Aren't you afraid to die?

di rui
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Phantom ***
Capitolo 2: *** Pioggia ***
Capitolo 3: *** Solo e unicamente lui ***
Capitolo 4: *** Una melodia può riflettere l'anima ***
Capitolo 5: *** Perché proprio noi tre? ***
Capitolo 6: *** Protezione ***
Capitolo 7: *** Inseguimento ***
Capitolo 8: *** Perché?! ***
Capitolo 9: *** Il mondo a pezzi ***
Capitolo 10: *** Lotte e combattimenti: che passione! ***
Capitolo 11: *** Quel gelato sembra buono ***
Capitolo 12: *** Non ti aspettavo così ***
Capitolo 13: *** Il fine giustifica i mezzi ***
Capitolo 14: *** Di nuovo tu ***
Capitolo 15: *** La martire in croce ***
Capitolo 16: *** Un po' di normalità, se così si può chiamare ***



Capitolo 1
*** Il Phantom ***


Piccola precisazione sulla storia: alcune date e anni sono sfasati. Mello se ne andrà dalla Wammy's house a 16 anni. Dalla morte di L all'intervento di Mello passano 2 anni. Linguaggio a volte scurrile. Spero che la storia piaccia e ditemi pure se c'è qualcosa di poco chiaro o semplicemente cosa ne pensate della storia. ^.^ buona lettura

 

 


_Il Phantom

 

La musica riempiva l'intera discoteca. 

Il "Phantom" però, non era un locale come tutti gli altri: non si ballava, beveva e basta. Si veniva anche per regolare i conti. Era una cosa normale: di solito una canzone accompagnava una lotta. Uno contro uno, aperte le scommesse: ci si divertiva a dare spettacolo. Il proprietario era Joe: di origine africana, aveva la pelle nera come il carbone. Ad avercelo davanti sembrava di guardare una montagna: era molto forte, ma anche molto buono. Aveva raccolto dei ragazzini dalla strada e aveva permesso loro di vivere nel locale. Cinque maschi e una femmina, particolarmente cara a Joe. Un giorno questa ragazza venne notata da un uomo anziano, dall'aria benevola, che la portò in un orfanotrofio nella stessa città: la Wammy's house. Vi si coltivavano geniali menti con il fine di trovare un successore di L, il più grande detective del secolo. Quella ragazza, oltre che una singolare intelligenza, aveva una particolare abilità: il suo cervello registrava i movimenti altrui e reagiva facendo sì che il corpo li riproducesse alla perfezione. Era un'abilità molto utile: nel ballo, nei combattimenti, anche nelle verifiche, perché permetteva di copiare i movimenti delle mani dei compagni e di scrivere le stesse cose. Questa ragazza... ero io.

-Sean! Vuoi prendere il combattimento sul serio?!- sospirai: non imparava proprio mai quel ragazzo!
-Eddai Rui! Fammi divertire!- rise lui, passandosi una mano tra i capelli biondi tagliati corti, gli occhi scuri che brillavano d'ironia.
-Ma che divertire e divertire! Ti faccio il culo così ci pensi due volte prima di farti la mia ragazza!- ruggì l'avversario, un armadio con due gambe, facendo per dargli un pugno.
Sean lo evitò senza difficoltà e continuò a sfotterlo.
-Non cambierà proprio mai, eh?- feci a Boris, il mio migliore amico. Alto e magro, i capelli blu scompigliati sul volto, era un ragazzo un po' strano: asociale con tutti, tranne che con me e Sean. C'era un rapporto fraterno tra noi tre.
Boris sorrise: -È fatto così, che ci vuoi fare...-
-Gliel'ho sempre detto che a fare il deficiente con tutte guadagna solo rogne.- sbuffai sonoramente.
-Neanche tu sei messa tanto bene.-
-Che intendi?-
Boris indicò una persona tra la folla: un vecchietto con il fiato corto che si guardava disperatamente intorno.
-Dannazione mi ha trovata!-
-Ci vediamo domani.- mi salutò Boris, aprendomi un varco tra la folla, consentendomi di andarmene senza essere vista.
Purtroppo, le cose non andarono come avevo prefissato: Roger mi scorse con la coda dell'occhio e si mosse a fatica dietro di me.
Uscì dal Phantom e iniziai a correre tra le strade di Winchester. Destinazione: Wammy's house.
Mi era proibito uscire dall'orfanotrofio, anche solo per andare dall'altra parte della strada, figurarsi per andare in una discoteca alle undici di sera! Ma quella era la mia casa, la mia famiglia: non potevo resistere senza vederli.
Corsi sotto la pioggia, in mezzo alle strade deserte, fino a che non raggiunsi il cancello ferrato dell'orfanotrofio Presi una veloce rincorsa e mi arrampicai, scavalcandolo. Un attimo dopo, ero entrata dalle finestre della sala comune. Imboccai le scale, su cui incrociai Matt. Aveva 15 anni, come me: era una delle poche persone che mi stessero simpatiche nell'orfanotrofio.
-Sempre di corsa?-
-Sì! Non è che...- mi fermai un momento.
-Tranquilla, ti copro io!-
-Sei un angelo!- mi voltai di scatto per rincominciare a correre, ma andai a sbattere contro Mello, l'altra persona con cui andavo abbastanza d'accordo. Lui era più grande di me di un anno, quindi c'era un ulteriore distacco tra di noi.
-Attenta.-
-Ehi, Mel! Che scusa ci inventiamo stavolta?- fece Matt.
Il biondo mi guardò vagamente divertito: -Ha contribuito alla ricerca.- mi sventolò davanti al naso dei fogli -Leggili, così almeno saprai di cosa parleremo domani.-
-Grazie.- corsi in camera.

-Sono stanco, Rui. Davvero molto stanco. Quasi ogni sera fai una scappatella al "Phantom", non so più cosa fare.- sospirò Roger.
Alzai gli occhi al cielo, guardando fuori dalla finestra: erano le tre del pomeriggio, e avevo appuntamento con Boris e gli altri. Era il cinque novembre.
-Non so di cosa tu parli, Roger: io ieri sera ho fatto una ricerca con Matt e Mello. L'abbiamo presentata stamattina, chieda pure conferma al prof.-
-Ah davvero? E di cosa parlava?-
Feci un profondo respiro: -I vari culti sanguinari ai tempi dell'impero romano, in particolare quello di Mitra...-
Sospirò pesantemente, cosciente del fatto che il mio alibi era di ferro, interrompendo la mia spiegazione sui riti.
-Puoi andare.- disse rassegnato.
Andai in cortile, dove gli altri ragazzi stavano giocando a palla.
-Ehi Rui! Ti unisci a noi?- mi gridò Matt.
-Magari un'altra volta!-
Mi si avvicinò: -Stai "uscendo"?-
-Sì..-
-Allora, non è che mi prenderesti il solito?- mi allungò alcune sterline.
-Ti fa male tutto questo, lo sai.-
Per tutta risposta lui rise e si allontanò. Sentì il rombo di un motore in lontananza: stavano arrivando. Mi avviai furtivamente verso gli alberi, raggiungendo dopo poco il cancello. Al di là, ecco cinque moto. Individuai Boris e montai in sella.

 

****spazio autrice****

Ok, ammetto che questo capitolo è un po' striminzito... Però va beh, è l'introduzione e mi serve per dare una specie di contesto alla storia, che si incomincerà a delineare nei prossimi capitoli. Questa è la mia prima fan fiction, quindi siate clementi e ditemi cosa ne pensate! Ecco, su questo ultimo punto mi vorrei un attimo soffermare: mi piacerebbe molto ricevere dei commenti appunto perché questa fic è molto importante per me... proprio per questo, vorrei vedere almeno 4 commenti, altrimenti reputerò che la storia non è piaciuta e la stroncherò sul nascere. Mi dispiace se sono così pallosa, ma, come ho detto prima, è molto importante per me. Un abbraccio e grazie per aver letto          rui

     

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Capitolo 2
*** Pioggia ***


_Pioggia

Dovevamo svolgere una commissione per Joe in una città vicina: avrebbe impegnato tutto il pomeriggio e per questo spronai tutti a mantenere i 90 km/h costanti. Per sbrigare l'incombenza bastava una sola persona, ma noi facevamo tutto insieme: era una specie di consuetudine, che sfruttavamo tutte le volte possibili. Mi strinsi a Boris, il vento mi faceva svolazzare i capelli castani. Ero una persona un po' strana: avevo paura di guidare una moto, ma, contrariamente, adoravo andarci come passeggera. Cinque moto, cinque ragazzi. Mi guardai indietro e vidi Peter: robusto di corporatura e con una zazzera mora in testa, adorava la tecnologia e inventava congegni di ogni genere. Dietro di lui sopraggiunse Jack, suo fratello gemello, appassionato di enduro. Ed ecco il punto nero della famiglia, almeno (anzi, solo) per me: Simon. Alto, muscoloso, forte nel combattimento e terribilmente infantile: mi odiava (e io odiavo lui) perché ero più brava di lui e non faceva che importunarmi in ogni modo. Sean ci si affiancò: attraverso la visiera vidi che mi faceva l'occhiolino. Quanto gli volevo bene.

Sulla strada del ritorno cominciò a piovere. Io tenevo la scatola sigillata da dare a Joe e una busta di plastica per Matt. Mi guardavo intorno, assorta nel paesaggio delle campagne sotto l'acqua, per cui non ero pronta quando Boris frenò, così gli sbattei addosso. Posai lo sguardo sulla strada: al centro di essa, c'era ferma una moto.  Il conducente scese, con movimenti lenti ed esibizionisti, si tolse il casco e rimase immobile: i capelli neri gli contornavano il viso giovane su cui era stampato un sorriso strafottente. Sospirai: non avevo tempo da perdere, con Roger e tutto il resto. Battei la mano sulla schiena di Boris. Questi fece un cenno con la testa agli altri e ripartimmo, sorpassando il ragazzo. Eravamo ancora abbastanza vicini quando avvertii un rumore metallico. Mi voltai giusto in tempo per vedere lo sconosciuto con in mano un revolver, sparare alla volta di Peter. Colpì ripetutamente la ruota posteriore e la moto sterzò bruscamente, complice la strada bagnata, per poi finire rovinosamente a terra. Appena Boris si fermò, scesi per aiutare Peter, che aveva una gamba sotto il veicolo.
-Mi fareste la cortesia di darmi quella scatola?- chiese il ragazzo, ancora con il revolver in mano, avvicinandosi.
Mi alzai, sostenendo Peter. Lo caricai sulla moto di Jack e consegnai gli oggetti a Boris. Poi tornai a fissare torva il ragazzo.
-Mmh.. devo prenderlo per un no?-
Alto, muscoloso, avrà circa vent'anni... sa maneggiare la pistola e sembra essere perfettamente a suo agio a minacciare con quella, riflettei inoltre, se proviamo ad andarcene di nuovo, sparerà. Che diamine!
Sbuffai: -Ti dispiace se spostiamo la conversazione a lato della strada?-
Rise, ma tornò indietro, sempre tenendoci sotto tiro, e spostò la moto. Anche noi ci muovemmo nel campo vicino.
Simon sgasò, facendo percepire tutta la sua impazienza: -Cerca di non metterci troppo.-
Aspettai avesse posizionato la moto, poi mi misi in posizione: -Sei pronto?-
Rise di nuovo: -Rinunci all'effetto sorpresa.-
-Non sono una vigliacca. Allora?-
-Certo.-  si mise la pistola alla cintura e attese.
Iniziai a correre verso di lui, elaborando tutte le possibili contromosse e strategie. Ero a pochi passi da lui quando feci per colpirgli le caviglie. Come previsto, saltò e io non mi feci attendere: lo afferrai per la nuca e lo schiacciai a terra. Feci un balzo in modo da osservare la reazione. Stranamente, rideva. Abbassai per un secondo la guardia e lui ne approfittò, scattando verso di me e afferrandomi per un braccio e tirandomi nel fango. Repentinamente, gli tirai un calcio sul mento e con l'altro piede colpì il basso ventre. Si piegò in avanti e ne approfittai, per scavalcarlo, a mo' di cavallina. Si girò e partì una raffica di calci e pugni. Non era male, ma non avevo il tempo di restare ad ammirarne la tecnica. Dopo avergli colpito il mento con il palmo rigido della mano e averlo fatto indietreggiare, gli afferrai la pistola dalla cintura e gliela puntai contro. Si immobilizzò, consapevole che la lotta era finita e che aveva perso. Era tutto sporco di terra e il sangue gli usciva dal naso. Io non dovevo essere messa meglio, a eccezione che, al posto del naso rotto, sentivo il labbro pulsare. Mi allontanai, andando verso gli altri e mi accinsi a montare in sella. Prima, però, sparai alla moto del ragazzo e gli resi inutilizzabili le ruote. Senza una parola, ce ne andammo. Dall'altra parte del campo, però, sentii imprecare.

-Oh diavolo ma che ti è successo?!-
Dire che Matt era sconcertato era dire poco: se ne stava ferma davanti a me, con la bocca aperta, gli occhi a palla e le mani nei capelli.
-Ehm... Lotta nel fango.- sorrisi, porgendogli la busta -Se qualcuno te lo chiede, sono inciampata e caduta per terra.-
Matt prese meccanicamente la busta, contenente sigarette e giornali... per adulti.
-Vado a farmi una doccia: se Roger mi vede così è la volta buona che mi espelle.-

Il getto di acqua calda fu come un morbido abbraccio: mi liberò dallo sporco e dal sangue e mi regalò un po' di tranquillità. Mi concessi mezz'ora, poi uscii, coprendomi con un asciugamano. Mi osservai allo specchio: il labbro gonfio aveva un piccolo taglio superficiale e le braccia erano rigate da alcuni graffietti. Era bravo. constatai con riluttanza.
Avevamo portato la scatola a Joe e avevamo concordato di aprirla tutti insieme il giorno dopo. Joe, come al solito, si era arrabbiato e mi aveva ricordato che dovevo fare più attenzione se non lo volevo vedere stramazzare al suolo di crepacuore. Come se le persone morte di arresto cardiaco fossero poche... c'era quell'assassino, Kira, che si credeva dio e decideva la vita altrui. Per fortuna L aveva preso le direttive del caso: di sicuro l'avrebbe risolto.
Mancava poco a cena, così mi preparai in fretta. I capelli castani erano lisci e arrivavano poco prima delle spalle, e gli occhi erano marroni. Il più anonimo possibile! Avevo un fisico niente male: alta, magra, seno non esageratamente prosperoso. Non che mi piacessi, ma mi reputavo una ragazza dalla bellezza passabile.
Stavo uscendo dalla mia stanza, quando sentii un forte dolore al petto, all'altezza del cuore. Le gambe mi cedettero e caddi a terra, semi cosciente. Le immagini erano sfocate, ma riuscii a vedere una chioma bionda correre verso di me. Mello. Aveva la camera in fondo al corridoio ed era probabile che stesse andando a cena pure lui.
-Rui!- mi sollevò la schiena da terra e aspettò che mi riprendessi.
-Che cos'è successo?- mi chiese poi, con la solita voce ferma e fredda. Incontrai i suoi occhi azzurri, glaciali, ma velati dalla preoccupazione.
-Ho avvertito un forte dolore al petto, come se qualcuno me lo trapassasse, e non sono riuscita a reggermi in piedi. Dev'essere stato un dolore intercostale.-
-Non credo.-
-Beh, fa lo stesso: adesso sto bene.- feci per alzarmi, ma lui mi trattenne per un braccio e mi inchiodò a terra con lo sguardo. 
-Dobbiamo andare a mangiare- ribattei.
Come risposta ricevetti uno sguardo inflessibile.
-Mello...- feci più dolcemente -Sto bene, davvero...-
Il biondo sbuffò e mi lasciò alzare, ma rimase attento ad ogni mio segno di cedimento.
-Che hai fatto al labbro?- chiese mentre scendevamo le scale.
-Sono caduta e ho sbattuto la faccia.-
La sensazione di freddo provata prima non accennava ad andarsene: mi sentivo a disagio, respiravo lentamente e tremavo. Avevo l'impressione che sarebbe successo qualcosa di brutto. Molto brutto.
-Ehi, dove vai?- mi chiese Mello. Mi accorsi di aver superato la mensa.
-Scusa... ero sovrappensiero.-
Il biondo mi dedicò un'occhiata sospettosa, che mi fece rabbrividire ulteriormente.
Stavo per entrare nella sala quando Mello parlò di nuovo: -Un giorno, voglio venire con te.-
-Al Phantom?-
Annuì.
-Come vuoi.- replicai.
Tanto non durerai un secondo...
Non avevo nulla contro di lui, ma quell'aria sicura e strafottente suscitò in me una strana emozione, ma non seppi dire quale. E non sapere le cose mi dava davvero fastidio. Così questa emozione venne chiamata "fastidio". Poteva almeno chiedere per favore oppure dire...
-Grazie.-
Gli bastò una parola per abbattere il mio bellissimo castello in aria e per farmi sentire in colpa. Astuto.

-Ragazzi separate i banchi. Verifica a sorpresa.- disse il professore, il giorno dopo.
Imprecai fra i denti: non avevo aperto il libro dall'ultima verifica e non sapevo da dove iniziare il saggio breve. Fui, però, fortunata: nello spostamento, capitai di fianco a Near. Alla Wammy's house nessuno sapeva della mia capacità, anzi nessuno lo sapeva punto, eccetto Joe, Sean e Boris, così decisi di approfittarne. Di sottecchi guardai i movimenti fluidi della sua mano e scrissi ogni sua stessa virgola. Come avevo previsto, Near finì prima dello scadere del tempo e questo mi concesse di modificare il testo, inserendo più sinonimi possibili, e fare una piccola aggiunta, come per provare a me stessa che almeno una cosa la sapevo. La campanella suonò e io consegnai il compito con gli altri: nessuno si era accorto di nulla.

Stavo per uscire quando fui convocata da Roger.
-Vorrei che facessi qualcosa per me.- cominciò.
-Veramente avr...-
Alzò una mano per zittirmi: -Ho bisogno di un elenco dei libri che sono nella sezione 3.-
-Ma mi occuperà tutto il pomeriggio!-
Mi fulminò con lo sguardo: -Allora inizia subito. Manderò qualcuno a controllarti ogni mezz'ora e, nel caso tu manchi all'appello, reputerò che tu sia  andata al Phantom.-
Me ne andai sbattendo la porta.
"Che rabbia! Si è vendicato alla fine! Dannato..."
Presi il cellulare e composi rabbiosamente il numero.
-Boris? Sono bloccata alla Wammy's... Non riesco oggi.-
-Fa niente...-
-Per via della scatola, va bene se rimandiamo a domani?-
-Non ti ricordi? Stasera Joe parte e sarà fuori città per due settimane!-
-Oh no! Allora non rimandate: fate pure senza di me!- sentii un'altra voce, probabilmente Joe.
-No, Joe ha appena detto che lo guarderemo quando tornerà. Nel mentre la scatola resterà chiusa in cassaforte.-
"Cosa conterrà di così prezioso?"
-Sei arrabbiato?- chiesi.
-No, assolutamente.-
-Simon mi tirerà addosso chissà quanti cancheri.-
-Già e tu gli risponderai per le rime, dopo di che inizierete a menarvi a vicenda e Sean si farà un occhio nero nel tentare di separarvi.-
Non potei trattenere una risatina: -Povero Sean! Ci rimette sempre lui!-
-Sei più tranquilla ora?-
-Sì, grazie. Ora devo andare: mi aspetta un pomeriggio di tortura. Salutami tanto Joe!-
Feci un profondo respiro e con esso chiamai a raccolta tutta la mia buona volontà e pazienza. Così mi avviai di buon passo verso la biblioteca.

Appena l'insegnante mandato da Roger se ne andò, mi accasciai su uno dei tavoli. Avevo riempito tredici interi fogli in cui avevo annotato titolo e autore di ogni singolo libro. La mano mi doleva e così pure la testa: quanto volevo dormire... Così pian piano gli occhi mi si chiusero.

Mi trovavo in uno dei corridoi della Wammy's house: le finestre erano chiuse e non c'era nessuno di giro a parte me. Le porte si innalzavano fino al soffitto, che era parecchie volte più alto che nella realtà: mi sentivo piccola e schiacciata. Doveva essere un sogno. Addosso ad una parete, c'era uno specchio: riflessa, vidi una bambina di tredici anni, dallo sguardo impaurito. Ero io due anni fa.
-Coraggio, non avere paura: da questa parte.- accanto a me era spuntato un vecchio signore vestito con un elegante completo nero. Vedendo quei capelli e quei baffi bianchi e quel sorriso bonario fui presa da un moto di nostalgia.
-Watari...- mi tenni stretta al suo braccio: era stato troppo il tempo in cui non lo avevo visto. Nonostante mi avesse portata via dalla mia casa e dalla mia famiglia, gli volevo molto bene.
-Va tutto bene.- mi spinse dolcemente verso una porta -Ti sta aspettando.-
Aprii titubante e finii per sprofondare ancora di più nell'oscurità. L'angolo più lontano era il più tenebroso. La porta si richiuse dentro di me, separandomi di nuovo da Watari.
-Tu sei Rui, giusto?- dall'angolo più lontano emerse parzialmente una figura. Portava un paio di jeans scoloriti e una maglia bianca. Il volto era avvolto dalle tenebre, anche se riuscivo a scorgere alcuni ciuffi di capelli neri.
-Sì...- mormorai. Tutto quell'ambiente, l'intero sogno mi metteva in soggezione: uno stato di ansia che mi pietrificava. Feci dei respiri più profondi e mi imposi di calmarmi.
-Piangi ancora?-
-Cosa?-
-La prima volta che Watari ti portò alla Wammy's house, precisamente in questa stanza, tu stavi piangendo. Me lo ricordo bene: ti osservavo dalla webcam del...-
-Computer che era sulla scrivania...- completai la frase.
Ed ecco comparire il mobile, su cui vi era un portatile aperto: sullo sfondo, una grande L gotica. Feci rapidamente i calcoli. Ma certo! Stavo vivendo una specie di flash back: Watari, la scrivania... tutto.
-È stato qui che ti ho dato il tuo nome* e ti ho assegnato la lettera R.-
Ovviamente Rui non era il mio vero nome: quando me lo avevano assegnato tutti si erano sforzati di chiamarmi in quel modo. Perfino Boris e gli altri.
-Quindi tu sei...-
-Sì, io sono L.- fece un passo verso di me. Presto la luce del computer mi avrebbe permesso di vederne il volto. Sì, ecco...

...Qualcuno mi scosse: istintivamente gli torsi il braccio dietro la schiena e lo placcai a terra.
-Ahi!- ululò Matt.
-Te l'avevo detto di essere più cauto.- disse spezzante Mello.
Mi ripresi dal sonno e dal sogno e pian piano ricordai: -Dannazione Matt! Proprio al momento meno opportuno dovevi  svegliarmi!- lo lasciai alzare.
-Che stavi sognando?-
Raccontai in breve il sogno: -Mi mancava così poco per vedere L...- sospirai -Come mai siete qui?-
-Roger ci ha chiesto di passare per vedere come procedeva l'inventario.-
-L'ho finito: adesso glielo porto.-
Afferrai i fogli e mi diressi verso l'ufficio.

*Il nome "Rui" in giapponese è scritto con lo stesso carattere di lacrima.

****spazio autrice****
al contrario del precedente, questo capitolo è bello lungo! xD ringrazio tutti coloro che hanno letto la storia e in particolare:
- nania1011 che ha inserito la storia fra le preferite,
-nenezebubba che l'ha inserita fra le seguite,
-_Blue_Guitar_ , taby piccola star, starhunter, uadjet per aver recensito la storia.
Un sincero ringraziamento a tutti! sappiate che ho apprezzato molto! :)
                                                                                                                                                                                                                rui

 

 

 

 

     

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Capitolo 3
*** Solo e unicamente lui ***


_Solo e unicamente lui


La mattina seguente passò velocemente e così pure la pausa pranzo. Durante il pomeriggio feci i compiti con Mello e Matt.
Notai che il biondo lanciava spesso occhiate furenti alla figura bianca seduta all'altro tavolo.
-Mello potresti evitare di lanciare sguardi di fuoco a Near e concentrarti sui compiti?- chiesi ad un tratto, finendo di risolvere un'equazione.
-Li ho finiti.-
-Bene.- alzai la testa dal foglio -Allora confrontiamoli.-
I suoi occhi di ghiaccio mi trafissero come lame affilate. Rimasi immobile, poi decisi di controbattere: scrollai le spalle e sfoderai un sorriso strafottente.
-Allora?-
-...-
-Dai Rui non essere cattiva! Sai bene che Mello odia Near.-
-Diciamo pure che odia chi è migliore di lui. È una cosa molto infantile, se permetti.-
-...Matt, stasera puoi inventarti una copertura per me e per Rui?- dal tono in cui formulò la domanda, però, sembrava che avesse impartito un ordine.
-Uhm... Ok.- Matt non fece molte domande, preso dal copiare gli esercizi.
-Quindi vuoi venire stasera... Va bene.- sorrisi. 
Sorrise di rimando.
I nostri sorrisi erano uguali: sorrisi di sfida, di chi si aspettava di vincere, di superiorità.
La sensazione denominata "fastidio" tornò.
Matt intanto ci guardava molto preoccupato: -Per fortuna che non verrò stasera...-
-Si parte alle nove. Se sei anche solo un minuto in ritardo ti lascio qui, intesi?-
-Tsk.- scrollò le spalle -Non succederà.-

Avevo appena finito di mangiare, quando Roger mi chiamò nel suo ufficio. Mi aspettavo chissà quale pretesto per farmi stare inchiodata alla Wammy's, per cui fui sorpresa quando, entrando, vidi sia Near che Mello.
-Cosa succede?- vidi alcuni fogli sulla scrivania del direttore.
-Vi ho convocato perché è avvenuta una cosa che ha del singolare. Questi sono i vostri compiti dell'altro giorno...- ce li mostrò.
Il mio cuore perse un battito.
Mello: 185.
Near: 190.
Io: 192.
Era il compito che avevo copiato da Near, quindi era ovvio che avessi preso un punteggio alto, ma non mi aspettavo così alto.
-Questo vuol dire che quando ti impegni puoi raggiungere risultati molto elevati.-
Non lo stavo ascoltando: ero riuscita a fare ciò solo grazie alla mia abilità. Se avessi detto di aver copiato avrei messo nei casini Near, sempre che mi avessero creduto (è pressoché impossibile copiare un intero compito). Non volevo però svelare la mia abilità perché...
-Potresti ambire a diventare il successore di L.-
Ecco, proprio per questo. Con la mia abilità, ci sarei riuscita molto facilmente, ma non volevo.
-No.-
Ero in netto vantaggio su tutti i ragazzi dell'orfanotrofio e per me sarebbe stato un gioco da bambini. Era ingiusto nei loro confronti, che si impegnavano duramente. Inoltre, non ero all'altezza di L. Perché L era la giustizia, il mio idolo, irraggiungibile. Mi sono sempre detta: "Perché non essere la sua spalla?" Trovare gli indizi per lui, andare sul luogo del reato al posto suo... per me non era pensabile sostituirlo.
-Come?-
-No.- ripetei esitando.
-E allora perché sei qui?- disse apatico Near.
Mi voltai verso di lui: -Non intendevo che non voglio essere un suo successore.- mentii -Ma che, questo test, si è trattato sicuramente di un caso.-
-Tu lo credi davvero?-
-Sì: sono sicura che è stata una casualità questo punteggio. Di solito sono intorno al 180, no? Avrò guadagnato dodici punti per...- mi stavo arrampicando sugli specchi: non riuscivo a trovare una scusa convincente.
-Tu le capacità ce le hai. Impegnati e potrai ottenere il posto di L.- detto questo ci congedò.
Una volta in corridoio, Near si allontanò verso la sala comune, mentre Mello rimase immobile.
-Sarà solo un fenomeno isolato..- mormorai -Mello...andiamo?-
Vedendo che non mi rispondeva, gli appoggiai titubante una mano sulla spalla. Lui già odiava essere secondo, figurarsi terzo!
Si voltò verso di me e lo sguardo che incontrai era così furente che d'istinto feci un passo indietro, andando a sbattere contro il muro. Sul volto di Mello si disegnò un sorriso, anzi un ghigno sinistro e mi si avvicinò, poggiando una mano vicino alla mia testa e chinandosi in modo che le nostre fronti si sfiorarono.
-Vuoi dirmi come hai fatto?- chiese pacatamente.
La calma prima della tempesta.
Immaginavo già dove questa si sarebbe scatenata.
-È stato un caso...- mormorai.
Mi si avvicinò ancora di più: -Puoi darla a bere a Roger, ma non a me: come hai fatto?-
-Non lo so! Lo vuoi capire?! È successo, punto! Non ho idea di come, né perché! Forse ho semplicemente studiato di più!- mi scostai -Vogliamo andare?!- mi voltai, sentendo sulla mia schiena uno sguardo ancora più gelido di prima.
Perfetto: mi odia.

Il Phantom era affollato come sempre. Individuai Boris e mi mossi sicura verso di lui, incurante se Mello mi seguisse o no. Per tutto il tragitto, non avevamo spiccicato parola e questo mi diede ancora quel "fastidio".
-Rui!- trillò Sean. Mi abbracciò molto goffamente: -Che bello sei qui! Ehi... che ne dici? Lo sgabuzzino di là è libero e...-
Mi allontanai: -Sei ubriaco fradicio.-
-No! Non è vero!- si avviò barcollando verso di me.
-Ok. Adesso ti porto in camera e ci facciamo una bella dormita.- lo presi per un braccio.
-Ma nooo! La camera mica è fatta per dormire! Ehi... che bricconcella! Va bene... andiamo pure in camera a "dormire".-
Alzai gli occhi al cielo: -Mello, tu aspetta qui. Boris, controlla che non si metta nei casini.-
-Non ho bisogno di una guardia.- replicò il biondo, acido.
-Allora fai quel che ti pare.- detto questo trascinai Sean in camera. Il Phantom, infatti, aveva a disposizione due piani: il primo era il vero e proprio locale, il secondo fungeva da “ostello”  per qualche cliente  che aveva bisogno di un posto per la notte e aveva a disposizione alcune stanze, sei delle quali, erano occupate da Joe e gli altri. Una volta anch'io abitavo lì.
Con non poca fatica lo misi a letto.
Tornai di sotto, e fui accolta da grida e confusione. Qualcuno stava combattendo. Andai al bancone, dove Jack serviva i drink.
-Mi dai una coca?-
-Ecco a lei.-
-Chi combatte stasera?-
-Un novellino contro Mark. Mica male!-
-...-
Avevo una pessima sensazione. Per prima cosa, Mark Dekar era uno dei nostri principali rifornitori di tecnologie e informatori e non combatteva quasi mai, lo giudicava inutile, a meno che non venisse toccato sul personale. E poi, c'era quell'altra parola.
Fa che non sia il novellino che ho portato io!
Con la bottiglia di coca-cola in mano, mi infilai tra la folla e non mi fu tanto difficile individuare la chioma blu di Boris.
-Sean è a letto.- mi guardai intorno -Dov'è Mello?-
Boris non si girò ed io seguii il suo sguardo sulla pista da ballo che veniva usata per combattere.
-Merda.-
A fronteggiare un sanguinante Dekar, vi era un Mello impassibile.
-Ha attaccato briga quando Mark gli è accidentalmente sbattuto contro. È suscettibile il tuo amico.-
-E tu perché non lo hai fermato?-
-Quel che fa o non fa non è affar mio.- disse.
Sbuffai.
-Inoltre, è forte, forse al mio livello.- aggiunse.
Sgranai gli occhi: dopo me e Simon, Boris era il più forte, anzi, riusciva a tenere testa a Simon perfettamente, solo che poi si stancava e rinunciava. Osservai la lotta: in effetti, Mello era in gamba, attaccava e difendeva in modo fluido e sicuro, quasi per lui fosse la cosa più normale al mondo. In breve tempo, Mark ebbe la peggio, crollando a terra. Mello, però, sembrava non voler fermarsi. Sul suo volto si leggeva un'espressione di rabbia e disgusto e fece per calciare la faccia del rivale al suolo.
La bottiglia di coca cadde a terra, rompendosi in mille pezzi. In quel minuscolo frangente in cui l'attenzione era stata attirata dal rumore, io mi ero messa tra i due.
-Basta così! Ormai Mark ha perso!-
-Levati.-
Puntò lo sguardo di ghiaccio su di me e per un attimo tentennai. Solo, solamente e unicamente lui era in grado di fare una cosa del genere. Mi feci da parte, irrigidendo la gamba destra, portandola dietro, come fosse un normalissimo passo. La sala fu riempita da un mormorio confuso: la gente mi conosceva e non mi aveva mai visto desistere.
Chinai la testa e guardai il pavimento. Nel momento in cui Mello mi si affiancò, portai con forza la gamba destra al suo petto, facendolo cadere qualche metro più in là. Non volevo fargli troppo male, ma dovevo farlo allontanare: mi misi un braccio di Mark intorno alle spalle e lo sollevai, portandolo su uno dei divanetti dietro la folla, che si aprì al mio passaggio. Dai mugolii di dolore doveva avere un paio di costole rotte e una spalla lussata. Peter accorse: -Me ne occupo io.-
Annuii e tornai da Mello, che si era rimesso in piedi.
-Se non sbaglio ti avevo detto di non metterti nei guai.-
-Smettila di trattarmi come un idiota! So ...-
-Tu non sai niente! Solo perché è successo quel che è successo non sei autorizzato a ferire altre persone!-
-Allora lascia che ti batta adesso, così saremo pari!-
Un'unica, fragorosa, risata collettiva si levò dalla folla.
-Mi dispiace, ma in questo modo andresti incontro ad un'altra sconfitta.-
Scattò verso di me e riuscii a schivarlo per miracolo, data la sua velocità. Mi attaccava allo stesso modo in cui attaccava Mark, con la chiara intenzione di spaccarmi la faccia. Ma la mia mente aveva già registrato tutto e le era alquanto semplice prevedere le sue mosse e copiarle. Poi successe: quegli occhi di cristallo mi catturarono per quel nanosecondo da farmi perdere la concentrazione e da consentire a Mello di colpirmi. Caddi e rotolai all'indietro per l'impatto subito: sentivo qualcosa di caldo scorrermi sul viso. Mi toccai la fronte. Feci per rialzarmi, ma il biondo si mise sopra di me, impedendomi ogni movimento.
-Chi è che doveva andare incontro alla sconfitta?- sogghignò strafottente prendendomi il collo con una mano -Sappi che non mi fermerò solo perché sei una ragazza!-
Lo guardai immobile, non lasciando trasparire nulla: era chiaro che stava sfogando tutta la sua rabbia per non essere il migliore, per essere stato nuovamente battuto.
Annuii: -Vuoi pestarmi fino ad uccidermi? Fallo. Se ti sentirai migliore dopo...- non c'era sfida nella mia voce, solo rammarico.
Da una parte non volevo umiliarlo di nuovo, ma dall'altra bramavo la vittoria.
Per questo approfittai dell'attimo di sorpresa scaturito dal mio tono sincero per liberarmi dal peso del suo corpo e fare una verticale, calcandogli il mento. Ricadde all'indietro.
Mi alzai e feci per dare il colpo finale quando...
-Strano che ti vedo coperta di sangue!- si levò una voce dalla folla.


****spazio autrice****

Ed ecco che un altro capitolo è stato pubblicato... oh che fatica x.x  Tornando alla storia... di chi sarà quella voce tra la folla? La nostra Rui avrà delle nuove complicazioni o potrà tirare un sospiro di sollievo? E Mello? Riuscirà a superare la rabbia? 

Grazie mille a chi legge e a chi recensisce!!! Grazie davvero ^.^


UN BACIO, RUI

 

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Capitolo 4
*** Una melodia può riflettere l'anima ***


_Una melodia può riflettere l'anima

Mi voltai verso il punto dove si era levata la voce e vidi una ragazza  alta un po' meno di me, i ricci rossi che le arrivavano alla schiena e due magnetici occhi grigi. Sul viso coperto da lentiggini era stampato un gaio sorriso. Senza pensarci corsi verso di lei e le buttai le braccia al collo.
-Che accoglienza!!- rise ricambiando l'abbraccio.
-Ma... tu che ci fai qui?-
Meg, la mia migliore amica da sempre, si era trasferita in America da un anno, seguendo i genitori.
-Diciamo una piccola vacanza.- mi strizzò l'occhio. Aveva 18 anni e aveva sempre fatto quello che voleva.
-E i tuoi non dicono nulla?-
-Ehi! Se non mi vuoi qui me ne torno indietro!-
Sorrisi.
-Ma guarda! Che ti pigliasse un canchero Rui: mi hai sporcato la faccia di sangue!-
Come gli altri, anche lei aveva dovuto iniziare a chiamarmi così, nonostante inizialmente non fosse stato così semplice.
-Sei sempre la regina qua dentro! Anche se vedo che questa volta qualcuno stava per prenderti la corona.-
Quelle parole, seppur scherzose, mi riportarono alla realtà: avevo male alla spalla sinistra, e il sangue che colava dal viso. Poi mi ricordai di Mello e di quando mi aveva imprigionato con lo sguardo: il cuore iniziò a battermi sempre più forte, facendomi abbandonare a quella strana, incognita, sensazione denominata "fastidio". Iniziavo a dubitare di aver dato un nome corretto. Mi voltai verso il biondo, che nel frattempo si era alzato dolorante e si reggeva in piedi malfermo. I suoi occhi, tanto per cambiare, mi trafissero e, di nuovo, provai "fastidio". Indietreggiai inconsciamente.
-Ehi che succede?- chiese Meg.
- N-nulla... -
La mia amica spostò lo sguardo da me al biondo e viceversa, poi annuì, anche se non seppi dire riguardo a cosa.
-Fammi un favore.- proruppi recuperando il sangue freddo -Vai a chiamare Peter e digli di raggiungerci nella mia vecchia stanza. Dovrebbe essere in infermeria.-
Non le lasciai il tempo per replicare che mi avviai verso le stanze, facendo cenno a Mello di seguirmi. Non avevo più le forze, fisiche e psicologiche per combattere.

-Ti sei sfogato abbastanza?- chiesi, mettendomi a sedere su quello che una volta era il mio letto.
Mello si limitò a fare spallucce, per poi continuare a guardarsi intorno. Si soffermò sulla mensola accanto alla scrivania, piena di foto. Tutto era rimasto esattamente come quando vivevo lì, in attesa che io tornassi indietro. Mi lasciai sfuggire un sospiro che non passò inosservato.
-C'è una cosa che mi sono sempre chiesto,- cominciò Mello -ovvero perché ti hanno portata alla Wammy's house. Fino a prova contraria, tu ce l'hai una famiglia, anche se non è di sangue.-
-È una questione un po' complicata... Diciamo che Watari mi ha trovato per sbaglio e in quell'occasione ha notato in me il potenziale per poter succedere L. Probabilmente non ritenne che il Phantom fosse un luogo adatto per coltivare la mia conoscenza...-
Abbassai lo sguardo: non gli avrei detto nient'altro, anche perché ho sempre avuto l'impressione che Watari conoscesse la mia abilità segreta. Mi ricordai del nostro incontro: per ripararsi da un acquazzone torrenziale, Watari era entrato al Phantom e ha assistito ad una mia lotta contro Simon ed era rimasto colpito dal fatto che combattevo il ragazzo con le sue stesse mosse. In seguito mi aveva fatto alcune semplici domande e mostrato un disegno che aveva del surreale. Solo più tardi ho scoperto che si trattava di un test di intelligenza. Dopo aver visto i risultati aveva parlato per molto tempo con Joe, per poi annunciare il verdetto: sarei andata a vivere alla Wammy's house. All'inizio ero corsa via urlando di non voler abbandonare la mia famiglia. Non so come, Watari mi aveva trovata e, in un qualche modo, aveva conquistato la mia fiducia: aveva iniziato a parlare del più e del meno e pian piano mi ero unita alla conversazione. Il discorso, poi, si era incentrato sulla mia idea di giustizia. Aveva scoperto la mia ammirazione verso L e mi aveva detto che lui stesso aveva frequentato l'orfanotrofio Mi aveva parlato della competizione per la successione e, alla fine, mi aveva convinto, assicurandomi poi che sarei potuta venire al Phantom ogni volta che volevo: ovviamente, non aveva tenuto conto di quell'avvoltoio di Roger!
La voce sprezzante di Mello mi strappò ai ricordi: -Beh, Watari ha visto giusto riguardo alle tue potenzialità, no?-
Dannazione, ancora! Non posso dirgli la verità senza confessargli il mio segreto. Perché mi deve sempre mettere in difficoltà, dannato ragazzo!
-... Solo una volta, Mello, solo una volta ti ho superato!-
-Due, contando stasera.-
-Cosa ti aspettavi? Sono imbattuta qui dentro: figurati se il primo che passa mi soffia il primato!-
-Ah dunque io sarei il primo che passa?- alzò un sopracciglio e si fece più vicino.
La cara sensazione "fastidio" tornò a farmi visita, ma cercai lo stesso di darmi un tono: -Se non sbaglio, è la prima volta che vieni, no? Tu come ti chiameresti?-
La porta si spalancò all'improvviso ed entrò Peter, seguito da Meg e Boris.
-Continuo a non capire perché tu non voglia andare in infermeria, ma va beh... Fammi un po' vedere.- disse il moro afferrandomi il braccio sinistro. Soffocai un gemito.
-Hai la spalla messa maluccio, eh? Se Joe fosse qui sai quante te ne direbbe...-
Continuò a farmi la ramanzina tra una medicazione e l'altra, mentre Meg si occupava di Mello.

Entrammo nella sala comune da una finestra, esattamente dietro al pianoforte. Ci guardammo in giro: era deserta. Tutti i ragazzi, probabilmente, erano nelle proprie stanze.
Senza dire una parola, Mello iniziò a suonare lo strumento. Una melodia dolce e allo stesso tempo malinconica, carica di tristezza e frustrazione. La musica ha sempre avuto il potere di farmi staccare dal mondo e al contempo di farmi concentrare meglio: il mio stile di lotta era spesso incentrato sulle canzoni. Tuttavia adoravo anche sedermi da una parte e ascoltare l'Ipod o qualcuno che suonava. Quando ero più piccola, mi fermavo quasi sempre ad ascoltare gli artisti di strada: rimanevo incantata e potevo restare per ore a sentirli. La musica era una delle pochissime cose che potevano toccarmi l'anima. Non mi accorsi neanche delle lacrime che scendevano da sole sulle mie guance.
-Una volta, - disse Mello, tenendo la testa china -avrò avuto dodici anni, L è venuto a farci visita e per commemorare l'evento abbiamo fatto un'esibizione al pianoforte. Ci siamo seduti tutti qui intorno e uno dopo l'altro abbiamo suonato un brano. Quando è toccato a Near, mi sono sentito molto nervoso: la sua esecuzione era perfetta, senza un errore. Involontariamente, ho guardato L e lui ha ricambiato il mio sguardo e ha sorriso, come per dirmi: "andrai bene anche tu".- smise di suonare e, sospirando, alzò lo sguardo verso di me -Ehi! Che hai?-
Non capii subito il perché della sua espressione sorpresa, fino a che non mi toccai una guancia e mi accorsi di stare piangendo.
Scoppiai a ridere, cosa che rese Mello ancora più confuso.
-Ahah... Mi sono commossa: mi succede quando ascolto della musica toccante! Sei davvero bravo!-
Questo complimento inatteso sciolse un po' di tensione tra noi due e lo fece sorridere. Mi asciugai le lacrime e lo osservai meglio: quel sorriso, sembrava triste...
Mi diressi verso la porta e, prima di uscire, dissi: -Io non ho mai incontrato L, ma è sempre stato il mio mito. Non so nemmeno perché sono qui, visto che so di non essere all'altezza del suo ruolo. Forse, che so, un giorno mi prenderà come spalla... Ma non credo. Ti assicuro, Mello, che non era mia intenzione batterti, anzi... Mi piacerebbe che tu credessi al fatto che è stato un fenomeno isolato. Ci vediamo a cena.-
Mentre salivo le scale, sentii della note stonate, come se qualcuno si fosse appoggiato sul pianoforte. Scossi la testa, dandomi della stupida per il pensiero che avevo appena formulato.
Sentii dei passi e vidi spuntare dal piano di sopra Matt.
-Siete torn... oh!- esclamò vedendo la tempia fasciata.
-È giù che suona il piano. Ah grazie.- gli sorrisi il più caldamente possibile.
Sembrò rassicurato e ricambiò il sorriso, prima di fiondarsi nella sala comune.
Arrivata in camera, mi buttai sul letto e ripensai a quanto era successo. Con il senno di poi, avrei dovuto studiare così non avrei dovuto far ricorso alla mia abilità, non avrei dovuto copiare da Near e non avrei preso un punteggio più alto del suo, probabilmente per colpa di quell'aggiunta! Ecco mi sarei dovuta limitare a copiare, invece no! Quanto sono stupida! Ora ci saranno molte più pressioni! Sarà tutto più complesso e... Sospirai. Ero sicura che Mello fosse ancora arrabbiato con me. Ma cosa vai a pensare?! Chi se ne importa di quello che va a pensare Mello!?! continuavo a ripetermi. E allora perché il cuore cominciava a battermi ai mille quando ripensavo a prima, nella mia vecchia stanza, quando mi era così vicino?
Non farti coinvolgere!
Affondai i denti nel cuscino: -Merda!-

 

****spazio autrice****

Lo so che volevate vedere la fine del combattimento tra Mello e Rui, ma non è ancora arrivato il momento u.u diciamo che viene rimandato! Nel prossimo capitolo comincerà una nuova avventura che metterà a dura prova tanto Rui quanto Mello... 

Un sincero ringraziamento a chi legge e uno ancora più grande a chi recensisce ^.^

Un bacio, rui

 

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Capitolo 5
*** Perché proprio noi tre? ***


_Perché proprio noi tre?


-Cosa?- sgranai gli occhi e li puntai su Roger, che mi osservava con quell'espressione da avvoltoio compiaciuto.
-Hai capito bene. Di recente, ingenti quantità di droga sono state trovate dalla polizia. Si sospetta che ce ne siano ancora parecchie nascoste chissà dove e non si sanno i responsabili. Non ci sono sospettati nè indizi. Le persone che facevano uso di quelle droghe, in particolare eroina e cocaina, facevano domanda ad un individuo misterioso che si aggira, a detta loro, per le strade malfamate della città. Gli hanno dato un anticipo e l'indirizzo. In questo modo la droga arrivava, ovviamente nascosta, direttamente sotto casa, e i clienti dovevano portare il resto dei soldi nel luogo esatto in cui avevano trovato l'uomo. Nel caso non avessi i soldi, il tuo indirizzo di casa era conosciuto e...-
-...sarebbero iniziati i ricatti.- concluse Near.
-Agirete sotto il nome di Erald Coil.-
-Perché? La pol...-
-La polizia non ha indizi e necessita di una mente sopraffina, come quella di un detective di fama mondiale. L in questo momento è occupato con il caso Kira, quindi è qui che entrate in gioco voi.-
-Di solito questi detective si mobilitano per casi peggiori, tipo stragi.- commentai.
-È vero, ma questa volta è stato per un mio personale capriccio, ovvero vedere come ve la cavate a svolgere questo genere di missione.-
-Perché proprio noi tre?- sbottò Mello.
-Mi pare ovvio: siete i migliori.-
-Non ne bastava uno?-
-...No. Questo è un esame, mettiamola in questi termini: verrà valutato il lavoro di squadra.-
-Quanto tempo abbiamo?- chiese Near.
-Tre giorni.-
-Potremmo uscire dall'orfanotrofio?- proruppi -Intendo dire, per trovare indizi.-
-Sì. Preferirei che vi teneste lontani dai quartieri malfamati che ho citato prima.-
-E come facciamo se dobbiamo pedinare quel tizio?- Mello iniziava a spazientirsi.
-Ho detto preferirei, ma se è necessario, potete andare. È vietato richiedere l'aiuto della polizia: non devono scoprire che sono dei ragazzini a condurre le indagini.-

Eravamo seduti intorno al pianoforte, a discutere di ciò che ci era stato appena detto.
-Suggerisco che uno di noi resti qui alla Wammy's nel caso arrivino dei messaggi dalla polizia e in modo da poter controllare gli spostamenti nostri e dei soggetti dal satellite.-
-E come farebbe a realizzare questo, scusa?-
-Peter è un patito di tecnologia: dispone di tutto quello di cui abbiamo bisogno.- replicai.
-Immagino che a dover stare qui sarò io.- commentò Near -Va bene.-
-E noi che dovremmo fare?!-
-Mello puoi gentilmente smetterla con quell'atteggiamento scocciato? Sto pianificando una strategia, non è così immediato! E se tu non vuoi farne parte, anzi, se tu non vuoi far squadra con noi, sai dov'è l'ufficio di Roger e puoi benissimo andarglielo a dire!-
-Sai bene con l'ultima cosa che voglio è far coppia con lui!-
-Beh sopporta! Tu sarai lontano! Saremo solo in contatto via ricetrasmittenti: non credo sia così dura sentire solo la sua voce!-
-Ma tu che vuoi saperne? E poi chi ha detto che si farà come dici tu?!-
-Perché io ho un piano e i mezzi per attuarlo e per riuscire nel nostro intento!-
Stavamo urlando e molti ragazzi nella sala si erano girati a guardarci. Near ci osservava senza vederci, probabilmente soppesando ogni nostra parola.
-Sai che ti dico?! Fai come ti pare!- Mello si alzò e fece per andarsene.
-Ah è così? Te ne vai? Scappi! Come un codardo! Come puoi pensare che tu possa vincere la competizione se agisci come un vigliacco!?! Alla minima cosa che non va come vuoi tu, mandi a quel paese tutto e chi si è visto si è visto! Credi che L faccia così? Cresci, Mello cresci!!-
Si girò fulminandomi con lo sguardo: lo stavo umiliando davanti a tutti.
A voce più bassa e controllata continuai: -Alzati, combatti, trova un modo di reagire che non sia quello di abbandonare. Se la corrente è troppo forte da risalire fatti trasportare, seguila, infiltrati, trova i suoi punti deboli e vedrai che prima o poi troverai un modo per arrivare alla tua meta.-
Senza una parola, tornò a sedersi, meditabondo.
-Io andrò subito a chiedere a Peter i mezzi che vi dicevo. Non so se ce li ha pronti: al massimo dovremo aspettare domani mattina. In ogni caso, stasera io e Mello andremo al Phantom a cercare più informazioni possibili riguardo al caso, mentre Near chiamerà a nome di Erald Coil, cammuffando la voce ovviamente, la polizia e farà delle domande ai soggetti che hanno comprato la droga, che a quanto dice Roger sono ancora fermi alla centrale. In base alle informazioni che ricaveremo, si decideranno le prossime mosse. Vi va bene? Se c'è qualche incongruenza vi prego di dirlo.-
-Come faccio a cammuffare la voce? Hai qualche apparecchio?- chiese Near guardando per terra.
-Sì, si chiama fazzoletto sulla cornetta e cambio di tono.-
-Ok..- fece Near, abbozzando quello che poteva parere un sorriso.
Spostai lo sguardo su Mello.
-Per me è ok.-
-Io allora vado da Peter!-

Non mi spiegavo peché Mello, dopo il nostro litigio, sarebbe tornato a sedersi senza fare storie: va bene che l'avevo provocato, ma mi sembrava comunque strano. Che cosa aveva intenzione di fare quella testa calda?
Varcai il cancello della Wammy's house, per la prima volta dopo parecchio tempo, in modo normale, senza doverlo scavalcare e senza che ci fosse qualcuno ad urlarmi contro.
Riflettei sul caso, a mio parere troppo semplice in apparenza: doveva esserci qualcos'altro sotto. Roger l'aveva definito un capriccio volto ad insegnarci a lavorare in squadra. Già questo doveva essere un campanello d'allarme: L lavora solo. A meno che... Ero a conoscenza del fatto che il detective non avesse ancora preso una decisione per la successione: che, in caso del suo decesso, Roger avesse intenzione di proporre una collaborazione tra Mello e Near? Magari motivandoli dal risultato di questo "esame", in caso sia positivo, elogiando il modo in cui insieme hanno risolto il mistero. E allora io? Forse servo nel caso la missione sia un fallimento, così che la colpa venga addossata a me e che se i due avessero lavorato insieme avrebbero sicuramente trovato la soluzione. No, non è così. È un ragionamento troppo forzato. pensai. Era da tenere in considerazione, però, la collaborazione tra i due.
Avevo una brutta sensazione e non era la prima volta che mi voltavo indietro per accertarmi di non essere seguita da nessuno. Ma quella impressione non se ne andava.
Individuai Meg davanti all'ingresso del Phantom, intenta a fumare una sigaretta. L'abbracciai e aspettai che finisse, poi entrammo.

La sera arrivò e io e Mello ci apprestammo a uscire. Diedi a Near un paio di cuffie con microfono, datomi da Peter.
-Sono provviste di un sensore che permette di entrare in contatto con i nostri trasmettitori.- gli spiegai, poi diedi a Mello un oggetto simile a un cioccolatino. Ne avevo uno identico anche io. Ce lo infilammo nell'orecchio e mostrai come funzionava: bastava sfiorarlo per attivarlo. Permetteva di comunicare con gli strumenti che ricevevano il segnale, ovvero quello di Mello e le cuffie di Near.
Se poi schiacciavo con più forza, si apriva dall'oggetto una finestra virtuale che andava a coprire l'occhio più vicino: questa mostrava il segnale degli altri dispositivi via satellite, mostrando le strade ecc.
-Wow sembrano gli equipaggiamenti delle spie!!- esclamò Matt osservando rapito.
-Ma tu che ci fai qui?-
-Non potete tagliarmi fuori! E poi darò una mano a Near!-
Come se ne avesse bisogno... pensai, ma non ce la feci a distruggere il suo entusiasmo, così sorrisi e annuii, per poi uscire.
Appena varcammo la soglia del cancello, mi fermai.
Mello si girò a guardarmi, probabilmente si aspettava una cosa del genere.
-Che intenzioni hai? Come mai da restio sei diventato favorevole a fare squadra con noi?-
-Ho deciso di fare come mi hai detto tu: mi devo infiltrare e trovare i punti deboli. Ma tranquilla: non ce l'ho con il tuo piano, nè con te,- mi sembrò stesse per aggiungere un "per ora" però si femò un istante e continuò in modo diverso -il mio obbiettivo è Near. Troverò il modo per batterlo, anche a costo di dovermi alleare con lui!-
Ripensai alle mie supposizioni: se davvero dovevano essere loro due insieme a succedere L, Mello sarebbe impazzito. Non sarebbe mai riuscito ad andare d'accordo con Near: troppa competizione, troppo rancore.
-A che pensi?-
Riemersi dal vortice dei miei pensieri: -...Una volta arrivati al Phantom, completeremo l'equipaggiamento.- mormorai sovrappensiero.
-C'è qualcosa che vuoi dare a me e non a Near?-
-A lui non servirebbe, inoltre dubito che Roger ci darebbe il permesso di usare oggetti simili.- sospirai e ripresi a camminare.
-Sei nervosa?-
-No, semplicemente ho la testa da un'altra parte.- in questa frase c'era una richiesta implicita: smettila di parlare e fammi pensare.
Mello non la colse: -Secondo te perché un incarico così semplice?-
-Chi lo sa.- mentii: sapevo di essere vicina alla verità, ma non volevo farlo alterare ulteriormente.

Condussi Mello nella mia vecchia stanza e mi chinai a prendere uno scatolone sotto il letto. Aprii il coperchio e afferrai due oggetti, per poi rimettere via tutto.
Il biondo mi aspettava sulla soglia. Gli intimai di girarsi e lo chiusi fuori. Quando uscii, indossavo un vestito blu notte senza maniche, che all'altezza dei fianchi si apriva in fronzoli vari, lungo fino alle ginocchia, il tutto abbinato a un paio di stivali, lunghi. I due oggetti erano dietro la schiena, quindi gli feci segno di entrare. Gli diedi una pistola, l'altra la misi nella giarrettiera sotto il vestito. La prese senza staccarmi gli occhi penetranti di dosso.
-Con buone probabilità, dovremo avvicinare lo spacciatore, per mettergli un trasmettitore addosso. Non dobbiamo farci trovare impreparati: nel caso di attacco, dobbiamo reagire.-
-Sai usarla?-
Lo guardai stranita: tenevo delle armi sotto il letto e lui mi domandava se le sapevo usare?
-Certo! Ti rivolto la domanda.-
-Ovvio.-
"Fastidio".
Scrollai le spalle: -Per quanto riguarda le informazioni, non tutti saranno disposti a darcele, come si dice, in "confidenza". Dovremo offrire qualcosa, oppure usare la forza.-
-Quindi le pistole servono anche a questo.-
-No. Qui al Phantom non si usano le armi. È chiaro? Quella è per fuori.-
-E saresti in grado di sostenere un combattimento con quello addosso?- mi guardava divertito.
-Ti sei saziato abbastanza, o vuoi gustare questa "visione" (è solo un vestito) ancora un po'?- lo trafissi con lo sguardo.
Il biondo alzò le mani, in segno di resa.

-Sicuro che sia lui?-
Sean annuì convinto: -Credimi: di giri di droga non c'è nessuno che ne sappia più di lui!-
Deglutii: non mi piaceva quel tipo. Stava spaparanzato su uno dei divanetti come fosse a casa sua ed era circondato da un alone di fumo provocato dal sigaro che teneva nella bocca aperta in un ghigno sinistro. Era muscoloso e le braccia nude erano coperte di tatuaggi di fucili, proiettili e altri armamenti dal carattere militare.
-Che c'é? Ti fa paura?- sogghignò Mello.
-Ahahah!- rise Sean -Caro ragazzo, tu non conosci ancora bene la nostra Rui se dici una cosa del genere!-
-Non farlo iniziare altrimenti non finisce più di parlarmi dietro. Andiamo: abbiamo del lavoro da fare.-
Mello fece per seguirmi, quando il mio amico lo trattenne: -Solo una cosa: quando guarda qualcuno in quel modo, non vuol dire che ne è terrorizzata, ma ne sta soppesando le possibili capacità e sta elaborando delle strategie in caso di attacco. È tutta una farsa per far credere al nemico che lo teme.-
-SEAN PIANTALA!-
Si dileguò ridendo, mentre il biondo mi fissava.
-Dunque sei una stratega.-
Lo ignorai e mi mossi quell'uomo che mi era stato detto chiamarsi, Ken Tanwir.
-Si sta divertendo, signore?- chiesi in modo molto educato, tanto da guadagnarmi un'occhiata ricca di sorpresa da Mello.
-Direi di sì! Tu sei la figlioccia di Joe giusto? Siamo stati compagni d'armi!-
Esattamente come avevo previsto.
Joe aveva fatto l'accademia militare e aveva passato alcuni anni in guerra nel Medio Oriente. Dopo il congedo, si era trasferito qui a Winchester e aveva aperto il Phantom, ma continuava ad essere in contatto con la sua vecchia vita: alcuni compagni erano clienti. Si riconoscevano per un tatuaggio in particolare: un proiettile che distruggeva un muro. L'avevo riconosciuto sul braccio di Ken.
-Joe in questo momento è fuori città, ma sono certa che vorrebbe che le porgessi i suoi saluti.-
-Dammi pure del tu, ragazzina! È andato al convegno militare a Mosca?-
-Sì.-
-Bravo bravo... Io ho tagliato i conti con la mia vecchia vita: ora sono un fattone che vive di sesso, fumo e droga!-
Diciamo che è esattamente come appare...
-Ci servirebbero delle informazioni, signor Tanwir.-
Lo sguardo di Ken si fece serio e fece segno a me e a Mello di accomodarci.
-Ditemi.
Gli spiegai la situazione, raccontandogli che stavo svolgendo delle indagini per conto di Joe.
Tirò una boccata dal sigaro: -Caso complesso, ragazzi. Quella è gente molto pericolosa. Ci ho preso droga solo una volta e, diciamo, i loro metodi sono alquanto rigidi: tengono molto a controllare ogni singola azione in modo che nulla vada storto.-
-Puoi spiegarti?-
-Lo spacciatore, gira sempre per il quartiere intorno al "Pendolum", il pub nella parte orientale della città, conosciuto molto per gli alcolici che sono buoni a tal punto da farti perdere la condizione del tempo, nonostante il locale sia pieno di orologi a pendolo che scandiscono anche solo il passare dei secondi. Un posto, a mio parere, allucinante.- fece un vago gesto con la mano -Tornando a noi, tu gli dici che tipo di droga vuoi, gli dai indirizzo e il 30% della somma totale e, la mattina seguente, ti ritrovi davanti alla porta il pacco con la droga. Tu hai due opsioni: o torni nel luogo esatto in cui hai incontrato lo spacciatore e gli consegni la parte mancante dei soldi, o vedi la tua macchina saltare in aria con all'interno tua moglie, tua madre o qualsiasi altra persona cara.-
-E sarebbe conveniente prendere droga da questi?-
-Sì, perché il loro è un sistema molto sicuro, anti-sgamo, diciamo.-
-Hai detto al Pendolum?- mi alzai -Bene, muov..-
Mi afferrò per un braccio: -Ci sono, però, delle voci.-
Mi risiedetti: -Che genere di voci?-
-Sparizioni.- disse una voce alle nostre spalle: Meg.
-Esatto: alcune persone che sono andate dallo spacciatore, non sono più tornate.-
Dunque c'era dell'altro! Anche se la polizia non ne era al corrente e quindi nemmeno nei fascicoli che ci erano stati dati erano presenti eventuali indizi inerenti. Roger ci aveva messo proprio in un bell'affare. Mi scappò un sorrisetto.
-Si crede,- continuò la mia amica -che non fossero clienti, ma persone incoscienti che volevano sapere di più dell'organizzazione per la concorrenza. Vi converrebbe lasciar perdere.-
-Concordo.-
Li squadrai, poi sfoderai un grande sorriso e dissi: -Mi sembra la cosa migliore! Informerò Joe: sono sicura che non si arrabbierà!- mi alzai e Mello mi imitò. Andandocene afferrai Meg per un braccio.
-Che intenzioni hai?-


****spazio autrice****

L'idea iniziale era coinvolgere solo dei trafficanti di droga, in modo da avere un pretesto per far lavorare Mello, Rui e Near insieme... Poi, visto che è praticamente impossibile che io mi accontenti di una cosa "semplice" (per loro, chiariamolo xD), ho voluto aggiungere le sparizioni in modo che il mistero si infittisse e venisse coinvolta pure Meg, in modo da trattarla in modo più approfondito. Vorrei  fare una piccola precisazione: la faccenda delle sparizioni non è nota alla polizia in quanto nessuna denuncia è stata fatta perché si trattava di persone appartenenti a gruppi mafiosi che, per evitare la circolazione di notizie sul clan di appartenenza, hanno oscurato la cosa. Le notizie, però, corrono e sono giunte ad altre persone del "giro" e con un giro di pettegolezzi, sono arrivate alle orecchie di Meg e Ken. Se ci sono parti oscure chiedete =)

Un enorme ringraziamento a chi legge e uno ancora più grande a chi recensisce!! ^.^ GRAZIE

Un bacio, rui

 

 

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Capitolo 6
*** Protezione ***


_Protezione


-Ahi Rui!! Mi fai male! Che intenzioni credi che abbia? Ti aspetti forse che ti guardi andare nelle fauci del lupo e ti saluti sorridente? È pericoloso, Rui!-
-Tu come fai a sapere quelle cose?-
-Ti ricordi Henry?-
-Sì, il tuo ex.-
-Suo fratello faceva parte di un circolo mafioso. È stato incaricato dal boss di raccogliere informazioni spacciandosi per un cliente e non è più tornato. L'ho visto stamattina e mi ha anche detto che non è un fenomeno isolato! Oh Rui! Non voglio vederti morta!! Io ti voglio proteggere, lo sai!- mi abbracciò.

-Che fai?- mi avvicinai a Meg, che seduta alla scrivania da ore, maneggiava con destrezza una piuma d'oca. All'inizio avevo pensato che stesse facendo i compiti, poi però mi ero accorta che aveva sforato il suo tetto massimo di tempo: un'ora e mezza. Era una scansafatiche.
Si girò repentinamente verso di me, guardandomi in cagnesco: - V-I-A. -
Avevo 12 anni, mentre la mia amica 15.
-Ma...-
-Fila via!! Non ho finito.-
Mi allontanai confusa e in un certo senso incuriosita.
Dopo un'altra ora, Meg mi si avvicinò: -Devo andare a casa, sennò mamma rompe. Ci vediamo!-
-Oh... Non sei stata minimamente con me oggi...-
Mi porse un rotolo di carta tenuto fermo da un nastro nero e mi strizzò l'occhio, sistemandosi la piuma d'oca sull'orecchio, poi andò. Lo aprii e lessi la calligrafia raffinata:
Mia cara amica,
per te che cos'è l'amicizia? Alcuni dicono "due corpi, un'anima". Una boiata senza senso: amicizia è anche diversità! Altri sostengono sia l'armonia tra due persone, quando queste stanno bene. In parte può andare bene. Può essere la complicità che ci lega a qualcuno. Può essere tante cose, quindi sono giunta alla conclusione che ci siano varie definizioni di amicizia, un po' come amore: sono parole che descrivono stati d'animo che cambiano da persona a persona. "Perché diavolo ha scritto queste cavolate invece di passare il pomeriggio con me?!" penserai. Il motivo è semplice: ti voglio fare un discorso serio. Sai meglio di me che non sono mai stata brava con queste cose: mi scappa sempre da ridere e allora addio. (Mi impegnerò a migliorare!) Per cui se lo scrivo non dovrebbero esserci problemi, no? Ok, vado al sodo. Ti voglio dire cos'è per me l'amicizia. Arrivare al punto, però non è semplice, soprattutto per una come me che ama girarci intorno. Io ti vedo: vedo il modo in cui ti comporti con me, con Boris, con Sean.. con tutti. Vedo che, in maniera diversa, cerchi di dare a ciascuno qualcosa: a Joe dai l'innocenza di una figlia, a Boris dai la dolcezza di una sorella, a Sean dai l'allegria di una complice, a Simon dai la motivazione per diventare più forte, visto che per lui sei una rivale. E a me? A me, a mio parere, dai la cosa più importante, perché vedo che ti comporti in modo diverso con gli altri. Mi dai te stessa: il tuo io più profondo, nascosto da chi lo potrebbe ferire. Mi dai la fiducia, che per me è molto importante. Quando sei con me, fai emergere il tuo lato "fragile", anche se è anche quello trae forza dalle tue debolezze. Sei potente, ragazza: uno stelo d'erba che non si chinerà mai al vento! Ti ammiro, amica mia.
E io che posso fare per ringraziarti di questo? Posso solo darti la mia amicizia, ma, come ho detto prima, che cos'è? Ti dirò cosa sarà la mia amicizia. PROTEZIONE. Ne hai bisogno, cara mia.
Immagina (tu che sei tanto brava) che tutte le persone abbiano un paio di ali, con cui si riparano. Ecco, tu, con queste ali, tendi a coprire chi ti sta a cuore, dando loro un'ulteriore sicurezza, ma resti scoperta a tua volta. Hai bisogno di qualcuno che ti copra. Quel qualcuno sarò io.
È il minimo che io possa fare per una persona forte come te.
Ti voglio tanto bene,
                                                                              Meg

Appena lessi, da immobile che ero, corsi in camera mia, facendo prendere un crepo a tutti quelli che erano di fianco a me. Sbattei la porta alle mie spalle, chiudendola a chiave e lasciandomi cadere per terra. Piansi, tanto ero felice di avere la fortuna di avere un'amica così.

Ricambiai l'abbraccio sorridendo: -Lo so bene. Sai i nomi delle altre persone scomparse?-
-Sì.-
-Possono servire alla polizia: se non ce ne possiamo occupare noi, affideremo a loro le ricerche.- le sorrisi e dopo aver ottenuto i nomi mi rivolsi al biondo -Andiamo Mello! Si torna alla Wammy's, mi sa che dovremo fare in un altro modo.-
-Vi do un passaggio.- si offrì Meg.
-No, meglio se camminiamo: avremo più tempo per inventarci una scusa per cui il piano necessita di una modifica.-

-Hai davvero intenzione di lasciar perdere?- chiese Mello, una volta che fummo usciti dal Phantom.
Mi fermai, per specchiarmi nel vetro di un negozio, mettendomi a posto i capelli e controllando che non ci avesse seguito nessuno: -Ovvio che no. Meg non mi avrebbe mai permesso di andarci, perché pericoloso. Dev'essere davvero preoccupata: non capita quasi mai che mi ostacoli.-
Prendemmo un taxi, scendendo ad un isolato di distanza dal Pendolum. Camminammo spediti, lui con una tavoletta di cioccolata in bocca, io con le braccia conserte: avevo dimenticato la giacca. Dannata impulsività! Tuttavia ero tesa: se Meg aveva tentato di fermarmi, un motivo ci doveva essere! E anche bello grosso!
Dopo innumerevoli sguardi, ma comunque inaspettatamente, Mello si tolse la giacca e me la posò sulle spalle.
Lo guardi, ma non feci in tempo a parlare che lui mi precedette: -Avevi freddo no? Così impari ad uscire con solo un vestito addosso l'otto di novembre!-
Aspirai a fondo, trattenendomi dal ribattere e alle mie narici arrivò l'odore della cioccolata.
-Sa di cioccolata...- commentai.
Allungò il passo, ignorandomi.
-Ehi fermo!- gli corsi dietro. Quando lo raggiunsi mi limitai a ringraziarlo. Lui sorrise e si fermò ad allacciarsi una scarpa. Io continuai per un po', poi, quando mi voltai, lo trovai intento ad osservarmi le gambe.
-Mello! Per piacere, stiamo lavorando!-
Mi affiancò: -Questo vuol dire che dopo posso?-
Feci per mollargli uno schiaffo, non mi piacevano le avance, ma lui lo bloccò: -Sei più tranquilla ora?-
Sgranai gli occhi: aveva colto non solo la sensazione di freddo, ma anche quella di tensione?
-La prossima volta che vuoi tranquillizzarmi, non comportarti da porco, o va a finire che ti castro.-
Mello borbottò qualcosa come "si si" e riprendemmo a camminare, un po' più sollevati.
Arrivammo che era mezzanotte. Dopo mezz'ora, addocchiammo il cliente di turno e lo seguimmo. Mi misi il trasmettitore.
-Near, mi senti?- sussurrai.
-Forte e chiaro capo!-
-Matt che diavolo ci fai con le cuffie di Near?-
-Beh, io sono l'addetto all'attrezzatura, mentre Near riguarda i fascicoli in cerca di ulteriori indizi.-
Restai un po' indietro, tenendo sempre d'occhio Mello, in modo da non perderlo di vista.
-Passamelo.-
Non appena sentii la voce dell'albino, gli spiegai delle sparizioni, confermando l'attendibilità della fonte.
-Devo riferire a Roger?-
-Per ora no. È un caso ancora più complesso di quello precedente e dubito che la polizia trovi qualcos'altro. Ti dò l'elenco delle persone scomparse: vedi cosa riesci a trovare su di loro.-
-Rui, state per mettevi contro dei rapitori, non solo spacciatori.- la voce era impassibile, anche se mi sembrava incerto sul da farsi -State attenti.-
-Certo. Ci sentiamo dopo.- spensi la conversazione, ma tenni il trasmettitore nell'orecchio. Quando affiancai Mello gli dissi di fare lo stesso.
D'un tratto si bloccò dietro un muro, sporgendo di pochissimo la testa.
-Il cliente si è fermato: sta parlando con qualcuno.-
Da una fessura dello stivale, presi il trasmettitore che avrei dovuto lanciare allo spaccitore, in modo da poter poi seguirne il segnale.
Deglutii.
-Stai preparando una strategia?- sussurrò Mello.
-No... Questa è pura e semplice tensione.-


****angolo autrice****

Finalmente sono riuscita a postare questo capitolo!!! Chiedo scusa per il ritardo, ma Internet non andava -.-" In questo capitolo ho voluto mettere in risalto il rapporto tra Rui e Meg, che diventerà sempre più chiaro nei capitoli a venire. Ho voluto anche inserire un Mello un po' diverso dal solito, sempre concentrato sull'obbiettivo, ma che non esita ad alleggerire la tensione di Rui. (lo so, il modo in cui lo fa non è un gran che, ma ho sempre voluto provare a scrivere di un Mello diverso  xD) Questo gesto sta anche a significare che la rabbai di Mello nei confronti della ragazza sta andando a diminuire ^.^

Un sincero e classico ringraziamento a chi recensisce!!

Baci, rui

 

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Capitolo 7
*** Inseguimento ***


_ Inseguimento


Si parlarono poco e a bassa voce, poi il cliente diede un foglio e delle banconote.
Non sapevo dire perché, ma avevo una brutta sensazione: mi aspettavo che succedesse qualcosa, me lo sentivo! Guardai il muro davanti a me, provando caldo, come se dentro di me fosse divampato un incendio. Mello osservava la scena impassibile, aspettando ansiosamente il momento di entrare in azione. Il nostro non mi pareva un gran piano, dato che ci avrebbe smascherati subito. L'ideale sarebbe stato rimanere nell'ombra, ma era impossibile.
-Mello non credo che un attacco diretto sia il modo migliore...- gli ripetei per l'ennesima volta -Ci identificherà subito.-
-E con questo?-
-Mello ti prego lascia fare a me!- lo supplicai.
Lui si voltò e mi inchiodò con uno sguardo imperscrutabile che ricambiai.
-Ho... una brutta sensazione...-
-E con questo?-
-Di solito quando ne ho una succede sempre qualcosa di negativo... è una cosa stupida lo so, ma è sempre stato così.-
-E dai per scontato che sia causata dal mio piano?-
Ecco, lo avevo urtato nell'orgoglio. Già era tanto che collaborava, poi io non tenevo in considerazione neanche le sue proposte...
Mi presi la testa fra le mani e mi accucciai per terra, sedendomi sui talloni: dovevo pensare! Infischiatene di lui: non averlo così a cuore! È solo un ostacolo alla vittoria! disse una voce dentro di me. Aveva ragione. Feci un profondo respiro e alzai lo sguardo. Alle spalle di Mello, su un palazzo, c'era qualcosa. Un'ombra. Fu un attimo, tanto che pensai di averla immaginata, però mi fece venire un'idea.
-Ho trovato!- mi alzai e sussurrai a Mello -Mi devi dare una mano!-
Mi fissò interrogativo, così gli spiegai: in un attacco diretto allo spacciatore, ci faremmo vedere e correremmo il rischio di essere catturati, quando il nostro obiettivo non era ferirlo, atterrarlo o ucciderlo, quanto mettergli addosso il trasmettitore.
-Mi basterebbe lanciarlo per terra prima che vi poggi il piede compiendo un passo.-
Il vicolo aveva due uscite, una da dove eravamo arrivati noi, l'altra da dove era arrivato lo spacciatore. La stradina seguiva l'andamento dei palazzi, e vi erano parecchi angoli non illuminati.
Il punto era come raggiungere quello dietro al malvivente.
-La risposta mi è arrivata poco fa, guardando il palazzo alle tue spalle. In questo vicolo, tutti gli edifici sono abbastanza bassi e dotati di tubi sporgenti: un vero colpo di fortuna! Tu non devi fare altro che aiutarmi a salire su un tetto e per me sarà un gioco da ragazzi portarmi alle spalle dell'uomo. Non mi farò nemmeno vedere: resterò nell'ombra e gli appiopperò il trasmettitore!-
Indugiai attendendo la sua reazione: mi scrutò con i suoi occhi di ghiaccio per poi portarli ai tetti e in seguito al bersaglio.
-E se non va tutto come previsto?-
-Ci sarai tu, ad aiutarmi.-
-Una spalla?-
Lo squadrai: -Non lamentarti. Consolati per il fatto che Near ha un ruolo ancora più marginale in questa vicenda!-
-Sì in effetti ora sto proprio meglio.- disse sarcastico.
Unì le mani intrecciando le dita, permettendomi di usarle come appoggio del mio piede, per poi farmi andare verso l'alto: mi aggrappai alla ringhiera del tetto e mi issai: per mia fortuna, la parte superiore di quegli edifici fungeva da terrazzo panoramico.
Mi spostai da un palazzo all'altro, non molto distanti fra loro, attenta a non fare il minimo rumore. Ogni tanto lanciavo uno sguardo a Mello, che non mi toglieva gli occhi di dosso. Indossavo ancora la sua giacca e ad ogni passo mi veniva alle narici un lieve odore di cioccolata. Il suo odore. Con un movimento degno di un gatto, mi portai alle spalle dell'uomo, immersa nell'ombra dell'angolo. Mi accucciai e, nel momento in cui lo spacciatore alzò un piede per fare un passo, lanciai il trasmettitore che andò ad incastrarsi nella suola. Trattenni il respiro, attendendo che finisse la trattativa. Ascoltai la sua voce fredda e dura, di chi non dà alcuna importanza alla vita altrui e non ha pietà.
Lo scambio si concluse ed entrambi gli individui si allontanarono.
Io e Mello restammo immobili per una decina di minuti, guardandoci, poi finalmente contattai Near.
-Preso.-
-Lo vedo. Si sta dirigendo ad una via collegata alla vostra sulla sinistra.-
Feci un cenno al biondo e iniziò l'inseguimento. Ogni tanto chiedevo a Near di confermare la nostra direzione, per accertarmi di stare prendendo la strada giusta o no.
-Rui, si sta muovendo più velocemente: deve essere salito su una macchina.- disse ad un certo punto.
Mi fermai e Mello mi andò a sbattere contro. Eravamo sulla strada principale: individuai un taxi e per poco non mi feci investire da esso.
-Ma che cazzo fai ragazzina?!!- urlò il tassista, inchiodando.
-Mi scusi è che siamo di fretta!- afferrai Mello per una mano e salimmo -Al Phantom.-
Appena la vettura partì, mi consentii un sospiro e mi lasciai andare sul sedile.
-Sei stanca?- mi chiese il biondo.
-Un po', ma fa nulla. Non possiamo rimandare.- dissi convinta.
L'autista ci lanciò uno sguardo preoccupato, borbottando qualcosa a proposito dei benefici di aspettare e che i giovani di oggi erano tutti dei teppisti impazienti di perdere la verginità.
Scossi la testa.
-Piuttosto, perché stiamo andando al Phantom?-
-Arrivare là in taxi sarebbe un po' troppo appariscente, non credi?- gli sussurrai nell'orecchio.
-Approfittane per prenderti la giacca.-

-No.-
-Ti dico che andrà tutto bene!-
-Scordatelo.-
-Hai una delle tue brutte sensazioni?-
-Si chiama istinto di sopravvivenza!-
-Come vuoi. Guarda che posso fare benissimo da solo.-
-No! Se ti capitasse qualcosa...-
-Cosa cosa? Continua...-
Mi morsi il labbro e i miei occhi incontrarono quelli divertiti di lui mentre mi porgevano il casco.
-Non sai guidare.- sentenziai per l'ennesima volta.
-Non ho la patente, ma non vuol dire che non sappia guidare una moto.-
Vedendo che tentennavo aggiunse: -Non c'è tempo.-
Afferrai il casco con un gesto stizzito e mi misi dietro di lui, che intanto aveva attivato la finestra virtuale.
Sean ci venne vicino: -Occhio.-
Annuii.

In effetti Mello non era male a guidare, a parte qualche pelo fatto a due o tre macchine.
Lo spacciatore si era fermato in un magazzino in periferia.
Banale.
Intrufolarsi dentro si rivelò semplice: fu facile eludere la sorveglianza degli addetti. Spegnemmo i trasmettitori, nel caso avessero attrezzature per rilevarli.
Lo spacciatore era al centro del magazzino, circondato da altre persone. Ci nascondemmo dietro alcuni scatoloni.
-Ecco i soldi.-
-Bene. Quando avrò gli altri?- a parlare era una voce che avevo già sentito, ma per quanto mi sporgessi, il proprietario era coperto da vari uomini. Armati.
Mai che le cose siano semplici. pensai scocciata.
-Domani sera. Per quanto ancora dovremo darvi i nostri guadagni?-
-Ehi, cos'è questo tono scontroso? Ti ricordo che è grazie a noi che voialtri siete entrati nel giro. La metà dei guadagni mi pare il minimo segno di ringraziamento! Inoltre, se vogliamo anche contare la protezione che vi abbiamo dato, mi pare un gesto di generosità lasciarvi la metà dei profitti...-
-A proposito di quelle persone...-
-Non ti preoccupare! Sono vive e nel caso tu voglia controllare, sono nell'edificio qua dietro! Abbiamo predisposto tutto in modo che, se verranno trovate dalla polizia, gli sbirri non possano arrivare a noi.-
-Quindi nel caso vengano trovate, saremo incastrati.-
-Precisamente.-
Due dunque erano le organizzazioni che gestivano questo traffico illegale di guadagni e, in un certo senso, di vite umane. Più che altro, uno era succube dell'altro, legato e vincolato dal classico contratto di "dipendenza": ti mettono sul mercato, ti aiutano e ti proteggono, ma in cambio vogliono i tuoi guadagni e se qualcosa va storto, sei tu che vai nei casini. Brutta cosa la mafia!
Mi chiedevo chi fossero le persone a cui l'individuo misterioso alludeva quando diceva "noi".
-Non sarebbe meglio ucciderle?- fece lo spacciatore.
Mi bloccai: la vita umana spezzata a causa di futili affari. Che cosa orribile.
-No. Attirerebbe troppa attenzione e ci mancherebbe che Kira si adirasse con voi.-
-Giusto, su di noi...- strinse i denti.
-Ti ho detto di smetterla con quel tono. Sai cosa potrei fare.- gli mostrò qualcosa che mi sembrò vagamente un cellulare.
Una delle guardie si mosse, probabilmente per sgranchirsi le gambe. Non si riusciva a vedere in viso, a causa del cappello e di una maschera che gli copriva la parte inferiore del viso, fino al naso.
-Ehi! C'è un intruso!-
Dannazione! Mi ha vista!
Giusto, aveva visto me...
Guardai Mello, che si stava per alzare, la pistola in mano. Gli sorrisi e scossi la testa. Non ebbe neanche il tempo di sorprendersi, che lo allontanai con un calcio, facendogli sbattere la testa contro uno scatolone e mi lanciai sulla guardia. Non dovevano scoprire anche lui. Con il calcio della pistola lo colpii alla base della pancia e con il ginocchio al basso ventre. Gli presi cappello e maschera, per poi guizzare dietro una colonna e infilarmeli. L'ultima cosa di cui avevo bisogno era che mi vedessero in viso. Tornai a guardare al centro, ma l'individuo misterioso era scappato.
Imprecai, ma dovevo impedire che anche lo spacciatore fuggisse. Abbandonai il mio nascondiglio, evitando il fuoco suo e dei suoi collaboratori, rispondendo a mia volta. Mi trovai faccia a faccia con una guardia, la scartai e le assestai un calcio alla schiena. Un altro individuo sopraggiunse e mi afferrò da dietro. Mi divincolai, ma nulla. Sentii uno sparo e l'uomo si accasciò. Mi voltai verso Mello, ma era ancora steso a terra. Alzai lo sguardo, guardando in cima agli scatoloni e vidi Meg.
Con un salto mi affiancò. Schiena contro schiena.
-Che ci fai qui?- le urlai tra uno sparo e l'altro.
-Sapevo che non avresti gettato la spugna! Non lo fai mai! Così ti ho seguito!-
-Eri tu sul tetto, nel vicolo!-
-Ovvio! Lo spacciatore sta scappando! Tu vai, io me la cavo!-
La guardai e indicai le guardie che mi ostruivano la strada. Ormai non mi restavano molti proiettili. Lei annuì e, mettendo da parte la pistola, e unendo le mani, come aveva fatto Mello nel vicolo. Piegò le gambe quando poggiai il piede sui palmi e spinse con forza verso l'alto, permettendomi di compiere un salto all'indietro, con cui oltrepassai gli uomini. Sentii uno sguardo alle mie spalle: probabilmente Mello si era ripreso.
Avevo fiducia in Meg: era una cecchina provetta ed era stata lei ad insegnarmi a sparare. Nessuna di noi aveva avuto una vita normale. Entrambi i suoi genitori e Joe erano stati compagni d'armi e lei era nata sul campo di battaglia: abituata fin da piccola a cavarsela da sola, non aveva paura di niente! E a me era successa la stessa cosa, dopo che i miei mi avevano abbandonata.
Saltai sugli scatoloni e uscii da una finestra, atterrando sui capannoni all'esterno del magazzino, seguendo lo spacciatore dall'alto. Lo superai e saltai, atterrando davanti a lui. Non si fermò e tentò di colpirmi varie volte: colpi semplici da schivare. D'un tratto barcollò, portandosi una mano al petto e urlò dal dolore, crollando a terra. Guardai il corpo morto, incurante dei passi frettolosi che si stavano avvicinando. Alzai lo sguardo, i miei occhi sbarrati incontrarono quelli freddi di Mello. Aprii la bocca ma non ne uscì nulla e sulla mia faccia si dipinse un'espressione di puro terrore.
Il biondo guardava il corpo, cercando segni di un'eventuale colluttazione.
-Cosa è successo?-
Esitante, gli spiegai.
-Arresto cardiaco.- dedusse.
Kira.


****angolo autrice****

E un altro capitolo è fatto!! Se c'è qualcosa di poco chiaro nel prossimo capitolo verrà spiegato tutto. Stavo pensando di inserirci una scena romantica, che dite? 

Un ringraziamento speciale a chi recensisce!!!!!!

Baci, rui

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Capitolo 8
*** Perché?! ***


_Perché?!


Feci un passo indietro, poi un'altro ancora e mi ritrovai a correre via, lontano dall'ombra ancora presente della morte.
Mi sentii afferrare un polso, ma non mi fermai, con il risultato di cadere a terra e trascinare con me quello che aveva provato a fermarmi. Sarei sbattuta al suolo, se quel qualcuno non mi avesse afferrato. Mello, infatti, era caduto seduto e mi stava... stringendo a sè? Ma che diavolo faceva?!
Provai a scostarmi, ma lui non mi mollò.
-Stai calma.- disse fermo, per poi guardarmi -Vuoi spiegarmi il perché della tua reazione?-
-Kira...-
-Sì, è stato lui ad uccidere lo spacciatore, lo so.-
-L'idividuo con cui lo spacciatore parlava... Ad un certo punto ha tirato fuori un... cellulare... credo... e....-
-Aveva la foto dello spacciatore, l'ha messa su Internet con il nome e Kira l'ha ucciso. Non mi hai risposto.-
Feci un profondo respiro: sapevo cosa pensava: che avevo paura di Kira. Non era vero. O almeno, non per me. Ma per le persone a me care. Se quell'individuo misterioso mettesse i loro volti e i loro nomi su Internet, sarebbe un colpo troppo duro per me. Però, Rui, ragiona un attimo: non ti ha visto in volto quindi non sa chi sei. E se non conosce la tua identità non può risalire a chi ti sta a cuore.
Fui un po' rincuorata da questo pensiero.
Mi ricordai che Mello attendeva la risposta: -Stavo andando a liberare le persone scomparse.-
Il biondo mi guardò profondamente: -Perché?-
Cercai di allontanarmi, ma lui non mi lasciò.
-Perché non vuoi dirmi quello che pensi? Perché mi rimedi scuse su scuse?-
-Cos... Cosa stai dicendo?-
Rafforzò la stretta, stringendomi ancora di più a sè: -Stai sempre sulle tue, non parli che con me e Matt e sempre in maniera schiva. Credi che non me ne sia accorto? So che non ti trovi bene all'orfanatrofio, che la tua vita è questa. Vedo che ti porti dentro un segreto. Quello che non capisco è che cosa s...- si bloccò e affondò la testa nella mia spalla.
Rimasi sorpresa di quel gesto. I nostri corpi erano a contatto, tanto che il mio battito si univa al suo: non sapevo dire quale dei due fosse più accelerato. Battevano quasi al ritmo di una canzone dall'inizio lento, che andava sempre più veloce, poi cercava di controllarsi e tornava alla velocità iniziale, ma che non resisteva, e tornava ad aumentare il ritmo. Mi immaginai i violini seguire il nostro battito, poi le percussioni e infine l'intera orchestra!
Il mio braccio si mosse da solo, cingendogli il collo, ricambiando quel goffo abbraccio.
-Ti fai troppi problemi, biondo.-
Lui strinse più forte, portando la fronte a sfiorare la mia. Stavamo andando troppo oltre, lo sentivo.
-Perché mi hai calciato da parte prima?-
-Non volevo farti prendere parte al combattimento: era pericoloso.-
Avvicinò la bocca al mio orecchio e mi disse in un sussurro: -Ti fai troppi problemi, dolcezza.-
Scattai in piedi, rossa in viso: beata oscurità che gli impediva di vederlo.
-Dobbiamo liberare gli ostaggi.- dissi, strisciando i piedi: la stanchezza della notte si stava riversando tutta in quel momento.

Mi svegliai a mezzogiorno del giorno seguente e mi recai nell'ufficio di Roger, dove trovai i miei compagni di missione.
-Oh Rui! Eccoti.- esordì l'uomo anziano non appena mi vide -Mi stavo congratulando per l'ottimo lavoro svolto: avete addirittura fatto più del dovuto! Le persone rapite sono state interrogate e hanno fornito alla polizia informazioni indispensabili per catturare il resto dell'associazione malavitosa! Non potevo aspettarmi di meglio da voi.-
Con lo sguardo passò in rassegna ognuno di noi, soffermandosi su di me: nei suoi occhi si leggeva il compiacimento di chi aveva avuto ragione.
Con un gesto stizzito voltai la testa e mi congedai.
-Rui! Spero che continuerai ad impegnarti e lascierai da parte il resto.-
Mi fermai, la mano sulla maniglia. Il resto: la mia famiglia, i miei amici, la mia vita. Uscii sbattendo la porta: no avrei mai, mai, mandato a puttane ciò che ero!
-Rui.-
Mi voltai: Near mi stava raggiungendo.
-Che cos'è successo nel magazzino?-
Lo fissai interrogativamente.
Prese a contorcersi una ciocca di capelli: -Roger ha detto che mediante gli ostaggi la polizia è riuscita a catturare gli altri membri mafiosi. Inoltre non ha parlato della cattura dello spacciatore. Roger suppone che io sappia, ma non posso immaginare qualcosa che non ho visto. Per questo ti chiedo cos'è successo.-
-...-
-Lo spacciatore è morto di arresto cardiaco prima che Rui potesse catturarlo.- intervenne Mello, uscito qualche attimo prima.
-Quindi è stato Kira.-
-Suppongo di sì.-
-E come mai proprio nel momento in cui stava per essere catturato?-
Guardai Mello: era chiaro non volesse dirgli tutto. Alla fine, però, desistì.
-Capisco... Quindi non c'è modo di identificare quest'uomo.-
-Oggi andrò alla stazione di polizia a chiedere ai membri dell'organizzazione: magari riesco a trovare qualche informazione.-
-Il caso è finito.- disse Near -Non abbiamo il permesso per andare dove vogliamo.-
-E chi ne ha bisogno!?-

Stavo per scavalcare il cancello, quando Mello mi raggiunse.
-Vengo con te.-
Avrei potuto dire di no, ma la verità era che volevo che venisse, che mi stesse accanto, perché con lui vicino mi sentivo più sicura.
Scavalcammo, dirigendoci poi alla centrale.
-Credi che ci aiuteranno?-
-Non posso dirlo con certezza, ma con la promessa di una diminuizione della pena, magari potrebbero ripensarci.-
-Sono mafiosi, Rui: non cedono facilmente.-
-Credi che questo mi fermerà: se i metodi buoni non funzionano, si useranno i cattivi.-
-Cioè?-
Lo guardai, sorridendo sorniona, ma non gli dissi nulla.

Le cose andarono relativamente bene: gli arrestati accettarono di collaborare, ma rivelarono di sapere poco e niente, a parte il fatto che l'individuo misterioso faceva parte dei "Baroni Nascosti", un'organizzazione mafiosa dalla fama particolarmente sinistra, derivata dai nuomerosi omicidi compiuti. Erano però conosciuti solo fra gli altri gruppi malavitosi: questo spiegava il perché non ne avessi mai sentito parlare. Si diceva che parteggiassero con Kira, nonostante fossero dei criminali. Questo fatto dava loro il nome che avevano: considerando Kira come un dio o un re, loro erano suoi sottoposti, baroni appunto, ed erano nascosti sia dalle autorità, sia da Kira stesso.
Fissai Mello di sottecchi: non avevamo di parlato di ciò che era successo la scorsa notte. Il ragazzo sembrava rimuginare sulle informazioni acquisite masticando meditabondo la sua cioccolata.
-Vieni al Phantom?- gli domandai a bruciapelo, distraendolo dai suoi pensieri.
-No. Domani c'è un test, non ti ricordi? È già tanto che sia venuto con te.-
Dal tono con cui lo diceva, si poteva adattare una traduzione alla frase: "devi essermi grata fino alla morte per il fatto che io sia venuto con te, tu brutta deficiente che non studi niente e sei più brava di me." Aggiungendoci un "vai al diavolo" direi che era perfetto! E io che speravo che la questione della competizione fosse superata. Chissà perché gli era tornata la stizza proprio adesso. Poi mi venne un lampo: DOMANI C'ERA COSA?
-Che test?-
Mi guardò: -Chimica. Non ti ricordi? Il professore l'ha detto la scorsa volta.-
Traduzione: "Che palle, devo dirti la materia? Oltre a non studiare niente, non stai neanche attenta. Crepa!"
Sbuffai: l'ultima lezione di chimica ho dormito con gli occhi aperti. Bene!
Comunque non ero particolarmente tesa: riuscivo bene nella materia e non avevo mai incontrato particolari difficoltà. Una ripassata però mi avrebbe fatto bene. Non avrei avuto bisogno di copiare, cosa che era tutt'altro che consigliabile.
-Grazie.-

-Ehi Matt che fai?-
-Ciao Rui! Sto andando in biblioteca a studiare chimica! Vuoi unirti a me?-
-Volentieri!-
Matt era bravo e capace, un po' svogliato forse, ma comunque molto in gamba. Ripetemmo gli argomenti e facemmo problemi per quasi due ore, finché non ci sentimmo pronti.
-Dovremmo farlo più spesso!- sorrise il rosso.
Ricambiai ridendo.
-Ehi Rui, posso chiederti un favore?-
-Dimmi tutto!-
-Puoi procurarmi queste cose?- mi porse un elenco.
Lessi, ritrovando oggetti che di tanto in tanto occorrevano a Peter.
-Ti stai dando alla tecnologia?-
Si strinse nelle spalle: -Mi piace, e voglio potenziare l'apparecchio del tuo amico!-
-Ci riuscirai: sei un genio no? Se ci riesce lui ce la puoi fare benissimo anche tu! Vedo quando riesco a portarti queste!- gli sventolai il foglietto sotto il naso.
-Grazie!-

Quindici problemi, trenta esercizi di nomenclatura. Tempo calcolato: un'ora e dieci minuti. Girammo i fogli al segnale del professore. Lessi attentamente tutti i testi dei problemi, concentrandomi poi sulla teoria. Una volta terminata questa, passai al resto della verifica.
Allo scadere del tempo, avevo terminato l'ultimo problema: era andata bene. Confrontai i risultati con Matt: erano più o meno gli stessi. Stavo per fare la medesima cosa con Mello, ma non feci in tempo, perché si alzò e se ne andò in bagno. Rimasi un attimo perplessa, poi sospirai: per una persona orgogliosa come lui ingoiare non era facile, soprattutto per quello che aveva considerato un affronto.
-Tutto bene?- mi fece Matt.
Annuii e mi sedetti al mio banco, lasciando che la mattina trascorresse monotona.

-Mi dici che hai?-
Mi piazzai davanti a Mello, che stava camminando per il corridoio in attesa dei risultati, due giorni dopo la verifica. L'avevo salutato, ma lui non mi preso minimamente in considerazione.
Mi squadrò, un'espressione scossiata sul volto: -Non ho niente.-
Fece per passare ma lo intercettai: -Sì, certo, e io ho un paio di ali e un'aureola in testa! Mi eviti, non mi parli e quelle poche volte sembra che tu debba prendermi a schiaffi: mi vuoi dire che cosa ho fatto?! Non capisco proprio: durante il caso non sembrava ci fosse qualcosa di storto e...-
-Il caso doveva mettere in luce il nostro lavoro di squadra, quindi mi sono comportato di conseguenza, per permetterne la riuscita. Ora non serve più.-
-Ma... Perché?-
-Sei la più intelligente tra noi, dovresti capirlo.- disse sprezzante.
-...-
Lasciai che mi sorpassasse, ma non volevo finisse qui.
-Credevo di averti spiegato che è stato un caso.-
-Credi che mi beva una cazzata come questa?-
-Perché sei di nuovo arrabbiato? Non capisco proprio!- aspettai una risposta, che non arrivò, così continuai -Facciamo una scommessa: se il mio risultato di quest'ultima verifica è inferiore al tuo, tu crederai a questa, come dici tu, "cazzata" e tutto tornerà alla normalità, altrimente sarai libero di credere quello che vuoi.-
-Perché ti sta così a cuore?-
-Sei mio amico, no? L'amicizia per me è una cosa importante.-
-Ah e così io sarei tuo amico?- rise.
Che risata falsa.
Mi voltai: -Mello, mi odi così tanto?-
Mi sfidò con lo sguardo, lo stesso che mi aveva fatto tentennare durante la lotta.
-Quelle cose...- mormorai tenendo gli occhi bassi, come se avessi paura di toccare quell'argomento -...che mi hai detto l'altra sera, dopo che lo spacciatore era morto... Erano tutte false?-
Alzai lo sguardo, ma lo vidi allontanarsi.
-Ero stanco: è stato un momento di debolezza.-
Strinsi i denti e mormorai: -Va al diavolo!-
Poi mi misi a camminare, dietro di lui, per vedere i risultati.

Totale: 60 punti.
1°- 60 punti: Near
2°- 58 punti: Mello
3°-54 punti: Rui
4°-53 punti: Matt
....
Per la scommessa di prima, tutto doveva tornare alla normalità, ma ormai non ero più certa che fosse bene.
Rimasi a fissare il cartellone, senza guardare nulla di preciso, pensando.
Così impari a farti coinvolgere! Ha ragione lui: questa non è la tua vita!
Avevo bisogno di uscire, di correre, di sfogarmi!
Mi voltai, sbattei contro qualche ragazzo e raggiunsi la porta, il giardino, iniziando a correre.
Questa non era la mia vita, ma allora perché cazzo mi faceva così male?!
Stavo per uscire quando vidi qualcuno vicino al cancello: Roger.
Dannazione!
Mi nascosi fra gli alberi, poi mi venne l'idea. Mi ricordai di quel programma in cui avevo visto persone arrampiacarsi ovunque.
Ricordai i movimenti, le posizioni dei piedi e delle mani e in un batter d'occhio ero su un ramo. Stavo per saltare sulla strada, quando mi mancarono le forze: mi sedetti e mi misi ad osservare il paesaggio, almeno finché tutto non si fece sfocato e lacrime di rabbia mi scesero sulle guance.


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Capitolo 9
*** Il mondo a pezzi ***


_Il mondo a pezzi

Nei giorni seguenti la situazione non fece che peggiorare.
Le mie notti erano tormentate da incubi, dormivo male, la mattina ero assente. Roger si era aspramente lamentato per il risultato da me ottenuto nell'ultimo compito e coglieva ogni occasione per tenermi bloccata alla Wammy's.
Come se tutto ciò non bastasse, una sera al Phantom, durante uno dei tanti combattimenti contro Simon, mi feci male, cadendo contro un qualcosa di appuntito, che mi aprì uno squarcio nella gamba. Vinsi lo stesso, ma ebbi vari problemi, in quanto tornare una ferita già medicata era prova del fatto che ero uscita. Quindi mi feci accompagnare in moto all'orfanotrofio, dove predisposi tutto affinché sembrasse fossi caduta da un ramo. Gli infermieri mi diedero tredici punti di sutura.
Come ciliegina sulla torta, Kira continuava ad uccidere e io mi chiedevo come mai L non avesse ancora risolto il caso.
Ottenni i materiali per Matt, l'unica nota positiva.
Il rapporto con Mello non era migliorato: non ci parlavamo più, se non costretti.
Tornai a fissare la lavagna, sperando che mi catturasse un po' di attenzione, inutilmente: filosofia non era la materia adatta quel giorno. Alla fine di quell'infinita ora uscii a prendere una boccata d'aria. Mi avevano tolto i punti ieri: la gamba mi doleva ancora un po' ma almeno non avevo più bisogno della stampella.
Oggi sarebbe stato diverso: tornava Joe e finalmente avremmo potuto vedere il contenuto della scatola. Il proprietario del Phantom l'aveva già aperta, ma solo per spostare il contenuto in una cassetta di sicurezza: un gioiellino che non poteva essere distrutto, bruciato o aperto in alcun modo, se non con la chiave in possesso di Joe.
Era il 5 dicembre.
I ragazzi giocavano a palla e si stava abbastanza bene, anche se il cielo prometteva pioggia. Ero eccitata e felice, tanto che non ce la feci ad aspettare e corsi verso il cancello.
Udii in lontananza Roger che richiamava tutti dentro e urlava il mio nome a gran voce, affiancato da Near e Mello.
Mi avrebbe creato dei casini se non fossi arrivata.
Va beh, magari ci assegnerà un nuovo caso o è solo una breve comunicazione!
Mi sforzai di pensare positivo, non volevo essere bloccata qui anche oggi.
-Eccomi.-
-Venite nel mio ufficio.-
Stavo per seguirli quando suonò il cellulare: Sean. Cosa strana, sapeva che non avrebbe dovuto chiamarmi, se non in caso di emergenza.
Decisi di rispondere: -Sean?-
-Rui! È-è successo un casino! ...-
Ascoltai in silenzio, sentendo per un attimo il respiro mancare e un enorme peso abbattersi sulle mie spalle. Fissai davanti a me, cercando di dare un senso a quelle parole. Ognuna, era come una pugnalata. Alla fine riuscii a dire un "Arrivo!".
Mello mi guardava, inarcando un sopracciglio, e mi disse qualcosa che non sentii: tutto era come scomparso, i suoni erano ovattati. Ansimavo, ma al coltempo non riuscivo bene a respirare.
-Rui. Andiamo.- disse gravemente Roger, poggiandomi una mano sulla spalla.
Lo guardai, mettendolo a fuoco. Feci un passo indietro, poi mi girai e mi misi a correre.
-RUI!-

Pioveva a dirotto: avevo avuto ragione. Mi trascinai fino al cancello dell'orfanotrofio: per la prima volta volevo tornare, rintanarmi in quel mondo parallelo e non uscire più. Sotto i pantaloni, sentivo il sangue sgorgare, segno che il taglio si era riaperto. Altre ferite erano presenti sul volto, sulle braccia e sulle spalle.
Varcai il cancello, guardai la Wammy's house e crollai in ginocchio, provocandomi altre fitte di dolore. Sulle mie guance, alle gocce di pioggia si univano le lacrime.
Vidi qualcuno avvicinarsi. Chi era? La pioggia mi impediva di indentificare la persona. Scorsi una chioma bionda avanzare verso di me.
Mello si fermò quando mi vide, probabilmente scioccato dal mio aspetto. L'avevano mandato a prendermi? E allora perché aveva un sacco alle sue spalle?
Mi sorrise, posandomi una mano sulla testa e aiutandomi a rialzare.
Dopo di che, aprì il cancello e se lo richiuse alle spalle, facendomi ciao con la mano. Non riuscivo a collegare. Alzai una mano facendogli ciao, anche se non capivo perché. Lui forse se ne accorse, perché sogghignò, lanciandomi qualcosa. Mi atterrò davanti, ma non avevo la forza per raccoglierla. Mi limitai a guardarla. Dovette tornare indietro e mettermela in mano. Poi mi diede un bacio sulla guancia insanguinata e se ne andò.
Tenni stretta la tavoletta di cioccolata e mi trascinai all'ingresso.
Bussai lievemente all'ufficio di Roger, a cui rispose un altrettanto lieve "Avanti". Aprii la porta, ormai al limite delle forze. Roger sbiancò e mi sorresse quando le gambe mi cedettero. Tutto diventò confuso, sentii il direttore chiamare aiuto e avvertii qualcuno sollevarmi e farmi stendere su qualcosa. Quanto tempo era passato da un'azione all'altra non lo so dire con esattezza, l'unica cosa di cui ero cosciente era la cioccolata di Mello ancora stretta tra le mie mani.

Mi svegliai nell'infermeria dell'orfanotrofio, con tanti cerotti e bende. Avevo un braccio appeso al collo e la gamba fasciata. Accanto al lettino vi era un comodino, su cui era appoggiata la cioccolata. Mi tirai su a sedere. Tutti i ricordi che il mio sonno aveva bloccato, si erano liberati. Mi presi la testa fra le mani, lottando contro le lacrime.
-Rui, vedo che ti sei svegliata.- disse Roger, entrando.
-Quanto ho dormio?-
-Un giorno.- teneva una sedia, che posizionò faticosamente accanto al letto -Non sono qui per chiederti come e perché ti sei ridotta così, tanto non me lo diresti.-
Ringraziai sottovoce.
-Rui, c'è una cosa che devo dirti.-
-Era quella che doveva dirci ieri?-
-Sì: Near e Mello la sanno già. Voglio dirla anche a te, in quanto ora sei la seconda sulla linea di successione.-
-Seconda? E Mello?-
Mi tornò in mente il biondo che mi faceva ciao con la mano.
-No... Ieri sera ha mandato Mello fuori per un caso, vero? Oppure per comprare qualcosa. Si, dev'essere co...-
-Mello se ne è andato.-
Lo fissai, il mio precario equilibrio stava vacillando sempre di più. Mimai un "perché?" con le labbra.
-Ha abbandonato, è stata una sua scelta. Aveva la possibilità di fare squadra con Near, ma...-
-Aspetti aspetti! Perché lui dovrebbe fare squadra con Near?-
-...L è morto.-
Mi abbandonai contro il muro. L'ennesima pugnalata.
-Non aveva avuto il tempo di scegliere tra Near e Mello. Ho proposto la collaborazione, ma l'ha rifiutata e se ne è andato.-
Mello se ne era andato.
L era morto.
Troppo. Non sarei riuscita a reggere questo dolore, non tutto insieme, lo sapevo!
-E tu Rui? Vorresti fare squadra con Near?-
Dopo vari istanti, lo fissai: -Mi vede, Roger?-
Rimase un attimo spiazzato dalla domanda, poi annuì.
-Il mio è un carattere ribelle, non riuscirei a stare nell'ombra come stava lui. Sono troppo impulsiva. Inoltre, sono successe troppe cose tutte insieme... E quel che rimane della mia vita... Non ho intenzione di viverla così. Non farò squadra con Near per il semplice motivo che io non ho alcuna intenzione di succedere L. Mi dispiace, signor Roger, ma...- mi alzai a fatica -...abbandono la successione.-
Presi la cioccolata e mi allontanai in camera mia. Sospirando, mi adagiai lentamente sul letto, ma sentii qualcosa sotto la schiena: una busta. L'aprii e vi trovai una lettera. Era una scrittura frettolosa ma precisa. La lessi mangiando la cioccolata.

Cara Rui,
quando leggerai questa lettera, io me ne sarò già andato. Ti ricordi ciò che mi hai detto? Che sono un codardo e un vigliacco. Ti assicuro che se me lo avesse detto qualcun altro, gli avrei spaccato la faccia, ma a te...Lasciamo perdere. Comunque ci tengo a precisare che non me ne sono andato per codardia, sopraffatto dal peso della competizione ora che L non c'è più. So che la pensi in questo modo, ma mi dispiace deluderti, cara mia: non è così.Voglio vivere a modo mio d'ora in poi, come fai tu, in un certo senso: solo che io ci riuscirò completamente. Inoltre catturerò Kira, da solo, senza l'aiuto di quel fottuto nanetto bianco.
E ora viene la parte più difficile.
Riconosco di essermi comportato da stronzo. Riconosco di averti trattata male senza che tu lo meritassi. La scommessa l'hai vinta tu, ma niente è tornato come prima anzi... è come se il mio mondo fosse andato in pezzi. Non posso biasimarti, però: dopo tutto quello che ti ho detto e fatto è naturale che tu non abbia voluto più avere niente da spartire con me. Ho fatto una cazzata, anzi tante cazzate, va bene? Ho sbagliato e mi dispiace. Certo, se avessi saputo che me ne sarei andato, avrei provveduto a passare gli ultimi tempi con te in modo migliore, ma va beh... è inutile piangere sul passato.
Oggi Roger ci aveva chiamato tutti e tre per comunicarci la morte di L e per proporci di formare una squadra tutti insieme. (Non so se ti ha posto questa domanda, nè se tu hai accettato. Inutile dire che spero non aiuterai Near.) Tu, però, te ne sei andata: non so cosa era successo, ma il tuo sguardo spaventato mi fa capire che non era niente di buono. Spero per te che non sia nulla di grave.
Rui. Andandomene, sto abbandonando molte cose a cui tengo: ti chiedo di non giodicarmi per questo e di accettare la mia scelta. Probabilmente dirai che è stata dettata dalla mia impulsività... Possibile. E allora? 
Un giorno ci rincontreremo e ti dimostrerò chi è il migliore: ti porterò la testa di Kira e ti batterò! È una promessa.
In cambio, ti chiedo di non crepare tra un incontro e l'altro. Io mi impegnerò a fare altrettanto. Inoltre aspetterò le risposte a quelle domande che ti ho fatto.
Non stare a piangere per me, dolcezza: starò bene, inoltre ora sono vincolato da una promessa.
A presto, mia cara Rui
Mello

Morsi l'ultimo quadretto di cioccolata con foga, ormai il pianto era degenerato ed ero scossa da forti singhiozzi. Afferrai la lettera e l'infilai nella busta.
-Che modo insulso per scusarsi!- presi ad imprecare, furiosamente.
Quando la rabbia si placò, venne sostiuita da un senso di spossatezza. Mi alzai, chiudendo a pugno una mano sulla stagnola della cioccolato e portando l'altra, che reggeva la lettera, al petto. Le lacrime ormai cadevano sul pavimento incontrastate.
Quando mi fui calmata, mi asciugai gli occhi, prendendo un profondo respiro, che però mi uscì tremante.
-Dannato... Perché mi hai abbandonato?-


****angolo autrice****

So cosa state pensando: "Ma che cazzo è successo?!" Eeeeeeee... Diciamo che tutto verrà spiegato a temo debito, cioè tra un po' di capitoli :D lo so che volete linciarmi >.< abbiate pietà!!!! Vi chiedo scusa: il capitolo è un po' striminzito ma pieno zeppo di importanti svolte!

Vorrei farvi una domanda: Kira per uccidere ha bisogno del nome e del viso, giusto? Se una persona si mette le lenti a contatto in modo da modificare il colore delle iridi, modifica una caratteristica del viso, no? Quindi il Death Note non può ucciderla? Vi sarei grata se mi poteste dare quest'informazione!! Grazie in anticipo!! ^.^

GRAZIE A TUTTI: A CHI LEGGE E A CHI COMMENTA!!

Un bacio, rui

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Capitolo 10
*** Lotte e combattimenti: che passione! ***


_Lotte e combattimenti: che passione!

-Sean! Vuoi prendere il combattimento sul serio?!-
-Eddai Rui! Fammi divertire!- mi sorrise, evitando l'ennesimo colpo.
Sospirai e mi allontanai tra la folla, in cerca di un posticino a sedere. Non feci in tempo a raggiungere il divanetto che avevo addocchiato, che Boris mi afferrò per un braccio. I suoi occhi scavarono a fondo nei miei, come sempre facevano: d'altronde era la persona che meglio riusciva a capirmi. Sbuffò, scuotendo la testa e mi accompagnò al mio agognato divano. Se credevo di sedermici, però, avevo fatto male i calcoli.
-Ma tu sei Rui!!- urlò qualcuno di fianco a me.
Mi voltai, sfoggiando il miglior sorriso di circostanza che potevo: non immaginavo di trovarmi davanti Ken Tanwir.
- S-salve.-
-Da quanto tempo! Sono passati quasi due anni! Ahah!- rise forte -A quel tempo stavi indagando su quei trafficanti di droga, giusto?-
-Già. La trovo bene signor Tanwir anche se mi sorprendo un po' nel vederla qui.-
-Sono qui per una vacanza. E tu che ci fai qui a Los Angeles?-
-Ci siamo trasferiti un anno fa.- spiegò Boris. Lo squadrai: di solito stava sempre sulle sue, non era da lui intromettersi in una conversazione. -Lei è un vecchio amico di Joe, giusto? Se vuole posso accompagnarla da lui.-
-Mi farebbe molto piacere ragazzo.-
Notando il mio sguardo perplesso, Boris fece spallucce, dandomi una spinterella con la mano verso il divano. Capii, ma scossi la testa: dubitavo fortemente che Ken perdesse l'occasione di una rimpatriata per raccontare a tutti dei "bei" vecchi tempi.
Come il locale precedente, anche questo si costruiva su più piani: al secondo, ostello per i clienti e camere per noi, al -1, sala riunioni, un magazzino contenente armi e i gingilli di Peter e un altro stanzino, per "particolari occasioni".
Scendendo le scale, incrociammo Jack: ci fece un sorrisone, per poi tornare al bancone.
-Ho sentito del Phantom dalla conoscente che mi ospita, ma ho subito pensato ad omonimia.-
Mi sedetti sul divano, accanto a me Boris, mentre Joe salutava il vecchio amico. Simon osservava, appoggiato al muro.
-Grazie per prima.- sussurrai al mio vicino.
-Figurati.-
Gli passai una mano fra i capelli blu, scompigliandoglieli.
-Vorrei poterlo fare a te.-
Gli feci la linguaccia. Mi ero lasciata crescere i capelli, che tenevo legati in una coda alta: in tal modo mi arrivavano comunque alle spalle.
-Ci pensa abbastanza Sean!- mi lagnai.
-Vero...-
-Devo dire,- proruppe Ken, rivolgendosi a me -che sei sbocciata ancora di più di quanto non avessi fatto due anni fa!-
Sorrisi imbarazzata e mi guardai la punta delle Converse nere, sfregandomi le mani sui pantaloni color cachi. Sopra avevo un coprispalle nero a mezze maniche con sotto una canotta bianca.
-Mi sembri cambiata. Hai il viso un po' più scarno e... mi ricordavo avessi gli occhi marroni, non azzurri. Bah, la memoria comincia a giocarmi brutti scherzi!- ringraziai mentalmente la maschera-volto che indossavo che aderiva perfettamente al mio viso, facendolo apparire diverso. Le lenti a contatto chiare completavano l'opera.
Iniziarono a parlare del più e del meno, finché Tanwir non fece l'attesa domanda.
-Perché vi siete trasferiti?-
La faccia di Joe si oscurò per un breve istante, poi il sorriso si riaccese: -Abbiamo deciso di cambiar aria e di venire qui in America!-
-Ahah! Beh non c'è che dire, in Inghilterra o in America, fate comunque affari d'oro!-
-Il merito non è solo mio.-
-No no. Immagino: direi che è per lo stesso vecchio motivo- mi guardò -Direi che le scommesse sull'invincibile Rui vi riempiono le tasche! Sei ancora imbattuta?-
Non avevo la risposta pronta, presa com'ero a rimuginare sui cosiddetti affari. Avevamo previsto un calo dei profitti con il trasloco, con il fatto che Kira operava più vicino a noi e di conseguenza non ci sarebbe stata gente pronta a rischiare la pelle per un combattimento, quindi avevamo contato di sfruttare il Phantom come locale notturno normale e come ostello. Ci sbagliavamo, però. Gli affari a sorpresa andavano bene.
-No.- disse sfrontatamente Simon, prima che potessi aprir bocca.
Non lo fare, stronzo.
Lo guardai male e Joe cercò di zittirlo, ma quando Simon iniziava non c'era modo per fermarlo. E la stessa cosa valeva per me. Non potevo, non riuscivo ad ignorare.
-Una sconfitta, ma che vale per mille, giusto Rui- continuò come sputando veleno.
-Beh, ma che sarà mai una sconfitta!-
-Diciamo che ha il suo peso, quando...-
Mi alzai ed imboccai le scale, certa che di li a poco avrei perso la calma.
-Che fai scappi? Ti fa male guardare in faccia la realtà, codarda? Non sei altro che...-
Lo fulminai con lo sguardo, cosciente di non potermi più trattenere.
-Cerchi rogne, pezzente? Tutti i calci in culo che ti ho dato non ti hanno insegnato la lezione? Sei proprio un perdente, fai pietà.- calcai bene la parola, aspettando la reazione, che non si fece attendere.
Simon si avventò su di me, ma lo schivai facilmente.
-Ehi, signor Tanwir!- dissi -Che ne dice di uno spettacolo?-
Andai di sopra, inseguita dal mio rivale.
Andai dal DJ, Jim, sussurrandogli all'orecchio e prendendo i miei guanti di pelle dalla cintura. Lasciavano scoperte le falangi, e sulle nocche avevano delle borchie. Mi tolsi il coprispalle e glielo lasciai, per poi andare sulla pista, dove Simon mi aspettava. La gente si era radunata intorno. Vidi Sean, che aveva concluso vittoriosamente il suo incontro.
Sorrisi al mio rivale, una smorfia di sfida.
Lui strinse le labbra.
-Sei ancora in tempo per tirarti indietro.-
-Semmai lo dovresti fare tu.-
-Crepa.-
La musica partì e con lei scattai.


I can see
when you stay low nothing happens.
Does it feel right?
Late at night,
things I tought I put behind me
haunt my mind.

Pugno, schivata, calcio, schivata, arrentramento. Mi abbassai sulle ginocchia e gli tirai un rapido pugno nei gioielli di famiglia.

Stand my grund, I won't give in.
No more denying, I've got to face it
won't close my eyes and hide the truth inside.
If I don't make it, someone else will
Stand my ground (Stand my ground -Within Temptation)

Nel momento in cui si piegò dal dolore, gli tirai un calcio sul mento, facendolo cadere all'indietro.
Pietà, pietà... Non fai altro che un'immensa pietà! Non vale nemmeno la pena di continuare.
Mi voltai per andarmene, quando mi sentii la terra mancare sotto i piedi e due mani afferrarmi per la schiena. Non feci in tempo a muovermi che Simon mi sbattè violentemente al suolo, stile mossa di wrestling. Mi fece voltare e si mise sopra di me, iniziando a prendermi a pugni il viso.
-Credi sia finita, eh? Credi che io valga così poco da farmi battere con colpi del genere?-
Lo fissai: -Sì.-
Mi tirai su, mollandogli una testata. Arretrò e con un salto mi rimisi in piedi. Gli diedi qualche altro calcio e lui rispose con i pugni. Dovevo ammettere che era migliorato. Per sua sfortuna, però, non abbastanza. Mi mossi al ritmo della musica, cosa che gli diede particolarmente ai nervi, perché, nonostante fosse abbastanza prevedibile il mio tempo di attacco, non riusciva a bloccare e a schivare i miei colpi. Era in quei momenti, in cui nessuno poteva fermarmi, che mi sentivo libera: non pensavo a nulla, mi rilassavo e il mio corpo si muoveva da solo. Potevo permettermi il lusso di questa trance, però, solo poche volte, ovvero quando le preoccupazioni sgombravano per un po' la mia mente, costantemente impegnata ad elaborare informazioni e strategie, tutti potenziali elementi da copiare. Inoltre era la mia tecnica preferita da usare con Simon: una specie di gioco. Se avessi voluto, l'avrei già battuto. Non facevo quasi mai sul serio, con nessuno, non ne avevo bisogno. A parte quella volta...
-Dannazione!!- urlò Simon, in preda alla rabbia.
Sorrisi, consapevole della mia vittoria: quando si faceva prendere dall'ira, agiva di impulso concentrando l'obbiettivo sul colpire.
Infatti, come a conferma del mio pensiero, partì una scarica di pugni, prontamente evitati. Mi svegliai dal torpore, consapevole che l'ora dei giochi era finita. Scartai di lato, schivando un pugno, rifilandogliene uno a mia volta in pieno viso. Stordito, Simon indietreggiò, portandosi una mano là dove le borchie avevano graffiato la pelle. Ne approfittai per prendere una piccola rincorsa, saltare e atterrargli a piedi pari sul petto, spedendolo diversi metri lontano. Atterrai in piedi, godendomi gli applausi. Lo osservai: non volevo mi piombasse un'altra volta da dietro. Simon si alzò barcollando, sul viso un'espressione di disprezzo e vergogna. Abbassai gli occhi e mi morsi il labbro. Mi dispiaceva che la prendesse così male, ogni santa volta. Lui mi odiava perché lo battevo in continuazione. Io, d'altra parte, non avevo la minima intenzione di farmi battere: ero la sua eterna rivale, colei per cui avrebbe dovuto continuare ad allenarsi e a migliorare. Ero il suo muro da scavalcare. Ne avevo parlato a Sean e Boris, una volta, ma non mi avevanop capita, anzi. Il biondo si era arrabbiato, urlandomi contro che ero una stupida a voler farmi addirittura odiare; avevo guardato l'altro, in cerca di comprensione, ma nulla. Loro cercavano di non darlo a vedere, ma questa nostra (più sua che mia) competizione li distruggeva, soprattutto per gli insulti che Simon volgeva contro di me: sapevano quanto mi facevano star male.
Sarà maschismo il mio...
Stavo per allontanarmi dalla pista, ma...
-Ferma. Le lotte per te non sono ancora finite.- urlò un uomo, venendomi incontro.
Lo squadrai: alto, muscoloso palestrato, una trentina d'anni circa.
Gli occhi verdi mi guardavano di traverso e ricambiai lo sguardo.
Finalmente era arrivato. Nelson Clish. Fonti certe dicevano che lui aveva alcune informazioni che potevano farmi comodo. Patito di lotte, era prevedibile che una volta arrivato qui volesse sfidarmi.
-Che ci guadagno?- chiesi sicura, alzando un sopracciglio.
-Nel caso tu vinca, chiedi quello che vuoi e lo avrai.-
-Addirittura!- o era sicurissimo di vincere o era un cretino.
-Ma nel caso tu perda... Mi prendo il tuo bel culetto per tutta la mia permanenza qui.-
Un mormorio eccitato si sparse per la sala.
Feci una smorfia: odiavo la gente di quel genere.
-Non sei un po' troppo grande per voler farti una diciassettenne?-
-L'età non conta, l'importante è la merce a disposizione.-
Il brusio aumentò, diventando un vero e proprio vociare.
-Non avrai l'opportunità di testare la merce, mi dispiace.-
Lo vidi prendere posto davanti a me, un sorriso beffardo sul volto.
-Ehi Jim!- urlai al DJ -What's up people!!-
Mi guardò e rise, facendomi segno di ok con le dita.
Mi misi a posto i guanti.
A questo gli faccio il culo. decretai mentalmente.
Gli feci un mezzo inchino, provocandolo apertamente. Si scrocchiò le spalle e le mani, poi, con la stessa velocità di Sean quando vede una abbordabile, mi caricò. Lo schivai, evitando i colpi furiosi in successione. Lanciai uno sguardo dietro di me: voleva spingermi contro il muro così da bloccarmi! Dannato!
Dopo aver evitato l'ennesimo colpo, lo saltai. Quando atterrai, però, me lo ritrovai davanti: piegai la schiena all'indietro per evitare il colpo, realizzando tipo un ponte con il busto. Feci pressione sulla pista con le braccia, in modo da sollevare le gambe. Le aprii, roteando su me stessa, ottenendo un effetto vortice. Lo colpì sul viso, ma non cedette. Si chinò e mi diede un calcio alle mani, facendomi cadere. Rotolai, evitando i calci e mi rimisi in piedi.
Iniziai a mia volta una sequenza di pugni e calci, a cui riuscì a scampare solo in parte. La mano lo raggiunse al mento e il piede sinistro allo stomaco. Con mia grande sorpresa, lo bloccò.
Cazzo!
Mi sorrise: -Cercherò di non ammaccarti troppo, bellezza!-


****spazio autrice****

Salve a tutti!! Scusate tanto il ritardo! Questo è il decimo capitolo! Wow siamo già al 10! Non avrei detto che l'avrei fatta durare così tanto! O.o Come avrete (forse) notato, il capitolo inizia come il primo, dopo la piccola introduzione. Questo perché ho voluto ricreare la stessa atmosfera a due anni di distanza, nonostante siano cambiate moltissime cose. Immagino che molti di voi mi abbiano stramaledetto per ciò che è successo nel nono capitolo e... che non vi ho detto. xD Beh, lo saprete... Fra un po'. Vi anticipo che Mello tornerà a farci compagnia nel prossimo capitolo, alla fine precisamente. Alla fine ho deciso di mettere a Rui una maschera-viso, ovvero uno di quegli aggeggi che aderiscono ai volti delle persone modificandoli. Tipo quella di Mrs Doubtfire xD 

PS_ scusate per il titolo scadente ^//^

Classico ringraziamento a chi recensisce!!

Baci, rui

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Capitolo 11
*** Quel gelato sembra buono ***


_Quel gelato sembra buono

_Cercherò di non ammaccarti troppo, bellezza!-
Tirò la mia gamba, e il corpo con essa, lanciandomi. Atterrai sulla pista, scivolando ma rialzandomi quasi subito. Lui era già su di me.

È velocissimo!
Mi scansai un attimo in tempo e gli diedi un calcio nello stinco, per poi fare un balzo indietro.
Le grida sovrastavano la musica. Ansimavo leggermente e sulla mi fronte vi era un velo di sudore: quel tipo si era rivelato piuttosto duro da battere. Diedi una rapida occhiata in giro... e lo vidi. Appoggiato al muro, un tavoletta di cioccolato fondente in mano e gli occhi di ghiaccio che mi trapassavano. Per un attimo fui catapultata indietro di alcuni anni: un passato che avrei voluto dimenticare per il troppo dolore patito. Perché 'lui' era qui?
No... Non pensarci. Non pensarci. NON PENSARCI!!!!!!!!!!!!!!!!
Ci stavo pensando. Mi paralizzai, lottando contro i ricordi.
Alzai lo sguardo in tempo per vedere il pugno di Nelson contro la mia guancia. Ricaddi all'indietro, rotolando per terra, senza riuscire ad alzarmi, più per la ferita psicologica riaperta che per il dolore fisico.
Era forte quel tizio, ma d'altronde doveva essere così, dopotutto lui era stato uno di loro.
-Sto per vincere!!- mi si avvicinò all'orecchio -Sono due settimane, cara, in cui sarai tutta mia.-
Portò una mano verso il mio seno.
Col cazzo!
Mi mossi repentinamente, prendendogli il braccio e tirandomi su fino a mordergli l'orecchio per poi saltare indietro.
Lo guardai sprezzante: -Pensi basti così poco?-
Lasciai che si ricomponesse.
-Ora basta giocare.-
Mi avventai su di lui, utilizzando le sue stesse mosse, la sua stessa velocità e la sua stessa ferocia. Nei momenti in cui pensavo a quello l'unica cosa che mia aiutava era lottare, combattere e spaccare il muso a qualcuno. Inoltre non potevo permettere che quello mi si infilasse tra le gambe!

Hora biribiri okorasuka? biribiri okorasuka?
biribiri okorasuka? ningen
hora biribiri okorasuka? biribiri okorasuka?
biribiri okorasuka? ningen
                                                                         Ti senti tremare, tremare dalla rabbia?
                                                                         ti senti tremare dalla rabbia, umano?
                                                                         Ti senti tremare, tremare dalla rabbia?
                                                                        ti senti tremare dalla rabbia, umano?
                                 (What's up, people!! - Maximum the Hormone)

Non mi limitai a schivare: iniziai a parare. Gli bloccai il braccio e glielo torsi, per poi prendergli anche l'altro e saltare dietro di lui.
-Ti farà male, caro.- gli tirai le braccia indietro e portai in alto la gamba, in modo da piantargli il ginocchio nella schiena. Poi, sempre tenendolo, gli calciai da dietro i polpacci. Cadde a terra.
Ormai la canzone era finita: era tempo del gran finale. Lanciai uno sguardo d'intesa a Sean, che sorrise.
Quando Nelson si rialzò io corsi verso di lui, poi saltai, atterrandogli sulle spalle. Con i piedi aumentai la presa sul collo. Portai il corpo all'indietro e feci leva sulle gambe, portandomele al petto, come a fare una capriola. Il risultato fu perfetto: Nelson finì schiantato contro il muro.
Il pubblico rimase con il fiato sospeso per qualche secondo, poi notando che non si alzava esplose: sia in grida di vittoria per aver vinto la scommessa, che in imprecazioni per aver perso. Tutti suoni ovattati.
Vidi Boris che mi veniva in contro. Mi avvicinai a Nelson.
-Secondo la scommessa ora farai tutto ciò che ti dico io. Voglio che tu segua il mio amico in un posto e aspetti lì il mio arrivo. Ma non è finita: dovrai rispondere a tutte le mie domande. Chiaro?-
Annuì.
-Hai sentito?- feci a Boris.
-Sì.-
-Io esco. Ho bisogno... d'aria. Tu portalo giù.-
Sembravo estranea a tutto ciò che mi succedeva intorno, era come non ne facessi parte.
Vidi Sean avvicinarsi, tenendo in mano quelli che mi sembravano un mucchio di soldi e mi stampò un bacio sulla guancia.
Mi allontanai, scivolando tra la gente, l'uscita che sembrava sempre più lontana.
D'un tratto, fui fuori.
Respirai, come se fino ad allora fossi stata in apnea. Mi misi contro il muro, massaggiandomi le tempie: un'illusione. Era stata solo un'illusione.
Rimasi a fissare la luna, pensando che volevo correre via, per poi tornare ansimante: Joe mi avrebbe rimproverata, Sean avrebbe riso.
Se non fossi stata reduce da due combattimenti consecutivi, l'avrei fatto.

Dopo essermi medicata e curata alla meglio, andai da Joe.
-Bello spettacolo, eh?-
Lui mi fulminò con lo sguardo.
Sorrisi a malapena: -Sto bene, dai.-
-Tu...-
-Rui!!! Bellissimo combattimento! Sei il massimo!!- esclamò Ken, con un bicchiere in mano.
Stranamente è ubriaco.
Scoccai un bacio sulla guancia a Joe, poi mi rabbuiai: -Ha delle informazioni.-
-Questo non giustifica il...-
-Vado!-
Mi ero infilata tra la folla, con due bicchieri e una bottiglia in mano, in direzione delle scale.
Nelson era seduto in sala riunioni, del ghiaccio sul viso.
-Eccomi.-
-Dunque... Cosa vuoi chiedermi?- chiese malizioso.
Cominciamo bene.
Gli passai un bicchiere, che buttò giù in un sorso.
-Tu facevi parte dei Baroni nascosti giusto?-
Il sorriso sparì, lasciando il posto ad un'espressione seria: -Sì. Cosa vuoi sapere?-
-Dove sono?-
-E io che ne so? Me ne sono andato da mesi e dubito siano rimasti dove li ho lasciati!- evitava il mio sguardo: sperava che credessi in quella stronzata.
Sorrisi, prendendo in mano la bottiglia: -Ne vuoi un altro po'?-
Annuì e gliene versai.
-Hai ragione: è improbabile siano nello stesso posto.- lo guardai, catturandolo con lo sguardo -Sono al corrente, però, che hanno uno schema, in cui sono scritti i loro spostamenti: fanno in modo di essere in un certo periodo in un dato posto, che cambia ogni anno, mi sbaglio? Quindi tu dovresti essere al corrente della prossima tappa.-
Mandò giù molto lentamente la bevanda, per poi deglutire a vuoto.
-Io... Non ne posso parlare.-
Mi avvicinai: -Oh, ma ciò che dirai non uscirà da questa stanza.-
Vedendo che non accennava a parlare, continuai: -Tu dimmi solo quando arriveranno a Los Angeles, ok?-
-Mai, o almeno, non nei prossimi tre anni.-
-In prossimità della città?-
Scosse la testa.
-In America?!-
-Saranno a Chicago il 15 settembre.-
-Più precisamente dove?-
-Non posso dire altro.-
-Oh sono sicura che mi puoi parlare anche di un'altra cosa: ti viene in mente una cassetta di sicurezza?-
-...Sì.-
-Ce l'hanno ancora loro, giusto?-
-Hanno provato a distruggerla in tutti i modi, inutilmente. Così la tiene in custodia uno dei Tre.-
I Tre: come dice il nome, sono i tre individui che tengono le redini dei Baroni nascosti.
-Grazie. Mi sei stato davvero utile. Ovviamente, questa chiacchierata non è mai avvenuta.-
Mi guardò continuando a bere, trattenendo un sospiro di sollievo.

Mi appoggiai al muro, mentre Boris si accendeva una sigaretta: la sua presenza mi infondeva calma. Mi bastava averlo vicino per sentirmi più rilassata: non parlava molto, si limitava a stare lì, in attesa che fossi io a confessarmi e a sfogarmi. Aveva un sesto senso per queste cose e gliene ero estremamente grata.
In questi due anni avevo pensato molto a ciò che sarebbe potuto accadere se avessi accettato il ruolo di L, ma tutte le mie fantasie finivano sempre nello stesso modo: con il fallimento. Non rimpiangevo dunque la scelta fatta. Solo che mi rimaneva un grande vuoto. Non lo avevo conosciuto, ma aveva preso un posto dentro il mio cuore. D'altronde, ogni essere umano ha bisogno di qualcosa in cui credere: a questo servivano le religioni. Alcune volte però non bastavano. Per questo era comprensibile che la maggior parte del mondo si fosse converitita a Kira: si sentivano al sicuro.
Dal canto mio, io credevo in L. Fin dalla prima volta che me ne hanno parlato.

Stavo camminando con Joe per le strade di Winchester, intenta a mangiare il gelato appena compratomi, grande quasi quanto la mia testa. Avevo dodici anni e le mie idee sul discorso "giustizia" non erano molto chiare. Eravamo appena andati al cinema e avevamo fatto tappa al parco così che potessi gustarmi il gelato con calma. Gli altri erano alla festa di un amico comune.
Ci sedemmo su una panchina in semiombra: era un giorno di primavera, l'otto aprile per la precisione, e soffiava un fresco venticello. Mentre io lottavo contro il gelato che colava sul cono, Joe si allontanò un momento: non andò molto lontano, giusto una ventina di metri, in modo che restassi sempre nel suo campo visivo. Guardai curiosa, ma distolsi lo sguardo delusa notando un cliente abituale del Phantom che stava prendendo una birra al bar del parco.
Sbadigliai sonoramente, tornando al mio gelato, quando un ragazzo si sedette accanto a me. Forse il verbo sedersi non è adeguato. Diciamo che si accucciò accanto a me. Lo fissai stranita, allontanandomi un po' verso il bordo della panchina. Lui mi guardò: aveva i capelli neri folti e scompigliati e nonostante lenti da sole gli celassero gli occhi ero sicura mi stessero soppesando e scrutando a fondo.
-Ehm.. Ha bisogno di qualcosa?- chiesi, tenendo il tono più neutro possibile, nascondendo l'irritazione.
-Quel gelato sembra buono.-
Stavo per mangiarlo, ma rimasi con la bocca aperta dalla sorpresa. Guardai prima il ragazzo, poi il gelato, poi di nuovo lui. Mi resi conto che i suoi occhi non stavano soppesando me, bensì la pietanza in mio possesso.
Normalmente mi sarei alzata e sarei corsa da Joe, ma qualcosa mi fermò: forse era perché trovavo quella situazione piuttosto comica. Dopotutto, era la prima volta che incontravo uno sconosciuto che voleva sbaffarmi il cibo.
Gli allungai il gelato e guardai lo strano modo in cui lo teneva: tra il pollice e l'indice, in un equilibrio molto precario. Corrugai la fronte, aspettando da un momento all'altro che le palline di cioccolato cadessero sulla panchina.
-Tu cosa pensi della giustizia?- chiese a bruciapelo.
-Eh?-
-La giustizia. Ciò che è giusto o sbagliato.-
-Intende l'organo che dovrebbe tutelare noi cittadini?-
-No.- leccò il gelato. -Intendo il tuo ideale di giustizia.-
-Il mio codice morale?-
-Se vuoi chiamarlo così.-
Ora sentivo chiaramente che i suoi occhi erano su di me: ma chi era questo tipo? Che voleva da me? Presi qualche minuto per pensare la risposta.
-Per me la giustizia non esiste.- conclusi infine.
Il ragazzo non doveva aspettarsi la risposta, perché gli andò di traverso il gelato.
-Come non esiste?- fece ricomponendosi.
-Tutti cercano di sopraffare gli altri. Le alte sfere mangiano sui cittadini, quando dovrebbero aiutarli e sostenerli. Gente uccide per soldi o semplicemente per regolare i conti. Dov'è il giusto in tutto questo?-
-C'è chi prova a mettere a freno queste persone.-
-Tsk. E ci riesce? Non mi pare. Un assassino viene messo in prigione e dopo un tot di anni se ne esce, quando meriterebbe di morire e soffrire dieci volte di più della sua vittima.-
-Dopo saresti migliore dell'assassino?-
Lo guardai, indicandomi l'occhio: -Occhio per occhio, dente per dente.-
-In questo modo saresti esattamente come lui.-
-Ma almeno lui avrebbe pagato per le sue azioni!-
Rimanemmo in silenzio per un po'.
-Hai mai sentito parlare di L?-
-E chi è?-
-Dicono sia il più grande detective del secolo. Qualcuno sostiene sia la giustizia. Interviene solo per i casi più diffici e complicati, che vedono molte vittime.-
-Davvero? Immagino si limiti a sbattere la gente in galera. Non potrà fare altro, povero diavolo, altrimenti diventa un assassino e allora arrestano pure lui.- commentai pungente.
-Ancora con questa storia. Sai a quando risale la legge "Occhio per occhio dente per dente"?- continuava ad avere un tono neutro, mentre io ormai ero infervorata.
Scossi la testa.
-Codice di Hammurabi. Hai presente quanto tempo fa?-
Annuii: l'avevo studiato a scuola.
-Ci siamo evoluti da allora, non credi?-
-Chi dice che le leggi di allora non siano migliori di quelle di oggi.- sbuffai.
-Sei ottusa. Una legge così... Pensaci: equivarrebbe a dire "fatevi la vostra giustizia privata". E allora regnerebbe il caos più di adesso.-
-Ha un senso.- ammisi; visto che stavo avendo la peggio in questa discussione, pensai bene di cambiare argomento: -Questo L deve essere bravissimo nelle indagini, magari sa pure combattere e tirare di pistola e...- la mia fantasia era partita: mi immaginavo questo supereroe al servizio dei più deboli.
-Lui non prende parte alle indagini. Incarica altri di farlo.-
-Non...- mi pareva impossibile che il miglior detective del mondo non svolgesse il suo lavoro, anzi, lo facesse svolgere da altri.
-Come può allora essere definito la giustizia?! Non è altro che un codardo!-
Il ragazzo mi guardò, per poi mangiare l'ultimo pezzo di cono. Fece un sorrisetto e mi ringraziò per il gelato, poi se ne andò.
-Chi era?- chiese Joe.
-Nessuno.- borbottai, osservandolo mentre parlava con un uomo che indossava un impermeabile nero. Probabilmente voleva scroccare cibo pure a lui.
Però...
Mi aveva messo, come si suol dire, la pulce nell'orecchio.
L..., pensai. Quando arrivai a casa, iniziai a fare delle ricerche sul detective. Aveva catturato la mia attenzione e, guardando tutti quei casi risolti, pure la mia stima. Mi pentii di averlo definito un codardo.
-Per fortuna che non mi ha sentito.- dissi tra me e me.
Qualche mese più tardi, Watari mi trovò, in modo a mio parere del tutto casuale.

Non rividi più quel misterioso ragazzo. Analizzando i miei ricordi, però, l'avevo sognato quando ero alla Wammy's. Che strana coincidenza. Sorrisi, osservando la luna: io non credevo a cose del gene. Dunque era tutto programmato. L mi ha trovata e in modo singolare mi ha conquistata. L'uomo con cui stava parlando quel giorno era Watari: gli stava dando istruzioni. Tutto era stato previsto. Un genio. Un vero genio.
-Che hai?- fece Boris.
-Niente.- dissi, passandomi una mano sulle guance bagnate -Mi sono solo resa conto di aver incontrato L.-

Rientrammo e la musica tornò ad assordarci: ormai, però, eravamo abituati. Andammo al bancone da Jack e ordinammo da bere.
-Ottenuto qualche informazione dal tipo?- chiese il moro.
Mi strinsi nelle spalle: -Nessuna di rilievo. Ha detto che non sa dove si trovano nè dove andranno, però ha affermato che Los Angeles non sarà loro tappa.-
-Per fortuna!- esultò sorridente, tornando a servire gli altri clienti.
Scossi la testa, divertita dalla sua ingenuità: se fossi stata al suo posto, mi sarebbe sembrato strano che Clish non sapesse le prossime mete dei Baroni, ma fosse sicuro che Los Angeles fosse esclusa. Mi dispiaceva molto mentire alla mia famiglia, ma dovevo farlo, in quanto loro non avrebbero mai acconsentito.
Comunque altri elementi si erano andati ad aggiungere al quadro generale: ero già a conoscenza del numero di uomini che componevano l'organizzazione e ora sapevo anche il quando e (approssimativamente) il dove. Rimaneva da scoprire quale dei Tre avesse la cassetta: in cuor mio speravo fosse uno in particolare. Dopo di che dovevo elaborare un piano. Ah, e anche trovare un modo per arrivare a Chicago senza destare sospetti a Joe e a spingerlo a mandarmi la "scorta".
Mi accorsi che Boris mi fissava intensamente: probabilmente aveva sentito puzza di bruciato nelle mie parole. Per cui, optai per una rapida ritirata: -Dov'è Joe?-
-È in sala riunioni. È arrivata la mafia!- rispose Jack con una smorfia.
-Che vogliono?-
-Boh. Speriamo non cerchino rogne nè soldi.-
-Si sa chi ...?-
-Rodd Los.- disse, anticipandomi.
Mi avviai tra la folla. Individuai Sean ballare con una ragazza. Mi scorse e mi fece l'occhiolino, per poi baciarla. Alzai gli occhi al cielo. Che donnaiolo!
Stavo scendendo le scale quando sentii delle voci.
-Beh. Appunto perché ne sei a conoscenza potresti dirci qualche cosa, non credi? Non vorremmo capitasse qualcosa al Phantom o, peggio, ai tuoi figli.-
-Se sapessi qualcosa ve lo direi, quante volte ve lo devo ripetere?!-
Quello era Joe... Perché stava urlando? Cosa volevano? Restai nascosta, in ascolto. Se solo non avessi lasciato la pistola in camera!
-Sappiamo che sei sempre rimasto molto, diciamo, vigile, per quanto riguardava informazioni su Kira. Mi è proprio difficile credere che tu non sappia niente. Non ti interessa proteggere la tua famiglia?- questa voce era diversa dalla prima che avevo sentito. Aveva un tono più duro e freddo, meno canzonatorio e, in un certo senso, familiare.
Ripresi a scendere, decisa a dar man forte a Joe o ad intervenire in caso di bisogno. Quello era il mio piano. Andò in fumo nell'esatto momento in cui osservai i componenti della banda di Rodd Los.
Mi bloccai sull'ultimo gradino, gli occhi sgranati e la bocca semiaperta.
-Rui: quanto tempo!- esclamò Mello, un sorriso sghembo e strafottente stampato sulle labbra, come se avesse previsto la mia entrata in scena.


****spazio autrice****

Ecco qui l'undicesimo capitolo! Vi eravate dimenticati della scatola all'inizio della storia, vero? (ovvio che no visto che l'hai menzionata al nono capitolo! ndMello  ah... Davvero? :3 ndA  ma che lo dico a fare?! ndMello) Va beh, forse pensavate che non fosse importante... beh non è così: nel prossimo capitolo si scoprirà perché!

Ringrazio infinitamente chi legge e chi commenta! *profondo inchino*

Ah, quasi dimenticavo! Vorrei inserire delle immagini (pescate a caso su Internet) di Rui, Boris, Sean e Simon! Ringrazio Vale Jeevas per avermi fatto venire l'idea! =*

Rui (senza maschera)

http://imageshack.us/f/20/motorcyclegirlov4.jpg/

Boris

http://imageshack.us/photo/my-images/853/borisk.jpg/

Simon

http://imageshack.us/photo/my-images/651/simong.png/

Sean

http://imageshack.us/photo/my-images/822/seanu.jpg/

 

Ecco! Spero siano di vostro gradimento!

Baci,rui

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Capitolo 12
*** Non ti aspettavo così ***


_Non ti aspettavo così.

Mello.
Lì, davanti a me.
Non riuscivo a smettere di guardarlo.
Da idiota.
Da perfetta idiota.
Scossi lievemente la testa e alzai un sopracciglio: -Che sta succedendo?-
Prima che potesse rispondermi, quello che doveva essere il capo si alzò, puntandomi contro una pistola: -Capiti proprio al momento giusto.- guardò Joe -Dicci ciò che sai, o le faccio saltare la testa.-
Sgranai gli occhi, mentre mio padre sbiancò. Lanciai un'occhiata a Mello, che restava impassibile.
-Noi non abbiamo informazioni su Kira!- urlai -Sappiamo quello che sanno tutti: che per uccidere ha bisogno di un volto e di un nome.-
Caricò l'arma: -Ho forse chiesto il tuo parere?-
Prima che potessi replicare, Joe mi precedette: -Avevo ricevuto delle informazioni, ma mi sono state sottratte prima che abbia potuto guardarle. Stiamo comunque lavorando per riappropriarcene.-
Lo guardai perplessa: ma che stava dicendo?!
Los sorrise malvagiamente: -Davvero? E quanto tempo ti ci vuole?-
-Ancora non lo so. Dipende tutto quando arriveranno coloro che mi hanno sottratto le informazioni.-
Il boss mafioso passò lo sguardo da lui a me, per poi abbassare la pistola: -Ovviamente una volta ottenuto il materiale...-
-Voi sarete i primi a saperlo.-
Soddisfatto, fece segno agli altri e si allontanarono. Mello mi passò accanto senza degnarmi di uno sguardo, non che io volessi vederlo di nuovo: tenni lo sguardo fisso per terra finché non fui sicura che non se ne fossero andati tutti, dopo di che guardai Joe che si era abbandonato su un divano.
-Mi puoi spiegare?-
-Non sono affari tuoi.-
-Ah no? Mi hanno appena puntato una pistola contro e non sono affari miei?!-
-Non urlare per favore!-
-Joe che cazzo succede?! Perché ci sono parecchie cose che non quadrano! Prima di tutto non hai mai, dico mai chinato la testa davanti alla mafia! E poi cos'è questa faccenda di Kira?! Non...-
-Taci!- mi zittii, sotto il suo sguardo frustrato -Los è uno dei boss più pericolosi di LA. È potente e spietato. Non voglio mettervi ulteriormente in pericolo...-
-È... per quello che è successo?- la mia voce era un sussurro appena udibile. Odiavo parlare di quello.
-Anche...-
-Quindi hai mentito... Sulle informazioni, intendo.-
-...No.-
-Cosa?-
-Ti ricordi quella scatola che tu e gli altri siete andati a prendere due anni fa? Quella che poi hanno preso quel giorno.-
Deglutii: cominciavo a capire.
-Lì erano contenute importanti informazioni sul caso Kira, che mi sono fatto inviare da un mio corrispondente giapponese, Kanzo Mogi.-
-Mogi? Quell'uomo che ci ha ospitati quando siamo andati a Tokio?-
-Lui. Collabora, anzi collaborava con L e gli ho chiesto di mandarmi degli aggiornamenti. Siamo amici di vecchia data e mi doveva un favore. Avrei potuto chiedergli le informazioni di nuovo, ma serebbe stato troppo pericoloso, soprattutto ora che L non c'è più.-
-Ma perché?-
-Con il fatto che tu eri alla Wammy's, speravo che una volta venuta a conoscenza, ne avresti parlato con Mello o Near, così che altre menti geniali potessero dar man forte ad L.-
-...Capisco.- mi pizzicavano gli occhi: tornare indietro fino ai tempi della Wammy's house mi faceva male. Ricacciai indietro le lacrime e mi scostai alcune ciocche sfuggite dalla coda.
-Quindi tu, quando volevi che trovassimo i Baroni era per...-
-Per le informazioni, sì. Ora che L non c'è più e gli eredi si sono separati ognuno deve arrangiarsi per risolvere il caso.-
-Quindi non per...-
-Non ho mai approvato quello che vuoi fare tu, ma ho preferito sorvolare.-
Annuii: in effetti non era la cosa più nobile del mondo.
-Ma tu avevi aperto la scatola! Avevi visto cosa conteneva!-
-No, ho solo spostato il tutto nella cassetta: volevo che fossimo tutti insieme, sai, i ragazzi avrebbero potuto dare una mano nel caso. Se solo avessi saputo...-
-Nessuno poteva sospettare una cosa del genere.- replicai amaramente.
Ci fu un momento di silenzio.
-Credi che io possa risolvere il caso che ha strappato la vita a L?- sorrisi, ma di un sorriso amaro. Scossi la testa e voltai le spalle.
-Puoi farcela: le capacità le hai e pure i mezzi. Inoltre,- fece vedendo che me ne stavo andando -hai visto no? Mello si è mosso. Non credi che dovresti fare come lui?-
-Una gara? No grazie. Ne ho abbastanza di competizioni.- mossi un passo verso le scale -Mi muoverò solo nel caso Kira minaccerà la mia famiglia.-
-Quindi vuoi aspettare finché uno di noi non viene fatto fuori?-
Mi bloccai: non intendevo questo. Però anche Joe aveva ragione: Kira agiva, non mandava un preavviso scritto. Dovevo prevenire le morti dei miei cari, che rischiavano ogni giorno.
-Cercherò di scoprire qualcosa di più sulla scatola. Come d'accordo. Va bene?-
-Brava ragazza. Sai qualcosa? Tipo dove e quando?-
-...No. Ma vedrò di scoprirlo.-
Principalmente, abbiamo iniziato a raccogliere informazioni per scoprire se Los Angeles era fra i progetti dei Baroni nascosti. E così era rimasto per un po' almeno fino a che non avevo notato un comportamento strano da parte di Joe: ne avevamo parlato e mi aveva rivelato che voleva riprendersi la scatola che ci avevano sottratto quel giorno, senza però darmi una precisa spiegazione. Non l'avevo detto agli altri, come mi era stato richiesto. Ovviamente, Joe mi aveva proibito di prendere l'iniziativa, ben cosciente da quello che avrei potuto fare. Purtroppo, non ero disposta a rinunciare così facilmente.
Salii le scale, tuffandomi nuovamente nella folla; mi guardai intorno, cercando Rodd Los e i suoi uomini: erano seduti su alcuni divanetti a bere e a parlare con delle ragazze. Di Mello non c'era traccia. Con la coda dell'occhio vidi però una chioma bionda allontanarsi. Strinsi i denti e lo seguii, certa che non si era perso nemmeno una parola.
Nel mentre che mi muovevo fra la folla, pensavo a come lo avrei affrontato: erano anni che non lo rivedevo e in nostro incontro non era stato dei migliori. Lo rividi, mentre Los mi puntava la pistola contro: impassibile e i suoi occhi erano di ghiaccio.
Girò, in direzione del bancone, ma io proseguii dritto fino ad uscire.
Che senso ha seguirlo? Perderei solo il mio tempo.
Mi aggiustai la coda, ormai cadente, e mi avviai per le strade della città.
-Te ne vai già?-
Mi fermai: sapevo benissimo chi avevo dietro.
-E dire che avevo anche pensato saresti venuta a parlarmi: dopotutto, sono due anni che non ci vediamo.-
Mi voltai appena, giusto per vederlo con la coda dell'occhio: se ne stava appoggiato al muro, con una tavoletta di cioccolato in mano.
Sentii uno schiocco deciso quando ne prese un pezzo.
-Ti avrei offerto da bere.-
Sfacciato. Rividi gli occhi freddi, insensibili al fatto che potevo venire uccisa. Sentii la rabbia aumentare e riuscii ad ingoiarla con non poca fatica.
Scossi la testa e alzai una mano, per poi riprendere a camminare.
Mi ero immaginata la nostra rimpratriata parecchie volte, ma non in questo modo: nelle mie fantasie lui compariva un giorno e mi diceva che aveva ucciso Kira, mantenendo la sua promessa. Oppure appariva nel momento in cui avevo più bisogno d'aiuto, magari mentre...
No. Non pensare a quello. A tempo debito.
Tutte le altre versioni attraversavano la mia mente: in alcune io piangevo, in altre ci abbracciavamo, oppure entrambe.
Mi afferrò per un braccio, facendomi girare. Mi contemplò per un attimo, poi passò la mano, anzi il guanto di pelle, sulla mia guancia e mi catturò gli occhi, come faceva un tempo.
-Vedo ti sei preparata a dovere contro Kira: maschera aderente e lenti colorate. Sinceramente questi tratti morbidi non mi fanno impazzire, ti preferisco al normale, e queste labbra sono troppo carnose, sembrano rifatte.- commentò.
Lo fulminai con lo sguardo: ma che cazzo voleva da me?! Se volevo avere a che fare coi Baroni, che lavoravano in pratica per Kira, dovevo prendere delle precauzioni. Lui invece era rimasto lo stesso: e pensare che era quello che rischiava di più. Sempre che volesse mantenere la promessa e catturare Kira.
Mantenni un atteggiamento indifferente e distaccato, nonstante dentro di me ci fosse un turbinio di emozioni contrastanti.
-Non mi dici niente?- sorrideva, quel sorriso sghembo che mi aveva tormato per notti intere. Se solo avessi dato retta alla mia voce interiore e non mi fossi fatta coinvolgere! Troppo tardi ormai.
-Non ti aspettavo così.- dissi freddamente. Più che fredde, quelle parole sembravano sputate, quasi fossero il peggior insulto del mondo.
Il sorriso di Mello si spense e i suoi occhi, prima brillanti di una luce propria, si incupirono. Si allontanò di qualche passo, per poi addentare di nuovo la cioccolata.
Osservai la tavoletta e fui riportata a quella sera di pioggia in cui era successo tutto: io che rientravo, Mello che mi trovava a terra e mi aiutava ad alzarmi, mi metteva la cioccolata in mano e se ne andava.
-E come mi aspettavi?-
Lo guardai, avevo perso la mia indifferenza, perché mi era impossibile pensare a quel giorno senza diventare triste. Aprii appena la bocca, ma non ne uscì nulla. Cosa potevo rispondergli? Che speravo di vederlo come un normale ragazzo, che mi avrebbe abbracciata felice di avermi ritrovato? Che mi aspettavo di essere protetta, invece che abbandonata di nuovo? Che lo volevo vedere in qualunque gli aspetti, tutti, tranne che nelle vesti di un mafioso? Perché mafia significa crimine e il crimine viene distrutto da Kira.
Abbiamo collaborato contro dei mafiosi. Tu stesso hai detto che è gente pericolosa. Allora perché sei uno di loro adesso? Non ti rendi conto che sei in pericolo? E poi... In questo modo sei quasi come "loro"...
Chiusi la bocca e scossi la testa: -Certamente non un mafioso.- riuscii solo a dire.
-Il fine giustifica i mezzi, dovresti saperlo.-
Lo squardai: stava usando la mafia? Ma si rendeva conto di quanto era rischiosa questa mossa?! Era come stare tra l'incudine e il martello: da una parte stava Kira, dall'altra la stessa organizzazione malavitosa di cui faceva parte.Usare la mafia e per cosa poi?
Lo guardai e la risposta mi fu chiara: quale modo migliore che ottenere informazioni e impossessarsi dei segreti del nemico! In un certo senso, il gioco valeva la candela.
-Capisco.- dissi, ma non volli aggiungere altro.
-Avete informazioni su Kira?-
-Come vi abbiamo detto poco fa, le avremo. Inoltre mi pare che tu abbia sentito più del dovuto.- lo guardai per un attimo -Come sei entrato nell'organizzazione?-
-Ho portato loro la testa di uno dei boss più pericolosi di America: qualcuno che nemmeno Kira è riuscito a far fuori.-
È disposto a sacrificare vite umane per i suoi scopi: ora capisco perché non ha battuto un ciglio quando mi hanno puntato contro la pistola. È diventato spietato. pensai con rammarico.
Mi metteva a disagio quella situazione: dovevo trovare un modo per andarmene, altrimenti gliene avrei dette così tante che avrei tirato mattina.
Sorrisi fredda: -Complimenti. Ti sei fatto una grande reputazione. Da perfetto mafioso.- non aspettai la risposta. Feci un passo indietro e mi allontanai, augurandomi che non mi fermasse più.

Tornai all'alba, stando bene attenta a non fare il minimo rumore. Mi avviai verso la mia stanza e aprii la porta, trovando uno spettacolo che mi fece gelare il sangue: tutto in disordine, i cassetti rivoltati, i libri buttati a terra, così come i CD, i vetri rotti. D'impulso presi la custodia dei Within Temptation (il disco era nello stereo) la aprii e mi assicurai che il contenuto non fosse stato preso: era il mio asso nella manica. Tirai un sospiro di sollievo. Come seconda tappa, guardai sotto il letto: le armi c'erano. Vidi alcune buste per terra tra cui quella di Mello e di Meg.
Misi tutto a posto: chiunque aveva rivoltato la mia camera, stava cercando qualcosa e non l'ha trovato. Il punto era, oltre il chi l'avesse fatto, per cosa. Sospirai e iniziai a mettere a posto. Stavo raccogliendo i libri quando mi venne un sospetto. Guardai l'armadio, i cui cassetti erano gli unici a non essere stati aperti. Non mi curai di quelli contenenti gli indumenti: le mie mani saettarono all'ultimo, dove vi era la biancheria intima. Frugai, notando con orrore ciò che era sparito.
Mettere le foto su un mobile sarebbe stato troppo appariscente: qualcuno poteva prenderle, scannerizzarle e metterle su Internet, dove Kira avrebbe potuto vederle. Così avevo optato per nasconderle nell'armadio. Nei cassetti dove c'erano le maglie e i pantaloni no, visto che dovevo fare il cambio di stagione e sarebbe stato seccante dover spostare le foto. Così avevo optato per la biancheria. Era rischioso, ma...
In tutto c'erano tre foto.
Nella prima ero con i miei genitori durante il mio primo compleanno: io ero sul tavolo che guardavo sospettosa la torta che avevo davanti, mentre i miei erano ai lati del tavolo, sorridenti. La foto ce l'aveva fatta il vicino di casa. Quando ci fu l'incendio che si portò via i miei genitori e la mia casa, quella fu l'unica cosa che riuscii a salvare. Di fatti agli angoli era bruciata ed era rovinata, visto che nell'anno in cui vissi per strada la tenevo sempre in tasca.
Nella seconda, c'era Shiloh, l'husky che avevamo al Phantom: siamo cresciuti insieme, ma è venuto a mancare l'anno in cui sono entrata alla Wammy's house.
La terza l'avevo scattata io alla mia famiglia al parco di Wincester: sulla panchina erano seduti Peter, Jack e Simon, che aveva un'espressione imbronciata (al solito), mentre Sean si era sdraiato su di loro, ridendo come un pazzo. Ai lati della panchina c'erano Joe e Boris, mentre Meg, che abitava ancora in città, era dietro.

-Forza tutti su quella panchina che vi faccio una bella foto!!!- urlai, sbracciandomi come una pazza indicando il posto.
-Non ci penso proprio: voglio tornare a casa!- sbuffò Simon.
-Abbiamo passato una bellissima giornata in famiglia e voglio una foto, ma tu non sei essenziale, anzi vattene pure!- ribattei. Visto che era una delle rare giornate di sole a Winchester, avevamo deciso di andare a prenderci un gelato al parco. Avevamo giocato a palla e ci eravamo sdraiati a guardare quelle pochissime nuvole che c'erano.
-Basta litigare voi due. Non credo che per una foto morirai, Simon.- commentò Joe.
Simon borbottò qualcosa tipo "L'ha sempre vinta lei", per poi andare a sedersi sulla panchina. I gemelli lo imitarono, punzecchiandolo come era loro abitudine. Joe si mise sulla destra, mentre Boris sulla sinistra. Impiegai un sacco di tempo per farlo sorridere. Meg, che si era unita a noi, si posizionò dietro, con quella cascata di ricci rossi ad incorniciarle il viso. Era davvero bellissima: mi sentivo sempre una ranocchia a starle accanto.
Sean mi si mise di fianco.
-E tu? Vai a fare la foto.- dissi indicandogli la panchina.
-No. Non ne ho voglia.- mi guardò e capii che voleva farsi pregare.
-Dai! Sean ti prego ti prego ti preeeeeegooooo!!- sfoderai i migliori occhi da cucciolo che riuscivo a fare.
Fece un gesto con la mano: -E va bene! Ma dovrai pagarmi i diritti di immagine!-
Detto questo corse verso la panchina gridando "Sto arrivando!!" e si buttò a pesce sopra i gemelli e Simon. Ridemmo tutti tranne Simon e approfittai di quell'attimo per scattare la foto.

Presi in mano le cornici: le prime due fotografie c'erano e sbiancai notando che mancava la terza.
-No...- biascicai -Porca puttana no!-
Svuotai l'intero cassetto, sperando che magari la cornice si fosse aperta, ma niente: scomparsa. Al suo posto, trovai un biglietto.

Vieni all'indirizzo qui riportato alle 15:45 del 16 agosto. Sola.

Non mi serviva la firma per sapere chi era l'autore di tutto.
Che cosa vuoi ora, Mello?




****spazio autrice****

Ho deciso di aggiornare proprio il giorno prima di tornare a scuola! T.T Le vacanze sono durate troppo poco! Spero di riuscire ad aggiornare con regolarità nel periodo scolastico: proverò ogni domenica, ma non assicuro nulla! Bene, passiamo alla storia.

Come avrete visto, ci sono vari riferimenti e "quel giorno" di cui non si sa ancora nulla: ma non disperate! Tra due o tre capitoli verrà spiegato tutto in una situazione specifica. L'incontro con Mello è stato alquanto rude: prima lascia la nostra povera e intrepida Rui essere minacciata con la pistola, poi le ruba la foto dei suoi cari, senza lasciar trapelare un perché. Dal canto suo, la ragazza è alquanto turbata per aver ritrovato l'amico in quelle circostanze, come fa ben capire. Ora come ora, non può lasciare la sua famiglia in tale pericolo.

Per quanto riguarda Mogi, mi sembrava l'individuo migliore del quartier generale giapponese per poter dare informazioni ad una persona fidata quale è Joe: nulla trapelerà dalla sua bocca! All'inizio avevo pensato a Matsuda, contando più sul fattore dell'ingenuità che su quello della fiducia, poi però c'era il pericolo che si lasciasse scappare di aver mandato le informazioni e allora erano guai. Far fare a Mogi, comunque, è stato alquanto difficoltoso, perché ha il dovere di tenere la faccenda riservata, ma in questo caso fa uno strappo alla regola proprio perché è un amico a chiederglielo a cui deve un grosso favore (non so se inserire quale in futuro.): dev'essere comunque un favore molto grosso, se lo convince ad arrischiarsi a mandare le informazioni.

Spero di essere stata abbastanza esauriente nelle spiegazioni, per ogni problema o incertezza chiedete! Ci può essere una piccola possibilità che modifichi il capitolo, per esigenze dei successivi. La storia è ben figurata nella mia testa, ma scriverla può essere alquanto problematico! In caso di modifiche, lo farò presente.

Beh, non mi resta che salutarvi e ringraziarvi di tutti i meravigliosi commenti che mi lasciate! 

Un bacio, rui 

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Capitolo 13
*** Il fine giustifica i mezzi ***


_In fine giustifica i mezzi.


Il 16 agosto...
Domani...
Passai il 15 tormentata dai pensieri più catastrofici: ipotizzai che Mello avesse già messo la foto su Internet, e che mi volesse incontrare per farmi avere qualcosa per poi darmi l'illusione di averli salvati. Non gli sarebbe però convenuto, perché poi le informazioni non le avrebbe avute. Poteva invece tenere la foto per ricattarci, ma in quel caso bastava che scrivesse "questa la teniamo noi, nel caso pensiate di tradirci". Allora cosa serviva incontrarmi?! Voleva farmi fuori così da dimostrare che non scherzavano? Oppure voleva rapirmi? Sapeva quanto Joe teneva a me: in questo caso, però, a cosa serviva prendere la foto? Poteva trovare altri modi per prelevarmi.
Mi arrovellai il cervello per un numero indefinito di ore e se qualcuno provava anche solo a parlarmi, gli rispondevo male.
Avrei potuto barattare la foto con...
-Rui?-
...però in quel caso non avrei più potuto usufruirne dopo.
-Rui?!-
Ma non potevo far rischiare la vita alla mia famiglia! Mello...
-RUI!!-
-DANNATO!!- urlai, dando voce ai miei pensieri.
Vidi che Sean mi guardava.
-Sì?-
-Ti ho chiamato tre volte.-
-Oh. Davvero? Non mi sono accorta.-
-Ho notato.- mi fissò preoccupato, poi si sedette sul divano di fianco a me -Che hai oggi? Sei sfuggente e costantemente persa nel tuo mondo!-
Scrollai le spalle:-Ho solo molti pensieri.-
-Non è che sono dovuti ad una cosa in particolare?-
Lo guardai: possibile che sapesse della foto?!
-Per esempio al biondo con cui parlavi ieri sera? Era il tipo della Wammy's, no? Quello per cui avevi una cotta!-
No, non sapeva della foto.
Sbuffai sonoramente e feci per alzarmi: -Non avevo alcuna cotta per nessuno, Sean!-
Mi bloccò per un braccio: -Si si...- agitò una mano come per dire "farò finta di crederti" -C'entra comunque, però. Rui, io credo di conoscerti abbastanza bene e lo vedo che quel ragazzo ti fa uno strano effetto!-
-... Sei sulla pista sbagliata.-
-Aha. Certo come vuoi.- mi lasciò -Tanto a me non la dai a bere!-
Mi allontanai. Nonostante i miei pensieri riguardassero un'altra cosa, Sean aveva ragione: Mello mi faceva uno strano effetto. Se fosse stato qualcun altro, l'avrei subito rintracciato e gli avrei messo la canna della pistola in gola pur di fargli dire dove era la foto e, nel caso non avessi nulla da ricavare da quella persona, lo avrei ammazzato. Ma con Mello era diverso: c'era qualcosa che mi imponeva di fare la brava bambina e seguire i suoi ordini. D'altronde, sarebbe bastato trovare il nascondiglio dei malavitosi e metter loro una bomba sotto casa, dopo di che accertarsi che tra le macerie ci fosse anche il suo corpo. Invece no. Dovevo rendere la cosa più difficile!
Uscii e per andare in palestra: dovevo tenermi occupata in qualche modo e scaricare la tensione. Mi bloccai dopo pochi metri, riflettendo sui miei pensieri di prima: se c'era in gioco la mia famiglia, potevo diventare esattamente come loro. Anzi, non solo in quel caso, anche per ottenere informazioni.
Mello aveva ragione: il fine giustifica i mezzi.

Guardai il display del cellulare: 15.40 del 16 agosto. Mi guardai intorno, nel cantiere della periferia di Los Angeles: dovevano costruire l'ennesimo grattacielo, ma ci furono dei problemi e di conseguenza il progetto fu abolito e quella zona venne chiusa. Mi chiesi come mai non l'avessero utilizzata per qualcos'altro, invece di abbandonarla. Comunque dovevo ammetterlo: era il luogo ideale per un incontro clandestino visto che non c'era anima viva. Il sole picchiava e non si trovava sollievo nemmeno all'ombra: in sostanza, si moriva dal caldo.
Cuffie nelle orecchie, mi controllai in un vetro impolverato e sporco, sistemandomi alla meglio gli shorts e la canotta bianca. Non avevo con me armi, non volevo usarle contro di lui. Non era una scelta molto saggia, ne ero al corrente, ma una parte di me mi aveva impedito di prendere la pistola. Mi sistemai la coda di cavallo: non riuscivo a stare ferma. Guardai per l'ennesima volta l'ora: 15.47.
E che cazzo ti vuoi muovere? Non ho intenzione di aspettare tutto il giorno qui come una demente! Nonostante la musica nelle orecchie, avvertii dei passi alle mie spalle: attraverso il vetro vidi Mello.
Deglutii e mi voltai: avevo pianificato vari piani di fuga nel caso la situazione fosse degenerata.
Lo osservai attraverso gli occhiali da sole: non riuscii ad arrivare ai suoi occhi di ghiaccio sia a causa delle mie che delle sue lenti oscurate. Si fermò a pochi metri da me, una mano in tasca e l'altra, che teneva la cioccolata, portata alla bocca. Lentamente, mi tolsi gli auricolari, arrotolandoli e mettendoli nella tasca della shorts: solo dopo ebbe la mia completa attenzione. Sorrise sghembo, soppesandomi da capo a piedi.
-Che cosa vuoi?- chiesi dopo un po', a disagio.
Finii tranquillamente di mangiare la cioccolata, come per dimostrarmi che al gioco "aspetta i miei comodi" era più bravo lui.
Deve sempre essere più bravo lui.
Ne approfittai per squadrarlo, maglia di pelle senza maniche, guanti e pantaloni del medesimo materiale e anfibi: da crepare di caldo! Senza volerlo, mi soffermai sui lacci delle braghe, reputandoli a dir poco eccitanti. Scossi la testa: ma che andavo a pensare?! In quella situazione poi! Che mi importava come si vestiva: insomma mica ero lì per... Oddio, non pensare a cose del genere, Rui! pensai imbarazzata, cercando comunque di darmi un contegno, perché non sarebbe stato molto furbo arrossire così di punto in bianco, inoltre Mello non era scemo, avrebbe capito perché! Stupidi ormoni!
Nel mentre, incurante del mio terremoto interiore, il biondo accartocciò la stagnola, gettandola da una parte, per poi tirar fuori la mano dalla tasca e con essa la foto.
Serrai la mascella.
Avanzò di un passo e d'istinto arretrai andando a sbattere contro il vetro: un'espressione di disgusto si dipinse sul mio volto rammentando la sporcizia a cui ero finita contro. Questo fece divertire ancora di più il biondo.
-Tranquilla. Se ti avessi voluto morta ti avrei già ammazzata.- disse con una leggerezza che mi fece percorrere la schiena da un brivido.
-Che cosa vuoi?- ripetei, dandomi un contegno.
-Quanta fretta. Prima di tutto voglio parlare.-
-Abbiamo già parlato l'altra sera.- replicai lapidaria.
-Non mi pare tu sia nella condizione di rifiutare una chiacchierata con un vecchio amico.-
Digrignai i denti: odiavo quando mi toglievano la possibilità di scelta: mi sembrava di essere in trappola.
-Una bella famiglia.- disse, mentre osservava l'immagine -Sarebbe un peccato che le succedesse qualcosa.-
Strinsi i pugni, generando le risate del biondo.
-Ahah! Sembri una tigre in gabbia! Datti una calmata cazzo, non ti mangio mica!- fece una pausa -Potrei fare molto di peggio.-
-...Era questo che intendevo.-
-Cosa?-
-Sei diventato... spietato, esattamente come un mafioso.- notando che stava per commentare, mi affrettai ad aggiungere -E non venirmi a parlare del fine che giustifica i mezzi, perché ne so quanto te! Però...-
-Però?-
Rimasi in silenzio.
-Tu questo non l'avresti fatto, vero? Mettere in una condizione come questa una persona a cui hai voluto bene...- disse dopo un po'.
-Ti ho già detto che le informazioni le avrai, che altro vuoi?-
Non rispose.
Stavo per scoppiare: non riuscivo più a reggere quell'attesa, quell'ansia. Quella paura.
-Ti assicuro, però,- continuò -che non sono venuto qui per parlarti in veste di mafioso, quanto come vecchio amico.-
Risi forte: -Ahahah!!!! Certo perché un vecchio amico minaccia di uccidere i tuoi cari! Non sparare stronzate del genere, fammi il favore.-
Sbuffò: -Speravo fosse più semplice parlarti.-
-Facciamo una bella cosa: parliamo quanto ti pare, ma una volta finita la conversazione, tu mi dai quella foto.-
Osservò di nuovo l'immagine: -Sono sempre stati la cosa più cara che tu avessi, ma adesso sei ancora più attaccata a loro... Che sia successo qualcosa che vi ha fatto avvicinare ulteriormente?-
Scossi la testa: -È la mia famiglia: questo spiega tutto. Non mi aspetto che tu capisca.-
Mi morsi la lingua: avevo detto una cattiveria.
-Non credere che io non abbia voluto averne una.- replicò irritato -E la Wammy's house non può definirsi tale.-
Potevi unirti alla mia...mi sorpresi a pensare.
-Perché siete venuti a Los Angeles?- chiese.
-È una storia lunga.- cercai di far cadere la discussione: sapevo che non si sarebbe bevuto una bugia, esattamente come aveva capito che io le informazioni le avevo.
-Come l'hai capito? Che potrei avere delle informazioni, intendo!-
-Da come mi hai parlato fuori dal Phantom.-
-Potevo semplicemente non avere voglia di parlarti.-
-Ovvio, ma hai liquidato quell'argomento più velocemente degli altri, inoltre sei troppo sveglia per non averne.-
-Quindi vuoi ricattarmi per aver le mie informazioni.-
-Corretto.-


****angolo autrice****

Eccomi come promesso! Allora, premetto che questo capitolo è venuto un po' così: personalmente non mi fa impazzire, ma dovevo scandire gli eventi, quindi chiedo perdono!! *si inchina* Non ho altro da dire: se ci sono punti oscuri chiedete, mi raccomando! ;)

-2 capitoli a "ciò che è successo quella notte"!!! xD

Baci, rui

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Capitolo 14
*** Di nuovo tu ***


_Di nuovo tu.



Feci qualche passo avanti e indietro, per poi sedermi su un cubo di metallo, lasciando le gambe a panzoloni. Mello mi si avvicinò, osservando con attenzione la mia titubanza. Se gli avessi dato quelle informazioni c'erano due possibilità: o riusciva a prendere la cassetta e uccideva alcuni Baroni, o sarebbe stato lui a morire. Nel caso della prima opzione, poteva anche ammazzare lui...
-Cazzo...- mormorai, guardando per terra.
-Sei combattuta.-
Mi morsi il labbro, che cosa dovevo fare?
-Strano, la tua famiglia non era la cosa più importante?-
-Sì, ma...- serrai le labbra.
Mi si sedette accanto, portandosi un ginocchio al petto e appoggiandoci sopra il braccio. Nel mentre la mia mente stava elaborando una via d'uscita che non fosse la verità: il risultato che ottenni era abbastanza lontano da essa ma diceva comunque qualcosa che sentivo davvero.
-Te l'ho detto: sei cambiato. Anzi no, sei sempre lo stesso! Un idiota complessato che non pensa ad altro se non battere chi è migliore di lui. Solo che per farlo è diventato tutto quello che non volevo che fosse!- sbottai -Io non mi fido più di te.-
Mi guardò e strinse le labbra. Il tono che usò uscì duro e severo: -Nel caso tu non l'abbia notato, io ti sto minacciando. Non devi confidarti con me, devi salvare la tua famiglia.-
-Ti stai contraddicendo. Non eri il "vecchio amico venuto solo per parlare"? Che c'è? Ora che vedi che la strategia ha fallito, passi alle minacce?-
Lo stavo sfidando apertamente. Ormai non mi restava che questo. Se avessimo combattuto, avrei avuto discrete probabilità di vittoria e, di conseguenza, di prendere la fotografia. Mi sorpresi nel pensare alla possibilità di venire battuta da Mello.
-Ti sei rifiutata di parlare, no? Ora sono solo "tutto quello che non volevi che fossi".-
-Dammi la foto, Mello.-
Non aspettai una risposta: facendo pressione su una mano, roteai il corpo in modo da far arrivare le gambe alla sua schiena. L'effetto sorpresa unito alla repentinità del mio attacco fecero sì che andasse a segno. Mello rimase un attimo senza fiato e ne approfittai per buttarmi su di lui, facendo cadere entrambi dal cubo. Mi rimisi subito in piedi e caricai un calcio, ma lui mi precedette, chinandosi e colpendo il piede d'appoggio, così finii a terra. Feci una capriola all'indietro in modo da evitare il suo attacco successivo e tornai in piedi. Ci fu un attimo di calma, in cui ci studiammo a vicenda. Poi partì con una serie di pugni. Difficilmente riuscivo a stargli dietro: era diventato davvero forte!
-Porc!- imprecai, sollevando la gamba, saltando e roteando su me stessa, così da colpirlo sia con l'appoggio che era a terra e, con il giro, anche con la gamba che era in aria da prima. Atterrai sulle mani e continuai l'attacco, usando la stessa tecnica che avevo usato con Nelson: aprii gli arti inferiori e li feci vorticare, poi, dopo una serie di colpi, arretrai con un salto. Alzai lo sguardo e Mello era già su di me: il pugno era forte e mi colpì in pieno la guancia. Sputai sangue.
-Ti avevo promesso che ti avrei battuto.-
-Non tirare in ballo quella lettera: tutte stronzate!- urlai, nonostante fino a qualche minuto prima avessi ansimato in preda alla stanchezza. Dovevo finirla al più presto, altrimenti i pronostici sarebbero andati a suo favore.
Mi guardò, come se si aspettasse qualcos'altro.
-Sì, bravo: scrivi una lettera di scuse, promesse e altre cazzate del genere! Una fottuta lettera che ti illude! Ti fa pensare: "quando ci rivedremo, tornerà ad essere tutto come prima" o cose del genere! E poi, quando due anni dopo vi incontrate, lo ritrovi un mafioso che ti minaccia la famiglia!- ero furiosa. Mi avventai su di lui, mollandogli lo stesso pugno che lui aveva dato a me. Vedendolo stordito, lo afferrai per le spalle e lo tirai verso il basso, mentre portavo in su la gamba, dandogli una ginocchiata nella pancia. Per finire, un colpo ai gioielli di famiglia. Si piegò in due e cadde a terra. Lo pestai, lasciando che tutta la mia rabbia si riversasse su di lui. Dopo di che, cercai nelle tasche e presi la foto. Mi voltai e feci per allontanarmi. L'avrei lasciato in vita, poteva esserci una rappresaglia da parte di Los se lo avessi ucciso.
-Se erano tutte stronzate,- biascicò il biondo a terra -come mai l'hai tenuta?-
Mi bloccai: che potevo dirgli? Che era stato uno dei due motivi, e sicuramente il migliore, che mi aveva aiutato a tirare avanti in questi due anni?
Sentii un rumore metallico. Mi voltai quel tanto per vedere Mello che aveva in mano una pistola. Mi maledissi per non averlo previsto.
Cazzo.
Aspettai il colpo, che non arrivò.
-Che c'è? Non mi spari?-
-Non voglio ucciderti.-
-Ah no? Che c'è sei tornato alla modalità "vecchio amico"?-
Tossì sangue: -Dannazione Rui! Perchè deve essere tutto così difficile con te?!- si alzò, tenendomi sotto tiro -Mi sono unito alla mafia per fermare Kira, ho bisogno di quelle cazzo di informazioni per fermare Kira: tutto quello che voglio è, guarda un po', fermare Kira! Perché non mi vuoi aiutare?!-
Sussultai e presi un po' di tempo per rispondere: -Perché sei arrivato con le minacce. Potevi venire come un vecchio amico e dirmi ciò che mi hai detto adesso. In tal caso ti avrei aiutato, ma sapere che sei disposto a fare fuori i miei cari... Questo non lo tollero.-
Abbassò la pistola: -Quindi ho sbagliato tutto.-
-Tu sbagli sempre tutto.- che stavo facendo? Stavo scherzando con lui? Fino a qualche minuto prima ci scavamo scannando a vicenda e... ero già pronta a perdonarlo? Mi diedi della stupida: quel dannato sentimento che voleva di nuovo Mello al mio fianco mi avrebbe portata alla morte, poco ma sicuro!
Sorrise e mise via la pistola. Si rassettò alla meno peggio, asciugandosi il sangue che gli colava dal labbro. Io feci lo stesso. Mi si avvicinò.
-Rui. È un piacere rivederti!-
Rimasi un attimo perplessa, poi scoppiai a ridere.
-Idiota!-
Mi guardò e sorrise, sedendosi di nuovo sul cubo. Lo imitai.
-Come ti sei conciata in questo modo?- chiese.
Ridacchiai di nuovo e stetti al gioco: -Mah. Sono inciampata per le scale e mi sono fatta quattro rampe rotolando.-
-Sei sempre la solita imbranata.-
-Senti da che pulpito viene la predica! Sentiamo tu come ti sei ridotto così?-
-Sono stato assalito da una tigre scappata dalla sua gabbia.-

Parlammo un bel po' e riuscii a rilassarmi, avendo capito che non voleva farmi del male. Non più.
Poi arrivò quella domanda.
-Perché siete venuti a Los Angeles?- chiese di nuovo.
Rimasi in silenzio, ancora.
-Va bene un'altra, ma ti avverto: rimpiangerai la prima.-
Lo guardai: si levò gli occhiali da sole, facendo una smorfia per via della luce e, delicatamente, tolse anche i miei.
-Voglio vedere il tuo sguardo quando ti porrò la domanda.-
Non era sarcastico nè canzonatorio: gli occhi cristallini erano seri. Iniziai a capire la domanda che voleva farmi.
-Cos'è successo la notte in cui me ne sono andato?-
Me l'aspettavo, ma non riuscii a non riattristarmi. Distolsi lo sguardo, tornando a guardare per terra.
-Ok ok! Domanda di riserva!- disse cercando di alleviare l'atmosfera.
-Come sta Meg?-
Lui non sapeva quindi non aveva colpa, però non riuscii più a trattenermi.
-Basta!- urlai, saltando in piedi e feci per andarmene.
Me ne fregavo di lui, delle sue domande, delle sue minacce, della mafia, di Kira, del fatto che avesse i miei occhiali da sole! Volevo solo andarmene.
-Rui.- lo sentii dietro di me. Perché non mi lasciava in pace?!
-Vattene!- gemetti, con la voce tremante.
Mi afferrò per un braccio.
Dannazione!
Non volevo voltarmi! Tutto tranne che quell'ulteriore umiliazione.
Invece ecco che mi tirò a sè, facendomi girare. Rimase stupito alla vista delle mie lacrime. Ormai i ricordi si riversarono nella mia mente come un fiume in piena: non riuscivo a fermarli.
Mi presi il viso fra le mani e crollai in ginocchio: tanto peggio di così non poteva andare! Chissà, magari adesso quel ragazzo che diceva di essere un mio amico, mosso dalla pietà, avrebbe deciso di ammazzarmi, così da non dover più assistere ad uno spettacolo così penoso. Invece sentii due braccia avvolgermi: ci ritrovammo entrambi a terra, io a piangere e lui ad accarezzarmi la testa.
-Ti ricordi?- fece -Il caso dello spacciatore del Pendolum?-
Annuii: ovvio che me lo ricordavo, ma che c'entrava?
-Quando è stato ucciso da Kira sei scappata via e ci siamo ritrovati così.-
Come dimenticare? Era stato tremendo. Tremendamente imbarazzante e tremendamente bello.
-Va tutto bene...- continuava a ripetermi. Tutto, sembrava essere tornato indietro. Non riuscii più a trattenermi: gli buttai le braccia al collo, piangendo ancora di più, questa volta di felicità.
-Sei tornato...- mormorai -Finalmente... sei tornato...-
Mi staccò, guardandomi negli occhi, perplesso.
-Tu...- dissi fra i sighiozzi -...il vero Mello, quello che ho conosciuto alla Wammy's... era stronzo, sì, ma non così tanto...il vero Mello...- mi bloccai a metà frase, tremando, mentre le lacrime continuando a scendere.
Il biondo mi guardò poi sorrise, asciugandomi le lacrime con la mano.
Aspettò fino a quando non mi calmai, poi si alzò.
-Meglio?-
Annuii e mi ricomposi.
Sentii il suo sguardo penetrante su di me e mi persi nel suoi occhi quando lo incontrai.
-Vuoi sapere di quello, vero?-
-Sì.-
Mi sedetti nuovamente e lui con me.
-Immagino che sia il vostro trasferimento sia Meg sia quello che è successo quella notte siano legati, vero?-
-Esatto... E io che speravo di aver pianto abbastanza oggi...-
Mi prese la mano e aspettò.
-Prima una cosa: perché sei stato... così in questi giorni?-
-Molte cose sono cambiate e non mi aspettavo che tra noi fosse... tutto come prima. D'altronde avevamo anche litigato e...-
-Ti ho perdonato. E anche adesso. Mi hai fatto paura.-
-Davvero?- sembrava divertito.
-Credevo di aver perso il vero Mello per sempre.-
Il mio Mello.
Ci fu un attimo di silenzio imbarazzato.
Presi un profondo respiro e strinsi la sua mano: -Meglio cominciare dal principio, ovvero dal 6 novembre di due anni fa.-


****spazio autrice****

Salve a tutti!! Ormai ci siamo: fra un capitolo si saprà tutto! Bene, ora vorrei fare un po' di precisazioni sul capitolo.

Ho voluto fare in modo che ci fosse un confronto fra Rui e Mello in modo che venissero alla luce i sentimenti di ognuno. Mello si è presentato in veste da mafioso perché deve ottenere quelle informazioni a qualunque costo. E quale modo migliore di farsele dare da una sua vecchia conoscenza? Peccato che la sua separazione con quest'ultima non sia stata fra le più rosee: per questo ha pensato di comportarsi in quel modo, sebbene non sia quello migliore. A mio parere sarebbe proprio di Mello un comportamento del genere: pensare di ottenere tutto qualunque siano i mezzi! Per quanto riguarda Rui, è rimasta molto attaccata al ragazzo anche negli anni in cui non si sono visti, grazie anche alla lettera che lo stesso le ha scritto. Le circostanze in cui si sono incontrati sono, però, le opposte che lei si aspettava: se ne è profondamente risentita ma una parte di lei continua ardentemente a sperare che Mello torni ad essere il ragazzo che ha conosciuto da ragazza. Per questo quando le capita l'occasione di fare pace, lei la sfrutta subito, maledicendosi ma rallegrandosi allo stesso tempo. Era da tanto che voleva vedere il suo Mello e questo fa sì che lei gli apra il suo cuore, raccontandogli ciò che è successo quel fatidico giorno.

La frase di Mello, "sono stato assalito da una tigre scappata dalla sua gabbia", si rifà a ciò che il ragazzo ha detto a Rui nel capitolo scorso, quando la compara, appunto, al felino in gabbia! :)

Beh, spero di aver chiarito tutto. Per qualunque domanda chiedete!!

Grazie sentitamente a tutti coloro che seguono la storia!!

Baci, rui

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Capitolo 15
*** La martire in croce ***


_La martire in croce.




Presi un profondo respiro e strinsi la sua mano: -Meglio cominciare dal principio, ovvero dal 6 novembre di due anni fa.-
-Così presto?-
-Ti ho detto che è il principio!- lo squadrai e Mello sorrise innocentemente -Dicevo... Il 6 novembre, Joe mandò me e i ragazzi in una città vicina a Winchester per prendere una scatola a lui indirizzata. Sulla strada del ritorno, incontrammo un giovane che voleva l'oggetto in nostro possesso: ha sparato alla moto di Peter per farci fermare, così io e lui abbiamo incominciato a combattere e alla fine ho vinto io. Se solo penso che un mese dopo... Va beh. Così tornammo a casa, ma, visto che era tardi, concordammo che la scatola l'avremmo aperta tutti insieme l'indomani. Purtroppo, però, il giorno dopo Roger pensò bene di bloccata alla Wammy's house. Così il nostro programma slittò a settimane più tardi, perché Joe aveva un viaggio programmato, dapprima per quindici giorni che poi divennero quasi un mese. Il contenuto della scatola fu spostato da mio padre in una cassetta di sicurezza pressocchè indistruttibile, senza che lui lo osservasse con particolare attenzione.-
-È quella scatola di cui parlavate qualche sera fa?-
-Sì.-
-E... questa scatola dov'è?-
-Se mi lasci finire. Joe voleva mostrare quel materiale in particolare a me, in quanto risiedevo alla Wammy's house ed ero a contatto con gli eredi di L: sperava che potessimo dare una mano al caso. E così passarono i giorni, fino al fatidico 5 dicembre, quando sarebbe tornato Joe... Ti ricordi?-
-Sì. Roger ci aveva chiamati per comunicarci la morte di L, ma prima tu hai ricevuto una telefonata e sei scappata via.-
-Già...- chiusi gli occhi, tornando indietro nel tempo.

-Sean?-
-Rui! È-è successo un casino! Sono arrivati i Baroni nascosti, cazzo! Sono venuti per la cassetta di ...- prese fiato -sicurezza, quella che dovevamo guardare oggi. Ci hanno massacrati... Siamo tutti vivi, tranquilla, solo che non riusciamo a muoverci: già è tanto che sono riuscito a chiamarti. Però, ascolta...-
-Arrivo- mormorai, troncando la comucazione.
Mello mi guardava, inarcando un sopracciglio, e mi disse qualcosa che non sentii: tutto era come scomparso, i suoni erano ovattati. Ansimavo, ma al coltempo non riuscivo bene a respirare.
-Rui. Andiamo.- disse gravemente Roger, poggiandomi una mano sulla spalla.
Lo guardai, mettendolo a fuoco. Feci un passo indietro, poi mi girai e mi misi a correre.
-RUI!-
Non riuscivo a capacitarmi che qualcuno avesse fatto del male alla mia famiglia solo per una cassetta.
-Dannazione.- imprecai per il dolore alla gamba, che non era ancora del tutto a posto.
Quando arrivai al Phantom, stavo per urlare: tutto distrutto, armi sparse sul pavimento e i miei cari a terra, fra molto, troppo sangue. Mi avvicinai tremando: non sapevo cosa fare. La mia famiglia, la mia famiglia... Non riuscivo a pensare ad altro.
-Rui!- urlò Sean -Perché sei venuta! Vattene, potrebbero tornare.-
Lo guardai: era appoggiato ad un divanetto, il braccio sinistro segnato di rosso abbandonato contro il corpo. Mi voltai verso sinistra e vidi Peter e Simon a terra, svenuti. Così come Jack, dietro il bancone. E Joe, che aveva ferite piuttosto serie, causate da un'arma da fuoco. Al di sotto del suo corpo, c'era Boris: probabilmente mio padre gli aveva fatto da scudo. Mancava qualcuno, però.
-Ma come..-
-Quel bastardo! Quello che abbiamo incontrato quando abbiamo preso la scatola!-
Ci misi un po' a collegare, poi mi ricordai di quel ragazzo.
-Che c'entra?!-
-È uno dei Baroni, uno dei capi cazzo!-
Lui, uno dei Tre?!
- È lui che ha ordito tutto, lurido figlio di puttana!- scalciò contro un mitra a terra.
-O mio dio.- gemetti, coprendomi gli occhi con le mani e cadendo in ginocchio.
-Rui, lui vuole te.- lo guardai senza capire -Vuole la rivincita...-
-Al diavolo! Io devo occuparmi di voi!-
-Vattene!-
-Ma...-
-VA VIA!-
Spalancai gli occhi, spaventata da quell'improvvisa reazione. Mi alzai in piedi e mossi qualche passo traballante verso l'uscita, ma inciampai e caddi a terra. Quando alzai gli occhi, vidi il cellulare di Meg.
-Ma che cazz..- lo presi in mano, come per convincermi che era davvero il telefono della mia amica. Dunque lei era stata qui!
-Sean! Perché questo è qui?-
Il ragazzo guardò l'oggetto, poi distolse lo sguardo.
-Sean?-
-Vai, ti prego.- si mordeva furiosamente le labbra, forse per non rivelarmi quello che già supponevo. Mi chinai accanto a lui e gli presi il viso fra le mani.
-Sean?- dissi dolcemente -Perché questo è qui?
Sentii qualcosa di bagnato sulle sue guance e mi accorsi che stava piangendo: -Hanno... hanno preso Meg.-
Mi bloccai: -Che cazzo hai detto?-
-Quel figlio di puttana! L'ha rapita e ha detto di andare a Holy Meadow, la chiesa abbandonata fuori città, se vuoi vederla viva.-
Mi alzai di scatto.
-È una trappola cazzo! Non andare!-
-E abbandonare Meg?? Se fossi al suo posto vorresti che rinunciassi?-
Abbassò lo sguardo.
-C'è una possibilità di salvare Meg, e io non posso ignorarla. E poi, ho già battuto una volta quel tipo. Che ci vuole? Tu chiama l'ambulanza, presto!-
Corsi nel garage e esitai per un momento, poi saltai in sella ad una moto e partii. Non importava se avessi paura di guidarle: Meg aveva bisogno di me!

Non fu difficile trovare la chiesa. Avrei potuto chiamare la polizia, ma sarebbe stato come consegnare Meg a morte certa.
Parcheggiai e mi diressi all'ingresso: il portone era aperto, un invito implicito a farsi uccidere.
Sgattaiolai dentro, la pistola alla mano: restai nell'ombra, osservando l'ambiente circostante. Parti del tetto erano crollate e i mattoni giacevano scomposti sul pavimento freddo; panche di antico legno erano voltate nell'eterna preghiera verso l'umile altare. Sopra di esso, un'enorme croce, come a voler consacrare quel luogo dimenticato persino da Dio. Legata ad essa, una ragazza dai capelli rossi era svenuta.
-Meg...- mormorai. I vestiti erano strappati e quelle poche parti intrise di sangue.
-Sei arrivata finalmente.- mi voltai e mi trovai davanti quel giovane moro di un mese prima. Mai mi sarei immaginata di incontrarlo in queste circostanze.
-Che le avete fatto?-
-Tu cosa pensi?- sogghignò malizioso.
-Dannato!- sparai, ma schivò i miei colpi facilmente.
-Ah, ragazzina... Non sai quanti guai mi hai causato...- disse sospirando, come se la cattiva in questione fossi io -Prima, mi prendi quella cazzo di scatola, poi mi batti e osi pure distruggere la mia moto. E, come se non bastasse, ti immischi nei miei giri di droga.-
Feci due più due: -Eri tu! Quello al magazzino con lo spacciatore del Pendolum! Sei stato tu ad ucciderlo!-
-Già... vedi potevo farlo anche con la tua amica, d'altronde non aveva una maschera, però... Vi ho visto: come eravate legate l'una all'altra e allora ho realizzato! La vendetta perfetta, per avermi umiliato!-
-Umiliato?-
-Certo. Io sono uno dei Tre, coloro che comandano i Baroni e.. sono stato sconfitto da un'insulsa ragazzina. Ti farò un'offerta che non potrai mai rifiutare: combatti contro di me. Se vinci, liberi la tua amica, altrimenti...-
-Moriamo sia io che lei.-
-Allora ci stai?-
Feci finta di pensarci, poi, con un gesto fulmineo iniziai a sparare. Più il ragazzo schivava più la mia frustrazione aumentava. Ben presto, mi ritrovai senza proiettili.
-E ora?- mi sbeffeggiò quello, per poi scattare verso di me. Lanciai da parte la pistola e mi preparai all'offensiva. Fece per darmi un pugno, ma lo parai: solo dopo mi resi conto che era un'esca. Di fatti il vero colpo arrivò al mio fianco. Ritirò la gamba e io non feci in tempo ad indietreggiare che mi colpì il mento e la pancia in successione. Caddi all'indietro, ma mi allontanai quasi subito, restando sempre accovacciata.
-Che c'è? Non ti interessa salvare la tua amica?- la indicò, poi, notando che non reagivo, continuò -Sai, sbatterla è stata una goduria!-
A questo punto non ressi più: scattai in piedi e mi lanciai su di lui, menando colpi a non finire, di cui solo pochi andarono a segno. D'un tratto gli diedi un colpo all'attaccatura del collo con il gomito, gli saltai sulle spalle e, tenendogli la testa con i piedi, feci una capriola su me stessa, facendolo finire per terra. Mi alzai, ma la mia gamba sinistra non resse a causa dell'eccessivo sforzo.
-No cazzo!- mi ero dimenticata che ero ancora malferma.
Il ragazzo sembrò accorgersene perché sorrise malignamente.
-Direi che è finita!- si mosse a rapidità fulminea e in pochi attimi fu su di me. Provai a spostarmi ma fu inutile: mi pestò la gamba e repressi a stento un gemito. Sempre premendo il piede, mi afferrò i capelli e mi piegò la testa all'indietro.
-Dicono che sei imbattibile. Da tempo mi chiedevo se non fosse il caso di segnalarti al dio Kira. A quanto vedo, però, non vali nulla, tanto meno con una gamba in quello stato.- mi avvicinò le labbra all'orecchio -Kurz: ricordati il mio nome perché è il nome della persona che ti batterà. Peccato, hai segnato la vita di quella bella ragazza.-
Si allontanò di qualche passo, per poi iniziare a tirarmi calci e pugni che io, inerme per la gamba, non potevo evitare. Ad un certo punto mi tirò su e si posizionò alle mie spalle, mi prese il braccio e me lo torse. Anche in questo caso repressi un gemito.
-Urla.- disse.
Scossi la testa e mi morsi le labbra fino a farmi venire le lacrime agli occhi dal dolore.
-Urla!-
Il braccio mi assunse una posa innaturale e allora sì che urlai. Un grido che riecheggiò nella chiesa e che, mio malgrado, fece aprire gli occhi ad una persona addormentata.
-Ma cosa?- mormorò Meg, riprendendo conoscenza, poi mi vide e sbaincò -RUI! VATTENE! SCAPPA!!!-
-Ahahahah! Inutile ormai!- tenendo sempre il mio braccio ormai rotto, Kurz fece presa sulla mia schiena e mi sollevò, per poi sbattermi su una panca: il legno vecchio cedette sotto il mio peso. Mi doleva ogni parte del corpo e, ironicamente, mi ritrovai a fissare la croce, su cui Meg piangeva disperatamente. Allungai una mano verso la caviglia.
La sagoma di Kurz era sopra di me e mi afferrò per il collo, sollevandomi in modo che i miei piedi non toccassero terra. Lo guardai con odio e gli sputai in un occhio, per poi calciargli lo sterno, in modo da farlo mollare la presa e allontanare. Fortunatamente funzionò e, richiamando le ultime forze del mio corpo, lanciai il coltello che avevo nascosto nella caviglia verso un braccio della croce. Non lo avevo tirato fuori perché non ero sicura al cento per cento di riuscire a colpire Kurz e, nel caso avessi fallito, lui stesso avrebbe potuto usare il pugnale. L'arma si andò a conficcare nel legno della croce, lacerando una delle corde che legavano i polsi di Meg.
Lei per un attimo sorrise, ma io non feci in tempo ad esultare perché uno sparo echeggiò nella chiesa. Gli occhi della mia amica si aprirono dalla sorpresa e il sorriso si trasformò in una smorfia di dolore mentre una pallottola le trapassava il petto e così un'altra e un'altra ancora. Alla fine il corpo inerme di Meg, prima sbalzato contro il muro dalla potenza dei colpi, si accasciò su se stesso e la corda restante non riuscì più a reggerne il peso, si spezzò e così lei cadde pesantemente sull'altare. Senza più rialzarsi.
Mi lasciai scivolare a terra, le lacrime che scorrevano a fiumi: rivedevo la mia amica, le cose che avevamo fatto insieme, la mia complice. Lei che voleva essere per me protezione e io che l'avevo ripagata facendola uccidere.
Mi afferrai la testa fra le mani e urlai, con tutto il fiato che avevo in gola.
Kurz mi si avvicinò e mi puntò la pistola alla tempia, ma a me non importava. Avevo ucciso Meg, era colpa mia se era morta.
-Sai, tra voi due c'era davvero un bel legame.- commentò spietatamente quel bastardo -Credo che non ti ucciderò: vivi la disperazione e fatti consumare dal senso di colpa. Tanto la morte arriverà comunque, solo molto più dolorosamente.-
Rise malignamente poi si allontanò, mentre io restavo immobile ad osservare il cadavere della mia migliore amica.

-...Non so dire quanto tempo passai in quella chiesa. Me ne andai poco prima che arrivassero le volanti della polizia, avvertite da chissà chi. Presi la moto e guidai senza meta: non vedevo nemmeno la strada. Nei miei occhi c'era solo Meg, il suo sorriso, la sua vitalità...- mormorai, mentre le lacrime scorrevano sulle mie guance -Tutto finito a causa mia. Piangevo e piangeva il cielo: aveva iniziato a piovere intensamente. E girare in moto con la testa altrove, agli ottanta all'ora e con la pioggia a dirotto non è stato molto saggio. Di fatti le gomme scivolarono e andai a finire contro un albero. Poi, mi alzai e, con molta fatica, raggiunsi la Wammy's house, dove trovai te a dirmi addio, senza che lo capissi.- fissai Mello negli occhi, incrociando il suo sguardo triste. Mi strinse la mano, mentre io sospiravo tremante.
-Sai qual'è stata la ciliegina sulla torta? Quando sono tornata al Phantom, dopo un po', venni incolpata da Simon per la morte di Meg: mi chiamava assassina, non più Rui. Ma sai che c'è? Lui ha ragione! È stata solo colpa mia se lei è morta! Se fossi stata più forte, se avessi agito in modo diverso... Lei sarebbe ancora qui!-
Avvenne in un secondo: Mello mi tirò uno schiaffo per poi trafiggermi con lo sguardo.
-Avevi una gamba ferita o sbaglio? Quel tipo, Kurz o come si chiama, è uno dei Tre, alias capo di gruppo di mafiosi particolarmente temibile o sbaglio? Sinceramente non hai nulla da biasimarti: è una fortuna che tu sia viva.-
-Preferirei essere morta, se almeno fosse servito a salvare Meg...-
Mi afferrò per le spalle: -Non dire stronzate! Tu non devi morire, per nulla al mondo!!-
C'era una furia nei suoi occhi, la rabbia di chi sa di avere ragione e non teme di battersi per far valere ciò in cui crede. Sorrisi, e mi strinsi a lui.
-Grazie.- mormorai.
Si staccò quasi subito, per tornare a fissarmi, serio: -Finisci la storia, sono sicuro che non è tutto qui.-
Scossi la testa: -Quella scatola, che è stata la causa di tutto, è ancora in mano loro e io e Joe la stiamo cercando. Io so dove e quando sarà e da quanti uomini può essere protetta. So che ce l'ha uno dei Tre, ma non so quale.-
-Perché dici "io"? Joe non lo sa?-
Scossi la testa.
-E perché?- mi trafisse con uno sguardo tanto severo quanto magnetico.
Abbassai lo sguardo.
Nel giro di un millesimo di secondo capì: -Ti sei rincretinita in questi due anni?! Vuoi andare da loro? È come gettarsi nelle fauci del lupo! E tutto per uccidere Kurz, vero?-
-Le lo devo, almeno questo.-
-Smettila! Sono cazzate! Dimmi che non è vero.-
-Invece sì! È stata una delle ragioni per cui ho tirato avanti in questi anni!-
-E quali sarebbero le altre? Suicidarsi una volta aver ucciso il tipo perché è colpa tua la morte di Meg?! Illuminami!- disse in un soffio. Era davvero furioso.
-Che ti frega! Non sono affari tuoi! Ti procurerò le informazioni per fermare Kira e...- non feci in tempo a finire la frase, che Mello mi aveva inchiodata al suolo, il suo corpo sul mio e la mano sulla mia bocca.
-Certo che sono affari miei.- il suo sguardo si raddolcì -Era per questo che eri restia a dirmi ciò che sapevi? Perché non volevi che uccidessi Kurz?- tolse la mano.
-Potevi finire ucciso anche tu.-
-Dimmi il dove e il quando, al resto ci penso io.- decretò alzandosi.
-'Sti cazzi! Non ci penso minimamente!-
-Allora vengo con te. Prendere o lasciare!-
Lo guardai da terra e sbuffai: era meglio di niente. In un certo senso, ero contenta che venisse anche lui, mi confortava, dall'altro ero terrorizzata dall'idea che gli potesse succedere qualcosa proprio adesso che lo avevo incontrato.
Mi aiutò ad alzarmi: -Potrei organizzarmi con la mafia.-
-NO.- replicai lapidaria.
Alzò le spalle e fece per andare a recuperare i nostri occhiali da sole, abbandonati sul cubo.
-Mello.-
-Sì?-
-È successo tutto molto in fretta, vero? Intendo la nostra riappacificazione.-
Mi guardò: -Te ne dispiaci?-
-No, assolutamente!-
-Perché sei tornata sull'argomento?-
Feci spallucce: -Così.-
Non potevo dirgli che ero dubbiosa: un parte di me nutriva infatti il sospetto che volesse venire solo e soltanto per le informazioni.
Appunto: non abbassare la guardia.



****spazio autrice****

Saaalve! Mi scuso per il ritardo, ma ho fatto il passaggio di operatore e Internet non ha funzionato per un po'. -_-" servizi di merda...

Passiamo al capitolo: finalmente si scopre cos'è successo quel giorno. Che ne pensate? Troppo, troppo poco, scontato, orribile? Fatemi sentire la vostra voce miei cari fantasmini!!!

Grazie mille ai recensori, che hanno avuto la pazienza enorme di seguirmi fin qui e spero che ne avranno ancora per vedere le svolte successive!

Baci, rui

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Capitolo 16
*** Un po' di normalità, se così si può chiamare ***


_Un po' di normalità, se così si può chiamare.
 
-Come sei venuta qui?-
-Con il tram.-
-Vieni, ti do un passaggio.-
Fu così che mi ritrovai a sfrecciare per le strade di Los Angeles sulla moto di Mello. Ero felice, davvero felice dopo tanto tempo: gioivo di averlo ritrovato e di essermi confidata con lui. Avevo deciso di lasciarmi i dubbi alle spalle e di vivere a pieno quel momento.
-Ti dispiace se stasera vengo?- mi chiese quando arrivammo.
-L'entrata è libera: se vuoi venire, vieni; basta che non porti pistole.- assottigliai lo sguardo guardandolo male.
-Ahah, okay! Hai combattimenti in programma?-
-Non programmo mai lotte, anche se stasera non ho proprio voglia di combattere.- sospirai -Sono stanca.-
-...Allora ti porto al cinema.-
-Che?!-
-Ti vengo a prendere alle 21.30.- detto questo, si rimise il casco e partì, lasciandomi interdetta. A parte il fatto che quando io ero stanca, mi buttavo sul divano e da lì non mi muovevo, ma il punto non era questo... Che aveva detto?!
Ma che cazzo?!
Rientrai straluntata.
-Rui! Dov'eri finita?- chiese Joe.
-...In giro. Sono un po' stanca, vado in camera.-
Mi mossi svelta e sicura verso la mia stanza e, una volta entratavi, mi buttai a pancia in giù sul letto, lasciando che la faccia sprofondasse nel cuscino e, per qualche secondo, fosse libera dai pensieri. Non funzionò troppo bene. Tante cose era successe quell'oggi: avevo lottato contro Mello, avevo recuperato la fotografia (che mi ero impiegata a nascondere in un posto più sicuro), avevo fatto pace con il biondo, ritrovato il mio amico e, per finire in bellezza, avevo un appuntamento con lui.
Appuntamento... Lui lo vedrà come un'uscita fra amici... era un pensiero stupido, stupidissimo in quel momento eppure mi rendeva triste e non capivo il perché.
Ad un certo punto, qualcuno bussò alla porta e senza attendere una risposta entrò Boris.
-Ciao.-
-Ciao.-
Si sedette sul letto, mentre io lo sbirciavo con la faccia che andava diventando un tutt'uno con il cuscino. Restò in silenzio, come al solito, in attesa che fossi io a parlare: perché lui sapeva che avevo qualcosa da dire. Non capivo come, ma lui lo sapeva.
Oppressa da quel silenzio, affondai ancora di più la faccia nel cuscino.
-Mi sento un'idiota!-
Mi scostai un poco, in modo che il ragazzo si sdraiasse di fianco a me.
-Perché saresti un'idiota?-
-Perché non capisco più cosa sta succedendo! Mi sembra tutto così... strano, sbagliato in un certo senso! Prima mi minaccia, poi vuole parlare, quindi mi punta addosso una pistola, poi lui torna nella modalità amico, io lo perdono per tutto e ora ho un appuntamento con lui e I SUOI CAZZO DI PANTALONI SONO UNA FONTE COSTANTE DI DISTRAZIONE! CHE CAZZO, PERCHÉ DEVI AVERE DEI LACCI ?! UNA ZIP, MAGARI! NO, DEI LACCI!! DEI CAZZO DI LACCI CHE CI VUOLE UN NIENTE PER TOGLIERE!!!- mi afferrai la testa con le mani e mi contorsi in pose totalmente innaturali, presa da quel terribile dilemma esistenziale.
-... ... ... Eh?-
Guardai Boris e notai il suo sguardo cambiare: dal perplesso, allo stralunato al preoccupato, probabilmente per la mia sanità mentale.
Mi sciolsi la coda, lasciando che i capelli mi cadessero sul viso; gli sorrisi e con molta più calma gli raccontai tutto.
-Ecco perché eri così strana in questi giorni.- commentò alla fine.
Pure lui? Che c'è, si è messo d'accordo con Sean?
-Già, il problema della foto mi ha proprio arrovellato il cervello!- dissi.
Con un gesto, Boris mi fece voltare verso di lui, prendendomi la mano e stringendola. Facevamo così fin da quando eravamo bambini.
 
Avevo sette anni. Era notte fonda e non riuscivo a dormire: quella sera avevamo guardato "Moster & Co." e temevo che da un armadio potesse sbucare fuori un mostro e spaventarmi. Fatto sta che mi alzai dal letto per prendere un biccher d'acqua. Camminavo per i corridoi silenziosi del Phantom e regnava un'atmosfera alquanto sinistra: autosoggezione a go go! Passai accanto alla porta di Boris, un bambino arrivato da poco: stava sempre sulle sue, io e Sean avevamo provato a parlarci, ma sembrava restio alle conversazioni. Vi era uno spiraglio sulla soglia e da esso provenivano dei mormorii. Entrai in punta di piedi e mi avvicinai al letto, dove il bambino stava tremando e singhiozzando.
-Boris?- sussurrai, appoggiandogli una mano sulla spalla.
Ecco, quello non era il gesto migliore da fare di notte fonda a un bambino di otto anni. Di fatti ebbe un sussulto, che sarebbe sfociato in un grido se non mi fossi affrettata ad aggiungere: -Tranquillo! Sono io! ... -
All'epoca non usavo ancora il nominativo Rui, ma non è mia intenzione svelare il mio vero nome, per ora.
-Fatti un po' più in là!- dissi e senza troppi complimenti mi sdraiai accanto a lui -Che succede?-
Rimase in silenzio, evitando il mio sguardo.
-Non ti piace parlare con la gente, vero?-
Non ebbi ancora risposta, così mi spazientii: gli afferrai la mano, facendogli spalancare gli occhi dalla sorpresa. Beh, perlomeno ora mi guardava.
-Sentimi bene, non mi frega niente se tu non mi vuoi parlare: sono tua sorella adesso ed ESIGO di sapere che hai!-
Mi fissò per un attimo, sostenendo il mio sguardo deciso attraverso l'oscurità, poi mormorò: -Ho paura dei mostri.-
Iniziammo a parlare e diventammo presto molto uniti: quando dovevamo aprire il nostro cuore all'altro, facevamo quella specie di rito.
 
-Rui, il problema non sono le foto, ma Mello.-
Spalancai gli occhi: -Ma che dici? Io...-
-Sappiamo entrambi quello che puoi fare per proteggere la famiglia, ma con lui hai agito in modo diverso.-
-Con lui bisogna sempre andare con i piedi di piombo: non sapevo come si sarebbe comportato.- cercai di giustificarmi.
-Inoltre, - continuò senza cagarmi -hai un conflitto interiore per cui non sai se credergli o no. Di norma non lo faresti, ma in questo caso c'è una parte di te che vuole farlo. Ne sente il bisogno.-
-Ma...- 
-Rui, perché sei così sconvolta per l'appuntamento?-
E mi fai parlare??
-Sconvolta? Io non sono affatto sconvolta, semplicemente non me l'aspettavo!- mi stava ponendo una domanda dietro l'altra, non riuscivo a ragionare più di tanto, non in quelle condizioni, e rispondevo d'istinto. Lui voleva quello.
-Cito le tue parole: "Ma sicuramente lui lo vedrà solo come un'uscita fra amici". Ti sei resa conto del tuo tono? Era triste, rammaricato quasi!-
Abbassai lo sguardo. Sia Sean che Boris avevano colto nel mio comportamento qualcosa di strano: io, però, non riuscivo a capire cos'era.
-Tu cosa provi per Mello?- chiese a bruciapelo, per poi alzarsi e fare per uscire -Quando tu lo capirai, ti apparirà tutto più chiaro e saprai cosa fare. Ma lo devi scoprire da sola.-
Se ne andò, lasciandomi sola con quella domanda  che mi rimbombava in testa.
Gia, io cosa provo per Mello?
 
Ero in piedi a guardare l'armadio, alle prese con uno dei problemi esistenziali di tutte le adolescenti.
Che cosa mi metto?
Era strano. Il mondo, caduto in mano ad un pazzo omicida, stava precipitando sempre più nell'oblio e io, che non facevo che lavorare al caso dei Baroni nascosti, ora uscivo al cinema. Con Mello, per di più!
Mi sedetti contro il letto portandomi una mano alla testa: per anni, la mia vita era stata scandita da lotte, combattimenti, estorsioni di informazioni e rielaborazione di dati. Dopo tanto tempo, stavo per passare una serata in modo normale: nessuna preoccupazione, nessun problema ad ossessionarmi il cervello. Stasera sarei stata una comune ragazza e con me anche Mello. Sorrisi al pensiero: sicuramente anche lui aveva trascorso questi anni in modo precario.
La mia attenzione tornò all'armadio: per qualche strana ragione, avevo l'ardente desiderio di vestirmi bene, di far risaltare il mio corpo, di ricevere complimenti. Questo mi fece tornare a pensare alla domanda di Boris, a cui non avevo ancora dato una risposta precisa.
Ciò che provo per Mello? Non so dirlo: tutto quello che voglio è stargli vicino e aiutarlo a non mettersi nei guiai. Non rispondeva minimamente al quesito.
Posai gli occhi nell'armadio.
Trovato.
 
Sbirciando dalla porta del corridoio, vidi Mello entrare: ebbi un sussulto. Manco a farlo apposta, passò Boris: mi guardò spiare la sala principale e sorrise. 
Joe andò incontro al biondo.
-Cosa ci fai qui? Ti ha mandato Los?-
Serrai le labbra: mi ero dimenticata che l'ultima volta Mello era venuto qui in veste di mafioso.
Il biondo per tutta risposta, si sedette su un divanetto e guardò Joe, incurante di quello che aveva appena detto.
-Non sono in possesso di pistole, quindi non ho armi per minacciarvi. Sono qui per un altro motivo.-
-Esci. Non voglio mafiosi al Phantom.-
-Joe!- uscii dal mio nascondiglio, sotto il suo sguardo penetrante.
Arrossii un poco, senza darlo a vedere e mi mossi sicura mentre la gonna che mi ero messa si muoveva seguendo il mio corpo: nera e a balze, arrivava a circa metà coscia ed era decorata da due cinture rosse, posizionate simmetricamente ai lati, dando l'effetto "bretelle slacciate". Portavo una canotta scura su cui sembrava esserci stata buttata della vernice cremisi, lasciando comunque la sagoma sbavata di un cuore. Infine guanti di pelle a mezze dita e stivali neri completavano l'opera. Apparivo più dark di quanto fossi.
-Lascialo stare: è qui in veste di mio amico.-
Mio padre mi guardò come se fossi impazzita di tutto punto e mi venne vicino, per poi sussurrarmi: -Ti sei dimenticata che è un uomo di Los?-
-È una storia lunga, te la racconto dopo.- lo sorpassai e mi avvicinai a Mello -Andiamo?-
Restò immobile per qualche secondo, fissandomi, poi si alzò e andò verso Joe, sussurrandogli qualcosa, infine tornò da me: -Andiamo.-
Mi precedette fino alla moto poi mi porse il secondo casco: -Che film vuoi andare a vedere?-
-Ho sentito che è uscito Tekken.-
Perchè non sfruttare un film di picchiaduro per registrare nuove mosse?
Mello mi fissò per un istante: -Tekken?-
Feci spallucce: -Da piccola giocavo al videogioco. Che c'è, preferivi andare a vedere una commedia strappalacrime?-
Sogghignò e si mise il casco, mentre io già gongolavo al pensiero di imparare nuove tecniche.
 
Uscii dalla sala euforica.
-È stato bellissimo!!-
Mello sorrise e annuì.
Mi fermai davanti a lui: -Non ti è piaciuto?-
-Solo perché non salto in giro e lo urlo al mondo non significa che non mi sia piaciuto.- mi sfottè.
Gli feci la linguaccia poi gli voltai le spalle: -Era da tanto che non andavo al cinema.-
-Lo stesso vale per me..-
Rimanemmo in silenzio, sorseggiando gli ultimi gocci di coca cola.
Ad un tratto Mello mi prese per mano: -Vieni.-
Scattò verso l'uscita come se avesse il diavolo alle calcagna.
Ci fermammo solo una volta arrivati alla moto.
-Quel è il perché di questa fuga?- feci ridendo.
-Mi è venuta un'idea.-
-Devo avere paura?-
Salimmo sul mezzo e schizzammo nel traffico: non sapevo la nostra destinazione, ma a me andava bene anche stare aggrappata alla schiena di Mello. Mi chiesi il perché e di nuovo mi tornò in mente la domanda di Boris. Qualcosa mi diceva che ero sempre più vicina alla risposta. Ci fermammo e finalmente vidi la nostra meta: il parco. A causa dell'ora tarda, non c'era nessuno in giro: regnava una tranquilla quiete e un leggero venticello muoveva le fronde degli alberi, mentre la luce della luna si andava ad unire a quella dei lampioni.
Ci sedemmo su una panchina e restammo in silenzio, ascoltando il respiro reciproco, godendo di quell'effimera pace.
-Cosa hai fatto quando sei andato via dalla Wammy's?- chiesi dopo un po'.
-Ho girato per alcune città, guadagnando abbastanza per potermi permettere il volo per l'America. Là ho dormito in alcuni posti molto squallidi. Poi ho realizzato che andando avanti in quel modo non avrei mai catturato Kira, quindi...-
-Hai fatto fuori quel boss e sei entrato nella banda di Rodd.- conclusi.
Scartò una tavoletta di cioccolata e iniziò a mangiarla: -Tu invece? Immagino che i primi tempi siano stati duri.-
-Molto. Non riuscivo a non pensare a quello che era successo a Meg e questo ebbe una ripercussione sulla mia vita alla Wammy's: le mie rendite crollarono e io non avevo la forza nè tanto meno la voglia per tirarle su. Roger attribuì il tutto al Phantom, sostenendo che ci passavo troppo tempo e per alcuni mesi fui confinata nell'orfanotrofio; inoltre il nostro caro vecchietto si faceva sempre più asfissiante: il cielo solo sa quanto abbia cercato di farmi cambiare idea riguardo alla successione! Col passare dei mesi uscii pian piano dalla depressione e iniziare ad investigare con gli altri sui Baroni, andando contro gli ordini di Roger. Scoprimmo che usavano un piano specifico per i loro movimenti. Decidemmo di andare in un posto più sicuro, in modo che non ci disturbassero per un po': una sorta di garanzia. Scegliemmo Los Angeles, perché vi erano appena stati.-
Mello rimase in silenzio, poi si passò una mano fra i capelli: -Mi spiace che ti sia dovuto capitare tutto questo.-
-Nessuno lo poteva prevedere.- gli sorrisi -Piuttosto grazie per avermi dato una sera di pausa: ne avevo bisogno.-
-Credevo ti piacesse stare al Phantom.-
Salii con i piedi sulla panchina e mi misi a sedere sullo schienale: -Certo che mi piace! Solo che, quando sei sempre circondata dal rumore e dal movimento, ti nasce la necessità di staccare e stare... così.-
Si sedette come me: -Si sta bene, vero?-
Annuii e il suo sguardo catturò il mio. Rimanemmo così parecchi istanti.
Tu cosa provi per Mello?
La domanda di Boris tornò a galla nella mia mente e, finalmente, capii tutto: il mio desiderio di stargli accanto, il risentimento perché mi aveva trattato come una qualunque, la confusione che mi causava... Mi tornò in mente il "fastidio" che provavo quando ero con lui alla Wammy's. Ma quanto ero stata cieca? Accettare, però, la consapevolezza di ciò che provavo mi metteva in una condizione precaria: sarei riuscita a fare scelte razionali pur sapendo che io... ero innamorata di lui?
Il mio sguardo si intristì: in questo momento desideravo con tutta me stessa una vita normale in cui non ci fossero nè assassini nè mafia, solo io e lui. Vivere in una casa in centro, Mello che ogni mattina esce per andare a lavorare mentre io mi occupo della casa e vado a fare la spesa... Sarebbe mai potuto succedere? Più che un probabile futuro mi sembrava un sogno, un meraviglioso sogno impossibile per essere reale. Di una cosa ero sicura: Kira e i Baroni erano un ostacolo a questo. E poi, non ero neanche sicura che Mello ricambiasse. Mi imposi di pensarci oggettivamente: alla Wammy's ero certa che mi volesse bene, in un modo o nell'altro, ma adesso non lo ero più. Il sospetto che stesse solo recitando una parte non mi abbandonava.
Però...
Ebbi un flash: fu un attimo e vidi ciò che avevo pensato prima. Mello seduto sul tavolo di una cucina che leggeva il giornale, mentre io preparavo il caffè. Ci guardavamo e sorridevamo, senza alcuna preoccupazione che riguardasse serial killer.
Questa visione, però, la sentii familiare.
Che fosse...
Varie volte, da piccola come adesso, avevo sognato i miei genitori, quale poteva essere la loro possibile vita. Ora, al posto di personaggi senza volto quali erano quelli, c'eravamo io e Mello. Quel sogno era rimasto stanziato nel mio subconscio per moltissimo tempo, ma non l'aveva mai lasciato: segretamente (e in un certo senso inconsciamente) avevo sempre desiderato fare una vita come quella.
-Tutto bene?-
La voce di Mello mi riportò alla realtà: dovevo aver fatto una faccia alquanto affranta.
-Sì, tranquillo, non c'è nessuno problema.-
-A me sembravi triste.-
Abbassai lo sguardo: -Non è nulla, solo un brutto pensiero.-
-Non avrei dovuto tornare sull'argomento di Meg, vero?-
Lo guardai e scossi la testa sorridendo: -Non c'entri, tranquillo: non è quello.-
-E allora cos'è?- notando il mio silenzio aggiunse -Voglio solo aiutarti.-
Lo disse in un sussurro e quelle parole soffocate mi fecero sciogliere, tanto che a malapena mi accorsi che il ragazzo si stava facendo sempre più vicino. Che stesse per...
-LASCIAMI!!!- un urlo disperato ci fece voltare di scatto verso una ragazza: terrorizzata, era stata presa da un uomo per un braccio e un altro di stava avvicinando con qualcosa in mano, mentre questa gridava aiuto.
Scattai in piedi, ma venni prontamente fermata da Mello.
-Dove credi di andare?-
-Dobbiamo aiutarla!-
-Non abbiamo armi, Rui! E loro hanno dei coltelli.-
-E dovrei abbandonare quella ragazza per codardia?- con un movimento brusco, mi liberai dalla presa del ragazzo e mi avviai a passo deciso verso i tre.
-Ehi! Lasciatela stare.-
I due uomini si scambiarono un'occhiata e uno ridacchiò: -Ma che giornata fortunata!-
L'altro mi guardò sprezzante: -Chi credi di essere per darci degli ordini? Vattene. Anzi no, resta: ci divertiamo anche con te.-
Mi si avvicinò, brandendo il coltello, mentre il compagno si occupava dell'altra ragazza. Non pensai e agii. Corsi verso di lui, schivando le mani che cercavano di prendermi e, con una piccola rincorsa, saltai sopra di lui ruotando su me stessa e aprendo le gambe in modo tale da afferrargli una spalle, esattamente come aveva fatto Jin contro Brian nel film che avevo appena visto. Cademmo a terra, io sopra di lui. Mi alzai veloce, il piede premuto nella sua pancia e il cellulare in mano.
-Devo chiamare la polizia o mettere direttamente lo vostre foto su Internet?-
Odiavo usare il giochino "vi faccio uccidere da Kira" ma purtroppo dovevo considerare che funzionava alquanto bene con i criminali.
L'altro uomo mollò immediatamente la ragazza e si allontanò correndo, imitato, una volta che gli fui scesa di dosso, dall'amico.
Mi avvicinai all'importunata.
-Tutto bene?-
Lei annuì scossa e mi ringraziò quelle due-trecento volte prima che riuscissi a convincerla che non era niente di che. Le chiesi se voleva essere accompagnata a casa, ma declinò l'offerta. Quando mi fui accertata che fosse andata in una strada illuminata e abbastanza affollata, tornai da Mello che era rimasto poco distante, pronto ad intervenire. Il suo sguardo era affilato come il coltello di prima. Mi immaginavo già la rimbeccata: "Che ti passava per la testa?! Era pericoloso!"
Invece disse: -Come sei riuscita ad imitare alla perfezione la mossa del protagonista di Tekken?-
Sgranai gli occhi e mi morsi la lingua: ero fottuta.

Il video del combattimento Jin vs Brian è qui: http://www.youtube.com/watch?v=IopD9G5Y9v4&feature=fvst e la mossa è al minuto 2:35.

****angolo autrice****
Salve.... *respiro profondissimo* Chiedo scusissima per non aver postato negli scorsi mesi, ma in questo periodo in generale ho una specie di blocco che mi impedisce di scrivere: mi è passata l'ispirazione, si può dire. Ho molti, troppi pensieri per la testa e finché non farò un po' di ordine non credo che tornerò a scrivere. Mi dispiace moltissimo. Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto, e vi sarei grata se lasciaste un commento. Un sentito ringraziamento a chi mi ha seguito fin qui! Siete grandi!
Baci, rui
 

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