Breathe, as if you have a choice

di SoulSEARCHER
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Room 14 ***
Capitolo 2: *** Phone number ***
Capitolo 3: *** Keep falling ***
Capitolo 4: *** Unexpected ***
Capitolo 5: *** Nothing to feel ***
Capitolo 6: *** Drowning ***
Capitolo 7: *** Three hundred and twelve beats ***



Capitolo 1
*** Room 14 ***


Alle 14.04 Santana mugugnò, infastidita da un qualcosa di umido che si era posato sulla sua guancia. Schiuse le palpebre per poi trovarsi faccia a faccia con Edgar, un labrador retriever dal manto color miele che aspettava impaziente il suo pasto e le leccava il viso. Sbuffò arricciando il naso per poi issarsi a sedere sul letto, ancora incastrata tra le fresche lenzuola di seta grigia, e venne colta da un capogiro che la costrinse a strizzare gli occhi.
Si alzò lentamente e percorse a grandi passi il corridoio che la portava alla cucina, tirando fuori da uno stipetto la busta contenente le crocchette preferite del cane.
Ne versò una modesta quantità nella ciotola verde che presentava sul davanti il nome dell'animale, il quale si precipitò immediatamente verso il cibo. Si diresse poi verso il bagno alla ricerca di un analgesico che sperava le avrebbe alleviato il dolore che le attanagliava la testa, dovuto probabilmente alle quattro ore di sonno che la ragazza aveva sulle spalle. I turni di notte in Pronto Soccorso la sfiancavano, specie se erano faticosi e frenetici come quello appena trascorso. A volte si chiedeva se mezza popolazione di New York si fosse messa d'accordo per ucciderla.
Aveva suturato decine di ferite, fasciato polsi slogati e compilato cartelle: nulla di eclatante, solo tanta fatica.
Si guardò allo specchio notando delle grosse occhiaie che le contornavano gli occhi scuri, li chiuse e si massaggiò le tempie. Decise che probabilmente una doccia era quello di cui aveva più bisogno in quel momento.
Si spogliò velocemente dei vestiti per poi infilarli nell'apposito cesto per i panni sporchi ed entrò nella cabina doccia. Stette per alcuni istanti immobile sotto il getto d'acqua calda, beandosi del silenzio che regnava nell'intero appartamento, interrotto solo dai gorgoglii dell'acqua che si infrangeva sui suoi capelli corvini. Dopo aver terminato di lavarsi, Santana mise un piede fuori dalla doccia, rabbrividendo al contatto della sua pelle con il pavimento freddo. Afferrò un asciugamano legandoselo sopra il seno, per poi prenderne uno più piccolo con il quale si frizionò i capelli, subito dopo si diresse in camera sua e si infilò i vestiti che aveva meticolosamente preparato in precedenza. Proprio mentre stava scivolando dentro una morbida t-shirt grigia il suo cellulare squillò e la ragazza si precipitò a rispondere.

“Pronto?”

“Lopez, ti voglio qui entro un'ora” il clic emesso dal telefono le fece intuire che il suo interlocutore aveva chiuso la chiamata senza darle possibilità di replica. Una volta elaborati i dati e metabolizzato l'informazione si affrettò a scorrere la rubrica alla ricerca del numero di Dave, il suo migliore amico. Quando questo, dopo due squilli rispose, Santana sfoderò il tono più supplichevole e dispiaciuto del suo vastissimo repertorio.

“Ehi, orso. Niente caffè, mi dispiace tanto”

“Che è successo questa volta?”

“Sono reperibile, oggi. E la Sylvester mi ha appena chiamata, devo correre in ospedale”

“Quando la smetterà di essere così stronza, quella zitella?”

“E' il mio lavoro, Dave.”

Sarà, ma quella ti sottopone a degli orari inumani, Santana” in tutta risposta il ragazzo marcò il nome dell'amica pronunciato per intero, cosa che faceva di rado.
La ragazza sospirò, dall'altro capo del telefono, passandosi una mano tra i capelli antracite. Avevano affrontato quel discorso milioni di volte, ma a lei piaceva il suo lavoro e soprattutto non poteva nulla contro la tanto temuta Sue Sylvester, primario di neurochirurgia, della quale lei era al suo terzo anno da specializzanda.

“Lascia stare. Ci sentiamo presto.”

“Va bene, come vuoi. A presto Lopez”

“Ciao, Karofsky”

 

 

Poco più di un'ora dopo, Santana stava chiudendo la portiera della sua vecchia Ford Taurus quando scorse una figura longilinea che camminava a passi leggeri e veloci verso la struttura ospedaliera, che recava poco sopra l'ingresso un'insegna con il nome dell'ospedale, uno dei migliori d'America, il New York Presbyterian Hospital. La latina si affrettò a chiudere a chiave la macchina per poi chiamare a gran voce la ragazza che si dirigeva verso l'ospedale.

“Fabray! Quinn!” la bionda si voltò verso Santana, sorridendole nervosa. Quinn Fabray era una sua collega, si conoscevano da tre anni, ovvero da quando avevano iniziato l'internato all'ospedale, quando ancora erano delle studentesse con la passione per il lavoro che stavano per intraprendere, ignare del fatto che il loro primario avrebbe reso la loro vita un inferno. Si trovavano bene insieme e spesso si frequentavano al di fuori dell'ospedale.

“Ehi, Lopez. Ha chiamato anche te, vero?” chiese retoricamente Quinn.

“Già. Sono tornata a casa non più di otto ore fa ed eccomi di nuovo qui. Comincio ad odiarlo, questo posto” sbuffò la ragazza mentre camminava svelta a fianco dell'amica.

Quando furono davanti all'entrata, le porte scorrevoli rivelarono una donna alta e slanciata, con i biondi capelli corti e un'espressione irritata in viso, dietro di lei altri tre specializzandi del loro stesso anno che parlottavano tra loro.

“Barbie, Jennifer.. Sono le 15.32, ergo: siete in ritardo. Prima di andarvene di qui compilerete le cartelle post operatorie di tutti i vostri colleghi. E ora andate a cambiarvi.”

“Mi dispiace, c'era traffico, io..” tentò Quinn, per poi venire interrotta dalla voce calma della donna, nella quale era distintamente udibile una nota di sarcasmo neanche troppo velato.
“Cielo, tesoro, dov'eri quando è stata distribuita l'originalità? Probabilmente eri in ritardo anche quel giorno e ora va a cambiarti e non metterci più di diciotto secondi, ragazzina” intimò il primario facendo schizzare le due ragazze come delle molle, che si diressero a passo di marcia verso lo spogliatoio.

 

“Allora, hai più sentito Bob?” domandò Quinn mentre si infilava i pantaloni azzurri della divisa, riferendosi ad un ragazzo che aveva rimorchiato la mora in un locale, qualche sera prima.

“Chi, quello scimmione? Ma assolutamente no, ne ho solo approfittato per farmi offrire un paio di drink” sorrise ironica quella mentre la bionda scuoteva la testa.

“E tu? Sammy è ancora arrabbiato?” la interrogò Santana con aria vaga facendola rimanere con un braccio a mezz'aria mentre tentava di attaccare il proprio cartellino alla tasca del camice.

“Non lo so. Non ci sentiamo da tre giorni” mormorò Quinn, imbarazzata e dispiaciuta.

“Cosa? Non ti ha ancora chiamata?” esclamò incredula Santana.

“Siamo in ritardo, muoviti” tagliò corto la dottoressa Fabray mentre spariva dietro la porta dello spogliatoio seguita da una preoccupatissima Santana, impaurita dall'affrontare l'ira del primario.
Nel giro di pochi minuti le ragazze si presentarono nell'atrio al cospetto della dottoressa Sylvester.

“Bene, anzi direi male dal momento che oggi siete tutti e cinque affidati a me. Sono di turno da dodici lunghissime ore ed il livello di disgusto nei vostri confronti aumenta esponenzialmente ogni minuto che passa, in più il caffè di questo ospedale fa veramente schifo. Ora, tutti i pazienti su cui io ho messo le mani sono usciti vivi dalla sala operatoria, vedete di non fare casini o giuro sul mio bisturi che morirete di una morte lenta e dolorosa. Jones e Puckerman, voi siete in traumatologia. Voi due vi occuperete dei post operatori” disse indicando le due ragazze. Fece poi per andarsene quando venne fermata da uno specializzando

“Dottoressa, mi scusi.. Io che dovrei fare?” il proprietario della voce era un ragazzo alto e dinoccolato, Finn Hudson, al terzo anno di chirurgia generale, certamente non famoso per essere sveglio, ma piuttosto perchè portava lo stesso cognome del padre che era anche uno dei maggiori finanziatori del programma di ricerca di oncologia del quale l'ospedale si faceva particolarmente vanto. Ma questo, alla dottoressa Sylvester pareva non importare più di tanto.

“Oh, ci sei anche tu. Ti avevo scambiato per un lampione. Tu sei con me, muoviti e vedi di non inciampare nei tuoi stessi piedi” disse voltandosi e iniziando a camminare velocemente. Il ragazzo lanciò un paio di sguardi terrorizzati ai suoi colleghi che lo schernivano ridendo e poi seguì la dottoressa.

 

 

“La odio! Quella zitella inacidita dall'età e dall'astinenza..” sbottò irritata Quinn mentre percorreva a grandi falcate il corridoio che portava alle stanze dei degenti.

“Sì, però adoro come tratta Hudson. Schuester non fa altro che leccare il culo a quel palo con le gambe, io giuro che non lo sopporto. E poi dove diamine sono Rachel e Kurt?” si lamentò Santana sfogliando le cartelle cliniche dei pazienti e fermandosi alla stanza numero 14.

“Li ho incrociati prima al parcheggio, avevano appena finito” la informò la bionda mentre entravano nella stanza. Santana osservò la stanza passando il suo sguardo su una ragazza bionda che dormiva nel letto accanto alla finestra, per poi spostare la sua attenzione pochi attimi verso l'altra paziente nella stanza che la salutò gentilmente.

“Salve, signora Mitchell” disse dando un'occhiata alla cartella clinica ai piedi del letto dell'anziana donna “come andiamo?” domandò l'ispanica sorridendo cordialmente.

“Ho un po' di nausea, da qualche ora”

“Non si preoccupi, è piuttosto normale durante la degenza” la rassicurò la mora, per poi rivolgersi all'infermiera che sostava sulla porta “5 mg di Droperidol e tenete sotto controllo la pressione arteriosa.” concluse.
Quinn intanto si stava occupando della ragazza bionda e mentre le medicava la ferita e controllava i parametri vitali quella le sorrise, volgendo poi il suo sguardo verso Santana, che con un'espressione corrucciata si affrettava a scrivere sulla cartella della signora Mitchell.

“Brutta giornata, eh?” fece la paziente indicando con un cenno del capo l'ispanica.

“Parli di lei? Oh, sì ma le sue sono tutte brutte giornate e poi quella che vedi non è la sua faccia incazzata, nonostante possa sembrarlo. Anzi direi che oggi è particolarmente di buon umore” disse la dottoressa Fabray scuotendo la testa sorridente.

“Che abbiamo qui?” intervenne Santana dopo essersi occupata della sua paziente.

“Oh, glielo dico io!” la paziente precedette Quinn, sorridendo “Carcinoma polmonare al terzo stadio dovuto ad una mutazione del gene TP53. Una settimana fa ho subito la mia terza operazione. Pensa che mi daranno un premio? Oh, a mia discolpa tengo a sottolineare che non ho mai toccato una sigaretta in vita mia se si esclude quella che ho fumato circa dodici anni fa. Secondo lei conta?” domandò poi accigliandosi.

Santana fissò la ragazza sbattendo un paio di volte le lunghe ciglia. Non credeva esistesse qualcuno di così strano, inquietante e adorabile allo stesso tempo. Era appena stata operata, aveva un tumore maligno e probabilmente non sarebbe nemmeno guarita eppure sorrideva come se le avessero appena comunicato di aver passato un esame all'Università con il massimo dei voti.
La latina sollevò poi un sopracciglio e sorrise divertita mentre Quinn finiva di scrivere sulla cartella della giovane paziente scuotendo la testa. Subito dopo le due specializzande salutarono le pazienti e uscirono dalla stanza per proseguire il giro di visite.
Quattro ore e molte imprecazioni dopo, Santana e Quinn si ritrovarono sedute per terra, in un corridoio vuoto, a compilare cartelle che non erano nemmeno loro mentre gli altri specializzandi erano probabilmente a casa loro, addormentati sotto le coperte. D'improvviso il cellulare della biondina squillò facendo sobbalzare entrambe le ragazze. Quinn aprì il messaggio che le era appena arrivato mentre le sue labbra si distendevano in un sorriso stanco.

“E' Sam?” chiese Santana, notando l'espressione serena sul volto dell'amica.

“Già” sospirò la ragazza.

“Vai da lui” annunciò noncurante Santana facendo alzare lo sguardo all'altra che sollevò le sopracciglia sorpresa.
“Come scusa?”

“Hai capito benissimo, vattene prima che cambi idea” la minacciò la Lopez fissando lo sguardo duro in quello di Quinn che parve tentennare per un attimo.

“No, non se ne parla. Non ti lascio qua per altre due ore, se non di più, a compilare cartelle. Potresti fare qualcosa di stupido” annuì con veemenza la biondina.

“Come, scusa?” domandò incredula l'ispanica.

“Potresti bere il caffè dell'ospedale!” la ragazza sgranò gli occhi mortalmente seria mentre Santana le scoppiava a ridere in faccia.

“Tranquilla, andrò a rubarne un po' dalle infermiere” la rassicurò.

Quinn sembrò tranquillizzarsi e dopo qualche secondo di esitazione si sciolse in un sorriso, stampò un bacio sulla guancia della mora mormorando un velocissimo “grazie” e corse verso gli spogliatoi.

 

Mezz'ora dopo Santana decise di prendersi una pausa per andare a chiedere un po' di caffè alle infermiere. Fortunatamente la caposala la adorava e le diede anche due biscotti fatti in casa che la latina apprezzò moltissimo. Mentre tornava al proprio lavoro la Lopez passò davanti alla stanza numero 14 quando sentì una voce chiamarla. Si voltò verso la camera e incontrò lo sguardo della ragazza bionda di quel pomeriggio. Si fermò ed esitò qualche secondo prima di oltrepassare l'uscio.

“Buonasera, dottoressa. Ancora qui?” chiese la bionda inclinando la testa di lato.

Santana intanto guardò il letto vuoto accanto a quello della ragazza con aria interrogativa.

“Tutto bene, l'hanno solo spostata in un'altra stanza” la precedette la bionda.

Santana tirò un sospiro di sollievo e finalmente sorrise alla ragazza, prendendo un lungo sorso di caffè.

“Come stai?” chiese cordialmente la dottoressa alla ragazza dai lunghi capelli biondi che alzò le spalle sorridendo.

“E lei come sta?”

“Sto bene, ma dammi del tu. Sono la Dottoressa Lopez, tu chiamami pure Santana” la informò la ragazza allungando poi una mano verso la paziente.

“Sono Brittany, ma tu chiamami pure Brittany” rispose questa sotto lo sguardo inizialmente attonito di Santana che subito dopo scoppiò a ridere divertita. 





Note:
Hey, there! Salve a tutti. Lo so, lo so. Dovrei aggiornare "The world keeps spinning round" ma non ho idee e ho deciso di tralasciarla un attimo, anche perchè tra l'esame e la scuola questo mese è stato da suicidio.. Vedrò di aggiornare al più presto.


Boh, io questa storia non lo so da dove spunta. E' un'idea che ho in testa da un po', la sto scrivendo da quasi un mese e ho un po' di capitoli pronti. Lo so, è una storia vista e rivista e nel caso in cui vi annoiasse vi prego di farmelo sapere così smetto di pubblicare. No, non è presunzione, la mia. Semplicemente per me scriverla è un impegno ed è anche abbastanza difficile e se non interessa nessuno lascio pedere in partenza. Ringrazio tantotantotanto sery_90 che ha letto il primo capitolo in anteprima e boh, grazie mille. ♥ *____*
Fatemi sapere. Tantoammòre per tutti.

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Capitolo 2
*** Phone number ***


 

Lopez, Jones, Finn” un sorriso si fece largo sul volto dell'uomo quando si rivolse al giovane dottore “Voi siete con me, mi aiuterete nel giro di visite. Hummel, Berry, voi in pediatria. Puckerman e Fabray, voi siete con la Sylvester in traumatologia” concluse camminando verso il bancone delle infermiere e appoggiandoci sopra le cartelle cliniche che teneva in mano fino ad un momento prima, seguito dagli specializzandi. Santana, dal canto suo, sbuffava annoiata e infastidita dal teatrino che si stava svolgendo sotto il suo naso, con il Dottor Schuester che camminava al fianco di un confuso Finn, chiedendogli di suo padre. Mercedes le piazzò una tutt'altro che delicata gomitata tra le costole, per poi avvicinarsi al suo orecchio e sussurrare qualcosa di molto simile ad un “Disgustoso”, accennando con il capo in direzione del primario di medicina generale e Hudson.

I quattro medici si fermarono all'ingresso del corridoio sul quale si affacciavano le numerose porte delle altrettanto numerose stanze di degenza e Schuester si voltò verso i tre specializzandi.

Voi due” disse a Mercedes Jones e Santana “Iniziate il giro di visite, io e Finn dobbiamo parlare di una cosa importante” concluse mentre la latina volgeva gli occhi al cielo, seguita a ruota da Mercedes che sbuffò rumorosamente.
Le due dottoresse iniziarono il giro di visite che quel giorno fu tutt'altro che piacevole, per la Lopez. Una signora le aveva quasi vomitato addosso e un riccone appena operato di appendicite continuava a lamentarsi e a minacciare di fare causa all'ospedale perchè l'infermiera aveva avuto l'ardire di svegliarlo dieci minuti prima del previsto per cambiargli la flebo. Sospirando la ragazza si diresse verso la camera seguente per poi notare che si trattava della camera 14, quella di Brittany. Non la vedeva da tre giorni, dalla sera in cui rimase a chiacchierare con lei per ore, dimenticandosi di essere sveglia da dodici lunghe ore e reduce da un turno devastante. Si sorprese quando si accorse di volerla rivedere così tanto che aveva anche smesso di respirare. Senza rendersene conto affrettò il passo oltrepassando l'uscio e rimanendo bloccata davanti all'entrata quando vide che il letto vicino alla finestra era vuoto. Qualcosa di freddo e fastidioso si fece largo dentro di lei, aveva paura.

Santana, tutto bene?” chiese Mercedes osservandola mentre fissava con sguardo vacuo il letto in cui, fino a tre sere prima c'era la ragazza bionda.

Sì, io.. Torno subito. Puoi occuparti tu della signora Riley?” mormorò confusa, sentendo il bisogno di uscire da quella stanza. Non sapeva con esattezza quando aveva iniziato a preoccuparsi per quella ragazza, tenendo conto del fatto che l'aveva vista due volte.

Certo, ma sei sicura che sia tutto a posto?” domandò l'altra dottoressa con fare allarmato.

Sì, sto bene” disse Santana mentre usciva velocemente dalla camera. Quando fu in corridoio iniziò immediatamente a guardarsi intorno, trovandolo vuoto. Si diresse al bancone delle infermiere chiedendo della ragazza.

Claire, la caposala che le era particolarmente affezionata, si adoperò subito per dare a Santana le informazioni che desiderava. Si affaccendò per un po' al computer con una faccia impassibile mentre la dottoressa si mordicchiava un unghia in preda all'ansia.
Quando la donna le sorrise informandola che l'avevano solo spostata in un'altra stanza, la numero 38 al secondo piano, Santana riprese a respirare e il suo cuore a pompare sangue. Decise che alla fine del turno sarebbe andata a trovarla per sapere come stesse. Quella ragazza si meritava di stare bene.

 

 

Un'ora dopo aver finito il turno, mentre chiacchierava con Claire e un'altra infermiera, Santana si accorse che era ora di pranzo e si recò in sala mensa, non prima di aver recuperato un po' di caffè per sé e l'amica bionda. Appena entrata nel grande e rumoroso locale adibito a mensa, scorse Quinn che la attendeva al solito tavolo vicino alla finestra mangiucchiando la sua insalata e sorridendo al cellulare.

Ehi, Little Miss Sunshine! Salutami la tua bella trota.” disse la latina avvicinandosi al tavolo della bionda. Quinn ignorò l'insulto lanciato al fidanzato e annuì.

Ti ho preso il pranzo. L'insalata di carote stava finendo e so che ti piace.” constatò scrollando le spalle.

Oh, grazie Fabray” Santana si portò una mano al cuore e finse di asciugarsi una lacrima di commozione. In realtà era piuttosto contenta del fatto che Quinn la conoscesse così bene ma lei non era mai stata brava a dire ciò che realmente pensava e l'amica questo lo sapeva bene.

E guarda cosa ti ho portato, sciacquetta bionda. Direttamente dalla sala infermieri.” continuò poi mostrando due bicchieri pieni di caffè bollente. Lo sguardo dell'altra si illuminò: adorava quel caffè e dopo un lunghissimo turno di notte ne aveva decisamente bisogno.

Sannie, sai che ti adoro più di chiunque altro?” cinguettò sbattendo le ciglia con fare civettuolo.

Io invece ti odio. E non osare mai più chiamarmi in quel modo” la minacciò la Lopez pizzicandole il braccio.

Mi hai fatto male, idiota!” si lamentò Quinn massaggiandosi la parte lesa mentre scoccava all'amica un'occhiata truce. Quando si accorse che Santana non rispose all'insulto la bionda cercò il suo sguardo che però era fisso sul tavolo, perso tra la solita nube tossica di pensieri che aveva il pieno possesso della testa della latina. L'ispanica, dal canto suo, tentava di capire perchè, diversamente dal solito, il suo unico pensiero non fosse quello di finire il turno, andare a casa e farsi una doccia bollente ma piuttosto correre al secondo piano, alla camera numero 38 e sincerarsi delle condizioni di quella Brittany. Mentre rifletteva su quanto fosse strano il suo stesso comportamento la voce di Quinn interruppe bruscamente il filo dei suoi pensieri, ormai perso in lidi lontani.

L'hai più sentita?” la interrogò la bionda mordendo una mela verde.

Chi?” chiese di rimando non avendo seguito il discorso dell'amica.

La tizia che hai incontrato settimana scorsa in quel wine bar e che, permettimi, sembrava proprio una deficiente”

Ohoh, Fabray. Hai appena usato la parola con la 'd'?” commentò Santana evitando la domanda.

Finiscila di fare l'idiota. L'hai sentita o no?”

Che c'è, sei gelosa Fabray?” domandò con un sorrisino divertito la ragazza che fece avvicinare pericolosamente il sopracciglio destro della bionda all'attaccatura dei capelli.

Ovviamente no, sei libera di spargere la tua clamidia per tutta New York, ero solo curiosa”

No, non l'ho più sentita. Mi ha lasciato un paio di messaggi in segreteria ma non l'ho più richiamata” si arrese la Lopez.

Come? Perchè? Credevo ti piacesse” chiese sorpresa Quinn. Santana abbassò lo sguardo.

Ancora con quella storia? Santana è una stronzata, ok? Non è scientificamente possibile. Non è stata colpa tua!Quello che è successo è stato-” la bionda si agitò gesticolando animatamente mentre la mora, dopo aver controllato l'orologio, strisciò la sedia indietro interrompendola, per poi alzarsi.

La pausa pranzo è finita, io vado. Ci sentiamo domani” concluse voltandosi e facendo per andarsene.
“Aspettami, vengo anche io” la richiamò Quinn.

No, devo andare da Schuester che voleva vedermi” mentì la mora. Non voleva entrare di nuovo in quel discorso, c'erano passate troppe volte e non ne era mai uscito niente di buono per Santana.

Va bene, allora a domani” Quinn le sorrise incerta mentre Santana annuì e in pochi secondi sparì dalla sua vista.

 

 

 

 

 

Dopo aver finito il pranzo Santana riprese il suo turno che, tra visite e questioni burocratiche, si svolse nella solita noiosa tranquillità.
Alle 19.00 di quella stessa sera, la ragazza chiuse con un sospiro l'ultima cartella post operatoria, portandosi le mani alle tempie. Si chiedeva cosa avesse in testa otto anni prima quando scelse la facoltà di medicina. Con un sospiro ripose tutti i fogli al loro posto e alzandosi dalla scrivania su cui era appoggiata uscì dalla stanza, recandosi alla reception dove consegnò le cartelle all'infermiera di turno salutandola cordialmente con un sorriso.
Un sorriso timido le increspò le labbra mentre prendeva l'ascensore per il secondo piano ma prima di imboccare il corridoio che l'avrebbe portata alla camera numero 38 Santana si fermò alla toilette per controllare lo stato in cui si trovava. Guardandosi allo specchio realizzò di avere i capelli sfatti e un paio di occhiaie ben visibili che accompagnavano la sua aria stanca, immediatamente si sciacquò il volto con dell'acqua gelata e, sfilandosi un elastico per capelli dal polso, li raccolse in una coda alta e stretta.
Quando ritenne di avere un aspetto presentabile uscì dal bagno e si diresse di corsa verso la sua meta.
Arrivata davanti alla stanza si bloccò, prese un respiro – l'ennesimo della giornata – ed entrò. Quando fu dentro la stanza si accorse, con una punta di delusione, che Brittany stava dormendo, ma non riuscì ad impedirsi di sorridere avvertendo il profumo dolce della ragazza che pervadeva la stanza, più forte anche del disinfettante. Fece per andarsene quando una voce roca la fece voltare di scatto.

Ehi, tu. Pensi di scappare così?” Santana si trovò di fronte al sorriso radioso della ragazza, sorriso che contraccambiò un po' imbarazzata.

Scusa, non volevo svegliarti” mormorò dispiaciuta.

Grazie per averlo fatto, qui non faccio altro che dormire e fare parole crociate e tenendo conto del fatto che i cruciverba mi confondono e lascio perdere dopo cinque minuti, non mi rimane molto da fare. E poi non mi hanno nemmeno dato un compagno di stanza” concluse bofonchiando ma continuando comunque a sfoggiare un sorriso abbastanza contento da scoprirle i denti perfetti.

Mi dispiace di non essere passata prima ma il lavoro mi ha tenuta occupata tantissimo. Come stai?” chiese gentilmente Santana avvicinandosi al letto per poi sedersi su una sedia lì vicino.

Sto meglio, la dottoressa Beiste ha detto che tra un paio di giorni dovrebbero dimettermi” Santana non capì con esattezza perchè lo sguardo di Brittany si spense un po' nel pronunciare quella frase. Chiunque sarebbe stato contento di uscire da quel posto dalle orribili pareti azzurre e la puzza di disinfettante.

Tutte le volte che esco dall'ospedale dopo un'operazione i dottori dicono sempre che guarirò e starò meglio e io, da brava stupida, ci credo tutte le volte. Poi però mi ritrovo sempre qui, nella stessa situazione di prima. Sono solo stanca” spiegò quasi avesse letto nella mente della mora, che stette zitta guardandola dritta negli occhi.

Io.. Per quel che vale, mi dispiace. Davvero” disse senza sapere realmente quale fossero i suoi pensieri a riguardo, era qualcosa di troppo grande perchè potesse comprenderlo appieno.

So che ti dispiace. Lo so perchè sei una delle poche persone che non mi ha detto di capirmi. Perchè in realtà non è facile mettersi nei miei panni” concluse ritrovando un accenno di quel sorriso perso poco prima.
Rimasero a parlare per più di tre ore quando Santana si accorse che Brittany cominciava a sbadigliare un po' troppo spesso.

Ehi, sei stanca e devi riposare, io vado” disse un po' dispiaciuta mentre la bionda metteva su la sua stessa espressione triste.

Uffa ma io non ho sonno, giu-” si lamentò proprio mentre uno sbadiglio le impedì di finire la frase e Santana scoppiava a ridere.

Ok, ok. Forse sono un po' stanca” ammise infine “domani verrai di nuovo?” chiese poi speranzosa.

Sul volto della latina prese vita un'espressione che era un misto tra l'essere lusingata e dispiaciuta.

Non penso proprio di riuscire a passare, domani. Sono con la Sylvester e ho il turno di notte, mentre durante il giorno ho delle commissioni da fare” si giustificò la ragazza mentre si grattava la nuca. Improvvisamente il volto della bionda, triste fino a pochi secondi prima, si illuminò. Afferrò un penna e la mano di Santana per poi scriverci qualcosa sopra, sotto lo sguardo basito della proprietaria dell'arto.

Questo è il mio numero” le disse restituendole la mano con un sorriso trionfante. La latina sorrise a sua volta ricambiando il favore e scrivendole il proprio numero su un vecchio scontrino che aveva recuperato dalla tasca del camice.

Bene, io ora andrei” annunciò la dottoressa alzandosi dalla sedia posta a fianco del letto su cui Brittany era sdraiata. La bionda annuì.

Mentre usciva dalla porta, per la seconda volta in quella giornata, Brittany la chiamò.

Dimmi, Britt” la bionda sorrise per quel diminutivo. Trovava un qualcosa di familiare sia nel tono in cui Santana l'aveva pronunciato, che nel sorriso che l'accompagnava.

Buonanotte, San” un sorriso gemello prese posto sul volto della dottressa.

'Notte anche a te”

 

 

Mezz'ora dopo essersi cambiata, mentre Santana usciva dall'ospedale, il cellulare vibrò nella tasca.

 

Da: Britt 22.36

 

Appena esco di qui pretendo che tu mi conceda un caffè macchiato con doppia panna.

(No, non sono una veggente, so solo leggere uno scontrino.)

Sogni d'oro, San.

 

B

 

Per la prima volta, Santana, non era così contenta di lasciare l'ospedale.




Note:
Fì, lo fo. Sono in un ritardo pauroso ma non ho avuto il tempo nemmeno di respirare, la scuola è iniziata da due settimane e io sono già sommersa dai compiti, senza contare le altre mille cose da fare. 
Che dire del capitolo, siamo ancora alle prime fasi, c'è la presentazione dei personaggi - che ovviamente non sono solo Britt e San, ergo non è ancora finita - e non succede nulla di eclatante. Ma non sarà tutto così semplice come sembra.
Ringrazio come sempre chi mette tra le preferite/seguite/ricordate ma soprattutto chi recensisce. Tantoammmòre.

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Capitolo 3
*** Keep falling ***


“No, Quinn”

“Dai ammettilo!”

“No.”

“Sorridi. Stai sorridendo da ore e prima ti ho anche detto che sembri un'idiota e, mentre normalmente mi avresti infilato un dito in un occhio, hai continuato a sorridere! Tu sei Santana Lopez e Santana Lopez non sorride. Mai. Quindi ammettilo, dammi i miei venti bigliettoni e facciamola finita. E smettila di sorridere che sei irritante.” snocciolò tutto d'un fiato la bionda con un cipiglio deciso.

“No, ti ho det – Ehi, mi hai dato dell'idiota?” domandò accigliandosi.

“Non cambiare discorso. Ti piace. Hai anche messo quella maglia super scollata e.. – a proposito, me la devi prestare – e quella collana, per non parlare de-”

“Ok, stai zitta!” la interruppe Santana esasperata allungandole una banconota da venti dollari.

“Ah, lo sapevo! Ti piace!” esclamò la bionda saltellando eccitata.

“Non lo so.”

“Non lo sai? Sono giorni che ti vedo sorridere al cellulare e gli unici messaggi che ricevi di solito sono quelli di Dave, e quando è lui grugnisci, o quelli del tuo gestore telefonico che ti dice che non hai più credito residuo. Ora, o sei diventata una squilibrata oppure lei ti piace. E te lo dico io, lei ti piace” concluse gongolando Quinn.
“Io.. Non la conosco. Cioè, so che le piace il cioccolato bianco, che il suo colore preferito è il giallo e adora le papere, che ha un gatto e un tumore maligno ai polmoni.” sospirò infilandosi una scarpa.

Quinn smise di sorridere e la guardò un po' in imbarazzo, spostando il peso da un piede all'altro non sapendo bene cosa dire. Santana si interruppe e la guardò accennando un sorriso.

“Sì, mi piace” mormorò mentre si dirigeva in bagno alla ricerca del suo rossetto preferito, togliendo entrambe dall'imbarazzo.
Quinn si illuminò e un ghigno divertito le schiuse le labbra.

“Sono contenta, sai. E, per una volta Sanny, prova a non pensare a niente, ok? Sarete tu e lei, stasera e nient'altro” la bionda si avvicinò all'amica, che stette in silenzio fissando il pavimento, e le sistemò la scollatura della maglia con fare materno. La mora si rabbuiò appena e Quinn, avendolo notato, le alzò il viso portando lo sguardo dell'amica all'altezza del proprio.

“Santana, smettila. Senti, se ti fa sentire meglio ti posso ripetere per la milionesima volta che non è stata colpa tua. Che ti meriti di stare bene. Te lo ripeto quante volte vuoi, ma tu devi cominciare a credermi.” continuò fissandola negli occhi, cercando di trasmetterle tutta la sicurezza che traspariva dalle sue parole. La mora, tuttavia, non era comunque in grado di tranquillizzarsi perchè non riusciva a smettere di sentire una brutta sensazione all'altezza dello stomaco che le faceva ritornare alla mente quel giorno. Per non far preoccupare ulteriormente l'amica, però, sorrise.

“Quinn..”

“Dimmi.”

“Non chiamarmi più Sanny o giuro che ti pentirai di non aver accettato la proposta di trasferimento in Groenlandia della Sylvester” ringhiò Santana con fare minaccioso. La bionda scoppiò a ridere.

“Me ne vado, o finirò per essere in ritardo” asserì la mora afferrando la borsa.

“Ah! Santana Lopez in ritardo, vorrei vivere abbastanza per essere presente quel giorno” ironizzò Quinn facendo riferimento all'abitudine dell'amica di arrivare sempre in anticipo e aggredire chiunque arrivi anche di un solo minuto in ritardo. Santana sbuffò e Quinn rise di nuovo.
“Dai, forza. Vai dalla tua bella. Io ti aspetto qui e se stanotte non dovessi tornare avv-”

“Quinn!”

Per tutta risposta, la bionda rise ancora più forte.

 

 

 

 

 

Santana se ne stava appoggiata alla propria macchina, parcheggiata davanti al locale, in attesa. Sigaretta alla mano, scandiva il tempo picchiettando un piede per terra. Aspettava quel momento, da quando, tre giorni prima Brittany le disse che l'avevano dimessa e che stava decisamente meglio. Poi avevano parlato, si erano sentite tutte le sere al telefono, prima di andare a dormire e il giorno prima la bionda le aveva dato appuntamento per quella sera e Santana, dal canto suo, si sentì leggera e viva, come non faceva da tempo. Brittany era in ritardo e la mora schioccò la lingua sul palato, vagamente infastidita. Quando però la vide arrivare trafelata e con un'espressione dispiaciuta sul visto tutto il fastidio sparì rapidamente com'era arrivato e venne sostituito da un a strana sensazione alla bocca dello stomaco che fece contrarre il viso di Santana in un sorriso incerto. Notando di avere ancora la sigaretta in mano la gettò velocemente a terra, dandosi dell'idiota. La bionda indossava un vestito grigio che le copriva le gambe fin sopra il ginocchio, un copri spalle nero abbinato a delle ballerine dello stesso colore. I capelli mossi sciolti sulle spalle. Santana pensò che quello era l'esemplare di bipede umano più bello che avesse mai visto.

“Scusami, sono in ritardo. E' che mi sono preparata in anticipo così ho deciso di vedere Bambi e quando il cacciatore ha sparato ho pianto e mi è colato tutto il trucco, così ho dovuto sistemarlo” spiegò Brittany con aria colpevole. Santana rise piano e scosse la testa.

“Avanti, entriamo Pierce. Mi si stanno gelando le sinapsi qua fuori”

Quando fecero ingresso nel locale un paio di ragazzi, seduti ad un tavolo non molto lontano si voltarono verso di loro e ammiccarono nella loro direzione con fare compiaciuto facendo alzare gli occhi al cielo a Santana che però venne immediatamente trascinata dalla bionda ad un tavolo libero. Qualche minuto dopo un cameriere si avvicinò alle ragazze chiedendo se volessero ordinare.

“Due Cosmopolitan” asserì la mora sorridendo al ragazzo che scribacchiò l'ordine sul blocchetto e sparì verso il bar.

“Allora” iniziò Santana “come stai?”

“Sto bene, per ora” rispose Brittany senza perdere il sorriso.

“E tu?” domandò poi alla mora.

“Oh, io bene. Sono solo distrutta a causa dei turni devastanti, senza contare che il primario di neurochirurgia mi odia e che presto il mio migliore amico mi disconoscerà”

“Ma sei fortunata, dottoressa. Io so come curare queste situazioni” scherzò Brittany con fare saccente.

“Ah, sì Pierce? E come faresti?” chiese incuriosita assottigliando lo sguardo.

“Semplice. Con un ottimo Cosmopolitan che quel giovane e aitante cameriere ci sta portando proprio in questo momento, o magari anche due, e una buona dose di BSP.” concluse con una scrollata di spalle facendo un cenno verso il ragazzo che si stava avvicinando a loro con un vassoio, sul quale erano adagiati i loro bicchieri.

“BSP?” domandò salvo venire interrotta dal giovane che posò delicatamente i bicchieri sotto il loro naso.

“Brittany Susan Pierce” le disse con un grosso sorriso e uno sguardo malizioso. Santana rise e se la sua carnagione l'avesse permesso probabilmente sarebbe anche arrossita.

“Siete modesti, eh?” la canzonò la mora prendendo un lungo sorso del proprio drink.

“Chi?” le chiese confusa Brittany mostrando scarsa perspicacia.

“Tu e il tuo ego di dimensioni ridicole, ovviamente” annuì Santana per poi essere spintonata leggermente dalla bionda che si unì alla risata dell'altra.

Sentirla ridere e divertirsi era un toccasana, per la mora, che trovava in Brittany una strana sensazione di familiarità, come se il loro stare insieme fosse inevitabilmente scontato, qualcosa di previsto ma mai banale.

“Ehi, si è fatto tardi. Andiamo?” domandò dopo un'altra mezz'ora la bionda, controllando l'orologio.

“Certo” rispose Santana annuendo, avvicinandosi al bancone per pagare il conto. Brittany intervenne sdegnata, insistendo perchè fosse lei, a pagare. Santana però iniziò una filippica riguardo la buona educazione, al fatto che fosse stata lei ad invitare la bionda – cosa tecnicamente non vera, ma sperò che Brittany non se ne ricordasse – e accennando alla morte della cavalleria, cosa che Brittany non afferrò del tutto.

“Ti accompagno a casa?” domandò Santana, con aria compiaciuta, mentre uscivano dal locale, l'aria frizzante le sferzò le guance e le fece strizzare gli occhi.

“Oh, no tranquilla. Mi vengono a prendere” le rispose la bionda mentre si stringeva nel cappotto e nuvole di respiro le si condensavano davanti al naso, ormai rosso per il freddo.

Mentre aspettavano la mora non riusciva a smettere di sorridere come una squilibrata tra sé e sé.

Santana aveva deciso, in uno dei suoi rari momenti di lucidità, che mettere a tacere i propri pensieri e ignorarli era l'unica via per non farsi male, per non cadere a pezzi, così aveva costruito un muro, tra lei ed il mondo. E le sensazioni si erano fatte lontane, ovattate, come un'eco lunga e nervosa.

La sue giornate le sembravano da sempre un dialogo incompleto, disarmonico, distratto, ma poi Brittany e la sua risata scanzonata avevano fatto capolino nella sua vita. Brittany e i suoi occhi taglienti come vetro. Brittany e quei capelli così biondi. E quella sensazione di indolenza si stava diradando lentamente lasciando posto a una strana eccitazione, mista a paura che la facevano sentire viva, dopo tanto tempo. Dopo le mille delusioni, le ansie e le paure. Ma Santana non voleva più avere paura e non voleva più stare senza quella cosa che, lo sapeva, l'avrebbe resa felice, quella cosa, qualunque cosa essa fosse. Santana non aveva idea di cosa fosse l'amore o magari non se lo ricordava ma forse Brittany l'avrebbe aiutata a ricordare se solo gliel'avesse permesso. O forse..

 

 

 

“Santana lui è Nate, il mio ragazzo”

 

 

 

Forse avrebbe continuato a galleggiare in quel freddo limbo fatto di nulla.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

Lo so, lo so, lo so. ç_____ç

Non odiatemi perchè non è colpa mia. Non del tutto, almeno. Ho avuto un gaziliardo di cose da fare, la scuola che mi impegna ventordici ore al giorno, tonnellate di compiti e l'inevitabile quanto vana ricerca della mia ormai perduta vita sociale.

Lo so, questo capitolo è corto e c'è angst a pacchi ma non temete. Siamo solo all'inizio. *trolling in the deep*

Va bè, non mi piace. L'ho riguardato mille volte, corretto, cambiato, rivoltato come un calzino e nulla. Continua a fare pena. Mi spiace tanto.

Come al solito ringrazio chi recensisce, mette tra i preferiti e tutto il resto. E chiedo scusa se non ho risposto alle reviews ma prometto di recuperare presterrimo.

 

Love.

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Capitolo 4
*** Unexpected ***


Santana si svegliò, con negli occhi il bruciore del pianto della sera prima e una luce troppo, troppo violenta. Accanto a lei un corpo caldo e dei capelli biondi sparsi in uno studiato ordine sul cuscino. Non si sarebbe mai abituata al risveglio ubriaco, con quel cerchio che le stringeva la testa in una morsa e la gola in fiamme. Non fece nemmeno in tempo a sentirsi sola che Quinn si girò verso di lei aprendo gli occhi in uno sfarfallio di ciglia, fissandola con apprensione.

“Come stai?” le chiese in un sussurro, quasi avesse paura che scoppiasse di nuovo a piangere.

“Bene, ho solo bisogno di una doccia e di un analgesico” mormorò la mora sbadigliando e mettendosi a sedere sul bordo del letto.

“Sanny..”

“Quinn!” la rimproverò Santana alzando la voce, salvo poi pentirsene a causa della fitta alla testa che le fece strizzare gli occhi.

“Come stai?” ripetè la bionda, ancora sdraiata sotto le lenzuola poggiando una mano sulla schiena dell'amica. La latina si abbandonò nuovamente al fianco della bionda voltandosi verso di lei e guardandola fissa negli occhi.

“Quinn, sto bene. Voglio dire, capita. E' fidanzata e francamente me l'aspettavo, insomma non so se l'hai vista ma è decisamente bella senza contare che ci conosciamo da quanto? Due settimane. E comunque non importa, io non inseguo nessuno. Non ne ho più voglia. E sto bene, anche perchè c'è la mia mamma preferita, qui con me” concluse abbozzando un sorriso. Quinn rise appena e si avvicinò a Santana, poggiandole un bacio sulla fronte per poi avvolgere le braccia intorno alla sua vita e strofinare il naso sul suo collo, cosa che fece ridere anche l'ispanica.

“Grazie, Q. E scusa per ieri sera, ero in uno stato pietoso”

“Oh, sì. Lo eri” concordò Quinn divertita mentre Santana le scoccò un'occhiata storta.

“Oggi a che ora vai in ospedale?” domandò la mora fissando il soffitto infilandosi di nuovo sotto le coperte ancora calde.

“In teoria oggi non dovrei andarci, a meno che quella zitella isterica della Sylvester non mi chiami” spiegò la bionda con il viso ancora incastrato nell'incavo del collo dell'altra. “Tu?” chiese poi.

“Idem. Se dovesse chiamarmi anche oggi penso potrei ucciderla a mani nude” gracchiò Santana isterica.

“Ma dal momento che non ha ancora telefonato, che ne dici di stare zitta e tornare a dormire, che sono solo le otto?” chiese la bionda stringendo la presa sulla vita della latina e chiudendo gli occhi. Santana rimase a fissare il soffitto per qualche minuto poi sospirando si sistemò meglio tra le braccia dell'amica e prese lentamente sonno.

 

 

 

 

La mattinata passò veloce grazie alle ore di sonno che Santana si concesse prima di decidere di alzarsi. Alle 13.00 aprì gli occhi e si voltò verso l'altro lato del letto che trovò vuoto e freddo. Si mise a sedere, ancora aggrovigliata nelle lenzuola, e notò con disappunto che la testa le doleva ancora, grugnì scocciata e facendo leva sulle braccia si alzò per poi dirigersi a passi lenti verso la cucina dove trovò una Quinn intenta a cucinare a ritmo di una vecchia canzone che passava alla radio. Alzò un sopracciglio e sorrise divertita mentre la bionda continuava ad agitarsi a tempo di musica, non accorgendosi di Santana che dal canto suo se ne stava in silenzio osservandola e tentando di trattenere le risate.

Quando però Quinn usò il cucchiaio di legno alla stregua di un microfono la latina non resistette e scoppiò a ridere facendo letteralmente saltare l'amica che si lasciò andare ad un gridolino sorpreso.

“Giuro che ti sposerei solo per vedere questo siparietto ogni mattina. Eri esilarante” commentò Santana ancora scossa dalle risate.

“Tu mi sposeresti perchè sei follemente innamorata di me. Ammettilo, Lopez”

“Continua a sognare Fabray” rispose Santana altezzosa apparecchiando la tavola per entrambe. Quinn scosse la testa ridendo mentre metteva il cibo nei piatti.

“Ah, prima ha chiamato Kurt. Mi ha detto che stasera vanno tutti al Red a bere qualcosa”

“Tu ci vai?”

“No, stasera vedo Sam” spiegò sorridendo. Santana sollevò le sopracciglia suggestivamente guadagnandosi un'occhiata inceneritrice e un calcio sullo stinco.

“Penso che ci andrò, comunque” disse poi con aria vaga mangiando il contenuto del suo piatto.

“E penso anche che dovresti venire a cucinare più spesso. Hai preso davvero in considerazione l'idea di sposarmi?”

“Divorzieremmo dopo due giorni, Santana. Mi spiace ma non se ne fa nulla” annunciò fintamente dispiaciuta Quinn.

 

Trascorsero il pomeriggio ingaggiando una battaglia per il possesso del telecomando, prevedibilmente vinta da Quinn che costrinse Santana a sorbirsi una maratona di commedie romantiche che misero a dura prova i suoi nervi.

Quando l'orologio del salotto segnava circa le sei Quinn si stiracchiò, provocando il disappunto di Santana che, con la testa appoggiata sulle gambe della bionda, mugugnò infastidita.

“Dove vai?” chiese poi la mora osservando l'altra che si alzava.

“Tra poco Sam esce dal lavoro. Vado a casa, mi faccio una doccia e gli preparo la cena”

“Ok, ok. A domani” rispose Santana sbadigliando e allungandosi sul divano.

“A domani, Sanny” ribattè Quinn stampando un bacio sulla fronte di Santana e sparendo prima che questa riuscisse a colpirla con il primo cuscino che le capitò a tiro.

 

 

 

 

Alle 22.oo in punto Santana arrivò davanti al locale stringendosi nel suo cappotto nero e scorgendo in lontananza una figura alta e dinoccolata e due più piccole.

“Guardate chi ci degna della sua presenza!” esclamò ironicamente Mercedes vedendola arrivare.

“Ciao Santana. Oddio quelle scarpe sono una delle cose più belle che io abbia mai visto! E io ne ho viste di cose belle. Gucci?” la interrogò eccitato Kurt con guance e naso rossi per il freddo. Finn invece le fece un cenno di saluto con il capo, accompagnato dal suo tipico sorrisino sghembo a cui Santana rispose con un veloce “ciao”

“Sì, Kurt, sono Gucci. Un giorno di questi giuro che ti rapisco e ti porto con me a fare shopping” disse con tono deciso mentre gli occhi del ragazzo presero a brillare di luce propria.

“Chi aspettiamo?” domandò poi sfregando le mani tra di loro nel vano tentativo di riscaldarle.

“Puck e Rachel. Oh, eccoli là.” intervenne Mercedes vedendoli scendere dalla macchina del ragazzo.

 

“Ciao ragazzi, entriamo?” chiese Rachel una volta unitasi al gruppetto, mentre tutti annuirono ed entrarono.

Il locale era piuttosto tranquillo e sobrio, spesso i ragazzi ci si ritrovavano quando non trascorrevano le proprie serate in ospedale. Le pareti e le luci, tutte rosse, rimandavano al nome del locale, dentro al quale suonava sempre musica elettronica ma non assordante.

Si accomodarono tutti ad uno dei tavoli e nel giro di un'ora erano più o meno tutti brilli o dispersi. Rachel infatti si guardava attorno alla ricerca di Puck e Finn che sembravano essersi volatilizzati, probabilmente con qualche ragazza appena conosciuta.

“Ho bisogno di qualcosa di forte” mormorò abbattuta, poggiando la testa sulla superficie fresca del tavolo di vetro. Santana sorrise diabolica.

“Davvero vuoi qualcosa di forte?” chiese ottenendo in risposta un convinto mugolio di assenso dalla ragazza più bassa.

“Due elettroshock” sentenziò infine rivolgendosi al barman che annuendo sparì verso il bancone. Qualche minuto dopo il barista fece ritorno al loro tavolo portando con sé due bicchierini al cui interno ondeggiava un liquido blu.

“Alla salute” esclamò Santana prima di buttare giù tutto il contenuto del bicchiere che le bruciò la gola. La mora vide Rachel che strizzava gli occhi e tossiva, sorpresa dal fatto che tutto il suo apparato digerente fosse in fiamme, e non riuscì a trattenere una risata divertita.

Un paio d'ore dopo, quando ormai tutti erano stanchi e abbastanza intontiti decisero di andare a casa, mentre Rachel era ancora alla ricerca di Noah e di Hudson, ormai dati per dispersi.

“Lo odio! Dannato Puckerman” esclamò la Berry pestando un piede a terra, una volta usciti dal locale.

“Ora io come ci torno a casa?” piagnucolò poi abbattendosi contro la spalla di Kurt.

“Ti accompagno io, tranquilla” disse Hummel rassicurante.

“Ma tu domattina non sei di turno?” chiese Mercedes premurosa.

“Sì, ma non-”

“Posso accompagnarla io” si offrì Santana, andando in soccorso ai suoi amici.

“Domani ho il turno di notte” continuò con una scrollata di spalle.

“Perfetto, ora che abbiamo risolto il problema noi andremmo. Buonanotte, ragazze” trillò contenta Mercedes trascinando con sé Kurt verso la macchina.

“'Notte anche a voi” rispose Santana.

“Vieni, la mia macchina è di qui” disse poi rivolgendosi a Rachel che la seguì sorridendo.

Il viaggio verso casa Berry fu tutt'altro che silenzioso. Le due ragazze si trovarono a ridere e prendere in giro Finn che era da sempre oggetto di scherno dei colleghi per i suoi modi di fare strani e disarticolati.

 

“La prossima a sinistra. Ecco, io abito in quella palazzina rosa” disse Rachel.

“Bene, siamo arrivate” annunciò Santana spegnendo la macchina.

Capitò tutto nel giro di pochi secondi. Si guardarono negli occhi ed entrambe scorsero nello sguardo dell'altra la stessa ombra che vedevano nei propri. Complici l'alcool e lo strano umore di entrambe, si trovarono a baciarsi con foga sui sedili della vecchia macchina di Santana, che afferrò Rachel per le natiche e la trascinò sopra di sé, continuando a baciarla, morderla e graffiarla. Solo quando il bisogno di aria si fece impellente e la posizione troppo scomoda le due si separarono e Rachel trovò in un remoto anfratto del proprio cervello la lucidità necessaria a mormorare un “saliamo”.

Entrambe uscirono dalla macchina quasi correndo e Santana non si preoccupò nemmeno di chiuderla, Rachel invece, dopo svariati tentativi, riuscì nel suo intento di infilare la chiave nella toppa per aprire il cancelletto. Le due ragazze continuarono a baciarsi in ascensore e poi fuori dalla porta di casa Berry, avevano perso il controllo su ogni facoltà mentale e fisica. E fu una guerra. Mani che sfioravano lembi di pelle, labbra su labbra, lingue e gambe intrecciate, cuori spezzati.

Arrivarono ansimando in camera di Rachel, ormai entrambe con pochi vestiti.

Santana lottò contro il reggiseno di pizzo nero della sua amante, riuscendo a slacciarlo solo dopo averci provato diverse volte. Continuava a scoprire pelle, mordere e leccare, in un disperato tentativo di non sentirsi troppo sola. Mordicchiò un capezzolo di Rachel che mugugnò di piacere sotto il tocco leggero delle sue labbra, con una mano andò ad accarezzare l'interno coscia della ragazza mentre con il volto ne risaliva il corpo, tornando a succhiarle piano le labbra. Quando sfiorò con un dito il sesso di Rachel questa faticò a reprimere un urlo e la implorò.

“Santana.. Sant-Ah! Ti prego!”

Si fusero in un'unica entità per ore ed ore. Fino a che, svuotate di ogni forza, caddero stremate sul letto e, nel tentativo di regolarizzare il proprio respiro, si addormentarono.

 

 

 

 

Santana si svegliò infastidita dalla luce che filtrava dalle persiane appena accostate. Spalancò gli occhi quando si rese conto di non essere né nel suo letto, né in casa propria e si ricordò tutto quello che era successo la sera precedente. Lanciò una rapida e imbarazzatissima occhiata a Rachel, addormentata al suo fianco e poi venne distratta dalla vibrazione del suo cellulare, che ritrovò sul pavimento insieme alla propria borsa e ai propri vestiti. Si allungò appena e lo afferrò, senza uscire dalle coperte. Una piccola busta lampeggiava sullo schermo. Premette un paio di tasti e un messaggio si aprì sotto i suoi occhi.

 

 

 

Da: Britt 9.28

 

Tu mi devi ancora quel caffè macchiato con doppia panna. Colazione insieme?

 

Bacio,

 

B.

 

 

 

“Merda” sussurrò strizzando gli occhi e passandosi una mano sulla faccia.

 

 

 

 

 

 

Note:

No, lo so. Sono sempresempresempre in ritardo e non ho giustificazioni se non la solita: scuola. Gnah, sono diventata anche poco credibile.

Che vi devo dire, mi dispiace tanto. ç___ç

Ah, tra l'altro. Non scrivo smut perchè non ne sono fisicamente in grado quindi salto allegramente le parti troppo zozze.

 

Tanto ammmòre per tutti, vi amo, as usual. *____*

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Capitolo 5
*** Nothing to feel ***


Da: Britt 9.28

 

Tu mi devi ancora quel caffè macchiato con doppia panna. Colazione insieme?

 

Bacio,

 

B.

 

 

 

Merda” sussurrò strizzando gli occhi e passandosi una mano sulla faccia.

 

 

 

 

 

 

Rimase cinque minuti abbondanti a fissare il soffitto, sperando che da un momento all'altro le risposte che cercava comparissero per magia sull'intonaco bianco o che, in alternativa, le cadesse in testa. Decise che stare lì aspettando che succedesse qualcosa non era esattamente un ottimo modo per permettere all'enorme nube tossica di pensieri che le riempiva la testa fino a farle male di diradarsi, così decise di scrivere una rapida risposta all'sms di Brittany, rivestirsi e tornare a casa sua. Mentre si trovava in ascensore il cellulare vibrò contro la sua coscia.

 

 

Da: Britt 9.52

 

Bene, a più tardi. Non vedo l'ora!

 

B.

 

 

Quel messaggio le schiuse le labbra in un sorriso più grande e sincero di quanto Santana avrebbe voluto e allo stesso tempo le lasciò uno strano retrogusto amaro. Continuava a crederci, nonostante avesse avuto la conferma dai suoi stessi occhi che impelagandosi in quella storia non avrebbe fatto altro che soffrire. Come sempre. Uscita dalla palazzina rosa si infilò rapidamente in macchina e abbandonò la testa sul sedile, chiudendo gli occhi mentre dalle labbra le sfuggì un sospiro tremolante carico di paura e ansia. Guardò la finestra della casa di Rachel e sorrise. In fondo, quella nana dalla voce petulante ed un naso un po' importante non era così male. “Tutt'altro” si ritrovò a pensare mentre ricordava la notte appena passata. Mise in moto ripromettendosi che avrebbe parlato con Rachel, prima o poi, perchè glielo doveva. Restava solo da decidere quanto “poi”.

 

Arrivò sotto casa propria e parcheggiò nel primo posto libero per poi dirigersi a passo svelto verso il portone del proprio palazzo. Nell'androne incontrò la signora Williams, che sbirciava dentro alla propria casella delle lettere. La donna era una simpatica anziana che viveva nell'appartamento sotto quello di Santana e spesso le portava torte e biscotti fatti da lei e la ragazza, dal canto suo, non poteva che apprezzarlo.

“Buongiorno, Santana” la salutò radiosa.

“'Giorno signora Williams” ricambiò Santana accennando un sorriso stanco.

“Nottataccia in ospedale, eh?” chiese poi la signora con uno sguardo apprensivo, mentre la ragazza si limitò ad annuire e infilarsi in ascensore, subito dopo la donna.

Immediatamente dopo aver salutato cordialmente la vicina, la latina entrò in casa propria dirigendosi direttamente in bagno. Si spogliò rapidamente e scivolò nella cabina doccia, chiudendo gli occhi e lasciando che l'acqua bollente si abbattesse veloce ed inesorabile contro la sua testa. Sperò invano che il rumore dei flutti d'acqua coprisse quello dei pensieri che si sovrapponevano senza tregua nella sua testa. Ma ciò che ottenne fu solamente una sonora e rumorosa confusione. I ricordi che si accavallavano, spingevano per venire a galla mentre lei canticchiava, sperando di soffocarli in qualche anfratto dimenticato della testa. Che poi quelli, più che ricordi, erano rimpianti. Quando ebbe finito di lavarsi si preparò pescando un paio di jeans e un maglione dall'armadio, si mise un po' di burrocacao sulle labbra già screpolate a causa del freddo e corse al bar in cui lei e Brittany si erano date appuntamento. Arrivò trafelata sperando di non essere in ritardo, ma quando entro nella caffetteria e non vide nessuno, il senso di fastidio che non aveva imparato a controllare fece di nuovo capolino. Quando però la vide, qualche minuto dopo, guardarsi intorno con aria colpevole, consapevole di essere di nuovo in ritardo, con il naso e le orecchie rosse per il freddo ed una sciarpa enorme intorno al collo dimenticò di essere infastidita e di odiare i ritardatari, perchè quegli occhi azzurri erano semplicemente troppo belli per essere sgridati.

“'Giorno San” trillò allegra prendendo posto al fianco della mora.

“Buongiorno a te. Come stai oggi?” domandò sorridendo cordiale, pur mantenendosi a debita distanza da colei che, non ne aveva più dubbi, sarebbe stata capace di romperle il cuore ancora una volta.

“Oh, oggi sto benissimo, grazie. E tu?” chiese con aria curiosa e gli occhi grandi e brillanti.

“Bene, bene” la liquidò velocemente per poi rivolgersi al cameriere che si era avvicinato e chiedere un caffè macchiato con doppia panna, con sommo divertimento della bionda che ordinò lo stesso. Quando ebbero lasciato da parte i convenevoli cominciarono a parlare come erano solite fare e d'improvviso, apparentemente senza motivo, Brittany mise su un aria pensosa e quasi offesa. Gonfiò le guance e incrociò le braccia sotto al seno, cosa che fece dilatare le pupille di Santana che, a sua volta, si ripromise di ringraziare Dio, o chi per lui.

 

“Ma possibile che io non sappia ancora nulla di te?” sbottò la bionda d'un tratto aggrottando le sopracciglia e fissandola quasi sconvolta. Brittany, sorprendendo perfino se stessa, non potè fare a meno di pensare che quella fossetta sulla guancia sinistra della mora fosse la seconda cosa più carina che avesse mai visto. La prima era ovviamente Santana che stava ridendo piano strizzando gli occhi.

“Se non mi chiedi nulla..” scrollò le spalle Santana.

“Sei fidanzata?” chiese a bruciapelo Brittany, facendo alzare lo sguardo alla mora che la fissò un attimo annaspando.

“No, non al momento” deglutì a fatica la mora.

“Oh. E l'ultima volta che lo sei stata?” chiese di nuovo la bionda accigliata.

“Uhm.. L'ultima storia seria? Due anni fa. Ma con la mia ex non è finita bene” buttò lì senza riflettere salvo poi accorgersi di averle appena detto qualcosa che, ne era sicura, l'avrebbe spaventata a morte.

La vide alzare dapprima le sopracciglia per poi aggrottarle nuovamente. Si passò una mano sul volto, in attesa.


“Mi dispiace di non avertelo detto prima” mormorò poi attorcigliando le dita sudate sotto al tavolo.

“Cosa? Oh, no Santana è tutto a posto, credimi! E' che pensavo fosse solo una prerogativa dei maschi essere stupidi”

“Come scusa?” fece la latina oltremodo confusa.

“Anche le ragazze non devono essere molto sveglie se lasciano single una come te” disse semplicemente, stringendosi nelle spalle come se avesse appena detto la cosa più ovvia del mondo.

Santana fissò il vuoto per un tempo abbastanza lungo da farla sembrare un'idiota, o per lo meno così pensava lei, prima di alzare lo sguardo e posarlo su Brittany, che sorseggiava il suo caffè. Come era anche solo possibile per qualcuno essere così perfetto e nemmeno saperlo?

Non aveva solo una cotta per lei, non la trovava solo carina. Si stava innamorando. Inesorabilmente e troppo velocemente.

Non ebbe nemmeno il tempo di realizzarlo che la sentì, fredda e troppo familiare. Un senso di nausea salì dallo stomaco, avvertì distintamente il suo livello adrenalinico aumentare esponenzialmente, la temperatura corporea scendere e le mani sempre più sudate: paura.

Aveva passato gran parte della sua vita a costruire solide mura, che la proteggessero da tutto quello che aveva sempre temuto, dalle risate di scherno dei compagni di scuola, dalle urla di sua madre, dalla prima ragazza che l'aveva lasciata con un sms e nessuna spiegazione.. E poi era arrivata lei, con i capelli biondi e il fascino di quei sette anni in più sulle spalle. E le sue difese erano cadute, ma lei era sposata e Santana lo sapeva che non sarebbe andata a finire bene, mentre la baciava per la prima volta. Ma forse le sue impressioni si sarebbero rivelate sbagliate. Forse era tutta una sua fantasia. Forse il fatto che si fosse innamorata di Holly Holiday non era così sbagliato, sporco come sembrava. Perchè anche lei l'amava. Lo sapeva perchè la prima volta che la vide aggrottò le sopracciglia e si chiese perchè l'assistente del professore la stesse fissando così insistentemente e che, beh, era davvero bella. E ci credette, in quella storia, aspettò fino a che non si fu laureata, per viverla appieno. Ci credette fino a quel pomeriggio in cui il marito di Holly tornò a casa e le trovò abbracciate e mezze nude, mentre facevano quello che lui non erano più in grado di fare, mentre si stavano amando. E poi non seppe cosa stava succedendo fino a che non sentì il sapore metallico del sangue in bocca, che usciva copioso dal suo labbro spaccato e le urla di Holly che, tra le mani di quel pazzo, piangeva implorando pietà. Santana non riuscì a fare nulla se non afferrare il telefono e chiamare la polizia, che arrivò nel giro di un'ora e arrestò l'uomo. Santana provò a parlare con Holly, dopo l'incidente, ma lei sparì lasciando la ragazza ad autopunirsi ogni giorno, sperando di ottenere in qualche modo un perdono di cui non aveva bisogno.

E ora se ne stava lì, inerme, rendendosi conto che tutto, ma proprio tutto, stava andando in pezzi sotto quello sguardo sottile e trasparente di un'altra bionda. E il fatto che stesse così bene la terrorizzava Ma non poteva far vedere al mondo che aveva paura ed era solo colpa sua, perchè altrimenti sarebbe stata inghiottita in un gioco pericoloso in cui lei era sempre quella che si faceva male per prima. Aveva combattuto e perso così tante volte con se stessa nel tentativo di diventare indifferente che aveva deciso di fare semplicemente finta di nulla e mandare giù tutto quello che sentiva il bisogno di uscire.

 

“San, tutto bene?” la voce cristallina e preoccupata della bionda raggiunse le orecchie di Santana che smise di fissarsi i palmi e scuotendo la testa sorrise e si scusò.

Finirono di fare colazione e fecero un giro per le strade di New York che, per quanto fosse trafficata, fredda e caotica, riusciva sempre a farla sentire a casa.

“San?”

“Dimmi Britt”

“Grazie per la colazione. E anche per la cena dell'altra volta. E sai, credo sia la prima volta che qualcuno non mi veda come una malata terminale e non mi chieda ogni secondo se sto per avere una crisi respiratoria” mormorò un po' imbarazzata la bionda mentre Santana si fermava e la guardava sorridente.

“E io invece credo che sia la prima volta, dopo tanto tempo, che riesco a stare bene con qualcuno senza necessariamente insultarlo o tentare di ucciderlo” scherzò la mora facendo ridere Brittany che la guardò per un momento negli occhi antracite, lucidi per il freddo.

“Scusami, io ora devo andare” disse poi la bionda guardando l'orologio mentre un'ombra dispiaciuta balenò nello sguardo scuro e profondo di Santana.

“Certo. Ci vediamo presto, B” la salutò la mora alzando anche la mano in segno di saluto. Brittany invece si sporse verso Santana e le lasciò un bacio freddo e umido sulla guancia che la fece sorridere incontrollatamente.

“Ciao, San. A presto” sussurrò per poi girare i tacchi e sparire in mezzo alla confusione newyorchese.

 

Il cellulare che vibrava nella sua tasca la fece sobbalzare, lo afferrò e controllò chi la stesse chiamando. Spalancò gli occhi quando il nome di Rachel apparve sul display. Prese un respiro profondo e rispose.

“Santana Lopez! Dove diavolo sei finita? Pensi che sparire così lasciandomi nuda nel tuo letto risolva le cose?” strillò la Berry spaventando Santana che si allontanò per un momento il telefono dall'orecchio.

“Tecnicamente era il tuo, di letto” precisò la ragazza imbarazzata mentre si guardava la punta dei piedi. Dall'altro capo del telefono sentì un sospiro e potè giurare che, con quel suo fare teatrale, Rachel si stesse stringendo la base del naso con due dita.

“Ok, senti Rach mi dispiace. E' che sono dovuta scappare. Che ne dici di pranzare insieme? Compro qualcosa fuori e vengo da te. Così ehm.. Parliamo, magari.”

“Se pensi di farti perdonare tutto con un misero pranzetto, ti sbagli di grosso ragazza. Io e te dobbiamo parlare e non usare quel tono con me! Stai ridendo? Santana Lopez giuro che ti uccido io-”

“Ci vediamo tra un'ora, hobbit”

 

Santana rise forte. Forse non stava andando proprio tutto in pezzi.

 

 

Note:

Iiiio non lo so da dove mi sia uscito tutto questo. Davvero, mi dispiace tantissimo perchè ho scritto una marea di cagate e non so da dove mi sia uscito il Santolly (?). Avevo bisogno di un personaggio che fosse lontano dalla realtà in cui sta vivendo Santana (lol, no è una scusa. Volevo sperimentare questa cosa). Non so se si capisca la storia di Holly e Santana e mi rendo conto che è un argomento delicato e forse non sono stata in grado di affrontarlo, quindi niente.. Fatemi sapere, per favore.

 

A presto e scusate ancora.

Love.

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Capitolo 6
*** Drowning ***


 “Tu!” la apostrofò la moretta aprendo la porta per trovarci dietro una Santana infreddolita che sorrideva beffarda sotto lo sguardo furente dell'altra.

Proprio io, Berry” confermò la latina annuendo con vigore e sventolandole sotto il naso una busta che recava sul davanti il logo del ristorante giapponese preferito di Rachel.

Sei scorretta. Non ti puoi presentare con una busta di Haru” mormorò tra l'irritato e il soddisfatto.

Oh, avanti Rach. So che muori dalla voglia di ingozzarti di sushi.”

Va bene, entra. Ma sono ancora arrabbiata con te, sia chiaro” si arrese poi spostandosi di lato e lasciando passare la Lopez che, sorridendo vittoriosa, le appoggiò un veloce bacio sulla guancia, cosa che lasciò interdetta ma piacevolmente sorpresa la Berry.

Sei fredda” disse poi arricciando il naso mentre Santana rideva piano.

Quello che sorprese la latina più di tutto non fu tanto il fatto entrambe si comportavano come se non fossero state a letto insieme non meno di dodici ore prima ma piuttosto la stupì quell'aria di familiarità che erano riuscire a creare nel poco tempo che avevano passato insieme, durante la metà del quale erano entrambe ubriache.

Non erano mai state grandi amiche, loro due. Si erano sempre limitate a quelle sporadiche uscite serali tra colleghi, che servivano per lo più a ricordare loro che aspetto avessero le persone con cui passavano tre quarti della loro giornata senza il camice bianco e quell'orrenda divisa azzurra.
Si conoscevano da otto anni, da quando avevano iniziato a frequentare la facoltà di medicina alla NYU insieme solo, non avevano mai sentito il bisogno di avvicinarsi l'una all'altra.
Rachel, infatti, era quella che se ne stava sempre in prima fila e sorrideva senza ritegno al professore che ricambiava lusingato mentre Santana era quella che, scarabocchiando un blocco per gli appunti nell'ultima fila, si chiedeva come fosse possibile che a quella nana isterica non fosse ancora venuta una paresi facciale.
Ed ora se ne stavano lì, mangiucchiando dell'ottimo sushi e ridacchiando come se fosse la cosa più naturale del mondo.


Il cellulare di Santana che squillava nella borsa la fece riemergere rapidamente dalle sue elucubrazioni mentali. Lo afferrò e accettò la chiamata senza nemmeno controllare chi la stesse cercando, cosa di cui si pentì amaramente quando una voce cristallina raggiunse i suoi padiglioni auricolari.

Ciao, Brittany!” squittì Santana.

Rachel la osservò accigliata mentre l'altra arrossiva ed annuiva velocemente un paio di volte ma fu quando una risatina imbarazzata scivolò dalle labbra perfette della latina che non ebbe più dubbi. Spalancò gli occhi incredula e lottò contro se stessa per non scoppiare a ridere. Nel momento in cui, subito dopo aver chiuso la telefonata, Santana notò lo sguardo indagatore della Berry seppe di aver segnato la propria condanna.

 

Allora.. Brittany, eh?” cominciò la padrona di casa con un sorrisino.

E' una mia amica. Buono questo sushi, eh?”

Oh, non ci provare neanche, Santana. Siamo state a letto insieme, me lo devi” asserì la mora sotto lo sguardo shockato della latina che si domandava come potesse parlarne con una tale leggerezza mentre lei sprofondava nell'imbarazzo ogni momento che passava.

E' solo un'amica, davvero, Berry. Piuttosto, non pensi che dovremmo.. Non so.. Parlare di quello che è successo ieri sera?”

Oh. Già.. E' stato bello, eh?” annuì sorniona la più piccola mentre l'ispanica rischiò il soffocamento con un pezzo di gambero che si era comodamente conficcato nella sua gola. Mentre l'altra rideva divertita, Santana le scoccò uno sguardo torvo e sorseggiò lentamente un bicchiere d'acqua chiedendosi che fine avesse fatto quell'ebrea noiosa e logorroica incredibilmente somigliante alla ragazza fin troppo intraprendente che aveva di fronte.

 

Senti, mi dispiace se-” iniziò Rachel con ritrovata serietà ma fu immediatamente interrotta da Santana che scosse la testa con vigore.

No, non è che non lo volessi anche io. E' solo che.. Dio, non so più nemmeno cosa voglio davvero” mormorò esasperata, passandosi una mano nei capelli.

Oh, si che lo sai. Vuoi quella Brittany e, dal momento che non la puoi avere, stai semplicemente cercando qualcuno che sia lì per te e che ti faccia sentire meglio..” spiegò Rachel scrollando le spalle ed addentando un altro pezzo di sushi.

Già. E desumo dal contesto che tu voglia la stessa cosa visto che non hai intenzione di dire a Puckerman che sei irrimediabilmente innamorata di lui. Non sei l'unica che nota queste cose, sai?” concluse Santana rispondendo allo sguardo interrogativo dell'altra.

Rachel abbassò lo sguardo sul pavimento e annuì impercettibilmente. Poi lo alzò nuovamente puntandolo negli occhi della Lopez.

E va bene sì, sono innamorata di quell'idiota. Ma non penso proprio sia disposto a smettere di inseguire ogni paio di tette che incontra quindi no, non ho intenzione di dirglielo” concluse infilandosi in bocca un uramaki e chiudendo definitivamente il discorso.

 

 

 

 

Finito il pranzo Santana si sedette sul divano e sorrise quando Rachel, dopo aver infilato un DVD nel lettore, la raggiunse e poggiò la testa sulle sue gambe, rannicchiandosi al suo fianco.

A metà del film Santana sbadigliò decisamente annoiata, allungò braccia e gambe e osservò la ragazza appoggiata su di sè.

La trovò adorabile mentre tirava su con il naso cercando di nascondere la commozione. Rachel dal canto suo, sentendo lo sguardo dell'altra sui propri capelli si voltò a guardarla, poi si tirò a sedere senza smettere quel velo di malizia che balenava nel suo sguardo. Si fissarono intensamente per l'arco di un minuto e nel giro di un pochi secondi le magliette di entrambe giacevano disordinatamente sul pavimento del salotto, mentre la lingua di Santana esplorava senza troppi complimenti la bocca della Berry.

Dovremmo.. Dovremmo smetterla” riuscì a mormorare Santana tra un bacio e l'altro, chiedendosi come fosse finita di nuovo in quella situazione senza averne la più pallida idea.

Se devo fermarmi dillo adesso” ribattè la più piccola infilando le mani fredde sotto la maglia della latina, a diretto contatto con la sua pelle bollente.

E tutto ciò che uscì dalle labbra della latina fu un lungo gemito, nel momento in cui le dita di Rachel si infilarono agilmente sotto il bordo del reggiseno.

 

 

 

Santana si ritrovò tre ore dopo a fissare lo stesso soffitto di quella mattina, solo senza mal di testa e con uno strano senso di inadeguatezza che però spari con la stessa velocità con cui era arrivato quando Rachel mugugnò qualcosa di incomprensibile e allacciò un braccio attorno alla sua vita, facendola sorridere di rimando.

La latina allungò pigramente una mano verso il comodino e afferrò il cellulare, si passò nervosamente una mano sulla faccia quando notò che Quinn l'aveva chiamata una decina di volte e le aveva perfino mandato due sms. Scrisse un veloce messaggio di scuse e le diede appuntamento a quella sera, dal momento che entrambe avevano il turno di notte.

Santaaaaana” borbottò Rachel con ancora gli occhi chiusi.

Dimmi Berry”

Che ore sono?”

Le sei, Rach. E fra un paio d'ore dobbiamo essere in ospedale, quindi ora vado a farmi una doccia, tu intanto vedi di riprenderti e fai un po' di caffè”

Non possiamo farla insieme?” chiese sorridendo ingenuamente la più piccola.

Santana scosse la testa ridacchiando e si diresse in bagno, premurandosi di chiudere la porta a chiave.

 

 

Berry!” urlò Santana uscendo come una furia dal bagno con i capelli fradici e un asciugamano malamente avvolto intorno al corpo tonico ed altrettanto bagnato.

Cosa diamine è questo?” continuò indicando una macchia violacea e piuttosto grossa che adornava il suo collo. Rachel scoppiò a ridere e si diresse in cucina, alla ricerca di un po' di caffè mentre la latina tornava in bagno lanciando di tanto in tanto improperi in spagnolo.

 

 

 

 

 

 

Alle 19.57 Rachel e Santana fecero il loro ingresso negli spogliatoi dell'ospedale nei quali trovarono raccolti tutti gli specializzandi di turno, che si lanciarono occhiate disorientate quando le videro entrare insieme. Le due iniziarono velocemente a cambiarsi e fu quando la latina si tolse la maglia che Kurt, il cui sguardo cadde casualmente sul collo della ragazza, scorse l'enorme succhiotto e spalancò incredulo occhi e bocca.

 

Si avvicinò circospetto a Mercedes che lo guardò stranita mentre muoveva impercettibilmente il capo in direzione della latina. Quando la ragazza afferrò e riuscì a scorgere la macchia scura che nemmeno un'ingente quantità di fondotinta era riuscita a coprire, le sue sopracciglia scattarono teatralmente verso l'attaccatura dei capelli

Dio, è gigante!” sussurrò poi il ragazzo con sguardo eloquente.

Santo cielo!” confermò l'altra “Mi chiedo quale bocca possa fare una cosa del genere.. Puck, avevi detto che era successo una sola volta!” continuò la ragazza rivolgendosi al ragazzo con la cresta.

Di che state parlando?” chiese confuso Noah mentre si allacciava una scarpa.

Vi sento, cretini!” tuonò Santana facendo sobbalzare Kurt e Mercedes e attirando su di sé l'attenzione degli altri.

E no, non è stato Puck” aggiunse imbarazzata infilandosi il camice bianco.

Allora chi-”

Andiamo? Schuester ci starà aspettando!” sbottò Rachel catapultandosi piuttosto rapidamente fuori dallo stanzino e guadagnandosi occhiate sospettose dai colleghi.

 

 

 

Una volta radunati al cospetto del primario di medicina generale ad ognuno dei ragazzi vennero assegnate le mansioni per quella sera e Santana ringraziò il cielo quando fu mandata al Pronto Soccorso insieme a Quinn.

Normalmente la notte lì trascorreva tranquilla salvo casi eccezionali, tant'è che spesso riusciva anche a schiacciare un pisolino sui lettini destinati ai pazienti e inoltre le due ragazze avevano assoluto bisogno di parlare.

Mentre Santana camminava torturandosi nel tentativo di capire come iniziare a implorare il perdono di Quinn, riusciva a sentire lo sguardo dell'amica bionda che le perforava la schiena.

Allora, vuoi ignorarmi ancora per molto?” iniziò Quinn fermandosi dietro al bancone del del Pronto Soccorso.

No, è che.. Io.. Ehm” rispose confusa Santana sfogliando una cartella clinica senza sapere cosa dire.

Inventati una scusa credibile perchè stavolta non mi convincerai facilmente. Ti sei volatilizzata per una giornata intera, Santana!” continuò poi l'altra voltandosi verso la mora tentando di mantenere la calma per non attirare l'attenzione su di sé nonostante il reparto fosse vuoto, eccezion fatta per un paio di infermiere che apparentemente stavano per morire di noia.

Io.. Ho avuto un po' da fare e-”

Hai visto Brittany?” domandò curiosa la bionda.

Anche.. Solo che è successa un'altra cosa” confessò deglutendo a fatica sotto lo sguardo sottile e pungente dell'altra dottoressa.

Io.. Insomma, ieri sera ero ubriaca e potrei, forse aver combinato un casino. Non so nemmeno-”

Lopez. Cosa diavolo è successo?”

Sono stata a letto con la Berry” snocciolò tutto d'un fiato mentre osservava gli occhi di Quinn spalancarsi all'inverosimile o le labbra perfette modellarsi in una 'O' di stupore.

Oh buon dio.. Tu e Rachel? Ma sei sicura?”

Che significa? Certo che sono sicura”

Ma eri ubriaca, voglio dire..”

Potrebbe e dico potrebbe essere successo anche questo pomeriggio. E no, non ero ubriaca”

ammise con un sospiro sconfitto la mora mentre un'espressione terrorizzata si faceva spazio sul volto dell'altra.

Santana cosa caz-” Quinn fu interrotta dal telefono del Pronto Soccorso al quale rispose immediatamente.

Arriva un'ambulanza. Chiama Schuester, muoviti!” esclamò la bionda dirigendosi fuori dall'Ospedale mentre Santana si affrettava a chiamare il suo superiore. Quando la barella con il paziente spalancò le porte dell'ospedale tutto quello che Santana riuscì a sentire fu il paramedico che parlava con Quinn.

Femmina, 26 anni, insufficienza respiratoria. Affetta da carcinoma polm-”

Sì, lo so” intervenne la bionda lanciando uno sguardo veloce e terrorizzato verso l'amica.

Poi Santana capì.

 

 

Brittany!”




Note:

Nope, stavolta non ho scuse. E sì, il capitolo fa anche schifo, quindi torno nel mio angolino buio e boh, niente..
Ringrazio tutti quelli che, due mesi fa (ç___ç) hanno recensito. Grazie a chi lo farà, a chi mette tra le preferite, seguite e ricordate. Stavolta torno presto, eh. 
Ah lo so che c'è tanto Pezberry ma non temete, il Brittana arriva presto.

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Capitolo 7
*** Three hundred and twelve beats ***


Brittany!”

 

 

 

 

Santana stava in piedi, in mezzo a quella stanza, con lo sguardo fisso nel nulla mentre intorno a lei sembrava esserci il caos. Avvertì improvvisamente la bile che saliva dallo stomaco, lasciandola disgustata e con uno spiacevole sapore in bocca.
Le faceva male la testa e si sentiva confusa, udì però distintamente Quinn che la chiamava con insistenza e Schuester che urlava chiedendole di portargli un kit per intubazione endotracheale.
Ma Santana era paralizzata e per la prima volta da quando aveva iniziato quel lavoro tutti quei tubi e quelle macchine le diedero il voltastomaco. Sentì tutto intorno a lei muoversi ad una velocità quasi vertiginosa, ma lei continuava a rimanere ferma per paura di precipitare e trovarsi faccia a faccia con una realtà che non aveva alcuna voglia di affrontare.

 

“Fuori di qui, Lopez!” gridò poi il dottor Schuester esasperato mentre soccorreva la bionda.

E Santana non se lo fece ripetere due volte, girò i tacchi e sparì da quella stanza che puzzava di disinfettante e paura.
Mentre percorreva senza meta un corridoio vuoto si sentì pervadere da un senso di nausea che la colpì come un pugno in pieno stomaco, così si infilò nel primo bagno che riuscì a trovare, spalancò la porta di uno dei cubicoli e vomitò.
Scivolò lentamente contro la parete sudicia di quell'angusto bagno, e fissando l'orrendo motivo delle piastrelle verdognole, si strinse le ginocchia al petto abbandonando la testa tra le braccia.
Chiuse gli occhi e respirò a fondo, sentendosi come se un carro armato le fosse appena passato sulla cassa toracica.
Poi provò a capire che cosa stesse succedendo. E ci provò a fondo, davvero, ma tutto ciò che ne ottenne fu soltanto un nodo in gola e l'emicrania, mentre sentiva il suolo sotto ai suoi piedi sgretolarsi lentamente, insieme alle sue certezze. Perchè durante la sua vita lei era sempre stata quella forte, quella che faceva finta di nulla, ingoiava anche i bocconi più amari e di questo ne era sicura. Aveva imparato a diventare indifferente e ne aveva fatto la sua arma. E poi in un attimo un paio di occhi azzurri erano riusciti a portarle via tutto come se fosse stata svegliata all'improvviso da un sonno durato tutta una vita.

 

Rimase in quella posizione per circa un'ora contemplando il vuoto e cercando di raccogliere il coraggio e la forza necessari ad uscire da quel posto. Quando si accorse che starsene lì a nascondersi senza sapere in quali condizioni si trovasse Brittany era semplicemente una tortura fece leva sulle gambe e si alzò, sentendosi come se fosse stata in quella posizione per anni. Uscì rapidamente dal bagno e si diresse di nuovo al Pronto Soccorso, dove poco tempo prima aveva sentito tutto il suo coraggio scivolarle tra le mani.
Mentre percorreva uno dei corridoi, tutti perfettamente uguali, che la portavano alla stanza in cui aveva lasciato Brittany, incrociò Quinn che le corse incontro e, afferratala per un polso, la trascinò in una stanza vuota.

“Ti cerco da mezz'ora! Dov'eri?” domandò la bionda evidentemente in apprensione. Santana non rispose e non smise di fissare il pavimento, così Quinn si decise a continuare.

“Non importa. Sta bene, San! Brittany sta bene.” spiegò poi accennando un sorriso. E Santana tornò a respirare.
Era come se il grosso peso che in quell'arco di tempo se ne era stato adagiato sul suo petto all'improvviso sublimasse, lasciandola tremante e in equilibrio instabile. Brittany stava bene, ed era tutto ciò che importava.

 

“Schue vuole parlare con te, però. Ti aspetta in sala conferenze.. Io gli ho detto che non stavi bene già da ieri” concluse infine facendo per uscire dalla stanza ma la mora la fermò, la abbracciò forte e la bionda non potè fare a meno di stringerla forte e sorridere tra i capelli profumati di Santana.

 

“Grazie, Q” mormorò poi la latina, ancora avvolta nell'abbraccio dell'amica.
“Dovere, Sanny” sorrise infine prima di lasciare la stanza.

 

 

 

 

 

 

 

Santana fissava con sguardo pressoché terrorizzato la porta grigia, su cui era fissata una targhetta di ottone che recava la scritta “Sala conferenze” in caratteri sobri ed eleganti.
Prese un lungo respiro, si sistemò il camice, poi si decise a bussare e, senza aspettare risposta, abbassò la maniglia ed entrò.
Il dottor Schuester se ne stava seduto su una delle comode sedie in pelle con i gomiti poggiati sull'enorme tavolo di legno e le mani incrociate, davanti a lui la dottoressa Beiste, primario di ortopedia, scribacchiava un paio di fogli. Quando la latina entrò nell'ampissima stanza entrambi si voltarono a guardarla.

“Scusate, torno dopo” disse Santana facendo per andarsene, ma l'altra dottoressa la fermò.

“Non ti preoccupare ragazzina, vado via io” sorrise la donna e, dopo aver riposto accuratamente i documenti in una cartellina gialla, si alzò velocemente e lasciò la stanza, non prima di aver rivolto un sorriso di conforto e una pacca sulla spalla alla ragazza.

L'ispanica se ne stava in piedi davanti all'entrata, torturandosi le mani e l'interno della guancia sinistra, Schuester le lanciò un'occhiata eloquente e senza dire una parola la invitò a sedersi indicandole con la mano la sedia di fronte alla sua, sulla quale fino a pochi istanti prima sedeva la Beiste.
Santana evitava lo sguardo del suo superiore ma quando questo inspirò rumorosamente e le rivolse la parola non potè fare a meno di guardarlo.

“Cos'è successo lì dentro, Lopez?” domandò con tono calmo ma duro, aggrottando le sopracciglia.

“I-Io non lo so.. Non mi sentivo bene, credo” sussurrò la ragazza incassando la testa tra le spalle.

“Santana” riprese l'uomo “sei uno dei chirurghi più promettenti di questo ospedale, semplicemente non puoi permettere che le emozioni abbiano la meglio su di te. Con questo non voglio dire che tu non debba provare nulla, ma non in momenti del genere. Non mentre quella ragazza rischiava di morire sotto i tuoi occhi!” spiegò William.

E probabilmente fu in quel momento che Santana si rese conto della gravità del suo comportamento. Brittany non era morta, ma se fosse successo sarebbe stata solo ed unicamente colpa sua. Ed era una consapevolezza che non poteva e non riusciva a sopportare.

“Mi dispiace.. Non succederà di nuovo.”

“Lo so, credimi. Ho deciso che per questa volta la faccenda rimarrà tra me, te e la dottoressa Fabray, ma se dovesse accadere nuovamente temo che sarò costretto a fare rapporto”

“Io non so- Grazie dottor Schuester”

“Il tuo turno è finito, va' a casa, Santana. E riposati”

“Posso chiederle dove si trova?”

“Ora starà dormendo ed è ancora troppo debole non credo sia-”

“La prego” lo interruppe la mora, una tacita supplica si celava dietro ai suoi occhi antracite.

“Stanza 312” sospirò lui arrendendosi.

“Grazie. Grazie mille” riuscì appena a dire Santana prima di catapultarsi fuori da quella sala.

 

 

 

 

 

 

 

Fissò il numero appeso accanto alla porta di quella stanza e pensò che 312 si addicesse perfettamente a quel momento. Perchè sembrava che il suo cuore battesse a 312 battiti al minuto, che qualcuno le avesse appena conficcato 312 coltelli nello stomaco, che 312 mani invisibili la stessero tenendo per le caviglie rendendo quei dannati due metri che la separavano dalla camera un limite invalicabile. Entrò nella stanza trecentododici con cautela e subito due paia di occhi si fissarono su di lei. Respirò più a fondo e rimase impietrita quando vide Brittany bianca come un lenzuolo e la prima cosa che le venne in mente fu che con tutta probabilità quella orrenda mascherina era l'unica cosa che non stava bene su quel viso perfetto.

Poi un singhiozzo ruppe il silenzio e Santana sembrò notare per la prima volta che due persone erano nella stessa stanza. Un ragazzo alto e magro, dagli evidenti tratti asiatici, stringeva un braccio attorno alle spalle di una ragazza, con connotati simili ai suoi, che piangeva. Si schiarì la gola che si era fatta improvvisamene arsa e parlò.

“Salve sono la dottoressa Lopez e-”

“Lopez? Santana Lopez?”

“Sì ma..” chiese confusa la mora e il ragazzo la interruppe.

“Io sono Mike e lei è Tina. Siamo i suoi migliori amici. Britt ci ha parlato così tanto di lei.. E' il suo supereroe personale, sa?” commentò poi il giovane uomo con un sorriso umido e gli occhi rossi. Santana non seppe se scoppiare a ridere o mettersi a piangere poi però abbassò il capo imbarazzata e, afferrata la cartella clinica che stava ai piedi del letto di Brittany, si mise a sfogliarla concentrata.

“Sta bene” iniziò “ha solo avuto una crisi e sapete bene che questa non è la prima volta. Ma è comprensibile viste le condizioni in cui si trova. Al momento non c'è nient'altro che noi possiamo fare, valuteremo se intervenire chirurgicamente ancora una volta o se tentare un'altra terapia. Io però non potrei dirvi queste cose. Non ci sono i suoi genitori? Un parente?” chiese poi spostando lo sguardo tra i due ragazzi.

“No, suo padre non c'è più e sua madre abita in Ohio. B ci prega sempre di non farle sapere nulla perchè, nonostante sappia del tumore, non vuole che si preoccupi troppo. Nate, il suo ragazzo, arriverà fra qualche ora” affermò poi Tina asciugandosi un paio di lacrime che erano ancora incastrate agli angoli degli occhi. Santana sentì una fastidiosa sensazione all'altezza del petto e non potè non vergognarsene.

“Capisco. Da quanto siete qui?” chiese poi.

“Noi.. Tre ore, credo”

“Perchè non tornate a casa? Non c'è molto che possiate fare qui, e lei sta bene. Andate a riposarvi.. Sarete distrutti”

“Ma si è appena addormentata. Non voglio che stia da sola” mormorò Tina guardandola.

“Starò io con lei, se volete. E poi lei vi capirà. Voglio dire, la conoscete meglio di me, sapete come è fatta” sorrise l'ispanica.

“Avanti, Tina. Andiamo a casa.. Torneremo domattina” le disse Mike stringendola ancora un po' di più a sé.

“Va bene” si arrese la ragazza E grazie dottoressa Lopez”

“Santana. Solo Santana”

“Ok, allora grazie Santana” le sorrise l'asiatica prima di uscire dalla stanza.

 

 

Santana si avvicinò al letto e la guardò. Era così piccola.. Si chiese cosa avesse mai potuto fare di male una persona del genere per meritarsi tutto quello che le stava capitando ma non fece in tempo a darsi una risposta perchè Brittany aprì gli occhi e la mora pensò, come ogni volta, che erano la cosa più bella che avesse mai visto.

 

“Ehi” sussurrò la bionda, la voce roca ovattata dalla mascherina ad ossigeno.

“Ehi” rispose la latina sedendosi al suo fianco e spostandole i capelli dal viso.

“San.. Stai male” disse con un tono appena udibile, e la sua non era una domanda. E Santana si chiese come facesse a conoscerla così bene e se quell'essere perfetto che aveva tra le mani esistesse davvero.

 

“Britt, dormi ancora un po'. Chiudi gli occhi”

“No, preferisco guardarti”

 

E Santana pianse. Per la prima volta in quella giornata pianse anche se sapeva che era sbagliato, anche se sapeva che non se lo poteva permettere. Pianse e chiese scusa, ma non servì a nulla, perchè Brittany l'aveva già perdonata.

 

 

 

Note:

 

Capitolo pieeeeeno di Santana e di Brittana, per farmi perdonare. E sono stata anche velocissima per i miei standard. Mi è piaciuto scriverlo, anche se mi ha messo addosso una tristezza tremenda.

Eeee niente, volevo ringraziarvi per tutte le recensioni e per seguire ancora questa storia nonostante sia stata ferma per tanterrimo (e non finirò mai di scusarmi)

 

Grazie, grazie, grazie.

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