Merleen- The darkest hour before.. Albion.

di puntoeacapo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


 1.
All'improvviso, quando nessuno se lo sarebbe più aspettato, Artù si ridestò. Fece un respiro profondo ed aprì gli occhi, sollevando leggermente la testa. Seduto accanto a lui c'era suo padre, che quando lo vide sveglio e vivo fece un sorriso.
"Artù!" esclamò, abbracciandolo con affetto.
Gaius, che era appena fuori la porta, non appena sentì quelle parole corse dentro e non poté credere ai suoi occhi.
Il principe era vivo e vegeto: il rimedio di Merleen aveva funzionato.
Ma se lui viveva, significava che qualcun altro stava morendo.
Per donare una vita, un’altra deve essere presa in cambio. Questo diceva l’Antica Religione, una dura legge per preservare l’equilibrio della natura.
E il vecchio Gaius sapeva che solo una persona poteva avere a cuore, in un modo così profondo,la vita del Principe; solo una persona poteva amarlo al punto di arrivare ad uno spirito di sacrificio così estremo.
Merleen.
Merleen, che aveva trascinato il corpo del suo padrone fuori da quella grotta maledetta gridando aiuto;Merleen, che non ne combinava mai una giusta ed era la ragazza più goffa, più gentile e più altruista che avesse mai conosciuto.
Merleen che ora giaceva in cella ingiustamente, aspettando da sola una morte stabilita da un patto fatale.

Uther Pendragon era un uomo ottuso, dalla mente chiusa, e usciva di senno quando la magia faceva sentire la sua presenza.
Incontrollabile, angosciante, lei era sempre lì, nella vita del Sovrano e questo –lentamente- gli aveva fatto perdere il controllo sulla sua coscienza, ormai sporca del sangue di troppe vittime.
Il Re di Camelot però, era un semplice uomo, dilaniato dai sensi di colpa e dalla sofferenza passata, e poteva amare. Come tutti, del resto.
Amava,con dura severità e impenetrabile orgoglio, suo figlio, ad esempio.
Per questa ragione sentì il cuore allargarsi vedendolo ancora vivo,e quando Artù riaprì gli occhi fu felice.
Era anche un uomo riconoscente, Uther, e sapeva che doveva la vita del suo Erede al caro vecchio, saggio, Gaius.
Dopo essere stato un intero pomeriggio con il figlio volle andare a ringraziarlo, magari con una ricompensa o con un atto d’onore.
Infondo sarebbe stato anche un vanto per Camelot, avere un uomo di scienza così istruito, che riusciva a sconfiggere la magia con la razionalità.
Un ulteriore battaglia vinta per il suo regno, insomma.
Uscito dalla stanza reale, dopo aver lasciato Artù riposare, chiese immediatamente alle guardie dove fosse andato il medico di corte.
La risposta arrivò chiara e concisa, lo avevano visto dirigersi verso le segrete appena poco tempo dopo aver avuto la lieta notizia della sopravvivenza del giovane Pendragon.
“Fatelo chiamare. Devo conferire con lui al più presto” Aveva detto sbrigativo.
Le guardie però, leggermente intimorite ma con coraggio guerriero, avevano risposto “Ha ordinato di non essere disturbato,Sire. Lo facciamo convocare ugualmente?”
Il Re li guardò in cagnesco prima di fare un gesto stizzito con la mano, zittendoli.
Uther sapeva bene per quale ragione il cerusico poteva essere andato alle prigioni: rinchiusa nei sotterranei c’era quell’inutile serva che aveva osato andargli contro.
Lo aveva fronteggiato, non lo aveva rispettato e-cosa ancor peggiore- lo aveva sfidato con determinazione mentre gli rivelava i sentimenti che provava per suo figlio.
Non l’aveva fatta giustiziare per il semplice fatto che era più che convinto di aver educato Artù alla perfezione.
Nonostante odiasse Merleen e odiasse anche solo vederla – gli ricordava troppo Igraine, maledizione, con tutta quella fierezza nello sguardo- decise di raggiungere Gaius per invitarlo a lasciare i sotterranei per cenare con lui, in segno di ringraziamento.
Avrebbe magnanimamente ignorato il suo comportamento, poiché aveva salvato Artù.
Quello che vide però, lo lasciò interdetto per un attimo.
La porta della cella era aperta e il cerusico era accucciato di fianco al corpo disteso di Merleen.
Lo chiamò grave e lo vide sobbalzare leggermente,prima di voltarsi verso di lui solo con il capo.
“Sire.” Fece Gaius impassibile mentre tornava ad armeggiare con le coperte, quasi incurante della presenza del Sovrano.
Fu un comportamento bizzarro, da parte del medico.
“Cosa stai facendo?” Chiese in un ordine il Re, autoritario.

Il cerusico a quel punto si alzò girandosi completamente verso Uther, aveva la fronte corrugata e uno strano sguardo quando parlò “Voglio portare Merleen fuori di qui. Lei..”
Il vecchio non riuscì a trovare le parole per continuare quella frase, che stava perdendo determinazione secondo dopo secondo.
Era troppo difficile.
Aveva subito pensato che la sua protetta si fosse diretta di nuovo nei sotterranei, per tornare in cella, dopo aver consegnato quel rimedio magico; così aveva deciso di raggiungerla per avvertirla della missione compiuta,e lei era lì. Seduta con la schiena contro il muro e le mani incatenate, in silenzio e in attesa.
Stava ancora bene e Gaius aveva tentato più volte di convincerla ad uscire di lì, senza esiti positivi ovvio.
Era troppo testarda, davvero troppo.
Poi le veglie erano passate velocemente e il medico l’aveva vista mentre si sdraiava a terra stancamente.
Aveva cominciato a respirare lentamente, non gli stava più raccontando della sua vita ad Eldaor, pian piano aveva chiuso gli occhi, cercando comunque di continuare il discorso con il suo maestro riuscendo a buttar fuori solo qualche frase sconnessa.
Il cerusico aveva trattenuto le lacrime e aveva cercato di farla continuare a parlare, non voleva vederla così inerme. La sua voce donava un po’ di quella speranza di cui aveva bisogno.
Poi, dopo alcuni minuti di silenzio totale si era deciso a prendere le redini della situazione.
Al diavolo il Re e il Codice, quella era la sua pupilla dannazione!
Era come una figlia per lui e non avrebbe lasciato che morisse, non senza far nulla almeno.
Aveva ordinato ala guardia, seduta poco più in là che giocava a dadi con un'altra, di dargli la chiave della cella.
Aveva dovuto alzare la voce per ottenerla ma non gli importava più di tanto, si era fatto portare delle coperte e un po’ d’acqua. Era stato talmente autoritario che sembrava avesse la corona in testa, e le guardie non avevano fatto altro che obbedirgli.

Adesso Uther lo guardava contrariato pronto ad ordinargli di lasciare in pace la prigioniera, e che non l’avrebbe liberata solo perché lui era il suo tutore.
Poi lo sguardo gli cadde sul corpo della ragazza, lei era pallida e sembrava non respirasse, stava morendo.
Un rumore ruppe quel momento di silenzio, era il cambio turno delle guardie di vedetta delle prigioni.
“Sire. Gaius.” Salutò uno dei due cavalieri appena entrati, con un lieve inchino.
Era strano vedere il Re in persona nei sotterranei, doveva esserci qualcosa di davvero importante dietro, e Leon stava per andarsene quando intravide un corpo familiare.
“Merleen?” Chiese in un sussurro strizzando gli occhi, per vedere meglio, alzò la voce chiedendo “Sei tu,Merleen?” sicuro che gli avrebbe risposto se fosse stata lei.
“Vostra Altezza..” Fece il cerusico guardando serio Uther “ Vi ho servito per innumerevoli anni, lasciate che porti la ragazza nelle mie stanze. Sono sicuro che potete capire, è la mia pupilla, è come una figlia per me. Sapete esattamente cosa vuol dire.”
La tensione si poteva percepire nell’aria, mozzava il respiro ed era così spessa che si poteva tagliare con una spada.
Leon aveva corrugato la fronte, non sicuro di voler sapere cosa stesse succedendo -non era passato molto tempo dal periodo di tensione, dovuto alle condizioni del Principe-, poi aveva compreso qualcosa dal filo di discorso che aveva sentito dire a Gaius.
Non sapeva il perché, non sapeva come, ma era davvero Merleen la ragazza in quella cella.
E non andava bene, perché era immobile, perché non aveva ancora fatto sentire la sua voce, perché Gaius era davvero preoccupato.
Entrò nella cella aggirando il Re prima, il medico dopo,e poi la vide.
“Merleen!” Esclamò in un soffio.
Si accucciò di fianco a lei e le scostò un ciuffo di capelli che le ricadeva sul viso, più pallido del solito.
Era congelata, ma allo stesso tempo stava andando a fuoco sotto il suo tocco.
La fronte era imperlata da un gelido sudore, la testa bollente.
Non era possibile una cosa del genere, non era un medico ma sapeva che non era affatto normale che accadesse qualcosa di quel tipo.
La sua migliore amica stava morendo?
No, non voleva neanche pensarlo.
Guardò il cerusico allarmato, voleva spiegazioni e voleva sentirsi dire che si sarebbe presto ripresa e che era una leggera febbre, anche se un po’ particolare.

Respirava così lentamente..

Si era sicuramente perso qualche passaggio perché vide il medico di corte girarsi verso di lui mentre il Re se ne andava spedito.
Probabilmente di pessimo umore.
Ma non gli importava molto in quel momento, sentì solo Gaius dire “Portiamola nelle mie stanze, presto!”
E aveva semplicemente obbedito.

Per salvare la vita di Artù, il Fato stava prendendo quella di Merleen?
                                           






















Continua... 

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Capitolo 2
*** 2. ***


2.

“Combatti Merleen.”
Ormai quella era diventata una litania, che sia Gaius che Leon non smettevano di ripeterle.
Il Cavaliere non aveva lasciato il medico da solo, sarebbe stato anche lui con la sua amica. Quando aveva chiesto spiegazioni su cosa e come era potuto accadere il medico aveva fatto una strana smorfia che non era riuscito a decifrare, c’era qualcosa che non poteva rivelare, un enorme segreto e profondi sensi di colpa.
Il cerusico era convinto che se avesse provato a convincere la ragazza con più perseveranza e più impegno, a quest’ora lei avrebbe avuto ancora gli occhi aperti e vispi.
Una cosa che però Gaius aveva imparato da Merleen era la costante determinazione, infatti continuò a cercare qualcosa. Qualsiasi cosa.
Ma in quei suoi vecchi e malandati libri aveva trovato ben poco, ora sapeva che più Artù si sarebbe sentito meglio più la giovane maga si avvicinava alla morte, ma non sembrava aiutare molto.
Tuttavia lei aveva ancora una volta dimostrato quanto fosse forte, aveva superato –sebbene con diverse difficoltà e ricadute- la notte, fuori albeggiava.

Merleen non era mai stata sola durante quelle lunghe ore. In qualche modo, lo sapeva con assoluta certezza.
C’era sempre la mano di Leon, o quella di Gaius, a stringere la sua; nei rari momenti di coscienza sentiva le loro voci ricolme di fiducia e le loro parole d’incoraggiamento, ma quegli istanti erano talmente dolorosi che resistere al buio era sempre più difficile.
Sentiva sempre più le membra pesanti, il cuore stava diventando un macigno troppo ingombrante e non riusciva più a sostenere quella situazione in bilico.
Ogni volta che stava per cedere a quella tranquillità, sentiva qualcosa, fuori, che faceva tornare il dolore,la vita,la coscienza.
Perché non poteva semplicemente lasciarsi andare?
Non si meritava un po’ di riposo?
Era tanto stanca..
In fondo voleva solo un po’ di pace, non voleva più soffrire.
Era troppo, semplicemente troppo.

Fuori dalle stanze del medico di corte però, la vita continuava serena ora che la vita del principe era fuori pericolo. Nessuno sapeva del sacrificio della serva che ora stava morendo, tantomeno il principe stesso.
Da quando aveva riaperto gli occhi aveva sentito qualcosa pungere, all’altezza dello sterno, una sensazione fastidiosa che però aveva attribuito al risveglio. In fondo aveva sfiorato la morte con un dito, poteva accettare qualche lieve postumo di quell’esperienza senza troppa difficoltà.
Poi le ore erano trascorse, in compagnia del padre, e quella sensazione pungente non accennava ad affievolirsi. Cominciava a diventare frustrante.
Non disse nulla.
Era grato al vecchio Gaius che l’aveva salvato, senza di lui il suo destino sarebbe stato firmato con la Morte.
Quando pensava al medico però, immediatamente il sorriso appena accennato diventava una smorfia di rabbia, celante di profonda delusione e tristezza.
Se era stato felice di vedere il padre, e sorpreso nel sentire la cara Gwen durante quelle fatidiche ore, era invece infuriato con la sua serva.
Merleen non si era fatta vedere dal suo risveglio, non aveva percepito la sua presenza mentre era incosciente.
Stava morendo,dannazione!
E lei gli aveva detto di amarlo, gli aveva detto che non le importava del giudizio del Re e che non aveva paura di ammettere i suoi sentimenti.
Era stata una bugiarda.
Gli aveva rifilato patetiche menzogne per chissà quali scopi, e lui ci era caduto come un imbecille.

Probabilmente, se Artù Pendragon non fosse stato accecato dalla rabbia e dalla delusione, avrebbe sicuramente ripensato agli occhi –così azzurri- di Merleen e avrebbe sicuramente capito di essere,sì, un imbecille, ma di un altro tipo.

Quando il sole gli colpì il viso, era già sul punto di maledire la sua serva ricordandogli che era il suo padrone e che di conseguenza doveva avere rispetto nei suoi confronti.
Strizzò gli occhi e fece per aprire la bocca quando si accorse di un fondamentale dettaglio.
Nella stanza regnava il silenzio.
Ma il frastuono,l’incompetenza e la mancanza di delicatezza dov’erano finite ? E quelle strampalate canzoncine?
Aprì gli occhi massaggiandosi la testa, e si ricordò tutto.
La Bestia Errante, il morso, il dolore e poi il risveglio.
Prese a cercare la sua serva nella stanza senza aver,però, fortuna. Corrugò la fronte confuso poi fu di nuovo la rabbia ad impossessarsi di lui, non era così importante dopotutto.
Imprecò qualcosa tra i denti mettendosi a sedere; la spalla gli doleva ma era sopportabile, si era rimesso con una velocità allucinante e ne era felice.
Vide un movimento alla sua destra e si voltò di scatto –pronto a sgridarla- quando vide Ginevra avanzare con un sorriso.
Dannazione.
Le sorrise di rimando; da quando avevano parlato del suo sopporto lei si era richiusa leggermente nella timidezza e lui, dato che non voleva metterla a disagio, aveva deciso di non toccare più l’argomento.
La salutò con la voce ancora impastata dal sonno “Gwen.”
Lei fece un breve inchino “Buongiorno Maestà, come vi sentite quest’oggi?”
“Molto meglio, grazie.”
Ginevra era una ragazza molto dolce e gentile, rispettava sempre la sua corona e la sua posizione e gli sorrideva sincera.
Tutto il contrario di-
“Volete la colazione?”
Con una breve smorfia, abilmente nascosta, guardò il vassoio ricolmo di varie pietanze.
“Il tonico?” Non gli piaceva bere quell’intruglio ma se voleva rimettersi più velocemente, qualche sacrificio doveva farlo.
Osservò, leggermente divertito, il volto della serva di sua sorella trasformarsi in un miscuglio di sorpresa e imbarazzo.
“V-vado immediatamente da Gaius a domandarglielo. Con permesso.”
Si dileguò immediatamente lasciando il principe immerso nei suoi pensieri.

La figlia del fabbro bussò leggermente alla porta del medico di corte, la trovò aperta e, non ricevendo risposta, entrò chiamando il cerusico.
Il laboratorio era a soqquadro, c’erano libri dappertutto ma di Gaius nessuna traccia.
Sentì dei rumori provenire dalla camera di Merleen, ma non era la sua voce né quella del suo mentore.
Eppure era conosciuta, non riuscì a distinguere allora chiamò la sua amica. Non la vedeva dal rientro di Artù in fin di vita, aveva saputo che era stata spedita nelle segrete e non credeva l’avessero liberata dato che di lei non c’era alcuna traccia.
Con la fronte corrugata andò verso la porta di quell’unica camera e vi entrò, sobbalzò immediatamente quando vide uno dei Cavalieri del Principe. Si chiamava Leon, se non sbagliava.
Non fece in tempo a domandarsi il motivo per cui si trovasse nelle stanze del medico di corte, poiché la vide subito.
La sua più cara amica, che si dimenava sul letto in preda a deliri, bianca come un fantasma.
Era l’immagine del puro dolore. Il viso, le mani artigliate ai lati del materasso..
“Ma ch -“
La porta alle sue spalle si aprì di scatto e vide il volto, stanco e provato, del cerusico, ora sorpreso nel vederla lì.
“Ginevra!” Esclamò “Che ci fai qui?”
“Il tonico di Artù..” Mormorò soltanto, incapace di dire altro.
Lo sentì imprecare qualcosa in un mormorio mentre si dirigeva a passo spedito al suo laboratorio, seguito da una preoccupata Gwen.
Cominciò a cercare tra varie bottigliette e quando un grido proruppe dall’altra stanza, sbatté violentemente le mani sul tavolo di legno, facendo traballare tutto e procurando un sobbalzo alla serva di Lady Morgana.
La mulatta scattò guardando la porta, lasciata socchiusa, della camera della sua amica.
“Gaius. Cosa sta succedendo? Cos’ha Merleen?”
Il cerusico gli mise una boccetta tra le mani dal liquido rossastro “Niente.”
Gwen provò a dire o a fare qualcosa, ma il medico la trascinò letteralmente alla soglia della porta troncando le proteste con “Va’ dal Principe.”

Quando la serva tornò nelle stanze reali trovò un Artù già vestito e, a dire dall’espressione, parecchio turbato dalla fascia che teneva al braccio sinistro. Conoscendolo, il fatto di stare in camera lo irritava parecchio.
Lo salutò con un mormorio sommesso e un inchino impacciato, porgendogli il tonico ancora con mani tremanti.
Il Principe la guardò un po’ stranito, vide subito i suoi occhi lucidi e spaventati “Ginevra è successo qualcosa?”
La ragazza si morse il labbro inferiore e cercò di non incrinare la voce “Va tutto bene.”
“Mi stai mentendo.” Non era una domanda, anzi, suonava quasi come un ordine a dire la verità.
La serva sorrise mestamente “Va tutto bene. Mi fido di lei.”
“Lei?”
Gwen strizzò gli occhi e strinse le palpebre, sapeva di non doverne parlare ad Artù ma allo stesso tempo credeva che lui doveva sapere.
“Merleen …” Non seppe neanche se il biondo l’avesse sentita chiaramente dato che parlò con un tono di voce davvero basso.
Ebbe la risposta quando vide il corpo dell’Erede al Trono irrigidirsi, e alzarsi dalla sedia su cui era seduto rapidamente.
Artù, dal canto suo, non era propriamente conscio di cosa stava facendo, prese il medicinale che gli aveva appena portato Ginevra e lo ingurgitò tutto d’un fiato, poi si tolse la fasciatura troppo fastidiosa e mosse circolarmente la spalla indolenzita.
Aveva un brutto presentimento.
Qualcosa non andava per il verso giusto, lo sentiva, esattamente come il fastidioso dolore al petto di quando era rinvenuto.
Doveva, voleva, avere chiarimenti. Subito.
“Parla Gwen. Cos’ha combinato stavolta? Perché sei tanto terrorizzata?”
“Io.. ecco..” Lei non sapeva cosa dirgli, perché non aveva idea di cosa fosse successo in fin dei conti.
“Non lo so” si arrese con un sospiro.
“Sono andata a prendervi il tonico e.. e Gaius non c’era, allora.. e poi, Merleen.. Un vostro Cavaliere..” Alzò di scatto gli occhi, che aveva tenuto abbassati fino a quel momento, e disse l’unica cosa sensata che Artù capì alla perfezione “C’è qualcosa che non va, andate da Gaius Artù.”
Il Principe provò a chiedere altre informazioni ma bastò che sentisse “Non credo ci sia molto tempo.”



























Piccolo Capitolo di Passaggio*
Hope You Like It !





Continua..
























 

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Capitolo 3
*** 3. ***


3.

Gaius era un uomo davvero saggio.
Aveva presto capito che non avrebbe potuto fare nulla con i suoi metodi e, conscio di non avere altre alternative, si era diretto dal Drago con i suoi quesiti.
Se quella era l’unica possibilità che aveva, l’avrebbe sfruttata al meglio.
“Merleen sta morendo” Aveva esordito appena arrivato, non voleva perdere tempo con stupidi enigmi. “Dimmi come posso salvarla!”

La bestia magica aveva atteso qualche istante, mentre lo indagava con attenzione, prima di rispondere “Non vi è alcun modo per salvare la vita della ragazza. Un patto con la Religione Antica va sempre rispettato.”
Era rimasto indispettito dalla mancanza di rispetto, ma non gli avrebbe certo dato una risposta se la questione non lo incuriosiva.
Aveva scrutato il vecchio con sufficienza,mentre cercava di avvertire la presenza magica che cercava, poi chiese  “La giovane maga è ancora viva?”

“Sì” Rispose immediatamente il medico di corte
“Dopo aver fatto bere il rimedio ad Artù è stata bene per un po’ di tempo, poi ha perso conoscenza.
Questa mattina è peggiorata: sono arrivati deliri che prima non c’erano, si agita in preda a spasmi e sembra che stia soffrendo parecchio.”
Il Drago nascose la lieve sorpresa con maestria.
Non aveva avvertito l’aura della maga, e il tempo per effettuare l’incantesimo era passato.
Niente gli aveva imposto quesiti su un qualunque dubbio sull’esito dell’incontro avvenuto sull’Isola dei Beati.
“Alle luci dell’Alba la strega sarebbe dovuta essere morta, poiché il giovane Pendragon si è ristabilito.”
“E’ ancora viva.”
Gaius era davvero determinato. Era debole certo, ma il battito del suo cuore si poteva ancora sentire.
Fin quando sarebbe stato così, non avrebbe abbandonato la speranza.
“Si può fare ancora qualcosa!”

“Stupidi umani!” Aveva tuonato il Drago “Noi creature magiche, siamo di quanto più potente esista su questo Mondo! Eludere le Antiche Vie della stregoneria, è impossibile!”
“E allora perché la ragazza è ancora viva!?”
Il vecchio medico cominciava a temere che la creatura non l’avrebbe aiutato, neanche se avesse potuto.
Vide quel volto squamoso avvicinarsi per osservarlo, quasi incuriosito, divertito dalla situazione venutasi a creare.
“La giovane maga è più potente di quanto ci immaginassimo. Temo dovrai aspettare il tempo in cui smetterà di combattere, vecchio saggio, poiché la stanchezza colpirà anche la tua pupilla.Quando avverrà, l’incantatrice che hai accudito per queste quattro stagioni lascerà questo mondo.”

Gaius era uscito in fretta da quella grotta,niente pareva andare per il verso giusto, sembrava davvero non ci fosse più alcuna speranza.
Quando era tornato al laboratorio aveva trovato Gwen nelle sue stanze, di conseguenza sapeva già che non troppo tardi il Principe sarebbe arrivato da lui.
Dentro il vecchio cerusico si stava combattendo una vera guerra interiore.
Doveva parlarne al giovane Pendragon o coprire le azioni della ragazza?
Lui doveva sapere della magia, così da accettarla vedendo del buono nelle azioni della serva, o doveva continuare ad essere protetto nel buio piuttosto che scoprire e di conseguenza odiare?
Ma non erano solo quelli i dubbi di Gaius. Cosa avrebbe voluto lei?
Il medico doveva indurla alla battaglia, per farla resistere, o avrebbe dovuto lasciarla andare?
Con un sospiro aveva lasciato indietro questi pensieri e aveva semplicemente guardato Merleen.
La risposta non aveva tardato ad arrivare: non poteva farle questo. Soffrire in quel modo era tremendamente ingiusto.
La sola vista di quel volto sofferente aveva chiarito i dubbi del medico di corte, lasciando nel suo animo un leggerissimo senso di sollievo e di rassegnazione.
Sarebbe stata bene e magari, un giorno, si sarebbero incontrati nuovamente.

Quando Artù venne, lui ne stava parlando con Leon.
“Dobbiamo lasciarla andare..” Aveva mormorato.
“Cosa!? Perché!? Potete ancora fare qualcosa, non vi arrendete!”
Il Cavaliere non aveva compreso le parole del cerusico. Non aveva voluto.
Non poteva credere che Gaius stesse abbandonando la sua amica, ma soprattutto non poteva accettare il fatto di essere lui stesso ad abbandonarla.
“Guardala Leon. Sta soffrendo, combatte solo perché ci siamo noi qui a ordinarglielo e non è..corretto.” Aveva sospirato, accarezzando la fronte sudata della ragazza “Si merita un po’ di riposo, non credi?”
Il ragazzo aveva guardato la sua amica con tristezza, poi aveva sorriso mestamente.
Quella ragazza.. era sempre stata forte e coraggiosa, sempre con quel cipiglio battagliero e fiero. Persone come lei non si trovavano facilmente, era davvero unica e speciale. Con il suo caratteraccio testardo e orgoglioso ma allo stesso tempo generoso e puro. Non avrebbe mai voluto vederla in quello stato,non per alleviare le colpe o sentirsi a proprio agio, semplicemente perché così non era..Merleen.
Non era la sua amica.
“Credete davvero non ci sia più niente da fare, Gaius?”
“Temo proprio di sì.”
“Allora avete ragione.. si merita un po’ di riposo.”
Sebbene fosse uno dei guerrieri più prodi di Camelot, il giovane Leon non poté evitare di sentire i propri occhi bruciare.

All’improvviso i pensieri si erano stroncati brutalmente, aveva percepito una terza presenza e si era voltato.
“Sire!” Aveva esclamato sconvolto, facendo sobbalzare il cerusico.
Gaius aveva prima guardato il futuro sovrano e poi l’amico di Merleen dicendogli “Ti avvertirò quando sarà il momento, lasciaci soli adesso.”
Leon, seppur un po’ titubante nel lasciare la sua più cara amica, aveva annuito.
Aveva stretto una mano della ragazza prima di alzarsi,aveva salutato il Principe con un inchino accennato, e se n’era andato.
Sarebbe rimasto nei dintorni, ma un po’ d’aria fresca gli avrebbe fatto bene.

Il medico di corte si era seduto al posto del Cavaliere, e senza smettere di guardare Merleen, aveva detto “Artù, non dovreste essere qui.”
Aveva parlato come in un rimprovero, sebbene sapesse che non c’erano altri posti in cui il Principe sarebbe dovuto stare.
Infondo quella ragazza stava morendo per lui.

Il biondo era come pietrificato.
Aveva ascoltato le poche battute che si erano scambiati il medico e il suo Cavaliere ma non riusciva a crederci,non riusciva più a respirare,a pensare.
Si era sforzato di guardarla e aveva sentito il mondo crollare sotto i suoi piedi.
Tutte le sicurezze, tutte le certezze – compreso quell’odio radicato dalla delusione, che lo aveva travolto quel mattino-  stavano semplicemente scomparendo.
Una ad una, senza che lui potesse trovare un appiglio per reggersi dallo sconforto.
Era tornato ai tempi in cui lei aveva bevuto quel maledetto calice avvelenato al suo posto, ma adesso – sebbene non l’avesse mai ammesso- era molto più spaventato.
Aveva paura perché Gaius aveva perso la speranza, lasciarla andare aveva detto
E poi lei era così bianca …
Mai come in quel momento gli era mancata la sua voce, il suo sorriso. Il semplice fatto di vedere quegli occhi, sempre ricolmi di emozioni palpitanti, sarebbe stato un sollievo enorme.
Ma lui era Artù Pendragon: il principe ereditario di Camelot, futuro re e sovrano, nobile cavaliere e abile condottiero senza paura e non poteva lasciarsi trasportare dalle emozioni.
Mai. In nessun caso.
Un popolo si guida con la mente, fredda e razionale, alleata nelle strategie e nei combattimenti; ma può essere distrutto, se influenzato dal cuore: simbolo d’inconscio e debolezza.
Questo gli era stato insegnato dalla nascita, questo aveva imparato a fare durante la sua vita.
Doveva cercare di pensare coerentemente, per poter capire quella situazione così assurda, per poter fare qualcosa.
Qualsiasi cosa.

Il rimprovero del medico gli arrivò ovattato, non gli diede neppure peso.
L’unica cosa che riuscì a mormorare fu “Che diamine è successo?”
“E’ una storia lunga, Artù.. lunga e misteriosa perfino a me.”
Il cerusico non sapeva se avrebbe fatto bene, ma voleva dire al Principe cosa stava accadendo sotto il loro occhi.
Merleen se lo meritava,no?
Almeno quell’ultimo atto di coraggio e forza doveva essere svelato o lei sarebbe morta invano e la magia non sarebbe mai stata vista come un mezzo per il bene e la purezza.
Si girò verso il ragazzo, che lo guardava ancora sconcertato e confuso al tempo stesso, con gli occhi sgranati e probabilmente con il respiro mozzo, e gli parlò con un’ormai ritrovata determinazione “Vi racconterò ciò che conosco, poi tutte le decisioni spettano a voi Sire.”
A passo svelto si erano diretti nella stanza di Gaius, lasciando riposare Merleen ora che si era calmata dopo un ultimo attacco della febbre delirante, e adesso si guardavano a vicenda.
Attenti all’altro, cercando di mettere in ordine i pensieri. 






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