Darkness

di Keyshima Nagasaki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'antro dell'Inferno ***
Capitolo 2: *** Chapther 1 L'antro dell'inferno ***
Capitolo 3: *** Chapter 2 L'Energia del Peccato ***
Capitolo 4: *** Chapter 3 Il salto tra le Fiamme ***
Capitolo 5: *** Chapter 4 La promessa dell'infanzia perduta... ***
Capitolo 6: *** Chapter 5 Sorrowful Stone ***



Capitolo 1
*** L'antro dell'Inferno ***


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Capitolo 2
*** Chapther 1 L'antro dell'inferno ***


 
Darkness
 
 
Chapter 1: Nell’antro dell’inferno
 
In tutta la storia non si è mai riscontrato un vero testo nel quale si spieghi  in modo scientifico e con delle prove tangibili il perché dell’eterno terrore degli uomini verso l’oscurità. Nelle mitologie delle diverse popolazioni precedenti alla nostra si è sempre parlato di mostri che agiscono nell’ombra e attaccano gli uomini. La varietà di mostri che descrivono gli antichi, “esseri dell’ombra”, è davvero vasta: demoni vampiri serpenti mutanti e altre creature simili…
Ma la realtà era così semplice che a considerarla all’inizio non fosse possibile, anch’io stento ancora a crederci a questa pura semplice realtà: l’oscurità non è altro che l’ombra della morte, e qui posso raccontare cosa è successo un fatidico caldo giorno di giugno nella scuola superiore Shizuka.
È il tre giugno e sto camminando indossando la solita divisa scolastica rossa e bianca nella via che porta all’ingresso della mia scuola. Il mio nome è Akito Tetsura e ho quattordici anni, vado in una scuola al centro del quartiere est di Tokio in cui si è sparsa la voce da tempo di un presunto mostro che divorerebbe gli studenti. Mentre oltrepasso il cancello del cortile della mia scuola metto la mano nella mia borsa e prendo il giornale che avevo comprato poco prima e che avrei letto durante la pausa e mi cade l’occhio sul titolo della prima pagina, un ispezione nella mia scuola: “Visto il caso dell’esagerazione sulla presunta leggenda di un mostro nella scuola centrale Shimara, fondata nel 1987, è stata chiesta un ordinanza dal governo di fare un’ ispezione di tre giorni per mettere a tacere definitivamente le numerosissime lamentele verso la polizia che non avrebbe indagato a lungo su questo caso.”
“Proprio una cosa ufficiale quindi! Per come la vedo io non credo sia per niente necessaria una cosa del genere ma finché ci fanno saltare la scuola che facciano quello che vogliono quelli del governo.” Pensai tra me e me. “Ehi! Akito!”
Mi giro e vedo un ragazzo alto abbronzato con i capelli castani chiari e con occhi verdi e con la camicia scolastica rimboccata. Era il mio compagno di classe Hajime Kazuhiro, quattordici anni. “Ah ciao Hajime…”-“Stai bene? Sembri triste, spaventato per l’esame di fine anno? ”
“No non sono triste stavo solo pensando se ci daranno i tre giorni di vacanza.”-“Parli dell’ispezione qua a scuola? È molto probabile che ci lascino restare a casa per far lavorare in pace i poliziotti che verranno qui. Sta arrivando anche Fujino Tetsuki.” Mi giro nella direzione in cui stava guardando anche Hajime e vidi una ragazza dai capelli rossi corti con la divisa della scuola che ci stava venendo incontro, anche lei nostra compagna di classe nonché mia amica. “Ciao Akito, ciao Hajime! Come state?”-“Tutto bene te?” Rispose Hajime “Anch’io bene ma Akito mi sembra un po' preoccupato, stai bene?” Mi chiese Fujino. “Si stavo solo pensando alla storia dell’ispezione per il problema delle sparizioni legate alla leggenda del mostro della scuola…sai c’è una voce che circola che dice che qualche giorno fa c’è stata un'altra sparizione.”
“Non capisco come si possano inventare queste storie sulle sparizioni, però anche se fossero degli scherzi si capisce che stanno diventando cose sempre più serie nella società visto che si è arrivati fino ad un’ispezione totale della scuola.” Disse Fujino.
“Sarebbe bello se ci facessero saltare gli esami per queste storie hahaha!” Rispose Hajime. “Visto che avremo tre giorni di vacanza perché non andiamo al mare?” Chiese Fujino. “No.” Rispose freddamente Hajime. “Perché decidi così su due piedi?”-“E me lo chiedi anche? Lo sai benissimo che Makoto è gelosissima! Cosa pensi che direbbe se scoprisse che esco con te?”-“Guarda che io intendevo tutti e tre e poi perché non inviti anche lei?”-“Abbiamo già degli impegni, mi dispiace. Le avevo promesso di andare in una casa al mare fuori città noi due insieme. Perché non andate te e Akito?”-“P-per me va bene…”
DRIIIIIN!
“È già suonata. Andiamo o volete entrare dopo la seconda campanella?”-“Andiamo che così almeno ripassiamo per la prova d’esame.” Risposi.
“Ehi, Akito, io ci ho provato a convincerla a uscire con te ma mi sa che si vergogna.” Mi dice Hajime con un sorriso ironico. “Ch-ch-chi te l’hai mai chiesto nessuno di convincerla a uscire noi due da soli?! E poi perché?!”-“Andiamo, lo so benissimo che a te piace. Ammettilo.”-“Stai zitto e vai a ripassare se non vuoi che la tua bella gita venga sospesa dai tuoi per un votaccio a questo esame.” Gli rispondo arrabbiato. “Va beeeene, io un tentativo l’ho fatto.” Io, Hajime e Fujino entriamo dentro la scuola, essa è composta da sei piani e nell’ala sinistra ci sono le classi delle prime quattro sezioni del primo, secondo e quarto anno. Nell’ala destra invece ci stanno tra il quinto e sesto piano le classi delle quattro sezioni del quinto anno e nel terzo e quarto piano ci sono invece le aule di informatica, disegno, laboratorio chimico e un’aula con, all’interno un televisore per vedere dei film durante le ore buche. Nei piani più bassi ci stanno sei classi per i bambini delle elementari e purtroppo nell’ala centrale al quinto piano c’è la mia classe a cui è sempre una faticaccia arrivarci. Mentre le ore passano continuo a pensare alla possibilità che la storia del mostro sia vera, comprese le sparizioni. Se fosse veramente vero e se tutto fosse stato nascosto dalle autorità, allora anche l’ispezione sarebbe inutile visto che soltanto la polizia e i rispettivi familiari dei ragazzi scomparsi saprebbero la verità e quindi fare l’ispezione e cercare delle prove nella scuola sarebbe come cercare un posto senza ossigeno in un mondo come il nostro, che è contornato d’aria. Ma se questa mia teoria fosse sbagliata si potrebbe anche mettere in discussione un possibile collegamento tra il presunto mostro e i ragazzi scomparsi e le possibilità che sia tutto uno scherzo aumenterebbero vertiginosamente!
Una marea di possibilità mi balenano nel cervello e prima che mi accorgo sono già le dodici e ventinove e mentre fissavo fuori dalla finestra alla mia sinistra, completamente assorto nei miei pensieri, mi pare di sentirmi chiamare da una voce femminile dolce come un angelo. Alzo la testa e mi guardo intorno per vedere se la professoressa che sta invece spiegando o se qualcuno della mia classe mi stava chiamato. Invece, nessuno mi sta nemmeno guardando.
Penso tra me e me: ”Che abbia le allucinazioni?! ” Mi giro verso fuori la finestra e rimetto la testa tra le braccia. Dopo dieci secondi mi sento chiamare ancora dalla stessa voce ma con un tono più forte rispetto a prima. Mi giro di scatto ma neanche questa volta nessuno mi stava chiamando. Sento l’agitazione che saliva in tutto il mio corpo fino alla testa, faccio persino fatica a deglutire. Un'altra voce, che è più spaventosa rispetto all’altra mi dice di addormentarmi ed io, dopo pochi secondi cado con la testa contro il banco dopo aver inutilmente provato a resistere.
Mi sveglio e mi accorgo che sto andando giù in picchiata verso il fondo di una specie sentivo in un buco nero da cui non riuscivo più a uscire mentre andavo in picchiata giù…un tornado…no…sembrava più un portale nel cielo che se lo attraversavi entravi nel mondo umano mi sembrava fosse quello che vedevo. Il mio corpo non si muoveva ed io non urlavo ma fissavo questa luce in fondo a questo turbinio di tenebre che diventava sempre più grande. Davanti a me scorrevano come delle lastre, tutte collegate tra loro ma senza che fossero correlate fra esse, delle parti del tempo…parti della mia vita, felici e tristi…alcuni stracolmi di sentimenti come d’amore o di rabbia e altri che sembravano bianchi…completamente neutri…momenti della mia vita in cui non avrei mai voluto essere in un certo posto in un preciso momento. Queste suddette “lastre” mi accompagnarono nella caduta verso questa luce che tanto bramavo di sfiorare come se fosse Dio…
Non mi stavo ponendo nessuna domanda ad esempio cosa stava succedendo o perché dovesse succedere, esattamente come in un sogno in cui alcuni momenti sembra che hanno una ragione ma in realtà non ce l’hanno. La luce sta diventando sempre più vicina fino a investirmi completamente. Le lastre del tempo si sono fermate all’improvviso e subito dopo io attraverso il portale di luce. Nel guardarmi brevemente intorno mi accorgo che sono circondato dalle nuvole, come se stessi precipitando nel cielo. Con grande difficoltà riesco a girarmi con la schiena verso il basso e mi fisso involontariamente a guardare con aria inerte la luce che sta sopra di me ormai lontana da me quasi di un chilometro che compone il portale di luce. Le lastre non lo hanno attraversato ma più che altro in quel momento mi è parso che il portale assomigliasse ogni secondo di più al viso di Fujino che mi sembra mi stesse anche chiamando. Pian piano, la voce che mi sembra di sognare sta diventando sempre più forte e poi, come se mi colpisse qualcosa, diventa tutto nero.
…al mio risveglio vedo Fujino seduta nel banco davanti a me che mi guarda e mi chiama. L’immagine di lei si sta a poco a poco mettendosi a fuoco, con il suo splendido viso con i capelli rossi e gli occhi verdi scintillanti come stelle che mi guardano preoccupati, solo allora capii…che sto fantasticando su Fujino! Mi alzo di scatto e chiedo freneticamente e balbettando:”C-che ore sono?!”-“È l‘una e ventisette ma stavi dormendo sul serio? Hahaha e perché sei tutto rosso? Stavi forse sognando qualcuna che ti piace eh?”-“N-no! Ma che cosa stai dicendo? Perché mai dovrei fantasticare su una ragazza eh?! Comunque usciamo da scuola che voglio tornare a casa!” Sono rossissimo in faccia, non posso vederlo ma sento tutta la faccia che mi scotta e la pelle calda. “O-ok.” Mi risponde stando dietro di me. Dopo che abbiamo salutato Hajime ci dirigiamo verso il cancello della scuola mentre Fujino mi guarda con occhi straniti da diversi minuti. Dopo poco che prendemmo una strada conosciuta solo da noi due e che percorrevamo insieme perché eravamo vicini di casa Fujino si gira verso di me e mi dice:“Akito, oggi è la prima volta che ti addormenti in classe durante l’ora di chimica, e pensare che è la tua materia preferita. Hai dormito poco stanotte?” Il sudore non si accenna a fermarsi, anche se mi ha solo rivolto la parola le guance non smettono di essere rosse ma per fortuna non mi vede così. “N-no niente del genere. Ehm senti..” A stento riesco a formulare una frase. “…Prima che io mi addormentassi ho sentito una voce femminile molto dolce. L’hai sentita anche tu?”-“Voce? No, non mi sembra. Sei sicuro di non aver sognato la voce di qualcuna che ti piace tipo Minaho? Ho sentito dire che te a lei piaci ma non ha mai avuto il coraggio di parlartene.”-“Sm-smettila di dire queste cose. E adesso ciao! Devo andare a studiare.”-“Ok ciao! Se hai ancora bisogno di aiuto chiamami!”
Come potrei chiamare a casa mia una ragazza che mi fa battere il cuore così forte solo a camminare? Pensai tra me e me.
“OK grazie.” Arrivai a casa dove fortunatamente non c’era nessuno così avrei potuto mangiare davanti alla tv.
 Dopo aver mangiato e messo il piatto e le posate nella lavastoviglie salgo le scale e vado al secondo piano di casa, giro la maniglia della porta ed entro in camera mia dove mi ritorna in mente la storia della voce che avevo sentito prima in classe subito prima di addormentarmi, mi chiedevo soprattutto come una voce potesse controllare il mio cervello ma per come la rigirassi la situazione, mi sembrava sempre più una coincidenza e quindi ho preso FullMetal Alchemist 2 The curse of the Crimson Elixir e ci gioco per circa due ore, fino alle quattro circa del pomeriggio quando, mi accorgo di non avere il cellulare e mi balena in mente che l’avevo lasciato sotto il banco stamattina. Per chiamare Fujino per aiutarmi a studiare mi sarebbe bastato usare il telefono di casa oppure andare a casa sua visto che abita solo a qualche metro più in là di casa mia ma non mi fido nel  lasciarlo sotto il banco fino a domani. Anche se era una rottura dover uscire, verso le quattro e venti scendo le scale, mi allaccio le scarpe e dopo essere uscito di casa e aver chiuso la porta mi infilo il mio Ipod verde e comincio a camminare verso la fermata dell’autobus. Dopo circa dieci minuti ero già all’entrata della mia scuola, apro il cancelletto ed entro, per fortuna al pomeriggio a scuola ci sono gli studenti del corso di recupero delle varie materie per cui la scuola è sempre aperta fino ad una certa ora. La scuola mi sembra molto strana senza nessuno e neanche una voce di qualcuno tranne qualcuno che si sente attraverso i muri delle aule che stavo passando camminando per il corridoio dopo aver salito cinque faticosi piani di scale. Appena arrivato alla mia classe, apro la porta e mi avvicino al mio banco, tolgo una mano dalla tasca e mi chino per prendere da sotto il mio banco il cellulare, dopo averlo preso e aver guardato la schermata per vedere se avevo ricevuto eventuali messaggi e lo metto nella tasca sinistra ma nel farlo mi arriva una forte botta contro il collo e cado a terra.
La voce che avevo sentito stamattina mi sibilava nell’orecchio mentre la mia mente e il mio corpo vagano in uno stato di trans fino a che non mi sveglio, riapro gli occhi e mi ritrovo nel nero assoluto. La testa mi fa ancora male e mi sento tutto rattrappito, cerco di alzarmi ma mi accorgo che qualcosa mi aveva afferrato la gamba sinistra. All’inizio immagino che sia un banco o qualcos’altro della scuola ma nel cercare di liberarmi mi accorgo che si era attaccato alla mia gamba con fermezza e che stava cercando di trascinarmi per terra verso il fondo della classe. Lancio un urlo con aria terrorizzata e cerco di liberarmi continuando a scuotere la gamba fino a che non riesco a stapparla via dalla presa e a tastoni raggiungo la porta, la spalanco e mi trovo davanti Fujino e un altro ragazzo più piccolo e lei mi dice:”Akito! Che cosa ci fai qui?! Perché stavi urlando?”-“Ma come?! Non la vedi anche tu l’ombr…” mi giro verso la classe e con mio grande stupore vedo che la luce della classe era accesa.
“Fujino devi credermi! Mi sono risvegliato dopo una botta alla testa dopo aver sentito delle voci e mi sono risvegliato nella completa oscurità e poi ho sentito qualcosa che si era aggrappato alla mia gamba sinistra e che cercava di trascinarmi verso il fondo della classe!”-“Oscurità? Akito, guarda che tutta la scuola compresa la nostra aula come hai potuto vedere prima è ancora tutta illuminata! Piuttosto che ci fai a quest’ora di sera a scuola?”-“Perché, che ore sono?! ” Rispondo ancora sconvolto. “Sono le nove e quarantatre ma si può sapere perché sei ancora qui?”-“Ero venuto questo pomeriggio a riprendermi il cellulare che era rimasto sotto il banco e nel chinarmi qualcuno o qualcosa mi ha colpito violentemente la testa e mi sono risvegliato adesso! Te invece?! ”-“Mi ha chiamata tua madre e mi ha chiesto se avessi tue notizie, ho pensato allora che magari eri ancora qui a scuola e quindi siamo venuti qua, lui invece è Atasuke Hirotaka della terza sezione del secondo anno, è mio cugino e ho dovuto portarlo con me perché né i miei che i suoi genitori c’erano a casa.”
“Fujino, prendi tuo cugino Atasuke e scappiamo via di qui!” Le dico afferrandole il braccio. “Ma si può sapere che succede?! ”-“Non c’è tempo! C’è qualcosa a scuol…” In quel momento si spensero tutte le luci dell’intera scuola e Atasuke si avvicina a me spaventato e io sussurro:”Non muovetevi…”
Dopo qualche decina di secondi che stavamo fermi immobili si iniziano a vedere delle luci blu provenienti dai lampioni e dalla luna all’esterno oltre le vetrate delle finestre accanto a noi. All’improvviso, si sente arrivare dal fondo del corridoio tutto annerato dall’oscurità notturna uno strano rumore, come lo strisciare di diversi serpenti. Quasi istintivamente afferro la mano di Fujino e suo cugino e mi butto in picchiata dentro la nostra aula, mi rialzo e qualche secondo prima che una roba nera entrasse dalla porta la chiudo a chiave. “C-che cos’era quella roba nera?!”-“ Te ne stavo parlando prima! Dev’essere il demone della scuola che si dice dimori nelle fondamenta della nostra scuola!”-“Cosa?! Cioè, in pratica la leggenda della scuola sarebbe vera?!” Chiese Atasuke. “Esatto! E ora dobbiamo andarcene di qui!”-“Ma quest’aula ha solo questa porta e le finestre che danno sul cortile da quinto piano da cui ci troviamo!” Rispose Fujino. In un istante, mi balena in testa l’idea di chiamare aiuto e quindi infilo la mano frettolosamente nella tasca sinistra dei miei pantaloni e afferro il cellulare, lo apro ma vedo che stranamente non c’è campo e dico in preda all’ira:“Maledizione! Perché non prende?!” Nel frattempo che stavamo parlando si incomincia a sentire che la roba nera oltre la porta sta cercando di sfondarla colpendola più volte e per via dei colpi i cardini e il lucchetto si stanno per spaccare. Fujino indietreggia di qualche passo dalla porta e sussurra spaventata:”La porta non reggerà per molto…” Io mi giro verso i nostri banchi e dico:”Atasuke! Aiutami a spostare i banchi contro la porta!”-“S-si!”
In qualche minuto siamo riusciti a mettere tutti i banchi davanti alla porta mentre noi tre ci siamo messi attaccati al muro ai lati della porta. Il rumore, per via dei banchi, si sentiva da qualche minuto più leggero. Ad un certo punto i colpi contro la porta si interrompono all’improvviso. La cosa mi preoccupa ancor più dei colpi contro la porta. Dall’altra parte della porta, spuntano quattro punte nere grandi quanto un dito in quattro punti diversi della porta, poi con uno scatto velocissimo trancia da parte a parte tutta la porta facendone volare i rispettivi pezzi. A distanza di qualche millisecondo dalle punte affilate che protendono verso di noi urlo:”Abbassate la testa!!!” Per un capello di altezza Atasuke non viene colpito mentre io, dopo aver preso di nuovo le mani di Atasuke e Fujino istintivamente faccio una scivolata sotto le ombre fermandomi con i piedi contro il muro. Mi rialzo e urlo:”Correte!”
Con le gambe tremolanti e il cuore in mano corriamo per il corridoio increduli della oscura visione a noi mostrata. Mentre corriamo disperatamente verso l’oscurità dell’avanzare del corridoio giro la testa e vedo che le ombre ci stanno seguendo.
“Ci sta raggiungendo, sbrighiamoci!”- Si ma dove andiamo?!” Chiede Atasuke. “Dobbiamo andare in biblioteca! Là potremo barricarci con i libri e gli scaffali della scuola!”-“Va ben…” Improvvisamente, Atasuke inciampa e cade per terra ricevendo un forte colpo contro il gomito destro mentre l’ombra si avvicina sempre di più. Appena Fujino se ne accorge si gira e torna indietro per aiutarlo. Essendo poca la distanza che ci separa dall’ombra accorro anch’io per aiutarlo a farlo rialzare. Nello scatto per andare da Atasuke mi scivola dalla tasca il cinturino del cellulare a cui vi è attaccata una lampadina che, per il colpo subito con il terreno, si accende e punta verso l’ombra in arrivo. Mentre facevo sollevare da terra Atasuke tenendolo per il braccio sinistro mi accorgo che le ombre a pochi passi da noi si stavano sgretolando provocando un terribile sibilo o stridio e dopo pochi secondi tutta l’ombra di fronte a noi si è tramutata in polvere.“Cosa è successo Akito?”-“C-credo sia stata la luce della mia piccola pila del cinturino del mio cellulare a distruggerla.” Mi riprendo il cinturino e spengo la pila e lo attacco alla cintura. “Dobbiamo andare in biblioteca prima che torni, Atasuke riesci a correre?”-“Si per un po’ credo di farcela.” Dopo qualche minuto di corsa arriviamo in biblioteca e dopo aver fatto sedere su una sedia da una scrivania Atasuke chiudo la porta e con l’aiuto di Fujino riesco a spingere contro la porta alcuni scaffali più piccoli barricandoci dentro. Accanto alla porta c’è anche l’ufficio del preside in cui vi è il suo computer, la sua scrivania e una teca con alcune coppe vinte dalla scuola. Spalanco la porta con forza e accendo il computer del preside che per fortuna funziona con una batteria autonoma. Dopo essere entrato con l’account della scuola e vedo che sullo screen saver ci sono diverse cartelle che riguardano la scuola ma, la mia attenzione viene colpita da una cartella che portava il nome:”15 05 11”
 “Fujino vieni a vedere, ho trovato una cartella col nome 15 05 11 ma mi chiede una password, possibile che centri qualcosa con l’ombra?”-“È probabile ma non sono brava col computer.” Mi risponde Fujino.
“Ehm, potrei darci un’occhiata? Sono abbastanza bravo con le cose informatiche.” Mi chiede Atasuke. “Ma certo, è vero! Mio cugino ha dieci nelle materie scientifiche ed informatiche!” Atasuke si alza e facendosi aiutare da Fujino raggiunge la scrivania ed io lo faccio sedere sulla sedia. “Fujino, cerca un po’ di ghiaccio per tuo cugino mentre noi cerchiamo di entrare.”-“Si!”
“Il firewall della cartella è di trecento byte! Incredibile…”-“Lo riesci a craccare?”-“Non con il programma predefinito, cioè il Deep Inspection, che può arrivare al massimo a duecento. Devo cercare l’Application Layer Firewall che può arrivare fino a duemila byte.”-“E chi sei scusa, un hacker?” chiedo ironicamente ad Atasuke. “Una specie hahaha. Ecco, con lo Sleipnir sono riuscito a scaricarlo, anche se normalmente ci sarebbero volute almeno uno o due ore ma grazie al mio worm 20H13TNL sono riuscito a scaricarlo subito.”
“Mi spaventi Atasuke.”-“Beh di sicuro non sono peggio di quella maledetta ombra ma ti ringrazio Akito, comunque sono riuscito ad entrare.”
Appena Atasuke entrò nella cartella, una lunga serie di foto si stanno caricando una dopo l’altra. “Clicca la prima.” Dico ad Atasuke che schiaccia subito dopo col cursore sulla prima immagine. Mi sale dai piedi una tremenda che attraversa tutto il corpo come un’ondata di freddo gelido, gli occhi mi si dilatano e inizio a sudare freddo. Sia io che Atasuke, nel continuare a guardare le foto rimaniamo senza fiato e non riusciamo neanche quasi a parlare. Dopo che Fujino aveva preso da un minifrigo del ghiaccio, ritorna da noi e mi dice:”A-Akito, sei pallido, hai scoperto qualcosa?!”-“F-Fujino…sai da quando le voci sui ragazzi scomparsi hanno avuto inizio?” Chiedo a Fujino tutto scombussolato. “Mi sembra verso la fine di maggio mi sembra, il giorno preciso non me lo ricordo perché?” - “Il nome di questa cartella è la data del sedici maggio…pochi giorni prima dell’inizio della storia delle sparizioni…”-“C-cosa?! Fai vedere!” Mi risponde Fujino, affrettandosi a girare intorno alla scrivania per venire vicino a me.
“Ma queste…”-“Esatto…queste sono le foto vere dei cadaveri dei ragazzi scomparsi.” Dopo essermi girato mi accorgo che anche Fujino era diventata pallida alla visione di quelle foto e quindi mi affretto a cambiare immagine. “Questa invece è una foto in cui il nostro preside Tamaki firma un accordo con la polizia di ‘silenzio totale’ con la stampa e che terrà tutto il materiale della faccenda nel suo archivio in ufficio. Dobbiamo controllarlo!”
Mi alzo da terra e vado verso l’archivio alla sinistra della cattedra. Dopo vari tentativi di aprirlo mi accorgo con dispiacere che i cassetti sono tutti chiusi da un grande lucchetto di metallo. “C’è un lucchetto! Come facciamo ad aprirlo?!”-“Spostati.” Mi risponde prontamente Fujino che impugna saldamente un bastone di metallo. Mentre indietreggio vedo che Fujino sta prendendo la rincorsa e poco dopo vedo come un movimento fulmineo del bastone che colpisce provocando per un secondo delle scintille mentre la forza esercitata sul lucchetto lo spezza facendone volare i diversi pezzi sul pavimento. Dopo che si rialza da terra si gira verso di me e con aria orgogliosa mi dice:“Mai sottovalutare il capo del gruppo di lancia del secondo anno!”
Dopo essermi ripreso dalla sorpresa ritorno dalla cassettiera e dopo essermi chinato verso di essa la apro rivelando le diverse cartelle contenute in essa su cui ci sono su ogni cartella una data. Non sapendo quale prendere estraggo quella con la lettera T e dopo essermi seduto di nuovo sulla sedia del preside, col cuore in gola, apro con a destra Atasuke la cartella. All’improvviso, un’ondata fredda mi attraversa il corpo mentre si stende su tutta la superficie di esso una terribile pelle d’oca mentre le pupille, a poco a poco, mi si restringono. All’interno della cartella ci sono  tantissime foto in cui dei poliziotti esaminano il corpo di un ragazzo apparentemente privo si sensi coperto di sangue. “M-ma…che cosa sono…che cosa sono queste foto?!? CHE DIAVOLO SONO QUALCUNO ME LO SPIEGA?!?” Senza che neanche me ne accorgessi mi sono ritrovato ad urlare dallo shock. “Calmati Akito! Cosa ti prende?!” Mi chiede Fujino. “Calmarmi?! Guarda che cosa c’è in queste foto!” Mostro con furia a Fujino le foto senza neanche pensare che si potesse sconvolgere anche lei. Dopo aver visto bene le foto, Fujino non riesce a dire neanche una parola con lo sguardo di tristezza e ripugnanza verso quella scabrosa visione e poco dopo le lacrime le scivolarono giù dal viso e si appoggia alle spalle di suo cugino che mi dice:“Ma che cazzo ti è preso?! Non vedi che è già abbastanza sconvolta da questa storia? Perché le hai fatto vedere quelle foto?!” Mi dice Atasuke furioso. “Mi dispiace…io non volevo…”
“Io però non capisco, come hanno potuto nascondere delle cose del genere sulla scuola non solo agli studenti ma anche alle famiglie! Se delle notizie simili circolassero questa scuola sarebbe già stata chiusa!” Dice Fujino che cerca di asciugarsi le lacrime e di riprendersi. “Io credo che l’abbiano fatto appunto per questo. Se ci pensate, questa è la scuola centrale della città! Se venisse mostrato al pubblico questo archivio diverrebbe la prova schiacciante che la leggenda dei ragazzi che scompaiono esiste davvero e di conseguenza la scuola verrebbe chiusa. Però non capisco come le famiglie abbiano tenuto la bocca chiusa riguardo alla morte dei propri figli.” Rispondo io.“Però, un'altra cosa strana è questo giornale del 1991 che era nell’archivio.” Rispondo continuando il discorso. “Perché? Cosa c’è scritto?”-“Parla di un avvenimento accaduto nel sedici giugno del 1991 in un quartiere americano in cui esisteva una casa molto strana che si diceva che dei fantasmi di vecchi abitanti che guardavano da dentro la casa di fuori osservavano le persone che passavano. C’è scritto anche che è sparita una persona entrata una volta dentro questa casa, esattamente come nella nostra scuola però, successivamente ad un’investigazione sparirono anche tre poliziotti per due giorni e che furono ritrovati in un piano sotterraneo della casa fatti a pezzi.  La casa fu chiusa con delle spranghe di legno e sigillata ancora adesso. Tra le cose che furono ritrovate insieme ai cadaveri a pezzi della polizia vi erano delle piccole pile, dei primi modelli di cellulari e due magneti fosforescenti.”-“Ma…sono tutti oggetti che illuminano o che producono luce!” Mi risponde Atasuke. “Esatto! E anche prima, quando l’ombra si è sgretolata è stato proprio grazie alla pila attaccata al cinturino del cellulare che probabilmente l’avrà abbagliata!”-“Hai già provato a chiamare qualcuno?”-“Si, i miei genitori, mia sorella casa tua e la polizia ma non ha risposto nessuno.”-“E noi che cosa facciamo qui? Tra non molto l’ombra ci raggiungerà!” Mentre stiamo discutendo sentiamo la voce del nostro professore di chimica che ci chiamava. Io, Fujino e Atasuke corriamo verso le librerie e le spostiamo di tutta fretta. Alla fine siamo spossati ma avevamo ancora energia e apriamo la porta ci ritroviamo davanti il nostro professore di nome Tokuro Minata, alto un metro e settantanove con i capelli corti e neri che porta gli occhiali e indossa come alla mattina una giacca e dei pantaloni lunghi blu con righe azzurre con la cravatta allentata. “Tetsuki, Akito, Atasuke! Cosa state facendo qui a quest’ora?! E poi cos’erano quegli urli di prima?”-“Professore si sposti! Dobbiamo chiudere la porta presto!” Gli dico cercando di spingerlo via dalla porta. “Chiudere la porta? Ma che stai dicendo!? Perché mai dovremmo chiudere la porta?” Ci risponde perplesso Tokuro. “Dobbiamo chiudere la porta prima che torni l’ombra! È il mostro che secondo la leggenda della scuola fa sparire gli studenti! Si sposti la prego!” Gli rispose Atasuke.
“Mostro? Ma sono solo storie e leggende!” Ci risponde il professore uscendo dall’aula e indietreggiando nel mezzo del corridoio. “Mi dite dove sarebbe questo mostr…” All’improvviso un onda di oscurità falciò a pezzi il professor Tokuro facendo volare diverse gocce di sangue nella classe per poi spingere verso il fondo del corridoio inondandolo di nero. Durante l’impatto Fujino aveva urlato:“PROFESSORE!” Mentre Io e Atasuke siamo corsi dalla porta richiudendola con un lucchetto e spingendoci di nuovo le librerie chiudendoci dentro a nostro malincuore per il professore. Atasuke indietreggia ed io lo seguo e dopo un minuto e mezzo di totale silenzio un’enorme botta colpisce da oltre le librerie la porta e tutti e tre noi comprendiamo subito che si tratta dell’ombra che cerca di entrare nella biblioteca ancora una volta. “Merda! L’ombra tra poco sfonderà la porta con le librerie e ci farà a pezzi! Akito che cosa facciamo?!” Chiede Atasuke. “Lasciami pensare!” Gli rispondo risiedendomi e mentre sudo freddo per l’ansia inizio a pensare a cosa fare per scappare:”Cosa possiamo fare?! Non possiamo di certo tornare nel corridoio o moriremo subito, e poi Atasuke è ferito l’ombra lo prenderebbe sicuro! Un momento, sotto tutta la scuola c’è un condotto di ventilazione che oltrepassa da sopra passando in mezzo al soffitto tra il primo e secondo piano!”-“ Però se ci trovassimo davanti l’ombra anche lì dovremmo avere qualcosa per poterci difendere e la tua pila non basterà di sicuro per poterla usare in tre! Però qui…” Mi risponde Atasuke.
“Fujino! Portami la mappa della scuola dal cassetto del bancone della scrivania del preside Tamaki!”-“Va bene!” Fujino corre a prendermi la mappa e dopo averla posata su un tavolo in mezzo alla stanza aiuta suo cugino ad avvicinarsi al tavole dove io la sto consultando. “Dunque, i condotti di ventilazione sotto di noi passano sotto quest’aula ma non arrivano all’uscita, quindi dovremo uscirne dalla sala controllo nel seminterrato per poi accendere tutte le luci della scuola per distruggere l’ombra ma, c’è sempre la possibilità che l’ombra riesca a tagliare i fili interni per cui dovremmo correre subito verso l’uscita. Per arrivarci ci servono delle torce.” Dopo aver finito la frase mi avvicino all’armadio e lo apro dove trovo tra i vari oggetti scolastici anche due pile elettriche presumibilmente per le emergenze. “Fujino, Atasuke, prendete queste torce.”-“Aspetta! E tu?” Chiede Fujino. “A me basterà la pila del mio cinturino per il cellulare, quindi non preoccupatevi. Ora che abbiamo le torce siamo pronti ad andare.” Mentre parlavamo il rumore nel frattempo si fece sempre più forte e vicino. Mentre indietreggio il mio piede picchia contro una specie di rialzo sotto la moquette della stanza ed io mi giro e mi inginocchio davanti al rialzo e estraggo dal cinturino del porta-cellulare un coltellino con cui strappo velocemente la moquette tutta intorno a questa specie di quadrato rialzato rivelando così un’apertura per l’impianto di ventilazione della scuola fatta di ferro. Ripongo il coltello e con l’aiuto di Atasuke sollevo l’apertura della botola e faccio segno a Fujino di entrarci. Lei si avvicina timorosa verso l’apertura e io le accarezzo la chiesa come segno di non aver paura e dopo avermi guardato in viso per qualche secondo, aggrappandosi alle sporgenze entra dentro il condotto. Dopodiché aiutando io da sopra e lei da sotto riusciamo a far scendere Atasuke e dopo aver preso la bocca della botola e tenendola sopra la testa mi butto richiudendo mentre scendo botola. Dopo essere atterrato all’interno del tubo mi guardo velocemente intorno, il condotto è largo e non ci sono tracce ne di tagli ne di eventuali pressioni provenienti da forze esterne. Mi giro verso Atasuke e Fujino che stavano davanti a me e dico:”Accendiamo le torce e proseguiamo!”
I due le accendono e iniziamo quindi a strisciare in avanti verso la sala controllo delle luci. Dopo qualche minuto notiamo davanti a noi che delle spine molto appuntite stanno incominciando a perforare il tubo da sotto con il probabile intento di colpirci. Io urlo da dietro:”Punta la luce contro le ombre! Si dissolveranno!” Fujino alza la mano e punta la torcia contro l’ombra e, come in precedenza l’ombra si disintegra provocando lo stridio di prima e decomponendosi in micro particelle nere che fluttuano nell’aria per qualche secondo prima di sparire. “Dobbiamo muoverci!” Aggiunge Atasuke dopo aver visto la scena. Un secondo dopo una lama nera più larga di tutte le altre precedenti perfora il condotto più volte sfondandola e facendoci precipitare con il tubo contro il pavimento sottostante. All’ultimo secondo prima della caduta stringo tra le mie braccia Fujino attutendole la caduta. Ne per me ne per Fujino la caduta ci ha fatto granchè male e quindi lascio andare Fujino e guardo in su in cerca di Atasuke. Lui non è caduto e si era aggrappato ad una sporgenza del tubo rimasto attaccato e vedendoci salvi si lascia cadere sul pavimento. “Corriamo!” Urlo mentre l’ombra si sta ricomponendo dopo che le macerie gli erano cadute addosso. “Secondo la mappa dovremmo essere praticamente arrivati!” Risponde Fujino. Dopo aver girato un corridoio siamo arrivati ad un altro di cui la fine è la sala macchina, dopo averla vista tutti e tre siamo scattati usando tutte le forze che ci erano rimaste per arrivarci il prima possibile all’interno della stanza da noi tanto bramata. Guardo dietro di noi e vedo che l’ombra ci sta ancora inseguendo strisciando velocemente con attaccate delle lame come un uomo che tiene pronti diversi coltelli nella corsa per poi colpire la preda al momento opportuno. “Atasuke! Quando arriviamo dalla porta attaccati dal lato davanti a te, così chiuderemo subito la porta!”-“Va bene!” Risponde Atasuke con il fiatone. “Io?!” Chiede Fujino. “Te buttati dentro!”
A pochi metri dalla porta Fujino si butta dentro con una scivolata mentre io e Atasuke ci attacchiamo ai lati della porta bloccandoci. Prendiamo poi in mano la porta e, poco prima di chiudere la porta prendo in pochi secondi dalla mia tasca la mia torcia e la lancio contro l’ombra, successivamente a ciò chiudiamo velocemente la porta e la blocchiamo con un bastone di metallo usato come corpo di una scopa. Da oltre la porta arriva un rumore di esplosione e un fascio di luce che filtra da sotto la porta.
“Ch-che cos’era quella luce?” Mi chiede Fujino. “Quando eravamo ancora nella biblioteca ho adoperato un po’ delle mie conoscenze tecnologiche e ho creato una specie di granate di luce inserendo una lampadina più grande della norma dentro la pila del cinturino facendo i modo che, se riceve una grande pressione o si accende scoppi rilasciando una luce che dura qualche decina di secondi.” Sia lei che Atasuke mentre mi ascoltavano queste mie parole avevano in volto uno sguardo davvero sorpreso. “Sei…incredibile.” Mormora Atasuke. Un tonfo contro la porta ci segnala che l’ombra si è già rigenerata e che sta tornando all’attacco. “È arrivato il momento.” Dice Atasuke. “Già. Il momento di lasciare sto posto è arrivato.” Risponde Fujino. Mi avvicino all’interruttore principale e, dopo aver fatto un sorriso dalla felicità del momento, abbasso tre leve una di seguito all’altra con scritte le apposite zone di dove riaccendere la luce. Dopo pochi secondi si sente che le botte contro la porta si stanno affievolendo sempre più mentre si sente lo stridio dell’ombra mentre si sta sbriciolando. Mi avvicino alla porta e dopo aver aspettato che entrambi i rumori fossero spariti nell’immensità del silenzio riapro la porta facendomi inondare dalla luce della scuola essendo lo stanzino in cui eravamo nella  penombra. “Sbrighiamoci ad uscire, la luce sarà tornata ma l’ombra ci sarà ancora da qualche parte.” Dice con aria sicura Atasuke. “Ha ragione, muoviamoci.” Risponde Fujino. Ricominciamo a correre per il corridoio, verso quello principale che porta all’uscita. Dopo che abbiamo attraversato di fretta, anche se fiduciosi della luce una parte del corridoio sentiamo che da sopra, al soffitto, proviene un rumore come di qualcosa che striscia. A malincuore ci convinciamo che è l’ombra che stava proprio sopra di noi e quindi acceleriamo il passo e poco dopo svoltiamo a sinistra nel corridoio principale dove ci sono la reception della scuola, le bacheche delle diverse attività extrascolastiche come per esempio ginnastica artistica, disegno libero o le prove per entrare nel coro della scuola. Nello svoltare trovo molto faticoso frenarmi e a momenti finisco contro il muro a destra e anche Atasuke trova difficoltà e cade. Io e Fujino torniamo indietro per andarlo ad aiutare a rialzarsi ma quando sto per dire di rincominciare a correre, le luci si spengono di nuovo improvvisamente. Il mio cuore allora prende un ritmo quasi frenetico e inizio a muovermi in modo strano e le mie mani incominciano a tremare. Fujino e Atasuke accendono le pile e ci rialziamo tutti e tre, mentre io penso a cosa fare in quella situazione, ormai sono arrivato a due scelte: o io e gli altri tentiamo il tutto per tutto lanciandoci verso la porta o se rimanere fermi e attendere di vedere cosa fa l’ombra. Sento i miei muscoli pronti ad un improvviso scatto e faccio quasi fatica a non accelerare immediatamente. Ad un tratto due lance fatte dall’ombra ci arrivano addosso e una mi trafigge la gamba destra, anche se sono stato sfiorato. Cado per qualche secondo a terra sanguinante e Fujino si avvicina a me preoccupata e dice:”Akito stai bene?!”-“S-si non ti preoccupare…te piuttosto stai bene…?”-“Non ti pensare a me pensa a te stesso! La tua gamba…” Mi risponde Fujino incominciando a singhiozzare. Io non me ne ero ancora accorto ma Atasuke ha cominciato qualche secondo prima a tastare la parete a cui noi tre eravamo parallelamente a sinistra come in cerca di un tasto o di un estintore, poi il suo viso si riempie di gioia e sicurezza e dice:“Non preoccupatevi! Nessuno di noi morirà qui stanotte! La vera festa per questa scuola comincia ora!” Appena terminata la frase Atasuke preme con forza  un tasto sulla parete e subito dopo, la scuola si riempie all’istante di luce distruggendo l’ombra in arrivo dalle varie zone della scuola. Sia io che Fujino siamo completamente stupiti e io gli chiedo:”C-come hai fatto?!”-”Questo non è un bottone che accende tutte le luci normali della scuola, ma accende quelle di emergenza attivabili solamente se le luci normali sono spente, e semplicemente premendo uno di questi pulsanti situati quasi ovunque nella scuola fa partire le luci di emergenza che non necessitano di cavi e hanno una loro durata totale di circa 20 ore in ogni angolo dell’edificio!”-“Sei un genio Atasuke!” Gli risponde Fujino abbracciandolo vivamente. “Già! Adesso possiamo andarcene in santa pace da questo posto schifoso!” Rispondo io mentre mi rialzo. Dopo aver camminato, nona vendo più energie, fino alla porta, con gran forza la spingo e la apro tuttavia, mi giro verso l’interno della scuola e vedo che sta arrivando l’ombra a gran velocità nel probabile tentativo di colpirci un ultima volta prendendo la forma di una lancia gigante che si avvicina a noi ad una velocità spaventosa. Sento all’improvviso il sangue che inizia a circolare più velocemente del solito verso la mia mano destra, in parte sporca di sangue dalla mia gamba. All’improvviso una grande fonte di calore mi riscalda la pelle della mano destra. Mi guardo la mano e vedo che poco sopra di essa vi è sospesa una sfera di luce che sembra emanare speranza nel mio cuore. In quel momento comprendo tutto quello che stava succedendo e quindi, con determinazione lancio la sfera di luce accompagnandola con il braccio e quasi tutto il corpo contro la lama che era ormai a pochi metri da noi. Nei pochi ultimi attimi in cui la sfera non ha ancora colpito la lama vedo che al suo passaggio alcuni filamenti tracciano quest’ultimo come una scia luminosa. La sfera sovrasta completamente la lama catapultando i pochi residui rimasti dall’altro lato mentre la sfera continua il suo tratto perforando il muro in alto facendo cadere diversi pezzi dalla reception e dell’entrata a pochi passi da noi. Rientro improvvisamente in uno stato di caos calmo da cui però mi risveglio subito grazie a Fujino che mi sta chiamando. Mi sento strano, Fujino mi sta parlando ma non sento neanche una parola, mi tocco le orecchie ma non c’è niente di strano. Fujino mi prende per mano e mi costringe a correre via dalla scuola. Non riesco ancora a capire cosa mi sta succedendo e dopo essere uscito dalla scuola tutti e tre cadiamo sfiniti sul prato del cortile della scuola che dista a cinquanta metri dall’edificio. Faccio un ultimo sforzo alzandomi dal busto in su e guardo la scuola, essa aveva l’entrata e la prima parte dentro che è crollata mentre le fiamme si divampano da dentro verso l’esterno. Mi sento mancare e poco prima che cado sul prato Fujino mi trattiene e mi appoggia delicatamente al suolo, ci guardiamo negli occhi per diversi minuti mentre vedo con la coda dell’occhio che Atasuke si sta riposando sul prato. Mi sento perso nei suoi occhi mentre vedo dentro di essi la luce della luna. Ad un tratto mi sorride ma, pochi secondi dopo il suo viso cambia espressione e diventa triste e spaventata e mi urla qualcosa ma ancora non sento quel che mi dice. Io alzo la mano destra e le accarezzo la faccia mentre lei sta incominciando a piangere mentre mi guarda. Fujino sembra che chiami Atasuke che, infatti, poco dopo arriva. Vedo che la mia vista incomincia ad annebbiarsi mentre mi sento diventare sempre più freddo e il mio respiro diventa pesante. La mia mano scivola per terra e mi sento mancare il sangue in corpo e non riesco più a muovermi…Non riesco nemmeno a voltare lo sguardo e rimango quindi fisso a guardare il cielo notturno…tutto si sta annerendo come l’ombra…possibile che…ci abbia raggiunti…? Ho come l’impressione di stare per perdere tutto…la mia vita… i miei amici…e Fujino…sto forse…per morire…?

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Capitolo 3
*** Chapter 2 L'Energia del Peccato ***


Darkness
 
Chapter 2 L’energia del peccato
 
Ancora quella luce…una luce abbagliante che diventa graduatamente più grande e più forte…come se fosse un’esplosione…si avvicina sempre di più fino ad abbagliarmi con la sua luce. Riapro gli occhi e mi trovo in un luogo completamente bianco con una finestra alla mia destra, è giorno. Sono sdraiato in un letto dalla coperta bianca e il materasso di ugual colore. C’è un piccolo ago conficcato dentro il mio braccio destro che è collegato ad una sacca di un liquido trasparente appeso ad un’asta da ospedale. Mi tocco la testa per un leggero mal di testa che mi attraversa tutto il cervello e mi accorgo di avere anche una fasciatura alla testa. Cerco di muovermi ma sento un leggero dolore alla gamba sinistra, mi tolgo la coperta e mi tiro su la parte del vestito bianco che indosso e vedo che c’è anche una facsatura sulla mia gamba e quando sto per toccarmela una mano mi affera la mia e una voce femminile mi dice:”È per bloccare il sangue.” Alzo la testa e vedo una donna con i capelli castani lunghi con l’abito da infermiera che tiene al petto una specie di cartellina e le chiedo:”Dove sono?”-“In ospedale, ti ci hanno portato due ragazzi che dicevano di conoscerti e che parlavano di una strana ombra nella vostra scuola che avrebbe cercato di uccidervi.”-“Capisco, e dove sono loro adesso?”-“La ragazza di nome Tetsuki è rimasta qui in ospedale a riposare e l’abbiamo mandata a casa quasi un’ora fa mentre il cugino di nome Atasuke è stato sottoposto solo ad un controllo, ma non hanno riscontrato niente quindi è stato subito dimesso.”-“Ho capito…mentre io?”-“Sei stato sottoposto al controllo e ti hanno trovato un buco di circa un centimetro nella gamba, quello che è rimasto di un taglio alla testa e un livido nella schiena ma niente di tutto ciò è pericoloso, più che altro è stata riscontrata una cosa molto strana durante il tuo controllo.”-“Cioè?”-“Durante la medicazione abbiamo notato che la tua mano destra, anche durante il periodo in cui eri sedato per richiuderti il taglio, situazione nella quale il corpo normalmente diventa freddo, è rimasta sempre calda come se un fattore esterno ti riscaldasse la mano, anche se non è stato riscontrato niente di anomalo, ma non ti preoccupare e rimettiti a riposare.”-“Ma io quando potrò tornare a casa?”-“I tuoi genitori sono già stati informati e stanno per venire a prenderti, tuttavia per ragioni di sicurezza non dovrai sforzarti troppo.”-“Va bene.”-“La polizia, oltre a suggerire ai tuoi genitori di non farti andare a scuola e di tenerti in casa nei prossimi quattro giorni, ha inoltre deciso di anticipare l’inizio dell’ispezione a stamattina.” Mi risponde l’infermiera.
“C-cosa?! Non devono entrare in quella scuola! Verranno ammazzati tutti come il nostro professore!”-“Stai calmo! Non devi sforzarti!” Non riesco a trattenere il sangue caldo e pensare con freddezza. “Ora vado a chiamare il dottore, te cerca di non sforzarti!” L’infermiera finisce la frase nello stesso istante in cui io balzo fuori dal letto. Mi avvicino alla porta e la chiudo a chiave, poi mi giro verso le sedie davanti al letto che dopo essermi staccato la flebo e essermi tolto i vestiti da paziente mi metto addosso la camicia a quadretti, i miei blue jeans e la mia giacca marrone. Dopo essermi abbottonato i primi due bottoni della giacca in cima mi affaccio dalla finestra, sono fortunatamente al primo piano e quindi tolgo le coperte dal letto e le lego insieme per poi fissarle al letto e lanciarle fuori dalle finestre. Dopodiché inizio a calarmi lentamente dalla finestra e a circa metà delle lenzuola sento che dalla mia stanza stanno cercando di sfondare la porta della mia stanza perciò mi lascio cadere essendo a poca distanza dal terreno. Corro poi fuori e vado in strada oltrepassando il giardino dell’ospedale. Fortunatamente l’ospedale è a poca distanza dalla scuola e dopo aver attraversato la strada vado dritto attraversando il parco che sta in mezzo ai due edifici. Dopo aver attraversato diversi alberi, dei cespugli e aver saltato la fontana che sta in mezzo al parco arrivo dopo pochi minuti dal cancello della scuola dove mi nascondo dietro di esso. Diverse macchine della polizia si trovano nei parcheggi davanti alla scuola e noto anche due auto della SWAT. Oltre il cancello ci sono due poliziotti rispettivamente ai due lati della porta principale e altri tre stanno discutendo con volti seri in viso con altri due uomini che indossano un camice bianco da laboratorio con sotto una camicia e una cravatta. Dopo aver appurato l’impossibilità di passare per l’entrata principale scelgo di passare da quella sul retro strisciando sempre attaccato al muretto alto circa un metro e venti. Dopo aver girato tutto intorno con il muretto arrivo nello spiazzo che sta tra la scuola vista da dietro e le varie strutture sempre di possedimento scolastico che sono dietro la scuola come un’immensa piscina, un campo da calcio e due da tennis ed uno spogliatoio. Nello spiazzo dietro la scuola non c’è stranamente anima viva, staranno probabilmente controllando il corridoio e la mia aula. Mi dirigo con le spalle al muro verso l’entrata che sta alla mia sinistra mentre controllo la situazione girando la testa più volte. Apro facendo il minimo rumore la porta e vi entro. Sento provenire da sopra diverse voci maschili provenienti probabilmente dal nostro piano. Salgo le scale per un tratto e prima di ricominciare a salire mi nascondo per qualche secondo dietro di essa per non farmi vedere da due poliziotti di passaggio. Più salgo e più sento uno strano odore diffondersi nell’aria. Dopo ancora un paio di piani sono arrivati al mio e mi avvicino correndo all’aula accanto alla nostra ove avrei potuto sentire le voci provenienti aldilà del muro, nella mia aula. Entro dentro e chiudo silenziosamente la porta, cammino fino alla metà della stanza, accanto alla cattedra dei professori, e poggio il mio orecchio destro contro il muro. Le voci si sentono bene, anche se non riesco a distinguerle tutte in persone diverse:”Ispettore, sono stati ritrovati nel corridoio che porta alla sala macchina dei resti carbonizzati di quella che sembra una pila elettrica.”-“Bene, passateli alla scientifica per farli esaminare.”-“Sissignore.” Rispose la seconda voce, quella più giovane.
“Kasashima, porta tre uomini con te e proseguite per le altre aule.”-“Va bene.”
Nel sentire questa frase penso tra me e me: “Oh cazzo! Se mi beccano sarò nei guai!”
La porta alla mia destra dell’aula si apre e uno dei quattro uomini che sono davanti alla porta mi dice:”Che cosa ci fai qui ragazzino? Aspetta, ma te non sei Tetsura, il ragazzo ferito che è stato portato poi in ospedale?”-“E - ehm io veramente…”-“Ispettore! C’è qui il ragazzo di nome Akito Tetsura!” Dice l’uomo che mi ha parlato verso l’entrata dell’altra stanza. L’uomo di fronte a me è alto e di carnagione scura, con una giacca attillata marrone e una cravatta rosso fuoco, con capelli e occhi marroni. Solo adesso riconosco la voce, è l’uomo chiamato Kasashima di cui ho sentito la voce poco fa.
“Tetsura? Ma che cosa ci fa qui?” Risponde arrivando dall’altra aula un uomo non molto alto di un età presumibilmente tra i quaranta e i cinquanta anni. “I tuoi genitori sanno che sei qui?” Mi chiede l’ispettore. “No, sono venuto qui di corsa dall’ospedale per avvertirvi che verrete uccisi tutti se rimarrete ancora qui!”-“Morire? Ma di cosa stai parlando?”-“Dell’ombra! Una strana ombra ieri notte ha attaccato sia me che gli altri due ragazzi insieme a me, e mi ha anche fatto quella ferita alla gamba!”-“Dove sareste stati ‘attaccati dall’ombra’?”-“All’inizio qui su questo piano, poi siamo andati nella libreria dove siamo poi scesi attraverso i condotti dell’aria fino al piano terra.”-“Se aveste affrontato quest’ombra, essa avrebbe lasciato dei segni che noi avremmo trovato, invece noi abbiamo soltanto recuperato il vostro professore.”-“Cioè non avete trovato niente?!”-“Per il momento niente di strano, oltre ai pezzi della vostra porta...”-“La porta è stata tagliata proprio dall’ombra! Cazzo!” Esco di fretta dall’aula evitando i poliziotti e scendo le scale fino al piano terra, dopodiché corro verso la stanza del generatore generale della scuola ove, la notte scorsa avevo riacceso le luci per cercare eventuali prove e soprattutto le tracce della mia lampadina che avevo fatto esplodere quella stessa sera. Sul pavimento davanti alla porta del generatore, naturalmente ripulito di tutti i pezzi e tutto scocciato intorno alla chiazza di bruciatura come prova segnata dalla polizia, c’è ancora il grande segno, largo quanto me con le braccia aperte. Mi inginocchio davanti ad esso e noto diversi graffi e tagli tutti all’interno della enorme macchia sul pavimento. Mi rialzo e prendo dalla mia tasca il cinturino in mano e stacco da esso il mio cellulare, lo apro e faccio qualche  foto alla macchia a me sottostante, dopo averne fatte circa tre o quattro lo richiudo e, dopo averlo riagganciato al cinturino e aver messo quest’ultimo in tasca mi dirigo verso l’entrata della scuola dove trovo ad aspettarmi i miei genitori, mio padre Tokuro e mia madre Hayase. Mio padre è un avvocato penalista, per cui ha molte conoscenze nella polizia, mentre mia madre ha un’agenzia immobiliare per cui spesso andiamo io, lei, mio padre e mia sorella Harumi in qualche casa che dà in affitto.
“Akito! Perché sei scappato dall’ospedale prima che arrivassimo a prenderti e sei venuto qua?!” Mi urla mia madre correndomi incontro preoccupata. “A cosa stavi pensando venendo qui?” Mi chiede invece con aria dura mio padre. “Sono dovuto venire qui, dovevo avvertire la polizia dell’ombr…” All’improvviso, l’idea di parlare dell’ombra ai miei genitori mi fa pensare che mi potrebbero prendermi per pazzo e decido quindi di non raccontare a terzi di essa. Subito dopo i miei genitori mi portano a casa e ricevo per tutto il giorno pesanti lavate di capo.
 
Cinque giugno, ore ventidue e quarantanove, quartiere di Shinjuku, zona vicino alla scuola Shimara. Al centro della strada un ragazzo sta aiutando a camminare un'altra ragazza ubriaca dai capelli corti biondi con i riccioli dorati. Il ragazzo dice alla sua compagna notturna:“Makoto non ti sembra di aver esagerato solo per festeggiare il tuo compleanno nel bere? Se i tuoi ti trovano così non vorrei che dessero poi la colpa a me.”-“Stai tranquillo Hajime, potrò sempre…spiegare tutto normalmente.” Mentre camminano, la ragazza, sebbene ubriaca, nota il cartello della loro scuola e, girandosi verso Hajime dice:”Già che siamo qui, perché non facciamo un salto a scuola? Non ci sono mai stata di sera!”-“Beh se è per questo neanch’io ma non vorrei che tu rompessi qualcosa visto che sei completamente sbronza!”-“Ma dai, rilassati un attimo e goditi questa bella serata.” Gli risponde la ragazza completamente assuefatta dagli alcool presenti nel suo corpo. I due ragazzi arrivano fino al cancello della scuola e Makoto si stacca dalla presa di Hajime e scavalca il muretto che odiernamente attraversano con nonchalance tutte le mattine. “Makoto torna qui!” La avverte Hajime. “Stai tranquillo tanto non c’è nessuno a quest’ora!” Makoto si avvicina alla porta della scuola fino e si ferma dagli scalini mentre, piano piano, dei tentacoli dell’ombra stanno passando sotto la porta senza far alcun rumore. La ragazza non si accorge di niente e arriva davanti al portone scolastico, mentre Hajime se ne accorge quasi subito essendo lui ad osservarsi intorno per evitare di essere visti da qualcuno. “Makoto! Torna subito presto!” Quando Hajime si accinge ad avvertire Makoto, le ombre sono già arrivate sotto le All Star poco rovinate della ragazza.
La ragazza gli risponde:“Eh? Perché urli così ora?” Makoto non si è ancora accorta dell’ombra. Le ombre si alzano di statura proprio dietro a Makoto e Hajime urla:“Makoto ti prego vieni via di lì!” Le ombre le si attaccano alle gambe improvvisamente e la fanno cadere a terra. “Ma cosa…?!”-“Makotoooo!” Hajime salta il muretto con aria a metà tra furiosa e preoccupata. Prima che Hajime si potesse avvicinare alla ragazza, le ombre gli si avvinghiano addosso e dopo averlo bloccato lo sbatte contro il cancello di metallo. “Hajime aiutami ti prego!” Gli urla piangendo Makoto mentre l’ombra la trascina verso l’entrata principale della scuola. “No, MAKOTO!”-“Aiutami! Mi stanno portando via!” Le porte dell’entrata si spalancano dietro al corpo di Makoto. “Aiutooooo!”-“MAKOTO!!!” L’ombra ha già ormai portato all’interno della scuola la ragazza e le porte incominciano a chiudersi. Il fragore del portone che si chiude con forza dall’interno, con ancora le voci di Makoto che si sentono  affievolendo sempre più e l’urlo di disperazione di Hajime lacerano la pace della notte contornata dal rimbombo in tutta la città.
 
È il sei giugno, ore ventuno e quarantasette, sto ancora pensando a cosa fare riguardo la storia dell’ombra, se dovessi provare a dirlo ai miei genitori o se è meglio non dire niente e non tirare in ballo la storia. Sinceramente non mi va di essere preso per pazzo anche dai miei genitori e da mia sorella oltre che da molta gente che ha saputo di questa strana storia della scuola che hanno provato a divulgare Atasuke e Fujino. Adesso che ci penso…è da quando sono uscito dalla scuola che non li sento, chissà come staranno? Ho sentito che Atasuke è andato via da sua madre fuori città ma Fujino non l’ho proprio più sentita. Non vorrei che le fosse successo qualcosa.
Un bussare violentemente alla porta della mia stanza mi fa alzare dal letto su cui mi ero disteso di soprassalto. Mi alzo e vado ad aprire, mi trovo davanti Hajime spaventato che mi dice tutto agitato:”Makoto, è stata catturata!”-“Cosa?! Da chi?”-“Dall’ombra!” Un pallore mi attraversa il corpo a sentire quella parola. “N-non può essere…”-“Invece si! L’ombra che aveva detto Fujino che voi due insieme a suo cugino avete affrontato due giorni fa ha rapito Makoto! Dobbiamo andare!”-“A-andare? E dove?!”-“A scuola no?! Te l’hai affrontata una volta no? Puoi farlo ancora!”-“L’altra volta ero leggermente più preparato e poi ora c’è la polizia che sta continuando l’ispezione, non ci faranno mai entrare! E se anche provassimo e spiegare loro la situazione non ci crederebbero!”-“Maledizione! Non posso restare con le mani in mano, dobbiamo salvarla!”-“Ma se ci pensi, la scuola al momento è una fortezza! Fuori ci troviamo la polizia e dentro l’ombra!”-“Lei è la mia ragazza, io la amo non posso lasciare che venga uccisa!”-“Stai calmo, è vero che dobbiamo salvarla ma come facciamo?!”-“Akito, ti consideravo più coraggioso. Io vado a tentare di salvarla se vuoi aiutarmi vieni, se non vieni ci entrerò da solo!” Dopo quest’ultima frase Hajime gira le spalle e corre giù dalle scale e esce di casa mia sbattendo la porta con mia madre davanti che mi chiede stupita:”C-cosa è successo…?”-“Niente…” Gli rispondo io mentre mi avvicino dalla finestra del corridoio che sta alla mia sinistra rispetto alle scale per scendere. Dalla finestra riesco ancora a scorgere, anche se per breve, Hajime che corre verso la scuola. Dopodiché mi butto sul letto, con ancora più pensieri che mi attraversano il cervello come delle piccole mosche. Dopo pochi minuti in cui il mio subconscio mi fa sentire letteralmente un verme nei confronti di Hajime. Insomma, va bene che devo mantenere il silenzio fino a che la polizia non scoprirà l’ombra da sola ma aiutare un amico che ha bisogno è un’altra cosa! Soprattutto se è in ballo il destino di una ragazza! Studiare, fare sport, uscire con gli amici…questi dovrebbero essere i miei normali desideri e obblighi ma, non so se tutto questo sia solo un mio sogno o che sia una possibilità, se un amico mi chiede di aiutarlo a salvare una persona fatta prigioniera dell’ombra allora ho il dovere di cercare di dare il mio contributo! Decido di alzarmi dal letto, esco dalla mia stanza e vado nel piano di sotto per prendere da un cassetto di scorta 6 pile elettriche per poi portarle frettolosamente in camera mia. Prendo poi delle lampadine di scorta per la lampada da scrivania che ho in camera mia e le collego alle pile modificandole e trasformandole in delle pseudo - granate. Prese le chiavi e il cellulare e dopo averli messi in una borsa insieme alle lampadine modificate, mi precipito fuori dalla mia stanza e scendo in un secondo le scale di casa mia e, infilate le scarpe, corro verso la scuola senza farmi sentire dai miei genitori. Per mia fortuna il traffico è praticamente assente e in qualche minuto mi trovo davanti alla scuola col fiatone. Alzo il braccio destro e guardo l’ora, le ventuno e cinquantotto, sono passati undici minuti da quando ho sentito Hajime. Ormai è completamente buio e accendo l’unica torca non modificata che ho tenuto da parte stando attento a non prenderne una modificata o mi sarei ritrovato un braccio carbonizzato. Scavalcato il muretto del cortile, corro pian piano verso la porta sul retro della scuola dove trovo davanti all’ingresso una guardia per terra svenuta con un livido sulla testa. Qui deve esserci lo zampino di Hajime. Mentre cerco di entrare cerco anche di non toccare l’agente di polizia. Faccio qualche passo dentro tenendo aperta la porta con la mano sinistra ma inizio a sentire un rumore di passi veloci e pesanti che col tempo si avvicina, dopo poco capisco che colui che sta correndo verso di me è una persona a me molto familiare. Dal fondo del corridoio vedo che dall’oscura profondità esce fuori Hajime che corre verso di me con la faccia spaventata che mi dice:”COOORRIIIIIIIIII!!!!!” Alzo un po’ la torcia e mi accorgo che Hajime ha una quantità d’ombra dietro davvero spaventosa e impallidisco all’istante. In tutta fretta sgancio una delle sei torce modificate e la lancio dopodiché prendo sottobraccio al volo la testa di Hajime e ci buttiamo a terra accanto al poliziotto. Sento da dietro che la torcia esplode dopo qualche secondo in cui l’ho lanciata, a qualche millisecondo dall’attacco dell’ombra. Dopo poco Hajime si gira verso di me e mi dice:“Akito che cosa ci fai qui?!”-“Come cosa ci faccio qui?! Mi hai chiesto di venire con te ad aiutare Makoto no?!”-“S-si ma non immaginavo che saresti venuto…comunque, cosa hai fatto esplodere prima? Una granata?!”-“No macché granata, era una torcia modificata da me pronta ad esplodere come se FOSSE una granata.” Dico ricambiando l’occhiata da Hajime che mi sta guardando con aria sbalordita. “Piuttosto, muoviamoci, la torcia avrà anche distrutto l’ombra ma non credo che ci lascerà andare indisturbati in giro per la scuola ancora per molto.”-“V-va bene, ma dove andiamo? Questa scuola è talmente grande che non sapevo neanche quando sono venuto qui prima da dove iniziare.”-“Ma come? Eri venuto a casa mia con un aria così sicura che immaginavo sapessi di sicuro da dove iniziare le ricerche.” Gli rispondo. Mentre parliamo si sente sempre più vicino il rumore dell’ombra che torna, dobbiamo quindi decidersi sul da farsi. “Maledizione, l’ombra sta tornando! Iniziamo a cercare nei sotterranei?”-“Andata!” Ci buttiamo subito dopo giù di corsa per le scale che stanno a pochi passi dall’entrata sul retro e scendiamo di due piani, decidiamo poi di proseguire per il corridoio subito a sinistra. Né io né Hajime siamo mai venuti nei piani sotterranei della scuola e quindi non sappiamo nemmeno dove andare, l’unica cosa che sappiamo è che Hajime ha sentito prima delle urla di Makoto dalle profondità della scuola. Almeno questo costituiva un indizio.
“Hajime, hai sentito come sta Fujino ultimamente?”-“No per niente.”-“Non vorrei che fosse rimasta traumatizzata dalla nostra esperienza qui a scuola…” Mentre ne parlo sento come un senso di tristezza che mi attraversa il corpo. “Ho sentito dire che avete affrontato quest’ombra per tutta la scuola e che una parte del tetto è saltato in aria. È stata colpa di una delle tue pile modificate?”-“Che tu ci creda o no, ho la mente piuttosto annebbiata per quel che riguarda quell’esplosione.”-“Davvero? Non te lo ricordi?”-“No per niente. Ne ho un vago ricordo in cui mi sembra di vedere un lampo bianco, ma per il resto niente.” Il rumore dello struscio dell’ombra si è rifatto vivo e sento che punta contro di noi avvicinandosi sempre più. “Sta arrivando l’ombra!” Aggiungo io con la voce sommessa. “Però le scale per scendere ancora sono alla fine di questo corridoio!”-“Mi sono rimaste sei pile modificate di cui tre di livello intermedio, due di livello più alto, di lunga durata, e l’ultima l’ho modificata mettendoci un flusso di energia delle batterie che alimenterebbe tre stanze per tre minuti al massimo, il mio asso nella manica. Il problema di quest’ultima è che esploderà come una vera granata, scaduto il tempo visto che l’energia della batterie si sprigionerà tutta in una volta al termine e di conseguenza la pila diventerà instabile quindi dovremmo usarla a distanza.”-“Mentre le altre?”-“Possiamo anche usarla per terra davanti a noi basta non guardarla all’impatto.”-“Bene perché ho avuto un’idea.” Mi risponde Hajime con un particolare luccichio negli occhi.
Qualche minuto dopo.
“Ne sei sicuro?!”-“Non abbiamo scelta se vogliamo scendere e salvarci la pelle e ormai l’ombra la possiamo quasi vedere!”-“Va bene. Al tre, uno, due…tre!” Urlo impugnando una pila modificata intermedia e un'altra di livello alto. Cominciamo una corsa verso l’ombra mentre di essa si stanno formando delle specie di tentacoli che si lanciano come coltelli verso di noi. Saltiamo nello stesso istante mentre lascio cadere la pila intermedia a cui ho appena schiacciato il pulsante sganciando l’energia attraverso il contatto davanti ai tentacoli dell’ombra i quali, mancano la mia gamba sinistra di pressoché un centimetro o meno mentre è contratta durante il salto. Anche se poco fiduciosi e convinti di morire teniamo i pugni serrati, un’espressione ebete di noi che sorridevamo come scemi e gli occhi chiusi. Nei pochi secondi del salto sgancio anche l’altra pila e la tengo saldamente nelle mani. Apriamo gli occhi e afferriamo con le mani una sbarra di metallo che sta dalla scala, ci aggrappiamo ad essa e ci giriamo verso il lato della scala che era prima alla nostra sinistra in cui c’è la scala e ci lasciamo cadere sugli scalini mentre la pila modificata che ho appena lasciato sul primo scalino di livello alto esplode. Dopo essermi girato un secondo verso il piano superiore vedo dall’occhio destro che i tentacoli dell’ombra si stanno sgretolando in micro particelle nere. Ci schiantiamo contro il muro al livello inferiore alla fine delle scale tirandoci contro una spallata. Ci riprendiamo dopo qualche secondo, guardiamo entrambi dalla cima delle scale e vediamo che la pila è ancora in funzione e lo stridio dell’ombra echeggia ancora in tutta la scuola. Io rimango ancora assorto nel silenzio a vedere la luce che contrasta le tenebre quando sento che mi chiama Hajime.
“Akito! Vieni a vedere” Mi dice mentre sta inginocchiato per terra a guardare il pavimento. “Cosa c’è da vede…” Ai nostri piedi c’è una pozza di sangue che continua con una scia come se provenisse da una ferita trascinata. “Makoto…” Sussurrò Hajime alzandosi con aria malinconica. “Makoto sto arrivando!” Hajime segue le tracce di sangue correndo ma io gli dico da dietro:“Aspetta Hajime non sappiamo cosa potremmo trovare!” Visto che non mi risponde inizio anch’io a seguire le tracce andando dietro ad Hajime. Le tracce continuano per diversi metri fino ad arrivare dall’entrata di una porta sotterranea che scende ancor più sotto terra. L’entrata sembra molto antica, molto simile all’entrata di una grotta con la differenza di avere un taglio netto e preciso negli angoli dell’apertura. Io guardo Hajime e mi accorgo che ha un’espressione molto seria e si vede chiaramente che ha intenzione di scendere. “Hajime, che cosa facciamo? Improvviso io, poco prima che partisse in quarta immergendosi nell’oscurità sotterranea. Non sappiamo cosa potremmo trovare qua sotto, potrebbe anche esserci l’ombra pronta ad attaccare.”-“Sì, ma se Makoto è stata portata qui io ci vado! Akito, non sei costretto a venire anche te qua sotto.” Borbotta Hajime come se avesse un debito con me. “Non se ne parla, io ti ho accompagnato fin qui e quindi scenderò anch’io se te vuoi andare là sotto.” Gli rispondo mettendogli una mano sulla spalla.
“Grazie, davvero.” Mi dice con un sorriso Hajime. Scendiamo pian piano le scale, anch’esse sono fatte dello stesso materiale delle entrate e le pareti non fanno eccezione. Poco dopo arriviamo al livello più basso della scuola. Più che il piano di un edificio scolastico sembra di essere in una vera e propria grotta abbandonata per via dei muri che sono costituiti, come l’entrata e il corridoio, di pietra che sembra essere stata lavorata parecchi anni fa, a sinistra della scala c’è la caldaia principale che è alta più o meno 3 metri e vicino ad essa vi è un altro generatore elettrico. “Perfetto!” Esulto rovistando nel mio zaino. “Che cosa?”-“Insieme ai cavi del generatore…” Rispondo staccando due fili che erano attaccati ad un tubo, collegato a sua volta al pannello di controllo e attaccandoli alle piccole batterie della pila. “…posso aumentare la durata delle pile elettriche e calcolare un’eventuale potenza maggiore rispetto a prima.”-“Non finirai mai di stupirmi Akito.” Mi dice con tono quasi ironico. “Io intanto cerco di vedere di trovare altre possibili tracce.” Questo strano piano sarà più o meno largo sei metri e lungo otto ed è anche piena di vecchi scatoloni pieni di muffa e polvere. “A-akito…vieni un attimo…” Mi incuriosisce il suo modo di parlare di questa sua frase, sembra che stia per perdere il respiro. Mi alzo mentre il generatore sta ricalibrando l’energia delle pile. “Cosa c’è Hajime…” Impallidisco all’istante a quella visione…. “Che cosa diavolo è…quello?!”

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Capitolo 4
*** Chapter 3 Il salto tra le Fiamme ***


Darkness
 
Chapter 3 Il Salto tra le Fiamme
 
Rimaniamo impalliditi a questa visione: per terra c’è il cellulare distrutto con lo schermo spezzato e la tastiera sfondata di Makoto. Hajime lo raccoglie e scopriamo che sotto ci sono due disegni fatti col sangue, uno accanto all’altro. Uno di questi rappresenta un occhio aperto mentre l’altro raffigura una freccia verso un muro alla nostra destra. “Ma…Makoto è stata…”-“Aspetta, è ancora troppo presto per dirlo, ora abbiamo trovato solo il suo cellulare con sotto questi strani segni. Non ne possiamo dedurre che l’hanno ferita o persino uccisa.” - “Sì ma guarda il suo cellulare! Lei ci teneva tanto, le era stato regalato quando ha computo dodici anni da suo nonno morto poche settimane dopo e per questo ne ha sempre avuto molta cura, se è ridotto a questa cosa vuol dire che ha subito della pressione o che abbia preso dei colpi contro qualcosa!” Mi risponde irritato Hajime con un tono quasi disperato. Io mi alzo e mi avvicino al muro di roccia e terra che indica uno dei due disegni sotto il cellulare e ci appoggio l’orecchio destro per sentire se vi è possibile sentire qualcosa di interessante. Sento come il rumore di qualcosa che scorreva, come se fosse acqua, ma sembra più pesante di un semplice fiumiciattolo. Però il rumore è talmente basso che quasi viene coperto dal mio respiro. “Senti qualcosa?” Mi chiede Hajime speranzoso. “Sento come qualcosa che scorre, ma sembra lontanissimo rispetto a noi.”-“Cosa credi che volesse dirci Makoto lasciandoci questi disegni?”-“Il fatto che quei disegni fossero sotto il suo cellulare potrebbe far pensare ad una trappola dell’ombra per spingerci fin qui, ma se fosse così perché non ci ha attaccati di nuovo? A mio parere secondo me la freccia indica questo muro ma l’occhio non capisco che significato abbia.” - “Neanch'io ho la minima idea di cosa rappresenti…”
“Tetsura! Kazuhiro! Dove siete?!” Delle voci ci chiamano dai piani superiori della scuola. “Maledizione! La riconosco questa voce, è quella dell’agente Kasashima della polizia! A che piano saranno secondo te?” Chiedo ad Hajime mentre mi apposto ad uno dei due lati della porta per non farmi vedere. “Secondo me sono due piani sopra di noi ma non ne sono sicuro.”-“Dobbiamo andarcene di qui.” Sussurro io. “Non possiamo abbandonare qui l’unica traccia che abbiamo di Makoto!”-“Capisco come ti senti ma ora come ora non possiamo fare niente per lei e non sappiamo nemmeno dove sia in questo momento, se adesso arrivasse l’ombra saremmo impreparati! Meglio organizzarci come possiamo prima che arrivi. Se noi morissimo qui cosa succederebbe se Makoto fosse ancora viva e non possiamo salvarla?”-“…Ho capito…” Risponde Hajime stringendo il pugno destro cercando di sopportare la cosa. “Però prima prendo il cellulare di Makoto e faccio una foto ai disegni.” Sussurra Hajime prendendo il mio cellulare e scattando una foto per terra. “Ci rimangono ancora tre pile e dobbiamo giocarcele bene. Cosa facciamo?” “La via migliore è di evitare la polizia e cercare di uscire. Quindi se azzardiamo nel percorrere il corridoio a fianco alla scala al piano di sopra avremo più possibilità di non farci beccare né  dalla polizia che dall’ombra.”-“Se non sbaglio continuando a sinistra dovremmo arrivare alla cucina e da lì poi sarebbe facile arrivare all’uscita sul retro.”-“Allora andiamo ma ci converrebbe avere a portata di mano le pile modificate in caso di bisogno.”-“Giusto, io terrò la pila di livello massimo e quella di livello intermedio mentre tu terrai quella di livello alto.” Dopo aver finito la frase tiro fuori dallo zaino ormai semivuoto le pile e do ad Hajime quella di cui gli ho parlato. “Bene e ora siamo pronti.” Mi risponde lui. Risaliamo le scale e sbuchiamo fuori dalla porta sotterranea nel corridoio. Io mi apposto all’estremità dell’angolo che abbiamo girato prima di entrare nel sotterraneo per controllare la situazione tendendo l’orecchio destro verso la scala da cui siamo scesi evitando l’ombra. “Si sente lo strusciare dell’ombra che ci sta cercando, sbrighiamoci ad andare.” Dice Hajime. Non mi ero neanche accorto del rumore dell’ombra per via della mia concentrazione sull’udire voci.                                                             “Com’è possibile però che la polizia non l’abbia vista durante il primo giorno di ispezione.”-“Secondo me si è nascosta proprio perché sa che c’è l’ispezione, ma anch’io me lo chiedo perché da qualche parte deve pur andare e prima o poi la polizia scoprirà dove.”-“Noi intanto incamminiamoci.” Il corridoio mi sembra più lungo rispetto a prima e sento anche una strana sensazione come di essere osservato. Mentre ci muoviamo per la scuola evitando accuratamente i poliziotti noto che per terra c’è una piccola però profonda fessura nel terreno. Mi inginocchio per vederla meglio e noto che è una fessura tagliata di netto, come i pezzi della porta che l’ombra ha tagliato il giorno prima. Uno spaventoso sospetto mi sale per la testa. “Hai visto qualcosa Akito?”-“C’è una fessura tagliata minuziosamente come quando la notte che sono rimasto qui con Fujino e Atasuke l’ombra aveva tagliato e fatto a pezzi la porta della nostra aula.”-“E allora? Se è per questo ce ne sono altre quattro qua e la qui intorno.”-“C-cosa?! Dove?!”-“D-due davanti a noi e due dietro perché?”-“Cazzo! Scappa!” Trascino per la manica Hajime per il corridoio mentre l’ombra sfonda da sotto il pavimento creando un’onda d’urto in tutta la terra circostante. I tentacoli si frenano all’improvviso e, formando un angolo di novanta gradi, ci inseguono per il corridoio sottoforma di diverse spine. “Ma come diavolo faceva a sapere che eravamo qui con tutti quelli che ci sono in giro?!” Mi chiede freneticamente Hajime. “Deve averci aspettati dall’entrata sotterranea e avrà sentito che passavamo di qua, ha fatto quei piccoli buchetti e sarà rimasta li ad aspettare per farci quell’imboscata!”-“Ma come avrà fatto a passare per quei minuscoli buchi con quella enorme massa?! Non erano larghi nemmeno due centimetri!”-“L’ombra può cambiare forma e volume! Avrà pensato che più piccoli fossero stati i buchi meno avrebbe dato nell’occhio!”-“Vuol  dire che potrebbe diventare di dimensioni gigantesche e attaccarci?!”-“Lo escluderei del tutto visto quel che ha fatto per cercare di non farsi notare da nessuno!” Dopo aver corso per diversi metri e ormai, quasi stremati, siamo ormai alla fine del corridoio e alla cucina mancano pressoché dieci metri. I nostri respiri si fanno sempre più pesanti e l’energia ci inizia a mancare sempre più. “L’ombra si sta avvicinando!” Dice Hajime con il fiatone che a breve gli perfora l’anima. “Sgancia la pila che hai te!” Aggiungo io. “Come si fa?!”-“Svita di un giro completo la testa della pila, sposta la levetta da zero a tre, premi il pulsante dal lato opposto e lanciala!”-“Fatto!” Mi risponde dopo circa cinque secondi. ”Lanciala e chiudi gli occhi!!!” Hajime chiude gli occhi e lancia dietro di sé la pila che sbatté per terra ed esplode con un fascio di luce, anche se ho gli occhi chiusi riesco a scorgere la luce attraverso le palpebre. Dopo aver corso dopo una decina di secondi sempre in avanti, riapro gli occhi e Hajime fa lo stesso qualche secondo dopo di me. Dopo pochi passi siamo davanti alle porte della cucina e le spalanchiamo, dopo essere entrati le richiudiamo subito dietro di noi. Mi guardo intorno in cerca di qualcosa con cui bloccare la porta e Hajime, avendo compreso il mio sguardo mi indica un’accetta di emergenza dietro di me indicandomela. Indietreggio davanti ad essa e tiro un calcio sfondando il vetro in cui era tenuta l’accetta. Dopo un attimo di rigetto per il dolore subito dall’impatto, ma non da pezzi di vetro, prendo l’accetta e la metto tra le maniglie della porta. “Cosa facciamo adess…”-“Tetsura! Kazuhiro! Dove siete?!” Hajime non riesce a finire la frase che sentiamo di già le voci della polizia che ci sta cercando e che sembra non essere granché lontana da noi. “L-la polizia! Maledizione l’ombra ha coperto le loro voci mentre venivamo qua! Dove andiamo ora?! Loro sono nel corridoio per l’uscita!” Mi chiede Hajime. Dopo aver pensato ed essermi guardato un poco intorno in cerca di una soluzione o nascondiglio finché, il mio sguardo non cade verso la cella frigorifera. Essa è nel fondo della stanza, dall’altra parte rispetto a noi. “Presto, entriamo nella cella frigorifera! Alla polizia non verrà neanche in mente di guardare lì!” Attraversiamo tutte le postazioni di lavoro dei cuochi scolastici i quali, sono forni o scrivanie piene di appunti, cercando di non fare rumore. Hajime spalanca la porta di metallo della cella frigorifera e prima di entrare la spengo, non voglio morire assiderato dentro. Dopodiché entro e chiudo subito la porta. Essa all’interno era costituita da piastrelle azzurro acqua mentre, dal soffitto pendono degli uncini probabilmente per le carni che vengono portate da fuori. Oltre a quelle ci sono delle specie di armadi senza però gli sportelli in cui in ogni buco vi è riposto un alimento come, pesci, carne e quant’altro. Dopo essermi guardato bene intorno in quella stretta ma lunga stanza, rivolgo il mio sguardo ad una piccola finestrella con una specie di reticella attaccata al vetro e ci guardo attraverso. La polizia ha già fatto il suo ingresso con i cinque uomini che compongono l’eventuale gruppo che hanno dall’altro lato di questa larga porta metallica. Faccio cenno ad Hajime che nel frattempo si era nascosto a parte della stanza di non parlare e porgo l’orecchio contro la porta. “Sembra che neanche qui in cucina ci siano, non si saranno sbagliati i genitori di Akito Tetsura che dicevano che era diretto verso la scuola dopo che anche Hajime Kazuhiro è stato visto qua intorno?”-“Questa faccenda sia di cercare questi due benedetti e sfuggenti ragazzi e sia questa ispezione sono una vera scocciatura. Se ci aggiungiamo anche il prolungamento dei due giorni non usciremo mai più da questa storia.”-“Continuiamo a cercare, qua avete già guardato?”-“No, signor Kasashima.”
Dato che le voci dei poliziotti si stanno man mano avvicinando verso di noi nella prosecuzione del discorso mi allontano dalla porta e faccio cenno di spegnere le luci e di allontanarsi ad Hajime. Dopo che ci siamo spostati nel fondo della stanza strisciando i piedi e camminando lentamente e silenziosamente ed esserci messi io dall’angolo a destra verso la porta e Hajime a sinistra. Nell’attesa di una risposta all’aspettativa sempre più forte che, all’improvviso un poliziotto apre la porta della cella frigorifera e ci vede, metto la mano destra nell’angolo della stanza tutta piastrellata come una piscina e noto che tre piastrelle sono messe male anzi, si possono anche togliere!
“Direi che è inutile guardare nella cella frigorifera, nessun sano di mente ci si rinchiuderebbe dentro sapendo che è accesa.”                             “Accesa? La nostra scuola la spegne sempre alla sera visto che non contiene mai gelati o cose simili.” Pensai incuriosito tra me e me. “Ma…guardate qui!” Dice una voce all’improvviso che ci fa sobbalzare proveniente oltre il muro, dall’altra parte della stanza. “C’è un ascia che blocca la porta da questa parte della cucina!”-“L’avranno sicuramente messa per rallentarci! Inseguiamoli!” Risponde un’altra voce. Si sente poi il rumore dei poliziotti che tirano via dalle maniglie l’ascia e che, dopo averla gettata a terra, si precipitano per il corridoio, incuranti dei due ragazzi.
“Che paura! A momenti pensavo che ci avrebbero scoperti! Riaccendo la luce?” Mi chiede Hajime. “Si riaccendila, mi viene da stare male senza luce qui dentro.” Gli rispondo io. “Hai visto qua Hajime? Ci sono tre mattonelle messe male qui, anzi si possono anche togliere.”-“Non sarà mica un buco per le tubature dell’aria?” Mi chiede speranzoso alludendo alla mia fuga dall’ombra della notte scorsa. “Non lo so proviamo a toglierle.” Hajime si siede accanto a me nell’angolo accanto ad uno sportello per gli attrezzi. Le piastrelle sono grandi e spesse e quindi per toglierle e metterle da tutt’altra parte ci dobbiamo mettere in due. Sotto di esse c’è un telo di plastica che apparentemente si estende su tutta la stanza sotto la però chiusa barricata di piastrelle. Con un coltellino che tira fuori Hajime lo laceriamo e lo apriamo. Sotto ancora al telo c’è un enorme pacco grande quanto un adulto formato da nastro isolante e plastica anti umidità. Laceriamo anche quello e a nostra enorme sorpresa e spavento, cadde dal taglio una mano. Ci tratteniamo a stento dall’urlare e, dopo essermi asciugato la fronte dal sudore, cerco di riprendere rapidamente il controllo. ”C-che cazzo è questo?!” Mi chiede Hajime in preda all’orrore. Dargli torto è pressoché impossibile, non capita tutti i giorni di trovare un cadavere nella propria scuola.
“C-che sia il corpo di uno dei ragazzi scomparsi?!”-“Può darsi, apriamo dalla faccia…” Mentre io tenevo teso il telo Hajime affonda con la lama il tessuto plasticato e fa un taglio in mezzo alla suddetta faccia ed apriamo. Quando il mio cervello finisce di mettere a fuoco l’immagine, l’energia mi lascia completamente le gambe e cado all’indietro. All’interno del telo c’è il corpo senza vita del preside della nostra scuola, Kahiro Misawa. “M-ma è morto?! Quando è successo?!” Mi chiede Hajime spaventato con lo sguardo rivolto verso di me. “N-non lo so p-però…l’ultimo giorno di scuola prima dell’ispezione era presente e sono passati appena due giorni!”-“Non capisco! Se l’hanno ucciso perché nasconderlo proprio qui a scuola?!”-“Probabilmente per far pensare che sia stato ucciso qui a scuola una mattina in cui è venuto qua nella cucina e poi basterebbe agli assassini pagare qualcuno per testimoniare che una mattina è venuto qui…” Rispondo mentre pensavo ad ogni possibile evenienza ma, gira che ti rigira, nascondere il cadavere qui non ha senso comunque la si guardi. “Però la mia è solo un’ipotesi.”                                                    “Però…non sappiamo ancora per cosa è morto, guardiamo più a fondo? Se fosse stato strangolato visto che è stato messo qui i segni dovrebbero esserci.”-“Sì, giusto controlliamo.” Mi rialzo da terra e mi avvicino di nuovo al corpo del preside dove mi aspetta Hajime che, con in mano il coltello, sta per tagliare sotto la testa. “Mi fa un po’ senso…” Bisbiglio io come se il cadavere possa sentirci.  “Non è che a me faccia sorridere…” Hajime infila dalla fine del precedente taglio la lama e prosegue per la sua contorta via sul telo di plastica. Pochi minuti dopo di tenere tesa la plastica e di tagliare, alla luce viene fuori un taglio netto e profondo nella pancia del preside, e a questo punto i miei dubbi sono scomparsi del tutto dalla mia testa: l’ombra ha ucciso il nostro preside. “È stata…l’ombra!” Aggiunge Hajime spezzando l’alone di silenzio e mistero che aleggiava nella stanza fino ad ora. “Ma perché l’avrà ucciso?!” Chiedo ad Hajime. “Forse perché il preside avrà visto l’ombra e quest’ultima l’ha ucciso per non far scoprire niente a nessuno”-“Ma durante l’ispezione se avessero cercato qui, cosa che faranno visto che per nascondere un cadavere questo è uno dei posti per eccellenza, e avessero indagato un po’ avrebbero anche potuto trovare oltre al corpo il rifugio dell’ombra!”
“Non so se l’ombra abbia un posto in cui ritorna dopo ma hai ragione, non ha senso…Ah! Ci siamo dimenticati della polizia! Andiamo!”-“Dove lo lasciamo il cadavere?” Mi chiede Hajime indicando il corpo. Con aria malinconica rispondo:“Meglio metterlo come e dove l’avevamo trovato prima o potrebbero scoprire che l’abbiamo visto…”-“Si giusto.” Hajime richiude il coltellino e insieme rimettiamo sotto il telo di plastica il cadavere e rimettemmo poi a posto le tre piastrelle. Dopo veloce occhiata fuori attraverso la finestrella usciamo di lì, era veramente caldo rispetto alla cella frigorifera. Le luci della cucina sono ancora tutte accese e si sentono ancora le voci, seppur in lontananza, dei poliziotti che ci cercano. “Muoviamoci.”-“Sì.”
Evitando completamente gli agenti, usciamo da un’altra parte un corridoio, il più lungo e profondo della scuola. “Secondo te l’ombra ci starà di nuovo aspettando di nuovo sotto il pavimento da qualche parte?” Mi chiede Hajime. “Non credo, con tutte le persone che ci sono adesso in giro per la scuola non credo che riesca a capire chi sta seguendo o no, piuttosto mi preoccupo che l’ombra non uccida i poliziotti per poi continuare ad inseguire noi.”-“Tu sei preoccupato? Io sì, ho paura di non poter salvare Makoto…” La voce Hajime si è appena affievolita.
“Mi dispiace…per quanto riguarda noi...” Continuo frugando nel mio zaino. “Non c’è motivo di preoccuparsi, ci rimangono ancora due pile modificate di cui una possiamo tenerla anche in mano e finché non si scarica non correremo nessun rischio. Un vero problema è che non possiamo scappare attraverso le finestre, che sono chiuse. Non ci rimane ormai altra scelta che uscire dall’entrata principale, a quest’ora la polizia avrà trovato l’agente da dove siamo entrati.” Mentre camminiamo lancio un’occhiata ad Hajime come per dire: è colpa tua.
“E poi…ho fatto una promessa per cui…non mi posso permettere di morire qui…”-“Quale promes…” Hajime ed io ci giriamo di scatto, l’ombra era tornata ad attaccarci! Ricominciamo a correre verso la fine del corridoio, a cui ormai sono abituato. Nei pressi della porta freno di lato e spingo con forza le maniglie di metallo della porta ma, con mia gran scoperta, scopro che essa era chiusa a chiave. Mi giro dietro di me dove le ombre ci arrivano con fare minaccioso contro di noi, una lama mi colpisce violentemente il braccio sinistro e un’onda di dolore lancinante di attraversa il corpo attraverso i nervi in fiamme dal dolore. In preda al panico prendo una delle pile modificate, la sgancio e la lancio contro l’ombra, ormai di fronte a me e urlo:”Hajime! Chiudi gli occhi!”
Mi metto la mano destra sugli occhi e subito dopo la pila esplode liberando nell’aria una luce abbagliante. L’energia scaturita dalla pila, che si trovava al momento dell’esplosione al centro del corpo dell’ombra, fa esplodere quest’ultimo in brandelli poco dopo che essa ha sfondato la porta chiusa e  pochi secondi dopo, si polverizza. Non mi sono accorto che durante l’espansione sono caduto di lato, con la faccia per terra con la mano destra ancora sugli occhi per evitare che la pila, che è a un passo da me, mi accechi. Purtroppo però sono costretto ad aprire gli occhi e vedo in un secondo dove si trova la pila e, avendone impressa nella mente la sua ubicazione, calcio la pila lontano. Mentre cerco di rialzarmi vedo che dal mio braccio semi inerte gocciola del sangue. Mi sento anche gocciolare un qualcosa sulla fronte e tocco la goccia con la mano e vedo che è sangue, l’ombra mi ha ferito anche sulla fronte. “Hajime…sei ancora vivo…?”-“C-credo di si…quella maledetta ombra mi ha colpito la spalla sinistra e ho anche preso una ginocchiata per terra!”-“Io non sono messo tanto meglio, il mio braccio sinistro è quasi andato e mi ha colpito anche la testa. Se ci arriva di nuovo alle calcagna non so se riusciremmo di nuovo a scamparla…e quella dannata porta era anche chiusa!” Gli rispondo io mentre guardo nella profondità delle tenebre del corridoio mentre Hajime si rialza. “Con la pila cosa facciamo? Ci servirebbe più avanti.”-“Non ne ho idea, l’ho sganciata perché ero in preda all’agitazione e, visto che dura diversi minuti dovremmo portarcela dietro finché sarà utile.”-“Non so se può servire ma io ho un sacchetto molto resistente con una specie di copertura di metallo ma che è praticamente trasparente, potremmo tenercela dentro.”-“Ma quel tipo di sacchetti non sono fatti per portare il cibo?!” Chiedo ad Hajime sbalordito.
“Si infatti, avevo portato un po’ di scorte per Makoto, saranno diverse ore che non mangia, e quindi ho portato della roba da mangiare nel caso fossi riuscito a salvarla e a portarla fuori di qui.”-“V-va bene…” Hajime tira fuori dal suo zainetto il sacchetto che, dopo averlo svuotato, lo appoggia per terra tenendolo aperto e con gli occhi chiusi ed io ci calcio dentro la pila.
“Aaahh, per fortuna il sacchetto fa passare meno luce rispetto a prima!” Sospiro io riaprendo un po’ di più gli occhi.
Non passa molto tempo prima che l’ombra ci ritorna contro.
“Voglio provare una cosa…” Borbotta Hajime prima di mettersi a correre verso l’ombra. “Aspetta! Ma cosa fai?!” Hajime fa roteare un po’ il sacchetto con la pila intorno a sé per poi colpire una lancia di ombra e il suo eventuale corpo disintegrandolo. Improvvisamente, capisco subito cosa ha cercato di fare e gli lancio un’occhiata di condivisione e ci mettiamo a correre nel corridoio liberato da poco da nientemeno che dall’ombra stessa. Una specie di falce dell’ombra comincia a volteggiare mirando su di me e Hajime mi passa il sacchetto che afferro con la mano destra e, dopo aver saltato e aver impugnato il sacchetto che vortica come una spada, respingo l’attacco e ne polverizzo il resto. Poco dopo, delle specie di frecce stanno per colpire Hajime ed io gli lancio il sacchetto che prende al volo e lo tiene rigido tenendolo da sotto e da sopra riparandosi come da uno scudo dalle frecce. Per diversi minuti ci passiamo il sacchetto mentre corriamo aiutandoci a vicenda e respingendo i vari attacchi. Hajime, mi passa il sacchetto con cui colpisco tre tentacoli  affilati come rasoi consecutivamente e nel colpirne un altro che attacca dall’alto lo passo ad Hajime che, eseguendo una scivolata squarcia il tessuto d’ombra di una specie di ‘martello’. Dopo essersi rialzato mi lancia il sacchetto ed io mi do una spinta con cui giro tre volte come una trottola tagliando una lama enorme per poi fermarmi con un piede contro il muro ed emettere un fendente seguito da una scia di luce schiacciando un’altra lama, finalmente siamo in grado di fronteggiare l’ombra. Dopo qualche minuto che stiamo correndo sento che le voci degli agenti di polizia sono vicine e decido che dobbiamo girare sull’altro corridoio a sinistra. “Andiamo a sinistra!”-“Al volo!” Ci fermiamo di colpo e a momenti non cado in avanti, dopo aver corso per altri minuti ci fermiamo per riposarci e Hajime mi chiede: “Dove andiamo adesso?!”-“Andiamo nella classe numero otto.” Rispondo tra un affanno e l’altro. “Per il momento è la più sicura e la più vicina.”
Per arrivare all’aula numero otto dobbiamo solo finire il corridoio e salire la scala che, svoltando, sarà alla nostra sinistra.
Pochi secondi dopo riprendiamo a camminare mentre il sangue continua a gocciolarmi dal braccio. All’improvviso, l’ombra dietro di noi e due poliziotti alla fine del corridoio compaiono quasi simultaneamente. Dopo un secondo di esitazione io e Hajime ci lanciamo uno sguardo e capiamo subito che abbiamo la stessa idea e corriamo quindi verso i due agenti e, a pochi passi da loro facciamo una scivolata e nel avvicinarci verso di loro gli lascio davanti una pila che esplode e li costringe a chiudere gli occhi. Nel tempo in cui i due poliziotti riaprono gli occhi noi siamo già passati sotto le loro gambe. Dopo esserci fermato a due metri da loro mi rialzo e vedo che l’ombra travolge violentemente i due poliziotti e facendoli a pezzi. Senza guardare il triste destino dei due morti urlo ad Hajime di alzarsi e saliamo le scale. Una volta saliti in cima mi sbrigo ad aprire la porta dell’aula otto alla nostra destra e, dopo aver lasciato entrare Hajime, la chiudo a chiave e ci tengo la spalla destra contro e subito dopo, una violenta botta contro la porta mi fa vibrare dall’altra parte.
“Cosa facciamo adesso?!”-“Non abbiamo altra scelta, dobbiamo far scoppiare la pila facendola arrivare al massimo potenziale!”-“Ma così farà saltare in aria anche quest’aula!”-“Infatti!” Rispondo mentre mi allontano dalla porta.“
Noi prepariamo la pila, mettiamo un timer, sganciamo la bomba, ci chiudiamo dentro e aspettiamo. L’esplosione farà saltare anche la porta e l’ombra dietro e dopo corriamo sparati verso la porta!”-“O-ottima idea! Se ci riusciamo la cosa peggiore sarebbe che ci prende la polizia.”-“Bene, passami il sacchetto.”-“Ho anche degli occhiali da sole, tieni.”-“Ma perché hai degli occhiali da sole di notte nello zaino?!” Chiedo stupito. “Te lo spiego dopo!” Risponde tagliando corto Hajime.
Corro verso il generatore e ci attacco forando il sacchetto un cavo al contatto della pila. Un rumore proveniente simile ad un ronzio inonda la stanza. Dopo una ventina di secondi sento attraverso il sacchetto che la pila è diventata bollente e stacco il cavo e dico ad Hajime:”È pronta, andiamo!”
Imposto il timer sulla pila, la poso a terra e faccio cenno ad Hajime di seguirmi mentre attraverso la stanza. Dopo aver passato in mezzo a tutti i banchi e sedie dell’aula seguito da Hajime, spalanco la porta dell’aula attaccata e richiudo dopo di noi due la porta. Una volta dentro mi sbrigo a rovesciare due banchi dell’aula dove poi ci ripariamo per il botto imminente che arriva dopo pochi secondi. Un’esplosione fortissima si sente provenire dall’altra aula e una gigantesca onda d’urto fa vibrare il terreno sotto di noi come un terremoto. La porta dell’aula con all’interno noi due si stacca tutto d’un pezzo dai cardini facendo volare pezzi di soffitto attaccati ad esso che volano per tutta l’aula con le più svariate forme mentre il resto del muro dietro la cattedra ossia, davanti a noi, vibra e diverse crepe si fanno strada nel intonaco facendo anche cascare con gran fragore la lavagna. Quest’ultima provoca un buco che, assieme all’esplosione e all’onda d’urto, provoca una voragine che continua ad allargarsi verso di noi risucchiando nel piano sottostante tutto il muro intermediario tra una stanza e l’altra insieme a noi e i banchi.
Riapro gli occhi…una densa e fitta nuvola di fumo grigiastro aleggia per il piano sotto e sopra, collegati dalla voragine che sta davanti a me. A stento mi rialzo facendo ribaltare le macerie dal mio petto. Tenendo il busto alzato con le mani poste per terra, mi guardo intorno, accanto a me alla mia sinistra c’è il corpo di Hajime e alla mia destra c’è la scala per salire il piano ancora intatta mentre in mezzo c’è un cumulo di macerie pesanti come pezzi di pavimento fatti di cemento, i banchi e la lavagna sopra a tutto.
Tutto intorno a noi ci sono pezzi del soffitto da cui spuntano i bastoni metallici dal cemento. Siamo stati molto fortunati.
Mi avvicino al corpo di Hajime e dopo aver controllato che il cuore battesse ancora gli dico:“Hajime! Svegliati! Dobbiamo sbrigarci ad attraversare il corridoio!” Hajime apre gli occhi e mostra un’aria molto confusa e, dopo essersi guardato anche lui un po’ intorno si rende conto della situazione. Ancora con la faccia intontita mi chiede:“S-siamo morti?”-“No siamo ancora vivi! Il pavimento sotto di noi è crollato!”-“La prossima volta facciamo come dico io…” Hajime accenna ad un sorriso mentre si toglie le macerie di dosso. Abbiamo i vestiti completamente impolverati e con una specie di strato fatto di sabbia addosso. Tentiamo una corsa disperata ma i primi segni dell’essere caduto di sotto si fanno vivi, mentre sto cercando poco a poco di riprendere il solito modo di correre, mi accorgo di un atroce dolore proveniente dalla caviglia del piede destro.
“Maledizione! Qualcosa deve avermi colpito la caviglia nella caduta!”-“Aspetta ti aiuto!” Hajime mi si avvicina, mi prende il braccio destro dietro la testa e mi aiuta a camminare ancora per qualche metro. Abbiamo appena oltrepassato un incrocio tra due corridoi e sentiamo che dall’imboccatura sinistra proviene un rumore di struscio che preannuncia il ritorno dell’ombra. Entrambi abbiamo già il fiatone, è normale dopo tutte le corse che abbiamo fatto questa notte. Dopo aver pensato a lungo sul da farsi considerando le nostre condizioni nel mentre che continuiamo a camminare alla fine concludo i miei ragionamenti dicendo ad Hajime:“Ci tocca nasconderci di nuovo.”                                                                                   “Poco più avanti c’è uno sgabuzzino!” Mi risponde Hajime. Siamo entrambi sudati marci, i miei capelli si sono appiccicati alla fronte.
Proseguendo poco più avanti c’è lo sgabuzzino e, prima di entrare, Hajime aggiunge togliendosi il mio braccio da dietro il suo collo:“Bene…l’ombra non è in vista. Riposiamoci un po’ e poi proseguiamo.”-“Va bene.”
Sfortunatamente, nel buco in cui siamo a riposarci non funziona la luce e siamo quindi costretti a usare le luci del cellulare. Stare però chiusi in uno sgabuzzino nella penombra cercando di non farsi scoprire sia da un’ ombra assassina e da diversi poliziotti non è confortante, soprattutto se nello sgabuzzino c’è l’eco per cui ogni minimo rumore può essere scambiato per qualcosa di sospetto. All’improvviso, le nostre orecchie si tendono verso il rumore di qualcosa di terribile, lo struscio dell’ombra è arrivato dalla porta dello sgabuzzino.  Il sentir strisciare una cosa ripugnante come un’ombra amorfa e muta forme ci fa perder fiato udire il leggero tintinnio delle lame che si librano nell’aria e si toccano molto leggermente l’un l’altra mentre ci cercano fa uscire fuori di testa, sia per la snervante attesa che per l’idea che ci possa beccare e colpire. Hajime emette un bisbiglio appena accennato e strozzato dalla paura che dice:”È dietro…la porta…”
Come all’improvviso, le mie ferite mi cominciano a bruciare molto più di prima e a stento non mi metto ad urlare. Qualcosa, dall’altra parte della porta cerca di entrare usando la maniglia molto lentamente, un magone mi attraversa le costole e finisce di pesarmi direttamente in gola. Sento un pesante senso di rassegnamento e mi sento come se tutto fosse stato vano fino ad ora…è finita, nessuno avrebbe scoperto e rivelato il segreto della scuola, il segreto dell’ombra e delle sue numerose vittime…e soprattutto nessuno sarebbe stato in grado di salvare Makoto, la ragazza di Hajime. Mi volto a guardare il volto di quest’ultimo e anche lui sembra spaventato e rassegnato allo stesso tempo come me.  Mentre la cosa che dall’altra parte della porta sta girando la maniglia provocando nella serratura uno scricchiolio profondo, mi sento addosso anche un senso di colpa verso di Fujino, che per colpa mia è dovuto venire a scuola…Perché mai l’ha fatto?! Perché proprio lei doveva preoccuparsi per uno stupido come me?!
Lo strusciare dell’ombra si blocca di colpo e sembra che abbia lasciato andare la presa della maniglia dello sgabuzzino e il silenzio ritorna ad inondare il corridoio. Un raggio di speranza ci attraversa il cuore ma, la porta si spalanca di colpo e una strana luce ci costringe a mettere le mani davanti alla faccia. Dopo che la luce si abbassa dai nostri volti e in pochi secondi riconosco tra le varie sagome nere che vedevo prima il volto dell’agente Kasashima, seguito da altri tre poliziotti. “Ma cosa…?!”
Kasashima non riesce a finire la frase che dal fondo della folla si fa largo un uomo alto, in giacca e cravatta grigia, che porta un paio di occhiali rettangolari e con i capelli grigiastri, ha un viso pallido e gli occhi semichiusi.
“Tetsura! Kazuhiro! Che cosa fate qui?!” Ci chiede allarmato, seppur con un sorriso inquietante.
Io e Hajime rimaniamo letteralmente di stucco. Uno spavento ci assale e ci fa scattare all’indietro. L’uomo davanti a noi è il nostro preside, Kahiro Misawa. Il nostro preside si gira verso i quattro poliziotti e dice:”Tranquilli, me ne occupo io, fareste meglio a cercare i vostri colleghi scomparsi.”-“V-va bene. Andiamo!” Risponde Kasashima, con aria distratta. Dopo che i poliziotti si sono allontanati dico al preside con aria sicura:”Vogliamo delle spiegazioni.”
Il preside si gira verso di noi e sul suo volto, bianco come un fantasma, compare un sorriso che mette in risalto i suoi denti, stranamente appuntiti come coltelli e risponde gentilmente: ”E su cosa? Sul mio cadavere?” -“Come inizio non sarebbe male, tu chi sei in realtà?”I suoi occhi diventano delle piccole fessure e il sorriso si trasforma in una smorfia atroce. “Io sono, sotto mentite spoglie, quella che avete affrontato finora, AKITO TETSURA.”                                                                                              Nel sentire che conosce il mio nome il mio labbro inferiore incomincia a tremare e mi sento rimpicciolire gli occhi. “Tu…come sai come mi chiamo?!” Urlo al preside, che continua a guardarci attraverso quelli che sembrano occhi di un mostro con l’aspetto umano.“Non avrai pensato che in questo poco seppur utile tempo solo tu ti sia preparato per un altro eventuale incontro? So benissimo di te e dei tuoi amichetti, compreso il qui presente Hajime Kazuhiro. ” Continua il preside lanciando un’occhiata inquietante ad Hajime, poco dietro di me alla mia destra.                            Lanciando un sospiro continua il preside dicendo: ”Ho continuato a rincorrervi, inebriato dall’odore che le vostre carni emanavano, cercando di non farvi vedere dai poliziotti in giro per la scuola, peccato che alla fine non sia riuscito a squarciarvi in due un ginocchio o la testa.” Ora, persino la smorfia che aveva stampato sulla faccia fino ad ora è sparito, al suo posto, dalle piccole fessure degli occhi del preside veniva fuori uno sguardo di rabbia e ripercussione su noi due, gli deve bruciare parecchio che per la prima volta dei ragazzini sono riusciti a sfuggirle, per giunta uno dei ‘ragazzini’ è riuscito a sfuggirle due volte consecutivamente.             “Ora, il fatto che voi siete stati visti dia poliziotti rende poco pratico uccidervi ora.”-“Quindi…sei costretto a lasciarci andare?” Azzarda Hajime.                                                                                                      Senza accennare ad un consenso, continua la frase dicendo:”Rammentate una cosa…” Il sorriso gli è ritornato sul suo volto. “Io sono ovunque, in qualsiasi posto e momento, il buio circonda tutto questo mondo. Vi consiglio di non fare parola del nostro incontro con nessuno, se non volete che faccia a pezzi sia voi, compresi gli altri due della notte scorsa, che le vostre sudice e disgustose famiglie UMANE. ”                                         Una vena si increspa sulla fronte di Hajime che esclamò contro il preside:”Secondo te io posso tenere la bocca chiusa sul mostro che ha rapito la mia ragazza?!? Col cazzo che non dico niente!”                   Facendo un respiro profondo, il preside risponde:“Allora, a discapito di ciò che sarebbe più comodo, dovrò utilizzare il metodo più dispersivo. Non uscirete vivi da questa scuola.”                                                                     Improvvisamente, il braccio sinistro del preside si allunga e si allarga e, ce lo lancia addosso, mentre su esso prosperano, in un secondo, diverse spine. Andando io a sinistra e Hajime a destra, evitiamo il poderoso colpo, che spezza in due il pavimento dello sgabuzzino e, mentre il braccio si rigenera, usciamo di scatto dallo sgabuzzino e scappiamo per il corridoio alla destra del lurido buco. Il preside accenna ad un sorriso a mezza bocca e ci insegue. Con un calcio, sfondo la porta e ne stacco un pezzo nell’impatto, che raccolgo e mi proteggo da un attacco di una specie di clava nera dell’ombra. Dopo esserci distanziati dall’ingresso principale, stando in mezzo al cortile, vediamo il preside che esce strascicando i piedi che poi si trasformano in altri due tentacoli che lancia uno contro di me ed uno contro Hajime.                                                                                       Mentre io evito il tentacolo arrivato a grande velocità scivolando sotto di esso una volta che mi ha superato, Hajime tira fuori il suo coltellino e, dopo aver evitato il tentacolo gigante, ci si attacca e ci infilza il coltello salendoci sopra e arrivando alla spalla del preside dove, prende a due mani il coltello e lo conficca tutto dentro il collo del preside. La sua faccia è ormai l’unica cosa ancora umana. Dal collo del preside inizia a scivolare giù per il corpo per poi andare a fare delle pozzanghere di sangue. Una risata isterica del preside accompagna il coltello che letteralmente scivola fuori dalla ferita e cade a terra mentre i labbri della ferita si rimpiccioliscono fino a ritornare l’un l’altro attaccati.                                 Il corpo del preside si allarga, sfondando la porta d’ingresso e facendone cadere diversi pezzi.                                                                              “Prima che tu ci cerchi di uccidere ancora con scarsi successi.” Esclamo io ironicamente. “Ti voglio chiedere una cosa! Se noi tenessimo la bocca chiusa su tutta questa faccenda della scuola te non ci faresti niente dico bene?!”-“Esatto, finché terrete la bocca chiusa non vi succederà niente.” Risponde il preside mentre il suo corpo si accenna a ritornare a dimensioni umane. “Ho ancora un’altra domanda, i lavori di ricostruzione sono stati completati?!” Chiedo ancora ironicamente.                                                  Il sorrisetto solito del preside sparisce del tutto e, dopo che ha raggruppato parte delle ombre che lo compongono facendole strisciare sul suo corpo fino al braccio, il preside protende il braccio verso di noi lanciando un’enorme lama contro di me.                                                                        Qualcosa di strano mi avvolge la mano, una specie di nebbiolina biancastra mi gira intorno al palmo e alle dita, però non sento freddo, ma una strana energia ed uno strano calore. Ho già provato questa sensazione ma, al momento non mi viene in mente ne dove ne quando, sento solo il vago ricordo che, dove ho già sentito questo strano ‘potere’, ero al sicuro. All’improvviso, comprendo subito la situazione. È come il mio corpo cominciasse ad emettere una strana energia che mi sussurra dolcemente cosa fare. Anche Hajime mi sta guardando la mano, da cui a pochi centimetri una sfera larga come la mia testa che emette luce rimane librante in volo. Alzo il braccio destro all’altezza della faccia e lo stendo velocemente lanciando la sfera di luce contro la lama gigantesca.             La sfera provoca un’esplosione da una luce abbagliante, essa aveva trapassato e disintegrato con la luce l’ombra e si sta dirigendo ad altissima velocità contro il preside, rimasto sbalordito. La collisione contro il preside emette uno sbalzo di energia che, come un’onda d’urto, spinge via sia me che Hajime, facendoci perdere conoscenza.                                                    Dopo qualche minuto, ci riprendiamo entrambi quasi simultaneamente sia io che Hajime. Ci avviciniamo cauti e silenziosi al corpo del preside che giace sugli scalini dell’entrata principale, che era tornato precedentemente in forma umana. La sfera gli ha strappato via la metà di sinistra della testa e gran parte sia del collo che della pancia, come se morso da uno squalo, sono strappati, mettendo in evidenza gli organi interni fatturati, tagliati o addirittura strappati di diversi colori mentre il sangue continua a fuoriuscire inondando le scalinate scendendo giù come una cascata. Questa visione è davvero raccapricciante e decidiamo senza dire una parola di andarcene alla svelta. Con lo stomaco in gola e cercando di non vomitare, corriamo attraverso il parco e la piazza dopo di esso arrivando poi alla stazione dell’autobus che passa per casa mia. Dopo circa otto o nove minuti che io ed Hajime ce ne siamo andati, l’occhio del preside si riapre e lui si rialza, si guarda il suo corpo con aria troppo calma e socchiude gli occhi. Improvvisamente, tutto il sangue grondato fuori dalle sue viscere diventa nero e striscia piano piano sulla sua gamba arrivando poi fino alle enormi ferite che il suo corpo oramai mal ridotto mostra. La carne diventa nera e a poco a poco essa si rigenera ricostruendo gli organi e i tessuti cellulari della pelle, per poi far spuntare una strana protuberanza che si allunga fino alla cintura per poi far uscire altre piccole e corte protuberanze. Stessa cosa succede per la testa facendo poi spuntare l’occhio ed il resto del cranio, il suo corpo e i suoi vestiti si sono, completamente, rigenerati. La sua faccia mostra uno sguardo serio che, dopo aver completato la rigenerazione, accompagna le sue parole:“Bizzarro…non pensavo di incontrarne uno qui, però…quel ragazzo ha qualcosa di strano. Tuttavia, non si faranno rivedere presto. La sua sfera era completamente instabile. Se sono intelligenti non torneranno presto…”
 Fortunatamente, appena arriviamo alla fermata, passa subito l’autobus che è vuoto, tanto meglio, conciati e sanguinanti come siamo avremmo avuto troppe attenzioni e avremmo anche spaventato gli altri. Mentre mi lascio cadere su un sedile stanco morto, Hajime dice alzando gli occhi al cielo e sospirando:“Quanta roba che è successa stanotte…è stato un peccato non poter gonfiare ancora un po’ quel bastardo.” Lancio un’occhiata incredula ad Hajime egli rispondo:”Ma cosa stai dicendo?! È già una fortuna che siamo sopravvissuti e stiamo bene!”-“Sarà…Comunque.” Continua Hajime però con tono serio. “Mi dici che cos’è quella strana sfera che hai lanciato prima contro il preside?”-“Non so cosa sia, è la seconda volta che lo utilizzo inconsciamente, so solo che quando ne ho bisogno, un qualcosa mi dice cosa fare. Quando torno a casa voglio anche andare a vedere come sta Fujino…”-“Ti accompagno a casa sua se vuoi, però si vede proprio che ti piace!” Divento tutto rosso mentre Hajime ne parlava.                          “Prima non sei riuscito e dirmelo ma, mi dici quale promessa le hai fatto?”-“È una storia lunga, vidi Fujino per la prima volta in prima media, ebbi subito un colpo di fulmine nei suoi confronti. Però, non le ho mai detto che mi piace.”-“E perché no?”-“Non le ho mai detto niente  dalla prima volta che la incontrai perché la vedevo… che stava parlando con i suoi genitori e sua sorella maggiore… e la vidi…che sembrava non avesse bisogno di nient’altro dalla vita da quanto era raggiante…non aveva bisogno di me…era felice già così, io la penso così: quando un ragazzo incontra una ragazza di cui si innamora farebbe di tutto per non vederla triste, e a volte non confessarsi è la cosa migliore da fare, i ragazzi della nostra età spesso, secondo me, non dicono niente alle ragazze che ci piacciono perché pensiamo di incasinare le loro vite…se una ragazza di cui sei amico ti piace ma preferisci non dirle niente e continuare la relativa amicizia, starle accanto e darle il tuo appoggio come amico nelle sue cose, è la cosa migliore che si possa fare. Molto spesso io cadevo in depressione perché lei mi piace ma non posso toccarla, forse perché non le piaccio oppure per altre ragioni…”-“ Akito…” Mi risponde Hajime con tono sconfortato per me. “Ma poi, mi tiravo su di morale nel vederla felice e sorridente. Forse è per questo che io non le dirò mai niente sul fatto che mi piace e continuerò a starle vicina, e se anche lo scoprisse non da me, io continuerei come nulla fosse. Un piccolo sacrificio così per me sembra poco in confronto a starle accanto, ascoltarla…starle accanto…scherzare con lei…”
Dopo un quarto d’ora scendiamo alla stazione dell’autobus vicina a casa mia e ci incamminiamo verso di essa. “Direi che a questo punto puoi  dormire da me se vuoi, non ci darai problemi, tranquillo.”-“Grazie mille, se mia madre mi vede tornare a quest’ora mi ammazzerebbe.”-“Perché? Che ore sono?”-“Mancano dieci minuti alle quattro del mattino…”-“Mi chiedo come abbiamo fatto a correre per tutto quel tempo per ore e ore.”-“Beh, di sicuro la stamina non ci mancava, essere rincorsi da poliziotti e un’ombra carnefice dà una certa carica direi.” Rispondo con aria ironica. “Che nottata…quanti casini che sono successi…”-“Che hai intenzione di fare?” Mi chiede Hajime, con aria seria di nuovo.                                       “Per ora direi che c’è poco da fare e poi, questo pomeriggio parto per Nagoya, visto che ci hanno prolungato l’ispezione di tre giorni. Certo che questa storia sta prendendo una piega strana! Prima abbiamo scoperto l’ombra io, Fujino e suo cugino Atasuke, mentre ora l’hai scoperta anche te e abbiamo anche trovato il cadavere del nostro preside che poi spunta insieme agli agenti della polizia tranquillamente, per poi scoprire a sua volta che lui è fatto d’ombra e che dobbiamo tenere la bocca chiusa o uccideranno oltre a noi i nostri familiari, Fujino e Makoto…Mi sembra surreale quasi…”-“Surreale o no, io non riesco ancora a spiegarmi quello strano potere scaturito dalla tua mano.” Mi risponde Hajime pensieroso mentre aggrotta la fronte e mette le mani dietro la testa.                 “Neanch’io so cosa sia ma, proverò ad informarmi. Però, la situazione con l’ombra sta peggiorando a perdita d’occhio, se la lasciassimo vivere ancora potrebbe prendere come ostaggio tutta la città!” Un brivido mi sale lungo la schiena. “Io sono completamente spossato…” Siamo arrivati a casa mia ed apro il cancello del nostro giardinetto e, facendo segno di fare piano ad Hajime, mi muovo cautamente come in un campo minato fino alla porta, dove sto per infilare le chiavi quando sento che la madre di Fujino, Yuri, ci stava chiamando a bassa voce senza svegliare il vicinato con aria preoccupata. Mi allontano quindi da casa mia e vado verso la signora con dietro Hajime che mi segue.                                                                        “Cosa succede signora?!” Chiede Hajime. “Fujino non sta bene! Vi prego, io devo andare a chiamare un medico, potete controllare un attimo mia figlia?!”-“Ma certo, dov’è Fujino?!” Le rispondo pronto io, nascondendo le ferite che ho sul corpo.                                                                             “È nella sua camera da letto al piano di sopra.”-“Ci andiamo subito.” La madre di Fujino ci fa entrare in casa, davanti all’ingresso, un notevole salone con un tavolo davanti a noi in legno antico e diversi quadri, accompagnati da un comodo divano in pelle blu e, sotto ad un tappeto oltre ad un piccolo muretto, ci sta la televisione. Le pareti sono di un giallo vivace che si fonde con la luce emessa dalle lampade. Saliamo al piano di sopra salendo una scala con ringhiera fatta in marmo nero. Entrati nella camera di Fujino la vediamo sul suo letto sotto le coperte che dorme. Il suo letto è subito a destra della porta mentre a sinistra ha un lungo armadio di circa due metri e mezzo ch accompagna dall’altra parte il letto fino ad arrivare in fondo ad una finestra dalle cornici argentate. A destra della finestra, che sta in mezzo al muro in fondo, c’è una scrivania con il suo computer ed un piccolo tastierino, dove c’è la sedia, c’è un ripiano della scrivania anch’essa fatta in legno in cui tiene diverse foto o dei numeri di riviste di manga shojo o delle riviste di moda, dall’altra parte c’è una piccola libreria in cui tieni libri di scuola o altri libri vari. Attaccata al muro, poco più su, a circa un metro dal letto, c’è una piccola mensola con dei libri ed attaccata una strana sfera di metallo che ondeggia a circa quaranta centimetri da lei. Metto la mia mano sulla sua testa, è letteralmente bollente. Quando tolgo la mano sento che dice nelle cose nel sonno:“Akito…l’ombra…è vicina…state attenti…”                                Con la coscienza che mi rimorde per l’altra sera, prendo la coperta che sta in fondo al letto, che si sarà tolta nel sonno lei stessa, e la rimetto tutta fino al suo mento, poi le accarezzo l’orecchio destro. Hajime si siede sulla sedia della scrivania con le dita incrociate e con l’aria pensierosa mentre io sto sul letto accanto a Fujino. Dopo una decina di minuti si sente la porta al piano di sotto che si apre e compare la madre nella stanza di Fujino seguita da un dottore dai capelli biondi castani e i baffi, con lo sguardo scavato con una faccia gentile sul volto.                                                                    “È successo qualcosa?” Chiede Yuri, vedendo le nostre facce cupe. “N-no, assolutamente.” Rispondo in fretta io. “Grazie ragazzi.”-“Di niente, quando saprà qualcosa su Fujino me lo dica per favore…”-“State tranquilli, ve lo riferirò senz’altro.” Io e Hajime scendiamo le scale e usciamo dalla casa.                                                                                          Senza dire neanche una parola ci sediamo su un muretto per strada in mezzo a casa mia e quella di Fujino. Il cielo è tempestato di portentose stelle che riflettono una piccola luce, ci sono poche nuvole stanotte, la volta celeste è ben visibile e la luce della luna piena, senza nuvole, è una cosa che ti toglie il fiato e che non mi fa smettere di pensare agli ultimi avvenimenti…Tutto a un tratto, mi butto giù dal muretto cadendo in piedi e dico mettendo le mani in tasca:”Senti…ho deciso di formare un gruppo…”-“Per fare cosa?”-“Distruggere l’ombra…anche Fujino l’avrebbe voluto…” Alzo gli occhi al cielo e fisso con aria decisa l’immensità del cielo notturno. “Questa non è la vita che avremmo voluto avere, dovremmo studiare, uscire con gli amici, giocare ai videogame, stare con delle ragazze…Questa sarebbe una vita normale, ma questa…è la vita che ci è stata donata. Questa sarà la nostra nuova realtà.”-“Allora sarò dei vostri.” Mi risponde Hajime buttandosi anche lui giù dal muretto e lanciandomi un sorriso di complicità.                                                    “Bene, e quando Fujino si sentirà meglio lo chiederemo anche a lei.”-“Hahaha giusto, come poteva mancare proprio lei?”-“Io, sotto la luce di questa nostra luna piena gettata sulla terra, giuro di vendicare Fujino, il nostro professore, il preside e tutti gli studenti uccisi da quel mostro. E  dopo aver scoperto la verità sull’ombra, giuro di distruggerla! Sei con me?”-“Me lo chiedi anche?” Mi risponde Hajime porgendomi la mano destra. “BENE!” Afferro la mano di Hajime.  “FACCIAMO DEL NOSTRO MEGLIO PER DISTRUGGERE QUEL MOSTRO!”-“SI!”

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Capitolo 5
*** Chapter 4 La promessa dell'infanzia perduta... ***


Chapter 4 La promessa dell’infanzia perduta…
 
È il sette giugno ed io, con la mia famiglia, siamo andati a Nagoya al mare per via dell’allungamento dell’ispezione alla mia scuola Shimara, quest’ultima è stata avviata per alcune leggende secondo cui degli studenti della scuola sono scomparsi, anche se non ci sono mai state delle prove concrete a cui dare peso. Anch’io, Akito Tetsura, non credevo affatto a questa storia, tuttavia…il tre giugno, dopo essere tornato a scuola successivamente ad aver scoperto di aver dimenticato lì il cellulare, sono stato colpito da qualcosa che mi ha fatto perdere conoscenza per qualche ora per poi risvegliarmi intorno alle ventidue ritrovandomi in mezzo all’oscurità della mia aula. Nel cercare di scappare da un qualcosa che mi ha afferrato la gamba, ho incontrato la mia compagna di classe Fujino Tetsuki e suo cugino Atasuke Hirotaka. Dopo che anch’essi si rendono conto della disastrosa situazione in cui ci ritroviamo, facciamo di tutto per sfuggire alle grinfie dell’ombra scappando da un’aula all’altra della scuola fino a raggiungere l’ufficio del preside dove vengono alla luce le strabilianti doti intellettuali e informatiche di Atasuke nell’aggirare il Firewall di alcune cartelle segrete sul suo computer. Con gran sconcerto scopriamo che dentro quelle cartelle ci sono tutte le informazioni riguardanti i casi di sparizioni e purtroppo, di morte, nella nostra scuola. Poco dopo queste disgustose scoperte, vediamo entrare dalla porta un nostro professore, Tokuro Minata che, nonostante le nostre avvertenze si mette in mezzo al corridoio e viene falciato vivo dall’ombra di fronte a noi riducendolo a pezzi. Dopo aver sviluppato da me delle pile modificate per fare le veci di alcune granate di luce, scappiamo dall’ufficio attraverso un condotto dell’aria e, nonostante un intervento dell’ombra nel tentativo di ucciderci riusciamo lo stesso ad arrivare nella sala macchina riaccendendo le luci in tutta la scuola. Certi di aver distrutto l’ombra andiamo verso l’uscita principale ma, a nostro dispiacere, l’ombra riesce di nuovo a spegnere tutte le luci tagliando i vari fili collocati nel muro attraverso probabili vie traverse. Tutto sembrava perduto, quando Atasuke accende le luci di emergenza, che possiedono una propria autonomia. Come ultimo tentativo prima di venire polverizzati dalla luce, l’ombra crea una specie di lancia gigante che mira contro di noi ed io ricorro quasi inconsciamente ad uno strano potere formato da una sfera di luce bianca che polverizza completamente l’ombra distruggendo anche una parte dell’arcata superiore del soffitto del piano terra scolastico. Dopo Poco tempo che sono scappato insieme agli altri due, di cui non ho successivamente avuto notizia, mi ritrovo ad affrontarla di nuovo, insieme però a Hajime Kazuhiro, il mio migliore amico, a cui l’ombra ha catturato la ragazza qualche ora prima. Anche in questo frangente ricorro alle pile modificate e nel cercare Makoto, la ragazza di Hajime, troviamo in un sotterraneo segreto il suo cellulare distrutto con sotto due strani disegni, uno con la forma di un occhio aperto mentre l’altro rappresenta una freccia che indica un muro del sotterraneo. Costretti a risalire per non farci scoprire dai poliziotti, che trovato il corpo di un agente tramortito da Hajime si mettono alla nostra ricerca, continuiamo a correre fino a raggiungere la cucina dove, per sfuggire alla polizia, ci rifugiamo in una cella frigorifera dove scopriamo nascosto sotto alcune mattonelle della stanza il corpo senza vita del preside. Dopo essere usciti dalla cucina continuiamo con la nostra fuga e, dopo aver utilizzato l’ultima delle pile preparate da me, la più potente di tutte, ci troviamo chiusi in uno sgabuzzino dove vogliamo riposarci e  nasconderci per sfuggire all’ombra, però alla fine la polizia ci trova ed insieme agli agenti c’è anche il preside che allontana i poliziotti. Io gli chiedo spiegazioni sulla sua vera identità e il preside si presenta come l’ombra che anche quella sera avevo affrontato insieme a Hajime. Dopo che cerca di ucciderci, quasi inconsciamente utilizzo di nuovo lo strano potere dell’energia bianca salvando così la vita sia mia che di Hajime. Quando arrivammo a casa, la madre di Fujino mi avvertì che lei sta male e dopo aver scoperto questo giuro sotto la splendente luce della luna che la avrei vendicata, oltre a tutte le altre vittime dell’ombra.
 
Sono sul mio letto a pensare a questi avvenimenti guardando il soffitto, finché il mio pensiero si sofferma sulla strana energia che avevo utilizzato quella notte. Alzo il braccio al soffitto e guardo il palmo della mia mano destra, poi la stendo velocemente e dico: ”WHITE POWER!”
Mi sento un senso d’imbarazzo nel vedere che non succede, non che fossi molto fiducioso. Per mia fortuna, in casa non c’è nessuno adesso. La mia stanza alla casa in mare è molto simile alla mia di Tokyo, il mio letto è pressoché identico, fatto di legno dipinto di bianco con delle specie di sbarrette sopra la testa, come lo schienale di un trono, la coperta bianca ed il copriletto verde smeraldo. Alla mia destra c’è un comodino in cui tengo i manga o la Psp, con invece una lampada lì fissa, con intarsiata di conchiglie raccolte dal mare, che sta davanti a noi. Uno specchio a sinistra della porta, in cui mi vedo specchiato. Ai piedi del letto c’è una cassettiera blu con i contorni beige con sopra una televisione argentata. A metà della stanza, sulla sinistra, ci sta un armadio di due a due porte in cui ci sono i miei vestiti, le mie valigie vuote ed altro. Mia sorella Harumi, dodici anni con i capelli castani scuri corti che finiscono in diverse treccine e dagli occhi verdi, che indossa abiti svolazzanti come una magliettina rosa con due fiori, uno sulla spalla sinistra e l’altro sulla destra. Indossa spesso jeans tagliati corti, è andata a fare shopping giù in centro con mia madre mentre mio padre è andato ad incontrare un amico ad un bar a qualche chilometro da casa. Decido di andare a fare una passeggiata per far passare un po’ di tempo e cercare di rilassarmi da queste violente notti. Scendo giù dal letto color smeraldo e prendo le chiavi di casa sul mio comodino, scendo la scala ed esco di casa, chiudo a chiave e scendo i pochi gradini della casa fatta in legno ed inizio a camminare sulla riva del mare spumeggiante a qualche passo da casa, con le mani in tasca nel mio costume bluaceo, mi tolgo la maglietta bianca della Carlsberg per il caldo e il mio sguardo si perde sul fresco mare, in cui vedo barche in lontananza, qualche gabbiano che vola in cerca di saltellanti pesci e di diversi bagnanti, accompagnati da una pace molto gradevole. Mi viene poi in mente, di quando a poche ore di distanza ho raccontato dell’infanzia mia e di Fujino ad Hajime, sull’autobus di ritorno a casa…
 
“La promessa che feci a Fujino…era collegata a sua sorella. Quando ancora non la conoscevo bene, in terza elementare, la vidi spesso a scuola durante l’intervallo che piangeva silenziosamente stringendo in mano un ciondolo a forma di luna. Molte volte fui tentato di andare da lei a consolarla ma poi, una voce mi disse sempre che non mi conosceva affatto e che lei magari si sarebbe arrabbiata perché la origliavo mentre lei piangeva. Ma un giorno, durante una gita di classe circa un mese dopo che la vidi per la prima volta piangere, mentre stavamo camminando su un attraversamento tutti in fila per due vidi che il ciondolo di Fujino le scivolò dalla mano e cadde in mezzo alla strada. Preso da una spinta interiore lasciai per terra lo zaino e mi lanciai di colpo a prendere il ciondolo prima che lo calpestasse un’auto che passò in quel momento. Per fortuna riuscii a prendere il ciondolo e a rotolare dall’altra parte della strada prima che l’auto mi schiacciasse la testa. Ricevetti una sgridata madornale sia dall’autista che dalla maestra ma, quando Fujino mi vide fare quel gesto mi venne incontro e mi abbracciò con le lacrime agli occhi e ringraziandomi ripetutamente. Immagina.” Dico alzando le mani e con i goti rossi dall’imbarazzo ad Hajime. “Se la ragazza che ti piace ti abbraccia fortissimo che faccia faresti. Probabilmente avrò avuto una faccia da scemo tutto rosso per l’imbarazzo, mi ricordo tutto come se fosse accaduto ieri, aveva un profumo inebriante tra i capelli che le volavano per il vento. Il tempo si fermò del tutto e non capii più niente, non smisi nemmeno di essere rosso, anche se era soltanto un abbraccio. Mi sentii come paralizzato ma felice, le uniche cose che riuscii a dire erano soltanto mugolii intraducibili. Non mi importò nemmeno cosa pensarono i miei compagni di classe nel vederci abbracciati. Fu un’emozione che non avevo mai provato prima, fui al settimo cielo. Purtroppo però, lei mi dovette mollare o saremmo stati guardati strani anche dall’insegnante, in quel momento occupata a scusarsi con l’autista. Non saprei descrivere neanche adesso la felicità nel sentirla che mi ringraziava continuamente.”-“Eri proprio cotto eh?!” Risponde Hajime con aria di uno che sta per scoppiare a ridere. “Essere al settimo cielo solo per un abbraccio.” Nel sentirlo parlare così gli lancio un’occhiata di minaccia di morte ma riprendo senza dire nulla:“Ognuno è fatto a modo suo! E poi te non dovresti parlare, chissà cosa fai con Makoto quando andate uno a casa dell’altro e in casa non c’è nessuno!”
Ora ad essere rosso è Hajime, che scoppia a dire parole senza senso. “M-m-ma che dici?! Non facciamo niente di strano quando i miei o i suoi non ci sono!”-“Sicuro????”-“S-si!” Mi risponde cercando di ritornare normale. “Comunque, quando mi ero buttato per prenderle il ciondolo a forma di luna non ci pensai che se ne sarebbe accorta e che mi avrebbe persino ringraziato!”-“Un tipo come lei che non ringrazia?”-“Sì, lo so che è strano. Si vede che di lei non ci avevo capito proprio un tubo. Era una ragazza dolcissima e piena di pregi e il bello di lei era che non pensa di essere bella e di conseguenza non era altezzosa o si credeva superiore agli altri, si vede che era cresciuta in una famiglia rispettosa e che non si crede superiore agli altri, e la stessa cosa si può dire di lei ora! Il giorno della gita, dopo che le salvai il ciondolo, lasciò stare la sua migliore amica e si mise in fila vicino a me.”-“E vi diceste qualcosa?”-“Io non riuscii a dire nulla, la mia faccia rimase rossa per circa mezz’ora dopo. Mentre lei continuò a rigirarsi in mano il ciondolo, che si attaccò come collana, e ogni tanto mi ringraziò ancora. Dopo altri dieci minuti lei mi disse facendomi un sorriso imbarazzato:”È un po’ tardi per farlo ma, mi chiamo Fujino Tetsuki.”-“Io mi chiamo Akito Tetsura.” A stento riuscii a guardarla negli occhi.
“Non so ancora come ringraziarti per aver salvato il mio ciondolo, grazie ancora!”-“D-di niente. Però, mi dici perché è così importante per te?” Chiedo azzardando ad un discorso.
Fujino mi guardò con una faccia pensierosa e delle lacrime le uscirono dagli occhi.”-“Incominciò a piangere solo perché gliel’hai chiesto?”-“Sì. E pensa, visto che Fujino piaceva a un sacco di ragazzini nella nostra classe, quando i miei compagni si accorsero che stava piangendo mi incominciarono a fissarmi dandomi del colpevole,senza però dire una parola. Alla vista dei miei compagni, incazzati neri con me lanciandomi ancora occhiate come per dire:’Che cosa le hai fatto?!’ le misi una mano sulla sua testa e l’altra sulla sua schiena dicendo: ”Dai non piangere.” In quel momento Fujino si aggrappa a me ed io la tenni stretta. Per tutta la gita tenni accanto a me Fujino, suscitando l’invidia di tutti i miei compagni. Dopo qualche mese che cominciammo a frequentarci, mi disse finalmente cosa la legava a quel ciondolo a forma di luna. Era maggio della seconda media ed io e Fujino eravamo a guardare il tramonto insieme su un albero secolare altissimo, ci mettemmo settimane per capire come arrivare a quel ramo così grosso a spazioso su cui sederci per guardare il cielo che da tempo desideravamo di raggiungere. Erano più o meno le sei e mezzo di sera e gli ultimi raggi del sole salutavano la terra riscaldata da essi.
“Questa cosa non l’ho mai detta a nessuno e te la dico perché sei il mio migliore amico e mi fido di te. Questo ciondolo…questo ciondolo è…” Iniziarono a lacrimare gli occhi a Fujino ed io le dissi sorridendole: ”Coraggio!” Lei mi guardò stupita e un attimo dopo si asciugò le lacrime e mi disse:”Questo ciondolo a forma di luna è un regalo di mia sorella, che è scomparsa ormai da un anno.”-“Scomparsa?! Ma…come?!”-“Non lo sa nessuno. Più o meno due anni fa sono venuti a prenderla a casa tre uomini verso la mattina presto e da allora nessuno l’ha più vista. L’unica cosa che mi ricordo è che la notte in cui è andata via, venne in camera mia mentre dormivo e mi bacia in fronte e mi dice lasciandomi sul comodino il ciondolo con la luna: ”Ti lascio questo come ricordo, un ciondolo a forma di luna per ricordarti della tua sorellina che ora deve partire. Te aspettami qui, tornerò il più presto che posso. ”
“Ricordi qualcos’altro?”-“No, nient’altro. La mattina dopo poi ho trovato questo ciondolo ma da allora non ho avuto notizia.”
Fujino si mise a singhiozzare.
“Cos’hai Fujino?”-“Mia sorella mi aveva detto che tornava e invece è passato un anno e nessuno l’ha mai più vista! Perché se n’è andata?! Perché mi ha abbandonato?!” Era ormai in preda alla disperazione ed io la abbracciai forte.
“Io non so dove sia tua sorella né cosa stia facendo adesso ma scommetto che anche lei è triste perché non può tornare dalla sua sorellina che la aspetta. Quindi, io ti prometto che farò tutto il possibile per trovare tua sorella per rivedere quel tuo sorriso che vidi la prima volta che ti incontrai anni fa. Perciò…” Dissi asciugandole le lacrime dal volto. “Finché non la avrò ritrovata per te, smetti di piangere, va bene?”-“Si!” Mi rispose Fujino sorridendomi.
“Che bel cielo c’è stasera, spero lo possa vedere anche la mia sorellina.”-“Sono sicuro che anche lei lo starà guardando pensando a te.”   
Dal giorno in cui ci scambiammo quella promessa, circondati dal prematuro vento estivo, stemmo sempre insieme, sia a scuola, che al pomeriggio. Eravamo anche vicini di casa quindi ci vedemmo ogni giorno, sia per studiare e sia per giocare insieme. Però, in un giorno di agosto della prima media, una banda di rapinatori trovatisi con le spalle al muro dopo che dei poliziotti gli sventarono la rapina, presero Fujino in ostaggio, che al momento stava con la madre, e la portarono in una casa abbandonata in mezzo al bosco. Benché la polizia sapesse dove fossero non poterono irrompere per paura che potessero ferire la ragazzina presa in ostaggio.
Non sapendo ancora cosa fosse accaduto, passai tutta una giornata senza ne sentire e vedere Fujino ma senza sospettare cosa fosse accaduto veramente. Andai verso mezzogiorno a casa sua dove però sentii da fuori che la madre stava parlando con un poliziotto. La madre, Yuri, stava piangendo. Dopo pochi minuti, il poliziotto uscì ed io entrai in casa sua dove mi accolse una donna alta circa un metro e settantacinque, con i capelli lunghi e castani chiari, con il viso pieno di lacrime nei suoi occhi marroni, era la madre di Fujino.
Le chiesi dov’era Fujino e lei mi raccontò che cosa le avevano detto i poliziotti. In preda all’ira e l’agitazione corsi verso la foresta indicata nonostante le avvertenze dalla madre Yuri.
I miei genitori lavorarono fino a tardi quel giorno.
All’entrata della foresta, che raggiunsi prendendo un autobus, ci furono molti poliziotti che non facevano passare nessuno, bloccando ogni sentiero con dei posti di blocco, ma io riuscii ad oltrepassare la vigilanza lanciando un sasso da dietro un cespuglio contro una guardia che, nel riprendersi non mi vide mentre mi intrufolai nella foresta e mi facevo spazio tra i diversi alberi e cespugli che c’erano. Dopo circa dieci minuti che camminavo, intravidi la casetta malmessa in cui, tutt’intorno si erano appostati poliziotti vestiti con tute mimetiche, poco distinguibili dalla selva intorno. La casetta in cui i rapinatori erano chiusi ebbe le finestre oscurate da delle tende interne, solo le voci si sentirono per via dei muri malandati e pieni di buchi. Era una casetta quadrata con macchie di vari colori, buchi, bottiglie intorno di birra e alcool, da diversi fori nelle pareti spuntavano diversi fili di metallo. Aveva una sola porta di cui un cardine si era spezzato. Mi nascosi dietro ad un albero, lontano dalla vista dei numerosi poliziotti. Si sentì in uno spazio di silenzio, tra tutti i brusii dei soldati in posizione, un grido di Fujino, sentii come se una vena mi fosse scoppiata nel sentirla urlare e corsi verso la casa spingendo di sorpresa da dietro un poliziotto e irrompendo nella casetta malmessa spingendo la porta con un calcio.    
I rapinatori erano tre e stavano al centro della casetta contornati dalle varie vecchie mobilie nella casa, due armadi, un letto, e 3 scrivanie usandole come eventuale barriera. Uno dei rapinatori era in piedi contro il muro a controllare fuori dalle finestre, un altro era seduto per terra mentre l’altro era seduto sul letto col fucile in mano. Nel vedere Fujino legata che piangeva che era sdraiata per terra persi il controllo e mi lanciai inutilmente contro il rapinatore seduto che mi sparò in preda all’agitazione e mi prese fortunatamente di striscio la gamba sinistra e dallo spavento caddi a terra ed uno dei rapinatori mi colpì col fucile in testa.
 Quando ripresi conoscenza mi accorsi che ero stato legato e messo con le spalle contro quelle di Fujino e due dei tre rapinatori ci stavano controllando. “Lo sbarbatello si è svegliato!” Disse l’uomo alla mia sinistra, con la faccia coperta da un passamontagna nero, aveva la voce rude. Il terzo si avvicinò a me e mi colpì con un pugno e poi disse:”Piccolo stronzetto, stavi quasi per farci beccare! Ti ammazzerei di botte, se non fossi un perfetto scudo contro i proiettili!” Disse l’uomo mostrando un sorriso ed un viso raccapricciante con i suoi capelli corti biondi e gli occhi verdi, con gli zigomi squadrati e scavati, aveva l’aria di uno che ebbe fatto a botte per anni. L’uomo che mi parlò era l’unico senza passamontagna che gli copriva al volto al momento. Il suo pugno mi fece uscire sangue dalla bocca e il sapore di quest’ultimo, aspro e metallico, rendeva la situazione decisamente più sgradevole. Solo allora mi accorsi di Fujino dall’altra parte, dietro di me e le dissi: ”Fujino! Stai bene?! Rispondi!”
“S-si…” Mi rispose cercando di accennare ad un sorriso guardando nella mia stessa direzione. Vidi anche che sul suo volto ci vidi i segni di un pugno e che del sangue le colava dal naso. Allora esplodo e le dissi: “Che cosa ti hanno fatto?!”-“Non è niente tranquillo…” Mentre Fujino si agitava mentre era ben legata dalla corda le saltò fuori dalla tasca il ciondolo a forma di luna di sua sorella.
“Ah! Il ciondolo!” Urlò lei preoccupata.
“Mh?” Rispose il rapinatore alla mia destra, guardando nella nostra direzione distogliendo il suo sguardo da fuori dalla finestra. L’uomo raccolse con il suo nerboruto braccio destro il ciondolo e disse, mostrandolo all’uomo senza passamontagna:“Guardate un po’ qui!”-“Cos’è quello?” Rispose l’uomo ridacchiando malignamente.
“È una specie di collanina d’argento a forma di luna che aveva la ragazzina, dici che vale qualcosa?” Chiese mettendo in mano dell’altro truffatore il ciondolo. “Ma figurati!È robaccia da quattro soldi!” Rispose lanciandosela dietro. Fujino stava per piangere ed io esplosi e con il coltellino che avevo nel cinturino del cellulare finii di tagliare le corde che ci stringevano e mi rialzai di scatto.
Il rapinatore dai capelli biondi si girò verso di me e mi puntò una pistola urlandomi:“Ehi moccioso! Non è bastata la lezione di prima?!”
Dopo aver messo anche la mano sinistra sul manico della pistola e, presa la mira verso la mia testa, spinse violentemente il grilletto. Mentre vidi la pallottola venire verso di me ruotando su se stessa, una piccola luce bianca che si accese per un millisecondo emise un lampo e, un attimo dopo i pezzi della pallottola che era stata squarciata colpirono, a destra la gamba dell’uomo che guardava fuori dalla finestra e l’altra parte sfiorò di un pelo la testa Fujino e si andò a piantare violentemente contro il debole muro della casetta. Io ero più sorpreso del rapinatore che, dopo aver visto l’incredibile scena, mi punta la pistola alla testa con la faccia spaventata. Un secondo prima che il muscoloso uomo che avevo davanti con la pistola in mano premette il grilletto, un'altra luce bianca lucente più grande si lanciò contro la pistola e, dopo aver fatto degli strani tratti tutt’intorno all’oggetto lasciando dietro di se una scia, si spense mentre i pezzi della pistola squarciata cadevano fragorosamente a terra. Ora, le attenzioni di tutti erano puntati contro di me. Sia io che il rapinatore eravamo increduli sull’accaduto.
Che cosa è successo?!” Chiese l’uomo alla destra del rapinatore a volto libero.
“Qu-qualcosa ha tagliato la pistola e un proiettile!” Rispose guardandomi con grande paura, come se la luce avesse a che fare con me, anche se così era ed io non lo sapevo ancora. L’uomo alla sinistra mi puntò contro la canna del fucile che aveva e premette il grilletto. Mentre vedevo che i proiettili venivano verso di me, anche la luce bianca si riaccese e colpì a velocità supersonica tutti i proiettili uno dopo l’altro sminuzzandoli di fronte a me. Anche l’uomo alla destra mi puntò il fucile e premette il grilletto pure lui contro di me. La luce bianca allargò il raggio d’azione e, senza farmi colpire da neanche una briciola tenette testa a tutti i proiettili. Nel frattempo, Fujino guardava la situazione con la coda dell’occhio spaventata a morte sia per sé che per me. L’uomo senza passamontagna, spaventato anche lui, girò intorno ai suoi compagni e a me e andò da Fujino e le mise il coltello all’altezza della gola e disse: ”Sm-smettila di usare quella luce o la ammazzo!” E senza preavviso le fece un taglietto dalla guancia e Fujino urlò. Il sangue mi salì al cervello e, in quel momento, la luce divenne più grande e veloce e, passando da sotto, tagliò le cartucce dei due fucili, facendo esaurire le munizioni qualche istante dopo.
“Maledizione!” Esclamò il rapinatore alla mia sinistra, mentre io, come in balia dell’energia della luce, riunii le mani dal petto dove, in mezzo ad esse si accumulò l’energia bianca, raggiungendo le dimensioni di un sasso e, accompagnandola con la mano destra, la spinsi contro il rapinatore a destra, che cadde all’indietro violentemente. Poi girai la mano a sinistra, verso la spalla e istantaneamente la sfera di luce sfrecciò contro l’altro alla sinistra, che venne colpito di profilo alla spalla sinistra e mandato all’aria.
Quando cadde a terra anche il secondo, egli urlò sputacchiando sangue: ”Ch-che cazz…?! Quel maledetto…mi ha spaccato l-la spalla!”
Sempre furioso, girai lentamente il capo verso l’ultimo rapinatore, che stava quasi per impazzire. Io intanto che l’uomo alle mie spalle tremava, girai velocemente la mano destra nel lato opposto rispetto a prima e, ruotando il busto e le gambe, mossi la sfera contro la faccia del terzo rapinatore, che rotolò all’indietro e lasciò andare la presa su Fujino, che mi venne ad abbracciare. Anche se lei era salva, rimanevo comunque in balia della rabbia e quindi, senza degnare di sguardo Fujino, mi avvicinai al rapinatore che avevo appena colpito e, dopo aver creato un’altra sfera dal nulla, la puntai contro l’uomo tenendo il braccio destro all’indietro, all’altezza della mia testa quando sentii arrivarmi da dietro il primo rapinatore, che impugnava un coltello. Mi girai e arrivato ad una discreta vicinanza, fece partire la lama contro la mia testa. Io alzai due dita della mia mano sinistra e, facendo passare in mezzo la lama, fermai di colpo l’attacco. Il rapinatore tentò con tutta la sua forza di liberare dalla mia presa la lama ma non ci riuscì. Poi mi guardò negli occhi mentre io raccolsi altra energia bianca nella mano sinistra. Quando l’energia fu sufficiente, chiusi la mano e il rapinatore lasciò andare il coltello, ma troppo tardi, potenziato dall’energia bianca diedi un pugno fortissimo nella pancia dell’uomo davanti a me. Per il colpo, il rapinatore fece due passi indietro piegato in due e tenendosi le mani sul punto d’impatto e, sputando sangue e saliva si accasciò sul lurido pavimento, coperto di giornali sporchi e macchie.
L’uomo che prima non avevo colpito era ancora dove l’avevo lasciato, tremante come una foglia, con gli occhi che quasi gli fuoriuscivano dalle orbite.
Io, facendo un ghigno malefico con gli occhi coperti dai capelli, alzai lentamente la mano e la misi davanti alla faccia del rapinatore, che fissava il palmo della mia mano. Sforzando i muscoli del braccio destro, raccolsi altra energia bianca facendola fluttuare nel palmo della mia mano.
L’uomo emise delle scuse a mezza bocca, sempre tremando ma non lo sentii e, accumulata abbastanza energia, gliela sparai in piena faccia.
Il terzo rapinatore nel frattempo ebbe il tempo sufficiente di ricaricare il fucile e lo puntò di nuovo contro di me. Io avanzai incurante di quest’ultimo e, dopo aver messo una mano sulla spalla di Fujino ancora spaventata, mi incamminai verso la porta della casetta. L’uomo davanti a me incominciò a sparare e la luce bianca riprese il giro vorticoso intorno a me tagliuzzando i proiettili. Poi, tenendo il palmo della mano sinistra aperta, altra energia bianca stava girando intorno alla mia mano. Mi abbassai di scatto per usare l’energia bianca impiegata per tagliare i proiettili in un unico colpo da lanciare sotto la cintola dell’ultimo rapinatore. Misi poi le mani una vicina all’altra sotto la mia ascella destra tenendo la sfera di luce che scagliai subito dopo contro l’uomo, che venne spinto contro il muro della casetta violentemente. Il sangue alla testa cominciò a scendermi e ricominciai a ragionare più a mente fredda e, mi girai verso Fujino per dirle di uscire ma un proiettile la aveva colpito in pieno petto quando mi ero abbassato di colpo per colpire il rapinatore e in quel momento era accasciata a terra mentre il sangue le macchiava i vestiti e lei tremava. Io mi avvicinai al suo corpo in fretta, in preda ai sensi di colpa. Mi accasciai davanti a lei e in quel momento, un senso di disperazione mi sale dal cuore fino alla testa, per poi farlo arrivare fino ad ogni nervo del mio corpo. Un’aura bianca mi circonda tutto il corpo ed una luce abbagliante riempie la casetta mentre io mi dispero davanti al suo corpo. Come un’esplosione, una fortissima onda d’urto si espande facendo vibrare la casetta malmessa, correndo il rischio di cadere ed esce fuori scuotendo e scaraventando all’indietro tutti i poliziotti attorno. Quando riguardai il suo corpo, vidi che qualcosa si muoveva nella ferita nel petto di Fujino, incuriosito ma sempre disperato, osservai attentamente. Il proiettile che aveva colpito Fujino uscì dalla sua ferita lentamente, mentre essa si richiudeva ricollegando i tessuti morti. Intorno alla pallottola c’era un alone bianco, come il mio, solo molto più piccolo che la circondava. Poi, l’alone si spense e la pallottola cadde tintinnando al contatto col terreno e subito dopo Fujino riaprì gli occhi.”
Hajime, che fino a quel momento stava con aria e un volto molto serio ad ascoltarmi, si allarma e mi dice: ”C-cosa?! Hai usato la luce bianca per estrarre la pallottola e richiudere la ferita?! Come diavolo hai fatto?!”-“Non lo so.” Rispondo pensieroso, cercando di ricordare se avessi vissuto qualche altro momento come quello, ma è tutto inutile perché non mi viene in mente niente.
“Credo proprio comunque che l’energia bianca fosse la stessa cosa di questa notte, non pensi?”-“Si penso anch’io, mi domando che strana forza sia e soprattutto come tu abbia potuto non solo far levigare un oggetto, per quanto piccolo sia, ma che tu sia riuscito anche a guarire senza neanche toccare una ferita da arma da fuoco.”
Dopo una decina di secondi di imbarazzante silenzio, Hajime mi guarda, come per dire: Su avanti! Dì qualcosa!
Io inarco le sopracciglia e ricambio l’occhiata e lui mi risponde come per incalzarmi a continuare: “E dopo cos’è successo?” Devo dire mi coglie alla sprovvista, avendo io perso leggermente il filo del discorso e rispondo: “Ah…beh ecco…dopo…è successo che…ah giusto! Dopo che lei riaprì gli occhi la abbracciai con le lacrime agli occhi e lei mi dice perplessa: “Ch-che è successo?”-“Ti avevano sparato!”-“Davvero? E allora come faccio ad essere ancora viva?!” Mi chiese lei attonita. “Beh…” Risposi raccogliendo da terra la pallottola e facendogliela vedere.
“Sarebbe questa, la pallottola che mi ha colpito?” Chiese stupita guardando in modo strano. La prese dalle mie dita e la rigirò, guardandola tutta intorno e poi mi disse ancor più stupita: “Ma se la pallottola è questa, dov’è la ferita?”-“Ehm, diciamo che in qualche modo sono riuscito sia a chiuderti la ferita che togliere la pallottola.” Risposi cercando una soluzione più credibile rispetto alla verità. Dopodiché, lei raccolse da sotto la sedia su cui eravamo prima legati il ciondolo e lo pulì sul suo vestito per poi riattaccarselo al collo. Dopo essersi alzata però, ricadde a terra e tenendosi la mano sulla gamba sinistra.
Io le chiesi allarmato: “Che cos’hai?!”
Lei mi rispose togliendo la mano e mostrando una ferita non molto profonda ma sanguinante: “Quando l’uomo che mi teneva la lama alla gola estrasse il coltello mi fece un taglio alla gamba, non riesco a camminare!”
Io le risposi ferito chinandomi da lei: “Beh allora, non rimane altra scelta.” Rosso per l’imbarazzo, le misi le mani sotto le gambe e sopra la vita e la tirai su.
Lei mi disse, rossa anche lei: “Ch-che cosa fai?!”-“Non puoi camminare no?” Spiegai vagamente mentre facevo i primi passi verso l’esterno della casetta, il bosco. Da fuori veniva una gran luce, le finestre della catapecchia erano quasi del tutto chiuse e dalla porta filtrava poca luce.
Venimmo stranamente accolti dallo sbigottimento di tutti i poliziotti, che erano rimasti lì ad aspettare il momento giusto per irrompere.
Io accennai ad un saluto sorridendo e dissi: “S…salve!”
Cinque, no dieci, neanche…almeno venti poliziotti ci vennero incontro chiedendo spiegazioni ed io risposi in modo sempre più vago: “Ah ehm, i rapinatori, si sono fatti una dose di qualche droga e si sono incominciati a picchiare a vicenda, ci siamo salvati per un pelo, vero Fujino?” Chiesi girando la mia faccia verso la sua che, erano a pochi millimetri l’una dall’altra ed eravamo ancora rossi entrambi. Ritirammo entrambi nello stesso momento lo sguardo, per fortuna la polizia era troppo intenta ad irrompere e mettere le manette ai tre uomini, ancora svenuti, che stavano dentro la casetta.
Senza dire una parola, attraversammo il bosco dove all’entrata c’erano mia madre e quella di Fujino che litigavano con il poliziotto di guardia, che da lontano sembrava la preda di due bestie fameliche.
“Mamma, signora Tetsuki…” Mi introdussi, facendomi vedere dalle due donne davanti a me. “Siamo tornati.”
“F-Fujino! Akito!” Risposero in coro mentre avanzavano verso di noi. Io lanciai un’occhiata veloce a Fujino che era fumante dalla vergogna, probabilmente non doveva essere il massimo farsi vedere in quelle condizioni dalla propria madre.
“Fujino stai bene?!” Dissero stavolta entrambe le madri, come se mia madre non mi vedesse.
“Sì, sto bene, apparte la caviglia.” Rispose mostrando il taglio.
 
Alla fine, Fujino mi fu grata per parecchi mesi e non passava giorno in cui lei mi ringraziava anche per quello. Per quanto riguarda me, fortunatamente i macchinari e i medici non indicarono anomalie fisiche e il segreto della strana luce che mi aiutò a mettere fuori gioco quei rapinatori restò tale. Mia madre, non diede mai alcuna traccia di incredulità per quanto riguardava la versione senza la strana energia bianca. La madre di Fujino, Yuri, un giorno mi chiamò a casa, esattamente a una settimana dall’accaduto e mi chiese di venire un attimo a casa sua. Fujino non c’era perché era fuori e quindi mi domandai, nel breve tragitto tra le nostre due case che distavano (e distano tutt’ora) quasi a un chilometro l’una dall’altra, quale fosse la ragione dell’avermi chiamato. Che mi volessero dare del maniaco per esser tornato fuori dalla foresta con la figlia, con diversi strappi ai suoi vestiti, in braccio?!
Arrivato a casa loro, fui accolto dalla madre e mi fece entrare. Nel salotto subito a sinistra della porta d’ingresso, trovai il padre di Fujino, Rokuro, ad aspettare sul divano con una strana aria sul volto. Era un uomo piuttosto mascolino, alto circa un metro e ottanta, con capelli biancastri e il volto poco squadrato dalla pelle scura e dagli occhi neri. Io lo conoscevo piuttosto bene e un’espressione così strana sul suo viso non l’avevo mai vista, sembrava che volesse prendere a pugni qualcuno. I due genitori mi fecero sedere e il padre iniziò a parlare: “Innanzitutto, ti volevo ringraziare molto per aver salvato mia figlia dai quei tre rapinatori la settimana scorsa, visto che ero in viaggio in Egitto per lavoro, ti volevo ringraziare quanto prima potevo. Ti volevo chiedere anche, la storia che avete raccontato te e mia figlia, secondo cui si sarebbero drogati e presi a pugni l’un l’altro…è vera?”
Deglutii rumorosamente e poi dissi: “Sì, signore. Ogni parola.”
Dopo una decina di tempo il padre disse, come incalzato dagli sguardi della moglie seduta accanto a me: “Mia figlia, è stata da sempre una ragazza molto distratta, e vista la destrezza in cui hai superato la polizia e ti sei buttato in quella situazione per salvare mia figlia senza risentimenti, ti voglio chiedere una cosa…” Sull’uomo di fronte a me, in quei formali vestiti come la giacca blu scura con sotto una camicia bianca nuova e i pantaloni neri da lavoro, mi sorprese non poco che gli spuntò un sorrisetto d’amicizia e divertito. “A te…piace mia figlia, o sbaglio?”-“EEEEEEHHHHH?!?!” Risposi a bocca aperta, mentre a Yuri sfuggì una risatina. “Ah…ehm…io non…ecco si insomma…”-“Hahahahaha scusa figliolo, una domanda troppo personale forse? Scusa, mia figlia mi ha sempre parlato bene di te e così…Non importa, comunque ti volevo chiedere, puoi vegliare su di lei? Come ho già detto, lei è sempre stata un po’ disattenta, puoi farlo per me?”
Dopo averci riflettuto bene risposi: “Si ne sarei onorato!”
La mia risposta fu accolta da un sorriso e, pochi minuti dopo, li salutai ed uscii…
 
Sono passati circa dieci minuti da quando è ritornato in mente il ricordo di qualche ora fa, e mi viene voglia di tornare a casa e quindi mi incammino. Altri dieci minuti sono passati e sono tornato a casa, arrivo dalla porta e dopo aver messo la chiave, noto che non è chiusa. Entro in casa e sento che non c’è nessuno e quindi chiamo mia madre. Dopo vari squilli, lei non mi risponde, provo con mio padre e nemmeno lui mi risponde, alla fine provo su quello di Harumi ma non mi risponde nessuno. Risalgo le scale e dopo cinque minuti passati a chiedere come si potesse essere aperta la porta, essendoci tutto in casa, mi suona il cellulare, è il numero di Harumi. Io premo il bottone verde e dico: “Pronto Harumi?” Una strana voce roca mi risponde: “Akito Tetsuki giusto?”-“Chi sei tu? Come fai ad avere il cellulare di mia sorella?!” Rispondo allarmato.
“Saprai tutto a tempo debito, per quanto ti basti sapere, tua sorella…è con noi.” Alla fine della frase la voce emette una fragorosa risata e dal sottofondo si sente la voce spaventata di mia sorella.
Io dico con aria sgomenta: “Avete rapito…mia sorella?!”

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Capitolo 6
*** Chapter 5 Sorrowful Stone ***


Chapter 5: Sorrowful Stone
 
“Avete rapito…mia sorella?!” Urlo attaccato al telefono.
“Esatto.” Mi risponde la voce.
“Perché?! Cosa volete da mia sorella?!”-“Noi non vogliamo tua sorella, vogliamo te! So che hai una bici a casa tua, raggiungici alla casa al molo a dieci chilometri da casa tua, hai un quarto d’ora di tempo.”
Poi l’uomo dall’altro lato del telefono interrompe la telefonata ed io mi precipito giù nel primo piano ed esco, giro intorno alla casa dal colore azzurro chiaro e arrivo dal lato dove ci sono le biciclette e la macchina. Salto in sella alla mia bici da corsa rosso-nera, e mi lancio nella strada vicino al mare verso il molo indicatomi. Una marea di domande mi risuonano nel cervello, chi sono i tizi del telefono?! Cosa vogliono da me?! Perché tutto questo sta succedendo proprio ora che ho scoperto quello strano potere di luce e dopo la nottata del tre giugno a scuola?!
Mentre passo a centimetri contati dalle macchine per arrivare più in fretta la domanda più assillante di tutte mi arriva direttamente nel cervello: avranno fatto del male ad Harumi?!
I minuti passano stranamente in fretta ed io mi sbrigo a far girare velocemente i denti della ruota della bicicletta. Per l’eccesso di velocità, gli ingranaggi della bicicletta iniziano con un fastidioso stridio.
Arrivato all’imbocco della strada per il molo indicatomi, salto giù dal sellino abbandonando la bici e correndo attraverso il piccolo ponticello di cemento che conduce, a pochi secondi, ad una casetta contenente attrezzi subacquei.
Arrivo in prossimità della casetta di legno rovinato, mi ricorda vagamente la catapecchia nella foresta.
Il sole del tramonto arde violentemente sul mare e mi irraggia tutta la mia faccia, piena di gocce di sudore.
Apro la porta con una manata, spalancandola, con il fiatone e mi si rivela davanti una scena simile alla mia già notata poco fa vicenda nella foresta.
Mia sorella Harumi è legata alle mani e piedi ed ha la bocca fasciata mentre è buttata sul letto con gli occhi chiusi, probabilmente appena tramortita. Due uomini, uno a destra ed uno a sinistra davanti al letto che discutevano poco fa. L’uomo a destra ha uno strano taglio di capelli, i capelli sono tutti raccolti in delle spine appuntite colore rosso. Indossa una strana giacca beige ed una maglietta bianca, con poi dei jeans scuri.
L’altro a sinistra, su un viso imbronciato, porta un paio di occhiali tondi che nascondono l’occhio destro su cui porta sotto una vistosa cicatrice. Quest’ultimo porta una strana maglietta hawaiana e pantaloncini.
Uno sbigottimento mi sale facendomi pensare: Mica avrò sbagliato il luogo dell’incontro?!
Poi il mio pensiero ritorna su mia sorella e quindi grido ai due strani soggetti: ”Chi siete voi?! Perché avete rapito mia sorella?!”
L’uomo con gli occhiali accenna ad un sorriso e dice togliendosi gli occhiali mostrando l’occhio buono mentre tiene sempre nascosto l’altro: “Salve, Akito Tetsura. Ti vorrei innanzitutto porgere le mie scuse per il rapimento di tua sorella ma…” Continua la frase, facendo un sorrisetto quasi dispiaciuto e mettendo il braccio destro in segno di amicizia sul compagno, che porta un’aria parecchio scocciata. “Il mio compagno qui presente, Isoruko, non mi ha ascoltato ed ha pensato di testa sua, arrivando persino a rapire una persona importante come tua sorella. Non so davvero che cosa abbiano pensato quelli dell’ordine…”-“Ordine…?” Chiedo sospettoso.
“Ah che sciocco, mi sono dimenticato di presentarmi, il mio nome è Kamatari Munoto. Dunque ragazzo sarò breve, ci è giunta una certa voce che ci ha messo in subbuglio la testa.” Il sorrisetto compiaciuto scompare sul suo volto. “A poche ore da qui, ci è stato confermato che, in una scuola a Tokyo, siano successe diverse cose interessanti. Come prima cosa, il fatto che una parte del soffitto centrale del piano terra sia andato distrutto senza però trovare tracce di esplosivo e, che sia esplosa anche una parte esterna a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro.”
Fino a questo momento non mi ero mai neanche lontanamente preoccupato di essere scoperto in questo modo, che cosa faccio ora?! E se la notizia trapelasse fino al capo della polizia?!
“Akito Tetsura, caso SS numero centosettemila e ottocentonovantotto, diciassette agosto del duemilaotto, ore sedici e quarant’otto.”
Rimango perplesso su questa sua affermazione ma, dopo averci pensato un po’ capisco, è la data di quando è apparsa la luce bianca la prima volta!
Uno sguardo serio inarca il volto dell’uomo con la maglietta hawaiana.
“Credevo fosse solo un caso, due ragazzini che sono riusciti a sfuggire dalla presa di tre uomini sebbene armati, ma…il racconto che hanno rilasciato appena catturati…una luce bianca, circondava il ragazzo. Voi molto furbamente avete detto che i rapinatori si erano drogati e quindi la loro versione è stata messa di contorno alla vostra versione. Però…a distanza di pochi anni, la stessa coppia rimane intricata in una strana faccenda in una scuola. E proprio in quella scuola c’era una Shadws…”-“Shadus…?” Ripeto cercando di imitare la pronuncia di quella strana parola.
“Shadws, dalla traduzione inglese di ombra shadow, ombra.”-“C-che cos’è?” Chiedo perplesso.
“La parola è stata cambiata in Shadws, perché quell’ombra non è una normale ombra, non riflette se stessa da degli oggetti, si tratta di un antico demone che sotto forma di ombra attacca le creature viventi per il sangue.”-“Perché il sangue?”-“Il sangue è ricco di ferro, più se ne nutrono più si fortificano, uno scienziato di nome Artemius Kermillien aveva scritto un libro in cui diceva che le ombre si possono suddividere in cinque livelli, ognuno di essi è un mostro imprevedibile, è difficile da scovare se costretto a nascondersi e difficile da estirpare.”-“Se cercano il ferro perché non se ne procurano dalle fondamenta degli edifici, come l’ombra nella scuola?”-“L’ombra non può assimilare oggetti solidi, può soltanto trasportare liquidi su di sé.”-“Trasportare?” Chiedo sempre più perplesso.
“L’ombra da sola non può esistere, ha un suo nucleo da cui viene generata. In pratica, più forme di Shadws si ritrovano e si uniscono, più è probabile che formino un nucleo. Una volta creato, più riesce a raccogliere sangue, più diventa forte e potente, fortunatamente quella che hai affrontato tu era al livello base, non deve essere nella tua scuola da neanche due mesi, ed il sangue sebbene si trovi in una scuola, in un mese, è difficile che superi una certa quantità.
Purtroppo, Kermillien è morto prima di dare una spiegazione concreta sulla creazione e divulgazione dell’ombra, e ulteriori dati della sua ricerca non esistono più.”-“Perché?” La faccenda mi ha totalmente occupato il cervello ormai.
“Secondo la leggenda, Kermillien è stato ucciso dall’unico portatore di ombra di tutta la storia, ma è impossibile, l’ombra è una struttura multicellulare e con mente propria, sarebbe come cercare di unire le menti di due persone differenti nello stesso corpo. Una delle due collasserebbe, o quello che ne verrebbe fuori sarebbe qualcosa di abnorme, abominevole…la mente umana non può sovrastare quella dell’ombra.        
È…vulnerabile. Quella dell’ombra non è qualcosa di normale, migliaia di ricordi intarsiati e collocati insieme.”-“Ci sono mai state delle ombre di livello cinque?”-“Si, una volta nel millenovecentoottantanove, una coppia di viaggiatori nel New Mexico, si persero in una città fantasma e un’ombra di livello cinque distrusse tutto in cerca del loro sangue, i loro corpi sono stati trovati maciullati…”
Dopo essere tornato alla realtà dico: ”Mi spieghi però ora che cosa vuoi da me?”-“Una cosa molto semplice, il tuo silenzio. Fin dall’inizio del 1800 la nostra organizzazione andava in cerca di Shadws da distruggere senza però lasciare mai tracce. La Sorrowful Stone va mantenuta segreta.”-“La che cosa?!”-“Sorrowful Stone, non ne hai mai sentito parlare? Allora siamo stati proprio fortunati a contattarti così presto. Il potere, la luce bianca che è apparsa il tre e sei giugno e quel giorno d’agosto di tre anni fa…quella è la Sorrowful Stone. Una forma di energia composta dalla luce, ha moltissime forme diverse e sembra che tu sia uno dei pochi che possiedono il tipo che evita il contatto fisico tra te e le ombre.”
L’incredulità mi riempie il volto, tutte queste scoperte frenetiche una vicina all’altra di questa settimana mi sta completamente facendo ammattire il cervello.
“E…come la si evoca?”-“È una cosa naturale, ognuno riesce ad evocarla come può, quasi sempre la prima evocazione è la risposta della propria mente a diverse avversità, come nel tuo caso in cui l’hai evocata proprio quando avevi ricevuto diversi colpi dai tre rapinatori. Sarebbe come il contrattacco del nostro corpo.”-“E tutti quanti possono possederla?”-“Assolutamente no, in pochissimi rispetto all’attuale popolazione mondiale la possiede, e più che altro per noi è anche difficile capire chi ha una Sorrowful Stone soppressa dentro di sé, noi generalmente compiamo azioni da mercenario di alto grado per diversi paesi, siamo trattati come ribelli del governo e come ultima risorsa per commettere un omicidio. Possiamo dire in sintesi che il nostro lavoro…è essere nemici dello stato.”
A Isoruko, scappa un sogghigno compiaciuto.
“Quindi…non solo uccidete per soldi anche persone innocenti, ma lo fate anche con un potere sovrumano che potrebbe essere utilizzato per il bene della società…MI FATE SCHIFO!” Le parole mi escono di bocca senza neanche riuscire a bloccarmi.
“Bada a come parli moccioso. Il nostro scopo qui non è farti da insegnante, abbiamo di meglio da fare.” Risponde a mezza bocca e con lo sguardo rivoltato dalla rabbia Isoruko.
“Il mio compagno ha ragione, queste sono le scelte possibili: numero uno, tu accetti di non fare sconsideratezze, di non usare la Sorrowful Stone finché non ne avrai il controllo, non andare di nuovo a uomo morto a buttarti dentro a quella scuola e noi ti ridiamo tua sorella e ti lasciamo stare del tutto incolume.”-“E quale sarebbe la seconda?”-“Tu non accetti lo scambio, e noi uccidiamo sia te che tua sorella…che te ne pare? La scelta giusta mi sembra abbastanza chiara.”-“Come fareste a sapere se io la utilizzo o no?”-“Nella nostra organizzazione ci sono diversi possessori di Sorrowful Stone che usiamo come mappa per sapere dove e quando un possessore non scritto nell’archivio del nostro gruppo la utilizza.”-“Bene…vuol dire che siete più di due…”-“Due?” Chiede sorpreso l’uomo con gli occhiali e la testa pelata.
“Sono più di voi due quelli a cui dovrò fare il culo!” Rispondo con rabbia.
L’uomo con gli occhiali fa una smorfia e dice: “Dunque…non hai intenzione di startene zitto vero?”
Isoruko fa uno scatto verso di me e mi arriva davanti in pochi millisecondi e mi colpisce in pancia facendomi volare all’indietro, fuori dalla casetta. Mi rialzo dopo il duro colpo e mi accorgo che Isoruko sta di nuovo mirando verso di me con il pugno chiuso. Con una mano gli fermo il colpo che arriva ma mi fa poi cadere di lato con la gamba sinistra, colpendo le mie. Cado a terra, un dolore mi sale dalle gambe e mi urta tutto il sistema nervoso. Come di rigetto, mi si aprono gli occhi immediatamente e a distanza di poco più di un metro, evito un calcio diretto sulla mia faccia da Isoruko rotolando di lato. Mi rialzo subito dopo con la pancia ancora dolorante dal suolo cementificato del molo. Mi cola del sangue dalla bocca, mentre Isoruko fa passare il suo compagno Kamatari, con le mani in tasca e sempre guardandomi sempre con un occhio solo, mentre quello ferito rimane coperto dagli occhiali da sole.
“Non costringerci ad ucciderti ragazzo, anche noi siamo dei possessori della Sorrowful Stone, e pensa anche che Isoruko ti ha ridotto ad uno straccio senza neanche stare ad usarla. Sei stato sfortunato anche perché hai avuto dei possessori superiori rispetto alla norma standard.”
Mi dice con un sorrisetto compiaciuto Kamatari.
“St-standard…?” Chiedo a fatica, per i colpi ricevuti.
“Hai di fronte a te il caporal maggiore capo scelto Isoruko Kinji della divisione di combattenti in prima linea e il sottoscritto, tenente colonnello Kamatari Munoto della divisione di ricerca per nuovi possessori e ricerca dell’ombra dell’organizzazione segreta Kazmadyon!”
Appena finita la frase Isoruko si lancia su di me con velocità estrema e mi lancia contro il suo pugno, io lo evito muovendo la testa verso sinistra e cerco di assestargli un calcio nel fianco quando è scoperto, quando però mi prende la gamba con la mano sinistra e mi lancia all’indietro. Dopo essere caduto, Isoruko mi assale come una tigre e cerca di colpirmi con un sinistro.
La mano gli si conficca nel cemento e in un primo momento non riesce ad estrarla. Mi viene poi un’idea, appoggiando la gamba destra dal lato destro del suo braccio, faccio girare l’altra gamba colpendolo violentemente in viso e, dopo essere girato sul pavimento dalla posizione con la pancia all’aria a quella con pancia verso il pavimento, mi rialzo velocemente emettendo profondi respiri di stanchezza.
Isoruko, che fino a questo momento è rimasto impassibile verso il mio colpo infertogli, si passa la mano sinistra sul punto su cui l’ho colpito e tutto ad un tratto si trasforma in una belva feroce urlando: “Io ti ammazzoooo!!!”
Corre verso di me e mi colpisce tirandomi una bracciata e gettandomi all’indietro.
Anche se per poco, non cado e rimango in piedi cercando di vedere dov’è Isoruko. La vista mi si è annebbiata e le immagini non diventano ancora del tutto chiare. Una specie di strana macchia sembra avanzare verso di me correndo. Finalmente, l’immagine torna chiara e la macchia si rivela essere Isoruko, che corre verso di me con però un coltello lucente.
Isoruko cerca di infilzarmi ma evito la traiettoria del colpo muovendo la mano per poi dargli un pugno in faccia. Dopodiché mi allontano di qualche passo e chiedo: “D-da dove hai preso…quel coltello?”
Isoruko invece di rispondere, si tocca la faccia nel punto in qui l’ho appena colpito e, con uno sguardo ancora più irritato, lascia cadere a terra il coltello facendogli emettere un tintinnio e dopo aver alzato il braccio destro più alto della sua testa, schianta la mano sul coltello sul pavimento. Un’improvvisa luce bianca si accende, come quella volta a scuola, ed emette un fascio di luce che circonda la mano di Isoruko ed il coltello. Quest’ultimo si incomincia a sgretolare finendo in pezzi sul pavimento cementificato del molo e dopo, si stacca da esso una piastrella e si sminuzza formando una specie di spirale che si va a posare tutto intorno ad Isoruko scoprendo così uno strato di metallo. Sempre avvolto dalla luce, dal punto in cui si è sminuzzata la piastrella, esce fuori dal cemento una specie di strano manico, seguito dal corpo della lama di una spada e dalla punta che sta sul vertice, messo al contrario. Il contatto tra il pavimento e la spada composta presumibilmente di metallo si spezza e Isoruko la impugna e corre verso di me, mentre sono completamente attonito.
La luce si spegne del tutto ed Isoruko mi colpisce col manico della spada sul fianco sinistro. La mia gamba sinistra cede e precipito a terra mentre tengo con la mano destra il fianco colpito.
Kamatari raggiunge il compagno camminando tranquillamente ed arriva davanti a me.
Il dolore provocato dal manico della spada mi induce a vomitare ma mi trattengo ed alzo lo sguardo, decido di provare un’ultima carta: tentare di evocare la mia Sorrowful Stone.
Alzo a stendo il braccio destro mettendolo davanti a Kamatari e Isoruko e sforzo i muscoli. Dopo però una decina di secondi non succede niente e Kamatari esegue un sospiro e dice: “È naturale che tu non sia ancora in grado di controllarla, sarebbe davvero stupefacente se, dopo anni dalla prima evocazione, riuscissi ad evocarla a tuo piacere già dalla quarta volta in avanti. La Sorrowful Stone è una specie di contrattacco psicologico e fisico contro minacce che attaccano il nostro corpo e le nostre rispettive menti, in parole povere…solo un vero shock può permettere ai possessori di utilizzarla le prime volte, e soprattutto una grande forza d’animo. Qualcosa che un ragazzino come te non può ancora comprendere.
Che tu lo sappia, abbiamo inviato anche dei nostri sottoposti, sebbene molto meno potenti rispetto a noi, a cercare il tuo amico Hajime Kazuhiro. A quest’ora dovrebbe essere già stato attaccato, nel caso abbia fatto la tua stessa stupida scelta.”
In un primo momento, un brutto presentimento mi entra nel cervello, ma dopo averci pensato bene su abbasso la mano, mi alzo e chiedo: “Quanto sono più deboli rispetto a voi due i sottoposti inviati?”-“Di tanto, perché ti interessa?” Risponde con aria sospettosa Kamatari.
Prima di rispondere mi passo la mano sul labbro della bocca per togliermi il sangue e dico: “Allora non ho niente di cui preoccuparmi…”-“Eh?” Chiede con aria stupida Isoruko.
“Fin da quando eravamo bambini…abbiamo fatto a botte…” Rispondo fissando negli occhi con aria decisa Kamatari. “E pensa un po’…io non l’ho mai sconfitto!”
 
Intanto a Tokyo, quartiere di Shinjuku, ore diciotto e quarantadue.
 
Hajime sta camminando ascoltando la sua playlist di canzoni preferite, indossando una maglietta della Scorpion Bay con lo stemma di quest’ultima e con dietro due lame incrociate nel mezzo e le fiamme tutte attorno, con sopra una camicia aperta a quadretti rossi e verdi. Tiene le mani dentro i suoi jeans corti e guarda il cielo che si appresta a riempirsi di stelle mentre nei suoi occhi vaga il viso di Makoto, ancora persa nelle grinfie del demone denominato Shadws.
Davanti al ragazzo compaiono diversi uomini, tutti con un volto serio in faccia.
Il primo dei cinque si mette in prima fila, fa segno di togliersi le cuffie e dice: “Tu sei Hajime Kazuhiro giusto?”-“Esatto, cosa volete da me?” Un’aria scura si presenta sul volto di Hajime.
“Siamo stati incaricati di avvicinarti e farti una proposta.” Risponde l’uomo messo in prima fila, mentre per la strada corre un leggero venticello estivo.
“Sarebbe?” Chiede con aria sprezzante.
Un uomo alto con i capelli tagliati corti color sabbia, con pelle scura e occhi verdi, si fa avanti mostrandosi sotto la luce del lampione sovrastante. Indossa una strana giacca grigia e una maglietta blu, con dei pantaloni beige.
“Akito Tetsura è stato intercettato dai nostri superiori, per chiedere il suo silenzio in cambio di libertà sull’evocazione di Sorrowful Stone di qualche giorno fa dalla vostra scuola.”-“Superiori? Cosa siete, dell’esercito? E poi cosa sarebbe questa Sorrowful Stone?” Chiede Hajime, con un leggero presentimento su di me.
Una risata risuona da dietro l’uomo sotto il lampione proveniente dai suoi compagni, come se Hajime avesse chiesto cos’è una scuola.
Uno sguardo serio e tenue inarca il volto di Hajime, che si prepara tenendo i pugni serrati benché nelle tasche.
“Per tua informazione.” Risponde con aria profondamente ironica l’uomo di fronte ad Hajime. “La Sorrowful Stone è il nome, dell’energia che Akito Tetsura ha sprigionato i giorni diciassette agosto duemilaotto, tre e sette giugno di una forma di energia molto potente conosciuta nel mondo con il nome di Sorrowful Stone. È nostro assoluto dovere imporre un principio di blocco su questo neo-possessore, fino a data da noi ancora da stabilire.”-“Ma se il possessore è Akito che cosa volete da me?”
“È stato rilevato dal nostro sistema che anche te presenti una traccia di Sorrowful Stone.” Risponde l’uomo che tira fuori dei fogli pinzati l’uno all’altro. “È stata rilevata esattamente alle tre e ventidue di ieri mattina.”-“C…cosa?” Risponde Hajime ammutolito per la scoperta mentre pensa: ‘Io avrei…lo stesso potere che ha Akito?! Ma è impossibile! Non ho mai lanciato forme di energia come quella!’
“Ti sbagli! Io non ho mai lanciato niente del genere!” Si appresta a rispondere Hajime.
“Infatti tu non appartieni alla categoria lanciatore, la tua Sorrowful Stone ti incrementa l’energia muscolare per cui i tuoi calci e pugni, se evocata correttamente, si moltiplicano di forza e velocità.” Risponde noncurante l’uomo davanti ad Hajime.
“Allora…quale sarebbe questa proposta che volete fare a me?” Chiede preoccupato.
“La proposta è la stessa di quella sottoposta a Tetsura, devi stare in silenzio e non evocare mai più la Sorrowful Stone in modo sconsiderato, in cambio non ti sarà fatto alcun male e potrai scorrazzare in giro con la piena libertà.”-“E…Akito cosa ha risposto?” Chiede Hajime con gli occhi coperti dai capelli, mentre pensa alla risposta più sensata.
“Tetsura all’inizio si è ribellato ma i nostri superiori sapranno convincerlo senza ucciderlo.” Risponde con un sorrisetto compiaciuto.
“Dunque…direi che la risposta più ovvia è sottintesa.”-“Complimenti, hai una mente sveglia.” Risponde con un sorriso benevolo e porgendo la mano destra ad Hajime. “Allora abbiamo un pat…”
Senza lasciarlo finir di parlare, Hajime colpisce violentemente l’uomo davanti a lui con un pugno facendolo indietreggiare.
“Se Akito è stato contrario a questa stupida richiesta, NON VEDO COME IO, CHE HO LA RAGAZZA IMPRIGIONATA NELLA MIA SCUOLA DALL’OMBRA, POTREI DARE IL CONSENSO!” Urla Hajime mentre si prepara a colpire di nuovo l’uomo davanti a sé, che si sta intanto riprendendo.
“B-bastardooo!” Risponde quest’ultimo mentre corre contro Hajime seguito dai suoi compagni.
Hajime tenta un secondo pugno in pancia contro lo stesso bersaglio, ma il colpo viene evitato e viene colpito ad una gamba da un calcio di uno dei compagni.
Un terzo sferra un sinistro contro la faccia di Hajime ma lui ruota la testa e contrattacca con una gomitata in faccia dell’avversario. Mentre un altro da dietro cerca di afferrarlo, Hajime ruota la gamba destra colpendo quelle dell’uomo alle sue spalle e facendolo cadere di lato, poi il primo del gruppo cerca di colpire Hajime con un pugno sinistro, che centra il bersaglio e lo colpisce nel petto.
Hajime, sebbene dolorante, afferra per le spalle l’uomo che lo ha appena colpito e risponde con una violenta testata in viso, che lo stordisce per qualche secondo e nel frattempo viene bloccato da dietro da un altro alle sue spalle. Il dolore proveniente dalla sua gamba e dal petto lo fanno confondere per qualche secondo e intanto l’uomo che aveva discusso con Hajime gli tira una serie di colpi in pancia.
All’improvviso, uno strano alone bianco e blu compare su tutto il corpo di Hajime, che si riprende in fretta sferra un calcio in pancia contro l’uomo davanti a sé. Stranamente, l’energia del colpo è talmente forte che spinge di due metri il bersaglio colpito, che si appresta a cadere sul duro pavimento di cemento privo di sensi.
Intanto, l’uomo che lo stava tenendo fermo da dietro lo molla per la paura e dice: “L-l-la Sorrowful Stone è stata evocata!”
Hajime si gira, sempre contornato dall’alone lucente, e utilizza la velocità di attrito per colpirlo in pancia con un destro, ricacciandolo in avanti con il sangue che schizza per la velocità per tutta la strada. Un ultimo superstite rimane impalato, mentre i suoi compagni vengono lanciati dalla sovrumana forza della Sorrowful Stone di Hajime.
In preda al panico, scappa via dal ragazzo e intanto si affretta a prendere il telefono dalla tasca del suo giubbotto di pelle nera. Compone il numero tre volte, dopo aver sbagliato per due volte consecutive, e dice: “S-signor Munoto?! Qui è Daisetsu! Mi dispiace immensamente ma abbiamo fallito la missione! L-l’obbiettivo ha rifiutato l’offerta ma ha evocato la Sorrowful Stone mentre cercavamo di colpirlo!”
                                        --Nagoya--
“Razza di coglioni! Eravate in cinque contro un ragazzino!”
A rispondere al cellulare a Daisetsu è Kamatari.
                                        --Tokyo—
“M-mi dispiace immensamente!” All’improvviso Daisetsu inciampa in una mattonella rotta e cade per terra. Dopo essersi rialzato si ritrova Hajime, con lo sguardo arrabbiato che gli dice: “Passami subito il cellulare.”
Daisetsu si appresta a dire a Kamatari: “Signore! L’obbiettivo ha chiesto di parlarle!”
                                        --Nagoya--
“Passamelo!” Risponde Kamatari con aria infuriata.
                                        --Tokyo--
“Fatemi parlare con Akito, so che è ancora vivo.” Dice Hajime voce arrabbiata.
                                        --Nagoya-- 
Con l’orgoglio che gli brucia, Kamatari mi lancia il telefono mentre dice: “È per te!”
Curioso di chi potesse volermi parlare in un momento simile, avvicino il cellulare e dico: ”Pronto?”-“Ciao Akito, quanto pare anch’io ho quello strano potere anche se diverso. Io quei tizi li ho sconfitti tutti, mi raccomando…prendili a botte e torna il prima possibile. Non ci sono solo io ad aspettarti.” Mi risponde Hajime.
Stupito dalle sue parole confortevoli, rispondo: “Si, fai in modo di essere pronto quando torno.”-“A dopo allora!”
                                       --Tokyo--
Hajime chiude il telefono e lo fa cadere per terra, davanti all’ultimo sopravvissuto dei subordinati di Kamatari, immerso nelle lacrime dalla paura e riprende a camminare.
                                       --Nagoya--
Chiudo il telefono e lo rilancio a Kamatari, con l’orgoglio che rimorde.
Dopo che quest’ultimo l’ha messo via in tasca nei suoi pantaloni, dice: “Ora che hai finito di parlottare…” Kamatari si strappa la camicia in due, dai bottoni, rivelando delle cinghie legate al busto che tengono delle provette di sangue.
“C-che cos’è quella roba?!” Chiedo inorridito.
“È sangue animale. La mia Sorrowful Stone consiste nel poter ricreare protuberanze animale in una parte del corpo a mia scelta.” Risponde Kamatari mentre stappa una delle provette e ne beve un sorso.
Come un’onda di rigetto, Kamatari è sul punto di vomitare quando sul suo braccio destro si increspano le vene e pian piano, dal gomito alla punta delle dita il colore della sua pelle cambia e diventa nero intenso, le mani si uniscono e formano una strana sagoma nera con una punta al vertice. Al posto del suo braccio destro c’è il pungiglione di uno scorpione.
Kamatari si getta verso di me con le braccia all’indietro e avanza con il pungiglione che punta verso di me per poi inarcare il braccio ed eseguire un mezzo cerchio cercando di incastrare me nella traiettoria, ma la evito abbassando la testa. Kamatari quindi abbassa il braccio destro, mirando alla mia spalla sinistra e mi taglia di striscio. Un dolore bruciante mi sale dalla spalla e d’impulso colpisco con un pugno la pancia da sotto di Kamatari, evitando il pungiglione a cui è rimasto un brandello della mia maglietta.
La situazione si complica sempre più, il mio braccio sinistro è stato colpito e mi fa male a muoverlo in certe posizioni! L’unica cosa che spero è che nel pungiglione non ci sia stato del veleno…se così fosse non mancherebbe molto alla morte dopo un colpo così! Però…noto qualcosa di strano, se vogliono tenere segreta la Sorrowful Stone alla società aperta, perché mi attaccano noncuranti del rischio di essere visti dall’entrata del molo, in mezzo a due gruppi di casse di contenimento?!
Inizio a muovere il braccio cercando di far ricircolare il sangue, per riprendere sensibilità.
“Lo stai facendo apposta o sei veramente idiota?” Chiedo sfacciatamente a Kamatari.
“Cosa?!” Mi chiede con aria irritata.
“La vostra organizzazione ha regole veramente vigorose e non pensi nemmeno di chiudere la vista di questo combattimento alle persone normali? Se riuscissi a far notare alla gente quello che sta succedendo qui, saresti in grado di crearti un capro espiatorio decente?” Rispondo indicando dietro di me il varco dell’entrata.
“Hehe…hahaha…HAHAHAHAHA! Non ci credo! Tu…osi minacciarmi?! Se è veramente questo ciò che ti preoccupa eliminerò il problema.” Risponde togliendosi gli occhiali Kamatari, con il viso inarcato da un raggelante sorriso.
Kamatari scopre l’occhio circondato da sopra a sotto da una larga cicatrice ed apre le palpebre, un’immagine disgustosa mi si para davanti: la cornea…i cristallini superiori e inferiori…l’iride…il bulbo oculare è letteralmente spezzato in due. Un largo taglio separa sebbene di qualche millimetro tutto l’occhio, compreso tutto il resto di esso.
Kamatari spezza gli occhiali con la sua mano sinistra e ne lancia i pezzi per terra, poi volta il suo sguardo verso un’enorme cisterna del gas e dice: “Isoruko! Blocca l’apertura con quella cisterna del gas!”-“Si!” Risponde con aria stupida il compagno.
Isoruko corre verso la cisterna, a circa cinquanta metri da noi e la infilza con un pugno, facendo rilasciare dei gas, e la tira su staccandola dai vari tubi ad essa collegata. Come se niente fosse, cammina tenendo sempre la cisterna attaccata al suo braccio e una volta arrivato all’entrata la posa delicatamente bloccando completamente la visuale.
“Bene…” Commenta tranquillamente Kamatari.
Munoto si china leggermente e sputa del sangue per terra e consecutivamente a ciò l’aculeo scompare in pochi secondi tornando ad essere un braccio umano. La tranquillità di questo suo gesto mi inquieta e mi irrita lo stomaco, spingendomi sempre di più verso il baratro di vomitare. Il dolore alla spalla intanto non accenna a diminuire di granché e mi trovo costretto a prepararmi ad un attacco futuro con il braccio destro.
Kamatari intanto stappa un’altra fiala e ne beve la metà del contenuto.
Improvvisamente scatta verso di me e la luce bianca e blu si riaccende sempre sulla mano destra, che sfodera dritta dritta verso di me.
Solo ora mi rendo conto che la mano destra di Kamatari è diventata la testa di un serpente soffiante per la rabbia contro di me.
A pochi passi da me il serpente scatta ed io sono costretto ad evitarla, rotolando di lato intorno a Kamatari.
Intanto la testa a forma di serpente si schianta al suolo, da me prima occupato e poi si rialza in aria mostrando tutto il proprio corpo rovinato.
Il serpente scatta di nuovo ma non riesco ad evitarlo e mi si avvinghia tutto intorno al braccio e, un secondo prima che mi colpisse, afferro la testa da dietro saldamente, mentre il serpente si dimena selvaggiamente.
“Hahaha! Pensi di poterlo trattenere?!” Commenta Kamatari che però, dopo aver cercato a lungo di strappare dalla mia presa la testa del serpente, si rende conto che lo avevo in pugno. Indignato di ciò, stappa con la sinistra la fiala e finisce di ingurgitare il liquido rossastro. Dopo aver ingoiato l’ultima goccia, la testa di Kamatari si sposta all’indietro, con gli occhi verso il cielo mentre si dimena dalle spalle in su.
Subito dopo ritorna a guardarmi in faccia e il suo volto si è trasformato nel muso triangolare di un serpente che mi fissa con la lingua biforcuta tra i denti sibilante.
Passa un minuto e la situazione diventa sempre più agghiacciante, il serpente che rimane nella mia stretta si dimena sempre di più mentre sono squadrato da due grossi enormi occhi gialli, in due fessure scavate nella pelle ruvida dell’animale. Il terrore mi sale sempre più in profondità nel cervello, mi chiedo se Kamatari sia proprio il mostro che ho di fronte, mezzo serpente per braccio e testa e mezzo uomo, dalle spalle ai piedi. Che sia diventato un vero serpente?
Il serpente sembra leggermi nel pensiero e mi fissa sempre più in profondità, mentre sul mio viso dilaga un viso inquietato.
Poi, gli occhi del rugoso serpente diventano due fessure, come se si concentrasse, e tira indietro la testa. Questo è il segno di un altro attacco!
Come un fulmine, sempre tenendo da dietro saldamente la testa del serpente-braccio di Kamatari, lo srotolo dal mio braccio, facendomi ricircolare il sangue nel braccio, strizzato fino alla pazzia. Appena Kamatari mi attacca slanciando in avanti la testa, tengo teso il corpo del serpente-braccio, facendomi da scudo. Con un solo morso, Kamatari trancia di netto il corpo del serpente, che inizia a divincolarsi ferocemente, mentre sangue e le membra del serpente cadono pigramente a terra e formando pozze di sangue. Kamatari indietreggia con la testa, emettendo un fortissimo sibilo per il dolore. Io lascio andare la testa e corpo del serpente tranciato ed esso continua a dimenarsi.
Con il braccio ancora che perde sangue, Kamatari si lancia di nuovo contro di me con la bocca spalancata, mostrando i numerosi e aguzzi denti, con disperazione. Quando è ad un passo dall’uccidermi, io tendo la mano destra in segno di protezione e chiudo gli occhi.
Un accecante lampo bianco e blu si accende, illumina per un secondo Kamatari, e si spegne. Riapro gli occhi e vedo che Munoto sta volando all’indietro, come se colpito da qualcosa.
Isoruko, che nel frattempo era rimasto in disparte onde evitare di essere colpito da una delle caricate di Kamatari-serpente, rimane sbigottito.
Kamatari si rialza ed io faccio lo stesso. Quest’ultimo mi guarda in modo strano e dice, con una strana voce: “Q-questo è impossibile! L’ha evocata!”
All’inizio rimango perplesso su questa sua affermazione ma, sento dalla mano destra lo stesso calore che ho sentito il tre giugno e quindi alzo la mano destra.
Uno strano alone bianco e blu circonda la mia mano e poi, improvvisamente un ammasso di micro particelle compostesi dal nulla, si iniziano a raggruppare per poi andare a formare una sfera di luce bianco-blu.
“Q-quella…è la tua Sorrowful Stone!” Urla Kamatari con stupore.
Io osservo per poco la sfera e dico: “Tutto questo…mi piace!”
Miro Kamatari con la mano destra, sforzo i muscoli, e vedo che la sfera parte a velocità incredibile contro Kamatari, colpendolo.
“Che bastardo! Riesce persino già a controllarla!” Commenta Isoruko, mentre si dà alla carica con la spada in mano.
Ruoto il busto e agito leggermente le mani e altre micro particelle luminose formano un’altra sfera. Alzo il braccio destro all’altezza della testa e lancio la sfera contro Isoruko, che cerca di difendersi con le braccia e la spada.
Un rumore di qualcosa che si spezza riecheggia nel molo, la lama creata da Isoruko si è spezzata e distrutta in molteplici pezzi, che si disperdono sul pavimento cementificato.
Isoruko si rialza, con tono arrabbiato e affaticato, rivelando dei segni di graffi sulle braccia.
“C-come…come può…avere una potenza simile…” Ansima a fatica Isoruko. “Tutto questo è inammissibile!”
In preda alla rabbia, schianta le mani a terra e distrugge un’altra piastrella, scoprendo dell’altro acciaio. Una luce bianco-blu avvolgeva tutto il corpo di Isoruko.
Quest’ultimo infila la mano nel cemento, stranamente semiliquido, e lo tira fuori e ne esce una catena appena forgiata. Con un ampio gesto del braccio, tutta la catena viene tirata e dalla ‘pozza’ di acciaio ne esce fuori una mazza ferrata, che mira stranamente su di me.
Io abbasso la testa e Isoruko è costretto ad avvitare sul suo braccio parte della catena per riprendere il controllo dell’arma.
Kamatari si sta per rialzare e la nuvola che lo ricopriva per via dell’impatto con la Sorrowful Stone si sta per dissolvere del tutto.
Mentre la mazza ferrata compie un altro giro intorno ad Isoruko, raccolgo ulteriori energie per la Sorrowful Stone, cercando di radunare stavolta più energia possibile.
La sfera si riforma, più grande rispetto all’altra, e la metto in posizione, tenendola a pochi centimetri dal mio braccio destro alzato, messo contro la mazza ferrata in arrivo a velocità incredibile.
Isoruko finisce di far riprendere velocità alla sua arma e la sgancia contro di me.
Intanto io mi preparo alzando anche la mano sinistra, punto sulla mazza cosparsa di punte metalliche, e la sgancio. Spingo con il braccio la sfera, che si va a infilare dentro la mazza, passandole attraverso e spingendo verso l’esterno dall’interno tutti i pezzi. Un pezzo però, sebbene non puntellato, mi arriva addosso e non faccio a tempo a preparare un’altra sfera che mi colpisce la gamba sinistra. Intanto la Sorrowful Stone avanza nella sua traiettoria e colpisce pesantemente Isoruko, facendolo indietreggiare.
La catena si è completamente spezzata e i pezzi della mazza ferrata finiscono in parte in mare e in parte per terra.
Isoruko si accascia a terra, mentre tiene con un braccio il punto colpito, ansimando e sputando sangue.
Kamatari, prende la mira con gli occhi ancora da serpente, e scatta all’improvviso. L’obbiettivo però non sono io, ma Isoruko.
Impossibilitato com’è, non è riuscito a sfuggire dal morso di Kamatari, che lo morde senza pietà dal collo, compresa la testa.
Le uniche cose che Isoruko riesce a dire sono: ”K-Kamatari…ma cosa…”
Poi, a Isoruko gli rigurgita il sangue dalla bocca e poi non si muove più.
“Kamatari…che cosa diavolo stai facendo?! Era un tuo compagno no?!” Esplodo contro Kamatari, che intanto si sta staccando la carcassa dai denti affilanti.
Munoto sogghigna malignamente alla vista del compare morto e dice: “Compagni?! Hehehe…io non l’ho mai considerato tale…Isoruko sapeva bene che nella nostra organizzazione non si deve fallire…e visto che non è riuscito a tenere testa alla tua Sorrowful Stone, non merita di vivere.” Commenta malignamente.
“Beh…se bisogna pensarla così…allora neanche te meriti di vivere! Neanche te sei stato in grado di tenermi testa!” Rispondo ironicamente alla sfacciataggine verso l’uccisione di un compagno.
Sebbene con il volto da serpente, riesco a distinguere il suo volto arrabbiato per la mia risposta e poi, socchiude gli occhi respira e dice: “La tua evocazione era qualcosa di inaspettato! Come potevo tenere testa ad una sorpresa simile? Ora che so per certo che sai evocarla ed utilizzarla a tuo volere, il discorso cambia! I piani sono cambiati, il nostri intento era quello di preservare la tua vita anche in caso di rifiuto…ma ora, con la morte di Isoruko posso dire che la tua morte è stata necessaria per il bene comune. Il mio obbiettivo ora non è più quello di farti entrare nel nostro gruppo o di obbligarti a non usare mai più la Sorrowful Stone, ma di ucciderti!”
Kamatari ingoia di proposito del sangue dal corpo di Isoruko e un’altra onda d’urto si espande nei dintorni. Improvvisamente, a Kamatari ricresce il braccio però più muscoloso.
“Io posso anche copiare protuberanze umane! Con la mia intelligenza e la forza di Isoruko niente può fermarmi!” Urla estasiato del suo corpo deforme Kamatari.
Munoto alza le gigantesche braccia, e le sbatte violentemente a terra, una piccola onda sismica si scatena sotto di me e il ponticello verso la casetta distrutta si sta spaccando. Per un lampo, mi ricordo di Harumi e do le spalle a Kamatari per andare a tirarla fuori prima che sprofondi tutto il ponticello con la casa compresa in acqua.
“Eh no! Troppo semplice!” Urla Kamatari per il mio dietro-front.
Nella corsa riunisco le mani e credo un'altra sfera, in caso che Kamatari mi attaccasse.
Le mie aspettative sono fondate, e Kamatari mi rincorre con il suo corpo massiccio. Non trovo altra scelta che lanciare la sfera contro di lui.
Sforzo i muscoli, e la sfera salta all’attacco roteando su se stesso seguita da delle specie di filamenti sempre di energia bianco blu.
Kamatari si mette le due gigantesche braccia davanti e la sfera lo colpisce, creando una nuvola di fumo.
Pensando di averlo sconfitto, entro nella casetta che traballa violentemente mentre si sente che il pavimento sotto sta crollando. Negli sbalzi del terreno però inciampo in una sedia, subito dopo mi rialzo e vado dal letto distrutto dove è ancora incosciente e legata. La prendo in braccio e cerco di non farla cadere durante gli sbalzi. Kamatari però tira da fuori un pugno contro la casa cercando di farci sprofondare sotto le macerie.
Il tetto cede e i pezzi ci stanno venendo addosso e sono costretto ad utilizzare la Sorrowful Stone, con le micro particelle creo tanti piccole sfere e poi le lancio contro la parete dividente me e Kamatari.
Come proiettili, le sfere schizzano contro la parete facendo cadere il muro e colpendo poi Munoto.
Mentre lui viene colpito ne approfitto per aprire la porta ancora intatta con una spallata ed uscire via, oltre delle crepe del muretto di cemento causate da Kamatari.
Quest’ultimo sprofonda in acqua apparentemente privo di sensi ed io mi dirigo verso la botola del gas.
Qualcosa però schizza fuori dall’acqua ed atterra a pochi metri da me, è Kamatari, ansimante e pieno di ferite su tutto il corpo con i vestiti tagliati.
“Moccioso…Bastardo!” Ansima.
Io metto mia sorella sul pavimento e corro contro Munoto con una sfera in formazione.
Lui mi segue e ci veniamo addosso a entrambi. Kamatari prepara un destro portandolo dall’anca destra che poi scaglia contro di me. Io lo evito e muovo il suo pugno cambiandone la traiettoria e facendolo andare contro il pavimento. Il pugno si incastra e dei pezzi di pietra saltano via, io ne approfitto per salire, come fece Hajime, sul braccio usandolo come sponda ed arrivare dalla sua faccia, a questo punto gli lancio in faccia la sfera.
Quest’ultima gli esplode in faccia ma Kamatari non perde i sensi e dopo avermi preso per i piedi mi lancia via.
Io cado per terra e Kamatari dice: “Io sono invincibile!” Poi adocchia mia sorella e cammina verso di lei, io intanto cerco di rialzarmi a fatica.
Cerco di raccogliere tutta l’energia che riesco ancora a utilizzare.
La sfera stavolta diventa molto più grande ed io mi rialzo di scatto e vado contro Kamatari.
Quest’ultimo, stupito dal mio gesto, si lancia anche lui alla carica, ma stranamente io sono molto più veloce di lui e prima che lui facesse un terzo passo io gli sono già arrivato davanti. Kamatari rimane sconcertato e non riesce nemmeno a caricare un altro colpo che gli dico mentre preparo la sfera: “Ora basta! Questa è la mia SORROWFUL STOOONE!”
La sfera si scaglia contro Kamatari e lo spinge verso la botola del gas colpendolo allo stomaco.
Il suo corpo grottesco fa esplodere la botola ancora piena di gas.
Io raccolgo mia sorella e scappo verso casa attraverso la spiaggia per evitare le domande dai passanti e dalla polizia. Dopo qualche minuto di corsa mi fermo un attimo sulla spiaggia dove poso Harumi, la slego e cerco di farla svegliare. Lei riapre gli occhi e mi chiede: “C-cosa è successo…? Perché sei ferito?!”-“Non è niente non preoccuparti.” La rassicuro io. “Ora però andiamo a casa.”-“ Va bene.”
Aiuto Harumi ad alzarsi e continuiamo ad andare verso casa quando io prendo il cellulare e mando un messaggio a Fujino con scritto:
    Il cielo che vedemmo quel giorno,
quel forte cielo scarlatto…te lo ricordi?
Il giorno in cui ci siamo scambiati la nostra promessa
Circondati dal prematuro vento estivo,
ci siamo promessi di rimanere abbracciati…
A Tokyo, Fujino si sente un po’ meglio e dopo aver sentito il cellulare che suona, legge il mio messaggio e sorride rispondendomi:
Si…me lo ricordo…
                                --Tokyo, scuola Shizuka, sotterranei--
Un piccone infrange il buio perfetto racchiuso in delle mura, dei poliziotti hanno buttato giù il muro indicato dal disegno di Fujino e cercando di fare luce. Uno dei due cade a terra per lo spavento: una sottospecie di enorme bulbo nero è attaccato attraverso degli strani legamenti al soffitto e pavimento. Sull’enorme e pulsante cosa spunta un occhio gigante che fissa i due poliziotti sconvolti. Da dietro il bulbo nero gigante, spunta il preside Tamaki che fa un sorriso malevolo e dice: “Benvenuti…signori miei.”

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