Dear Ethan Claus di thecarnival (/viewuser.php?uid=111714)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** INTRODUZIONE - Quando tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** Smell of Holiday ***
Capitolo 3: *** Time is running fast. ***
Capitolo 4: *** Don't leave me.. please. ***
Capitolo 5: *** Ethan Claus is coming...to Hearthworth! ***
Capitolo 6: *** The quiet and the storm ***
Capitolo 1 *** INTRODUZIONE - Quando tutto ebbe inizio ***
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Capitolo 2 *** Smell of Holiday ***
Buongiorno!
Mamma mia come sono emozionata, non solo perchè oggi
è il 24 dicembre ed è la VIGILIA, ma
perchè sto pubblicando il primo capitolo di questa
bellissima storia a 4 mani scritta con Spencerina (aka Martina).
Cosa posso dirvi, mh, la storia sarà in tutto di 7 capitoli,
pubblicheremo ogni 2 giorni (salvo imprevisti) in modo da finire con
l'ultimo capitolo il 6 GENNAIO. Avevamo detto che era una storia
natalizia, quindi perchè non far coincidere tutto con le
vacanze? ;)
Bando alle ciance!
Augurandovi un sereno Natale, e dicendovi di non mangiare troppo questa
sera.. BUONA LETTURA.
Grazie a tutte coloro che hanno lettol'introduzione e grazie a Vanessa
che ha commentato, come sempre!
Sono in vena di chiacchiere, me ne sono accorta! xD
Ci si legge giù per alcune info.
1.Smell of
Holiday.
'Odore di
Natale.'
Ogni volta che avevo detto ai miei
genitori o ai miei amici quella frase, ricevevo degli sguardi strani,
accompagnati da domande altrettanto allibite del tipo 'Odore di
Natale? Ma che odore può mai avere un nome?' E mi ritrovavo
a
sorridere amareggiato. Diamine, solo io percepivo quella fantastica
atmosfera? Quel freddo pungente che ti entra dentro e ti fa fremere
ogni singolo muscolo?
L'odore di
Natale è quello che senti
quando al mattino, uscendo in balcone sorridi pensando che per
qualche giorno tutti i tuoi problemi spariranno perchè farai
felice
tante altre persone regalando qualcosa o semplicemente sorrisi.
L'odore del
Natale è... semplicemente
felicità, ed io in quel giorno quando uscii dal mio
condominio dalla
periferia di New York per andare a lavoro avevo sentito quell'odore
invadermi ed entrarmi dentro, e sapevo, in qualche modo, che quel
giorno mi avrebbe cambiato la vita.
Pedalai
tranquillo verso la
metropolitana e lasciai la bici lì,salii sulla metro con
calma, ero
certo che sarei arrivato puntuale -se non in anticipo- al centro
commerciale. Era lì che avevo trovato lavoro in quei giorni.
Un
lavoro modesto e non molto pagato, in fondo cosa potevo pretendere
essendo un misero Babbo Natale? Ma mi piaceva, sopratutto nel vedere
l'espressione felice dei bambini nel sedersi sulle mie gambe, darmi
le loro letterine, e dirmi quali regali desiderassero.
Come previsto, arrivai in anticipo,
così feci un giro nel reparto tecnologia, adocchiando
l'ultimo
Blackbarry in uscita, il costo era abbastanza elevato e di certo non
potevo permettermelo in quel periodo, ma ero sicuro che lavorando
sodo sarei riuscito a mettere abbastanza soldi da parte per togliermi
quello sfizio.
Indossai il mio costume ed andai nella mia tanto
amata postazione, mi piaceva stare lì, al centro della sala,
con
l'enorme albero di natale super addobbato a destra e la slitta con
tanto di sacco pieno zeppo di regali finti e renne, a sinistra. I
bambini ne rimanevano sempre affascinati, e toccavano sempre il naso
ad una di loro, facendomi sorridere. Chiedevano tutti gli stessi
giocattoli di ultima generazione, o più grandicelli
desideravano
delle biciclette per poter gareggiare con gli amici al parco, era una
gioia immensa sentirli parlare in quel modo, e leggere, nei loro
occhi, la felicità nel vederli parlare con Babbo Natale.
Quella sera, ero
particolarmente
felice, l'odore di Natale mi aveva inebriato il cervello, notai, con
mio dispiacere, che era ora di chiudere, ma la fila di bambini era
ancora piuttosto lunga, e mi dispiaceva deluderli e mandarli a casa
tristi, decisi quindi di farli giocare tutti insieme, almeno per
quegli ultimi 5 minuti che rimanevano prima che arrivasse la
sicurezza e buttasse tutti fuori. Ci mettemmo in cerchio e gli feci
fare una sorta di ballo mimato, cantando una filastrocca stupida sul
natale, ma che li fece ridere, e fu bellissimo vederli così
felice
che mi si riempì il cuore, sensazione che durò
per qualche istante.
Ancora adesso, ripensandoci, non ricordo come successe esattamente
tutto quel casino, fu tutto troppo veloce e troppo rumoroso, mi
ritrovai solo a terra con gli addobbi natalizi addosso, e quando mi
guardai intorno in cerca di aiuto, i genitori con i loro rispettivi
figli stavano scappando, bell'esempio che davano ai bambini, ma
scacciai quel pensiero non appena sentii QUEL rumore di tacchi,
perchè sentirlo non era mai un buon segno, MAI. La
responsabile, la
product manager, -come si faceva chiamare lei- insomma quello che era
a quei tempi, era arrivata in meno di tre secondi, con il suo solito
completo blu e bianco e quell'insopportabile auricolare all'orecchio
che toccava ogni tre per due, per non parlare del cartellino con
tanto di nome e posizione sociale attaccato alla camicia, che faceva
peso dal lato sinistro, lasciando intravedere la scollatura.
“Signor
Crowford, lei mi ha appena
fatto guadagnare 50 dollari” Mi fissava dall'alto dei suoi
tacchi,
con le braccia incrociate, un sopracciglio arcuato e lo sguardo
scettico, mentre mi sollevavo da terra, spostando quell'enorme
ammasso di addobbi.
“Sto bene, grazie per averlo
chiesto!”
“Sta ancora parlando, respirando e
camminando, mi sembra ovvio che lei stia bene.. Si si lo avverto
subito” La sua aria da padrona del mondo aveva un non so che
di
sexy, ma in quel momento avrei voluto solo soffocarla, utilizzando in
qualche modo i finti regali della slitta di Babbo Natale.. Come
poteva parlare con me, e nello stesso tempo parlare con l'omino
dell'auricolare? Non aveva nessun rispetto per le persone, per i suoi
dipendenti.. per il mondo in generale. Era una donna senza cuore, e
non sapevo ancora che cosa era in grado di fare. “Bene,
signor
Crowford, lei è licenziato, è stato un piacere
averla con noi per
questi tre giorni, speriamo si sia trovato bene, venga a trovarci
quando vuole le faremo di certo uno sconto ex dipendenti. Lo sconto
non supera i 5 dollari”
Ma lei lo sconto se lo può mettere
dove meglio crede!
Ovviamente mi
trattenni dal risponderle in quel modo, ma lei mi stava licenziando,
e per quale motivo poi? E non smetteva di parlare, recitava la sua
frase a memoria senza neanche prendere fiato perchè era
abituata a
farlo, era abituata ad assumere personale ed a licenziarlo dopo pochi
giorni per stupidi motivi. Ero furioso.
“Signorina
Heartworth, mi scusi, ma per quale motivo mi sta mandando
via?”
“Perchè lei è
un incompetente, mi sembra ovvio!”
“Ho solo fatto
cadere un albero di Natale, e si può tirare su in meno di 1
minuto,
i suoi dipendenti lo hanno già fatto, quindi non vedo dove
sia il
problema”
“Il problema è
lei, Crowford, se io dico che lei deve sparire, lei
sparisce.”
Soffocarla era un eufemismo. Riuscii a bloccarla prima che se ne
andasse, avevo capito che avevo perso il lavoro e non c'era nulla da
fare ma..
“Voglio la mia
buona uscita.”
“E' stato un
piacere, arrivederci. Le va bene così?”
“Sto
parlando dei soldi” Razza di
arrogante, stupida donna..
Quel giorno mi trattenni davvero, ma sapevo che urlare contro una
donna e soprattutto picchiarla andava contro tutti i miei principi
morali, quindi mi limitai a respirare profondamente, per evitare di
strozzarla! “Era la mia settimana di prova, e nel contratto
che ho
firmato c'è scritto che..”
“Lo so cosa c'è scritto nel
contratto, ma lei ha distrutto le decorazioni, quindi niente buona
uscita, adesso mi lascia tornare al mio lavoro?”
“No. Io voglio i
miei soldi, e non ho distrutto nulla.”
“Non mi faccia chiamare
la sicurezza, e se ne vada, vada a cercarsi un lavoro decente New
York è piena di annunci per ragazzi come lei”
La osservai
entrare nel suo ufficio, e per poco non diedi un calcio alla porta,
per buttarla giù e spiegare a quella viziata che mi
accontentavo di
qualsiasi lavoro perchè ero un ragazzo di poche pretese,
perchè ero
andato via da Boston per non pesare ancora sui miei genitori,
perchè
la laurea in giornalismo non mi era servita a nulla e perchè
amavo
così tanto il Natale ed i bambini da accettare di fare
qualsiasi
cosa, in quel periodo, pur di lavorare. Ma lei era troppo orgogliosa,
troppo importante per capire certe cose. Imprecai qualcosa, e feci
per andare via, ma qualcun altro mi chiamò, e ricordo ancora
il mio
stupore quando vidi che si trattava del direttore generale del The
Mall, mi fece cenno di entrare nel suo ufficio, e fu molto gentile
nell'offrirmi pasticcini e caffè, che rifiutai gentilmente.
All'inizio mi pentii di quel rifiuto, ero stato licenziato ed ero
incazzato nero, avrei dovuto accettare e scroccare tutto, ma col
senno di poi mi accorsi che il mio inconscio fece benissimo a
rifiutare, lui era il diavolo tentatore e quelle offerte erano come
la mela per Adamo ed Eva, e anche se non toccai nulla da quel
vassoio, accettai ogni sua proposta, perchè ero ferito
nell'orgoglio, perchè volevo vendetta. Fui stupido, sciocco
ed
avventato, ma come potevo sapere che mille imprevisti si sarebbero
presentati lungo il progetto della mia vendetta?
******
Spero
vi sia piaciuto il capitolo, ci si legge il 26.
Per
chi volesse, può aggiungermi su facebook, questo
è il mio contatto.
Thecarnival
epf.
Ho anche creato un gruppo, chi volesse, può richiedere
l'iscrizione,
si chiama Le
mie storie ed altro.
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Capitolo 3 *** Time is running fast. ***
Hai trovato un baco su EFP, per questa non vedi il testo della storia.
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Capitolo 4 *** Don't leave me.. please. ***
Scusate il ritardo, ma non sto molto
bene! Sarò infatti di pochissime parole.
Ringrazio, insieme alla mia metà-gemella/sosia, tutti coloro
che hanno aggiunto la storia tra i seguiti, preferiti e ricordati, e le
dolci fanciulle che hanno commentato. Spero vi piaccia anche questo
capitolo, che ho scritto per voi con tanto ammmore! xD
Ovviamente il prossimo aggiornamento arriverà tra due giorni.
Buona lettura!
3.Don't leave
me.. please.
Ero
ancora nervoso per tutto
quello che era successo quella sera, e solo un caffè,
accompagnato
da una sigaretta, avrebbe potuto rilassarmi e distrarmi a dovere. Me
ne stavo seduto in una piccolissima caffetteria quasi di fronte il
The Mall, strano come non l'avessi mai notata fino ad allora, anche
perchè il caffè era davvero ottimo. Lo bevvi
velocemente, come se,
ingerendo quel bollente liquido nero, sciogliesse via portando con
sé, tutti i miei cattivi pensieri.
“Desidera altro
signore?”
Quella gentilissima ragazza si era avvicinata, con il suo taccuino, e
per un attimo, ricordo di aver davvero desiderato di ordinare altro,
solo per ringraziarla di quel meraviglioso sorriso. Era così
complicato ridere? Era così complicato evitare di trattare
male la
gente? Anche gli altri potevano aver trascorso un brutto momento, o
una brutta giornata, perchè non stamparsi sul viso un finto
sorriso
e far credere al mondo che tutto vada bene? Non è mentire,
solo
cercare di far sorridere gli altri.
Sospirai soddisfatto quando
gettai fuori la prima boccata di Marlboro Touch, durò un
istante, il
momento in cui mi parve di essere da solo in tutta New York, in cui
ci fosse un silenzio assoluto, io i grattacieli e la mia sigaretta.
Riaprii gli occhi, e, incredibile dirlo, anche quello accadde tutto
troppo velocemente.. Quella bambina che scappava, attraversando la
strada, mi fece gettare la sigaretta ancora a metà, e
riuscii a
prenderla in tempo, salvandola dalle auto impazzite di NY.
“Sei come Mufasa!”
“Come?”
risi sentendo quello strano nomigliolo. Mi era familiare ma non
riuscivo a ricordare dove lo avessi sentito. Solo quando disse di
essere Simba, capii che si stesse riferendo al cartone animato della
Disney “Il re Leone”, l'avevo salvata dalla mandria
impazzita.
“Sono un Mufasa Babbo Natale” Non mi accorsi
nemmeno della
presenza accanto a noi, che continuava a guardarmi e gesticolare
preoccupata. Possibile che quel giorno ogni cosa avesse a che fare
con lei? Improvvisamente mi venne voglia di accendermi un'altra
sigaretta, di quel passo, se ad ogni pensiero a lei associato avessi
fumato, sarei sicuramente morto a 40 anni. Mentre lei mi ringraziava,
strano a dirsi ma sembrava davvero grata, e dispiaciuta, quasi
un'altra persona rispetto a quella con cui avevo parlato un'oretta
prima, la bambina saltellava al mio fianco, tirandomi per la giacca,
chiedendomi se fossi davvero io il Babbo Natale del centro
commerciale.
“Lo ero fino a prima che
tua mamma mi mandasse via” Un sorriso alla dolce bambina, una
frecciatina velenosa alla vipera della madre. Ma lei mi
ignorò, era
il suo modo di fare, ignorare ciò che non era di suo
interesse o
gradimento, ma questo l'avrei scoperto solo con l'andar del
tempo..
“Mi dica come posso sdebitarmi” E' incredibile come
ricordi ancora ogni singola parola, e ogni singolo pensiero, ma fu il
nostro primo incontro, l'inizio di tutto, come poterlo dimenticare?
Le risposi che mi sarebbe piaciuto riavere il lavoro, e giuro che lo
dissi con tutta la calma e gentilezza possibile, ma a quanto pare non
bastarono a farle mantenere quella poco pazienza fino ad allora
dimostrata. “Questo non è possibile signor
Crowford.. Non torno
indietro sui miei passi, lei non merita quel lavoro” Aveva
ragione
solo su un punto, lei non tornava indietro sui suoi passi...
“Lo
merito eccome! Amo i bambini, e..”
“Vuoi venire a cena con
noi? Oggi è Merc.Mc.” Abbassai lo sguardo,
puntando i miei occhi
in quelli di Sunshine, mi guardava sorridente e nello stesso tempo
supplichevole.. Avrei tanto voluto negare, tornare a casa e non
rivedere mai più quella strega, ma mi ritrovai seduto di
fronte le
donne Heartworth, in uno dei tavoli del Mc Donald's. L'imbarazzo si
tagliava a fette. Non sapevo cosa dire, e ogni argomento sembrava
inopportuno e finiva per essere immediatamente esaurito,
così
piombavamo nuovamente nel silenzio più assoluto.
“Mamma, domani
devo per forza andare dalla signora Plumbery?”
“Sì” Una
risposta secca, che mi fece gelare il sangue.
“Ma mi obbliga a
mangiare i suoi biscotti, e sono duri.. e non mi fa giocare,
né
guardare la tv. Io mi annoio..”
“Non mi interessa Sun, dovrai
andare.”
Come poteva mandare sua figlia in un posto contro la
sua volontà? Mi ritrovai a pensare tantissime cose. Mi
chiesi il
motivo per cui la bambina non stesse in casa con il padre, e capii
che sicuramente i due avevano divorziato, e mi spiegai il
perchè di
tutta quella cattiveria ed acidità nei confronti degli
uomini e
delle persone in generale. Sorrisi quando pensai che quella donna
aveva semplicemente bisogno di andare a letto con qualcuno per
rilassare i suoi nervi.
Non ero neanche lontanamente vicino alla
realtà dei fatti.
“C'è qualcosa che la fa sorridere in
particolare?”
“Questa signora mi ricorda una persona che
conosco sai?” Mi rivolsi direttamente alla piccola Sunshine,
meno
parlavo con quella donna, meglio era per la mia salute mentale!
“Anche io da piccolo andavo in casa di una mia vicina, e sai
cosa
mi costringeva a fare?” Negò con il capo
interessata e le feci
cenno con la mano di avvicinarsi a me, come per confessarle un
segreto “Mi vestiva da femminuccia..” Mi
scoppiò a ridere in
faccia. Ricordo ancora quel bellissimo suono naturale, quegli occhi
chiusi con delle lacrime ai lati, le mani sullo stomaco e la testa
all'indietro. Fu in quel preciso istante che mi innamorai di quella
bambina, che capii che non avrei potuto più farne a meno.
“Ehi,
non ridere, così mi offendi” Più
parlavo e più rideva, e risi
insieme a lei. Mi bloccai quando uno strano suono arrivò
alle mie
orecchie, e non fui l'unico. Honey stava ridendo con noi. Sua figlia
la guardò come incantata, e poi le sorrise riprendendo a
ridere, e
sfottendomi per il resto della cena.
“Mi sarebbe piaciuto
vederti con il tutù”
“Posso vedere se trovo qualche foto e te
le faccio vedere” Si mise a saltare contenta, mentre uscivamo
dal
locale. Honey la rimproverò più volte,
intimandole di stare ferma,
ma lei non l'ascoltava. “Dai Sun, ascolta tua mamma.. se la
fai
arrabbiare poi le vengono le rughe e diventa brutta e cattiva come la
signora Plumbery” Cercai di buttarla sul ridere, e
funzionò, dato
che la piccola Sunshine, si fermò di saltare e si strinse
alla mia
mano.
“Mamma, dobbiamo per forza
andare a casa?”
“Sì, tesoro, è tardi..” Il
suo broncio mi
fece intenerire, anche a me dispiaceva salutarla, soprattutto
perchè
non sapevo se e quando l'avrei rivista. “Adesso saluta il
signore..”
“Ciao Eth” Mi abbassai, scompigliandole i
capelli, e mi sorrise così dolcemente da sciogliermi il
cuore. Avevo
sempre amato i bambini, ma lei era proprio speciale, aveva qualcosa
nello sguardo.. qualcosa che a quei tempi non sapevo cosa fosse, ma
l'avrei capito solo con il tempo, solo conoscendo bene quelle due
bellissime donne..
“Ciao piccola..” Mi abbracciò
“Non
essere triste, ci vedremo presto!”
“Non è vero! Anche tu mi
lascerai per sempre..” Non sapevo a cosa si stesse riferendo
esattamente, ma l'abbracciai anche io, sussurrandole dolci parole. La
conoscevo appena, ma le volevo già bene.. e gliene avrei
voluto
sempre di più. “Mamma, ti prego.. può
venire a casa con noi?”
“Ma
tesoro” Si abbassò anche lei, accarezzandole una
guancia
dolcemente “anche Ethan ha una casa, non può
venire con noi..”
Fu la prima volta che la sentii pronunciare il mio nome in quel modo.
La prima volta, che la vidi rivolgersi in quel modo a sua figlia. E
quella versione di Honey mi colpì, ma non ci feci caso
più di
tanto.. allora non sapevo che quel tono di voce, quella carezza, quel
modo di dire 'Ethan' si erano insinuati, lentamente e profondamente,
dentro di me, e niente li avrebbe più cancellati.
“Andrebbe bene
per lei?” La guardai interrogativo, non avevo ascoltato una
parola.
Le lacrime di Sunshine mi avevano bloccato. “Le andrebbe di
lavorare come una sorta di baby-sitter o governante o quello che
vuole, in casa mia? Sunshine si è affezionata e non vuole
mettere
piede dalla vicina e poi..”
“Certo che mi va bene.. Questa
piccola peste mi ha rubato il cuore” Le sorrisi, e le sue
lacrime
sparirono nel sentire che mi avrebbe visto ogni giorno a partire
dalla mattina successiva.
“Allora ci vediamo domani
alle 7, a questo indirizzo. Sia puntuale..”
“Honey..” Mi
fissò “Abbiamo, più o meno, la stessa
età, starò a stretto
contatto con tua figlia, e passerò le mie giornate in casa
tua, puoi
chiamarmi Ethan e darmi del 'tu' per favore?” Sorrise,
scuotendo la
testa, e dopo aver preso la manina della figlia nella sua, mi
salutò.
Mi ritrovai a pensare che mi ero messo in un bel guaio, lavorare
in casa sua, e di nuovo per lei.. ma poi mi venne in mente quel patto
con il direttore del centro commerciale, quello Scott e qualcosa.
Sarebbe stato semplice arrivare all'obiettivo in quel modo, e poi
avrei ottenuto la mia vendetta, non sapevo però, che non
bisogna mai
programmare qualcosa, perchè la vita ti sconvolge e
stravolge i
piani ogni giorno.
Quella mattina, quando mi svegliai ero così
nervoso che dovetti bere tre tazze di caffè e fumare non so
quante
sigarette per calmarmi. E fu ancora peggio quando arrivai di fronte
quell'enorme palazzo, suonai il campanello con incertezza, e mi
rispose la piccola Sunshine, che ovviamente urlò non appena
sentì
il mio nome.
“Allora sei davvero qui” Si attaccò alle
mie
gambe, e dovetti trascinarla dall'ascensore fino all'ingresso di casa
sua.
“Sun! Dove diavolo sei? Dobbiamo finir.. OH.. sei
qui”
Presi la bambina in braccio, dandole un dolce bacio sulla fronte e la
riposai per terra
“Sono qui. Non è un problema vero?”
“No,
assolutamente, è che non ti aspettavo così
puntuale, e devo ancora
vestire Sunshine, e poi prepararmi per andare a lavoro..”
“Honey,
rilassati. Dimmi quello che devo fare, alla piccola ci penso
io..”
Le sorrisi sincero, la vidi chiudere gli occhi per un attimo, come se
avesse bisogno di sentirsi dire quelle parole da molto tempo. Ma
durò
solo un secondo, perchè li riaprì e in pochi
minuti mi fece
visitare l'appartamento, mi spiegò dov'erano i vestiti di
Sun, e
cosa avrei dovuto fare in caso di emergenza, se lei non avesse voluto
mangiare, e roba varia..
“E per finire qui ci sono i cartoni
animati.. se non vuole più giocare o studiare”
“Studiare?”
“Sì.
L'anno prossimo andrà a scuola e deve pur imparare a leggere
e
scrivere prima degli altri, no?”
Mi venne da ridere nel sentire
quelle parole, era solo una bambina, perchè doveva studiare
e
rovinarsi l'infanzia ancora prima di entrare a scuola? Però
mi
limitai ad annuire, non potevo di certo iniziare a contraddirla il
primo giorno.
Andai in bagno con Sunshine e aspettai che finisse
di farsi il bagnetto, era una piccola donna, e diceva che sapeva
benissimo lavarsi da sola, voleva solo un piccolo aiuto per lo
shampoo. Era tenera, dolce, una bambina incredibile.. vederla giocare
con le paperelle poi, mentre le insaponavo i capelli, mi metteva
sempre allegria.
“Allora io vado.. Per qualsiasi cosa..”
“Ti
chiamo al cellulare. Lo so. Ho dei nipoti, so come badare ai bambini,
ora vai o farai tardi, non vorrai mica farti licenziare!”
Buttò
uno sguardo un po' preoccupato sia a me che alla figlia e poi
sparì.
“Allora piccolo mostriciattolo, cosa vuoi fare
dopo?”
“Voglio
vedere tantissimi cartoni..”
“Mi sembra un'ottima idea”
Mi
sorrise schizzandomi un po' d'acqua, e quando fu asciutta e vestita,
corse in cucina buttandosi sul divano. Mi chiese se avessi sistemato
il bagno, proprio mentre sceglieva il DVD di Mulan, mi limitai ad
annuire e mi sedetti accanto a lei.
Solo quando mi rilassai un
po', notai che in quella stanza, come nel resto della casa non c'era
neanche un addobbo natalizio, pensai che forse Honey era troppo
impegnata con il lavoro per pensare a fare un albero, o mettere qua e
là qualche festone.
“Hai visto che simpatico Mushu?” mi
chiese con le lacrime agli occhi per le risate.
“Sì.. sì..”
Le carezzai il capo. “Sun, come mai non c'è un
albero di
Natale?”
“Oh, beh.. la mamma non vuole farlo” Divenne subito
triste.
“E tu vorresti?” Sorrise raggiante, e i suoi occhi
si
illuminarono. “Allora ti prometto che prima di Natale lo
faremo, ma
non devi dirlo a nessuno. E' un nostro segreto..”
“Faremo una
sorpresa alla mamma?” Chiese abbracciandomi, ed annuii..
“Che
bello” Ritornò a guardare il cartone, e sorrisi
nel vedere quanto
fosse felice, non sapevo però in che guaio mi ero andato a
cacciare
con quella promessa.
Quell'albero di Natale sarebbe stato
l'inizio di tutto, o la fine di ogni cosa.
*****
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Capitolo 5 *** Ethan Claus is coming...to Hearthworth! ***
Hai trovato un baco su EFP, per questa non vedi il testo della storia.
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Capitolo 6 *** The quiet and the storm ***
Buongiorno, lo so.. siamo
in ritardo.. in realtà io sono in ritardo perchè
questo è il mio capitolo però l'ho detto mille
volte e continuerò a dirlo, l'ispirazione era andata via,
volata come le rondini in cerca della primavera.. ho dovuto lottare per
riaverla.. Guardare telefilm vecchi, sbavare su foto di uomini mezzi
nudi! xD E alla fine ce l'ho fatta. Non dico che il capitolo sia stra
bello però meglio di quelle schifezze che vengono fuori
quando non sono ispirata!
Allora allora che dire.. AH SI, avevamo lasciato i due idioti a casa di
Honey, a baciarsi sotto il vischio per instistenza della piccola
Sunshine.. che sarà successo adesso?
Vi
pregherei di leggere sotto, solo qualche avviso.
BACI.
5.The
quiet and
the storm.
Le sue labbra
sulle mie, mi fecero scoppiare il cuore, non so per quale sensazione
prima, forse felicità, paura, o amore; e quando mi staccai
da lei un
enorme senso di vuoto mi pervase, potevano le sue labbra essere
così
indispensabili?
“Ecco, contenta?” Si rivolse con un sbuffo
alla piccola Sun, eppure non riusciva a smettere di guardarmi, forse
anche lei aveva provato le mie stesse emozioni, pensai, o meglio,
sperai con tutto me stesso che lei mi ritenesse indispensabile,
esattamente come facevo io.
“Siiii, adesso mamma, guarda quanti
regali, guarda guarda.” I saltelli della bambina, la manica
della
maglietta strattonata.. nulla poteva interrompere il nostro contatto
visivo, era la quiete dopo la tempesta, anche se, riflettendoci
meglio, la tempesta vera e propria doveva ancora scatenarsi.
“Dai
mamma, Eth, sediamoci ed apriamo i regali.. tieni mamma questo
è per
te”
Forse fu quella parola a farla tornare in sé,
perchè si
voltò verso sua figlia, guardandola in più modi
diversi, anche
arrabbiata, prese quel pacchetto dalle sue mani, gettandolo sul
divano.
“Avevo detto niente albero, niente regali, niente
Natale”
“Ma mamma, noi..”
“Niente 'ma' Sunshine, sai
benissimo quali erano le regole, e tu mi hai disobbedito.
Sistemeremo, riportando tutto in negozio”
Riuscii a leggere la
delusione negli occhi della bambina, il suo cuore si spezzò
nel
momento esatto in cui la madre le ordinò di andare in camera
sua,
avrei voluto fare qualcosa, come abbracciarla, o rassicurarla che
prima o poi sua madre sarebbe tornata quella di prima ma lei avrebbe
comunque perso il Natale.
“TI ODIO” urlò tra le lacrime
“Dovevi andare via tu, non papà..” Corse
via dal salotto, fermai
in tempo Honey prima che potesse raggiungerla e l'occhiata che mi
lanciò mi gelò il sangue nelle vene. Le lasciai
il polso, perchè
sapevo che da lì a poco sarebbe scoppiata. Mi
insultò in tutti i
modi possibili, e rimasi zitto lasciandola sfogare perchè
aveva
ragione, non mi sarei dovuto intromettere, avrei dovuto lasciarla in
pace, avrei dovuto rifiutare la sua offerta di lavoro.
“Io ho
solo espresso un suo desiderio”
“Sta zitto Ethan, per favore!”
Il suo camminare avanti ed indietro per la stanza mi rendeva
estremamente nervoso “E' tutta colpa tua”
“Ho capito, ma il
tuo ripeterlo non cambia le cose”
“E' meglio se vai via” Si
era fermata, non era più arrabbiata ma delusa, il che mi
fece ancora
più male.
“Honey..” Mi pregò con lo sguardo e feci
come
aveva detto, non salutai neanche la piccola Sun.
Arrivai a casa
mia con il cuore spezzato e mille sensi di colpa, non sapevo
assolutamente come comportarmi, se chiamarla e scusarmi per tutto
quello che era successo, o chiedere semplicemente di sua figlia per
sapere come stesse, ma non feci nulla di tutto ciò, sapevo
che le
donne preferivano stare da sole con i loro pensieri o sfogarsi con le
amiche in quei casi, perciò me ne andai a letto, aspettando
impaziente l'arrivo del mattino successivo.
Di solito riuscivo
a calmarmi bevendo caffè e fumando qualche sigaretta, ma
quella
volta neanche una caraffa intera e un pacco da venti erano bastati a
rilassare i nervi. Feci anche una doccia calda, sperando che il
vapore schiarisse la mia mente, trovando un'idea, un qualcosa, per
farla ragionare e farmi perdonare, ma sapevo benissimo già
allora,
che sarebbe stato difficile.
Mi feci trovare all'entrata del The
Mall prima dell'apertura, la vidi scendere dal taxi, stretta al suo
cappotto grigio, con i capelli raccolti, era bella da morire.
“Oddio
no..” Cercò di evitarmi, ma le avevo bloccato
l'ingresso
posizionandomi esattamente all'entrata.
“Possiamo parlare per
favore?” Non mi aveva risposto, ma il suo sguardo era stato
abbastanza eloquente, ed era stata chiara anche la sera precedente,
dicendomi di non volermi più vedere, ma non potevo mollare
in quel
modo. “Non mi interessa se non mi vuoi ascoltare, io
parlerò lo
stesso”
“C'è qualche problema qui?”
Quella maledetta
guardia all'ingresso era arrivata al momento sbagliato, obbligandomi
a spostarmi e permettendo ad Honey di entrare al The Mall, e restarci
per tutto il giorno. Ebbene sì. Mi ero appostato al bar di
fronte,
bevendo un'indefinita quantità di caffè e
mangiando ciambelle, pur
di beccare il momento giusto in cui lei sarebbe uscita per andare a
casa, tenendola d'occhio mi sarei fatto trovare dentro il taxi, e poi
davanti casa sua..
Non poteva finire in quel modo. Finire cosa poi
dovevo ancora chiarirlo a me stesso, ma in quei giorni ero talmente
testardo che quando la guardia del The Mall minacciò di
chiamare la
polizia per la terza volta in tre giorni consecutivi, capii che
dovevo trovare un altro modo per parlare con Honey.
“E'
quasi passata una settimana, e sono sempre qui fuori ad aspettarti,
per favore, possiamo parlare?”
Non
era stato l'unico messaggio che le avevo inviato, forse il centesimo
e non avevo mai ottenuto risposta, stavo iniziando a perdere sia la
pazienza che la speranza..
“Ethan” Mi voltai sorpreso e
meravigliato nel sentire quella tenera e dolce vocina chiamarmi, la
guardai con gli occhi lucidi, e l'accolsi tra le braccia. Era piccola
e fragile più di quanto ricordassi.
“Sunshi, che ci fai
qui?”
“Ero a lavoro con mamma, e.. ti ho visto dal suo
ufficio” Rimase attaccata a me, la sua manina stretta nella
mia,
Dio se ero contento di rivederla.
“Mi hai visto? Co..come hai
fatto?”
Quando mi disse che l'ufficio si affacciava sulla
strada, e mi aveva visto entrare al bar il mio cervello non ci aveva
messo molto a fare un rapido ragionamento.
Ultimamente non
riuscivo più a beccare Honey all'orario di uscita
perchè lei mi
vedeva. Ribollivo di rabbia.
“Che succede Eth?” La rassicurai
sorridendo e abbracciandola nuovamente. Ordinai per lei una
cioccolata calda, e mi feci raccontare come stava trascorrendo quelle
vacanze.. mi stupii quando con gli occhi lucidi mi confessò
che
avevano tenuto l'albero di Natale ed i regali, quindi ero riuscito
nel mio intento, renderla felice.. e pensai che forse era quello il
motivo per cui Honey non voleva vedermi, perchè l'avevo
costretta ad
affrontare i fantasmi del suo passato, o forse perchè io ero
riuscito dove lei aveva fallito, far sorridere nuovamente Sunshine.
“MAMMA!”
“Cristo Santo Sunshine, come diavolo ti
è..”
Si bloccò nel vedermi “Avrei dovuto immaginarlo
che c'era il tuo
zampino..” Ovviamente provai a spiegarle che non c'entravo
nulla,
ma prese sua figlia in braccio, trascinandola via dal bar.
“Honey,
aspetta.. Maledizione”
“Mettiamo le cose in chiaro Ethan, se
non lasci in pace me e mia figlia prenderò seri
provvedimenti”
“Se
solo tu mi facessi spiegare”
“Ma cosa devi spiegare?”
Le
nostre urla avevano attirato l'attenzione di troppi passanti e
negozianti.. ripensai a quando, tempo prima, avevo sentito dire che i
Newyorkesi andavano sempre di fretta fregandosene di tutto e tutti,
che grande balla.
Anche quella discussione era terminata in quel
modo, e mi sentii un perfetto e completo idiota, perchè non
avevo
concluso nulla, l'unico passo avanti che avevo fatto era stato urlare
su un marciapiede con Sunshine presente. Che razza di uomo ero?
Ormai
trascorrevo la maggior parte del mio tempo in strada o dentro quel
maledetto bar, piuttosto che in casa, tanto non avevo nulla di meglio
da fare, e poi c'era sempre quella parte di me che sperava sempre nel
miracolo.. ed infatti accadde. Il miracolo intendo.
Uscivo dal
bar, ormai rassegnato, diretto verso casa. Avevo davvero perso la
speranza di vederla e parlarle, perchè era chiaro che non
voleva più
saperne nulla di me, e soprattutto non provava la stessa cosa che
provavo io per lei. Quando la vidi correre dall'altro lato della
strada, verso l'ingresso del The Mall, il mio cuore
sussultò, non ci
pensai due volte, e la seguii.
Dentro il centro commerciale.
Su
per le scale.
Nel reparto amministrazione.
Era entrata
nell'ufficio di Scott, il direttore, lasciando la porta aperta. Mi
avvicinai lentamente e bussai alla porta, non volevo farla schiattare
dallo spavento.
“Per favore non urlare, né scappare, stai
zitta e lasciami spiegare.. almeno per una volta”
Posò i fogli
che aveva in mano sulla scrivania, ed incrociò le braccia
sotto il
petto, forse per ascoltarmi meglio.
“Mi dispiace davvero Honey,
se mi sono intromesso nella tua vita, se ho fatto riaffiorare dei
ricordi tristi, se tu e tua figlia avete litigato, se ho rovinato il
tuo Natale.. non volevo che accadesse tutto questo.. Io volevo solo
realizzare il sogno, il desiderio di Sunshine, e vederla felice, mi
ha reso felice”
“Tu.. non dovevi”
“Lo so, e non sai
quanto..”
“STAI ZITTO” Il suo urlo riecheggiò per
tutto
l'ufficio, o forse era il mio cuore a ripeterlo continuamente
“Perchè
non sei come tutti gli altri? Perchè non sei uno stronzo che
se ne
frega dei sentimenti delle donne? Mi hai ferita ma nonostante tutto
sei.. ti sei preoccupato di scusarti, dimmi il
perchè?” Non mi
diede il tempo di rispondere, era come se stesse facendo un monologo
con la sua coscienza. “Io ho cercato di impormi di starti
lontana.
Ho cercato di dirmi che non eri quello giusto, e avevo ragione,
perchè quale razza di persona sana di mente farebbe quello
che hai
fatto tu per una sconosciuta? Per una bambina che non è
neanche sua
figlia?” Non riuscivo a capire se fosse arrabbiata o triste o
dispiaciuta.. “Dovevi stare lontano da me. Da noi”
Ricominciò ad
urlare, e se doveva essere una gara a chi gridava di più non
avrebbe
di certo vinto lei.
“Non avrei dovuto salvare la vita di tua
figlia?”
“Certo, ma poi dovevi andartene”
“Tua figlia
mi ha chiesto di restare”
“Tu dovevi andartene”
“Io
volevo restare” La mia gola iniziava a bruciare.
“Tu dovevi
andartene”
“Dimmi un valido motivo per cui sarei dovuto andare
via”
“Perchè io mi sono innamorata di te” Le
parole mi
morirono in bocca. La richiusi più e più volte
non sapendo che
dire. “Hai capito bene.. puoi anche toglierti
quell'espressione da
pesce lesso dal..”
La baciai.
Le presi il viso tra le mani e
posai le mie labbra sulle sue, e il mio cuore sussultò,
percorse
tutto il mio corpo, dai piedi alla testa, con un solo battito, la
stessa sensazione di quando si è sulle montagne russe o si
sta
cadendo.
La sensazione di essere svuotato e riempito nello stesso
medesimo momento.
Era dunque questo l'amore?
Le nostre lingue
si trovarono subito, iniziando una danza tutta loro, mentre le mie
mani non avevano intenzione di abbandonare il suo bellissimo viso. Le
sue, si aggrapparono alla mia felpa, stringendola spasmodicamente,
tirandomi verso lei ancora di più. Sorrisi sulle sue labbra
a quel
gesto, e lasciando il suo viso, la sollevai per farla sedere su
quella scrivania.
Rise quando sentì il rumore di alcuni oggetti
raggiungere il pavimento, ma non importava a nessuno dei due. Non
stavamo litigando, e cosa più importante, lei mi aveva
confessato di
essersi innamorata di me. Sorrisi di nuovo e mi morse il labbro,
assottigliai lo sguardo e mi vendicai torturandogli il collo con
piacevoli baci.
“Eth.. Ethan”
“Se hai intenzione di
dirmi di fermarmi. Puoi scordartelo” Baciai anche l'altro
lato del
collo, facendola mugolare di piacere.
“Tog. Spogliati” Non
riuscivo a smettere di sorridere, ero così.. felice oltre
che
eccitato ovviamente.
Le tolsi la giacca, e con un colpo secco le
aprii la camicia, non feci caso al suo sguardo di ammonimento per
averle fatto saltare via i bottoni, volevo toccarla, sfiorarla e
baciarla, e quei maledetti vestiti erano un ostacolo piuttosto
fastidioso. Le sue dita erano intrecciate ai miei capelli, ogni
gemito di piacere corrispondeva ad una maggiore stretta, le strinsi
un seno nudo nella mano mentre continuavo ad occuparmi del suo collo
e della spalla, alternando baci e morsi.
Inarcò la schiena e mi
avvicinò, con i piedi, maggiormente a lei, non appena le
leccai
sensualmente l'orecchio ed ancora il collo. Le sollevai la gonna, e
maledii quelle maledette trappole femminili, chiamate calze.
“Qualche
problema?” Rideva, ed era il suono più bello del
mondo. Sollevai
il viso per guardarla meglio, indugiai sul suo viso. Le guance
arrossate, le labbra gonfie dei nostri baci, i capelli sciolti ed
arruffati, gli occhi lucidi per il piacere. Lasciai perdere le calze
e mi avventai sulla sua bocca. Non so come fece, ma mi ritrovai senza
maglia, e lei era senza calze.. non smetteva di ridere per la mia
incredulità.
“Noi donne abbiamo dei poteri straordinari,
sai?”
“Io non ho nessun potere.. ma ho una bacchetta magica
pronta per te”
“Ethan, questa era davvero volgare!”
Feci
spallucce e il sorriso sparì dalle mie labbra non appena le
sue mani
accarezzarono la mia erezione, sensualmente e lentamente, tirarono
giù la cerniera e con i piedi abbassò velocemente
i miei jeans.
Avevamo giocato abbastanza, e non vedevo l'ora di sentire il suo
calore avvolgere il mio.
Sospirai, e lei con me, non appena entrai
in lei, fu una sensazione strana, indescrivibile, meravigliosa, come
se la mia intimità fosse stata completamente avvolta,
assorbita, o
meglio ancora risucchiata dalla sua, difficile da spiegare, ma
incredibile da provare. Lei era fatta per contenermi.
Si aggrappò
a me in tutti i modi possibili, mentre aumentavo le spinte per
donarle piacere, mi baciò più e più
volte in tutto il viso, prima
di poggiare i gomiti sul tavolo ed inclinare la testa
all'indietro.
Sussurrò, e poi urlò il mio nome, tornando a
stringermi, e muovendosi insieme a me.
Stavo letteralmente
perdendo la ragione ed il controllo.
Le baciai la spalla quando
esplosi di piacere.
“Io..”
La sua voce spezzata attirò
subito la mia attenzione. Mi preoccupai, perchè non era una
bella
cosa veder piangere una donna dopo aver fatto l'amore.
Perchè il
nostro non era stato del semplice sesso, certo non era stato in un
luogo molto appropriato, ma i miei bis nonni avevano avuto la loro
prima volta in un campo di ortiche, e 50 anni dopo erano ancora
più
innamorati di prima.
La scrivania del capo era molto più comoda
delle ortiche.
“Honey, ti prego parlami”
“Giuro che non è
colpa tua.. cioè è merito tuo..” Le
asciugai le lacrime e le
baciai le palpebre, sperando che smettesse. “Io piango,
quando..
oddio..”
“Mi stai facendo preoccupare” Si coprì
il viso con
le mani, ma gliele tolsi, non mi ero ancora reso conto di non essere
uscito. Ma stavo bene dove stavo.
“Piango dopo un orgasmo. Ecco
l'ho detto.” La sua espressione imbronciata mi fece ridere
“Lo
sapevo, non dovevo dirtelo.. adesso penserai di essere
chissà
chi..”
Le baciai velocemente le labbra, ed uscii a malincuore da
lei.
“Che ne dici di andare a casa e piangere insieme?”
Non
ero mai stato felice come allora, sorridevo ad ogni suo gesto, mentre
diceva al tassista l'indirizzo di casa, mentre si accoccolava alla
mia spalla e mi stringeva la mano.
Pensai che non poteva esserci
giorno migliore, ma ancora una volta mi sbagliavo..
“Siamo a
casa” Chiamò la figlia mentre lasciava la giacca
nell'attaccapanni, Sunshine ci corse incontro con un cipiglio
incuriosito, si bloccò non appena mi vide, ed
urlò felice non
appena si accorse delle nostre mani intrecciate. La presi in braccio
stringendola forte..
“Eth.. sei a casa”
“Sì piccola,
sono a casa”
Abbracciai anche Honey, sorridendoci a vicenda.
Le
mie due donne.
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Non sono carini e coccolosi? Non mi esprimo più di tanto
voglio che siate voi a farlo, sempre se vi va.
Allora, vorrei solo darvi qualche link.
Se volete aggiungermi su facebook, potete richiedere la mia amicizia
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Se invece volete iscrivervi al gruppo, sempre su facebook,
potete trovarlo qui, Le
mie storie ed altro, in esso troverete anche Spencerina, che
ogni tanto pubblica qualche novità o idea su delle sue nuove
storie.
Se vi piacciono i video fanmade sulle fanfiction, allora, sempre se vi
va, potreste dare un'occhiata al mio canale youtube La
vida es un carnaval e a quello di Spencerina,
EverHastingsLove. Abbiamo fatto dei video davvero carini. Io
su delle storie mie e di alcune mie amiche già pubblicate e
non, e Spence, dei video in generale. Date un'occhiata.. non ve ne
pentirete.
L'ultima cosa, ed ho finito, GIURO, se vi piacciono le storie
originali, o se vi piace twilight -in contensti completamente diversi-
potete leggere le mie storie, una finita e l'altra in corso:
- Suonami
Lentamente
e la raccolta A
wish right now che comprende una mini-fic
di 4 capitoli e una OS.
Ho davvero finito.
Al prossimo capitolo.
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