Dentro quel mondo

di Aryapikkola
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo ***
Capitolo 2: *** Secondo ***
Capitolo 3: *** Terzo ***
Capitolo 4: *** Quarto ***
Capitolo 5: *** Quinto ***
Capitolo 6: *** Sesto ***
Capitolo 7: *** settimo ***
Capitolo 8: *** ottavo ***
Capitolo 9: *** Nono ***
Capitolo 10: *** Decimo ***
Capitolo 11: *** Undicesimo ***
Capitolo 12: *** Dodicesimo ***
Capitolo 13: *** Tredicesimo ***
Capitolo 14: *** Quattordicesimo ***
Capitolo 15: *** Quindicesimo ***



Capitolo 1
*** Primo ***


Questa storia la pensavo davvero da moltissimo tempo, non ho la presunzione di sperare che piaccia ma che almeno vi faccia piacere leggerla.

Arya




 
Cavolo mi bruciavano gli occhi...
Non ne potevo più, possibile che dovessi ancora piangere?
Non mi andava di fare la vittima, c'erano persone che erano in situazioni più brutte della mia. Cosa era un lutto in confronto a quelle persone che morivano di fame?
Ok queste stronzate non mi convincevano neanche un po'.
Mia madre se ne era andata, ed ero lì nella mia camera a cercare di scegliere cosa portarmi dietro verso la mia nuova "casa", cioè a casa di mia zia.
Visto che mio padre neanche lo conoscevo mi avevano sbolognato a mia zia, io ancora cercavo di non pensarci, facevo le valige in modo meccanico.
I vestiti erano tutti a posto, adesso mi toccava la parte più dura. I miei libri.
Non mi sarei separata da nessuno di loro, avrei dovuto fare una valigia solo per quelli ma non mi interessava.
Fissai subito quei quattro libri dalla copertina nera, li sapevo a memoria, possibile che non mi stancassero mai?
Come per darmi una risposta da sola presi Twilight tra le mani e sfogliai lentamente le pagine
 
"leggo solo un paio di righe e poi continuo con le valige"
 
Non appena aprii la prima pagina avvertii un brivido, anzi non un brivido quasi una scossa. Senza neanche capire il motivo iniziai ad avere paura, paura sul serio.
Non volevo alzare gli occhi dal libro perché sapevo che c'era qualcuno con me in quella stanza.
Non aveva fatto rumore ma sapevo che era li con me.
"ok sto impazzendo ufficialmente"
 
Alzai lo sguardo piano, ma niente mi avrebbe preparato a vedere ciò che vidi in quel momento.
Un ragazzo bellissimo, mi fissava, in modo completamente assurdo.
Era un ragazzo normalissimo, alto occhi azzurri capelli sbarazzini. Aveva una maglia arancione sotto la giacca con scritto " I am a vegetarian".
Sembrava mi stesse scannerizzando, voleva cogliere ogni piccolo praticolare di me..
 
Non mi usciva nessuna parola, solo domande che non riuscivo ad esprimere.
Che cavolo ci faceva li? Come era entrato? Chi era? Perché mi guardava così?
Forse intuì le mie domande, si allontanó di un passo per non spaventarmi. Ma stranamente non avevo proprio paura adesso che lo avevo visto, il suo aspetto aveva qualcosa di vagamente familiare. Ma non era comunque il caso di fidarmi.
 
Raccolsi un respiro profondo e finalmente riuscii a dire qualcosa.
 
-Chi sei? Come hai fatto ad entrare?
 
Sembrava lo avessi distolto da chissà quale pensiero, avevo notato solo adesso che non mi guardava più, ma guardava il libro che stringevo con forza nelle mie mani.
 
- Non avere paura, so che ti sembrerà assurdo ma devo portarti con me.
 
Ok per prima cosa, la sua voce era adir poco stupenda, non sapevo neanche che aggettivi usare per descriverli, seconda cosa mi stava prendendo in giro? Dove sarei dovuta andare? Con lui poi?
Di sicuro qualcuno sarebbe entrato e avrebbe portato via quel bellissimo pazzo che mi era davanti, se mamma sarebbe entrata adesso gli sarebbe venuto un colpo.

Quel pensiero mi colpi con tutta la sua forza.
Ma cavolo stavo pensando? Mia madre era morta..
Nessuno sarebbe entrato da quella porta, nessuno si sarebbe preoccupato per me. Quello che mi aspettava era ancora un anno minorenne da mia zia, finche non avrebbe preteso che andassi già a vivere da sola per non dargli scocciature.
Mi sarei anche dovuta trasferire, da Firenze sarei dovuta andare giù in Sicilia.
Presa da una strana malinconia compresi che la mia vita non mi allettava.
 
Il ragazzo era ancora li, aspettava con pazienza che gli rispondessi. Presa dallo sconforto, forse desideravo fosse davvero un pazzo, avrei finito di vivere questa assurda esistenza senza più affetti e senza soffrire ancora.
Lo guardai negli occhi e c'era preoccupazione nei suoi occhi, ed era indirizzata a me.
Non so se fu quello a decidere, o più che altro tutta la tristezza che sentivo dentro, ma mi alzai e mi avvicinai di un passo verso di lui.
 
- Dove andiamo?
Se era sorpreso non lo diede a vedere, sembrava anzi che fosse sollevato.
 
- In un posto che conosci davvero bene.
Sorrideva? Oddio questo era pazzo ma ormai ero convinta, non mi sarei tirata indietro.
 
Vidi il ragazzo avvicinarsi a me, alzò lentamente la mano e mi toccò la guancia, la sua mano era così calda, sembrava scottasse per la febbre.
- Chiudi gli occhi.
Feci un altro respiro profondo e sperai davvero che non un fosse un serial killer, voleva approfittare di me? Voleva rapirmi? Oddio queste però mi sembravano altre paure stupide, perché nel profondo potevo sentire che quel ragazzo era buono, non aveva cattive intenzioni. Chissà perché ero pronta ad affidarmi a lui, forse era solo perché ero davvero disperata.
Non passarono neanche 20 secondi che sentii il ragazzo parlare di nuovo.
 
- Puoi aprirli adesso.
 
Ma cosa diceva? Non ci eravamo neanche mossi.. Aveva cambiato idea? Voleva rimanere nella mia vecchia camera? Ero davvero stufa, e io mi stavo comportando da stupida.
Aprii gli occhi e vidi che ero ad un aeroporto, le mie gambe cedettero dallo shock, il ragazzo però mi prese appena in tempo.
- Ma come hai fatto? È impossibile!
Mi mancava il fiato, forse non mi aveva neanche sentito con tutte quelle voci, eravamo in mezzo alla folla davanti al check in.
 
- Questo non importa, sappi che devi andare sulla sinistra e troverai la persona che ti aspetta. Ah e per tua informazione ci troviamo all'aeroporto di Phoenix.
 
- Tu sei fuori! Ma come è possibile? E chi è che mi aspetta?
Non si degnò di rispondere neanche ad una mia domanda, iniziò a cercare qualcosa nelle sue tasche dei jeans.
 
- Ah non ti preoccupare per la lingua adesso parli tranquillamente inglese, non avrai problemi. Mi raccomando devi andare sulla sinistra ce una donna con il cappotto viola, appena ti vede lascia parlare lei.
 
Oddio ma dove ero finita? Forse era un sogno, ma questo era fin troppo reale, sentivo tutti i particolari ed ero completamente lucida. Il ragazzo continuava ancora a cercare dentro le sue tasche, e alla fine riuscì a tirare fuori un bigliettino. Immaginai fosse quello che cercasse perché lo vidi sorridere contento, io ancora non sapevo cosa cavolo dire!
 
- Ecco questo è per te, aprilo quando sarai arrivata a casa per favore. Ok adesso vai!
 
Dopo avermi infilato il biglietto nella tasca del giubbotto, mi fece voltare verso la direzione che mi aveva indicato, e diede una leggera spinta, come a volermi incoraggiare.
Feci due passi in avanti completamente smarrita, appena presi piena coscienza di me mi voltai per gridare a quel ragazzo che era pazzo, e che aveva sbagliato persona. Di certo la persona cercava lui non ero io, perché io non avevo capito quasi niente di quello che mi aveva detto.
 
Ero completamente nel panico, cercai di analizzare bene le cose, di scappare di certo non se ne parlava. Non sapevo neanche dove fossi, e non avevo soldi con me.
Decisi che avrei fatto come mi aveva detto, alla fine che altro avrei potuto fare?
 
Svoltai verso sinistra e notai subito la donna con il giubbotto viola, sembrava ansiosa. Era una donna comunissima, io mi aspettavo di incontrare una donna tipo 007 o una spia di non so cosa, visto il modo che aveva preso piega questa storia. Invece negli occhi di quella donna non vidi nessuna cattiveria, ero quasi convinta che non mi avrebbe fatto del male.
Ero quasi arrivata da lei che si voltò nella mia direzione a rivolgermi un sorriso. Mi venne quasi naturale rispondergli allo stesso modo, ok adesso mi sentivo davvero pazza. Ero pronta per il manicomio, cercai di non sembrare nel panico e mi avvicinai a lei, si sporse subito per abbracciarmi.
 
Quello fù troppo doloroso però, il modo in cui mi aveva abbracciata mi ricordava troppo il modo in cui lo faceva mia madre. Mi ritrassi quasi subito, come scottata. Notai i capelli corti, e la sua fisionomia mi diceva che era come se avessi dovuto riconoscerla, fu lei a parlare per prima.
 
- Bella, lo sai non sei obbligata.
 
Quello fu come una coltellata in pieno stomaco. Ma cosa diceva? Era uno scherzo vero?
Avevo sentito bene come mi aveva chiamata, avevo sentito che aveva parlato in inglese eppure l'avevo capita benissimo. Cercai di capire dove fossero le telecamere nascoste, mi sentivo del tutto spaesata una VERA pazza. La donna davanti a me aspettava una risposta, e per quanto quella situazione fosse assurda notai che la descrizione che era nel mio libro era fedele alla fisionomia della donna.
Che cosa si aspettava gli dicessi? A quel punto diedi libero sfogo alla pazzia, ero sull'orlo della crisi. Ero terrorizzata, ma non sapevo come comportarmi così dissi forse le parole che lei si aspettava, e non fu una scelta a caso che gli risposi proprio come continuava nel libro, mi sentii sollevata ad averlo letto così tanto.
Con un filo di voce dissi la frase, come se recitassi con un copione in mano
 
- Ci voglio andare.
 
Ok adesso potevano anche potarmi insieme agli altri pazzi.

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Capitolo 2
*** Secondo ***


Avendo già il secondo capitolo già pronto così l'ho postato subito, ringrazio  tantissimo Adria_volturi ed ese96  per aver recinsito la mia storia. Spero continuerete a leggere e a recensire.

Arya



Dopo la chiacchierata che di sicuro mi ero solo immaginata ( quella non poteva essere Renée ), cercai di fare finta che tutto quello che mi stesse succedendo fosse normale. Il mio cervello rifiutava che quella situazione fosse reale così mi mossi come un automa verso quello che doveva essere il mio volo e iniziai il viaggio alla quale avevo paura di sapere dove mi portasse.
Quando il pilota disse agli altoparlanti che eravamo arrivati Seattle, ormai avevo rinunciato di capire come mai la mia vita avesse preso la piega del libro che ormai temevo anche solo a nominare o a pensare.
Gardai nei miei biglietti e vidi che dovevo prendere un altro aereo per Port Angels.
Certo ovvio ormai avrei dovuto capire che visto che ero in mezzo a quel casino ormai si svolgeva tutto in piena regola come era scritto nel libro.
Avevo preso il SUO posto, il posto di Bella.
 
Quando andai per prendere l'altro volo mi venne la paura che avessi anche cambiato l'aspetto, ma quando mi specchiai nella parete vicino al gate vidi il mio solito aspetto , capelli lunghi neri occhi azzurri, un po' bassina.
Certo che però se avessi preso l'aspetto di Bella non mi sarei sorpresa, visto che ormai ero dentro quella follia mi aspettavo di tutto. Mantenere in qualche modo però la mia identità mi fece sentire però meno persa. Ma non mi diede la sicurezza ancora per affrontare quella situazione.
Presi il secondo aereo, e il viaggio non durò molto. Per fortuna nella striscia girevole che portavano le valige c'era una targhetta con scritto "Isabella Swan" senno sarei entrata ancora più nel panico.
 
Uscii dall'aeroporto e vidi quello che ormai mi aspettavo, ormai non speravo più di svegliarmi. Non so perché ma capii che era inutile negare l'evidenza, ero finita dentro Twilight e non mi importava se era un sogno o chissà che cos'altro. Quella situazione era quello che la maggior parte delle ragazze che avevano letto il libro desideravano.
Non sapevo quando sarebbe finita questa storia, ma ero decisa godermi quella situazione, che fosse reale o meno.
 
L'uomo che mi aspettava aveva una divisa da poliziotto, era diversa da quelle utilizzavano in Italia ma la scritta police sulla macchina affianco a lui diede conferma alla mia teoria. Quello era decisamente Charlie.
Mi sorrise in modo meno evidente di come aveva fatto Renèe ma non per questo con meno affetto.
La fitta allo stomaco mi ricordò che non avevo mai avuto un papà, decisamente questa storia si stava facendo più complicata di quanto già non fosse.
Mi avvicinai a lui e lo lasciai parlare per primo.
 
- È un piacere rivederti Bells.
 
Mi diede un abbraccio un po' goffo, da parte mia mi sentivo anche più impacciata di lui, che cosa avrei mai potuto dire a quello che sembrava fosse mio padre ma non lo era?
Non volevo rimuginarci più di tanto.
 
- Anche per me papà.
 
Per la mia prima volta fui io a sorridere per prima, non so se per la situazione assurda o forse perché per la prima volta avevo chiamato papà qualcuno. Non mi era mai stata concessa questa opportunità prima.
Per un momento mi sembrò che forse questa strana storia per quanto fosse assurda in qualche modo aveva un senso.
Mi ero sentita voluta bene fin da subito da quando quel ragazzo mi era venuto a prendere, e non potevo negare che questo mi aveva fatto sentire bene.
 
Come programmato in macchina Charlie mi parlo del pick up e io fui più esuberante del dovuto, non perché mi piacesse quella macchina, ma perché ero sempre stata curiosa di come fosse nella realtà. Volevo vedere tutto, la casa la mia camera da letto, il giardino, la cucina con i mobili dipinti di giallo. Mi parlò anche che la macchina era di Billy Black e lì non potei evitare di essere ancora più emozionata, era proprio come nel libro ma sentire parlare del papà di Jacob avevo reso un po' più reale questa faccenda.
 
Forse tutto quello entusiasmo si sarebbe presto spento quando mi sarei svegliata ( visto che ancora valutavo che questo fosse un sogno ), ma volevo godermi tutto. Mi sentivo una pazza fan che finalmente poteva vedere il mondo di cui aveva solo letto e fantasticato.
 
Durante il tragitto vedevo come ci stessimo allontanando dalla città, e ci inoltravamo in una cittadina inondata nel verde, era stupendo.
Abituata alla città quel posto mi parve davvero il paradiso, la calma e la natura mi chiamavano a gran voce. Sorrisi, e notai che Charlie lo aveva notato. Si fece più allegro e iniziò di nuovo a parlare; del suo lavoro della mia scuola, degli orari che faceva.
Mi faceva piacere parlare con lui, forse perché anche io come lui avevo avuto come compagna la solitudine per molto tempo. Non era mai troppo impiccione e non parlava mai di cose inutili, non si perdeva in chiacchiere e questo mi piacque davvero molto.
 
Appena vidi il cartello Forks non potei fermare il brivido e la pelle d'oca, era come se avessi la conferma che era davvero li che ero diretta. Appena arrivati a casa Charlie mi fece vedere la macchina che naturalmente adoravo solo perchè esisteva ( chissà come era guidarla, se mai la avessi provata ) e mi portò a vedere la casa, e mi lasciò da sola in camera mia. Questa era proprio come me la immaginavo, le pareti azzurre la scrivania con il computer un po' anzianotto ma naturalmente la adorai.
 
Mi tuffai nel letto e iniziai a pensare davvero alle conseguenze di questa situazione, non potevo negare che mi facesse piacere stare li. Non potevo credere che mi fossi ammattita tutto ad un tratto, e l'altra opzione ere che questo fosse solo un sogno. Se era un sogno per logica ( o non logica non saprei ) quando mi sarei addormentata mi sarei risvegliata nella mia vecchia casa vuota con ancora tutte le mie cose da inscatolare. Ma se tutto questo era reale allora dovevo capire come comportarmi, io sapevo come era la storia, quindi sapevo chi avrei incontrato domani mattina a scuola.
Avevo cercato di non pensare a LUI fino all'ultimo perché quello era la cosa che più volevo vedere con i miei occhi, più della casa, della macchina, più dei miei finti genitori.
Il problema però era anche il fatto che lui leggesse il pensiero, io non ero la Bella di cui avevo letto, quindi dovevo supporre che mi potesse leggere nel pensiero.
Oddio, cosa avrebbe pensato quando avrebbe letto i miei? Di sicuro avrebbe pensato che fossi una pazza che pensava di vivere dentro un libro. Il peggio era se veniva a sapere che io ero al corrente del suo segreto, quello sarebbe stato un casino sul serio.
Ok adesso ero nel panico, potevo decidere di dire a Charlie che non stavo bene e che quindi non andavo a scuola domani, ma non potevo stare a casa per sempre. Cosa avrei detto?
Misi le mani dentro il mio giubbotto e sentii sotto le dita un pezzo di carta.
 
QUEL pezzo di carta.
 
Mi aveva detto leggerlo quando arrivavo a casa.
Intendeva questa casa? Immagino di si.
Che cavolo poteva esserci mai scritto per darmi una mano da questa situazione assurda? L'unico modo era leggerlo.
Lo aprii bene e lessi
 
" Lui non può sentirti se ti concentri "
 
Non sapevo che pensare, era come se avesse risposto alle mie preoccupazioni di prima. Sapevo che quel pezzetto parlava di Lui.
Di Edward.
Potevo riuscire davvero a nascodere i miei pensieri? Forse non avevo lo scudo di Bella ma in qualche modo lui se io glie lo impedivo non poteva leggere neanche me.
Mi sentii subiti più leggera, più felice. Se questo sogno, anzi questo stupendo sogno fosse continuato potevo davvero vederlo senza avere preoccupazioni, potevo vedere tutti. Magari avrei avuto l'occasione di vedere tutta la famiglia Cullen, ma non ci speravo del tutto.
Infondo io non ero Bella, non credo che sarei riuscita ad avvicinarmi a loro. Ma mi bastava anche solo vederli per una volta, loro erano stati la mia sola compagnia quando da sola in camera mia non c'era nessuno in casa ( visto che mia madre era in ospedale ) , e per una volta forse avrei avuto davvero avuto la possibilità di vederli con i miei occhi.

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Capitolo 3
*** Terzo ***


Ringrazio di cuore chi ha recensito la mia storia: ese96, Adria_Volturi, Melody Potter. Ringrazio anche chi la legge soltanto, spero tanto che vi piaccia questo capitolo :)
Un bacio Arya





La notte volò,
pensai che non sarei riuscita a dormire per colpa della troppa eccitazione, ma quando mi misi nel letto crollai.
Il rumore della pioggia mi aveva rilassato e la stanchezza e le troppo emozioni mi fecero dormire pesantemente. Per fortuna mi ero ricordata la sveglia senno mi sarei svegliata tardi. Appena aprii gli occhi mi sentii sollevata di risvegliarmi nella mia camera di Forks, fu la prima volta dopo tanto tempo che mi svegliai di buon umore.
 
Feci colazione con Charlie, non facemmo dei gran discorsi, ma sembravamo godere uno della compagnia dell'altro. Mi augurò buona fortuna per il primo giorno di scuola e io sperai davvero in un po' di fortuna, finii la colazione e cercai cosa mettermi ero ancora in pigiama. Di solito ero una gran ritardataria, non mi sarei smentita neanche oggi a quanto pare. Guardai il mio guardaroba sconosciuto e optai per dei jeans stretti e un maglioncino azzurro.
Presi giubbotto e chiavi e mi diressi verso lo Chevy, adesso arrivava la parte un po' più difficile, notai subito che li le marce erano automatiche un punto in mio favore.
Io non avevo neanche la patente, avevo 17 anni alla fine, in Italia bisognava aspettare almeno i 18. L'accesi e anche se sapevo che quell'auto era rumorosa mi sorpresi lo stesso del rombo che fece, stranamente riuscii ad uscire dal vialetto senza sbattere da nessuna parte. Andavo alla stessa velocità di una nonnina in bicicletta, ma non mi importava era la prima volta che guidavo e per essere ero eccitata solo perché mi muovevo.
Per fortuna c'erano i cartelli stradali e avevo capito come raggiungere la scuola, riuscii a parcheggiare al primo tentativo. Allora feci mente locale, per prima cosa dovevo andare in segreteria, e poi andare a lezione. Andai verso la segreteria dove la signora mi diede il mio programma e naturalmente mi aspettava, mi ero dimenticata che qui sapevano che Bella Swan sarebbe arrivata oggi, l'aspettavano.
 
Che palle! Già era difficile stare in un posto che ancora per me era del tutto estraneo, ci mancavano solo loro che cercavano di fare amicizia. Sapevo però che Eric e Jessica si sarebbe presentati per primi.
 
Iniziai a camminare con la cartina in mano, era strano doversi spostare e cambiare compagni di classe per ogni materia ma mi piaceva questa novità.
Non fu difficile trovare l'aula, diedi il modulo al prof e sperai facesse in fretta a firmare, mi guardavano già tutti.
Adesso capivo capivo perché Bella fosse stata tanto infastidita dalle attenzioni, ma io neanche dopo due minuti non me ne preoccupai più e feci del tutto finta niente.
La lezione era di inglese, ancora mi fece uno strano effetto parlare in inglese, lo avrei sempre voluto imparare e adesso riuscivo a farlo senza problemi.
Appena finita la lezione, vidi quella che mi sembrò fosse Eric, non era proprio l'aspetto che mi aspettavo. Sperai che non si interessasse troppo a me nello stesso modo in cui lo era con l'altra Bella, però venne comunque a parlare con me.
 
- Tu sei Isabella Swan vero?
 
Avrei voluto rispondergli no che io ero Alex e che mi aveva scambiato per un'altra ma fare la figura della scema il primo giorno di scuola di certo non era un buon inizio.
 
- Si sono io.
 
- Io sono Eric, se vuoi ti accompagno alla prossima lezione.
 
Almeno mi avrebbe aiutato a trovare l'aula.
 
- Certo
 
Arrivati all'aula e lo salutai, le lezioni andarono avanti e già mi sentivo preoccupata per come avrei fatto a studiare, avevano un programma del tutto diverso della mia scuola. Infatti trigonometria mi sembrava arabo, e quel professore non mi sembrava un gran che incline ad andarci leggero. Per non parlare di spagnolo, di quello proprio non sapevo una mazza, ma non potevano studiare Italiano? Almeno in quello sarei andata bene.
 
Avevo già individuato Jessica, era l'unica ragazza con tantissimi ricci e che se aveva occasione parlava in fretta e furia.
Aspettai che si presentasse alla fine della lezione, e mi feci accompagnare in mensa.
Cazzo era vero che si poteva anche non parlare con lei, in pratica parlava da sola. Io da parte mia ero agitatissima solo perché stavo arrivando nella mensa. Stavo quasi pensando di scappare, ma ricacciai l'idea.
Iniziai subito a cercare di concentrarmi, dovevo volerlo sul serio.
 
Non mi può leggere nel pensiero,Non mi può leggere nel pensiero,
Non mi può leggere nel pensiero,Non mi può leggere nel pensiero.
 
"Dio spero che funzioni!"
mi sentivo abbastanza sicura, anche perché pensare che non avrebbe funzionato mi avrebbe messa troppa agitazione.
Appena entrata cercai di non cercarli con lo sguardo, guardavo il cibo della mensa con delusione.
La cucina italiana forse era davvero l'unica cosa che avrei rimpianto. Cosa era quella roba? Presi solo un pezzo di pizza e una bottiglietta d'acqua.
Appena seduti Jessica mi presentò tutti, io ero quasi più emozionata di loro.
Angela era proprio come me la immaginavano, tranquilla e non troppo invadente, era davvero carina. Lauren mi diede subito l'idea della stronza che era.
Mike stranamente sembrava interessato anche a me, avevo creduto nel libro che fosse interessato a Bella per l'aspetto fisico ma forse a lui interessava solo perché era una novità, e quindi ma sopratutto purtroppo mostrava il suo interesse per me in modo un po' troppo evidente.
Dopo aver raccolto un po' di coraggio iniziai a vagare con lo sguardo e li vidi subito.
Definirli belli era poco, sembravano tropo belli per essere veri. Per me era come vedere qualcosa di cui avevo sempre parlato, li conoscevo così bene ma non li avevo mai visti quello si che era strano.
Appena vidi Edward per poco non mi venne un infarto.
 
Non mi può leggere nel pensiero
Non mi può leggere nel pensiero
 
Ero fiduciosa in me stessa, e guardare Edward per la prima volta mi convinsi anche se non ne avevo la certezza che non poteva vedere quello che pensavo. Naturalmente vederli mi fece venire un'altro pensiero, loro erano vampiri.
Erano stupendi ma vedevo le loro occhiaie e la loro pelle pallida.
Non avevo paura sapevo che erano buoni, non riuscivo neanche a sentirmi neanche un po intimidita. Mi voltai e mi imposi che non mi sarei più voltata, loro e sopratutto Edward sembrava non avermi notata. Andava bene così.
Jessica aveva visto subito che li guardavo e iniziò a parlare di loro. Raccontò del fatto che stavano insieme e che vivevano insieme, quando lo disse con quel tono da scandalo mi venne da ridere.
 
- Ti sembra davvero così strano? Buon per loro. La signora Cullen deve essere una persona meravigliosa visto che si prende cura di loro come se fossero davvero figli suoi.
 
Lei era scioccata, forse non si aspettava quella reazione ma non me ne fregava niente. Odiavo i pettegolezzi e sopratutto sentire parlare di loro in quel modo mi diede davvero fastidio.
Angela mi sorrise e io mi sentii apposto così, forse non sarei stata una di quelle che era amica di tutti ma almeno non ero finta come Jessica.
Dopo quella mia uscita smise di parlare e fu meglio così, la sua voce poteva essere davvero scocciante dopo un po'.
Per fortuna anche Angela aveva biologia con me, e fare il tragitto con lei mi aiutò a non valutare di nuovo l'idea di scappare. Sapevo dove mi sarei dovuta sedere e quello non mi aiutò a rilassarmi, lui poteva sentire il mio battito del cuore e quello non aiutava a farlo battere normalmente.
Appena arrivata in aula abbassai lo sguardo e mi diressi al posto senza neanche guardarlo, però sentivo i suoi occhi addosso.
Ricordai che nel libro quello era un momento pericoloso, ma io non avevo l'odore di Bella ( per mia fortuna ) e quindi sapevo che non rischiavo grosso però rischiavo un infarto. Non potevo neanche pensare che vicino a me era seduto Edward Cullen.
Non lo guardai ma non potei evitare di sentirmi eccitata e agitata allo stesso tempo. Feci due respiri profondi per calmarmi, non mi importava che capisse che ero agitata avevo bisognosi rilassarmi. Questa volta mi stava fissando e io decisi di guardarlo dritto negli occhi.
 
Non mi può leggere nel pensiero
 
Io suoi occhi neri non mi spaventarono, anzi lui aveva un'aria curiosa e io pure, finalmente lo vedevo da vicino e dire che era ancora più bello non rendeva l'idea. Era così assurda quella situazione che abbassai lo sguardo e mi scappò una risata, per fortuna era solo una accenno di una risata.
Mi era scappato da ridere perché tutta quella situazione era assurda e io mi sentivo un po' isterica in effetti. Lui era rimasto scioccato ma non mi girai per controllare avevo già fatto la figura della cretina non mi andava di replicare. Fù la più lunga e stancante lezione di tutta la giornata, volevo sentire la sua voce ma non sapevo se presentarmi o come poter attaccare bottone così abbandonai l'idea e mi godetti il fatto che lui fosse così vicino a me.
Potevo quasi sentire il suo profumo così buono. Stavo decisamente sbagliando tutto. Io non ero la vera Bella non dovevo viaggiare con la fantasia non avrei mai avuto l'occasione di stare in sua compagnia, quella lezione era l'unica cosa che ci accomunava e decisi che me la sarei fatta bastare.
Appena finì la lezione mi alzai subito lo guardai e lui ricambiò subito il mio sguardo, credo che fosse ancora più confuso di prima.
 
- Ciao.
 
Lo dissi in fretta, e con serietà neanche stessi parlando con chissà chi. Però per me era una delle persone più importanti, una delle persone che avrei sempre voluto vedere da quando ero qui dentro, fin da quando avevo letto di lui la prima volta. E non potei evitare di dire quel saluto con rispetto che sapevo che lui meritava tutto. Uscii subito dall'aula senza aspettare di vedere se lui ricambiasse, e mi diressi in palestra.
 
Se c'era una cosa che avevamo di uguale io e l'altra Bella era che odiavamo tutte e due ginnastica, ma si può sapere perché mi sarebbe toccato tutti i giorni di fare ginnastica? Io già a mala pena nella mia scuola la facevo una volta al mese. Per fortuna ero magra di mio e non mi era mai toccato fare esercizi per rimanere in forma o roba del genere. Mike naturalmente venne vicino a me a farmi compagnia per tutta la lezione.
Mi stava decisamente dando fastidio, speravo che capisse entro un paio di giorni che preferivo starmene per conto mio. Finita finalmente la scuola, a quanto pare un'altra cosa a cui mi sarei dovuta abituare era il fatto che la scuola durasse fino al pomeriggio, mi diressi finalmente verso la macchina.
 
Ripensai ai Cullen a quanto ero stata fortunata a vederli, devo dire che erano uno spettacolo tutti quanti. Per quanto sapevo che Rosalie fosse bella non immaginavo così tanto, Emmett era quello che avevo notato subito perché era il più muscoloso e quindi più appariscente. Alice e Jasper in mensa erano seduti vicini, e mi sentii subito un pò più amareggiata si vedeva lontano un chilometro che si amavano, li invidiavo. Alice poi l'avrei voluta vedere da più vicino, pero sapevo fin da subito che non avevo lezione con lei.
 
-Ciao!
 
Mi irrigidii all'istante, sembrava la voce di una Fata o di un elfo. Mi voltai e vidi Alice Cullen dietro di me in attesa che rispondessi.
 
- Ehi ciao.
Avevo di nuovo sbagliato tono, troppo confidenziale, e il mio sorriso era del tutto fuori luogo. A quanto pare lei non ne fu sorpresa, in effetti pensai che lei era più difficile da sorprendere confronto a qualsiasi altra persona o vampiro.
 
- Sono Alice, tu sei Isabella vero?
 
- Si ma puoi chiamarmi Bella.
 
- Ok Bella, allora ti piace Forsk?
Il suo sorriso scommetto che avrebbe fatto innamorare chiunque.
Avevamo incominciato a camminare insieme per dirigerci al parcheggio.
 
- Si era come mi ero immaginata più o meno.
 
- Scommetto che era molto diversa da dove abitavi prima.
Risi e gli feci un sorriso sincero.
 
- Non sai quanto.
Lei mi restituì il sorriso, ma mi accorsi troppo tardi che a forza di parlare con lei ero davanti alla Volvo grigia.
Adesso ero agitata, speravo di non incontrare il resto dei Cullen, pensai che Jasper potesse sentire quanto ero nervosa e di sicuro non era una buona idea.
 
- Beh io vado verso la mia macchina, mi ha fatto davvero piacere Alice davvero. Magari ci incontriamo domani.
 
Avevo esagerato, ma non potevo evitare di sentirmi così sola in un paese che non conoscevo quasi nessuno, le uniche persone che conoscevo davvero bene di Forks erano Charlie e la famiglia Cullen
 
- Certo Bella, ci vediamo domani.
Si avvicinò e mi diede un leggero bacio sulla guancia. La mia reazione non era sorpresa solo dolce. Era davvero gentile, forse mi aveva vista nelle sue visioni che ero una ragazza spaesata e sola e quindi gli facevo tenerezza.
Feci per voltarmi ma mi scontrai (per fortuna non troppo forte) con una persona dalla mole davvero grande, il fatto che io fossi minuta non aiutava.
 
- Mamma mia come sei grosso.
 
Sapevo chi era, lo avevo intuito, ma la frase mi era uscita prima di pensare.
Guardai Emmett e mi misi a ridere lui fece altrettanto solo in modo più espansivo e rumoroso. Un'altra figura da imbecille da aggiungere alla lista. Chissà magari pensava che fossi davvero strana a non aver avuto paura di lui. Mi allontanai prima di dire o fare altre cose sbagliate, e salutai con un cenno della mano Alice che mi guardava ancora con il suo sguardo curioso.
Mi misi al volante della mia macchina e tra me e me pensai che quella fosse in assoluto il miglior primo giorno di scuola che avessi mai avuto.

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Capitolo 4
*** Quarto ***


I miei soliti ringraziamenti vanno alle persone che leggono con interesse questa storiella :), dei grazie speciale vanno alle persone che con le recensioni
-nanerottola
-SkyAngel
-kittylit90
-ese96
-Adrya_Volturi
-Melody Potter
mi hanno incoraggiata a continuare a scrivere, e per tutti i complimenti che mi hanno fatto. Spero di non deludervi.
Arya.



 
Il pomeriggio lo passai a capire i compiti, più che altro facevo finta, neanche dopo un ora facevo altro. Ero troppo allegra per aver visto i Cullen e non riuscivo a stare ferma un secondo, sapevo che era meglio fare io da mangiare così dopo aver fatto la spesa iniziai a sbucciare le patate per fare con il pollo. Non ero mai stata una gran cuoca, ma qualcosina riuscivo a farla.
Charlie arrivò a pomeriggio inoltrato e notai che gli aveva fatto piacere che avevo cucinato io la cena, mi piaceva fare qualcosa per lui. Infondo lui mi dava affetto che mi sembrava di non meritare. Per lui io ero sua figlia ma io ancora non lo conoscevo.
Quando cenavamo mi chiese come era andata a scuola e io restai sul vago, anche perché non avrei mai saputo cosa dirgli. Non potevo certo dirgli " finalmente ho incontrato i Cullen, sono tutti bellissimi sopratutto uno in particolare" .
 
La sera mi ritrovai in camera a sistemare la roba nel mio armadio, tutti i vestiti che c'erano erano tutti di mio gusto anche se non li avevo mai visti. Un po' rimpiansi i miei vecchi abiti, ma a parte quello non c'era nient'altro che mi mancava nella mia vecchia vita.
 
La mattina arrivò presto e ancora ringraziai la mia buona stella di essere ancora lì a Forks, magari un giorno il mio tempo sarebbe finito, non volevo assolutamente pensare a quella opzione. Feci colazione in fretta, Charlie era già uscito e io volevo arrivare presto a scuola, poi con la macchina non ci sapevo fare e meno si vedeva meglio era. Di sicuro se avessero visto come guidavo la gente si sarebbe chiesta come l'avevo presa la patente.
Appena arrivata a scuola decisi di mettermi in una panchina fuori a rileggere il programma di inglese che avremmo fatto, alcuni classici li avevo letti ma alcuni erano del tutto sconosciuti, ancora mi chiedevo come avrei fatto.
Mi sarei messa di impegno ad imparare questo era certo.
Notai in lontananza Mike e fui subito pronta a mettermi in un posto un po' più appartato, non mi andava che mi stesse addosso. C'era un altro posto nel cortile che era più lontano e mi misi li a guardare il panorama sdraiata nella panchina.
 
- Ciao Bella.
Quella voce, sapevo già chi era senza bisogno di girarmi.
 
- Ciao Alice. Buongiorno.
Gli feci immediatamente posto nella panchina, sapevo che non aveva bisogno di sedersi, ma averla accanto mi faceva piacere.
Lei si mise accanto a me e mi rivolse uno dei suoi stupendi sorrisi.
 
- Ti disturbo?
 
- No, stavo solo guardando il programma di studio, e stavo pensando di scappare per i Caraibi.
 
La sua risata fu come il suono di mille campanellini.
 
- È così brutto?
 
- No sono io che non sono abituata a questo tipo di studio.
 
- Era molto diversa la tua scuola?
 
- Un po' , spero di riuscire a recuperare.
Dire un pò era riduttivo.
 
- Se vuoi ti posso dare una mano io!
Adesso era tutta allegra, era già pronta a programmare tutto. Io ero altrettanto entusiasta, ma non sapevo se fosse la cosa giusta, forse non c'erano cose giuste al momento, volevo fare quello che mi rendeva felice per una volta.
 
- Ma sei sicura che non è un problema?
 
- Ma và nella nostra famiglia siamo tutti secchioni, ti daremo una mano.
 
- Grazie, ma non vorrei essere di peso.
 
- Non scherzare Bella ci divertiremo vedrai, poi magari un pomeriggio lo passiamo a fare shopping che ne dici?
 
- Certo!
 
Ok io non ero decisamente come l'altra Bella, se qualcuno diceva shopping io c'ero, però avrei dovuto capire dove stavano i miei soldi.
 
- Oh che bello non vedo l'ora allora oggi pomeriggio torni a casa con me che ne dici?
Dal suo sguardo intuivo che un no non sarebbe stato accettato, e forse avevo ragione.
 
- Va benissimo.
Ci salutammo e questa volta fui io a sporgermi verso di lei per dargli un bacio sulla guancia, me lo lasciò fare. Se non avesse voluto quel contatto si sarebbe potuta spostare senza problemi.
Si porto una mano dove gli avevo lasciato il bacio e mi sorrise dolce.
 
- Ciao Alice.
 
Solo dopo notai che Jasper da lontane ci aveva viste, e sopratutto aveva visto come avevo salutato Alice, adesso aveva un sguardo davvero scioccato. Andaia testa bassa più veloce che potei a lezione senza incontrare nessun'altro.
Le lezioni passarono e cercavo sempre di prendere più appunti possibili, quando arrivò la pausa pranzo c'era ancora Jessica con me, a quanto pare faceva finta che il mio intervento di ieri non gli desse fastidio. Mike era dietro di noi tutto contento come un cagnolino.
Naturalmente la mensa non offriva niente che potessi dire appetibile, un giorno mi sarei dovuta arrendere a mangiare quella roba. Presi solo da bere e mi diressi verso i tavoli. Vidi Alice sbracciarsi per farsi notare appena la vidi mi fece cenno di raggiungerla, tutti i suoi fratelli erano stupiti, a quanto pare nessuno sospettava che Alice volesse che pranzassi con loro.
Andai verso di lei sempre più in imbarazzo ogni passo che mi avvicinavo a loro.
 
- Ciao Bella siediti con noi, ti presento la mia famiglia.
 
Mi sedetti proprio tra Alice ed Edward, incontrai il suo sguardo e gli feci un debole sorriso prima di riabbassarlo.
 
- Allora lui è Jasper, Emmett, Rosalie ed Edward.
 
- Piacere
Sorridevo a tutti imbarazzata, ero euforica inutile negarlo, ma cercavo di mascherarlo.
 
In quel secondo sentii per la prima volta la sua voce.
 
- Non mangi niente?
Non avrei mai potuto immaginare che fosse così bella, la voce di Edward era davvero sexy...e dolce allo stesso tempo. La pelle d'oca mi venne per tutta la schiena.
 
- Non ho fame, tu invece?
Sentii subito Emmett e Jasper contenere una risata, io feci un sorriso senza però staccare gli occhi da Edward che mi guardava con interesse, sicuramente era incuriosito dal mio modo per niente riluttante a parlare con loro.
 
- No direi di no.
 
Bugiardo, ma forse era così perché per la prima volta vidi i suoi occhi color oro, e rimasi incantata, forse ieri era andato a caccia.
 
- Beh so perchè non mangi.
 
Tutti si fecero seri, tranne Alice naturalmente.
Io continuai prima che pensassero male.
 
- Qui il cibo è orribile.
 
Questa volta Emmett non si contenne e rise davvero. Anche Alice si unì a lui. Vidi che con la coda dell'occhio Edward sorrideva leggero, mi fissava da quando mi ero seduta.
Io cercavo di rimanere concentrata a nascondergli i miei pensieri, sperando che sul serio non potesse leggerli.
Lui intanto mi fece subito un'altra domanda.
 
- Quindi non ti piace, hai gusti particolari?
 
- Mi piace il cibo italiano. Quello si che è buono.
Stavolta lo sentii ridere piano e in automatico gli sorrisi.
 
- Oggi pomeriggio Bella viene da noi.
Alice guadagnò una bella occhiataccia di Rose con quella uscita. Cazzo lo sapevo che non gli andavo a genio. Non dovevo prendermela, sapevo le ragioni. Una di quelle era che lei ci teneva a mantenere il segreto, non voleva essere scoperta e poi costretta ad andare via.
Quindi non pensai minimamente di offendermi.
Così mi intromisi subito.
 
- Se non è un problema per voi naturalmente.
 
- Certo che non è un problema Bella te l'ho già detto.
 
- Si Alice ma io chiedevo a loro.
Questa volta feci sorridere anche Rosalie, Emmett a quanto pare mi adorava, era come se vedesse il suo giocattolino che lo faceva ridere. Mi dava tanto l'idea di un fratello maggiore.
 
- Non è un problema
Mi disse Edward con tono tranquillo, io ero più che contenta. Non avrei mai sperato a tanto.
 
Il resto della pausa pranzo la passai a parlare con Alice, forse era l'unica che si comportava in modo normale con me. Sicuramente gli altri si chiedevano come mai mi desse tanta confidenza, anche io me lo chiedevo. Ma se avevo imparato una cosa leggendo i libri era che Alice sapeva sempre quella che stava facendo. Non avrei mai scommesso contro di lei.
 
Quando suonò la campanella, Alice mi salutò allegra e io senza dire una parola iniziai a dirigermi insieme ad Edward verso l'aula di biologia.
Ci sedemmo al solito posto, vidi entrare Mike che mi fece una faccia tipo da condannato a morte e rivolse un'occhiata severa verso Edward. Io risi automaticamente senza farmi vedere da Mike. Davvero sperava di intimidire Edward?
 
- Qualcosa di divertente?
Forse Edward non aveva notato Mike e la sua occhiata.
 
- Nah, ma penso che tu non piaccia molto a Mike.
 
- È un problema?
Cos'era quel tono?
 
- No assolutamente, almeno la smetterà di starmi addosso.
 
- Meglio, perché non piace neanche a me.
 
Mi sorrise allegro, non so come il mio cuore resse a tanta bellezza. Non riuscivo a smettere di guardarlo, i suoi occhi erano tremendamente invitanti, lui oltretutto non spostava neanche lo sguardo. A interrompere la mia concentrazione su di lui fù il professore che entrò in quel momento, e io iniziai subito a prendere appunti. Se avevo intenzione di mettermi da fare e studiare dovevo concentrarmi, ma non era facile, continuavo a sentire la presenza di Edward, e in più ogni due minuti mi ripetevo di concentrarmi per non farmi sentire da lui.
Non so quando ma iniziai a vagare con i pensieri, mi chiesi come stavano andando le cose nel mio vecchio mondo. Mi stavano cercando? Mi avevano data per dispersa? O morta?
Non riuscivo a darmi risposte ma forse non mi interessavano, non c'era nessuno là per me.
Ancora tra le nuvole iniziai a pensare inevitabilmente alle cose che differenziavano il prima con il mio nuovo presente.
Come la solita golosa che ero, iniziai a pensare a cose come pasta, cornetti per la colazione, un caffè, oddio già avevo passato un giorno senza caffè.
Era colpa di mia mamma se ero drogata di caffè. La roba che qui spacciavano per caffè era orribile.
A quanto pare la lezione era tremendamente fuori dalla mia portata, perché il pensiero del caffè era più interessante, mi chiedevo se qui vendevano le moke per il caffè. Potevo chiedere a Charlie, o andare a Port Angels di sicuro li erano più attrezzati di Forks.
Dopo i miei deliranti pensieri notai che nel mio quaderno di appunti, c'erano solo scarabocchi, con disegnini senza senso.
Grande Alex io si che ero un genio di biologia se continuavo così.

Oddio non mi sto concentrando affatto se voglio nascondere i pensieri sarà meglio che mi sveglio.

Edward si volse di scatto verso di me.

Cazzo mi sta ascoltando!

Nel panico più totale iniziai di nuovo a concentrarmi, a ripetere quelle frasi che per me erano come un mantra. Riuscii a calmarmi, non sapevo davvero se mi aveva sentito. Non volevo andare nel panico, lui continuava a guardarmi e io invece fissavo la finestra sperando di non fare capire che ero terrorizzata. Il battito del mio cuore era tornato più o meno normale, sperai che non fosse evidente che fingevo assolutamente di essere calma.
Quella stupida lezione finì, e più rilassata mi alzai dal mio posto, anche Edward si alzò si avvicino leggermente verso di me.
 
- Che lezione hai adesso?
 
- Oh cavolo ho ginnastica.
Ci voleva solo lei per migliorare la giornata.
 
- Non ti piace eh?
 
- No proprio, se potessero dare il premio alla persona meno coordinata e meno sportiva penso che me lo meriterei tutto.
 
- Ce anche Newton con te a ginnastica vero?
Aveva notato che Mike sembrava intenzionato ad accompagnarmi in palestra, ma la compagnia di Edward per fortuna gli fece cambiare idea.
 
- Si, magari se per sbaglio lo colpisco mi lascerà più spazio.
 
Per la prima volta lo sentii ridere di gusto, beh a quanto pare per divertirlo bastava solo immaginare il povero Mike colpito da una mia pallonata.
Solo quando ci fermammo notai che mi aveva accompagnata davanti alla palestra. Ero così concentrata su di lui che il resto non lo calcolavo proprio.
Abbassai automaticamente lo sguardo, non avrei avuto la forza di salutarlo per prima, quando la cosa che più desideravo era quella che lui stesse li con me.
 
- Ti vengo a prendere all'uscita.
 
Alzai subito gli occhi e lui già si era avviato per la sua strada.
Ok come è che si respira? Non ricordo più.
 
La lezione fu più imbarazzante delle altre, la pallavolo di sicuro non sarebbe mai stato il mio sport, e giuro che senza farlo apposta feci finire la palla esattamente sulla testa di Mike, che la prese con spirito.
Io mi ero subito scusata, mi sentivo quasi in colpa, ma non lo avevo fatto apposta.
Naturalmente c'era sempre qualcuno che odiava i pesi morti come me in squadra, e una ragazza per "sbaglio" mi colpì nella caviglia con una schiacciata che avrebbe sbriciolato un masso.
Stronza, se la rideva anche. Dopo quell'episodio per fortuna finii la lezione, ero così arrabbiata che fui la prima a cambiarmi e andare via dallo spogliatoio.
Appena uscita mi godei quella strana umidità che contraddiceva Forks nel viso. Mi calmai un po'. Sentii un po' di pressione nella caviglia, speravo che durasse poco il dolore. Me la massaggiai un po' con la mano.
 
- Tutto ok?
 
Edward appoggiato al muro, mi guardava con sguardo preoccupato.
 
- Si credo di si. Comunque credo da oggi odierò ufficialmente la pallavolo.
 
- Non è andata bene
 
- No, ah e comunque mi sa che in qualche modo ho qualche potere sovrannaturale sai?
 
Lo vidi alzare un sopracciglio e farmi un mezzo sorriso divertito.
 
- Ah si?
 
- Si ho colpito Mike con la palla, ma giuro che io miravo a fare punto.
 
- A chi hai colpito?
Alice ci aveva raggiunto, io la guardai scettica, ero sicura che sapesse la risposta, magari lo aveva previsto già da un bel pezzo.
Non gli risposi ma gli feci la linguaccia.
 
- Ah Alice, dovrò seguirti con la macchina per venire a casa vostra.
 
Edward rispose al posto suo.
 
- Non ti preoccupare, ti seguiamo fino a casa tua e poi sali con noi.
 
- Ma siete pieni in macchina, davvero non è un problema.
 
Questa volta fu Alice a rispondere
- Tranquilla  Emmett, Rose e Jasper sono usciti prima, quelli del loro anno non avevano lezione le ultime due ore.
 
- Ah ok, va bene allora.
 
Mi accompagnarono fino a casa mia, era andata lenta come al mio solito, ma non potevo farci niente per imparare mi sarebbe servito un po' di tempo, almeno no la spensi.
Salita in macchina con loro Alice mi aveva lasciato il posto davanti, la guardai malissimo, sospettavo che sapesse che adoravo stare vicino ad Edward e si divertisse a mettermi in imbarazzo.
 
La loro casa era stupenda, immersa in tutto quel verde spiccava ancora di più. Sentirsi in mezzo ad una bella favola lì era più facile.
 
- È bellissima ragazzi.
 
Non notai i loro sguardi perché ero troppo concentrata a notare quella meravigliosa casa.
All'entrata ero già in iper ventilazione dall'agitazione, avrei visto Esme e Carlisle e avevo paura di fare una brutta figura.
Alice e Edward si erano accorti che ero agitata, ma non riuscivo ad evitare di sentirmi così, sperai che non la scambiassero per paura. Appena entrati vidi tutte quelle bellissime stanze ariose e larghe arredate benissimo, quello che vidi per primo era Carlisle seduto su una poltrona con un libro, affianco a lei c'era Esme appoggiata con la sua testa nella spalla di lui.
Ecco quelli erano i genitori che non avevo mai avuto, quelli non avrei mai potuto avere.
 
Appena rivolsero lo sguardo vidi Alice andargli incontro, avevo notato solo dopo che Jasper era nell'angolo della stanza a guardare Alice con amore. Alice ricambiò lo sguardo ma non si avvicinò per salutarlo ma mi presentò i suoi genitori, non gli diedi la mano, non volevo mettergli ansia.
Io ero imbarazzata da morire volevo fare buona figura ma tutto quello che riuscii a dire era "che bella casa" " spero di non disturbare" .
Edward era dietro di me, io mi girai a guardarlo e notai che il suo sguardo era verso Jasper che guardava me.
Oh.. Forse Jasper aveva sentito qualcosa nel mio umore che lo aveva sorpreso e lo aveva detto a Edward.
Alice non mi diede il tempo di andare nel panico perché mi trascinò in camera sua con la scusa dei compiti. Il resto della giornata passò meravigliosamente, Alice era una compagnia più che piacevole, mi fece vedere i suoi vestiti e guardammo un paio di giornali di moda. Avevamo trovato una passione in comune. Il suo armadio avrebbe fatto invidia a chiunque, e mi fece promettere di andare quel finesettimana a fare shopping. Naturalmente non studiammo affatto.
Passare il pomeriggio con lei mi fece venire un'altro cosa in mente, io sapevo una cosa che lei non sapeva. James.
Sapevo che con il suo gruppo sarebbe passato, senza che ci fosse l'altra Bella per fortuna la storia era cambiata non sarebbero venuti qui vicino, tutto stava ad impedirgli di fare la partita di baseball. Ma quello che mi concentrai io era che lei non sapeva che era stato lui a trasformarla. Odiai non poterglielo dire, era giusto che lo sapesse, ma non potevo dirglielo o loro sarebbero andati tutti nel panico perché sapevo troppe cose e sarebbero dovuti andare via da Forks.
Un giorno mi ripromisi glie lo avrei detto.
 
Esme entrò per chiedermi se mi andava di scendere di sotto a fare merenda, Alice senza neanche aspettare una risposta, la sapeva già, mi trascinò di sotto.
In cucina c'era anche Emmett e Edward che stavano seduti di sotto con non-chalance ma io sapevo che di certo loro non erano li per mangiare qualcosa. Volevano vedere la piccola umana intrusa a casa loro.
Facendo finta niente mi misi accanto ad Edward e automaticamente davanti ad Emmett nella penisola della cucina.
Non so se mi divertiva più l'espressione scioccata di Edward o di Emmett che sembrava godere dello shock di Edward.
Gli dissi un debole ciao, e mi rimisi a parlare con Alice e che si era messa accanto a me chiedendomi i miei colori preferiti o i profumi che più mi piacevano.
Esme mi portò una tazzina di caffè ( un strepitoso caffè all'italiana ) sotto gli occhi e con timidezza mi chiese
 
- Ti va un po' di caffè cara? O preferisci qualcos'altro?
 
- No va benissimo Esme grazie mille.
 
Non avevo fiato, perché tra tutte le cose che mi voleva offrire proprio il caffè?
La paura di stamattina a lezioni si trasformarono in certezze, mi ero distratta oggi e LUI mi aveva sentita, non so quanto avesse sentito, ma aveva sentito per un po' i miei pensieri.
 
- Oddio ma allora mi hai sentita oggi!
 
Merda adesso si che ero nei guai, quella mia stupida boccaccia! Non potevo starmene zitta? Ero rimasta così sorpresa che mi era scappato fuori,
lui mi guardava serio.
 
Adesso si che sarebbe successo un casino.

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Capitolo 5
*** Quinto ***


Ho postato subito questa volta, ok ringranzio al solito quelle stupende ragazze che mi hanno lasciato una recensione. Siete fantastiche, uno perchè adoro sapere le vostre reazioni riguardo alla storia, due perchè se continuo con la storia è anche merito vostro!
Un bacio Arya.





Mi alzai di scatto dalla sedia come una stupida.
 
- Esme dovrei andare in bagno.
 
Ma cacchio di scusa mi ero uscita? Dicevo una cazzata dietro l'altro oggi a quanto pare. Lei mi fissò stupida mentre guardava Edward che era rimasto congelato dalla mia uscita di poco prima.
 
- In fondo sulla sinistra cara.
 
Corsi verso il bagno e mi chiusi dentro, ero completamente in crisi. Perché avevo detto che mi aveva sentito? Non potevo stare zitta?
Il problema stava nel fatto in quanto avesse sentito, se ero distratta solo quando avevo pensato al caffè andava bene, più che altro non volevo che scoprisse che venivo da un altro mondo in cui mi ci aveva trascinato un tipo sconosciuto.
 
- Bella tutto bene?
La voce era quella di Alice. Non sapevo cosa dire, forse tutta questa situazione assurda prima o poi sarebbe uscita fuori. Non potevo aspettarmi di stare vicino a loro e che non avrebbero mai scoperto il mio segreto.
Sentii delle voci fuori dalla mia porta e iniziai a elaborare un mio piano, non volevo che fossero spaventanti o preoccupati per la loro riservatezza del loro segreto.
Liberai la mente dal mio pensiero continuo di proteggerla e mentalmente chiamai un nome.
 
" Edward entri un attimo? "
Volevo parlare con lui perché se se ne fossero andati via anche il giorno dopo almeno avrei avuto dei ricordi della sua compagnia. Sarebbe stato l'ultimo con cui avrei parlato.
 
- Bella mi fai entrare?
Questa volta era la voce di Edward, mi alzai e feci scattare la serratura. In teoria avrebbe anche potuto aprirla comunque, forse volevano lasciarmi un attimo di privacy.
Mi misi ancora per terra vicino alla vasca, lui mi guardò serio ma anche preoccupato, io gli restituì un'occhiata altrettanto preoccupata.
Senza dire niente chiuse la porta e si sedette vicino a me.
 
- Sai che ti posso sentire vero?
 
- Si
 
- Come lo sai?
 
Come glie lo avrei spiegato? Mi passai la mani tra i miei capelli lunghi, e riflettei un attimo, la mia mente era aperta a lui in questo momento potevo quasi sentirlo. Guardai ancora nei suoi occhi e mi lasciai andare.
 
- So tutto su di voi, cosa siete.
 
Lui era sconvolto, mi guardava come se parlassi cinese. Forse aveva ragione a guardarmi così, sicuramente gli sembravo una pazza in quel momento.
Apri di più la mia mente e gli raccontai con la mente quello che mi successe il giorno che incontrai quel ragazzo, non gli raccontai i particolari del libro.
Dissi solo mentalmente
" Ho letto di voi, non ho paura. Ho solo paura che voi non vogliate stare in mia compagnia. So che può essere assurdo ma voi siete gli unici che conosco sul serio. "
 
Dopo questo chiusi di nuovo la mia mente.
Mi concentrai sul freddo delle piastrelle del bagno, sul suo corpo non lontano dal mio.
Non diceva niente, forse doveva considerare il fatto che fossi pazza o sul fatto che fosse vero quello che gli avevo fatto vedere con i miei pensieri.
 
- Come mai prima potevo leggere i tuoi pensieri e adesso non posso?
- Non lo so. Se mi concentro non puoi leggermi.
- Non hai paura a stare in una casa piena di vampiri?
- Se siete voi quei vampiri allora no.
 
Lui mi guardava sorpreso, vedevo che ancora i suoi occhi pensierosi ripensare alla mia storia. Se avessi potuto dire di più del perché ero arrivata nel suo mondo lo avrei fatto.
 
- In questi libri cosa succedeva?
Ecco quella era proprio la domanda che non volevo che facesse, non volevo raccontargli che lui si innamorava della protagonista e che per colpa mia non l'avrebbe mai incontrata perché qui ero io al suo posto.
Era davvero con l'umore sotto terra e mi veniva quasi da piangere.
 
- Parla della vostra famiglia, della vostra natura.
 
- Sei triste perché vuoi tornare a casa?
Mi voltai verso di lui, guardava verso la porta, i muscoli del suo braccio erano tesi. Forse non respirava neanche.
 
- No non sono triste di essere qui, è come si mi avessero dato un'opportunità di una vita migliore, prima non mi ricordavo neanche come fosse avere degli amici. E non mai saputo come è avere un padre. Per quanto mi sembri ancora tutto così assurdo adoro stare qui. Stare qui insieme a voi.
 
Questa volta si voltò verso di me, il suo sguardo furente mi spaventò per un attimo ma non lo diedi a vedere.
 
- Quindi preferisci vivere in un mondo dove esistono dei mostri come noi?
 
- Voi non siete mostri! Non osare offendere neanche per un momento quelle persone che sono fuori da quella porta, e sopratutto non offendere te stesso. Solo perché siete pericolosi non vuol dire che siete dei mostri o cattivi. Alice ad esempio con me è stata un angelo, non ho mai saputo come è avere una amica ma con lei finalmente l'ho scoperto.
 
Era scioccato, e io pure.
Avevo parlato con furia e dolcezza allo stesso tempo. Ero così coinvolta verso di loro che li proteggevo come se fossero la mia unica ancora di salvezza. E forse era davvero così.
Sentii un rumore verso il pomello della porta, e vidi Alice entrare sedersi vicino a me e abbracciarmi. Chiusi gli occhi e feci la domanda più brutta che potessi fare.
 
- Andrete via?
Lei si staccò da me e mi guardò nei occhi.
 
- No non siamo in pericolo, vedo che non dirai niente a nessuno, il futuro su di te è ancora molto indeciso e sfocato, ma vedo chiaramente che proteggerai il nostro segreto.
 
- Mi dispiace non avervelo detto prima.
 
Avevo notato Emmett appoggiato alla porta aperta, Esme Carlisle e Rosalie erano fuori ma sapevo che avevano sentito tutto.
 
- Non ti preoccupare Bella non deve essere una situazione facile per te.
Era stato Carlisle a parlare.
Alice con delicatezza mi accompagnò nel salotto e ci sedemmo tutti in quel divano immenso. Tutti tranne Edward, a quanto pare era rimasto in bagno, sperai con tutto il cuore che non ce l'avesse con me.
 
- Bella con Edward hai parlato mentalmente quindi non abbiamo capito proprio tutto raccontaci cosa ti è successo se ti va.
Guardai Carlisle per tutto il tempo in cui gli raccontai del ragazzo e di come mi aveva portato da loro.
 
- Quindi avevi letto di noi? Per questo ci conosci?
Era Jasper ad aver parlato, sembrava il più tranquillo tra tutti. A quanto pare vedeva sempre la situazione nel modo meno tragico possibile. Almeno non faceva vedere se era preoccupato.
 
- Si, so cose che voi non sapete ancora.
Mi voltai verso Alice e decisi che gli avrei detto di James, la cosa però che mi terrorizzava era il fatto che forse lo volessero uccidere, ma potevano sconfiggerlo.
 
- So chi ti ha trasformata.
 
Mi accorsi subito che Edward era entrato nella stanza non mi guardava ma guardava Alice.
Lei era silenziosa, forse già sapeva il nome adesso che avevo preso la decisione di dirglielo.
 
- Chi è?
Era stato Edward a parlare, non avevo il coraggio di guardarlo così voltai il mio sguardo verso il basso.
 
- Quando eri ragazza eri stata trasferita in un manicomio, per via delle tue visioni, un vampiro di nome James ti notò, ti voleva dare la caccia. Un vampiro che ti si era affezionato, per non farti uccidere da lui ti trasformò, purtroppo James lo uccise per vendicarsi del fatto che non avrebbe più potuto farti fuori. Adesso James viaggia insieme ad altri due vampiri. Laurent e Victoria che è la sua compagna. Nel libro vengono qualche tempo dopo, non ricordo esattamente quando. Non passeranno proprio per Forks ma se giocherete a baseball li attirerete qui.
 
- Non voglio che vengano qui.
Alice aveva parlato piano, ma era decisa quando lo aveva detto.
- Non mi interessa lui, non li atterriremo qui. Anzi non giocheremo per un bel po' finche non saremo sicuri che se ne siano andati. Avevo notato la possibilità vaga che avremmo incontrato dei nostri simili ma loro sono pericolosi e non voglio vederli.
 
Sospirai di sollievo, nei libri i casini erano stati causati sopratutto da James e Victoria e non volevo si ripetessero visto che si poteva evitare.
 
Jasper questa volta aveva l'espressione sconvolta.
 
- Ma Alice quello ti ha dato la caccia, ha ucciso il tuo creatore lasciandoti da sola!
 
- Lo so Jasper, ma ho visto che ci saranno solo complicazioni se dovessimo entrare in contatto con loro. Vero Bella?
 
Adesso mi guardavano tutti, Rosalie era furente. Carlisle cercava di essere il più neutrale di tutti, Jasper e Emmett erano sconvolti dalla decisione di Alice. Esme guardava Alice preoccupata.
Edward adesso mi guardava anche lui, e io decisi di guardare solo lui. Anche se non sapevo cosa pensasse di me, i suoi occhi riuscivano a calmarmi.
 
- Si davvero, ci saranno un bel po' di problemi per colpa loro. Due di loro hanno dei talenti e non sarebbero così facili da distruggere. Per quanto mi scocci dirlo preferisco che li lasciate stare.
 
Alice mi strinse la mano con la sua fredda, ma io sentii dentro di me solo del calore.
 
- Perché provi affetto per noi?
Naturalmente era stato Jasper a parlare, aveva notato che già volevo bene a tutti.
 
- È solo che vi conosco, so che voi non mi conoscete quindi non pretendo che contraccambiate. Ma io so chi siete le vostre personalità i vostri pregi e i vostri difetti. Io non so spiegarlo in modo razionale, forse perché non lo è..
 
Emmett rise e io mi unii a lui, era così assurdo come discorso che fece ridere anche a me.
Di nuovo tutti mi guardavano, io mi concentrai su tutti brevemente, anche su Rosalie. Speravo che capisse che anche lei era inclusa, non volevo celasse rancore verso di me.
 
Rimanemmo in silenzio, per un bel po'. Alice ancora era fianco a me. Loro non si muovevano erano immobili.
Cazzo sembravano davvero delle statue, stranamente mi rilassai. Non fingevano più, era come se finalmente si lasciassero andare ad essere se stessi.
Piano e con calma ripresi il senso del tempo quando vidi il tramonto dalla vetrata che dava sul vialetto della casa.
 
- Dovrei andare, devo cucinare qualcosa per stasera per me e Charlie.
 
Esme si avvicinò a me mi fece un sorriso caldo, e affettuoso.
 
- Quando vuoi puoi tornare qui.
- Grazie.
 
Alice stava parlando adesso con Jasper, mentre Edward parlava con Emmett e Rosalie.
 
- Ehm Alice mi accompagni a casa?
 
- Bella ti dispiace se ti accompagna Edward?
 
Cavolo ma perché Alice se ne usciva sempre con Edward? Già avevo paura che mi odiasse, stare in macchina con lui mi avrebbe messo ancora più agitazione.
Lo guardai per vedere se fosse arrabbiato, ma più che altro sembrava preso a pensare a qualcos'altro.
 
- Se non vuoi non ce problema, magari posso chiamare Charlie.
 
- Non ti preoccupare andiamo pure.
Almeno dal tono di voce non sembrava arrabbiato.
Presi il giubbotto e salutai con un bacio Alice, senza che me ne accorgessi si avvicinò anche Emmett e mi accarezzò la testa scompigliandomi tutti i capelli.
 
- Scommetto che ci sarà divertirsi insieme a te Bella.
Ecco se voleva fare incazzare Rose ci era riuscito alla grande.
 
- Come no, uno spasso.
Mi voltai dopo avergli mostrato la lingua, neanche avessi cinque anni. Naturalmente rise con quella sua voce profonda.
 
Uscii insieme ad Edward per prendere la macchina, lui non aveva detto ancora niente dal mio discorso di prima nel bagno.
Quando fummo in macchina raccolsi un po' di coraggio.
- Sei arrabbiato?
 
Si voltò verso di me, dire che era sorpreso era poco.
- No assolutamente, diciamo che mi hai stupito. Da quando ti ho vista mi hai stupita. Anche il fatto che tu possa bloccare così il mio potere è davvero una cosa nuova per me. Ma quello che mi sorprende di più e quello che pensi su di noi.
 
Fece una pausa, io non sapevo cosa dire. La sua voce così bella, e quel suo profumo che dentro la macchina si sentiva di più non mi aiutava a concentrarmi.
 
- Vedo come ti comporti con Alice, e Jasper ha sentito e anche io che gli vuoi davvero bene. Devi capire che è una situazione davvero anomala per noi.
 
- Beh se può consolarti è stato anomalo anche per me venire catapultata qui.
 
Il suono della sua risata mi rilassò ancora di più e potei unirmi a lui, la mia era come una risata liberatoria. Non ero mai stata brava a fingere come avevo fatto in questi giorni, aver detto tutto era come sentirmi più leggera.
Arrivammo a casa di Charlie stavo quasi per scendere ma lui iniziò a parlare.
 
- So che tu ci conosci in un certo senso, ma sappi che comunque restiamo sempre dei vampiri. Siamo pericolosi, con Jasper dovrai stare un pó più attenta e mi raccomando non andare nei boschi ok?
Per parlami si era avvicinato un pò più verso di me, e io ero ipnotizzata totalmente su di lui.
 
- Va bene starò attenta. Grazie Edward.
Gli regalai un sorriso sincero, mi piaceva che si preoccupasse per me.
 
- Ah Bella se ti va domani puoi pranzare insieme a noi se ti va.
 
Mi stava mettendo alla prova? Pensava davvero che non avrei accettato? Lui aveva di nuovo quel suo sguardo incerto e gli risposi con un occhi allegri.
 
- Certo, a domani.
 
Saltai giù dalla macchina prima che iniziassi a non concentrarmi, quando stavo con lui mi rilassavo troppo. Troppo persa nei suoi occhi, nel suo viso che facevo fatica a ricordarmi di concentrarmi, leggere i miei pensieri in quel momento di sicuro non sarebbe stato il caso.
Arrivai a casa e sentii partire la macchina di Edward, mi misi sulla prima cosa in cui potevo sedermi e come per magia mi spuntò un sorriso allegro e felice.
 
Questo mondo, questa situazione, questo momento,iniziavo già a sentirlo più mio. Non vivevo più la vita di qualcun'altro.

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Capitolo 6
*** Sesto ***


Ok scusate il ritardo, ma tra vacanza e la neve non ho avuto modo di concentrarmi per il mio nuovo capitolo, spero che vi piaccia leggerlo come a me è piacuto  scriverlo. Prometto che posterò il prossimo capitolo prima della fine di questa settimana se non prima. Un bacione a tutte, sopratutto alle ragazze che mi recensiscono e mi danno una spinta a continuare. 
Arya




- Bella sveglia!


No ma chi è? Lasciatemi dormire.

- Farai tardi a scuola, oggi sei più pigra del solito.
Aprii gli occhi con fatica, avevo la testa che mi scoppiava. Charlie mi guardava un po' divertito, lo guardai per un momento e poi mi rimisi sotto le coperte.
- Ho sonno!

- Ahahah su non fare storie sei appena arrivata e già ti ha stancata la scuola?

Scuola?
Il mio cervello fece subito il collegamento scuola-Cullen-Edward in un millesimo di secondo.

- Oddio quanto è tardi papà?

- Hai cinque minuti per prepararti arriverai per il rotto della cuffia, io vado senno faccio tardi anche io.
Mi sporsi verso di lui e gli diedi un bacio sulla guancia. Quella era un gesto che facevo sempre per salutare la mamma, ma quello a cui l'avevo dato era Charlie che adesso mi aveva regalato un sorriso davvero emozionato.
Non se l'era aspettato e neanche io, mi stavo affezionando a lui.

- Corro a prepararmi ci vediamo stasera papà.

Stranamente riuscii a vestirsi e a prepararmi in cinque minuti, e già ero in viaggio per la scuola. Imparai che con tutta la fretta che avevo, guidare diventava ancora più difficile. L'avevo spenta almeno tre volte prima di arrivare a scuola.
Arrivai a lezione con qualche minuto di ritardo ma per fortuna anche il prof quindi non ebbi problemi.
Il problema e con avevo visto nessuno, mi era tanto sbrigata per rivedere i Cullen al più presto ma adesso avrei dovuto aspettare fino al pranzo per vederli.
Ricordavo che Edward mi aveva invitato a pranzare con loro, almeno avevo la sicurezza che ci sarebbero stati.
Le lezioni erano piuttosto semplici oggi, per fortuna perché il mal di testa che avevo iniziato a sentire quando mi ero svegliata ancora non mi era passato.
Alla fine della lezione di spagnolo finalmente ero pronta per rivedere tutti, Jessica mi aveva chiesto se pranzavo insieme a lei, quando gli risposi di no immaginai che già mi odiasse solo per il fatto che ieri avevo pranzato con i Cullen e anche oggi lo avrei fatto,
me ne fregavo altamente, Mike stranamente non mi aveva tenuto nessun muso. Forse ancora sperava che qualcosa tra noi due potesse accadere. Non volevo neanche pensarci.
Appena uscita dall'aula notai Alice che mi aspettava, si sporse per darmi un bacio sulla guancia (ormai era diventato il nostro saluto).
- Tutto ok? Oggi non ti ho visto all'entrata.

- Purtroppo ho fatto tardi, mi ha dovuto svegliare Charlie non ho neanche sentito la sveglia.

- Pigrona la nostra Bella eh?
Era Emmett ad aver parlato.

- Eh si, lo ammetto.

Ci aveva raggiunto in mensa, facevamo la fila per prender per da mangiare. 
Si unì anche Edward, lo guardai con il cuore che batteva a mille. Era più bello di come ricordavo, ma cosa mangiava pane e bellezza?
Oddio Alex concentrati dai.

- Ciao 
Il sorriso era rilassato quasi dolce, e gli risposi con tranquillità ero allegra. Avevo paura che non mi avrebbero accettato invece ero accerchiata da loro che mi riservavano attenzioni.
Tornai a concentrarmi sul pranzo e guardai sconsolata il cibo, ero proprio viziata dovevo ammetterlo, ma quella roba non mi piaceva. Presi un po' di frutta mentre vedevo Edward riempire il suo vassoio.
Seduti al tavolo notai che Jasper e Rose non c'erano.

- Dove sono gli altri? Sono a caccia?

Alice mi rispose di si, notai che Edward mi guardava sorpreso forse non si aspettava che parlassi tranquillamente di quelle cose.
Alice e Emmett incominciarono a parlare.
Guardai la mia mela rossa, proprio una mela dovevo prendere tra le mani? Tanto vale che mi facessi tatuare twilight in fronte ed ero apposto. Mi voltai verso Edward che era perso nei suoi pensieri. Lui si voltò verso di me beccandomi in pieno mentre lo fissavo, bella figura da stupida che avevo fatto, sentivo le guance in fiamme.

- Non mangi neanche oggi?
Il suo tono era preoccupato, mi faceva sciogliere.

- Mangerò un po' di frutta, sono proprio viziata ma mi ci vorrà un po' ad abituarmi al cibo di qua.

- In effetti non mi hai detto niente da dove vieni esattamente. Presumo che non sei americana.
Il suo mezzo sorriso mi colpi nello stomaco facendolo agitare.

- No sono italiana.
- Deve essere strano per te.
- Non sai quanto, è tutto così diverso. Anche andare a scuola, e sopratutto arrivarci a scuola!
- Cosa intendi?
Notai solo adesso che anche Alice e Emmett adesso ascoltavano la nostra conversazione.
Io mi feci ancora più rossa e guardai la mela tra le mie mani.

- Beh non so se lo sai ma in Italia la patente si prende a 18 anni, io ne ho ancora 17.

Tutti avevo uno sguardo scioccato, cioè tra tutte le cose che avevo detto quella di certo non era una cosa di cui stupirsi.

- Cioè stai guidando da giorni senza patente?
Guardai di nuovo Edward per difendermi.
- Beh ma cosa potevo fare, non potevo mica dire a Charlie che non sapevo guidare visto che qui in teoria l'ho presa la patente.

Emmett se la stava ridendo alla grande adesso.

Vidi Edward rivolgere un occhiata ad Alice, mi accorgevo quando parlavano tra di loro, mi scocciava solo non sapere di cosa.

Alice mi rivolse qualche domanda anche lei della mia vecchia vita, sull'Italia in generale. Tutti mi ascoltavano rapiti, di certo per loro ero una distrazione alla loro vita immortale. Per fortuna non tirarono più in ballo il fatto della patente.
La pausa pranzo finì e dopo aver salutato Alice e Emmett io e Edward andammo a lezione. 
Questa volta lui non era troppo distante da me, io sentivo ancora lo stomaco sottosopra. Stare accanto a lui era fin troppo bello, non lo potevo negare.

Durante la lezione mi distraevo ogni tanto a guardarlo, notai ad un certo punto nel mio quaderno dove in teoria avrei dovuto prendere appunti c'erano disegnati degli alberi. Di solito a scuola disegnavo spesso, era da un pò che non mi capitava però. Almeno non aveva perso il mio talento, ero piuttosto brava notando i miei alberi disegnati constatai almeno che non avevo perso il mio talento.

- Umm Edward immagino che tu non stia prendendo appunti vero?
Lui mi guardò e fece una piccola risata a bassa voce. 
- No direi di no.
- Cazzo
Ops mi era scappato, non era intenzionale. Ma non io non ero fine come l'altra Bella, quindi non sapevo come avrebbe reagito Edward.
Lui rise un po' più forte guadagnandosi un'occhiata truce di Mike, per fortuna lui non la notò.

- Avevi bisogno degli appunti?
- Si, sai io e Alice ieri abbiamo fatto tutto tranne che studiare. Questa materia per me è del tutto nuova. 
- Si in effetti Alice non è un gran che come insegnante
Lo vidi pensieroso, adesso mi guardava nei occhi. Non riuscivo a non staccarmi dal suo sguardo, e neanche lui lo fece. Non so cosa lesse nel mio sguardo ma subito il viso si fece più determinato.
- Se vuoi ti posso dare un mano io.
- Sul serio?
- Certo.
- Guarda che dovrai avere pazienza, dovrai incominciare dalle basi.
- Cercherò di essere paziente 
Mi regalo un sorriso aperto, non lo avevo ancora visto sorridere così, il cuore prese a battere più forte e io gli sorrisi imbarazzata perché sapevo che poteva sentire il mio battito.
La concentrazione era la chiave, ma era così bello distrarsi mentre lo guardavo. Mi imposi di concentrarmi, un'altra fitta di mal di testa si fece sentire così mi concentrai di nuovo sui miei alberi disegnati.
La lezione passò, dopo aver salutato Edward andai verso la palestra più demotivata del solito. Sentivo male alle ossa e il mal di testa non mi era ancora passato.
Chissà se a Forks vendono la tachiripina.
A ginnastica per fortuna non feci molto, giocare a basket mi era facile se me ne stavo nel mio angolo.
Finita finalmente anche quell'ultima ora mi diressi verso il pick up, volevo salutare prima Alice Edward ed Emmett ma non li vedevo e volevo tornare il prima possibile a casa per distendermi sul divano e riposare. 
Appena arrivata vicino alla mia macchina notai che le chiavi non erano al suo posto, la tasca dello zaino era vuota.
Oddio ma dovevo avevo messa quella stupidissima chiave?

- Credo ti serva un passaggio.
Mi voltai subito verso la voce di Edward.

- Mi hai preso le chiavi?
- Diciamo che te le abbiamo requisite.
- Non dirai sul serio? Io come ci torno a casa?
- Credi davvero che adesso che sappiamo che non puoi guidare te lo facciamo fare vero?
Il suo sorriso furbo mi fece capire subito che non scherzava.
Cavolo erano diabolici questi Cullen. Però non mi sarebbe dispiaciuto se la conseguenza era che Edward mi accompagnava a casa.
- Quindi mi accompagni tu a casa?
Mi avvicinai di un passo, adesso stavo al suo gioco. Pensava che mi desse fastidio le sue attenzioni? Io le adoravo.
- Si, non ricordi che ti devo dare delle ripetizioni?
Ah cavolo, il mal di testa era sempre li ma non gli avrei detto di no.
- Giusto. 
Gli feci un sorriso, e ci dirigemmo verso la sua macchina. Se dovevo sopportare un po' di mal di testa pur di stare in sua compagnia mi stava bene.
Appena arrivati a casa, naturalmente il mio pick up era posteggiato al suo posto. Lo feci entrare in casa, senza chiedergli se gli andasse bene studiare in camera mia e ci andai comunque. Stare nelle sedie scomode della cucina non mi allettava, mi sentivo ancora con quel strano malessere.
Appena mi misi seduta sul letto, notai che Edward era rimasto nella soglia della porta, era titubante ad entrare.
- Vuoi un invito ufficiale per entrare?
Lo presi un po' in giro, pero mi dispiaceva vederlo a disagio. Lui mi guardò roteando gli occhi al cielo per via della presa in giro.
- Dai entra non ti fare problemi.

Studiare con Edward era quasi impossibile, la voce era così bella che mi soffermavo più a notare quanto fosse bella più che al concetto della biologia di che stava parlando.  Ma mi impegnavo e stranamente riuscivo a rispondere alle sue domande.
Mentre facevo una pausa, giocavo con un piccolo cuscino, stavo pensando se magari glie lo avessi tirato lo prenderebbe oppure si sarebbe fatto prendere.

- Come mai quando ci siamo visti per la prima volta ti sei messa a ridere?
Quando mi fece questa domanda mi venne spontaneamente da ridere, lo guardai e gli risposi sinceramente.

- Beh mi sembrava tutto così assurdo, credo che più che altro fosse il nervosismo. Ti sarò sembrata una pazza.

- No, in realtà mi hai incuriosito, di solito le persone reagiscono diversamente quando mi sono vicine. Tu sembrava quasi fossi a tuo agio con il passare del tempo.

- In effetti non è facile starti vicino senza agitarsi.
Che cazzo stavo dicendo? Oddio rinchiudetemi.

- Pensavo non avessi paura di quelli come noi.

- Non intendevo quello.
Lo avevo bisbigliato tutta rossa in viso. Il cuscino era finito sopra la mia faccia per cercare di impedire alla mia bocca di dire altre cazzate.

- Sai ancora non mi hai ancora detto se Bella è il tuo vero nome.
Era vero non lo avevo detto, non avevo mai detto il mio vero nome da quando ero li..
-Mi chiamo Alex.
Il cuscino dalla mia faccia era sparito, lo aveva tolto. Mi guardava, io cercavo come al solito di concentrarmi.

- Preferisci che ti chiami così?
Adesso era più vicino, il mio cuore se ne era accorto subito. I suoi occhi così caldi erano una meraviglia da guardare.

- Io.. No.. Credo che mi confonderebbe, devo abituarmi ancora ad essere chiamata Bella ma non mi dispiace.
- Sai non ti capisco, a quanto mi hai raccontato sei stata mandata qui Senza sapere come. Ma non mi sembra che tu rimpianga quello che ti sei lasciata dietro.
- Infatti è così, quella che avevo prima.. La mia vita di prima. Avevo perso la speranza, era da tanto che non mi sentivo in pace con me stessa. Per quanto adesso è tutto così diverso, non ho nessun rimpianto.

- Sembra che per una volta ci sia una persona che mantiene i suoi segreti meglio di me.
Voleva risollevarmi il morale e ci riuscì subito, risi spontaneamente, grata di aver cambiato argomento.

Purtroppo oggi non me ne andava bene anche una perché se possibile il dolore alle ossa si fece sentire di più verso la schiena e il mal di testa non lasciava la presa.
Conoscevo abbastanza bene il mio corpo che ormai avevo capito che tra un momento all'altro avrei iniziato ad avere la febbre. Non volevo dirlo a Edward la sua compagnia mi distraeva dal male, e non mi andava che mi lasciasse sola a casa con la febbre. Mi facevo pena da sola. Stasera dovrò prendermi qualcosa per non stare troppo male stanotte.
Purtroppo mi accorsi che non sentivo abbastanza in forma per concentrarmi.

- Cos'è la Tachipirina?
Oddio mi aveva letto nella mente. Adesso cosa gli dicevo? Cercai di concentrarmi nuovamente.

- Ehm il nome del gatto della mia vicina?

Ma ero fuori? Cioè tanto vale che gli dicevo che era il nome del mio amico immaginario.
Lui mi guardò male, aveva capito che gli avevo detto una cavolata.

- Mi sembra di averlo già sentito.

Beh se lui che aveva due lauree in medicina non sapeva cos'era allora di cui sicuro non l'avrei trovata in una farmacia qui vicino.

- Cosa centrano le mie lauree?
Perfetto mi sentiva in pieno, ma la febbre stava per arrivare e io non riuscivo a connettere bene. 

- Febbre? 
Mi guardò sconvolto e preoccupato, neanche avessi una broncopolmoniteasmatica. 

- Perché non mi hai detto prima che stavi male?
Ah no questo mai, non lo avrebbe letto nella mia mente.

- Lo tieni nascosto.
Lo guardai seria,non volevo che sapesse.

- Mi dispiace.
Non sapevo perché mi stavo scusando ma ero così stanca e spossata.

- Quindi di solito prendi questa cosa chiamata Tachipirina giusto?
Lo vidi alzarsi dalla sedia della mia scrivania, e avvicinarsi vicino al letto, era chinato per guardarmi meglio.
Io annui alla sua risposta, chiusi un attimo gli occhi per rilassarmi.
Sentii il palmo della sua mano appoggiato sulla mia fronte, quel contatto inaspettato mi fece aprire gli occhi di scatto.
Lo guardai nei occhi completamente rapita dal suo gesto, la mano fredda sulla mia fronte mi sembrava che avesse scatenato tutto il mio corpo.
Il cuore viaggiava a mille all'ora, il mio stomaco faceva su e giù e la mia mente era completamente in blackout.
- In effetti la tua temperatura sembra in aumento.
La sua voce non l'avevo mai sentita così vicina. Forse la temperatura alta non era per la febbre in questo momento.
- Non ti preoccupare di solito non mi dura molto, se vuoi andare a casa vai pure.
- Non ti lascio a casa da sola.
Era così deciso, di certo non gli avrei fatto cambiare idea per nulla al mondo.

- Credo che farò una telefonata a Carlisle.

- No Edward davvero, non lo disturbare. Di solito non prendo quasi mai niente, vedrai che entro domani già mi sarà passata. Poi tra un po' torna a casa Charlie e non mi va di farlo preoccupare.
Ero rossa in viso, sia per la febbre che per l'imbarazzo.

- Bella finchè non torna Charlie sarebbe meglio che restassi.
Il viso era serio, io che ero ancora distesa nel mio letto feci un sospiro. Non è che non volevo che rimanesse ma non riuscivo a concentrarmi per mantenere celati i miei pensieri. Intuitivo quando lui leggeva i miei pensieri, era come una presenza silenziosa. 
All'inizio non lo avevo notato ma adesso sentivo quando lui poteva leggermi nella mente.
- Va bene.
- Preferisci che chiami Alice?
Forse pensava che non mi andasse di stare in sua compagnia. Mi misi a sedere appoggiata alla spalliera del letto, mi abbracciai le gambe con le braccia.
- No é solo che non ho le mente molto lucida.
- Ti preoccupa il fatto che ti possa leggere nella mente?
Sorrideva furbo, io stavo impazzendo e lui se la rideva questa si che è fortuna.
Non ebbi il coraggio di guardarlo nei occhi.
Lui si mise seduto nel letto davanti a me.
- Sai verso che ora torna Charlie?
- Tra un paio d'ore di solito.
Alzai di nuovo lo sguardo verso di lui e la sua espressione era ancora concentrata e seria.
- Vuoi ancora chiamare Carlisle vero?
Lui mi guardò sorpreso.
- Sì.
- Dai chiamalo, però non farlo venire qui non voglio che si disturbi ok? 
- Sei abituata a prenderti cura da sola vero?

Beccata. Quando mia mamma aveva iniziato a stare male io avevo imparato a fare tutta da sola. Cucinare, fare le faccende di casa, andare sempre in tram per me era una cosa normale. E quando ero malata me ne stavo semplicemente da sola con qualche medicina e dei libri a portata di mano.
- Si. Fai quella telefonata.
Gli feci un mezzo sorriso e lo vidi uscire dalla mia stanza con un cellulare in mano.
Mi rimisi distesa nel letto, ripensare alla mamma mi aveva buttato giù di morale. La testa continuo a girare, ma stare distesa mi aiutava a stare meglio.


Sentivo dei piccoli brividi nel braccio, non mi davano fastidio, mi facevano sentire strana. Mi facevano sentire viva. Ero come avere delle piccole onde che alternavano freddo e piacere, era tutto così sconosciuto ma altrettanto bello che non riuscivo a paragonarlo a nient'altro.
Quelle sensazioni mi fecero capire di essermi addormentata, ma mi stavo svegliando adesso. 
Aprii gli occhi e vidi due occhi dorati guardarmi, erano più vicini di quanto lo fossero mai stati, potevo ammirarli in tutta la loro bellezza.
- Scusami mi devo essere addormentata.
Oddio che voce roca che avevo.
- Non ti preoccupare, volevo solo avvertirti che sta arrivando Charlie, io vado ok?
Dalla posizione chinata in cui era si alzò piano. Il mio corpo si mosse da solo senza pensare senza riflettere. Con la mia mano presi la manica della sua maglia con forza. Si bloccò di scatto, io ero sorpresa quanto lui. La febbre mi annebbiava e visto che non avevo il coraggio di chiederglielo ad alta voce aprii la mia mente a lui.
" Puoi rimanere con me? "

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Capitolo 7
*** settimo ***


''Puoi rimanere con me?''
 
Guardavo il suo viso arrossato dalla febbre, non potevo immaginere che parlasse sul serio. Come poteva pensarlo?.
Perchè voleva la mia compagnia? La compagnia di un mostro. Non si rendeva fino in fondo di come fosse la nostra natura questo era sicuro. Ma quando vidi i suoi occhi azzurri così chiari guardarmi in quel modo quasi supplicante, rimasi spiazzato.
 
Lo desiderava davvero, desiderava davvero la mia compagnia. Mille dubbi su cosa fosse più corretto fare mi attraversarono la mente, da quanto la mia mente era messa a così dura prova?
Da quanto dei sentimenti che non fossero la noia mi avevano attraversato?
Era come se in tutti questi anni da immortale avessi vissuto in un mondo ovattato. Era lei che causava tutto questo? Forse era la novità che un'umana fosse entrata nella mia vita e quella della mia famiglia a renderla tanto diversa a tante persone.
 
Lei era ancora lì a guardarmi, e io come un'idiota non sapevo cosa fare. 
- Va bene, attenta arriva Charlie.
Lei mi guardò con un sorriso, un pò strano. Era imbarazzo? forse si era già pentita di avermelo chiesto. Senza aspettare oltre mi nascosi dentro l'armadio in attesa che Charlie venisse a salutare Bella. Sentivo i suoi pensieri preoccupati per non averla trovato in cucina a preparare la cena come gli scorsi giorni.
Salì in camera sua e senza bussare entrò in camera.
- Bells tutto ok?
Non vidi niente chiuso in quello armadio, non mi ero mai nascosto. Quella situazione era sempre più assurda.
- Si papà credo di avere un pò di febbre, ce un pò di pasta in frigo che avevo preparato ieri, puoi riscaldarla, io non credo di voler mangiare niente.
- Sicura? Hai preso qualcosa per la febbre?
Sentivo la sua voce e i suoi pensieri in modo uguale, quell'uomo non nascondeva niente, diceva quello che pensava, magari ometteva qualche cosa come tutti. Ma la sua preoccupazione e le sue parole erano quasi sempre sincere.
Bella sembrava stupita da quelle attenzioni, adesso riuscivo a sentire qualcosa, come le sue sensazioni o qualche parola che pensava. Non mi lasciava mai libero accesso alla sua mente. Era irritante e innaturale, proprio quando desideravo sapere cosa pensasse qualcuno non ci riuscivo. 
Dopo il colloquio Charlie scese di sotto in cucina, Bella spense la luce della sua camera per accendere una lampada più piccola nel su comodino. Finalmente uscii fuori e la vidi raggomitolata in un plaid mi scappò un risata leggera, infondo c'era sempre suo padre di sotto.
Mi fece la lingua aumentando la mia allegria. Un'altra cosa a cui dovevo abituarmi, era strano che fosse proprio lei a farmi provare certe cose. Non sapevo niente di come fosse venuta qui, e  a quanto pare neanche lei ma non riuscivo a sentirla come una minaccia, no lei non lo era.

Mi avvicinai sedendomi nel letto insieme a lei.
- Non ti sembra strano avere un padre diverso da quello che avevi prima?
Non mi guardò mentre mi rispose.
- No, ma forse perchè prima non lo avevo. E Charlie è davvero dolce a modo suo.
Sospirò e piano piano, con lentezza anche per un'umana, e si accomodò sul cuscino si ranniccchiò e mi guardò con quei occhi tremendamente azzurri, era assolutamente destabilizzante mi dava tutta quella confidenza sapendo comunque che essere io fossi.
- Scusa per la richiesta di prima, non sei obbligato a rimanere, si vede che la febbre mi sta dando un pò alla testa. E solo che mi annoio, non conosco neanche tanto bene Charlie per stare con lui, cioè un pò lo conosco grazie al libro ma più che altro conosco te.
Appena lo disse arrossì ancora di più, mi bloccava i pensieri, si vergognava per quello che aveva appena detto. Io morivo dalla curiosità era stata vaga su questo famoso libro.

- Ah si? 

Adesso ero serio.

Lei non rispose.

- Vorrei saperne un pò di più su questo libro, insomma è un pò ingiusto tu ci conosci così bene, ma io non so quasi niente su di te.
- Non lo sai? La vita alcune volta è ingiusta.
Sorrideva furba, non me lo avrebbe detto a quanto pare. Non per adesso per lo meno.
- Si credo di averlo gia sentito. Senti io magari vado un attimo da Carlisle per farmi dare qualcosa per te ok?
- Non mi piacciono molto le medicine.
Fece una smorfia, sembrava una bambina. Una bambina bella dovevo ammeterlo, anche con la febbre. Il suo viso così lineare e quei occhi, i suoi lunghi i capelli. Bloccai subito quei pensieri prima che mi portassero ad altri ancora meno convenienti.
- Credo che tu non abbia scelta, sai sono più veloce di te anche quando non stai male.
- Spaccone 
Rise, era sempre così allegra che lo trasmetteva involontariamente.
- Vado e torno. 
Senza pensarci gli posai di nuovo  la mano sulla fronte, vorrei poter dire che fosse per sentire la febbre, ma non era per quello, volevo accarezzarla? Era tutto così nuovo e assurdo. Sentii i battiti del suo cuore aumentare. Turbato e confuso uscii da quella stanza e da quella situazione.

Presi la macchina e andai a casa mia e mi fiondai subito nell'ufficio di Carlisle.
- Ah eccoti, dagli queste compresse e magari anche qualcosa per dormire, e tieni sotto controllo la febbre.
-Grazie Carlisle.
Me ne stavo fermo davanti a lui senza dire niente, volevo dire qualcosa, chiedergli qualcosa. Ma cosa dirgli? Come facevo a spiegargli la mia confusione?
Lui mi guardò serio.
- Non ti convince Bella?
- No non è quello. E che noi non la conosciamo, e lei sa così tanto di me. Cioè di noi. E Alice si sta affezzionando non credo che dovremmo stare molto con lei. Sta cambiando la nostra vita, e insomma anche Jasper ancora ha delle difficoltà a stare vicino a lei.
- Edward sei sicuro che sia Jasper ad avere delle difficoltà a stare vicino a lei?

Cosa era quella sensazione adesso? Non era solo confusione, era irritazione era  negazione, non lo sapevo cosa era. Io non ero quasi mai in difficoltà figuriamoci se era una ragazza umana, una ragazza di cui non sapevo quasi niente.

Me ne andai velocemente, non volevo tornare da mio padre. Aveva toccato il tasto giusto. Quello turbato da lei ero solo io, la mia famiglia l'aveva accettata così facilmente in pochi giorni.
Un cambiamento nella mia vita non c'era da quando mi ero trasformato, non ero abituato a tutte queste emozioni, queste sensazioni, alla confusione dei miei sentimenti. Non sapere come comportarmi non era da me. Io non stavo con gli umani, loro per via della nostra natura ci temevano, come era giusto che sia. Ma a lei sembrava non importare. Fin dal primo momento che l'ho visto non l'avevo mai vista spaventata da noi, c'era così tanta fiducia in lei. Mi ricordo ancora quando disse di non chiamarci mostri, ero ancora shoccato dalla sua considerazione in noi. In me. 
Alice dal primo momento non mi aveva voluto far vedere le sue visioni su di lei, sapeva bene come mantenere i suoi segreti con me. Il modo in cui si era affezzionata a Bella ancora non lo capivo fino in fondo, ma sapevo che Alice provava sincero affetto verso di lei.

Stavo correndo nella foresta e mi ritrovai di nuovo in quella casa, la sua casa. Le luci erano ormai tutte spente, Charlie e Bella dovevano essere già andati a letto. Non mi ero neanche accorto di aver fatto tardi. 
Gli avevo detto che sarei tornato, chissà se ci era rimasta male e si era addormentata.

Con il sacchetto di Carlisle in mano mi arrampicai sulla sua finestra, era aperta. 
Lei era li in pigiama, con una gamba fuori dalla coperta, dormiva. Non dormiva bene però sembrava agitata.
Appogiai il sacchetto nella sua scrivania e mi misi seduto su una piccola sedia a dondolo davanti al suo letto, non so perchè rimanevo lì, ma guardarla dormire era affascinante. Appena la guardai mi resi conto che stava sognando, e cosa stava sognando. La sua mente era aperta, finalmente non c'era quella barriera che quasi sempre caratterizzava la sua mente. 
Non era giusto starmene li a spiarla ma le immagini del sogno presero vita anche nella mia mente. Vedevo tantissimo verde, un bosco forse stava scappando, non c'erano pensieri coerenti ma solo il fatto che stesse scappando.
Preso dal suo sogno mi accorsi che mi stavo avvicinando a lei quasi a voler vedere meglio.
Adesso lo scenario era cambiato, correva in una piazza con tanta gente che andava dalla parte opposta, tutti vestiti di rosso, sembrava quasi che capisse che fosse arrivata alla sua meta quando si buttò nelle braccia di qualcuno, il sollievo in lei fu immediato, continuava a ripetere ''finalmente''.

La visuale del sogno si alzò leggermente verso l'alto e vidi il viso della persona in cui era arrivata. Era il mio viso.

Smisi di respirare, era il mio viso alla luce del sole. 

Ancora mi sorprendevo che sapesse così tante cose di me.
Non avevo mai mostrato a nessuno come era alla luce del sole se non alla mia famiglia.

Sentii la mia voce nel suo sogno " Sei viva", il viso sorrideva incredulo, felice.

Quel sogno,  mi colpì come una connonata nel petto. Mi cambiò dentro in modo irreparabile, il mio cuore morto e gelido sembrò scaldarsi e una strana sensazione allo stomaco mi fece sentire strano. Diverso.
Volevo essere come l'Edward che Bella stava sognando, volevo essere così felice con quello sguardo diverso e che mai mi ero visto. Ma lo sarei mai stato?

Ero arrivato al fianco del letto vicino al viso di Bella, non mi ero mai davvero reso conto di quanto fosse bella, lì inerme potevo osservarla meglio, senza il suo sguardo a confondermi. Le sue labbra si muovevano un poco quasi cm se volesse parlare, il suo profumo era davvero gradevole, piacevole ma facile da sopportare.

Il sogno proseguì con vari colori indistinti, sognò anche i miei fratelli in modo vago. Si rigirava nel letto si scopriva in continuazione, stava sudando la febbre a quanto pare stava scendendo, gli toccai con le mie dita nel modo più leggero possibile toccai la sua pelle della fronte così morbida  e calda, la differenza tra me e lei era disarmante.
Forse sentì il mio contatto perchè avvicinò la sua fronte alla mia mano, probabilmente il freddo calmava la sua febbre perchè si rilassò immediatamente. Non stava sognando più ma non mi importava più perchè ero troppo impegnato a guardarla affascinato  ad ogni suo minimo gesto.

L'alba arrivò fin troppo presto, era davvero passata tutta la notte? Avevo davvero osservato Bella per tutta la notte?
Il punto più complicato però era un'altro, ero irrepabilmente finito in una situazione senza via di uscita, la più strana che mi sarei mai aspettato.

Quello che era sicuro però è che dentro mi sentivo con un pò di speranza, di disperazione, pieno di desiderio.
Desiderio di stare insieme a lei.

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Capitolo 8
*** ottavo ***



Mi scuso davvero per i miei tempi davvero lunghi, ma purtroppo il tempo ne l'ispirazione vengono quando ne hai bisogno. Spero che comunque continuerete a leggere, con affetto ringrazio chi ha commentato, perchè il solo sapere che qualcosa che hai fatto con passione viene apprezzata, ti invoglia a continuare.

Arya




Mi pulsava la testa, ma a parte questo mi sembrava di aver passato la notte più rilassante dopo tanto tempo.
 
Non aprivo gli occhi solo per pura pigrizia, no non è vero. Non li aprivo perchè avevo paura di quello che avrei potuto vedere.
Ricordavo di aver chiesto ieri ad Edward di rimanere con me. Gli sarò sembrata una scema, da quanti giorni mi conosceva? Come avevo potuto solo pensare di chiederglielo.

Il punto era proprio questo, non avevo pensato.
 
Dopo che era uscito dalla finestra mi ero addormentata di brutto e non mi ero accorta se era tornato oppure no. Cosa speravo esattamente?
Di vederlo lì oppure no?

Ero davvero così coinvolta?

Come potevo esserlo?

Come potevo non esserlo....
 
Vederlo, sapere che esisteva per me era ancora un shock. Speravo soltanto che lui non si accorgesse di come ero presa da lui..  La cosa ingiusta e che mi basavo solo quello che era scritto su un libro. Dovevo prima imparare a capire come fosse lui sul serio, non potevo coinvolgermi sul serio prima di averlo conosciuto davvero.
 
Aprii gli occhi piano e con calma, a godermi quella pace inaspettata, dovevo essere coerente con i miei obbiettivi. Quello mi avrebbe salvato.
 
-Buongiorno
Era stato Edward a parlare, era seduto nella sedia della mia scrivania, aveva gli occhi chiusi se non sapessi che i vampiri non dormivano avrei potuto pensare che stesse dormendo.
Aveva il viso completamente rilassato. Era stupendo, non c'erano altre parole per descriverlo.
 
-Ehi.
Lo salutai a voce bassa in modo da non disturbarlo da quel suo momento di pace, anche se sapevo che si era accorto che mi ero svegliata.
Più di quello non sarei riuscita a dire, vederlo appena sveglia era gia qualcosa a cui di certo non ero abituata.
 
Mi alzai piano, e lui voltò il suo sguardo verso di me e sorrise debolmente. 
Si decisamente era un buongiorno.
Ricambiai il suo sorriso.
 
- Come ti senti?
 
La sua voce era molto calda, decisamente sexy. Anche se adesso riuscivo a capire come chiudere i miei pensieri arrossi al pensiero che avevo fatto su di lui. Il "potere" se potevo chiamarlo così quasi lo sentivo adesso, man mano che mi trovavo li a forks avevo iniziato a capire come funzionava, e adesso mi era più facile non dovevo più sforzarmi per usarlo. Ma sapevo che avrei potuto farlo smettere se fossi stata davvero distratta o non in me.
 
- Meglio grazie.. Scusa per ieri... Non dovevi rimanere con me per forza, ero un pò fusa dalla febbre.

Non riuscivo a guardarlo negli occhi, si poteva sprofondare di più dall'imbarazzo?
 
- Nessun problema Bella, sul serio. Diciamo che è stata decisamente una notte diversa dal solito.
 
 Il suo mezzoo sorriso spuntò dal suo viso, magico e incantevole come lo sbocciare di un fiore, non si poteva non rimanerne affascinata.
Guardai nel comodino la mia piccola sveglia e notai l'orario.
 
- Dio ma è mezzogiorno! E la scuola? 
 
- Bella hai avuto la febbre ieri, non mi sembrava il caso di svegliarti per andare a scuola.

- Si lo so ma tu saresti dovuto andarci.
 
Lui rise allegro quasi incredulo.
 
-Hai paura che non recuperi per un giorno saltato? Credimi i compiti non sono un problema.
La mia espressione arrabbiata lo fece ridere ancora di più.

- Sei un spaccone, sai? Io sono Edward e sono più intelligente di tutti voi, ho preso il diploma tantissime volte e anche preso diverse lauree  bla bla bla.
 
Mentre facevo la sua imitazione mi ero alzata dal letto, e non riuscii a finire che scoppiai a ridere da sola, mentre lui basito mi guardava con i suoi occhi stupendi. Per farlo smettere di fissarmi gli tirai un cuscino e andai di corsa in bagno per farmi una doccia e cambiarmi.
Naturalmente sapevo che il mio cuscino non gli sarebbe mai atterrato sulla sua faccia.
 
Finito di fare la doccia, non potevo evitare di pensare che quella casa non era mia, non la conoscevo. Eppure era cosi facile abituarsi ad essa, ogni cosa come gli abiti e la mia camera si adattava ai miei gusti, al mio carattere.
 
Cosa era questo mondo? Sapevo di non essere magicamente finita dentro il libro di Twilight, altrimenti la realtà in cui sarei finita ci sarebbe stata la Bella di cui conoscevo. Io non sarei stata nessuno, un intrusa in mondo in cui non era il suo.
Questo mondo era completamente diverso, certo c'era l'universo di cui avevo letto, la cosa mancante era Lei. Avevo preso il suo posto questo lo avevo capito, era come essere in una realtà alternativa. 
 
Dove lei non esisteva, ma anzi era stata sostituita.
 
Per quale scopo ero li? Ma c'era uno scopo in tutto questo?
Il viso di quel ragazzo che mi aveva portato era ancora stampato nella mia mente... Si uno scopo c'era, perchè senno portarmi li? 
Non sapevo neanche il suo nome, chi era? Non era decisamente un vampiro, dopo aver visto i cullen ne avevo la certezza, non aveva le loro caratteristiche.
 
Uscii dalla doccia con le testa ancora piena di mille dubbi. Non potevo di certo rispondere a tutto questo, non sapevo neanche se sarebbe durata. 
Dopo essermi cambiata tornai in camera, cercando di dimenticare i miei pensieri.
Vidi Edward davanti alla libreria, davanti ai miei libri.
 
- Hai dei gusti particolari, ti piace un pò di tutto vedo.
Guardai i libri e vidi tutti i libri che avevo letto, e che mi piacevano, ormai non  mi stupivo più.
 
- Si, apparte qualche genere diciamo che leggo un pò di tutto. L'ultimo che ho letto è stato Jane Eyre,davvero bello.
Non guardava più i libri, ora guardava me. Quasi incerto parlò.

- Ti piacciono gli amori difficili.
Arrossì per quanto fosse vero, mi sentivo al quanto stupida.

- Si è vero.. Ma penso che tutti i veri amori non siano facili, alcuni sicuramente avranno più difficoltà ma solo il fatto di amarsi a vicenda deve in qualche modo aiutare. Senno che senso avrebbe amare una persona? 

Presi fiato, come se avessi fatto uno sforzo enorme a parlare. Il silenzio che si era creato non mi piaceva, era carico del mio imbarazzo e il fatto che mi sentissi scottare le guance era segno che ero arrossita come una scema.

- Non voglio annoiarti tutto il giorno, non sei obbligato a rimanere, Charlie tornerà stasera. 
Lo distolsi da i suoi pensieri. Mi sembrava quasi non mi avesse sentito. Stavo quasi per ripetermi che lui mi interruppe.

- Non mi sento obbligato ma se vuoi che ti lasci da sola, non ce problema..

- No! Cioè ehm e solo che non so come comportarmi.

- La tua sincerità è spettacolare.
Ora anche lui era in imbarazzo. Dopo un minuto buono mi rispose tranquillamente.

- Sai penso che dovremmo conoscerci meglio, in fondo tu sai tutto di noi a quanto ho capito. Ma io, cioè noi non ti conosciamo molto bene.

- Si credo sia giusto.
 
Sistemai il letto, con calma misi tutti i cuscini a disposizione che avevo sopra in modo da averne molto in cui potessi sfogare il nervosismo e qualche peluche che avevo trovato. Ci sedemmo li e iniziammo a parlare.
 
POV EDWARD
 
La sua voce presto mi mise a mio agio, parlare con lei era bello. Non era sicuramente facile però, come gli avevo confessato la sua sincerità era strabiliante. Era così pura e semplice, era una cosa che non si trovava spesso.
Sapevo che ogni cosa che diceva la pensava sul serio, senza che gli leggessi nella mente. Parlammo di lei sopratutto, mi raccontò a parole sue come era stata "portata" lì. Quando me lo aveva fatto vedere con la mente era stato molto frettoloso e poco dettagliato, la vicenda per quanto fosse assurda era vera.
 
Il fatto che lei fosse li non si poteva spiegare logicamente, gli avevo chiesto se per lei quel ragazzo fosse un vampiro ma mi aveva risposto che era più che sicura che non lo fosse. Avrei dovuto approfondire di questo anche con Carlisle, certo non era un pericolo a quanto pareva ma non era una cosa da sottovalutare.
 
Mentre parlava, la guardavo affascinato. Non era più molto in imbarazzo e parlava tranquilla, senza avere paura. Senza avere paura di me.
Mi chiedevo se si sforzasse ma sentivo il suo cuore battere tranquillo, in modo rassicurante. Come faceva a essere così tranquilla? Volevo saperlo. Mi aveva spiegato gia che non aveva paura di noi, lo dimostrava con Alice in continuazione standogli vicina toccandola tranquillamente. Forse non si rendeva conto di come era fatta la nostra natura.
La sua voce interruppe il mio filo di pensieri.
 
- Dimmi qualcosa di te.

Perchè diceva sempre la cosa che meno mi aspettavo? Eravamo entrambi sul suo letto seduti all'apparenza per niente imbarazzati. Non potevo parlare per lei ma io non ero così calmo come sembravo, fortunatamente riuscivo a nasconderlo bene.
Almeno così speravo.

- Cosa vuoi sapere?

Mi misi disteso sulla schiena in  modo da poter guardare il soffito e potermi distarre  dai  suoi occhi che senza problemi mi guardavano.
Il suo profumo adesso era ancora più intenso del solito appoggiato sulla sua coperta, la cosa straordinaria era che il suo odore non risvegliava in me alcuna fame.

Il mostro che avevo dentro era quieto e non affamato.

Potevo godermi quella fragranza dolce e fresca,senza sentirmi uno schifo per la mia natura. Senza sentirmi un essere mostruoso, mi faceva sentire più normale.
 
- Beh come era il '900? Come è stato vedere il mondo? Tutte quelle epoche, vedere il cambiamento dei costumi e delle persone, il progresso della tecnologia. Il cambiamento dell'arte.. e degli artisti...la musica.. Deve essere stato straordinario. Come un viaggiatore del tempo, un esperienza che molti ti invidierebbero. 
 
Era così ispirata, dopo aver parlato si distese affianco a me, era così vicina che le nostre spalle quasi si toccavano. Smisi di respirare non perchè mi desse fastidio, ma perchè per un secondo non mi ricordai più come si faceva.
 
- Lo fai sembrare bellissimo. 
 
Risposi sospirando, aveva una visione magica e talmente genuina. Faceva sembrare tutto così semplice. 
 
- Perchè non lo è?
 
- Credo che per la maggior parte delle persone sia così. Ma per uno come me, non è stato sempre bellissimo. La mia vita mi è sempre sembrata un purgatorio infito, devo dire che la mia vita per la maggiore mi è sembrata abbastanza noiosa. Certo il tuo discorso non fa una piega l'evoluzione che ce stata è stata grandiosa, ma quando la vivi tutta credimi non è così eccezionale.
 
- Sei troppo pessimista Edward.
 
Mi scappo una risata strozzata.
 
- Forse. Ma tu sei troppo ottimista.
 
Adesso fu lei a ridere serena, la sua risata uno dei suoni che in me scatenava qualcosa che ancora non sapevo definire.
 
- Forse.
Rimanemmo in silenzio, questa volta niente imbarazzo. Solo noi due. 
Il mio respiro sincronizzato con il suo, e con mio stupore mi rilassai. Mi rilassai affianco di una umana. Affianco ad una ragazza che non conoscevo neanche da tanto.
Come aveva potuto cambiare tanto la mia vita solo per colpa sua?
 
Non so quanto tempo passò, ma notai che il suo respiro adesso era più pesante.

Si era addormentata. Si era addormentata vicino a me.
 
Decisi di voltare lo sguardo sul viso. Rimasi li a guardarla, come uno stupido rimanevo li a fissarla mentre dormiva. Ancora. 
 
Era così bella questo non potevo negarlo, non solo per il suo aspetto fisico ma anche per l'energia che ti trasmetteva. Il suo modo di fare di parlare mi coinvolgeva senza rendermeno conto, notavo i suoi gesti come quello di prendere tra le sue piccole dita una ciocca di capelli e giocarci.
Tutte cose che normalmente non mi avrebbe interessato.
 
Il suo viso si spostò nel sonno nella mia direzione, e il suo respiro si scontrò contro il mio viso.
Senza pensarci il corpo reagì senza pensarci, senza che potessi controllarlo, in un attimo fui in piedi vicino alla finestra, teso come una corda di violino. Ero scattato non perchè mi avesse dato fastidio, ma perchè mi aveva fatto anche fin troppo piacere.
 
Non potevo negarlo ero attratto da lei, come se potessi pretendere qualcosa. Come se non fossi il vampiro che sono ma un ragazzo normale e umano. Stavo inziando a desiderare qualcosa che non era giusto, sopratutto per lei. 
Il suo comportamento verso di me mi faceva dimenticare quale era la mia natura, ma questo non voleva dire che era giusto dimenticarsene.

Forse lei pensava che era giusto comportarsi normalmente ma io non ero normale,

doveva aver paura di me perchè anche io iniziai ad avere paura di me stesso.
 

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Capitolo 9
*** Nono ***


A quanto pare mi ero di nuovo addormentata, ma a differenza di prima Edward non c’era più. In un primo momento la delusione mi colpì allo stomaco, ma era una cosa stupida, non potevo pretendere niente da lui. Il problema è che stare vicino a lui mi faceva diventare terribilmente egoista.
La febbre stava tornando così decisi di prendere dal  sacchetto vicino al mio letto le compresse, le aveva portare Edward la sera prima.

Mentre prendevo le medicine ripensai a come avevamo parlato, a come eravamo vicini stesi nel letto, e mi sentii in pericolo sul serio dalla prima volta che ero arrivata lì. Non ero preoccupata per la mia vita naturalmente, ma ero preoccupata per il mio cuore, sapevo di non poter neanche sperare in una situazione che sfociasse al romantico con lui. Non credo che lui provi le stesse cose che provo io perché io già lo conoscevo, conoscevo cose di lui che lui neanche immaginava. Mentre lui mi conosceva da pochissimo. Sapevo che poteva essere romantico e passionale anche se gli costava un enorme sforzo.
Nei libri è evidente quanto gli costi stare vicino a Bella ricordo ancora la sua frase:

 “Ecco, tu sei esattamente la mia qualità preferita di eroina”

Di certo non invidiavo il suo malessere, ma invidiavo il fatto che lui fosse talmente preso da lei da combattere contro se stesso pur di starle vicino. Qui in questa realtà non sembrava in difficoltà a starmi vicino, ma non per questo dovevo supporre che avesse piacere a starmi vicino, volevo concentrarmi a godermi quello che mi succedeva senza dovermi aspettare niente da lui. Non era giusto che mi aspettassi niente, non era facile, ovviamente nella mia testa era più che logico ma di certo non sarebbe stato facile metterlo in pratica.
Passai la giornata cercando di riposare, leggere e a controllarmi la febbre .
 Charlie passò la sera a controllare come stessi, sembrava sollevato nel vedermi sveglia e più in salute

-Mi sembri stare meglio.

I suoi occhi era dolci, se ci soffermava al viso sembrava distaccato ma i suoi occhi erano rivelatori delle sue emozioni

-Sì credo sia passata la febbre.

Gli sorrisi timida ma confortata dalla sua preoccupazione.

-Domani credo che starò ancora a casa per essere sicura di essermi ripresa davvero.

-Si credo sia meglio, ho preso della pizza se hai fame è in cucina io vado a farmi una doccia.

Sollevata alla parola pizza pensai che forse più tardi sarei scesa a mangiare qualcosa, mi sentivo già molto bene sarei potuta andare a scuola anche già domani ma la mia codardia si era fatta avanti, non mi sentivo ancora sicura di voler rivedere Edward senza rendermi ridicola davanti a lui.
 
Il giorno successivo dopo passò lentamente, fortunatamente la febbre era sparita così potei prendere un po’ di tempo per i compiti e studiare sul serio.
Nel tardo pomeriggio sentii suonare il campanello di casa, spaventata dal suono i miei pensieri andavano a mille e ovviamente sperai che fosse Edward, non pensare a lui non era il mio forte. Con mia sorpresa quando aprii la porta vidi Alice, entrò senza che la invitassi e iniziò a parlare a raffica

-Ovviamente devo darti il mio numero di telefono, non è possibile che venga a scoprire da Edward che eri a casa malata. Ti ho portato degli appunti delle lezioni e qualche rivista di moda.

Sollevata nel rivederla che passammo la serata a chiacchierare tranquille, mi confidò che aveva discusso un pochino con Jasper per l’argomento James, ma naturalmente era durata poco. Jasper rispettava la sua decisione, anche se la sua voglia di fare giustizia per lei era forte. Il modo in cui Alice parlava di lui, era come quello di una moglie che parla del proprio marito.
Era difficile da associare perché lei dimostrava davvero la mia stessa età ma sapevo benissimo che non era così. Tentai a fargli qualche domanda senza sembrare troppo indiscreta.

-Tu e Jasper vi siete mai sposati?Era un particolare che non ricordavo, mi ricordavo che nel libro si parlava del matrimonio di Rose e Emmet ma di Alice e Jasper non ne ero sicura.

-Si ma solo una volta a differenza di Em e Rose

Sorrise furba con quel suo visetto angelico, così mi raccontò del suo matrimonio e di tutti i suoi particolari, facemmo serata e quando arrivò Charlie mi sorpresi dell’ora che si era fatta. Presentai  Alice a Charlie e infine salutai Alice promettendole che ci saremmo viste domani a scuola.
Charlie aveva portato degli hamburger per cena, così ci mettemmo in cucina a mangiare e a parlare mi chiese di Alice e io gli chiesi dei Cullen, naturalmente conosceva tutti in città e di loro aveva una buona opinione.
Mi fece piacere sentirlo parlare bene di loro.
Finita la serata mi misi a dormire facendo fatica ad addormentarmi, mille pensieri mi tormentavano e non sapevo come elaborare il tutto, ma sperai che domani sarei stata più tranquilla e ovviamente anche se non volevo ammetterlo speravo di rivedere Edward.

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Capitolo 10
*** Decimo ***


La mattina mi svegliai al suono della sveglia, con una nuova prospettiva nella mia testa cercai di comportarmi nel modo più tranquillo possibile, visto che mi ero alzata un po’ all’ultimo come al solito cercai di essere più veloce possibile nel lavarmi e vestirmi. Mi coprii bene con il giubbotto più pesante che avevo trovato nell’armadio e mentre uscivo cercai di trovare le chiavi della macchina dal mio zaino, ma mi fermai subito.

Edward era fuori appoggiato al mio pick-up più bello che mai, aveva dei jeans scuri e un giubbotto di pelle che slanciavano la sua figura. Pensai che c’erano davvero poche cose che non gli donavano, poteva anche vestirsi come un qualsiasi liceale ma comunque distinguersi per il modo in cui addosso a lui sembrava tutto perfetto.

-Buongiorno

Gli dissi sorpresa, non pensavo di rivederlo di già.
Lui mi guardava come se mi studiasse o come se non sapesse esattamente cosa dire, mi sorpresi a pensare che sembrava davvero un ragazzo normale che non sapeva  cosa dire ad una ragazza. La sua insicurezza era durata solo un attimo però.

-Pensavo che ormai avessimo già deciso che non era il caso che continuassi a guidare visto che non sai come si fa.

Il suo sorriso era stupendo e anche se il suo intento era stuzzicarmi io mi sentii felice, perché sembrava a suo agio.

-Non discuto, però penso che dovrei imparare sul serio, te e i tuoi fratelli di solito non andate insieme a scuola?

- Hanno preso l’auto di Rose, io accompagno te.

Anche se l’aveva detto non si era mosso, credo fosse il suo modo per capire se davvero mi faceva piacere che lui mi accompagnasse a scuola, aspettava di vedere la mia reazione alla sua proposta. Con decisione mi diressi verso la sua volvo e mi accomodai all’interno. Lui mi raggiunse con calma, la sua espressione era indecifrabile ma ero così di buon umore che non mi preoccupai.
La sua auto era stupendamente pulita e odorava di lui, mi inebriava. Presa dalla situazione cercai di divertirmi e fargli qualche domande per vedere le sue reazioni.

-Non allacci la cintura?

Lui mi guardò divertito, e dopo aver acceso la macchina allacciò la cintura di sicurezza, cercando di rimanere più seria possibile allacciai anche io la mia.

-Posso farti delle domande senza sembrare un’impicciona?

-Dipende

-Come è sentire i pensieri delle altre persone?

Mentre guidava passò un minuto a pensare alla risposta più giusta da darmi, ovviamente non era da lui dover rispondere a certe cose. Non ero sicura se gli facesse piacere discutere di queste cose con una come me.

-Alcune volte è solo un rumore di sottofondo, alcuni pensieri sono rumorosi e difficili da ignorare altri invece sono più leggeri. Pensavo che leggere la mente di tutti fosse davvero fastidioso,  ma è più fastidioso quando vuoi leggerli e non ci riesci.

La sua frecciatina era arrivata dritto al mio stomaco, come una scema mi sentivo già arrossire.

-Beh direi che almeno siamo ad armi pari. Neanche io posso leggere i tuoi.

Più parlavo e più pensavo di dire cose assolutamente senza senso, invece lui sorrise e mi scrutò con il suo sguardo e io pensai di essere davvero fregata.

-Tocca a me, cosa sai della mia vita che io non so?

Eravamo già nel parcheggio, gli altri studenti avevano cominciato a notarci, io li ignorai e pensai a come rispondere alla sua domanda.

-Sinceramente credo di sapere giusto qualcosa in più che tu già non conosca, ma non so se posso dirti quello che so senza fare qualche danno.

-In che senso danno?

-Ho paura di dirti qualcosa che ti porti a pensare che sono una pazza o che sia un pericolo per la tua famiglia. Ho anche paura di dirti qualcosa di imbarazzante.

Ero completamente a disagio, il mio modo di parlare con lui era terribilmente senza filtri e questo non mi aiutava ma non potevo farne a meno. Inconsciamente sapevo di non volergli mai mentire, se mi avesse chiesto qualcosa di specifico gli avrei detto quello che voleva.

-Allora penserò bene a cosa chiederti.

Il suo tono era serio ma non distaccato come pensavo, avevo paura che il mio sapere certe cose lo avrebbe allontanato. Scese dalla macchina e prima che potessi aprire la mia portiera l’aprì lui al mio posto.

-Adoro la galanteria

Gli dissi grata di quel gesto, e lui mi sorrise di rimando quasi compiaciuto. Mi accompagnò davanti alla mia aula eravamo fermi di fianco alla soglia e non ci dicemmo una parola, io lo guardavo e lui mi guardava. Per la prima volta non c’era aria di imbarazzo ma era una atmosfera elettrica che adoravo, una situazione che non avevo mai provato. Presa dal momento aprii la mia mente e gli dissi:

Cerchi di leggermi eh?

Lui sorrise sorpreso di sentire il mio pensiero, fece un passo più vicino a me e mi sussurrò all’orecchio

-Forse

Io ero totalmente persa nei miei battiti del mio cuore che battevano la rumba, lui lo notò ovviamente ma non mi importava ci guardammo un’altra volta ed entrai silenziosa nell’aula.
Le lezioni passarono veloci che quasi non me ne accorsi, avevo la testa fra le nuvole ovviamente faticavo a concentrarmi che i miei pensieri  contavano i minuti alla pausa pranzo.
Mentre mi dirigevo nella mensa incontrai Alice andammo insieme a prendere da mangiare, Emmett  e Rose ci raggiunsero tutti e due con il vassoio pieno, e infine ci mettemmo insieme nel tavolo dove erano già seduti Jasper e Edward. Mi venne un piccolo dubbio su dove sedermi, era troppo sfacciato sedermi vicino a lui? Inconsciamente guardai Alice e mi prese la mano e fece in modo del tutto naturale che finii in mezzo a lei e a Edward. Lui mi salutò educato, ma mi sembrava più rigido e di conseguenza anche io.
Dopo qualche chiacchera capii perché mi sentivo rigida, non solo perché lo era anche lui ma per via di Jasper, se mi lasciavo cullare nei  miei sentimenti per Edward vicino a lui era ovvio che sarebbe stato palese che già ero cotta di lui. Non sapevo davvero come comportarmi, cercavo di essere il più naturale possibile e fare finta di niente. A parte questo particolare mi godetti comunque la compagnia di tutti, finita l’ora di pranzare ci stavamo alzando tutti quando sentii la mano di Edward sfiorare la mia per prendermi il vassoio vuoto e portarlo via. Quel minimo contatto fu davvero come prendere la scossa. Una bellissima scossa che mi aveva fatto venire le farfalle allo stomaco, non avevo capito se lui avesse notato la mia reazione perché era già andato via per portare il vassoio nel ripiano, ma fui sicura dal modo in cui mi guardava Jasper che aveva capito tutto. Imbarazzata distolsi lo sguardo da lui salutai Alice di fretta e mi diressi verso Edward per andare lezione insieme, appena arrivati nel nostro banco Edward ruppe il filo dei miei pensieri.

-Ok ho deciso cosa chiederti.

Quasi felice di non pensare più a Jasper, sorrisi a Edward

-Spara

-Il Libro, di che genere è? Si insomma: storico, thriller, horror…

-Oh..

Mi guardò incuriosito dalla mia reazione, misi le braccia sopra il banco e appoggiai il viso sopra. Studiai il suo viso, mi presi un po’ di tempo e risposi imbarazzata.

-Parla d’amore.

Vidi il suo sguardo sorpreso persi il contatto con i suoi occhi, pensava a qualcosa ma non avevo idea di cosa. Adesso avrei voluto io leggere i suoi pensieri . Si voltò verso di me e disse solo:

-Ah..

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Capitolo 11
*** Undicesimo ***


Se prima c’era qualche speranza che seguissi la lezione di biologia, adesso di sicuro sapevo con certezza che non avrei seguito neanche una parola del professore. Il professore entrò e si mise alla lavagna immediatamente, avrebbe spiegato un nuovo argomento a quanto pare.
Edward non aveva detto più niente, non sapevo come interpretare il suo silenzio. Così decisi io di rompere il ghiaccio.

-Sembri sorpreso

Lui si voltò e mi studiò

-Lo sono, anche se hai risposto alla mia domanda, la tua risposta mi ha fatto venire in mente almeno il doppio di domande  che avevo prima.

-Dimmi pensavi fosse un libro di paura vero?

Il mio era un evidente scherzo, ma non per lui. Gli avevo letto davvero nel pensiero. Per lui non c’era possibilità che parlasse d’amore.
Non dovevo esserne sorpresa, prima di incontrare Bella Edward si considerava un mostro senza anima, non pensava di meritare la felicità.
Questo pensiero mi rese triste, conoscevo la storia di Edward eppure non lo giudicavo affatto un mostro. Comprendevo perché la pensasse così, ma non lo condividevo affatto. Avrei voluto fargli cambiare idea, volevo che si vedesse come lo vedevo io.

-Lo davo quasi per scontato, anche se vedendo come ti rapporti con Alice con me e la nostra famiglia avrei dovuto sospettare qualcosa.

-Già, non mi fate assolutamente paura.

Lui mi guardò se possibile con ancora più intensità, quasi con rabbia.

-Non sai quello che dici.

Lo aveva quasi mormorato ma era duro e freddo come acciaio, non c’era spazio di nessuno dubbio in quello che aveva detto.
Non sapevo come reagire, nel parlare ci eravamo avvicinati di più. Il suo braccio quasi sfiorava il mio, l’elettricità era tornata. Quasi dolorosa per via della quella minima distanza tra di noi, mi sembrava insopportabile. Non riuscivo più a sostenere un dialogo il cuore galoppava, mi trovai quasi a dover prendere fiato.
Voltai la testa verso la finestra e lasciai andare il sospiro che mi si era incastrato in gola.
Provai a recuperare un po’ di autocontrollo, cosi feci finta di prendere il libro e seguire la lezione.
 
Suonata la campanella mi alzai e finalmente trovai il coraggio di guardare Edward, lui sembrava più tranquillo. Ci alzammo insieme e mi diressi verso la palestra, lui mi seguì. Non avevo osato sperarlo ma adesso che lo stava facendo, volevo cercare di capire a cosa pensava.

-Ti ho turbato?

Lui si voltò sorpreso dalla mia domanda.

-No scusa, io ho paura di essere stato sgarbato. Alcune cose che dici faccio fatica a capirle. Non capisco se le dici perché ci sottovaluti o perché  sei tremendamente ottimista.

Risi per il sollievo, eravamo quasi arrivati così cercai il modo di salutarlo senza sembrare triste.
Fummo interrotti da Mike,

-Ehi Bella fai squadra con me oggi?

-Ehm certo

Lui corse via dopo l’occhiata che gli riservò Edward. In questa interruzione notai che molte delle ragazze che stavano andando in palestra mi riservavano occhiate gelide piene di invidia. Non potei che essere d’accordo con loro, chi ero io per avere il privilegio di parlare con Edward Cullen.

-Scommetto che mi odiano già tutte.

Questa volta fu lui a ridere, mi sorprese ancora una volta sentire la sua risata. Era celestiale e come sospettavo ormai mi sentivo persa del tutto. Non sapevo neanche come descrivere come mi faceva sentire stare vicino a lui, potevo solo goderne senza dargli dei sospetti di quanto fossi realmente presa da lui.

-Di sicuro io non sto simpatico a Mike, ma non mi importa.

Si avvicinò di un passo, dubbioso. Ma io non lo ero affatto mi avvicinai pure io, forse sperava che mi allontanassi ma non lo feci. Era come una sfida a chi cedeva per primo, e io non avevo assolutamente voglia di spostarmi.
Il fatto che stava per incominciare ginnastica era l’ultimo dei miei problemi, anzi non esisteva più nei miei pensieri. Lui sollevò la sua mano sistemò una ciocca dei miei capelli dietro la mia schiena, scrupoloso a non toccare nient’altro se non i miei capelli. Sembrava non respirare, forse non lo stava facendo e io con lui trattenevo il respiro. Come un tuono a ciel sereno suonò la campanella e vidi Edward allontanarsi senza dire una parola.

Io ripresi a respirare.

La lezione andò come al solito, Mike si mise in squadra con me per una partita di badminton e fu quasi sopportabile perdere. Lui non me la faceva mai pesare di questo dovevo solo ringraziarlo. Nello spogliatoio andò anche peggio.
Una ragazza mi si avvicinò

-Cullen eh? Certo che per essere l’ultima arrivata hai delle aspettative belle alte.

La guardai tra il divertito e un misto di rabbia

-Tu saresti?

-Lauren.

-Bene se vuoi dico a Edward che lo saluti.

Appena vidi il suo viso imbarazzato sorrisi e scappai verso l’uscita, fortuna ero la più veloce a cambiarsi. Appena fuori dalla palestra vidi la pioggia cadere forte, sembrava quasi rispecchiare i sentimenti in tumulto dentro il mio petto. Non mi dava fastidio anzi mentre stavo nella tettoia avevo voglia di fiondarmi sotto la pioggia e raggiungere la macchina senza ombrello, stavo allungando il piede verso la pioggia quando un braccio con dolcezza mi fermò. Era Alice.

-Fortuna ti ho fermata prima, pensavi di entrare nella macchina di Edward tutta bagnata?

-In effetti non ci stavo ragionando bene.

Ridemmo insieme

-Scommetto che nella tua visione era una scena molto divertente.

-Quando l’ha vista anche Edward non sembrava molto divertito.

-Ops.

Ma questo la fece ridere ancora più forte, mi accompagnò nel parcheggio con il suo ombrello. All’incirca una metro dalla volvo mi voltai per salutarla, lei mi interruppe.

-Qui non dovrebbe sentirci. Vuoi che ti venga a prendere io domani?

-Ehm, Edward non può? O Forse non vuole?

Mi girai quasi inconsciamente, lo vidi subito parlava con Rosalie. La pioggia era talmente forte che non sentivo neanche una parola di quello che dicevano.

-No, non è questo, volevo essere sicura che a te facesse piacere.

-Penso che tu sappia già la mia risposta. Senti Alice, Jasper ti ha detto qualcosa?

Adesso ero in imbarazzo ma dovevo sapere.

-Sai è difficile avere un segreto nella nostra famiglia.

Mi portai una mano sul viso quasi a nascondergli il mio viso rosso.

-Ma Edward non sa niente, almeno noi non gli abbiamo detto niente. Su di voi non ho una visione chiara, ma so che è meglio non interferire tra di voi.

-Sono ridicola lo so..

-Non è vero.

Mi consolò sapevo che lo pensava sul serio.
La salutai e corsi verso la macchina, lui era già dentro mi concesse uno di quei suoi bellissimi sorrisi, mi buttai dentro in fretta e in furia per evitarmi di bagnare ulteriormente.

-Forza segua quel taxi!

Iniziammo a ridere di gusto, mi guardò divertito da quella mia stupida battuta.

-Quando penso di sapere cosa dirai mi stupisci sempre.

-Bene.

Lo guardai mentre azionava l’aria calda e accendeva la macchina.

-Mi chiedevo se potevo farti altre domande.

-Pensavo non volessi più parlarne.

-No, non è così.

Aspettai un pochino prima di rispondere.

-Facciamo un patto, aiutami oggi con i compiti e ti concedo un’altra domanda.

-Vuoi che venga da te?

Era stupito dalla mia richiesta. Forse ero stata troppo sfrontata.

-Cioè non sei obbligato se non vuoi.

-Voglio.

Mi guardava serio, quasi a cercare di capire le mie intenzioni. Chiusi il più possibile la mia mente, non volevo che percepisse niente che lo mettesse a disagio. Farlo scappare via non era di sicuro nelle mie intenzioni. Arrivammo a casa molto presto, e lo feci entrare con lo stomaco che si agitava.

-Tuo padre non è in casa?

-No, di solito rientra verso sera.

Posai il mio giubbotto nel guardaroba, e mi diressi nella mia camera senza dire una parola. Lui mi seguì.
Mi sedetti nel letto, e lo osservai mentre studiava la mia stanza. Ci era già stato ma era sempre strano vederlo lì.

-Sai pensavo che tu sei un uomo di un’altra epoca probabilmente è stato un pò sfrontato da parte mia portarti nella mia camera.

Sorridevo volevo che sapesse che cercavo di smorzare un po’ la tensione, mi sentivo di nuovo elettrica, pensare che eravamo da soli non aiutava. Lui mi guardò con un sorriso appena accennato.

-In effetti  forse non ti rendi conto in quello in cui ti metti in mezzo. Dopo tutto non sono proprio un uomo se vogliamo essere fiscali.

-Questo penso sia un bugia in realtà.

-Ah si?

Si sedette per terra vicino ai miei piedi, mi dava una strana visuale vederlo da lì mentre io me ne stavo seduta nel letto.

-Si, voi vampiri siete diversi da noi ma non per questo siete meno umani di noi, provate emozioni come noi. Se non ricordo male, le vostre emozioni sono anche più profonde delle nostre, più intense.

Avevo quasi sussurrato le ultime parole, lui era immobile. Aveva smesso di nuovo di respirare. In un attimo di coraggio mi misi seduta vicino a lui, quel gesto lo fece risvegliare dai suoi pensieri, non volevo essere imprudente cosi cercai di mettermi seduta vicino a lui ma senza sfiorarlo.
Lui mi guardò lo sentii come sospirare.

-Mi chiedevo una cosa. Il mio odore per caso ti da fastidio? Cioè difficile da sopportare? Se ti da fastidio mi sposto.

Senza aspettare che mi rispondesse mi alzai, ma lui mi prese per la tasca dei miei jeans e mi trattenne per terra. Sorrisi di quella strana scenetta.

-In realtà non mi sento affamato in questo momento, il tuo odore è piacevole. Starmi vicino comunque non è una buona idea, ma in quel senso non mi reca nessun fastidio.

Così rimasi seduta con lui, tolse la mano dai miei jeans e io già ero senza respiro.

-Dicevi che volevi farmi qualche altra domanda, dimmi pure.

-Hai detto che il libro parla d’amore. Chi sono i protagonisti della storia?

Ovviamente non si poteva evitare, prima o poi avrei dovuto raccontargli cosa avevo letto e cosa sapevo. Mi sarei tenuta sul vago, solo che non sapevo come spiegarmi mi venivano in mente mille cose da dirgli ma nessuna usciva dalla mia bocca. Cosi decisi che glie le avrei fatte vedere in un certo senso tramite i miei pensieri.
Lo guardai un’altra volta nei occhi, lui sembrava ansioso quanto me, così invece di dire qualcosa aprii la mie mente e i miei pensieri a lui.

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Capitolo 12
*** Dodicesimo ***


Con la mente iniziai a scorrere nei miei ricordi fino alla prima volta a cui vidi il libro.

La mamma è vicino a me, a passo lento percorriamo la corsia della biblioteca. Si trova vicino all’ospedale, appena ha iniziato il ciclo di chemio la mamma non voleva che aspettassi lì in ospedale così spesso, quando finiva mi raggiungeva lì.

-Dai scegli un libro e andiamo, non possiamo fare notte

Sorride mentre mi stringe il braccio, con il suo modo confortante. È il nostro rituale, lei si aggrappa a me io la sostengo in modo da non doverla far stancare troppo. Non sembra che stia male, anzi non penso di averla mai vista davvero preoccupata o sofferente in modo grave. Non so dove trovi la forza e rimanere così ottimista. Il suo viso è simile al mio ma leggermente più spigoloso, i suoi occhi invece sono come due pozzi profondi non sai mai cosa gli passi per la testa. Gli unici segni della malattia sono le guance più magre e la pelle che sembra essere più spenta di come lo era una volta.  
 Inizio a sfogliare qualche libro, ma l’attenzione mi cade subito su una copertina nera con disegnate due mani bianche che sostengono una mela rossa. Non leggo neanche il prologo o il riassunto, voglio tenermi la sorpresa per dopo. Non era una novità alcune volte mi piaceva prendere qualche libro senza farmi idee o pregiudizi, lo iniziavo senza aspettative ed era tutto inaspettato,  mi piaceva così.

Inizio ad andare avanti veloce, come immagini sparse, penso alle parti che mi hanno colpito di più e che mi hanno davvero emozionato del libro.
 
Edward che salva Bella dall’incidente d’auto, 

         lui che la porta alla radura..

lui che gli racconta della sua famiglia,  del suo passato..  

nella mia testa risuonano le frasi che mi avevano colpito di più,

 “Mi rivolse il suo solito sorriso sghembo, che mi fermò il respiro e il cuore. Non riuscivo a immaginare un angelo più splendido. In lui non c'erano imperfezioni da correggere”

“E così il leone s'innamorò dell'agnello. "Che agnello stupido" "Che leone pazzo e masochista”

        Lui che la bacia, che si innamorano.. 

“Se fossi capace di sognare, sognerei te. E non me ne vergogno”
 
Mi sembra così difficile da sopportare nella mia testa so’ che non è lo stesso Edward di cui ho letto, perché qui non cè la vera Bella, ma non posso non provare un po’ di gelosia. Cerco di rimanere concentrata e gli racconto la trama del libro a grandi linee.
Quando finisco mi sento così esausta, quasi non ho il coraggio di aprire gli occhi. Cerco di nuovo di celare i miei pensieri faccio uno sforzo notevole, ma lo faccio. Non so cosa dovrei dire, apro gli occhi e lui è ancora lì a differenza mia lui ha gli occhi chiusi. Se non sapessi che non può dormire mi sarebbe venuto il dubbio che si fosse addormentato. Quando li riapre, sembra più confuso di prima ma non fa commenti.

-Credo che adesso tocchi a me rispettare i patti, studiamo.

Non è ancora tranquillo, ma non glie ne do una colpa, sarebbe una situazione complicata per tutti, così passammo il resto del pomeriggio a studiare. La situazione sembrava così normale che alla fine ci eravamo rilassati, l’ansia finalmente mi aveva dato un po’ di respiro e per la prima volta riuscii a concentrarmi anche se c’era Edward al mio fianco.

-Mio padre rientra tra una mezzoretta.

Lo volevo avvisare, non volevo che dovesse affrontare una situazione imbarazzante. Non sapevo esattamente come avrebbe reagito Charlie nel vedere che Edward era a casa nostra, senza nessuna supervisione. 

-Si, credo sia meglio che vada a casa mia.

Lo accompagnai alla porta, ma non sapevo esattamente cosa fare. Ovviamente non potevo pretendere che stesse sempre con me. Dall’altra parte la mia parte meno razionale di  me non se ne voleva mai separarsene. Grazie a dio non poteva leggere i miei pensieri  in questo momento.
Alla soglia della porta, si era fermato. A quanto pare ci piaceva davvero fermarci ad ogni soglia.

-Sto ancora pensando a quello che mi hai fatto vedere.

-Immagino non sia semplice..

-Non pensavo di avere un lato romantico. Quello che ho visto diciamo che mi da un po’ di speranza, pensavo che finisse come una tragedia. Ecco non credevo di poter fare certe cose, con una umana..

Di nuovo lo stomaco mi si stringe, una morsa dolorosa. Ecco come ti fa sentire la gelosia.

-Mi dispiace.

Lo dico guardando le mie scarpe, non ho più il coraggio di guardarlo.

-Per cosa?

La sua voce è turbata, forse pensa di aver detto qualcosa di orribile, ma non è cosi.

-Ho preso il posto di lei.. Mi sento come se ti avessi portato via la possibilità di essere felice.

All’improvviso sento la sua mano intorno al mio polso, era stato cosi veloce non mi ero neanche accorta che si fosse mosso. La sua mano era cosi fredda eppure mi sentivo bollente, dalla testa ai piedi. Finalmente lo guardo e il suo sguardo è deciso, così dorato che mi perdo dentro.

-Non è così, qui ci sei tu. E a me non dispiace affatto.

La sua voce è così decisa. Il suo corpo adesso è così vicino, il suo odore sembra stordirmi. Non abbiamo smesso un attimo di guardarci, mi sento vulnerabile a tutto è come un paradiso e l’inferno insieme.

-Allora non dispiace neanche a me.

Sussurro senza quasi più voce, il mio respiro non è più regolare. Alla fine lascia il mio polso, mi sembra così sbagliato vorrei non avesse interrotto il nostro contatto. Lui mette distanza tra di noi, mi guarda come se si scusasse e infine se ne va verso la macchina.
Non so più cosa pensare, non cosa lui pensi soprattutto. La situazione è più ingarbugliata di come potessi immaginare, pensavo che mi avrebbe odiata per aver preso il posto della vera Bella invece non ne sembrava infastidito, anzi sembrava quasi sollevato.
Con la testa piena di domande iniziai a cucinare come un robot, con gesti meccanici senza pensare davvero a ciò che stavo facendo. Passai la serata così con Charlie silenzioso e io con la testa da un’altra parte. L’unica cosa di cui era sicura e che da adesso in poi non potevo negare a me stessa che mi stavo innamorando di lui. Dopo cena risposi a qualche email di Renèe , e controllai l’sms che mi aveva mandato Alice.

“Domani pigiama party?”

Sorrisi all’idea di un vampiro che organizza un pigiama party, ovviamente non si sarebbe dormito. Almeno lei di sicuro non lo avrebbe fatto. Ma questo non mi avrebbe impedito di trascorrere un po’ di tempo con lei.

“Va bene ci vediamo domani”

Domani era sabato, per una volta mi dispiaceva non andare a scuola. Ma avere un appuntamento con Alice mi rincuorava, almeno avrei potuto sperare di rincontrare Edward durante il weekend. Adesso non sapevo esattamente come muovermi, pensai che avrei dovuto chiedere il permesso a Charlie. Ma non volevo creare un brutto precedente chiedere il permesso dava la possibilità che lui me lo negasse, così scesi di sotto e mentre lui guardava la partita di non so cosa, glie lo chiesi

-Va bene per te se domani vado a dormire da Alice?

-Da Alice Cullen?

Lo guardai come per dire ovviamente. Lui sorrise, era una novità avere una figlia adolescente con lui, ma questo non sembrava che gli dispiacesse.

-Ok, però chiamami la sera.

Contenta rimasi con lui per il resto della serata a guardarmi la partita insieme a lui.
Mi misi a letto stremata dalle emozioni della giornata, mi addormentai con facilità ma i miei sogni erano talmente reali e pieni della presenza di Edward che quando mi svegliai la mattina mi sembrava di essere più stanca di quando mi ero messa a dormire.
Mi feci una lunga doccia, mi presi tutto il tempo per dedicarmi ai capelli e a come vestirmi. Quando scesi di sotto vidi un biglietto di Charlie, era uscito presto.

“Divertiti, io sono andato a pesca. Ci sentiamo stasera.”

Alice mi venne a prendere un ora dopo, dopo aver caricato la mia borsa. Mi porto diretta a casa sua, aveva organizzato tutta la serata voleva che guardassi il suo guarda roba e poi avremmo guardato qualche film. Notai subito che eravamo a casa da sole.

-Gli altri non ci sono?

-No sono a caccia.

Guardai fuori dalle grandi vetrata e mi godetti la vista della foresta. Era tutto così verde, non avevo mai avuto la possibilità di vedere una foresta così grande. Essere dentro quella casa sembrava di essere al di fuori del mondo reale. Così bello e quieto che non potevo credere che fosse vero. Alice mi portò nella sua camera e ci godemmo un pomeriggio da ragazze, sembrava quasi ne avesse più bisogno lei che io, il suo affetto per me era così genuino che ricambiavo senza neanche accorgermi. Nulla era forzato ed era rilassante stare con lei.
Appena iniziò a farsi buio gli altri membri della famiglia rientrarono, scendemmo a salutarli. Come una calamita il primo che guardai fu Edward e capii subito che non si aspettava di vedermi lì. A quanto pare Alice non lo avevo detto a nessuno. Fortunatamente sembravano sereni nel vedermi, ma mi sarebbe piaciuto che Alice avesse avvertito prima di portarmi lì.
Esme mi si avvicinò

-Ti preparo qualcosa per cena cara.

La sua voce era così dolce, così materna mi venne una stretta allo stomaco. Aveva lo stesso tono dolce che mia madre mi riservava. Si allontanò verso la cucina e io cercai di nuovo Edward. Stava parlando con Carlisle. Alice richiamò la mia attenzione.

-Serata film Bella vero?

Senza che rispondessi davvero tutti i ragazzi della famiglia Cullen andarono verso la sala dove sapevo ci fosse un grande televisore, tutti tranne Edward stava ancora parlando con Carlisle. Quest’ultimo mi si avvicinò e mi salutò con garbo, sembrava contento che fossi lì.

-Ciao Bella, sono felice di rivederti. Farai passare una serata divertente ai ragazzi, è difficile non cadere nella noia con una vita come la nostra.

Sorrisi del fatto che fosse così sincero con me, mi salutò veloce andando verso la cucina.
Edward era rimasto lì immobile, senza dire una parola. Ma alla fine fui io ad avvicinarmi a lui non volevo che fosse una situazione imbarazzante.

-Ciao, mi dispiace essere piombata qui, pensavo che Alice vi avesse avvertito.

Lui mi guardò con quel suo bellissimo mezzo sorriso, e mi guardò dolce. Ci prendemmo un minuto senza parlare, non ne sentivo il bisogno. Godersi la sua presenza era così facile, così bello.

-Esme ti ha scaldato la cena, non so se hai fame ma penso che gli faccia piacere.

-In effetti ho un po’ di fame.

Gli sorrisi ammaliata, quanto mi era mancato averlo vicino nella stessa stanza. Lui esitò con la sua mano quasi in dubbio con se stesso, e mi spostò i capelli come aveva fatto il giorno prima, ma questa volta con più calma.

-Ti accompagno in cucina.

Lo seguii con il cuore che ancora galoppava.  Ero completamente persa, lo avrei seguito ovunque lui volesse.

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Capitolo 13
*** Tredicesimo ***


Raggiunsi la cucina e sentii subito un odore di pasta al forno, Esme aveva infornato qualcosa nel microonde e aspettava con ansia che finisse il conteggio alla rovescia. La scena era davvero dolce, ovviamente non era abituata a fare cose del genere ma probabilmente era contenta di preparare un cena.

-Esme cara, tranquilla è solo da scaldare non puoi sbagliare.

Carlisle si godeva la scena ammaliato da sua moglie che gli sorrise di rimando.

-Scusate non volevo disturbarvi.

Tutto quel da fare solo per dare da mangiare a me, mi faceva quasi sentire in colpa.

-Mi hai dato una scusa per usare la cucina

Mi accomodai sullo sgabello davanti all’isola della cucina, e sentii Edward sedersi vicino a me. Ovviamente adesso che era vicino non avevo neanche più appetito. Dopo il bip del microonde, Esme mi porse il piatto e dando la mano a suo marito ci lasciò soli.

-Ha un buon odore?

Edward di sicuro non lo trovava invitante. Il suo viso era segnato da una smorfia, lo trovai buffo.

-Si molto, rimani qui a guardare mentre mangio?

Lui sorrise del mio imbarazzo, appoggiò il gomito nel ripiano della cucina e mi puntò i suoi bellissimi occhi, quasi per farmi dispetto.
Raccolsi la sfida e mangiai a piccoli bocconi la mia cena, ovviamente non badai neanche minimamente al sapore del piatto. A metà piatto e raggiunsi il mio limite non potevo fare di più, il mio stomaco era già pieno di farfalle.

-Non hai mangiato molto.

-Sono apposto davvero, e poi è difficile con te che  mi guardi.

Ovviamente era meglio non dirlo ma era la verità, mi metteva in soggezione. Mi alzai per riporre il piatto vicino al livello ma lui mi toccò molto piano la mano, mi fermai subito stupita dal quel contatto.

-Non togliere il divertimento ad Esme, tranquilla lascia pure qui.

Mi sedetti di nuovo, questa volta la sua mano ancora toccava la mia. Lasciai lentamente il piatto senza però allontanare la sua mano dalla mia. Lentamente le sue dita iniziarono a toccare il mio palmo, il suo tocco era talmente leggero che sembrava una piuma, lasciavano scie di fuoco. La sua danza si spostò su ognuna delle mie dita, io mi godevo ogni attimo. Non sapevo se potevo muovermi, se potevo ricambiare. Avrei dato di tutto per toccarlo anche io in questo modo, ma non osavo tanto.
Alice entrò in cucina, non era sorpresa dell’intimità in cui eravamo caduti, ma pensai che sorprendere Alice non era una cosa possibile. Collegai gli ultimi neuroni che mi erano rimasti e chiesi ad Alice se potevo andare in bagno, a malincuore fui io questa volta a rompere il contatto tra di noi.

-Certo ti aspettiamo per il film.

Salii le scali in fretta corsi in bagno a lavarmi i denti e darmi una sciacquata al viso. Mi ricordai che dovevo chiamare Charlie, mi raccontò la sua giornata di pesca e brevemente ci salutammo. Sentii bussare alla porta, era Alice.

-Bella, guarda mi sono messa il pigiama

Sorrisi nel guardarla, ma era talmente bella da farmi venire lo sconforto. Il viola che aveva scelto donava al suo incarnato e delineava le sue forme perfette. Non so se a questo punto avrei avuto il coraggio di mettermi un pigiama pure io.

-Io credo che passerò questa volta, rimango vestita.

-Non dire sciocchezze, che pigiama party è senza pigiama?

Tirò fuori la scatola che era dentro il suo armadio e me la porse.

-E poi te ne ho comprato uno, volevo farti una sorpresa. Spero di avere azzeccato la taglia.

La sua faccia supplicante non ammetteva un no, arresa all’idea, aprii la scatola e ci trovai un bellissimo pigiama azzurro di victoria secret .Il pezzo sopra aveva dei bottoncini neri con uno scollo a V. Sotto invece dei pantaloni lunghi, il tutto decorato con dei bellissimi fiori che si intrecciavano tra di loro. Uno stupendo pigiama di satin, bel lontano dal pigiama di pile che indossavo di solito. Anche se avevo la certezza matematica che avrei avuto freddo il suo gesto era talmente dolce non mi rifiutai e la ringraziai di cuore per il regalo. Aspettò che mi cambiassi e poi scendemmo di sotto insieme per raggiungere i suoi fratelli.
C’era una discussione in corso su chi doveva scegliere il film.
Rose aveva in mano un dvd e guardava tutti con aria arcigna,

-Sapete che è il mio turno, quindi basta.

Era così seria che adesso nessuno osò più ribattere, l’unico che sorrideva era Emmett

-Tranquilla Rosie metti quello che preferisci

Jasper spense la luce della sala e Alice mi condusse mano nella mano fino all’enorme divano, lei si sedette vicino a Jasper e io mi misi seduta tra lei e Edward. C’era talmente tanto spazio in quel divano che anche se eravamo in sei si stava belli larghi. Naturalmente le coppie non avevano assolutamente voglia di stare lontane, tra cui Emmett e Rosalie, si erano seduti avvinghiati, lei aveva le gambe sopra le sue e gli accarezzava i capelli. Loro forse erano la coppia che più esternava il loro amore tramite il contatto, quasi come non potessero farne a meno.  A differenza di Jasper e Alice come Carlisle e Esme si poteva notare la natura del loro rapporto solo dal modo in cui si guardavano, senza però essere mai troppo espansivi, un amore privato tra di loro, fatto di sguardo e gesti dolci.

-Cosa hai messo questa volta?

Era stato Edward a parlare, vicino a me al buio potevo sentire di nuovo la corrente elettrica che mi faceva stare sull’attenti, la distanza tra di noi era così poca che potevo toccarlo al minimo spostamento.

-Colazione da tiffany

Rose orgogliosa della sua scelta mise play incurante delle lamentele degli altri, probabilmente sceglieva molto spesso quel film. Dopo il primo minuto di visione iniziai ad intuire che non era quello il film, si doveva essere sbagliata. Rosalie guardò furiosa suo marito e lo fulminò con gli occhi,

-Lo sapevo che avevi scambiato di nuovo il dvd

Tutti si misero a ridere, l’atmosfera era così allegra che Rose lasciò cadere il discorso. Emmett gli sussurrò piano qualcosa all’orecchio e il suo viso si addolcì. Avevano già fatto pace.
A quanto pare il film era un giallo, misteri e crimini e omicidi erano la trama. Per quanto mi sarebbe piaciuto seguirlo, non ci sarei mai riuscita. Eravamo in un stanza alla penombra della televisione, e io calcolavo e rimuginavo su come potevo toccare la mano di Edward senza sembrare un pazza. Senza contare che c’erano anche tutti gli altri, e anche se mi sarebbe piaciuto loro ci vedevano benissimo anche con il semibuio che ci circondava.
Così senza starci a rimuginare troppo aprii la mia mente e guardai Edward.
“ Ti da fastidio se ci provo anche io?”
Così immaginai la mia mano che tocca la sua, come lui aveva fatto con me prima. Lui mi guardò stupito, ma soprattutto in guerra con se stesso. Non sapeva se accettare o meno, da parte mia non sapevo come avrei reagito a un suo rifiuto. Ovviamente non ci avevo riflettuto abbastanza. Senza dire una parola mise il suo palmo girato all’insù aspettando il mio tocco. Presi piano fiato, ma soprattutto un bel po’ di coraggio e iniziai toccare molto piano la sua mano. Era così fredda e grande, disegnavo linee immaginarie sul suo palmo e mi godevo ogni istante. La mie dita passarono dal palmo al suo polso e lui smise di respirare, mi fermai. Non sapevo se stavo esagerando. Imbarazzata mi guardai attorno e notai che Rosalie e Emmett non c’erano più, erano andati via e io non me ne ero neanche accorta. Edward guardava ancora le nostre mani, e io stavo per sollevare la mia mano quando Alice interruppe il filo dei miei pensieri.

-Bella vado a fare una passeggiata fuori con Jasper ci vediamo dopo.

Edward gli riservò un occhiata di fuoco, e io gli feci solo un cenno. Fu così che rimanemmo da soli su quel divano gigantesco.

-Ho esagerato?

Spostai la mia mano dalla sua e aspettai che mi rispondesse.

-No assolutamente, penso abbiano voluto solo lasciarci da soli.

-Sembri arrabbiato mentre lo dici.

-Sono confuso, il modo in cui mi fai sentire… Non mi sento sicuro su come potrei reagire. Non dovremmo toccarci, io non credo di essere bravo in queste cose.

-A me sembri bravo.

Sorrisi furba sperando di farlo sentire più tranquillo ma in realtà non lo ero neanche io. Lui questa volta mi guardò con dolcezza, e con quel suo bellissimo mezzo sorriso.

-Se ti può consolare neanche io sono molto brava in queste cose. È una novità anche per me.

Lui mi studiò sospirando, si avvicino piano, sollevò la sua mano e l’appoggiò sull’incavo del mio collo. Io cercavo di stare il più ferma possibile, ma non era facile. Il suo gesto mi invogliava ad averlo più vicino, era una tentazione enorme ma cercai di fare la brava. Lui ascoltava le pulsazioni del mio cuore, piano piano spostò la sua mano dal collo al viso  e con delicatezza spostò i miei capelli dietro il orecchio. Quando pensavo di essere in paradiso lui si chinò verso di me e annusò la pelle del mio collo, ecco di nuovo inferno e paradiso insieme. I suoi capelli sfiorarono il mio viso, senza neanche pensarci un attimo gli iniziai ad accarezzare i suoi capelli. Lo sentii sospirare di nuovo, appoggiò il suo viso sulla mia spalla e rimase immobile così.
Continuavo ad accarezzarlo, in quella nostra strana posizione. Il mio cuore che prima galoppava adesso ricominciò ad avere un battito normale. Non capivo quanto tempo eravamo rimasti così ma ad un certo punto iniziai a lottare contro il sonno. I miei occhi non riuscirono più a stare aperti, e così cedetti al sonno.
 
POV EDWARD

Il mio viso aveva preso un po’ di tepore grazie al contatto della sua pelle, si era addormentata e io non riuscivo più a ragionare. Mi aveva completamente stregato, era così buona e dolce. Cercava sempre di non recare mai disturbo, ed era sempre attenta ai sentimenti altri. Lo vedevo soprattutto per come si rivolgeva alla mia famiglia. Era anche molto coraggiosa, e non si scoraggiava mai, anzi alla prima occasione cercava sempre di strappare un sorriso. 
Ma soprattutto credeva in me, non mi vedeva come un mostro, in me vedeva un uomo. Un uomo buono e capace di stare accanto a qualcuno. Volevo essere quello che lei vedeva in me, non avrei oltrepassato il confine con lei, non lo avrei mai permesso. Per quanto volessi tenerla al sicuro da me, ormai non potevo più separarmene. La sua mente iniziò a modellare immagini confuse, quando dormiva potevo aver accesso ai suoi pensieri, quella sua strana barriera che con forza tirava su quando voleva tenermi nascosta qualcosa, non esisteva più.

Quello che mi aveva mostrato, quello di cui parlava il libro era la storia tormentata e difficile di un’umana e un vampiro. Con lei però non mi sentivo tormentato, anzi mi sentivo a mio agio rincuorato dal modo in cui mi guardava. Anche se la gola mi bruciava era un dolore più che sopportabile, era come se sentissi di avere abbastanza controllo di fianco a lei. Non potevo neanche immaginare di potergli fare del male, il solo pensiero mi fece venire un brivido. Sicuramente sarei dovuto stare cauto, ma se lei mi avesse voluto al suo fianco non me ne sarei mai separato. Una decisione egoistica la mia.

Sollevai la testa per osservarla dormire, e mentre la guardavo mi colpì il pensiero che ormai ero totalmente incondizionatamente innamorato di lei.

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Capitolo 14
*** Quattordicesimo ***


Quando mi svegliai, era mattino. Ero ancora sul grande divano del salotto, con una coperta che mi copriva e mi teneva al caldo. Mi misi seduta, la casa sembrava vuota, cercai di capire cosa dovevo fare ma non ebbi neanche il tempo di riordinare le idee che Alice entrò nella stanza.

-Ciao Bella hai dormito bene?

-Si grazie Alice, potrei usare il tuo bagno?

-Certo vieni pure.

Andammo in camera sua il tempo di rinfrescarmi e vestirmi  ed eravamo pronte per fare altre chiacchere. Ci eravamo messe davanti al suo computer, mi faceva vedere quanti acquisti online stava per fare. Si occupava di comprare i vestiti per tutti, tranne che per Rosalie, lei preferiva sceglierseli da sola i vestiti. Passata un oretta decisi che era meglio tornare a casa. Dovevo passare a casa, studiare un po’ per domani , lì ero talmente distratta da tutti , che non mi era possibile concentrarmi per una cosa così noiosa come lo studio. Preparata la mia borsa ci incamminammo verso l’uscita di quella stupenda casa, ne sentivo già la mancanza. Non avevo ancora visto Edward da quando mi ero svegliata, e già mi mancava. Questo era un chiaro segnale di quanto fossi già presa da lui.

Varcata la soglia dell’uscita però lo vidi lì appoggiato alla sua volvo, più bello che mai. Indossava un maglione bianco e dei jeans chiari. Ovviamente io avevo un cappotto pesante e sembravo un pupazzo di neve, lui era così stupendo, il varco tra di noi era così enorme che mi faceva venire lo sconforto.

Appena mi vide mi sorrise affascinante.

-Vuoi un passaggio?

Non avevo battute pronte, nessun scherzo. Gli feci solo un cenno con la testa e un timido sorriso. Non era da me, un nodo allo stomaco stringeva duro e non mi lasciava andare. Capii subito perché mi sentivo così, ero in imbarazzo, ieri sera mi ero spinta davvero oltre. Ormai per lui doveva essere palese quello che provavo per lui, e questo mi faceva sentire terribilmente esposta, insicura. Ovviamente non sapevo cosa pensasse, e non osavo neanche sperare che lui mi contraccambiasse. Quindi mi infilai in macchina in silenzio e cercai di rilassarmi il più possibile.

Appena accese la macchina, sfilò via dal vialetto ad una velocità impressionante, quasi preoccupante e poi su via per la strada veloce.

-Divertita ieri sera?

La sua voce stupenda era leggermente tesa, forse anche lui ripensava a noi due abbracciati. Prima di rispondere non potei evitare di arrossire, è vero ero in imbarazzo ma non ero assolutamente pentita.

-Si molto, mi sento solo…

-Come?

-Ehm, in imbarazzo diciamo.

Lui volse il suo sguardo preoccupato verso di me, non si aspettava assolutamente una risposta del genere.

-Si, io non so se ho esagerato. 
Dissi quasi sussurando.

Mi misi una mano sul viso, adesso si che ero rossa in viso. Non avevo mai provato una cosa del genere, espormi in questa maniera non era assolutamente da me. Ma visto che ero così presa da lui, se lui preferiva solo un rapporto di amicizia dovevo capirlo subito prima di scottarmi del tutto. Non avevo il coraggio di guardarlo ovviamente. Ma appena ebbe l’opportunità si fermò ad una piazzola di sosta.

-Bella guardami.

Mi costrinsi a guardarlo, il suo sguardo era deciso. Non c’era esitazione nel suo sguardo.

-Se ti preoccupa il fatto che io non sia coinvolto emotivamente da te, beh non farlo. Ma credimi tutto ciò non è possibile, uno come me non è adatto per te. Ti meriti sicuramente di meglio, una vita normale. Tutto ciò che posso darti è la mia amicizia.

Finì il discorso quasi sospirando, io nel mentre sentii un crack, uno scricchiolio nel mio cuore. Il mio orgoglio ferito mi fece quasi salire le lacrime agli occhi. Cercai nella mia testa di razionalizzare il più possibile il suo discorso, ovviamente aveva senso, ma rinunciare a lui mi era quasi immaginabile. La parola amicizia mi aveva fatto venire la nausea.
Lui mi guardava sentivo il suo sguardo mi pesava come un macigno, io dal canto mio fissavo fuori dal finestrino senza avere il coraggio di guardarlo. Riprese a guidare, nessuno dei due adesso aveva di parlare.

 Mi accorsi che eravamo gia arrivati davanti a casa.

-Bella dimmi cosa pensi.

-Vuoi davvero che siamo amici?

-Credo sia la cosa migliore.

La sua voce era dura, quasi di ghiaccio.

-La cosa migliore per chi?

Non gli diedi il tempo di rispondere e scesi dalla macchina, ero arrabbiata. Ovviamente aveva ragione, ma non mi davo pace.
Salii nella mia camera e rimasi a letto a pensare. Sapevo che di certo non potevo pretendere che lui provasse le stesse cose che provavo io, insomma diciamo che per me era più facile lo conoscevo meglio di quanto lui conoscesse me. Ma l’attrazione che provavo per lui pensavo fosse reciproca, pensare che la provassi solo io mi fece davvero vergognare. Non era colpa sua ovviamente, ero arrabbiata con me stessa. Chissà che pensava di me, gli sarò sembrata una bambina che mette il broncio.
 
Il lunedì arrivò lentamente, nella mia testa avevo trovato un equilibrio razionale su come comportarmi con Edward. Mi sarei comportata bene, non era giusto da parte mia aspettarmi qualcosa da parte sua, mi sarei goduta il solo fatto di averlo vicino, di poterlo guardare, sentire la sua voce. Una volta preparata mi accorsi che fuori dalla finestra il panorama era cambiato, non c’era il solito vialetto bagnato di pioggia. Uno strato di neve ricopriva tutto, dalla mia finestra guardavo Charlie mentre metteva le catene alla mia macchina.

Ecco come era avere un papà che si preoccupava per te.

Non mi sarei lamentata più di niente, il solo vederlo mi scaldava il cuore. Ciò che mi aveva regalato questo miracolo non era solo di poter vedere i Cullen, ma anche di avere un papà che mi voleva sinceramente bene e che si prendeva cura di me. Tutto ciò aveva fatto migliorare il mio umore a terra, ma non durò a molto. Qualcosa nella mia testa cercava di dirmi qualcosa, un presentimento di qualcosa di cui dovevo ricordarmi.
Mi misi seduta sul letto e ad un tratto mi sentii una stupida a non averci pensato subito.
La neve.. il giaccio…
Mi sentii nel panico, ovviamente nel libro sapevo che sarebbe successo. La macchina che aveva quasi ucciso Bella se Edward non l’avesse salvata. La vedevo nella mia testa, mentre mi veniva addosso.
Panico, sentii solo panico. Non so perché ero così impaurita, non mi sarebbe successo niente. Non sarei andata, eppure non potevo certo saltare la scuola ogni volta che nevicava a Forks. Avrei studiato un piano appena il cuore si sarebbe dato una calmata, non appena i miei polmoni avrebbero preso abbastanza aria per respirare normalmente.
Sentii l’auto di Charlie uscire dal vialetto per andare al lavoro, mi misi seduta sul pavimento mi chinai con il viso sul marmo freddo, cercai di nuovo la mia razionalità ma per il momento dovevo solo calmarmi. Un rumore dal piano di sotto non fece che spaventarmi ancora di più, quando la porta della mia camera si aprii vidi Edward con gli occhi terrorizzati puntati verso di me.
Si avvicinò con un velocita non umana

-Bella oddio cosa è successo?

Le sue mani sospese sulle mie spalle senza toccarmi davvero.

-Tranquillo credo di aver avuto un leggero attacco di panico.

-Leggero? Cosa è successo?

La sua voce adesso tra l’ansioso e rabbioso. Lentamente mi mise seduta e mi mise una mano sulla schiena quasi a sorreggermi. Io chiusi gli occhi e valutando la situazione cercai di darmi una calmata e con la mente gli feci vedere l’immagine di una macchina che mi veniva addosso nel parcheggio della scuola.

-E’ quello che in teoria dovrebbe succedere oggi , o almeno quello che succede nel libro. Ovviamente starò attenta ma gli incidenti d’auto mi fanno venire il panico da sempre.

-Chi è che guida l’auto?

Cercai di ricordarmi, ci misi un minuto intero per fare chiarezza.

-Tyler, ovviamente è un incidente. Il ghiaccio nel parcheggio gli fa perdere il controllo dell’auto.

Sentii Edward armeggiare con il suo cellulare, stava chiamando qualcuno.

-Emmett, Tyler Crowley la sua macchina bucagli tutti i quattro i pneumatici. Sì dopo parliamo. Ciao.

Io lo guardavo allibita, era questo il suo modo di risolvere? In effetti non so se fosse del tutto sbagliata come soluzione, così si impediva che nessuno si fosse fatto del male.

-Vuoi restare a casa?

La sua voce adesso era calma, mi guardava con insistenza, mi studiava. Gli sarò sembrata una matta andare nel panico così.

-No no sto bene, mi sento più tranquilla adesso.

Feci per alzarmi, ma mi trattenne.

-Aspetta due minuti ancora, il tuo cuore va a mille.

Mi guardava preoccupato, la sua mano si alzò un attimo per toccarmi il collo. Ma ci ripensò, strinse il suo palmo in un pugno e lo appoggiò per terra. Così seduti per terra finalmente ebbi il coraggio di guardarlo mi fù così palese lui voleva toccarmi, sentiva la stessa attrazione che provavo io, si tratteneva per dovere, perché doveva.
Perché voleva proteggermi.
Mi sentii arrabbiata, avevo dato della sciocca a me stessa perché pensavo che lui non mi contraccambiava invece era così. Anche lui sentiva della chimica tra di noi.
Organizzai i miei pensieri e decisi che volevo essere sempre onesta, con me stessa e con lui.

-Come sapevi che ero nel panico?

Lui era spiazzato, non si aspettava una domanda del genere. Non rispose. Ma io non volevo cedere.

-Mi fai da guardia? Sai ho passato tutto ieri a darmi della stupida.

-Per cosa?

La sua voce era così bassa che facevo fatica quasi a sentirla.

-Tu, adesso, avresti voluto toccarmi? Con me ti stai trattenendo?

Mi avvicinai di più, lui smise di respirare.
Non voleva parlare ma non lo avrei accettato.

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Capitolo 15
*** Quindicesimo ***


Edward non parlava, fissava lo scenario fuori dalla finestra. Io lo guardavo dubbiosa, allungai la mia mano verso la sua, lentamente non volevo spaventarlo. Mi immaginai come un cacciatore che voleva avvicinare la sua preda senza farla scappare via. Appoggiai la mia mano sopra la sua e il contatto con la sua mano mi sorprese ancora anche se lo avevo già provato, il freddo innaturale mi ricordò che tra i due non era lui la preda, ma io.

Lo sentii sospirare, non volevo mettergli fretta.

-Senti Edward, io non mi aspetto niente. So che sono molto diversa dal tuo tipo ideale di compagnia, vedo come i tuoi fratelli combacino esattamente tra di loro. Nessuna differenza, nessuna preoccupazione, nessuno prevale sull’altro. Solo il piacere di godere della compagnia dell’altro.  Siete di certo superiori a noi normali umani, quindi non mi aspetto di certo che tu mi prenda in considerazione, ma sento come se tra di noi fosse più semplice di quello che sembra. C’è della chimica, o almeno io la sento.
Il solo pensiero che tu possa sentire quanto mi batte il cuore adesso mi imbarazza, ma dovrebbe essere chiaro quello che sento per te.

Presi fiato, mi era costato una fatica enorme espormi così, vulnerabile come non mi era mai successo.

Lui finalmente contraccambiò la stretta della mia mano con la sua, guardava le nostre mani intrecciate. Sembrava in lotta con se stesso.

-Bella io non credo che tu abbia ben chiaro chi siamo, anzi cosa sono. Quanto possa essere pericoloso starmi vicino. Potrei ucciderti in un secondo e neanche te ne accorgeresti.. potrei stringere un pochino più del lecito e farti del male. Non sono ancora convinto che quello che hai letto in quel libro sia veritiero, insomma un rapporto tra un vampiro e un umana non mi sembrava affatto possibile prima di conoscerti. Ma è vero quello che dici… anche io mi sento nello stesso modo quando mi stai vicino. Il tuo odore anche se umano non mi scatena poi tanta fame.

Sorrise, ma in modo triste. Quella parte del suo essere, non gli faceva piacere parlarne era evidente. Era il discorso più lungo che mi avesse mai fatto.

-Non ho paura che tu possa farmi del male.

-Dovresti invece.

Stavolta fui io ad interrompere il contatto tra noi due, fu quasi una sofferenza fisica.

-Non voglio metterti in una posizione scomoda, dal mio punto di vista sono io quella egoista in effetti. La tua compagnia mi è troppo cara per rinunciarne. Ma non credere che tu mi metta paura, o che non creda che tu possa controllarti stando in mia compagnia. Se tu preferisci che siamo amici rispetterò la tua decisione, volevo essere solo sincera con te.

-Vorrei che tu potessi capire quanto sono in conflitto con me stesso. Non penso che tu sia egoista però, dovresti avere paura di me, spesso penso che non ti rendi davvero conto di quello che siamo o forse sei solo più coraggiosa del normale.. Ma il pensiero di essere amici non combacia con quello che vorrei davvero.

Non ricordavo di essermi mai sentita così, ero innamorata. Non potevo più girarci intorno facendo più finta di niente, non avrei mai rinunciato a lui, il mio cuore gli apparteneva ormai che io lo volessi o no.

Questa volta ci guardavamo senza paura e senza filtri, adesso l’aria sembrava si fosse fatta più densa, più carica di elettricità.
Lui allungò la sua mano e l’appoggiò sul lato del mio collo, il contattò freddo mi fece scaldare più del dovuto. Con il corpo si avvicinò di più verso di me, con la testa che si avvicinava, chiusi gli occhi e sentii la sua bocca appoggiarsi leggera sull’altro lato del collo. Ero in paradiso, stare ferma mi costò una fatica enorme ma non volevo che l’incanto si spezzasse, lo sentii respirare il mio odore. Piano piano si allontanò da me, i suoi occhi erano più scuri. Se possibile era ancora più bello, presa da un idea, ripetei i suoi stessi gesti con lui. Misi la mia mano sul suo collo, sentii il suo respiro fermarsi , avvicinai il mio viso verso di lui, il suo sguardo fu quasi spaventato per un secondo. Questa volta furono le mie labbra a toccare leggere il suo collo, sentii il suo sospiro dolce vicino alla mia testa. Poi piano piano mi ritrassi verso la mia posizione iniziale, quella era la cosa più intima che avessi mai fatto in tutta la mia vita.

Fu lui a parlare per primo

-Non credo comunque che riuscirei più rinunciare a te, sicuramente sono io l’egoista tra noi due sono io.

Ci concedemmo dieci minuti in silenzio per elaborare tutto il nostro discorso.

 -Dovremmo andare a scuola.
Lo guardai sorridendo, con lo stomaco pieno di farfalle lo guardai alzarsi e allungare la mano verso di me. Così la presi  e mi alzai più leggera che mai anche se avevo lo stomaco pieno di farfalle.
 
Arrivammo a scuola con la mia macchina, non avevo assolutamente voglia di guidare così gli lasciai tranquillamente le chiavi della macchina. Era frustato della lentezza della mia auto cosa che sinceramente mi fece ridere, anche se sembrava infastidito notai subito che era più allegro del solito, non so se per via del nostro discorso, ma mi godevo ogni istante.
Mi accompagnò a lezione, prima di entrare in classe mi prese la mano e vi depositò un bacio leggero. Un gesto romantico così antico che mi fece sentire ancora più deliziata. Entrai in classe con il cuore che mi scoppiava dal petto e mi sedetti vicino ad Angela. Mi raccontò dei compiti e chiacchierammo prima della lezione. Angela era anche fin troppo discreta per farmi qualche domanda intima, ma era ovvio che tutti si erano accorti delle attenzioni che Edward mi riservava, ne ebbi conferma quando a lezione insieme a Jessica.

-Bella come è andato il weekend?

Seduta accanto a me metteva a posto i libri prima di andare in mensa.

-Bene il tuo Jess?

-Non ce male, sto preparando un piano per Mike, sai tra un po’ c’è il ballo e spetta alle ragazze chiedere ai ragazzi di andarci insieme.

-Oh, giusto.
Alcune ragazze stavano appendendo volantini ovunque durante quella giornata.

-Tu hai già deciso a chi chiedere?

Con la testa tra le nuvole era l’ultimo dei miei pensieri.

-Um non ci ho pensato veramente.

-Beh sicuramente lui sembra interessato.

Indicò Edward che mi aspettava fuori dalla porta per andare in mensa insieme, quando incrociammo gli sguardi ci sorridemmo a vicenda. Salutando Jessica in fretta notai lo sguardo di invidia che mi rivolse ma non ci feci caso, non potevo certo biasimarla.
Mi avviai verso Edward contenta di trovarlo lì ad aspettarmi. Non ci dicemmo niente, camminavamo vicino verso i suoi fratelli in mensa, ma all’ultimo Edward mi prese per mano e mi indicò un tavolo vuoto dove sederci tranquilli.

-Non si offenderanno i tuoi fratelli se non stiamo con loro?

-No tranquilla.

Il suo sorriso era così bello che non pensai neanche a contraddirlo.

-Sai mi chiedevo pensi che Jessica mi odi o se ce qualche possibilità che ci sia qualche sorta di amicizia tra di noi?

-Vuoi che usi il mio talento quindi eh?

-Sai è ingiusto, spesso delle volte vorrei poter sentire io i tuoi pensieri.

-Ma tu non mi lasci molto da leggere in realtà.

Guardando le venature del tavolo in imbarazzo gli dissi

-Grazie al cielo.

Lui mi prese la mano e la strinse con la sua durò poco ma fu assurdamente bello.
-Per rispondere alla tua domanda di prima, per il momento l’amicizia per te non è tra i suoi pensieri, ma non credo che durerà molto.

-Lo sospettavo, me ne farò una ragione.

Passai il resto della pausa pranzo con Edward che mi domandava ogni cosa che gli passasse per la mente riguardante alla mia vita. Parlando della mia vecchia scuola, dei miei gusti riguardo ai libri. Il suono della campanella ci ricordò che iniziava la lezione di biologia. Mentre ci avvicinavamo all’aula mi chiesi se potevo prenderlo per mano, ma tra noi non c’era niente di chiarito e dichiarato soprattutto, non volevo spingermi oltre.
Seduti prima dell’arrivo del professore entrò Mike che mi salutò con entusiasmo, gli ricambiai con un gesto della mano.
Edward mi guardava con uno sguardo fisso, mi studiava fui sorpresa a ridere così gli presi la mano di istinto, ma cambiai di nuovo idea e la tolsi subito. Sicuramente pensava avessi qualche problema cognitivo, questo era decisamente un effetto collaterale di quando ti innamori, diventi cretino. Lui mi guardava ancora non distoglieva lo sguardo, i vampiri battono le palpebre?
Nello stesso momento entrò il professore e iniziò la lezione, feci assolutamente finta di seguire la lezione. Il cuore mi galoppava più veloce del normale, sentivo l’odore di Edward e non facevo che pensare al suo bacio nel mio collo. Quasi a voler tener impresso quel pensiero avevo la mano appoggiata al mio collo e l’altra mano stretta sulla mia coscia sotto il banco, stringevo forte i miei jeans sperando di sapermi controllare per non fare altre sciocchezze.
Fu la lezione più lunga della giornata il livello di stress emotivo era alle stelle, speravo di potermi dare una calmata ma non fu facile, quando riuscii quasi a rilassarmi la lezione finì.
Edward mi accompagnò davanti alla palestra, lo salutai velocemente con un semplice ‘’a dopo’’ .

Fortunatamente oggi c’era una lezione teorica, ci sedemmo su dei materassini ai lati della palestra e sentivamo il professore spiegarci le regole della nuova prossima tortura sportiva. Di fianco a me c’era Mike, era decisamente più teso degli altri giorni, lo notai soprattutto dal fatto che non parlava in compenso mi lanciava occhiate furtive. Ma non durò molto,

-Bella come va?

Lo guardai cortese e felice che potessimo fare due chiacchiere tra amici.

-Non ce male, te Mike?

-Jess mi ha invitato al ballo..
Capii dal suo sguardo che era una cosa che non si aspettava assolutamente, mi guardava dubbioso.

-Cosa gli hai risposto?

-Che ci avrei pensato.

Scostai lo sguardo verso la finestra, la pioggia aveva preso posto della neve. A quanto pare entro stasera avrebbe sciolto il resto della neve. Mike riprese il discorso con voce più bassa per non farsi sentire dal professore.

-Sai pensavo che potresti andare con me al ballo.

Tralasciando il fatto che questo giro dovevano essere le ragazze a fare l’invito, lo guardai attentamente, gli era costato davvero una grande dose di coraggio. Aveva il viso leggermente arrossato, ma lo sguardo attento sperava sul serio che andassi con lui, si torturava il lato dei pantaloni da ginnastica per gestire l’ansia.

-Mi dispiace Mike, penso che dovresti andare con Jess.
Adesso il suo sguardo era deluso, abbassò lo sguardo e fece finta di ascoltare la lezione, dovevo ricredermi era questa la lezione più stressante della giornata. Prima di entrare negli spogliatoi Mike mi prese per un polso per fermarmi, voleva parlare.

-E’ per Cullen?

Non sapevo cosa rispondere, non volevo che fosse palese a tutti che fossi innamorata di lui. Ma non volevo neanche essere ipocrita, lo guardai con calma, non ce l’avevo con lui probabilmente voleva solo capire se avesse qualche possibilità.
-Sì.
Mi lasciò il polso senza dire una parole e ne approfittai per cambiarmi veloce e andare fuori il prima possibile.
Appena fui fuori mi godetti l’aria fredda come per schiarirmi le idee, non mi importava dei pettegolezzi, sapevo che una cittadina come questi non si potevano evitare. Speravo solo che Edward non avesse letto nei pensieri di Mike. Raggiunsi la mia macchina senza ombrello velocizzando il passo , Edward era appoggiato vicino alla portiera con un ombrello nero mi guardava. Mi avvicinai sotto il suo ombrello sentendo il suo profumo mi calmai subito, rilassata gli feci un sorriso alla quale rispose subito.

-Non usi  mai gli ombrelli?

Era contrariato che mi fossi bagnata, risi della sua preoccupazione.

-No, ti va di guidare ancora?

-Certamente, ma domani prendiamo la mia di auto.

Mi aprii la portiera della macchina, e aspettò che entrassi senza bagnarmi sotto il suo ombrello. Con un mezzo sorriso lo ringraziai e salii sulla macchina.
 
Una volta giunti davanti a casa mia chiacchierammo della macchina, mi chiedeva le cose più disparate. Come le cose che facevo da piccola, agli sport che avevo praticato, le vacanze che avevo fatto con mia mamma prima che si ammalasse.
Guardammo il cielo farsi più scuro senza riuscire a lasciare la macchina. Non parlavamo più ci stavamo godendo il silenzio, non era imbarazzato il silenzio anzi ero in pace, l’odore inebriava l’auto mi sentivo quasi assuefatta dalla sua presenza.

-Bella..
Lo guardai, i suoi occhi erano attenti, più scuri del solito. Probabilmente era un po’ che non andava a caccia, la cosa non mi disturbava ma sperai che per lui non fosse troppo dura starmi vicina.
-Dimmi

-Quello che hai detto a Mike è vero?

-Spione, sospettavo che leggessi i suoi pensieri. Comunque sì, pensavo lo sapessi già, tu mi piaci non ho intenzione di uscire con lui.

Ovviamente dire che mi piaceva minimizzava il mio interesse per lui,  ma era già dura così non volevo morire di imbarazzo. Sostenevo il suo sguardo ma non avevo idea cosa gli passasse per la testa.

-Sai avevo letto spesso della gelosia, pensavo di sapere tutto ciò cosa c’era di sapere riguardo l’argomento, ma devo dire che provarla  in prima persona è tutta un’altra cosa.

Il mio cuore andava al galoppo, arrossii più di quanto avessi mai fatto. Mi prese il polso, lo stesso che aveva preso anche  Mike e lo baciò, stavolta senza rimpianti accarezzai con l’altra mano i suoi capelli, lui chiuse gli occhi. Finii la mia carezza, e poi lo lasciai andare. Non sapevo quanto mi fosse concesso toccarlo senza metterlo in difficoltà. Come a confermare le mi idee scese dal macchina e aprii il mio sportello prima che avessi la possibilità di farlo da sola, era la prima volta che vedevo effettivamente il suo lato sovrannaturale.

-Ci vediamo domani, ti passo a prendere con la mia macchina.

Era teso, e io sperai che non fosse pentito di ciò che era accaduto oggi.

-A domani.
Entrai in casa sperando che domani arrivasse il prima possibile.

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