Dear Ethan Claus

di thecarnival
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** INTRODUZIONE - Quando tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** Smell of Holiday ***
Capitolo 3: *** Time is running fast. ***
Capitolo 4: *** Don't leave me.. please. ***
Capitolo 5: *** Ethan Claus is coming...to Hearthworth! ***
Capitolo 6: *** The quiet and the storm ***



Capitolo 1
*** INTRODUZIONE - Quando tutto ebbe inizio ***


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Capitolo 2
*** Smell of Holiday ***


Buongiorno!
Mamma mia come sono emozionata, non solo perchè oggi è il 24 dicembre ed è la VIGILIA, ma perchè sto pubblicando il primo capitolo di questa bellissima storia a 4 mani scritta con Spencerina (aka Martina).
Cosa posso dirvi, mh, la storia sarà in tutto di 7 capitoli, pubblicheremo ogni 2 giorni (salvo imprevisti) in modo da finire con l'ultimo capitolo il 6 GENNAIO. Avevamo detto che era una storia natalizia, quindi perchè non far coincidere tutto con le vacanze? ;)
Bando alle ciance!
Augurandovi un sereno Natale, e dicendovi di non mangiare troppo questa sera.. BUONA LETTURA.
Grazie a tutte coloro che hanno lettol'introduzione e grazie a Vanessa che ha commentato, come sempre!
Sono in vena di chiacchiere, me ne sono accorta! xD
Ci si legge giù per alcune info.




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1.Smell of Holiday.

'Odore di Natale.'
Ogni volta che avevo detto ai miei genitori o ai miei amici quella frase, ricevevo degli sguardi strani, accompagnati da domande altrettanto allibite del tipo 'Odore di Natale? Ma che odore può mai avere un nome?' E mi ritrovavo a sorridere amareggiato. Diamine, solo io percepivo quella fantastica atmosfera? Quel freddo pungente che ti entra dentro e ti fa fremere ogni singolo muscolo?

L'odore di Natale è quello che senti quando al mattino, uscendo in balcone sorridi pensando che per qualche giorno tutti i tuoi problemi spariranno perchè farai felice tante altre persone regalando qualcosa o semplicemente sorrisi.

L'odore del Natale è... semplicemente felicità, ed io in quel giorno quando uscii dal mio condominio dalla periferia di New York per andare a lavoro avevo sentito quell'odore invadermi ed entrarmi dentro, e sapevo, in qualche modo, che quel giorno mi avrebbe cambiato la vita.

Pedalai tranquillo verso la metropolitana e lasciai la bici lì,salii sulla metro con calma, ero certo che sarei arrivato puntuale -se non in anticipo- al centro commerciale. Era lì che avevo trovato lavoro in quei giorni. Un lavoro modesto e non molto pagato, in fondo cosa potevo pretendere essendo un misero Babbo Natale? Ma mi piaceva, sopratutto nel vedere l'espressione felice dei bambini nel sedersi sulle mie gambe, darmi le loro letterine, e dirmi quali regali desiderassero.
Come previsto, arrivai in anticipo, così feci un giro nel reparto tecnologia, adocchiando l'ultimo Blackbarry in uscita, il costo era abbastanza elevato e di certo non potevo permettermelo in quel periodo, ma ero sicuro che lavorando sodo sarei riuscito a mettere abbastanza soldi da parte per togliermi quello sfizio.
Indossai il mio costume ed andai nella mia tanto amata postazione, mi piaceva stare lì, al centro della sala, con l'enorme albero di natale super addobbato a destra e la slitta con tanto di sacco pieno zeppo di regali finti e renne, a sinistra. I bambini ne rimanevano sempre affascinati, e toccavano sempre il naso ad una di loro, facendomi sorridere. Chiedevano tutti gli stessi giocattoli di ultima generazione, o più grandicelli desideravano delle biciclette per poter gareggiare con gli amici al parco, era una gioia immensa sentirli parlare in quel modo, e leggere, nei loro occhi, la felicità nel vederli parlare con Babbo Natale.

Quella sera, ero particolarmente felice, l'odore di Natale mi aveva inebriato il cervello, notai, con mio dispiacere, che era ora di chiudere, ma la fila di bambini era ancora piuttosto lunga, e mi dispiaceva deluderli e mandarli a casa tristi, decisi quindi di farli giocare tutti insieme, almeno per quegli ultimi 5 minuti che rimanevano prima che arrivasse la sicurezza e buttasse tutti fuori. Ci mettemmo in cerchio e gli feci fare una sorta di ballo mimato, cantando una filastrocca stupida sul natale, ma che li fece ridere, e fu bellissimo vederli così felice che mi si riempì il cuore, sensazione che durò per qualche istante. Ancora adesso, ripensandoci, non ricordo come successe esattamente tutto quel casino, fu tutto troppo veloce e troppo rumoroso, mi ritrovai solo a terra con gli addobbi natalizi addosso, e quando mi guardai intorno in cerca di aiuto, i genitori con i loro rispettivi figli stavano scappando, bell'esempio che davano ai bambini, ma scacciai quel pensiero non appena sentii QUEL rumore di tacchi, perchè sentirlo non era mai un buon segno, MAI. La responsabile, la product manager, -come si faceva chiamare lei- insomma quello che era a quei tempi, era arrivata in meno di tre secondi, con il suo solito completo blu e bianco e quell'insopportabile auricolare all'orecchio che toccava ogni tre per due, per non parlare del cartellino con tanto di nome e posizione sociale attaccato alla camicia, che faceva peso dal lato sinistro, lasciando intravedere la scollatura.

“Signor Crowford, lei mi ha appena fatto guadagnare 50 dollari” Mi fissava dall'alto dei suoi tacchi, con le braccia incrociate, un sopracciglio arcuato e lo sguardo scettico, mentre mi sollevavo da terra, spostando quell'enorme ammasso di addobbi.
“Sto bene, grazie per averlo chiesto!”
“Sta ancora parlando, respirando e camminando, mi sembra ovvio che lei stia bene.. Si si lo avverto subito” La sua aria da padrona del mondo aveva un non so che di sexy, ma in quel momento avrei voluto solo soffocarla, utilizzando in qualche modo i finti regali della slitta di Babbo Natale.. Come poteva parlare con me, e nello stesso tempo parlare con l'omino dell'auricolare? Non aveva nessun rispetto per le persone, per i suoi dipendenti.. per il mondo in generale. Era una donna senza cuore, e non sapevo ancora che cosa era in grado di fare. “Bene, signor Crowford, lei è licenziato, è stato un piacere averla con noi per questi tre giorni, speriamo si sia trovato bene, venga a trovarci quando vuole le faremo di certo uno sconto ex dipendenti. Lo sconto non supera i 5 dollari”
Ma lei lo sconto se lo può mettere dove meglio crede! Ovviamente mi trattenni dal risponderle in quel modo, ma lei mi stava licenziando, e per quale motivo poi? E non smetteva di parlare, recitava la sua frase a memoria senza neanche prendere fiato perchè era abituata a farlo, era abituata ad assumere personale ed a licenziarlo dopo pochi giorni per stupidi motivi. Ero furioso.
“Signorina Heartworth, mi scusi, ma per quale motivo mi sta mandando via?”
“Perchè lei è un incompetente, mi sembra ovvio!”
“Ho solo fatto cadere un albero di Natale, e si può tirare su in meno di 1 minuto, i suoi dipendenti lo hanno già fatto, quindi non vedo dove sia il problema”
“Il problema è lei, Crowford, se io dico che lei deve sparire, lei sparisce.” Soffocarla era un eufemismo. Riuscii a bloccarla prima che se ne andasse, avevo capito che avevo perso il lavoro e non c'era nulla da fare ma..
“Voglio la mia buona uscita.”
“E' stato un piacere, arrivederci. Le va bene così?”
Sto parlando dei soldi” Razza di arrogante, stupida donna.. Quel giorno mi trattenni davvero, ma sapevo che urlare contro una donna e soprattutto picchiarla andava contro tutti i miei principi morali, quindi mi limitai a respirare profondamente, per evitare di strozzarla! “Era la mia settimana di prova, e nel contratto che ho firmato c'è scritto che..”
“Lo so cosa c'è scritto nel contratto, ma lei ha distrutto le decorazioni, quindi niente buona uscita, adesso mi lascia tornare al mio lavoro?”

“No. Io voglio i miei soldi, e non ho distrutto nulla.”
“Non mi faccia chiamare la sicurezza, e se ne vada, vada a cercarsi un lavoro decente New York è piena di annunci per ragazzi come lei”
La osservai entrare nel suo ufficio, e per poco non diedi un calcio alla porta, per buttarla giù e spiegare a quella viziata che mi accontentavo di qualsiasi lavoro perchè ero un ragazzo di poche pretese, perchè ero andato via da Boston per non pesare ancora sui miei genitori, perchè la laurea in giornalismo non mi era servita a nulla e perchè amavo così tanto il Natale ed i bambini da accettare di fare qualsiasi cosa, in quel periodo, pur di lavorare. Ma lei era troppo orgogliosa, troppo importante per capire certe cose. Imprecai qualcosa, e feci per andare via, ma qualcun altro mi chiamò, e ricordo ancora il mio stupore quando vidi che si trattava del direttore generale del The Mall, mi fece cenno di entrare nel suo ufficio, e fu molto gentile nell'offrirmi pasticcini e caffè, che rifiutai gentilmente. All'inizio mi pentii di quel rifiuto, ero stato licenziato ed ero incazzato nero, avrei dovuto accettare e scroccare tutto, ma col senno di poi mi accorsi che il mio inconscio fece benissimo a rifiutare, lui era il diavolo tentatore e quelle offerte erano come la mela per Adamo ed Eva, e anche se non toccai nulla da quel vassoio, accettai ogni sua proposta, perchè ero ferito nell'orgoglio, perchè volevo vendetta. Fui stupido, sciocco ed avventato, ma come potevo sapere che mille imprevisti si sarebbero presentati lungo il progetto della mia vendetta?

******

Spero vi sia piaciuto il capitolo, ci si legge il 26.
Per chi volesse, può aggiungermi su facebook, questo è il mio contatto.
Thecarnival epf. Ho anche creato un gruppo, chi volesse, può richiedere l'iscrizione, si chiama Le mie storie ed altro. 

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Capitolo 3
*** Time is running fast. ***


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Capitolo 4
*** Don't leave me.. please. ***


Scusate il ritardo, ma non sto molto bene! Sarò infatti di pochissime parole. 
Ringrazio, insieme alla mia metà-gemella/sosia, tutti coloro che hanno aggiunto la storia tra i seguiti, preferiti e ricordati, e le dolci fanciulle che hanno commentato. Spero vi piaccia anche questo capitolo, che ho scritto per voi con tanto ammmore! xD
Ovviamente il prossimo aggiornamento arriverà tra due giorni.
Buona lettura!

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3.Don't leave me.. please.

Ero ancora nervoso per tutto quello che era successo quella sera, e solo un caffè, accompagnato da una sigaretta, avrebbe potuto rilassarmi e distrarmi a dovere. Me ne stavo seduto in una piccolissima caffetteria quasi di fronte il The Mall, strano come non l'avessi mai notata fino ad allora, anche perchè il caffè era davvero ottimo. Lo bevvi velocemente, come se, ingerendo quel bollente liquido nero, sciogliesse via portando con sé, tutti i miei cattivi pensieri.

Desidera altro signore?” Quella gentilissima ragazza si era avvicinata, con il suo taccuino, e per un attimo, ricordo di aver davvero desiderato di ordinare altro, solo per ringraziarla di quel meraviglioso sorriso. Era così complicato ridere? Era così complicato evitare di trattare male la gente? Anche gli altri potevano aver trascorso un brutto momento, o una brutta giornata, perchè non stamparsi sul viso un finto sorriso e far credere al mondo che tutto vada bene? Non è mentire, solo cercare di far sorridere gli altri.
Sospirai soddisfatto quando gettai fuori la prima boccata di Marlboro Touch, durò un istante, il momento in cui mi parve di essere da solo in tutta New York, in cui ci fosse un silenzio assoluto, io i grattacieli e la mia sigaretta. Riaprii gli occhi, e, incredibile dirlo, anche quello accadde tutto troppo velocemente.. Quella bambina che scappava, attraversando la strada, mi fece gettare la sigaretta ancora a metà, e riuscii a prenderla in tempo, salvandola dalle auto impazzite di NY.

Sei come Mufasa!”
“Come?” risi sentendo quello strano nomigliolo. Mi era familiare ma non riuscivo a ricordare dove lo avessi sentito. Solo quando disse di essere Simba, capii che si stesse riferendo al cartone animato della Disney “Il re Leone”, l'avevo salvata dalla mandria impazzita. “Sono un Mufasa Babbo Natale” Non mi accorsi nemmeno della presenza accanto a noi, che continuava a guardarmi e gesticolare preoccupata. Possibile che quel giorno ogni cosa avesse a che fare con lei? Improvvisamente mi venne voglia di accendermi un'altra sigaretta, di quel passo, se ad ogni pensiero a lei associato avessi fumato, sarei sicuramente morto a 40 anni. Mentre lei mi ringraziava, strano a dirsi ma sembrava davvero grata, e dispiaciuta, quasi un'altra persona rispetto a quella con cui avevo parlato un'oretta prima, la bambina saltellava al mio fianco, tirandomi per la giacca, chiedendomi se fossi davvero io il Babbo Natale del centro commerciale.

Lo ero fino a prima che tua mamma mi mandasse via” Un sorriso alla dolce bambina, una frecciatina velenosa alla vipera della madre. Ma lei mi ignorò, era il suo modo di fare, ignorare ciò che non era di suo interesse o gradimento, ma questo l'avrei scoperto solo con l'andar del tempo..
“Mi dica come posso sdebitarmi” E' incredibile come ricordi ancora ogni singola parola, e ogni singolo pensiero, ma fu il nostro primo incontro, l'inizio di tutto, come poterlo dimenticare? Le risposi che mi sarebbe piaciuto riavere il lavoro, e giuro che lo dissi con tutta la calma e gentilezza possibile, ma a quanto pare non bastarono a farle mantenere quella poco pazienza fino ad allora dimostrata. “Questo non è possibile signor Crowford.. Non torno indietro sui miei passi, lei non merita quel lavoro” Aveva ragione solo su un punto, lei non tornava indietro sui suoi passi...
“Lo merito eccome! Amo i bambini, e..”
“Vuoi venire a cena con noi? Oggi è Merc.Mc.” Abbassai lo sguardo, puntando i miei occhi in quelli di Sunshine, mi guardava sorridente e nello stesso tempo supplichevole.. Avrei tanto voluto negare, tornare a casa e non rivedere mai più quella strega, ma mi ritrovai seduto di fronte le donne Heartworth, in uno dei tavoli del Mc Donald's. L'imbarazzo si tagliava a fette. Non sapevo cosa dire, e ogni argomento sembrava inopportuno e finiva per essere immediatamente esaurito, così piombavamo nuovamente nel silenzio più assoluto. “Mamma, domani devo per forza andare dalla signora Plumbery?”
“Sì” Una risposta secca, che mi fece gelare il sangue.
“Ma mi obbliga a mangiare i suoi biscotti, e sono duri.. e non mi fa giocare, né guardare la tv. Io mi annoio..”
“Non mi interessa Sun, dovrai andare.”
Come poteva mandare sua figlia in un posto contro la sua volontà? Mi ritrovai a pensare tantissime cose. Mi chiesi il motivo per cui la bambina non stesse in casa con il padre, e capii che sicuramente i due avevano divorziato, e mi spiegai il perchè di tutta quella cattiveria ed acidità nei confronti degli uomini e delle persone in generale. Sorrisi quando pensai che quella donna aveva semplicemente bisogno di andare a letto con qualcuno per rilassare i suoi nervi.
Non ero neanche lontanamente vicino alla realtà dei fatti.
“C'è qualcosa che la fa sorridere in particolare?”
“Questa signora mi ricorda una persona che conosco sai?” Mi rivolsi direttamente alla piccola Sunshine, meno parlavo con quella donna, meglio era per la mia salute mentale! “Anche io da piccolo andavo in casa di una mia vicina, e sai cosa mi costringeva a fare?” Negò con il capo interessata e le feci cenno con la mano di avvicinarsi a me, come per confessarle un segreto “Mi vestiva da femminuccia..” Mi scoppiò a ridere in faccia. Ricordo ancora quel bellissimo suono naturale, quegli occhi chiusi con delle lacrime ai lati, le mani sullo stomaco e la testa all'indietro. Fu in quel preciso istante che mi innamorai di quella bambina, che capii che non avrei potuto più farne a meno. “Ehi, non ridere, così mi offendi” Più parlavo e più rideva, e risi insieme a lei. Mi bloccai quando uno strano suono arrivò alle mie orecchie, e non fui l'unico. Honey stava ridendo con noi. Sua figlia la guardò come incantata, e poi le sorrise riprendendo a ridere, e sfottendomi per il resto della cena.
“Mi sarebbe piaciuto vederti con il tutù”
“Posso vedere se trovo qualche foto e te le faccio vedere” Si mise a saltare contenta, mentre uscivamo dal locale. Honey la rimproverò più volte, intimandole di stare ferma, ma lei non l'ascoltava. “Dai Sun, ascolta tua mamma.. se la fai arrabbiare poi le vengono le rughe e diventa brutta e cattiva come la signora Plumbery” Cercai di buttarla sul ridere, e funzionò, dato che la piccola Sunshine, si fermò di saltare e si strinse alla mia mano.

Mamma, dobbiamo per forza andare a casa?”
“Sì, tesoro, è tardi..” Il suo broncio mi fece intenerire, anche a me dispiaceva salutarla, soprattutto perchè non sapevo se e quando l'avrei rivista. “Adesso saluta il signore..”
“Ciao Eth” Mi abbassai, scompigliandole i capelli, e mi sorrise così dolcemente da sciogliermi il cuore. Avevo sempre amato i bambini, ma lei era proprio speciale, aveva qualcosa nello sguardo.. qualcosa che a quei tempi non sapevo cosa fosse, ma l'avrei capito solo con il tempo, solo conoscendo bene quelle due bellissime donne..
“Ciao piccola..” Mi abbracciò “Non essere triste, ci vedremo presto!”
“Non è vero! Anche tu mi lascerai per sempre..” Non sapevo a cosa si stesse riferendo esattamente, ma l'abbracciai anche io, sussurrandole dolci parole. La conoscevo appena, ma le volevo già bene.. e gliene avrei voluto sempre di più. “Mamma, ti prego.. può venire a casa con noi?”
“Ma tesoro” Si abbassò anche lei, accarezzandole una guancia dolcemente “anche Ethan ha una casa, non può venire con noi..” Fu la prima volta che la sentii pronunciare il mio nome in quel modo. La prima volta, che la vidi rivolgersi in quel modo a sua figlia. E quella versione di Honey mi colpì, ma non ci feci caso più di tanto.. allora non sapevo che quel tono di voce, quella carezza, quel modo di dire 'Ethan' si erano insinuati, lentamente e profondamente, dentro di me, e niente li avrebbe più cancellati. “Andrebbe bene per lei?” La guardai interrogativo, non avevo ascoltato una parola. Le lacrime di Sunshine mi avevano bloccato. “Le andrebbe di lavorare come una sorta di baby-sitter o governante o quello che vuole, in casa mia? Sunshine si è affezionata e non vuole mettere piede dalla vicina e poi..”
“Certo che mi va bene.. Questa piccola peste mi ha rubato il cuore” Le sorrisi, e le sue lacrime sparirono nel sentire che mi avrebbe visto ogni giorno a partire dalla mattina successiva.

Allora ci vediamo domani alle 7, a questo indirizzo. Sia puntuale..”
“Honey..” Mi fissò “Abbiamo, più o meno, la stessa età, starò a stretto contatto con tua figlia, e passerò le mie giornate in casa tua, puoi chiamarmi Ethan e darmi del 'tu' per favore?” Sorrise, scuotendo la testa, e dopo aver preso la manina della figlia nella sua, mi salutò.
Mi ritrovai a pensare che mi ero messo in un bel guaio, lavorare in casa sua, e di nuovo per lei.. ma poi mi venne in mente quel patto con il direttore del centro commerciale, quello Scott e qualcosa. Sarebbe stato semplice arrivare all'obiettivo in quel modo, e poi avrei ottenuto la mia vendetta, non sapevo però, che non bisogna mai programmare qualcosa, perchè la vita ti sconvolge e stravolge i piani ogni giorno.

Quella mattina, quando mi svegliai ero così nervoso che dovetti bere tre tazze di caffè e fumare non so quante sigarette per calmarmi. E fu ancora peggio quando arrivai di fronte quell'enorme palazzo, suonai il campanello con incertezza, e mi rispose la piccola Sunshine, che ovviamente urlò non appena sentì il mio nome.
“Allora sei davvero qui” Si attaccò alle mie gambe, e dovetti trascinarla dall'ascensore fino all'ingresso di casa sua.
“Sun! Dove diavolo sei? Dobbiamo finir.. OH.. sei qui” Presi la bambina in braccio, dandole un dolce bacio sulla fronte e la riposai per terra
“Sono qui. Non è un problema vero?”
“No, assolutamente, è che non ti aspettavo così puntuale, e devo ancora vestire Sunshine, e poi prepararmi per andare a lavoro..”
“Honey, rilassati. Dimmi quello che devo fare, alla piccola ci penso io..” Le sorrisi sincero, la vidi chiudere gli occhi per un attimo, come se avesse bisogno di sentirsi dire quelle parole da molto tempo. Ma durò solo un secondo, perchè li riaprì e in pochi minuti mi fece visitare l'appartamento, mi spiegò dov'erano i vestiti di Sun, e cosa avrei dovuto fare in caso di emergenza, se lei non avesse voluto mangiare, e roba varia..
“E per finire qui ci sono i cartoni animati.. se non vuole più giocare o studiare”
“Studiare?”
“Sì. L'anno prossimo andrà a scuola e deve pur imparare a leggere e scrivere prima degli altri, no?”
Mi venne da ridere nel sentire quelle parole, era solo una bambina, perchè doveva studiare e rovinarsi l'infanzia ancora prima di entrare a scuola? Però mi limitai ad annuire, non potevo di certo iniziare a contraddirla il primo giorno.
Andai in bagno con Sunshine e aspettai che finisse di farsi il bagnetto, era una piccola donna, e diceva che sapeva benissimo lavarsi da sola, voleva solo un piccolo aiuto per lo shampoo. Era tenera, dolce, una bambina incredibile.. vederla giocare con le paperelle poi, mentre le insaponavo i capelli, mi metteva sempre allegria.
“Allora io vado.. Per qualsiasi cosa..”
“Ti chiamo al cellulare. Lo so. Ho dei nipoti, so come badare ai bambini, ora vai o farai tardi, non vorrai mica farti licenziare!”
Buttò uno sguardo un po' preoccupato sia a me che alla figlia e poi sparì.
“Allora piccolo mostriciattolo, cosa vuoi fare dopo?”
“Voglio vedere tantissimi cartoni..”
“Mi sembra un'ottima idea”
Mi sorrise schizzandomi un po' d'acqua, e quando fu asciutta e vestita, corse in cucina buttandosi sul divano. Mi chiese se avessi sistemato il bagno, proprio mentre sceglieva il DVD di Mulan, mi limitai ad annuire e mi sedetti accanto a lei.
Solo quando mi rilassai un po', notai che in quella stanza, come nel resto della casa non c'era neanche un addobbo natalizio, pensai che forse Honey era troppo impegnata con il lavoro per pensare a fare un albero, o mettere qua e là qualche festone.
“Hai visto che simpatico Mushu?” mi chiese con le lacrime agli occhi per le risate.
“Sì.. sì..” Le carezzai il capo. “Sun, come mai non c'è un albero di Natale?”
“Oh, beh.. la mamma non vuole farlo” Divenne subito triste.
“E tu vorresti?” Sorrise raggiante, e i suoi occhi si illuminarono. “Allora ti prometto che prima di Natale lo faremo, ma non devi dirlo a nessuno. E' un nostro segreto..”
“Faremo una sorpresa alla mamma?” Chiese abbracciandomi, ed annuii.. “Che bello” Ritornò a guardare il cartone, e sorrisi nel vedere quanto fosse felice, non sapevo però in che guaio mi ero andato a cacciare con quella promessa.
Quell'albero di Natale sarebbe stato l'inizio di tutto, o la fine di ogni cosa.

*****

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Capitolo 5
*** Ethan Claus is coming...to Hearthworth! ***


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Capitolo 6
*** The quiet and the storm ***


Buongiorno, lo so.. siamo in ritardo.. in realtà io sono in ritardo perchè questo è il mio capitolo però l'ho detto mille volte e continuerò a dirlo, l'ispirazione era andata via, volata come le rondini in cerca della primavera.. ho dovuto lottare per riaverla.. Guardare telefilm vecchi, sbavare su foto di uomini mezzi nudi! xD E alla fine ce l'ho fatta. Non dico che il capitolo sia stra bello però meglio di quelle schifezze che vengono fuori quando non sono ispirata!
Allora allora che dire.. AH SI, avevamo lasciato i due idioti a casa di Honey, a baciarsi sotto il vischio per instistenza della piccola Sunshine.. che sarà successo adesso?
Vi pregherei di leggere sotto, solo qualche avviso. BACI.





5.The quiet and the storm.



Le sue labbra sulle mie, mi fecero scoppiare il cuore, non so per quale sensazione prima, forse felicità, paura, o amore; e quando mi staccai da lei un enorme senso di vuoto mi pervase, potevano le sue labbra essere così indispensabili?
“Ecco, contenta?” Si rivolse con un sbuffo alla piccola Sun, eppure non riusciva a smettere di guardarmi, forse anche lei aveva provato le mie stesse emozioni, pensai, o meglio, sperai con tutto me stesso che lei mi ritenesse indispensabile, esattamente come facevo io.
“Siiii, adesso mamma, guarda quanti regali, guarda guarda.” I saltelli della bambina, la manica della maglietta strattonata.. nulla poteva interrompere il nostro contatto visivo, era la quiete dopo la tempesta, anche se, riflettendoci meglio, la tempesta vera e propria doveva ancora scatenarsi.
“Dai mamma, Eth, sediamoci ed apriamo i regali.. tieni mamma questo è per te”
Forse fu quella parola a farla tornare in sé, perchè si voltò verso sua figlia, guardandola in più modi diversi, anche arrabbiata, prese quel pacchetto dalle sue mani, gettandolo sul divano.
“Avevo detto niente albero, niente regali, niente Natale”
“Ma mamma, noi..”
“Niente 'ma' Sunshine, sai benissimo quali erano le regole, e tu mi hai disobbedito. Sistemeremo, riportando tutto in negozio”
Riuscii a leggere la delusione negli occhi della bambina, il suo cuore si spezzò nel momento esatto in cui la madre le ordinò di andare in camera sua, avrei voluto fare qualcosa, come abbracciarla, o rassicurarla che prima o poi sua madre sarebbe tornata quella di prima ma lei avrebbe comunque perso il Natale.
“TI ODIO” urlò tra le lacrime “Dovevi andare via tu, non papà..” Corse via dal salotto, fermai in tempo Honey prima che potesse raggiungerla e l'occhiata che mi lanciò mi gelò il sangue nelle vene. Le lasciai il polso, perchè sapevo che da lì a poco sarebbe scoppiata. Mi insultò in tutti i modi possibili, e rimasi zitto lasciandola sfogare perchè aveva ragione, non mi sarei dovuto intromettere, avrei dovuto lasciarla in pace, avrei dovuto rifiutare la sua offerta di lavoro.
“Io ho solo espresso un suo desiderio”
“Sta zitto Ethan, per favore!” Il suo camminare avanti ed indietro per la stanza mi rendeva estremamente nervoso “E' tutta colpa tua”
“Ho capito, ma il tuo ripeterlo non cambia le cose”
“E' meglio se vai via” Si era fermata, non era più arrabbiata ma delusa, il che mi fece ancora più male.
“Honey..” Mi pregò con lo sguardo e feci come aveva detto, non salutai neanche la piccola Sun.
Arrivai a casa mia con il cuore spezzato e mille sensi di colpa, non sapevo assolutamente come comportarmi, se chiamarla e scusarmi per tutto quello che era successo, o chiedere semplicemente di sua figlia per sapere come stesse, ma non feci nulla di tutto ciò, sapevo che le donne preferivano stare da sole con i loro pensieri o sfogarsi con le amiche in quei casi, perciò me ne andai a letto, aspettando impaziente l'arrivo del mattino successivo.


Di solito riuscivo a calmarmi bevendo caffè e fumando qualche sigaretta, ma quella volta neanche una caraffa intera e un pacco da venti erano bastati a rilassare i nervi. Feci anche una doccia calda, sperando che il vapore schiarisse la mia mente, trovando un'idea, un qualcosa, per farla ragionare e farmi perdonare, ma sapevo benissimo già allora, che sarebbe stato difficile.
Mi feci trovare all'entrata del The Mall prima dell'apertura, la vidi scendere dal taxi, stretta al suo cappotto grigio, con i capelli raccolti, era bella da morire.
“Oddio no..” Cercò di evitarmi, ma le avevo bloccato l'ingresso posizionandomi esattamente all'entrata.
“Possiamo parlare per favore?” Non mi aveva risposto, ma il suo sguardo era stato abbastanza eloquente, ed era stata chiara anche la sera precedente, dicendomi di non volermi più vedere, ma non potevo mollare in quel modo. “Non mi interessa se non mi vuoi ascoltare, io parlerò lo stesso”
“C'è qualche problema qui?”
Quella maledetta guardia all'ingresso era arrivata al momento sbagliato, obbligandomi a spostarmi e permettendo ad Honey di entrare al The Mall, e restarci per tutto il giorno. Ebbene sì. Mi ero appostato al bar di fronte, bevendo un'indefinita quantità di caffè e mangiando ciambelle, pur di beccare il momento giusto in cui lei sarebbe uscita per andare a casa, tenendola d'occhio mi sarei fatto trovare dentro il taxi, e poi davanti casa sua..
Non poteva finire in quel modo. Finire cosa poi dovevo ancora chiarirlo a me stesso, ma in quei giorni ero talmente testardo che quando la guardia del The Mall minacciò di chiamare la polizia per la terza volta in tre giorni consecutivi, capii che dovevo trovare un altro modo per parlare con Honey.
E' quasi passata una settimana, e sono sempre qui fuori ad aspettarti, per favore, possiamo parlare?”
Non era stato l'unico messaggio che le avevo inviato, forse il centesimo e non avevo mai ottenuto risposta, stavo iniziando a perdere sia la pazienza che la speranza..
“Ethan” Mi voltai sorpreso e meravigliato nel sentire quella tenera e dolce vocina chiamarmi, la guardai con gli occhi lucidi, e l'accolsi tra le braccia. Era piccola e fragile più di quanto ricordassi.
“Sunshi, che ci fai qui?”
“Ero a lavoro con mamma, e.. ti ho visto dal suo ufficio” Rimase attaccata a me, la sua manina stretta nella mia, Dio se ero contento di rivederla.
“Mi hai visto? Co..come hai fatto?”
Quando mi disse che l'ufficio si affacciava sulla strada, e mi aveva visto entrare al bar il mio cervello non ci aveva messo molto a fare un rapido ragionamento.
Ultimamente non riuscivo più a beccare Honey all'orario di uscita perchè lei mi vedeva. Ribollivo di rabbia.
“Che succede Eth?” La rassicurai sorridendo e abbracciandola nuovamente. Ordinai per lei una cioccolata calda, e mi feci raccontare come stava trascorrendo quelle vacanze.. mi stupii quando con gli occhi lucidi mi confessò che avevano tenuto l'albero di Natale ed i regali, quindi ero riuscito nel mio intento, renderla felice.. e pensai che forse era quello il motivo per cui Honey non voleva vedermi, perchè l'avevo costretta ad affrontare i fantasmi del suo passato, o forse perchè io ero riuscito dove lei aveva fallito, far sorridere nuovamente Sunshine.
“MAMMA!”
“Cristo Santo Sunshine, come diavolo ti è..” Si bloccò nel vedermi “Avrei dovuto immaginarlo che c'era il tuo zampino..” Ovviamente provai a spiegarle che non c'entravo nulla, ma prese sua figlia in braccio, trascinandola via dal bar.
“Honey, aspetta.. Maledizione”
“Mettiamo le cose in chiaro Ethan, se non lasci in pace me e mia figlia prenderò seri provvedimenti”
“Se solo tu mi facessi spiegare”
“Ma cosa devi spiegare?”
Le nostre urla avevano attirato l'attenzione di troppi passanti e negozianti.. ripensai a quando, tempo prima, avevo sentito dire che i Newyorkesi andavano sempre di fretta fregandosene di tutto e tutti, che grande balla.
Anche quella discussione era terminata in quel modo, e mi sentii un perfetto e completo idiota, perchè non avevo concluso nulla, l'unico passo avanti che avevo fatto era stato urlare su un marciapiede con Sunshine presente. Che razza di uomo ero?
Ormai trascorrevo la maggior parte del mio tempo in strada o dentro quel maledetto bar, piuttosto che in casa, tanto non avevo nulla di meglio da fare, e poi c'era sempre quella parte di me che sperava sempre nel miracolo.. ed infatti accadde. Il miracolo intendo.

Uscivo dal bar, ormai rassegnato, diretto verso casa. Avevo davvero perso la speranza di vederla e parlarle, perchè era chiaro che non voleva più saperne nulla di me, e soprattutto non provava la stessa cosa che provavo io per lei. Quando la vidi correre dall'altro lato della strada, verso l'ingresso del The Mall, il mio cuore sussultò, non ci pensai due volte, e la seguii.
Dentro il centro commerciale.
Su per le scale.
Nel reparto amministrazione.
Era entrata nell'ufficio di Scott, il direttore, lasciando la porta aperta. Mi avvicinai lentamente e bussai alla porta, non volevo farla schiattare dallo spavento.
“Per favore non urlare, né scappare, stai zitta e lasciami spiegare.. almeno per una volta”
Posò i fogli che aveva in mano sulla scrivania, ed incrociò le braccia sotto il petto, forse per ascoltarmi meglio.
“Mi dispiace davvero Honey, se mi sono intromesso nella tua vita, se ho fatto riaffiorare dei ricordi tristi, se tu e tua figlia avete litigato, se ho rovinato il tuo Natale.. non volevo che accadesse tutto questo.. Io volevo solo realizzare il sogno, il desiderio di Sunshine, e vederla felice, mi ha reso felice”
“Tu.. non dovevi”
“Lo so, e non sai quanto..”
“STAI ZITTO” Il suo urlo riecheggiò per tutto l'ufficio, o forse era il mio cuore a ripeterlo continuamente “Perchè non sei come tutti gli altri? Perchè non sei uno stronzo che se ne frega dei sentimenti delle donne? Mi hai ferita ma nonostante tutto sei.. ti sei preoccupato di scusarti, dimmi il perchè?” Non mi diede il tempo di rispondere, era come se stesse facendo un monologo con la sua coscienza. “Io ho cercato di impormi di starti lontana. Ho cercato di dirmi che non eri quello giusto, e avevo ragione, perchè quale razza di persona sana di mente farebbe quello che hai fatto tu per una sconosciuta? Per una bambina che non è neanche sua figlia?” Non riuscivo a capire se fosse arrabbiata o triste o dispiaciuta.. “Dovevi stare lontano da me. Da noi” Ricominciò ad urlare, e se doveva essere una gara a chi gridava di più non avrebbe di certo vinto lei.
“Non avrei dovuto salvare la vita di tua figlia?”
“Certo, ma poi dovevi andartene”
“Tua figlia mi ha chiesto di restare”
“Tu dovevi andartene”
“Io volevo restare” La mia gola iniziava a bruciare.
“Tu dovevi andartene”
“Dimmi un valido motivo per cui sarei dovuto andare via”
“Perchè io mi sono innamorata di te” Le parole mi morirono in bocca. La richiusi più e più volte non sapendo che dire. “Hai capito bene.. puoi anche toglierti quell'espressione da pesce lesso dal..”
La baciai.
Le presi il viso tra le mani e posai le mie labbra sulle sue, e il mio cuore sussultò, percorse tutto il mio corpo, dai piedi alla testa, con un solo battito, la stessa sensazione di quando si è sulle montagne russe o si sta cadendo.
La sensazione di essere svuotato e riempito nello stesso medesimo momento.
Era dunque questo l'amore?
Le nostre lingue si trovarono subito, iniziando una danza tutta loro, mentre le mie mani non avevano intenzione di abbandonare il suo bellissimo viso. Le sue, si aggrapparono alla mia felpa, stringendola spasmodicamente, tirandomi verso lei ancora di più. Sorrisi sulle sue labbra a quel gesto, e lasciando il suo viso, la sollevai per farla sedere su quella scrivania.
Rise quando sentì il rumore di alcuni oggetti raggiungere il pavimento, ma non importava a nessuno dei due. Non stavamo litigando, e cosa più importante, lei mi aveva confessato di essersi innamorata di me. Sorrisi di nuovo e mi morse il labbro, assottigliai lo sguardo e mi vendicai torturandogli il collo con piacevoli baci.
“Eth.. Ethan”
“Se hai intenzione di dirmi di fermarmi. Puoi scordartelo” Baciai anche l'altro lato del collo, facendola mugolare di piacere.
“Tog. Spogliati” Non riuscivo a smettere di sorridere, ero così.. felice oltre che eccitato ovviamente.
Le tolsi la giacca, e con un colpo secco le aprii la camicia, non feci caso al suo sguardo di ammonimento per averle fatto saltare via i bottoni, volevo toccarla, sfiorarla e baciarla, e quei maledetti vestiti erano un ostacolo piuttosto fastidioso. Le sue dita erano intrecciate ai miei capelli, ogni gemito di piacere corrispondeva ad una maggiore stretta, le strinsi un seno nudo nella mano mentre continuavo ad occuparmi del suo collo e della spalla, alternando baci e morsi.
Inarcò la schiena e mi avvicinò, con i piedi, maggiormente a lei, non appena le leccai sensualmente l'orecchio ed ancora il collo. Le sollevai la gonna, e maledii quelle maledette trappole femminili, chiamate calze.
“Qualche problema?” Rideva, ed era il suono più bello del mondo. Sollevai il viso per guardarla meglio, indugiai sul suo viso. Le guance arrossate, le labbra gonfie dei nostri baci, i capelli sciolti ed arruffati, gli occhi lucidi per il piacere. Lasciai perdere le calze e mi avventai sulla sua bocca. Non so come fece, ma mi ritrovai senza maglia, e lei era senza calze.. non smetteva di ridere per la mia incredulità.
“Noi donne abbiamo dei poteri straordinari, sai?”
“Io non ho nessun potere.. ma ho una bacchetta magica pronta per te”
“Ethan, questa era davvero volgare!”
Feci spallucce e il sorriso sparì dalle mie labbra non appena le sue mani accarezzarono la mia erezione, sensualmente e lentamente, tirarono giù la cerniera e con i piedi abbassò velocemente i miei jeans. Avevamo giocato abbastanza, e non vedevo l'ora di sentire il suo calore avvolgere il mio.
Sospirai, e lei con me, non appena entrai in lei, fu una sensazione strana, indescrivibile, meravigliosa, come se la mia intimità fosse stata completamente avvolta, assorbita, o meglio ancora risucchiata dalla sua, difficile da spiegare, ma incredibile da provare. Lei era fatta per contenermi.
Si aggrappò a me in tutti i modi possibili, mentre aumentavo le spinte per donarle piacere, mi baciò più e più volte in tutto il viso, prima di poggiare i gomiti sul tavolo ed inclinare la testa all'indietro.
Sussurrò, e poi urlò il mio nome, tornando a stringermi, e muovendosi insieme a me.
Stavo letteralmente perdendo la ragione ed il controllo.
Le baciai la spalla quando esplosi di piacere.
“Io..”
La sua voce spezzata attirò subito la mia attenzione. Mi preoccupai, perchè non era una bella cosa veder piangere una donna dopo aver fatto l'amore. Perchè il nostro non era stato del semplice sesso, certo non era stato in un luogo molto appropriato, ma i miei bis nonni avevano avuto la loro prima volta in un campo di ortiche, e 50 anni dopo erano ancora più innamorati di prima.
La scrivania del capo era molto più comoda delle ortiche.
“Honey, ti prego parlami”
“Giuro che non è colpa tua.. cioè è merito tuo..” Le asciugai le lacrime e le baciai le palpebre, sperando che smettesse. “Io piango, quando.. oddio..”
“Mi stai facendo preoccupare” Si coprì il viso con le mani, ma gliele tolsi, non mi ero ancora reso conto di non essere uscito. Ma stavo bene dove stavo.
“Piango dopo un orgasmo. Ecco l'ho detto.” La sua espressione imbronciata mi fece ridere “Lo sapevo, non dovevo dirtelo.. adesso penserai di essere chissà chi..”
Le baciai velocemente le labbra, ed uscii a malincuore da lei.
“Che ne dici di andare a casa e piangere insieme?”

Non ero mai stato felice come allora, sorridevo ad ogni suo gesto, mentre diceva al tassista l'indirizzo di casa, mentre si accoccolava alla mia spalla e mi stringeva la mano.
Pensai che non poteva esserci giorno migliore, ma ancora una volta mi sbagliavo..
“Siamo a casa” Chiamò la figlia mentre lasciava la giacca nell'attaccapanni, Sunshine ci corse incontro con un cipiglio incuriosito, si bloccò non appena mi vide, ed urlò felice non appena si accorse delle nostre mani intrecciate. La presi in braccio stringendola forte..
“Eth.. sei a casa”
“Sì piccola, sono a casa”
Abbracciai anche Honey, sorridendoci a vicenda.
Le mie due donne.

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Non sono carini e coccolosi? Non mi esprimo più di tanto voglio che siate voi a farlo, sempre se vi va.
Allora, vorrei solo darvi qualche link.
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L'ultima cosa, ed ho finito, GIURO, se vi piacciono le storie originali, o se vi piace twilight -in contensti completamente diversi- potete leggere le mie storie, una finita e l'altra in corso:
- Suonami Lentamente
e la raccolta A wish right now che comprende una mini-fic di 4 capitoli e una OS.
Ho davvero finito. 
Al prossimo capitolo.

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