L'amore e i suoi frutti

di AmazingFreedom
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gioia e preoccupazione ***
Capitolo 2: *** Il sogno e il primo bacio ***
Capitolo 3: *** Il sogno e il Ballo del Ceppo ***
Capitolo 4: *** Il sogno e la consapevolezza ***
Capitolo 5: *** Il sogno, Occlumanzia e... ***
Capitolo 6: *** Tu dov'eri? ***
Capitolo 7: *** Il sogno e una festa Lumacosa ***
Capitolo 8: *** Tra incubo e realtà ***
Capitolo 9: *** Un bacio è un apostrofo nero tra le parole ***
Capitolo 10: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 11: *** Let the war begin ***
Capitolo 12: *** Sopportare, sopportare e ancora sopportare ***
Capitolo 13: *** Non tutto è come sembra, alla fine ***
Capitolo 14: *** Risveglio con sorpresa ***
Capitolo 15: *** 1 settembre 2004 ***
Capitolo 16: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Gioia e preoccupazione ***


Capitolo 1- Gioia e preoccupazione

“Calmati Hermione! Respira! Rilassati! Va tutto bene!” continuava a ripetersi la strega, nel bagno dell’appartamento in cui viveva con il marito. Dalla sconfitta del Signore Oscuro erano passati ben 5 anni e da allora, molte cose erano cambiate: Hogwarts era stata ricostruita, Minerva McGranitt era diventata preside e lei l’aveva sostituita come insegnante di Trasfigurazione, ed ora viveva in uno degli alloggi del castello. In questi 5 anni, Hermione aveva consolidato il suo amore per un uomo, iniziato molto tempo prima, tra i banchi di scuola. “Ed ora avrò anche una famiglia!” pensava la giovane, stringendo con sempre più forza, il test di gravidanza che teneva tra le mani. La famiglia. Un sogno che finalmente si avverava. Dopo la guerra, aveva paura che il suo corpo, anche se giovane, non fosse più in grado di ospitare una piccola creatura al suo interno, a causa delle molteplici maledizioni ed incantesimi che l’avevano colpita. Una paura che in quel momento le sembrava totalmente stupida, lontana ed irrazionale. “Oddio! Come glielo dico? Come reagirà?” pensò ad un tratto Hermione; ma, proprio in quel momento, un conato di vomito la obbligò a svuotare la mente ed a concentrarsi solo su quello che stava facendo. Dopo circa 5 minuti buoni, Hermione si trascinò verso la camera da letto. Lì, si infilò sotto il pesante piumone. Era il primo giorno delle vacanze natalizie, quindi la giovane non si preoccupò minimamente del suo ruolo di insegnante o di vigilante nei corridoi. Confortata da quest’idea, iniziò ad addentrarsi in un sonno felice ma allo stesso tempo preoccupato, e prima di addormentarsi definitivamente, mormorò a denti stretti: “Come la prenderà Severus?”. Hermione non sentì la porta della stanza chiudersi e non vde lo svolazzo del mantello nero di Piton che era appena entrato nella camera da letto e che aveva udito le parole della moglie.  

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Capitolo 2
*** Il sogno e il primo bacio ***


Capitolo 2- Il sogno e il primo bacio

La Sala Grande di Hogwarts era illuminata da candele che galleggiavano sopra le teste degli studenti. Hermione era seduta di fianco ad un giovane Percy Weasley ed era appena stata smistata dal cappello Parlante in Grifondoro. Si sentiva felice e onorata di appartenere a quella casa poiché, prima di partire per la scuola, aveva letto tutto il manuale Storia di Hogwarts e aveva capito che la casa che spiccava tra le altre era proprio quella fondata da Godric Grifondoro. Mentre aspettava il termine dello smistamento, Hermione era intenta a scrutare i visi di quelle persone che sarebbero state i suoi insegnanti per i successivi sette anni. Al centro del tavolo, seduto su una sedia d’oro, stava quello che, molto probabilmente, doveva essere il preside Silente. Alla sua sinistra, c’era una sedia vuota, il cui occupante doveva esser la strega vestita di un verde accesso che era impegnata con lo smistamento. Alla destra di Silente, stava seduto un professore abbastanza giovane, “Probabilmente il più giovane tra tutti gli insegnanti” dedusse Hermione dopo una fugace occhiata a tutti i professori. La ragazza tornò a concentrarsi sull’uomo: era vestito completamente di nero, dello stesso colore dei capelli e degli occhi, aveva un naso aquilino che, tuttavia, non stonava con le fattezze del viso. Hermione si sentì subito affascinata da lui tanto che non si accorse del termine dello smistamento. Solo quando Silente si alzò in piedi, si guardò intorno, interrompendo così l’analisi sul professore. Durante la cena, Hermione scoprì da Percy che quell’uomo era l’insegnante di Pozioni, si chiamava Severus Piton ed era direttore della casa Serpeverde, eterna rivale di Grifondoro. Questo fece sentire la ragazza un po’ amareggiata, come se con il solo guardarlo, avesse già tradito la sua nuova famiglia.
La scena cambiò. Hermione si trovava nei sotterranei del castello, davanti ad un calderone fumante. All’improvviso, la porta si spalancò ed entrò il professor Piton. Con aria accigliata, prese in mano il registro ed indugiò sul nome di quello che sarebbe diventato il migliore amico della ragazza: Harry Potter. Nello sguardo dell’uomo c’era un barlume di scherno e di disprezzo, infatti, assalì il giovane con delle domande a cui il giovane non sapeva rispondere, ma per ciascuna, Hermione aveva sempre la mano alzata. Piton non la degnò di uno sguardo, finché non si voltò e disse con voce piatta ma con un ghigno stampo in faccia: “Cinque punti in meno a Grifondoro, affinché la signorina Granger impari a stare al suo posto e a non sbracciarsi come se stesse annegando.” Indispettita, Hermione abbassò la mano, guardando l’uomo dritto negli occhi, in segno di sfida. Per il resto della lezione, rimase in religioso silenzio, ascoltando interessata la spiegazione. Al suono della campana, Hermione si diresse al suo dormitorio, dove pensò a quanto Piton fosse stato ingiusto e a quanto il fascino che aveva provato per lui, si fosse trasformato in pura antipatia.
Ora, Hermione si trovava nell’aula di Difesa contro le Arti Oscure. “Girate a pagina trecentonovantaquattro! Signorina Granger, abbassa la mano! Non ho la minima intenzione di ascoltarti! Cinque punti in meno a Grifondoro!” disse Piton. La ragazza abbassò la mano con fare rassegnato, domandandosi come avesse potuto trovare affascinante il professore. Sì,i suoi occhi neri così profondi la incuriosivano e lo trovava estremamente acuto ed intelligente, ma era anche certa che Piton fosse l’uomo più odioso del mondo. “Harry stammi a sentire! Vedi di stracciare i Serpeverde, domani alla partita di Quidditch! Non potrei sopportare di vedere gongolare Piton nei corridori e esaltare sempre di più i suoi amati Serpeverde!” disse Hermione con voce acida, al suo compagno di banco.
La scena cambiò nuovamente. Hermione e Harry stavano portando Ron fuori dalla Stamberga Strillante, quando, davanti a loro, il professor Lupin si trasformò in un Lupo Mannaro. Rimasero immobili, mentre Sirius, trasformatosi in cane, cercava di allontanare l’amico dai ragazzi. Intanto, Piton si stava dirigendo verso i suoi alunni, che lo avevano schiantato, e non si era accorto della trasformazione del suo collega. Dopo un furioso ruggito di Lupin, il professore si posizionò davanti ai ragazzi e li protesse da una zampata del lupo. Piton cadde a terra semi svenuto ed Hermione andò subito a soccorrerlo. Tutto l’odio che provava per l’uomo era momentaneamente sparito, mentre un’ondata di preoccupazione la travolgeva. Mentre Hermione cercava di aiutarlo, Piton invocò più volte il nome della ragazza, domandando ad alta voce se stesse bene, lasciandola con gli occhi sgranati.
Ora, Hermione e Harry si trovavano nel sotterraneo per la doppia lezione di Pozioni. Piton non era ancora arrivato, perciò Parcy Parkinson le lanciò la rivista Settimanale delle Streghe, in modo da poter leggere un articolo scritto da Rita Skeeter riguardo una sua presunta relazione con Harry. È vero, a lei Harry piaceva, e non solo come amico, ma questo non lo aveva mai detto a nessuno. Intenta nella lettura, Hermione non si accorse che Piton era proprio dietro di lei, finché non disse, con la sua solita voce pacata: “Per quanto affascinante possa essere la tua vita sentimentale…” e qui la voce del professore si incrinò leggermente “non puoi leggere durante le mie ore di lezione. Dieci punti in meno a Grifondoro e ovviamente, ti aspetto alle otto di sera, nel mio ufficio per la tua punizione” concluse con un ghigno. Hermione si voltò verso di lui e, per la prima volta dopo la vicenda del professor Lupin,lo guardò negli occhi. Non vide la solita luce perfida nel suo sguardo, c’era qualcosa di diverso che non riuscì a decifrare poiché Piton interruppe quel contatto. Dopo cena, Hermione si diresse nei sotterranei, verso lo studio del professore. Entrò ma non vide nessuno. Non si accorse che all’ombra di un armadio, Piton la stava osservando. La ragazza iniziò a pulire i calderoni, ma un paio di mani fermarono le sue e la fecero voltare. Hermione si trovò davanti al viso del mago che la baciò. Hermione rimase come pietrificata, con gli occhi sbarrati, come quelli di lui. Era un bacio dolce, non cercato, inaspettato, improvviso, dal quale entrambi si staccarono, spaventati dal significato e dalle conseguenze. Nello sguardo di Piton aleggiavano paura, sconcerto e rabbia, mentre in quello di lei sorpresa e curiosità. “la tua punizione è finita…puoi andare” disse il professore con voce incerta. Hermione si voltò e corse via, mentre l’uomo si teneva la testa fra le mani.
Hermione si svegliò si soprassalto.    

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Capitolo 3
*** Il sogno e il Ballo del Ceppo ***


Capitolo 3- Il sogno e il Ballo del Ceppo

Hermione era sdraiata nel letto. Il respiro corto per il risveglio improvviso. Era da molto che non ripensava a quel bacio. Sorrise.  Intanto, sentiva l’acqua della doccia andare. “Sarà Severus…” e a quel pensiero, Hermione fu travolta da una forte ansia. “Il bambino! Il bambino! Come glielo dico?”. Appoggiò nuovamente la testa al morbido cuscino e chiuse gli occhi per riflettere e per calmarsi, ma ottenne solo il risultato di addormentarsi di nuovo.
 

Hermione era davanti alla finestra del suo dormitorio e osservava le nuvole che coprivano la luna. Pensava al bacio. Il suo primo bacio. Non doveva andare così, ma non era dispiaciuta, solo molto preoccupata. A lei piaceva Harry, eppure da quando Piton aveva evocato il suo nome l’anno prima, sentiva come se il fascino esercitato su di lei, fosse un po’ risorto. Avvertì un lieve calore alle guance e intravide il suo riflesso nel vetro della finestra. Sembrava sconvolta. Bianca come un fantasma, tranne le gote: di un rosso vivo. Hermione scacciò subito l’immagine del professore dalla sua mente e s’infilò sotto il piumone, cercando di prendere sonno.

***************************************************************************************************************** Piton era davanti alla finestra di camera sua e osservava le nuvole che coprivano la luna. Pensava al bacio. “Stupido! Idiota! Cosa ti è preso? Baciare una studentessa!” disse tra sé e sé. Aveva sempre trovato Hermione intelligente: una caratteristica che apprezzava molto; ma non aveva mai pensato a lei, se non come studentessa. Dal terzo anno, però, provava qualcosa di diverso, oltre alla segreta ammirazione: era totalmente affascinato da lei e sentiva anche qualcos’altro di remoto, che non riusciva a spiegarsi. “E’ solo una ragazzina! Una tua studentessa!”. Con la testa ancora in subbuglio, si mise a letto.
La scena cambiò. Hermione stava volteggiando al centro della Sala Grande, tra le braccia di Viktor Krum. Dal soffitto scendevano fiocchi di neve, alcuni dei quali s’incastravano nella complicata acconciatura della strega. Oltre a loro, nella Sala stavano ballando gli altri tre Campione del Torneo TreMaghi con i loro partners. Hermione continuava a lanciare occhiate furtive verso Harry, mentre altre, più profonde, erano indirizzate verso il tavolo dei professori, più precisamente, verso l’uomo dagli occhi color della notte. Durante le danze, Hermione aveva notato i suoi sguardi verso di lei; era riuscita anche ad incontrarne uno, nel quale aveva letto una certa gelosia. Dal loro primo ed unico bacio, qualche settimana prima, non si erano più guardati, nemmeno parlati siccome lei aveva smesso di alzare la mano durante le ore di Pozioni e lui aveva smesso di rimproverarla. Quando Piton si accorse che Hermione aveva intercettato una sua occhiata, si alzò con aria accigliata e uscì dalla porta che si trovava dietro di lui. Quando Hermione notò la sua scomparsa, si congedò da Krum, fingendo di dover andare in bagno, e appena uscita dalla Sala Grande si diresse, correndo, verso i sotterranei. Arrivata davanti allo studio del professore, non bussò alla porta, poiché era socchiusa, ma le diede una leggera spinta per poter vedere il volto di Piton, che teneva gli occhi chiusi, illuminato dalla luce di una candela. “Si sente professore?”-“Granger?! Che cosa fai qui?”-“L’ho vista andar via e mi sono preoccupata” disse la giovane, avvicinandosi sempre di più alla cattedra. Piton aveva ancora gli occhi chiusi. In attesa che l’uomo parlasse, Hermione osservò il suo volto: da vicino dimostrava la bellezza dei suoi trentaquattro anni; intorno agli occhi erano presenti delle piccolissime rughe e le labbra erano circondate da una barba ispida che non aveva mai notato. La mano di lei si mosse come se avesse avuto una volontà propria; ma prima che le punte delle dita toccassero i lineamenti dell’uomo, Piton afferrò il polso della strega. Erano pochi centimetri l’uno dall’altra. “Resisti Severus! Resisti1 non la devi baciare! Non la devi ba..” ma ormai le sue labbra si trovavano su quelle di Hermione, che sgranò gli occhi, ma che si fece presto trasportare dal bacio. Non era intenso, anzi era dolce, ancora un po’ insicuro. Quando i due si staccarono, Hermione stava sorridendo. Piton era teso come una corda di violino. “non so che cosa mi stia accadendo, signorina Granger! Ma qualunque cosa sia deve essere stroncata sul nascere! Questo..” disse con una voce più acida di quanto avesse voluto “…non deve più succedere”. Hermione si sentì svuotare “Che cosa ho sbagliato? Che cosa ho fatto di male?” si ritrovò a pensare. Dalla sua bocca uscì un sussurro involontario “Perché?”. Piton, che le dava le spalle, si voltò di scatto e la guardò. Le lacrime le stavano riempiendo gli occhi. Un moto di tristezza e dispiacere attraversò fulmineo gli occhi dell’uomo. Voleva abbracciarla, ma si trattenne. Troppo arrabbiato con se stesso, decise di uscire dal suo studio, senza risponderle. Tornando verso la Sala Grande, pensò frustrato “Chi voglio prendere in giro! So già che accadrà ancora! Voglio che accada ancora! Devo starle comunque lontano. È una mia studentessa!”. Intanto, Hermione si stava asciugando le lacrime quando, dopo aver dato la buona notte a Krum, entrava nel suo dormitorio.

 

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Capitolo 4
*** Il sogno e la consapevolezza ***


 

Capitolo 4- Il sogno e la consapevolezza

Era quasi mezzanotte. Pochi studenti si aggiravano nei corridoi, meno ancora si trovavano sulla pista da ballo della Sala Grande. “Aria fresca. Hai solo bisogno di un po’ di aria fresca e di una bella bevuta ai Tre Manici di Scopa. Vedrai, tutto si sistemerà.” Pensava Piton, camminando sempre più velocemente, cercando di allacciarsi il mantello. Aveva appena attraversato un colonnato, che sentì un rumore dietro si sé. Si voltò di scatto. La Stanza delle Necessità gli comparve davanti. “Perfetto”, disse alzando gli occhi al cielo, “magari non dovrò uscire per farmi un bicchierino”. Si diresse verso la porta e la spinse. Appena entrò se ne pentì amaramente. Di fronte a lui c’era una gigantografia di Hermione che gli sorrideva e lo salutava. Affianco ad essa, ce n’erano altre due: una rappresentava il loro primo durante la punizione, l’altra quello che era successo poco prima, nel suo studio. “Fantastico! Adesso ti ci metti anche tu?! Sei solo una stupida stanza! Come puoi sapere di cosa ho bisogno?”. Uscì sbattendo la porta e si diresse ai Tre Manici di Scopa. Intanto, Hermione era sdraiata nel suo letto. Guardava la neve cadere fuori dalla finestra oppure scrutava il soffitto. “Non si può andare avanti in questo modo. Bisogna mettere le cose in chiaro. A te piace Harry! A te piace Harry! A te piace Harry” pensò soddisfatta. “Ripetiamolo ancora: a te piace Harry! A te piace Piton! No! No! Non è vero!”meditò Hermione con aria afflitta, anche se non riuscì a trattenere un mezzo sorriso. Ad un tratto si fece seria. “Avanti Hermione! Sii ragionevole. Piton è un professore; e poi l’hai sentito-La cosa deve essere stroncata sul nascere” con questi pensieri, si addormentò.
La scena cambiò. Hermione si trovava fuori dall’infermeria. Respirava a fatica. Aveva appena seguito, insieme a Ron, Silente e la McGranitt che accompagnavano da Madama Chips, Harry, il quale continuava a ripetere “E’ TORNATO! SIGNORE, VOLDEMORT E’ TORNATO! HA UCCISO CEDRIC! COSALISCIA…MALFOY…I MIEI GENITORI…” Lei non aveva retto la tensione e si era fermata davanti all’infermeria. Si era seduta, aveva appena poggiato la testa sulle ginocchia, quando le lacrime iniziarono a rigarle le guance, tra un singhiozzo e l’altro. “Granger stai bene?”. Una voce familiare la scosse. “Sì”. Silenzio. Piton la stava guardando dall’alto, il viso più pallido del solito. Aspettò che lei aggiungesse qualcosa, oltre a quella semplice risposta, ma entrò in infermeria senza ottenere alcun risultato. “Ho fatto la scelta giusta. Se avessi incontrato i suoi occhi, a quest’ora gli starei piangendo su una spalla”pensò la strega. Con la testa ancora sulle ginocchia, Hermione sentiva le voci di Silente, Caramell e Piton animate in un’accesa discussione, della quale riuscì a capire solo poche parole: Marchio Nero-Bruciore-Karkaroff-Mangiamorte-tornato-Bugiardo…  La mente di Hermione divenne sempre più annebbiata, finché non appoggiò la testa sulla superficie liscia della porta e si addormentò. Non sapeva quanto tempo fosse passato. Non sapeva nemmeno dove si trovasse. Nonostante avesse avuto gli occhi chiusi, aveva capito che quello su cui era appoggiata era troppo caldo per essere il pavimento davanti alla porta dell’infermeria. “Sono ancora stanca. Non voglio svegliarmi”, ma la curiosità fu troppo forte e la destò completamente. La prima cosa che Hermione vide fu il nero. Allungò la mano per capire cosa fosse. Le sue dita toccarono un tessuto ruvido, sotto il quale percepì il battito frenetico di un cuore. “Devo essere in braccio a qualcuno” pensò. Alzò lo sguardo e urlò. “Mi metta giù! Professore, mi metta giù! È un ordine!”. “Cosa? Tu osi darmi degli ordini Granger?! Mi prendi in giro?” disse Piton, lasciando cadere Hermione, con un ghigno, visibilmente divertito. “Ecco…Io…Non volevo darle un vero e proprio ordine, ecco…” disse la giovane arrossendo, mentre si alzava. “Lascia perdere Granger. Ti accompagno al tuo dormitorio; e cinque punti in meno a Grifondoro”. Hermione lo guardò in cagnesco, ma non replicò. Così, si avviarono verso la torre di Grifondoro. Durante il tragitto, rimasero in silenzio ma la ragazza lanciò diverse occhiate al professore e notò che il ghigno di poco prima aveva il posto ad un’aria tesa, concentrata, gli occhi in continuo movimento, come se fossero all’erta. Arrivati davanti al ritratto della Signora Grassa, Hermione ebbe un’illuminazione: ricordò quando Harry le disse che Piton era un Mangiamorte pentito, diventato la spia di Silente. Quindi, se Voldemort era davvero risorto… “Tornerà da Lui? Riprenderà il suo ruolo di spia?” non riuscì a trattenersi. Piton fu come scosso da quelle parole, e passò involontariamente la mano sull’avambraccio sinistro. “Come fai a sapere…” le rispose. “Ho le mie fonti”, gli disse sorridendo.”Potrei conoscerle?” domandò Piton, avvicinandosi sempre di più. “Certo che no!” replicò lei, indietreggiando fino ad appoggiare la schiena contro il muro, sul quale l’uomo appoggiò una mano. Osservò profondamente gli occhi della giovane leggerle la mente, ma lei interruppe il contatto visivo. Senza demordere, Piton si trovò a pochi centimetri dalla facci di Hermione e le sussurrò “Sicura di non volermi dire proprio niente Granger? Sai, so essere molto persuasivo quando voglio”. Un mezzo sorriso gli si dipinse sul volto. “Davvero?! Lo dimostri allora” disse con fare malizioso la strega, che allo stesso tempo pensò “Non posso crederci! Sto flirtando con Piton!”. Il professore inarcò un sopracciglio, si avvicinò ancora si più al viso di lei e iniziò a baciarle lievemente il collo. Hermione fu scossa da un brivido lungo la schiena che si mosse leggermente. “Devo essere impazzito! Sì, sicuramente. Perderò il mio lavoro…ma non m importa” rimuginò tra sé e sé l’uomo. Poco dopo, Piton posizionò le sue labbra sul lobo di Hermione, soffiandole “Allora Granger, sei disposta a raccontarmi qualcosa, adesso?”-“No. Comunque, lei non ha ancora risposto alla mia domanda.”-“Non ho la minima intenzione di farlo.”-“Sa professore, anch’io so essere persuasiva, se voglio”-“Mi stai prendendo in giro Granger?”disse l’uomo con un’ara beffarda. Hermione, determinata come non mai, gli avvolse le baraccia attorno al collo, e lo baciò con passione. Il mezzo sorriso di scherno sulla faccia di Piton si trasformò, inizialmente, in un’espressione sorpresa, poi soddisfatta. Si abbandonò al bacio, tenendole la testa con una mano, per spingerla più vicino alle sue labbra, mentre con l’altra, le accarezzava la schiena. Quando si staccarono, Hermione era rossa in viso, ma aveva un’aria trionfale. “Allora professore, sono o non sono persuasiva?”. Piton non disse nulla. La guardò inebetito. “Lo prendo per un sì” disse allegra la strega. Dopo che Hermione ebbe attraversato il ritratto, Piton si diresse verso i sotterranei, per la prima volta felice  dopo molto tempo, ma con un velo di preoccupazione, sapendo il difficile compito che lo attendeva.

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Capitolo 5
*** Il sogno, Occlumanzia e... ***


 

Capitolo 5- Il sogno, Occlumanzia e…

“Sono settimane che stiamo chiusi in camera, mamma! Abbiamo il diritto di sapere!” disse furibondo Ron. “Sì, signora Weasley, suo figlio ha ragione” gli fecero eco Harry e Hermione. Si trovavano davanti alla cucina di Grimmauld Place, per origliare una delle tante riunioni dell’Ordine della Fenice, poiché la madre di Ron aveva categoricamente vietato loro di parteciparvi. La signora Weasley era uscita dalla cucina nell’esatto momento in cui Hermione si era accovacciata per spiare attraverso la serratura, siccome Harry e Ron volevano sapere chi stava partecipando alla riunione. Anche lei era curiosa ovviamente, ma le interessava vedere una persona in particolare, a cui si sentiva sempre più legata. Da quel bacio alla fine dell’anno scolastico, lei e Piton avevano avuto diversi incontri, tutti con lo scopo di mettere in chiaro la situazione che li coinvolgeva. Ovviamente, ogni volta le parole lasciavano il posto ai baci. Mentre Molly li stava sgridando, dalla cucina si sentì una sedia strisciare sul pavimento e poco dopo apparve Piton sulla porta. Si appoggiò allo stipite con una spalla e incrociò le braccia al petto, incenerendo con lo sguardo i suoi tre studenti, che si ammutolirono appena lo videro. Hermione alzò impercettibilmente gli angoli della bocca in segno di saluto, in modo che gli altri non la vedessero. Piton le rispose con un minimo cenno del capo. “Sicuro di non voler rimanere a cena, Severus?” chiese Molly, con fare materno. “No. Devo tornare a Hogwarts per parlare con Silente e segnare nei miei appunti che dovrò togliere cinque punti ciascuno a quei tre, all’inizio della scuola” esclama il professore con un ghigno sprezzante. Detto questo uscì. Hermione notò che Piton aveva dimenticato il taccuino con cui era arrivato a mezzogiorno. “Signora Weasley, il professor Piton ha lasciato questo. Vado a restituirglielo”. “Certo cara,vai pure”. La ragazza prese il mantello e lo seguì. Quello era l’unico modo possibile per stare insieme, anche solo per poco: lui dimenticava volontariamente qualcosa, e lei, da brava studentessa, da brava studentessa, gliela riportava. Infatti, svoltato l’angolo a destra che si apriva in un vicolo buio, trovò l’uomo ad aspettarla. Indossava il suo solito mantello nero, che lasciava intravedere un paio di jeans. “Non gli ho mi visto portare qualcosa che non fosse di quel colore” pensò la strega, guardandolo. Poco dopo si schiarì la voce, rompendo il silenzio. “Le ho portato il suo quadernetto, professore. L’aveva dimenticato”. Piton la guardò. “Già che sbadato” disse avvicinandosi. “E’ vero! Inizia a perdere colpi” scherzò la strega. “Non. Ti. Azzardare!”esclamò e la baciò lievemente  sulle labbra, come una vecchia coppia, come se si conoscessero da sempre. Hermione sorrise. Si divertiva a giocare sull’età di lui, particolarmente sensibile sull’argomento. “Allora, come mai tutte queste riunioni? Che cosa succede?”. Piton inarcò un sopracciglio. “Io ti bacio e tu pensi alle riunioni? Ti toglierò altri cinque punti. Comunque, niente che ti riguardi”. Hermione iniziava ad arrabbiarsi. “Ti ricordi quello che ho detto prima delle vacanze? La mia capacità di persuasione…”. L’uomo non le lasciò finire la frase, appoggiando le labbra a quelle della giovane. Un bacio che si fece sempre più passionale: Piton tracciò il contorno della bocca di Hermione con la lingua. Quando lei la schiuse, il professore si staccò, con un ghigno: sapeva di infliggerle una dolce tortura. “Certo che me lo ricordo Granger, ma come hai potuto capire…ti ho anticipata”. La strega era rimasta con le labbra un po’ aperte, gli occhi ancora chiusi, in attesa. Quando sentì Piton ridere, li aprì di scatto. Il suo sguardo era furente, lo avrebbe incendiato se solo avesse potuto. Gli diede le spalle e si allontanò. “Granger? Dove vai?”. Severus non si era aspetta quella reazione. Hermione si voltò e iniziò a correre verso di lui. Gli saltò in braccio, facendogli sbattere la schiena contro il muro. Gli prese il viso tra le mani e continuò quello che lui aveva interrotto. Piton la allontanò, con il fiato corto. “Sei impazzita, ragazzina?!”. Hermione  non lo ascoltò e iniziò a mordicchiargli le labbra, il collo e le orecchie. “Eri pronto anche a questo?” gli chiese, sentendo il capo dell’uomo fare leggermente no. “Allora, mi vuoi dire che succede?”. Piton mimò un altro no. Imperterrita, la ragazza strinse le sue gambe intorno alla sua vita. Le mani del professore strinsero con più forza il mantello che copriva la schiena di lei, lasciandosi sfuggire un lieve gemito. “Ne sei proprio sicuro?”. Severus stava per cedere, quando Molly gridò “Hermione! Hermione! Dove sei? La cena è pronta!”. Piton avvolse il proprio mantello attorno alla ragazza per nasconderla, anche se la signora Weasley non si affacciò al vicolo. Hermione si sciolse mal volentieri da quella posizione e gli stampò un veloce bacio. “Ci vedremo tra una settimana a scuola” gli disse prima che il professore si smaterializzasse.
La scena cambiò. Era a lezione di Pozioni, a metà ottobre, china sul suo calderone con un sorriso trentadue denti che non riusciva a celare. Piano piano, nascose sotto un quaderno il biglietto che Piton le aveva lasciato sul banco, senza che nessuno se ne accorgesse.
Nel mio studio. Alle 11.00. dopo le lezioni di Occlumanzia di Potter. Nasconditi sotto il Mantello dell’Invisibilità. So che Potter ha quel particolare indumento. Ti aspetto. Severus.
Da quasi un mese, non riuscivano a vedersi: non poteva continuamente essere messa in punizione. La cosa sarebbe diventata sospetta. Il loro ultimo incontro, sulle sponde del Lago Nero, sotto le stelle…Hermione lo ricordava con nostalgia, come se da quel momento fossero passati anni: baci, prima dolci che poi diventavano giochi di lingue, carezze, fino a quando la ragazza fu a cavalcioni sopra di lui. Un momento di imbarazzo. Lei non si era mai trovata in una situazione del genere e, ovviamente non sapeva cosa fare. Aveva ancora in mente l’immagine degli occhi di Severus che aveva percepito i suoi pensieri e come questi si sgranarono quando sentì dei passi vicino a loro. Il suono della campanella scosse Hermione dai suoi ricordi. “Venti punti in meno a Grifondoro. La signorina Granger non ha portato a termine” sogghignò Piton. “ma cosa diavolo blatera?!” pensò la strega, osservando la sua pozione, effettivamente incompiuta. Non poteva crederci! Con gli occhi sgranati si voltò verso il professore che aggiunse “Si fermi, signorina Granger”. Gli altri studenti corsero fuori dai sotterranei, lasciandoli soli. Severus le si avvicinò piano, cullandola in un abbraccio, cercando di tranquillizzarla. “So a cosa stavi pensando. La tua mente è come un libro aperto. Se fossi stato in te, anch’io mi sarei distratto”. Non riuscì a trattenere un mezzo sorriso. “ Non ho mai sbagliato niente” mugolò Hermione. “Può capitare. Adesso vai a lezione. Ricordati di questa sera”. A quelle parole, il viso della strega si illuminò. “Come dimenticarlo” disse, alzandosi in punta di piedi per sfiorargli appena le labbra. Prima che Piton potesse approfondire il bacio, scappò via, ridendo.
La scena cambiò. Hermione era sotto il Mantello dell’Invisibilità. L’aveva chiesto ad Harry, con la scusa di andare a studiare in biblioteca. Il ragazzo non aveva posto domande, ormai abituato alla richiesta dell’amica. La giovane era davanti alla porta dell’ufficio di Piton, la quale era socchiusa. La spinse piano, cercando di non fare rumore. Nella stanza non c’era nessuno. Solo una luce proveniva dalla scrivania del professore, di un azzurro intenso, che attirava Hermione come una calamita. “Un pensatoio” rimuginò la strega, ricordando le diverse immagini sui libri. Incuriosita, vi immerse la testa.
“Lily! Lily! Andiamo! Arriveremo tardi ai G.U.F.O”-“Arrivo Severus! Corri! Stanno chiudendo il portone!”-“Piton! Evans! Muovetevi!”-“Sì, professoressa McGranitt!”
“Vorrei tanto sapere cosa ci trovi Lily in te, Mocciosus!”-“Lasciami andare, Potter!”-“James! James! Lascialo in pace!”-“Non ho bisogno di te, sporca Mezzosangue!”
“No! No! Lily! Non mi lasciare! Mi discpiace…Non volevo…Perdonami! TI AMO!”. Un uomo vestito di nero stringeva il corpo di una donna dai capelli rossi, con gli occhi verdi spalancati. Il corpo rigido. Piton piangeva.
Piton sedeva nel suo studio. In una mano stringeva una foto di Lily che sorrideva mentre teneva in braccio un Harry di circa un anno. L’uomo piangeva. Piangeva e beveva.
Piton sedeva tra gli insegnanti e fissava con curiosità una ragazza dai capelli cespugliosi e gli occhi color nocciola.
Piton nel suo studio, mentre dava un lieve bacio ad Hermione, prima di lasciarla andare.
La Stanza delle Necessità in cui gigantografie di Hermione che si rivolgevano ad un Piton sorpreso ed arrabbiato, allo stesso tempo.
Piton correva verso i sotterranei, con un grande sorriso. Nel suo studio parlava alla foto di Lily. “Sai, è ora che io ti lasci andare. Forse ho conosciuto la persona che mi potrebbe farti dimenticare, anche se sarà difficile ammetterlo. Non sto parlando di amore. No, è ancora presto…ma chi lo sa…”. Con un colpo di bacchetta, bruciò la foto.
Hermione alzò la testa dal pensatoio, con un’espressione indecifrabile dipinta sul volto. “Lui…lui prova qualcosa…qualcosa d’importante”. Era felice. “Ti sei divertita Granger?”. Una voce profonda alle sue spalle, la fece trasalire. Si voltò lentamente ed incrociò lo sguardo con quello dell’uomo seduto su una poltrona di pelle nera, con le gambe accavallate, le dita delle mani intrecciate davanti alla bocca. L’espressione degli occhi, illeggibile. “Non volevo sbirciare, ma la tentazione era forte”-“Trovato niente di interessante?”-“”Devo dire di sì”. Hermione gli si avvicinò, gli fece scivolare la gamba dall’altra e si sedette a cavalcioni sopra di lui. Dopo quello che aveva sentito, voleva annullare tutte le distanze che ancora c’erano. Gli pose un lieve bacio sulle labbra e gli sussurrò all’orecchio “Grazie Severus”. Piton la guardò. Sapeva a cosa la ragazza si riferisse, ma fece finta di niente. “Non so di cosa stai parlando. E da quando mi chiami con il nome di battesimo?”-“Da ora, dato quello che ho sentito. Sai, dovresti iniziare anche tu a chiamarmi Hermione”-“non ne vedo il motivo”. La ragazza sbuffò divertita. Avvicinò il viso a quello del professore e lo baciò con passione. Piton si lasciò trasportare e poggiò un mano sulla schiena della ragazza e l’altra premeva sulla testa di lei. Hermione si muoveva impercettibilmente, non per malizia, solo per trovare una punizione più comoda. Per sbaglio, una mano scivolò sui pantaloni di lui e sentì un rigonfiamento. La strega avvampò e guardò Piton, alquanto imbarazzato. All’uomo sembrava di essere un adolescente alle sue prime esperienze, non tanto perché era da molto tempo che non aveva rapporti con una donna, ma perché quella donna era Hermione. La ragazza, superato quel momento, acquistò un coraggio che non si sarebbe mai aspettata. Si accomodò sulle gambe di Severus e prese a slacciargli i bottoni del completo nero, baciandolo. Anche lui iniziò a sbottonarle la camicia verde che indossava, sentendo i pantaloni diventare sempre più stretti. Quando entrambi erano a torso nudo, Piton afferrò la strega per un polso, dicendole “Hermione. Dobbiamo fermarci.”. la giovane, col fiato corto,non riusciva a capire il motivo di quella interruzione improvvisa. Tutto stava andando perfettamente. “Sento dei passi che si avvicinano” rispose l’uomo ai pensieri della ragazza. Dieci secondi dopo, qualcuno bussò alla porta.

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Capitolo 6
*** Tu dov'eri? ***


 

Capitolo 6- Tu dov’eri?

“Che cosa facciamo?” sussurrò Hermione spaventata. “Rimettiti la camicetta e nasconditi sotto il Mantello” rispose Piton, un po’ agitato. Si sentì bussare ancora e subito dopo una voce “Professore? Professore posso entrare?”-“Harry?! Perché Harry è qui?” domandò la strega, con un filo di isteria, aiutando l’uomo ad allacciarsi più velocemente i bottoni della casacca nera. “Fai provare me Harry. Severus? Severus, apri la porta. Ho bisogno di parlarti con una certa urgenza”-“Fantastico, ci mancava solo Albus!” disse Piton, gettando il Mantello dell’Invisibilità sulla studentessa. “Cerca di stare il più ferma possibile mettiti sotto la scrivania” ordinò a bassa voce l’uomo, avviatosi ad aprire la porta. “Eccoti finalmente! Saresti così gentile da far accomodare me e il signor Potter nel tuo studio? Come ti ho anticipato, abbiamo qualcosa di cui discutere” disse affabile il preside. Piton, con un’espressione scocciata dipinta sul volto, si scostò dalla porta, lasciando passare i due ospiti. “Che buon odore Severus! Non l’ho mai sentito. È muschio bianco per caso?”. A quelle parole, il professore sbiancò. “Io non sento niente! Allora, di cosa dobbiamo parlare?”-“Vedi Severus, vorrei tanto sapere perché hai smesso di dare lezione di Occlumanzia ad Harry”-“Semplicemente perché ci siamo allenati per settimane, senza ottenere alcun miglioramento. Il signor Potter non si è applicato negli esercizi, nonostante gli avessi ripetuto quanto fosse importante che lui imparasse a chiudere la mente. Non ho intenzione di perdere altro tempo”. Gli occhi di Silente luccicarono. “Interessante. Vedi Severus, alle mie orecchie è giunta un’altra storia. Il signor Potter mi ha confessato di essere stato cacciato dai sotterranei dopo che tu l’hai sorpreso con la testa immersa nel Pensatoio”. Il cuore di Hermione mancò un battito. “Harry ha visto i ricordi di Severus?! O Merlino, Harry sa tutto!”pensò disperata la strega, che si lasciò sfuggire un gemito di stizza ed esasperazione. Quando si accorse di ciò che aveva appena fatto, si portò le mani alla bocca. Ormai era troppo tardi, infatti lo sguardo del preside dardeggiò verso la scrivania. Un colpo di tosse di Piton cercò di distrarre Silente. “Sì, ho sorpreso il ragazzo in quel particolare frangente. Questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Resta che Potter è un pessimo occlumante che se ne infischia degli ordini datigli”-“Gradirei che le lezioni continuassero”.- “COSA?!” risposero all’unisono Harry e Piton. “Non fate quelle facce. È di vitale importanza che tu, Harry, impari l’Occlumanzia e non c’è migliore occlumante di te, Severus. Quindi ogni venerdì sera si terranno queste particolari lezioni. Ora, tutti a letto”. Con aria allegra, Silente si alzò, seguito da Harry. Insieme uscirono dai sotterranei. Piton si lasciò cadere sul divano di pelle. Hermione si tolse il Mantello e si sedette accanto a lui. “Harry sa tutto?” domandò timorosa. “No. Fortunatamente sono riuscito a togliere il suo testone dal Pensatoio prima che potesse vedere i ricordi su di te. Ha solo osservato la scena in cui ho litigato con Lily”. A quelle parole,la ragazza si rilassò un po’, notando però l’espressione accigliata sul volto dell’uomo. “Cos’hai?”-“Silente ti ha sentita”. La strega deglutì. “Lo so. Che cosa   facciamo?”. Piton la guardò. Nei suoi occhi si leggeva una lotta interiore molto intesa: non poteva metterla in difficoltà, eppure la voleva vicina a sé, non voleva lasciarla andare. Alla fine la ragione prevalse sul sentimento. “Io…io non lo so. Forse sarebbe meglio non vederci più”. Hermione si sentì svuotata. Un grande buco stava prendendo il posto del cuore. “Che cosa hai detto?”-“Mi hai capito”. Severus non riusciva a sostenere il suo sguardo. Fissava il pavimento. “TU NON TI STAI INNAMROANDO DI ME!” gridò furiosa la strega. “SE TU PROVASSI QUALCOSA PER ME, NON MI LASCERESTI COSì. NON TI FARESTI INTIMIDIRE DA NULLA. COMBATTERESTI PER AVERMI. FARESTI DI TUTTO PER TENERMI ACCANTO A TE”. Si alzò e si diresse verso la pporta con il fare orgoglioso di una vera Grifondoro. Si girò verso Severus. “SE TU MI AMASSI, TI ALZERESTI PER SBARRARMI LA STRADA”. Piton non si mosse. Hermione sbattè la porta dietro di sé. Sotto il Mantello dell’Invisibilità iniziò a piangere, in silenzio.
La scena cambiò. Hermione aveva la testa tra le mani, i capelli le ricadevano sul viso e le lacrime rigavano le sue guance incrostate di sangue. Erano mesi che piangeva. Ormai non faceva altro da quando aveva smesso di vedersi con Piton. Si era stufata di quell’Hermione piagnucolosa. Eppure, in quel momento era seduta sul bordo del letto del professore. Voleva vederlo. Doveva vederlo. Sentì la porta dello studio sbattere e poco dopo comparve la figura bianca, tirata e preoccupata di Severus. “Che cosa ci fai tu qui?”. A quelle parole, Hermione afferrò la bacchetta che si trovava nella tasca dei jeans e si avventò sull’uomo. Lo spinse, facendolo cadere a terra e gli urlò, puntandogli l’arma al petto “TU DOV’ERI? TU? DOVE? ERI? ABBIAMO COMBATTUTO CONTRO I TUOI AMICHETTI! C’ERA L’ORDINE AL COMPLETO! SIRIUS è MORTO! SIRIUS…è…MORTO…” ma la voce della ragazza si incrinò. La bacchetta le scivolò di mano e le lacrime colmarono di nuovo i suoi occhi. Piton la osservava con un misto di rabbia, ammirazione e passione. Quella passione che soffocava da mesi, da quando l’aveva lasciata,da quando Silente, dopo l’incontro nel suo studio, gli aveva detto che sarebbe stato disposto a chiudere un occhio pur di vederlo felice, da quando non ha avuto il coraggio di parlarle per paura di averla allontanata totalmente. “Ero con Silente”-“NON MENTIRE! NON MENTIRE A ME! SILENTE ERA AL MINISTERO. SILENTE HA COMBATTUTO. TU DOV’ERI?”. Piton la prese per le spalle. “Guardami. Guardami. Non capisci? Non potevo venire al Ministero. La mia copertura sarebbe saltata!”. Hermione gli lanciò un’occhiata sprezzante. “La tua copertura come membro dell’Ordine e come Mangiamorte fedele a Voldemort?”. L’uomo fu attraversato da un brivido lungo la schiena, non solo per aver sentito il nome del Signore Oscuro. Stringendo con più forza le spalle della strega, al avvicinò a sé e la baciò come non aveva mai fatto prima. Hermione non oppose resistenza, anzi assecondò i suoi desideri repressi. Fece scivolare le sue mani sul petto dell’uomo, slacciandogli febbrilmente prima i bottoni del mantello nero e poi quelli della camicia bianca. Severus la prese in braccio e la portò verso il letto dove si sdraiò sopra di lei, togliendole con foga i vestiti sporchi e rotti. Quando le mani pallide di entrambi arrivarono alla vita dell’altro, si guardarono negli occhi, traboccanti di passione. Hermione sorrise. Incoraggiato, Severus slacciò il bottone dei jeans della strega e li fece scivolare via lentamente, mentre Hermione gli faceva scomparire i pantaloni con un colpo di bacchetta. Sapeva essere un gesto poco romantico, ma non voleva riemergere da quei profondi pozzi neri, nei quali era annegato il suo sguardo color nocciola. Ogni imbarazzo era ormai scomparso. L’inesperienza della ragazza era stata totalmente annullata dal mago,che l’aveva ricoperta di carezze, piccoli morsi e baci per tutta la notte. Hermione aveva avuto paura di poche cose in vita sua e il sesso ne faceva sicuramente parte. Dopo quelle ore trascorse con Severus, si rese conto di quanto un uomo, qualsiasi uomo, possa diventare dolce e di quanto una ragazza possa sentirsi viva, felice, donna. Sì, perché lei ora era una donna. Quando i raggi del sole fecero capolino nella stanza di Piton, Hermione si svegliò. Coperta da un leggero lenzuolo nero, i fianchi cinti dalle braccia dell’uomo, che si stava destando. “Buongiorno” disse con la voce ancora impastata dal sonno, togliendosi i capelli scompigliati dagli occhi. “Ciao” gli rispose Hermione, senza guardarlo. “Cos’hai?” chiese l’uomo, notando l’espressione cupa della giovane. “Pensavo alla discussione di ieri sera. Non hai risposto alla mia domanda.”-“Credevo di averlo fatto”. La ragazza lo guardò confusa. Severus sbuffò divertito. “Stanotte, ti ho dimostrato quale copertura ho scelto di non rovinare”. Il viso di Hermione si illuminò. Gli buttò le braccia al collo, baciandolo sul viso, dando inizio ad un’altra ora di passione. Intanto, nello studio del preside, Silente sorrideva soddisfatto nel vedere i due puntini Di Severus e Hermione sulla Mappa del Malandrino, che Harry gli aveva prestato.
 
 

ANGOLO DELL’AUTRICE: grazie a tutti quelli che hanno recensito la mia storia, l’hanno inserita tra le preferite, le seguite o le ricordate. Essendo la mia prima storia lo apprezzo davvero molto. Un grazie particolare va a Unia. Grazie per sopportarmi. Continuate a leggere. Spero vi piaccia.

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Capitolo 7
*** Il sogno e una festa Lumacosa ***


 

Capitolo 7- Il sogno e una festa Lumacosa

“Forza ragazzi! Non abbiate paura! Non mangio mica, sapete?” esclamò con tono affabile l’insegnante di Pozioni. “Non ha l’aria di essere un tipo sveglio. Spero solo che sia meglio di Piton” sussurrò Ron all’orecchi di Harry, che annuì vigorosamente. Hermione li incenerì con lo sguardo. Aveva sempre adorato Pozioni e odiava l’idea che ora Severus insegnasse l’unica materia in cui non aveva preso E ai G.U.F.O. “Avete scelto un calderone? Bene! Sono Horace Lumacorno. Riprendo la mia cattedra di Pozioni, che è stata brillantemente occupata dal professor Piton, a quanto mi hanno riferito”.  Un vociare sommesso serpeggiò tra gli studenti, memori delle ore di terrore passate nei sotterranei, con il nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure. “Bene! Bene! Per la lezione di oggi, ho preparato una particolare mistura. Qualcuno sa dirmi cos’è?”. La mano di Hermione scattò. Non aveva preso in simpatia Lumacorno, ma le vecchie abitudini erano dure a morire. Il viso dell’insegnante si illuminò. “Sembra un bambino la mattina di Natale” pensò scocciata la ragazza. “Mi dica, mi dica… Signorina…”-“Granger, signore. Hermione Granger di Grifondoro. È Amortentia, professore. Il filtro più è potente del mondo , che provoca una forte infatuazione. L’Amortentia assume un odore differente per ognuno di noi, in base a ciò che ci attrae”.  “Benissimo signorina Granger, dieci punti a Grifondoro” le disse Lumacorno raggiante. “Aggiungerei altri dieci punti alla sua casata, signorina Granger, se accettasse questa piccola sfida: ci dica che odore ha per lei la pozione. Ovviamente, se non se la sentisse, non toglierei punti a Grifondoro”. Hermione non se lo fece ripetere due volte. Avrebbe fatto di tutto pur di guadagnare qualche punto. Si avvicinò ulteriormente alla cattedra. “Sento…profumo di pergamena usata, ribes nero e sangue”. Il sorriso sul volto del professore svanì, mentre quello della ragazza non si scompose. La pelle di Severus aveva spesso quell’odore ferruginoso, che le piaceva. Tornando al suo posto, non poté fare a meno di percepire una lieve preoccupazione, come se quel particolare odore fosse stato un segno premonitore di qualcosa di brutto. Pochi secondi dopo, Lumacorno si riprese. “Grazie miss Granger. Sono lieto di constatare che l’orgoglio Grifondoro non si smentisce mai. Altri dieci punti, allora! Bene! Dopo questo piccolo esperimento, vorrei che oggi preparaste per me un Distillato della Morte Vivente. La ricetta la troverete sul vostro libro di testo. Buon lavoro!”-“Professore! Io e Ron non abbiamo il libro. Sa, il professor Piton non accettava studenti che non avessero preso E ai G.U.F.O., quindi…”-“Non preoccuparti ragazzo mio, non preoccuparti! Tu e il tuo amico potete usufruire dell’armadio delle scorte”. Hermione aveva già iniziato a lavorare, quando Harry le si avvicinò con aria afflitta, stringendo tra le mani un manuale dalla copertina consunta. “Chi ah potuto trattare un libro in questa maniera!?” esclamò indignata la strega, guardando torva il suo compagno. “Non lo so, ma non è colpa mia se è in questo stato Hermione! Prenditela con il Principe Mezzosangue!”-“Chi?!”-“Il precedente proprietario del libro, probabilmente” le spiegò Harry, mostrandoglielo. Nell’ora successiva, l’iniziale avversione del giovane verso l’ex possessore del manuale era praticamente scomparsa: la sua pozione appariva perfetta, addirittura migliore di quella di Hermione, che sembrava essere sull’orlo di una crisi di nervi. Al suono della campanella, la ragazza consegnò una provetta del suo lavoro e uscì di corsa dai sotterranei borbottando, seguita da un annoiato Ron e da un raggiante Harry. Arrivarono all’aula di Difesa contro le Arti Oscure mentre Piton stava chiudendo la porta.  Non appena si sedettero, l’insegnante si rivolse alla classe, con il solito timbro atono della voce “Mi conoscete tutti, quindi non c’è motivo di sprecare tempo in inutili presentazioni. Oggi vi eserciterete sugli Incantesimi non Verbali. Concentratevi con tutte le vostre energie su un determinato incantesimo, senza pronunciarlo. Lavorerete a coppie”. Detto questo, fece scomparire i banchi e tappezzò il pavimento di materassi. Hermione, dopo qualche sforzo, riuscì a disarmare Harry, che non era ancora riuscito a fare niente. Dopo circa mezz’ora, Piton si avvicinò alla ragazza. “Visto che la signorina Granger, anche se in maniera piuttosto deludente, è stata l’unica ad ottenere un risultato, vi daremo una dimostrazione di ciò che accade in un duello non verbale”. Si posizionarono un di fronte all’altra, scrutandosi. All’improvviso, una luce rossa uscì dalla bacchetta di Piton ed Hermione urlò istintivamente “PROTEGO”. Un ghigno si dipinse sul volto del professore. “Se non se ne fosse accorta ci stiamo esercitando sugli Incantesimi non Verbali. Dieci punti in meno a Grifondoro e punizione alle otto nel mio studio, signorina Granger”. Hermione stava per ribattere, ma chiuse la bocca. Si sentiva tremendamente irritata per come Severus l’aveva trattata, eppure dentro di sé provava una grande felicità: sarebbe stata sola con lui, dopo un’intera estate! Merlino, quanto le era mancato! L’ombra di un sorriso le apparve sul viso. Un sopracciglio di Piton si inarcò. “Sarebbe così gentile da spiegarmi che cosa trova di divertente in questa faccenda, signorina Granger?”-“Niente. Mi sembrava solo di aver sentito Malfoy pronunciare un incantesimo e mi stavo domandando come mai lui non avesse ricevuto lo stesso trattamento”. Il ghigno dell’insegnante scomparve, mentre Harry e Ron la guardavano con gli occhi sgranati. “Non permetto a nessuno di parlarmi in questo modo! Altri dieci punti in meno a Grifondoro per la tua sfacciataggine, signorina Granger! Inoltre, la tua punizione di questa sera, si prolungherà per il resto della settimana! Che cosa avete da guardare?! Continuate ad esercitarvi!”. Piton si sedette dietro la cattedra. Scrutava con aria torva la strega, ma nei suoi occhi spiccava un’espressione divertita, che non sfuggì alla ragazza. Alle otto, Hermione si avviò verso l’ufficio del professore. Bussò alla porta ed entrò. Severus era seduto su una poltrona. Stringeva un bicchiere di Vino Elfico in una mano e un libro di magia oscura nell’altra. “Sera” disse senza degnarla di uno sguardo. Hermione gli si avvicinò e gli diede un lieve bacio sulle labbra, a cui lui non rispose. “Che cosa succede?”. Finalmente, Piton posò gli occhi sul volto della strega e una smorfia sadica gli increspò le labbra. “Vedi, volevo passare una serata con te, ma la tua stupidità da Grifondoro non mi lascia scelta. Sei veramente in punizione”. Hermione lo guardò infuriata. “Che cosa avrei dovuto dire!? Sorrido professore, perché so che passeremo la notte insieme? Preferivi una risposta di questo tipo?”. Severus lanciò il libro su un’altra poltrona, bevve quello che rimaneva del Vino e si avvicinò con sguardo malizioso alla strega. Le spostò una ciocca di capelli dal collo. “Mi sei mancata” disse ed iniziò a lasciarle una scia di baci dall’orecchio alla clavicola. “La mia punizione?” gli soffiò la ragazza. “Credo possa aspettare, non sei d’accordo?”-“Assolutamente!”. Hermione gli prese la mano e lo condusse all’appartamento adiacente lo studio. Qualche ora dopo, Severus stava tamburellando le dita sulla schiena nuda della strega e cantava sottovoce. “Che cos’è?”-“Una ninnananna. Me la cantava spesso mia madre per farmi addormentare. Con me non funzionava ed evidentemente non scaturisce alcun effetto neanche su di te”. Le rivolse un sorriso stanco. “Credo che sia meglio che vada. Sono quasi le undici”. Hermione fece per alzarsi dal letto, quando una mano del professore  le strinse dolcemente la spalla. “Aspetta. Non abbiamo parlato molto oggi” e un sorriso malizioso illuminò il volto di entrambi “vorrei sapere com’è andato il tuo primo giorno di scuola”. La strega lo guardò. Sapeva che Severus voleva sentirsi elogiare per la sua lezione, ma l’immagine del libro del Principe mezzosangue le balenò nella mente, facendole assumere una strana espressione. “Tutto bene? Sei diventata improvvisamente seria”-“Sì sì, non preoccuparti. Parleremo un altro giorno. Adesso voglio andare a dormire”. La voce suonava falsa addirittura a Hermione, che non si sorprese di trovare gli occhi indagatori dell’uomo incatenati ai suoi. Fu un attimo. La ragazza sentì un dolore lancinante nella testa, come se un ago stesse tentando di bucarle il cervello. “NO!” urlò la strega e si trovò sdraiata sul pavimento. Lo sguardo di Piton  la stava scrutando con un’espressione preoccupata ma curiosa allo stesso tempo. “Cos’è successo?” gracchiò Hermione, tenendosi la fronte tra le mani. “Mi dispiace. Ero solo curioso”-“Ti dispiace di cosa? Potresti spiegarti?”-“Ho usato la Legilimanzia ma…”-“TU COSA!? Lo interruppe la strega. Severus rise di gusto. Dopo aver constato di non averle fatto del male, il professore si sentiva decisamente sollevato. “Te l’ho detto. Ero curioso di sapere cosa ti stava facendo impensierire. Comunque, non sapevo che tu fossi un’Occlumante”. “Infatti non lo sonno!” rispose accigliata. “Come non lo sei? Hai appena chiuso la mente. Non mi hai fatto vedere quello che aleggia nella tua testolina”. Un’altra risata scosse l’insegnante. “Posso sapere cosa ci trovi di così divertente?” chiese irritata la studentessa. “Sono mesi che tento di insegnare a quel somaro del tuo amico l’Occlumanzia, e tu la padroneggi senza neanche saperlo!”. Severus la guardò affascinato. “Non ho mi studiato questa disciplina. Com’è possibile?”-“Capita. È molto raro. È una specie di dono, impossibile da spiegare razionalmente”. Hermione odiava tutto ciò  che era impossibile da spiegare razionalmente. L’uomo le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e la baciò. “Scusa, prometto che non userò più la Legilimanzia su di te”. “Per forza, son un muro impenetrabile!” disse ridendo la ragazza, mentre usciva dall’ufficio di Piton.
La scena cambiò. Un piumone  verde smeraldo copriva i corpi nudi di Severus e Hermione. Il castello era particolarmente deserto. Studenti ed insegnanti erano impegnati nell’ultima gita prima di Natale ad Hogsmeade. La strega aveva dovuto fingere di avere un forte raffreddore per convincere Ginny a  non rimanere nel dormitorio con lei. Hermione si strinse ancora di più al corpo dell’uomo. “Allontanati immediatamente! Sei un ghiacciolo!”-“Ti prego Severus, sii cavaliere. Fai appello a tutta la tua buona volontà, stringi i denti e culla la tua dama tra le braccia, difendendola da questo rigido inverno”. La risata divertita della strega echeggiò nella stanza. Il mago fece scivolare le braccia attorno alla schiena di lei, attirandola a sé. Hermione sorrise soddisfatta. Iniziò a disegnare, con le dita, dei ghirigori sul petto dell’uomo, mordicchiandosi il labbro inferiore, nella speranza di trovare le parole giuste. “Severus?”-“Dimmi”-“Sai…Ecco…Lumacorno darà una festa la sera della Vigilia di Natale e…”-“So dove vuoi andare a parare e la mia risposta è sempre la stessa:NO!”-“Perché no?”. Hermione sapeva benissimo il motivo di quel rifiuto solo che, come diceva spesso sua madre, la speranza è l’ultima a morire. “Hai bisogno di un disegnino, Granger?” sbottò Piton con tono acido. “Per quanto io voglia venire alla festa con te, non possiamo. Sarebbe compromettente per me, ma soprattutto per te. Mi dispiace, ma la mia risposta non cambia!”. Ci fu un attimo di silenzio. Hermione era consapevole che la decisione presa da Severus era quella giusta, eppure non poteva fare a meno di essere arrabbiata con lui. Si alzò di scatto dal letto, gettando il piumone addosso all’uomo. “Bene! Se non possiamo andarci insieme, dovrò arrangiarmi in qualche modo!”-“Ce cosa intendi dire?”-“Che dovrò trovare un altro cavaliere che mi accompagni”. Piton sgranò gli occhi. Hermione sorrise. Il suo piano stava funzionando alla perfezione. “Sai, ho notato che ultimamente McLaggen mi gironzola spesso intorno. Magari può accompagnarmi lui alla festa”.-“Non dirai sul serio!?”-“Certo! Perché? Tu ci andrai. Sei stato invitato, esattamente come me. L’unica differenza è che io non posso andarci da sola”. Hermione gli diede un veloce bacio sulle labbra e si avvicinò alla porta. “Sappi che sarai sotto il mio sguardo vigile per tutta la serata. Dopo tutto, sono un professore che si diverte a togliere punti alla minima effrazione” disse Piton, tentando di assumere un’espressione autoritaria; ma i suoi occhi lasciavano trapelare un sentimento differente. Rabbia? Gelosia? Preoccupazione? Sfida? La strega sorrise. “Ci vediamo alla festa, Severus” e si chiuse la porta alle spalle.
La scena cambiò. Hermione era nascosta dietro una tenda dell’ufficio di Lumacorno, addobbato per la festa. “Che cosa fai qui?”. Una voce la fece sobbalzare. “Harry! Muoviti! Non mi deve vedere!” disse la ragazza, trascinandolo dietro la tenda insieme a lei. “Chi non deve vederti?”-“McLaggen! Sono scappata via. Un altro minuto ancora in sua presenza e lo avrei schiantato! Non fa altro che parlare di sé, della su discendenza Purosangue, del Quidditch…Non lo sopporto!”. L’amico le rivolse un sorriso comprensivo. “Calmati Hermione. Fai un bel respiro profondo e vedi di non schiantare nessuno. Tra parentesi, sei bellissima stasera”. La strega lo abbracciò forte. “Granger! Potter! Che cosa state facendo?”. Lo sguardo di Piton passava freneticamente da un viso all’altro. Hermione aprì la bocca per rispondere, quando una voce la interruppe. “Hermione! Ecco dov’eri finita! Ti ho persa di vista quando Rita Skeeter mi ha fatto qualche domanda su una mia possibile carriera al Ministero. Vieni, devo mostrarti una cosa!”. McLaggen la trascinò per un polso davanti ad una vetrata, dalla quale pendeva un rametto di vischio. Hermione non si era accorta che il ragazzo stava per chinarsi verso di lei per baciarla. Qualcun altro sì, però. “MCLAGGEN!” tuonò la voce di Piton. “Venti punti in meno a Grifondoro e un mese in punizione!”. “Suvvia Severus! Sono solo ragazzi. Se non si fanno queste cose alla loro età! Quanto mi piacerebbe tornare ad avere sedici anni!” disse Lumacorno, posando una mano sulla spalla del collega. Piton rivolse un’occhiata sprezzante al suo vecchio insegnante, per poi tornare a posare il suo sguardo sulla strega. All’improvviso un rumore li fece voltare. “Professor Lumacorno! Professor Lumacorno!” urlò Gazza, entrando nella sala, mentre tirava per il colletto della giacca Draco Malfoy. “Ho trovato questo ragazzo che tentava di eludere la sicurezza” continuò il custode, con aria tronfia. Approfittando della situazione, Hermione sgusciò lontano da McLaggen e prima di dirigersi ai bagni sentì Severus parlare, con il suo solito tono mellifluo. “Non preoccuparti Horace. Ci penso io al signor Malfoy”. La ragazza stava camminando lungo il corridoio che portava al bagno di Mirtilla Malcontenta, quando sentì una voce dietro di sé. “Hermione? Hermione, dove sei? Dai, quel guastafeste di Piton se n’è andato! Non ci interromperà più! Possiamo riprendere da dove ci siamo fermati e poi, magari…” e una risata profonda smorzò la frase. La strega accelerò il passo, si fiondò nella prima aula libera e chiuse la porta con un incantesimo. Fece un lungo respiro profondo e sorrise. Aveva fatto talmente ingelosire Severus, da indurlo a pensare che ci fosse qualcosa tra lei e il suo migliore amico. Era felice della gelosia del professore perché era la prova lampante dell’affetto che lui provava per lei. Certo, la strega non si era ancora sentita dire quelle due magiche paroline, eppure sapeva, in qualche modo, che il sentimento dell’uomo era sincero. “Si tratta sempre di Severus Piton! L’intransigente e terribile professore!” pensò la giovane, soffocando una risata per non farsi scoprire. Rimase ancora qualche minuto nell’aula, fantasticando sul suo Severus. Allo scoccare dei dodici rintocchi, che segnavano la mezzanotte, si alzò e uscì. Si diresse verso la Torre di Grifondoro , ben attenta a non farsi vedere da nessuno, per paura di una punizione, o peggio ancora, da McLaggen. Era davanti al ritratto della Signora Grassa, quando una voce la fece voltare. “Ciao”. “O Merlino! Harry! Cosa…cosa ti è successo?” esclamò Hermione , osservando il volto pallido e stanco,, l’espressione preoccupata e spaventata dell’amico. “Piton e Malfoy” sussurrò il mago, appoggiando la testa contro il muro e lasciandosi scivolare, fino a sedersi. La strega sgranò gli occhi.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE: ECCO UN NUOVO CAPITOLO! SPERO VI PIACCIA! GRAZIE A TUTTI I LETTORI, SILENZIOSI E NON! 
   

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Capitolo 8
*** Tra incubo e realtà ***


 

Capitolo 8- Tra incubo e realtà

Piton e Malfoy, Piton e Malfoy, Piton e Malfoy, Piton e Malfoy…
Le parole di Harry continuavano a ronzarle in testa, come mosche fastidiose, che non riusciva a scacciare. Hermione si lasciò scivolare accanto all’amico. “Calmati! Non c’è bisogno di preoccuparsi! Malfoy è il pupillo di Severus, quindi non è strano vederli gironzolare per il castello. Allora perché Harry sembra così preoccupato?” pensò la strega, scrutando il viso del ragazzo. All’improvviso il mago si alzò. “Io vado! Devo parlare con Silente!”. Hermione lo fissò. “Silente? Perché Silente? Mi spieghi che cos’è successo?”. Harry sbuffò, impaziente. “Quando Piton ha portato via Malfoy dalla festa, li ho seguiti: sono scesi  nei sotterranei, ma poi il pipistrello ha chiuso la porta del suo ufficio, e non ho potuto ascoltare bene la conversazione”. Il ragazzo aveva detto tutto d’un fiato. Il suo petto si muoveva velocemente. Hermione gli rivolse un sorriso incoraggiante, per invitarlo a continuare. “Piton sembrava infuriato, ma Draco lo era ancora di più. Ripeteva che il Signore Oscuro l’aveva scelto e che Piton si stava intromettendo solo per ottenere la gloria”. “Draco è stato scelto? Per cosa? E Piton cosa c’entra?” lo interruppe la strega. “Malfoy ha detto che Voldemort gli ha affidato un compito. Non so di cosa si possa trattare, ma di certo Piton c’è dentro fino al collo!” esclamò Harry. Hermione cercò di mantenere un’espressione indecifrabile, ma dentro si sentiva morire. “Severus…devo parlargli subito!” pensò. D’un tratto, anche lei si alzò in piedi. “E’ mezzanotte, Harry. Non credo sia saggio andare da Silente adesso. Puoi parlargli domani. Riposati. Hai un’aria sconvolta”. Detto questo, la ragazza si allontanò dal ritratto della Signora Grassa, per dirigersi verso i sotterranei. “Tu dove vai a quest’ora?”. La voce di Harry la fece trasalire. “Io…ho dimenticato la borsa nell’ufficio di Lumacorno. Sai, non vorrei che qualcuno la prendesse” rispose Hermione, sperando che lui le credesse. Il ragazza la stava scrutando. “Va tutto bene Hermione?”. Silenzio. “Sì, certo! Ci vediamo domani”. Odiava mentire, soprattutto al suo migliore amico, anche se ultimamente le capitava spesso. Sgattaiolò fino ai sotterranei e bussò alla porta dell’ ufficio del professore. Incrociò le braccia al petto quando Severus le si parò davanti. “Tu! Che cosa credevi di fare stasera? Ti sei divertita? Sei cont…Hermione cos’è successo?”-“Dovrei farti io questa domanda, non credi?” disse la strega, con una calma quasi innaturale. Il professore si irrigidì. “Vieni”. Le disse brusco. La ragazza obbedì ed entrò nell’appartamento dell’uomo, dove si stese sul letto. Severus le si mise accanto. Tentò di abbracciarla, ma lei lo scostò in malo modo. “Cos’è successo stasera, Severus?” gli chiese. “Non so di cosa tu stia parlando”. La calma di Hermione si trasformò in rabbia. “Non sono una stupida, Severus Tobias Piton! Non trattarmi come tale! In che cosa siete coinvolti tu e Malfoy?-“Non ti riguarda”. La sopportazione di Hermione raggiunse il limite. Si mise a cavalcioni sopra di lui e lo guardò dritto negli occhi. Il suono secco dell’impatto della sua mano contro la guancia di Severus si disperse nella stanza. L’uomo si limitò a ricambiare lo sguardo. “Non puoi dirmi che tutto ciò non mi riguarda! Qualsiasi cosa che ti coinvolga, nel bene e nel male, mi riguarda! Quindi, spiegami perché tu e Malfoy fate parte di un piano architettato da Voldemort!”. Silenzio. Hermione continuava a fissare quei profondi pozzi neri, nei quali poteva scorgere rabbia, preoccupazione, desiderio. “Non hai pensato che il mio coinvolgimento non fosse legato al Signore Oscuro? Non hai pensato che Silente mi avesse chiesto di tenere sotto controllo Draco?”. Severus fece una pausa. “Ti ho già dimostrato da che parte sto. Perché non ti fidi ancora di me?”. Hermione trattenne il fiato: il mago le aveva appena tirato un vero e proprio schiaffo morale.  “Ha ragione. Mi fido di Silente e il preside di fida di lui. Credo anche ad Harry, ma Severus mi ha dimostrato più volte…” pensò la ragazza, mentre l’ombra di un sorriso malizioso le apparve sul viso. Piton la guardò stralunato. Avvicinò lentamente la mano alla guancia della giovane e quando le dita dell’uomo sfiorarono la sua pelle, Hermione fu scossa da un brivido. “Scusa. Mi fido di te come mi fido di Harry. Forse…Non mi hai ancora del tutto convinto della parte che hai scelto” sussurrò la strega, slacciando piano i bottoni della casacca nera di Severus. “Penso che tu abbia ragione…” e con un sorriso malizioso, l’uomo ribaltò le posizioni, baciandole le labbra, gli occhi, il collo. Verso le due del mattino, i due corpi, coperti dal piumone verde smeraldo, si stavano abbracciando. “Volevi farmi impazzire?” domandò improvvisamente Severus. Hermione lo osservò con aria interrogativa. “Non fare quella faccia! Sai di cosa sto parlando!”-“Penso di non aver afferrato il concetto”. Piton sbottò. “NON HAI AFFERRATO IL CONCETTO? TI DICE NIENTE IL NOME MCLAGGEN? SE AVESSI POTUTO L’AVREI TORTURATO DAVANTI A TUTTI! VOLEVI FARMI INGELOSIRE?”. “Effettivamente sì” borbottò la strega a bassa voce, da non essere udita. “SAI CHE COSA MI HA DETTO QUEL PAZZO DI LUMACORNO, QUANDO ERI DIETRO LA TENDA CON POTTER? –TUTTO BENE SEVERUS? SE CONTINUI A GUARDARE HERMIONE E HARRY IN QUESTO MODO, TI PRENDERANNO PER UN MANIACO”. La ragazza non riuscì a trattenere una risata. L’uomo  sospirò, nel tentativo di calmarsi. “Tutto questo ti diverte?” sibilò Piton. “No. Mi rende felice” rispose la strega, rivestendosi. “Felice?”-“Sì, felice, perché la tua gelosia dimostra quanto siamo legati”. Detto questo, gli diede un veloce bacio sulle labbra. “Dove vai?”-“Nel mio dormitorio. Domani mattina io, Ron, Harry e Ginny partiamo per passare le vacanze di Natale alla Tana, quindi voglio riposarmi un pochino”. Un cenno di assenso del mago e la giovane uscì dalla stanza.

La scena cambiò. “Hermione! Hermione! Muoviti! Dai! Ti prego! Puoi scendere anche in pigiama, l’importante è che ti sbrighi!” continuava a ripetere Ginny, saltando senza sosta sul posto. La strega sbuffò, divertita. “Arrivo Ginny! I regali non scappano mica, sai?”. La rossa inarcò un sopracciglio. “non per ricordartelo Hermione, ma l’anno scorso il regalo che Fred mi ha fatto è letteralmente volato via dalle mie mani!”. La riccia scoppiò in una fragorosa risata. “Come dimenticarlo?! Stavi per schiantare Fred!”. Una cuscinata di Ginny le impedì di continuare e insieme scesero per scartare i regali. Il salotto della Tana era totalmente occupato da un abete che cantava diverse canzoni natalizie. Attorno ad esso, Ron, Harry, Fred e George le stavano scrutando con aria torva. “Era ora! Vi abbiamo aspettato per aprire i pacchi. Stavamo per usare un incantesimo di Appello. Pensavamo vi foste perse nel disordine di camera vostra!” esclamò Ron. “Non è che la tua sia così ordinata, Ronald!” lo rimbeccò Molly. “Non ascoltatelo ragazze. Aprite i doni o poi venite a darmi una mano in cucina per il pranzo. Odio quando la gente si aggiunge all’ultimo momento” sbottò la signora Weasley. Senza darle retta, i ragazzi si avventarono sui regali. Dopo aver scartato quelli dei suoi amici e dei suoi genitori, Hermione si accorse di un piccolo pacco nero, con una busta dello stesso colore. Sorridendo, lo prese e corse in camera, con la scusa di doversi preparare. Entrata nella stanza, chiuse la porta a chiave e si sedette sul letto. Appoggiò la piccola busta sulle coperte e strappò la carta nera. Le labbra si schiusero in una piccola O per la sorpresa: tra le mani stringeva un fermacapelli d’oro, con striature rosso rubino. Dopo qualche secondo passato a fissare l’oggetto, prese la busta.

Spero che questo riesca finalmente a tenere a bada il cespuglio che hai in testa, soprattutto dopo il grande sforzo di volontà che ho fatto per comprare qualcosa coi colori della tua casata. Buon Natale.

Severus
 

“Sempre il solito!” pensò la strega, sorridendo al biglietto. “Chissà se il mio regalo gli sarà piaciuto” si domandò. Dopo aver fatto una lunga doccia calda, essersi vestita e aver raccolto i capelli con il regalo di Severus, la ragazza scese in cucina per aiutare Molly. “Eccoti Hermione! Allora, inizia ad apparecchiare per favore” disse la donna, porgendole undici piatti. La giovane si avviò verso la sala da pranzo. Non fece in tempo ad appoggiare le stoviglie sul tavolo, che qualcuno bussò alla porta. “Vado io signora Weasley!”-“Grazie mille cara!”si sentì urlare di rimando. Hermione andò verso la porta e quando la aprì, le sfuggi un gridolino di sorpresa. “Preside! Professoressa McGranitt! Professor Piton!”. “Non faccia quell’espressione da pesce lesso, signorina Granger!” sibilò l’uomo più giovane, che sembrava alquanto scontento di trovarsi lì. I suoi occhi, però, tradivano una certa felicità. “Buon Natale!” esclamarono gli altri due insegnanti, come se Severus non avesse parlato. “Che maleducata che sono stata! Buon Natale! Entrate, prego”. La giovane ragazza li guidò fino al salotto, dove li stava aspettandola signora Weasley. “Ben arrivati Buon Natale!” esclamò la donna, andandoli ad abbracciare. “Grazie mille dell’invito, Molly. Stranamente a scuola non è rimasto nessuno per le vacanze”-“Di nulla Albus!”. Quando la donna liberò Severus dalla sua morsa, lui le diede una bottiglia di Whisky Incendiario. Hermione ebbe un tuffo al cuore: quello era il suo regalo! “Lo sapevo. Non gli è piaciuto” pensò sconsolata la strega. Lasciò gli adulti per andare a finire di apparecchiare. Poco dopo, qualcuno le posò un lieve bacio sulla guancia. “Buon Natale anche a te Ginny! Ti sonno piaciuti i regali?” disse la ragazza, senza voltarsi. “Ti sta bene quel fermacapelli” bisbigliò Severus. Hermione fu percorsa da un brivido lungo la schiena. “Già. Mi piace molto, anche se non si può dire lo stesso per il tuo regalo”. Piton inarcò un sopracciglio. “Che cosa intendi?”-“La bottiglia di Whisky Incendiario. Perché l’hai data a Molly?”. Hermione continuava a dargli le spalle, per non mostrare il dispiacere dipinto sul volto. “Mi è sembrata l’occasione migliore per berlo insieme a te. Ho la netta sensazione che tu non regga l’alcol, quindi preferisco tenerti d’occhio” la canzonò l’uomo. Un sorriso apparve sul volto della strega.

La scena cambiò. Hermione e Severus erano sdraiati sul letto nell’appartamento del professore: entrambi stavano leggendo. “Riesci a stare qualche minuto senza studiare?” domandò ironico l’uomo, senza interrompere la sua lettura. La ragazza lo guardò di sottecchi. “No. Siamo a metà aprile ed io sono mostruosamente indietro con il ripasso!”. Severus sbuffò. “Sono tutti in Sala Grande, sicura di voler buttare quest’occasione studiando?”. Hermione si voltò verso di lui. Non si era accorta che l’uomo si era avvicinato a lei e che i loro visi si trovavano a pochi centimetri l’uno dall’altro. La ragazza  posò dolcemente le sue labbra su quelle dell’insegnante, ma quando sentì che Severus stava per approfondire il bacio, si allontanò. “Sì, professore. Devo studiare!” esclamò ridendo la strega. Severus aprì la bocca per replicare, quando qualcuno bussò la porta. Hermione si nascose nell’armadio. “Minerva! Cos’è successo? Siediti, sei molto pallida”-“No, Severus non c’è tempo! Devi venire con me al bagno di Mirtilla Malcontenta! Subito!”-“Perché? Minerva spiegati!”-“POTTER E MALFOY! Stavano duellando e Potter ha lanciato un incantesimo di magia oscura su Malfoy! Non riusciamo a curare le ferite! Draco sta perdendo molto sangue!”. Silenzio. “Ti seguo Minerva” sussurrò Piton. Intanto, nell’armadio, le mani di Hermione stringevano con forza la copertina del libro e i suoi occhi fissavano il buio. “Non può essere vero. È un incubo!”.
 
 

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Capitolo 9
*** Un bacio è un apostrofo nero tra le parole ***


 

Capitolo 9- Un bacio è un apostrofo nero tra le parole “t’amo”

Non sapeva quanto tempo fosse passato. Minuti, ore, era indifferente. Severus era davanti a lei: stringeva con forza le ante dell’armadio, la faccia era una maschera di dolore.
“Come sta Draco?” chiese Hermione alzandosi e andandosi a sedere sul letto.
“Sono riuscito a curare le sue ferite ma è molto debole. Ha perso parecchio sangue” sussurrò l’uomo, sdraiandosi accanto a lei. Silenzio.
“COME? COME HA FATTO POTTER A SAPERE DEL SECTUMSEMPRA?!” urlò frustrato Severus.
Hermione lo guardò. “Che cos’è il Sectumsempra?”
“E’ un incantesimo che ho inventato quando ero uno studente. Ho segnato tutti i miei appunti sul mio libro di pozioni”.
La ragazza sgranò gli occhi. “Libro di pozioni? Appunti? Harry! O Merlino!” pensò la strega.
“Sei tu…” mormorò Hermione.
“Sono io…cosa?” disse tra i denti l’uomo.
“Il Principe Mezzosangue”.
Severus si alzò di scatto e si mise in piedi di fronte a lei. Le prese le spalle e la scrollò fino a quando non lo guardò negli occhi.
“Come fai a saperlo?”. La ragazza non rispose.
“Hermione! Rispondimi! Come fai a saperlo?”. Severus sembrava preoccupato.
La strega prese un respiro profondo. “Alla prima lezione con Lumacorno, Harry non aveva il libro di testo, quindi ne ha preso uno dall’armadio delle scorte. Da allora, lo porta sempre con sé. Non lo lascia mai. Ho tentato di convincerlo che c’era qualcosa di sbagliato in quel libro: strane scritte, incantesimi sconosciuti…Non mi fidavo, e avevo ragione!”. Hermione abbassò gli occhi e fissò un punto indistinto del pavimento.
“Perché non me ne hai parlato prima?” domandò brusco Severus.
“E perché avrei dovuto? Harry lo usava solo per ottenere buoni voti in pozioni. Non avrei mai pensato che…”. La voce della ragazza s’incrinò e le lacrime cominciarono a bagnarle le guance.
Piton sospirò. Si passò una mano sugli occhi, cercando di calmarsi. “Hermione, quel libro è pieno di incantesimi di magia oscura. Le formule che ho inventato risalgono al mio sesto anno, quando l’idea di diventare un mangiamorte stava prendendo forma nella mia testa. Principe Mezzosangue è il soprannome che mi ha dato Lucius, una volta scoperto che mio padre era un babbano. Dovete distruggere quel libro! È pericoloso! Draco per poco non moriva oggi!” spiegò il professore, sedendosi accanto alla strega.
“Perché?” domandò lei all’improvviso.
“Perché cosa?”
“Perché volevi diventare un mangiamorte?”.
Severus la guardò intensamente. “Ero solo. Dopo aver litigato con Lily, ero completamente solo. Durante il mio sesto anno però, grazie alla mia passione per le Arti Oscure, ho fatto amicizia con Lucius Malfoy e con altri che sono diventati mangiamorte. Parlavano spesso dell’ascesa di un potente mago a cui si sarebbero uniti una volta finita la scuola. Non ho saputo dire di no: loro erano le uniche persone su cui  potevo contare”.
L’uomo fece una pausa e un sorriso amaro gli apparve sul volto. “Da questo punto di vista siamo simili: anche tu eri sola quando sei arrivata a Hogwarts. Ora che hai trovato i tuoi amici, faresti di tutto pur di non perderli”.
Hermione rimase con lo sguardo fisso. “Hai ragione” disse infine, lasciandosi cullare dall’abbracciò di Severus.

La scena cambiò. Hermione era in infermeria, accanto al letto di Harry. Lo stava osservando con un misto di disappunto e preoccupazione. Lui non osava parlare.
“Dobbiamo distruggerlo!” esclamò la strega. “E’ pericoloso! Te l’ho sempre detto! Dobbiamo farlo sparire!”.
Harry si girò, dandole le spalle. “Non volevo far del male a Malfoy…un normale duello…”. Il giovane mago serrò i pugni sotto le coperte.
“Harry. Ti prego, ascoltami. È una fortuna che Draco sia ancora vivo. Dobbiamo bruciare quel libro!”.
Il ragazzo strinse forte gli occhi. “Non voglio farlo da solo…”.
Hermione gli posò una mano sulla spalla. “Possiamo usare la Stanza delle Necessità. Possiamo bruciarlo lì. Quando starai meglio. Quando sarai pronto”.
Il mago fece impercettibilmente sì col capo.

La scena cambiò. Harry, Ron e Hermione erano in una grande sala. Al centro, spiccava un camino in stile medievale, sulla cui cappa era inciso lo stemma della scuola.
“Incendio!” disse la strega agitando la bacchetta. Un fuoco azzurro comparve nel camino.
Harry estrasse lentamente il libro del Principe Mezzosangue dalla borsa. Lo osservò e poi lo gettò tra le fiamme.
I tre rimasero ad osservare quello spettacolo, fino a quando l’ultima pagina divenne cenere e la stanza tornò buia.
“Sarà meglio andare” disse Hermione. “Harry hai portato il Mantello?”.
Il ragazzo annuì, gli occhi ancora rivolti verso il camino.
“Bene! Tu e Ron nascondetevi lì sotto e usatelo per tornare alla Torre”.
“Tu come farai?” le chiese Ron.
“Questa sera avevo il turno di ronda con Malfoy. Visto che lui è in infermeria, nessuno sa che non ho fatto il mio dovere. Se dovessi incontrare un professore, dirò semplicemente la verità” rispose lei con noncuranza.
La strega gettò il mantello sui due e insieme uscirono dalla Stanza delle Necessità. Hermione si diresse verso la Sala Grande, mentre Ron e Harry imboccarono il corridoi che portava alla Torre di Grifondoro.
“Abbiamo fatto la cosa giusta! Quelle formule erano pericolose, malvagie. Allora, era crudele anche il mago che le ha create?”. La ragazza chiuse gli occhi e scosse con forza il capo, cercando di scacciare quei pensieri. Senza accorgersene sbatté contro qualcosa e cadde a terra, picchiando un ginocchio e un gomito.
“Siamo distratte, signorina Granger?”. Una voce familiare le fece aprire gli occhi di scatto.
“Scusami. Non volevo finirti addosso Severus” disse la strega, massaggiandosi le parti del corpo doloranti.
Il professore inarcò un sopracciglio. “Come osa chiamarmi per nome? Cinque punti in meno a Grifondoro!”.
Hermione si rimise in piedi ridendo. “Severus finiscila con questa scena. Harry e Ron dovrebbero già essere a letto”.
Il volto dell’uomo si rilassò. “Bene” disse, prendendola per mano. La guardò dritta negli occhi. “Ti fidi di me?”. La giovane strega fu presa alla sprovvista, ma la risposta le venne spontanea: “Sì!”. Piton sorrise impercettibilmente ed iniziò a correre verso il portone della Sala Grande.
“Severus! Dove mi stai portando?” chiese Hermione, tra un risolino e l’altro. Il mago si fermò davanti all’ingresso del castello e con un colpo di bacchetta, la bendò. “Severus!” esclamò lei. “Non preoccuparti! Voglio farti una sorpresa” la tranquillizzò l’uomo.
Dopo pochi passi, Hermione sentì la tipica arietta primaverile scompigliarle i capelli. “Dovremmo essere nei giardini della scuola…” pensò la strega, che stava iniziando ad agitarsi.
Camminarono per un po’, fino a quando  Piton le strinse ancora di più  la mano. “Siamo quasi arrivati”
“Mi vuoi dire dove mi stai portando, per favore?”.
“E’ una sorpresa! Perché dovrei rovinartela?”. Nella sua  voce si distingueva un tono divertito ed impaziente.
Poco dopo si fermarono. “Chiudi gli occhi” le ordinò  l’uomo. Hermione obbedì e sentì scivolarle la benda dal viso. Severus le disse: “Ora puoi aprirli”.
Lo spettacolo che si presentò davanti alla strega la fece rimanere senza fiato: la luna piena e le stelle si riflettevano sulle acque piatte del Lago Nero, che sembrava un immenso specchio.
“Ti piace?”. Severus l’abbracciò da dietro. Hermione riuscì solo ad annuire.
“Non pensavo potesse avere questo lato romantico, professor Piton” scherzò la ragazza, prendendolo per mano e avvicinandosi sempre di più al lago.
“Che cosa hai intenzione di fare?” le chiese sospettoso.
“Un bagno!”
“Un bagno?”
“Certo! Non potrei mai farmi scappare un’occasione del genere!”.
L’uomo la guardò. “Se fossi in te non lo farei. Ti ammalerai sicuramente”.
Hermione sbuffò. Gettò i vestiti vicino ad un albero e si tuffò. L’acqua era fredda, troppo fredda per i suoi gusti, ma non voleva dare la soddisfazione a Severus di avere ragione. Si immerse completamente e quando riemerse, trovò il viso dell’uomo a pochi centimetri dal suo.
Hermione lo guardò: la luce della luna metteva la sua pelle diafana in netto contrasto con il Marchio Nero che spiccava sul suo avambraccio sinistro.
“Dieci punti in meno a Grifondoro!” le sussurrò all’orecchio.
La strega lo allontanò in malo modo. “E perché mai?” domandò furente.
“Per la sua disobbedienza, signorina Granger. Le avevo detto di non entrare in acqua”. Il suo solito ghigno gli increspò le labbra.
“Non ho infranto nessuna regola! Non puoi togliermi punti!” replicò Hermione.
“A dir la verità stai infrangendo un po’ di regole al momento…”
“Per esempio?”
“Fuori dal letto oltre l’orario stabilito e relazione segreta con un tuo professore”. Detto questo, Severus l’abbracciò e la baciò.
Rimasero in silenzio, accarezzandosi e guardando la luna.
“L’abbiamo bruciato, nella Stanza delle Necessità” disse all’improvviso Hermione. “Sei dispiaciuto?”.
Piton le mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Assolutamente no. Avete fatto la cosa giusta”.
Gli occhi della strega si soffermarono nuovamente sul Marchio Nero. “E’ molto nitido. Ti fa male?”.
Il professore non rispose. “Severus! Non puoi chiuderti nel tuo mutismo ogni volta che si parla di questo argomento! Ho diritto di…”.
Un colpo di tosse le impedì di continuare.
“Sarebbe meglio rientrare” le disse l’uomo, soffocando una risata e cercando di mascherare la propria soddisfazione.

La scena cambiò. “ECIU’! ECIU’! ECIU’!”
“Hermione, dovresti andare da Madama Chips! Ormai è una settimana che non stai bene!”.
La giovane strega appoggiò la testa sul banco e chiuse gli occhi. “Non preoccuparti Ron. Stasera andrò a letto presto e sicuramente domani starò meglio”. “Granger! La smetta di suggerire a Weasley!”. La voce di Piton la fece sobbalzare.
“Professore…eciù!...io non stavo…eciù!”.
“Non replichi, signorina Granger! Cinque punti in meno a Grifondoro e si presenti stasera alle otto davanti al mio ufficio, per la sua punizione” la interruppe l’uomo. Hermione aprì la bocca, ma non disse niente e si limitò ad appoggiare la testa sul banco.
Alle otto, bussò alla porta dello studio dell’insegnante ed entrò.
“Sera. Siediti” le ordinò Severus, senza staccare gli occhi dalla pozione che stava preparando.
Hermione obbedì, ma non appena si sdraiò sulla poltrona, le sue palpebre si fecero pesanti.
“Hai mangiato qualcosa?”. La voce dell’uomo le impedì di addormentarsi.
“No” sussurrò la strega.
“Bene. Questa deve essere presa a stomaco vuoto”disse, aiutandola a bere la pozione.
“Che cosa mi hai dato?”
“E’ una pozione medicale: ti farà abbassare la febbre. Per quanto mi dia fastidio ammetterlo, il tuo amico Weasley aveva ragione: saresti dovuta andare da Poppy qualche giorno fa”.
Un ghigno soddisfatto apparve sul volto di Piton. “Ti avevo detto che ti saresti ammalata!”.
Hermione lo guardò di sbieco. “E’ stato un caso! Io non mi ammalo mai!”
“La solita orgogliosa testarda!”
“Il solito acido!”.
I due si guardarono negli occhi e sorrisero.
“Posso dormire qui, Severus? Sono davvero stanca e non voglio attraversare tutto il castello per tornare alla Torre”.
L’uomo aprì la bocca per risponderle, quando qualcuno bussò freneticamente.
“Vai a metterti sotto le coperte e stai in silenzio” le disse avvicinandosi alla porta dell’ufficio.
Hermione sorrise e corse verso la stanza, dove trasfigurò i suoi vestiti in un pigiama rosso. Stava per coricarsi, quando la voce del professo Vitious proruppe nello studio di Piton.
“Severus! Finalmente ti ho trovato! Muoviti, devi venire con me!”.
“Che cos’è successo adesso?” domandò scocciato.
All’improvviso si udì un grande boato proveniente dalla Sala Grande.
“Filius, che cosa sta succedendo?”
“Severus, i mangiamorte sono entrati nel castello! hanno evocato il Marchio Nero e…”.
Qualcosa cadde a terra.
“Hermione! Vieni qui!”.
La strega non riusciva a muovere nemmeno un muscolo. Mangiamorte nel castello, il Marchio Nero. Le parole di Vitious continuavano a vorticarle nella mente. “Non è possibile!” riuscì solo a sussurrare.
“HERMIONE!”. La voce dura e perentoria di Severus la riscossero dai propri pensieri e gli si avvicinò.
“Vitious è svenuto. Portalo in infermeria. Io devo andare” disse l’uomo, senza posare lo sguardo su di lei e strofinandosi con forza le mani.
La ragazza aprì la bocca, ma lui le impedì di parlare. “Non fare domande. Prometto che ti spiegherò tutto, ma non ora!”.
All’improvviso, le labbra del mago intrappolarono quell della strega nel bacio più appassionato che le avesse mai dato: un bacio che sapeva d’amore, di rabbia,  di disperazione.
Quando si separarono per riprendere fiato, Severus alzò gli occhi, traboccanti di preoccupazione, sul viso della giovane.
“Ti amo”.
Due parole molto semplici ma anche molto speciali, soprattutto se pronunciate da quell’uomo vestito di nero, che stava correndo per i sotterranei, per raggiungere la battaglia che imperversava nel castello.
Due parole così semplici e speciali da far battere il cuore di Hermione come non mai, mentre alcune lacrime iniziarono a rigarle le guance.
      

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Capitolo 10
*** L'inizio della fine ***


Capitolo 10- L’inizio della fine

Le lacrime non volevano fermarsi. Le gambe non riuscivano a muoversi. Le labbra non accennavano a cancellare il sorriso che le era apparso sul volto.
“Lui mi ama” sussurrò Hermione, portandosi una mano all’altezza del cuore. Rimase in quella posizione per un tempo che le parve interminabile, fino a quando Vitious iniziò a fare qualche mugolio, cui lei non diede troppa importanza. Infatti, la su attenzione era stata catturata da una macchia scura che correva nella loro direzione, chiamando a gran voce il professore steso accanto a lei.
Quando Luna fu a pochi metri da loro, rallentò.
“Hermione! Che cosa fai qui? Perché sei in pigiama? Cos’è successo al professor Vitious?”.
La mora sgranò gli occhi. “Adesso cosa le dico?! Pensa Hermione! Pensa!”.
Un tremendo boato proveniente dalla Sala Grande fece sobbalzare la strega.
“Ho sentito dei rumori e sono uscita dal mio dormitorio per controllare. Ho incontrato il professor Vitious mentre correva verso i sotterranei per parlare con il professor Piton e mi ha chiesto di accompagnarlo” disse la giovane Grifondoro tutto d’un fiato, per paura di contraddirsi.
“Tu cosa fai qui, Luna?. La bionda non le prestò molta attenzione: stava fissando i ghirigori che la polvere faceva intorno a lei. “Sai che il castello è pieno di Storigiri*?”. Hermione alzò gli occhi al cielo ma Luna non vi badò. “Gli Storigiri sono degli esserini molto carini, sai? Sono invisibili, tranne quando avvertono il pericolo: in questo caso diventano opachi e iniziano a volare. Come ora”.
“Luna, che cosa ci fai qui?” ripeté un po’ scocciata Hermione, prendendo in braccio Vitious.
La giovane Corvonero posò finalmente lo sguardo su di lei. “La professoressa McGranitt mi ha detto di andare nei sotterranei a controllare perché il professor Vitious non fosse ancora tornato. Mistero risolto. Cosa facciamo adesso?” domandò Luna, disegnando con la bacchetta strani simboli colorati nell’aria.
“Portiamo Vitious in infermeria. Cerchiamo di dare il meno possibile nell’occhio, d’accordo?” spiegò Hermione, guardandola di sbieco.
La bionda lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e, con aria un po’ offesa, seguì l’amica lungo i sotterranei.

La scena cambiò. “Luna! Muoviti! L’infermeria è dopo questo corridoio!”. Le due streghe accelerarono il passo; ma all’improvviso, Hermione si fermò.
“Hai sentito?”
“Se intendi la scossa che ha fatto tremare le mura,sì!”
“No. Sento dei passi”. Le ragazze si ammutolirono.
“Dobbiamo uscire dal castello prima che arrivino gli auror!”.
Un brivido freddo percorse le schiene delle giovani nel sentire che una voce simile ad un latrato si stava avvicinando.
“Luna nasconditi con il professore Vitious dietro a quella colonna” ordinò la Grifondoro.
“Tu cosa farai?”
Un sorriso amaro comparve sul volto di Hermione. “E’ ora di mettere in pratica quello che abbiamo imparato all’ES, non credi?”. Voleva mostrare un coraggio che in realtà non aveva.
Luna la guardò con la bocca leggermente aperta e gli occhi sgranati, ma le obbedì. La strega più grande avanzò lungo il corridoio con passo tremante e la bacchetta in mano.
All’improvviso, una figura alta, avvolta in un mantello nero, le si parò davanti: la pelle del volto pallido era in netto contrasto con il rosso scuro del sangue che gli colava dalla bocca, distesa in un ghigno malefico.
“Guarda guarda chi abbiamo qui!”. L’intruso alzò la voce, senza staccare gli occhi da lei. “Sei l’amica di Potter, giusto? Sei la Granger?!”.
Hermione sentì dei passi avvicinarsi, frettolosi.
“Avevano detto che eri carina, ma nessuno aveva accennato a quanto potessi sembrare appetitosa” continuò l’uomo, facendole accapponare la pelle.
“Chi sei?”
“Penso che tu mi conosca già. Ho una certa fama tra i ragazzini come te”.
Lei trattenne il fiato. “Sei Greyback! Il lupo mannaro!”.
Lui applaudì. “Sei anche intelligente. Sarebbe un vero spreco ucciderti, ma è la mia natura: non posso farci niente!”. Una risata sguaiata gli uscì dalla bocca.
Hermione puntò la bacchetta verso Greyback, che le si stava, lentamente, avvicinando, scrutandola con uno sguardo famelico.
“Hai intenzione di combattere?”. Il lupo mannaro scosse la testa.
“Uno spreco! Dico sul serio, ma sei davvero irresistibile…”
“GREYBACK!”.
Una voce dura, e perentoria fece sorridere la strega.
“Cosa vuoi Piton?”
“E’ finita! Andiamo! Non c’è tempo da perdere!”.
Greyback sbuffò. “Puoi anche aver ucciso Silente, Piton. Ma non azzardarti a darmi ordini!”.
Il sorriso di Hermione lasciò il posto ad un’espressione di terrore. La ragazza posò lo sguardo sul viso di Severus per incrociare i suoi occhi, ma trovò solo due profondi, freddi pozzi neri.
“Non è possibile” disse con voce flebile Luna, uscendo dal suo nascondiglio.
“E tu chi sei?”. Un ghigno sadico increspò le labbra del lupo mannaro.
“Luna prendi Vitious e vattene!” ordinò la Grifondoro.
La bionda non si mosse e continuò a fissare Piton. “Professore…”
 “LUNA PRENDI VITIOUS E VATTENE!”. Hermione urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, facendo spaventare la giovane strega, che prese in braccio Vitious e corse via.
“Sei sola adesso” la canzonò il lupo mannaro.
“Già”
“Non hai paura?”
La ragazza non rispose.  Incrociò nuovamente gli occhi con quelli di Severus, ma cadde in ginocchio, tenendosi la testa tra le mani.
“NON USARE L LEGILIMANZIA SU DI ME!” gridò Hermione, guardandolo con tutto l’odio di cui era capace. Si rialzò e puntò la bacchetta nella direzione del mago.
“Tu hai detto di amarmi!” sputò fuori la strega.
Greyback scoppiò in una risata maligna. “Davvero le hai detto questo, Piton? Sei disposto proprio a tutto pur di ricavare informazioni da dare al Signore Oscuro, vero?”.
Severus rimase impassibile.
Un sorriso amaro comparve sul volto della ragazza. “Adesso tutto torna. Non si smette mai di essere un Mangiamorte!”.
Ormai la rabbia si era impossessata di lei: la consapevolezza di essere stata solo usata, la stava logorando dentro.
“Che stupida sono stata” sussurrò, facendo ridere ancora più forte Greyback.
All’improvviso, un fiotto di luce rossa colpì in pieno il lupo mannaro.
“PITON! COMBATTI! CODARDO! COMBATTI!”. Hermione si voltò e vide Harry correre verso di loro, con la bacchetta stretta in mano.
Severus lanciò un ultimo sguardo alla ragazza e poi scappò.
“NON FUGGIRE! COMBATTI!”. La voce di Harry era carica di rancore.
“Hermione stai bene?” la strega deglutì. “Sì, ma non lasciamolo andare via!”
I due iniziarono un inseguimento forsennato per tutto il castello, fino ai giardini di Hogwarts, dove trovarono Piton appoggiato ad un tronco di un albero, per prendere fiato.
Quando si accorse della loro presenza, il mago agitò velocemente la bacchetta e riprese a correre. Harry cadde a terra pietrificato mentre Hermione continuò a seguirlo.
“SEVERUS FERMATI!” urlò la strega, quando furono in prossimità del Lago Nero.
Era passato solo un mese dal loro bagno in quelle acque, ma da allora tutto era cambiato da allora, a cominciare dalla luna che li aveva illuminati e che ora era coperta da nubi nere.
Il professore si voltò lentamente, incatenando gli occhi a quelli di lei.
“Perché?”domandò disperatamente Hermione, mentre una lacrima le rigava la guancia. Il mago rimase impassibile.
“PITON! TI UCCIDERO’ CON LE MIE STESSE MANI!”. La voce di Malocchio Moody risuonò nel silenzio del parco della scuola.
A quelle parole, Severus schiantò la strega e si smaterializzò.

La scena cambiò. La testa le faceva male e intorno a lei percepiva un frenetico viavai di passi e voci indistinte. “Voglio dormire! Perché non mi lasciano in pace?” pensò Hermione, agitando la mano. “Harry! Harry! È sveglia! Hermione mi senti? Stai bene?”.
La strega aprì gli occhi di scatto e si trovò il viso di Ron a pochi centimetri dal suo.
“Hermione stai bene?” chiese Harry, con tono grave.
“Sì, perché?”.
I due ragazzi si sgranarono gli occhi.
“Non… non ti ricordi?”
La giovane scosse la testa.
“Piton ti ha schiantata prima di scappare. Sei svenuta e Hagrid ti ha portata in infermeria”
“Se… Severus mi ha schiantata?”. Le lacrime iniziarono a bagnarle le guance.
“ Hermione, da quando chiami Piton per nome?” domandò Harry, sospettoso.
La strega singhiozzò ancora più forte. “Io… io… devo parlarvi! Mi… mi dispiace! Non pensavo… io gli credevo! Io… io…”
“Calmati Hermione! Puoi parlare con me e con Harry quando starai meglio…”
“NO ADESSO!”.
I due maghi si guardarono. “Va bene, però smetti di piangere. Non possiamo discutere qui. Andiamo nell’ufficio del preside. Ron, prendila in braccio: è ancora troppo debole per camminare”.
Il rosso obbedì e insieme uscirono dall’infermeria.
Arrivati davanti al gargoyle, Harry disse la parola d’ordine e i tre giovani entrarono nello studio del preside.
Appena la porta si chiuse alle loro spalle, gli occhi di Hermione si posarono sul ritratto di Silente, che la guardava sorridente, mentre gustava un sorbetto al limone.
“Preside… mi dispiace tanto!”
“Non dica niente, signorina Granger. Non è di certo colpa sua”.
Le lacrime tornarono a rigarle il volto. “Io mi sono fidata di lui. Invece mi ha sola usata, non è così?”. Il sorriso sul viso del preside scomparve.
Hermione emise un gemito disperato. “Chi tace acconsente, professore”.
“Hermione! Si può sapere che cosa ti prende?” sbuffò Ron.
La ragazza spostò freneticamente lo sguardo dal ritratto ai due amici. “Mi dispiace…”.
Lei trasse un profondo respiro, poi si prese il volto tra le mani. “Io… io avevo una relazione con Piton” sussurrò a bruciapelo.
Nella stanza calò un silenzio che parve interminabile.
“Da quanto?”. La voce di Harry era tagliente come la lama di un pugnale. La strega non rispose.
All’improvviso, il giovane mago le si avvicinò e le strinse un polso, strattonandola così forte da farla cadere dalle braccia di Ron, che lo guardava sbalordito.
“HERMIONE! DA QUANTO VA AVANTI QUESTA STORIA?”
“Harry, ragazzo mio, cerca di calmarti…”tentò di tranquillizzarlo Silente.
Calmarmi? La mia  migliore amica è stata l’amante del suo assassino!”
“Lo sapevo” disse pacatamente l’uomo.
Il giovane mago rimase con la bocca aperta. “Lei… lei lo sapeva?”.
“Certamente. Io sono, mi correggo, ero il preside e il preside sa sempre tutto”.
Silente fece l’occhiolino ad Hermione, che scoppiò a piangere. Ron si inginocchiò accanto a lei e la cinse in un abbracciò, mentre Harry sbatteva la porta alle sue spalle.
“Adesso basta, Hermione. Vedrai che gli passerà. È solo un pochettino sconvolto per la notizia, tutto qui”.
Un mezzo sorriso increspò le labbra della strega. “Aveva ragione Sirius nel dire che nessuno smette di essere un Mangiamorte”
“Non è colpa tua se Piton è ciò che è. Avresti dovuto dirci però quello che stava succedendo”.
Hermione scosse con forza il capo. “Ormai non ha più alcuna importanza: mi ha solo presa in giro e io ci sono cascata con tutte le scarpe”.
La ragazza si asciugò velocemente le lacrime dal viso e incatenò i suoi occhi a quelli di Ron. “Adesso dobbiamo concentrarci sulla ricerca degli Horcrux mancanti. Dico bene, signore?"
"Precisamente”.
I due si alzarono e si diressero verso la porta. Prima di chiudersela alle spalle, Hermione fu fermata dalla voce preside.
“Signorina Granger, tutto si risolverà”.
La strega non lo guardò. “Certamente professore. Riusciremo a sconfiggere Voldemort!”.
Uscendo, la giovane non poté notare Silente che scuoteva la testa con fare rassegnato: la ragazza aveva volutamente frainteso le sue parole.

La scena cambiò. I raggi rossi del sole si riflettevano sulle lenti degli occhiali di Harry.
“Sapevo che ti avrei trovato qui”.
Il mago strinse gli occhi e sospirò. “Nonostante tutto, la Torre di Astronomia è l’unico luogo che riesca ad infondermi un minimo di tranquillità”.
Hermione gli si avvicinò e si fermò alle sue spalle.
“Posso sedermi?”. Il ragazzo annuì impercettibilmente, senza posare lo sguardo su di lei. La strega si mise accanto a lui, senza proferire parola ed ammirando lo spettacolare tramonto che le si presentava davanti.
Rimasero in silenzio, schiacciati dalla consapevolezza di vivere il momento più difficile della loro amicizia.
Finalmente, i loro occhi s’incontrarono .
“Mi dispiace” dissero insieme. Dopo un attimo di stupore, sui loro volti comparve un sorriso sincero: lo stesso che avevano dopo aver sconfitto quel troll di montagna, durante il loro primo anno.
“Non dovevo aggredirti nello studio del preside. Ero sconvolto per la morte di Silente e sapere della tua storia con Piton mi ha fatto saltare i nervi!”
“Non scusarti, Harry. Avrei dovuto dire tutto a te e a Ron, ma ho preferito tenere le cose per me”.
La strega sbuffò. “Ho veramente creduto che lui si fosse innamorato di me, come io lo ero di lui”.
Il mago la guardò un po’ sorpreso. “Ero?”
Una lacrima solitaria e silenziosa scese lungo la guancia della ragazza. “Harry, amo Severus, ma quello che ha fatto è imperdonabile: ha tradito la fiducia di tutti, ha tradito la mia fiducia! Mi ha solo usata! Devo farmene una ragione: lui ha fatto la sua scelta ed io la mia”
Lui le posò una mano sulla spalla, per consolarla. “Sei sempre stata la più forte, Hermione”.
La giovane sorrise appena, asciugandosi velocemente le lacrime dal viso, con la manica della divisa.
“Allora, cos’hai intenzione di fare?”. Harry la guardò stralunato.
“Gli Horcrux” lo incitò lei.
“Già! Hai ragione! Sicuramente non tornerò il prossimo anno e…”
“Vuoi dire che non torneremo!”
“Tu e Ron non avrete intenzione di venire con me, vero?”
Hermione annuì con forza. “Io e Ron ne stiamo parlando da un po’ di tempo. Noi tre abbiamo sempre fatto tutto insieme, e adesso non puoi cavartela da solo. Hai bisogno di noi!”
Harry spostò lo sguardo verso il cielo, dove stavano comparendo le prime stelle. “Grazie” sussurrò il giovane, posando la testa sulla spalla dell’amica.
Rimasero in quella posizione, fino a quando sentirono dei passi frettolosi salire le scale. I due balzarono in piedi, stringendo le bacchette in mano.
Quando vide una veste svolazzare, il mago lanciò un incantesimo, seguito subito da una voce famigliare che urlò protego. Poco dopo, una furente Minerva McGranitt si parò davanti a loro.
“Potter! Granger! Ma dico, siete ammattiti? Aggredire un insegnante…”
“Ultimamente non ci si può fidare dei professori, dico bene?” la interruppe il giovane mago.
Lo sguardo della donna si rabbonì, metre quello di Hermione s’incupì.
“Hai perfettamente ragione Potter! Comunque, il treno è arrivato e i vostri bagagli vi stanno aspettando in Sala Grande, insieme al signor Weasley”.
I due ragazzi si guardarono, consapevoli che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbero attraversato i corridoi del castello e che avrebbero viaggiato su quel treno.
“So che il professor Silente ti ha lasciato un compito, Potter. Non voglio sapere di cosa si tratta, perché il preside non me ne ha parlato, quindi è una cosa che non mi riguarda. Posso solo dirti di stare attento”.
La McGranitt spostò lo sguardo sul volto di Hermione. "E tu, signorina Granger, spero che consiglierai saggiamente il signor Potter e il signor Weasley. Sapete, ho il presentimento che non vi rivedrò il prossimo anno, giusto?”. I due si rivolsero un sorriso complice.
La professoressa sorrise e si diresse verso le scale, seguita da Harry e Hermione.
Dopo essere giunti in Sala Grande, l’insegnante osservò, con fare materno, i suoi tre studenti, mentre si chiudevano il portone dell’ingresso alle spalle.
La donna sospirò. “Il preside sarebbe così fiero di voi. Buona fortuna”.
All’improvviso, un rumore di vetri rotti la fece voltare: un uomo vestito di nero le si stava avvicinando. La strega puntò la bacchetta verso di lui.
“Che cosa fai qui, Severus?”.
Piton le rivolse un sorriso tirato. “Non credo ti convenga minacciare il nuovo preside, Minerva”.
La McGranitt sbiancò, notando altri mangiamorte entrare in Sala Grande.


NOTA DELL'AUTRICE: scusate per l'attesa, spero di farmi perdonare con questo capitolo. gli Storigiri sono delle creaturine che ho inventato io e devo ringraziare Unia per la creazione del loro nome. Mi raccomando, fatemi sapere se vi è piaciuto. Alla prossima!

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Capitolo 11
*** Let the war begin ***


 

Capitolo 11- Let the war begin

“No! È una pessima idea! Davvero stupida!” urlò Harry contro alcuni membri dell’Ordine della Fenice e sei Potter identici.
“E’ il piano migliore che siamo riusciti ad escogitare! Ormai non ci si può più fidare della protezione che quelli del Ministero ti offrono, visti tutti i Mangiamorte che si sono infiltrati!” ringhiò Malocchio Moody, mentre faceva roteare il suo occhio magico da un viso all’altro.
“MUNDUNGUS!” gridò improvvisamente Tonks, dirigendosi a grandi passi verso la finestra del salotto del numero 4 di Privet Drive, che si chiuse ad un colpo di bacchetta della strega.
“Dove credevi di andare?”. I capelli di Ninfadora erano di un rosso acceso.
Un mago basso e tozzo sgranò gli occhi. “Io? Da nessuna parte Dora! Stavo solo aprendo la finestra per far entrare un po’ d’aria! Fa un caldo…”
“PIANTALA MUNDUNGUS!” La voce imperiosa di Lupin lo fece ammutolire.
Malocchio lanciò un’occhiata di approvazione a Remus, poi posò lo sguardo sul volto di Harry.
“Dobbiamo portarti sano e salvo alla Tana, Potter! Viaggeremo su mezzi che il Ministero non può rintracciare: scope, Thestral…”
“E la moto di Sirius!” esclamò Hagrid.
“Non dovrebbero esserci Mangiamorte” continuò Malocchio “ma non si è mai abbastanza prudenti! VIGILANZA COSTANTE !”
Due Potter si portarono velocemente le mani alla bocca, cercando di soffocare un eccesso di risa. Il signor Weasley si avvicinò a loro e con un colpo di bacchetta li imbavagliò.
L’occhio di Moody iniziò a vorticare senza controllo.
“Dobbiamo fare presto! Potter, tu viaggerai con Hagrid sulla moto di Sirius! Signorina Granger, con Kingsley; signorina Delacour, con Bill; Tonks, con il Weasley più piccolo: voi userete i Thestral! Remus e Arthur, scegliete uno dei gemelli e prendete una scopa per coppia!”
Alastor zoppicò fino a trovarsi faccia a faccia con Mundungus. “Tu, invece, viaggerai con me! Voglio tenerti d’occhio!”
Il tozzo mago deglutì rumorosamente.
“Alastor, è ora!” La voce profonda di Kingsley echeggiò per la stanza.
Harry aprì la porta d’ingresso ed uscì in strada, seguito dagli altri.
Si posizionarono in due file, aspettando il segnale di partenza.
Hermione si strinse forte alla schiena del suo compagno, cercando di tranquillizzarsi: aveva un brutto presentimento.
“Il nostro obbiettivo è quello di arrivare alla Tana. Che nessuno faccia l’eroe!” tuonò Malocchio.
Hagrid fece rombare la moto.
“VIA!” urlò Moody, sfrecciando tra le nuvole, con la sua scopa.
Hermione sentì sul viso l’aria pungente della notte che le faceva male agli occhi e li chiuse. Poggiò la testa sulla spalla di Kingsley, lasciandosi cullare dall’andamento del Thestral.
“ATTENZIONE!” L’urlo di Remus le fece aprire gli occhi di scatto, giusto in tempo per estrarre la bacchetta dalla tasca interna della giacca e per vedere Mundungus smaterializzarsi.
“VIGLIACCO! TORNA INDIETRO!” gridò Tonks, mentre lanciava incantesimi a destra e a manca, senza avere un bersaglio preciso.
Hermione si guardò intorno, alla ricerca della causa di tutto quel trambusto, ma non notò niente di particolare.
All’improvviso, un fiotto di luce rossa le sfiorò il viso. La strega si voltò: i suoi compagni lottavano contro diversi Mangiamorte e uno si stava avvicinando a tutta velocità verso di lei e Kingsley. “STUPEFICIUM!” urlò Hermione, colpendo il loro inseguitore in faccia.
“Bella mira!” le disse l’Harry Potter in coppia con Remus, volandole vicino. La ragazza gli sorrise lievemente fino a quando uno schizzo di sangue le sporcò la guancia.
La strega sgranò gli occhi: non capiva chi fosse stato ferito, ma lanciò una fattura ad un Mangiamorte vicino, a cui volò via la maschera.
“Non è possibile…” sussurrò la giovane, incrociando gli occhi freddi e vuoti di Severus.
Sentì montare dentro di sé una rabbia incontrollabile, mentre Piton si stava allontanando.
“No! Non scapperai ancora! Accio Firebolt!” gridò Hermione, puntando la bacchetta verso la moto di Sirius.
Subito la scopa di Harry le si parò davanti: lei vi saltò sopra e partì all’inseguimento del suo ex professore.
La Firebolt era davvero veloce, ma nonostante la paura della giovane, la spinse ai massimi: il suo unico obbiettivo adesso era quello di raggiungere Severus.
All’improvviso, un odore di bruciato la fece voltare: la parte bassa della scopa era in fiamme e un branco di Mangiamorte era alle sue calcagna.
"Mi hanno scambiata  per il vero Harry!” pensò terrorizzata.
Puntò nuovamente lo sguardo sulla schiena nera di Piton e rivolse la bacchetta contro di lui, mentre una lacrima le bagnò le labbra.
“Devo farlo! Forza Hermione! Fallo!” disse tra sé e sé la strega.
Aprì la bocca per pronunciare un incantesimo, quando qualcuno la prese per un braccio e la trascinò giù dalla Firebolt, che esplose per una maledizione lanciata da un Mangiamorte.
Hermione sgranò gli occhi e poté vedere Piton voltarsi verso la sua direzione: la preoccupazione gli si dipinse sul volto per una frazione di secondo.
Improvvisamente, tutto sparì: i Mangiamorte non c’erano più, Severus non c’era più.
La presa sul braccio della ragazza si fece più debole e lei cadde a terra.
“Hermione!” la chiamò Molly: evidentemente la pozione Polisucco aveva perso il suo effetto ed era riuscita ad arrivare ala Tana.
“Harry sta bene?” le chiese la giovane.
La donna annuì senza sorridere. “George è stato ferito: una maledizionel’ha colpito ad un orecchio…”
Hermione trattenne il fiato: ricordò il sangue, Severus con la bacchetta alzata…
“e non sono ancora tornati tutti!” concluse la signora Weasley.
“Signorina Granger!” La voce di Kingsley  non era mai stata così profonda come in quel momento. “Cosa le è saltato in mente? Ha rischiato di farci scoprire! Si può sapere cosa…”
“Piton” sussurrò la ragazza, facendolo ammutolire.
“Piton?” domandò Molly, con una nota di panico.
Hermione abbassò lo sguardo sul prato. “Piton ha attaccato George. È colpa sua se ora è ridotto così!”
Molly sussultò e corse in casa piangendo.
“Hermione!” Harry l’avvolse in un abbraccio, subito seguito da Ron.
“Ho visto la mia scopa sgusciare via dal sidecar e tu che la cavalcavi! Cos’è successo?”
Il ragazzo si allontanò per guardarla in faccia: le lacrime le bagnavano le guance.
“Stai bene?” mormorò il rosso, passandole una mano sulla schiena.
La strega scosse il capo. “Piton ci ha attaccato. Lo stavo inseguendo, quando Kingsley mi ha salvata: i Mangiamorte hanno fatto esplodere la tua Firebolt. Harry, mi dispiace tanto.”
All’improvviso, si udì un forte pop, che fece voltare di scatto il trio. Davanti a loro si trovavano Bill e Fleur, pallidi e malfermi sul loro Thestral.
“Bill!” gridò Ron, andandogli incontro.
“State bene? Cos’è successo?”
Bill alzò lievemente la testa. “Malocchio è morto…” riuscì a biascicare, prima di svenire e scivolare giù dalla sua cavalcatura, tra le urla di Fleur.

La scena cambiò. Hermione si tirò con rabbia le coperte sopra la testa: la luce del sole le dava fastidio e le impediva di riaddormentarsi.
La strega rimase in quella posizione per qualche secondo, poi sbuffò sonoramente e si mise a sedere sul letto: ormai aveva perso anche quel briciolo di sonno che le era rimasto.
Si guardò intorno: la porta della camera era aperta e non c’era nessuna traccia di Ginny.
All’improvviso, una figura dalla chioma rossa si fiondò nella stanza e la riempì di cuscinate.
“Sveglia dormigliona! Sveglia! È il grande giorno!”
“Ginny smettila! Sono già sveglia!” tentò di difendersi la strega, coprendosi il viso con le braccia.
“Ops, scusa” disse la rossa, allontanandosi.
“Da quando sei così mattiniera, Ginny? Di solito per farti alzare bisogna fare i salti mortali!”
Ginny la guardò di sbieco. “Non è vero! Comunque, sono uscita a fare una passeggiata con Harry, per augurargli buon compleanno”
Hermione sgranò gli occhi: si era completamente dimenticata del compleanno del suo migliore amico!
Gettò via le coperte e si vestì in un battibaleno.
“Ginny! Cosa fai lì imbambolata?! Devo preparare una torta per Harry! Il suo regalo… l’ho lasciato a casa mia! Devo… devo…”
“Non credo che la mamma ti lascerà usare la cucina”la interruppe l’amica.
“E perché mai?”
“Lei e Fleur sono tutte impegnate  con gli ultimi preparativi per il matrimonio!”
Hermione sbiancò e si diede un colpetto sulla fronte.
“Come ho potuto dimenticarmene?! Proverò lo stesso a parlare con tua madre…”
“Hermione! Ginny! Scendete se siete pronte! Abbiamo bisogno di qualche bacchetta in più, qui!”
Le due streghe sussultarono e fecero di corsa le scale per raggiungere la cucina.
“Eccovi finalmont! Aidez-nous!” disse con voce isterica Fleur, mentre mescolava con forza un calderone.
Ginny sbuffò e portò lo sguardo sulla madre, indaffarata nello sistemare gli abiti delle damigelle.
“Mamma, cosa possiamo fare?”
“Potete aiutare i ragazzi con il tendone, in giardino” rispose Molly, senza dar loro molta importanza.
La rossa uscì dalla cucina, mentre Hermione restò immobile, torcendosi le mani.
“Signora Weasley… ecco…”
“Dimmi cara, ma fai in fretta”
“Ecco, oggi sarebbe il compleanno di Harry e io…”
La giovane abbassò gli occhi sul pavimento.
“Lo so cara. Ho preparato una torta una stamattina presto. Festeggeremo il compleanno di Harry dopo il matrimonio, va bene?”
Hermione aprì la bocca per rispondere, quando Ginny la tirò per la manica, trascinandola con sé.
“Abbiamo bisogno di te! Muoviti!” ordinò la rossa, mentre Fleur correva avanti e indietro.
“Je sarai la jeune mariée! Je dovrei riposarmi! Où se trouve Bill?!”

La scena cambiò. Il sole aveva lasciato il posto alla notte già da diverse ore, eppure la musica e le risa provenienti dal tendone nel giardino della Tana, non accennavano a diminuire.
Al ritmo di una ballata irlandese, stavano saltellando Bill e Fleur: i loro visi sorridenti erano radiosi ed esprimevano tutta la felicità di quel momento.
Accanto a loro, Hermione stava insegnando i passi ad un maldestro Viktor Krum.
“Ermone… io no kapake…” tentò il bulgaro.
La strega gli lanciò un’occhiata di rimprovero. “Ma come? Il cercatore più forte del mondo che si arrende così facilmente?” scherzò la giovane.
All’improvviso, Krum sbarrò gli occhi.  “Il tuo vestito… fa  luce…”
Hermione estrasse dalla borsetta la sua bacchetta, che gettava piccole scintille d’oro.
“Mi spiace Viktor, ma è il mio turno di guardia…”
“Io potere te akvompagnare!” propose il mago, facendola irrigidire.
“E’… gentile da parte tua, ma… ecco… preferisco lavorare da sola”
Krum sbuffò sonoramente e, dopo un frettoloso saluto, si andò a sedere vicino a Madame Maxime.
La ragazza sospirò, si sistemò velocemente il vestito e si avviò verso il giardino, per dare il cambio al Ron, che l’avvolse in un abbraccio.
“Non finirò mai di ripetertelo: sei bellissima stasera!” La giovane avvampò, mormorando un grazie.
“Ron rientriamo! Non sono ancora riuscita a fare gli auguri a tuo fratello e a Fleur come si deve!” urlò Tonks, prendendo il rosso sottobraccio e trascinandolo con sé.
Non appena fu sola, Hermione evocò il proprio patronus , che si mosse verso gli alberi vicini.
La strega guardò incantata i filamenti d’argento che la lontra lasciava al suo passaggio, fino a quando due figure attirarono la sua attenzione: Harry si stava sistemando gli occhiali, mentre Ginny cercava di far tornare i capelli in ordine.
Hermione scosse la testa e sul suo volto comparve un sorriso malinconico: le mancava terribilmente Severus, la sua segretezza, la loro intimità…
La ragazza sospirò e cercò con lo sguardo il proprio patronus, che ormai si era addentrato tra gli alberi.
Lei lo richiamò con un colpo di bacchetta, ma la lontra non accennava a tornare dalla propria padrona anzi, continuava imperterrita ad allontanarsi.
La giovane corse verso la direzione del patronus, con la gola secca e la bacchetta in mano: aveva letto a scuola che, se un patronus non obbediva , aveva fiutato qualcosa di pericoloso.
Quando fu a pochi passi dalla lontra, questa scomparve, lasciandola al buio.
La strega aprì la bocca per pronunciare la parola lumos, ma una voce profonda  e fredda la precedette.
Hermione si voltò di scatto e si trovò a pochi centimetri da un uomo incappucciato con una maschera che gli copriva il viso.
“Puoi anche toglierla! Ti ho riconosciuto!” sibilò la ragazza, sentendo la rabbia ribollirle dentro.
“Non hai neanche il coraggio di affrontarmi, guardandomi negli occhi?!” sputò, visto che il Mangiamorte non si mosse.
Il mago alzò la bacchetta e liberò il proprio volto, facendo mancare un battito alla ragazza: avere Severus Piton di fronte a lei era allo stesso tempo un sogno ed un incubo.
“Non sono qui per farti del male…”
“Lo hai già fatto, no credi?” non riuscì a trattenersi la giovane.
Severus aprì e chiuse la bocca senza trovare le parole.
“Non provare a dire niente! Ormai no ho più alcuna fiducia in te! Hai ucciso Silente! Lo hai tradito! Mi hai tradito!” sussurrò la strega con così tanta cattiveria da sorprendere persino se stessa.
Detto ciò, Hermione lanciò un incantesimo dritto al petto di Piton, che lo deviò con facilità.
Lei emise un verso di frustrazione e cominciò ad attaccarlo ininterrottamente, mentre lui continuava solo a difendersi, senza lasciar trapelare quali fossero le sue intenzioni.
“COMBATTI! HO DETTO CO…” ma le parole le morirono in gola, coperte dal rumore di una tremenda esplosione proveniente dal tendone al centro del giardino.
Hermione sbiacnò e tornò a guardare Piton, che si era volatilizzato, lasciandola nuovamente sola.
La strega iniziò a correre verso il tendone, dove stava imperversando una feroce battaglia tra diversi Mangiamorte e alcuni membri dell’Ordine della Fenice.
La ragazza avrebbe tanto voluto aiutare i suoi compagni, ma non poteva rischiare che lei o i suoi amici venissero feriti in modo grave: avevano un compito da svolgere.
Hermione trovò Ron e Harry lottare fianco a fianco, contro due Mangiamorte particolarmente agguerriti.
La giovane schivò un fiotto di luce verde, buttandosi di lato, cozzando contro Hagrid e si avvicinò ai due.
Li prese per i colletti delle giacche e insieme si smaterializzarono.  


ANGOLO DELL'AUTRICE:
salve a tutti:) come sempre spero che leggiate e commentiate numerosi :) volevo dirmi che mi prenderò una settimana di pausa, causa gita
spero vi piaccia! un abbraccio :)

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Capitolo 12
*** Sopportare, sopportare e ancora sopportare ***


 

Capitolo 12- Sopportare, sopportare e ancora sopportare

Correvano.
Correvano come non avevano mai fatto  in vita loro.
Correvano nonostante i rami che graffiavano le braccia, le gambe, il viso, nonostante non riuscissero più a respirare.
Harry, Ron e Hermione correvano.
“Se non avete niente da nascondere, perché fuggite?” urlò dietro di loro una voce, che si faceva sempre più vicina e minacciosa.
“Già! Vi conviene fare i bravi. Non vogliamo farvi del male!”
Una risata sguaiata fece voltare il rosso, che inciampò in una radice e cadde rovinosamente a terra.
“Ron! urlò la strega.
“Non fermatevi! Scappate!”
Un incantesimo colpì il ragazzo, bloccandogli le caviglie e imbavagliandolo.
Hermione scagliò una fattura verso i ghermidori, colpendone uno in pieno petto.
“Volete la guerra, vero?!”
“Impedimenta!” gridò Harry, facendo tacere il loro inseguitore.
Il giovane mago si diresse verso l’amico e se lo caricò sulle spalle. “Hermione, dobbiamo andarcene da qui! Se ci cattureranno ci porteranno al Ministero! Dopo la nostra ultima visita, non credo che saremo i benvenuti…”
“Non tutti finiscono al Ministero, sapete?”
Un sussurro roco li fece ammutolire. Si voltarono lentamente, fino ad incontrare lo sguardo di un ghermidore, appoggiato al tronco di un albero spoglio, con una copia della Gazzetta del Profeta stretta in mano.
“Io sono Scabior e voi?”
I due non risposero, ma si limitarono a mantenere una presa ferrea sulle bacchette.
“Non siate maleducati! Presentatevi. Non vorrete che chiami Fenrir Greyback, vero?”
Nell’udire quel nome, Hermione fu percorsa da un brivido lungo la schiena: come avrebbe potuto dimenticarsi del sangue che sporcava il viso di quel mostro? Dei suoi denti affilati come lame? Di quelle labbra sottili che le avevano rivelato la vera natura di Severus?
“Allora?! Vi decidete a parlare?”
Scabior si stava avvicinando con passo lento, senza staccare gli occhi dal volto spaventato di Hermione, che fremette quando le dita del ghermidore le sfiorarono una guancia.
“Come i chiami, mia bella?”
La strega s’irrigidì:la sua mente lavorava in modo frenetico, alla ricerca di un nome fasullo da usare.
“Sono Penelope Light. Mezzosangue.” Scabior allontanò la mano da lei, come se fosse stato scottato e le rivolse un sorriso tirato.
“Visto? Non era così difficile!e voi chi siete?” domandò l’uomo, rivolgendosi a Ron e a Harry, che strinse talmente forte la bacchetta da far diventare le nocche bianche.
“Mi chiamo Vernon Dudley e lui è…”
“Io non credo!” lo interruppe Scabior, con la voce tremante dall’eccitazione: aprì la Gazzetta del Profeta e ne sfogliò alcune pagine, fino a quando i suoi occhi si illuminarono di una luce sadica.
I tre rabbrividirono alla vista delle loro fotografie da ricercati.
“Hermione Jane Granger, Ronald Bilius Weasley e…” Il ghermidore spostò lo sguardo sulla cicatrice del moro. “Harry. James. Potter!”
“Cos’hai intenzione di fare adesso? Portarci al Ministero?” tentò di canzonarlo Harry, indietreggiando lentamente. “Siamo già riusciti a scappare una volta. Ce la faremo ancora!”
Scabior si lasciò sfuggire un risolino divertito. “Ma io non ho alcuna intenzione di portarvi al Ministero!”
“Cosa intendi dire?” sussurrò la ragazza, aggrappandosi al braccio dell’amico. Il ghermidore rise ancora.
“Andiamo a Villa Malfoy!”
“Ben detto Scabior! Villa Malfoy!”
Una voce roca e profonda li fece voltare e il cuore di Hermione mancò un battito: Fenrir Greyback era comodamente seduto all’ombra di un albero vicino.
“Ciao bellezza. Chissà come sarà felice il Signore Oscuro di vedervi. Soprattutto tu, Potter!”

La scena cambiò. I passi veloci delle vittime e dei carcerieri risuonavano lungo i corridoi di Villa Malfoy, mentre le luci tremule delle candele si riflettevano sulla lama della spada di Godric Grifondoro, stretta nella mano di Greyback.
La paura e lo sconforto si erano talmente impadroniti di Hermione, da renderla insensibile: le catene che le stringevano i polsi non le facevano male, i tagli sul viso non le bruciavano e i capelli, che le arrivavano ormai a metà schiena, non le davano fastidio come al solito.
“Non preoccuparti, mia bella. Il Signore Oscuro non è ancora stato avvertito. Sai, dobbiamo essere del tutto certi, non possiamo permetterci di sbagliare. Magari, potrei sceglierti come premio per la vostra cattura!”
Una risata tetra e sguaiata uscì dalla bocca di Scabior, che posò la mano sui fianchi della ragazza.
“Levale le mani di dosso! O giuro che…” urlò Ron, strattonando le catene che lo tenevano legato.
“Tu cosa? Non mi pare che tu sia nella posizione adatta per minacciare qualcuno, rosso!”
“Smettetela voi due! Fate silenzio!”
La voce di Greyback li zittì, fino a quando non si fermarono davanti ad un maestoso portone di ebano. Il lupo mannaro alzò lentamente un braccio e batté tre colpi decisi contro il legno.
Per qualche secondo non successe nulla, ma poi la testa fluttuante di Bellatrix Lestrange fece capolino di fronte a loro.
“Identificatevi!” ordinò la voce metallica della Mangiamorte.
“Fenrir Greyback. Ho portato con me degli ostaggi. Sono piuttosto… interessanti.”
Gli occhi della strega lo scrutarono sospettosi, ma alla fine il gruppetto poté entrare.
Il salone di Villa Malfoy era scarsamente illuminato, nonostante le fiamme dell’enorme camino, davanti al quale stavano seduti, su due poltrone di velluto nero, Draco Malfoy e suo padre, che stringeva in una mano un bicchiere di Vino Elfico, mentre con l’altra sfiorava la schiena di Narcissa. Al centro della sala, Bellatrix camminava avanti e indietro con fare impaziente ma non appena li vide si fermò e un sorriso maligno le increspò le labbra.
“Bene bene! Fenrir Greyback, chi hai catturato? Spero per te che sia qualcuno di davvero importante per averci disturbato.”
“Non si preoccupi, signora Lestrange. Credo che rimarrà piacevolmente sorpresa.” Con una smorfia in volto, il lupo mannaro si scansò, dando la possibilità a Bellatrix di vedere gli ostaggi.
La donna sgranò gli occhi e scoppiò in una risata isterica. “Potter! Finalmente! Il Signore Oscuro ci sarà molto riconoscente…”
“Non vorrà dimenticarsi di noi vero, signora?!” gridò Scabior, brandendo la spada di Grifondoro.
La strega divenne improvvisamente seria e si avvicinò velocemente al ghermidore, puntandogli contro la bacchetta.
“Dove l’hai presa?!”
Scabior la  guardò stralunato: non capiva quel cambiamento repentino.
“L’ho trovata. Era nello zaino della ragazza.” si giustificò l’uomo, indicando Hermione con un cenno del capo.
Bellatrix si voltò verso di lei e la raggiunse con grandi falcate.
“Tu! La spada! Dimmi come l’hai avuta! Subito!”
La ragazza non proferì parola e rimase con lo sguardo fisso.
La donna l’afferrò per i capelli, tirandoli con forza, ma Hermione non ebbe alcuna reazione.
“Abbiamo una guerriera tra noi! Cissy, rinchiudi quei due nei sotterranei e Draco, vai a svegliarlo!”
Narcissa Malfoy prese Ron e Harry per i polsi e li trascinò lungo una scalinata di marmo nero, mentre Draco scompariva in un corridoio buio.
All’improvviso, Bellatrix agitò la bacchetta e la spada di Godric Grifondoro le volò in mano, mentre Scabior cadeva a terra, con gli occhi spalancati e vitrei.
“Cos’è tutto questo baccano? Perché mi ha mandato a chia…”
A Severus Piton morirono le parole in gola quando entrò nel salone del maniero e vide Hermione spaventata, sporca, spettinata e così vulnerabile.
Dopo aver sentito la sua voce, il cuore della giovane strega iniziò a battere all’impazzata e il suo corpo prese improvvisamente coscienza di tutti i dolori che provava: le gambe cominciarono a tremarle e dopo pochi secondi, si trovò distesa sul pavimento.
Bellatrix la tirò nuovamente per i capelli, e questa volta la ragazza si lasciò sfuggire una smorfia di dolore.
“In piedi, stupida ragazzina! In piedi! Ho appena iniziato con te! Abbiamo ancora un po’ di tempo, prima che io chiami il Signore Oscuro!”
“Non lo avete ancora avvisato?” domandò Piton, mentre la Mangiamorte faceva comparire una sedia, sulla quale spinse rudemente la giovane e con un movimento veloce della bacchetta, le legò polsi e caviglie.
“No, Piton! Dobbiamo essere certi che siano loro. E poi…”
“Loro chi, Bella? Io vedo solo questa ragazzina. Di chi altro stai parlando?”
La donna lo guardò con rabbia. “Non fare il furbo con me, Piton! Non dirmi che non l’hai riconosciuta!”
Severus scosse lievemente il capo in segno di diniego, facendola innervosire ancora di più.
“E’ la Granger, Piton! E chi è la Granger? La migliore amica di Potter e Weasley! Guarda caso, in questo momento, nei sotterranei di questa villa, ci sono due ragazzi che somigliano molto a quegli scarafaggi!”
“Se sei così sicura, che cosa ti trattiene dal chiamare il Signore Oscuro?” chiese Piton con una calma surreale da far rabbrividire Hermione.
“PER QUESTA!” gridò Bellatrix, alzano la spada di Godric Grifondoro.
“Che cosa ci faceva la spada nello zaino della Granger? Non l’avevi depositata nella mia camera blindata alla Gringott, Piton?”
L’uomo sbiancò ma non lasciò trasparire alcuna emozione. “Chiedi al folletto che tenete rinchiuso nei sotterranei. La spada l’ho consegnata a lui.”
“Draco! Vai a prendere Unci-Unci.” sussurrò la donna, senza spostare lo sguardo dal viso di Severus.
Draco si alzò, lentamente scese le scale che portavano ai sotterranei e tornò poco dopo, seguito da una creatura bassa e rugosa, dagli occhi neri e sporgenti.
“Desiderava vedermi, signora Lestrange?” domandò il folletto, abbassando lievemente il capo, come inchino.
“Unci-Unci, ti è stata consegnata la spada di Grifondoro?”
“Sì.” rispose laconico.
“Da chi?”
“Dal preside Piton.”
A quelle parole, Hermione sgranò gli occhi: Severus preside? Severus che sedeva al posto di Silente?
“No…” mormorò la ragazza, mentre una lacrima le rigava una guancia.
“E la spada è ancora nella mia camera blindata?” proseguì Bellatrix, che non aveva badato alla reazione della prigioniera.
“L'ultima volta che sono stato alla Gringott, la spada era al suo posto, signora Lestrange.”
La Mangiamorte lanciò un’occhiata a Piton, che sorrideva beffardo, poi si avvicinò velocemente ad Hermione.
“Come avete avuto la spada? Siete entrati nella mia camera blindata?”
La ragazza non disse nulla ed assunse un’aria fiera.
“Siete entrati nella mia camera! Cos’altro avete preso? Cos’altro!” boccheggiò Bellatrix, che sembrava seriamente spaventata.
La giovane strega rimase con lo sguardo fisso, senza proferire parola.
“Hai una studentessa davvero testarda, Piton! Vediamo se riuscirò a scioglierle la lingua!” sibilò la donna, puntandole contro la bacchetta, con un sorriso sadico.
All’improvviso, Hermione urlò con tutto il fiato che aveva in gola: sentiva come se il corpo fosse trafitto da lame che continuavano a lacerarle la carne, come se mille spilli le punzecchiassero gli occhi e le bucassero la testa. Il dolore era troppo forte: voleva solo che Bellatrix si fermasse, avrebbe accolto volentieri la morte se significava smettere di soffrire. La ragazza posò lo sguardo su Severus: il suo volto impassibile fu una stilettata al cuore, l’ennesima prova della sua indifferenza.
Così come era venuto, tutto sparì e la giovane strega chiuse gli occhi, facendo dei respiri profondi: ogni boccata d’aria era una fitta lancinante.
“Allora, cos’altro avete preso dalla mia camera blindata?”
Hermione non rispose. Bellatrix fece comparire un pugnale nella sua mano, le si avvicinò e alzò il braccio per colpirla.
“Ferma!” urlò Piton, facendole sussultare.
“Non… non puoi ucciderla. Il Signore Oscuro vuole il trio al completo, ricordi?” riprese Severus, dopo un momento di silenzio, poi tentò di ricostruire la sua maschera di freddezza.
“Lo ricordo, Piton. Non era mia intenzione ucciderla, solo giocarci un po’.”
Ad Hermione si accapponò la pelle: non si era divertita a sufficienza con la maledizione Cruciatus?   
In una frazione di secondo, sentì la lama del pugnale graffiarle il viso e ubtio dopo, qualcosa di caldo le bagnò la bocca: si passò la lingua sulle labbra e, con fare disgustato, sputò a terra, dove una chiazza di sangue sporcò il pavimento.
“E’ stato solo un assaggio, ragazzina. Solo un assaggio!”
La giovane strega spostò lo sguardo su Severus e sbiancò: l’uomo aveva il Marchio Nero scoperto e continuava a sfioralo con la mano.
“Bellatrix, il Marchi brucia, non te ne sei accorta?” Una nota di panico caratterizzava la sua voce.
La donna spalancò gli occhi e si arrotolò velocemente la manica sinistra: il Marchio Nero era particolarmente vivido e pulsava.
“Chi?! Chi è lo stupido che ha convocato il Signore Oscuro?” urlò la Mangiamorte, stringendo la presa sul pugnale.
“Sono stato io!” proclamò Lucius Malfoy,alzandosi dalla poltrona e gettando il vino rimasto nel fuoco.
“Sono stanco di sentirvi discutere. Senza dubbio abbiamo tra le mani Potter e i suoi amichetti, che cosa stiamo aspettando? Possiamo nascondere la spada per il momento!”
L’uomo si passò una mano tra i capelli.
“Non capite che così tutto tornerà come prima? Io e la mia famiglia saremo temuti e rispettati ancora, se Potter gli sarà consegnato in casa mia! Se vuoi Bella, divertiti ancora con la Granger, anche tu Severus. Io non ho nulla da obbiettare.”
Bellatrix scoppiò in una risata isterica. “Già! Vieni Piton! Unisciti a me!”
La donna passò il pugnale al mago, lo prese sotto braccio e trotterellò come una bambina fino a portarlo davanti a Hermione.
La giovane lo guardò terrorizzata e iniziò a piangere.
“Forza Piton! Hai torturato molte persone. Mentre ti supplicavano di smettere e ti bagnavano con le loro lacrime. Che cosa ti trattiene ora?”
Severus fu come scosso da quelle parole: alzò il pugnale, senza staccare gli occhi da quelli della ragazza, che li chiuse.
Hermione non sentì il pugnale affondare in lei, ma udì un lieve pop e subito dopo, poté annusare l’odore di salsedine.
“Hermione! Ça va bien?”
La strega alzò lentamente le palpebre e si trovò a pochi centimetri dal viso di Fleur.
“Dove mi trovo?”
“A Villa Conchiglia!” esclamò una voce alla sua destra: Dobby le stava sorridendo.
“Dobby prende Harry Potter e il suo  amico e torna!”
L’elfo lasciò la mano della giovane e scomparve.

La scena cambiò. “Bruscia un pochino, ma la saliva de scorpione est fantastique pour le ferite!”
Hermione non diede alcuna importanza alle parole di Fleur: la sua mente era rimasta a Villa Malfoy e stava facendo infinte congetture sulla sorte dei suoi amici, se non fossero riusciti a scappare prima dell’arrivo Voldemort e su quale punizione avrebbe inflitto ai suoi servitori per essersi fatti scappare quello che stava disperatamente cercando.
All’improvviso, il rumore di una smaterializzazione, catturò l’attenzione della ragazza, che notò distintamente le figure di Harry, Ron e Dobby su una collinetta vicina.
Hermione balzò in piedi e corse fuori dalla cucina.
“Où tu vas? Hermione! Viens ici!” urlò Fleur , nel tentativo di richiamarla, ma la giovane strega era ormai vicina ai suoi amici.
“Hermione! Aiutami! Ti prego,fai qualcosa!” gridò Harry vedendola arrivare, mentre cullava convulsamente il corpo di Dobby.
“Harry! Cos’è successo?” gracchiò lei.
Il ragazzo aprì la bocca per parlare, ma dalla sua gola uscì un rantolo strozzato.
“Harry Potter…” sussurrò l’elfo, attirando l’attenzione dei tre. “Che bel posto, per stare con gli amici…”
“Ti piace, Dobby?”
La creatura non rispose e i suoi occhi erano spalancati e vitrei.
“Dobby? Dobby? Parla per favore! Dobby!” urlò Harry, scrollando quel corpicino inanimato.
“Amico…” disse Ron, stringendogli una spalla. “Ormai…”
“No! Innerva!” tentò il moro, agitando la bacchetta di Draco Malfoy, al quale l’aveva vinta qualche minuto prima.
“Harry smettila…” singhiozzò Hermione, abbracciando Ron.
Harry la guardò, poi poggiò la sua fronte contro quella dell’elfo e si mise in piedi.
“Voglio seppellirlo. Come si deve. Volete aiutarmi?”
La giovane gli sorrise debolmente e fece comparire tre vanghe.
“Non lo devi neanche chiedere.”
I tre si abbracciarono forte ed iniziarono a lavorare.
Insieme.
 

NOTA DELL’AUTRICE:
Cciao a tutti.
Scusate per questo ritardo, ma Budapest, oltre che il cuore, mi ha rubato anche il tempo.
Spero di farmi perdonare con questo capitolo.
Vi auguro un buona lettura e vi ringrazio.

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Capitolo 13
*** Non tutto è come sembra, alla fine ***


Capitolo 13- Non tutto è come sembra, alla fine

“Allora Neville? Che cosa voleva Aberforth? Niente di grave, vero?” domandò Seamus, premendo una pezza sotto l’occhio, nel tentativo di fermare il sangue che gli sporcava il viso.
“Non preoccuparti, Seamus! Avvicinatevi! Ho una sorpresa per voi!” urlò Neville, attirando l’attenzione degli occupanti della Stanza delle Necessità.
Il ragazzo uscì dal passaggio segreto che collegava il castello alla Testa di Porco e subito, comparvero le figure di Harry, Ron e Hermione.
Dopo un attimo di silenzio, Dean andò ad abbracciarli, seguito poi da tutti gli altri, che esplosero in urla di gioia.
“Perché siete tornati? Volete morire?” disse Ginny, con una voce talmente fredda e tagliente, da far ammutolire i presenti e far sbiancare Harry.
“Non essere così dura, Ginny!” sdrammatizzò Fred.
“Già! Se sono qui è per un buon motivo, giusto?” rincarò la dose George, guardando suo fratello più piccolo, che annuì lentamente.
“Allora! Di cosa avete bisogno? Possiamo aiutarvi?” chiese Seamus, che sembrava sempre più eccitato all’idea di poter giocare un ruolo di rilievo nella guerra.
“Non possiamo dirvelo…”
“Perché no? Non abbiamo molto tempo, Harry. Potrebbero aiutarci.” sussurrò Ron all’orecchio dell’amico, che si passò una mano tra i capelli e sbuffò.
“E va bene! Stiamo cercando qualcosa legato a Corvonero: piccolo, facile da nascondere…”
Gli occhi di Harry si posarono prima su Cho, che scosse la testa, e poi su Luna.
“Ci sarebbe… il diadema di Priscilla Corvonero…”
“E’ perduto Luna! Nessuno sa dove si trovi! Alcuni pensano che non sia neanche esistito!” s’infervorò Hermione.
“Non è vero! Mio padre sta provando a ricostruirlo e ha preso ispirazione dal busto di Priscilla nella nostra Sala Comune!” obiettò Luna, alzandosi dall’amaca su cui era seduta.
 “Calmatevi! Non è il momento giusto per litigare tra di noi!” si intromise il Prescelto, avvicinandosi alle due, che mormorarono delle flebili scuse ed abbassarono gli occhi sul pavimento.
“Luna, mi puoi accompagnare alla Torre di Corvonero?”
“Certo!”
“Noi cosa facciamo?” domandò Dean, affiancandosi a Seamus.
“Fred! George! Avete alcuni esplosivi con voi?”
I due gemelli si guardarono, sogghignando. “Ne abbiamo per un esercito!”
Neville si lasciò sfuggire un sorriso.
“Abbiamo tutto quello che vuoi, amico! Sono giorni che portiamo i nostri prodotti nel castello e li nascondiamo qui! Volevamo fare qualche scherzo ai Carrow con l’aiuto di Pix…”
“Chi sono i Carrow?” chiese Hermione, interrompendo Fred.
“Vedi questo bel taglio sotto il mio occhio? E i lividi sul volto di Neville? Sono dei regalini che ci hanno lasciato i Carrow!” rispose Seamus, indicandosi il viso.
“Hogwarts non è più quella di prima! Mangiamorte della peggior specie, per il castello! Con Piton come preside, non c’è più la magia di una volta!” si sfogò Ginny, mentre i presenti annuivano vigorosamente.
 “Aiutate Fred e George con gli esplosivi! Metteteli ovunque: dobbiamo distrarre i Mangiamorte in modo da passare inosservati! Hermione, ho bisogno di te. Sei la migliore, sai tutto, magari nel vedere il busto di Priscilla ti viene in mente qualcosa…” disse Harry dopo un minuto di silenzio.
Hermione si voltò verso Ron, che sembrava supplicarla con gli occhi.
“Va bene, vengo con te. Ma come arriviamo alla Torre?”
“Sotto il Mantello dell’Invisibilità, ovviamente. Luna camminerà davanti a noi, d’accordo?”
La strega si avvicinò a Luna e a Harry, che gettò il mantello sopra loro due.
 
La scena cambiò. Alecto Carrow era sdraiata sul pavimento della Sala Comune dei Corvonero, priva di sensi.
 “Harry… lei ha… ha…”
 “Sì!”
 “Alecto! Alecto! Cosa succede? Perché il Marchio brucia? Sta arrivando il Signore Oscuro? Alecto rispondi!” urlò un Mangiamorte, battendo con tutte le sue forze, fino a quando una voce non lo fece fermare.
 “Professor Carrow! Ha intenzione di svegliare tutto il castello, per caso?”
A sentire la professoressa McGranitt, Hermione sorrise: quanto le era mancata quella figura severa, ma allo stesso tempo sicura e materna.
“Alecto è chiusa dentro! Non riesco a passare! E il Marchio brucia da matti!” gridò Amycus.
“E’ così stupido da non riuscire ad aprire una porta?” lo canzonò Minerva. “Si sposti! Lasci fare a me!”
A quelle parole, Harry sgranò gli occhi. “Hermione! Svelta, sotto il mantello! Luna, vai nei tuoi dormitori!”
Le due obbedirono e poco dopo fecero il loro ingresso la McGranitt e Amycus, che si inginocchiò al fianco della sorella.
“Alecto! Cosa ti hanno fatto? Cosa dirà il Signore Oscuro?”
Il Mangiamorte spostava freneticamente lo sguardo per tutta la stanza.
“Daremo la colpa a qualche ragazzino! Torturarne qualcuno in più gli farà soltanto piacere!”
“Non osare! Non accuserai i miei studenti perché non hai il coraggio delle tue o delle sue azioni!” urlò Minerva, sfoderando la bacchetta e guardando i due Mangiamorte con disgusto.
Amycus si voltò nella sua direzione e ghignò.
“Che cosa credi di fare, vecchia pazza? Ormai il tempo di Silente o di Potter è finito! Dove è il Prescelto? Vi ha lasciato soli!”
All’improvviso, un fiotto di luce rossa colpì l’uomo, che svenne.
“Eccomi! Sono qui!” disse tra i denti Harry.
“Potter! Ma cosa…”
“Non c’è tempo professoressa…”
“Granger!” esclamò la donna, portandosi la mano davanti alla bocca e abbracciandoli.
“Minerva? Sei tu?” Una voce profonda, che si stava avvicinando, li scosse.
“Svelti! Fuori!” ordinò la professoressa, uscendo dalla Sala Comune, che si chiuse, intrappolando i fratelli Carrow al suo interno.
“Minerva!”
La donna si voltò lentamente verso la sua sinistra, fino ad incontrare un paio di occhi neri.
“Piton. Come mai fuori dall’ufficio di Silente?”
Severus fletté lentamente il braccio.
“Ah già! Dimenticavo che voi Mangiamorte avete un modo, effettivamente, molto efficiente per comunicare!” constatò lei, con una voce carica d’ira repressa.
L’uomo però non la stava ascoltando: la su attenzione era stata catturata da due paia di piedi che spuntavano dal nulla.
“Hai visto Harry Potter? O i suoi amichetti?”
“Certo che no!”
“Ne sei sicura?” insisté lui, avvicinandosi talmente tanto da poter sfiorare i piedi di Hermione, il cui cuore mancò un battito.
L’uomo allungò una mano davanti a sé e con un gesto fulmineo tolse il Mantello dell’Invisibilità dalle teste di Harry e Hermione.
“Potter. Granger. Siete dei pazzi.”
Non c’era alcuna euforia nella sua voce, solo una nota di rabbia.
“Il Signore Oscuro sta arrivando…”
A quelle parole, i suoi occhi s’incontrarono con quelli della giovane strega, che iniziò a piangere in silenzio, mantenendo però l’aria fiera di una vera Grifondoro.
“Il Signore Oscuro sta arrivando? Bene! Combatteremo! Combatteremo e vinceremo!” urlò la ragazza spingendo lontano Severus e brandendo la bacchetta.
“Stupeficium!” gridò Hermione, ma Piton lo deviò con facilità.
“Professoressa, mi aiuti!” disse la giovane, rivolgendosi alla sua insegnante preferita.
Minerva si riscosse: le si avvicinò velocemente ed iniziò ad attaccare l’uomo, lanciando però qualche occhiata carica d’ammirazione alla sua studentessa preferita.
“Perché siete qui? Perché alla torre di Corvonero?” tentò di distrarle il preside.
“Non cercherete il diadema, vero? Nessun’anima viva l’ha mai visto!”
Per Hermione fu come ricevere uno schiaffo. “Harry! Parla con il fantasma di Elena Corvonero! Saprà sicuramente qualcosa sul diadema!”
Il moro fissò l’amica, senza muoversi di un millimetro.
“Potter! Dai retta alla signorina Granger, per una volta!” urlò la McGranitt, facendolo sobbalzare e correre via.
Severus tentò di seguirlo ma Hermione gli si parò davanti. “Se vuoi passare, dovrai uccidermi!”
L’uomo sgranò gli occhi e rimase immobile.
“Non ne hai il coraggio? Eppure stavi per torturarmi a Villa Malfoy!” gridò la giovane, senza più riuscire a trattenere la collera.
“Stupeficium!” urlò una vocina alle spalle di Minerva: Vitious e la Sprite stavano correndo verso di loro.
 Severus lanciò un ultimo sguardo ad Hermione, che trattenne il fiato: in quei profondi pozzi neri non lesse altro che dolore e dispiacere.
Poi, Piton si lanciò contro una vetrata e sparì nel buio della notte.
 
La scena cambiò. “Bel colpo, Percy! Era ora che ti decidessi a mettere la testa a posto!” esclamò Fred che fronteggiava Dolohov, come se stesse disputando una tranquilla partita agli scacchi magici contro il suo gemello.
Percy si voltò e schiantò Dolohov. “Fai attenzione! Non stiamo giocando!”
“Percy ha ragione!” urlò Hermione a pochi passi di distanza da loro, mentre era intenta a combattere contro Mulciber. Ron era al suo fianco e, insieme a George, lanciava maledizioni contro due Mangiamorte.
“Hermione, dov’è Harry?”
“Sono qua!” rispose il moro, subito dopo aver atterrato Lucius Malfoy, che rimase svenuto tra le macerie.
All’improvviso, Ron prese per il gomito Hermione, la portò dietro una colonna vicina e la coprì con il proprio corpo.
“Ron! Ma sei impazzito?!”
“Scusami tanto, ma devo parlarti assolutamente…” 
“Adesso?!” lo interruppe la ragazza, che cercava di uscire da quella morsa.
“Sì, adesso! Probabilmente, questa sarà la mia ultima possibilità…”
“Ron, per favore, sbrigati!” 
Il rosso prese un respiro profondo e poi avvicinò le sue labbra all’orecchio di lei.
“Se n’è andato, Hermione. Ha fatto la sua scelta. Se n’è andato e non tornerà da te!”
A quelle parole, alla giovane strega mancò il respiro e sentì qualcosa spezzarsi dentro di sé, come se il suo cuore fosse andato in frantumi.
Hermione sospirò e lo guardò dritto negli occhi.
“Lo so, Ron. Ormai ho perso ogni speranza! Mi sono illusa! L’unica volta in vita mia in cui ho dato retta ai sentimenti e non alla ragione… Ho sbagliato! Ma non succederà più!”
La giovane stava tentando di convincere più se stessa che lui.
Le labbra di Ron si aprirono involontariamente in un lieve sorriso.
“Hermione… Io… Devo parlarti…”
“Guardate un po’ chi abbiamo qui! Non mi pare il momento migliore per appartarsi! Poi, Weasley, con una Nata Babbana come la Granger! Tu e la tua famiglia siete la vergogna dell’intero mondo magico!”
Bellatrix scoppiò in una risata isterica e puntò la bacchetta verso Hermione.
“Questa volta, nessuno ti porterà via. Questa volta, non mi sfuggirai!”
La Mangiamorte lanciò una maledizione verso di loro, ma Ron riuscì ad evocare uno scudo protettivo.
“Levati dai piedi, Weasley!” urlò la donna, colpendolo con un incantesimo così potente da farlo cadere a terra.
“A noi due, adesso!”
Hermione strinse la bacchetta e con un movimento fulmineo, un fiotto di luce rossa colpì di striscio Bellatrix, che si portò una mano ad un fianco, sfoderando un sorriso sadico.
“Molto bene! Sarà davvero un piacere ucciderti molto, molto lentamente!”
La giovane strega rimase immobile, senza lasciar trasparire alcuna emozione: non voleva dare la soddisfazione a quella donna di vederla terrorizzata, ancora una volta.
Bellatrix rise ancora e iniziò a duellare con Hermione, che per difendersi aveva indietreggiato, fino a toccare con la schiena una parete.
“Sei in trappola, adesso! Piccola, lurida Nata Babbana! CRUCIO!”
La ragazza cadde in ginocchio, ma mantenne lo sguardo fisso sul volto della Mangiamorte e la bocca sigillata, nonostante il dolore che la stava facendo impazzire.
“Sei un osso duro! vediamo se riesco a spezzarti!” mormorò Bellatrix, liberando la giovane dalla maledizione.
Hermione chiuse gli occhi per evitare di urlare: sapeva che la donna aveva altro in serbo per lei, che questa volta non si sarebbe limitata come aveva fatto a Villa Malfoy.
“Guardami! Voglio poter guardare i tuoi occhi soffrire mentre ti torturo!”
La ragazza strinse con forza le palpebre, ma poi riportò lo sguardo sul viso della Mangiamorte, che arricciò le labbra in una smorfia di trionfo.
“Bene… CRUCIO!”
“No!” gridò una figura che si gettò sopra Hermione, proteggendola dalla maledizione.
“Ma cosa…” domandò Bellatrix, osservando i due di fronte a lei, e poi il proprio Marchio Nero che aveva cominciato a bruciare.
“Non finisce qui, Granger! Non ci sarà sempre Weasley ad aiutarti!”
Detto questo, la strega scomparve, lasciandola in lacrime, mentre accarezzava freneticamente i capelli rossi dell’amico. 
“Ron! Ron! Svegliati ti prego!”
Harry s’inginocchiò accanto a loro. “Hermione! Cos’è successo?!”
“Lui… lui…” 
“Le ho salvato la vita!”
Hermione sgranò gli occhi e portò lo sguardo sul volto di Ron, che sorrideva a fatica.
“Mi devi un favore…” mormorò lui, passando il pollice sulla guancia della ragazza per asciugarle le lacrime.
 “Certo! Tutto quello che vuoi!”
Il rosso ridacchiò.
“Perché stai rid…”
La strega non fece in tempo a terminare la frase, che le sue labbra si ritrovarono su quelle di Ron.
Hermione non riusciva a muoversi: non riusciva a spostare la mano dai capelli dell’amico, non riusciva a chiudere gli occhi e soprattutto, non riusciva ad interrompere quel bacio.
“Bravo fratellino!” urlò Fred, mentre lottava contro un Mangiamorte.
“Fred! Concentrati! Comunque, bravo Ron!”gridò Percy, al fianco del fratello.
“PITON!” Harry si alzò in piedi all’improvviso e strinse la bacchetta.
Nel sentire quel nome, Hermione si staccò da Ron e si portò al fianco del moro.
Severus era molto pallido e la stava osservando: i suoi occhi neri erano carichi di dispiacere e dolore, come qualche ora prima. Poi, una smorfia comparve sul suo volto.
“La facevo più intelligente, signorina Granger! Lasciarsi andare in una situazione come questa…”
“Severus… non…”
La ragazza fece un passo verso di lui, ma il braccio di Harry le impedì di avvicinarsi. 
“Severus…” sussurrò ancora la giovane, mentre Piton continuava a guardarla.
“Attenzione!” urlò improvvisamente Percy e poi un grande boato riempì i corridoi.
Harry e Hermione iniziarono a tossire per la polvere che avevano inalato.
“Cosa miseriaccia è successo?!” gridò Ron.
“Dov’è?! Non lo vedo! Non lo vedo più!” urlò Harry, muovendo la bacchetta da destra a sinistra.
“Se n’è andato…” sentenziò Hermione, mentre una lacrima le lavava via lo sporco da una guancia.
“Io lo seguo! Non scap…”
“NO! NO! NO!” La voce disperata di Percy interruppe Harry. “FRED! FRED!”
Il trio si avvicinò ai due corpi: Fred era schiacciato sotto le macerie di un muro e Percy era al suo fianco, urlando il suo nome con tutto il fiato che aveva in gola.
“Freddy?”
I presenti si voltarono verso destra, dove George aveva appena fatto la sua comparsa.
“George…” tentò Ron, ma il gemello era già scappato via.
 
La scena cambiò. Harry, Ron e Hermione erano seduti su quello che rimaneva dei gradini che portavano alla Sala Grande.
“Io vado!” proclamò il moro, guadagnandosi le occhiate sprezzanti dei suoi amici.
“No Harry! Non puoi! Dev’esserci un altro modo!” s’infuriò la ragazza.
“Fred, Tonks o Lupin non sono morti perché tutto finisse con la tua resa e la nostra sconfitta! Se tu andassi da… Vol… Voldemort, è come se loro avessero perso la vita per niente!” sibilò il rosso, con così tanta freddezza e rabbia da far risedere Harry.
Il silenzio calò nuovamente su di loro, interrotto soltanto da alcuni passi provenienti dalla Sala Grande.
 Hermione posò lo sguardo sul viso di Ron, che aveva gli occhi chiusi, e non poté fare a meno di provare compassione per lui, per la morte di Fred, ma anche rancore: cosa gli era passato in quel piccolo cervello, quando aveva deciso di baciarla?
“Severus… Dove sei? Se fossi con…”
A quel pensiero, la strega balzò in piedi, attirando l’attenzione degli altri due.
“Harry! Devi lasciare aperto il collegamento tra la tua mente e quella di Voldemort!”
“Ma Hermione, hai detto tu che…”
“Lascia perdere quello che ho detto! Non capisci? Dobbiamo distruggere l’ultimo horcrux: dobbiamo uccidere il serpente! Nagini è sempre con Voldemort! Devi entrare nella sua testa! Dobbiamo sapere dove si trova!”
“Hermione ha ragione: uccidiamo il serpente e saremo più vicini a distruggere Lui! Dov’è, Harry?” 
Il moro li guardò per qualche secondo, poi iniziò ad agitarsi.
La ragazza s’inginocchiò al suo fianco, gli prese la mano e gliela strinse forte quando incrociò i suoi occhi rossi.
Il ragazzo verrà da me! Non lo capisci, Lucius? Non ho bisogno di andare a cercare Harry Potter! Entro questa notte, sarà mio!”
“Non è qui? Non sta combattendo?!” mormorò Ron,guadagnandosi un’occhiataccia da parte della strega.
 “Lucius! Trova Severus e portalo da me!”
A quelle parole, Harry smise di agitarsi e i suoi occhi tornarono verdi.
“Harry…”
“E’ nella Stamberga Strillante e Nagini è con lui, ma è protetta da un incantesimo! È molto arrabbiato perché c’è qualcosa che non va e vuole disperatamente Piton!”
“Perché?” sussurrò Hermione, tentando di nascondere il panico che l’aveva assalita.
“Non lo so, ma dobbiamo muoverci!”
I due ragazzi si alzarono e si affiancarono all’amica, che estrasse il Mantello dell’Invisibilità da una tasca della giacca e lo gettò sopra di loro. Iniziarono a correre, non curandosi dei loro piedi ben visibili, e in un attimo raggiunsero il Platano Picchiatore.
“Strano… Non abbiamo incontrato neanche un Mangiamorte. Dove sono tutti?” chiese Ron, mentre Hermione immobilizzava i rami dell’albero.
“Sono nella Foresta Proibita. Stanno aspettando me.” Rispose Harry con voce atona.
I tre si guardarono e poi percorsero lo stesso tunnel che durante il loro terzo anno li aveva condotti da Sirius Black e Peter Minus.
“Fermi! C’è uno spiraglio, qui!” mormorò il moro, dopo qualche minuto.
Si avvicinò alla flebile luce davanti a sé. “Vedo Nagini e Voldemort. Sta stringendo la bacchetta di Sambuco e…”
Un dolore lancinante alla cicatrice gli smorzò le parole in gola e si concentrò per non urlare.
Hermione tolse il Mantello e superò l’amico, prendendo il suo posto.
“Non c’è bacchetta più potente, mio Signore…”
“Severus…” sussurrò lei.
“ed appartiene a voi, e a voi soltanto.” Concluse Piton.
La ragazza non poteva vederlo in viso, perché le dava le spalle, ma poté notare Voldemort sospirare.
“Sei un uomo intelligente. Un servo davvero fedele, Severus. Nessuno sarebbe stato in grado di uccidere Silente, nemmeno Bellatrix…”
“Mio Signore.” Disse Piton, chinando lievemente il capo.
“Me ne dispiaccio molto!”
“Credo di non capire, mio Signore.” Esclamò il preside, dopo qualche minuto di silenzio.
Voldemort sospirò ancora.
 “E’ un vero peccato, Severus. Un peccato davvero, ma non posso fare altrimenti. Vedi questa bacchetta? Mi ha deluso grandemente!”
“Mio Signore?”
“La bacchetta di Sambuco non mi risponde come dovrebbe. Sai perché, Severus?”
“No, mio Signore.”
“Perché, io non sono il suo vero padrone!”
Nella stanza calò un silenzio carico di tensione.
Tu hai ucciso Silente. Tu sei il proprietario di questa bacchetta, Severus. Mi dispiaccio per quello che sta per accadere, ma solo io posso vivere per sempre.”
Hermione sgranò gli occhi e spalancò la bocca per urlare, ma la mano di Ron le impedì di emettere qualsiasi suono.
“Stai zitta! Non possiamo farci scoprire!” le mormorò all’orecchio.
“Nagini. Uccidi!” sibilò Voldemort.
All’improvviso, si udirono dei forti colpi provenienti dell’interno e le urla di Piton si insinuarono nella mente della giovane, che cercava di divincolarsi dalla presa del rosso, che si era fatta più ferrea.
Dopo poco, calò nuovamente il silenzio.
“Se n’è andato…” sussurrò Harry, tastandosi la cicatrice.
Hermione diede una gomitata a Ron, che la lasciò immediatamente.
La ragazza estrasse la bacchetta e distrusse quello che le impediva di passare.
Non appena entrò nella stanza, le mancò il fiato: le pareti erano schizzate  di sangue e una macchi rossa si allargava davanti a lei.
“Her… Her… Hermione…”
Un rantolo la fece voltare verso destra: il viso di Severus era molto pallido e cercava di tamponare le ferite che gli laceravano il collo.
“Severus!” Hermione si inginocchiò al suo fianco e iniziò a cercare il dittamo nella sua borsa.
“Hermione…”
“Non sforzarti!” ordinò lei, cercando di far smettere il tremore alle mani.
“Guardami…” implorò l’uomo.
La ragazza spostò lo sguardo sul volto di Severus ed iniziò a piangere. Piton le accarezzò una guancia, sporcandola di sangue, e le diede una piccola fiala contenente un liquido argenteo.
“Dalli a Potter! Deve vederli subito!” sussurrò lui. “Mi dispiace…”
“Zitto! Non dire niente! Adesso ti darò il dittamo e tutto si sistemerà!” singhiozzò la strega, che non riusciva a stappare la boccettina del dittamo.
“Non preoccuparti per me. Non sprecare dittamo con me: non serve. Io… Io…”
All’improvviso, gli occhi neri di Severus si fecero vitrei e la mano che le accarezzava il volto cadde sulle assi di legno con un tonfo.
“Severus! Severus!” urlò Hermione,scuotendolo per le spalle.
“Severus! Non lasciarmi! Sei forte! Severus!” continuò lei, tirandosi i capelli e dondolandosi avanti e indietro.
Un tocco lieve, le fece serrare le palpebre: non voleva vedere nessuno al di fuori di Severus, soprattutto non voleva che qualcun altro oltre a lui sfiorasse la sua pelle.
“Questa fiala la prendo io…” mormorò Harry, mentre l’amica continuava a ripetere il nome dell’uomo che lui aveva tanto odiato.
“Ron dobbiamo uscire da qui! Aiutami a portarla via!”
Il rosso le si avvicinò e quando le cinse la spalla con un braccio, la ragazza balzò in piedi, incenerendolo con lo sguardo.
 “Non toccarmi! Non osare! Andate via! Lasciatemi qui!”
Con un movimento fulmineo, Hermione si ritrovò sulle spalle di Ron, che si stava dirigendo fuori dalla Stamberga Strillante.
“No! No! Mettimi giù! Non posso lasciarlo solo! Ron, lasciami!”
La strega chiuse gli occhi e qualche goccia di pioggia le bagnò il viso.
“Severus! SEVERUS! Non andartene! Torna da me!”
Ron l’adagiò sul prato ed iniziò a scuoterla per le spalle.
“Hermione! Guardami!”
Un tuono squarciò la notte ed Hermione urlò, con tutto il fiato che le era rimasto, il nome dell’uomo che aveva amato.


NOTA DELL'AUTRICE:
Scusate per l'immenso ritardo, spero vi piaccia.
Manca poco alla fine...
  

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Capitolo 14
*** Risveglio con sorpresa ***


 

Capitolo 14- Risveglio con sorpresa

Hermione aprì gli occhi di scatto, ma si dovette coprire il viso con una mano, per evitare che qualche goccia fredda la bagnasse.
“Hermione? Mi senti?” domandò una voce familiare e allarmata.
La giovane si mise a sedere, costringendo il suo interlocutore a mettersi in piedi accanto a lei.
“Hermione? Va tutto bene? Perché hai urlato il mio nome?”
Per la prima volta, Hermione guardò chi le stava parlando e trattenne il fiato: un uomo dai capelli neri e bagnati, che gli ricadevano sul volto pallido e magro, e dal fisico asciutto, coperto solo da un asciugamano legato in vita, la stava fissando con aria preoccupata.
“Severus!” esclamò lei, saltandogli in braccio.
“Severus! Sei qui! Sei qui!” disse, stringendogli il collo.
“Hermione! Certo che sono qui! Dove dovrei essere, secondo te?” chiese, allontanandola un po’.
La donna chinò la testa di lato ed iniziò a baciargli freneticamente il viso. “Severus! Sei qui!”
“Hermione! Adesso basta! Esigo una spiegazione!” urlò l’uomo, staccandosela di dosso e facendola cadere sul letto.
“Sei vivo! Sei qui! Ma com’è possibile? Ho visto Nagini… tu nella Stamberga Strillante… io non volevo lasciarti! Ma Ron e Harry mi hanno portata via…”   
Hermione tacque, esaminò la stanza e poi tornò a guardare Severus. “Dove sono tutti? Dove sono Voldemort e Bellatrix? Come fai ad essere ancora vivo? Soprattutto, perché sei praticamente nudo nel bel mezzo di una guerra? I morsi di Nagini ti hanno forse fatto impazzire?”
“Ancora! Sarà la decima volta quest’anno…” sussurrò Severus, passandosi la mano davanti agli occhi, poi si diresse verso l’armadio di fronte al letto.
“Deve essere qui! Da qualche parte… deve esserne avanzata un po’…” mormorava l’uomo, osservando velocemente le numerose etichette di differenti pozioni.
“Severus! Mi spieghi cosa sta succedendo? E vai a vestirti! C’è ancora il serpente da uccidere!” gridò la strega, balzando in piedi, alla ricerca della sua bacchetta.
“Eccola! Lo sapevo!” esultò Piton con un ghigno e si avvicinò alla moglie, stringendo tra le mani un’ampolla, contenente un liquido smeraldino.
“Bevi questa. Ti schiarirà le idee.”
Hermione si voltò verso di lui e con un movimento fulmineo, gli puntò la bacchetta al petto.
“Non la voglio bere! Cos’è? Vuoi avvelenarmi?”
Severus sgranò gli occhi. “Hermione…”
“No! Io ti amo! Ma posso fidarmi di te? Tu? Tu mi ami? Negli ultimi mesi, nonostante una guerra, io ho sofferto per te! E tu? Tu hai sofferto per me?”
Hermione fece una pausa per riprendere fiato e poi incatenò i suoi occhi a quelli del mago.
“Posso fidarmi di te, Severus?”
L’uomo la fissò per qualche secondo, poi si chinò verso di lei e le diede un lieve bacio sulle labbra, facendola sussultare.
“Bevila! Bevila e ti prometto che tutte le risposte arriveranno da sole.”
Hermione prese l’ampolla, senza spostare la bacchetta dal petto dal suo petto, poi l’appoggiò sul pavimento.
“Dimmi come hai fatto. Come mai non sei morto? Dimmelo e la berrò!”
Severus sbuffò e si strofinò gli occhi: da cinque anni doveva fare il diavolo a quattro per farle bere quella pozione!
“Severus?”
La voce di lei lo riportò alla realtà.
“Presumo tu non abbia ancora visto quello che ho dato a Potter, giusto?” l’assecondò.
“No. Harry è appena andato nell’ufficio del preside per vedere i ricordi…”
L’uomo iniziò a camminare teatralmente avanti e indietro: per quanto gli desse fastidio dover ripetersi, adorava farla stare sulle spine.
“Severus! Vuoi fermarti?! Dai, muoviti! C’è una guerra là fuori!”
Un sorrisino comparve sul volto di lui. “Se evitassi di interrompermi, forse…” 
Hermione incrociò le braccia al petto e sbuffò sonoramente, facendolo sorridere maggiormente.
“Posso continuare? Bene. Devi sapere che ho fatto il doppiogioco con il Signore Oscuro e che ho ucciso Silente su suo stesso ordine…”
“Che cosa?!” sbottò lei.
“Lasciami andare avanti!”
“Ma…”
“Potter te ne darà conferma!” disse con fare sbrigativo.
“Comunque, Silente mi aveva accennato che la sua bacchetta era particolare, senza scendere troppo nei dettagli ovviamente, e mi aveva avvertito che, prima o poi, l’Oscuro Signore l’avrebbe desiderata e la mia vita sarebbe stata in serio pericolo. Ma…”
“Ma, cosa? Hai accettato!”
“Sì, ho accettato. Ma, ad una condizione: non sarei dovuto morire.”
Hermione sgranò gli occhi. “Non capisco…”
“Dopo la richiesta di Albus, sapevo che il nostro rapporto avrebbe affrontato un periodo difficile, molto difficile, e volevo avere la possibilità di darti la spiegazione che meritavi. Dovevi sapere la verità e poi la scelta sarebbe stata tua…”
La donna sorrise lievemente. “Io sono qui…”
“Già! La solita testarda!” ridacchiò Severus. “Comunque, Silente è riuscito a trovare una pozione particolarmente complicata da preparare, che rendeva il corpo incolume da qualsiasi attacco ed era in grado di inscenare la propria morte: giusto il tempo di recuperare le forze necessarie…”
“Per questo mi hai detto di non sprecare dittamo!” lo interruppe lei.
“Esattamente, anche se le poche gocce che mi hai dato hanno fatto accelerare il processo di guarigione. Ora, potresti…”
“Voldemort lo sa?”
“No. Quando mi sono svegliato non c’era nessuno. Probabilmente erano già tutti nella Foresta. Ora…”
“Tu mi ami Severus?”
Piton rimase con la bocca aperta. “Come scusa?”
“Tu mi ami?”
L’uomo le si avvicinò lentamente e quando le fu accanto, le diede un lieve bacio.
“Signorina Granger, sai quanto detesti sbandierare i miei sentimenti ai quattro venti, quindi presta bene attenzione perché non mi ripeterò: se non ti amassi, se amassi ancora Lily, adesso sarei nella Stamberga Strillante, non trovi?”
“Severus…”
“Ora, prendi questa benedetta pozione! Ti rimetterà in forze per la guerra!”
Hermione prese l’ampolla da terrae se la portò vicino alle labbra.
“Combatterai al mio fianco?”
“Sempre!” rispose Severus e lei bevve la pozione smeraldina tutta d’un fiato.
Piton la guardò per qualche secondo, poi allungò le braccia per prenderla al volo, quando notò che i suoi occhi si erano fati vitrei.
“Hermione?” la chiamò, stendendola sul letto. “Hermione, mi senti?”
Dopo poco, la strega sbatté velocemente le palpebre e pose lo sguardo sul volto del marito.
“Severus! Perché mi hai svegliata?! Stavo dormendo così bene!” borbottò lei, mettendosi a sedere e toccando qualcosa di freddo.
“Cosa ci fa un’ampolla di Dolcesveglia qui?”
“E’ successo ancora…”  disse con tono piatto lui.
“Ah…” fu l’unico commentò che Hermione riuscì a proferire, prima di tornare ad appoggiare la testa sul cuscino e a sotterrarsi nelle coperte: odiava vedere la tristezza negli occhi di suo marito ogni volta che riprendeva lucidità.
“Hermione?” domandò Severus, sdraiandosi accanto a lei.
“Cosa… cosa ho fatto?” chiese la donna, senza guardarlo in viso.
“Hai urlato. Hai urlato il mio nome…” Un ghigno gli increspò le labbra. “Almeno non ha distrutto mezza camera, come l’ultima volta!”
A quelle parole, la strega sorrise e si stiracchiò. “Che ore sono? Mi sembra di aver dormito un’eternità. Era da tanto che no mi sentivo così riposata!”
“Le nove.” Mormorò Severus, dirigendosi verso il bagno, per vestirsi.
“Le nove?! Non è possibile! Non posso aver dormito solo mezz’ora!”
All’improvviso, la sua pancia brontolò, facendola diventare rossa: le aveva sempre dato fastidio che la sua pancia emettesse strani rumori quando c’era silenzio.
“Severus, lo so che ormai è tardi per andare in Sala Grande a fare colazione, ma potresti scendere nelle cucine? Vorrei tanto… una fetta d’anguria!”
Dal bagno non si udì alcun rumore.
“Severus?”
Dopo poco, Piton fece la sua comparsa, guardandola  con fare sospettoso.
“Una fetta d’anguria, hai detto? In pieno dicembre?”
“Sì! Lo so che è una richiesta bizzarra, ma mi è venuta questa voglia…” 
Hermione sgranò gli occhi.
“Improvvisa?” concluse l’uomo.
La donna annuì lentamente.
“Devi dirmi qualcosa, Hermione? Non hai mai sentito la necessità di dormire molto e soprattutto, l’anguria non ti è mai piaciuta. Quindi trovo la tua voglia alquanto curiosa.” Disse Severus con una calma snervante.
La donna prese un respiro profondo. “Severus… ecco… io…”
Non riusciva a trovare le parole giuste e le occhiate che il marito le lanciava non erano affatto rassicuranti.
“Sei incinta?” domandò piano Severus.
“Cosa…”
“Ho trovato un test di gravidanza vicino al lavandino. Sicuramente deve appartenere alla signora Potter: non voleva a farlo da sola ed è venuta qui da te. Solidarietà femminile, giusto?”
La moglie scosse il capo.
“Sei incinta!” sussurrò l’uomo impallidendo e lasciandosi cadere sulla poltrona nera vicina all’armadio delle pozioni, poi si prese la testa tra le mani e un silenzio carico di tensione calò su di loro.
“Severus… per favore… dimmi qualcosa!” lo pregò la strega dopo un po’, inginocchiandosi davanti a lui e accarezzandogli i capelli.
“Un bambino… insomma, potrei essere suo nonno, esattamente come potrei essere tuo padre!”
A quelle parole, Hermione si alzò di scatto e si andò a sedere sul letto.
“Non osare rovinarmi questo momento!” sibilò la strega, attirando l’attenzione del marito
. “Non mi aspettavo di vederti fare salti di gioia: non è da te! Ma… non ti permetto di rovinare la mia felicità! Sono incinta dell’uomo che amo e lui cosa fa? Rivanga una questione che pensavo fosse conclusa da tempo!”
“Hermione…”
“No! Non dire niente! Vado nelle cucine…”
La donna trasfigurò il pigiamone con gli orsacchiotti nella sua divisa scolastica azzurra e uscì dalla stanza, lasciando Severus a fissare la parete di fronte a sé.

*****

“Professoressa Granger! Come può aiutarla Winky?”
Hermione le fece un piccolo sorriso, sedendosi vicino al lungo tavolo di legno.
“Lo so che la colazione è finita, ma potresti portarmi qualcosa da mangiare, per favore? E chiamami Hermione…”
“Certamente! Cosa desidera la profes… Hermione?”
“Ecco… vorrei una fetta d’anguria…” sussurrò la strega, arrossendo lievemente.
“Certo! Winky arriva subito!” disse l’elfa scomparendo dietro una piccola porta.
Poco dopo, tornò con un piatto d’argento su cui era poggiato un coltello ed una grande fetta d’anguria.
“Ecco, Hermione!”
“Grazie, Winky.” Rispose la donna, mettendosi un tovagliolo sulle gambe ed iniziando a tagliare a cubi la polpa rossa del frutto.
Dopo qualche minuto, Hermione posò il tovagliolo macchiato sul tavolo e si passò una mano sulla fronte.
“Ha ragione Severus: non mi piace proprio l’anguria!”
“Come ti ho ripetuto innumerevoli volte: io ho sempre ragione!”
La strega guardò verso l’entrata delle cucine, dove Severus era poggiato contro lo stipite della porta.
“Cosa ci fai qui?”gli chiese, cercando di utilizzare il tono più glaciale possibile. L’uomo inarcò un sopracciglio.
“Sono venuto a cercarti. Non credo che la discussione sia finita.”
Hermione si appoggiò allo schienale della sedia e lo squadrò. “Prego! Sono tutta orecchi!”
Piton diede una rapida occhiata intorno e, notandola grande quantità di elfi presenti, aggrottò la fronte.
“Non mi sembra il caso di affrontare una questione così delicata qui…”
La strega non accennò a muoversi e il mago sfoderò l’espressione più truce di cui era capace.
“Hermione! Non essere sciocca!”
“Sarei io la sciocca?! Puoi parlare qui con me oppure puoi avere una fantastica conversazione con te stesso da un’altra parte!”
A quelle parole, Severus si avvicinò e se la caricò in spalla.
“Cosa fai?! Mettimi giù!” sbraitò Hermione, dimenandosi.
“Smettila di fare i capricci come una bambina viziata! Non hai più cinque anni!” sputò il mago, uscendo dalle cucine e attraversando a grandi falcate il corridoio che li separava dalla loro camera.
Con un colpo di bacchetta aprì la porta della stanza, la chiuse con un calcio e mise la moglie, che non aveva smesso un attimo di agitarsi, sul letto.
Qui possiamo parlare tranquillamente.” Mormorò l’uomo, sedendosi sulla poltrona.
“Severus! Sei impazzito?! Portarmi via così…”
“Potrei essere tuo padre. Potrei essere suo nonno!” la interruppe lui. “Eppure… non riesco a fare a meno di pensare che un bambino…  non sia poi così male…”
“Aspetta un attimo! Quindi, sei felice? Sei felice che io sia incinta?”
Severus annuì lentamente.
Hermione si alzò di scatto e gli balzò in braccio, baciandolo con trasporto.
“Grazie, grazie, grazie! Sai… il bambino di qua, il bambino di là… e se fosse una bambina?” scherzò la donna.
“Speriamo non prenda il tuo caratterino!” ghignò l’uomo.
Hermione rise e appoggiò la testa sulla spalla del marito, lasciandosi sfuggire uno sbadiglio.
“Hai ancora sonno?!  Ti sei praticamente appena svegliata!” si lamentò lui, guadagnandosi un’occhiataccia da parte della moglie.
“Sì! Quasi quasi torno a letto, ma prima…”
“Prima?” chiese Piton, inarcando un sopracciglio e sfoderando un sorriso malizioso.
“Niente di quello che hai in mente, Severus! Voglio scrivere una lettera.”
“Una lettera? E a…”
Severus sgranò gli occhi. “No! No! E categoricamente no!”
“Cosa…”
“Non scriverai nulla a Potter o ai Weasley!”
Hermione si alzò di scatto e gli si parò davanti. “In realtà volevo mandare una lettera ai miei genitori! Credo che sarebbero felici di sapere che stanno per diventare nonni!”
Severus si rilassò.
“Bene! Ho il turno di ronda al settimo piano… immagino debba fare anche il tuo nei sotterranei, giusto?” disse lui, dopo che un barbagianni comparve sul davanzale della finestra.
“Mi faresti un grande favore!” rispose la donna, china su due fogli di pergamena, che dopo poco legò alla zampa del rapace, che prese il volo.
Hermione si avvicinò a Severus e gli diede un lieve bacio sulle labbra. “Adesso vai o arriverai in ritardo!”
Piton si alzò e si fermò davanti alla porta.
“Ci vediamo in Sala Grande o devo farti portare il pranzo qui?”
“Tranquillo. Sarò in Sala Grande. Adesso vai!” insisté lei, spingendolo fuori dalla stanza.
Quando Severus le diede le spalle ed iniziò a camminare, Hermione tirò un sospiro di sollievo: non si era accorto di niente!
“Hermione…”
La strega alzò gli occhi al cielo. “Dimmi. Hai dimenticato qualcosa?”
Il mago si voltò verso di lei. “Mi stavo chiedendo… come mai hai scritto due fogli di pergamena? I tuoi genitori non vivono nella stessa casa?”
“Harry, Ron e Ginny saranno qui alle otto di stasera!” disse tutto d’un fiato la strega, chiudendo di colpo la porta, in modo che il marito non potesse replicare.

*****
“Che freddo! Perché non abbiamo usato la Metropolvere?!”
“Ginny! Per la centesima volta: Hermione ha detto che la McGranitt non sa niente della nostra visita e serve il permesso della preside per mettere in comunicazione due camini!” sbottò Ron.
Harry si avvicinò alla moglie e l’avvolse in un abbraccio.
“Come facciamo ad entrare? I cancelli sono chiusi e non credo che un semplice incantesimo possa funzionare!” esclamò il moro.
All’improvviso, comparve una luce in lontananza.
“Chi è là?” urlò Gazza.
“Presto Ginny! Tira fuori il Mantello dell’Invisibilità dalla borsa!” ordinò il fratello.
Ginny frugò nella borsa fino a trovare il mantello e lo gettò sopra le loro teste, prima che Gazza potesse vederli.
“C’è qualcuno?” ripeté, aprendo un po’ i cancelli.
“Ora!” bisbigliò Harry, spingendo i due contro il custode, che cadde a terra spaventato.
“Chi… chi c’è?” urlò, ma i tre erano ormai al portone d’ingresso.
“Dobbiamo fare attenzione! Se la McGranitt ci scoprisse…” sussurrò Ron.
“Credo sia troppo tardi!” esclamò una voce.
“Anche se non posso vedervi, ho ancora un ottimo udito, signor Weasley!”
“Ron!” si lamentò Ginny, togliendo il Mantello dell’Invisibilità.
“Buonasera! Potter, immaginavo che ci fossi anche tu! Oramai dovrei esserci abituata!” disse con voce dura la preside, non riuscendo però a celare un sorriso materno.
I tre abbassarono lo sguardo, imbarazzati: si sentivano ancora degli studenti quando erano di fronte a lei.
“Allora, come mai qui?” chiese la McGranitt con fare sospettoso.
“Ecco… vede…” balbettò il rosso.
“Siamo qui per Hermione!” concluse la sorella, facendo un passo avanti.
“Hermione? La professoressa Granger non mi ha informata del vostro arrivo!” disse la preside con voce stizzita. “Ma a questo provvederemo subito!”
I tre si scambiarono un’occhiata interrogativa.
“Andiamo!” ordinò la donna.
“Dove?” domandarono in coro.
“A chiedere spiegazioni alla signora Piton! Quell’uomo sta avendo una pessima influenza su di lei… Ora, prendete il mio braccio!”
“Ma professoressa, non ci si può smaterializzarsi a Hogwarts!” esclamò Ginny.
“Signora Potter, ha forse dimenticato di star parlando con la preside?” ironizzò la donna.
“Mi scusi…” mormorò la rossa, dopo qualche secondo.
Harry si avvicinò alla sua ex insegnante di trasfigurazione e posò una mano sul suo braccio, seguito subito dopo da Ron e Ginny.
La preside li guardò uno ad uno: provava un profondo senso di gratitudine verso di loro.
“E’ un piacere rivedervi.” Disse infine.
“Anche per noi, professoressa!” le rispose il moro.
A quelle parole, tutto si fece confuso e la familiare sensazione di avere un amo nell’ombelico li travolse.
“Perché siamo qui? Quando frequentavamo la scuola, l’appartamento di Piton non era nei sotterranei?” chiese il rosso, quando si ritrovò di fronte ad una porta di legno chiaro, alla fine di un lungo corridoio illuminato da diverse torce.
“Ha detto bene signor Weasley: era nei sotterranei! Non potevo permettere  che la professoressa Granger vivesse in un luogo così buio e umido!” spiegò la McGranitt, bussando lievemente.
“Siete arrivati! Siete arrivati!” si sentì urlare poco dopo, poi Hermione aprì la porta.
Quando si trovò davanti Minerva, il suo sorriso si spense.
“Preside… cosa ci fa qui?”
“Questa domanda dovrebbe farla ai suoi amici, professoressa Granger. Oppure sa qualcosa che mi è stato nascosto?”
“Ecco… vede… li ho invitati io. Non gliel’ho detto perché si tratta di una questione privata, di cui l’avrei informata tra qualche giorno. Ma ormai siete tutti qui, quindi accomodatevi!” invitò Hermione, facendosi da parte.
“Dov’è tuo marito?” chiese Ron, guardandosi attorno con aria preoccupata, suscitando l’ilarità dei presenti.
“Tranquillo, tornerai da Patil tutto intero! Comunque, Severus la sta cercando, preside.”
“Mi troverà qui!” rispose affabile la strega, sedendosi sulla poltrona.
“Allora, perché ci hai fatti venire qui?” chiese Harry.
Hermione arrossì, abbassò lo sguardo e portò una mano sulla pancia.
“Ecco… è una cosa che ho saputo stamattina…”
A quelle parole, Ginny andò ad abbracciarla.
“O Merlino! Hermione…”
“Potete spiegarci?!” domandò Ron.
“Testone! Possibile che non abbiate ancora capito?!”
Minerva balzò in piedi e abbracciò a sua volta la giovane.
“Non capisco perché volevi aspettare qualche giorno per dirmelo!”
“Allora?!” urlarono all’unisono i due uomini.
“Testoni! Uno e due! Hermione è incinta!” gridò Ginny.
Ron e Harry sgranarono gli occhi, senza riuscire a parlare. 
Minerva sorrise e scioccò le dita. All’improvviso Winky fece la sua comparsa.
“La preside ha bisogno di Winky?”
“Sì cara. Portaci cinque bicchieri di Vino Elfico e uno di Succo di Zucca, per favore. E trova anche il professor Piton.”
L’elfa annuì e pochi minuti dopo Severus arrivò con Winky, che sorreggeva un vassoio. La creatura servì gli ospiti e si smaterializzò.
L’uomo osservò i visi dei presenti: quello sorridente di Potter, quello spaesato di Weasley e quelli bagnati di lacrime delle tre donne.
“Severus!” singhiozzò la preside, andandolo ad abbracciare.
“Minerva! Contieniti!”
“Smettila! Bisogna festeggiare! Chi l’avrebbe mai detto:  Severus padre!”
“Già!” mormorò Ron.
“Weasley! Cinquanta punti in meno a Grifondoro!”
“Ma ho finito la scuola cinque anni fa!” protestò il rosso.
“Lo so benissimo! Era per farti capire che ti ho sentito!” disse con tono acido Severus.
“Smettetela voi due!” li sgridò la preside, porgendo un bicchiere di vino a ciascuno, tranne a Hermione, che prese quello col succo.
“Al bambino!” brindarono in coro.
“O alla bambina…” bisbigliò Hermione, udita solo dal marito che le rivolse un piccolo sorriso ed alzò il calice verso di lei.




ANGOLO DELL'AUTRICE:
Salve a tutti, gente!
Scusate per l'assenza ma la scuola mi sta lasciando davvero poco tempo libero!
Comunque, la storia è quasi giunta al termine...il prossimo e il suo epilogo!
Fatemi sapere cosa ne pensate e buona lettura :)

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Capitolo 15
*** 1 settembre 2004 ***


 

Capitolo 15- 1 settembre 2004

“Mamma! Dov’è il mio bouquet? L’avevo in mano fino un attimo fa e ora non riesco più a trovarlo!” si agitò la sposa davanti all’enorme specchio che occupava gran parte dello studio della preside.
“Hermione! Smettila di muoverti o ti bucherò con uno spillo!” la rimproverò la signora Granger.
A quelle parole, Molly sbuffò. “Alicia cara, se usassimo la magia per sistemare il vestito, Hermione avrebbe più tempo per rilassarsi!”
La donna si voltò lentamente e lanciò un’occhiata glaciale alla strega. “Assolutamente no! Apprezzo il consiglio ma questo è un momento particolare: gli ultimi istanti in cui posso coccolare la mia bambina!”
“Mamma…” Hermione si lasciò sfuggire una piccola lacrima.
“Non piangere!” la rimbrottò Molly.
All’improvviso, qualcuno bussò alla porta.
“E’ lui! È lui! Ma Harry e Ron non sono capaci di trattenerlo per dieci miseri minuti?! Presto! Non deve vedermi!” si agitò la sposa, voltandosi così velocemente da inciampare nell’orlo bianco dell’abito e quasi rovinare a terra se Molly e Alicia non fossero riuscite a prenderla al volo.
“Hermione calmati! Sono Ginny! Posso entrare?” domandò la damigella d’onore, ridendo.
La signora Weasley aprì la porta e Ginny la prese per il polso, tirandola con forza.
“Ginevra!”
“Abbiamo un problemino…” sussurrò la ragazza per non farsi sentire dalle altre due. “Non riusciamo a tranquillizzare il pipistrellone!”
“Ehi!” s’infuriò Hermione, avvicinandosi all’amica.
“Non agitarti cara. Ci penso io. Finisci di prepararti.” Disse Molly, dandole una carezza , poi seguì la figlia lungo il corridoio.
La sposa sbuffò.
“Hermione. Dai vieni.” Alicia le strinse delicatamente le spalle e la portò davanti allo specchio: prese una spazzola ed iniziò a sistemarle quel cespuglio che le era sempre piaciuto.
“Sei bellissima bambina mia!” mormorò la donna.
Hermione guardò il suo riflesso ed incrociò gli occhi umidi della madre. “Mamma…”
“Lo so! Lo so! Ormai non sei più la mia bambina! Solo, mi sento tremendamente in colpa! Insomma, non abbiamo mai parlato di questioni di cuore: ti sei sempre tenuta tutto dentro e io non sono stata capace di capire! Senza pensare a quello che hai dovuto passare l’anno scorso: immagino quanto sia stato doloroso stare vicino a me e a tuo padre senza che noi ti riconoscessimo! Scusami tanto!”
Hermione si voltò lentamente e abbracciò Alicia. “Ti voglio bene, mamma!”
“Anch’io figlia mia. Non sai quanto!”
Rimasero in quella posizione per qualche minuto: non volevano separarsi perché sapevano che avrebbe significato andare ognuno per la propria strada, lasciarsi nuovamente in un certo senso.
“Sei felice? Lui ti rende felice?” domandò all’improvviso la signora Granger.
“Sì! Ne sono successe di tutti i colori, ma Severus non mi rendesse felice non sarei qui!”
Alicia tirò su col naso e si asciugò gli occhi con un fazzolettino di pizzo. “Forza! Devo ancora finire di sistemarti i capelli! Non possiamo farlo aspettare per sempre, non credi? Anche perché non mi sembra una persona molto paziente…”
“Infatti!” esclamò una voce dietro di loro.”Tua madre ha ragione, signorina Granger. Sono appena stato nel mio quadro nei sotterranei e ti posso garantire che Severus è alquanto agitato! Molly lo sta strigliando per benino! Ah quella donna! Senza di lei saremmo perduti! Comunque, lasciatelo dire signorina Granger, l’abito bianco ti dona molto.”
Hermione arrossì lievemente. “Grazie mille professor Silente.”
“Di nulla. Dico semplicemente la verità.”
L’ex preside sospirò e le sorrise. “Torno nei sotterranei. Devo accertarmi che Severus non abbia fatto del male a nessuno!” Poi scomparve.
"Che uomo simpatico! Fa delle vere battute di spirito! Severus… far del male a qualcuno! Sembra una persona così pacata!” esclamò Alicia, iniziando a truccare il viso della figlia.
“Già! Un uomo così pacato…” bisbigliò la ragazza, cercando di non scoppiare a ridere.
“Ecco! Adesso sei perfetta!” esultò la signora Granger dopo qualche minuto.
All’improvviso qualcuno bussò alla porta.
“Hermione? Sei pronta? Tuo padre è con Harry, Ron e Severus!”
La sposa sorrise: Luna era l’unica che aveva il coraggio di chiamare il loro ex professore con il suo nome.
“Arrivo!” rispose Hermione, poi fece un respiro profondo.
“Sei sicura?” le domandò la madre.
La giovane le diede un bacio sulla guancia e aprì la porta, trovandosi davanti un Luna alquanto euforica.
“L’aria è piena di Nargilli! Sono ovunque! Penso anche di averne ingoiato qualcuno!” La sposa rise di gusto.
“Hermione!” Le due streghe si voltarono alla loro sinistra: Ginny correva verso di loro agitando il suo bouquet da damigella.
“Hermione! Eccoti finalmente! Muoviti!” e la prese per il polso.
“Ginny! Fai piano o le rovinerai il vestito! I Ripini* non possono riparare sempre tutto da soli!” intervenne Luna, trattenendo Hermione per un braccio.
“Scusa Luna ma… i cosa?”
La bionda aprì la bocca per parlare ma un’occhiata truce da parte della rossa le fece morire le parole in gola.
“Dai Hermione! Non c’è più tempo!”
“Ginny! Finché non arriva la sposa non può cominciare nemmeno la Marcia Nuziale!”
A quelle parole, la damigella d’onore arrossì e abbassò lo sguardo.
“Ginevra…” sussurrò iniziando ad innervosirsi. “Cos’è successo?”
“Ecco… quando Silente è tornato nel quadro nei sotterranei ha detto che eri pronta, allora Luna è venuta qui e tuo padre, io, Harry, Ron e Severus siamo andati in Sala Grande e…”
“E?” incalzò Luna che passava una mano sulla schiena della mora per tranquillizzarla.
“E… stavo parlando con la McGranitt e Vitious ha capito che eri praticamente davanti all’ingresso! Ha fatto partire la Marcia!”
Hermione sbiancò di colpo: guardò un’amica e poi l’altra. “Ginevra… con te farò i conti dopo! Ma adesso… CORRIAMO!”
Le tre raggiunsero la Sala Grande in un batter d’occhio.
“Hermione! Sei in ritardo!” esclamò il signor Granger.
Tra un respiro e l’altro, Luna e Ginny si misero davanti a Frank  e Hermione e, quando le note della Marcia cominciarono per la terza volta, le due damigelle entrarono.
La sposa strinse con forza il braccio del padre. “Andrà tutto bene, bambina mia.”
“Ti voglio bene, papà.” Sussurrò lei, facendo il suo ingresso.
“Anche io!” le rispose, quando appoggiò la sua mano su quella di un elegante Severus che non riusciva a levarle gli occhi di dosso.
Dei lievi colpi di tosse attirarono la loro attenzione: Minerva McGranitt, un po’ emozionata, iniziò la cerimonia.
Dopo una mezz’ora circa, Severus e Hermione uscirono nel cortile della scuola, dove furono accolti da un boato e una serie di scintille colorate esplosero dalle bacchette. I novelli sposi furono travolti da un’infinità di auguri.
Quando Ron si trovò di fronte a loro abbracciò forte la sua amica e poi strinse la mano del suo ex professore. “Le ho fatto da testimone ma qualsiasi cosa accada io starò dalla parte di Hermione!”
L’uomo fece un brusco cenno del capo, seguito da un sospiro di sollievo di Hermione, Harry e Ginny che si erano avvicinati per congratularsi. Poi fu il turno di Minerva e Molly che li strinsero, piangendo.
“Molly, Minerva, controllatevi!” mormorò lo sposo, cercando di nascondere un sorriso divertito, che scomparve quando qualcuno gli diede una pacca sulla schiena.
“Ecco qui il nostro Piton!”
Severus assottigliò lo sguardo. “George Weasley…”
“Via! Hai sposato Hermione, no? Ormai sei uno di famiglia!” Poi gli si avvicinò e gli sussurrò all’orecchio: “Fred ti ha sempre trovato un ottimo insegnante, anche se di parte. Ha sempre avuto stima di te… ovviamente non da quando hai ucciso Silente!”
Poi, si spostarono davanti al Lago Nero dove erano state allestite delle lunghe tavolate e dopo che tutti furono sazi, si aprirono le danze. Severus e Hermione furono i primi ad alzarsi e a ballare sul prato: si guardavano negli occhi, senza riuscire ad esprimere a parole la loro felicità. A loro si unirono i signori Potter, Ron e Patil ed altri.
“Posso rubarle la dama?” balbettò Neville dopo qualche minuto, facendo un piccolo inchino davanti alla sposa e svuotando il suo bicchiere di Vino Elfico sul vestito bianco.
“Paciock!” sbottò lo sposo, mentre il ragazzo sbiancava e si scusava con l’amica.

“Neville! Il mio vestito!” urlò Hermione, aprendo gli occhi. Cercò di mettersi a sedere ma la pancia che le era cresciuta negli ultimi nove mesi glielo impedì.
“Non vedo l’ora che tu nasca! Sei davvero ingombrante!” mormorò la strega, sorridendo teneramente. Severus mugugnò qualcosa, cos’ decise di alzarsi.
Dopo vari tentativi, la donna riuscì a mettersi in piedi. Fece un passo verso il bagno ma sgranò gli occhi: all’altezza dell’inguine la sua camicia da notte era bagnata. Hermione fece un paio di calcoli a mente e si tamburellò le dita sulla pancia.
“Ci siamo…”
Con grande fatica, si piegò a prendere la propria bacchetta sul comodino e con un movimento veloce della mano accese le luci.
Severus mugugnò ancora, ma non accennava minimamente a svegliarsi.
La strega sbuffò, si mise davanti al letto e puntò l’arma contro il marito.
“Nix!” ordinò e dei fiocchi di neve caddero all’interno della bocca spalancata dell’uomo.
Dopo qualche secondo, Severus balzò in piedi tossendo e guardando malissimo la moglie, che rideva nervosamente.
“Finalmente sei sveglio!”
“Sono del quattro del mattino! Dovrei dormire a anche tu! Questa sera arriveranno quelle teste di legno…”
“Non solo stasera.” Lo interruppe lei, facendolo sbiancare.
“Vuoi… vuoi dire… una testa di legno…”
“Ehi!” sbottò la strega. “E’ mio figlio! Non può essere una testa di legno! Tu sei una testa di legno e…” Una fitta forte all’addome le fece morire le parole in gola.
“Hermione!” L’uomo le fu subito accanto. “Sdraiati! Vado a chiamare Minerva!”
“No! Non te ne andare! Poi, chiama Poppi piuttosto!” Severus la guardò e le diede un bacio sulla fronte, poi evocò il proprio patronus e lo spedì in infermeria.
Dopo qualche minuto, una trafelata medimaga fece irruzione nella stanza, spingendo il futuro papà.
“Via Severus! Fammi passare!”
Poppi tastò la pancia della collega  e aggrottò la fronte, poi agitò la bacchetta e un corvo d’argento volò via.
“Dove l’hai mandato?” domandò il mago.
“Da Minerva e Molly. Ho bisogno d’aiuto qui!”
“Perché?!”
“Il bambino non si è girato! Non è pronto!” urlò la donna di rimando.
Severus divenne come di marmo. “Cosa devo fare?” domandò con voce gelida.
“Nulla! Esci!” ordinò la medimaga stringendo la mano di Hermione che gridava per le doglie e la cui faccia era una maschera di dolore madida di sudore.
“Severus…” supplicò e allungò un braccio verso di lui. “Non… non andare…”
L’uomo fece un passo verso di lei ma Chips gli si parò davanti.
“Fuori! Fuori di qui! Saresti solo d’intralcio! Vai dove vuoi ma esci da questa stanza!”
Severus le rivolse uno sguardo che aveva fatto impallidire studenti e Mangiamorte ma l’unico risultato che ottenne fu quello di essere sbattuto fuori dalla sua stessa camera.
Nervoso e preoccupato, cominciò a fare avanti e indietro di fronte alla porta, alzando gli occhi dal pavimento di pietra quando sentiva Hermione.
Dopo vari minuti, udì dei passi frettolosi avvicinarsi, cos’ sfoderò la bacchetta, che aveva fatto in tempo a recuperare prima di bandito dalla stanza. Il mago puntò l’arma nella direzione dei rumori e un fiotto di luce rossa si sprigionò  davanti a lui, subito seguito da un incantesimo scudo.
“Severus! Sei impazzito?! Potevi ferirci!” urlò la preside quando gli fu vicino, ma vedendo il viso tirato del collega non usò infierire oltre.
“Cosa succede?” chiese Molly, con il fiatone.
“Hermione è entrata in travagli, ma…” Il sorriso delle due donne scomparve. “Poppi dice che ci sono delle complicazioni…”
Un grido proveniente dalla camera li fece trasalire.
Minerva passò un mano sulla spalla di lui ed entrò.
“Harry e Ronald stanno arrivando. Ti serve compagnia in questo momento!” gli disse la signora Weasley prima di chiudersi la porta alle spalle e lasciandolo con la bocca aperte ed uno sguardo esasperato.
Severus si appoggiò contro la parete, chiuse gli occhi e sospirò: odiava starsene lì, senza poter far niente.
“Crei già un sacco di problemi…” mormorò.
“Ma sono appena arrivato!” obiettò una voce familiare alla sua sinistra, facendolo sobbalzare e puntare la bacchetta.
“Weasley! Tu e il tuo amico combinate sempre qualcosa! Anche con la vostra sola presenza!” Ron assunse un’aria imbronciata, mentre Harry sorrise mesto.
“Come sta Hermione?”
Un urlo squarciò il silenzio del castello.
“Se l’addestramento auror sta dando i suoi frutti, credo che tu ci possa arrivare da solo, Potter!”
I due amici si guardarono, poi si sedettero di fronte a lui e fecero comparire un mazzo di carte magiche.
L’uomo inarcò un sopracciglio. “Che cosa avete intenzione di fare?”
“Mamma ha detto che dobbiamo tenerti occupato…”
“Non darmi del tu, Weasley!” lo interruppe, lasciandolo un po’ stordito.
“Visto che è sposato con Hermione da cinque anni e che tutti le danno del tu, ho pensato…”
“Hai pensato male, Weasley! Come tuo solito! Fino a quando tu e Potter non mi dimostrerete un minimo di maturità continuerete a darmi del lei!”
“Severus…” tentò il moro.
“E neanche per nome! Per voi sono il signor Piton, visto che per mia fortuna non sono più il vostro professore!” si scaldò l’uomo.
Harry fece un mezzo sorriso: ricordava benissimo quella sensazione d’impotenza e di nervosismo che stava attanagliando il mago di fronte a lui, dato che Ginny aveva partorito il mese prima.
“Signor Piton, le andrebbe di giocare con noi alle carte magiche? In qualche modo bisogna pur occupare il tempo!”
Severus sgranò gli occhi. “Ecco! Un’altra prova mancata della vostra maturità! Giocare! Adesso!” Ron sbuffò, prese il mazzo dalle mani dell’amico e iniziò a distribuire le carte.
Un urlo di Hermione li scosse e Severus si diresse verso la porta.
“Fermo!” intimò Harry balzando in piedi.
“Madama Chips ha ordinato di non entrare!”
Piton lo ignorò.
“Incarceramus!” gridò il moro, ma l’uomo deviò il sortilegio senza sforzo e si voltò verso di lui.
“Non hai ancora imparato gli incantesimi non verbali, Potter? Senza quelli, cosa credi di fare?”
Ron si mise affianco all’amico e agitò la bacchetta verso l’ex professore che evocò uno scudo.
“Weasley, anche l’Occlumanzia è fondamentale! Mi domando come gli auror abbiano potuto dare del filo da torce ai Mangiamorte, se hanno seguito il vostro stesso addestramento!”
Detto ciò, Severus si voltò nuovamente verso la porta: afferrò la maniglia ma ritirò subito la mano.
“Ma cosa…”
“Mi domando come una spia come lei non si sia accorta di una semplice fattura pungente!” gli rispose a tono il rosso.
“Come osi!” L’uomo puntò la bacchetta verso di loro, così iniziarono un duello senza esclusione di colpi: stavano sfogando la loro preoccupazione e anni e anni di antipatia che, anche se Severus non lo avrebbe mai ammesso, si era piano piano affievolita.
“Cosa state facendo voi tre?!” tuonò Molly all’improvviso, cacciando fuori la testa dalla camera. “Vi sembra il caso di fare tutto questo baccano?!” 
I tre abbassarono le bacchette. “Hermione?” chiesero all’unisono.
La signora Weasley si limitò a rivolgere loro un’occhiataccia e chiuse la porta alle sue spalle.
Il professore serrò le mani a pugno e si lasciò scivolare lungo la parete opposta alla stanza, subito seguito da Harry e Ron.
Era appena sorta l’alba quando Poppi, Minerva e Molly uscirono dalla camera da letto.
La scena che si presentò loro davanti aveva dell’incredibile: Ron e Harry avevano la testa appoggiata sulle spalle di Severus che cingeva con le braccia i suoi ex studenti.
“Sarai un ottimo padre, Severus!” ridacchiò abbastanza fortemente la preside.
Piton aprì gli occhi e, notando i sorrisi delle donne, corse dalla moglie, che era intenta ad allattare una creaturina avvolta in un tessuto bianco. L’uomo le si avvicinò piano e le diede un bacio sulla fronte.
“E’ una bambina!” sussurrò Hermione, senza smettere di sorridere. “E’ bellissima! Ti somiglia molto: ha i tuoi occhi e le labbra fini!”
“I capelli e il naso sono tutti tuoi, però.” Mormorò lui, senza riuscire a distogliere lo sguardo dalla figlia.
“Severus…” lo chiamò dopo qualche minuto.
“Mh…”
“Credo sia ora di dirglielo.”
Severus fece una piccola carezza alla piccola, poi andò in corridoio: Harry e Ron stavano ancora dormendo ma Minerva e Molly erano lì a parlottare tra di loro.
“Entrate.” Disse Piton.
Le due lo seguirono e andarono subito dalla neo mamma per abbracciarla e per ammirare meglio la bimba.
“Avete già scelto il nome?” domandò Molly.
Hermione guardò il marito che rispose con un cenno del capo.
“Vedete, io e Severus eravamo indecisi tra due nomi molto importanti per noi…” La giovane strega fece una piccola pausa. “Minerva e Molly!” spiegò infine, attirando completamente l’attenzione delle due. “Sapete, siete state per entrambi come delle madri: sempre pronte a prendersi cura di noi quando ne avevamo più bisogno.”
Il mago fece comparire due fazzoletti ch porse alla preside e alla signora Weasley, per asciugare le lacrime.
“Grazie!” singhiozzarono insieme.
“Non sapevamo in che ordine mettere i due nomi…” riprese Hermione “… così li abbiamo uniti!”
Severus si avvicinò al letto e per la prima volta prese in braccio la figlia, che strabuzzò gli occhietti neri ed allungò una manina paffuta verso di lui.
“Ciao. Milly Piton.”
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Salve a tutti gente! Come sempre, spero che questo capitolo vi sia piaciuto…
Devo ammettere che è uno dei miei preferiti!
Questo era l’ultimo capitolo, manca solo il epilogo… mi dispiace un po’, ma anche le cose piacevoli hanno una fine.
 

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Capitolo 16
*** Epilogo ***


 

Capitolo 16- 1 settembre 2015

Un sole particolarmente lucente si stagliava nel cielo azzurro di quel primo settembre. Il parcheggio della stazione di King’s Cross era decisamente tranquillo se confrontato con il caotico viavai di carrelli all’interno.
“Non lo trovo! Non riesco trovarlo!” continuava a ripetere un ragazzo magro, dai capelli neri perennemente spettinati. “E smettila di lamentarti, Rufus!” esclamò dando un colpetto alla gabbia del suo barbagianni.
“James,, non sarebbe meglio aspettare gli altri?” domandò cautamente Milly, conoscendo il carattere irascibile dell’amico, che considerava come un cugino.
James si voltò verso di lei. “Forse hai ragione… ma come fai ad essere così calma?! Stiamo per andare a Hogwarts! Certo, non vorrei essere nei tuoi panni…”
La giovane lo guardò con fare interrogativo. “Che cosa vorresti dire?”
“Ecco… lo zio è quello che è, e tu sei sua figlia! Non passerai di certo inosservata!”
Milly assottigliò lo sguardo. “Già! Tu invece di confonderai con i gargoyle! James Sirius Potter: il figlio del salvatore del mondo mag…”
Il ragazzo le tappò la bocca con una mano. “Non urlare! Siamo tra i babbani, ricordi?” e lanciò un’occhiata verso un gruppo di persone che li stava osservando.
“Scusa…” sussurrò lei appena James allentò la presa.
“Così va meglio…” poi le diede un bacio sulla guancia.
All’improvviso, sentirono alcune voci che si stavano avvicinando.
“James! Milly!” chiamavano Hermione e Ginny, precedute da Harry e Severus.
Quando il ragazzo li vide, si staccò dall’amica ma ormai era troppo tardi: lo zio gli rivolgeva uno sguardo truce e penetrante.
“Eccovi! Pensavamo che aveste già oltrepassato la barriera!”
“Non avremmo mai potuto senza di voi, zio Harry!” Milly andò ad abbracciarlo.
“Vi siete persi , vero?”
James non rispose alla madre ma si limitò ad abbassare il capo.
“Mancano quindi minuti…” mormorò Severus, incamminandosi. Tutti lo seguirono e poco dopo si fermarono davanti ad un colonnato di pietra, che sembrava molto duro e resistente.
“Prima le signore…” disse Harry tutto allegro.
Le due donne corsero verso il muro e scomparvero. Istintivamente, Milly strinse la mano del padre.
I Potter sparirono, lasciandoli soli.
“Pronta?” domandò l’uomo. La figlia annuì: aveva la gola secca e le parole non volevano uscire.
Piton iniziò a camminare a passo spedito verso il muro, trascinandola lievemente e a poco prima dell’impatto, la ragazza chiuse gli occhi.
Qualche secondo dopo, un fischio acutissimo la fece sobbalzare.
“Milly! Vieni a mettere qui il baule! Il treno sta per partire!” Tra la marea di voci, Milly distinse chiaramente quella del cugino e andò verso di lui lasciandolo la mano del padre che, dopo una veloce occhiata nella direzione dei suoi prossimi studenti, raggiunse la moglie.
“…e Harry, grazie del regalo che hai fatto a Milly!” esclamò Hermione, abbracciando forte l’amico.
“Figurati! Il minimo che potessi fare per la mia nipotina!”
Severus fece una smorfia. “Un gufo… molto banale, Potter. E poi, mia figlia non è tua nipote.” Disse mellifluamente.
“Siamo una famiglia allargata. Dovresti saperlo ormai, Severus! Milly è mia nipote come James lo è per Hermione o per te!” sbottò Ginny, diventando rossa come i suoi capelli. “O dovrei forse credere che mio figlio sia solo un intralcio per voi?”
“Ginny!” esclamò Hermione “Ma cosa dici?! Lo sai benissimo che vale lo stesso per noi!” e tirò una gomitata al marito che arricciò le labbra: di certo non considerava il piccolo Potter come un parente, anche se aveva accettato l’epiteto di “zio”, ma era consapevole del fatto di nutrire una sorta di affetto verso James, sebbene non lo avesse mai ammesso ad alta voce.
“Rimango dell’idea che un gufo sia banale…”
“Ma a me piace tanto il regalo degli zii!” esclamò Milly, interrompendo il padre ed andando ad abbracciare Harry e Ginny.
“Cosa ti ha regalato tuo padre, cara?” domandò la rossa lanciando un’occhiataccia al suo ex professore.
La ragazza si voltò verso il cugino e si scambiarono un sorrisetto complice. “A dire il vero zia, papà non mi ha ancora regalato niente… ma può rimediare subito!”
Severus inarcò un sopracciglio. “Sii più precisa. Il treno sta per partire!”
“Ecco, James e io… mentre stavamo caricando i bagagli… ci siamo accorti si una cosa e…”
“Milly! Forza!”
“Va bene, papà! Vorrei che tu e lo zio vi abbracciaste!”
Harry scoppiò a ridere e si avvicinò all’uomo. “Forza Severus! Accontenta tua figlia!”
“Allontanati da me, Potter! O…”
I fischi del treno sovrastarono le sue parole.
Ginny e Hermione iniziarono a piangere e James corse a prendere posto, ma Milly rimase immobile puntando i suoi occhi neri in un altro paio così simile ai suoi.
“Papà per favore! Vi ho sempre sentito tirarvi frecciatine… Per favore!”
Severus sbuffò e la guardò di rimando. “Cocciuta come la madre!”
Milly sorrise nel vedere i due uomini stringersi in un goffo abbraccio.
Poi Harry si concentrò su di lei. “Mi raccomando. Tu e James mandateci subito un gufo! Voglio proprio sapere in che case capiterete! Sono propenso a pensare Grifondoro!”
Piton socchiuse gli occhi. “Ti ricordo che è mia figlia, Potter!”
“Sì, ma anche di Hermione…”
Sentendo altri fischi, Hermione, Severus e Milly salirono sul treno che dopo poco iniziò a muoversi.
Harry cominciò a seguirlo e, quando il figlio e la nipote si affacciarono al finestrino, agitò la mano a mezz’aria.
Non appena il treno lasciò King’s Cross, Milly e James si sedettero.
“Ti rendi conto?! Stiamo andando a Hogwarts! Non ti senti così… così…”
“Impaziente? Eccitata? Esaltata?”
“Sì!”
“James… io vivo a Hogwarts. Esco solo per passare l’estate a casa tua.”
"Sì, ma non hai mai frequentato le lezioni, non hai mai avuto la bacchetta, non hai mai potuto fare un incantesimo e soprattutto non hai mai giocato a Quidditch!” insisté il ragazzo.
“Già…” Milly sospirò.
“Facciamo una partita agli scacchi magici?” domandò James, notando l’espressione un po’ pensierosa della cugina.
“Non ti è bastata la batosta di ieri sera? Ne vuoi un’altra?” lo canzonò lei.
“Vedremo…” le rispose ed estrasse da una borsa di cuoio una scacchiera magica.
“Preparati ad un’altra sonora sconfitta, James Sirius Potter!”
Dopo qualche minuto la porta del loro scompartimento sbattè, ma erano troppo concentrati sul gioco per accorgersene.
“Cavallo in H3! Scacco Matto!” esclamò Milly con un sorrisetto degno del padre. “Non è possibile! Come fai a vincere sempre?!”
Un colpo di tosse li fece voltare.
“Mamma! Papà!”
“Zia! Zio!”
Severus inarcò un sopracciglio ed Hermione scoppiò a ridere.
“Dobbiamo parlarvi!” disse laconico l’uomo, sedendosi accanto alla figlia, mentre la donna si accomodava accanto al nipote.
“Ci sono un paio di cose di cui dobbiamo discutere…” iniziò la strega, un po’ imbarazzata.
“A scuola, noi saremo il professor Piton e la professoressa Granger.” Continuò Piton, squdrandoli. “Non riceverete alcun trattamento speciale. Sarete puniti se lo meriterete e saranno tolti punti a Grifondoro e Serpeverde se…”
“Come scusa? Grifondoro e Serpeverde?” lo interruppe la signora Piton. “Chi finirebbe in Serpeverde?”
“Milly, naturalmente. Chi altro? James è figlio di Grifondoro…”
“E anche Milly! Per caso non ricordi in quale casata era tua moglie?!”
Severus arricciò le labbra. “Purtroppo sì. Comunque, hai notato come è brava a giocare a scacchi?”
“Cosa c’entra questo?”
“C’entra eccome! Se non mi sbaglio, sei sempre stata negata in questo gioco a differenza mia. Quindi…”
Hermione si alzò di scatto e uscì dallo scompartimento senza degnarlo di uno sguardo, ma lui la seguì.
James tentò di soffocare le risate ma Milly era piuttosto seria.
“Hai mai pensato seriamente in quale casa potresti capitare?” gli chiese a bruciapelo.
“No, ad essere sinceri. Come dice lo zi… voglio dire, il professor Piton, la mia famiglia è in Grifondoro da un sacco di tempo, quindi sono quasi sicuro di finire lì. Tu?”
La ragazza sbuffò. “Io… io non lo so! Mamma Grifondoro e papà Serpeverde! Penso di avere delle caratteristiche che vadano bene per entrambe però…”
"Però?”
“Se dovessi finire in Serpeverde mamma sarò delusa e lo stesso vale per papà se capitassi in Grifondoro!”
“Potresti sempre essere in Corvonero o in Tassorosso…”
“Io piuttosto morirei!” lo interrupe una voce.
“Julius!” esclamò Milly, andando ad abbracciare un giovane biondo e dal mento appuntito. “Mi stavo chiedendo se avessi perso il treno!”
Julius rise. “Come potrei lasciarti nelle mani di Potter?” e fece un cenno col capo in direzione di James, che rispose con un semplice “Malfoy”.
Il biondo tornò a concentrarsi sull’amica. “Mi è dispiaciuto molto che non abbiate accettato il nostro invito a Malfoy Manor. Volevo tanto vederti…”
Milly arrossì lievemente. “Ho passato le vacanze da James. Sai, per stare un po’ in famiglia…”
“Ma non siete parenti! Severus è il mio padrino, quindi sei più unita a me che a lui!”
James scattò in piedi e si avvicinò minaccioso al viso del ragazzo. “Noi siamo una famiglia. Tu non ne fai parte, Malfoy!”
“Smettetela voi due! Julius, siediti con noi…”
“Mi spiace ma sono in un altro scompartimento.”
Detto questo, diede un bacio sulla guancia a Milly, senza smettere di guardare l’altro con sfida.
“Ci vediamo all’arrivo. Spero che il Cappello ti smisti a Serpeverde così potremo recuperare il tempo perso!” poi scomparve.
“Non lo sopporto!” urlò James, lasciandosi cadere sul sedile. “Non capisco come tu possa essere sua amica!”
La strega lo guardò di sbieco. “Lo sai benissimo che io e Julius siamo praticamente cresciuti insieme! Il signor Malfoy è molto legato a papà come lo sono mamma e Astoria, quindi sono venuti spesso a farci visita al castello!”
Milly si sedette di fronte al cugino e gli puntò contro l’indice. “Io voglio molto bene sia a te sia a Julius, quindi cercate di fare amicizia o per lo meno di andare d’accordo perché la mia idea è quella di passare più tempo possibile con voi. Non voglio essere nella condizione di dover scegliere. Chiaro?”
Il mago le fece un debole sorriso. “Vedrò cosa posso fare…”
Milly e James passarono il resto del viaggio giocando e ridendo ma non toccarono più l’argomento casate.
Solo quando sentirono dei gridolini eccitati e rumore di porte che si aprivano, i due uscirono dallo scompartimento e furono travolti da una folla di studenti che spingevano per scendere dal treno.
“Non spingete! Fateci piano! Primo anno! Qui!” sentì urlare lei appena si liberò dalla calca.
“Hagrid!” gridò e corse ad abbracciarlo.
“Ciao Milly! Come ti sei fatta grande! Mamma e papà?”
“Penso che si siano già diretti verso il castello. sai, papà… insomma, il professor Piton è vicepreside…”
“Che strano sentirti chiamare Severus così!” la interruppe Julius, avvicinandosi insieme a James.
“Ecco James! Uguale a tuo padre e a tuo nonno! E tu dovresti essere… Malfoy!
Il biondo fece un minimo cenno del capo, guardandolo torvo.
Hagrid borbottò qualcosa, poi si rivolse alla piccola folla che si era creata intorno a lui.
“Primo anno? Bene seguitemi!”
Poco dopo raggiunsero una baracca un po’ sgangherata ma, ad un movimento della strano ombrello rosa del gigante, una quindicina di barche iniziarono a muoversi sullo specchio d’acqua vicino.
“Forza! Saltateci sopra! Quattro per barca!”
Milly, James e Julius salirono sulla prima imbarcazione, seguiti da una ragazzina un po’ tremante. Quando tutti furono pronti, Hagrid agitò nuovamente l’ombrello e dei piccoli spruzzi bagnarono le loro divise nere
Lo spettacolo delle luci del castello che si stagliavano nella notte era davvero mozzafiato ma durò troppo poco per i gusti di Milly, che iniziava ad agitarsi.
Quando attraccarono, un uomo calvo e sdentato ordinò loro di seguirlo lungo una scala scavata nella roccia.
Dopo qualche minuto, sui volti dei nuovi arrivati si dipinse un’espressione di pura gioia: davanti a loro stava un monumentale portone di quercia, al centro del quale spiccava un’H intagliata.
Il custode bussò tre volte e poi entrarono.
“Benvenuti a Hogwarts!” li accolse una voce profonda che non fece alcuna fatica ad ottenere il silenzio. “Tra poco sarete smistati nella vostra casa: Grifondoro, Tassorosso, Corvonero o Serpeverde.” Julius fece un mezzo sorriso a sentire il nome della casata di famiglia. “Durante l’anno potrete guadagnare punti o perderne. A giugno, alla casa con più punti verrà assegnata la Coppa delle Case!”
All’improvviso, l’attenzione dei presenti fu catturata dalla comparsa di una donna vestita d’azzurro in cima alla scalinata principale.
“E’ ora!” disse Hermione al marito.
“Seguitemi!” ordinò Severus, dando loro le spalle.
Milly sgranò gli occhi e il suo cuore accelerò di colpo.
Sentì una presa ferrea su entrambe le mani che la fece sobbalzare.
“Pronta?” le chiesero insieme James e Julius che non riuscivano a celare l’entusiasmo.
Milly fece un respiro profondo e allacciò le dita e quelle dei due ragazzi.
“Andiamo!”

*FINE*
 
 
 

ANGOLO DELL’AUTRICE:
Salve a tutti!
Dopo ben quattro mesi, questa fan fiction giunge al termine. Non so davvero come passerò il mio tempo libero senza questa storia… magari penserò ad un seguito… magari no. Chi lo sa!
Volevo davvero ringraziarvi tutti per il sostegno che mi avete dato leggendola. Essendo questa la mia prima storia in assoluto, pensavo che sarebbe stata un fiasco totale, invece… mi avete resa davvero felice.
Ringrazio i miei lettori silenziosi, e coloro che l’hanno inserita tra le seguite, le preferite o le ricordate.

Ma devo fare dei ringraziamenti particolari.
UNIA: senza di te, non avrei scritto neanche una parola. Grazie di ascoltarmi sempre, di sopportarmi come nessun altro riesce a fare e grazie di avermi convinto a mettermi in gioco.
MARAMALFOY: nonostante il pairing non sia il tuo preferito, ti ringrazio dei complimenti che mi hai fatto e del sostegno morale!
COM AMELY JARJAYES: (che nome difficile da scrivere!) Grazie mille anche a te per i consigli e le correzioni che mi hai fatto. Spero ti sia piaciuta.
 

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