagine di me riflesso. Cercai di aggiustare come meglio potei la camicia spiegazzata e la giacca ma ero semplicemente.. ridicolo vestito in quel modo.
« Stai bene. » disse Kate appoggiandosi al muro mentre mi guardava interessata.
Sciolsi il nodo della cravatta, sbottonai la camicia e mi tolsi la giacca ed il resto del completo. Volevo solamente essere me stesso, non una maschera. E con quella roba addosso non ci riuscivo.
« Perché cercavi il completo? » chiese d’un tratto.
Buttai il completo nel cassetto senza prestare minimamente all’ordine e lo richiusi bruscamente ma rimase un tantino aperto perché una parte di giacca si era incastrata.
« Che palle, però. Ce l’hai la lingua? »
La squadrai. « Sì e la so usare, di questo ne sei consapevole. »
« Ecco, così mi piaci. » mi guardò maliziosa accarezzandomi gli addominali nudi.
« Devo farmi una doccia ora, spostati. » le dissi.
« Vengo anch’io.. » sussurrò.
« No, devo sbrigarmi. » la superai, entrai in bagno e chiusi la porta a chiave per evitare che s’intrufolasse anche lei. La doccia, quella dannata doccia, risvegliava in me ogni pensiero. Sotto l’acqua bollente iniziai a riflettere sulla serata: dove cazzo l’avrei portata?
 
POV Nina.
« Signorina, che le succede? Non ha mai avuto problemi con l’abbigliamento. » disse Bells mentre sistemava accuratamente le lenzuola nel cassetto.
« Non so davvero cosa.. indossare. » dissi pensierosa.
« Se vuole posso darle un consiglio.. ha qualche idea? » chiese gentilmente, mentre spostava una pila di asciugamani dal portabiancheria al bagno della mia camera.
« E’ proprio questo il problema, Bel – sorrise quando la chiamai in quel modo – Ho paura di.. come posso spiegarti.. »
« Andiamo, sai che a me può dire tutto. »
« Hai ragione.. Una volta ti ho parlato dell’elettricista, il ragazzo dagli occhi azzurri.. ricordi? » chiesi.
« Certamente. »
« Ecco, mi ha invitata a cena ma.. ma io non so proprio cosa indossare. »
« Se lo lasci dire, sarebbe bellissima anche con un paio di jeans usati. »
« Ho paura di essere troppo elegante perché.. beh.. lui non è.. cioè.. non sembra ricco, non mi porterà in un ristorante di lusso, perciò.. non so cosa fare. »
« Tesoro, se ti ha invitata non è di certo per il tuo abbigliamento. Vestiti come preferisci, lui non presterà attenzione all’abito. » sorrise e tornò alle sue faccende.
Dopo accurate ricerche, optai per un tubino nero e dei tacchi non molto alti dello stesso colore. Lasciai i capelli sciolti e non indossai gioielli.
« Ottima scelta! » Bells mi fece l’occhiolino, mi accompagnò alla porta e mi diede un bacio sulla guancia.
« Buona serata tesoro. » le sorrisi e ringraziai.
Scesi le scale di corsa con il rischio di slogarmi una caviglia: ero in ritardo e non era assolutamente da me. Raggiunsi in pochi minuti il bar perché non era molto distante da casa mia e prima di svoltare l’angolo, rimasi qualche secondo a fissare Ian che era già arrivato. Indossava un paio di jeans scuri, delle scarpe nere lucide ed una giacca di pelle. Era di spalle e non riuscivo a vedere la cosa che più mi aveva colpita in lui. Quando si voltò, mi persi nell’oceano meraviglioso dei suoi occhi.
« Buonasera. » disse dolcemente. I capelli nerissimi gli ricadevano sugli occhi come sempre.. oh, quanto avrei voluto immergere le mie mani in quei capelli che sembravano così morbidi!
« Buonasera. » risposi.
Mi guardò. « Sei bellissima. » Arrossii.
« Gra..zie. » balbettai. La profondità con cui me l’aveva detto era disarmante. I suoi occhi.. non riuscivo a pensare ad altro.

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Risposte alle recensioni! (:

VaVa_95 awww, sono davvero contenta che ti piaccia (perdona la mia banalità ma non so davvero come ringraziarti). Eh, Kate è un personaggio abbastanza.. "strano". Secondo me vi stupirà parecchio :) Sì, ho Twitter e corro a seguirti! xD Buona lettura!:3

SetFireToTheRain ahahahahahhahaha! sapevo che il fatto dell'attore porno ti avrebbe colpita. Chissà perché :P Sei troppo maliziosa, smettila! awww, mi sento così "mente contorta" :') ahahahha! Ecco il nuovo capitolo, spero davvero che ti piaccia (anche se scrivo malissimo e continuerò a dirlo sempre D: ). <3

britt4ever mm, questa Kate sta sulle scatole a parecchie persone a quanto vedo °-° ahahahah! Grazie anche a te per la recensione, davvero. Grazie davvero per averla inserita tra le preferite, per me è un grande onore :')  Un bacio anche a te :3

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Capitolo 5
*** Intouch. ***


Salve, popolo di Efp! (:
Come va? Io sono tornata da poco da Dublino ed è stata un’esperienza a dir poco meravigliosa. Ora che sono tornata devo fare i conti con la vita di tutti i giorni ma riesco sempre a trovare una “via di fuga” scrivendo. Ecco a voi il nuovissimo capitolo! :3
Anche in questo capitolo sarà solamente “Ian” a parlare. Almeno per ora mi trovo meglio a scrivere di lui, poi in futuro parlerà anche Nina ovviamente u.u
Ps. Scusate il ritardo ma sono stata moooolto impegnata.
Anyway, spero davvero che il capitolo vi piaccia e spero nelle vostre recensioni **
 Bacio, ci si sente in fondo con le risposte alle vostre recensioni! :)
 
POV Ian.
Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso, il che era piuttosto imbarazzante per lei. Ogni volta che alzava lo sguardo vedeva i miei occhi posarsi su uno dei suoi meravigliosi particolari del suo corpo: a volte erano le sue bellissime labbra ad attirare la mia attenzione, altre volte l’incavo del collo, altre volte ancora le sue gambe a dir poco perfette. Sembravo quasi un maniaco in preda ad un attacco difficile da controllare e lei.. era la mia preda. I miei occhi si posarono sulle sue mani piccoline e lisce in confronto alle mie ed ebbi l’impulso di stringerle, non so per quale assurdo motivo. L’unica certezza era che una cosa simile non mi era mai capitata. Perché sentivo il bisogno di un contatto fisico? Mi diedi un po’ di contegno e smisi di fissarla cercando interesse in qualsiasi altra cosa: un oggetto, un bambino, una macchina, una pianta.
Stavamo camminando verso la spiaggia, diretti verso non so quale ristorante/pizzeria/locale. Ogni tanto lei alzava lo sguardo verso di me, mi sorrideva lievemente e tornava a sistemarsi il vestito come se fosse l’unico dei suoi problemi.
« Dove andiamo? » chiese all’improvviso. Era una domanda e.. dovevo risponderle. Ma cosa le avrei risposto?
« mm.. è una sorpresa. » risposi inarcando le sopracciglia. Lei fece altrettanto e incrociò le braccia al petto.
« Ho come l’impressione che tu mi stia mentendo. Secondo me, potrei sbagliare, non hai la più pallida idea di dove stiamo andando. » sorrise.
Ero sbigottito: leggeva nel pensiero?
« Mi hai scoperto, non è giusto. Come hai fatto? »
« Sesto senso. » si portò una ciocca di capelli dietro il suo orecchio destro e tornò a guardarmi dolcemente.
« Hai qualche idea? » domandai.
« In realtà no, dovresti essere tu a decidere. »
« Facciamo che ceniamo nel primo ristorante che vediamo, qualunque esso sia. » proposi con tono di sfida.
« Qualunque esso sia? » chiese preoccupata mordendosi il labbro inferiore.
« Qualunque esso sia. » confermai sicuro delle mie parole.
« Ci sto. »
« Affare fatto. » le sorrisi.
La passeggiata continuò tra uno sguardo e l’altro, tra una risata e l’altra e tra una mia voglia di accarezzarla anche solo per un istante e l’altra. Finalmente arrivammo di fronte ad un ristorante. L’insegna era semi-distrutta e Nina fissava il locale con occhi spaventati.
« Vale ancora la tua proposta riguardo al “qualunque esso sia”? » chiese sperando in un mio “no”.
« Sì, entriamo. » feci entrare prima lei da bravo gentiluomo ed un cameriere con un camice decisamente sporco ci accompagnò ad un tavolo in un angolo. La faccia di Nina la sapeva lunga: lei, così perfetta, così abituata ai locali di lusso costretta a mangiare in una specie di ristorante sporco e malridotto. Le sue espressioni mi facevano morire dalle risate.
« Cosa prendi? » chiesi sghignazzando.
« Credo una pizza.. tu? »
« Anche io. »
« Siete pronti per ordinare? » chiese il cameriere dopo pochi istanti. Non avevamo avuto neanche il tempo di scegliere le pizze.
« Per me una boscaiola, per te? » chiesi a Nina.
« mm, una vegetariana. »
« Una boscaiola ed una vegetariana, perfetto. Da bere? » chiese il cameriere annotandosi l’ordinazione su una delle sue enormi mani.
« Birra per me. »
« Per me una coca cola. » disse Nina.  
« Ok, grazie. » disse il cameriere dirigendosi verso la cucina. Da una delle casse stereo (o meglio, quel che restava delle casse stereo) arrivava una musica d’altri tempi per tutto il locale.
« Una vegetariana? Una coca cola? » chiesi sorpreso.
Annuì. « Sono vegetariana e.. amo la coca cola. »
« Davvero sei vegetariana? » la guardai dolcemente.
« Da quando ero bambina. » sorrise. Lo sei anche ora, pensai. Il modo in cui aveva sorriso quando aveva visto la cioccolata calda quella mattina, le fossette che le si formavano ogni volta che rideva, i suoi occhi a cerbiatto..
« Come mai questa scelta? » chiesi. Il cameriere interruppe la conversazione lasciando sul tavolo una bottiglia di birra. Prese l’apri-bottiglie attaccato ad un passante dei suoi jeans e l’aprì.
« Non saprei sinceramente. Mia madre è vegetariana, credo che mi abbia influenzata molto nelle mie decisioni.. » si versò un po’ di coca cola dalla lattina.
« Vuoi un po’ di birra? » le chiesi porgendole la bottiglia dopo aver riempito il mio bicchiere.
« ehm, no.. non mi piace.. » rispose imbarazzata.
« Non ti piace la birra? » chiesi sbigottito. Non amare la birra era un’eresia per me che vivevo praticamente solo per berla.
Scoppiò a ridere. « Non fare quella faccia, non mi piace.. »
« L’hai mai assaggiata? » ritentai.
Esitò per un istante. « Sinceramente non l’ho mai provata.. » si morse il labbro inferiore e tornò a guardarmi.
« E’ arrivata la fatidica ora di provarla, allora. » sorrisi.
« Stai scherzando, spero. Non ho intenzione di provare.. quella.. quella cosa. » disse indignata indicando la bevanda nel mio bicchiere.
« E invece questa sera la proverai. » dissi con tono autoritario. Lei mi fissò sorpresa.
Poco dopo arrivarono le pizze. Già erano pronte? Il cameriere non poteva aspettare qualche minuto in più?
Nina addentò la sua e quando disse: « ma è praticamente cruda! » scoppiai a ridere. Assaggiai la mia e confermai: era la peggior pizza che io avessi mai assaggiato.
« Non credo che continuare a mangiarla sia una buona idea.. » lasciò il suo spicchio mangiucchiato nel piatto, si pulì accuratamente le mani con il tovagliolo e lo ripose esattamente nel modo in cui l’aveva trovato.
« Hai ragione. »
« L’idea del “qualunque esso sia” non ha funzionato, a quanto pare.. » disse Nina ridacchiando e indicando le nostre pizze.
« Spero che la prossima volta saremo più fortunati. » le sorrisi senza badare alle mie parole. La prossima volta?  
Mi guardò lusingata. « Lo spero anche io. »
« Se pensi che mi sia scordato, sbagli di grosso. »
« Cosa? » chiese lei disorientata. A quanto pare era lei quella che si era dimenticata della birra.
Versai un po’ di birra nel suo bicchiere e glielo porsi.
Lo guardò disgustata e poi tornò a guardare me. « Non la berrò. » inarcò le sopracciglia e mi fissò intensamente negli occhi.
« Oh sì, lo farai. » aumentai l’intensità del mio sguardo sperando che lei cedesse. Quale ragazza riusciva a resistere al mio sguardo?
« E invece no! » esclamò incrociando le braccia al petto.
« Sei testarda, eh. Devo venire lì e fartela bere con le cattive? »
Rise. « Non la berrò mai, mi disgusta l’odore. »
« beh, tappati il naso con una molletta, posso prestartela se vuoi. » scoppiò a ridere.
« Certo, perché no?! Sarebbe una splendida idea. »
« O forse non la bevi perché.. hai paura. » giocai l’ultima carta a mio favore sperando che finalmente funzionasse.
« Io non ho paura di niente. » velocemente mi strappò il bicchiere di mano e sorseggiò la birra tutta d’un fiato. Orgogliosa, eh.
Attesi una sua reazione.
« E’ davvero dis-gus-to-sa! » urlò. Immediatamente si versò altra coca-cola per cancellare il sapore che aveva in bocca. Scoppiai a ridere. Come cavolo faceva a non piacerle la birra?
« Non c’è niente da ridere, potevo morire per il disgusto. »
« Sei esagerata. » non riuscivo a smettere di ridere.
Lei imbronciata incrociò le braccia al petto e mi fissò. « Sei stato tu a costringermi! »
« In realtà è stata una tua scelta ma sei troppo orgogliosa per ammetterlo. »
Le sue guancie divamparono ed io le sorrisi.
« Voglio andare a casa. »
« Ogni suo desiderio è un ordine. » mi alzai dalla sedia e infilai la giacca. Aspettai che facesse lo stesso e mi diressi verso la porta d’ingresso.
« ehm.. non paghiamo? » chiese.
« Ti sembra il caso di pagare? Quella la chiamano pizza? Dobbiamo sbrigarci, il tizio non ci vedrà. Pronta? » le porsi la mano destra.
Mi guardò come se fossi pazzo. Per un attimo pensai che all’improvviso avrebbe cominciato ad urlare in preda al panico. Dopotutto era insieme ad una specie di squilibrato che prima l’aveva costretta a bere, poi le stava chiedendo di uscire senza pagare. E invece sorrise. Afferrò la mia mano con sicurezza e insieme corremmo verso l’uscita. Ero davvero sorpreso. Una volta usciti fuori, la guardai alla luce della Luna. Ansimava per la corsa e mi guardava con gli occhi lucidi. « E’ stato davvero.. divertente. Dovremmo rifarlo. » scoppiò a ridere ed io la seguii.
« Non pensavo che riuscissi a correre così veloce con quei.. cosi ai piedi. »
« Andiamo, non sono poi così alti.. » disse lei fiera delle sue scarpe. Probabilmente erano un nuovo acquisto.
« Non credo siano il massimo della comodità. »
« E invece lo sono, te l’assicuro. »
Scoppiai a ridere. « Sì, certo, come no. »
« Comincio a sentire gli effetti di quella pessima cosa chiamata birra.. mi gira la testa. » piagnucolò.
« Ho regione: sei esagerata. Hai bevuto qualcosa come meno di mezzo bicchiere, non può girarti la testa. » risi.
« E invece sì! » fece qualche passo e.. bum! Il tacco destro si ruppe. Prontamente la sorressi per evitare che si facesse male e la guardai negli occhi. « mh, cosa hai detto poco fa riguardo ai tacchi e alla loro comodità? » sussurrai.
« Le mie povere piccole scarpine.. » le guardò con tristezza e si chinò per raccogliere il tacco. Non potei evitare di guardarle il fondoschiena.
« Come faccio ora? » chiese con il tacco in mano.
« Puoi scegliere tra due opzioni. »
« Cioè? »
« Uno: rompere il tacco dell’altra scarpa e camminare come se portassi degli zoccoletti olandesi, oppure camminare scalza. »
« Proporrei una terza opzione. » si morse il labbro.
« Quale sarebbe? » chiesi.
« Le tue braccia muscolose sarebbero disposte ad ospitarmi? » fece gli occhi dolci. Non seppi resistere.. finalmente stava per arrivare quel contatto che tanto avevo bramato poco prima. Mi chinai e la presi in braccio. Era molto leggera. In quella posizione potevo toccarle gambe e schiena senza che se ne accorgesse. Sembravo davvero un maniaco.
« Ricordi la strada per arrivare a casa mia? » chiese.
« Sì. Dimmi la verità.. Hai fatto tutta questa scena solamente perché ti portassi in braccio, non è così? Chi non vorrebbe essere riaccompagnata a casa tra le braccia di Ian Somerhalder. » dissi con tono altezzoso.
« Sì certo, non montarti la testa però, eh. » sorrise dolcemente e portò le braccia dietro al mio collo. Il suo contatto mi provocò un brivido.
Una goccia gelida approdò sul mio avambraccio. A questa ne seguì un’altra, un’altra e un’altra ancora. Improvvisamente scoppiò a piovere a dirotto.
« mh, credo che stia piovendo.. » disse Nina.
« Bell’osservazione! » cominciai a correre verso casa sua sperando di arrivare presto. Da lì non era molto lontana e preferii raggiungerla piuttosto che cercare un riparo e aspettare che spiovesse.
Arrivammo davanti al portone completamente bagnati e Nina non riusciva a smettere di ridere. Vederla ridere in quel modo creava in me una specie di reazione a catena e non riuscivo a smettere di ridere neanche io, era inevitabile. Prese la chiave e aprì il portone. Finalmente entrammo. Mi asciugai i piedi sul tappetino ma mi resi conto che, anche se continuavo ad asciugarli, ad ogni passo lasciavo la scia. Nina mi precedette, accese la luce e la guardai. Il vestito bagnato aderiva perfettamente alle sue curve. Mmm..
« Beeeeeells? » chiamò. Nessuna risposta.
« Come mai non c’è nessuno? » chiese poco dopo.
« Chi è Bells? »
« La mia cameriera.. ah! Che sbadata! Le avevo concesso la serata libera.. »
Un tuono decisamente rumoroso interruppe le sue riflessioni. Sobbalzò.
« Devo tornare a casa prima che cominci a piovere ancora più forte. » dichiarai.
« mm.. sì.. » un altro tuono, ancora più forte. Cominciò a tremare.
« Dovresti asciugarti, stai tremando.. »
« sìsì, non preoccuparti.. grazie.. » ancora un tuono, poi un altro..
« Sei sicuro che tornare a casa sia una buona idea? Con questi tuoni.. »
« Saprò cavarmela. – sorrisi – Ti preoccupi per me? » domandai.
« E’ che.. magari hai freddo.. potresti asciugarti qui se vuoi.. »
« Sarebbe inutile.. Mi bagnerei lo stesso non appena metto piede fuori casa. »
« Va bene.. allora.. ci vediamo presto. » disse.
« A presto Nina.. » mi avvicinai alla porta e l’aprii. Uscii, mi voltai per salutarla e richiusi la porta alle mie spalle. Pochi istanti dopo la porta si riaprì.
« Aspetta! » esclamò Nina.
Mi voltai. « ehm.. sono.. sono terrorizzata dai tuoni.. e.. e.. Bells non c’è.. quindi.. quindi sono sola e.. ho.. tanta paura.. potresti magari.. cioè, se non è un problema.. restare.. con me.. questa notte? » chiese balbettando imbarazzata.
Sorrisi dolcemente. « Ma certo. » rientrai in casa.
« Solo se per te non è un problema.. » nuovo tuono. Saltò dallo spavento.
Scoppiai a ridere. « Un problema? Non ti lascerò morire di paura. » sorrise.
« Ho un pigiama piuttosto grande, dovrebbe entrarti.. Il bagno è da quella parte, sicuramente vorrai farti una doccia calda. Io userò l’altro, quindi non farti problemi.. »
Entrò nella sua camera e da uno dei tanti cassetti estrasse un pigiama enorme. Come faceva ad averne uno così grande? Me lo passò e lo afferrai. Rosa con i cuoricini? Feci una smorfia. Nina ridacchiò e si diresse verso l’altro bagno.
Mi feci una bella doccia calda e poi indossai il pigiama. Mi guardai allo specchio: ero decisamente imbarazzante. Fuori il diluvio continuava alla grande: tuoni e lampi ogni tre secondi. Nina non usciva dalla doccia e per un attimo pensai che fosse morta d’infarto. Poco dopo poi uscì in camicia da notte e, appena mi vide, scoppiò a ridere.
Incrociai le braccia al petto: in effetti il mio aspetto non doveva essere dei migliori. Si diresse in camera sua e la seguii.. letto matrimoniale.
« Puoi dormire dove vuoi. » disse sorridendo.
Anche con te?
« Potrei dormire qui.. visto che il letto è grande. Nel caso avessi paura dei tuoni.. » sperai di non aver fatto mosse troppo azzardate.
« Era proprio quello che volevo chiederti ma.. credevo di essere troppo.. invadente forse. » sorrise.
Mi sdraiai sulla “mia” metà del letto e lei fece lo stesso.  
« Buonanotte Ian. » disse poco dopo.
« Buonanotte Nina. »
I tuoni continuavano imperterriti e a ciascuno Nina tremava o sobbalzava spaventata. Non riuscivo a vederla così terrorizzata.
« Ehi.. » sussurrai. Era girata su un fianco e mi dava le spalle.
« Sì? » chiese.
« Puoi venire qui.. non mi sembra di essere di grande aiuto altrimenti.. »
Non se lo fece ripetere due volte. Si voltò e mi si avvicinò posando la testa sul mio torace. Con il braccio destro la circondai e posai la mano sulla sua spalla stringendola a me delicatamente. Lei posò la sua mano destra sul mio petto e la sentii respirare tranquillamente. I tuoni continuarono ma da quel momento non tremò più: si addormentò sul mio torace e niente disturbò il suo sonno, neanche i miei occhi che continuavano a scrutarla mentre dormiva e non riuscivano a posarsi su nient’altro che non fosse lei.

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Risposte alle recensioni! (:

Sonia88 Ecco a te il capitolo sulla cena! Spero che ti piaccia e.. grazie davvero per la recensione! Un bacio:3

SabryPierce oooh, sono commossa.. davvero! Ma che bella recensione, grazie davvero *----* Sei gentilissima e sono davvero felice che questa ff ti piaccia :') Spero che ti piaccia anche questo capitolo, grazie ancora! Non so davvero cosa scrivere per ringraziarti sufficientemente :') Comunque sì, ho Twitter ma lo uso raramente. Mi chiamo: YMyResistance e sarò felice di re-followarti :3 un bacio :*  

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