la prima lacrima del nuovo anno di bambi88 (/viewuser.php?uid=11548)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** perchè Vegeta? ***
Capitolo 2: *** la scelta giusta?! ***
Capitolo 1 *** perchè Vegeta? ***
capodanno1
Ciao a tutte! questa è una bravissima fiction, nata come one-shot e poi
divisa in due brevi capitoli. Spero vi piaccia, vi ho messo molto di
me... è dedicata a tutti coloro che hanno amato e non sono stati
ricambiati, a tutti coloro che il tempo a tagliato il filo della speranza.
Aspetto le vostre recensioni!
Un soffio di aria gelida le fece aprire gli occhi, ancora annebbiati da fumo,
stanchezza ed alcool. Il cerchio alla testa che l’aveva ferocemente
tormentata durante il suo breve riposo l’assalì con ancor più veemenza. Si
massaggiò le stanche meningi abituando gli occhi alla penombra che la
circondava. Per un attimo parve non ricordare dove, quando e perché si
trovasse lì…appuntò i gomiti alla morbida e calda superficie che sentiva sotto
di sé e si alzò. Un piccolo gemito, fin troppo ben conosciuto, la
scosse. Abbassò lo sguardo e si illuminò: riconobbe i tratti regolari, le
lunghe ciglia e la bocca che più lei amava al mondo; vi impresse un lungo bacio
e si adagiò di nuovo tra le sue braccia. - Yanko…- mormorò a bocca socchiusa,
assaporando lentamente il gusto del ragazzo che aleggiava ancora sulle sue
labbra. Non c’era modo migliore di festeggiare, quella mattina. L’anno
nuovo era arrivato in fretta…e quella notte di frenesia aveva scandito il loro
addio e benvenuto. Il futuro non li spaventava; il futuro, ora che finalmente
erano stretti ed insieme, non avrebbe potuto spaventarli. Forse non il
futuro…ma il passato si. Se qualcuno le avesse chiesto dove avrebbe passato
la magica veglia di Capodanno solo qualche giorno prima, l’avrebbe vista
arrossire ed ammettere che probabilmente sarebbe rimasta a casa, sola. Nulla
lasciava presagire i miracoli di quel Natale: lo spettacolare ritorno di Yanko
dopo l’ennesima litigata, il loro primo "ti amo"…la loro passione romanticamente
sfogata sotto il cielo stellato. E La Festa di Capodanno. Quella festa
consumata dentro le mura che ora la circondavano. Quella mura che sapevano di
ricordi. Ecco…quel passato che tornava a tormentarla. Distolse il pensiero
sforzandosi di stringersi al suo ragazzo. Nel sonno, lui non parve gradire
l’avvicinamento del corpo della ragazza e, con un movimento brusco, la gettò a
terra dal divano dove riposavano. Atterrando scompostamente, la ragazza
osservò la buffa scena trattenendo a stento un sorriso: quel divano che da
bambina le era sembrato immenso, un’oasi infinita dove rifugiarsi, ora le
appariva minuscolo, avvolto dalla mole di Yanko e da una consistente quantità di
corpi indistinti, mescolati in una dormiente promiscuità. Caparbia tentò,
silenziosamente, di ritrovare il suo posto perduto e già occupato da qualche
braccio, gamba che al minimo contatto produceva fastidiosi
lamentii. Accarezzò il volto del suo ragazzo e si alzò, demoralizzata ed
oramai completamente sveglia. Solo allora si accorse del famigliare
suono. Il mare. Un brivido la percorse. Quanto aveva amato farsi
accarezzare da quel suono…tanti anni prima. Lei. Lei che, per il colore
dei suoi occhi, o dei suoi capelli, forse al mare apparteneva davvero. Come
un richiamo selvaggio accorse alla finestra che dava sull’ampio
balcone. Rabbrividì al contatto della sua eburnea pelle con la gelida aria di
gennaio. Si strinse al corto vestito, avvolgendo le esili braccia al corpo,
in un estremo tentativo di scaldare le spalle. Respirò profondamente l’odore
di salsedine misto a quello di bagnato. Un odore che aveva imparato ad
amare. Un odore antico…eppure quella mattina, per lei, era completamente
nuovo. Nuovo anno, nuova vita. Dare addio ai ricordi e salutare il futuro
proprio dal luogo che la teneva misticamente avviluppata a sé. Serrando le
mani al parapetto si sporse pericolosamente: avrebbe voluto urlare, liberare la
sua anima, intimare al mondo che ora si sentiva donna, che ora era
felice. Ora ne era sicura. O almeno voleva credere di esserlo. Un
improvviso rumore di passi la fece ritrarre, spaventata, ma soprattutto,
imbarazzata. Quando il suo sguardo si posò sull’inopportuno visitatore le sue
gote si imperlarono di un rovente rossore. Alto, moro,con il suo solito
sguardo glaciale come di metallo nero e lucente, lui non era cambiato
affatto. Vegeta. Il padrone di casa. Colui che l’aveva inaspettatamente
invitata. Il suo più vecchio e caro amico d’infanzia. Colui che lei aveva,
ardentemente e contro ogni più logico criterio, desiderato ed amato. Colui a
cui lei aveva giurato di non rinunciare. Colui che lei si era imposta di
dimenticare. Colui che ora la stava guardando. Cercò di mascherare il suo,
sempre più evidente, nervosismo con un sorriso, teso e forzato. - sei la
solita cretina…- iniziò lui, non ricambiando, come vecchia abitudine, il sorriso
di lei. - dopo anni che ci scambiamo qualche parola solamente per i più
essenziali auguri durante le feste, non mi sembra il modo più garbato di
inaugurare una conversazione civile…scimmione…- sibilò appena l’ultima
parola, affondando nella palude di ricordi che fin dalla sera prima l’aveva
avvinghiata. Ma appena si voltò per compiacersi dello sguardo irritato di
lui, si accorse che era svanito. - nel nulla…come sempre Veggy…- Sparire,
pensò amareggiata ma quasi divertita, era sempre stato uno dei suoi punti di
forza. Per cinque anni, prima di qualche giorno avanti, non aveva sentito la
sua voce…a volte qualche distratto messaggio…nulla più. Incrociò le braccia
sul parapetto, reclinandovi il capo. Nulla le spiegava la sparizione
improvvisa di tanti anni prima; non un addio, non un ultimo sguardo… E nulla
riusciva a spiegarle il perché di quell’invito. Cercò nei suoi occhi almeno
una lacrima…ma si accorse di non trovarne più…aveva pianto fin troppo per
lui. Sospirò e fissò come incantata la nuvola di vapore che si andava
formando con il suo respiro. Avvertì il lieve frusciò della gonna del
vestito…poi la calda e soffice sensazione di lana poggiata sulle sue
spalle. Senza doversi voltare riconosceva il famigliare ed arcano tocco di
lui. - sei gelata Bulma…- - Vegeta…- - e non ringraziarmi…- disse,
burbero. Bulma si aprì in un dolce sorriso…quanto le era mancato quel suo
terribile caratteraccio! Vegeta si appoggiò con la schiena alla ringhiera
passandosi una mano nei capelli sempre ribelli… Tra loro scese un silenzio
fitto. Ognuno perso nei propri pensieri. -perché?- Tutto il coraggio di
Bulma, tutte le sue domande, i suoi dubbi, si erano condensati in quella misera
parola. - i perché Bulma non hanno mai un senso…- rispose lui, rivolgendole
uno dei suoi enigmatico sorrisi. Il cuore di lei si strinse come in una morsa
dolorosa…ora ricordava cosa l’aveva fatta così perdutamente innamorare da
ragazzina. Un lamento improvviso di Yanko nel sonno la riportò velocemente
alla realtà. Vincendo il magnetismo che legava i loro sguardi Bulma distolse
lo sguardo, forzandosi ad indossare la giacca di lana che lui le aveva poggiato
sulle spalle infreddolite. Con stupore si accorse che era la propria. - …e
come l’hai riconosciuta?...pensavo non mi avessi neanche notata ieri…- disse
accorgendosi della nota di rimprovero e, soprattutto, delusione, che si evinceva
dal suo tono di voce. - Ti assicuro di averti notata…anzi…di avervi notati-
disse lui, sporgendosi per ammirare il bizzarro spettacolo di Yanko
addormentato. - Yanko è un caro ragazzo…- Bulma si maledì…era l’appassionata
amante di quel ragazzo, non la sua mammina… - Me ne avevi parlato in uno dei
tuoi sproloqui alla segreteria…- interruppe lui, sarcasticamente -
Sproloqui?!...io volevo solo mantenermi in contatto…ma tu sei…sei…E ORA DOVE
VAI?- il ragazzo si dirigeva a passo spedito verso l’interno della casa. - A
fare colazione- disse lapidario, chiudendo la porta-finestra alle sua
spalle. - …almeno i miei messaggi li ha ascoltati…- si disse la ragazza,
trotterellandogli dietro, decisa a non rinunciare ad un chiarimento.
Bulma abituò la vista alla poca luce della sala dove dormivano, stipati sul
divano o ammassati, come sacchi a terra, decine di ragazzi. Sentiva intorno a
sé il forte odore del sonno mentre i passi dell’amico erano coperti dal leggero
russare di quella scomposta folla. Raccogliendo da terra quello che le
sembrava uno dei suoi orecchini, smarrito la sera prima allo scoccare della
mezzanotte, perse di vista Vegeta che, come un esperto predatore, si aggirava
per le stanze alla ricerca di cibo. Sbuffò irritata e, scansando ed aggirando
i corpi a terra, si apprestò all’ingresso che conduceva alle camere. Il
grande orologio alla parete segnava le 6,50… - ho fame…- mormorò, rispondendo
al richiamo del suo stomaco, che le si contorceva, nonostante fosse ancora
illanguidita dalla sbronza del veglione. - Un mezzo bicchiere di spumante e
un panino ai carciofini già morso…è tutto ciò che è rimasto…- la voce di Vegeta
alle spalle la fece trasalire. - Non riesci a perdere proprio il vizio
vero?!...vuoi farmi prendere un infarto?!- disse, moderando la voce, sebbene il
volto le si fosse arrossato e le vene del collo buffamente gonfiate. - Qui
non c’è niente…- rispose lui, ignorando la ragazza ed entrando in una delle
piccole stanze. Bulma lo seguì, con la mente annebbiata dalla rabbia, mista a
quel desiderio di stargli vicina che la confondeva e guidava da quando era una
bambina. Vegeta era arrogante, ostinato, orgoglioso…persino dalla sua
camminata, retta, rigorosa, quasi militare, era facile intuirlo. Colpì con un
piede un ragazzo a terra che gemette…per un breve attimo Bulma intravide nei
suoi occhi quell’ombra che l’aveva tante volte spaventata…Malvagità? -
idiota, spostati!- ordinò perentorio ad un suo amico che, con la testa affondata
in un cuscino, dormiva rumorosamente, stringendo ancora in mano una bottiglia di
birra vuota. Quello era il letto dove Bulma riposava nei pomeriggi
interminabili di, ormai, antiche estati. E quello accanto… Le gambe lunghe
e affusolate che, sensuali,il lenzuolo non copriva, la pelle bronzea, i capelli
azzurri sciolti sulle spalle, la linea delicata del viso. - allora con Marion
è una storia seria?- disse lei. Vegeta si voltò verso il suo letto. Una
ragazza, una ragazza che poteva essere una copia della sua amica, riposava,
mollemente adagiata sotto le coltri pesanti…Marion. La copia. Ma solo una
copia sbiadita, si accorse di pensare, fissando la figura di Bulma stagliata
contro la porta socchiusa. - che fai…non rispondi?!- riprese lei, sfoggiando
un sorriso luminoso. - Umpft… zitta donna…- rispose lui, rovistando
alla ricerca di chissà quale tesoro nascosto. - E questo?!- la risata
argentina dell’amica lo indusse a voltarsi. Aveva tra le mani un vestito
rosso scarlatto…e indicava a terra un paio di slip femminili. Tipico di
Vegeta, pensò Bulma. Con Marion era così da sempre. Passione
divorante. Lei aveva odiato così disperatamente quella ragazza un tempo.
Quando la gelosia sapeva rapire facilmente il suo giovanissimo cuore. Quando
quegli occhi che ora la fissavano, brucianti di chissà quale sentimento,
sapevano ancora annientarla, o condurla tra le stelle. - non dovresti mica
stupirti.- - forse non dovrei neanche essere qui. Grazie dell’invito,
comunque…da quando sono arrivata non ho avuto modo di rivolgerti una parola
neanche per ringraziarti…- disse lei, con un filo di voce, mentre lui si girava
di nuovo, fingendo di non prestarle attenzione. Il ragazzo raccolse da terra
una sacca, rovistandoci all’interno. Il suo sguardo intento e, comicamente,
concentrato fece sorridere Bulma. Era strano che le fossero mancati attimi
così futili con lui. Bulma sentì il tintinnio di qualche moneta e Vegeta,
gettata bruscamente la sacca a terra, le passò accanto, quasi ignorandola. -
e ora che fai?- domandò lei, seguendolo fuori dalla stanza. - qui non c’è
niente da mangiare. Io ho fame.- rispose, brusco. - ho capito...e
allora?- - te l’ho già detto…vado a fare colazione!- disse lui, afferrando un
nero spolverino, appeso nel ripostiglio. - E io vengo con te!- rispose lei,
iniziando ad abbottonare la giacca di lana. - Cosa?- le mani di lui, che già
avevano afferrato la maniglia, si fermarono improvvisamente. - Ho fame anche
io…e poi qui dormono tutti! Mi annoio! Non ti darò fastidio…- gli disse,
fissandolo con i suoi occhi di cielo. Una distratta stretta di spalle fu
l’unica risposta che la ragazza ricevette. Uscirono entrambi dalla porta.
Vegeta davanti, fiero, e Bulma dietro, con lo sguardo gioioso di una bambina.
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Capitolo 2 *** la scelta giusta?! ***
Se lui avesse avuto in mano il loro vecchio pallone e lei il suo asciugamano
colorato, quelle scale, quelle pareti, avrebbero forse riconosciuto i due
ragazzini che si correvano come furie solo pochi anni prima. Ma ora… Non
più strepitanti risate. Non più dispetti. Non più buffi litigi. L’aria
era densa del loro silenzio. Un silenzio che durava da troppo. E che Bulma
non era più in vena di sopportare. - non mi importa se non hanno un senso…-
disse correndogli davanti e bloccandolo, proprio vicino il portone
d’uscita. Lui cercò di aggirarla ma lei gli si piantò di fronte, incrociando
le braccia, in quell’atteggiamento di sfida che tante volte con lui aveva
avuto. - ma cosa?!- il tono di lui era di una esasperata irritazione - i
perché.- disse lei, irrorando le guance di rossore - spostati…- lui la scansò
afferrandola con due mani e sollevandola da terra. Lei gli si afferrò alle
braccia. Per un attimo si ritrovarono a fissarsi negli occhi. - non ti
accorgi che stiamo solo perdendo tempo?- disse lui, lasciandola quasi
cadere. - No…non me ne accorgo…- rispose lei, aggrappandosi al portone che
lui stava cercando di sbatterle in faccia. Ripresero a camminare in
silenzio. L’odore del mare era penetrante ora, talmente forte che sembrava
quasi addensarsi in quella nebbia che cominciava ad avvolgerli. Una volta,
quella stessa strana nebbia li aveva sorpresi mano nella mano, senza parole da
dirsi, senza il coraggio di guardarsi. L’unico bar ancora ( o forse già)
aperto risplendeva il quella foschia con le luci colorate al neon. Lei seguì
l’amico all’interno, fremendo di rabbia. - vuoi un latte caldo?- disse,
improvvisamente, lui senza voltarsi verso di lei - no…cioè…forse…- disse lei,
stordita - deciditi! Possibile che non sai mai quello che vuoi?- l’aggredì
lui - io so sempre ciò che voglio!- - lo vedo…- disse lui,
girandosi. Per un attimo Bulma pensò che Vegeta non si stesse riferendo al
latte ma a …arrossì al solo pensiero. Lei era lì per delle spiegazioni, non
certo per…riprovare con lui! - tè- disse lei, avvicinandosi al bancone, in un
atteggiamento deciso, fissandolo negli occhi. - Io ti avrei consigliato il
latte…- - Ma io faccio sempre di testa mia…come te d’altronde- - Bene…un
tè, un caffè nero, un cornetto e…lo vuoi anche tu?- le chiese, continuando a
guardare un assonnato e seccato cameriere, che sbuffava impaziente. - Si…ma
integrale, sai la dieta…-disse lei, ritrovando il sorriso. - Dieta…dieta…è da
quando ti conosco che mi rimbambisci con questa dieta! Funzionasse almeno!-
rispose Vegeta afferrando lo scontrino ed allontanandosi. Bulma fece per
seguirlo quando venne trattenuta dal cameriere che, con un colpo di tosse, la
richiamò. - il conto e buon anno…- disse meccanicamente, anche se non
tratteneva un certo fastidio nel trovarsi a lavoro proprio quella mattina. -
Vegeta il conto!- urlò la ragazza e per tutta risposta lui si allontanò ancora
di più, fingendo di non conoscerla. - Anche tirchio è diventato!-
sibilò lei, rovistando nella giacca ed afferrando qualche moneta. - Bastano?-
chiese, arrossendo per l’imbarazzo. Il cameriere le fece cenno con la testa e
lei si diresse infuriata al tavolo occupato da Vegeta. - se volevi farmi
arrabbiare…ci stai riuscendo benissimo!- strepitò, afferrando la sedia e
buttandocisi sopra. Il ragazzo aveva la bocca appena poggiata alla tazzina e
la fissava incuriosito. Improvvisamente proruppe in una fragorosa risata, che
lasciò allibita Bulma. - e ora che c’è?- chiese lei infastidita -
niente…sei buffa…- disse, improvvisamente serio. - Chissà cosa credevo…e tu
pensi che io sia buffa?- disse lei, mentre sentiva la tensione allentarsi. -
No…non lo penso…- rispose lui – io ne sono certo - La ragazza sorrise e notò
sul tavolo il tè bollente ed il cornetto. - senza limone e tre cucchiaini di
zucchero…o ricordo male?- chiese lui, addentando famelico il proprio dolce. -
Ricordi benissimo…- disse lei, poggiando le mani infreddolite intorno la
tazzina, invasa da un inquietante senso di tranquillità. Inquietante perché
non le era più noto da tempo. Ed era tornato con lui. Sorseggiava a piccoli
sorsi la bevanda calda quando lui disse: - Non ci sono perché…è andata
così…poteva andare diversamente. In fondo siamo stati noi a volerlo- - non
certo io- rispose lei, abbassando gli occhi, sforzandosi di non guardarlo. -
Tu non mi amavi- riprese lei, dopo qualche attimo di esitazione. - Io ti
volevo. O forse no. Hai ragione. Non sei tu quella con le idee confuse.- disse
lui, sforzandosi in un sorriso, che, a dispetto delle intenzioni di tenerezza,
emanava trasgressione ed arroganza. - E mi avresti avuto…- - A te non
sarebbe bastato Bulma- - Tu non mi hai mai capito…- - No, purtroppo ti
capivo fin troppo bene- disse lui, poggiando la tazzina. - Cameriere, un
altro cornetto…alla crema- disse, voltandosi verso il bancone - Ma hai sempre
fame scimmione?- disse lei, sorridendo e nascondendo negli occhi
socchiusi la prima lacrima di quell’anno nuovo. - Come te donna…almeno
io non ingrasso tanto!- disse indicando il cornetto di lei, ridotto, con soli
pochi morsi, ad un mozzicone. Bulma rise. - non hai mai trovato divertenti
le mie battute sul tuo peso…cos’è cambiato?- disse lui, visibilmente
incuriosito - è la seconda volta che oggi ci chiamiamo con i vecchi
nomignoli…- disse, appoggiando la faccia tra le mani e appuntando i gomiti al
tavolo. - È vero…donna…scimmione…- sillabò lui, perdendo lo sguardo nella
nebbia che si intravedeva dalla finestra del piccolo locale. Una quindicenne
che si vestiva, si truccava, si comportava da grande. Donna. Un
ragazzo di 17 anni scontroso, difficile e solitario. Scimmione. -
l’avevo capito…era stata dura ma l’avevo capito- interruppe lei i suoi
pensieri. - Cosa?- - Che non poteva essere solo sesso. Hai fatto la scelta
giusta.- - Peccato. Ci saremmo potuti divertire…- - Finché era un
gioco…abbiamo giocato- disse lei, arrossendo. - Poi ti sei innamorata.-
concluse lui, lapidario. Lo ero già: Un pensiero fugace che le
attraversò la mente come un lampo nel cielo sereno. - ma perché per cinque
anni…- - qualcosa era cambiato.- lo sguardo di lui non ammetteva
repliche. Bulma si rese conto che non lo avrebbe mai saputo. Vegeta si
avvicinò alla cassa mentre lei si alzava da tavolo e restituiva le
tazzine. Si incontrarono di nuovo davanti l’uscita. - Vegeta…ti prego…un
ultimo regalo…- lei stringeva nervosamente le mani. - Cosa vuoi?- -
Torniamo a casa passeggiando sulla spiaggia…come una volta...- disse lei, in un
sussurro tanto flebile, che il ragazzo temette di non aver capito. Si
incamminò per i gradini che portavano alla spiaggia e il suo cuore ebbe un
sussulto quando la mano di lei si poggiò sul suo braccio. - Buon anno- forse
stavolta l’aveva davvero sognata la voce di lei, ma non gli importava.
Finalmente sentiva di essere a casa - non eravamo pronti…e poi c’era Marion…-
sussurrava lei, in un ritornello infinito che negli anni si era ripetuta. Lui
si voltò verso di lei. Ed iniziò a parlare. Cinque anni erano lunghi da
raccontare. Quando arrivarono davanti la porta di casa, il tempo si
confuse. Per interminabili secondi si fissarono come incantati. Forse non
erano mai cresciuti. Forse niente li aveva divisi per così tanto tempo. Ognuno
beveva assetato negli occhi dell’altro questi inganni. Poi lei aprì la
porta. Il tempo era passato davvero. Yanko li fissò con lo sguardo
appannato di uno che ha dormito o bevuto troppo. E lui aveva fatto
entrambi. Si mise a sedere mentre lei gli prendeva il viso tra le mani e lo
baciava dolcemente. - ti sei svegliato finalmente! Dormiglione!- lui le
sorrise con gli occhi, come un cane alla propria padrona. E come un cane
quasi ringhiò alla figura di Vegeta. Yanko sapeva dei loro "giochi"
d’adolescenza, sapeva dell’amore che Bulma aveva nutrito per lui. Lo odiava
per tutta la sofferenza che le aveva inflitto. Distolse lo sguardo da lui e
si concentrò sul bel viso della fidanzata. Rilassato, felice. E lei era
sua. La casa, intanto, si stava lentamente animando. - ma che ore sono?-
chiese lei. - Le 11 e mezza- rispose una voce dal corridoio. - È
tardissimo! Forza ragazzaccio è tempo di andare!- disse Bulma, saltando in piedi
e trascinando con sé il braccio del fidanzato. Vegeta fissava i due giovani
ancora immobile davanti la porta. Quando si voltò per posare lo spolverino, due
braccia esili gli si avvolsero attorno la vita. Si voltò istintivamente e
affondò il viso su quello della ragazza che lo abbracciava. - Vuoi
ricominciare ancora amoruccio?- chiese, con una strana voce acuta, la
ragazza. - Zitta Marion…non devi parlare– disse lui, accarezzandole il viso e
fissandole gli occhi azzurri. Come sempre erano spenti. - scusate…- Bulma
era lì, accanto a loro. Per un attimo Vegeta rivide, come un’allucinazione,
una Bulma ragazzina,con il viso bagnato da un pianto disperato, che lo fissava.
Anzi, che li fissava. Lui e Marion. Nudi. Sul letto che era di Bulma. Anche
Marion ricordava e sorrideva, stringendo ancor di più il ragazzo al proprio
corpo perfetto. - Vegeta…noi ora andiamo- disse Bulma, riportandolo alla
realtà. Ora lei non piangeva. Ora lei sorrideva con i suoi grandi occhi
luminosi. Stretta ad un ragazzo. E tutto grazie a lui. Vegeta avvertì una
fitta al petto. Come al solito la soffocò. - bene…fate buon viaggio.- disse
freddamente, aprendo la porta e rifiutando la mano di Yanko. Bulma lo guardò
con una nota di rimprovero nello sguardo. - il mio numero lo sai…è ancora
quello…chiamami se hai bisogno.- disse, ferma davanti la porta, ignorando Yanko
che premeva per allontanarsi. - Si si certo – rispose lui, con un tono
distaccato. - Ti prego…fatti sentire- sussurrò lei avvicinandoglisi per
dargli un leggero bacio sulla guancia. Non ebbe nessuna risposta, parte di
lei era consapevole che, molto probabilmente, quelle suppliche sarebbero state
inutili…avvertì però qualcosa scivolare nella tasca della giacca. Quando
incrociò lo sguardo lui capì che era ora di andare. La porta si chiuse
davanti a lei con un tonfo secco.
Bulma guardava dal finestrino scorrere l’autostrada, fingendo interesse per i
discorsi di Yanko. Gli sorrise ed accese la radio. Mandavano una vecchia
canzone. - Talmente vecchia che lo era già quando le piramidi erano un
cantiere!- - Ma a me piace scimmione!- - Non mi interessa
donna!- - Non provare a cambiare!!!!!!- Bulma sorrise dei suoi
ricordi. Vegeta. La mano le scivolò nella tasca. C’erano delle monete e
un foglietto. Era una parte dello scontrino di quella mattina al
bar. Sorrise amareggiata. Le aveva voluto solo restituire i pochi centesimi
della colazione allora? Stava per accartocciare il foglio, quando si accorse
di una scritta nel retro. Addio Bulma. Sii felice. La ragazza
sorrise e reclinò il viso, addormentandosi. Yanko l’accarezzò con il suo
sguardo innamorato.
A quello scontrino mancava la prima parte, strappata e gettata a terra da
Vegeta pochi istanti prima che Bulma sparisse dietro la porta. Non ti ho
più cercata perché qualcosa era cambiato: mi ero innamorato di te. Ma non ti
meritavo. E tu non meritavi di soffrire con uno come me. E poi ero troppo
orgoglioso…non potevo tornare strisciando da te… È stato inutile cercarti oggi.
Speravo di iniziare con te una nuova vita, quest’anno. Ma ora sei felice, e quel
babbeo del tuo ragazzo, in fondo, ti vuole bene… Sbagliavo ad illudermi che tu
mi aspettassi ancora. Ma io Bulma ti amo…
Grazie a tutte voi che avete letto questa storia...un ringraziamento
particolare a: moonlight rage, mrs Brown, pikkola rin, aleberyl 90 e
lefteye...
Mi dispiace per chi sperava in un ritorno di fiamma tra i due personaggi...ma
spesso le scelte giuste sono quelle più dure...forse ^^ non so se è valsa la
pena leggere questa storia...avevo anche in progetto qualcosa riguardo il loro
passato...e forse anche il loro futuro...dopotutto...perchè non sperare?!fatemi sapere cosa ne pensate
Un grande bacio
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