100 vocaboli per parlare di noi .

di Hummingbird
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Finire ***
Capitolo 2: *** Rabbia ***
Capitolo 3: *** Briciole ***
Capitolo 4: *** Perpetuo ***
Capitolo 5: *** Lussuria ***
Capitolo 6: *** Melodia ***
Capitolo 7: *** Fermaglio (il vocabolario mi ama) ***
Capitolo 8: *** Mogano ***
Capitolo 9: *** Giuramento ***
Capitolo 10: *** Anonimo ***
Capitolo 11: *** Singhiozzi ***
Capitolo 12: *** Privare ***
Capitolo 13: *** Evidenza ***
Capitolo 14: *** Inganno ***
Capitolo 15: *** Puro ***
Capitolo 16: *** Senso ***
Capitolo 17: *** Ospedale ***
Capitolo 18: *** Nebbia ***
Capitolo 19: *** Impiccione ***
Capitolo 20: *** Gelosia (vedo che il mio vocabolario comincia a comprendere) ***
Capitolo 21: *** Dichiarazione ***
Capitolo 22: *** Indolore (no, il vocabolario non ha capito ) ***
Capitolo 23: *** Sfregio ***
Capitolo 24: *** Fantoccio ***
Capitolo 25: *** Gioia ***
Capitolo 26: *** Decretare ***
Capitolo 27: *** Ricchezza ***
Capitolo 28: *** Evento ***
Capitolo 29: *** Sorridere ***
Capitolo 30: *** Sciupare ***
Capitolo 31: *** Giardino ***
Capitolo 32: *** Trastullare ***
Capitolo 33: *** Esordire ***
Capitolo 34: *** Riflesso ***
Capitolo 35: *** Angelo ***
Capitolo 36: *** Fuggire. ***
Capitolo 37: *** Veleno. ***
Capitolo 38: *** ... ***
Capitolo 39: *** Preciso. ***



Capitolo 1
*** Finire ***


Disclaimer: questa storia non è a scopo di lucro. I personaggi appartengono tutti a Hiromu Arakawa, io ho solo creato questa raccolta. I personaggi sono coperti da copyright. Questo vale per tutti i capitoli della storia.

Finire.

 

Cosa può succedere se comprendi che la tua ragione di vita non c'è più?

Facile, anche la tua vita non ha più senso no?

Finisce tutto quanto, il mondo smette di avere una ragione di esistenza, per un punto di vista soggettivo si intende.

La fine si avvicina per Riza Hawkeye quanto per Roy Mustang quando comprendono che l'altro ha smesso di vivere.

C'è bisogno che tutti e due siano ancora vivi e vegeti per far continuare il flusso perpetuo degli eventi.

Finire: verbo ammaliante quanto sconvolgente. Volere che qualcosa abbia una fine comporta non voler più averne a che fare.

Per i due innamorati di Amestris non sarà mai così: Riza non finirà mai di riprenderlo, Roy non finirà mai di essere uno scansafatiche, così come nessuno dei due smetterà di amare inconsciamente e irrimediabilmente l'altro.

Ci sarà un momento in cui entrambi saranno abbastanza maturi per ammettere di aver necessariamente bisogno l'uno dell'altra. Ci sarà un momento in cui Roy Mustang le dirà che le altre donne le frequentava solo perchè non riusciva a dimenticare lei, un altro in cui Riza Hawkeye ammetterà di essere entrata nell'esercito per colpa/merito suo e allora ci saranno nuovi inizi.

Ma la fine può stroncare anche una cosa bellissima e cristallina come l'amore?

Può un sentimento così splendete e speciale finire come se non fosse mai esistito?

No perchè se dovesse mai trovare una fine vuol dire che non è mai stato un vero.

Magari sarebbe stato semplicemente un sentimento superficiale che era stato nutrito dalle illusioni precarie che la vita ci riserva.

Ci sono cose che hanno sempre un punto di inizio e un punto di conclusione, altre, come l'amore, no.

 

 

Seconda storia sempre Royai.

Ammetto di esserci un po' rimasta male quando ho aperto il vocabolario ed è uscito “finire”, ma come sono solo al primo capitolo?! Bene, comunque leggete leggete che ben presto avrete 100 bellissime storie nate una mente contorta e un enorme vocabolario verde.

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Capitolo 2
*** Rabbia ***


 

Rabbia

 

Appena entra nel nostro corpo è come se fosse una droga: continua a scorrere nelle vene e non smette di offuscare e interferire con il pensare.

-Colonnello non posso permetterle di uccidere Envy, tuttavia non posso nemmeno lasciarlo in vita.

Lasci che ci pensi io.-

 

Adesso cosa farai Mustang? Ci sei arrivato.

Uccidi, uccidi.

 

-Proprio adesso! Adesso che l'avevo preso!-

 

Vorresti ucciderlo, eh? Vorresti, ma cosa succederà poi?

L'avrai delusa e non si fiderà mai più di te..

Vuoi questo?

Ascolta la sua voce Mustang, ascoltala.

Ha appena detto che dopo averti tolto di mezzo si toglierà la vita.

“No, questo non lo accetto!”

 

Lascialo stare Mustang, morirà lo stesso.

Bene, meglio così.

Lascia che si suicidi, lascia che se la prenda con Ed e tu intanto rifletti.

Alzi lo sguardo e la osservi.

“Scusa Riza scusami, non mi lasciare. Non ti voglio deludere. Comprendimi.”

 

Lei ti guarda e ti sorride.

E' come se potesse controllare la tua anima, come se solo lei potesse fermarti.

Come se lei.. fosse l'unica a poterti placare e come se fosse il tuo unico appiglio.

La tua stella...

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Capitolo 3
*** Briciole ***


 

Briciole.

Non è possibile che tutto quello che ho fatto in tutti questi anni ora venga distrutto.

Perchè mi hanno trasferita proprio dal comandante supremo?

Per quale motivo devo avere un bambino demoniaco che controlla la mia ombra?

Perchè tutto ciò che ho fatto per te, per noi, è stato trasformato in briciole?

Un lavoro di quattro lunghi anni che viene spazzato via dal vento.

Cosa posso fare.. dimmi che hai capito il messaggio che ti ho passato in mensa.. Dimmi che hai capito che Selim Bradley è un homunculus.

Mi sento come se mi potesse anche leggere il pensiero. Ti prego, tu che puoi, riprendi le nostre briciole e riportami da te.

Ricostruiremo tutto insieme: in fondo non è andato perso, è solo spezzato. Ti aiuterò a far risorgere il tuo mondo e tutti e due potremmo dirci felici.

Tienimi con te e portami via da questo inferno ti prego. Sono spiata giorno e notte da questo mostro, salvami.

Posso riportare in alto le nostre briciole, posso ricomporle e riportarle alla loro natura originaria.

Chiedimi ciò che vuoi, sai che potrei fare di tutto ma per favore salvami.. Distruggi la mia ombra.

Raccoglierò ogni singolo pezzo della nostra esistenza e lo rimetterò al proprio posto, quasi fossero le parti di un puzzle.

E tu lo sai molto bene, si lo sai.

Ma non vuoi il mio aiuto? Vuoi fare tutto da solo?

No, non credo. Vuoi una mano come al solito e vuoi che sia io a porgertela.

Sappi che ci sarò.. anche a costo di mettermi a spazzare per terra.

Riconquisterò le mie e le tue briciole.. le nostre speranze, i nostri traguardi.

Me li riprenderò subito.

E tu, Roy, ti fidi di me?

 

 

Si....

 

 

 

Se non si era capito questi erano i pensieri di Riza dopo che era stata presa di mira da Selim e dopo che aveva detto al colonnello che quel ragazzino era un mostro.

Al prossimo cap ;) P.s: vorrei sapere che ne pensate, quindi recensite e commentate :D

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Capitolo 4
*** Perpetuo ***


 

Perpetuo.

 

Adesso tu mi devi dire per quale ragione io non posso che pensare a te.

Perchè sei l'unica che mi ha rubato il cuore?

Devi dirmelo.

Ho avuto tante donne, tutte diverse , tutte bellissime, e ora tu, con questa tua bellezza semplice, modesta, non troppo esagerata, mi ha stregato completamente.

Voglio solo te, vorrei davvero averti...invece perchè mi ritrovo a chiedere appuntamenti su appuntamenti e poi rifiutare puntualmente tutti gli inviti a salire a casa delle “vittime” dopo cena?

Questa domanda è inutile, lo so perchè: mi ero stancato di essere quello che ha tutte quante le donne del mondo.

Voglio solo dimenticarti, solo questo.

Ma non posso. E infatti non ci riesco.

Poi ci sei tu, qui in questo ufficio, insieme a me.

Sono le undici passate e nessuno dei due vuole tornarsene a casa.

O magari tu vuoi?

Dio, questa routine che è la mia vita mi stanca.

Sempre la stessa storia: non so mai cosa vuoi, non so mai che cosa ti serve.

Io voglio aiutarti ma non ci riesco..

Forse vuoi tornare a casa da Black Hayate e mollarmi qui, oppure preferisci tenermi d'occhio e non lasciarmi solo come fai di solito.

-Signore, - Cominci a parlarmi, cosa desideri? Mi giro verso di te – Se vuole può tornare a casa e riposarsi, non vorrei che si affaticasse.-

Ti rispondo dicendoti che non ne ho voglia e tu, con tutto il rispetto, mi indichi il divano e mi intimi ti mettermi a riposare subito.

Cos'è, sei tu quella che comanda?

Possibile che le cose rimangano sempre così uguali? Tu che mi aiuti e che ti preoccupi e io che non faccio nulla?

Mi alzo e mi dirigo verso di te, ti prendo per un braccio e ti dico di venire vicino a me.

Tu protesti ma a me non importa nulla: ti prendo in braccio e mentre tu urli di metterti giù ti poso sul divano e mi accuccio accanto a te, stringendoti.

Poco mi importa se tu mi stai dicendo che non hai bisogno di riposare, non mi interessa.

Tu ti metti seduta mentre io mi sdraio.

Forse stai più comoda così, mi basta che tu riesca a dormire.

Senza nemmeno accorgermene chiudo gli occhi e poi... non ricordo.

Mi sono addormentato credo. Quando mi sono svegliato tu eri ancora seduta sull'estremità del divano e stavi bevendo una tazza di te.

Quando hai visto che ero sveglio mi hai passato la tazza di caffè, salutandomi con un buongiorno.

Non ci posso credere: ho interrotto il mio moto perpetuo.

 

E stavolta sono i pensieri di Roy, però mi sono venuti meglio quelli di Riza..

Anche perchè sono una ragazza, quindi mi impersono più in lei.

Comunque ci ho provato.

Stavo per bruciare il vocabolario quando è uscita questa parola é_è

E infatti l'ho lanciato sul letto.  

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Capitolo 5
*** Lussuria ***


Lussuria

 

Roy Mustang;

Per quale motivo guardi lei invece di osservare me?

Per quale ragione tu sei più preoccupato per la tua guardia del corpo, che mi ha appena sparato di tutto addosso, che di me?

Io sono molto più bella di lei, più avvenente di lei.

Io sono magnifica e nessun uomo ha mai mostrato poco interesse verso di me.

Perchè tu ti sei scapicollato fin qui solo per salvarla?

Per quale ragione non ti stai interessando per nulla a me..

Mi stai uccidendo ma intanto guardi e pensi unicamente a lei, perchè?

So che ti piace molto andare a donne, io sono una di loro.

E allora perchè affronti mari e monti, Homunculus, solo per lei.

Ah..

Credo di aver intuito: tu l'ami.

Acc.. mi sento come Envy, che vergogna.

Invidiosa di una donna che per bellezza è inferiore a me, che tristezza.

Che cosa diamine hai tu, Riza Hawkeye, che io non ho?!

Perchè lui presta attenzione solo a te?!

Perchè sei la sua unica stella, dimmelo!

Tu che hai appena commesso un errore gravissimo: ti sei arresa.

Lo vedo negli occhi nero pece di lui la delusione per il tuo errore.

Guardalo: si è inferto quel danno permanente al suo fianco per venire da te, ha scalfito il suo perfetto fisico, solo per salvarti.

Ti avrà sentito gridare? Possibile.

Quanto odio ci hai messo in quell'urlo? Credo tutto quello che ti entrava nel corpo.

Mi sento bruciare ma per ora non voglio oppormi, sono troppo occupata a pensare.

Questo bellissimo angelo moro mi sta aprendo le porte verso l'inferno con le sue fiamme.

Sento la rabbia e il rancore che prova verso di me, infondo posso capirlo: ho fatto fuori Havoc, o almeno credo, e ho quasi ucciso la sua donna..

Chissà come se la passa quel poveretto nell'altra stanza..

Un altro attacco violentissimo, sto per soccombere.

Non riesco nemmeno a mettere a segno l'unico attacco che tento di fare.

Impossibile.

Io, la lussuria, inferiore ad una donna che non c'entra nulla con il mio mondo..

Io, la lussuria.. invidiosa?

 

 

Ci tengo a precisare che fin'ora tutte le parole sono uscite a caso.. non so cosa abbia il vocabolario contro di me per mettermi perpetuo.. mah!

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Capitolo 6
*** Melodia ***


 

Melodia.

 

Casa Hawkeye. Una Riza di 5 anni era nell'immenso salone appoggiata alla schiena di Roy, che aveva 10 anni da poco compiuti.

La bimba stava cercando di leggere un libro che secondo il moro era sinceramente troppo complicato: infatti, di tanto in tanto, la piccola si girava lo guardava negli occhi e gli chiedeva cosa volesse dire una parola.

-Roy...- Chiese ad un certo punto con voce angelica, quasi a volersi scusare per il disturbo -Cosa vuol dire questa parola?-

Indicò un punto ben preciso sulla pagina e il ragazzo si girò per aiutarla: melodia.

-Ah, beh questa parola vuol dire.. come te lo spiego? Come un susseguirsi di note!-

Lei lo guardò più confusa di prima: certo che era intelligente ma una bambina di cinque anni che diamine ne può sapere?!

-Allora...- Roy si alzò, intuendo la confusione dell'altra, e si avviò verso il pianoforte.

Lei lo seguì e si appoggio ad un lato del piano mentre il ragazzo si metteva seduto.

-Una melodia potrebbe essere questa- Detto ciò mise un dito sul “do” e salì lentamente fino ad arrivare ad un “la”.

-Capito?- Le domandò sorridendo.

-Ma tu lo sai suonare? - Replicò lei scordandosi del libro.

-Abbastanza ma non così bene.- Rispose lui non poco in imbarazzo.

La bimba si fiondò vicino a lui sullo sgabello con i suoi grandi occhi color miele pieni di curiosità ed interesse.

-Mi insegni?!- Era più un ordine quello che aveva appena detto: era piccola, ma piuttosto autoritaria.

Lui sbuffò rassegnato e le mostrò le note.

-Vedi il “do” si riconosce perchè è tra questi due tasti neri. Lo potresti confondere con il “fa” ma sei troppo intelligente per farlo vero?-

Lei annuì lusingata e divertita.

Roy sorrise e le diede un buffetto sulla guancia.

Quindi fece per alzarsi ma fu fermato: Riza l'aveva preso per la manica.

-Non mi hai ancora insegnato una melodia.- Disse la piccola aprendo di più i suoi occhioni.

Il ragazzo si morse il labbro, non riusciva a dire di noi a quegli occhietti da cerbiatta.

Passarono tutto il pomeriggio a suonare e lui le insegnò una canzone semplice, adatta a lei.

Non sapevano, i due ragazzi, che erano costantemente osservati dal maestro Hawkeye.

L'uomo era in piedi davanti alla porta e li guardava sorridendo: Roy era come un fratello maggiore per sua figlia.

Si fermarono solamente quando al moro venne fame e la bambina corse a preparargli del the con dei biscotti.

Alla fine Riza apprese cosa mai potesse significare la parola melodia anche se il libro dal quale l'aveva presa era rimasto abbandonato in un angolo e aveva perso tutto l'interesse originario.

 

 

Vi prego chiunque passi di qui recensisca: mi servono le vostre opinioni per imparare a scrivere.

Questa è la mia seconda fic, nonché la mia prima raccolta. Aiutatemi a migliorare.

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Capitolo 7
*** Fermaglio (il vocabolario mi ama) ***


Fermaglio

(il vocabolario mi ama)

 

Cosa può significare un oggetto?

Molte cose.

Non mi affezionavo quasi mai agli oggetti eccezion fatta per il mio fermaglio di legno.

Apparteneva a mia madre ed era l'unica cosa che mi era rimasta.

Mi ero fatta crescere i capelli anche per poterlo portare, ma ora...

Perso, perso sotto le macerie. Perso in quella battaglia assurda contro gli homunculus.

Chissà se ne avrò un altro.

Ma io, Riza Hawkeye, non posso stare troppo a pensare a queste sottigliezze.

“Un po' mi dispiace” penso mentre vedo le mie ciocche dorate precipitare in terra.

Rebecca era contraria, Breda aveva storto il naso, Fury mi aveva semplicemente sorriso mentre gli altri non avevano commentato.

Roy non mi ha detto nulla solo perchè non può ancora vedermi.

Cosa penseranno quando mi rivedranno con i capelli corti?

Lo so che a lui piacciono molto quelli lunghi.

“Ho tutto il tempo per farmeli ricrescere” rifletto mentre osservo la mia immagine riflessa nello specchio.

“Devo andare a Ishval e devo stare comoda, mi ricresceranno magari anche più lunghi”.

Mi avvio verso casa dove mi aspettano Roy e Rebecca.

Il colonnello si è momentaneamente trasferito a casa mia ma solo per poter rimettersi completamente.

Salgo piano le scale e apro la porta.

Reb si avvicina a me e mi sfiora la nuca con un leggero schiaffetto ma non ci bado molto.

-Sembri ancora più piccola così,- Mi fa notare Rebecca contrariata – Lo sai che è così, vero?-

Annuisco anche se non sono per nulla d'accordo: non credo di sembrare più giovani solo perchè ho i capelli più corti. Mi fa però impressione non sentire più il contatto delle ciocche sulle spalle, sento come se avessi freddo.

-Riza?- La voce del colonnello mi raggiunge, forse è il cucina.-Sei già tornata?-

Rispondo di si ma un tremolio mi tradisce.

Che diamine mi prende? Mi sono solo tagliata due o tre ciocche, non credo possa cambiare qualcosa.

-Vieni qui per favore?- Mi chiede lui cordiale.

Io seguo la provenienza della voce e mi avvicino con calma.

Mi sembra strano guardarlo senza essere osservata anche io: ero abituata a sostenere il suo sguardo, non a cercarlo costantemente come se fosse una cosa di cui ho bisogno.

Ma sì, effettivamente ne ho bisogno.

Mi suggerisce di avvicinarmi ancora un po' e poi mi sorride.

Sono vicinissima: appena 10 centimetri separano i nostri visi e , anche se so che non può vedermi, sono sicura che lui riesce ad avvertire la mia presenza.

Alza una mano verso di me e trova la mia guancia.

Involontariamente arrossisco mentre mi fa una leggera carezza.

Poi, come se il suo obbiettivo fosse un altro, lascia perdere i miei zigomi, che sono di un maledetto color porpora, e sale fino alla nuca: mi sfiora i capelli.

Scende piano dalla frangia fino a tracciarmi il contorno della testa.

Rabbrividisco: mi sento in imbarazzo, non mi hai mai trattato con così tanta dolcezza.

Come se avesse visto la mia espressione sorride di nuovo e mi avvicina a se.

Mi stringe. Che strano non l'aveva mai fatto prima d'ora, forse solo quella volta quando sono stata ferita alla gola.

-Sei sempre bellissima anche così- Mi sussurra all'orecchio senza smettere di sorridere.

“Che cosa? Ora perchè fai così? Mi mandi in confusione quando ti comporti in questo modo...”

-Comunque lo sai che sono convinto che tu voglia farteli ricrescere, no?-

Io rispondo con un appena accennato si e lui mi allontana di pochissimo da se.

Allunga la mano verso il tavolo e prende una piccola scatola con un nastrino color cielo.

Mi chiedo come l'abbia trovata, delle volte non sembra nemmeno cieco.

Mi porge il pacchetto. Cos'è? Oggi non è il mio compleanno è passato da pochissimi giorni ma pensavo ci fossimo accordati sulla pratica regola del “niente regali!”.

-E' il tuo regalo di compleanno. Non puoi rifiutarlo sono pur sempre un tuo superiore e ti ordino di prenderlo.-

Perchè deve sempre ricorrere agli ordini per convincermi?

Comunque accetto e apro il pacchetto.

….

Sgrano gli occhi: davanti a me c'è un bellissimo fermaglio d'argento con incisa la parola “Angel”.

-E' bellissimo..- Mormoro senza parole.

Mi ha spiazzato: non mi aspettavo che a lui interessasse tanto il mio compleanno o che volesse preoccuparsi per farmi un regalo.

-Mi ha aiutato Rebecca a sceglierlo.- Confessa leggermente in imbarazzo -Sai, siamo usciti questa mattina e mi ha detto che potrebbe tornarti utile, visto che l'altro è rimasto sotto cumuli di sabbia.

Mi spiace di non poterlo vedere in questo momento ma...-

Lo interrompo stringendolo, per una volta voglio essere io a farlo, e lo ringrazio.

Sento che il suo viso comincia diventare bollente e mi giro.

Non posso far a meno di ridere: le sue guance sono diventate vermiglie.

Anche lui scoppia a ridere con me immaginando forse il suo volto completamente color peperone.

Ha trasformato una giornata partita un po' male, stravolgendola.

Questo regalo inaspettato lo terrò sempre con me, stavolta non lo perderò.

 

“Grazie davvero...”

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Capitolo 8
*** Mogano ***


 

Mogano.

 

Di che colore sono i tuoi occhi?

Ancora devo intuirlo perchè spesso mi sembrano ambra fusa.

Così dannatamente intensi e così... liquidi.

Di recente, molto spesso, assumono questa tonalità. Come questa mattina: eri piuttosto allegra o mi sbaglio?

Sembravi contenta di qualcosa. Quando sei felice le tue iridi sembrano esultare con te.

Sorridi prima con gli occhi e poi con le labbra.

Conosco ogni sfumatura dei tuoi occhi ma ancora non ne capisco bene il colore.

Fossero solo gli occhi quelli complicati da capire!

Come loro anche il tuo volto ha mille sfaccettature e mille espressioni.

Anche se ti conosco da quando avevi quindici anni non riesco a ricordarle tutte.

Però è impressionante contare quante volte i tuoi occhi cambino colore.

Se ti arrabbi diventano grandi e si incominciano ad intravedere delle sottilissime scaglie color cioccolato: sono molto più scuri quando sei nervosa, non ne capisco il motivo.

Amica mia, lo sai che sei davvero complicata?

Ti devo la vita, è vero, ma molto spesso mi stupisco di alcuni tuoi comportamenti.

Tutti questi pensieri scorrono alla rinfusa nella mia testa mentre gironzolo con te nelle strade di Central e ripenso a ciò che è successo poco fa: stavo uscendo affianco ad Havoc dall'ufficio (non ti ringrazierò mai abbastanza per avermelo fatto conoscere) e ti ho visto parlare con il colonnello.

Di che? Voglio saperlo perchè non avevo mai visto i tuoi occhi assumere una tonalità simile.

Mogano sgargiante. Non vermiglio, non castano, mogano.

Erano pieni di speranza, forse di divertimento, di attenzione e di dedizione..

Mi posso sbagliare ma..no, ne sono sicura: c'era tantissimo amore nel tuo sguardo.

E sai qual è la cosa che mi ha sorpreso?
Il fatto che lui avesse il tuo stesso sguardo.

Di solito sei tanto brava a capire chi è il potenziale innamorato, specialmente quando riguarda gli altri , però quando si parla di te sembri insensibile.

Sei sempre stata spigliata eppure certe volte sembri fredda come il ghiaccio.

Per quale ragione non lasci libera la tua vera natura, quella dolce?

E' assurdo, è davvero assurdo

Dovrei farvi una foto: state lì, a parlare, vicini e sorridenti, sperando che uno dei due dica all'altro qualcosa di piacevole.

Mi ricordo che mi hai convinto tu a dire tutto ad Havoc, perchè non posso fare lo stesso?

Perchè finirei malissimo ora che ci penso...

Lo hai salutato e ti stai allontanando.

Il sorriso che il colonnello aveva dipinto in volto è sparito.

Sembra che voglio dirti qualcosa...E infatti è così.

Ti corre dietro e ti prende per una manica.

-Vorresti uscire con me questa sera? Ti supplico, accetta era da tanto che te lo volevo chiedere e poi ti devo parlare- La velocità con cui Roy ha formulato quest'ultima frase mi ha spaventato.

Ti vedo spalancare gli occhi che diventano ancora di più di quel color mogano.

Non sai che fare, lo vedo che sei confusa.

Mi avvicino e lui pare notarmi.

-Ma certo colonnello,- Dico al posto tuo che sposti lo sguardo da me al tuo uomo -Riza sarà felicissima di accompagnarla! Vero Riz?-

Visto che non rispondi ti costringo ad annuire spostandoti su e giù la testa.

Dopo di che ti prendo per un braccio e ti trascino lontano.

-A..Allora va bene Riza, passo a prenderti alle 7 e mezza. A dopo, ciao Rebecca!-

Ah, mi ha anche salutato, che gentile: pensavo che non si fosse nemmeno accorto della mia presenza.

Intanto continuo a farti camminare finchè non arriviamo nel bagno delle donne.

Appena entriamo, tu scoppi: i tuoi occhi hanno cambiato colore e... oh no, tendono al color cioccolato: sono nei guai.

-Ma come diavolo ti è venuto in mente?! Mi dici cosa ti passa per la testa?! Io non ci volevo andare!!!-

Umm, ti sei davvero innervosita. Ma ti dovrò costringere, mi dispiace.

-No cara mia! Tu ci andrai anche se ti dovessi obbligare! Non mi interessa ciò che dirai: so con certezza che Roy Mustang si è innamorato di te! Non negarlo è evidente! I suoi sentimenti sono più cristallini dell'acqua!-

Sei diventata color porpora.

-Va bene...- Mormori poco convinta. Ti accasci sul muro e ti siedi a terra, la testa appoggiata sulle ginocchia.

-Su dai, di cosa hai paura?- Mi siedo vicino a te -Non ti tratterebbe mai come una delle sue “vittime” e poi ha detto che ti deve parlare. Non sei curiosa di sapere cosa ti vuole dire?-

Annuisci svogliata, non mi sembri essere convinta. Ma non mollerò cara mia, sei costretta a farlo e poi, magari, potremo uscire in quattro.

Un'idea mi fulmina e ti prendo nuovamente per un braccio -Adesso,- ti dico uscendo dal bagno -Noi due usciamo e andiamo a vedere che cosa ti potresti mettere tu questa sera! Ah un'altra cosa: stai attenta quando sei con lui, i tuoi occhi parlano troppo.-

Mi guardi stranita ma io lo so che hai capito.

Dietro al mogano, per il tuo punto di vista, è celato il più profondo amore.

 

 

 

 

 

 

Questo è un'ipotetica occasione per i due creatasi grazie all'intervento di Rebecca, l'amica di Riza.

I pensieri sono proprio i suoi infatti.

Prendetevela con il mio dizionario che mi da parole strane e recensite!!

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Capitolo 9
*** Giuramento ***


 

 

Giuramento

 

-Colonnello se non si sbriga a firmare i suoi documenti la lascio solo in ufficio! E sono le undici! Poi dovrebbe tornare da solo e, visto che diluvia, non credo che le piacerebbe!-

Sono passati cinque anni da quando ti ho giurato che ti avrei seguito.

Sono passati cinque anni da quando ti ho giurato che qualsiasi cosa fosse successa io ci sarei stata.

Sono passati cinque anni da quando, a diciannove anni, ti ho detto che ti avrei coperto le spalle fino all'inferno

Lo farò te lo giuro e, in effetti, l'ho già fatto.

 

-Riza scusami ma non mettermi così tanta fretta!-

Perchè riesci sempre a smontarmi?

Dovrei dirti una cosa eppure non ci riesco mai.

Sei dannatamente bella anche con quella divisa che, secondo me, ti è diventata un po' grandina.

Perchè non riesco a dirti ciò che devo?

Riza io ti amo, lo vuoi capire?

Ma tanto non mi crederesti mai...

 

-Le ho già detto mille volte di non chiamarmi per nome! Almeno qui in ufficio!-

Non farlo ti prego: mi mandi in confusione quando lo fai.

Il mio nome da te mi sembra detto da una voce angelica.

Però, effettivamente, non hai l'aspetto di un angelo: i tuoi capelli neri, fini e folti, i tuoi occhi del colore dell'ebano così profondi, espressivi e...

No! Non posso pensare a questo adesso, non posso. Lo faccio per te e forse lo sai...

 

Roy sbuffò e sprofondò nella poltrona.

-Posso parlarti, Tenente ?- Chiese l'uomo leggermente scocciato.

Ho calcato così tanto l'ultima parola da farti accigliare.

Ma devo dirtelo adesso mi spiace, non riesco a non rivelarti i miei sentimenti.

 

-Certo signore, basta che non sia un'altra scusa per non lavorare.-

Scusami ma qui in ufficio devo essere seria o, per meglio dire, glaciale.

 

Riza si avvicinò al colonnello e si mise seduta affianco a lui.

-Cosa c'è?-

Il moro parve rifletterci: sembrava molto nervoso.

-Devo parlarti. E' una cosa importante e non so come dirtelo.-

Fammi prendere fiato non riesco a formulare una frase. Ti prego aspetta ...

 

-Ecco... io volevo solamente...- Roy ricominciò ma non riuscì a completare.

Decise di giocarsi il tutto per tutto e si avvicinò pericolosamente a lei.

Le sfiorò le labbra con le proprie e inspirò il suo profumo dolce.

Lei rimase spiazzata però non riusci a non ricambiare quel gesto di tenerezza.

 

-Volevo solo dirti che ti amo.- Concluse il moro soddisfatto.

Sì! Ci sono riuscito! Mi sento così...felice. E' strano non ho mai provato nulla del genere, si vede che sei diversa.

 

Riza lo osservò sgranando gli occhi.

Ma che cosa?! Per quale ragione l'hai fatto? Mi stai spaventando!

Lo so benissimo che io sarei solo una ragazza da collezione.

Ma...

 

-Io mi sono innamorato di te da non so quanto tempo. Ti amo e non so nemmeno spiegartelo bene.-

Lui le sfiorò il viso teneramente e lei si sciolse.

Devo farti capire quanto sei speciale. Ma come faccio?

 

-Colonnello io... io non so cosa dirle è solo che... io vorrei solamente..-

La bionda si allontanò da lui.

-Mi dispiace signore ma non... io non provo i suoi stessi sentimenti, mi dispiace.-

Detto questo lei si alzò e uscì dalla stanza, quasi correndo.

 

-Riza...-

No, ti prego non farmi questo.

Non puoi dirmi che non mi ami. Io pensavo che ci fosse qualcosa tra di noi.

Ti prego Riza non mi lasciare...

 

La ragazza aveva già chiuso la porta e poi vi si era accasciata dietro.

Stava tentando di trattenere le lacrime che temeva scorressero veloci sul suo volto pallido.

Perchè non posso accettare i tuoi veri sentimenti?!

 

Doveva aver parlato invece di pensare perchè la porta dietro di lei si spalancò e poco mancò a che finisse a terra.

Roy era uscito, forse per seguirla.

La prese per un braccio e la costrinse a venire dentro.

 

-Cinque anni fa,- Cominciò il moro -Mi hai giurato che mi avresti seguito.

Adesso giurami che non mi ami, che non hai mai provato nulla per me e io ti lascerò andare.-

Lei abbassò gli occhi e sospirò.

-Non posso...-

Roy sorrise e si avvicinò di nuovo alla bionda.

Le posò un altro dolcissimo bacio e poi la strinse.

-Allora dimmi: perchè mi hai detto di no?-

Adesso devi spiegarmelo perchè non ti capisco...

 

Lei si tirò indietro contrariata.

-Per prima cosa,- Disse lei accigliandosi ancora – Ci sarebbe, ipoteticamente, la legge anti-fraternizzazione e quindi metterei a rischio la sua carriera.-

Mustang sbuffò e aspettò che lei continuasse.

-Secondo, ma non di certo meno importante, non voglio essere la sua ennesima ragazza, signore. Francamente l'idea di uscire con lei per una sera e poi non sapere più nulla non mi alletta affatto.

-

Il sorriso che Roy aveva in volto scomparve.

-Credi davvero di essere una delle tante?! Credi che io provi per te quello che non provavo per le altre?! Ma come ti viene in mente?!-

Riza lo guardò leggermente spaventata: non aveva mai urlato così.

-Colonnello... è solo un dubbio ma vorrei che lei lo smentisse. Se poi la fa arrabbiare così tanto...-

-Sì mi fa infuriare.- Il moro riacquistò la calma con dei respiri lenti – Però, da quello che ho capito, intendi infrangere la legge per me, giusto?-

La ragazza avvampò per la vergogna.

-Io... Sì, diciamo di si.-

-Allora,- Ribatté lui -Io ti giuro che farò di tutto per non deluderti mai e che ti starò così vicino che ti stuferai di me. E' una promessa.-

Detto questo si chinò su di lei e le sfiorò nuovamente le labbra.

Avrebbe tenuto fede a quel giuramento per tutta la sua vita.




Quanto è lungo questo cap!! 

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Capitolo 10
*** Anonimo ***


 

Anonimo

 

C'è un giorno dell'anno in cui il mio superiore sembra voler strangolare ogni singolo uomo di Central.

Anche se può sembrare strano, quel giorno non è San Valentino bensì il mio compleanno.

Sono nata con il sole di luglio* quindi molto spesso lo festeggio in ufficio e poi, dipende dai casi ma di solito è così, la sera.

Ho detto che Roy Mustang in quella precisa occasione sembra diventare leggermente schizofrenico per un preciso motivo: appena metto piede nel nostro ufficio lo trovo già furioso e non mi è difficile immaginare quale sia il problema.

Ogni volta, il giorno del mio compleanno, quasi tutti gli uomini del quartier generale mi inviano almeno una lettera e la lasciano nel mio ufficio.

E' capitato molte volte che le trovassi già abbrustolite ma non ho mai fatto troppe storie.

Devo ancora capire cosa possa dargli fastidio, non ci arrivo.

Non vengono spedite, però, solo lettere: rose, piccoli pensieri e, delle volte, persino cioccolatini.

Le rose sono sempre rimaste intonse, non le ha mai toccate.

Però i biglietti e i cartellini con i numeri telefonici non sono mai arrivati a fine giornata.

Una volta mi ha persino urlato contro che dovevo fermare questo via vai di lettere e mi ha fatto

male sentirlo così nervoso.

Dopo avermi detto di tutto si era scusato almeno dieci volte .

Per farsi perdonare, quell'anno, mi portò a cena fuori nonostante tutti i miei tentativi di dissuaderlo.

Prima però mi diede una delle lettere che pensavo fosse andata in fiamme.

Io la osservai e mi accigliai un po': la busta era aperta.

-Scusami,- mi disse lui serio -Ma questa dovresti averla, è davvero bella.-

La presi e feci per aprirla ma lui mi fermò.

Si allontanò velocemente da me e mi porse una rosa bianca che, secondo la sua versione, era insieme alla lettera.

Dopo questo mi diede il resto della giornata libera e mi disse che sarebbe venuto a prendermi verso le sette.

Tornai dal mio Hayate prendendo solo alcune delle rose e qualcuno dei regali, non tutti.

Mi misi a sedere sul piccolo divano e comincia a leggere la lettera.

 

Riza,

ti volevo fare gli auguri ma non riuscivo ad avvicinarti.

Ti osservo spesso quando siamo al quartier generale e tante volte avrei voluto invitarti ad uscire.

Sei molto bella nella tua semplicità e detesto il fatto che alcune donne sparlino di te.

Vorrei tanto dirti che ti ammiro e che ti auguro un felice compleanno.

Tanti auguri,

Anonimo.

 

Molto breve, molto esaustiva.

Osservai bene il foglio e sorrisi: era molto bella, vero, ma sapevo bene chi l'aveva mandata.

Conosco questa scrittura davvero bene anche se l'autore l'aveva ovviamente contraffatta.

Roy Mustang.

Il mio superiore, soltanto lui, poteva conoscere le brutte voci che giravano su di me (anche se di recente si erano placate).

Solo lui poteva sapere che io detesto le rose rosse e amo quelle bianche.

Solo lui poteva scrivere il mio nome con un piccolo taglietto sulla zeta.

Anonimo?!

Cosa pensava il colonnello? Che non l'avrei riconosciuto? Quando mai.

Comunque sorrisi di nuovo e mi portai al volto la rosa bianca: aveva un profumo così buono.

Guardai l'orologio e cominciai a prepararmi: erano le cinque e lui mi avrebbe portata fuori alle sette.

Indossai un vestito celeste non sfarzoso, semplice, che evidenziava le forme delicate e che era leggermente scollato, non troppo però.

Era lungo fino a poco prima del ginocchio ed era molto fresco.

Misi degli orecchini d'argento e legai i capelli con uno chignon lasciando uscire alcune ciocche che avevo arricciato.

Infine mi truccai lievemente.

Ero abbastanza soddisfatta: quando mi impegnavo riuscivo a prepararmi velocemente e anche a sembrare carina.

Secondo molti uomini di Central ero una bella donna ma non riuscivo a cogliere nulla di speciale nella mia semplicità.

Sentì il campanello suonare e mi avviai verso l'entrata.

-Sera colonnello- Dissi cortese aprendo la porta.

Non sentì nessuna risposta, era ammutolito: era fermo sull'uscio e mi fissava attonito con la bocca leggermente aperta.

Avvicinai le mie dita accanto al suo orecchio e le feci schioccare.

-Signore...si sente bene?-

Lui sembro riprendersi e poi annuì.

Quando si fu svegliato un po' di più mi porse un pacchettino bianco.

Sorrisi e mormorai un “grazie”.

Sciolsi il fiocco e stavolta fui io a rimanere di stucco: un braccialetto d'argento delicato e semplice era davanti ai miei occhi.

-Che bello...-

-Non sapevo se ti sarebbe piaciuto ma... mi piaceva moltissimo. Spero che...-

Mi avvicinai a lui e lo gli diedi un bacio sulla guancia sorprendendolo.

-Grazie mille, è davvero stupendo.-

Me lo misi al polso e lo presi per un braccio.

-Allora andiamo, signor Anonimo?-

Lo vidi arrossire e non potei fare a meno di ridere.

Forse quello è stato uno dei miei migliori compleanni.

E tutto grazie ad una lettera, una rosa e uno stupido colonnello che cerca di confondermi con un “anonimo”.

 

 

 

 

Ok il mio vocabolario mi odia di nuovo u.u comunque quando dico che Riza è nata d'estate (*) è perchè non ho la più pallida idea di quando sia nata.

Se qualcuno lo sa faccia un fischio e lasci un commentino.

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Capitolo 11
*** Singhiozzi ***


 

Singhiozzi

 

Riza stava camminando per il quartier generale in cerca del colonnello.

“Non ci posso credere siamo appena stati trasferiti a Central e lui già prova a scappare dal lavoro.”

Mentre formulava questo pensiero una lacrima scivolò lenta lungo la sua guancia.

Se ne accorse e, con il polso, la cancellò.

Era passato un mese dalla morta del tenen...Generale di Brigata Maes Hughes che per era un po' come un fratello maggiore per la ragazza.

Quando erano tornati da Ishval si era preso cura di lei aiutandola, insieme a Roy, a tornare alla realtà.

Le mancavano tanto le sue interruzioni durante il lavoro, le cene con Glaicer e Elicia (che non vedeva da un mese preciso), il fatto che ci fosse sempre stato, anche quando non avrebbe dovuto esserci.

Già, Elicia: era sempre andata d'accordo con quella bambina.

Era stata, sotto costrizione di Maes e Glacier, la madrina della piccola insieme a Roy che era stato il padrino.

L'aveva vista crescere e non erano state poche le volte in cui aveva badato a lei.

Al funerale del generale l'aveva sentita urlare e aveva provato una dolorosa fitta all'altezza del cuore: chi avrebbe preso il posto di suo padre? Chi avrebbe potuto aiutarla a diventare una donna?

C'era Glaicer, vero, ma non poteva di certo fare tutto da sola.

Aveva promesso alla giovane madre che quella stessa sera avrebbe fatto da tata alla bimba poiché l'altra doveva andare a far visita a lontani parenti.

“Dove diamine si è cacciato? Io devo uscire prima stasera! Se non lo trov..”

Si fermò in prossimità della porta dello sgabuzzino perchè sentiva dei singhiozzi provenire dall'interno.

Un pianto silenzioso tradito da leggeri sospiri che non potevano essere ascoltati se non da un orecchio molto attento.

Si chiese chi potesse essere e fece forza sulla maniglia.

Richiuse subito dietro di se appena vide il volto del suo superiore solcato da molte lacrime.

Mise il chiavistello, che lui si era scordato di far scattare, e si avvicinò a lui.

Roy era seduto su un secchio, poggiato con la schiena al muro.

Gli occhi arrossati ora erano rivolti verso la figura che era appena entrata e che, gentilmente, gli porgeva un fazzoletto.

Lui mormorò “grazie” e lo prese.

Riza sorrise e gli si mise seduta accanto.

-Se vuole può andarsene a casa signore, - Disse lei mettendosi a giocare con la manica della propria giacca -Il lavoro in ufficio lo finisco io.-

Sapeva che così facendo avrebbe fatto tardi da Glaicer, e la cosa le dispiaceva, ma sapeva che il colonnello era quello che, oltre alla madre di Elicia, soffriva di più.

Lui riuscì a dirle che non riusciva ad alzarsi e che preferiva, nonostante tutto, rimanere in ufficio.

La bionda odiava non poter fare nulla per lui e quindi gli suggerì di venire con lei quella sera da Elicia: un po' di aiuto non le avrebbe fatto male anche se era abituata a tener buona la bimba.

Lo aiutò ad alzarsi e poi lo accompagnò in bagno affinchè si sciacquasse il viso.

Poco dopo tornarono in ufficio e finirono di lavorare verso le otto di sera.

Presero le rispettive giacche e si incamminarono verso la casa di Hughes.

-Grazie.- Le disse Roy interrompendo il silenzio.

Riza si girò e lo guardò smarrita.

-Intendo per avermi aiutato prima e per avermi chiesto di venire ad aiutarti con Elicia. Lo so benissimo che te la cavi con i bambini e l'ho capito che l'hai fatto solo per distrarmi. Quindi grazie.-

Lei rimase per un attimo spiazzata ma poi sorrise.

-Di nulla signore. So che per lei è stato molto doloroso perdere il Generale Hughes, volevo solo dirle che io ci sono. Questo lo sa vero?-

Lui rise e annuì.

Arrivarono sotto casa di Glaicer e suonarono.

Appena la porta si aprì la piccola brunetta si gettò al collo di Riza.

-Shorellona!!! Ti stavo aspettando!! Quanto mi shei mancata!-

La bionda la sollevò e l'abbracciò.

-Mi sei mancata anche tu Eli. Scusa per il sottile ritardo Glaicer ma ho portato anche qualcuno ad aiutarmi.-

Glaicer, che intanto era arrivata sulla soglia, spostò lo sguardo da sua figlia e Riza a Roy che era rimasto leggermente indietro.

-Roy! Ma è da tantissimo che non vieni a trovarci! Mi sembra un eternità! Hai fatto bene a farlo venire.-

-Zio Roy?! Anche tu vieni a casa mia e aiuti la mia shorellona a farmi da ...Tato?!-

La bionda e il colonnello scoppiarono a ridere entrando.

Ben presto la signora Hughes dovette uscire e i due rimasero soli con l'incontenibile gioia di Elicia.

Riza andò a cambiarsi in bagno e tornò dopo pochissimo tempo.

Indossava una maglietta non troppo aderente e dei jeans semplici.

Si mise seduta sul divano e Elicia le si sedette in braccio.

-Che vuoi fare Eli?- Chiese lei cordiale.

La bimba sorrise e coinvolse i due militari in ogni possibile gioco.

Alla fine della serata Riza e Roy dovettero mettere a letto la piccola raccontandole una storia.

Elicia costrinse il moro a inventarla perchè dalla sua tata di fiducia ne aveva sentite tante.

-...E fu così che tutti vissero felici e contenti.- Concluse il colonnello soddisfatto.

La bambina si era addormentata nel suo lettino tranquillamente qindi tutti e due si poterono rilassare.

D'improvviso squillò il telefono e la ragazza andò a rispondere.

-...Si...Capisco... Beh per me non ci sono problemi, resto io tranquilla... Non c'è di che, lo sai che non mi dispiace badare a tua figlia... Va bene ci vediamo domani, ciao.-

Abbassò la cornetta e ritornò vicino a Roy.

-Glacier ha detto che resterà a dormire fuori e quindi io devo restare qui, ma se vuole lei può andare signore.-

Lui scosse la testa: era stanco di passare notti insonni in solitudine, tanto valeva restare con lei.

-No, grazie ma credo che dormirò qui con te, non ti dispiace vero Riza?-

Le vennero i brividi non appena lui ebbe semplicemente pronunciato il suo nome.

Acconsentì e andò a prendere una coperta per entrambi.

Si misero sul divano e Roy le chiese di dormire accanto a lui.

In principio lei fu categoricamente contraria ma poi lo accontentò.

Si accoccolò accanto al colonnello che, senza volerlo, la strinse a se.

Si addormentarono sereni e, dopo un mese di agonia, Roy Mustang poté finalmente passare una nottata priva di incubi e singhiozzi. Affiancata, invece, da sogni delicati e gentili.

 

What are you doing?

 

I'm dreaming of my perfect world.

Can you follow me?

 

Yes, I can. Do you want this?

 

Yes, I do.

 

 

Che stai facendo?

 

Sto sognando il mio mondo perfetto.

Puoi seguirmi?

 

Si, posso. Tu lo vuoi?

 

Si, lo voglio.

 

 

 

 

Le ultime frase le ho messe perchè mi andava!

P.s. Ho bruciato il vecchio vocabolario e l'ho lanciato dalla finestra sono in cerca di uno nuovo... chi mi aiuta?!

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Capitolo 12
*** Privare ***


 

 

Privare

 

 

Roy Mustang era un uomo complicato, questo lo sappiamo molto bene.

Era un enigma vero e proprio, un rompicapo irrisolvibile che nemmeno il più astuto dei geni sarebbe riuscito a comprendere.

Solo una persona non era inserita in questa categoria: Riza Hawkeye il freddo e gelido tenente che riusciva a leggere ogni sua piccola sfaccettatura.

Era a conoscenza di ogni suo più infimo segreto e particolarità ma era all'oscuro di un dettaglio più che importante: Roy Mustang, l'alchimista di fuoco, si sentiva in colpa.

Sì, proprio in colpa.

Il motivo? Quella ragazza.

Riza, che era cresciuta davanti a lui silenziosamente, in punta di piedi; Riza che era sempre lì per lui quando ne aveva bisogno, e quindi molto spesso; Riza che era stata sempre pronta a proteggerlo.

Si sentiva maledettamente in colpa perchè lui l'aveva privata del suo futuro.

Lui l'aveva condannata ad una vita di pericoli e di scartoffie da firmare.

“E' solo colpa mia se si trova qui!”

Questa frase si ripeteva così spesso nella sua mente da essere un dèjà-vu.

 

Salvala da quest'inferno Mustang!

Riportala in cielo, lei era un angelo e tu l'hai trascinata in terra.

 

“Cosa devo fare?Lei mi detesta ne sono sicuro, ma come l'allontano da me?”

 

-Colonnello, si sente bene? Oggi mi sembra pallido...-

“Mi avevi detto che stavi riposando di più ma sembri sempre stanco...stai bene?”

La bionda gli si avvicinò e gli posò una mano sulla fronte.

-Signore ma lei scotta! Dovrebbe tornare a casa immediatamente!-

Il moro fece di no con la testa ma lei non accettò obbiezioni: prese Roy per un braccio e gli disse che l'avrebbe condotto fino a casa.

Infatti così fece.

-Non avresti dovuto accompagnarmi. Non dovresti essere sempre tu preoccupata per me...-

Lei sorrise e aprì la porta della casa di lui: era stranamente ordinata e non c'era nulla fuori posto.

-Adesso puoi anche andar..- Il colonnello si fermò perchè ebbe un giramento di testa.

Si sedette al suolo e si prese la testa tra le mani: gli sembrava che simpatici omini giocassero a martellargli il cervello.

La ragazza corse in cucina e prese uno strofinaccio, lo bagnò con l'acqua e ritornò in soggiorno: con la massima delicatezza lo posò sulla fronte del suo superiore sussurrandogli di stare tranquillo.

Lo aiutò ad alzarsi e lo condusse fino alla camera da letto dove, dopo quindici minuti che a Riza sembravano interminabili, l'uomo si addormentò.

 

Lei gli stette vicino e alla fine si assopì.

 

Incubo.

Stavo...volando?! Sì, stavo (anzi sto) proprio volando!

Mi sento così libera anche se so che è solo un sogno.

Aspetta... Ma che succede?! Qualcuno mi ha presa per la caviglia.

Mi stai facendo cadere! Lasciami!

 

Riza si svegliò ansimando, ancora terrorizzata da quel sogno.

Che voleva significare?

Senza volerlo svegliò Roy che si sollevò mugugnando.

-Cosa c'è?- Chiese lui ancora stordito.

-Nulla solo un sogno, non si preoccupi.-

-Riza...- Sussurrò ad un certo punto -Tu mi odi vero?-

La cecchina sgranò i suoi grandi occhi.

-Certo che no! Come le viene in mente signore?-

-Io ti ho privato della tua vita, non credo che tu mi veda molto bene...Sbaglio?-

-Credo che lei stia delirando. Le sembra che potrei odiarla?-

Lui non rispose ma si rigirò dall'altra parte nel letto.

La bionda sbuffò e andò nuovamente a rinfrescare il bagnolo; poi si risedette sul letto e lo adagiò sulla fronte di Roy che nel frattempo si era addormento.

 

“Che idiota” pensò lei “ Credo che la febbre ti abbia dato alla testa...”

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Capitolo 13
*** Evidenza ***


 

Evidenza

 

Chiunque avesse avuto un poco di senno avrebbe di sicuro notato il legame che c'era

tra il Colonnello Roy Mustag, anche noto come Flame Alchemist nonché donnaiolo incallito, e il suo tenete Riza Hawkeye: gli sguardi che si scambiavano, il fatto che fossero sempre vicini e che nessuno dei due avesse voglia di passare una giornata senza l'altro, oppure ancora le incompresione con gli altri uomini e le figuracce che il colonnello riusciva a fare con chiunque mostrasse interesse per la sua donna.

La gelosia lo stava divorando lentamente e lo stesso non si poteva dire di lei: Riza era sempre satata intelligente e, ormai, aveva capito che, come se fossero state fiori, le donne di Mustang non duravano più di ventiquattro ore.

Se erano brutte o poco interessanti nemmeno dodici.

Eppure, nonostante tutte queste brillanti e dimostrate tesi, i due non possono fare altro che negare l'evidenza.

Riza Hawkeye avrebbe sempre affermato che mai e poi mai si sarebbe interessata ad uno come lui e Roy Mustang...

Lui non sapeva mai come controbattere: molto spesso rimaneva spiazzato dalla sua risposta così fredda e schietta.

 

-Tenente,- Disse lui un giorno -Vorrei chiederti di uscire con me questa sera; che ne dici?-

Lei rimase spiazzata e arrossì violentemente senza accorgersene.

-Non mi sembra idoneo signore.-

Il Flame Alchemist però non volle sentire ragione e quindi le ordinò di venire a casa sua per quella sera; era strano: non c'era mai stata una donna che avesse messo piede a casa sua, mai.

 

Cenarono insieme, anche se lei era evidentemente turbata.

-Cos'hai?- Chiese lui ad un certo punto.

-Nulla ero solo distratt...-

Non finì la frase perchè fu messa a tacere dalle labbra morbide di Mustang.

-No!- Gridò lei allontanandosi -Non si azzardi a mettermi le mani addosso! Lei non può trattarmi come una delle sue donne! E non...-

-Hai ragione scusami.-

Riza si fermò guardandolo attonita.

-Hai ragione è solo che... che io ti amo.-

Ecco, l'aveva detto così, semplicemente.

“Troppo sinceramente Roy, ricordati che devi convincerla che sei sincero...”

Ci fu un attimo di silenzio e lui continuò.

-Per quanto tempo vogliamo negare l'evidenza?! Per quanto ancora mi dovrai mettere a tacere la mia voce?! Riza io ti amo, credimi!-

Si avvicinò di nuovo e a ritrovare il contatto.

Lei lo sentì vicino e decise di lasciarlo fare: rispose al suo bacio e lo strinse a se; quanto lo aveva sognato...

La bionda cercò di andare leggermente oltre ma lui la fermò.

-Aspetta, ti ho appena detto che non sei una delle tante quindi per ora fermiamoci qui, va bene?-

Riza scoppiò a ridere e annuì: le bastava che nessuno negasse più l'evidenza...

 

 

 

 

Io... O-D-I-O quel cavolo di vocabolariooooooooooooooooooooooooooooooooooooo!

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Capitolo 14
*** Inganno ***


 

 

Inganno

 

Non è possibile: in questo sotterraneo mi sembra di perdermi appena cambio strada!

Dove sarà finito il colonnello? L'ho visto infilarsi in questo labirinto insieme ad Envy e poi...

Già Envy; l'ho visto entrare con Roy e posso giurare che non distinguevo più il mio superiore.

Non l'ho mai visto così, mi fa paura.

 

Aspetta: un rumore viene da dietro quel vicolo; potrebbe essere l'homunculus.

Mi appoggio al muro e punto la pistola verso il mio nemico sconosciuto; sfortunatamente mi ritrovo davanti un Roy Mustang che mi punta contro le sue dita “guantate”.

-Ah...-

E' solo lui, per fortuna.

-Ti avevo detto di non seguirmi. Tenente!-

Perchè sei così freddo? Non lo sei mai stato verso di me, anche se disobbedivo ai tuoi ordini.

-Mi perdoni. Ma non potevo rimanere a guardare. -

Guardare la tua vita andare in frantumi!

-Dov'è Envy?-

-L'ho perso. Merda! Questo posto è un vero e proprio labirinto.

Ah, ti stai perdendo anche tu? Pensavo che fosse il mio pessimo senso d'orientamento...

-Non allontanarti da me, tenente. Seguimi.-

 

Aspetta...Tu non hai mai avuto il bisogno di chiedermi nulla, sai che ti avrei seguito.

E se fosse un inganno?!

Se tu fossi Envy?!

Lo so che è strano, ma ci devo provare.

 

Chak....

 

Chiunque abbia letto il manga o visto l'anime saprà di cosa parlo.

Manga n° 23 quando Roy combatte contro Envy e quest'ultimo si trasforma in Mustang per ingannare Riza, ma lei non ci casca!

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Capitolo 15
*** Puro ***


 

 

Puro

(userò questo vocabolo al femminile)

 

Riza...

Cos'è davvero puro?

Io non lo riesco a capire perchè le barbarie della guerra mi hanno cambiato: quel vocabolo è stato come rimosso dalla mia testa e non riesco a dargli un significato.

Che vuol dire la parola puro?! Cos'è seriamente puro? Io non lo capisco.

Noi uomini distruggiamo tutto e ci sfidiamo per capire chi è il più violento;

siamo così barbari.

Voglio arrivare in cima per poter rendere buona ogni cosa, ma a che scopo se poi mi ritrovo con un mondo da dover plasmare e costruire da capo?!

Non c'è nulla di puro! E' una parola inutile...

Poi mi volto e guardo te che come al solito sconvolgi le mie tesi: sembri un angelo con gli occhi da cerbiatto e i capelli color del grano.

Grazie, perchè tu sei sinceramente pura...

 

 

Roy...

Perchè mi fissi in questo modo?!

Roy Mustang ho capito che sei un grande donnaiolo ma col tuo sguardo mi stai trapassando.

Mi sento osservata così tanto da sembrare goffa...

-Tenente, posso chiederti una cosa?-

Mi volto e tu mi stai ancora guardando; annuisco senza dire una parola e mi poggio sulla tua scrivania.

-Perchè sei così dannatamente pura?!-

Sgrano gli occhi -Mi scusi, cosa?-

Non riesco a dire nulla perchè tu ti alzi e mi baci: è così piacevole.

-Colonnello! Mi lasci!-

Sfuggo dalla tua presa e mi fiondo fuori dalla porta coprendomi il viso con le mani; tu mi blocchi e cerchi di farmi calmare.

Cosa mi succede? Le lacrime iniziano a scorrere libere sul mio volto e mi sento come una bambina capricciosa.

-Scusami, volevo solo... Solo averti più vicina.-

Mi prendi e mi stringi senza farmi male; questo non mi dispiace però vorrei delle spiegazioni.

-Colonnello, cosa le prende?-

Roy, davvero cos'hai?

Senza lasciarmi mi sussurri all'orecchio di ricordarmi che data era.

E' solo il...Il...Oh è l'anniversario di... Maes...

Potevi dirmelo!

-Mi scusi, mi era passato di mente. Però poteva anche dirmelo e basta!-

Tu sorridi e mi baci di nuovo.

-Almeno così ho preso due piccioni con una fava!-

-Ma cos...-

Un altro bacio, ma ora non ho intenzione di staccarmi.

Mi sento così... Pura...

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Capitolo 16
*** Senso ***


 

 

Senso.

 

Vi è mai capitato di avere un sesto senso?

Di sentire qualcosa, nel vostro corpo, che vi dice che sta per accadere un avvenimento sconvolgente negativo o positivo che sia... No?

Strano, c'è qualcuno a cui capita spesso: Riza Hawkeye si accorge spesso se qualcosa sta per cambiare, soprattutto se si parla di Roy Mustang; sa quando il suo superiore potrebbe aver voglia di dormire, di fantasticare o addirittura di bere o mangiare qualsiasi cosa.

Potrebbe dirti con esattezza a cosa lui stesse pensando senza nemmeno trovarselo davanti.

Assurdo, no?

Ebbene lo stesso non si può dire per lo stesso Roy: lui non riesce a capire quando è triste, quando è nervosa o distaccata e non riuscirebbe mai, dico mai, a comprendere un qualsiasi motivo del suo malumore.

Eppure lui ci mette l'impegno e, poche e rare volte, riesce a capire cosa l'affligge.

Raro è trovare qualcuno che riesce a comprendere l'animo, ma può succedere;

per Riza Hawkeye e Roy Mustang la comprensione è frutto di anni e anni di conoscenza: anni in cui Roy l'ha osservata in silenzio, anni in cui Riza si è presa cura di lui in ogni momento, anni che hanno fatto solo bene al loro rapporto; che li hanno uniti.

Però, il sesto senso, può far salvarti la vita.

Chiedetelo a Roy: cosa l'avrà spinto a viaggiare a tutta velocità in macchina dopo che non aveva più sentito la voce della sua fedele sottoposta? Forse il suo silenzio? No, un sesto senso...

E cosa avrà spinto Riza a rimanere ferma lì dov'era, ovvero fuori dal quartier generale, per tutta una notte? Forse quell'ordine? Forse il suo orgoglio? No, quel sesto senso!

E' stato proprio questa sensazione a favorire il rapporto tra i due; potrà mai, il sesto senso, aiutare i due militari di Amestris a diventare più che semplici amici? Questo ce lo dirà solo il futuro...

 

Voglio far fuori il mio vocabolario, ORA!

* Brucia il vocabolario...*

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Capitolo 17
*** Ospedale ***


 

 

Ospedale.

 

 

Era già successo una volta ed era normale che ricapitasse: Roy Mustang era finito in una stanza d'ospedale; l'ennesima stanza impregnata dall'odore di disinfettante che faceva pizzicare gli occhi al tenente Hawkeye già lì dentro da due ore abbondanti: la bionda stava facendo di tutto per alleviare i mali del suo superiore, ma sembrava inutile...

-Tenente Hawkeye...Riza...- Disse Havoc entrando e affiancandosi a lei – Ti dovresti riposare un po'; vieni nell'altra stanza, ci siamo tutti e poi l'infermiera ha detto che ci farà sapere se avrà aggiornamenti.-

Dato che era l'una passata lei acconsentì e lo seguì nel piccolo salottino che c'era appena al di fuori della porta immacolata: quattro misere poltroncine, se così si potevano definire, erano situate attorno ad un tavolino basso color castagno.

Breda dormiva così come Falman e Fury; Rebecca era in una specie di dormiveglia e non ne voleva sapere di assopirsi completamente.

-Riz...Mi dici, tu che c'eri, cos'è esattamente successo?- Le chiese la mora con un rantolo.

-Ecco...-

 

Riza era sulla torretta e aspettava un qualsiasi movimento: quella missione era pericolosa; un assassino mascherato che si aggira indisturbato per le strade di Central e che predilige come vittime giovani donne indifese, che coraggio!

-Allora Elisabeth,- Disse una voce dal suo auricolare – Novità? Vedi qualcosa che ti interessa?-

Lei sorrise e rispose poco dopo -No, signor Mustang; ancora nulla di speciale. Da lei ci sono problemi?-

Roy si stava aggirando per le vie deserte da più di mezz'ora e non vedeva nulla.

-Colonnello!- Urlò la ragazza ad un certo punto -Signore, dietro di lei!-

Troppo tardi...

 

-E' stata colpa mia...- Concluse Riza rischiando di scoppiare a piangere – Se io fossi stata più attenta e diligente a quest'ora starebbe meglio; non sarebbe qui, nessuno di noi sarebbe qui! Io...-

Fu interrotta dall'entrata di un'infermiera.

-Scusate, voi siete amici del colonnello?- Chiese cordiale; gli altri annuirono -Ho brutte notizie allora: potrebbe non superare la notte...-

Riza sbiancò così di colpo che Havoc vide perfettamente il suo pallido viso diventare color della neve; una lacrima le attraversò il volto e, istintivamente, si portò entrambe le mani alle tempie.

Fu scossa dai singhiozzi e si poggiò alla spalla di Jean che era il più vicino; non voleva farsi vedere debole ma aveva bisogno di conforto.

-Hey, tranquilla! Lo sai che è troppo uomo per morire così facilmente...-

Lei rise ma non smise di piangere, non ancora.

 

 

-Allora Mustang...Che vogliamo fare?-

Roy non sapeva bene dove si trovava, era tutto nero.

-Chi sei?!- Chiese spaventato -Cosa vuoi da me?!-

La voce rise sghignazzando e poi tornò seria -Voglio una scelta...-

Due strade si presentarono davanti ad un Mustang non poco confuso.

Il fantomatico interlocutore riprese la sua domanda- Questa prima strada ti porterà alla felicità con uno schiocco di dita e senza la minima fatica...-

Roy la prese subito in considerazione ma poi preferì ascoltare anche cosa rappresentava l'altra...

-Scegli,- Continuò la voce accennando alla seconda strada -Questa è la via che ti riporterà dai tuoi cari, ma attento: è la più difficile da percorrere...-

Improvvisamente Roy vide tutta la sua vita passare in piccoli fotogrammi e sorrise: in quante immagini Riza era presente!

Già, Riza: la voleva di nuovo con se! La voleva stringere e voleva dirle ciò che provava...

-Scelgo questa!- Disse l'uomo indicando la seconda.

E senza ulteriore indugio si incamminò ed attraversò quel sentiero.

-Mio caro Maes Hughes... Sembra che l'ora del tuo migliore amico non sia ancora giunta!-

Concluse la voce sbigottita.

-Già,- Incominciò un'altra voce che aveva tutt'altra tonalità -A quanto pare è ora che il mio caro Roy vada dalla sua bella...-

 

Improvvisamente Riza si svegliò; ma che ore erano?

Si era addormentata con il viso rivolto verso la spalla di Havoc.

-Signorina Hawkeye?- Chiese una donna vestita di bianco con un aria molto tranquilla -So che è molto presto, in quanto mi rendo conto che essere svegliata alle cinque di mattina può rappresentare un trauma, ma potrebbe andare nella camera del suo superiore? Sa, si è come risvegliato, anche se dorme ancora, e non fa altro che mormorare il suo nome nel sonno.-

Riza sgranò gli occhi e si precipitò subito nella stanza del suo colonnello; lo trovò ansimante sul letto che cercava di mantenere il suo respiro regolare, inutilmente.

Si avvicinò e gli accarezzò la fronte.

-Starai bene, non ti preoccupare... Adesso sbrigati a svegliarti che io ti aspetto qui...-

Così dicendo posò il volto sul materasso del letto e si addormentò accanto al suo superiore.

 

 

 

 

Scusate ma il vocabolario nuovo sembra peggio di quello vecchio... Vabbè ci ho provato!

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Capitolo 18
*** Nebbia ***


 

Nebbia

 

-Mamma?-

Una voce, nel buio, che squarcia il silenzio...

-...Mamma?-

La voce si fa più stridula e l'interpellata si accoccola ancor di più sotto le coperte, tra le braccia di suo marito.

-Mamma?!-

-Elisabeth, cosa c'è?!- Limite della pazienza: possibile che ogni mattina, anzi notte visto che erano solo le cinque nemmeno scoccate, ci si dovesse svegliare così?

-Mamma, papà, c'è la nebbia!-

Roy si svegliò mugugnando e prese sua moglie per la vita riportandola tra le calde pieghe del loro letto; Riza si allontanò da lui dandogli un bacio sulla fronte e cominciò a dirigersi verso la sua bambina.

Elisabeth aveva appena quattro anni ed era in costante litigio con suo fratello Maes, che ora era affacciato alla finestra e guardava tutt'intorno a sé con aria indignata.

-Mamma, uffa c'è la nebbia!-

Riza si sedette vicino a loro e si accucciolò accanto al suo bambino: quanto era buono il suo Maes! Poteva essere vivace, vero, però era un fratello protettivo e dolce.

-Mammina, se c'è la nebbia non vediamo la stella e se non c'è la stella non possiamo parlarle, e se noi non...-

-Elisabeth ho capito, calma. Tranquilla, la nebbia tra poco se ne andrà e noi vedremo la stella che vi porta tanta fortuna.-

Questa tradizione era nata esattamente tre anni prima quando Maes si era avvicinato alla finestra e aveva desiderato che la sua sorellina potesse imparare a parlare presto; come se nulla fosse Elisabeth aveva pronunciato la parola stella così perfettamente da far rimanere attoniti tutti.

Era stato proprio il giorno di Natale e in quel momento, a distanza di tre anni, si stavano ritrovando tutti lì.

Arrivò anche Roy che salutò sua moglie con un dolcissimo bacio.

-Amore, la stella non si vede.- Disse Riza sorridendo.

-Il meteo ha detto che oggi dovrebbe cadere la neve...-

-Cos'è la neve?!- Chiesero due vocette sveglie all'unisono; dovettero aspettar e poco per saperlo perchè piccoli, placidi, bianchi fiocchi di neve cominciarono a scendere dal cielo.

-Oh!-

I due bambini erano fissi a guardare il cielo mentre Roy e Riza sorridevano beati.

Anche da un giorno di nebbia si può ritrovare la compagnia della propria famiglia.

 

 

Voglio... Bruciare...Il...VOCABOLARIO!

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Capitolo 19
*** Impiccione ***


 

 

Impiccione

 

L'adolescenza non è una cosa facile, specialmente se la vivi con un ragazzo arrogante e presuntuoso che continua a darti il tormento.

-Hey, Rizey! Che fa la nostra bella ragazzina oggi?- Chiese con una voce che avrebbe potuto battere di gran lunga quella di un ragazzino petulante.

Lei sbuffò, chiuse il libro a cui aveva voluto dedicare le sue attenzioni quel pomeriggio e si voltò verso il ragazzo moro che era appena entrato nella sua biblioteca.

-Che vuoi Mustang? Lasciami in pace, tra poco devo uscire.-

Roy strabuzzò gli occhi e la guardò curioso: Riza che usciva? E da quando in qua suo padre le dava il permess...ohh!

-Esci senza permesso? Non credo che a tuo padre vada molto a genio questa cosa...-

Lei divenne più rossa del fuoco che il ragazzo stava appunto imparando a controllare ed esplose; si alzò di scatto e diede uno schiaffo a quel ragazzo tanto incurante del suo spazio.

-Non sono affari tuoi! Che razza di impiccione! A te non deve interessare dove vado, con chi e come! Sono affari miei chiaro?!-

Uscì dalla biblioteca e corse nella sua stanza lasciando Roy visibilmente basito: non gli era mai capitato di vederla così arrabbiata.

Ah, quanto rimpiangeva i bei tempi in cui erano solo bambini inconsapevoli del mondo e dei mille guai che lo popolavano.

Riza sparì per tutto il pomeriggio e al giovane Mustang non rimase altro da fare che mettersi a studiare più che svogliatamente; insomma, il programma che si era prefissato era andato, per la precisione, a farsi benedire con tutte le scarpe: invece di studiare le pratiche dell'alchimia si era seduto sul melo sfogliando quel pesante libro e, di tanto in tanto, buttando un occhio sul cancello di villa Hawkeye sperando di veder tornare la sua amica.

Nulla, fino alle sette e mezza di sera Riza non si fece vedere; poi finalmente, alle otto meno un quarto...

-Riza!- Roy si scapicollò giù dall'albero e le andò in contro; non si era accorto di come era vestita quando era uscita e quando la vide rimase così ammaliato che riuscì a fatica a modulare una frase di senso compiuto: aveva un bellissimo vestito a maniche lunghe color blu oceano, delle ballerine di seta ricamate e un maglioncino bianco.

-Hey, tutto bene?-

La domanda aveva un senso data l'espressione della ragazza: era nervosa, arrabbiata, furiosa forse!

Rare volte nell'animo si insinuavano tante brutte emozioni.

-Lasciami perdere, non è il momento.- Si allontanò da lui e rientrò a casa seria.

Lui, naturalmente, la seguì e, appena oltrepassata la soglia, assistette alla strigliata colossale che la ragazza dovette sentire dal padre.

Lei non cenò, andò in camera e lì rimase fino alle dieci di sera; Roy decise di indagare e salì fino alla porta della ragazza per poi bussare gentilmente.

-...Avanti- un sussurro, ecco che cosa si era sentito.

Lui aprì la porta e trovò Riza appoggiata alla sua finestra con un'aria triste: aveva infilato un altro vestito ma era sempre bellissima.

-Mi dici cosa ti è successo?- chiese lui cordiale.

-Perchè devi sempre intrometterti nella mia vita, me lo spieghi?-

L'espressione di Mustang cambiò così rapidamente da far pentire subito la giovane Riza.

-Scusa, non volevo è solo che... Non è giornata, ecco-

Lui le si sedette accanto e lei iniziò a spiegare: a quanto sembrava era uscita per incontrare un suo possibile spasimante, che poi si era rivelato essere arrogante e insensibile; alla fine, lui l'aveva lasciata da sola, sotto un albero a pensare a cosa avesse di sbagliato.

-Mi ha mollato in pratica, capisci?-

Roy sorrise e le si avvicinò ancora.

-Senti un po' tu,- Le disse sorridendo -Se ora resti qui, triste e sconsolata solo per quel ragazzo, sei un'idiota di dimensioni epocali.- Così dicendo le diede uno schiaffetto dietro alla nuca e poi scoppiò a ridere.

-Riza ma dai! Ti stai preoccupando per un ragazzino arrogante che non si meritava nemmeno un tuo “sì”! Andiamo, puoi fare di meglio!- Anche lei rise e incominciò a balbettare cose cha assomigliavano a “stai zitto” e “ non mi provocare”.

-Seriamente,- Concluse lui -Tu sei splendida e poi lui non ti ha mollata, se ne è andato prima. Diverso sarebbe stato se non si fosse presentato, allora sì che avresti pianto come una fontana.- Entrambi sorrisero e guardarono la volta stellata sorta dopo il tramontare del sole.

-Ti ricordi com'era quando eravamo bambini? Non eri così nervosa e cattiva nei miei confronti...- Mugugnò lui sbuffando.

-E tu non eri così petulante e impiccione, caro il mio Mustang!-

Scoppiarono di nuovo a ridere ma poi lui tornò serio.

-Io ti giuro che da grandi troverai qualcuno che ti saprà rendere felice. Se dico questo non sono un impiccione, vero?-

Lei gli si avvicinò, gli diede un dolce bacio sulla guancia e si accoccolò tra le sue braccia.

-No, non lo sei. Spero anch'io la stessa cosa, Roy...-

 

 

Forse questo è meglio, l'altro era tropo difficile!

Visto che il nuovo dizionario è più...Emm...Simpatico (?!)

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Capitolo 20
*** Gelosia (vedo che il mio vocabolario comincia a comprendere) ***


 

 

Gelosia

 

I nuovi arrivi, di solito, sono graditi, anche se con un po' di distacco iniziale; non sempre è così però: il colonnello Mustang stava letteralmente incenerendo con gli occhi un ragazzo che, da quel che sapeva, si era trasferito da poco lì a Central City.

Era un bel ragazzo moro con gli occhi color del mare; bello, davvero molto bello.

Ma non era questa la cosa che lo mandava effettivamente ai matti: il tanto stimato nuovo arrivato sembrava provare più che un semplice interesse verso il suo tenente...La sua Riza!

Come osava anche solo pensare di poter ambire alle sue attenzioni?! Come poteva permettersi di pensare a lei se non come semplice amica?

Ok, sarebbe meglio non toccare quel tasto visto che molti degli uomini del quartier generale l'avrebbero voluta sempre al loro fianco.

Era davvero palese l'interesse che il signorino Smith, così si chiamava quell'essere, provava per la sua, e sottolineo sua, sottoposta; sembrava però che a lei non importasse più di tanto ma Roy Mustang non era mai stato bravo a cogliere i segnali.

Ma Mustang non era geloso, scherziamo?!

Un giorno, però, Roy decise che era arrivato il momento di agire: quando Riza uscì dall'ufficio insieme a Smith, li seguì.

Girò più di tre quarti della città per stare al loro passo, ne avevano fatta di strada!

Alla fine, da bravo galantuomo, lui la riaccompagnò a casa e al povero Mustang non rimase altre se non continuare a rincorrerli furtivamente; si mise dietro un angolo pronto ad origliare la conversazione e tese l'orecchio:

-Grazie per avermi accompagnata, non ce n'era bisogno, davvero...- La solita cordiale Riza.

-Ma figurati!- Rispose dolce l'altro- Mi ha fatto piacere passare del tempo con te e poi..- Roy sentì un improvviso silenzio e decise di guardare; per poco non svenne: quel...Quel...Quel coso l'aveva appena baciata! Non poteva essere! Un momento...Era eccome!

Smith si staccò piano da lei e le accarezzò il viso con dolcezza, ma la ragazza lo fermò.

-Aspetta...Credo tu mi abbia frainteso: io non volevo che tu pensassi che... Insomma...Io...-

Era diventata così tanto rossa che non sembrava più nemmeno lei -Smith, io non sono innamorata di te. Scusa la schiettezza però dovevo dirtelo prima che tu...-

-Shh.- Il ragazzo la zittì sorridendo e iniziò a parlare -Non ti preoccupare, l'avevo capito; so che non sei interessata a me però almeno un bacio dovevo rubartelo, scusa.-

Riza scoppiò a ridere e lo salutò con la mano mentre rientrava in casa; solo dopo che sentì il rumore della porta chiudersi Roy poté tirare un sospiro di sollievo che lo lasciò senza fiato: che diamine di colpo! Immediatamente sentì di nuovo il cigolare del cancello e si mimetizzò alla meno peggio contro il muro.

-Guardi che l'ho vista, signore.- Una voce, una voce dolce, melodiosa e conosciuta si udì alle spalle di Mustang.

-Hey, Riza! Da quanto tempo!- Disse lui cercando di salvarsi, invano – Che cosa ci fai qui?-

La ragazza sbuffò e si chinò su di lui con un sorriso sarcastico dipinto in volto -Io qui ci abito, colonnello; la domanda giusta è che ci fa LEI qui.-

Roy si alzò, inciampò e si ritrovò davanti a lei ad incespicare come un matto -Beh ecco vedi...Stavo solo pass... No aspetta io stavo...-

-Lo so che mi stava pedinando.- Disse Riza sorridendo -Però se continua a venirmi dietro con tutto questo gelo si prenderà un malanno! Su venga dentro, le va un po' di the?-

Il moro rimase basito e si ritrovò a benedire la sua buona stella mentre la bionda lo trascinava dentro con insistenza.

“Che scemo,” pensò istintivamente “Io, l'alchimista di fuoco, nonché donnaiolo ed enorme bastardo mi ritrovo ad essere geloso di un semplice ragazzo che non è nemmeno così speciale. Sarà che, forse, ho solo paura di perderla...”

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Capitolo 21
*** Dichiarazione ***


 

Dichiarazione.

 

 

 

La famiglia Mustang viveva ormai a Central City da quando i due coniugi si erano sposati.

Un giorno, esattamente la giornata del decimo anniversario di matrimonio dei due, Roy e Riza si trovarono con i loro quattro figli in salone.

Il neo-eletto comandante supremo si avvicinò alla moglie e le diede un dolcissimo bacio e, mentre Elisabeth Mustang osservava con occhi luccicante ed ammalianti la scena, il piccolo Maes storceva naso mostrando sul suo pallido faccino una smorfia di disgusto.

-Mamma, papà... Vi prego!-

I due si separarono e scoppiarono a ridere divertiti mentre James, l'ultimo arrivato che aveva appena quattro anni, giocava con sua sorella Rose.

-Mamma, mammina...- Cominciò Elisabeth con una punta di curiosità in quel suo tono giocoso -Posso chiedervi una cosa?-

Roy e Riza si guardarono perplessi: niente di buono all'orizzonte.

-Tesoro,- Cominciò l'uomo di casa con un sorriso rivolto verso la sua bambina – Se non è la solita domanda “come nascono i bambini”, ti rispondo molto volentieri.-

-Tranquillo Pà,- Lo rassicurò Maes -Abbiamo già superato questa fase; credo che Elisabeth volesse sapere altro.-

La piccola bambina bionda si sedette sulle gambe della madre e la guardò negli occhi.

-Mamma, mi dici come papà ti ha detto che ti ama?-

Riza arrossì violentemente e si portò una mano alle tempie; intanto tutti e quattro i figli si radunarono attorno alla dolce coppietta e si prepararono a sentire una fantastica storia.

-Devo proprio raccontarlo io?!- Chiese Riza un po' innervosita -Non può raccontarla il tuo papà? Eh, Elisabeth? Che ne dici, c'è papà!-

La bimba fu irremovibile e allora lei fu costretta a raccontare.

 

Era una giornata placida e tranquilla quando il Generale Roy Mustang si presentò alla porta del suo tenente, nonché guardia del corpo, Riza Hawkeye senza invito alle otto di sera, vestito di tutto punto; si avvicinò alla porta del suo appartamento e suonò il campanello.

-Chi è?- chiese una voce gentile ma un po' allarmata, probabilmente per l'orario, proveniente dall'interno.

-Sono il colonnello Roy Mustn...Riza sono io, apri un attimo per favore?-

-Col...- Adesso era sorpresa, si sentiva perfettamente. -Signore, è successo qualcosa?-

-No, Riza!- Il colonnello stava urlando -Non è successo nulla ma, per favore, apri questa porta adesso!-

Lei spalancò la porta e si ritrovò davanti il suo superiore visibilmente nervoso e, da quel che poteva capire, furioso.

-Ecco, signore, ci sono; mi scusi se non ho aperto subito è sol...-

Roy non la lasciò concludere: la prese per un braccio e, vestita così com'era, la trascinò in uno dei più bei ristoranti di Central City.

-Colonnello, posso sapere che le prende?! Devo ricorrere alle “maniere forti” per farla parlare?-

Dicendo questo accennò alla calibro nove che aveva al fianco e sorrise.

Lui sbiancò di colpo e la guardò come per scusarsi.

-Perdonami, non volevo infastidire; desideravo solo farti sapere una cosa, mi spiace ma non posso più aspettare...-

Le si avvicinò e le prese una mano guardandola negli occhi ma cominciò a balbettare frasi senza un filo logico e ad impicciarsi di continuo.

-Io vole...No aspetta... Desideravo farti sap...-

Prese un respiro e alzò gli occhi al cielo. -CAVOLO MUSTANG! Non è possibile che io ci metta così tanto solo per dirle che la amo!-

Lei quasi cadde dalla sedia e l'intera sala si voltò verso il tavolo più isolato: più di cinquanta occhi stavano osservando la dolce coppietta in quel momento mentre il silenzio più totale regnava nella stanza.

Riza era impietrita, non dava quasi più segni di vita.

-Allora?- Chiese una voce sconosciuta da uno dei tavoli -Che hai intenzione di fare? Gli dici di si o lo respingi?-

I due si voltarono sconvolti: possibile che le persone non si facessero mai gli affari propri?!

-Colonnello io... - La ragazza prese un lungo respiro e si alzò dalla sedia; dopo di che si alzò sulle punte e donò all'uomo davanti a lei un dolce e tenerissimo bacio. -Direi che questo dovrebbe farle comprendere quello che provo, signore-

Roy sorrise e la prese in braccio facendola girare su sé stessa mentre gli altri ospiti del ristorante applaudivano soddisfatti.

Ci fu un attimo di silenzio finchè qualcuno non osò riaprire bocca -E quindi la sposi?!-

 

 

-Non ci credo...- Fece Elisabeth indignata.

-Papà!- Gridarono tutti i ragazzi sbalorditi.

-Non è possibile!- iniziò a sbraitare la ragazzina -Le hai urlato a squarciagola che l'amavi davanti a non so quante persone?!-

Roy Mustang era un uomo orgoglioso e quindi annuì convinto mentre tutti i suoi figli se ne andavano delusi.

-Ma non è giusto!- Si lagnò lui facendo il bambino -Io mi ci sono impegnato quella volta!-

Riza sorrise e lo baciò nuovamente.

-Però, lo sai, quella tua dichiarazione è stata memorabile, amore mio.-

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Capitolo 22
*** Indolore (no, il vocabolario non ha capito ) ***


 

Indolore.

 

 

Camera 109 del solito ospedale che ormai conosceva a memoria i nostri militari preferiti; Roy Mustang, ormai cieco, condivideva la stanza con la sua guardia del corpo perché, a detta di lui, se lei non c'era riusciva a percepirne l'assenza.

-Colonnello,- Chiese Riza sedendosi sul letto e appoggiandosi al muro -Come si sente oggi?-

Lui non rispose e si perse in uno dei suoi soliti pensieri; Hawkeye si alzò e si mise a sedere lì vicino. Per richiamare la sua attenzione schioccò le dita vicino al suo orecchio e lo costrinse , per così dire, a guardarla; Roy rimase per un attimo sorpreso e poi riuscì a sentire lo sguardo di Riza essere incatenato al suo viso.

-Scusami, ero distratto. Come vanno le tue ferite?-

La ragazza si allontanò e alzo gli occhi al cielo disperata.

-Non credo che la gravità di una ferita possa cambiare da minuto a minuto.- Disse lei digrignando i denti: non c'era attimo in cui il suo superiore non la sommergesse di preoccupazioni e di attenzioni, era un po' snervante.

-Cosa mi avevi chiesto prima? E poi da dove viene questo profumo?-

Riza arrossì di colpo e disse semplicemente che c'erano alcune rose nella stanza: non era una bugia ma quello che non aveva specificato (appositamente) era che i fiori erano, in primo luogo, per lei; più di una ventina di avvenenti uomini glieli avevano spediti per mirare ad una semplice attenzione da parte sua.

Naturalmente Riza non se ne curava, che le poteva interessare sapendo che sarebbe stata solo un'inutile perdita di tempo?

-Le ho chiesto come stava lei, signore.-

Roy sbuffò e si girò su un fianco, dandole le spalle.

-Non credo sia essenziale ma comunque io sto bene. Sei tu quella che ha rischiato grosso, davvero troppo.-

La cecchina sbuffò di nuovo e fece per andarsene indignata ma fu fermata dal colonnello che, senza sapere dove fosse, la prese per una mano, istintivamente.

-Non ti allontanare, per favore. Senti una cosa: lo so che sono apprensivo, che sto esagerando e che non vorresti tutte queste attenzioni. Però...- Si sollevò leggermente e cercò con una mano il collo fasciato di lei -Questo è un altro segno indelebile che hai per colpa mia; sono sicuro che non è stato indolore e non puoi negar...-

-Colonnello, adesso basta o dovrò ricorrere all'armeria, non so se comprende. Mettiamo in chiaro delle cose: primo, è possibile che il segno non rimanga così vistosamente come lei pensa, mi ha informato il medico; secondo, non è stata colpa sua e non deve lasciare che questi pensieri si insinuino nella sua mente; terzo...Beh, è vero, non è stato per nulla indolore: è stato lancinante, un dolore così tremendo non lo auguro a nessuno; ma io non lo rimpiango.

Non voglio più sentirla parlare in questo modo e adesso veda di riposarsi, è tardi.-

Finito di parlare si alzò dal letto per tornare indietro ma lui la supplicò di restare ancora lì con lui e la ragazza lo accontentò.

-Riza...- sussurrò lui prima di addormentarsi -Ti prego, non lasciarmi al buio...-

Lei si riscosse e lo guardò dormire beato tra le braccia di Morfeo; dopo poco lo seguì accoccolandosi vicino: le aveva chiesto di non lasciarlo solo, dopotutto.

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Capitolo 23
*** Sfregio ***


Sfregio.

 

Venerdì pomeriggio, un giorno di intemperie e di tuoni; di freddo e di gelo che non voleva cessare su Central City.

In un appartamento, uno uomo e una donna di nostra conoscenza stavano dialogando tranquillamente; la camera era sgombra e, a dirla tutta, un po' spoglia; c'era solamente un letto e una specchiera, mancava il resto della mobilia.

-Secondo me è migliorato.- Disse Roy cercando di non farle del male sfiorandola.

Lei rabbrividì e strinse ancora di più la maglia che nascondeva il suo corpo davanti.

C'era una spiegazione più che logica per quella dettagliata analisi del suo tatuaggio: per tutto il giorno aveva avuto dolori dovute alle ustioni che riportava sulla schiena; il suo colonnello se n'era accorto e, sentendosi nuovamente colpevole, aveva deciso di venire a casa con lei per controllare quel doloroso sfregio.

Si ricordavano ancora quel giorno in cui le era ustionata la schiena; era stato il giorno più doloroso della loro vita; sì esatto, per entrambi, e mai avrebbe potuto dimenticarlo; le lacrime e l'odore di carne bruciata erano rimasti nella mente di entrambi.

-Dice?- Sussurrò lei un po' scettica -Allora non capisco perchè insista tanto a controllarlo...-

-Riza non essere sciocca: credi che non mi sia accorto che ti sta facendo male da tutta la giornata?!-

La ragazza si strinse ancora di più la camicia per coprirsi mentre lui osservava assorto le ustioni che, pochi anni prima (sotto sua esplicita richiesta), le aveva provocato.

Appena calcò più la mano sulla pelle raggrinzita lei si lasciò scappare un urlo e abbassò lo sguardo -Mi dispiace...- mormorò poco convinta.

Roy si sedette sul suo letto e Riza si rimise la maglietta, cercando di non prendere troppo freddo e tentando di non sfiorare le ustioni; si diresse accanto a lui e lo guardò negli occhi.

-Colonnello, c'è qualcosa che non va?-

Era sincera, non riusciva a capire cosa stesse affliggendo il suo superiore; lui alzò lo sguardo e provò a fissarla, però abbassò la testa.

-Non mi detesti per questo ennesimo sfregio che hai per colpa mia? Insomma, non riesci nemmeno a poggiarti ad una sedia senza sentire dolore; so che me lo hai chiesto tu però...-

Riza lo formò un po' stufa: erano anni che lui la ammorbava con quel discorso così idiota, quanto ancora doveva spiegargli che non era così?

-Signore, le avevo già detto che non ce l'ho assolutamente con lei, pensavo l'avesse capito. Le ho chiesto io di cancellare il mio tatuaggio, era un peso troppo grande da portare. Mi spiace averla fatta sentire in colpa ma dovevo eliminare le ricerche di mio padre, mi spiace davvero.-

Il moro rimase un po' stupito mentre la bolla di sapone che si era creato attorno scoppiava: era così impegnato ad autocommiserarsi che non si era reso conto del bellissimo sorriso che Riza gli rivolgeva; era dolce, quasi troppo.

Restò per un attimo basito e poi comprese. -Ti...ti dispiace? Riza non è colpa tua! Non è mai colpa tua, è sempre solo e soltanto mia. Non è giusto che tu ti senta colpevolizzata ogni singola volta che io, solo io, sbaglio; non puoi farti carico dei miei errori, io...-

-”Non te lo posso permettere”.- Concluse Riza al suo posto. -Colonnello, sta dicendo una marea di idiozie. Lei si comporta sempre così e la cosa non mi è mai andata genio: non lo capisce che lei non è mai il vero e proprio colpevole di quello che mi succede? Non sopporto questo lato del suo carattere, si è comportato così anche quando il Generale Hughes è...-

Si fermò e le parole le morirono in gola, era troppo difficile parlarne. Il generale Hughes...Se non fosse stato per lui chissà dove sarebbe finito Roy a Ishval..

-Grazie.- Mormorò lui poco convinto -Ti prego, vorrei chiederti scusa anche per tutte le volte in cui sei costretta a seguirmi per garantirmi l'immunità. Per non parlare poi di quando sei obbligata a pedinarmi per proteggere durante tutti i miei appuntamenti serali... Mi dispiace, te lo giuro.-

Il tenente gli si avvicinò e gli sfiorò alcuni ciuffi disordinati sparsi sulla fronte, era bello poter passare del tempo insieme a lui stando tranquillamente rilassata.

-Le ricordo che anche lei ha delle ferite per colpa mia...-

-Quali?- chiese lui attonito -Intendi la bruciatura sul fianco? Non è nulla e non me la sono fatta per colpa tua; me la sono procurata per venirti a salvare ma penso che non si affatto colpa tua.-

Hayate salì piano sul letto vicino a loro e si accoccolò vicino a Roy; il piccolo cucciolo di husky voleva avere un po' di coccole da quell'uomo che, l'aveva capito anche lui, voleva così tanto bene alla sua padrona.

Il colonnello fece un po' il sostenuto ma alla fine cedette e cominciò ad accarezzarlo. -Non ti da fastidio non avere mai potuto vivere una vita normale anche per causa mia?- Sospirò poi rivolto a Riza.

Lei sorrise e si mise a coccolare Hayate.

-Con una vita normale mi sarei annoiata, caro il mio colonnello!- Sogghignò lei allegra - Le va un po' di thè, signore?-

Roy la guardò spaesato ma alla fine accettò, non poteva esserci nulla di male, dopotutto.


 


 


 

Il vocabolario mi odia di nuovo ._. Nuova grafica!!! Non so come sia venuto questo capitolo...Lasciamo perdere.

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Capitolo 24
*** Fantoccio ***



 

Fantoccio.


 

Spari, sangue, corpi esanimi e distrutti sparsi per tutto il territorio: era Ishval.

Odore di sogni infranti, sapore di terra bruciata e di aridità, nulla era più come prima e nulla sarebbe mai stato rimosso dalla memoria di chi, costretto, aveva vissuto l'inferno della guerra.

Un giovane alchimista, che aveva più o meno ventiquattro anni, stava salendo sul treno dei sopravvissuti, distrutto: aveva usato il suo potere solo per procurare guai, solo per distruggere; altro che aiutare le persone!

Aveva rincontrato, su quel campo di battaglia, la figlia del suo maestro, la sua amica di infanzia; se avesse potuto avrebbe volentieri evitato di ritrovarla in quella spiacevole circostanza però era successo così, gli avvenimenti che ci riserva il fato non si possono modificare.

Però, cosa ancora peggiore, non si sentiva più se stesso: era un fantoccio, un burattino nelle mani dei più forti; costretto e obbligato ad uccidere senza mai poter dire “no”.

Solo un fantoccio, solo un umano...

Salì svogliato sul vagone e aprì la porta dello scompartimento; stupito, vi trovò all'interno quella giovane fanciulla che da poco aveva perso di vista, sola.

Le si sedette vicino e la svegliò piano, delicatamente.

-Riza...-

La giovane rabbrividì e si alzò quasi di scatto, trovandosi di fronte il suo buon amico che sembrava un altro: aveva i segni delle battaglie visibili anche sul viso; occhiaie, lividi, viso sciupato e labbra a dir poco secche, consumate da quell'aria arida.

-M...Maggiore Mustang...- Disse lei schiarendosi la voce.

Roy sorrise a quel suo richiamo: a quanto pare non aveva perso l'abitudine di dargli del lei anche quando erano soli; peccato però, adesso era giustificata.

Si lasciò conquistare da quegli occhi dolci e l'abbracciò stretta, disperato.

-Non volevo rivederti qui; non fraintendermi, mi sei mancata tanto, però...-

Riza lo zittì e restarono in silenzio per un po'. Lui guardò le sue mani, ancora sporche di quella terra e artefici di chissà quante morti atroci, come le sue, d'altronde.

-Q... Quante persone sono morte a causa nostra?- Le chiese il Maggiore a mezza voce.

-Non lo so, però è stato...sbagliato...-

Roy si allontanò da lei sentendo le lacrime pizzicargli gli occhi; si girò di spalle e non la guardò per un po', non riusciva a farlo.

-Signore, sono sicura che non ha agito di sua spontanea volontà, se lei avesse potuto...-

Lui esplose di rabbia -Se io avess... Se io avessi potuto scegliere nulla di questo sarebbe mai accaduto! Dì un po', ma come ti viene in mente una cosa del genere?! Io sono stato solo un fantoccio! Quei bastardi tiravano i fili e io esaudivo qualsiasi loro desiderio con uno schiocco di dita. Hai idea di quante persone siamo morte a causa della mia debolezza?!-

-Forse troppe...-

Roy si lasciò andare e si voltò verso di lei poggiando il viso sulla sua spalla;

-Non è stata colpa mia, ero solo un fantoccio, solo un fantoccio.-

Iniziò a singhiozzare piano e Riza si sedette su una delle poltroncine, facendolo poggiare a lei. Per tutto il viaggio, Roy non si allontanò mai da quella ragazza: aveva bisogno di sentirla lì, vicina.

Ad un certo punto riuscì ad interrompere il suo pianto silenzioso e la strinse di più a sé; riusciva a sentire l'odore di quelle morti spaventose, percepiva l'essenza della polvere da sparo impregnata ancora nei suoi vestiti sporchi, poteva immaginare come si stesse sentendo quella ragazza di appena diciannove anni costretta a recarsi su un campo di battaglia così spietato, crudele; non voleva più che lei fosse coinvolta in una guerra del genere.

Perché gli orrori della guerra lasciano segni indelebili che vanno aldilà delle cicatrice rimaste sulla pelle, non c'entrano i lividi né, tanto meno, i piccoli tagli: sono ferite dell'anima che mai più guariranno di uomini trattati come fantocci, come burattini...


 

Scusate la tristezza ma un tributo a Ishval era d'obbligo.  

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Capitolo 25
*** Gioia ***


Gioia.

 

Il sole sorgeva ad oriente, illuminando la placida città che ancora era dormiente e segnando l'inizio di un giorno nuovo...

 

Tante ciocche bionde, sparse sul cuscino, sfioravano a malapena disordinati ciuffetti mori.

Il Generale Roy Mustang stava osservando il suo angelo pallido dormire accanto a lui, la sua dolce metà, l'unica che fosse mai stata in grado di conquistare il suo cuore: Riza Hawkeye, colei che sarebbe diventata sua moglie di lì a poco; se vogliamo essere precisi, mancavano solo tre giorni all'evento.

Dopo i loro momenti di intimità, Roy amava osservarla con un sorriso sereno dipinto in volto; guardò la maglietta bianca di lei, quasi trasparente, che metteva in evidenza i fianchi morbidi e il fisico snello della ragazza.

Non resistette e, con un dito, cominciò a tracciarle il profilo della colonna vertebrale scendendo da vertebra a vertebra, facendola rabbrividire. Arrivò, lentamente, fino alla biancheria sottile e, con delicatezza, le accarezzò le gambe pallide e morbide.

Purtroppo, la svegliò e due occhi color cioccolato si mostrarono alla debole luce del primo mattino.

-Ciao...- Sussurrò lei sospirando allegra: dormire appoggiata al suo petto nudo e ai suoi addominali scolpiti era seriamente la fine del mondo.

Mustang sorrise e la baciò dolcemente -Non volevo svegliarti, scusami, se vuoi dormire ancora...-

Riza si crogiolò tra le sue braccia e si scaldò il volto strofinandolo contro di lui.

-Ma figurati, non mi dispiace svegliarmi sentendo le tue dita sulla mia pelle; però mi hai fatto venire i brividi...-

Il ragazzo scoppiò a ridere e la strinse ancora. Erano ormai cinque mesi che i due si frequentavano seriamente e, da meno di trenta giorni, stavano organizzando le loro nozze.

-Che dovresti fare doman...Stamattina, amore?-

Domandò Riza osservando il suo superiore giocherellare con i lunghi ciuffi biondi.

-Dovrei sistemare gli ultimi dettagli con il Comandante Supremo. Lo sai, stavo riflettendo: Riza Mustang suona dannatamente bene...-

La ragazza scoppiò a ridere e si mise a tracciare, con l'indice, il contorno degli addominali di Roy.

-E che ne dici di Maes Mustang o di Elisabeth Mustang?- Chiese lei diventando, improvvisamente, seria.

-Mi sembrano dei bellissimi nomi ma...Perché?-

Riza divenne leggermente rossa e si impicciò molteplici volte prima di riuscire a formulare una frase di senso compito.

-Io...Io sono incinta, Roy.-

L'aveva detto, così, semplicemente; forse troppo...

Il moro era silenzioso, attonito e basito; aveva lo sguardo fisso, impalato, sulla finastra che si trovava difronte a lui mentre, con lenti respiri, cercava di calmare i battiti del suo cuore impazzito.

-Sicura?- Le chiese senza mostrare il minimo cambio d'espressione.

-Sì,- rispose la ragazza -Sicurissima...-

 

 

 

 

 

 

 

 

Lacrime, calde lacrime rigavano le guance leggermente colorite del Generale che sorrideva gioioso; prese Riza tra le braccia e la strinse forte a sé mentre rideva commosso.

-E' la notizia più bella che tu potessi darmi!-

Urlò al limite della gioia.

-Io diventerò padre!-

La bionda non riuscì a fare altro se non assecondare quella sua felicità; dopotutto, un bambino non avrebbe fatto altro se non rendere più felice la loro vita: il piccolo Maes o la piccola Elisabeth Mustang avrebbero avuto una famiglia davvero speciale, composta da un accanito piromane e da un'inflessibile cecchina ma che, all'occorrenza, sarebbero diventati provetti genitori.

 

 

 

 

 

Note finali.

Eccomi!

No, non ero morta; in questi giorni non sono a casa mia quindi aggiorno disordinatamente.

Vorrei ringraziare AthenaScorpion e Silvery Lugia perché stanno sempre a leggere i miei pietosi capitoli...Ma come diamine fate?!

Ummm...Bene! Direi che qui ho finito, baci!

 


 

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Capitolo 26
*** Decretare ***


 

Decreto.

 

 

-E perciò, io decreto, in qualità di responsabile di questo stato, che la legge anti-fraternizzazione, la quale abolisce categoricamente rapporti più che lavorativi tra due militari, sia cancellata da questo preciso istante!-

Un brusio, seguito da pochi minuti di applausi, si levò dalla folla sottostante al palco dove il Comandante Supremo aveva appena concluso il suo lungo e intricato discorso.

Grumman aveva pensato giorno e notte alla questione così importante e, alla fine, aveva deciso che sarebbe stato meglio ELIMINARE quella sciocca legge prima di un evidente senso logico.

C'era qualcuno, tra il pubblico, che sembrava piuttosto euforico: il generale di brigata Roy Mustang , appena promosso in carriera, stava spostando lo sguardo nervoso dal capitano Hawkeye, che si trovava accanto a lui, al comandante supremo, il quale aveva appena cessato di proferir parola.

Quel giorno, il sole splendeva nel cielo e una leggerissima brezza settembrina faceva contorcere le foglie secche in disordinate danze.

Arrivati alla conclusione, tutti i militari furono rimandati nei rispettivi uffici e Roy, seguito dai suoi inseparabili compagni, si diresse a grandi falcate verso la sua stanza sotto lo sguardo basito e attonito dei suoi sottoposti, Hawkeye inclusa: che avesse finalmente trovato la voglia di lavorare?!

Strano a dirsi, era davvero così: firmò più fogli di quanti ne avesse mai compilati in vita sua; davvero impressionante!

Riza lo guardava stupita, senza proferir parola per paura di interrompere quel miracolo, assumendo un'espressione illeggibile mentre passava al suo superiore un foglio dopo l'altro.

L'aria tiepida di quella mattina, gelò improvvisamente e la brezza, che era leggera, si trasformò in un vento di burrasca che spinse diversa nuvole ad occupare, dense, il cielo.

Un tuono assordante squarciò il silenzio presente nell'ufficio e il giovane capitano, che sembrava non apprezzare quel suono sprezzante, si adombrò improvvisamente: i tuoni non le erano mai piaciuti troppo; non che avesse paura, sia chiaro, però preferiva quando il cielo si presentava sereno e soleggiante.

Il generale si accorse del suo malumore e, dopo aver osservato attentamente l'orologio che ticchettava imperterrito e in seguito a molte riflessioni silenziose, consigliò ai suoi compagni di ritornare alle loro abitazioni.

Così, Havoc, Fuery, Breda e Falman lasciarono la stanza mentre Riza osservava il cielo cupo, rimanendo vicina al suo superiore.

Non era masochismo, precisiamo, era stato lui, espressamente, a ordinarle di restare.

-Umm...- mugugnò il generale stiracchiandosi stanco -Scusami se ti ho fatto restare, so che il tuo turno sarebbe finito già da un pezzo, avevo bisogno di parlarti, da solo...-

La ragazza si alzò e si allontanò dalla scrivania del suo superiore dirigendosi verso la piccola libreria che era presente nella stanza: c'erano volumi di tutti i tipi, sparsi praticamente a caso negli scaffali impolverati; avrebbero dovuto essere puliti, un giorno o l'altro.

-Mi dica pure, signore, e non si preoccupi: sa bene che non è un disturbo rimanere più a lungo, semmai è un'abitudine.-

Dischiuse istintivamente le labbra, dopo aver concluso la frase, mentre, con una mano, indugiava assorta sulle copertine ruvide e rigide dei libri che erano così disordinatamente accatastati.

-Io volevo solamente sapere se...Insomma se ti andasse di uscire con me, questa sera.- domandò lui avvicinandola; Riza sussultò rabbrividendo e si accostò verso la parete cercando di rigirare a suo favore la richiesta.

-Non sarebbe idoneo, signore.- Rispose.

Dal suo tono, era più che comprensibile che non aveva la minima intenzione di concedergli quella soddisfazione.

-E perché mai? Quella stupida e sciocca legge è stata abolita, sbaglio?-

Riza fece per controbattere ma, colta di sorpresa, si ritrovò abbracciata al suo superiore; Roy la stringeva tra le sue braccia accarezzandole i fianchi morbidi mentre, con le orecchie ben tese, ascoltava il respiro di lei, che si era fatto irregolare, e il battito del cuore della ragazza, il quale scandiva il tempo passato vicini simultaneamente con il suo.

In fondo, non erano altre se non due anime che attendevano di completarsi e di saziarsi a vicenda; come si può descrivere simile sentimento?

Non ci si dovrebbe nemmeno provare ma, noi perspicaci e pavidi autori, ci cimentiamo in queste folli imprese.

C'è da capire che ognuno di noi, appunto, non è altro se non un'anima collegata ad un'altra che, potete scommetterci ciò che volete, potrebbe essere a noi sconosciuta.

Come loro due, sono molte le persone che trovano coloro che le completa; se non succede, restiamo solo esseri umani, lievemente abbandonati sul far della sera.

Come possa essersi conclusa la loro speciale serata? Beh... Voglio lasciare che siate voi ad immaginarlo come più vi va: lasciate libera la vostra mente e siate voi i padroni della storia.

 

 

 

 

 

 

Note dell'autrice.

 

Sto sperimentando un nuovo metodo di scrittura: di solito, alle undici di sera apro il dizionario e, con grande calma, mi metto a scrivere sul mio “santo” quadernino le mie idee...

Ci metto di più, è vero, ma vi pare che sia meglio?

Fatemi sapere ciò che pensate, io aspetto.

 

P.s.= il “sul far della sera”, evidenziato in corsivo, si riferisce alla poesia di Pascoli “La mia sera”.

Non so bene il perché, ma volevo citarla.

Quando ero bambina l'avevo studiata, ma solamente adesso riesco a comprendere il senso più logico e profondo legato alla parola “sera” e al nesso logico che lo collega con la nostra esistenza.

 

 

 

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Capitolo 27
*** Ricchezza ***


 

Ricchezza.

(Confido che questo capitolo vi piaccia anche se la parola in questione non è troppo pertinente con il testo).

 

Notte; una virgola di luna appena accennata rischiarava il cielo, una parte.

Un uomo, accasciato con la schiena poggiata rovinosamente contro la panchina, aveva, nella mano destra, un bicchiere cristallino le cui sfumature risplendevano di fronte a quel pallido chiarore, nella sinistra, invece, teneva avidamente una bottiglia di Wodka, il cui liquido era ormai sceso vertiginosamente oltre la metà.

Il ragazzo, che quasi non riusciva più a respirare tanto era ubriaco, aveva il viso rivolto verso la volta stellata, inebetito; gli occhi erano inespressivi, così come il volto: pallido, consumato, quasi distrutto dall'ennesima serata che si concludeva amaramente.

Difficile da credere, ma Roy Mustang, il ricco e tanto acclamato alchimista di fuoco, non aveva la minima intenzione di risollevarsi; da quanto tempo era in quella scomoda e innaturale posizione?

Giorni, mesi...Ma cosa dico?! Erano passati solamente pochi minuti.

Brevi istanti in cui la sua mente aveva avuto più di mille allucinazioni: il più delle volte, vedeva la sagoma di una ragazza, sempre la stessa, che da bambina era diventata donna e che, per lui, significava tutto; essenziale, insomma, come l'aria.

Provò ad alzarsi ma fu scosso da alcuni conati di vomito piuttosto violenti.

-Posso aiutarti?- Chiese una voce dolce e conosciuta, alle sue spalle. Roy alzò lentamente la testa e rimase basito: Riza era lì, dietro di lui.

-Hey...- Mormorò stupito -Ciao...-

Allungò la mano per sfiorarla ma rimase deluso: era solo un frutto della sua immaginazione, doveva aspettarselo.

Si distese nuovamente sulla panchina e si sentì privo di qualcosa, cos'era? Cosa gli mancava?

Era bello, era amato ed era notevolmente ricco, cos'altro si poteva chiedere? Soldi, le donne li amavano.

C'erano momenti in cui il colonnello si sentiva dannatamente avido, arrivava anche a vergognarsi di sé stesso.

Certe frasi, che sentiva in giro, come “i soldi non comprano la felicità” lo facevano letteralmente imbestialire. Era fermamente convinto che il possesso di denaro potesse influenzare terribilmente il flusso di una vita; detto in parole povere: “più soldi hai, più sei felice”.

Questo suo fittizio ideale era crollato quando, poco tempo prima, aveva sentito una pillola di saggezza formulata dal suo tenente: “La ricchezza non è solo il tintinnare delle monete, ma soprattutto l'amore che ciascuno di noi riceve...”.

Amore...

Cosa poteva significare un sentimento così nobile in un'epoca dove solo chi possiede denaro poteva affermarsi?

-Vieni con me,- Continuò Riza -Sai che posso aiutarti, come sempre.-

La solita, orribile, allucinazione che lo ritrasportò alla realtà.

Roy ci rifletté: cosa avrebbe dovuto fare?

Decise di seguire quella sua “coscienza” e si diresse, barcollando, verso casa di lei.

Come di consueto, trovò due braccia gentili e forti pronte ad accoglierlo e, allora, comprese: ricchezza non è sapere di avere le tasche piene di denaro sonante e splendente, né il potersi crogiolare nella bella vita, no: ricchezza è sapere che c'è sempre qualcuno pronto a tenderti la mano.

Addormentandosi accanto a lei, stringendola tra le braccia, poté finalmente capire che anche l'amore, nel suo piccolo mondo perfetto, può costituire una ricchezza.

Quella notte, anche se ancora in parte ubriaco, comprese non solo il senso del suo essere ricco, anche l'amore che lo legava al suo angelo biondo.

Avrebbe impiegato diverso tempo per provare a spiegare alla sua unica ragione di vita ciò che la rendeva unica, ma ci sarebbe riuscito.

Almeno aveva capito ciò che lo rendeva davvero ricco, e non erano i soldi.

Comprendete ciò che voglio esprimere e allora sì, vi sentirete realmente appagati nel sapere che anche voi, semplicemente, avete una ricchezza immensa.

 

 

 

Piccolo angolo dedicato a me:

Lo ammetto, questo capitolo è stato tosto.

Però, sono soddisfatta.

Non volevo aggiungere troppi particolari sdolcinati, era un argomento un po' complicato da trattare.

Beh, non pendo ci siano errori: ricontrollato tre volte.

Spero che non siate troppo critici per la mancanza di romanticherie e per la poca coerenza, siate clementi!

Grazie, come sempre, a NeutralDarkSide, Silvery Lugia, Puccina90 e, ultima ma non ultima (dulcis in fundo), AthenaScorpion.

Grazie mille.

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Capitolo 28
*** Evento ***


 

Evento.

 

 

Divergevano due strade in un bosco ingiallito, e io scelsi quella meno battuta. E, di lì in poi tutta la differenza è venuta...

 

 

Un giorno di marzo, tranquillo e soleggiato; si sollevava un venticello di maestrale dall'ovest, rinfrescava piacevolmente l'aria tiepida.

Nell'aula magna del quartier generale tutti, e ribadisco tutti, i militari di Amestris, tirati a lucido come non mai, attendevano il grande annuncio.

Un grande evento, un grande giorno, per lo stato: era stato eletto un nuovo comandante supremo e, tutti lo sapevano, sarebbe stato corretto e giusto, cos'altro ci si poteva aspettare da Roy Mustang?

Il comandante in questione era in piedi, al centro esatto del suo ufficio, assorto nei suoi mille pensieri.

Era giunto, finalmente, il suo grande giorno; anche se sarebbe meglio dire il loro grande giorno: Riza Hawkeye era rimasta insieme a lui in quella tortuosa e difficile avventura. Fedele, sempre.

Un angelo a cui erano state tarpate le ali, che era stato mandato su quel mondo maligno solo per poterlo proteggere. Pensieri e ricordi che scorrevano alla rinfusa nella sua testa, come se il filo sottile che li teneva legati si fosse spezzato, mentre, con molta attenzione, osservava i movimenti dell'interessata che era di fronte a lui: aggiustava la sua cravatta, sistemava i suoi ciuffi disordinati e perfezionava le pieghe di quella divisa stropicciata, voltandosi spesso verso lo specchio.

Lui, come tutti i militari, era vestito molto elegantemente, con la divisa da cerimonia perfettamente sistemata, però non era l'unico: Riza indossava un bellissimo vestito; un fantastico abito celeste, con una scolatura poco profonda sul davanti e uno spacco lungo sulla gamba destra, metteva in evidenza il suo fisico, normalmente nascosto. Le gambe perfette erano esposte alla flebile luce della lampada, e il neo-eletto comandante sembrava apprezzare.

Come gioielli, aveva uno semplice collana di cristallo e, per una volta, i capelli erano sciolti e arricciati; Inoltre, aveva dei pendenti che erano legati ai lobi con dei delicati fili d'argento a cui erano attaccati cristalli così splendenti da sembrare limpide gocce di rugiada.

Semplice, non sfarzosa, bella; come al solito, perfetta nel suo essere candida.

-Riza, dovremmo scendere.- Disse lui, lievemente ammaliato da tanta bellezza. Dal tremito della sua voce, si poteva capire quanto fosse nervoso e agitato: era impaurito proprio adesso che aveva realizzato il suo sogno, proprio quando stava per diventare il capo supremo dello stato.

-Sì,- Rispose lei tranquilla -Ma voglio presentarla al meglio; deve mostrarsi bene.-

Continuò a lustrargli la divisa, mentalmente assorta.

-Credo che mi oscurerai, lassù sul palco: sei fantastica.-

Piano, si girò e le sorrise; Riza, però, lo conosceva troppo bene: c'era tanta paura, dietro a quel sorriso.

-Signore,- Chiese preoccupata – Va tutto bene?-

Roy cambiò radicalmente espressione e si allontanò, girandosi di spalle.

-E se io non fossi pronto? Cioè...Se...-

-Roy Mustang,- Hawkeye scandì bene quel nome, alzando di poco la voce -Lei diventerà Comandante Supremo, non c'è nessuno più adatto, lo sa benissimo.-

Lui, istintivamente, le strinse la mano e sorrise nuovamente.

-Va bene, andiamo.-

Scesero lentamente le scale e si ritrovarono nella grande sala; sotto gli sguardi sorpresi di tutti, entrarono insieme, vicini

Riza lo seguì fino al palco e poi, sedendosi dietro di lui, lo lasciò da solo.

-Sono qui,- Incominciò Roy -Innanzitutto per ringraziare i miei compagni: grazie per avermi seguito fin'ora. Sappiate che cercherò di migliorare costantemente la nazione, non mi arrenderò mai; io sono Roy Mustang, sono il vostro Comandante Supremo.-

 

 

 

 

Piccolo angolo dedicato a me:

Allora, allora: capitolo molto diretto, volevo far avverare il sogno di Roy.

Credo che sia normale, per lui, provare paura, o terrore.

La prima frase, secondo me caratterizza perfettamente entrambi, ditemi voi.

Chiedo scusa ad AthenaSkorpion per aver sbagliato a scrivere “skorpion”.

Perdono ç_ç

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Capitolo 29
*** Sorridere ***


 

Sorridere

 

Un sorriso, come semplice gesto, rappresenta una miriade di stelle che si affacciano nel cielo della tristezza, pronte ad illuminarlo...”

 

 

Riza era sempre stata una ragazza razionale, ma, da quando era morta sua madre, ogni minimo colore e allegria erano sparite dalla sua casa; si sentiva come una dama delle storie antiche, tenuta prigioniera da un cattivo brigante, invidioso e spaventato del mondo che fuori scorreva.

In quella villa austera, apparentemente priva di vita, le uniche due presenze vispe e allegre erano rappresentate dai due ragazzi che, facendo affidamento l'uno all'altra, stavano crescendo e maturando insieme.

Dopo quasi quattro mesi di convivenza si conoscevano già perfettamente, comprendendo gli stati d'animo che sconvolgevano la loro vita insieme. Certo i battibecchi tra i due non mancavano, ma la parte diplomatica di entrambi alla fine veniva fuori, lasciando il tempo ad ognuno di loro di scusarsi.

Riza era una bimba dolce, timida e riservata, mentre Roy era coinvolgente, spericolato e carico di energia.

Nessuno di loro avrebbe mai dimenticato il primissimo giorno in cui si erano incontrati, che era stato anche il primo in cui lei aveva finalmente riso, dopo infiniti momenti di serietà e tristezza.

Nei primi giorni in cui Roy era arrivato a villa Hawkeye, era stato costretto dal maestro a sistemarsi in camera sua, senza mai uscire o girovagare per casa; sapeva che il maestro aveva una figlia, aveva sentito che lei era più o meno grande quanto lui, ma non l'aveva vista. I giorni seguenti l'aveva incontrata solo per caso, mai le aveva rivolto la parola anche perchè, di primo impatto, non sembrava molto loquace: come se fosse stata oppressa da suo padre, quando il maestro era presente , la bimba diventava glaciale, come se uno spettro freddo si fosse impossessato del suo animo. Ma Roy non voleva lasciarsi sfuggire l'occasione di poterla conoscere; così, quando il suo insegnante era distratto o spariva, lui sgattaiolava fuori dalla sua camera, in cerca di nuove esperienze.

Il ragazzo ricordava perfettamente che, attratto da una dolce melodiosa canzone le cui note si disperdevano nell'aria, si era spinto fino alla porta della camera di Riza.

Arrivato, aveva ascoltato la sua giovane voce eseguire vocalizzi acuti e singolari; una poesia che sembrava quasi una ninna nanna.

Se, tornando al loro presente, avessimo voluto domandare quali parole recitasse quella dolce melodia, tenendo conto della mente giovane del nostro colonnello, Roy avrebbe risposto sicuramente: era come se quella poesia si fosse impressa a lettere cubitali nel suo cuore.

 

Lenta, fiocca,fiocca la neve...
Senti: una zana dondola pian piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca;
canta una vecchia, il mento sulla mano.

Mentre la zana dondola pian piano.
 

Lenta, fiocca, fiocca la neve...


La vecchia canta: Intorno al tuo lettino
c'è rose e gigli, tutto un bel giardino.
Nel bel giardino il bimbo s'addormenta.
Mentre la neve, la neve fiocca lenta...*

 

 

Riconsiderando il giovane che era accasciato all'uscio della camera di Riza, in quel giorno afoso e soleggiato, lui si lasciò praticamente assopire, scivolando dritto dritto nella stanza di lei, che lo stava osservando con i suoi occhi da cerbiatta, estremamente curiosi e spaventati.

-S...Scusami.- Biascicò Roy impacciato e imbarazzato -Non volevo interromperti, stavo solo ascoltando; sai, sei davvero brava.-

Riza, il cui viso era ormai scarlatto per la vergogna, indietreggiò verso il muro, lasciandosi sfuggire un confuso e insicuro “grazie”.

Sospirò, cercando di non farsi sentire, maledicendosi mentalmente per non essere riuscita nel suo intento: per giorni aveva cercato di evitare qualsiasi possibile contatto con quel ragazzo, ma invano.

-Sono Roy, Roy Mustang. Scusami se non sono venuto prima, volevo conoscerti però...-

-Mio padre non era d'accordo, immagino.-

Finì lei la frase, facendo un mezzo sorriso alla vista di quel bambino, di quel Roy, che si presentava con quei suoi capelli neri scompigliati e arruffati.

Lentamente, quasi come se lui la spaventasse, Riza gli si avvicinò e sistemò quei ciuffi tanto ribelli che gli ricadevano sul volto, ormai paonazzo.

-Così va meglio.- Disse sorridendo, stavolta per davvero: era una sensazione strana, sorridere di nuovo, pensava di averlo dimenticato...

Roy rimase paralizzato da quella vista celestiale; come se il sorriso che ora le illuminava il volto avesse qualcosa di speciale, di unico e raro. Lo riusciva a percepire.

-Io sono Riza, piacere di conoscerti-.

La piccola allungò una mano e aspettò, con ansia mal nascosta, un suo movimento.

Quando lui la strinse con un sorriso allegro e imbarazzato che occupava metà del viso, entrambi si lasciarono sfuggire una lunga e fragorosa risata.

E da lì, da quel semplice sorriso che di rado compariva sul volto di entrambi, iniziò la loro speciale convivenza forzata che, col tempo, divenne amicizia, rispetto, dedizione e amore.

 

 

 

 

Piccolo angolo dedicato a me:

Allora, cosa dire?

Questo capitolo mi riuscito in un pomeriggio, e mi sembra che renda.

La poesia che ho citato è di Giovanni Pascoli, si chiama Orfano.

La trovo veramente stupenda e, se mesa in musica, fa venire i brividi.

Posso dire, sinceramente, che l'ho messa perchè mi piaceva davvero e, se non si intuiva, ho preso questa perché magari Orfano poteva riguardare Riza.

Comunque, amo quella poesia e poi pensavo: cosa fa quella povera ragazza tutto il giorno chiusa in casa senza fare nulla? Bhe, o disegna, o canta...Oppure si spara ._.

Va bene, ditemi voi cosa ne pensate, anche della prima frase u.u

A presto e baci.

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Capitolo 30
*** Sciupare ***


 

Sciupare.

 

 

Non ci è concesso piangere, non possiamo.

 

Un fiore che sboccia, placido e tranquillo...

 

Non ci è concesso avere debolezze e, come se fossimo automi senz'anima, non possiamo provare sentimenti, quali la pietà, il rimorso, il dolore.

 

I petali si schiudono: una tempesta di pallore invade gli occhi.

 

Dobbiamo tener caro ciò che abbiamo, con tutte le nostre forze; dobbiamo dare solamente il meglio di noi: potrebbe sciuparsi, sfiorire, appassire, svanire.

Sono sempre andata avanti da sola, fin da quando ero bambina; ho imparato ad affrontare la codardia e il rifiuto di mio padre, le barbarie della guerra, la paura della morte: tutto.

 

Si schiudono al sole, cercando il calore dei tiepidi raggi, divini.

 

Non posso piangere, non mi è concesso farlo. Però, ogni volta che il mio cuore perde la speranza, quando la mia anima si spegne e sbiadisce, tu arrivi.

 

Il povero fiore comincia a sciuparsi, bruciato dal sole.

 

Già, tu arrivi: con quei ciuffi ribelli, quella tua sicurezza e quello stramaledetto orgoglio, che sempre ti fa da spalla; sei tu, sei solamente e sempre tu; sei l'unica cosa che ho,non lasciarmi andare.

 

Un petalo cade, un altro lo segue. Per pura ignoranza, il fiore si ritira dal sole, nell'oscurità.

 

Sei la mia luce, il mio coraggio: non sono nulla se tu non ci sei.

Il tempo scorre, inesorabile e perpetuo, ma il nostro rapporto non si sciupa: tu non mi lasci andare.

Ho rischiato troppe volte di bruciarmi, allontanandomi dalla tua via, ma non succederà di nuovo.

 

Luce, ho solo bisogno di luce”

 

Come se fossi un freccia, un dardo infuocato, sei arrivato nella mia vita, attraversandomi l'anima. Senza la tua assidua presenza, non avrei mai affrontato tutto questo: la codardia e il rifiuto di mio padre, sciupata, le barbarie della guerra, sciupata, la paura della morte, sciupata. Sarei sfiorita, come una rosa senza luce. Ma tu sei qui, accanto a me: il mio piccolo sole, il mio unico fuoco.

Grazie, Roy.

 

Un velo luminoso attraversa le tenebre, arriva dritto: colpisce il bersaglio. Un fiore non può sciuparsi, almeno finché ci sarà una luce a brillare.

 

 

 

Piccolo angolo dedicato a me:

Eccomi, non sono morta: dopo giorni di sfiga e di blocco totale sono riuscita a produrre questa cosa a mezzanotte meno 15 minuti u.u

C'era mamma che strillava “CHIUDI LA LUCE”, mio padre che russava come un orso... Scenario romantico e dolce, non trovate?

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Capitolo 31
*** Giardino ***


 

Giardino.

 

Un fatica condivisa lascia sempre qualcosa: non la spossatezza, non i dolori di un corpo stanco, ma semplicemente il divertimento che c'è stato nel vedere l'altro lavorare insieme con te...

 

 

Fatto il danno, non si torna mai indietro, soprattutto se tuo padre ti scopre mentre stai tranquillamente dialogando con il suo allievo, che teoricamente dovrebbe studiare.

 

-Tutti e due a rassettare il giardino!-

 

No, oh no! Tutto, ma il giardino davvero no!

Nessuno lo curava più, nessuno ci pensava da quando la signora Hawkeye era morta.

Erbacce e sterpaglie spuntavano ovunque, come fossero inquilini indisturbati; tanto per migliorare la situazione.

Riza, infilandosi il grembiule e prendendo le cesoie, sbuffò seccata, lanciando insulti ad ogni cosa le si parasse davanti, sé stessa compresa: se non l'avesse distratto, non sarebbero finiti in castigo.

Per una volta, era stata lei a mettere nei pasticci quel combina-guai di Mustang.

Il suddetto giovane si stava allacciando le scarpe, mentre osservava la biondina ferma davanti a sé: non troppo alta, esile e pallida, il suo piccolo angelo l'aveva tentato un po' troppo.

Non che fosse arrabbiato con lei, figurarsi, solo non si sarebbe mai aspettato una reazione così “energica” da parte del suo maestro.

D'altra parte, stava solo conversando con sua figlia!

Cominciarono a sistemare il grande campo verde che si estendeva al di fuori della villa.

Dopo appena due ore, salirono sul loro magnifico albero di mele, che si innalzava maestoso al centro del prato; dunque, stanchissimi, osservarono la loro fantastica opera d'arte.

-Siamo una bella squadra noi due- Constatò il giovane Roy sorridendo -Eh Rizey?-

La bimba ricambiò il sorriso e, sporgendosi verso uno dei rami alti e robusti, staccò uno dei rossi frutti succosi della pianta. Facendo forza, cercò di dividere a metà la mela: con un sonoro 'stack' la separò in due precise parti e ne porse un pezzo al ragazzo, che accettò la sua offerta volentieri.

Per un attimo, il tempo parve fermarsi, poi...

 

 

-Colonnello?-

Nessuna risposta.

-Signore, si è forse addormentato?-

L'interessato aprì un occhio, trovandosi di fronte la figura serena del Tenente Hawkeye.

-Scusa Riza, tutto bene.-

Tutto bene un par di scatole! Il moro sapeva bene quanto la facesse arrabbiare il suo essere lavativo.

La donna, tuttavia, si stupì per un altro infimo particolare: l'aveva chiamata per nome?!

-Come mai mi ha chiamata “Riza” ? E poi, stava sognando, signore? Aveva un'espressione strana...-

Roy le sorrise e la fissò divertito -Ti ho chiamata “Riza” perché amo pronunciare il tuo nome, per non parlare poi di quanto sia adorabile la tua reazione. - Costatò facendola arrossire lievemente.

-E poi sì, - Continuò l'uomo -Stavo sognando la nostra prima missione: la “Collaborazione Giardino”-.

 

Piccolo angolo dedicato a me:

Evvai, non sono morta ._.

No, davvero ci sono, solo che questo capitolo mi è venuto in mente ieri alle undici e cinquanta di notte. Puf, l'ispirazione si deve pagare cara!

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Capitolo 32
*** Trastullare ***


Trastullare*


 

La modestia appartiene a coloro che sanno di avere, l'arroganza a coloro che sanno di non potere”


 

Chi posso essere?

O meglio, cosa posso essere: sono un bastardo, un traditore

Tutti mi definiscono come se fossi uno che ama divertirsi, che venera la vita, ma è questa la verità?

Oppure...Oppure è un'altra?

Sarà che io adoro passar sopra ai problemi, ignorarli; adoro prendere in giro quelle povere donne, che, sinceramente parlando, hanno solo il “magico” dono della bellezza, nulla in più da offrire.

Ogni sera una diversa, una da prendere in giro, da ammaliare con i miei modi galanti e le mie parole; com'è che le definiscono...Ah, sì: parole soavi, frasi in grado di far sciogliere anche il più duro e freddo dei cuori.

Già, ogni sera ad illudere una ragazza, solo per farla sentire un po' speciale.

Tanto poi l'abbandonerò mentre dorme, che differenza può fare un discorso ben pensato?

Prendere in giro, ammaliare...Per usare un termine colto, trastullare.

Già: io mi diverto a trastullare quelle deboli e patetiche creature; chiamatemi bastardo, sadico se vi va, ma io sono così.

Eppure, c'è qualcosa di me che mi sfugge, solo perché c'è Lei.

Lei, che illumina le mie giornate.

Lei, che mi trascina nella luce, portandomi con sé.

Lei, che non potrei ma prendere in giro.

Già, Lei: Riza.

La mia ombra, la mia spalla, la mia anima.

L'unica che mi abbia mai fatto capire che io, infondo, non mi conosco bene come pensavo...

Conosci te stesso”.

Sì, come no!

Voglio sapere quale bel parlatore abbia mai detto una carognata simile, che tanto stupida non è, visto che mi ha fatto praticamente diventare pazzo!

Fortuna mia, mi basta avere lei per conoscermi.

Ed è per questo che, ormai, non esco più con nessuna: non voglio più illudere nessuna ragazza, non più. E questo solo per lei.

Riza, colei che è sempre in grado di farmi conoscere me stesso; cioè, il Vero me stesso.

E non voglio più essere un infedele che ammalia le donne per poter ottenere da loro solo piacere, assolutamente non voglio.

Mi basta lei, mi basta solo lei.

 


 


 

Piccolo angolino dedicato a me:

Allora, questo capitolo non è stato scritto di notte, ma ho dovuto interrompere il mio quadro del ciliegio ._. Sorvoliamo.

Fatemi sapere come è venuto *la parola era difficile, il significato lo spiego nel testo.

Tanto per spiegare, ovviamente sono i pensieri di Roy, che secondo me non è così bastardo come sembra.

La frase “conosci te stesso” è un ovvio riferimento a Socrate, che ha letto questa frase scolpita sull'arcata del tempio dell'oracolo di Apollo a Delfi, il greco mi ha fatto partire ormai ._. La parola davvero non mi ha aiutato, ma il significato che gli ho dato è stato quello che ho trovato sul mio vocabolario e su internet, ovvero:trastullare è un verbo transitivo che significa: 1) far divertire, distrarre, allietare; 2) lusingare, ingannare: trastullare qualcuno con vane promesse.

Baci e alla prossima ^^

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Capitolo 33
*** Esordire ***


Esordire.

 

Per iniziare un discorso, ci sono più fondamentali: parole, intonazioni, propositi e motivazioni. Prima di aprire bocca, ci sono persone che dovrebbero fare un piccolo ripassino mentale...

 

Piano, gli sguardi si cercano e allo stesso tempo provano a sfuggire alla luce a dir poco serafica che passa attraverso le tapparelle dischiuse.

Furtivo, il nostro uomo cercò rifugio dietro una colonna, quasi a voler sfuggire a chi, ormai quotidianamente, rischiava di farlo impazzire; un movimento, un sospiro: non c'è più scampo.

Poi, improvvisamente, due occhi scuri si schiudono in contrasto a quella stessa luce angelica e pura, facendolo annegare nel buio.

Ossidiana nel carbone: due iridi differenti, ma troppo simili per poter essere paragonate...

-Papà, ti ho trovato!-

Risata cristallina, che spezza così semplicemente il silenzio da poter dare fastidio, ma Roy Mustang, il nostro caro alchimista, non potrebbe mai insultare il suo pupillo: Maes Mustang.

Mai stata gioia più grande: l'essere padre, possibilità che sembrava essere davvero lontana da lui stesso, era fantastico; se poi ti ritrovavi ad aver come moglie una delle donne più belle di Amestris... Beh, cos'altro chiedere?!

-Adesso tocca a te contare!- Si lagnò il giovane Mustang.

Roy sorrise, scocciato: il nascondino.

Ma chi mai l'aveva inventato?! Eppure, quando giocava con Riza a villa Hawkeye si divertiva così tanto...

Chi avrebbe mai detto, a distanza di anni, che due bambini cresciuti insieme sarebbero potuti diventare genitori di un angelo come Maes.

Il dolce pargoletto, che ormai aveva tre anni già compiuti, stava letteralmente trascinando suo padre accanto al muro, per non fargli scorgere il suo nascondiglio.

-1...2...3... 10!-

E bravo Mustang, così è facile!

-Maes, io arrivo!- Cercarlo era una pacchia, sapeva dov'era: dentro l'armadio, con il viso nascosto tra i vestiti della madre.

Cinque secondi...Beccato.

Tra le risate, il solletico e le chiacchiere, i pomeriggi volavano.

Un attimo di silenzio, quello necessario a riprendere fiato...

-Papà, tu hai mai tradito la mamma?-

Le labbra di Maes si erano mosse automaticamente, ma non avevo potuto fermare quella domanda innocente, nata da un dubbio inquietante: vedere i genitori dei suoi amici litigare era una fitta al cuore; poi, quando aveva scoperto fortuitamente la parola “tradimento”, aveva quasi sentito un bisogno incombente di chiedere a suo padre se mai avesse commesso quest'errore.

E così, tra un gioco e l'altro, aveva deciso di cominciare un discorso con suo padre, esordendo con quella domanda, che molti avrebbero definito “suicida”.

Roy si girò, cauto, e cercò gli occhi del figlio: erano vitrei, inespressivi; terrorizzati dalla possibile risposta affermativa.

-No-.

Secco, senza incertezze. Maes, ancora così incosciente da non comprendere a pieno il significato della sua stessa domanda, alzò il volto, osservando l'espressione beata del padre.

L'alchimista incrociò le braccia dietro la nuca e si sdraiò sul parquet, come se fosse nulla.

-Vedi Maes, io amo tua madre. Non potrei mai tradirla, e spero che lei lo sappia-

Il bambino, vedendo con quanta sincerità riusciva a rispondere suo padre, si sdraiò sul pavimento, ringraziando il cielo per la fantastica famiglia in cui era nato.

Certo, sua madre e suo padre a volte discutevano, ma finivano sempre per abbracciarsi e ridere; nemmeno fossero due bimbi!

Due occhi ambrati, che avevano seguito tutta la conversazione, erano ormai lucidi e consumati da quel dialogo semplice: dietro la porta del salone, Riza sentiva le lacrime ormai vicine.

Sapeva che Roy non l'avrebbe mai tradita, ma sentir uscire dalla sua bocca quel monosillabo così giusto, “no”, era stata la conferma più dolce che avrebbe mai voluto ottenere.

Così, con passo lento e controllato, avanzò fino ad arrivare al centro della stanza, trovandosi vicino a suo marito, ancora sdraiato. Ignorando la scomodità del parquet, si sdraiò anche lei, allungando un braccio e facendo avvicinare anche il suo bambino.

Eccola là, la famiglia finalmente felice.

E così, da una domanda che non sembrava perfetta per cominciare un discorso, si passa ad un abbraccio, ad un quadretto familiare che sarebbe seriamente da incorniciare.

Perché per esordire in un discorso sincero, serve anche la semplicità e la purezza che appartiene solo ai bambini.

 

 

 

Come back *^* Sono viva!

Ok, dopo aver ricontrollato questo capitolo, spero non ci siano errori.

Mi trovo davanti alla parola “esordire”, che significa “cominciare un discorso”.

La mia mente: Cavolo, l'accendino dov'è quando mi serve?!

Spero vi piaccia, io sono abbastanza convinta di questo capitolo. Fatemi sapere!

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Capitolo 34
*** Riflesso ***


 

Riflesso

 

 

Non sempre l'immagine del nostro corpo riesce a rappresentare l'essenza della nostra anima.

 

Sono io, fino a qui non ci sono dubbi: i capelli d'oro, la carnagione quasi cerulea, gli occhi lievemente ambrati; sì, sono io, ma non ne sono sicura.

Davanti allo specchio, inclino di poco il volto, tanto per essere certa che quella raffigurata lì davanti mi rispecchi; strano, anche lei si sta spostando, proprio come me.

Uhm, preoccupante: è normale che non riconosca la mia immagine riflessa?

No, di normale ormai non ho più nulla; non è possibile, adesso anche il mio viso mi sembra irriconoscibile. Eppure sono io, sono sempre stata io!

Cos'ho di diverso? C'è qualcosa che mi manca...

Mi giro, dando le spalle al mio stesso riflesso; il corpo esile nello specchio esegue i miei stessi movimenti rovesciati, mandandomi in confusione.

Ancora spossata, mi volto di scatto verso la grande vetrata cristallina, come se volessi spaventare quell'immagine chiara che non riesco a collegare a me stessa.

 

Manca qualcosa, manca qualcosa...

 

Una voce, un sussurro, dentro di me risale piano dal più profondo della mia anima, come se fosse un suono che le corde vocali non potrebbero mai riprodurre.

 

Tu sai cosa manca, tu sai chi manca...

 

Chi manca...?

Chi man...Oh, che idiota.

Sono così tanto abituata a vedermelo vicino, che ormai non riesco più nemmeno a riconoscermi se non c'è.

Ah, che strano.

Guardo il mio riflesso, e lei riesce a comprendere ciò che sto pensando: senza di lui, la mia immagine è scarna, assente; sembra quasi uno spettro che si dimostra disinteressato a qualsiasi cosa il mondo voglia offrire.

Questa non sono io, il mio riflesso è diverso: infatti, il mio riflesso, la mia ombra e persino la mia stessa essenza, sono complete solo quando vicino a me c'è anche lui.

Perché non posso esistere se Roy non è con me; non esiste luce senza buio, bianco senza nero, caldo senza freddo, sole senza pioggia o nuvole. Non esiste un ''me'' senza un ''lui''...

 

 

 

Piccolo angolo dedicato a me:

Sono viva e sto bene, per quelli a cui interessa.

* Rotola la balla di fieno*

Bene, non so se si era capito, ma a parlare è Riza u.u

Spero sia abbastanza chiaro il discorso che ho affrontato, anche se la parola di oggi mi ha aiutato moltissimo :D

Beeene, per coloro che mi seguono nell'altra fic...

* La balla di fieno si ingrandisce ancora *

...Prometto che aggiornerò o stasera o domani u.u

Saluti **

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Capitolo 35
*** Angelo ***


 

Angelo.

 

Una volta, mi hai chiesto chi sono gli angeli; ebbene, adesso ti posso giurare che, se e quando ne incontrerai uno, ti saprai rispondere da solo.

 

 

Da cosa si riconosce un angelo?

Io pensavo seriamente che tu lo fossi: la tua carnagione cerulea, gli occhi spesso rivolti verso il cielo, caratterizzati da quell'aria quasi nostalgica che quotidianamente s'impossessa di te, senza nemmeno che tu te ne accorga; per poi non parlare della leggerezza del tuo passo, anche se è ormai ben scandito da quel ritmo militare che ti è stato imposto.

Tap, tap, tap”...

Conosco il tuo vero tempo, non è così: hai il passo talmente felpato, che certe volte mi spaventi quando arrivi alle mie spalle; mi chiedo dove tu sia, e tu spunti da qualche parte, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Il tuo proverbiale tempismo, che è già parte di te da quando ne ho memoria, mi stupisce ogni volta di più.

Come fai ad esserci sempre? Mi osservi dall'alto forse? Tu mi spaventi.

Lo sai, ho sentito molte volte che gli angeli sono essere pensanti che, guidati dal loro cuore, scendono sulla terra per legarsi ad un mortale, a loro destinato per tutta la vita; tu sei una di quelle creature tanto belle? Sei un essere che ha deciso di seguire questo povero pazzo, essendo consapevole che dovrai probabilmente restare con me per la tua intera esistenza?

Non ci credo: non puoi essere come una di quelle illustrazioni magnifiche, che mi sorprendevano ogni qual volta le potevo scorgere in quei libri tanto interessanti che avevi in biblioteca, e che tenevi sempre nascosti; così bei disegni, celati all'occhio umano. Forse per paura; sì, magari: la polvere che li distrugge, le mani che lo possono stropicciare, dita sporche che possono distruggere il prezioso lavoro di chi, con calma certosina, ha rilegato ogni singola pagina dei tuoi bellissimi volumi.

La prima volta che ti ho vista, quel giorno... Beh, già allora ho pensato che tu fossi un angelo: eri seduta alla finestra, nascosta dai vetri lievemente opacizzati a causa intemperie che si erano riversate con violenza sulla vecchia villa Hawkeye, e il sole riusciva a disegnare perfettamente i contorni del tuo visetto ovale, da cui i segni della vecchiaia erano assai lontani; i tuoi capelli! Ah, sarei potuto morire solamente nel vedere i giochi di luci che i riflessi biondo chiaro riuscivano a creare: una magia di colore, un disegno perfetto di una fantasia appena accennata nella mia bambinesca mente.

Sì, credevo davvero tu fossi un angelo, ma ancora non riesci a farmi cambiare idea.

Eppure ti ho vista, sì! Ti ho vista anche a Ishval, mentre, con insolita naturalezza, imbracciavi quel fucile che mai avrei associato a te in vita mia, mai.

Non sembravi un'altra, sembravi semplicemente tu.

E dimmi allora, sei davvero un angelo? Gli angeli proteggono, tu fai questo; sono portatori di felicità, e tu sei riuscita a riportare il sole nella mia vita; creature tanto belle tanto difficili da capire, e infatti io non riesco mai a comprendere la tua stessa essenza.

Quindi, lasciami fare due conti...

Oh, abbiamo un bel problema a quanto pare, c'è qualcosa di strano. Cara mia, devo comunicarti una cosa importante: sei un angelo.

 

 

 

Piccolo angolo dedicato a me:

Buonasera a tutti, cari lettori. Scusate la mia breve assenza e il brusco rientro, sono stata molto impegnata. Spero si capisca che è Roy a pensare, di Riza ovviamente...Sinceramente, ho amato questo capitolo e mi soddisfa tutt'ora, tuttavia, se avete considerazioni negative da fare, sarò ben felice di sentire i vostri consigli. Ho bisogno di molto aiuto...

-Hummingbird-

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Capitolo 36
*** Fuggire. ***


 

Fuggire.

 

Inutile scappare da una paura, da un trauma che sembra sparito: giri a destra, poi a sinistra, provi a correre avanti, ma lui è sempre lì. Come fantasma, presenza silenziosa...

 

Niente,

in quella stanza poco illuminata sembrava non esserci niente; tutto ciò che era presente non aveva la minima importanza. Forse, le uniche cose che potevano essere prese in considerazione erano alcuni vestiti, sparsi disordinatamente per tutta la camera, e due persone, strette sotto le bianche lenzuola.

Una delle due, un ragazzo moro, si stiracchiò tranquillamente poiché svegliato da un movimento brusco, probabilmente compiuto dalla persona al suo fianco.

Allarmato, il nostro Roy aveva immediatamente aperto gli occhi, ma si era rilassato dopo poco: era solamente Riza, che doveva essersi spostata.

Girandosi su un fianco, si puntellò sul gomito, mettendosi ad osservarla senza muovere un muscolo; solamente lui poteva vederla così: rilassata, tranquilla e serena. I capelli biondi, dalle sfumature ocra, sparsi sul cuscino, che espandevano il loro profumo per quel piccolo spazio.

E continuava, continuava a fissarla.

Avete presente quella sgradevole sensazione che si prova quando, dormienti, pensate di essere sotto osservazione? Ecco, era quello che, in quello momento, provava la giovane cecchina.

Scocciata, si svegliò; aprendo solamente un occhio, s'accorse che il “disturbatore” altri non era che il suo ragazzo, che sorrideva beffardo.

-'Ngiorno... - Mugugnò lei, stanca.

Roy rise, non riuscendo a trattenersi davanti a quella specie di batuffolo biondo che sbuffava nervoso, stile “locomotiva”.

La prese per la vita, stringendola, e la portò accanto a sé; lei, ancora un po' assonnata, quasi non se ne accorse, almeno fino a che non sentì una pressione un po' troppo forte all'altezza dei fianchi, dolorosa.

-Roy, ehy... Mi fai male, piano!-

Il ragazzo sciolse immediatamente l'abbraccio, resosi conto di aver esagerato.

-Scusami,- mormorò dispiaciuto, mentre le sfiorava delicatamente le ciocche dorate -E' solo che eri così... Lontana; ti volevo portare più vicina.-

Riza lo guardò confusa, mentre si avvicinava a lui; insolitamente, la giovane lo strinse, lasciandolo piacevolmente sorpreso.

-Uhm, con la tua strana affermazione mi hai fatto tornare in mente una domanda che ti avevo posto ieri, a cui non hai risposto-.

Il moro si lasciò conquistare da quel tono dolce, ancora influenzato dal sonno, e storse il naso.

-Me lo sono dimenticato, mi pare che fossimo impegnati a fare altro...-

Riza arrossì di botto, pensando ad un veloce modo per evadere da quell'imbarazzante situazione; si schiarì la gola a fece per rompere l'abbraccio, ma Roy non glielo permise.

Rassegnata, si limitò a riproporre la domanda.

-Ti avevo chiesto,- disse alzando gli occhi al cielo e sperando che l'attenzione dell'altro fosse abbastanza alta -Perché ogni volta che vengo qui da te sembri quasi... Frettoloso, ecco. Ogni sera arrivo, appena posso, e tu praticamente ti fiondi addosso a me, non mi lasci mai parlare. Mi chiedevo, perché tanta fretta? Insomma, non scappo mica. Sono sempre qui, non mi pare di essere assente, eppure...-

Passarono secondi, minuti forse, ma non Roy non si permise di rispondere, né tanto meno di ribattere.

Vedendolo in difficoltà, Riza provò a lasciar perdere e fece per alzarsi dal letto, ma lui fu più veloce: la prese in braccio, stringendola più che poteva.

-Non so come spiegartelo,- incominciò -E' una cosa un po' strana.-

Intanto, la ragazza lo osservava in attesa, leggermente infastidita: chissà perché, stava diventando quasi troppo dolce, e questo non le era mai andato troppo a genio.

-E' solo che ho paura che tu possa sfuggirmi; svegliarmi una mattina e non trovarti più vicino a me, come se fosse stato solo un sogno-.

Riza, sorpresa, sgranò gli occhi: s'aspettava di tutto, ma mai una cosa del genere.

-Roy, dimmi una cosa...-

Richiamato all'attenzione, l'uomo si girò verso di lei.

-Tu... Sei forse un deficiente?!-

Istintivamente, il ragazzo si allontanò, sapendo quanto la sua donna potesse diventare pericolosa.

-R-Riza...?-

-Riza un par di scatole!Ti preoccupi per un'idea idiota! Dove pensi che possa fuggire, eh?! Non ti fidi di me, non ti sembro reale? Ma sei folle?! Scusami, se io sono riuscita a fidarmi di te, che non hai esattamente un'ottima reputazione con le donne, per quale assurdo motivo tu non dovresti fidarti di me?!-

Bum, l'aveva fatta arrabbiare seriamente.

Restarono in silenzio per un po', mentre entrambi cercavano di far ordine nella propria testa: Riza cercava di trovare la pazienza per non farlo fuori, mentre Roy voleva trovare le parole giuste per farla calmare definitivamente.

-Ti chiedo scusa,- disse lui, restando sulla difensiva -Hai ragione, sono un deficiente, un idiota. Solo che, non voglio né posso andare avanti se tu non ci sei e pensa, sto addirittura diventando uno scontato!Concludendo, e so che adesso mi arriverà un sganascione ben piazzato sulla guancia, io... Volevo solo dirti che penso di essermi innamorato di te.-

Fu un attimo: Roy vide Riza impallidire, diventare una specie di lenzuolo vivente, e poi cadere dal letto senza fiatare.

-Hey!-

Lui si precipitò a vedere se stesse bene, anche se sapeva benissimo che non si doveva essere fatta nulla; la trovò con la schiena appoggiata al muro, gli occhi ancora completamente aperti.

-Tu... Esageri sempre.- Lo riprese lei, abbassando il volto. -Sei un idiota, un povero scemo, e davvero non capisco cosa ci faccio ancora qua-.

Roy inghiottì rumorosamente, pallido.

-Però,- continuò lei -Prova un'altra volta dire che potrei lasciarti da solo e te lo giuro, ti riduco ad un formaggio gruviera...-

Non riuscirono a trattenersi e scoppiarono a ridere.

In un attimo, tutta la serietà, che pochi attimi prima governava la stanza, si sgretolò lasciando spazio ad un'interminabile ilarità.

 

...Ma come una paura, anche una persona amata riesce sempre a tornare da noi, per quando ci sia possibile sfuggirle.

 

 

Piccolo angolo dedicato a me:

YEAH! Scrittura clandestina ;)

Gente, oggi sono una gelatina vivente quindi voglio provare a far diventare gelatine pure voi.

Avviso: questo capitolo potrebbe essere pieno di errori, ma visto che ho smesso un po' di scrivere non riesco più a rileggerlo che le parole cominciano a girovagare nella mia povera testa tutte invertite...

Scusate in anticipo, anche per la dolcezza <3

Hum.

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Capitolo 37
*** Veleno. ***


 

Veleno.

 

Molto spesso, quello che ci nuoce è considerato come oggetto negativo, aura nera che ci divora l'anima; non sono d'accordo: ciò che è dannoso può anche essere interpretato come rafforzamento dello spirito stesso.

 

 

Fosse per me, cancellerei quella sensazione di amaro, che giace statica sul palato quando ci troviamo costretti a rinunciare a qualcosa: l'orgoglio si ribella, diventa incontrollabilmente bastardo e comincia a corrodere il nostro corpo, l'animo.

Tutto ciò che non è detto, quello che ci teniamo dentro, sotto vari punti di vista può anche essere incredibilmente dannoso, come veleno; però, mentre lo stesso veleno imprigiona in uno stato di torpore il corpo, quello che noi stessi neghiamo è semplicemente nocivo per lo spirito.

E' un concetto tanto semplice quanto complicato; per cercare di introdurvi questo “simpatico” argomento, mi cimenterò in un esempio masochistico: quando siete sul punto di sperimentare qualcosa di nuovo, di speciale e di concreto, ma poi vi ritirate... Cosa provate? Il ripudio totale dell'orgoglio è così malvagio da far aggrovigliare le viscere.

Voi pensate, come si sarà sentito un fanatico dell'arroganza, tale è definibile Roy Mustang, insultato dal suo stesso vizio per essere un maledetto rinunciatario? Tutte le volte che, preso dall'ardore del momento, si trovava nella situazione perfetta per ammettere un sentimento represso da lui stesso e invece... Puf, nulla.

Certo, non deve essere stato facile nemmeno per un uomo tanto superbo, ma cosa avrebbe dovuto dire la persona che, di giorno in giorno, se lo vedeva arrivare davanti a passo di marcia, per poi riuscire correndo dalla porta, dando calci al muro? Infatti, Riza non aveva capito pressoché nulla di quell'atteggiamento tanto incostante: lui che le veniva incontro, apriva la bocca per chiedere qualcosa e infine... Se ne andava.

Una sera, l'aveva trovato aggrappato alla scrivania, totalmente ubriaco; stava blaterando qualcosa riguardante un veleno interno e, in un primo momento, quel discorso l'aveva allarmata non poco.

Solo dopo una secchiata d'acqua gelida in faccia Roy aveva potuto spiegarle che si sentiva praticamente logorato dal rimorso, un rimorso che lo stava danneggiando internamente da mesi, forse anni. Non trovava il coraggio per ammettere il legame nuovo e diverso che lo stava portando alla follia; Mustang aveva paura, il terrore più puro di una stessa sensazione: l'amore.

Sentendo quel discorso malato, Riza si era convinta di quanto avesse bevuto il suo superiore: decisamente troppo.

Lei, che gli era sempre stata vicina, che l'aveva sempre compreso, non riusciva ad intendere ciò che lo affliggeva. Per di più, non era la prima volta che lo trovava in quel penoso stato, ma la sua mente non riusciva ad arrivare ad una soluzione.

Poi di nuovo la storia si ripeteva monotona: la mattina lui le veniva incontro, apriva la bocca per chiedere qualcosa e infine... Se ne andava*. Sorpresa, lo dovette sopportare in quella “modalità” durante tutto il mese a seguire.

Un'ultima sera, l'ennesima serata d'ubriachezza e di finte risate, la ragazza lo dovette aiutare a tornare a casa, anche perché Roy si sentiva fin troppo intorpidito per camminare; come di consueto, iniziò a blaterare qualcosa su quel veleno tanto dannoso e lei si rifiutò di ascoltare oltre.

Arrivati a casa del colonnello, lo lasciò cadere pesantemente sul divano, annoiata; parlando a bassa voce, per non disturbarlo eccessivamente, pose tranquilla la sua domanda.

-Signore...- incominciò, attirando la sua attenzione -Mi vuole spiegare cosa le sta succedendo recentemente?-

Quanto può essere lucido un uomo che si è appena scolato una bottiglia strapiena di Wodka? Non molto; difatti, la sua risposta fu più che confusionaria: incominciò a spiegarle del rimorso, del suo risentimento, ma lei non comprese praticamente nulla.

Purtroppo, passato quel mese non cambiò niente: il loro rapporto rimase sempre arricchito da quella spiacevole sensazione di abbandono, da un orgoglio ferito che non riusciva a smettere di essere dannoso per entrambi.

Eh, cosa possiamo fare? Infondo, stiamo parlando di due persone tanto cocciute quanto legate; proprio per questo,si spera siano in grado di risolvere da soli le loro divergenze!

Non fosse così, almeno ci rimarrebbe il dolce lusso di poter modificare tutto ciò che li riguarda, secondo la nostra fantasia; questo è il bello di una storia imprecisa, per quanto velenosa possa essere.

 

 

 

Piccolo angolo dedicato a me:

Allooora, per questa storia volevo procedere con un approccio più “personale”.

Purtroppo, ci ho messo più di un giorno a scriverla (dopo la febbre sono un po' peggiorata D: Quindi stavo imprecando contro il cielo tra un paragrafo e l'altro ç_ç )

Spero lo stesso che vi piaccia.

Baci & Saluti,

Hum.

 

P.s. : (*) lo so che ho ripetuto una frase che ho scritto in precedenza, non sono ancora così fuori di testa ^^

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Capitolo 38
*** ... ***


 

… “ …” …

 

 

 

 

 

Lì, a destra, c'è Havoc. Lo vedo vicino a Rebecca, che poggia le mani pallide sull'orlo della carrozzina argentata; tra poco non gli servirà più, ormai è guarito. Non sono soli: accanto a loro c'è Sheska, appoggiata alla spalla di Fuery; lui ride. E' bello quando qualcuno che amiamo sorride, così semplice. Lo guardo e quasi non ci credo; sono passati anni, eppure è così uguale!

Normale, dopotutto: una foto non può invecchiare; ci sono molte persone intrappolate in quella “cornice” dorata, ci siamo tutti.

Da sinistra, Denny e Maria... Pensavo fosse impossibile, eppure anche loro sono riusciti ad afferrare quell'agognata felicità che si muoveva silenziosamente per le strade di Amestris. Anche io l'ho raggiunta, l'ho catturata.

La stanza dove mi trovo, al momento vuota, si riempie improvvisamente, colmandosi della mia risata; non potevo trattenerla: Armstrong, Breda e Falman sono davvero assurdi! Un omaccione nerboruto e tutto muscoli in lacrime, stretto ad un mangione assatanato ed a una memoria umana.

Non mi posso fermare: quindici minuti di ilarità sono garantiti!

Asciugo una lacrima solare che scivola piano tra le mie ciglia, mentre sono ancora troppo presa da quello scatto ingiallito.

Vedo Winry, col bel pancione alto di chi aspetta con ansia il più grande miracolo del mondo; la sua mano, stretta in quella di suo marito, del nostro Edward. I miei occhi si posano sulla sua figura e su quella del fratello, sempre al suo fianco: sono così cresciuti; i loro lineamenti adulti mi sorprendono per un secondo ed un brivido passa lento lungo la mia colonna vertebrale. Il mio corpo si riscuote e, ignorando quello strana sensazione di vuoto all'altezza dello stomaco, continuo a fissare il foglio spiegazzato che tengo in mano, sono quasi arrivata al centro dell'immagine...

Adesso viene May, che in braccio tiene un frugoletto biondo che agita le braccia verso di lei, curioso; anche quella ragazza ha avuto il coraggio di richiamare l'amore che le era stato rubato, regalandolo poi ad Alphonse.

Oh, ci siamo già: intravedo l'orlo del vestito bianco; per un attimo mi allontano dalla foto, contrariata... Non voglio vederlo.

Ma di cosa ho paura?! Forse, è stato il momento più bello della mia vita, anzi!, lo è stato sicuramente. Torno ad osservarla, stavolta convinta, e sorrido di nuovo: al centro esatto, ci siamo noi due. Me lo ricordo come fosse ieri, perché ci tengo come se non fosse passato che un giorno. Invece il tempo è trascorso, inesorabilmente veloce; tre anni volati, come foglie secche spazzate via... Eppure, io e Roy siamo sempre uguali su quel foglio: il giorno del nostro matrimonio.

Mai tanta ansia! Mai tanto stupore: era tutto perfettamente scombussolato, un disastro dietro l'altro!

Il vestito che s'era impigliato alla stampella, il cravattino di Roy macchiato di caffè, Ed e Al che sono arrivati sul filo di lana, May che aveva quasi perso il mio fermaglio, Winry che non trovava i fiori delle damigelle...

E' tutto così vivido. Quel giorno era diverso, per tutto quanto. Non per il vestito, per le decorazioni o per il resto: no. Era per il nostro speciale sfondo; non è fatto di cartone, né di stoffa a quanto pare. Io l'ho capito osservando questa foto, tenendola tra le mani: il nostro sfondo, la nostra cornice perfetta, sono le persone che ci amano.

Havoc, Rebecca, Fuery, Sheska, May, Alphonse, Edward, Winry, Armstrong, Falman, Breda, Maria e Denny... Tutti! Sono loro, sono i colori della nostra vita. E li rappresentano tutti quanti, perfettamente. Ci donano uno sfondo unico e soggettivo, pieno di vita a di allegria.

Non pensavo di poter essere così orgogliosa di un pezzo di carta, ma questo racchiude tutti gli sforzi che ho consumato in questi anni. Vedere il nostro “vuoto” che viene completato da coloro che amo... Completa anche me stessa.

 

 

 

 

… “Sfondo” …

 

 

 

 

Piccolo angolo dedicato a me:

Salve a tutti, era un po' che non aggiornavo la mia fic...

Penso che questo sia uno dei capitoli meglio riusciti della mia storia, perché piace anche a me.

Parlare di sfondi e di colori mi piace, e poi sono contenta di averci inserito anche il matrimonio di Roy e Riza... A parlare era proprio lei, se non si era capito...

Adesso vado ^^

-Hummingbird.-

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Capitolo 39
*** Preciso. ***


Preciso.

 

“Sembra che nella società di oggi rimanga fregato chiunque di noi non sia ricoperto d'impegni dalla testa ai piedi...”

 

 

 

 

“Perdonami, sono in ritardo”.

“Mi sono svegliato tardi! Scusami!”.

“Tenente! Non mi diverto mica ad arrivare più tardi!”.

Citare le frasi del generare Mustang è da sempre un lavoro che mi aggrada parecchio. Come narratrice mi diverto a raccontare di tutte le volte che se n'è infischiato del tempo che passava, la lancetta dei minuti (a volte perfino delle ore) che superava della grossa il numerino che lui avrebbe dovuto considerare sacro.

Parlando poi di quando arrivava tardi a lavoro, il che era ancora meno gratificante perché significava che la considerazione che aveva per il suo ruolo militare era pressoché infima, c'era seriamente da divertisti: aveva luogo infatti lo scontro tra titani.

“Lei non tiene conto del tempo che si perde qui in ufficio per colpa SUA!”

“Tenente non esageri, solo cinque minut...”

Si udiva uno sparo e, allora, tutto taceva. Si doveva impugnare la penna, firmare i documenti in silenzio. Totale silenzio.

“...Riza?”

“Perché mi devi complicare sempre le cose?”

“Mi dispiace... Ma ho una buona ragione!”

“Sentiamola”

“Non adesso! Stasera usciamo?”

“Non lo so, non sarebbe conveniente. Se dovessimo fare come l'altra volta, rischiando di essere scoperti, sarebbe una serata... Pesante”

“Stai tranquilla, ti porterò in un posto più discreto”

“Alle otto?”

“Sì, fatti trovare alle otto precise a questo indirizzo”

La conversazione si svolgeva così sottovoce che nemmeno coloro che vi partecipavano riuscivano a sentire chiaramente; perfino il passaggio di un bigliettino bianco passava inosservato tanto erano accurati i loro movimenti.

Questa era precisione; forse non quella che intendeva Riza, certo, ma rientra comunque nell'ambito dell'essere precisi.

E quella stessa sera, alle otto precise, nell'angolo di una via deserta al limitare di Central c'era solo lei; sola, al buio; lui che non arrivava; doveva aspettarselo, non poteva contare su Roy Mustang nemmeno quando si parlava di un loro appuntamento. Non era lavoro, per una volta non c'entrava un cavolo; eppure lui non arrivava, era nuovamente in ritardo.”

Le otto erano passate da quasi quindici minuti quando Riza si decise ad andar via. Proprio allora sentì che qualcuno l'aveva afferrata per la giacca.

“Mi dispiace”. Riza non rispose, si limitò a sorridergli e, notando una piccola scatola di velluto far capolino dalla tasca di lui, non poté fare a meno di manifestare un velo di curiosità.

Con un gesto veloce, Mustang le prese entrambe le mani, per poi inginocchiarsi davanti a lei.

“Ma cosa stai facendo?

“Sono arrivato tardi per una motivazione ben precisa: davanti allo specchio, come un cretino, a provare e riprovare ciò che avrei dovuto dirti; ciò che devo dirti ora, prima che l'ansia mi mangi vivo.” Infilò la mano nel taschino e tirò fuori il piccolo cofanetto.

“Mi vuoi sposare?”

Il tempo parve arrestarsi.

Non c'era più l'orologio che ticchettava imperterrito, quello a cui Roy aveva lanciato un attacco di fiamma prima di uscire. Non c'erano ritardi, né puntualità, c'era solo un generale idiota, in ginocchio con gli occhi chiusi, e il suo bel tenente che lo guardava meravigliata.

“Sì”

“Che hai detto?”

“Ho detto di sì!”

Uno scoppio di risate in una viottola, un abbraccio e un bacio che bastano a far sparire il buio della sera.

 

 

“...Roy?”

“Sì?”

“Se arrivi tardi tu il giorno delle nozze, giuro che ti sparo”.

 

E direi che dopo una serata così, la precisione può anche andarsene a quel paese.

 

 

 

 

 

Piccolo angolo dedicato a me:

Chiedo scusa, chiedo scusa e chiedo scusa ancora!

Sono stata sommersa da impegni e non ho più aggiornato...

Perdono!

So che non ci sono molte persone che seguono la storia, ma a quelle poche che ci sono chiedo immensamente scusa.

Non è uno dei capitoli migliori, o almeno credo.

Sinceramente mi è piaciuto scriverlo, perché ho riletto recentemente uno dei primi che avevo pubblicato e... Beh, wow.

Adesso vi lascio, scusatemi di nuovo...

-Hummingbird.-

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