Wires

di past_zonk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - the scientist ***
Capitolo 2: *** - karma Police ***
Capitolo 3: *** - heavy in your arms ***
Capitolo 4: *** - smokers outside the hospital doors ***
Capitolo 5: *** - come down ***
Capitolo 6: *** - wires ***
Capitolo 7: *** - invincible ***



Capitolo 1
*** - the scientist ***


Spazio della traduttrice: Mi sono davvero impegnata a tradurre questa storia, probabilmente perché credevo veramente valesse la pena che fosse letta da tutte le belldommer. I capitoli sono sette, ed io cercherò di pubblicarne uno almeno a settimana. Sono stra-orgogliosa.

Vorrei ringraziare DI CUORE Marina, la splendida scrittrice di questa splendida opera: you're great!

Beh, ora vi lascio leggere, sperando di aver fatto un buon lavoro (decente, perlomeno)

Ciao! 

PS: le recensioni sono amore per me, ma sopratutto per l'autrice e per la storia, condividete le vostre sensazioni, i vostri pensieri, tutto!

Wires - capitolo primo.


Ti stanno nutrendo con un tubo. Prima non potevano nutrirti con nulla perché il tuo corpo non lo accettava, ma ora possono con un tubo nel tuo braccio. Credono sia meglio? Sembri ancora esangue, e non posso farne a meno, ma sono arrabbiato. È colpa tua se sei in questo stato; non voglio sembrare pessimista, ma non posso neanche incolpare il ragazzo che ti ha ridotto così. È solo tutta colpa tua, te che non puoi neanche difenderti. L’unico segno che suggerisce che sei vivo è Il leggero bip pulsante del tuo cuore sul monitor.
Ricordo ancora il giorno in cui accadde. Posso ancora sentire il nodo nella mia gola e il pungere di lacrime nei miei occhi. Posso ancora sentire la tua mano, debole e fredda nella mia, quando le labbra del dottore hanno formato le parole che non avrei mai voluto udire. Riesco a vedere ancora la tua profonda vulnerabilità, sapendo che anche prima il più piccolo colpo poteva mandarti all’ospedale - diavolo, poteva ucciderti.
Riesco ancora sentire la rabbia che sto provando proprio ora.
È colpa tua, Matt.
Vengo a trovarti ancora ogni giorno, ma tu lo sai, perché ti parlo. Stringo la tua morta, fredda mano e ti parlo di tutte le più piccole cose, cose che tu ovviamente non vuoi sentire. A te non interessa degli avvenimenti più insignificanti, ma non so cos’altro dire. Dio, Matt, sembri così malato. Non ho mai visto qualcuno perdere la propria vitalità ed essere ancora vivo, e questo mi spaventa.
“Sono molto dispiaciuto di dirvi che il collasso del signor Bellamy è stato causato dall’AIDS”
“Sono molto dispiaciuto di dirvi che vostra figlia non è sopravissuta all’operazione”
“Sono molto dispiaciuto di dirvi che è morto nelle prime ore del mattino”
“Sono molto dispiaciuto di dirvi che non siamo riusciti a salvare vostro padre”.
L’ultima l’ho già sentita prima.
Il dottore l’ha detto a me per primo. Poi l’ha detto a Chris e Tom. Poi ai tuoi genitori e a tuo fratello. Infine l’ha saputo il resto del mondo, ma quello è stato un incidente. Tu non sai nemmeno che “loro” lo sanno. Tu giaci lì nel letto ed io non neanche la forza di dirti che l’intero mondo lo sa. L’hanno saputo perché dovevano saperlo, perché sarebbe stato crudele tenerli all’oscuro; ma io vorrei non l’avessero saputo. Questo è qualcosa che tu dovresti avere il coraggio di dire a tutti. Alla fine, però, Chris ha dovuto farlo.
“Lo scorso sabato, il collasso di Matt durante un concerto a Berlino era una conseguenza di una sindrome da Immunodeficienza Acquisita. Apprezzeremmo che la stampa abbia il più poco possibile a che fare con Matthew durante il ricovero. Grazie per l’attenzione. Nessun’altra domanda”.
“Dom?”
Sei sveglio, ora. Dovrei chiamare l’infermiera, ma non lo faccio.
“Ehi, Matt” sussurro, e prendo la tua mano nella mia sorridendo. “Come ti senti?”
“Malato” gracchi, sbattendo via l’indesiderato sonno dai tuoi occhi.
“Vuoi bere?”
Fai cenno di sì, quindi prendo il mio bicchiere e lo premo sulle tue labbra. Mi fissi, protestando con gli occhi.
Cosa stai facendo Dom? Posso farlo da solo. Non sono stupido, stai dicendo con lo sguardo. Ma sei troppo debole. Ti guardavo, prima di quel concerto a Berlino. Reggevi a malapena la tua chitarra.
“Bevilo e basta, Matt” sospiro.
E tu bevi.
Posso vedere il tuo pomo d’Adamo fare su e giù, la pallida colonna della tua gola tesa quando allunghi il tuo collo per ingoiare.
“Grazie” dici, e alzi la tua mano per spingere via il bicchiere. Solo dopo mi colpisce quanto tu sia freddo. Quanto sembri colpevole.
E così ho deciso, ora è il momento migliore per chiedere.
“Perché non me l’hai detto, Matt?” domando, piano, poggiando il bicchiere sul comodino dietro di te.
“Perché non lo sapevo”
Oh, Matt. Mi stai mentendo, vero? Lo sapevi; certo che lo sapevi.
Quindi ti guardo, e tu guardi me.
“...perché ero spaventato” dici.
“Matt...”
Stringo la tua fragile piccola mano e sento le tue ossa aderire al mio palmo. Sobbalzo.
“Matt, pensavo ne avessimo già discusso. Non devi aver mai paura di dirmi qualcosa. Sei il mio miglior amico”
“Già” fai una pausa per tossire delicatamente “ma questo genere di cose non valgono più tanto quando hai l’AIDS, no?”
Sento le lacrime sgorgare, e cadere ancora, e bagnare la tua mano che deterge le lacrime dalla mia guancia.
La tua risata è ingiustificata, ma mi rende felice comunque.
“Per cosa stai piangendo, stupido segaiolo?”
La tue dita strofinano la mia pelle in un pizzicotto imbarazzato; quando alzo gli occhi e ti guardo tu stai sorridendo come se ti avessi appena dato tutti i soldi del mondo.
“Grazie per essere qui, Dom” dici, poggiando la tua mano sul mio braccio. Poi il tuo sorriso svanisce “Qualcuno lo sa?”
“Ti mandano il loro amore”
La tua bocca è storta e contratta, e sembri così vuoto che mi ferisce star seduto al tuo fianco. Ti guardo rimuovere lentamente la tua mano dal mio braccio, giacendo sui cuscini e lasciandoti scappare un sospiro.
“Dom” mi dici ad occhi chiusi “potresti per piacere andartene?”
Ti guardo, fragile e piccolo e esile e pallido, e guardo i tuoi capelli trasandati, marrone-topo, e guardo le tue mani chiuse perdutamente sul tuo stomaco, e...sembri come se fossi già morto.
“Ci vediamo più tardi, Matt”
“Se proprio devi...”

*


È più tardi, ora. Sto al bar con una vodka e cola, Tom da un lato, Chris dall’altro. Kelly è sparita nel bagno, e se riesco a convicermi che anche tu lo sei, allora starò bene. Non parliamo di te da circa 15 minuti, ora, e la mia grandiosa idea di pretendere che tu sia andato a pisciare sta funzionando bene, grazie tante. So che probabilmente è crudele dimenticarsi di te in questo modo, quando sei a 10 minuti di viaggio, steso su un letto d’ospedale con solo un monitor e un tubo per nutrirti a farti compagnia, piccolo e patetico e assolutamente sobrio, ma è tutto quello che posso fare.
Tuo padre mi ha chiamato stamane presto, proprio dopo il mio ritorno a casa. Mi ha chiesto come stavi andando, e gli ho detto che t’eri svegliato. È sembrato sollevato, come se tutto ad’un tratto “svegliatosi” significasse “guarito completamente”. Non ho voluto dire nient’altro che potesse rompere la sua piccola bolla.
Tu sei il mio migliore amico; tu sei suo figlio. È diverso.
“Dom, noi andiamo a trovare Matt domani. Vuoi venire?” domanda Chris, e il mio isolamento contro di te è improvvisamente penetrato, disperso e volato via col vento.
“No” dico.
“Sono sicuro che ti vorrebbe lì, amico”
“Ma non voglio andarci”
L’ho deciso adesso, Matt, che non verrò a trovarti finché non esci dall’ospedale. Lo odio. È così pulito, e puzza di antisettico e morte, ed ora anche tu puzzi di antisettico e morte.
Il sorriso di Chris è qualcosa di forzato. Mi da una pacca sulla spalla e ride della sua grande fragorosa risata.
“Seriamente, Dom...”
Seriamente, chris. È fottutamente ridicolo, lì. Sono stato al suo fianco per due cazzo di settimane e tutto ciò che ho ricevuto quando s’è svegliato è stato ‘Dom, per piacere, vattene via’. Non mi vuole lì, Chris, e perdipiù, neanche io ci voglio stare”.
Chris sembra titubante “Se ne sei sicuro...”
“Sì, Chris credo di essere alquanto sicuro. Sai quando dico di non volerlo vedere, significa generalmente che non lo voglio vedere”
“Dom smettila di fare il bastardo. Il tuo migliore amico è in ospedale...”
“È colpa sua, cazzo, Chris! Perché nessuno lo capisce?”
“Come è colpa sua? Spiegami come dovrebbe essere colpa sua se sta per...”
“Sta per cosa? Sta per morire? Già, Chris, giusto. Potrebbe morire. Ma non c’è niente che possiamo fare, quindi siediti qui e bevi la tua birra immaginando d’essere felice, perché è quello che sto cercando di fare, e stava funzionando così fottutamente bene finché tu ti sei girato e hai detto il suo stupido nome”
Faccio finta di non vederlo, ma quando guardo Chris, lui piega in basso la testa ed una lacrima cade nella sua birra.

*


Ho cercato di resistere dal venire a trovarti per 3 giorni. Ho telefonato Kelly per essere sicuro che nessun’altro stesse andando. Lei vuole venire con me per prima. Io voglio andare per conto mio. Questa è la mia battaglia da combattere.
Quando sono passato all’ospedale ed ho chiesto di vederti, la giovane carina receptionist ha detto che sei stato dimesso. Ha detto che un signore più vecchio - tuo padre - è passato a prenderti. Ho cercato il numero di tuo padre senza neanche pensarci. Mentre cammino fuori dall’ospedale e cerco la mia macchina nel parcheggio, George risponde.
“Pronto?”
“Pronto, sono Dom. C’è Matt lì?”
“Grazie a Dio” George sussurra, ed è qui che inizio a preoccuparmi “Dom, devi venire; non vuole parlarmi, dice che vuole parlare solo con te. Dom...io”
“Ehi” dico gentilmente “Sto arrivando, ok? Niente panico. Che è successo?”
“Bene. Ok. Perfetto, Dom.” C’è un battibecco dall’altro lato del telefono e poi lo sento parlare gentilmente “Torno fra un minuto, figliolo.” Capto dei passi e poi lo sento di nuovo parlare. “Mi hanno chiamato questa mattina per portarlo a casa e lui non m’ha voluto guardare per tutto il tragitto verso il suo appartamento. Non l’ho visto in faccia, non una sola volta. È uscito dall’auto ed è andato dritto dentro, io l’ho seguito e lui ha detto che sarebbe stato bene, che potevo andarmene. Certamente, non potevo lasciarlo solo, quindi gli ho chiesto se voleva una tazza di tè e sono andato in cucina...Lui stava all’entrata, potevo sentirlo fissarmi. Quindi mi sono girato e lui c’era. Lacrime ovunque, poggiato al telaio della porta perché non riusciva a stare in piedi, con questo assurdo grande livido viola sulla guancia. Non so cos’ho fatto; sono solo rimasto lì a fissarlo. Dovevo sembrare davvero, non so, spaventato o qualcosa del genere, come se fossi terrorizzato dalla...cosa sulla sua faccia. È scivolato sulle mattonelle, schiantando la sua anca sul pavimento, ed è rimasto lì, piangendo, senza guardarmi. Ha detto solo che voleva parlare con te.”
“Oh.”
Ora sono in piedi con la mano sulla porta macchina. Dovrei aprirla, ma l’intenzione è stata succhiata via dalle circa 200 parole dette da tuo padre.
Grande livido viola.
So cos’è. Ho sentito il dottore parlarne centinaia di volte. Ha detto che ne avevi sul tuo petto, sulle tue gambe, sulle tue anche, ma non ne avevo mai visto uno prima. Ed ora c’è ne uno sulla tua faccia. Una lesione.
“Dom? Ci sei ancora?”
“Dì a Matt che sto arrivando”.

*


George va via per farci un tè. Sono seduto sul divano con la tua testa sulla mia spalla, e i tuoi singhiozzi sono diventati ansimi che sono diventati tossiti che sono diventati silenzio.
“Sono così brutto” sussurri, e il mio cuore si spezza.
Ti guardo e tu strofini la mia mano contro la tua guancia.
“Matt, sei così lontano dall’essere brutto” sussurro in risposta, e tu sorridi.
“Yeah?”
“Yeah.” Mi fermo, il mio naso premuto leggermente contro il tuo “Sei bellissimo, Matt. Non importa che diavolo c’è sulla tua faccia, o ovunque sul tuo corpo. Sei bellissimo”.
Non avevo mai visto i tuoi occhi. Non così. Non quando si stanno lentamente riempendo di lacrime. Tu sbatti le palpebre, facendo scivolare le lacrime via, ma loro semplicemente continuano a tornare, cadendo sulle tue guancie, via dal tuo naso, nella tua bocca e giù fino al mento; sembri un disastro, Matt, e sei ancora bellissimo.
Sei sempre bellissimo.
“Cosa succederà con la band?” domandi, sistemandoti accanto a me con un lungo sospiro e alzando la mano scheletrica a coprire i tuoi occhi.
“Stiamo annullando tour, concerti e interviste, cose così, fino a che non starai meglio”.
“Oh” non sembri molto felice.
“Che c’è, Matt?
Giocherelli con un lembo della t-shirt, un pallido pezzo di pelle del tuo ventre visibile per un secondo mentre si tira il tessuto. Ti agiti, muovendoti sul divano, cercando di trovare una posizione comoda, poi tiri su col naso  “E se non sto meglio?”
“Starai meglio” lo dico perché voglio crederci. Davvero.
Sei il mio migliore amico, Matt. Tu mi interrompi e mi lanci cose e ridi con me, e discuti con me, e non puoi lasciare che questa cosa diventi più grande di te. Non puoi andare alla deriva; lasciarti distruggere dall’interno. Non puoi morire.
Non lo farai.
Ridi leggermente, inclinando il tuo collo per guardarmi.
“Tu eri sempre per il bicchiere mezzo pieno, eh?”
“Cosa vorrebbe dire?” domando indignato, solamente perché non voglio che tu smetta di parlare.
“Dom, io ho l’AIDS, cazzo. Come puoi essere ottimista su questo, non lo saprò mai. Ma lo sei, ed è bello.”
Mi rivolgi quel sorriso, quello che non rivolgi mai a nessun’altro, ed anche se la tua faccia è smunta ed emaciata, e se pure il tuo corpo si sta rivoltando contro te stesso, e anche se non c’è assolutamente nessuna speranza in te, è ancora lo stesso. È lo stesso sorriso che mantiene il mio bicchiere mezzo pieno e la mia finestra socchiusa. È ancora lo stesso sorriso che mi fa sorridere di rimando.

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Capitolo 2
*** - karma Police ***


Spazio dell'autrice: Salve a tutti! Scusate, scusate, scusate, scusate il ritardo (ritardo? molto di più!) ma questi mesi sono stati terrificanti e, a) ho distrutto il mio notebook (con un pezzo di parmiggiano enorme, y'know) e b) la scuola mi trascina troppo, ergo poco tempo, ergo ritardone. Ma non preoccupatevi! ;)
Ringrazio ognuna di voi per le recensioni che sono davvero tutte utilissime (e tristi, argh), ma sopratutto incoraggianti.
Aspettando un vostro giudizio, vi saluto!
Evey.

Wires - capitolo secondo.


Svegliati, Matt.
Ti guardo, ibernato calmo in un fagotto di coperte, lenzuola, addormentato, e sono arrabbiato perché non posso semplicemente spegnermi come fai tu. Mi sono sempre addormentato prima di te. Tu stavi in piedi tutta la notte quando eravamo in tour, mugolando e grugnendo e tossendo e lamentandoti. Ora, pensa, mi parli raramente; passi la maggior parte del tuo tempo dormendo, o sorseggiando una tazza di tè, guardando film che hai già visto centinaia di volte, ed io a sopportare tutto ciò.
L’ospedale dice che va bene se stai da me per un po’. ‘Riposo e recupero’, è quello che dicono, ma tutto ciò che fai è sederti, non parlandomi, guardando i tuoi stupidi film e lamentandoti della mancanza di pianoforti in casa mia.
Per piacere, continua a respirare. Non perdere le staffe.
Ti sto guardando e i tuoi piedi in calzini spuntano da fuori le coperte, seguiti da una pallida mano che raggiunge il tuo naso per poi grattarlo. Le tue labbra screpolate si aprono in un leggero sbadiglio e il tuo corpo minuto si stiracchia, le dita dei piedi arricciarsi e stirarsi. Sorrido piano, la tua routine mi ricorda tutte le altre volte in cui ti ho visto svegliarti.
“Dom?” mi chiami ancora mezz’addormentato, guardandoti attorno con occhi annebbiati. Io vengo verso di te, sedendomi sul bordo del letto.
“Sì, è il mio nome” dico leggermente, guardando le tue dita mentre s’annodano alla mia mano. Mi spingi vicino in qualche modo, con una forza che non so come spiegare. Stai diventando sempre più debole, giorno dopo giorno, Matt, e ancora in qualche modo riesci ad attrarmi verso te con un sorriso lieve.
“Dom”, dici ancora, la tua fredda mano attorno alla mia, “possiamo uscire oggi?”.
Esito, tentennando alla tua richiesta. Ogni volta che ti chiedo di uscire, tu scuoti la tua testa e dici di essere troppo stanco o di sentirti giù. Ma ora che me lo chiedi tu è diverso. Osservo quel lieve sorriso sulle tue labbra, i tuoi occhi sgranati e supplicanti proprio mentre le tue dita s’aggrappano alle mie e le stringono.

“Ti prego...”
Tu allunghi le tue corde vocali in un mugolìo e batti le ciglia, strisciando più vicino a me e poggiando il tuo mento sulla mia spalla.
“Piuttosto di pregarti per altra pasta”
Ti guardo e i tuoi occhi sono così pieni di speranza e di disperazione che è difficile capire quale domina. Ti guardo e semplicemente sorrido, il più ampiamente possibile.

*


Oh, Matthew.
Cosa stai facendo?
Spingi, aprendo l’enorme porta di legno e cammini fra il silenzio, leggero, accanto a me come se ti struggessi per rimanere in piedi. Non avevi camminato per così tanto prima, e la stanchezza inizia a farsi sentire. I tuoi occhi sono cavi e scuri, cerchiati di nero. Pensi che io non ti senta, in panico come se ti fossi appena svegliato da un incubo; lo sento. Mi spaventa, ma tu sei troppo orgoglioso per parlarne, quindi tengo la mia bocca chiusa.

“Matt, perché siamo–?”
“Shh” sussurri, premendo un dito contro le tue labbra, e la mia bocca scatta. La tua mano tocca la mia schiena, spingendomi in avanti con il più leggero dei tocchi; poi scivoli su una panca, in ginocchio su un morbido cuscino. Io sto in piedi senza sapere per niente cosa fare, guardando solamente verso te.
Inginocchiato lì.
Pregando.
Oh, Dio.
Tocco la tua spalla e tu apri le tue palpebre per rivolgerti a me.
“Che c’è?”
“Matt, che stai facendo?” sibilo, scivolando nel banco affianco a te, sedendomi e guardandoti feroce. Non so a cosa pensare. Non t’è mai interessato della religione. Mai. Te ne sei sempre fregato ed hai sempre riso in faccio ad ogni fanatico; onestamente non hai mai creduto. Ed eccoti qui, ora, inginocchiato in una posizione in cui non avrei mai pensato di vederti.
“Sto pregando” sussurri, stringendo gli occhi chiusi.
“Perché?” dico, la mia voce più alta di quanto voleva essere.
Distruggendo il silenzio attentamente costruito, infrangendo ogni rimanente traccia di pace in quel largo, vuoto edificio.
“Solo per vedere se funziona” dici piano, tornando a guardarmi con gli occhi mezzo socchiusi, un’espressione di leggero dissenso sulla tua pallida, scarna faccia. “Ora sta calmo. Voglio concentrarmi”.
Ancora non ci credo. Scivolo contro la scomoda panca, cercando di star comodo, senza riuscirci. Fa freddo nella chiesa di St.James. Metto le mani in tasca, arricciando le dita in convulsioni per trovare calore, e sto per parlare ancora - il silenzio è in qualche modo troppo rumoroso nelle mie orecchie - quando una lieve, anziana voce mi riporta alla realtà.
“Tutto bene qui?”
La tua mano improvvisamente ha abbracciato la mia, fredda e debole mentre fissi assente il prete che ci sta sorridendo.
“Non vengono molti visitatori” continua l’uomo abbastanza tranquillamente, sedendosi giù  accanto a me e parlandomi direttamente.
O ancora non ti ha visto, o non vuole farlo “È carino vedere qualche nuova faccia”
Sorrido, un po’ imbarazzato “Er...sì. Io sono Dominic e qui...e questo è il mio amico Matthew”
La tua testa s’inclina verso il basso, una rosea arrossatura colora le tue guance sbiancate. Rende nervoso anche me, come tu reagisci se le persone ti valutano meno di quanto sei.
“Piacere di conoscervi entrambi, ragazzi. Padre Mcguire, al vostro servizio”
Padre Mcguire sbircia oltre me, allungando la sua mano verso te. Tu l’afferri e la stringi con forza, smuovendola con un lieve tocco “Ciao” sussurri.

“Ciao!” dice padre Mcguire “Caro mio, hai le mani fredde. Vorresti? –”
Tu allora guardi verso lui, e lui vacilla, “Oh”, dice.
Adesso tu lo stai definitivamente fissando. Non posso aiutarti, posso solo sentirmi come se non dovessi essere qui, come se questa fosse una battaglia che devi combattere solo, perché è qualcosa con il quale avresti già dovuto convivere settimane fa. Le persone ti discriminano apertamente, parlando di te con il veleno nelle loro voci, perché l’unica maniera in cui possono guardare a te, ora, è come ad un orribile, deviato, disgustoso, malato frocio.
“Oh, Matthew. Poverino...”
Vedo le lacrime salire su nei tuoi occhi e trattenersi dallo scivolare giù sulle tue guance in un’ondata, appena padre Mcguire ti guarda con quella pietosa e dolorante espressione nei suoi vecchi occhi.
“Vieni qui, figliolo”
Il prete ti prende fra le sue braccia, stringendoti in un abbraccio che mi fa pungere gli occhi. Guardo le tue spalle sobbalzare, ascolto il silenzio rotto nella chiesa appena i tuoi singhiozzi rimbombano contro le pareti. Tutto ciò che posso fare è tenere la mia bocca tappata e provare a riscaldarmi le mani, tutto quello che posso fare è sedere qui e guardare verso quel grande crocifisso dal quale Gesù Cristo penzola, tutto quello che posso fare è sentirmi dispiaciuto per me stesso.

*


Il vento e la pioggia battono un terrificante rullo di tamburi contro la mia finestra mentre sono steso nel tepore del mio letto, cercando di non preoccuparmi di te, addormentato nella stanza degli ospiti. Non funziona.
Con la scusa di prendermi un bicchiere d’acqua, mi spingo fuori dal letto e trascino i miei piedi verso il bagno.
“Solo una sbirciatina” dico a me stesso, e dopo essermi riempito un bicchiere, cammino il quanto più silenzioso possibile verso la tua stanza.
Le tende sono chiuse ma un raggio di luna, colpendoti sul viso, illumina la tua pelle pallida in un rilievo spettrale. Da dove sto io potresti quasi essere un cadavere.
No. Sembri un angelo.
Cammino sulle punte fino al tuo letto e mi inginocchio vicino ad esso, poggiando i miei gomiti sul soffice materasso e spostando una ciocca di capelli dalla tua fronte. La tua pelle è rivestita da una leggera lucentezza di sudore freddo, le tue mani tremano, e il tuo respiro ti lascia a fiato corto, piccole raffiche taglienti di fiato. E ancora sembra andare oltre le imperfezioni. Vorrei che tue potessi vedere te stesso come ti vedo io.
I tuoi occhi tremolanti si aprono; non mostro di volermi muovere. Un sorriso assonnato rischiara i tuoi lineamenti.
“Che piacevole sorpresa” farfugli, la tua voce roca di sonno. “Posso aiutarvi?”
“No,” dico piano “Sto solo guardando”
Il mio corpo agisce come automaticamente mentre mi rialzo dal pavimento e cammino dall’altro lato del letto, scoprendo le coperte e piazzandomi al tuo fianco, riposando la mia testa leggermente contro il cuscino.
“So che hai detto che ti mancherò” dici lieve, la tua voce soffiata mentre parli contro il cuscino.
“Ma so che non lo farai.”
“Matt...”
“Perché il tempo è come...come un’onda. Lava tutto via, sai? Tutto quel dolore, e quella sofferenza, e rabbia e tristezza...Non ti mancherò” E poi sospiri il più leggero dei sospiri e sussurri, “non mi lasciare”, nel buio.

*


TI hanno riportato all’ospedale ieri. La vita è fluita via da me quando il tuo dottore s’è seduto dietro la sua enorme scrivania di mogano e m’ha detto con la più solenne delle facce che, era molto dispiaciuto, ma la situazione del signor Bellamy s’era deteriorata in uno stato tale da non potergli permettere di lasciare l’ospedale nel più vicino futuro. Ha poi proseguito dicendomi che, ancora, era molto dispiaciuto, ma il sistema immunitario del signor Bellamy era già debole prima dell’infezione e, ancora una volta, era molto dispiaciuto, così incredibilmente dispiaciuto, ma semplicemente non c’era alcuna possibilità che il signor Bellamy combattesse la malattia per più di 3 o 4 mesi.
Ma tu di sicuro lo saprai, perché siamo seduti nella stessa cazzo di stanza. Lui non ha nemmeno parlato con te.
Parlava di te e su te, ma mai a te, e tu non hai idea di quanto mi faccia sentire male.
Quindi siamo tornati all’inizio, immagino, con te steso in quel fottutissimo letto con quell’ago nel tuo braccio, nutrendoti attraverso un tubo. Questa volta, Matt, questa volta non stai indossando la tua maschera coraggiosa, perché sai che ora non ce la farai a superare questo. Ti sei semplicemente arreso.
Mi hai fatto promettere di rimanere con te mentre la tua famiglia viene a visitarti, quindi eccomi. Non ho niente da dirti. Grazie a Dio sei addormentato.
“Ciao, tesoro” la mano di tua madre è leggera sulla mia spalla, lei la stringe piano, quindi le sue dita lievi salgono verso il retro della maglietta dove inserisce la marca, che era girata al contrario, dentro.
“Grazie per essere qui per lui”
Mi giro e mi stringo a lei, trovando rifugio tra le sue braccia. Lei sospira contro il mio collo carezzandomi la schiena lentamente, in cerchi gentili.
“È tutt’apposto, Dominic” sussurra ancora e ancora, ed io mi sento così patetico ma non riesco neanche a piangere. Sto solo qui in piedi, la mia testa brucia nell’incavo tra la sua spalla e il suo collo, a fare stupidi rumori. Non so per quanto tempo restammo così, ma poi l’infermiera ha portato altre sedie e ci siamo tutti seduti attorno al tuo letto guardandoci l’un l’altro. La mano di Marylin è ancora stretta alla mia, il suo pollice stretto contro le mie nocche, mentre guardiamo la tua cassa toracica sorgere e ricadere in un sonno gentile.
Guardo tuo padre, gli rivolgo un piccolo sorriso, e lui prova a sorridermi ma non ci riesce. È proprio di fronte a te, battendo gli occhi lentamente e sospirando un sacco. Povero George, penso.
I miei occhi si dirigono verso tuo fratello, aggrappato timidamente ad una sedia, fissa vuoto il pavimento. Non sono mai stato così vicino a Paul, veramente, ma ora che lo guardo posso vedere te nei suoi occhi, nel modo in cui le sue dita sono costantemente in movimento, battendo un qualche ritmo. Si muove per tutto il tempo, reprimendo l’urgenza di parlare fino al punto di non poter respirare; lo fate entrambi.

Quello che lui fa; quello che tu facevi.
Il tuo battito cardiaco velocizza giusto un po’ quando i tuoi occhi si aprono. Ti metti a sedere con immensa difficoltà, le tue magroline e piccole braccia vacillano mentre provano a reggere il tuo peso.
Paul s’illumina appena ti vede sveglio. Un sorriso incurva gli angoli delle sue labbra, ma scompare subito appena ti vede cadere contro i cuscini, il tuo petto pesante.

“Mamma...” sussurri, la tua voce rotta. Marilyn salta verso te, prendendo la tua mano e stringendola come solo una madre può.
“Sono qui, piccolo” dice con voce commossa, e penso all’effetto che mi fa vederla così. Marilyn è sempre stata così forte ai miei occhi, ma vederla crollare come sta facendo proprio adesso...
Oh, Matt. Non hai idea...quanto mi ferisce.
Mi alzo e lascio la stanza, sperando che i tuoi genitori e Paul lo prendano come un gesto di cortesia. Un singhiozzo scappa dalle mie labbra ed io naufrago verso il pavimento, le braccia attorcigliate attorno alle mie gambe e le mie ginocchia sotto il mento. Lentamente, calde lacrime rotolano giù sulle mie guance, e penso che questo è il momento in cui tutto mi colpisce.
Stai per morire, e ci sono così tante cose che non riavrò più.
Non ascolterò più quelle stupide cospirazioni. Non digrignerò i miei denti dalla rabbia quando tu mi parli sopra ancora una volta. Non sentirò più quell’imbarazzante, ridicola, acuta, contagiosa risata che hai ancora. Non vedrò più quello sbilenco semicosciente sorriso aggraziare le tue labbra. Non ti vedrò caracollare per il palco, la tua chitarra tra le mani, o le tue dita premere sui tasti di un piano. Non sentirò più quelle infinite discussioni sulla pasta o sulla direzione musicale e la cazzo di Lady Gaga mai più. Stai per morire, e c’è così tanto che vorrei dirti.
Vorrei dirti quanto ho bisogno di te nella mia vita, quanto significhi per me, quanto non sarei più capace di combattere senza te. Voglio svegliarmi tra le tue braccia, voglio sorriderti e premere le tue labbra sulle mie in un bacio del buongiorno. Voglio poterti toccare quando e dove voglio; voglio comprare una casa e vivere con te; voglio che tu mi cucini la pasta al posto del tè. Non mi importerebbe se ogni cazzo di giorno, non mi importerebbe se tutto ciò che mangiamo è solamente pasta. Voglio dirti che nient’altro importa. Ci sei tu, e ci sono io, e nient’altro è importante. Voglio solamente dirti quanto ti amo.
Ma non posso.

*


“Dom, dovresti riposare un po’” batti le ciglia verso me, assonnato, un sorriso storto sulle tue labbra. “Sembri un morto che cammina”
Sospiro. L’opzione di trascinarmi fuori dalla tua stanza e tornare nel mio appartamento vuoto non è così allettante come sembra. Preferirei star seduto qui con te, ascoltando il leggero bip del tuo cuore sul monitor e il tuo respiro lentamente e ponderatamente filare via dalle tue labbra.
“Non devi stare seduto a guardami a tutti i costi, sai” continui calmo “Non muoio se chiudi gli occhi per dieci minuti, y’know”
“Matt...” mugugno, ma tu ancora sorridi.
“Ti prometto che non morirò mentre tu dormi” fai una pausa, muovendo le tue insane, secche dita “ma solo se anche tu mi prometti una cosa”
“Tutto quello che vuoi” dico confidenziale. Ora, non m’interessa se mi chiedi di passare il resto della mia vita vestito come la regina; lo farei, solo per te.
“Suona qualcosa di insolente al mio funerale, sì?”
Non riesco proprio a ridere “Tipo?” faccio però un sorrisetto, guardando i tuoi occhi luccicare.
“Qualcosa di assolutamente ridicolo. La cosa più offensiva con la quale puoi uscirtene”
“Mi dovresti aiutare, amico” dico, pensandoci già.
“Non lo so! Ecco perché sto chiedendo a te. È solo che...” il tuo ghigno si tramuta in un dolce, gentile sorriso “Non voglio persone che piangono, ecco tutto”

“Io -”
“Visite, Matthew!” una calda voce chiama dall’uscio, e con il suo sorriso forzato, ecco Chris e Kelly e Tom entrare nella tua stanza.
“Ehi” dice Tom calmo, occhi al pavimento.
“Perché siete tutti così?” chiedi con un piccolo riso “Non sono ancora morto!”
Mi giro verso loro con un sorriso di scusa “È stato così per tutto il giorno” spiego.
“Certo, se per ‘così’ intendi ‘perfettamente gentile’, sono stato così tutto il giorno” giri i tuoi occhi, raggiungendo il comodino per un bicchiere d’acqua.
Potresti sempre mettere su una faccia coraggiosa e sorridere alla proverbiale telecamera, ma io posso vedere il dolore e la stanchezza nei tuoi occhi mentre ti struggi per tenerti sveglio un pochino di più. Persino respirare è soffocare, per te, ora, ed è difficile scendere a patti con il fatto che il tuo corpo s’è rivoltato contro te.
Kelly s’è poggiata sul bracciolo delle sedia di Chris ed è nel bel mezzo di un racconto delle andate e venute di casa Wolstenholme. Tu ascolti pazientemente, ed è strano, ma da quando sei stato di nuovo ricoverato, gli importanti accadimenti della vita altrui sono le più importanti per te. Non t’interessa dell’aumento delle tasse, e della recessione mondiale o di qualunque cosa importante come quelle - e perché dovresti?
Chris batte la mia spalla leggermente “Dom sembri enormemente stanco. Lo sai che puoi andare se vuoi, riposarti o cose così. Noi saremo ancora qui”
Rifiuto determinato “Non lo lascio” dico calmo, gettando un’occhiata verso te.
Lui sospira, scuotendo la sua testa.
“Dom stai facendo una cretinata. È...”
“Chris, cazzo non lo lascio!”
“Perché diavolo no?”
“Perché l’ho promesso” Solo...lascia perdere, Chris”
Chris geme, afferrando la mia spalla. La stringe un po’ più del dovuto, guardandomi con occhi di ghiaccio.
“Lo sai perché fa così tanto male? Perché è tornato qui di nuovo? Perché sta per trascorrere il resto della sua vita in un letto d’ospedale? Perché deve fingere d’essere coraggioso per te. Per te. Per nessun’altro. Tutta questa cazzo di situazione è colpa tua, Dom!”
“Lo sai  tu perché sta ancora respirando?” lo contrasto, la mia voce acuta “Lo sai perché sta ancora combattendo, non importa quanto faccia male? Perché è ancora vivo? Per ME!”
E prima di saperlo, sono di fronte a lui, con sguardo truce, e Chris è di fronte a me furioso. Non mi sono mai sentito tanto incazzato in tutta la mia vita. Con che coraggio mi accusa di essere la causa del tuo dolore? Non ti ho trasmesso io quella stupida malattia. Non t’ho infettato io. Non sei malato a causa mia. Non è colpa mia-.
“LO STAI TENENDO VIVO, DOM!” Chris mi urla in faccia, gli occhi infuocati.
“STAI DICENDO CHE SAREBBE MEGLIO SE MORISSE? È QUELLO CHE VUOI?” urlo di rimando, non importandomene se tutta questa conversazione ha fatto aumentare di 100 volte al secondo il tuo battito cardiaco sul monitor.
“NON AVRAI IL FEGATO DI ACCUSARMI DI QUESTO, DOMINIC HOWARD!”
“ALLORA NON ACCUSARMI DI UCCIDERLO!”
“Ragazzi...” Tom, da sempre la voce della pazienza, cerca di calmarci entrambi. È un miracolo che le infermiere non siano venute correndo.
“Perché semplicemente non vi sedete e -?”
“Cazzo, stai fuori da questa faccenda, Tom!” gli urlo, senza guardare neanche verso di lui, intento ancora a lanciare sguardi d’odio a Chris.
“Stupido figlio di puttana, Dom!” Chris mi urla “Non lo capisci, vero?”
“Cosa dovrei capire? Ecco me, ed ecco Matt - il nostro rapporto non ha niente a che fare con te!”
“L’unica ragione per cui è ancora vivo sei tu!” mi dice Chris, tirandomi per la t-shirt fino a che non siamo faccia a faccia. Non ho mai visto Chris direttamente così. Sono stato al suo fianco mentre urlava in faccia a qualcun altro centinaia di volte, ma non s’era mai trattato di me, ed è fottutamente terrificante.
“È vivo perché sei qui tutto il tempo e non vuoi che muoia!”
“È il mio migliore amico! Perché dovrei volere che muoia? Certo che non voglio lasciarlo morire, Chris!”
“Certo, ed è tutto su quello che tu vuoi, no?”
“Se si sta documento su nozioni per il suicidio ti farò sapere”
Qualcosa di forte e doloroso - cazzo, è un pugno - viene a contatto con la mia faccia. Sento un lacerante, intenso, orribile dolore irradiare la mia guancia e sono sicuro che il gemito di dolore che s’è sentito sia mio, ma realizzo che no, non ho neanche aperto ancora la mia bocca. Il sangue è rappreso fra le mie labbra, denso e salato e disgustoso, ed io lo sputo tutto sul pavimento, linoleum incontaminato.
“Si sta facendo male, Dom! Sta provando troppo dolore, e non capirai mai che l’unica ragione per cui combatte sei tu!”
“A qualcuno effettivamente importa cosa ho da dire?”
uno squittio si sente fra la nostra battaglia. La tua faccia è una maschera di impassibile serietà, mentre Kelly ti stringe una mano e passa il suo pollice sulla tua pelle secca.
“Certo” dice pesantemente Chris, scivolando su una sedia mentre io allargo la manica sulla mano per provare a pulire il sangue dalla mia faccia. Sono ancora arrabbiato. Perché non dovrei esserlo? Ma ascolto, perché sei tu.
“Posso dirvi perché sono ancora vivo?” continui, blando, rimovendo delicatamente la mano dalla stretta di Kelly. “Perché sono fottutamente terrificato di morire. Sono terrorizzato che lì ci potrebbe essere semplicemente nulla. Sono terrorizzato di cosa dirà la gente quando sarò scomparso. Ecco perché non voglio morire. Non per il dolore o per Dom. Perché sono spaventato. E lo so che è patetico e egoista e rude, ma è vero” guardi ognuno di noi alla volta, triste, imbronciato e provato.
“Ora, se non vi dispiace, io vado a dormire, e apprezzerei se tutti voi usciste da questa cazzo di stanza”
E noi ce ne andiamo. Perché, credici o meno, siamo anche noi terrorizzati.

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Capitolo 3
*** - heavy in your arms ***


Note del capitolo: mi dispiace se piangete o vi disperate, ma anche io lo faccio traducendo, è un vero calvario; questo capitolo è tutto tuo, moglie.
eva.



Wires – capitolo terzo.
 
Questa è la quinta volta che il nome di Chris s’è illuminato sullo schermo del mio cellulare in questi giorni, ma per qualche fantomatica ragione, non rispondo. Forse è perché ho paura che stia chiamando per sputarmi in faccia qualche altra verità, o forse sta solo chiamando per dirmi che stai peggio e che t’hanno spostato nel reparto rianimazione. O, forse, mi sto solo comportando come un bambino.
Rimanendo dell’umore in cui ero, opto per la terza ragione, lasciando vibrare il mio cellulare per conto suo sul mio tavolino da caffè, mentre porto lentamente un cucchiaio di zuppa alle mie labbra. È quasi una settimana da quando ci hai detto di lasciarti solo e, da quanto ne so, tutti quelli che erano nella stanza quel giorno hanno mantenuto la parola. I tuoi genitori ti vengono ancora a trovare, e so che Paul è venuto a trovarti ancora, perché m’ha chiamato. Era preoccupato perché sembravi indisposto.
Perché cazzo non lo dovresti essere? Stai per morire, per amor di Dio!
Ho calmato tuo fratello per circa un’ora. Mi ha chiamato con l’addebito. Il che sarebbe equivalente a tutti i miei minuti sprecati a piagnucolare al telefono, dicendomi cose che già sapevo.
Mi guarda come se non mi conoscesse più! Non l’ho mai visto così debole! Mi sento come se dovessi fare qualcosa per aiutarlo, ma lui non me lo lascia fare! Desidererei aver passato più tempo con lui! Desidererei non fosse successo! Perché lui? Perché Matt? Non è giusto! Perché Dio lo sta portando via da me?
Non è strano che le persone dicono di non credere in Dio, ma appena le loro vite sono in pericolo, lui è la prima persona  a cui si rivolgono?
 
*
 
Per qualche ragione che non comprendo, mi ritrovo seduto ancora una volta nella sala d’attesa dell’ospedale. Le infermiere mi dicono che ti vedrò il più presto possibile; devo solo aspettare che tu finisca di lavarti. Mentre sono seduto su questa sedia logora, un immagine di te, in piedi in una stanza mentre le infermiere ti spruzzano dell’acqua con dei tubi da giardino, si insinua nella mia mente.
Scuoto la mia testa, cercando di lasciare che l’immagine dissangui via dalla mia mente, ma è ancora lì.
“Sembri stanco” dice una voce calma, accanto a me, ed io mi giro alla mia destra vedendo una giovane ragazza con i capelli biondo-tinta ammiccare verso me. Sarebbe carina, tranne per le borse sotto gli occhi e l’espressione affaticata sul suo viso.
Io, almeno, mi sono pettinato i miei cazzo di capelli prima di uscire di casa. “Anche tu”, replico.
“Stai aspettando il tuo turno per una visita?” continua la ragazza, ignorando allegramente gli indizi mentali che le sto mandando e che indicano che non le voglio parlare.
No. Questo non è il circo, giusto?  “Qualcosa del genere.”  Non so cos’altro dire, ma non sto riversando le mie speranze e i miei sogni in questa donna, non importa quando potrebbe essere carina se si prendesse una buona notte di sonno e si desse una pettinata ai capelli.
“Oh” anche lei non sa che altro dire e spero si sia decisa a lasciami sola, ma no.  “Quindi sei qui per vedere un paziente? Qualcuno nell’ospedale?”
Sì, il mio migliore amico ha l’AIDS e per qualche sconosciuto motivo, ho deciso di venirlo a visitare anche se mi ha esplicitamente chiesto di lasciarlo fottutamente solo. “Un mio amico” le dico, e lei sorride empaticamente.
“Capisco” fa una pausa, ed io confondo la paura per la fine della conversazione. Tristemente, non è così. “Io sono qui per vedere mio fratello. Era in Iraq. Una pallottola”
Carino. Ora va via. “Oh, mi spiace”
“Starà bene. Sta sempre bene” C’è un’altra pausa, ma questa volta so che continuerà a parlare “Quindi, perché il tuo amico è qui?”
Ha l’AIDS. “Ha l’AIDS.”
E, oh, Matt. Ecco che sta zitta. Non dice un’altra parola.
Quando guardo verso lei, osservo come si sta mangiucchiando un unghia evitando di guardarmi. Mi sento quasi dispiaciuto per come le ho parlato. Per cosa ho pensato di lei.
Stupida stronza. Stupida, grassa, brutta stronza. Puttana. Cagna. Troia. Battona. Zoccola.
“Signor Howard?”
La tua infermiera – Nancy – mi sta scrutando dalla scrivania, un sorriso forzato sulle sue labbra. Io farfuglio un veloce “Ciao” alla donna che sedeva accanto a me e faccio un cenno con la testa nella sua direzione, sbadigliando mentre mi alzo.
“Matthew è pronto, ora” Nancy mi sorride di nuovo, questa volta con sincerità. “È davvero bello vederti qui ancora, caro. A Matthew è mancata la vostra compagnia in maniera terribile” si alza dalla postazione alla scrivania. “È stato spostato in una stanza nuova” mi dice “Ora te la mostro”.
“Grazie”, dico, seguendola nello sterile bianco corridoio. “Nessuno è venuto a fargli visita?”
“Beh, ovviamente, i suoi genitori sono stati qui un bel po’ di volte, e anche suo fratello – uomo adorabile, vero? Comunque, voglio dire, è molto bello ricevere visite di familiari , ma qualche volta è l’ultima cosa che lui desidera” Nancy mi guarda dalla sua spalla, strizzando l’occhio. “Gli manchi tu, dear. Parla di te tutto il tempo. Chiede se sei passato a visitarlo mentre dormiva”
“Oh…”
La colpa mi inonda come fosse un’enorme onda, consumandomi. I miei piedi si trascinano. Non lo pensavi. Non volevi che ti lasciassimo solo. Oh, Matt, mi spiace. Sarei dovuto essere qui prima d’ora.
“Non ti preoccupare, Dominic!” ridacchia Nancy, raggiungendomi per lisciarmi una ciocca di capelli verso il basso. “È stato bene – anche senza la compagnia di amici – in questi giorni”
“Io…lui m’aveva detto che non voleva…”
“Che non voleva vedervi più?” chiede Nancy calma “Beh, sì. Stare qui ti fa dire cose stupide, caro”. Si ferma vicino una porta e la indica. “Qui c’è Matthew. Entra”
“Grazie, Nancy” mormoro, spingendo la porta già aperta.
Stai leggendo un libro, quando cammino verso il tuo letto e mi siedo. Questa stanza è più carina di quella vecchia. C’è un tappeto sul pavimento e la carta da parati è a strisce, color cioccolato marrone e blu cielo. Le tende sono di tessuto vero, invece della triste bianca plastica, e il letto è di legno, con coperte blu chiaro e cuscini.
“Hey” dico piano, sedendomi sulla sedia accanto al tuo letto.
Il tuo libro si chiude di scatto, e ti prendi tutto il tempo di raggiungere il comodino e poggiarlo lì, prima di pensare persino di guardarmi.
“Ciao” dici, avvolgendo liberamente le tue braccia sullo allo stomaco.
“Come ti senti?”
“Proprio bene, grazie” dici.
L’artico, imbarazzante silenzio tra noi è abbastanza affinché lacrime salate appannino la mia vista.
“Mi dispiace di non essere venuto a trovarti prima di oggi” la mia voce tremola, ma non posso farne a meno; tu mi guardi rassegnato, come se tempo fa avessi deciso che questa è l’ultima stanza che vedrai. “È solo che…pensavo che tu non mi volessi qui”
“Sì, lo volevo” mormori “Ma poi quando non eri qui, non potevo fare a meno di pensare…a te. Sai…” ti fermi per una pausa. Devo sforzare le mie orecchie per sentirti e, Dio, Matt, desidero che non fosse mai successo. Perché tu? Su tutte le persone al mondo, perché tu? “Volevo dirti cos’è successo. Perché sono qui. Non l’ho detto a nessun’altro e ho pensato di dirlo a te, perché tu non…non mi giudicherai…” prendi un altro profondo, tremulo respiro “Mia madre…ho provato a parlare con lei di questo ma semplicemente non m’ascoltava. Mio padre non voleva ascoltarmi e Paul passa tutto il suo tempo, beh…pretende che non sia accaduto nulla…non è reale, per lui. Tu sei l’unico con cui posso parlare. Posso?”
Deglutisco. Una lacrima scivola giù sulla mia guancia “Matt…”
“Non sono stato…violentato” dici calmo, gli occhi concentrati sul tuo stomaco. “Volevo solo sapere com’era”
“Cosa intendi?”
“Il sesso” dici, un delicato rossore si sparge sulle tue guance, e solo per un secondo posso immaginare che tu sia ancora sano.
“Ma tu hai già…” e tu t’accigli e mi guardi come se fossi stupido, ed io finalmente capisco. “Com’era?” chiedo.
“Doloroso” mi sorridi ironico, la rabbia quasi del tutto dimenticata. “Ma poi era…decente”
I miei occhi si riempiono ancora di lacrime, appannando la vista. Riesco a malapena a vederti, mentre le mie dita tremano sul mio grembo, mentre penso a cosa dire.
“Tutto questo per del…sesso decente?” chiedo minaccioso, alzando la mano per strofinarmi gli occhi con il dorso.
Tu ridacchi. Oh, che suono dolce che è. “Non l’ho mai pensata in questi termini, ma sì. Credo di sì. Tutto questo per del sesso decente” mi sorridi ancora, e le tue dita s’intrecciano alla mia mano, tirandola sul tuo grembo e carezzandola. “Sembri terribilmente in colpa per qualcosa, vecchio mio”
“Non in colpa. Solo…” cosa dovrei dirti? Se volevi sperimentare del sesso gay, io ero sempre disponibile. In più non sono affetto da nessuna malattia sessualmente trasmissibile. È difficile da spiegare, Matt, ma guardandoti qui, ora, e pensare a te in quel momento, prono su un letto, mentre ti fai sfottere contro il muro da un uomo senza nome e senza volto, fa raggrumare tanta gelosia dentro me.
Fottiti, penso all’uomo che ti sta ancora uccidendo lentamente. Meriti di morire, bastardo.
E lo penso.
Immagino cosa stia pensando ora. Se sa che è colpa sua se tu stai…soffrendo. Spero si senta colpevole. Spero si senta così pieno di colpa e vergogna che si uccida. Ti prego, Dio, se ci ami come la Bibbia dice, lascia che quell’uomo muoia.
Non credo tu apprezzeresti i miei pensieri, quindi non ti rendo partecipe. Sorriso solamente, e la mia mano si sfila dalla tua per tornare sul mio grembo.
Confini. Sempre confini.
Tu giaci sul cuscino, la tua pelle bagnata della luce solare, ed io sono posseduto dalla improvvisa urgenza di stringerti. Sembri così solo, steso lì nel tuo letto, con il tuo heart-monitor che ancora emana lenti beep – ringrazio Dio della sua piccola misericordia del cazzo, se qui – e le tue mani perdutamente chiuse sul tuo stomaco. L’ultima cosa che voglio fare ora è lasciarti dormire solo.
Mi alzo dalla sedia per sedermi sul bordo del tuo letto, raggiungendo il comodino per ordinare i vari oggetti che lo ingombrano: un bicchiere d’acqua, una lampada ed una copia di Millenovecento-ottantaquattro con una piega a mo’ di segnalibro, per non menzionare le cartoline e lettere e biglietti che Tom t’ha portato settimane fa. Le leggi tutte. Ogni fottutissima lettera.
‘Ti prego Matt guarisci presto – sei il mio eroe.’
‘Sei una persona così bella e sei l’ultimo a cui avrei voluto accadesse tutto ciò.’
‘Mandarti il mio amore in questo momento orribile potrebbe sembrare stupido e potresti non apprezzarlo, quindi non lo farò. Voglio solo farti sapere che potresti pensare che è triste, che probabilmente migliaia di persone ti stanno mandando lettere e quant’altro, ma noi crediamo in te. Tutti credono in te, e tutti vogliamo che tu stia meglio, quindi non t’arrendere.’
Mi giro ancora verso te, stringendo qualche lettera, e tentenno un po’. “Dove le poggio queste?”
“Lì” replichi, indicando vagamente uno scrittoio vicino al tavolo. Annuisco, portandone quanto più posso, considerando il poco spazio. “Grazie” dici con la voce piccola, raggiungendo ancora la mia mano.
Le tue dita sono fredde mentre le stringo con entrambe le mie mani, guardandoti ma essendo comunque incapace di catturare quei tuoi bellissimi occhi blu. È un momento di perfetto silenzio fra noi, ed ignoro ogni impacciato osso del mio corpo che mi urla di dire qualcosa, qualsiasi cosa. Siamo solo seduti qui, ed io guardo te che guardi il tramonto.
“Dom?” dici, guardandomi. Alla fine.
“Yeah?”
La tua mando si districa dalla mia e tocca la mia guancia, ed io mi faccio più vicino a te senza davvero sapere cosa sto facendo e, oh, Matt, è bellissimo. Sento le tue fredde, piccole labbra sulle mie e c’è quest’esplosione nel mio stomaco, e mi sento così meravigliosamente bene.
Non voglio che questo momento finisca. Quindi mi levo le scarpe e getto la mia giaccia sul pavimento, crollando nel letto affianco a te e, giuro a me stesso, giuro, non ti lascerò mai andare.

 

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Capitolo 4
*** - smokers outside the hospital doors ***


Image and video hosting by TinyPic...Salve a tutte/i! Beh, direi d'essere tornata dopo un bel po' (l'ultimo capitolo è di Marzo, ghgh, chiedo perdono), ma sono assolutamente intenzionata a finire questo progetto. Dedico tutto questo alla mia amata Cecilia (apri il link, aprilo! ghgh ~♥ e non piangere per questa fanfic). Byebye.
eveyzonk.

 




 
Wires – capitolo quarto.

 

 
Passeggiando per l’ospedale con un bouquet di fiori nelle mie mani, mi sento come se niente possa andare storto. Mi sento come se non sorridessi da mesi, ma ora le mie labbra sono curvate agli angoli e sto persino dicendo buongiorno ai passanti e, oh, è così bello avere una ragione per sorridere.
Sei tu, Matt, comunque.
Passo tutto il mio tempo con te ora. A volte ci avventuriamo fuori dalla tua stanza e compriamo la cioccolata al distributore automatico e poi ritorniamo e ci sediamo a gambe incrociate sul tuo letto, mangiando Maltesers e ridendo su ogni cosa che ci salta in mene. Altre volte ti poggi con la testa sul mio petto, mentre io leggo per te, e anche se non ho la minima idea di cosa succeda in metà dei tuoi libri, è bello. Certe volte la tua mano delicata dalla pelle come petali di margherita raggiunge e tocca l’angolo della pagina, ed io la giro, e la maggior parte delle volte tu semplicemente mi guardi e mi baci ed io ti guardo negli occhi e so che starai bene.
Quindi cammino nell’ospedale verso la tua stanza, Matt, quando vedo Nancy. Sta trasportando una pila di vestiti sporchi e io le sorrido, brandendo i fiori. Lei mi guarda con occhi stanchi.
”Pensi gli piaceranno?” le chiedo. Sto parlando di te.
“Sì, li adorerà” sembra distratta “Dominic, tesoro –“
È un piccolo bouquet, Matt, di campanule, bluebells. Ridevi sempre al nome bluebells quando eravamo ragazzi, ed io non capivo perché fin quando te l’ho chiesto. “Perché”, dicesti, “quando tu lo pronunci, sembra tu stia dicendo blue balls”. E da allora non ha mai smesso di essere divertente per entrambi.
“Lo faranno sorridere” dico a Nancy, mentre la sorpasso per entrare nella tua stanza.
Oh.
Il letto è spoglio fino al materasso, e le finestre sono aperte e tutta la roba sulla tua scrivania è scomparsa.
“Dominic…” Nancy è in piedi di fianco a me. Ha lasciato cadere i vestiti sporchi sul pavimento e ha la sua mano sulla mia spalla “Dominic, tesoro, Matthew è morto questa notte”
Mi giro verso di lei ed ha quest’espressione sulla faccia come se l’intera cosa sia tremendamente divertente. Le sue labbra tremano nel tentativo di trattenersi dal ridere e di tanto in tanto scoppia in questa enorme, tremendamente musicale risata che mi squarcia dentro e fa iniziare a ridere pure me.
“Soffriva?” le chiedo, lacrime dal ridere scivolano sulle mie guance.
“Certo che sì! Piangeva per te e tu non c’eri!” squittisce Nancy, ancora ridendo.
Sbuffo nella mia mano, sedendomi pesantemente sul tuo letto mentre tento di smettere di ridere così tanto da farmi male lo stomaco. Nancy si siede affianco a me e stiamo tutti e due lì come idioti finché le nostre risate si trasformano in sghignazzi, i nostri sghignazzi in sogghigni e i nostri sogghigni in colpetti di tosse, e poi sediamo qui in silenzio ed io sto cadendo, cadendo, cadendo e non posso smettere di cadere ma non è cadere è volare e tutto si sta schiantando contro me e posso vederti lì con una pistola alla tua tempia e mi stai dicendo che andrà tutto bene, che ti sveglierai non appena avrai recuperato il cervello dalle pareti, e poi tutto viene risucchiato indietro nella mia testa e i miei occhi si aprono e tu sei ancora addormentato accanto a me nel tuo letto.
Ho il fiatone mentre ti guardo, accartocciato accanto a me in una bolla protettiva, come un piccolo riccio. La mia mano raggiunge la tua guancia per spostare i capelli dai tuoi occhi, e tu ti posizioni tra le mie braccia, anche se sei ancora da qualche altra parte, sognando.
Ringrazio Dio di non essere più là, dove il mio cervello può congiurare i più perversi, traviati sogni. Non ricordo l’ultima volta che ho avuto un sogno decente, sul comprare una casa mobile fatta di gambe o crescere tulipani lì fuori nella galassia di Andromeda mentre dico ad una mucca che vale di sicuro la pena vivere. Mi mancano sogni come quelli, dove tutto ha un senso nelle ore in cui i tuoi occhi sono chiusi, ma appena si aprono, tu sei lì steso nel letto e pensi “Dove cazzo ero la scorsa notte?”
Quando eravamo agli inizi, e vivemmo quell’intenso periodo di tour per il quale ci sentivamo degli dei, certe volte stavamo seduti svegli sul bus, occhi selvaggi e pieni di storie sulle cose che avevamo fatto quando i nostri occhi erano chiusi. Chris ci diceva di aver sognato la cena con i genitori di Kelly, ed io parlavo di cani e gatti e tutti quel genere di stupidi animali, e poi tu siedevi lì e ci dicevi di aver sognato…non so cosa, ma immediatamente i miei sgualciti, disgustosi mix di animali sembravano dei seriosi documentari della BBC comparati alle cose con le quali te ne uscivi. Certe volte non ti credevo, ma certe altre andavo a dormire sapendo che, in qualche fottuto piccolo universo di tua proprietà, tu avevi completamente senso.
Ti stai muovendo ora, facendo piccoli rumori di protesta mentre ti struggi nel nuovo giorno. Strizzi gli occhi e poi li richiudi piano, guardandomi attraverso la dolorosa luce solare.
“Sei ancora qui” dici.
Come se ti lasciassi mai.
Te lo dico in un rigido, increspato tono, con un broncio sulle mie labbra, e tu mi sorridi, e ridacchi, e mi dici d’essere felice che io sia rimasto. Contento. Felicissimo.
“Mi sento…fottutamente bene” mi dici, e io mi prendo un po’ più di un piccolo piacere sapendo che io e solo io sono la ragione di questa tua felicità.
E il mio sogno – il mio incubo – sparisce dalla mia mente mentre tu mi sorridi timidamente e sussurri “Posso baciarti di nuovo?”
Come se te lo negassi mai.
Le tue labbra toccano le mie, leggere e morbide e delicate come seta, e i miei occhi si chiudono mentre ti porto più vicino a me. Non mi sento a mio agio nel ruolo che sto vestendo da poche ore meno che ventiquattro, ma tu in qualche modo prendi il mio impaccio e lo sistemi da qualche parte dove non può intaccarmi. Le tue mani premono gentilmente contro il mio sterno, le tue labbra chiuse mi ricordano ciò che facciamo.
La peggior cosa che potremmo fare.
La linea più pericolosa che sfidiamo ad attraversare.
Perché nel retro della mia mente, anche se le mie emozioni mi stanno dicendo che questo è ciò che voglio, ciò di cui necessito, sto ancora pensando e mi sto preoccupando e lamentando per me stesso.
Se solo una goccia del tuo sangue entra nel mio corpo e se solo c’è un taglio aperto nella mia bocca…
Non voglio pensarci. Davvero non voglio. Perché per quanto tu possa pensare di non riuscire a combattere, sei sempre stato più forte di me, e se tu non puoi combattere questo dolore, allora io non so che cazzo potrei fare.
Morire piangendo, probabilmente.
 

 

*



Siamo ancora stesi nel letto quando per qualche ragione nota solo a Gesù Cristo e probabilmente a Kelly, Chris appare sull’uscio della porta della tua stanza.
”Hey,” dice calmo.
Mi ricorda che non gli ho ancora parlato da quando m’ha dato quel pugno e sento un guizzo di colpa navigarmi nelle vene come fuoco.
Si lascia cadere nella poltrona accanto al tuo letto e forza un sorriso pescato da qualche parte dentro di sé. È bello sapere che ci sta provando per te. Non ha ovviamente voglia di essere qui, ma è qui, ed è bello.
Affondo piano dietro di te, sperando non mi veda. Non voglio innervosirlo.
Ma mi vede, e annuisce nella mia direzione, prima di porgerti qualcosa che non riesco a vedere. Qualcosa che non voglio vedere. È un regalo per te, non per me.
”I bambini volevano che avessi questo” dice con calma, mentre prendi l’oggetto da lui e lo guardi “Loro…loro sanno che sei qui”
”Sanno perché?” chiedi leggermente, mentre rigiri l’oggetto nelle tue mani.
”No.”
”Ti prego di non dirglielo. Non voglio che lo sappiano.”
”Non glielo dirò” Chris prende una pausa, poi sospira “Kelly manda i suoi saluti. È dispiaciuta di non essere qui, ma qualcuno deve guardare Buster o cagherà sul divano di nuovo”
Posso sentire il sorriso nella tua voce mentre parli “Grazie, Chris” poggi l’oggetto sul tuo comodino – è un piccolo, leggermente trasandato, orsacchiotto di peluche che ho visto sballottare qui e lì da Ava-Jo in un paio d’occasioni – poi guardi Chris di nuovo. “Davvero. Grazie. Per l’orso, e per essere qui”
”Piacere mio” Chris anche sta sorridendo, e si sporge oltre la tua spalla per guardarmi “Hi”
”Hello”
”Come ti senti?”
”Bene. Te?”
”Sto bene.”
Posso vedere la domanda nei suoi occhi. Mi sta disperatamente chiedendo perché sono qui, steso nel letto con te, e so che per lui è difficile, e che le cose fra me e Chris sono naufragate. Ma ci sto provando, sto provando davvero.
”Quindi…come sei stato?” ti chiede Chris, sedendosi di nuovo sulla sedia.
”Tutto bene” fai spallucce con nonchalance.
”Good. Stai…” Chris sospira, come se stesse cercando le parole giuste “Stai soffrendo?”
Scivoli di un po’ nel letto e poi scrolli ancora le spalle “No”.
Gli stai mentendo.
Lo so perché me l’hai detto tu.
Proprio prima di addormentarti l’altra notte, mi hai detto che certe volte la testa ti fa così male che vomiti per il dolore. Altre volte ti senti come se una lama ti infilzasse e tu soffocassi piano su di essa. Altre ancora ti senti una vittima di una bomba nucleare, e tutti quei brutti lividi violacei sulle tue braccia e gambe e sterno e faccia e collo e stomaco sono buchi nella tua pelle che qualcuno ha incavato con un coltello di plastica.
Quindi, Matt, quando dici a Chris di non soffrire, stai mentendo.
Chris prende un respiro profondo e sospira, ed è ora che realizzo che non è qui solo per vederti. Ha qualcosa da chiederti. Qualcosa che non vuole chiederti, ma che è stato persuaso a farlo, e proprio ora sta pensando, quanto veloce posso correre per scappare da questa domanda che devo porre? Quanto veloce può correre prima che io gli corra dietro e lo scopri da me?
Chris sbuffa e guarda verso te “Matt..”
Stavi guardando fuori, alla pioggia che batteva contro la finestra, ma ora ti giri verso Chris e annuisci.
”Io…beh, Q m’ha chiamato l’altro giorno”
Cazzo. Fottetevi, media corporations. Vi inculerò tutti collettivamente e vi fotterò a sangue.
”M’hanno detto che hai il diritto di rifiutare, ma stavano pensando se forse potresti fare un’intervista con loro”
Dì no, Matt. Ti prego dì di no. Ti prego non fare questo a te stesso.
”Che tipo d’intervista?” chiedi.
Ti prego non dirmi che stai considerando la cosa. Ti prego dì di no. Non devi preoccuparti di deludere Chris. Neanche lui vuole che tu faccia questo.
”Un intervista TV”
”Okay, sì” dici senza pensarci su due volte.
Matt, ti prego dimmi che stai scherzando.
Non voglio che tu faccia questo.
Non puoi.
Non lascerò che tu lo faccia.
Matt, sarà meglio che tu abbia una ragione decente per questo o…io…
Io non so cosa farò.



*



“Starai bene, tesoro” sussurra Kelly, spostando una ciocca ribelle di capelli dalla tua fronte “Sei coraggioso. Starai bene”
Solo che tutti noi sappiano che non lo sarai. Sei pallido – più pallido del solito – e le tue mani stanno tremando. Stai tremando perché non sai cosa le persone ti diranno. Cosa diranno su di te. So che sei sicuro di te, ma non fino a questo punto, non davanti a centinaia di migliaia di persone. Persone che ti idolatrano. Ti vedranno come uno scheletro distrutto che non riesce a stare in piedi se qualcuno non lo regge, e andranno in panico. Ma è questo che vuoi, no? Vuoi che loro si spaventino, che abbiano paura dell’AIDS, perché ne dovrebbero avere. Io ne dovrei avere.
Ho paura. Più di quanto tu ne abbia. E questo dice tutto.
La donna che ti intervisterà – Robin, la chiami – sta accendendo il microfono mentre io le cammino incontro, e sorride quando mi vede.
“Ti prego non chiedergli niente di troppo personale” le chiedo.
“Matthew ed io abbiamo già parlato di cosa gli chiederò. Non preoccuparti di nulla” dice Robin, giocherellando con il lembo della sua t-shirt mentre parla con me. “Sarai lì con lui. Non sarò scortese o sprezzante. Te lo prometto, starà bene. È più forte di quanto tu possa immaginare”
“Lo so che è forte” sospiro “…è solo che io non lo sono”
Lei mi sorride tristemente e sta per rispondere quando ci chiamano sul set. Ci hanno detto di sederci su un divano color marrone-caffè con cuscini morbidi color panna, mentre Robin si siede al lato opposto su una poltrona. C’è un piccolo tavolino da tè di vetro tra il divano e la poltrona, e tre tazze di caffè sono posate lì sopra. Sa molto…di casa.
Tu mi sorridi mentre ci sediamo insieme e sussurri “Non dovevi fare questo per me”
Non lo faccio per te, Matt, ma per me “Sì, dovevo” sussurro di rimando.
“Bene, tutti calmi. In diretta in cinque, quattro, tre…” il direttore mima gli altri due numeri con le mani, ed ogni singola telecamera nella stanza s’accende di rosso. Luci, camera, azione.
Robin prende un respiro e mima un espressione facciale come se stesse vicino al letto di un suo amico malato “Sono con Matt Bellamy e Dominic Howard, che sono qui oggi per parlarci della diagnosi di Matthew e la lotta con l’AIDS” Gli obbiettivi si girano verso di te. Tu ammicchi, un piccolo sorriso sulle tue labbra “Matthew – come ti sei sentito quando per la prima volta hai saputo che…” Robin taglia la frase, aspettando la tua risposta. Trattengo il respiro.
“Mi sono sentito tramortito. Come se qualcuno m’avesse portato via la capacità di muovermi, y’know?” dici, le tue dita si stanno già muovendo e contorcendo “Non volevo dirlo a nessuno. Mi faceva sentire vulnerabile. Smisi di mangiare. Mi sentii male. Tutto era un problema. Era difficile pensare. Non potevo davvero concentrarmi, y’know? Andavo avanti, pensando a come dirlo alla mia famiglia, ma non potevo. Arrabbiato con me stesso – ecco come mi sentivo. Come se tutto, a quel punto, fosse colpa mia, il che suppongo fosse vero. È divertente, ora ci penso ed è come se fosse un’altra parte della mia vita, lontano, ma quando il dottore me lo disse, era come se Dio mi avesse scelto su tutta l’umanità e m’avesse sollevato per le spalle e detto ‘Questo è come sarà da ora’, e tutt’a un tratto ho dovuto combattere con il fatto che forse non riuscirò a…a…y’know…”
Robin annuisce, occhi addolorati si girano verso di me “E Dominic. Come ti sei sentito quando hai saputo?”
Devo pensarci su prima di rispondere o dirò qualcosa di stupido “Matt non me lo disse” mormorai “Lo dovetti scoprire da solo. Quando collassò a Berlino, pensai che fosse era…la mancanza di cibo. Il dottore invece ci disse che…e, e noi pensammo che…forse avevamo sbagliato a sentire…non capivo il suo accento e pensai…che intendesse qualcos’altro…”
”Cos’altro avrebbe potuto aver detto?” intervieni, un sorriso leggero sulle sue labbra “Herr Bellamy è collassato a causa delle formiche?!” (Ndt: formiche, in inglese ants,ha un suono simile ad AIDS).
dici in un buffo accento tedesco, un piccolo risolino nelle tue parole.
“Matt, ti prego non scherzarci su” sibilo. Il tuo sorriso svanisce.
“Non sei tu quello che deve convivere con il fatto che il suo corpo si sta ribellando contro di te. Non voglio che la gente piagnucoli al mio pensiero tutto il tempo. Voglio essere trattato come se fossi ancora vivo” replichi, gli occhi ridotti ad una piccola fessura.
Tutt’a un tratto, l’atmosfera nella stanza è fredda come ghiaccio. Robin non sembra a suo agio ma mentre guardo il direttore posso vederlo dire alle telecamere di continuare a girare.
Dramma. Fa audience, e audience vuol dire soldi. La rabbia scoppia nel mio stomaco come una reazione acida. Rabbia verso lui, verso Robin, Chris, rabbia verso te.
“Devi prenderla seriamente” irrompo “Non hai idea di come mi sia sentito quando m’ha detto che avevi l’AIDS. Mi sono sentito cadere via. Non potevo respirare, Matt, perché non avrei mai voluto perderti. Sei il mio migliore amico e ti stai arrendendo così?”
“Non mi sto arrendendo!” dici, forte, le tue guance si colorano di rabbia “Questa è la situazione ora, Dominic! Questo sono io! Morendo!”
”Matthew…” Robin allunga la sua mano, sopracciglia incurvate, mentre tu ti alzi e t’aggrappi al bracciolo del divano per equilibrarti.
“Sto morendo, okay?” mi urli. Le lacrime luccicano nei miei occhi mentre guardo lontano. Non posso guardarti “Sto per morire. Dom, devi sapere che se potessi deciderlo io questo non starebbe accadendo, ma è così, sta succedendo ora, quindi vivere nel passato dove cose come questa non fanno alcun male non ti farà nessun bene! Tutto ciò che ti chiedo è se per favore puoi rispettare questo, e capire che non sono ancora morto!
La tua espressione fiera crolla tutt’a un tratto e Robin s’alza, ma io sono lì per primo e ti prendo fra le braccia mentre cadi “Dommie…” sussurri, aggrappandoti con un pugno stretto alla mia t-shirt, l’altra tua mano si tiene la testa “Dommie, la mia testa…fallo fermare, fallo fermare…”
Attraverso la mia visione periferica posso vedere le telecamere zoomare su di te mentre ti contorci chiaramente dal dolore. Ti stacchi da me e tossisci un grumo di muco sul tappeto. Robin guarda dall’altro lato, occhi chiusi, ma le telecamere sono ancora lì. Quelle luci rosse stanno ancora luccicando. Stai piangendo ora, svuotando lentamente il tuo stomaco dall’acido, ed io ti stringo cupo mentre crolli tra le mie braccia, un disastro tremolante.
Ed è così che il mondo ti vede, Matt.





 

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Capitolo 5
*** - come down ***


Image and video hosting by TinyPic...Salve a tutti! Eccomi qui con il nuovo capitolo di Wires. Prima di dare alcune delucidazioni vorrei ringraziarvi per le recensioni, ne sono davvero onorata; purtroppo vado di fretta e non ho il tempo materiale per ringraziarvi personalmente (ma arriverà quel momento!), quindi irradio un abbraccio/baciotto di gruppo e faccio un inchino alla giapponese! Arigatou gozaimasu!!!
Ah, passiamo ora a qualche avvertimento tecnico; per prima cosa ho passato la fanfiction a rating rosso (è una questione formale, ed ora provate a dirmi che siete maggiorenni per davvero e non avete falsificato per leggere lo smut e il p0rn, eheheheh!)<---non perdetevi la gif, ghghghghghgh. Ho deciso di alzare il rating perché...perché ecco gli ultimi capitoli si fanno più tristi e tragici e la materia trattata per me è molto delicata.
Poi, proprio a proposito dell'affermazione "ultimi capitoli", beh sì, la storia è composta da sette capitoli, per cui volge alla fine.
Cercherò di finirla prima dell'inizio della scuola! (argh, un altro pochino e me ne vo all'università e poi scrivo fanfic quanto mi pare! ARGH!)
Quindi...niente, vi lascio alla lettura.
eveyzonk.

Wires - capitolo quinto.



Ieri ti sei addormentato e non ti sei più svegliato.
Il tuo heart-monitor rilascia ancora un leggero bip ma il dottore dice che il tuo corpo s’è spento. Vuole dire – ma non lo fa – che sei in uno stato di crollo, che il tuo cervello non risponde a nessun tipo di stimolo, che il tuo corpo ha reagito al danno fisico della tua malattia creando un’inattività mentale al fine di recuperare.
Sì, Mister Doctor Sir. So come usare la lingua inglese.
Ti sto parlando, ora, seduto sulla sedia accanto al tuo letto, ti sto parlando delle lettere ed e-mail che stai ricevendo da quando hai vomitato e sei svenuto in TV. È strano, se fosse stata un’altra situazione le persone ci avrebbero inviato lettere d’odio. Ma non hai idea di che tipo di messaggi ti arrivino da tutto il mondo.
Effettivamente, penso tu lo possa immaginare. Questo è il motivo per il quale hai accettato di fare quella stupida intervista. Per mostrare alle persone semplicemente com’è, convivere con l’AIDS. Cadere in disgrazia.
Il dottore dice che starai così per un’altra settimana circa, e dice che c’è solo il cinquanta percento di possibilità che sarai forte abbastanza. Vorrei sputargli in faccia. Certo che sei forte abbastanza.
Ti prego, sii forte abbastanza.
Matt, non posso accettare di lasciarti andare. Non vorrei mai che tu andassi e mi lasciassi indietro. Questo pensiero mi spaventa così tanto. Non voglio svegliarmi ogni mattino e ricordare che tu non sarai qui. Mi fa venire il terrore di addormentarmi. Non voglio lasciarti. Promettimi che non mi lascerai.
“Dom…” Chris è sull’uscio della tua porta, aggrottato. Lascio andare la tua mano che stringevo e che ora cade sul letto senza vita. “Dom, siamo tutti d’accordo sul fatto che dovresti provare a dormire un po’”.
Scuoto la mia testa, le lacrime già luccicano nei miei occhi. L’unica cosa di cui sono certo, quando mi sveglio, è che in qualche momento della giornata, piangerò
“Non posso” dico “non posso lasciarlo”.
“Dom sembri malato, amico” Chris sospira pesantemente, sedendosi affianco a me su un’altra sedia “Siamo preoccupati per te. Pensiamo tutti che quello che stai facendo non sia…buono per la tua salute”
“Non lo voglio lasciare” mormoro, la mia mano che automaticamente cerca la tua. Il mio pollice sfrega contro le tue nocche, una lacrima naufraga sulla tua pelle pallida “Sono così spaventato, Chris. Tutto il tempo.”
La mano di Chris si viene a riposare sulla mia spalla, strizzandola leggermente “Dom, venni a trovare Matt qualche giorno prima dell’intervista, quando eri a casa per dormire un po’, e lui mi disse qualcosa che mi ha fatto davvero pensare”
Tiro su col naso, non pensando di riuscire a parlare.
“Mi disse che ha passato la sua intera vita inseguendo te, e…l’istante in cui stava per catturarti, è caduto. E tu ti sei fermato, per raccoglierlo, e lui…lui non pensa d’essere stato capace di andare avanti se tu non ci fossi stato”
“Io…”
“Mi ha detto che ha sempre voluto dirti qualcosa ma non può farlo perché ti rovinerebbe” continua Chris velocemente, occhi concentrati sul pavimento “volevo solo che tu lo sapessi, per le cose che ho detto. Lui non lo pensa davvero, quando dice di potercela fare da solo, perché non può, ed io sono grato che ci sia tu ad aiutarlo”
Annuisco. Non riesco a guardarlo. “Grazie, Chris” sussurro.
Non ti sto stringendo a me
Mi sto stringendo su di te.


*

 
 
Sono quasi due settimane dopo l’intervista quando ti svegli.
Io sono a casa. Chris mi chiama e mi dice che sei sveglio. Non hai idea di quanto mi sia sentito sollevato. È come se qualcuno avesse rimosso il peso del mondo dalle mie spalle. Lascio tutto e corro all’ospedale. Corro, cazzo.
Chris non è lì quando piombo nella tua stanza, ansimando pesantemente. Crollo nella sedia accanto a te, cercando di riprendere fiato mentre tu mi guardi, un mezzo-sorriso soddisfatto sulle tue labbra.
“Sento come se ci sia una citazione di Forrest Gump che potrei probabilmente inserire nella conversazione” mi dici “ma l’ironia mi farebbe impazzire”
Stai parlando di Jenny. Jenny ha l’AIDS.
Corri, Dominic, corri.
Sorrido comunque al tuo tentativo di battuta, mi sfilo le scarpe con le dita dei piedi e poggio i piedi al lato del tuo materasso. I tuoi occhi stanno percorrendo la stanza quando t’accorgi delle dita del mio piede con calzino che si muovono verso te, e un con un luccichio infantile nei tuoi occhi le tue dita spuntano fuori per afferrarmi il piede destro. Mi rilasso, permettendoti di poggiare il mio piede sul tuo stomaco, accontentandomi di guardandoti semplicemente.
Poi tutto cambia quando ridacchi leggermente e cerchi di sfilarmi il calzino. Rido, un po’ incoscientemente, spingendo il mio piede lontano da te, ma senza provarci veramente. Le tue dita solleticano la mia pianta ed io sbuffo una risata, sussurrando ‘please stop’. Ma non lo fai, ed io comunque non voglio davvero che tu lo faccia.
Ridere è una bellissima cosa. Sta dipingendo le tue guance di rosa e sta facendo brillare i tuoi occhi, e il cuore mi fa male solo a guardarti, perché proprio ora vorrei infondere questa malattia a chiunque altro solo per averti tutto per me.
Finalmente divincolo il mio piede dalla tua presa, ghignando come un teenager, e la tua testa ricade sul cuscino mentre dici “Oh, Dio, mi fa male lo stomaco dal ridere”. Mi affaccio sul tuo letto, posando una mano sul tuo stomaco insopportabilmente piatto e carezzando in lenti movimenti circolari. Sospiri leggermente, strizzando i tuoi occhi verso me, e sussurri “ehy, grazie”
Ti spingi su con le tue mani, le tue braccia tremano dallo sforzo, e le tue labbra raggiungono l’angolo della mia bocca. La mia mano avvolge delicatamente il tuo braccio, le tue labbra toccano le mie, e…i nostri baci sono a malapena qui, esistono a malapena, ma allo stesso tempo sono qualcosa di solido, di reale, qualcosa su cui entrambi possiamo contare.
Il tuo respiro si mescola al mio, la tua lingua tocca il mio labbro inferiore quasi nervosamente. Io deglutisco, aprendo le mie labbra per permetterti d’entrare. Sembra strano, Matt, baciarti in questo modo. Tu sei il mio migliore amico. E sembra così giusto.
“Vorrei dirti quanto tu significhi per me” sospiri contro il mio collo, il tuo fiato fresco e leggero sulla mia pelle “Vorrei dirti in ogni lingua possibile che tu…sei il mio…il mio…tu sei me
Le tue labbra sostano sulla mia pelle un po’ più a lungo, imbronciandosi in un bacio. I miei occhi si chiudono.
Matt, io ti amo.
Sei tutto per me. Lo giuro. Giuro su Dio che sei più parte di me di quanto lo sia io stesso. Ti amo più di quanto abbia amato chiunque altro nella mia vita. Voglio dirti questo, come mi fai sentire, quanto il mio cuore mi faccia male quando ti vedo dolorante. Ma tutto quello che riesco a pensare, Matt, e che tu stai per morire e io saprò, per il resto della mia vita, che l’unica persona per cui vivo è già morta.
Ed è buffo, Matt, perché mentre le tue labbra premono contro le mie ancora una volta, la sensazione di vivere dopo che tu sarai morto non mi attrae. Neanche un po’.
 
 

*



Ci baciamo un sacco ora, io e te. Ti vengo a visitare ogni giorno e ci stendiamo sul tuo letto e quasi sperimentiamo. Certe volte mi sei seduto in grembo, altre sei steso su di me, e qualche volta stiamo solo l’uno al fianco dell’altro toccandoci. Facendo scorrere le nostre dita sulla pelle. Sorridendo contro le labbra dell’altro. Ed è bello. Ti illumina gli occhi.
Sono steso con te ora, e tu stai premendo baci lungo la mia clavicola mentre guardo un piccolo uccello cercare di costruire un nido nell’albero. Sono senza speranza con gli uccelli; non potrei distinguere un falco da un piccione. Ma li osservo comunque, cercando di immaginare cosa stiano pensando. Immaginando se possano amare quanto faccio io.
“Dom?”
Ti sei fermato, ora, e stai cercando di stringerti più vicino a me, le tue incredibilmente magre gambe ritirandosi verso il tuo sterno e la tua testa a riposo sul mio petto.
“Sì?”
“Mi dispiace”
Non so cosa dire, quindi guardo ancora un po’ l’uccellino. Poi, senza pensarci su veramente, mormoro “Per cosa?”
”Baciarti. Per baciarti. Mi dispiace”
Questa volta ho una risposta pronta “Non esserlo”
“Dom?”
La tua mano tocca la mia guancia ed io mi giro a guardarti. Strizzo gli occhi, sorpreso. Non sembri più tu, Matt. Sei magro ed emaciato e la tua pelle è pallida e cerea e il tuo viso è sottile. Mi stai guardando con uno sguardo vitreo, le tue labbra sottili e bianche, le tue dita scheletriche stringono leggermente il tessuto della mia t-shirt.
Matthew, dove sei?
Ti prego, Dio, riportalo da me.
“Se mi potessi salvare, lo faresti?”
Non devo neanche pensarci, Matt. Perché mi chiederesti mai questo? “Sì”
“Lo faresti anche se tu dovessi morire al mio posto?”
Pensi davvero che io sia così egocentrico da preservare me invece che te? “Sì”
“Lo faresti anche se Chris dovesse prendere il mio posto? O Tom? O Kelly? O Alfie, o Frankie, o Ava-Jo? Se qualcuno che non hai mai conosciuto dovesse prendere il mio posto?”
Lo farei davvero? Ti salverei veramente, se significasse che qualcun altro morirebbe? Farei questo a me stesso? Sentire la colpa per il resto della mia vita; vedere la faccia della persona che è morta al tuo posto ogni volta che guardo te.
“Sì.”
È facile, davvero.
Vivo per te.
Morirei per te.
Ucciderei per te.
L’amore incondizionato mi spaventa, certe volte. Mettere la tua vita nelle mani di qualcun altro a prescindere se lo si voglia o meno. È strano, donarti completamente a qualcun altro. Ma Matt, giuro che non lo rimpiango. Amarti, intendo.
Sembra che io me ne sia uscito improvvisamente con tutto questo, ma in realtà lo sto pensando da molto. D’amarti, dico. Credo di averti sempre amato, solo che ora è un differente tipo d’amore. Un amore del tipo violento. Perché ucciderei per te, Matt. Sai che significa? Che quando morirai, io smetterò d’avere uno scopo. Ucciderei per te, in ogni modo possibile.
Ucciderei Chris, se dovessi. Ucciderei Tom o Kelly o Alfie o Frankie o Ava-Jo, o qualche persona sconosciuta per la strada. Lo farei in un battibaleno, se significasse avere te. Desidero così tanto poter scambiare chiunque per te.
E questo mi spaventa.
 

 *

 
 
Oggi un po’ dei tuoi capelli son caduti via. Una ciocca s’è posata sul tuo cuscino mentre stavi dormendo. Hai pianto per tre ore intere. Per quanto tu possa essere forte, Matt, sei ancora fottutamente impaurito di perdere i tuoi capelli. La vanità è una strana cosa.
Il dottore dice che è lo stress a causare la caduta, ma non so cosa potrebbe essere stressante nella tua vita ora. Sembra egoista e stupido, ma credo di star facendo più che bene nei tuoi confronti, piuttosto che del male. Sorridi molto più del solito.
Sorridevi. Passato imperfetto. Perché stai ancora tirando su col naso, ora, fissando la ciocca di capelli castani di cui comunque non necessiti, ed io non so cosa dirti, perché se ti dico che sei ancora bellissimo senza, mi urlerai contro. Ma se confermo le tue parole tristi e ti dico che, sì, dovresti odiare te stesso e che, sì, l’unica cosa da fare è rimuovere fisicamente il resto dei tuoi capelli, e sì, sei brutto, mi urleresti contro comunque.
Mi urli contro un sacco.
Quando non ci baciamo, continui a dirmi quanto io sia inutile nel mio non fare niente “Perché continui a disturbarti venendo?” mi urli, lacrime che scorrono sulle tue guance, il tuo piccolo petto alzarsi e abbassarsi nello sforzo.
“Perché fai questo a te stesso? Non puoi cambiarmi”
Ma ora non ci stiamo baciando e tu non stai urlando, ed è quasi surreale. Sei steso sul tuo letto, dandomi la schiena, stringendo quella ciocca di capelli al tuo petto. Vorrei dirti qualcosa, ma non saprei cosa.
Vorrei tornare all’inizio. Al vero inizio. Tornare indietro alla prima volta in cui ci siamo incontrati. Ti avrei preso tra le mie braccia e avrei premuto le mie labbra contro le tue. E sarebbe stato perfetto.
E saremmo stati bellissimi.
E saremmo.
E saremmo.
E saremmo.
E saremmo.
Ma non saremo.
Perché non possiamo.
“Dom?” dici infine.
“Hn?”
Ti siedi e mi fissi con i tuoi occhi cerchiati di nero, mancanza di sonno.
“Sono…sono ancora bellissimo?”
In senso convenzionale, Matt, no. Non lo sei. Ti guardo ora e vedo la tua pelle pallida e la lesione sulla tua guancia e la ciocca di capelli mancante dalla tua testa e le tue guance irradianti malatamente delle ombre e il modo in cui i tuoi occhi affondano nel tuo volto, e se qualcuno fosse qui, e ti vedesse per la prima volta, l’ultimo aggettivo che ti riferirebbe sarebbe bello.
“Sei la persona più bella che io abbia mai visto”
Mi metto a sedere sul tuo letto, stringendoti leggermente ma vicino, e baciando le tue labbra nel tipo di bacio che mi fa ruotare lo stomaco, ruotare la testa. Ti bacio con tutti i sentimenti nel mio corpo e tutto l’amore nel mio cuore e tutta la pace e la gioia nella mia mente, solo per mostrarti quanto intendo ogni parola che ti dico.
”Non voglio più tenere duro” soffi contro la mia bocca. I tuoi occhi blu si specchiano nei miei, mentre mi rivolgi il più piccolo dei sorrisi e dici “Ma lo farò. Solo per te”
E saremo bellissimi.
E lo saremo.
E lo saremo.
E lo saremo.
E lo saremo.
 
 

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Capitolo 6
*** - wires ***


Image and video hosting by TinyPic...Il penultimo capitolo di questo viaggio. Questa storia m'ha decisamente fatto crescere, non solo sotto un punto di vista linguistico, ma anche, un po', per quanto riguarda la persona che sono. I lunghi pomeriggi, i posacenere pieni, l'angoscia, le riflessioni, la musica. Tradurre Wires m'ha fatto pensare tanto.
Non voglio tirarla per le lunghe, c'è ancora un altro capitolo prima dei ringraziamenti, dei saluti e delle riflessioni. Per ora, state vicino a Matt e Dom. Fate loro compagnia.
Accompagnateli.


Such a pretty house
and such a pretty garden
No alarms and no surprises,
no alarms and no surprises.
Silence.

 






Wires – capitolo sesto.
wires.
 

 
 
 
 
Oggi, Matt, ho deciso di non volerti più visitare.
Non voglio più convivere con i tuoi capricci o le tue lacrime o il tuo insaziabile appetito per l’odiare te stesso. Sono stanco e stufo del modo in cui ti appallottoli in una palla e ti rifiuti di guardarmi, ma non so perché ti prendi tanto fastidio, perché lo odierei comunque, anche se tu non mi impedessi di guardarti. Odio guardarti. Mi fa star male fisicamente guardarti. Odio pensare a te. Diavolo, Matt, lo direi anche ora e qui che ti odio.
Ti odio. Ti odio ti odio ti odio. Ti odio.
Voglio che tu muoia solo per liberarmi di te. Voglio vederti chiudere gli occhi e non aprirli mai, mai più. Voglio che questa malattia ti distrugga, solo per sentirmi libero.
Ti odio così tanto che non voglio più visitarti.
E qui è dove mi ritrovi. Sono stropicciato sul sofà, leggendo il cazzo di dizionario perché sono così annoiato. Sono annoiato perché non ho niente da fare e nessuna parte dove andare. La mia vita è qualcosa che non posso controllare, non più, e parte di me non lo vuole nemmeno.
Non voglio visitarti più. Ma non posso smettere di pensare a te.
AIDS [nome]
• Affezione trasmessa con i rapporti sessuali o attraverso sangue, iniezioni o nel periodo perinatale; provoca un deficit dell'immunità che favorisce lo sviluppo di malattie sempre più gravi che conducono alla morte.
È strano che una malattia tale abbia un nome come AIDS. In inglese, to aid, vuol dire “aiutare”, ma l’AIDS non aiuta nessuno. Specialmente non te.
Sto sospirando ora, scivolando sulla mia schiena e chiudendo il dizionario. Non mi interessa più. Non mi ha davvero mai interessato, veramente.
Sto pensando a te ora. A come eri. Con i tuoi rossori e i tuoi sorrisi e i tuoi infiniti, esasperanti risolini.
Cosa non darei ora per i tuoi esasperanti risolini. Sono stanco di tutte le lacrime che piangi. Tutto quello che sembri saper fare è piangere, e urlarmi contro. Dirmi che non sai perché io mi prenda tanto fastidio, che tu sei inutile, e perché non puoi semplicemente MORIRE?
Continua, Matt. MUORI. Continua e MUORI e MUORI e MUORI fino a che non puoi MORIRE ancora. Semplicemente MUORI.
Vediamo se ti piace sentirmi urlare contro te finché la mia gola è in fiamme. Vediamo se ti piace vedere le mie unghie strisciare sulle braccia finché brutte linee rosse si manifestano sulla mia pelle. Vediamo se ti piace provare a fermarmi ma non riuscirci perché io non te lo lascio fare, troppo fottutamente ostinato. Vediamo come ti fa sentire, essere al mio posto, io che stringo le mie dita attorno le tue braccia e guardo dritto a te e sussurro “uccidimi”.
Metti semplicemente quel cuscino sulla mia faccia, Dom, e spingi finché non la smetto di calciare.
Fottiti Matt. Vaffanculo. Tu, debole, senza cuore, patetica scusa per un essere umano. Ti odio. Odio tutto di te.
Ecco perché sto camminando verso l’ospedale proprio ora. Per dirti esattamente cosa penso. Per dirti che ti odio con ogni ultima, recondita parte di me. E per ucciderti, cazzo, mentre dormi. Perché non posso più convivere con tutto questo. Semplicemente non posso.
 
 
 
Stai scrivendo quando entro nella tua stranza. Piegato in due, la tua penna scribacchia furiosamente sulla pagina, stai scrivendo come se ci fosse qualche traguardo da raggiungere in tempo. Beh, c’è, suppongo.
Sto sull’uscio, a guardarti, finché non te ne accorgi.
“Ti sto scrivendo una lettera”, mi dici.
Deglutisco forte. Ti odio ti odio ti odio ti odio ti odio ti odio ti odio ti odio ti odio ti odio ti odio ti odio ti odio.
“Per cosa?” chiedo.
Sorridi ironico, colpendo piano il tuo naso con un dito scheletrico “Questo lo so io, e tu lo scoprirai, poi”
Questo è uno di quei silenzi, ora. Uno di quei imbarazzati, sfortunati silenzi che mi fanno sentire come se dovessi girarmi e andarmene.
“Dom, voglio solo che tu legga questa lettera quando sarò morto”
Ti odio.
“Matt…”
“No, ascoltami. Voglio che tu la legga. Ti prego, leggila. Ma solo quando sarò morto. È…è importante per me. Devi promettermelo.”
Ti odio.
“Io…io non…”
“Ti prego, Dom” mi guardi con un piccolo sorriso “Il desiderio di un uomo in punto di morte”
Ti amo.
Chiudo i miei occhi e riposo la testa contro il muro dietro me “Matt io…io...io ti odio”
Merda. Non volevo dire questo. Ti prego dimmi che non m’hai sentito.
“C-cosa?”
Non riesco a guardarti ora, quindi continuo semplicemente a parlare. Grosso errore. “Odio il fatto che un giorno ti sei svegliato ed hai deciso che non valeva più la pena. Odio guardarti. Odio i tuoi capricci. Odio quando inizi a piangere. Odio quando ti nascondi da me, come se io ti stessi per chiamare mostro e correre via. Quindi, immagino, nel complesso, direi che ti odio”
Dominic, smettila di parlare. Smettila ora. Non dire un’altra parola.
“Beh…beh se mi odi…quindi io…” sbircio verso te attraverso le mie ciglia, trattenendo il sospiro “Quindi non ho alcun senso”
E questo, Matt, questo è il momento in cui realizzo che l’unica cosa che io possa mai fare è odiarti. Ti guardo mentre prendi la lettera piegata che tu hai scritto con tanto cura per me e tenerla come se stessi per strapparla in due.
Ma non puoi, Matt. Per qualche motivo, i tuoi muscoli non te lo permettono.
“Dom,” dici, la tua voce che trema “ti prego, potresti venire qui e strappare questo pezzo di carta?”
Quindi cammino verso te, e sfilo la lettera dalle tue mani e la faccio scivolare nella mia tasca “Ti prometto che non la leggerò finché non sarai morto, Matt”. Mi siedo sul bordo del letto “Matt, io –”
“Ho capito” mormori “Ho capito, Dom. Sono un pugno nello stomaco. Tutto quello che faccio è lamentarmi e piagnucolare. Deve essere un inferno per te venire qui ogni giorno e vedermi”
”Ma lo faccio. Perché…” Ti amo “Ci tengo a te. Un sacco. Più di quanto tu possa credere. E odio vederti così vulnerabile, mi fa rabbia. Cosa ho detto era…rabbia. Era pura rabbia e niente più”
”Ma era vero”
“Matt, sto per dirti qualcosa, e devi promettermi che mi crederai”
”Non posso prometterlo”
”Allora te lo dirò lo stesso”  prendo un respiro profondo, raggiungendoti per sfregare la mia mano sulla tua guancia “Sei bellissimo. Non importa come sembri o ti senti o ti comporti. Sei veramente, onestamente bellissimo. Mi fa male vederti. E io…”
Voglio dirlo. Voglio dire ‘ti amo’. Ma non posso. Le parole non uscirebbero dalla mia bocca. Provo a forzarle via dalle mie labbra ma tutto quello che ne esce fuori è una collezione piastricciata di consonanti e vocali.
“Tu cosa?”
Ghigno dolcemente verso te “Un attacco di mutismo, suppongo. Non riesco a dire le parole”
E tu ridi. È un piccolo risolino all’inizio, ma quando inizio a ridere anche io, tu scoppi in una di quelle meravigliose, risate da mal di pancia che ti lasciano senza respiro. È buffo, ed è insensato, e non so cosa ci sia di divertente in tutto ciò, ma lo è, ed è mozzafiato.
Ti amo, Matthew. E non posso dirtelo proprio ora, ma un giorno lo farò.
 
 
 
Tom mi chiede se ti amo. Siamo fuori dall’ospedale, e Tom mi guarda e dice “Lo ami, Dom?”
”Certo che lo amo” dico “Tu no?”
”Non è quello che intendevo” dice Tom “e tu lo sai”. Si agita, a disagio, prima di continuare “Vi ho visti, tu e lui.”
”Quindi?”
“Lo guardi come se fosse la cosa più importante del mondo. Un uomo cieco su un cavallo volante lo vedrebbe, Dom”
“Un uomo cieco su un cavallo volante non può vedere niente”
”Appunto”
Osservo Tom, la sua sottile faccia e i suoi arruffati capelli neri, i suoi occhi marroni, e dico “Perché non hai una ragazza?”
Tom strizza gli occhi “Perché neanche tu?”
Guardo lontano, riposando la nuca sul muro dietro me “Smettila di scocciarmi a riguardo, Tom”
”Lo farò se tu farai altrettanto” si ferma per un secondo, poi sento un qualche disordinato rumore e il semplice schiocco di un accendino “Vuoi una sigaretta?”
Mi giro verso di lui, annuendo leggermente. Lui sorride in quel modo malizioso che lo contraddistingue e mi posa una sigaretta in mano “Non hai risposto alla mia domanda”
Scuoto la sigaretta contro il suo volto e lui l’accende, prendendo la sua fra le labbra e ispirando in profondità “Non voglio una ragazza”
”Stronzate” dico brusco “Ti conosco bene”
“Non l’ho ancora trovata” dice, guardandomi mentre emetto una nuvola di fumo “Tu lo ami, no, Dom? Non ti sforzare neanche di negarlo. Tu ami Matt”
“È come un fratello per me”
“Stronzate. È più che quello”
Mi giro di nuovo, lasciando cadere le mani sui miei fianchi “Perché sei così fossilizzato su questo?”
”Perché voglio sapere per quale motivo Matt non ne sa niente. Tu non sei l’unico che gli fai visita, sai”
Guardo Tom, inclinando la testa di lato “Cosa significa?”
“L’ultima settimana che sono andato a vederlo, quando tu eri andato a casa per riposarti; era nervoso all’inizio, continuava ad urlarmi contro d'aver lasciato che tu continuassi a visitarlo per tutto il tempo, senza riposo. Continuando a dirmi che aveva notato le occhiaie sotto i tuoi occhi. È preoccupato per te, Dom”
“Non mi interessa. Non mi interessa quello che dice. Continuerò a stare con lui finché…” sorvolo. So cosa sto per dire, e anche Tom. Non c’è bisogno che lo dica.
Tom annuisce, brandendo la sua sigaretta nella mano mentre parla “Non è questo il punto, Dom. Alla fine s’è calmato, s’è seduto sui suoi cuscini e ha iniziato a parlarmi delle lettere che riceve dai fans e cose del genere. Non sembrava ricordare che sono stato proprio a dargliele, ma non importa. Comunque, stavamo semplicemente parlando, sai, ricordando di quando eravamo ragazzi e eravamo soliti saltare dal pier e lui m’ha guardato e ha detto ‘Quando morirò, prenditi cura di Dom’. E vedevo, nei suoi occhi, nel suo sguardo, come se lo sapesse. Come se l’unica ragione per cui non vuole semplicemente arrendersi e lasciar andare tutto…fossi tu
Lascio cadere la mia testa, una lacrima cade sulla punta della mia scarpa “Non lo posso curare, Tom. Non posso farlo stare meglio, ma lui pensa io possa. Lo vedo sperare e sognare che un giorno io lo riesca a far star meglio solo dicendogli di amarlo. Vorrei potessi. Vorrei che l’unica cosa che dovessi fare fosse dirgli la verità, e che lui stesse meglio. Ma non posso”
“Non lo ferirà, Dom” posso sentire la voce di Tom spezzarsi e lo vedo mentre furiosamente s’asciuga le lacrime dagli occhi. Strizzo le palpebre, prendendo un’altra boccata dalla mia sigaretta “Perché non puoi semplicemente dirlo?”
Prendo un respiro profondo, raccogliendo i miei pensieri “…è egoista. È così schifosamente egoista. Ma ho paura che se gli dicessi che l’amo, lui dirà che anche lui mi ama. E non voglio passare il resto della mia vita sapendo che saremmo potuti essere perfetti, lui ed io. C’è voluta la fottutissima AIDS per capirlo, ma avremmo potuto esserlo. Non voglio vivere con questo, Tom; devi comprendermi”
C’è un silenzio ora, tra noi, e sembra che Tom finalmente capisca. Fumiamo e stiamo lì e pensiamo, e alla fine io lascio cadere la mia sigaretta e la strozzo sotto la mia scarpa, e Tom tira su la zip del suo giubbotto e fa scivolare le mani nelle sue tasche, e camminiamo lentamente dentro. E.
“Dom, non voglio che muoia”
La voce di T         om è morbida e bassa, come se non volesse che nessuno sentisse. Lo guardo per un secondo o due, i suoi occhi rossi e le lacrime che strisciano sulle sue guance. Tira su col naso, strofinandosi gli occhi come pretendendo che ci fosse una ciglia caduta a farli lacrimare. Guardo lontano. Se è come me, allora non vuole che i suoi amici lo vedano quando è vulnerabile.
“Anche io, Tom”
E questo è tutto quello che dev’essere detto.
 
 
 
 
Stringo la tua mano mentre camminiamo nel corridoio insieme. Un piede dietro l’altro, Matt, ecco tutto quello che devi fare. Solo che non vuoi farlo; non più. Con le tue labbra ridotte ad una linea sottile, tu ti appoggi a me con una mano, l’altra che preme contro il muro. Le tue gambe tremano dallo sforzo, e parte di me vuole semplicemente lasciarti andare da solo, ma so che non lo faresti.
Volevi uscire dalla tua stanza. Sei tu quello che voleva alzarsi e andare fuori nell’aria estiva. Ghignavi e mi pregavi e cercavi di lusingarmi, solo che adesso rimpiango di avertelo lasciato fare, perché tutto quello che fai è lamentarti.
“Dom, portarmi dietro” sibili “Non posso più farlo. Non posso. Take me back
“Come?” sbotto “Ma tu volevi –“
“E ora non voglio!”
”Matt, smettila d’essere così fottutamente patetico. Lo farai. Cazzo, starai lì fuori anche se ti ucciderà” una lunga pausa segue le mie parole. Deglutisco, guardando il pavimento “Non intendevo quello” sussurro.
“Sì che lo facevi” mi guardi angosciato, fermandoti per riposare contro il muro “Vuoi solo che tutto questo finisca”
Non dire una cosa del genere, Matt. Ti prego.
“Rimangiatelo” dico “Rimangiatelo, ora
Rimani cupamente silenzioso, il tuo piccolo corpo che naufraga contro il muro mentre trattieni il respiro. Ti guardo pietosamente, la tua mano ancora aggrappata alla mia.
“Ti ricordi quando eri solito scappare via?” ti chiedo “Ricordi quando ti chiedevo di fare la colazione, ed eravamo in tour e tu provavi a scappare? Ricordi quando ci rincorrevamo in lungo e in largo sul bus e –?”
“Stai zitto” dici amaramente “Stai zitto. Non voglio ricordare” ma so che ci stai già pensando. La tua faccia si contorce spiacevolmente mentre ti giri, lontano da me, riposando la tua fronte contro il muro e lasciando andare la mia mano dalla tua presa “Resterò qui finché qualcuno mi vedrà e mi riporterà nella mia stanza”
Ti guardo con un sapore amaro sulla lingua, e anche io mi volto, lontano da te, piegando le braccia sul petto “Bene” dico “Se vuoi sederti qui e lasciare andare totalmente il controllo del tuo corpo, va bene. Se vuoi svegliarti domani mattina lamentandoti perché non puoi controllare la tua vescica, non me ne frega un cazzo. Non me ne potrebbe importare di meno, Matt. Ti stavo solo aiutando perché tu me l’hai chiesto”
Rimani silenzioso per ancora un po’, respirando furiosamente dal naso. Sembri star pensando a qualcosa in particolare, e quando ne ho abbastanza della blanda pittura di paesaggio sulla parete, mi rivolgo di nuovo a te.
Sei scivolato un po' contro il muro, e sembra tu non abbia intenzione di spostarti in un momento prossimo, quindi, "Io vado", ti dico.
Guardi dritto a me per la prima volta in questi giorni.
Sembri così stanco. Nella mia volontà, per la prima volta, si scava una crepa, per un brevissimo istante, e poi mi viene in mente, in primo luogo, perché mi fossi appellato alla mia volontà. Scuoto la testa, alzo le spalle e mi allontano, cominciando a camminare lungo il corridoio.
"Dom..."
Sto quasi deviando all'angolo quando sento la tua debole chiamata. Guardo sopra la mia spalla per vederti in piedi, ancora aggrappato al muro, mentre con determinazione cammini piano in direzione della porta verso la quale eravamo diretti. Senza riflettere, corro verso di te, facendo scivolare il braccio intorno alla tua vita, ma tu mi sposti via.
"No" dici con fermezza "Lo faccio da solo. Stai solo affianco a me"
Un viaggio che sarebbe dovuto durare 30 secondi, ti porta via quasi dieci minuti, ma alla fine fai il primo passo fuori da quasi tre mesi. Respiro un pesante sospiro di sollievo, ma non hai ancora finito. I tuoi occhi sono saldati all'albero di ciliegio in fiore piantato sulla macchia verde d'erba in mezzo al giardino. Mi guardi per un attimo, sorridi, i tuoi occhi scintillanti brillantemente, e non posso fare a meno di sorriderti a mia volta. Osservi un'ultima volta la maniglia della porta a cui sei aggrappato e poi, con un respiro profondo, ti lasci andare.
Trattengo il respiro, ti guardo oscillare incerto in piedi. Sono pronto a tenerti, nel caso avessi bisogno di assistenza, ma con una risata allegra ti stai già dirigendo verso la panchina al riparo dal sole, sotto l'albero.
Cammino ad un passo o due di distanza da te, guardando la tua forza crescere ad ogni passo.
Stai ridendo senza realmente preoccuparti, e prima persino di accorgemene, sto ridendo anche io. Questi sono i tuoi primi respiri al di fuori della tua stanza in quasi un anno e mezzo, ed è una splendida giornata qui fuori, il sole splende e la brezza è leggera. Non c'è una nuvola in cielo.
Guardo, dalla mia spalla, verso il corridoio dal quale siamo venuti, ed è allora che succede. Cadi in terra con un grido, le mani davanti a te e le gambe piegate in un'angolatura particolare. Mi volto, il sorriso che si dissolve dal mio volto, e corro al tuo fianco. Lacrime silenziose già scorrono sul tuo viso. Ti rannicchi in posizione fetale, il tuo corpo scosso dai singhiozzi.
"La mia testa..." sussurri, la voce rotta dal dolore mentre cerchi di far uscire le parole dalle tue labbra "Oh, Dio, Dom, la mia testa!"
Cado sulle ginocchia, incerto su cosa fare mentre il tuo corpo si contorce singhiozzante.
"Dimmi" dico, in qualche modo disperato "Dimmi cosa vuoi che io faccia"
"Fallo smettere!" urli dolorante a me, i tuoi occhi già cerchiati di rosso. Io mi sposto di un po', insicuro su cosa dirti.
"Io, io non posso –"
Ti alzi di poco da terra, struggendoti e stringendo la mia giacca con disperazione. Le tue labbra sono una linea piatta, prive d'ogni colore, e anche i tuoi occhi sono più scuri dell'ossidiana, come due brutti colpi di proiettile sul tuo volto. I tuoi zigomi sono estremamente affilati e ombre malate e profonde scavano la tua pelle, tracciando chiaramente il confine tra bellezza e decadenza. "Uccidimi", sussurri al mio orecchio, la tua voce che graffia contro i miei nervi e l'inizio di un lungo brivido lungo la schiena.
"Uccidimi cazzo!"
Mi lascio sfuggire un singhiozzo incontrollabile, le mie braccia scivolano intorno alla tua vita, a tirarti contro di me. "Per favore, Matt..." mi lamento, le lacrime che s'aggrappano alle mie guance come fossero reluttanti a lasciarle. Ti siedi teso tra le mie braccia, gli occhi strizzati e chiusi dal dolore che evidentemente ancora colpisce forte il tuo cervello.
"Ti prego, non lasciarmi", dico.
Non cosa cosa dirti per farti capire che non puoi lasciarmi. Non è possibile. Non è giusto. Non è giusto. Ti tengo tra le mie braccia e ti cullo avanti e indietro come fossi un neonato, pregandoti con ogni parola che mi viene in mente di non lasciarmi, dicendoti quanto abbia bisogno di te nella mia vita, sempre.
Stiamo così per un po', i boccioli che fioccano giù dall'albero e atterrano sui tuoi capelli, così vividi contro la tua pelle chiara. Le lacrime si stanno asciugando sulle mie guance e il tuo corpo si placa, così gradualmente che non me ne rendo neanche conto, non finché mi accorgo che tu sei steso, floscio, fra le mie braccia.
"Ti amo, Dom" mi dici.
Prendo un respiro irregolare e strizzo gli occhi diverse volte, fino a quando l'immagine del sole nel cielo s'è impressa a fuoco sul fondo dei miei occhi.
Abbasso lo sguardo a te, deglutendo. Non mi stai guardando. Stai osservando l'albero in fiore di ciliegio, guardi i piccoli petali arricciati verso il basso dell'erba sottostante.
Non sembri volere una risposta. Non mi guardi come in attesa che io ti dica che ti amo. L'hai detto e basta, come se fosse un dato di fatto che dovevi dire. Sei sempre stato così. Nascondi le cose lontano, le stringi vicino al tuo petto, ed anche quando le persone ti pregano, tu non dici neanche una parola. E poi, quando tutti hanno dimenticato persino cosa tu stessi nascondendo, ci sarà un qualche spunto, una conversazione, ed eccoti lì, con una piccola confessione di qualche cosa che semplicemente sentivi di dover dire. Ho imparato da tempo a non farti alcuna pressione sul confidarti; Lo so, che mi parlerai comunque, quando te la sentirai.
Il tuo colore preferito è il blu. Avevi otto anni quando prendesti la varicella. Una volta hai ingoiato un portachiavi di tua sorella e lei ti fece pendere dalla ringhiera fin quando non lo tossisti fuori. Riesci a tenere il respiro sott'acqua per quasi due minuti. Sai parlare un po' di russo, ma con un accento terribile. Quando avevi sei anni volevi fare l'architetto. Hai sempre trovato la lingua italiana sessualmente eccitante. Quando vieni, canti. Sei sordo da un orecchio. Sei entrato nel Mile High Club a ventitrè anni. Hai ancora la coperta che tua nonna fece a maglia per te quando eri appena nato e dormi sempre tenendola sotto il cuscino.
Mi ci sono voluti anni per arrivare a conoscerti e anche se posso ripetere ogni cosa che ti riguarda, andando avanti e indietro, e persino a testa in giù, sento ancora di non conoscerti affatto.

*

E' passato esattamente un giorno da quando mi hai detto che m'amavi, e Chris mi ha fatto giurare che sarei andato a casa, oggi. Sono rimasto nella tua camera, di nuovo, questa notte. Nancy mi ha fatto restare per quello che è successo nel giardino; ha detto che tu avevi bisogno di qualcuno a dirti che non era vero, che non avevi alcun senso.
Tu non sei inutile.
Ho il torcicollo mentre faccio zapping tra i canali. Sono ancora vestito da ieri, non ho fatto neanche una doccia, ma non voglio muovermi di qui. Finalmente trovo il canale delle news, per recuperare quel che mi son perso e dimenticare, solo per un momento, te.
"La prossima notizia" dice il giornalista, facendo scivolare un sorriso falso in un ancor più falso cipiglio, "Il musicista Matthew Bellamy..."
Merda. Raggiungo il telecomando per cambiare canale, qualsiasi canale, ma il programma sta mostrando una foto del tuo viso e prima di sapere quello che sto facendo, sto già scagliando il telecomando attraverso la stanza, dove si spacca contro il muro. L'immagine è di molto tempo fa, molto prima che tutto questo accadesse, e sembri così felice. Stai sorridendo, e la tua pelle sembra più colorita, gli occhi sono più lucenti. E' tanto tempo che non ti vedo così. Voglio aggrapparmi a questi ricordi per sempre, Matt.
Perderti è perderti centimetro per centimetro, respiro per respiro, parola dopo parola, fin quando sarai solo ricordo nella mia testa. Non c'è niente che io possa fare per fermarlo.
Nessuno m'ha mai detto di prepararmi a questo. Nessuno mi ha detto che t'avrei visto morire, perché nessuno lo sapeva. Eccetto te. Tu lo sapevi, Matt. Sapevi più di chiunque altro. Dovevi proprio tenerlo per te e far finta che tutto andasse bene, quando invece sapevi che non era vero.
Non voglio perderti, perché non posso sopportare di lasciarti andare...


 
 
 
 
 
 
 
 


 

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Capitolo 7
*** - invincible ***


Image and video hosting by TinyPic...Ed eccoci. L'ultimo capitolo. L'ultimo capitolo, accidenti. Son passati dieci mesi, dal sette Gennaio, il giorno in cui provai - abbastanza scettica - a tradurre il primo capitolo di Wires, questa terribile e tragica fanfiction che m'aveva fatto piangere le lacrime più amare su museslash.com...Da allora ci sono stati momenti in cui ho pensato di non continuarla, di non potercela fare, di crollare ad ogni capitolo. Perché, diciamocelo, questa storia è un calvario. Leggerla lo è, scriverla (per la scrittrice) lo sarà stato, e indubbiamente  lo è stato per me tradurla, cercare di trovare le parole giuste per trasportare tutto questo dolore su carta. Non dimenticherò mai le serate in cui le ceneriere non bastavano, gli esaurimenti neanche, e il mio vecchio dizionario d'inglese sotto braccio ad accudirmi. Davvero.
Voglio, prima di lasciarvi alla lettura, fare qualche ringraziamento (sì, è una cosa seria) e qualche informazione.
Informazione di servizio: ho ricevuto la soffiata che probabilmente la scrittrice sta scrivendo un nuovo capitolo (una sorta di epigolo), incentrato sulla lettera di Matt. NICE!
Passo ai ringraziamenti dovuti, oltre che a tutti coloro che hanno rencensito (
piuma_rosaEbianca, Leni, N i s h e, samskeyti, aleale00, ImInAcOmA, PwoperFish, Roof_s, SupermassiveBlackHolex, Linnea, Iam_intothewild, fedenow, gina1, Irene Kirsh, Ruvidina e LadyInRed)
Alle mie amiche, quelle di Cisti, Morgue in particolare. A Cecilia, Anna, Marty, e Milla, che neanche lo sanno ma m'hanno aiutata terribilmente. Ai Muse, perché, diciamocelo, sono la nostra vita, la mia vita.
Sperando di vedervi, tutti voi, lettori, appassionati, belldommer, scrittrici, adolescenti, grandi, vecchi, stupendi, scoppiettanti musers, appoggiati incazzati ad una transenna, aspettando il più vivo e stupendo dei Matt Bellamy.
Alla prossima,
Silvia.


PS: Appena finite il capitolo, mettete su Invincible, e pensate che io vi stia abbracciando <3



Don't give up the fight
You will be alright
Cause there's no one like you in the universe

Don't be afraid
What your mind conceives
You should make a stand
Stand up for what you believe
And tonight
We can truly say
Together we're invincible

During the struggle
They will pull us down
But please, please
Lets use this chance
To turn things around
And tonight
We can truly say
Together we're invincible

Do it on your own
It makes no difference to me
What you leave behind
What you choose to be
And whatever they say
Your souls unbreakable...

 


 

 
Wires, capitolo sesto.
- Invincible.

 
 
Ho trovato la tua stupida lettera nella tasca della mia giacca, ieri, e avrei potuto averla buttata, sovrappensiero, o forse no, forse l'ho riposta. Poi ho ricordato cos'ho fatto ed ho passato due ore rovistando nella mia busta della spazzatura finché puzzavo come una discarica. Non ho realizzato niente fino a quando ero in piedi sotto la doccia cercando di levare la polpa arancione dai capelli, quando ho ricordato d'averla gettata nel cestino della carta straccia in salotto, non nella spazzatura in cucina.
Tu non hai idea di quanto mi sia sentito sollevato, Matt.
L'ho capito adesso, quanto sia importante, e la sto stringendo al petto, aspirando e respirando l'odore di disinfettante, perché ormai è l'unica cosa che mi ricorda te. Non riesco nemmeno a ricordare come fosse un tempo il tuo odore.
Voglio aprire questa lettera. Quanto potrebbe essere difficile? Tutto quello che dovrei fare sarebbe aprirla con cura, e poi far finta di non averlo mai fatto.
Voglio solo sapere cosa tu voglia farmi leggere di così importante da farmi aspettare solo il momento in cui sarai scomparso. Hai sempre avuto strane priorità, e mi piacerebbe sapere qual è la più importante.
Voglio dirti che ti amo. Quanto potrebbe essere difficile? Tutto quello che dovrei fare è sapere che una volta che te l'ho detto, devo capire che tu morirai e che non sarò mai in grado di amarti ancora.
Semplice.


Ospedale. Calma. Calore. Bianco.
Tu sei addormentato. Respiro, respiro. Bip, bip. Questo è il monitor del tuo cuore, grazie al cazzo.
Non dovrei essere qui, ma non mi interessa. Non me ne frega un cazzo di quello che dice Chris. Lui non mi comanda. Non devo fare tutto quello che dice. Posso sedermi qui per quanto voglio e fissarti quando mi pare e piace.
"Ehi, Dom" dici, facendo improvvisare persino a me un sorriso che sembra finto "Non ti si è visto qui per un po'-" Tossito. "Successo qualcosa di interessante?"
Mi stringo nelle spalle. "Non molto."
Tossito, ma più forte questa volta. Come un suono stridente in gola. I tuoi respiri sono rochi e c'è un livido sul tuo collo che sembra una nazione. Non so quale.
"Non mi lasciano guardare i notiziari nel caso dicano qualcosa su di me" Risata. Tossito. "Cosa pensi s'aspetti, Chris? Credenti della Westboro Baptist Church che agitano forconi fuori dall'ospedale?"
Risata.
Tossito.
"Matt, non è divertente"
Tossito "Dannazione, Dom, calmati. Dovresti essere tu a rallegrarmi. Qualcosa non va?"
Sembri davvero interessato, quindi decido di essere serio con te "Sì, Matt, c'è qualcosa che non va. Stai morendo e sei il mio migliore amico ed io non voglio che tu muoia. Ecco cosa non va, Matt"
Ridi, ma non è lo stesso modo in cui hai riso prima; è come se non lo trovassi affatto divertente.
"Ti rendi conto di quanto suoni egoista?" dici "Ti rendi conto di quanto cazzo tu sia patetico, dicendo questo? Sai quante persone stanno morendo in questo reparto? In questo cazzo di corridoio? Lo sai che ieri qualcuno potrebbe essere morto? Qualcuno che ti ha sorpassato in mezzo alla strada, qualcuno che ha preso un tuo ordine al ristorante. Eppure ti interessa solo di me. Perché?"
"Perché sei il mio migliore amico" dico intontito, stordito dal tuo improvviso bisogno di sfogare su di me "Ed io...io..."
"Cazzo, dillo, Dom, perché non starò in giro per sempre, sai"
Non è forse la verità?
Penso d'amarti. "Non voglio fare i conti con i tuoi sbalzi d'umore di merda, Matt" dico.
"Vattene via, Dom" rispondi "E puoi pure passare tutta la tua vita sapendo di non avermi mai detto la verità, perché sei un codardo del cazzo. Esci dalla mia stanza" Lacrime stanno mordendo le tue palpebre, mentre scoppi in una risata amara "Non è divertente che stia per morire qui dentro?" Dici, anche se non è affatto divertente. "In questa stanza di merda, con la televisione satellitare e la cazzo di ciotola con la frutta di plastica. Non è divertente, Dom?"
"No, davvero no" bisbiglio.
"No, lo è...è ironico." Ti giri di nuovo a guardarmi, gli occhi già rossi e scintillanti "E' buffo perché - aspetta, senti, senti questa Dom, la adorerai - ti ricordi quando eravamo piccoli ed io dissi che saremmo morti insieme, tu ed io e Chris? Ti ricordi?"
"Sì, mi ricordo"
"Bene, bene, tutto questo è così dolorosamente e fottutamente divertente perché, senti questa Dom...sto per morire per conto mio". Ed rilasci una di quelle apatiche, abbaianti risate che lasciano brutti, freddi colpi di crepacuore giù per la mia spina dorsale.
"Tu non stai andando a morire da solo. Io sarò qui"
"Sei serio, cazzo? Tu non mi vedrai morire, Dom"
"Perché no? Voglio essere qui. Voglio—"
"Non mi importa se vuoi pure filmartelo per farne un documentario, Dom; tu non mi vedrai morire. Mai. Ti sta abbastanza bene?"
Il tuo atteggiamento sicuro crea un silenzio tra noi, ed io non voglio guardarti, così mi tengo occupato lasciando il mio posto e muovendomi verso la finestra. Sbatucchio via la carcassa di una mosca in un angolo del davanzale, per poi poggiare le mie dita contro la superficie e fissare il cielo sempre più scuro. Il mio respiro comincia ad appannare la finestra, aderendo alla superficie con aria così petulante da farmi ricordare di te. Con un lungo sospiro, trascino il mio dito indice sull'alone sul vetro; un suono (quasi fosse un urletto) riempie - più forte di quanto m'aspettassi - la stanza.
"Perché non vuoi che io stia qui?" chiedo lentamente, impaurito abbastanza da non guardarti.
"Immagina se tu dovessi morire" dici all'improvviso, come se ti aspettassi che io ti ponessi questa domanda "Immagina che tu stia effettivamente morendo in questo momento. Immagina di avere questi cazzo di brutti segni su tutto il tuo corpo ed i capelli caduti e, immagina, non puoi respirare correttamente e devi essere spinto su una sedia a rotelle perché non puoi mantenere il tuo stesso peso. Immagina che io sia in perfetta salute e di essere tu quello che deve farsi fare la doccia da un'infermiera di quasi vent'anni più vecchia di te. Vorresti che io ti vedessi in questo modo?"
"No" dico.
"E' la cosa più imbarazzante del mondo, Dom, e vorrei che tu potessi capire. Mi piace avere la vostra compagnia, ma ogni volta che intravedo il mio riflesso vedo la tua espressione esatta sul mio volto. E' pietoso il modo in cui tu la indossi, e sembra, nella mia mente, di aver visto qualcuno mentre gli sparavano in testa. Mi faccio vomitare. Sono disgustoso"
"Non lo sei" dico, un po' più forte del previsto, e mi rivolgo a te, sedendo sul bordo del letto e prendendo la tua mano nella mia "Te l'ho detto prima e te lo dirò di nuovo. Sei bellissimo, Matt"
"Vaffanculo. Ad ogni modo, non ho finito." nonostante il linguaggio volgare, stai sorridendo un po', e le tue dita premono delicatamente sulla mia mano, stringendola a dirmi di non lasciarla andare "Se fossi tu quello morente in questa merdosa piccola stanza e, e mettiamo che ti senti la cosa più brutta del mondo e non vuoi neanche che il tuo migliore amico ti veda, perché sei debole e brutto e morente, vorresti che io fossi lì a vederti morire?"
"No", dico.
"Ecco, allora. E' per questo che non ti voglio qui"
"E se vuoi dirmi qualcosa?"
"E' tutto nella lettera" ti fermi un attimo, la tua mano scivola dalla mia mentre i tuoi occhi si stringono sospettosi "Non l'hai ancora letta, vero?"
"Certo che no. Hai un minimo di fiducia in me?"
Stai sorridendo adesso, e, e questo non calza al tuo viso emaciato, ma non lo dico perché almeno sei felice "Non lo so, Dom, ero un po' tentato di dare a Chris precise istruzioni di non dartela per dieci anni. Sei la persona più nasona e impicciona che abbia mai conosciuto" Ridi improvvisamente, la tua gola che raschia sgradevolmente finché risuona una tosse secca, ma rido anche io, ora, ricordando il suono della tua vecchia risata. "Ti ricordi quando eravamo piccoli e ti feci promettere sotto pena di morte che non saresti entrato nella mia stanza mentre mi stavo cambiando?"
"Mi stai facendo sembrare un pervertito"
"Questo perché lo eri, Dom! Un quindicenne pervertito! Eri fottutamente disgustoso! Io ero lì, stavo prendendo i miei vestiti, mi giro ed eccoti in piedi con la porta spalancata, tutto 'ehi, Matt, bel culo'-"
"Non dissi questo!" urlo indignato, raggiungendoti per schiaffeggiarti leggermente il lato della testa, ma fermandomi all'ultimo minuto, per paura di farti troppo male. Invece decido di punzecchiarti piano il braccio e scrollare le spalle, ridacchiando.
"Sì, l'hai detto, mi ricordo chiaramente che mi desti un'occhiata e dicesti che avevo un bel culo"
"No, in pratica successe che c'era la porta aperta e mi trovavo lì, e..-"
"Sporco bugiardo! Volevi solo vedermi nudo!"
Stiamo ridendo, e nella mia testa sto sostituendo i secchi tossii con il suono dei tuoi vecchi contagiosi, acuti risolini. Non me ne rendo neanche conto, ma quando la cosa mi colpisce, quando realizzo che sto cercando di trasformarti nel Matt che eri un tempo, tutto smette di essere divertente.
"Cosa? Che succede?" sembri preoccupato.
"Niente, io..."
Sembri così stanco, Matt. I tuoi occhi sono terribilmente vuoti e senza vita e grigi, e ultimamente, devo sforzarmi così tanto per ricordare quanto fossero blu. Ti fisso per un momento o due, visualizzando il modo in cui solevi essere tanto tempo fa, e poi strizzo gli occhi a cosa sei adesso, e stai guardando verso di me, chiamando il mio nome con la tua voce.
"Vado" dico lentamente, e il tuo viso decade miseramente "Ho fame. Devo prendere una barretta di cioccolato o qualcosa del genere. Torno presto, promesso".
Incontro Chris accanto al distributore. Sta camminando verso la tua stanza. Lascio scivolare venti pence nella fessura della macchinetta; Chris si ferma per darmi un leggero pugno sulla spalla, mentre passa.
"Stai bene, Dom?" mi chiede, rallentando e fermandosi accanto a me "Hei, senti, ho visto George oggi. Ha detto che ha parlato col medico di Matt"
Una strana sensazione, a metà tra terrificante preoccupazione e estatica sorpresa, si spande alla base del mio stomaco "Che ha detto?"
Chris sospira, facendo spallucce mentre mi chino per salvare la mia barretta di Mars dal distributore "Non so. Non ho mai capito davvero tutte le cose che continuano a dire i dottori, tu sì?"
Premo le mie labbra fino a formare una linea sottile; intanto cerco di pescare dalla mia tasca abbastanza monete per comprare una lattina di Relentess dalla macchinetta "Che ha detto, Chris?"
"George m'ha detto che il dottore gli ha parlato di..." Chris sospira profondamente, scuotendo impercettibilmente la testa "Qualcosa come sprofondamento degli organi di Matt. Cadono in uno stato incavato o qualunque cosa abbia detto. Non lo so, amico, ho solo pensato che avrei dovuto dirtelo. Ora vado a salutarlo. Vieni?"
Raggiungo con la mano il mio energy-drink e stappo la lattina rumorosamente, per poi ingurgitare l'intero contenuto in due fermi sorsi.
"Sì. Ha un umore di merda, comunque. Non dirgli nulla di negativo. O positivo, comunque. In effetti, non dire proprio nulla. Siediti, fissalo, e basta."
Addento ferocemente la mia barretta di Mars con un cipiglio, per niente stupito delle tue attitudini violente, ma Chris ridacchia e mi dà un pacca sulla spalla "Va fuori per una sigaretta" suggerisce "Me la vedrò io con lui per un po'. Hai bisogno di calmarti."
Seguendo il suo consiglio, attraverso cupamente i corridoi, fino all'esterno dell'ospedale, dietro le porte. Mi appoggio al muro, ticchettando il fondo del pacchetto per far uscire l'ultima sigaretta e guardando il fumo divenire spirale nel vento, quando all'improvviso sento un urlo, potente e spaventato, e poi diverse voci calme in risposta. Il mio stomaco si rigira orribilmente, ma mi forzo di rimanere calmo. Non può essere niente che ti riguardi.
Può?
Prima di pensare a cosa stia facendo, soffoco la sigaretta sotto il mio piede e corro tempestivo nella tua stanza, spalancando la porta con panico scritto negli occhi e su tutta la mia faccia.
E' tutto ok. Tu stai bene. Stai bene.
Chris, sopracciglia alzante, mi domanda "Che t'ha fatto scattare il culo?" con tono divertito. Tu ridacchi mentre mi guardi.
"Pensavo..." mi riprendo, le mie guance si riscaldano. Mi fissi con quei tuoi occhi ed io mi sento improvvisamente impossibilitato ad incontrare il tuo sguardo "Niente, non importa". Frugo nelle mie tasche fino a trovare la barretta di Mars ancora integra che avevo lasciato lì; le tolgo la carta e scivolo nella sedia accanto a Chris, masticando. "Che mi sono perso?"


 
E' notte, ora, e Tom ha preso il mio posto perché mi sono steso ancora una volta affianco a te.  Da sopra le coperte, comunque. Sto cercando di apparire naturale, come se fossi seduto lì perché non ho nessun altro posto dove sedermi, ma Tom ghigna cupo come se sapesse quanto io sia disperato di posizionarmi al tuo fianco e premere le mie labbra su ogni centimetro della tua scarna faccia.
La tua testa ciondola silenziosamente accanto a me, poi finalmente cade contro la mia spalla. I tuoi respiri si fanno più lenti, ora, più calmi mentre cadi in un sonno gentile. Chris e Tom stanno conversando quieti ed io immagino come sarebbe stato, cosa staremmo facendo proprio ora se niente di tutto questo fosse accaduto.
Mi piace pensare, Matt, che ora io e te abbiamo formato una solida relazione, ma la filosofia pessimista che ho adottato recentemente mi fa pensare che la precisa ragione per la quale mi sento libero di baciarti quando siamo soli è che stai per morire. Saremmo stati gli stessi di sempre, se non fosse per questa piccola cosa chiamata AIDS.
"Dom," sussurri affianco a me "Dom, vieni qui un secondo"
"Sono qui, idiota"
Le tue fredde, lunghe dita s'aggrappano al mio polso e tirano la mia mano al tuo petto "Dom, sono così stanco", dici piano, ed io prendo un respiro profondo e ti guardo.
Stai sorridendo, il tipo di sorriso che mostra tutta la tua infinita tristezza, e le tue palpebre stanno cadendo, mentre dico stupidamente "Perché non dormi un po'?"
Il tuo sorriso tremola leggermente, una grossa lacrima si forma e balla sulla punta delle tue ciglia "Non è quel genere di stanchezza".
Chris e Tom si sono fatti silenziosi. Mi chiedo se stiano sentendo ogni nostra parola, ma non mi interessa particolarmente.
"Che tipo di stanchezza?" sillabo, mentre la lacrima striscia sulla tua guancia, correndo sulle tue labbra secche e precipitando dal tuo mento. Una sensazione di umido sulle mie guancie mi fa realizzare con un scossa che anche io sto piangendo "Matt, cosa intendi?"
"Non lo so, davvero" scivoli più vicino a me, la tua testa atterra ancora una volta sulla mia spalla "Ti dirò, Dom, comunque. Ce l'abbiamo fatta"
"Cosa?"
"Quello, sai. Quello che dicevamo che avremmo fatto. Siamo arrivati in cima. Abbiamo fatto Wembley, Dom. Wembley Stadium. Abbiamo della fottuta merce nello store e siti e groupies, proprio come dicevamo che avremmo avuto"
Sento entrambi Chris e Tom prendere un respiro tremante, dietro di noi. Altre lacrime stanno correndo sul mio volto, rispecchiando le tue "Certo che ce l'abbiamo fatta", ghigno, la mia mano raggiunge il tuo viso per scacciare via l'umido "Ho sempre saputo che ce l'avremmo fatta, io tu e Chris"
"Matt." Chris è dall'altro lato del letto, gli occhi gli luccicano mentre si siede. Gli si stanno riempiendo (e svuotando) di lacrime, come i miei. Tira su col naso pesantemente, ridendo e scuotendo la testa "Perché tutto questo, ora?"
Tu fai spallucce, un altro di quei sorrisi tristi in cui sei diventato così bravo "Solo...solo che sono...sono stanco, e voglio...dire questo. Prima di addormentarmi. Voglio dire grazie per...per essere..." il tuo respiro si risucchia in qualcosa che sembra rotto e gelido, i tuoi occhi scattano aperti e copiose lacrime scendono sul tuo naso "per essere...per...noi. Voglio dirvi grazie per noi. La Battle delle band e i tour e le session di registrazione e tutte le piccole cose merdose che non significano nulla" Ti sporgi dalla mia spalla verso Tom, che sniffa udibilmente e si muove per sedersi affianco a Chris sul letto "E anche tu", aggiungi, "Perché saremmo stati merda senza di te, e lo sai"
Tom ghigna anche se non sembra particolarmente felice "Grazie", mormora.
Tu sorridi assonnato, muovendoti più vicino a me mentre ancora ci fissiamo l'un l'altro, i nostri nasi che si toccano, e lo vedo nei tuoi occhi, Matt. Starai bene. Perché tutto questo non ti trascinerà, né ora né mai. Non importa cosa dicono i dottori, o cosa chiunque altro mi dice, perché tu puoi sconfiggere questo, puoi, e lo farai. Non ti porterà via da me. Starai bene. Ti farò stare bene, anche se ci metterò una vita per farlo. Ti curerò.
"Ti amo", dico.
La tua testa cade all'indietro; occhi aperti, vitrei e vuoti dalla scintilla di speranza che stringevano a sé un secondo prima, ed io ti scuoto e ti scuoto e non ti muovi e quindi prendo il corpo di Matthew tra le mie braccia ed urlo "Mi hai sentito?"
Cade come una pietra nel mio stomaco, l'improvvisa realtà di tutto e di niente, e sono cosciente di star stringendo, vacuo, il suo corpo al mio petto come fosse un giubbotto di salvataggio, il che è ironico, detto così. Posso vedere vagamente persone muoversi, sentire mani provare a separarci, ma per qualche motivo non riesco a lasciarlo andare, e non so perché, c'è uno statico beep che risuona nella stanza, il beep che mi dice schiettamente che Matthew Bellamy è morto.
E per il resto della mia vita, mi chiederò se m'abbia sentito dire ti amo.
Probabilmente no.













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