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di Skred
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rosso all'orizzonte ***
Capitolo 2: *** Non c'è due senza tre ***
Capitolo 3: *** Avrò sempre bisogno di voi ***
Capitolo 4: *** Seguimi ***
Capitolo 5: *** Fidati di me ***
Capitolo 6: *** Non dovevi ***
Capitolo 7: *** Sai con chi stai parlando? ***
Capitolo 8: *** La cosa più importante ***
Capitolo 9: *** L'apparenza inganna ***



Capitolo 1
*** Rosso all'orizzonte ***


10 Settembre

 

Ansia, paura, idecisione, ripensamenti... All'interno del mio corpo in quel momento diverse emozioni fra di loro combattevano, come forze contrastanti. Il perché stessi così, vi starete chiedendo... bhe, perché stavo per giungere in un luogo e per la precisione in una scuola privata. Okay, so che a tutti viene il mal di stomaco pensando alla scuola... ma la mia situazione era differente, ma per ora non voglio svelarvi nulla! O sì, state per scoprire ''la storia della mia vita''.
Stavo dormendo. La mia faccia era spiaccicata contro il freddo vetro di quel treno che correva velocemente sui binari. Stranamente, stavo sognando... anche se non penso che l'immagine fissa di una bambina inginocchiata a terra che piange si possa chiamare sogno! Tuttavia questa mi creava ancor di più uno stato di tensione. Tentai di urlare ''Basta!", ma come è solito nel sogno, non si è capaci di parlare. Allora, per poter fuggire da quel pianto perpetuo, spalancai gli occhi.


« E' tutto a posto, Jun? » Ebbene sì, il mio nome è Jun! Affascinante, no? Io lo trovo comodo, sono solo tre lettere... quindi facile da ricordare!
Colui che parla è mio fratello maggiore, Hire, un "vecchietto" dai capelli castani e ahimè, dai bellissimi occhi verde acqua. Ho una certa passione per gli occhi da questi colori ''luminosi''! Tuttavia non lo chiamo spesso fratello, ma di questo ne parleremo in futuro. Non gli risposi, mi limitai ad un piccolo cenno con la testa. Essendo come detto prima dalla parte del finestrino mi fu semplice poter osservare il panorama e quindi rendermi conto che effettivamente eravamo arrivati, non quasi. Il treno si fermò e noi scendemmo. Per tutto il tragitto che ci separava dalla scuola io non proferì parola, bhe, in effetti, non avrei saputo cosa dire. Mantenevo semplicemente sul volto quell'espressione dubbiosa, che nascondevo tenendo il capo basso. Tuttavia sentivo addosso lo sguardo di mio fratello, complice di quella mia pazzia.


« Hm... » Mi lasciai scappare un mugolio, forse per attirare ancor dippiù l'attenzione di colui che mi stava accanto, non lo sapevo nemmeno io. L'unica cosa che sapevo era che in quel momento avevo bisogno di certezze: stavo facendo davvero la cosa giusta? « Andrà tutto bene... fratellino! » Mi poggiò una mano fra i capelli, scompigliandoli leggermente. Quelle sue parole erano dette con una tale sicurezza da infonderla anche a me. « Sì... » Come al solito mi limitavo a proferire solo poche sillabe, ero davvero un grande oratore io, eh! « Ed ora... » La sua mano scivolò via dai miei capelli e insieme all'altra andarono a posizionarsi sulle mie guance. « ... sorridi! » Con forza iniziò a tirarmele, cercando di farmi sorridere, ma dando semplicemente vita ad una smorfia che non poteva di certo definirsi sorriso. « Forza! Forza! Fallo per il tuo fratellone! » Che espressione da ebete era stampata sul suo volto, era davvero lui il fratello maggiore? Iniziò ad utilizzare le mia guance come delle palline anti-stress. « L-lasciami! » Mi divincolai dalla sua presa, voltandomi di spalle distanziandomi un po' da lui. Bhé... infondo non mi stava chiedendo tanto, avrei pure potuto accontentarlo. Così, voltandomi di scatto, abbozzai un qualcosa che poteva essere considerato ''sorriso''. Felice per quel gesto, Hire rispose con un'altrettanto sorriso, perlomeno, il suo era ''normale''.

Senza neanche accorgercene
, eravamo arrivati difronte al cancello principale della scuola. Ipotizai fosse il principale poiché era abbastanza imponente: quella scuola sembrava quasi una prigione. Una gocciolina di sudore si fece spazio fra la mia fronte. Stringenvo intanto con forza la spalliera della borsa, fra un po' l'avrei stritolata. Hire, dietro di me, inizio a farmi avanzare dandomi leggere spinte sulla schiena. « O-okay, sto andando, tranquillo! » Non sopportavo tutte quelle pressioni! Ma lo sapevo che lo faceva per il mio bene. Oltretutto, lui stesso stava facendo una marea di sacrifici per permettermi di frequentare una scuola privata, ma sopratutto, lo avevo costretto a mentire ai nostri genitori, i quali erano all'oscuro di tutto quello che stava accadendo. « Grazie. » Mormorai, oltrepassando il cancello, lasciando così la mia vecchia vita ed iniziandone una nuova.

« Sai, Jun.. una volta... sorridevi sempre. Quel giorno ti ha cambiato, e non poco.  » Ero ormai troppo distante per poter ascoltare le parole di Hire, e questo fu decisamente un bene. Di che giorno stia parlando? Bhé, questa è un'altra di quelle cose che vi racconterò nel corso della mia storia.

Oltrepassato il cancello, davanti a me si parava una lunga via, dove ai suoi fianchi si potevano solo notare mandrie di ragazzi che parlavano fra di loro, si prendevano in giro etc. Ah, già! Non ve l'ho detto. La scuola che frequenterò d'ora in poi sarà un istituto maschile. La mia decisione vi sarà più chiara nel corso della storia... o forse no?
Disorientato, misi una mano nella tasca dei pantaloni tirando fuori da essa un foglio, il quale conteneva gli orari dei vari programmi che si sarebbero svolti nei primi due giorni di scuola.
« Quì dice che ora dovrei andare a prendere la chiave della mia stanza... sì... ma dove?! »  L'essere che aveva scritto il programma non si rendeva conto che magari una persona nuova non sapeva minimanente come muoversi in quella scuola?! Avrebbero potuto almeno darmi una cartina! Mhà... come inizio andava decisamente male!
Iniziai a guardarmi intorno con insistenza, cercando un punto che, sicuramente, sarebbe stato molto affollato.

Comunque, ricapitoliamo: è una scuola privata-maschile e inoltre vi sono dei dormitori per gli studenti. Non vi si può uscire e vi è un ottima sorveglianza. Isolati dal mondo, no? Perfetto.

Intanto nel luogo in cui prima o poi sarei dovuto arrivare...

« Ohi! » Con una mano sollevata come cenno di saluto, un ragazzo, avanzava verso ciò che poteva defirsi uno stand, presieduto da una ragazza. « Ehi, Yuki! » disse lei con un dolce sorriso. « Allora, come siamo messi quest'anno? » chiese il ragazzo che, da come ormai avrete capito, il suo nome era Yuki. State attenti a questo personaggio, sarà molto importante per la mia storia. Comunque, cosa voleva dire con ''come siamo messi"? « Oh, come l'anno scorso sei in stanza con Jed, però... » rispose muovendo velocemente le mani tra diversi fogli, cercandone uno in particolare. « Però cosa? » Quel ''però'' aveva completamente sorpreso il ragazzo, sapeva benissimo che quella congiunzione significava un qualcosa forse avverso a lui. « Sarete in tre quest'anno! » Ed ecco! Le paure del ragazzo non erano infondate! L'arrivo di una nuova persona creava spesso problemi... ma se quella persona fossi stata proprio... io!? « Sì? Chi è il terzo incomodo? » Che modo scortese di definire colui che sarebbe poi divenuto tuo compagno di stanza per l'intero anno! « Un nuovo ragazzino di terza... un rosso... aspetta... » finalmente riuscì a trovare ciò che cercava « Ecco! Il suo nome è Jun Reed. » rispose la ragazza, mostrandogli un foglio che conteneva tutti i dati che mi riguardavano. Non dovevano essere cose private?! Va bé, lasciamo stare. « Jun...? » ripetè lui.
Ritornando a me, nel mio girovagare come un povero disgraziato in quel posto in cui tutto era uguale, mi parve di udire prima sia il mio nome che il mio cognome... poi solo il primo. Bhé in effetti, era vero. Girando velocemente il capo, capii che le voci provenivano da uno... stand!? Le chiavi, lì le davano! Finalmente! Avrei voluto piangere, ma sarei stato troppo ridicolo. Allora, con uno scatto veloce, m'affrettai a raggiungerlo ma, come ben sappiamo tutti, i ragazzi sono persone cattive. Molto cattive. Uno di loro, rivedendo in me lo sfigato di turno, decise di farmi lo sgambetto e cadendo ruzzolai a terra fino a raggiungere coloro che avevano nominato il mio nome e con voce forte, alzando una mano, dissi:

« ... presente! »




Nota: E' stato difficile all'inizio non usare alcuna parola che potesse ricondurre al sesso del proganosta fino a quando non viene detto ''fratellino''. Ma ce l'ho fatta! *trionf

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Capitolo 2
*** Non c'è due senza tre ***


Facendo forza sulle braccia, la smisi di ‘’abbracciare’’ il pavimento e mi rialzai da terra. « Jun Reed... sono io. » aggiunsi, mentre mi spolveravo via la polvere dai vestiti. Quel maledetto proprio me doveva fare cadere?! Il tizio che prima aveva pronunciato con voce incerta il mio nome, ora mi fissava insistentemente. Sentivo che i suoi occhi, color miele, mi stavano squadrando dalla testa ai piedi. « … questo nanerottolo? » disse, indicandomi con il pollice. Okay, aveva iniziato decisamente con il piede sbagliato. « E-ehi, Yuki, non è carino dire queste cose! » la ragazza che stava nello stand cercò di difendermi. « Sarete compagni per un anno, sarebbe sfavorevole non andare d’accordo! » aggiunse lei. « Cooosa? Devo stare in camera con Golia?! » Lui mi chiamava nanerottolo? E allora lui era uno stupido gigante! « Cerca di potare rispetto per le persone più grandi di te… marmocchio rosso! » Ed ecco un nuovo nomignolo. « Sei stato tu ad iniziare, chiedi scusa! » E dire che mio fratello mi aveva raccomandato solo una cosa: non dare troppo nell’occhio. « Su! Su! E fate la pace! » La ragazza inutilmente cercò di farci calmare, quel tizio era troppo odioso, come avrei fatto a conviverci per un intero anno?! « Cos’è tutta questa confusione? » Un terzo ragazzo si avvicinò a noi, ancora più alto di quello che, da come avevo capito dalla ragazza, si chiamava Yuki. Ma dov’ero finito, nel paese dei giganti? O forse ero io ad essermi rimpicciolito. « Mi dispiace se Yuki s’è posto in modo scortese, ma lascialo stare, è un tipo molto antipatico. » mi disse lui, con un mezzo sorriso. Ecco, lui era una persona apposto. « Ehi, Jed, tu da che parte stai?! » mentre Yuki replicava le parole appena pronunciate dal nuovo arrivato, io, richiamato dalla ragazza, presi le chiavi della stanza. « Su, smettila di fare tutte queste storie, andiamo. » Non feci nemmeno in tempo a ringraziare la ragazza che Jed, il secondo “Golia’’, afferrò sia me che quello scorbutico dal colletto, trascinandoci via da quel luogo.

Pochi minuti dopo, eravamo giunti in quello che poteva essere un parco. Era davvero così grande quella scuola?! Jed lasciò la presa, e con l’indice ci suggerì – si fa per dire – di sederci su una delle panchine. Noi non replicammo e in silenzio seguimmo il suo consiglio.
« Allooora … » iniziò lui, ponendosi davanti a noi e porgendomi la mano destra. « Io sono Jed, compagno di stanza di Yuki e … da oggi anche il tuo. » aggiunse. Io, per educazione, dovetti ricambiare la stretta di mano, ma non mi interessava più di tanto stringere buoni rapporti o fare amicizie. Dovevo solo rimanere nell’anonimato e superare quell'anno scolastico. « Tsè, non stringere amicizia con il nemico! » Ed ecco che Golia numero 1 diceva la stupidaggine del momento. « Non è da te comportarti in modo così infantile! Forse l’arrivo di una nuova persona ti mette paur- » il ragazzo non riuscì a completare la frase che l’amico si affannò a tappargli la bocca. « Cosa diavolo stavi per dire?! » Io rimasi un po' perplesso. Forse avevo sbagliato edificio ed invece di essere finito in una scuola, ero in un manicomio. « Che forse hai... » Il ragazzo tentò di ripetere ciò che prima non era riuscito a dire, ma nuovamente fu bloccato. « Era un'affermazione ironica la mia! Non dovevi davvero ripetere! Aaaah, stupido-Jed! » Sembrava proprio che Yuki non trattasse male solo me, che ero il nuovo arrivato, ma un po' tutti. « E su, lasciami. » Jed si divincolò dalla prese di Yuki, visibilmente scocciato. « Non so cosa Yuki abbia contro di te, ma sappi che sei il benvenuto, Jun. » Quei due ragazzi erano decisamente l'uno l'opposto dell'altro. Mi domandavo come potessero essere compagni di stanza. « Ora che ne dite di rientrare? » Pensai che con quel rientrare volesse intendere il raggiungere la nostra stanza, quindi con un semplice cenno del capo io acconsentii ed alzandomi dalla panchina, attesi che i due ragazzi mi facessero strada. « Sarà davvero un lungo anno questo... » Brontolò Yuki, iniziando a muovere alcuni passi. « Su, che ci divertiremo! Lo sai com'è il detto: tre è il numero perfetto! » Insistentemente intanto Jed cercava di far accettare a quel brontolone la nuova situazione. Era davvero così tragico per lui avere un nuovo compagno di stanza? « Zitto o torneremo ad essere in due... e tu non sei compreso. » Affascinante metafora per dirgli che prima o poi lo avrebbe fatto fuori. Intanto io scattai per raggiungerli. Non avrei potuto sopportare l'idea di perdermi di nuovo in quella scuola-labirinto. Preso dal non perdere di vista i due che erano leggermente più avanti di me, non mi resi conto della presenza di un'altra persona, a cui per sbaglio diedi una spallata. « Uh... Scusami! » Senza fermarmi, ma semplicemente voltandomi, chiesi scusa per averlo urtato. Non diedi molto peso a chi quella persona potesse essere, ma ben presto avrei scoperto che lui sarebbe diventato un tassello importante della mia scacchiera. « Volete aspettarmi?! » Urlai contro ai due, accelerando il passo. Intanto, il tizio che avevo appena sorpassato, anche se non poté vederlo, stava sorridendo. Che stesse già tramando qualcosa? Farsi nemici il primo giorno di scuola era una cosa che sarebbe potuta accadere solo a me.

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Capitolo 3
*** Avrò sempre bisogno di voi ***


Dunque, dove eravamo rimasti? Ah, sì! Stavamo per raggiungere la nostra stanza. Raggiunsi velocemente i due e per far in modo che non si dimenticassero di me, mi feci spazio ponendomi fra di loro. «Ehi, tranquillo. Non ti lasciamo dietro. » Disse Jed. Successivamente, alzando lentamente la mano, tentò di porla fra i miei capelli ma, capendo il suo intento, scattai di colpo. «P-per favore, non toccatemi mai la testa. » Balbettai, ponendo le mani davanti, come se fossero uno scudo. «Capisco che non ci conosciamo, però...» Brontolò Yuki. I due rimasero parecchio straniti per la mia reazione, ma non potevo svelargli per nessun motivo al mondo il perché di quella mia risposta. «Scusatemi... sono motivi personali. Non ho nulla contro di voi. Va bé, contro Yuki forse un po'...» Alla mia risposta, Jed si portò una mano alla bocca per soffocare una risata. «Yuki riesci a farti odiare anche dagli sconosciuti, complimenti!» Yuki divenne rosso in viso, pensai seriamente che stesse per esplodere. «Forse abbiamo iniziato con il piede sbagliato, ecco tutto!» Stava quindi ammettendo che era colpa sua se provavo tutto questo astio verso di lui? Dai, Yuki, ammetterlo era il primo passo! «Dai, non te la prendere!» Yuki scattò via, mentre Jed tentava di farlo calmare, sempre ridendo. «Forza, Jun, andiamo.» Mi disse, dandomi una pacca sulla schiena. Raggiungemmo finalmente la nostra meta: quelle quattro mura che sarebbero state la mia casa per quel lungo anno. Ad aprire la porta fu Jed, diciamo che fu il più veloce a ritrovare le chiavi. Le mie le avevo gettate dentro la borsa e non avevo la minima voglia di cercarle. La stanza era... una normale stanza. Entrammo. Essa aveva tre letti, due scrivanie, una finestra, un'altra porta, un mini-frigo, ed altre cianfrusaglie che non sto qui ad elencarvi perché ci annoieremo tutti, sia io che voi. Diedi uno sguardo veloce per vedere dove i miei bagagli fossero stati posti: erano sul letto difronte alla seconda scrivania, precisamente sotto la finestra. «Va bene se prendo questo?» Chiesi, spostando le due valigie e poggiandole a terra. Quella camera era principalmente la loro, quindi pensai fosse giusto che avessero i letti che desiderassero, io mi sarei preso quello che fosse rimasto. «Sì, va benissimo.» Rispose Yuki. «Noi abbiamo sempre dormito nel letto a castello, quel letto lo usavamo per lo più come armadio, eh, eh!» Aggiunse Jed. «Anche perché non ti avrei ceduto il mio. Io ed il mio materasso abbiamo ormai instaurato un bel rapporto, avrebbe sofferto nel separarsi da me!» Ed ecco la scemenza della giornata. «Vi prego, abbattetelo... non fatelo soffrire così.» Mormorai io, dandomi una pacca in fronte. Che elementi, dico io! «Cosa hai detto, marmocchio rosso?!» Mi arrivò un cuscino in faccia. In piena faccia. «Ho un dannato nome, usalo!!» Quel nomignolo mi dava sui nervi. In tutta risposta, rilanciai il cuscino, che tuttavia, non andò al destinatario. Dovete sapere che ho una mira pessima: se fossi davanti ad un cestino, anche a pochi centimetri, e tirassi una carta, questa uscirebbe fuori. Come è ben intuibile, il cuscino finì dritto in faccia a Jed. «Ti conviene correre.» Disse Yuki, rifugiandosi sotto le coperte. «Scusami! Non volevo!» Perché Yuki diceva quelle cose? Lo avevo semplicemente colpito con un cuscino! Niente di più, niente di meno. «Siete morti.» Quelle furono le ultime parole pronunciate prima dell'olocausto. Non sarei sopravvissuto con loro per un anno, assolutamente no. Finita la mortale guerra dei cuscini, io mi buttai come un cadavere sul mio nuovo letto, facendoci dentro una buca. I miei “pseudo” compagni fecero lo stesso nei loro. «In due non era divertente. Abbiamo trovato la tua utilità, Jun.» Finalmente mi aveva chiamato con il mio nome, che gioia! «Già, almeno non è più solo Yuki a soccombere sotto i miei attacchi!» Sì, in effetti Jed quando si arrabbiava diventava una forza della natura e lo avevo purtroppo testato sulla mia pelle. «Avrò la mia rivincita, stanne certo.»

*


«Senti, Jun, ti va di raccontarci qualcosa di te?»
Ripreso fiato, Jed cercò di attaccare bottone, ma senza alcun risultato: non ottenne nessuna risposta da parte mia. «Ehi, sei giù perché vi ho battuto?» Balzò fuori dal letto e scendendo le scale che permettevano di accedere al secondo materasso, poté capire il perché del mio silenzio. «Cosa ti prende, marmocchio rosso?» Yuki pensò che chiamandomi con quel nomignolo io mi sarei agitato e quindi avrei risposto, ma fu un altro tentativo inutile. Di colpo andò ad affiancarsi a Jed per apprendere anche lui ciò che stava accadendo: mi ero addormentato. «Dorme.» Disse Jed, dopo avermi visto in volto. «Ed io che mi stavo preoccupando.» Yuki, colui che dal primo momento in cui i nostri sguardi si erano incrociati aveva già deciso di odiarmi... si era preoccupato per me? Se fossi stato sveglio avrei pianto. «Eeeeh? Visto! Ci ti stai già affezionando! » Gli fece notare Jed. «Io? Affezionando? Ma non dire sciocchezze! Metti che fosse morto? Io non me le prendo certe responsabilità!» Che similitudini stupide faceva per nascondere la realtà che era abbastanza evidente: stavo entrando nelle sue grazie. «Certo, certo.» Jed non poté altro che dargli ragione, sapeva bene che l'amico aveva la testa calda. «Perché tu l'hai preso così bene il suo arrivo?» Yuki pose questa domanda con serietà. A differenza sua, Jed non aveva battuto ciglio all'idea di avere un altro compagno, nonostante ciò significasse meno spazio in camera per loro ed altri mille problemi che si generavano solo nella testa di Yuki. «Perché mi chiedi? Uhm... bé. Il suo arrivo per me equivale ad una sfida. Non ti emoziona il fatto di poterti prendere cura di lui? Come ben sai, io sono figlio unico, non ho mai avuto un fratellino da guidare e quindi il fatto che ci abbiano affidato Jun mi ha davvero... diciamo “preso”.» Mentre Jed diceva queste parole, manteneva sul viso un'enorme sorriso.
«Stai dicendo quindi di considerare Jun come... un fratello minore?»
«Esattamente! Noi ci passiamo davvero pochi anni, quindi non vi è mai stato un rapporto di dipendenza... ma con Jun è differente. Lui è nuovo, piccolo ed inesperto. Avrà sempre bisogno di noi.»
«Capisco... »
Le parole di Jed lo avevano davvero colpito. «Rifletti su ciò che ti ho detto. » Diede una pacca in testa all'amico, dopodiché risalendo le scalette, raggiunse il suo letto. «D'accordo.» Rispose semplicemente lui. Mi diedi un'altra occhiata, notando che ai piedi portavo ancora le scarpe. Piegandosi sulle gambe, si affrettò a togliermele, gettandole letteralmente in bagno. Wow, stava già adempiendo ai suo compiti come fratello maggiore, che bravo ragazzo! Quindi, come aveva fatto prima l'amico, raggiunse il suo letto.

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Capitolo 4
*** Seguimi ***


18 Settembre


«Alzate quelle gambe!» Un forte urlo di una voce maschile da inizio a questa nuova giornata. Sono le ore 12 del 18 Settembre. Le nuvole ed il sole combattono per chi debba prendere il possesso del cielo mentre io... «Giuro che non ce la faccio più!» corro. È passata già una settimana da quando io, Jun Reed, sono entrato in questo rinomato liceo maschile. In questi giorni, però, il comportamento ostile di Yuki sembra non essersi attenuato, anche se a modo suo, sembra dedicarmi molte attenzioni, come lo stesso Jed, tuttavia lui è molto più dolce. C'è da dire che entrambi hanno iniziato a trattarmi come una sorta di fratello minore, dopotutto sono più grandi di me: Jed frequenta il quinto anno ed ha 19 anni, mentre Yuki frequenta il quarto anno e ne ha 18. Ho fatto oltretutto una scoperta assai interessante: Yuki è giapponese. L'avevo mezzo intuito dal suo nome, però non volevo fare deduzioni affrettate. Anche la mia nazionalità lasciò parecchio perplessi i due: infatti io sono Italiano. Mi sono trasferito in America diciamo per... sì, per il lavoro dei miei genitori, però gran parte della mia infanzia l'ho passata nella penisola. Dovete sapere che questa informazione non ha fatto altro che portare Yuki a generare un altro irritante soprannome: mangiatore di spaghetti e pizza. Quanto odio questi pregiudizi, anche se bé... io adoro gli spaghetti e la pizza. Perché ho iniziato a parlare della nazionalità di Yuki? Bé... perché io sono un otaku mancato. Chi sono gli otaku? Otaku è un termine della lingua giapponese, utilizzato per indicare le persone interessate in modo ossessivo a qualcosa, generalmente manga, anime, e videogiochi. Ecco. Io sono ossessionato dai manga. Non crediate che io stia esagerando. Poco prima di giungere a scuola, le mie giornate erano: andare a scuola-quando mi andava-, tornare a casa, chiudermi in camera mia e passare il resto della giornata leggendo fumetti. A volte mi chiedo come abbia fatto a superare il primo ed il secondo superiore. Però, essendo una persona abbastanza intelligente, riuscivo a cavarmela in ogni situzione. Non ho mai capito il perché in me fosse nata questo amore convulsivo verso i manga, forse sono troppo insoddisfatto della mia vita e quindi preferisco rifugiarmi all'interno di un volumetto composto da disegni in bianco e nero. Non perdiamoci però su questi dettagli, ritorniamo a ciò che sto facendo. Penso che il professore di educazioni fisica mi odi. Per quante volte io gli ripeta che non riesco a correre a lungo, lui continua ad insistere. «Professore, posso fermarmi 5 minuti?» Supplicai, ormai senza più fiato. «Oh, e va bene.» Al suo segnale, andai ad appoggiarmi contro un muro che aveva una finestra. «Battiamo la fiacca?» Sobbalzai. «Ma che diavolo...» Mi girai, ma riconobbi subito la voce. «Yuki!!» Si appoggiò alla finestra. «Come te la passi, marmocchio rosso?» Inizialmente lo ignorai, ma non riuscivo proprio a non rispondergli. «Lasciami stare, sto riposando.» Tuttavia, anche il professore si era accorto della mia “allegra” chiacchierata. «Allora, Reed! Ci vogliamo riposare o fare le allegre comari?! Questo pomeriggio ti divertirai a continuare l'allentamento!» Questo pomeriggio, che diavolo stava dicendo?! Il pomeriggio non avevamo lezione. «Aspetti, professore! È colpa sua!» Mi rialzai, indicando Yuki, ma lui non c'era più. «Quel maledetto...» Dovetti quindi rimanere tutto il pomeriggio lì, a correre, fare riscaldamento ed altre cretinate varie. Yuki me l'avrebbe pagata ed anche molto cara.

*

«D'accordo Reed, ora puoi andare.» Si stava ormai facendo buio ed era vietato girare per la scuola ad ora tarda. «Devo ancora studiare...» Mormorai, recuperando la borsa ed incamminandomi verso gli spogliatoi. «Tranquillo, parlerò io con i tuoi professori.» Quindi mi avrebbe giustificato? Che bellezza. Raggiunsi quindi gli spogliatoi a cuor leggero. Arrivato, chiusi la porta e mi fiondai nelle docce. «Ne avevo proprio bisogno...» Il professore mi aveva fatto fare proprio una bella sudata. Tutto taceva, si poteva solo udire solo lo scorrere dell'acqua. Ad un tratto, però, bloccando l'acqua, poté sentire rumore di passi. «Chi c'è?» Urlai, affrettandomi a prendere una tovaglia, avvolgendomela intorno. Inizia a muovere alcuni passi, avvicinandomi alla fonte del rumore. «Non sono in vena per gli scherzi...» Poi, in quel moneto, realizzai quello che stava per accadere: qualcuno, inevitabilmente, avrebbe scoperto il mio segreto. Avanzai di qualche passo finché accadde ciò che temevo: mi ritrovai di fronte ad un ragazzo. Strinsi forte a me l'asciugamano, mentre lui mi fissava quasi impietrito, dopodiché lanciò un urlo, spaventato nel aver trovato la persona dal sesso sbagliato nel posto sbagliato. Quindi, allungai velocemente una mano verso di lui, tentando di tappargli la bocca, ma fu tutto inutile: infatti, il suo urlo, richiamò nuovi passi che si muovevano verso di noi. Pensai “maledizione”, erano già finiti i miei giorni in quella scuola? No, mi stavo sbagliando. Il ragazzo, uditi anche lui i passi, mi afferrò per un braccio, spingendomi dietro ad un muro. Contemporaneamente, entrò nella stanza un altro ragazzo. «Ho sentito un urlo... cos'è successo?» Chiese, guardandosi attorno. «Nulla, ho sbattuto il mignolo contro l'angolo e sai quanto doloroso possa essere!» Rispose. Intanto che i due discutevano, io pensavo a rivestirmi. Quando il ragazzo congedò il nuovo arrivato, che andò via senza fare storie, lui tornò da me. «Sei una ragazza?» Avrei tanto voluto rispondergli 'tu cosa ne dici?!', ma mi trattenni. Mi aveva visto in asciugamano! Non penso che un ragazzo si sarebbe coperto dalla testa ai piedi! Riuscì in tempo ad abbottonarmi i pantaloni, e poi rimasi in silenzio. «Oh, oh, oh...» Mormorò lui, avvicinandosi sempre di più. «Sai, è da una settimana che non vedo e non tocco una ragazza.» Mi poggiò le mani sulle spalle e mi mise in trappola, spingendomi contro il muro. Io tenevo sempre il viso chino e lui, accortosi di ciò, mi poggiò una mano sotto il mento. «Potrei pure accontentarmi di te...» Alzatomi il viso, iniziò ad avvicinare il suo ad il mio. Temetti il peggio, quando improvvisamente, il cellulare che tenevo nella tasca destra dei pantaloni, squillò. Approfittai della distrazione del ragazzo per tirargli una gomitata nello stomaco, prendere la borsa e dirigermi verso l'uscita. Durante la corsa, afferrai anche il cellulare dalla tasca. Era Yuki. Tentati di premere il tasto per accettare la chiamata, ci riuscii, ma non fui io a rispondere. Bloccandomi il polso, il pervertito, mi sfilò il cellulare dalla mano e dopo aver controllato il mittente, si portò l'apparecchio all'orecchio. «Yuki-chan! Tranquillo, è con me.» Questo ragazzo... sembrava quasi conoscesse Yuki! Lì di fianco riuscii ad ascoltare la risposta da parte del ragazzo che si trovava dell'altra parte della cornetta.
«Tu... Passami subito Jun!»

«Perché devi essere così scortese? Lo porto via con me, per oggi non attenderlo.»
«Ho detto di passarmi Jun.»
«Oh? D'accordo. » Quindi mi diede il cellulare. «Pronto, Yuki?» Chiesi. «Jun... perché diavolo sei con quel tizio?! Torna subito in camera!» Iniziò ad urlarmi contro, forse era davvero preoccupato per me, ma non concepivo lo stesso il fatto che usasse quel tono di voce di cone me! Chi si credeva di essere?! Il mio capo?
«L'ho incontrato per caso... non prendertela con me! Non so nemmeno chi sia!»
«Bé, non mi interessa, stargli alla targa, torna subito qui!»
«Smettila di urlarmi contro! E poi non sei nessuno per dirmi quello che devo fare!»
«Marmocchio rosso, smuovi quel sedere e corri subito in camera!»
«Ancora? Oltretutto è colpa tua se sono dove sono! Hai rotto, ciao!» Innervosito, chiusi sia la chiamata che il cellullare. Non avevo voglia di sentirlo. Se voleva che tornassi in camera, avrebbe dovuto smuovere lui il sedere e venirmi a prendere!
«Hai detto che devo venire con te? Allora... andiamo!» Stavo per aprire la porta quando lui, per l'ennesima volta, mi fermò. «Non essere così frettolosa.» Si tolse la giacca e me la fece indossare, ponendomi il cappuccio in testa. «Perché...?» Chiesi io. «Non ho intenzione di farti ammalare e poi, almeno, copri i capelli e... lì.» Con il pollice, mi indicò il petto. Di solito, per evitare che qualcuno potesse rendersi conto che fossi una ragazza, mi bendavo con attenzione, tuttavia per come erano andate le cose, non avevo avuto il tempo. Inoltre, essendo ancora umida, perché quel maledetto non mi aveva nemmeno dato il tempo di asciugarmi, le avrei rovinate. «Anche se non è che ci sia molto da coprire.» Trattenne una risata, mozzata da un pugno che gli diedi sul fianco. Era proprio un simpaticone! In alcuni momenti mi ricordava proprio Yuki! Penso che entro la fine della gioranta lo avrei ucciso. «...» In silenzio aprì finalmente la porta. Attesi tuttavia il ragazzo che avrebbe dovuto farmi da guida. «Sei molto delicata...!» Massaggiandosi il fianco si affiancò a me, dopodiché mi pose una mano dietro, fra il collo e la spalla. Voltai lo sguardo, chiedendomi ancora il perché di tutto questo. Prima tenta di molestarmi ed ora si prende cura di me. I ragazzi sono proprio una razza strana. Lui sorrise. Chinai velocemente il capo, ormai diventato dello stesso colore della mia parrucca. Chi fosse quel ragazzo e cosa volesse da me ancora non mi era ben chiaro, però qualcosa mi diceva che forse di lui, sì... mi sarei potuta fidare.

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Capitolo 5
*** Fidati di me ***


Come avevo accennato qualche minuto prima è vietato girare per la scuola quando cala la notte: dalle 21.00 in poi, chi viene beccato in giro, è automaticamente ammonito. Presi il cellulare dalla tasca per accertarmi che ore fossero: le 20.30. Dovevamo muoverci. Fortunatamente la sua stanza era davvero vicina alla palestra quindi arrivammo in pochissimo tempo. Spero che abbiate capito quello che è accaduto poco fa: io, Jun Reed, in realtà … sono una ragazza. La mia rossa capigliatura non era altro che una parrucca ed è per questo che avevo vietato che mi venisse toccata la testa. La fibra della parrucca può ingannare ad occhio, ma se la si tocca, si nota subito che non sono capelli veri. Il misterioso ragazzo, tenne la sua mano appoggiata dietro la mia nuca per tutto il tragitto, come se avesse paura che potessi perdermi. Entrammo nella stanza: era molto spaziosa, anche troppo per una sola persona. Ipotizzai quindi che stesse lì con qualcuno … ma in quel momento vi eravamo solo io e lui. «Bé » Mormorai, guardandomi intorno. Intanto, lui era andato in bagno e uscendoci si era portato dietro una tovaglia e un phon. «So che le parrucche devono essere asciugate al “naturale”.» Disse lui, tirandomi la tovaglia. La presi al volo e tirando fuori dalla borsa la parrucca, la posi all’interno di quella. «Intanto vieni qua … ti asciugo i capelli.» Cosa? «Ne sono capace anche da solo.» Risposi. «Da solo? Perché continui a parlare di te come se fossi maschio? » Attaccò la presa del phon e mi fece cenno di avvicinarmi. Sospirai. 
«Perché così non perdo l’abitudine. Prego anche te di darmi ancora del lui … nonostante la scoperta di oggi.»     
                                                                                                                                                          
«Sei davvero sicura … uhm, scusa, sicuro che non dirò niente a nessuno?»   

                                                                                    
«Assolutamente no ... ma se avessi voluto farmi scoprire, poco fa non mi avresti protetto.»  
Incoerente, un ragazzo davvero incoerente. Andai a sedermi ai piedi del letto, mentre lui si sedette su di esso, in modo da potermi asciugare i capelli. Era davvero rilassante sentire le sue dita che si facevano spazio fra i miei ciuffi castani. Sì, sotto quella ribelle capigliatura rossa, si nascondevano dei lunghi e fluenti capelli castani. Mio fratello mi aveva consigliato, per sembrare un ragazzo, di tagliare i miei di capelli e di non utilizzare una parrucca, perché è parecchio scomoda e oltretutto dopo un po’ inizia a dar fastidio alla testa, però io sono davvero affezionato ai miei veri capelli, sarei pronto a qualsiasi sofferenza pur di poterli tenere così come sono.  «In realtà ero negli spogliatoi per farti uno scherzo, poi però le cose non sono andate come immaginavo, eh, eh. » Eh, direi«Uno scherzo? Perché volevi farmi uno scherzo? Non ci conosciamo, non ti ho mai fatto nulla di male. Mi hai preso in antipatia pur non sapendo minimamente chi io sia? »Mi dava sui nervi pensare che ce l’avesse con me per nessun motivo. Era stupido.
«Sei amico di Yuki. Questo mi basta.»

 «Yuki? Ah, già, al telefono sembravate così “intimi”…»

 «È una lunga storia, ma come hai ben capito non andiamo molto d’accordo. »

«Eh, continuava a urlarmi al telefono “Torna subito in camera, veloce, veloce!” Insopportabile. Comunque la cosa non mi stupisce. Yuki non è per niente simpatico. È antipatico, prepotente … è … è … è Yuki!»       

«Ahahah! Dopo queste parole, posso dire che mi stai davvero simpatico!»

«Però infondo è un bravo ragazzo … non è così male … è accettabile.»

«Io e Yuki eravamo compagni di stanza. Ero … il suo migliore amico.»


«Ah …»Non riuscii a dire molto. Mi sorprendeva che una persona come Yuki potesse avere persino un “migliore amico” perché Yuki … è Yuki! Okay, sto diventato parecchio ripetitivo. Ora la smetto. Mi sorprendeva tuttavia di più il fatto che il ragazzo di colpo si fosse aperto con me, un totale sconosciuto.«Finito! » Dopo avermi dato una pacca sulla testa, chiuse il phon e s’apprestò a riporlo nuovamente in bagno. «Comunque, il mio nome è Renji. »Finalmente “l’innominato” si presentò! Renji, il terzo Golia. Un giovane dai capelli neri e dai brillanti occhi verdi: il mio punto debole. «Io sono Ju- … ahw!»  La stanchezza non voleva farmi parlare, infatti non riuscì nemmeno a pronunciare il mio nome, che della bocca uscii un fragoroso sbadiglio. «Oh, hai proprio un bel nome! » Rise. «Forza, vai a dormire. » Mi porse la mano ed io, per rialzarmi, gliela afferrai. 
«Posso dormire sul tuo letto?»

«Certo! Oppure, preferisci dormire a terra? Non credo sia così comodo, però!»

«Tzè … stupido.» Mormorai, infilandomi velocemente sotto le coperte, dando le spalle al ragazzo. «Sei proprio suscettibile. » Chiuse la luce, dopodiché si coricò accanto a me, però sopra le coperte, creando così una sorta di separazione.

«Stai tranquilla, non ti sfiorerò. »

«T-r-a-n-q-u-i-l-l-o! Usa il maschile, uff! »

«Sì, certo, certo.» Disse ridendosela, mentre una sua mano finiva sui miei capelli, scompigliandomeli.
«’Notte, Jun. » Sussurrò.
«B-buona notte … Renji. »          

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Capitolo 6
*** Non dovevi ***


 

23 Settembre

Sono passati ben cinque giorni da quando ho conosciuto Renji, l’ex migliore amico di Yuki, nonché l’unica persona a conoscenza il mio segreto. Se ve lo state chiedendo, Renji era anche il ragazzo con cui il primo giorno di scuola mi ero scontrato. Sì, stava tramando lo scherzo dello spogliatoio sin da quel giorno. Penso che siate anche curiosi di sapere la reazione di Yuki quando, il 19 pomeriggio, ritornai in camera. Da quel giorno ho imparato - si fa per dire - a non disubbidire più a Yuki:  ha iniziato a tenermi più spesso sott’occhio, mi accompagna fin in classe e quando suona l’ultima campanella, mi viene a riprendere.
Oggi è la mia seconda domenica in questa scuola, ho sentito dire dai miei compagni di classe che in questo giorno della settimana accade un evento che tutti attendono trepidanti: nessun’ancora me l’ha voluto rivelare, maledetti.
 «Marmocchio, apri gli occhi, oggi puoi uscire.»Yuki non aveva nessun rispetto, erano ancora le dieci, come si permetteva di svegliarmi così presto? Almeno la domenica pretendevo di dormire fino alle tre del pomeriggio, uff! «Yuukii … ti odio …» Furono le uniche parole che uscirono dalla mia bocca, dopodiché mi rigirai dall’altra parte, ponendo il cuscino sulla testa. «Dai, lascialo stare.» Per fortuna che Jed era perennemente dalla mia parte. Intanto che quell’idiota tentava di farmi alzare da letto, con nonchalance i due si stavano cambiando.
Una stanza con due ragazzi mezzi nudi? Il sogno di ogni ragazza: beh, non il mio. 
«E dai, ti sto dicendo che puoi uscire! Poi vieni a dirmi che ti tengo come in una gabbia!» Mi tolse di sopra la coperta, in seguito tentò di farmi staccare dal materasso, al quale precedentemente mi ero attaccato. «Certo che mi tieni in gabbia! Mi fai uscire solo per seguire le lezioni e poi mi rinchiudi in camera per studiare!» Anche se dal carattere può non sembralo, Yuki è un secchione. Uno di quelli proprio ossessionati dallo studio! Passa il 50% della giornata in biblioteca e l’altro 50% tormentando me. Dice che aiutandomi, riesce a ripassare gli argomenti dello scorso anno e quindi è sempre pronto in caso i professori facessero domande non attinenti al loro programma.«Se ti alzi, ti rivelo cosa accade oggi.» Scattai di colpo. «Bene, allora?!» Ero davvero curioso, finalmente l’avrei saputo. Finalmente avrei scoperto che … che … La domenica era possibile incontrare le ragazze?! 

*

«N-non ci credo … ed io che mi sono alzato dal letto per una cosa del genere!» Dopo essermi vestito di fretta e furia, i due mi avevano portato in uno spazio abbastanza esteso, che si trovava in mezzo alle due scuole. Ah, non ve lo avevo detto? La scuola che frequento è composta sia dalla parte maschile sia da quella femminile. «In poche parole, durante i giorni della settimana, non è possibile entrare in contatto in nessun modo con le ragazze.» Iniziò a dire Yuki. «Però, la domenica c’è permesso incontrarci nei luoghi in comune.» Finì Jed. «Eh? Perché questa reazione, Jun? Non dirmi che a te le ragazze non piacciono …» Lo volevo picchiare ed anche tanto. «C-certo che mi piacciono le ragazze, idiota!» Questo è quello che dissi a lui, ma ovviamente a me piacciono i ragazzi, credetemi. Mi guardai un attimo intorno: non avevo mai visto i ragazzi così. Penso che se fossi stato più vicino avrei potuto scorgere dalla loro bocca fuoriuscire un po’ di bava. L’astinenza dalle ragazze è proprio una brutta cosa, già. Fra i vari ragazzi, riuscii ben a riconoscere Renji: purtroppo, non lo avevo visto solo io. «Ciao Ren- … » No, Yuki non voleva nemmeno che lo salutassi. Tentai di allegare al mio saluto vocale anche un cenno con la mano, ma il ragazzo me la afferrò di colpo, riportandola alla posizione iniziale. «Andiamo via.» Disse. Anche Renji era stato richiamato dal mio saluto, infatti, lo vidi voltarsi verso di noi, ma assistette semplicemente alla reazione di Yuki.
Dopo quella notte, ero rimasto in buoni rapporti con Renji. - No, okay, si fa per dire. - Vi spiego tutto velocemente: quando la mattina del diciannove aprì gli occhi, mi ritrovai letteralmente il ragazzo appiccicato a me. Cosa mi disse? 
«Per favore, altri cinque minuti. Se me lo permetti, non dirò a nessuno che sei una ragazza. Anzi, ti aiuterò a non farti scoprire, promesso.» E secondo voi cosa ho fatto io? Ho accettato. Sono troppo ingenuo, lo so. «A-ah, Yuki! Perché devi fare così?!» Il ragazzo stava cercando in tutti i modi di allontanarmi da quel posto, ma io ero contrario. «Yuki, smettila.» Jed mi afferrò dalle spalle, allontanandomi da Yuki. «Non è il posto adatto per fare queste scenate. Non puoi costringere Jun a non frequentare chi lui voglia.» Avevo capito, in questi giorni, che Jed era una di quelle persone che Yuki temeva, forse perché più grande di lui. «Ma non capisci!» Cercava in tutti i modi di difendersi. «No, sei tu quello a non capire. » Mi sentivo parecchio in disagio. Non volevo che loro due litigassero a causa mia. «Allora sai che ti dico? Che faccia come voglia! Poi non venga da me a piangere se succede qualcosa! » Tutto arrabbiato, andò via. «Jed … » Cosa avevo combinato? «Stai  tranquillo, non è colpa tua. Vado a parlargli, non preoccuparti.» Mi diede una pacca sulla schiena: ormai si era abituato al fatto di non potermi toccare la testa.
Dopo che anche Jed andò via, inseguendo Yuki, rimasi solo.
«Ehi, Jun.» Intanto, vedendo Yuki allontanarsi, mi si avvicinò Renji. «Dai, vieni con me. » Mi disse, tentandomi di pormi una mano sulla testa, ma come il solito, lo frenai.

«No, la testa, no.»


«Ma! Io lo so, perché no?»


«La regola è così per tutti: la testa no.» Solo perché sapeva che quella che indossavo fosse una parrucca, non volevo lo stesso che mi toccasse la testa: metti che lo avessero visto Yuki o Jed? Chi glielo avrebbe spiegato il perché lui potesse e loro no? «D’accordo.» Rassegnatosi, si mise a camminare, facendomi cenno di seguirlo.

*


«Mi dispiace che tu abbia dovuto assistere a una scenata del genere.» Non era bello vedere quanto una persona potesse non sopportarti. Renji mi aveva portato in un piccolo spazio, dove vi erano due altalene. Io, ovviamente, non potevo fare “giochi” normali: in questo momento mi stava divertendo a fare l’equilibrista sul bordo del recinto di alcune piantine. «Non importa. » Mi sorrise. «Non capisco cosa sia successo di così grave … tanto che Yuki non voglia che ti frequenti. Cioè, perché quel “poi non venga a piangere da me”? Perché dovresti farmi piangere? Non ci capisco nulla. »  Non sopportavo che Yuki mi vietasse determinate cose senza un motivo ben preciso. «Ehi, ehi, non pensare troppo o ti scoppia la testa. » Che divertente! «Forse dovresti provare qualche volta anche tu a mettere a moto il cervello, scemo! » Innervosito, persi l’equilibrio, rischiando di cadere dalla parte opposta ai fiori. Di cosa avevo paura, però? Il mio “eroe” era lì! Scattando Renji mi afferrò da dietro, precisamente da sotto le braccia. «Tenti il suicidio? » Chiese, ridendo. «Forse. » Risposi io, muovendo insistentemente avanti e indietro i piedi, che ora svolazzavano nell’aria. La nostra differenza d’altezza era tale che Renji riusciva a sollevarmi da terra senza alcuno sforzo. Solo dopo avermi allontanato da dov’ero prima, decise di riappoggiarmi a terra.

«Ora stai buono qui. »


«Raccontami cos’è successo fra te e Yuki, e allora io starò buono.»


«Uhm…» Sospirò. «Sappi solo che io non ho colpe. Yuki era troppo accecato dalla gelosia per darmi ascolto, quindi non devi avere paura di me. Non sono una persona cattiva, anzi, io ho solo cercato il bene per Yuki, ma è un suo brutto vizio quello di non sapere ascoltare. Questo è tutto.» Aveva solo cercato il bene per Yuki? E lui era troppo geloso? Ero sempre più curioso di sapere cosa aveva scatenato in loro questa lite. «Ma dimmi un po’ tu … perché fingi di essere ciò che non sei?» Come? Lui non mi aveva spiegato il motivo del loro litigio e ora voleva sapere il perché mi fingessi maschio? «Sappi solo … che non sono cavoli tuoi!» Ecco. Gli feci un’enorme linguaccia, non avrebbe mai saputo la verità! «Ah, è così?» Di colpo mi avvolse il collo con il braccio. «Allora ti torturerò finché non parli!» Diceva sul serio? «Ehi! Che ti salta in mente, dai! » Iniziai a scalciare, cercando di liberarmi. «Zitto o ti faccio il solletico. » No, l’arma del solletico no! «Okay, okay, parlo!» Non è vero. Non appena mi lasciò, iniziai a correre. «Prendimi!» Esclamai, non guardando avanti.
Andai quindi a sbattere contro qualcosa, cioè, contro qualcuno. 
«Y-Yuki …» Sì, era lui. Rimase in silenzio. Intanto, di fronte a lui stava arrivando anche Renji. In questo momento eravamo: dietro di me Yuki e davanti Renji. Perché dovevo stare tra quei due mostri?! «Salve.» Osò dire Renji.

«Ascoltami bene, Renji. Sei stai frequentando Jun solo per colpire me, stai solo perdendo il tuo tempo.»


«Perché pensi a questo?»

 Guardai male il ragazzo: in effetti, inizialmente, era così. L’ultima volta mi aveva ben detto che se la prendeva con me solo perché ero amico di Yuki. «Non ho intenzione di far alcun male a Jun. Com’è libero di passare del tempo con te, è liberissimo di passarne con me. Chi dice fra i due sia io quello più “pericoloso”? In fin dei conti, tu ti sei semplicemente fatto abbindolare dalle sue parole …» Dalle parole di chi? «Non tirarla in mezzo.» Tirarla? Una ragazza! No, non ditemi che quei due avevano litigato per una ragazza.

«Eccome se la tiro in mezzo! È lei il problema, non l’hai mai capito?»

«Smettila di scaricare le colpe sugli altri!»


«Sei semplicemente tu a non vedere la verità.» Non li sopportavo più. «Ora basta!» Urlai, infuriato. «Siete stancanti! Non so che problemi abbiate, ma se avete litigato per una ragazza, siete proprio degli idioti! Credo che un’amicizia sia più importante di una stupida oca!» Okay, forse avrei dovuto pensare prima di dire queste parole. Avevo decisamente urtato Yuki. Mi voltai di scatto, dando questa volta le spalle a Renji. Fissai il ragazzo in faccia: i suoi occhi mi guardavano malissimo. La situazione si stava rivelando più seria di quel che potessi pensare. «Se non conosci la situazione, non parlare, maledetto moccioso!» Alzò di colpo una mano, intento a darmi un bel ceffone, che non andò a segno grazie all’intervento di Renji. «Visto?» Disse lui. Il ragazzo aveva bloccato la mano di Yuki e con l’altra mi aveva allontanato tirandomi a sé. «Io non lo avrei mai picchiato.» Rimasi con gli occhi spalancati. Il fatto che Yuki aveva tentato di picchiarmi portò in me non dei bellissimi ricordi. Quei ricordi che mi perseguitano fin da quando ero piccolo e che mi hanno costretto a fingermi qualcosa, anzi, qualcuno che non sono. Di colpo, mi liberai dalla presa di Renji. Camminando all’indietro, inizia ad allontanarmi dai due. «No, voi non capite. Siete degli stupidi, dei dannati stupidi.» Corsi via. Yuki tentò di fermarmi, ma fu a sua volta trattenuto da Renji. 

«Non aggravare la situazione.»

«Tsè …»

I ragazzi sono delle creature davvero stupide ed insensibili.

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Capitolo 7
*** Sai con chi stai parlando? ***


2 Ottobre

 
È quasi passato un mese da quando mi sono inscritto in questa prestigiosa scuola maschile, le foglie cadono via dagli alberi e l’autunno si fa sentire più insistentemente. Sono passati esattamente  otto giorni da quella spiacevole scena che mi ha reso ancora più diffidente di quel che ero già. Ho smesso di parlare con Yuki, anzi, non riesco a guardarlo nemmeno in faccia: ogni volta mi ritorna in mente il suo folle gesto. La mattina esco molto presto, il pomeriggio rientro in camera solo quando lui non c’è e la sera m’infilo subito sotto le coperte. Sono le 7:30, trentacinque minuti fa ho aperto gli occhi e dieci minuti fa  ho lasciato la stanza. Oggi è una giornata parecchio leggera, non ho nessuna materia impegnativa, quindi sto raggiungendo – da solo – la classe a cuor leggero. Non vi erano molti ragazzi in giro a quell’ora, di solito la maggior parte lasciava le loro camere verso le 7 e 50, giusto dieci minuti prima che suonasse la campanella. A quell’ora di solito giravano solo i professori intenti a raggiungere le classi e … i bulli. Oltre a quello che il primo giorno di scuola mi aveva fatto lo sgambetto, non ero mai stato importunato da nessuno, mi ritenevo quindi molto fortunato. Oggi, però, tutta la mia fortuna sarebbe svanita di colpo. Non appena le lezioni finirono, recuperate le mie cose, lasciai l’aula prima di tutti, anche prima che Yuki venisse a prendermi: ogni giorno sperava che lo perdonassi e che quindi decidessi di tornare in camera con lui. Raggiunsi il cortile, ma non vi era ancora nessuno, i ragazzi se la prendevano davvero comoda. Continuai a camminare, finché non mi allontanai un po’ dalle classi: questa volta non ero solo.

*

«Ehi, sbrigatevi! Dicono che fuori si stanno prendendo a botte!»Di colpo, nella classe di Yuki e Renji – perché sì, erano pure compagni di classe – arrivò un ragazzo che ansimando gridò quest’informazione. Fortuna che il professore aveva già lasciato l’aula. «Chi si sta prendendo a botte?»Rispose un ragazzo, alquanto interessato dalla vicenda. «Se ho capito bene uno di quei bulli che girano la mattina contro un ragazzino di terza!»Rispose quello. «Un ragazzino di terza? Chi è questo pazzo?!»Quel “ragazzino di terza” fece momentaneamente sentir male Yuki: io era di terza. «No, non sarebbe capace di ciò.»Pensò, fra sé e sé. «Cosa fai lì impalato?! Potrebbe essere Jun, corri!»Ma Renji non aveva le stesse certezze del ragazzo e, preoccupato, si mise a correre, non sapendo nemmeno dove precisamente si stesse svolgendo lo scontro. «Che cavolo.»Mormorò Yuki, inseguendo a sua volta il ragazzo. Raggiunto il luogo, guidati da un gruppo di ragazzi che assisteva, lo spettacolo che si parava davanti ai loro occhi non era uno dei migliori: il ragazzino di terza che stava facendo a botte ero io. Il ragazzo contro cui mi stavo scontrando era uno di quinta, grosso e muscoloso. Dietro di me, invece, vi era un ragazzo di seconda, particolarmente impaurito. «Jun! Fermati!» Di colpo, fui richiamato dalla voce di Yuki. Inutile. «Non sono affari che vi riguardando.»Non dovevano mettersi in mezzo, quella era una questione che riguardava me. «Allora, piccoletto, non ne hai avuto abbastanza?»Passai il palmo della mano sull’estremità della bocca, ripulendomi da una gocciolina di sangue che stava fuoriuscendo da questa. «Assolutamenteno.»Ero una persona abbastanza vendicativa. Mi scagliai contro di lui intento nel dargli un bel pugno in faccia. Convinto di potermi evitare senza alcuna difficoltà, il bullo se la prese con comoda. Il risultato fu però a mio favore: riuscii finalmente ad assestargli un pugno in pieno volto. Ora ero davvero felice. «Forse sei tu ad averne avuto abbastanza.» Non dovevo tranquillizzarmi solo perché l’avevo colpito. Di colpo mi poggiò una mano sul viso, facendo pressione, dopodiché mi alzò qualche centimetro da terra finendo poi per scaraventarmi contro il terreno. Okay, ora mi ero fatto davvero male. Ero atterrato sulla spalla, pensai davvero di essermela rotta, tuttavia rimasi in silenzio. «Sappi che non continuo solo perché non voglio avere guai, moccioso.»Era una moda chiamarmi moccioso? «Andiamo via.» Il ragazzo di quinta, richiamati i suoi “compari”, se ne andò. «Cosa cavolo ti è passato in testa?!»Scampato il pericolo, i due ragazzi che erano giunti per me s’avvicinarono. «Ti avrebbe potuto mandare all’ospedale!»Aggiunse Renji. Che ottimisti. «Ecco, sembrate così uniti solo quando dovete sgridarmi, non so se esserne felice.»Lentamente, tentavo di rialzarmi da terra: per fortuna mi aveva colpito solo due volte in faccia e penso una volta nel fianco, quindi non avevo alcun dolore alle gambe. «Non scherzare, marmocchio rosso! Perché ti sei messo a fare a botte, cos’è successo?!»Proprio lui mi chiedeva il perché facessi a botte? «V-vi prego, non è stata colpa sua!»Per fortuna che vi era il ragazzo di seconda che perlomeno mi difendeva. «Eh? Che significa?»
«M-mi stavano maltrattando … e così lui è intervenuto per aiutarmi. Si è preso le botte che sarebbero dovute andare a me, non rimproveratelo!»
«È così, Jun?» Perché chiedere conferma a me, quando sapeva benissimo che con lui non avevo voglia di parlare?«Perché quei tizi ce l’avevano con te?» Chiese allora Renji al ragazzino. Intanto che i due cercavano in tutti i modi di capire il perché di quello che era accaduto, io iniziai a muovere alcuni passi, allontanandomi dai tre. Dato che lo scontro era finito, la massa di persone che prima stava assistendo, iniziava a dissolversi velocemente.«Dove pensi di andare?» Yuki mi afferrò per il polso, bloccandomi.«Vado in camera a riposarmi.» Risposi freddo come sempre, strattonando via il braccio. Ripresi quindi a camminare ma fui ulteriormente bloccato.«A-ah, aspetta!» Questa volta era il ragazzino di seconda che si era parato di fronte a me.«Uhm?» Non capivo però cosa volesse.«Grazie ancora!» Mi era così riconoscente che mi ringraziò facendo un mezzo inchino. Non fosse stato inopportuno, penso che mi avrebbe baciato anche la punta delle scarpe.«Nessun problema.» Abbozzai uno dei miei rari sorrisi, ero felice che almeno lui non si fosse fatto alcun graffio. Accolti i ringraziamenti, andai via. Ormai l’unico testimone che era rimasto sulla scena era quel giovane ragazzo, che venne subito accerchiato dai due.«Vero che ci spiegherai tu quello che è accaduto . . . ?» Ora erano diventati loro i nuovi bulli. «A-aiuto …!»Il giovane allora spiegò ai due curiosi il perché io avessi iniziato a fare a botte contro quel bullo. Raccontò che qualche minuto fa quei ragazzi avevano iniziato a prenderlo in giro per un motivo decisamente assurdo. «Ah! Sei tu quello che è stato adottato?! Sei proprio uno sfigato!»Che razza di motivo era?! «G-già…»Però, il ragazzo dovette semplicemente dare ragione a quegli esseri poiché aveva troppa paura di rispondergli. Però, io da lontano potevo ben leggere nel suo viso la rabbia, quella rabbia che si stava generando anche sul mio. «E allora? Cosa avete contro chi è stato adottato?»Mi feci avanti ponendomi davanti alla povera preda di quelle iene: di certo, io, non avevo paura. «Uhm? E tu cosa vuoi? Ahah, non vedi che hai i capelli a fuoco?!»Oddio, umorismo sotto zero. «Ti ho chiesto di dirmi cos’hai contro chi è stato adottato.» Qualunque risposta mi avesse dato, lo avrei preso a botte.«Sai, mi piaci. Non hai paura di parlarmi. Cos’ho contro, dici? Bé, penso solo che chi è stato adottato deve essere proprio uno sfigato. Soprattutto quelli che sono stati adottati perché abbandonati dai genitori naturali! Ahahah, mi fa solo ridere!» Non sapeva con chi stava parlando.«Bene. Ne hai uno davanti.» Mi avventai contro di lui, sferrandogli con tutta la forza che avevo in corpo un pugno sulla guancia destra. Se non mi fossi trattenuto sarei finito in un riformatorio per omicidio.«Tu- maledetto!» I ragazzi che erano insieme a quel bullo si mossero, con l’intento di riempirmi di botte.«No, fermi. Me ne occupo io.» Ma il capo aveva il suo orgoglio: mi avrebbe steso da solo. Dopodiché il ragazzo non raccontò altro, poiché da quel punto in poi i ragazzi avevano visto con i loro occhi.

*

«Tu… sapevi che Jun fosse stato adottato?» Ottenute le informazioni che gli interessavano, i due lasciarono il luogo dello scontro.«No, non ne avevamo mai parlato.» In effetti sia Yuki che Jed sapevano davvero poco riguardo al mio conto, figuriamoci se sapevano che fossi stato adottato! Sì, vi tolgo anche un altro dubbio … “l’affascinante” ragazzo di nome Hire che mi ha accompagnato il primo giorno di scuola è il mio fratellastro. Ecco perché non lo chiamo molto spesso fratello, fra di noi non c’è nessuno legame di sangue, quindi non vedo il motivo di usare quel legame di parentela.I due raggiunsero la stanza mia, di Yuki e di Jed, credendo che io fossi lì, infondo era quello che gli avevo detto. Senza prendere la chiave, Yuki bussò alla porta. «Jun, apri, sono io.»Disse. La porta si aprii, ma dall’altra parte non vi ero io, bensì Jed. «Yuki? Che succede?»Per evitare che Jed potesse vederlo insieme a Renji, aveva nascosto il ragazzo dietro la porta. «Jun … non è qui?»Chiese, scrutando l’interno della stanza. «No, non è ancora rientrato. Perché, cos’è successo?» Rispose confuso.«Nulla, stai tranquillo. Ci vediamo fra un po’.»Non voleva farlo preoccupare, sapeva bene quanto Jed ci tenesse a me. C’è da dire che il ragazzo era oltretutto ignaro della scena che era accaduta quella domenica, il tenerlo allo scuro di tutto era l’unica cosa di cui io e Yuki eravamo d’accordo. Diede un colpo alla porta, facendola chiudere, dopodiché i due ripresero a camminare, non sapendo però dove cercarmi. Andando via, Yuki non si accorse che Jed avesse riaperto la porta, notando con chi fosse in compagnia. «Non me la racconta giusta.»Se Yuki era persino in compagnia di Renji, doveva essere per forza successo qualcosa, pensò Jed. Così, non appena i due si erano allontanati abbastanza, anche Jed lasciò la stanza.

*

«Dove cavolo può essere andato?»I due non sapevano minimante dove cercarmi. «È il suo primo anno in questa scuola, non conoscendola bene non sarà andato troppo lontano ... oltretutto non stava molto bene, quindi deve essere nei paraggi.»Renji aveva ragione. Non sapevo come muovermi in quel dannato labirinto, quindi mi ero limitato a raggiungere un posto abbastanza appartato, precisamente la riva di un piccolo laghetto che era posto non molto distante dalle camere, che tuttavia era ben nascosto dalla presenza di innumerevoli cespugli. «Yuki aveva ragione … cosa mi è passato nella testa?» Intanto, grazie all’acqua del laghetto, tentavo di ripulirmi da quelle macchie di sangue che erano davvero fastidiose. «Magari riuscissi a levare anche questo livido qui!» Mi aveva letteralmente distrutto il viso. Ero abbastanza delicato, quindi anche con un semplice colpetto poteva restarmi un evidente livido per settimane e settimane. Non avevo tuttavia nulla per asciugarmi, poiché non avevo intenzione di macchiarmi di sangue la camicia bianca. «Tieni.» Sobbalzai. Accanto al mio viso passò una mano che teneva fra le dita un fazzoletto di stoffa. Mi voltai per capire di chi fosse. «Jed …» L’ultima persona che avessi voluto incontrare in quel momento.

«Devi raccontarmi un sacco di cose … vero?»

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Capitolo 8
*** La cosa più importante ***


Immergendo più volte il fazzoletto all’interno le acqua del laghetto, Jed si preoccupò di ripulirmi da tutte quelle macchie di sangue che mi ricoprivano il viso. «Ancora non parli?» Non potevo spiegargli quello che era accaduto, si sarebbe arrabbiato troppo.

«Cosa vuoi che ti dica?»

«Spiegami cosa ti è successo».

«Sono caduto».

«Per esserti fatto delle ferite del genere devi essere caduto da molto in alto. Cos’è … hai messo le ali?» Bene, mi prendeva pure in giro. «Sì, e ora spicco il volo!»Tentai di rialzarmi per fuggire via, ma afferrandomi per una spalla il ragazzo mi fece riaccomodare. «Non ti fidi di me?» No, mi stava guardando con quella faccia: la faccia da cane bastonato.
«N-non è che non mi fidi …» Sospirai. «Ho fatto a botte.» Alla fine dovetti rivelargli la verità: ora temevo la sua reazione. «Vedi! Cosa ti costava dirmel- …» Inizialmente non aveva ben capito cosa gli avessi detto. «Jed?» Era in silenzio. «TU HAI FATTO COSA?!» E poi esplose.
«Vedi perché non volevo dirtelo!» Avrei voluto piangere.

«Jun ma che ti è preso?! Perché mai avresti fatto a botte?» Quella notizia lo aveva proprio sorpreso.

«Perché … ero arrabbiato».

«Non potresti essere più chiaro?»

«Ero arrabbiato per un mucchio di cose, poi ho visto quei tizi che se la prendevano con uno più piccolo per una stupidaggine e quindi sono scoppiato!»

«Non riesco ancora a capire … quali tizi? E cosa hanno fatto?»

Ormai che eravamo arrivati a quel punto mi sembrava inutile nascondergli quello che era accaduto, quindi gli raccontai per filo e per segno la scena e il perché si fosse generata.

«Capisco … come mai non ci hai mai detto nulla?» Non appena gli raccontai tutto, si calmò.

«Riguardo cosa?»

«Dell’essere stato adottato».

«Perché mai avrei dovuto dirvelo?»

«Bé, sai, siamo tuoi amici …»

«Mi dispiace.»

«Eh?»

«Quand’ero piccolo i miei genitori non erano capaci di occuparsi di me, quindi mi hanno affidato a una nuova famiglia».

«Ed è per questo che sei cresciuto così apatico?»

«C-cosa? E’ solo che … come potrei fidarmi della gente quando nemmeno coloro che mi hanno dato la vita hanno … saputo …»Iniziai a balbettare. In mente mi ritornavano    alla memoria ancora quei ricordi che aveva segnato la mia infanzia, dei miei genitori, coloro che mi aveva fatta troppo, davvero troppo male. Chinai il capo, iniziando a fare dei respiri profondi per calmarmi. «Ehi, ehi, calma». Mi avvolse con un braccio, tentando di farmi calmare. «Ci sono io qui. Cosa potrebbe mai accaderti?». Aveva ragione, mi ero iscritto in quella scuola per sentirmi al sicuro, non potevo farmi  prendere dal panico. «Ah, Yuki ha provato a picchiarmi». Mi ero dimenticato di dirgli la cosa più importante! «Cosa? Cosa? Ecco, chi poteva darti il cattivo esempio se non quella testa calda?!» Soffocai una risata: ora quel babbeo era davvero nei guai! «Non lo uccidere però».
«Tranquillo, soffrirà di una morte lenta e dolorosa». Sorrise, scrocchiandosi le dita. «Ora rientriamo, ti devo medicare quelle ferite». Si alzò un po’ e prendendomi dal polso, mi caricò sulle spalle. «C-ce la faccio a camminare!» Non vi era davvero il bisogno. «Shh, lascia fare tutto al tuo fratellone!» A volte quel ragazzo mi ricordava davvero Hire. Non feci quindi più resistenza. «Jed … grazie». Sorrise. «Ah, prima che mie ne dimentichi… Jun, mi presteresti per favore il tuo cellulare? Ho lasciato il mio in camera». Ad un tratto mi fece questa richiesta. «Oh? Certo». Lo tirai fuori dalla tasca, dandolo direttamente in mano al ragazzo. «Grazie». Compose velocemente un numero, portandosi successivamente l’apparecchio all’orecchio.

«Yuki, sono Jed».

«Jed? Perché mi è uscito il numero di Jun?»

«Prova ad usare il cervello per qualcosa di utile. Jun è con me … stiamo andando in camera, raggiungeteci».

«Che?»

«Tu e Renji».


«Ma come …»

«Sbrigatevi».

«Okay, okay, arriviamo».


Interrotta la chiamata, ripose il cellulare nella tasca dei pantaloni, dopodiché affrettò il passo affinché arrivassimo prima dei due. «Stanno per arrivare, fingi di dormire». Riempitomi di bende e cerotti – come se già non ne avessi abbastanza di mio – Jed mi fece stendere sul letto: fra poco sarebbero arrivati Yuki e Renji. «D’accordo». Sapendo che io stessi dormendo, Jed credeva che quei due sarebbero riusciti a parlare più apertamente, quindi mi rifugiai sotto le coperte, lasciando comunque uno spiraglio che mi permettesse di osservare quello che sarebbe accaduto. Non passarono nemmeno cinque minuti che i due tanto attesi arrivarono. «Siamo arrivati». Disse Renji, sfrontato come sempre. «Ciao … » Mentre Yuki, ritrovandosi davanti Jed, era più titubante. «Bentornati». Rispose l’altro ragazzo, mostrando un sorriso piuttosto ambiguo. «Jun?» Chiese Yuki, guardandosi intorno. «Dorme nel suo letto».  Indicandomi col pollice, Jed fece notare quei pochi ciuffi rossi che uscivano da sotto le coperte.  «Come sta?» Chiese ancora. «L’ho medicato. Aveva diverse ferite».  Intanto che i due discutevano, Renji andò ad accomodarsi sul letto di Yuki. Quest’ultimo gli lanciò un’occhiataccia, ma non aveva nemmeno più la voglia di stargli dietro, quindi temporaneamente lo avrebbe lasciato in pace.  «Ti ha raccontato anche il perché?» In quel momento avrebbe voluto morire. «Sì». No, aspetta, sapeva che sarebbe morto, ma per mano di Jed. «Mi dispiace». Cos’altro poteva dire? «Non dovresti scusarti con me».Di colpo il ragazzo andò a sedersi sul mio letto, facendo attenzione a non schiacciarmi le gambe. «Voglio che voi due facciate una cosa». Era serio. «Che cosa?» Yuki deglutì. «Spara». Erano pronti a tutto. «Dovete decidere cosa sia più importante per voi … se il vostro orgoglio o il bene di Jun».I due si diedero uno sguardo veloce. «La risposta è abbastanza ovvia». Rispose Yuki. «Pace?» Chiese Renji, facendo cenno all’interessato. «Sì, ma solo per Jun». Era importante specificare. «Ovvio». Il loro odio reciproco non sarebbe cessato così facilmente. «Oh, che bravi ragazzi!» Concluso il patto, Renji si rialzò. «Se abbiamo finito, io tolgo il disturbo. Ci vediamo … amici». E con un cenno della mano, andò via. «Amici un corno …» Borbottò. «Yuuki». Jed subito lo rimproverò. «Che c’è? Sta dormendo!» Con questo intendeva dire che avrebbe fatto il bravo ragazzo soltanto in mia presenza, anzi, soltanto se i miei occhi l’avessero potuto vedere. «Già … chissà se sta dormendo davvero.» Sussurrò Jed. Sì, in effetti mi ero addormento davvero, più o meno quando i tre avevano iniziato a discutere, quindi mi ero perso le parti fondamentali della discussione. Fare a botte toglieva un sacco di energia! «Cosa hai detto?»

«Uhm? Nulla, nulla.»

«Comunque ora sveglialo».

«Perché mai? Dorme così bene!» Se Yuki non mi disturbava non si sentiva bene! «Deve fare i compiti». Ecco il maniaco dello studio. «Ma dai! Domani lo faremo restare a letto! Vuoi mandarlo a lezione con un livido del genere sul viso?»

«Aaah, e va bene!» Dovette arrendersi all’evidenza. «Brava mammina».

«Che? Perché dovrei essere io la madre?»

«Perché lo decido io. E se ti opponi, ti soffoco con un cuscino». Prese fra le mani l’oggetto. «Non sono cose belle da dire …» Deglutì, indietreggiando di qualche passo dall’amico. «Ma da fare sì». Jed stava per entrare nella sua modalità “Serial Killer”. «Che … perché mi guardi così?» Ora aveva davvero paura. «Vieni qui mogliettina mia!» Scattò contro il ragazzo, che capito il piano di quest’ultimo, iniziò a girare per la stanza, tentando di sfuggirgli. «Jed, Jed!! Svegliamo Jun!!» Anche se lo spazio non era sufficiente per permettergli di scappare dalla grinfie di Jed. «Pensi che la passerai liscia per quello che gli hai fatto? Se soffri in silenzio vedrai che Jun non si sveglierà!»

«Aaaah, aiutooo!!!»
 

Sono curioso di sapere se Yuki 
sopravvivrà fino al  prossimo capitolo, e voi?

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Capitolo 9
*** L'apparenza inganna ***


Sono passate altre due settimane e i miei giorni scolastici trascorrono in piena tranquillità.
Yuki e Renji finalmente vanno un po’ d’accordo, quindi stranamente … sono felice.
Oltretutto sto iniziando a legare anche con i miei compagni di classe, ma cosa ancora più importante: nessuno, oltre Renji, era ancora riuscito a intuire che io fossi una ragazza. Oggi è sabato e sono le quattro del pomeriggio; mi sto dirigendo nella camera di Renji: mi ha invitato a stare da lui per la prossima settimana. Ho davvero bisogno di stare un po’ senza la parrucca e senza quelle odiose bende che mi comprimono ogni via respiratoria: che vita. In giro a quell’ora non vi era mai nessuno o quasi …
«Una ragazza?» Cosa ci faceva nella parte maschile soprattutto il sabato? Se l’avessero vista, sarebbe finita davvero nei guai. «Ehi, tu … che cosa ci fai qui?» Mi avvicinai a lei. Aveva lunghi capelli biondi ed era pure più alta di me!  «O-oh … m-mi sono persa». Sussurrò. «È pericoloso stare in giro, vieni con me». Ero solidale nei suoi confronti, anch’io i primi giorni mi perdevo sempre, quindi sapevo bene come potesse sentirsi. «V- vuoi farmi … qualcosa?» Che? «Ma cosa dici! Cerco solo di evitare che ti mettano in punizione!» Il mio viso era rosso, completamente rosso. Sembravo davvero un poco di buono che tentava di violentare la prima ragazza che vedeva? Lei era comunque una stupida. Le afferrai la mano ed a passo spedito ripresi a camminare verso la mia meta. Raggiunta aprii la porta con il doppione delle chiavi che lo stesso Renji mi aveva dato: mi aveva preso davvero in simpatia quel ragazzo. «Accomodati pure».Le feci cenno di entrare e di fare come se fosse in camera sua. «È la tua camera?» Chiese, guardandosi intorno. «No, di un amico». Incuriosita, scrutava bene ovunque.
«Caaapisco … il tuo nome?»
«Mi chiamo Jun, invece tu?»
«Selene! Piacere». Mi tese la mano ed io per educazione ricambiai la stressa. «Dobbiamo trovare il modo per farti tornare di là senza che qualcuno se ne accorga … mi chiedo ancora come tu abbia fatto ad arrivare di qua però …»  Ero davvero confuso. Era possibile che si fosse mossa passando così inosservata? «… aaah, quando torna Renji vedremo!»Non ero bravo nell’ideare dei piani, mi sarei affidata a quello stratega. «Oh? E chi sarebbe?»
«Il proprietario della stanza». Parli del diavolo e spunta Renji. La porta si spalancò e il ragazzo fece la sua entrata. «Ciao Renji!»
«Jun … mi pare di aver invitato soltanto te». Non era per niente felice. «Scusami! Si era persa, quindi ho semplicemente cercato di aiutarla!»La mia era solo una buona azione. «Portandola qui? Lo sai che se ci scoprono finiamo anche noi nei guai? Sei un disastro, piccoletto». Sospirò.
«Chi saresti, quindi?»
«Piacere, Selene!» Energicamente la ragazza si presentò anche al nuovo arrivato. «Oltretutto, mi sembra strano vederti così gentile».
«Che cosa stai cercando di dire?»Io ero sempre gentile! A modo mio, ma lo ero. «No, no. Nulla». Lo vedevo bene, rideva! Dopo qualche secondo di silenzio, si udii un rumore piuttosto strano, sembrava quasi il verso di un’animale. «Ecco … avete qualcosa da mangiare?» Ma si rivelò essere semplicemente lo stomaco della ragazza. «Ma guarda un po’».Renji era sempre di più scocciato. «Uh! Esco a prendere qualcosa!» Mossi un passo ma fui subito bloccato: la ragazza si era aggrappata al mio braccio. «Aspetta … resteresti con me?»Fissò un attimo Renji, per poi riportare il suo sguardo su di me. «Lascia stare, esco io».Detto ciò, il ragazzo uscì.  «Cos’è? Non ti andava di rimanere sola con Renji?» Non che avesse tutti i torni.«Hmm, no, non è quello il motivo».
«E allora perché non hai fatto uscire me?» Non lo avessi mai fatto. Perché dovevo essere così maledettamente curioso? «Perché tu mi piaci di più». Di colpo, si slegò la cravatta che portava al collo e senza nemmeno darmi il tempo di poter aver un qualsiasi tipo di reazione, mi afferrò sbattendomi contro la ringhiera del letto.«Che diavolo ti prende?!»Esclamai, confuso. Non mi rispose, pensava semplicemente a legarmi con cura i polsi grazie alla cravatta. «Adesso ci divertiamo».
Intanto Renji tranquillamente stava raggiungendo il piccolo negozio alimentare che si trovava all’interno della scuola. A un tratto fu attirato dalle chiacchiere di un gruppetto di ragazzi.
«Ehi, avete sentito cosa dicono?»
«Sì, un travestito maniaco gira per la scuola!»
«… parlano di Jun?» pensò il ragazzo. «Pare che ci sia un ragazzo che si veste da ragazza! Cose da pazzi».
«Ahahah, immagini? Credi che sia una ragazza … e poi invece ti ritrovi la sorpresa! Davvero, ragazzi, dovremo stare attenti». Renji sbiancò.
«Scusatemi … si ha qualche descrizione fisica di ‘sto tizio?»
«Hmm … dicono sia un biondino e sia abbia dei capelli molto lunghi, proprio come quelli di una ragazza».
«Capisco, grazie».
Compresa la situazione e sospettando che il travestito di cui quei ragazzi stessero parlando fosse proprio la ragazza che ora era in camera sua insieme a me, Renji scattò via, sperando di arrivare in tempo. Per fortuna non aveva percorso troppa strada. Quando si ritrovò davanti alla serratura della sua stanza, inserii la chiave, le fece fare un giro e aprii di colpo la porta. «Jun! Tutto … a … posto … » La scena che si parò davanti ai suoi occhi lo lasciò completamente senza parole.Si portò una mano sul viso che ormai stava diventando completamente rosso. «Il mio … bacio … con una … ragazza». Sì, avete capito bene: quella ragazza mi era saltata addosso e nello stesso momento in cui Renji aveva aperto la porta, lei aveva staccato le sue labbra dalle mie. «Ragazza un corno! Quello è un ragazzo». Scosse il capo e successivamente  indicò il colpevole. Per lo meno non ero stato baciato da qualcuno del mio stesso sesso. «Allora mi hai scoperto». Di colpo il suo tono di voce era cambiato: ora parlava come un ragazzo! «Levati subito da Jun prima che ti prenda a botte!» Renji era davvero infuriato, tanto ché si avventò subito su quel tizio, levandomelo da sopra. «Aaaah … un ragazzo, è un ragazzo …»Io intanto ero completamente andato. «Jun, riprenditi!» Mi slegò i polsi e poggiandomi le mani sulle spalle, tentava di farmi ritornare in me. «Penso che ormai possa andare via». Certo, aveva commesso il delitto e ora fuggiva! «Ci vediamo, mio piccolo Jun». Renji decise di farlo andare via senza opporre resistenza, la cosa più importante ora era farmi riprendere. «Ecco perché era più alto di me …» Commentai, ritornando in me.«Era questo il tuo unico problema?» Rispose. «Non ti rendi conto?» Disse, tutto esaltato. «Cosa?» Che cosa aveva notato di così emozionante? «Lui ti ha baciato credendo fossi un ragazzo, però tu sei una ragazza. Tecnicamente non c’è nulla di strano. Ma lui ti ha baciato da donna e tu lo sei, quindi può essere anche … però … aspetta, potrei  considerarvi anche entrambi maschi. Sono un po’ confuso». Che razza di  ragionamenti stava facendo?! «Tu sei quello confuso?! Sono io quello che è appena stato baciato da uno sconosciuto!» Ancora non ci credevo. «E se non fossi arrivato io, sarebbe andato ben oltre …» Fece notare che alcuni bottoni della mia camicia fossero sbottonati.«Aaaaaaaaah, non farmi pensare!» Il mio viso divenne dello stesso colore della mia parrucca. Non volevo immaginare cosa mi sarebbe potuto accadere. Non avrei aiutato più gli sconosciuti, questo è ben certo! «È colpa tua. Non dovresti essere così ingenuo … mio piccolo Jun».
«Smettila, smettila! Ti odio». Iniziai nervosamente a muovermi in direzione del bagno.«Ora dove vai?»
«Devo disinfettarmi la bocca». Avevo ancora sulle labbra la saliva di quel pervertito, se ci penso mi viene il vomito! La mia povera bocca era stata profanata senza alcun ritegno. «Dai, non dirmi che era il tuo primo bacio!» Lo fissai qualche secondo, voltandomi in seguito di scatto. «Ahahha, Jun! Mi farai morire! Ahahaha!» E allora? Non ero di certo una persona che si metteva col primo che le capitava! Per me l'amore era una cosa importante e quello sì, era il mio primo bacio e mi era stato rubato! «Ti odio. Torno in camera mia». Non sopportavo più la sua presa in giro. «No, no, aspetta! Scusami!» Mi bloccò dalle spalle prima che potessi muovermi ulteriormente. «Maledetto. Avrebbe dovuto baciare te!» Avevo voglia di piangere. «Io attiro solo belle ragazze, non i pervertiti!» Mi diede una pacca sulla spalla, credendosi d’aiuto. «Ti odio. Ti odio. Ti odio».

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